A PAG. 3 Catania - anno XXX - n. 3 - 26 gennaio 2014 - Euro 0,60 - www.prospettiveonline.it “Poste Italiane s.p.a.” - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/ 2004 no 46) art. 1, c. 1, DCB - Fil. di CT - Taxe perçue - Tassa riscossa - ISSN: 1720-0881 settimanale regionale di attualità SERVIZIO DI BIOETICA: CURE PALLIATIVE “In caso di mancato recapito rinviare al CMP/CPO di Catania, per la restituzione al mittente previo addebito. Il mittente si impegna a pagare la tariffa vigente” Celebrata a Catania la 100ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato EUCARESTIA sacramento inclusivo e non esclusivo “V incere l’indifferenza per non chiudersi in se stessi, ed accogliere lo straniero, il rifugiato”. Parole che suonano come un monito quelle pronunciate con grande partecipazione da S.E. Mons. Salvatore Gristina in occasione della solenne Celebrazione Eucaristica svoltasi nella Basilica Cattedrale per la 100ª Giornata del Migrante e del Rifugiato 2014. Un appuntamento che come da tradizione rappresenta un intenso momento di comunione e fraternità tra le diverse realtà etniche della diocesi etnea. Il lavoro svolto dall’Ufficio Pastorale Migrantes, orientato a favorire l’integrazione e la comunione tra i fedeli cittadini, rappresenta più di una goccia nell’oceano che grazie all’impegno degli operatori e dei collaboratori della struttura diocesana supera quella soglia d’indifferenza e di superficialità con cui si affrontano i problemi riguardanti la mobilità umana. “Comunità di CONVEGNO DELL’UFFICIO DI PASTORALE SCOLASTICA a pagina 7 NUOVO PRESIDENTE DELLA CONFEDERAZIONE DELLE CONFRATERNITE migranti che camminano insieme e fanno parte della Chiesa” - ha ricordato l’Arcivescovo - che pongono domande sul ruolo della comunità cristiana e sulla responsabilità di ciascun cristiano. Perché: “Oltre la preghiera e la condivisione di spirito, siamo chiamati innanzitutto all’ac- Filippo Cannizzo (segue a pagina 2) a pagina 9 Il ricordo dello sterminio del popolo ebraico in occasione del 27 gennaio, “Giorno della Memoria” Gli orrori del passato siano monito per il presente ndietro, tra le pagine di una storia passata. Il 27 gennaio 1945, poco dopo mezzogiorno, l’armata rossa oltrepassava il cancello con il filo spinato, recante la scritta “Arbeit Macht Frei” (“Il lavoro rende liberi”), e svelava al mondo l’atroce realtà, celata dietro un apparente campo di lavoro: il complesso di Auschwitz Birkenau - Monowitz appariva come la punta di diamante del più spietato congegno di morte del genocidio nazista. Anche se i tedeschi, con i russi ormai vicini, avevano con alacrità distrutto quanto più potevano, appiccando il fuoco a registri e magazzini, le testimonianze tangibili erano innumerevoli: numerosissimi cadaveri; quasi settemila superstiti, secondo le affermazioni del generale Petrenko, tra cui molti bambini che mostravano il numero impresso nel loro braccio. Testimonianze che ancora oggi trovano luogo nelle baracche in I muratura del campo di sterminio, oggetti che raccontano di milioni di innocenti, colpevoli soltanto di esistere: scarpe, indumenti, valigie, occhiali, capelli. E se la memoria ha bisogno di un radicamento concreto, di un gesto, di un luogo, di un oggetto, queste testimonianze servono già in parte a rivelare ciò che atrocemente è stato. Raccontare questo indissolubile rapporto con il vissuto, testimonianza assolutamente scevra da ogni tipo di strumentalizzazione del passato, è per i superstiti una necessità ma allo stesso tempo una ‘condanna’. Trasmettere quell’esperienza di morte, quella mera negazione della persona umana significa anche rivivere continuamente quei giorni, quegli istanti in cui ogni speranza era sopita dietro un’asfittica coltre di cieca violenza. Contraddizione questa magistralmente espressa da Elie Wiesel: “Tacere è proibito, parlare è impossibile”. Il Lager ha minato la vita umana fin dai suoi fondamenti: ha imposto ai prigionieri una repentina e Berenice (segue a pagina 2) I 90 ANNI DELLA RAI a pagina 12 2 Prospettive - 26 gennaio 2014 sommario al n. 3 PRIMO PIANO Le scuole cattoliche comunità di fede, conoscenza e servizio ______3 Indietro nel tempo intervistando Lorenzo Reitano __________4 Augustín Miguel Pro_______5 INFORMADIOCESI Notizie in breve ___________9 Dall’Ufficio Vita Consacrata ___________9 Dalla Caritas diocesana_____9 DIOCESI Giornata della Donazione e della Solidarietà _________7 La resistenza di alcuni germi ai farmaci _________11 Il grande successo della fiction televisiva di Pupi Avati “Un matrimonio”_________12 Direzione amministrazione e redazione: via San Giuseppe al Duomo 2/4, 95124 Catania Redazione e amministrazione: tel. 095 2500220 fax 095 8992039 www.prospettiveonline.it E-mail: redazioneprospettive@tiscali.it info@prospettiveonline.it amministrazione@prospettiveonline.it Editrice ARCA s.r.l. via San Giuseppe al Duomo 2/4, 95124 Catania Iscritta al Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC) n. 7858 Direttore responsabile Giuseppe Longo Progetto grafico: Patrizia Di Blasi - SRI spa. 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(Federazione Italiana Settimanali Cattolici) Questo numero è stato chiuso alle ore 13.00 di mercoledì 22 gennaio 2014 Conferenza di pace per la Siria, al via Ginevra II Gli ostacoli sulla strada della normalizzazione a conferenza di pace sulla Siria, la cosiddetta Ginevra II, tenutasi il 22 gennaio a Montreux, ha riunito i delegati del governo e dell’opposizione siriana nel tentativo, piuttosto blando, di trovare una soluzione al conflitto in corso e che si protrae da quasi tre anni. Le Nazioni Unite hanno portato avanti un dialogo proficuo nel tentativo di mettere insieme per la prima volta tutti i rappresentanti del governo siriano: sia i seguaci del presidente Bashar al-Assad sia quelli dell’opposizione sostenuta a gran voce dai Paesi occidentali. Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite l’ha definita una missione di pace e di speranza, sottolineando come il tavolo tecnico in Svizzera sia stato una formidabile opportunità per mettere fine ad un conflitto che ha causato più di 140mila morti e milioni di dispersi. Ma come si è arrivati a questa conferenza? Dopo più di un anno di duri conflitti tra i lealisti di Assad e i combattenti dell’opposizione, e grazie anche all’approvazione congiunta di Russia (sostenitrice del regime), e Stati Uniti, (sostenitori dell’opposizione), si è arrivati ad una soluzione di tipo politico. L’antefatto risale, però, al giugno del 2012, quando a Ginevra, le due grandi potenze mondiali si erano incon- L (continua da pag. 1) EUCARESTIA... coglienza, a partecipare attivamente al processo d’integrazione che ci coinvolge e di cui la Chiesa è parte”. Cosi nelle parole del Pastore della diocesi risuonano come un’eco quelle pronunciate da Papa Francesco in occasione della visita pastorale a Lampedusa nello scorso luglio con cui il sommo pontefice si era scagliato contro “la globalizzazione dell’indifferenza” e contro una società “che ha dimenticato l’esperienza del piangere”. Messaggio, che si è concretizzato nell’omelia di S.E. Mons. Salvatore Gristina che ha altresì ricordato ai migranti presenti in cat(continua da pag. 1) GLI ORRORI... brutale deformazione di tutti quei valori che fino alla loro deportazione facevano parte del loro vissuto quotidiano. Il totale e radicale annientamento della personalità umana ha sottoposto l’individuo ad una realtà del tutto estraniata, rispetto ai due cardini della sua esistenza, la vita e la morte. Sicché le parole adoperate per descrivere e narrare queste esperienze non riescono a trasmettere fino in fondo quel vissuto, ma racchiudono al loro interno dei significati densi che si offrono alla società contemporanea, per acquisire una maggiore consapevolezza di ciò che potrebbe ripetersi. A che cosa serve il Giorno della Memoria, istituito dalla Repubblica Italiana attraverso l’approvazione della legge n. 211 del 20 luglio 2000? Non è di certo uno di quelle sterili ed ipocrite occasioni formali, Ginevra nel giugno scorso per una transizione politica in Siria. Il governo iraniano - alleato di ferro del regime d Bashar al-Assad - ha fatto sapere che la sua mancata presenza produrrà un effetto negativo sulla riuscita dei colloqui di pace: “È chiaro che una soluzione complessiva alla questione siriana non potrà essere trovata fin quando tutte le parti influenti non saranno state coinvolte nel processo”, ha affermato il viceministro degli Esteri, Abbas Araqchi, subito dopo l’annuncio dell’Onu di ritirare l’invito. Diverso il parere degli Stati Uniti che hanno auspicato come “tutte le parti possano ora tornare a concentrarsi sullo scopo” della riunione, ovvero, “porre fine alle sofferenze del popolo siriano e avviare un processo verso la transizione politica”. Quanto alla Russia, altro alleato storico del regime siriano, il ritiro dell’invito all’Iran avrebbe danneggiato l’autorevolezza delle Nazioni Unite: “Mi spiace che tutta questa storia non ha aumentato la credibilità dell’Onu”, parole del ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, che laconico ha boicottato in anticipo ogni tentativo di mediazione politica tra le parti. trate decidendo di fatto una sorta di road map, chiamata “The Geneva communique” (Il Comunicato di Ginevra), nel tentativo di creare un possibile quanto difficile governo di transizione politica in Siria. Nella fattispecie il documento prevedeva un governo di transizione dotato di pieni poteri al fine di garantire il regolare svolgimento delle elezioni, quale strumento essenziale per riportare la democrazia nello Stato medio-orientale. Tuttavia, le due opposte fazioni, a tutt’oggi, non sono riuscite a trovare la giusta misura e i continui tentativi di conciliazione si sono dissolti come neve al sole. Cosi l’appuntamento della scorsa settimana ha rappresentato un nuovo capitolo nel faticoso percorso che dovrebbe portare la pace in Siria con il supporto (politico) di 30 delegazioni pro- venienti da tutto il pianeta. Il governo del regime di Assad ha confermato la sua presenza in terra elvetica smentendo categoricamente ed in maniera preventiva un possibile passo indietro. Il ministro degli Esteri, infatti, nell’imminenza della conferenza di pace, aveva annunciato che “coloro che sostengono la rimozione di Assad si sarebbero dovuti svegliare dai loro sogni”. L’opposizione, di contro, ha annunciato la propria presenza, nonostante in principio aveva rivendicato il rilascio di prigionieri politici – specialmente donne – e la concessione del passaggio di aiuti umanitari nelle aree prese di mira dal regime. Alla vigilia, ha suscitato scalpore, ma non troppo il ritiro dell’invito all’Iran che ripetutamente aveva dichiarato di non condividere né sostenere l’accordo siglato a tedrale come “l’Eucarestia, dono di Dio per noi, non esclude nessuno, ma genera comunione attraverso quell’amen condiviso che si pronuncia in presenza del Corpo di Cristo”. Tale da suggerirci come gli uomini siano tutti uguali, solo ed unicamente al cospetto di Nostro Signore Gesù: perché la carità si manifesti ed operi in simbiosi con una maggiore consapevolezza dell’essere cristiani. Cosi da permettere di oltrepassare quelle barriere - culturali ed ideologiche - che impediscono l’integrazione. L’invito finale dell’Arcivescovo traccia la strada sul percorso da seguire: “Dobbiamo impegnarci di più per i migranti e per i rifugiati. Ma dobbiamo rifugiarci per prima cosa in Dio, per essere più attenti verso loro, verso le loro esigenze”. Pertanto -conclude S.E. Mons. Salvatore Gristina- è necessario “Cooperare insieme per rendere il mondo pieno di solidarietà”. Numerosi i rappresentanti delle varie comunità straniere presenti in cattedrale. Folto il numero dei fedeli della comunità cattolica dello Sri Lanka di lingua Cingalese e Tamil, residenti nel capoluogo etneo insieme al cappellano etnico, Sac. Christopher Shelton. Nutrita anche la comunità mauriziana, la prima ad arrivare a Catania negli anni settanta, costituita da cattolici, indù, musulmani, rappresentata dal presidente dell’Associazione Mauriziana Interreligiosa Catanese, così ricche di retorica e di vani discorsi ad effetto. È il tentativo di rendere attuale e presente nel quotidiano collettivo dell’odierna società il folle tentativo messo in atto per eliminare un intero popolo, proprio in quella parte di mondo da sempre ritenuta più ‘civilizzata’, dunque egemone. Serve all’uomo che ha bisogno di continuare a sapere e ha la necessità di ricordarsi di ricordare, eliminando in tal modo il rischio di relegare questo indelebile segno di dolore, morte e distruzione in un freddo e polveroso scaffale tra i libri del passato. In una società come la nostra, così distrattamente assuefatta ad innumerevoli e perpetuate forme di violenza, non bastano soltanto delle giornate di ricordo, così come non è bastato alla società degli anni ’80 e ’90 del secolo scorso ascoltare le parole di chi aveva subito la deportazione sulla sua pelle, se a partire dal 1991 nei Balcani, nel 1994 in Ruanda e nel 1995 in Srebrenica si sono verificati ancora veri e propri casi di genocidio. Il Giorno della Memoria rappresenta un monito, un avvertimento per scuotere la coscienza dell’uomo. Come ha scritto Vittorio Foa, nell’introduzione di “Se questo è un uomo” di Primo Levi: “Sorgono allora delle domande: perché dobbiamo ricordare? E che cosa bisogna ricordare? Bisogna ricordare il Male nelle sue estreme efferatezze e conoscerlo bene anche quando si presenta in forme apparentemente innocue: quando si pensa che uno straniero, o un diverso da noi, è un Nemico si pongono le premesse di una catena al cui termine, scrive Levi, c’è il Lager, il campo di sterminio”. Proprio queste parole riferite alla Shoah ci riportano a problemi che affliggono la società odierna. Ancora una volta la Storia, la tragica esperienza del vissuto umano, fornisce illuminanti chiavi di lettura per il presente. Sig. Milinte Rainald. Diversi anche i rappresentanti della comunità polacca ungherese e nigeriana. Un saluto di benvenuto e di ringraziamento, è stato rivolto dal direttore della Migrantes diocesana, il diacono don Giuseppe Cannizzo, prima della celebrazione eucaristica ai sacerdoti concelebranti, don Olvarius Kalupale della Tanzania, don Stefano Tampu cappellano etnico romeno, ed ai sacerdoti italiani padre Salvatore Cardile, direttore dell’Ufficio per l’animazione missionaria e padre Massimo Bolgan del PIME, presenti inoltre i diaconi Santo Rizzo, Mario Orofino e Pasquale Messina. Nonostante le difficoltà e le situazioni drammatiche, il concetto di migrazione ci spinge, dunque, ad immaginare un futuro differente, orientato alla ricerca di uno sviluppo integrale della persona. Un invito rivolto ad un mondo più giusto e solidale in cui sia rispettata pienamente la vita e la dignità della persona umana. Come il messaggio promosso da Papa Francesco per la Giornata Mondiale del Migrante e Rifugiato ha ricordato all’intera comunità cristiana: “Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore”. A margine della G.M.M va ricordata la veglia di preghiera tenuta giovedì 16 gennaio presso la Chiesa di Santa Maria dell’Ogninella in memoria delle vittime del mare e dei viaggi verso l’Europa, promosso dall’Ufficio diocesano per la Pastorale delle Migrazioni ed istituita dalla Migrantes diocesana nel 2009, e che ogni anno conta la partecipazione di un folto numero di migranti provenienti da ogni continente. ® ® Maxwell 3 Prospettive - 26 gennaio 2014 Studio Teologico S. Paolo Servizio di bioetica “Dott. Angelo Cafaro” L’azione protettiva della cura palliativa ello scorso articolo, o meglio nella proposta del tema di confronto che ogni settimana offriamo ai Lettori, avevamo scritto della riflessione sul “fine vita”. Avevamo accennato, solamente, a quel “fine vita” problematico ove l’eutanasia farebbe capolino insano od ove l’accanimento terapeutico dovesse essere rifuggito. Pensavamo ai malati di malattie inguaribili e a coloro che per gli effetti di tali malattie esprimono un corteo sintomatico fastidioso e delle inabilità che decostruiscono le relazioni psicologiche, sociali, spirituali e rendono difficile anche il rapporto con se stessi. Oggi affrontiamo questo tema e per rispondere a richieste specifiche pervenute e nella prospettiva di scambiare opinioni sul crinale molto esile della “qualità della vita”. Diciamo subito che, pur possedendone tutti il concetto, l’apprezzamento delle condizioni qualitative dell’esistenza rimane del tutto soggettivo. Molte barriere metodologiche, infat- N ti, si frappongono alla ricerca di uno standard valutativo della “qualità di vita”. Il cancro è, probabilmente, l’esperienza più stressante che si può vivere e, alcune volte, produce degli effetti che escono dalla possibilità terapeutica specifica e determinano una condizione di aggravamento che conduce allo stato di “terminalità”. In tale condizione la quantità di vita residua ed il decremento progressivo della sua qualità richiedono un supporto che tende a curare i sintomi, piuttosto che rimuoverne la causa ed a garantire le minori difficoltà alle relazioni compromesse. Ciò immette il ricorso alle cosiddette “cure palliative”. Nel sentire comune l’aggettivo “palliativo” suona come “inutile”, poiché qualifica terapie che non perseguono l’obiettivo di guarire il Paziente. Questo sentire potrebbe essere legittimato dalla definizione di “palliativo” sul vocabolario. Sul dizionario Treccani della lingua italiana di questo termine troviamo due accezioni di significato: di un medicamento o di una terapia che tendono a combattere provvisoriamente i sintomi di una malattia senza risolverne la causa, la prima, di provvedimento che non risolve una difficoltà o una situazione critica, ma ne allontana provvisoriamente le conseguenze, la seconda. Sembrerebbe coincidere tutto con “indifferente alla realtà”, come per le tante cose che nella società odierna si fanno inutilmente, per passar tempo, al posto delle cose utili e necessarie che risolverebbero i problemi. Sembra proprio che il pallio (da questa parola latina che significa mantello deriva il termine palliativo) venga steso provvisoriamente sul malato inguaribile per essere sostituito, a breve, dal lenzuolo della morte. Servirebbe, forse, a non offendere i nostri occhi, a mantenerci fuori da quella vita impotente che l’inesorabilità di un percorso di malattia porterà alla fine. Alla stessa stregua con cui allontaniamo, ormai, i bambini dalla visione della morte, quasi ad esorcizzarla per le genera- zioni future, come abbiamo tentato di esorcizzare la malattia consegnandola ad una medicalizzazione eccessiva. Invero nelle cure palliative si connatura quell’elemento di conforto che riporta al rapporto umanistico della sanità con la malattia e della società con la sofferenza e la solitudine. Quel mantello diventa protezione, non paravento, si dispone a consentire il miglior modo possibile per accompagnare la dignità del corpo alla convivenza con un’anima che sembra essersi allontanata dal malato e dall’operatore sociosanitario. Dal malato per i meccanismi emozionali che la sofferenza ha implicato, dall’operatore per la confidenza con l’aspetto quantitavistico e economicistico dell’assistenza. Il prendersi cura del malato, globalmente, il disporre attorno a lui l’am- biente familiare e sociale più solidale e più rispondente alle fragilità che la malattia sembra aver determinato costituiscono l’ontologia delle cure palliative. Per nulla dissimile da quell’ontologia sociale che riconosce nella convivenza tutti quegli elementi di “aiuto” consapevole e deciso che la rendono plausibile. Certo anche nel settore delle cure palliative tentazioni di gratuità, da una parte, e di affare dall’altra, potrebbero portare ad una conduzione delle cose che ricondurrebbe, maliziosamente, all’efficacia delle collusioni assistenzialistiche o ecomicistiche. Ma questo è un altro discorso e magari sarà puntuale oggetto di una disamina, sarà un tema da discutere. Da discutere come tutto quello che inferisce nel quotidiano divenire della vita. Santo Fortunato Servizio di Bioetica, Studio Teologico S. Paolo Se desiderate avere chiarimenti su questioni di bioetica, potete contattarci inviando una vostra richiesta al seguente indirizzo di posta elettronica: antoninosapuppo@tiscali.it La CEI ha promosso per il 10 maggio la giornata della scuola LE SCUOLE CATTOLICHE comunità di fede, conoscenza e servizio e scuole, comunità di fede, conoscenza e servizio”: è il tema della Settimana nazionale delle scuole cattoliche, che la Chiesa degli Stati Uniti celebra dal prossimo 26 gennaio al 1° febbraio. L’evento - giunto alla sua 40ª edizione - è promosso dalla Conferenza episcopale nazionale (Usccb), insieme con la “National Catholic Educational Association” (Ncea), l’Associazione che coordina gli insegnanti e gli educatori delle scuole cattoliche del Paese. Sono più di due milioni gli studenti che frequentano i 6.600 istituti di ogni ordine e grado negli Stati Uniti, distinguendosi per serietà e profitto. A conferma dell’alto livello dell’educazione da essi impartita, si registra che il 99% degli studenti raggiunge il diploma superiore e l’85% arriva all’università. Mons. George J. Lucas, presidente della Commissione per l’educazione dell’Usccb, afferma con soddisfazione: “Negli anni, le nostre scuole hanno educato milioni di giovani fornendo loro una formazione accademica superiore, senza mai perdere di vista la dimensione spirituale. Il successo delle scuole cattoliche nel trasmettere la fede alle nuove generazioni è un segno luminoso della storia della Chiesa degli Stati Uniti”. Queste considerazioni incoraggiano anche la Chiesa italiana che registra ogni anno una diminuzione delle scuole cattoliche e qualche volta anche la perdita dell’alto spessore cul- “L turale e formativo che le ha distinte nel tempo. La Conferenza Episcopale Italiana ha promosso per il 10 maggio la giornata della scuola con un grande pomeriggio di festa e d’incontro con il Papa in Piazza san Pietro a cui sono invitati gli studenti, gli insegnanti, le famiglie e tutti coloro che sono coinvolti nella grande avventura della scuola e dell’educazione. “Nella fase storica che attualmente stiamo vivendo, si legge nel messaggio della CEI, il contributo dell’insegnamento della religione cattolica può essere determinante per favorire la crescita equilibrata delle future generazioni e l’apertura culturale a tutte le manifestazioni dello spirito umano”. Don Francesco Macrì, presidente nazionale della FIDAE (federazione nazionale delle scuole cattoliche) nel corso del convegno nazionale sul tema: ‘Quale curricolo, per quale alunno, per quale società’, analizzando le difficoltà della scuola cattolica e delle prospettive future, ha affermato: “Nessuna strada fino ad oggi ha permesso di raggiungere risultati significativi. Va verificato se rispetto al “quanto” e al “come” e al “perché”, non ci siano altre modalità ed opzioni operative ed organizzative più rispondenti alle nuove esigenze del territorio e del nostro tempo”. Mentre si afferma che L’educazione dei nostri figli è una priorità, di fatto con l’applicazione della Tares e, da quest’anno dell’Imu “la parità giuridica tra scuola statale e non statale rischia di essere disattesa nei fatti”. Lo afferma il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Tocca Fondi. “Non si capisce, infatti, perché una scuola gestita dallo Stato o dalla Provincia non debba pagare l’Imu e perchè lo debba fare un istituto paritario che, come riconosce la legge, fornisce lo stesso servizio pubblico. Per il 2013 l’applicazione è stata sospesa, ma dal 2014 potrebbe essere letale per molte scuole’’. Quanto alla Tares, “non si capisce perché il tributo per la paritaria venga calcolato a metro quadro della struttura, mentre quello della scuola statale a bambino iscritto: come se gli alunni di una scuola sporcassero di più di quelli di un’altra scuola’’. L’ex ministro dell’Istruzione Beppe Fioroni, autorevole esponente del Pd, lancia l’allarme per il rischio di chiusura delle scuole materne paritarie, alla luce del taglio dei fondi e delle nuove imposizioni fiscali: “Nell’indifferenza generale rischiano di chiudere le scuole paritarie, con un terzo dei bambini senza diritto costituzionale”, Questo, ha spiegato, sarebbe “un dramma per le famiglie. Serve una risposta sulle tasse e i contributi o domani le famiglie di tutti i tipi avranno i bambini in strada. Questa è una vergogna”. Eppure è stato accertato che lo Stato risparmierebbe oltre 500 milioni di euro l’anno se aumentasse di 100 milioni i contributi alla scuola paritaria, consentendo a più famiglie di sceglierla. Ogni euro investito nella scuola paritaria renderebbe allo Stato 5 euro di risparmio, perché il costo per studente nella scuola statale è più elevato in assoluto e, ovviamente, molto più elevato per lo Stato rispetto al costo per studente che lo Stato versa alla scuola paritaria. Quattordici anni fa, il Parlamento nazionale, su proposta del ministro Berlinguer, varava la legge 10 marzo 2000, n. 62 sulla parità scolastica che riconosceva alle scuole private, per la prima volta nel nostro Paese, di essere poste alla pari delle scuole statali, come parte integrante del sistema nazionale d’istruzione, e con pieno diritto a rilasciare direttamente titoli di studio. Per ottenere e confermare il diritto alla parità, le scuole private devono assicurare taluni requisiti, tra cui quello di conformarsi agli ordinamenti scolastici previsti per le scuole statali. La stessa legge che dettava i requisiti per la parità, riconosceva alle scuole paritarie il diritto di fruire di appositi finanziamenti, prevedendo, in proposito che veniva “autorizzata la spesa di lire 250 miliardi per l’anno 2000 e di lire 300 miliardi annui a decorrere dall’anno 2001”. Trecento miliardi delle vecchie lire, pari a circa 150 milioni di euro, sono la dote di base per le scuole paritarie, ma questa legge nei fatti è rimasta disattesa, determinando così la chiusura di tante scuole cattoliche. In risposta all’incomprensione degli apparati della politica, della burocrazia, del sindacato, dei giornali, nei confronti della scuola cattolica, diversi genitori scelgono per i loro figli la scuola cattolica che gode grande apprezzamento e rispetto, per la qualità del servizio d’istruzione e di formazione. Se si potessero ridurre le spese a carico delle famiglie sarebbe un vero salto di qualità per una società libera e democratica, rispettosa dei diritti di tutti. GiAd 4 Prospettive - 26 gennaio 2014 PRIMOPIANO l’intervista Indietro nel tempo intervistando Lorenzo Reitano Il ricordo fa entrare nel cuore delle cose n viaggio è allontanarsi da un luogo per raggiungerne un altro, ma in verità è un ritrovare se stessi, compiere un percorso nell’interiorità attraverso il suono del monotono sferragliare del mezzo sulle rotaie. E così mentre ci allontaniamo da un luogo ci avviciniamo in realtà alla sorgente dell’io. Tra qualche giorno terrò al Palazzo Germanà a Brolo (ME), un laboratorio di storia della Sicilia con una classe dell’Istituto Comprensivo dell’amena cittadina della costa tirrenica della Sicilia, e cosi mi accingo a fruire in pienezza del percorso che attraverso i binari ferroviari mi condurrà a destinazione. Osservare, alla luce del grande astro, il paesaggio dal finestrino di un vagone equivale a cogliere l’attimo fuggente nell’irripetibile istante della vita che scorre. È come se da quell’occhio di luce scorresse la pellicola della tua esistenza fatta di fotogrammi e tu ne sei al contempo attore e spettatore. Ecco la stazione di Taormina, l’antica Tauromoenium, la città dei tori o meglio dei vitelli sacri al dio Sole, animali consacrati di cui era vietato cibarsi, ma i compagni di Ulisse, spinti dalla fame, ne mangiarono le carni, tale che la loro tracotanza venne punita dagli dei con la morte. Mi sovvengono così vari ricordi che si presentano alla mente con l’impeto del flash di una macchina fotografica. E mi vien di pensare ai viaggiatori stranieri che fissarono in memoria cartacea quegli scorci paesaggistici di questa terra di Trinacria, che dal XVIII secolo interessarono i salotti d’Europa, penso al barone tedesco Von Gloeden, che nella salubre tirrenica Sicilia, curò le sue febbricitanti tossi tisiche e respirando il profumo delle vestigia di antica memoria sicula greca e romana rinfrancò il suo spirito con l’azione dell’arte. Costui, agli inizi del novecento, valendosi della nuova arte, la fotografia, immortalò giovanili nudi- U tà efebiche in unione panica con la natura, per restituire al vigore della memoria un’eterna bellezza. Mentre sto a trastullarmi in questi soavi ricordi, una figura maschile si accosta alla mia persona. È un uomo di circa quarant’anni, il quale mi sorride, fa un lieve cenno del capo in segno di saluto e così si esprime: <<Ricordare vuol dire entrare nel cuore delle cose, sentirne l’essenza e vivere in esse in un afflato cosmico col tutto>>. Che profondità di pensiero e quale anima colta mi sta qui dinanzi! In una società, in un periodo storico viziato di brutture, un’indole poetica cultrice del bello è sempre la benvenuta! <<Il mio nome è Lorenzo Reitano e negli anni ’80 del secolo scorso, fui medico e poeta>>. Ricordo di avere conosciuto un certo Lorenzo Reitano, scienziato messinese, al Castello dei Principi Lancia di Brolo, nell’ambito di uno degli appuntamenti culturali della kermesse estiva “Medievalia”, e scopritore di un mito tutto siciliano legato allo sbarco dei Greci in Sicilia e pertanto chiedo se colui che mi parla è la stessa persona. <<Sissignora, in carne e ossa, anzi… mi perdoni… in puro spirito, per conversare con lei!>> Mi scusi, dottore, io forse ho le allucinazioni, ma so che lei da più di un lustro ha lasciato questo mondo terreno alla volta di un’esplorazione dei mondi celesti. <<È il suo pensiero che mi riporta in vita! Sappi che noi defunti viviamo e continuiamo a operare grazie al ricordo dei cari amici e parenti che proseguono la nostra condotta d’azione e di spirito>>. Inutile dire che stupore e incredulità assalgono la mia persona, sto quasi per svenire, sto parlando con un fantasma, quando quell’illustre interlocutore, mi prende la mano come per rassicurarmi e invitarmi a non teme- re. Mi offre dell’acqua minerale e mi invita a bere, quasi a farmi riprendere conoscenza, poi così esordisce: <<Vuoi che ti rivanghi alla memoria una storia d’amore, una delle più commoventi che il mito siciliano avesse mai avuto, quella di Zaside e Zancleo?>> Certo dottore, parli pure! <<Nel mio tempo libero amavo leggere e documentare le mie letture passeggiando nei luoghi raccontati nei libri. Ero innamorato della cultura classica greca e romana e mi potevo permettere sovente di leggere i testi in lingua originale, si intende nella lingua dei nostri padri Elleni>>. Prego, continui! <<Nella città di San Fratello trovai un reperto in pietra, trascurato dagli archeologi di oggi, e che riportava l’iscrizione “Sosipolis”. Trascorsi le notti, finito il mio turno di medico, a indagare su questa misteriosa epigrafe e quello che scoprii fu sensazionale per il mito greco-siceliota>>. Qual era il mito? <<Quanta fretta! Aspetta figliola e te ne parlo. All’epoca dello sbarco dei coloni greci in Sicilia, mi riferisco all’VIII secolo a. C., in questa terra profumata di essenze odorose e imbalsamata di sentori marini, dove vigoroso cresce l’ulivo e rigoglioso il lauro fronzuto, giunse un poderoso condottiero. Proveniva forse dalla lontana Corinto e nella bella isola dalle tre punte cercava nuove ricchezze. Lo splendore del paesaggio, il mite clima e la spiaggia dorata e abbracciata da monti ubertosi di natura, gli permisero di sostare a lungo in questa landa per ritemprare il fisico e allenarlo a nuovi scontri bellici. E così il giovane guerriero trascorreva i suoi pomeriggi nella cura del corpo modellato dall’esercizio ginnico. Un evento soltanto avrebbe potuto trasformare la sua indole, mutando l’aggressività in dolcezza: l’amore. E fu così che il rude condottiero si lasciò invaghire da un canto soave che giungeva alle sue orecchie e al suo cuore inaridito, dall’isola antistante alla baia di Naxos. Nell’intento irrefrenabile di conoscere la sorgente di siffatta musicale dolcezza, depose la sua ferrea armatura e si lanciò nelle azzurre acque tirreniche. Approdato in quell’incantevole lem- di, nell’azzeccata briosità del Concerto La Rustica e del Concerto per chitarra e archi RV93. Ad arricchire quest’ultimo, la perizia tecnica del chitarrista, nel porre in luce il ruolo dello strumento protagonista, curato dal musicista veneziano nel definire la tipologia di concerto solistico. Interprete sensibile a una piena cantabilità del suono, Pidone si è prodotto nel melodizzare spiegato del Primo concerto in La maggiore per chitarra ed archi op. 30 di Mauro Giuliani,dove il susseguirsi dei tre tempi in allegro maestoso, siciliana e rondò alla polacca, rispecchiava l’equilibrio classicista dell’autore, lasciandosi amalgamare dalla prontezza dell’ensemble. bo di terra, trovò un piccolo tempio, quasi un tesoro nascosto nella vegetazione, dove una sacerdotessa eseguiva il suo rito di fede e di preghiera. Costei era di un’indicibile bellezza, pareva una divinità scesa in terra. La sua voce era come rugiada che stillava gocce preziose dalle piante. E il rude Zancleo conobbe per la prima volta la forza travolgente dell’amore. Volle dare un nome a colei che lo aveva reso felice in quella notte e chiamò quella figura più celeste che terrena Zaside, in onore della luna, Iside che vigilava silente e segretamente luminosa su quel nascente sentimento. E fu così che avvenne la metamorfosi dell’animo. L’aggressivo Zancleo si innamorò e divenne poeta. Ma in una notte senza luna e senza stelle le acque tempestose di quel braccio di mare trascinarono nei fondali il povero amante. Lei, Zaside, invocò il suo nome a gran voce, ma invano, così desiderosa di raggiungere la sorgente della sua felicità si gettò a mare, ma le vesti pesanti e la burrasca svolsero la loro parte e quella terra non fruì più del suo soave canto. All’alba del nuovo giorno, sorse raggiante il grande astro che vivifica ogni cosa. I tepori del mattino di primavera pareva rinvigorissero lo spirito, ma dei due innamorati nessuna traccia. Fu così che la natura ebbe pietà di questa storia e fece affiorare terra dal mare a ricordo dell’antica unione di Zaside e del suo amato Zancleo>>. Avevo ascoltato quella storia magnetica che mi aveva ricolmato l’animo di tenerezza. Il medico mi guarda con la profondità dei suoi occhi che adesso mi accorgo vibrano della luce di nuovi orizzonti e di essenze celesti e mi sussurra: <<Ama e opera>>. Detto questo svanisce. Riprende il treno il suo percorso. Adesso si è fatto sera. Guardando la luna, dalla sua faccia tonda e argentea, mi pare scorgere l’immagina di Zaside e di Zancleo. Anna Rita Fontana Stefania Bonifacio Quarto appuntamento della stagione concertistica MusicaAlMuSeo ffiancato dall’ensemble d’archi Mediterranea, si è esibito al Museo Diocesano di Catania il validissimo chitarrista Salvatore Daniele Pidone, nel quarto appuntamento della stagione concertistica MusicaAlMuSeo, sotto la direzione artistica del Maestro Tuccio Mirulla. Formatosi con artisti di elevato spessore, quali Alirio Diaz e Eliot Fisk, con i quali ha calcato le scene di vari teatri europei, Pidone ha spaziato dal classico al folclore spagnolo, con una spiccata propensione per la musica latino americana, coltasi nei due brillanti bis di Hector Villa-Lobos e Antonio Carrillo, nei A rispettivi Choros n.1 e Como llora una estrella. La performance al museo, svoltasi nella bella Pinacoteca dell’istituzione, diretta dalla dott.ssa Grazia Spampinato, ha riscosso lusinghieri apprezzamenti da parte dell’attenta platea. Attratta dall’armonioso procedere delle fluide arcate di Angelo Cipria e Matteo Blundo, primi violini, Teresa Lombardo e Caterina Coco, secondi violini, Sal- vatore Randazzo e Niccolò Musmeci alla viola, Sun Ah Choi al violoncello, e Claudio Nicotra al contrabbasso, che esprimevano le caute misure barocche dello spirito da camera di Arcangelo Corelli, nel Concerto grosso op. 6 n. 8, e di Antonio Vival- Nella foto il Teatro greco di Taormina 5 Prospettive - 26 gennaio 2014 PRIMOPIANO Augustín Miguel Pro: un compagno di beatificazione del cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet Donarsi tutto a tutti ra coloro che sono stati beatificati da Giovanni Paolo II il 25 settembre 1988 insieme al nostro cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet, vi é il martire messicano Augustín Miguel Pro ucciso dai miliziani governativi il 23 novembre 1927 nella cittá di Guadalajara. La sua memoria liturgica ricorre nel giorno anniversario della morte. Quattro sono le corrispondenze che si vorrebbero evidenziare della vita del beato Pro, dietro lo spunto di quella del Dusmet: il contesto storico, la fedeltá alla vocazione religiosa, lo zelo pastorale e l’amore per i poveri. Innanzitutto l’ambientazione storica: si tratta di periodi storicamente segnati in modo diverso e di luoghi geograficamente lontani, ma con alcuni punti in comune. Un anno cruciale per la storia della Chiesa italiana è stato il 1866: leggi eversive dettate dal crescente anticlericalismo portarono alla soppressione, nel giovane Regno, di molti monasteri e conventi e, nel 1867, il conseguente incameramento dei beni ecclesiastici da parte del Governo che, così, trovó anche il modo per risanare le sue finanze. Pure Catania vide il chiudersi di tante case religiose senza che l’eroica lotta dell’abate e poi arcivescovo Giuseppe Benedetto Dusmet potesse evitare così grandi disastri. Egli stesso assistette inerme, ma lucidamente abbandonato alle imperscrutabili disposizioni della Provvidenza, alla sopressione della sua comunitá di San Nicoló l’Arena con conseguente requisizione di quell’antica abbazia. Anche se non ci fu una persecuzione cruenta dei religiosi, tuttavia “la dolorosa ferita” della soppressione postunitaria sanguinó a lungo nel cuore della cristianitá di quel tempo. Lo scenario in Messico é di gran lunga piú drammatico: nel 1917 venne promulgata una nuova Costituzione, ispirata a principi anticlericali, firmata dal presidente don Venusiano Carranza. Sotto il regime dei generali Plutarco Elias Calles e Alvaro Obergon, negli anni 1926-1929, l’agguerrito anticlericalismo sfoció T in una dura persecuzione politica e religiosa, soprattutto nella regione di Jalisco. Anche il giovane Miguel Pro (nato il 13 gennaio 1891) e gli altri novizi dell’ordine dei Gesuiti cui apparteneva, erano seriamente minacciati, in quanto i sacerdoti e i religiosi erano nel mirino del terrore politico militare. Inizió cosí la fuga dal Messico. Le peregrinazioni di Miguel appro- darono in diversi paesi, Stati Uniti, Granada e Belgio dove fu ordinato sacerdote il 21 agosto 1925. Di temperamento allegro e ottimista, padre Pro tuttavia soffrì molto, con acuti dolori anche fisici, a motivo della preoccupazione per l’amata famiglia e per la sua terra. Intanto la sua salute andò peggiorando, nonostante diverse operazioni allo stomaco. Con la speranza di un miglioramento i superiori, che non si erano ben resi conto della forza della persecuzione che i cristiani dovevano sostenere in Messico, acconsentirono al suo desiderio di rimpatriare. Ció avvenne nel 1926, al culmine del periodo “carranzista”, mentre la Chiesa Cattolica si trovava a fronteggiare i duri emendamenti costituzionali che limitavano severamente il culto pubblico. Fu proibito ai religiosi di indossare l’abito e molti conventi, chiese e altri edifici sacri furono profanati e requisiti. Numerosi furono i martiri che versarono il loro sangue al grido Avviso ai lettori Archivio Prospettive È possibile consultare l’archivio completo dei numeri precedenti di Prospettive inerenti all’intero anno 2012 e parte del 2013 direttamente sul sito del settimanale diocesano ww.prospettiveonline.it. Mentre l’acquisto di copie in archivio avviene solo nella sede del periodico. Inoltre l’abbonamento può effettuarsi anche online. di “Viva Cristo Rey! Viva la Virgen de Guadalupe”. Cessato quel periodo fu concessa la libertá di religione, mentre lo Stato é rimasto sostanzialmente laico. Purtroppo, ancora oggi, la lista del martirologio si allunga a dismisura: in parecchie parti del mondo tanti cristiani sono perseguitati e spesso uccisi. L’amore alla vocazione religiosa, quale fedeltá portata alle estreme conseguenze, caratterizza entrambi i nostri Beati. Sappiamo quanto Giuseppe Benedetto Dusmet fosse profondamente benedettino nella spiritualitá e nella vita pratica. Egli continuó a vivere integralmente la Regola di san Benedetto, che ritroviamo come in filigrana anche nelle lettere pastorali, pure da arcivescovo, introducendo nell’episcopio uno stile di vita povero, umile, orante. Come monaco, abate e infine arcivescovo-cardinale, manifestó sempre entusiasmo e gratitudine per il dono della vocazione. Miguel Pro entrò nella Compagnia di Gesù il 10 agosto 1911 incarnandone in pieno, fino al giorno del suo martirio, il motto “en todo amar y servir”. Il segreto della sua esistenza capace di irradiare luce pur in mezzo a tanta oscuritá, amore nonostante il vortice di violenza e di morte, lo si puó rintracciare nella lettera del 27 maggio 1926: «In tutta la mia vita religiosa, non ho trovato un mezzo più rapido ed efficace per vivere intensamente unito a Gesù che la Santa Messa. Tutto cambia aspetto; tutto appare sotto un’altra luce, tutto si eleva ad orizzonti più vasti, più generosi, più spirituali... Io ho sentito e sento, pur in mezzo alle mie tiepidezze, una forza superiore che mi spinge in avanti». Il vivere in pienezza la propria vocazione inevitabilmente sfocia, sia per il benedettino Dusmet che per il gesuita Pro, nello zelo pastorale. Donati a Cristo, alla Chiesa e ai fratelli come religiosi e consacrati alla causa del Vangelo in virtú del ministero sacerdotale, essi non appartenevano piú a se stessi, espropriati di tutto sino all’oblazione totale che, nel caso di Miguel Pro, sfoció nel martirio. Per il cardinale Dusmet la prioritá era proprio l’esercizio di quella pastoralitá che sapeva profondere a piene mani, tutto dimentico di sé per essere l’icona del buon Pastore che passa benedicendo e sanando il suo popolo. Anche padre Pro, nonostante i pericoli, sfuggendo alla polizia in ogni modo possibile, continuò clandestinamente la sua missione di sacerdote in casa dei suoi familiari e di amici. Munito di bicicletta, travestendosi da meccanico, da servo, da uomo di mondo, era in grado di assolvere il suo dovere sacerdotale amministrando i sacramenti e attendendo ai bisogni del gregge disperso e sconvolto. Nello spirito dell’apostolo Paolo egli si fece tutto a tutti per guadagnarli a Cristo: «Sono pronto a dare la mia vita per le anime, ma per me non voglio nulla. Tutto ciò che desidero è di condurle a Dio. Se io tenessi qualcosa per me, sarei un ladro e un infame; non potrei più essere un prete». Infine l’amore per i poveri, quasi un epilogo e conseguente corollario nella vita di questi due beati. L’amore alla vocazione e lo zelo pastorale erano alla base, alimentandola, di quella caritá di cui il beato Dusmet é stato indimenticabile angelo. Il primo posto delle sue attenzioni pastorali, delle sue cure, della sua eroica dedizione era riservato ai poveri... a tempo ideterminato, senza limiti, fin quando avrebbe avuto un panettello da dividere con loro. É la predilezione per i poveri a dare la forza, al beato Pro, di correre i rischi maggiori, pur di arrivare a loro, di sostenerli, aiutarli anche materialmente. Le sue doti personali, la limpidità del cuore e dell’agire gli permettevano di entrare in contatto con persone di ogni categoria e di stabilire rapporti di grande cordialità con tutti, soprattutto con i poveri, gente umile, inerme, sfinita; poveri affamati di pane, ma anche uomini gravati da miserie spirituali. Tutti figli dello stesso Dio da raggiungere e soccorrere. Possa l’intercessione di questi due eroi della caritá, testimoni del Risorto e pastori innamorati della Chiesa, che festeggiano insieme l’anniversario di beatificazione, ottenerci la grazia di corrispondere alla nostra vocazione - qualunque essa sia - per amare e servire il Signore nei fratelli e sorelle che incontriamo ogni giorno, compagni di umanitá, eredi insieme a noi di quel Regno che non avrá mai fine. Suor Maria Cecilia La Mela OSBap Economato Per sostenere il progetto umanitario e di accoglienza ai migranti che sbarcano presso il porto di Catania, intitolato Maria Corrao, la cui organizzazione e gestione sono non lucrative, di utilità sociale e umanitaria, si può donare tramite versamenti intestati a: “Arcidiocesi di Catania” Con la causale: “ Pro immigrati progetto Maria Corrao”. - Bollettino C.C.P. n. 11105954; - Bonifico conto corrente Banco Posta Poste Italiane filiale Catania via Etnea Cod. IBAN IT95N0760116900000011105954, per versamenti dall’estero BIC: BPPIITRRXXX; - Con bonifico bancario Unicredit Banca s.p.a. filiale Catania Duomo Cod. IBAN: IT05L0200816929000300318180, per versamenti dall’estero BIC: SWIFT: UNCRITM1H20 6 Prospettive - 26 gennaio 2014 Prospettive - 26 gennaio 2014 7 Convegno organizzato dall’Ufficio di Pastorale scolastica della Diocesi di Catania L’educazione: una responsabilità di relazione come annunciare Gesù Cristo ad una generazione che cambia continuamente. Papa Francesco ha aggiuna pedagogia del del desiderio è nata dall’interazione to che il compito educativo desiderio: dal senso degli educatori con i ragazzi, dalla scooggi è una missione chiave, religioso alla fede cristiana” è stato il perta che un’educazione troppo rigida chiave, chiave! La triplice tema trattato al convegno dall’Ufficio non funziona in un contesto simile, e ripetizione del termine di Pastorale scolastica della Diocesi che prima di tutto è necessario che i chiave, suddiviso in tre di Catania che si è svolto il 13 gen- bambini si sentano stimolati e siano punti e ne fa una sintesi in naio alle ore 16,30 presso la Badia di messi nella condizione di desiderare. tre parole, rinforza il conS. Agata. Relatori dell’incontro don Per il Papa, i pilastri dell’educazione cetto e ne sottolinea l’imSalvo Gulisano direttore della sono: trasmettere conoscenza, trasmetportanza. Le parole di Papa pastorale scolastica, Mons. France- tere modi di fare, trasmettere valori. Francesco aprono la pista sco Ventorino e don Paolo Caltabia- Attraverso questi si trasmette la fede. ad una riflessione sull’eduno. Presenti al convegno insegnanti di L’educatore deve essere all’altezza del cazione e sulla scuola oggi, religione, ed educatori. La pedagogia ruolo che incarna, deve interrogarsi su che necessita di un radicale intervento di cambiamento ed uno stile nuovo di agire con gli studenti. Dall’amore un nuovo riscatto va di quello stesso desiderio di felicità che a me faceva ta sempre puntuale quel Gesù Cristo che prima lo ha Oggi la scuola ha bisogno “Sono sempre stato un ragazzo liquido, in continua desiderare di morire e a lei invece faceva l’effetto di un svegliato lentamente dal sonno che si era auto-procuradi professionisti educatori ricerca del vero, in cerca delle ragioni del crescere. Ho motore fortissimo. Non seppi in che forma continuare a to e poi, dopo avergli donato Ilenia, lo ha aspettato perche sanno guardare denvissuto a lungo in un teatrino di maschere ma nella per- starle vicino, ero certo però di non voler perderla. Poi ci ché liberamente scegliesse di seguirLo. Orazio oggi è tro i loro alunni, e quindi cezione che nulla c’entrava con me. Un’estraneità di me siamo innamorati e tutto il nero della mia vita cominciò impegnato attivamente con “StudioInsieme”, iniziativa siano capaci di rispondere stesso mi ha fatto capire che per mia natura non mi adat- a emergere nella stringenza di questo nostro rapporto di aiuto allo studio gratuito per gli studenti, che la Conai tanti bisogni, a volte tavo al “sistema” e ho smesso di andare a scuola e di dove io non censuravo niente di me; mi scandalizzavo sulta di pastorale scolastica della diocesi promuove già inespressi, che manifestachiedermi il perché delle cose. Perché avrei dovuto di me stesso, ma lei invece di schifarsi metteva le mani da qualche anno e che si svolge nei locali del Propeno. I ragazzi di oggi hanchiedermi le ragioni di qualcosa anziché chiedere diret- nelle sozzure della mia personalità: più lei mi amava in deutico, in via Raciti, messi a disposizione da don Salno maggiormente bisotamente le cose che volevo e potevo avere? Così ho quella parte peggiore di me, più io la respingevo; lei vo Gulisano. Impegnati con l’associazione “Cappuccigno di aiuto e di sostegno imboccato il sentiero della droga, il sentiero della vita però iniziò ad amarmi di più. Questo amore mi cambiò: ni” nel gesto della caritativa nell’omonimo quartiere di per i loro bisogni, e la più buio, ma molto comodo. Il mio desiderio di felicità il mio male divenne bianco perché lei lo aveva redento. Catania, Orazio, Ilenia e tanti altri condividono la loro scuola svolge spesso aziolo anestetizzavo con la droga per trovare pace. Rasen- Poi lei mi invitò a caritativa dove ho visto tanti fatti esperienza di Cristo con famiglie e bambini indigenti ne di supplenza alle tando i muri, ridotto ai minimi termini, ho avuto un eccezionali: persone come lei avevano tutti uno stesso spesso dimenticati dalle istituzioni. Orazio sperimenta carenze che non sempre giorno un momento di lucidità surreale dentro la nebbia tratto che mi appassionò perché sembravano appartene- giorno dopo giorno il valore cristiano del servizio ed la famiglia riesce ad assipiù totale e tornai dai miei genitori che mi perdonarono, re ad un’unica persona. Era Gesù Cristo, quella persona impara ad ascoltare il grido di chi soffre. Ha concluso la curare e a garantire. L’ema questo non mi bastò perché volevo dalla vita qual- e di Lui ne parlavano come se fosse in mezzo a loro sua testimonianza dicendo: “Ho conosciuto la risurreducazione implica una cosa che ancora nessuno sapeva darmi. La conseguenza realmente. Poi anch’io l’ho incontrato: il giorno in cui zione di Cristo nella mia vita perché ho visto cose nere responsabilità, che si tradi questa condizione a cui ero giunto dopo il mio ritor- sono diventato consapevole della Sua presenza giorna- diventare bianche. Ho imparato che il dolore è un grido duce e si manifesta nell’ano a casa fu l’apertura del mio cuore. Aprendo il cuore liera accanto a me, ad Ilenia e agli altri suoi compagni”. giusto, sacrosanto, che solo Cristo e coloro che seguomore. Così come mamma mi sono accorto di una ragazza di nome Ilenia. Lei era Orazio oggi vive una vita che non è più vuota, ma addi- no davvero Cristo possono veramente accogliere”. e papà, rispondono con diversa da tutte: la sua umanità era più pura, tutta la sua rittura sorprendente, non perché gli accadano fatti eclal’amore ai bisogni dei vita era permeata da una serenità bella. Ilenia mi parla- tanti, ma perché proprio nei quotidiani sacrifici lo aspetLaura Napoli figli, così l’educatore si apre ad una particolare esperienza di relazione e di amore nei confronti di quelli che incontra nel suo cammino. L’educatore è responsabile di fronte alla persona da educare, perché ha il compito di condurla alla reaer tutta la mattinata di ODA, ufficio diocesano pastorale lizzazione di sé secondo l’immagine domenica 19 gennaio, della salute, CRI, Associazione dona- della vera umanità. Guidare, educare, nonostante le non favorevoli conditori midollo osseo, Associazione ita- prendersi cura, significa accompagnazioni atmosferiche, piazza Duomo è liana donatori organi, Volontariato re la persona umana nel sentiero della stata meta di tanti devoti agatini e citinternazionale donna educazione svi- libertà, per la realizzazione del progettadini che, in occasione della XVIII luppo dell’oratorio salesiano Giovan- to di vita e quindi illuminarla e guidarGiornata cittadina della donazione e ni Paolo II di Librino, Caritas dioce- la per operare delle scelte responsabili. della solidarietà nell’Anno della Fede sana Talità Kum Straludobus per Non si può ridurre l’educazione all’i“S. Agata ti invita a donare”, organizbambini di Librino, parrocchia S. struzione. All’educatore vero interessa zata dai Gruppi Fratres in collaboraFrancesco di Paola, Oratorio S. Filip- che l’educando apprenda qualcosa, ma zione con le Associazioni Agatine, po Neri. Molto gradita la partecipa- soprattutto diventi qualcuno e quindi l’Opera Diocesana Assistenza e la zione del gruppo Sbandieratori “I egli diventa responsabile della nascita Caritas diocesana con la partecipaLeoni reali” di Camporotondo Etneo. di un io, di una persona e tale responzione della Croce Rossa Italiana, delL’azienda dolciaria Pennisi ha donato sabilità si manifesta nel diventare le associazioni donatori di sangue 200 kg di prodotti: il ricavato della custode della verità dell’essere e della ADVS-FIDAS ed AVIS, della Convendita sarà devoluto ai 5 oratori cit- verità circa il bene della persona. L’esulta diocesana delle aggregazioni tadini (Natività del Signore Cibali, S. ducazione e la relazione sono atti socio-assistenziali, il Centro servizi Maria del la Salette, S. Filippo Neri intenzionali e quindi sollecitano innanvolontariato etneo, della Provincia di Teatro Greco, Talità Kum e Giovanni zitutto la responsabilità dell’educatore, Catania. Paolo II Librino), che da anni si pren- poiché la modalità propria del rapporUn positivo risultato ha ricompensato sangue il 5 febbraio, dalle 8.30 alle ciazione femminile S. Agata in Catte- dono cura ed educano bambini, to educativo è la testimonianza dell’el’impegno dei tanti volontari operan- 12.30, in piazza Università e il 12 drale, Circolo femminile S. Agata, ragazzi e giovani rispondendo anche ducatore. Soddisfatto don Salvo Guliti con spirito di sacrificio come ha febbraio, nel pomeriggio-sera sul gruppo diocesano di preghiera Amici ai bisogni delle povertà delle famiglie sano, che a conclusione del convegno del Rosario, Associazione italiana e degli immigrati, scelti quest’anno ci sottolinea che “è stato bello riscoriferito il dott. Vito Mazzarino, mem- sacrato della Collegiata. bro della commissione diocesana per L’Arcivescovo Mons. Salvatore Gri- per la lotta alle epatopatie, Associa- per la “Missione Sant’Agata”. Oltre prire i tanti echi, che ogni giorno ci la festa di S. Agata: oltre 50 cittadini stina, il sindaco avv. Enzo Bianco, il zione italiana Sclerosi multipla, UNI- che con la colletta del Pontificale e vengono dati, ma che non riusciamo a si sono sottoposti alla predonazione delegato arcivescovile per la Catte- TALSI, FONCANESA, ANDOS, con il sorteggio annuale organizzato catturare. Don Ciccio Venturino e don per verificare l’idoneità fisica e oltre drale si sono congratulati con gli AIRC, IBISCUS, Istituto S. Giusep- dagli Amici del Rosario si potrà con- Paolo Caltabiano hanno tratteggiato 35 hanno donato nelle 4 autoemote- organizzatori e hanno salutato tutti pe Serve Divina Provvidenza, ICAM tribuire in diversi momenti e luoghi in maniera diversa una realtà che è gli animatori della Giornata. Sotto i Città dei Ragazzi, Fondazione Cirino identificati dalla presenza di una quella dei giovani, e di quello che i che disponibili. La colazione dei donatori è stata gazebo tante aggregazioni laicali del la Rosa, IPAB Istituti riuniti Provvi- “Casa-oratorio itinerante”. giovani desiderano e vogliono. offerta dalle associazioni femminili volontariato laico e cattolico impe- denza e S. Maria del Lume, IPAB agatine. Sarà ancora possibile donare gnati nel sociale, tra le quali: Asso- Mons. Ventimiglia e S. Benedetto, Antonino Blandini Anita Rapisarda “L ...testimonianza del giovane Orazio Giornata della Donazione e della Solidarietà P 8 Prospettive - 26 gennaio 2014 CELEBRAZIONI IN ONORE DI Sant’AGATA Arcidiocesi di Catania Città di Catania Vergine e Martire Patrona principale della Città e dell’Arcidiocesi PROGRAMMA Domenica 26 gennaio Giornata delle Associazioni Agatine Ore 09,30 – Basilica Cattedrale: Celebrazione Eucaristica presieduta da S. E. mons. Arcivescovo con la partecipazione dei soci delle associazioni agatine ed il maestro del fercolo, i responsabili e collaboratori della festa di S. Agata che rinnoveranno le promesse battesimali. Nel pomeriggio i soci riceveranno la tessera di adesione nelle proprie sedi. Ore 17,15 – Clero, fedeli e autorità accompagneranno il Velo di S. Agata dalla Basilica Collegiata fino al Duomo. Ore 18,15 – Nel Santuario di S. Agata al Carcere S. Messa presieduta da S. E. Mons. Arcivescovo alla presenza del Prefetto, del Presidente della Provincia Regionale di Catania, del Sindaco con la Giunta Municipale, del Presidente del Consiglio comunale con i Consiglieri. Ore 20,00 – In piazza dei Martiri omaggio floreale delle associazioni agatine, del cereo del Circolo S. Agata e “Mons. Ventimiglia” alla stele di S. Agata. TRIDUO SOLENNE DI PREPARAZIONE IN CATTEDRALE Giovedì 30 gennaio Ore 10,00 – S. Messa presieduta da S. E. R. mons. Santo Marcianò, Ordinario militare per l’Italia; parteciperanno le Forze Armate, la Polizia di Stato, i Vigili del Fuoco, la Polizia Municipale, la Polizia Penitenziaria, i Vigilantes e le Associazioni Combattentistiche e d’Arma. Ore 18,00 – S. Messa presieduta da S. E. R. mons. Pio Vittorio Vigo, Arcivescovo - Vescovo emerito di Acireale; parteciperanno le Confraternite ed i gruppi di Volontariato Venerdì 31 gennaio Ore 18,00 – S. Messa presieduta da S. E. R. mons. Giuseppe Malandrino, Vescovo emerito di Noto; parteciperanno le giovani famiglie con i loro bambini: atto di affidamento dei bambini a S. Agata. Sabato 01 febbraio Ore 18,00 – S. Messa presieduta dal rev.do mons. Giuseppe Baturi, direttore dell’ufficio nazionale per i problemi giuridici della CEI; parteciperanno i Movimenti Ecclesiali. Domenica 02 febbraio – festa della Presentazione del Signore giornata mondiale degli Istituti di Vita Consacrata Ore 16,30 – Nella Chiesa di S. Agata alla Badia S. E. Mons. Arcivescovo presiederà il rito della benedizione delle candele. Seguirà la processione fino alla Cattedrale; S. Messa durante la quale i religiosi e le religiose, i consacrati e le consacrate secolari, rinnoveranno gli impegni di vita consacrata ed alcuni ricorderanno la ricorrenza giubilare. Lunedì 03 febbraio Ore 07,30;10,00 – Nella Basilica Cattedrale SS. Messe. Ore 12,00 – Processione per l’offerta della cera dalla Chiesa di S. Agata alla Fornace alla Basilica Cattedrale. Parteciperanno S. E. Mons. Arcivescovo, i Capitoli delle Basiliche Cattedrale e Collegiata, il Clero, gli alunni del Seminario Arcivescovile, il Prefetto, il Sindaco e il Presidente della Provincia Regionale con le rispettive Giunte, il Presidente del Consiglio Comunale ed il Presidente del Consiglio Provinciale con i rispettivi Consiglieri, il Magnifico Rettore, gli Ordini Equestri Pontifici, il Sovrano Militare Ordine di Malta, l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, le Autorità nonché i Gonfaloni della Città, della Provincia e dell’Ateneo seguiti dalle storiche berline del Senato e dai Cerei. Riflessioni dettate dal rev.do mons. Gaetano Zito, vicario episcopale per la cultura. In Cattedrale solenne “Te Deum”, composto e diretto dal M° Mons. Nunzio Schilirò, eseguito dalla “Cappella Musicale del Duomo”, all’organo il M° Can. Giuseppe Maieli. Martedì 04 febbraio Ore 05,00 – Nella Basilica Cattedrale recita del Rosario ed esposizione delle Sacre Reliquie. Ore 06,00 – “Messa dell’Aurora” celebrata da S. E. mons. Arcivescovo. Ore 07,00 – In piazza Duomo riflessioni di mons. Barbaro Scionti, delegato arcivescovile della Basilica Cattedrale, che insieme ai “devoti” darà inizio alla processione delle Sacre Reliquie di S. Agata da Porta Uzeda. Davanti all’Icona della Madonna della Lettera S. E. Mons. Arcivescovo offrirà alla Santa Patrona il tradizionale cero e benedirà le Corone del Rosario per la preghiera guidata dagli “Amici del Rosario”. Davanti alla cappella del SS. Salvatore in via Dusmet, omaggio dell’Autorità Portuale e della Capitaneria di Porto. La processione proseguirà per le vie Calì, piazza Cutelli, via Vittorio Emanuele, piazza dei Martiri, dove renderanno omaggio i disabili, via VI Aprile, della Libertà, piazza Iolanda. In detta piazza riflessioni del rev.do don Carmelo Salvatore Asero, rettore del santuario di S. Agata al Carcere. La processione continua per le vie Umberto, Grotte Bianche, piazza Carlo Alberto; dinanzi al Santuario della SS. Annunziata al Carmine omaggio dei Padri Carmelitani, riflessioni del P. Francesco Collodoro O.C., vicario foraneo; indi prosegue verso piazza Stesicoro dove S. E. Mons. Arcivescovo si rivolgerà ai fedeli per il tradizionale messaggio alla Città. La comunità cristiana catanese, nei luoghi tradizionalmente riconosciuti del martirio di S. Agata, rinnova solennemente le promesse battesimali. Lungo la salita dei Cappuccini e piazza S. Domenico le Sacre Reliquie raggiungeranno la Chiesa di S. Agata la Vetere. Celebrazione dei Primi Vespri della solennità di S. Agata, presiede mons. Carmelo Smedila, vicario foraneo, partecipano i Presbiteri e Diaconi del Vicariato. La processione prosegue per le vie Plebiscito, Vittorio Emanuele, piazza Risorgimento, via Aurora, Palermo, piazza Palestro, via Garibaldi, Plebiscito, Dusmet e rientro in Duomo da Porta Uzeda. Mercoledì 05 febbraio – solennità di S. Agata Ore 07,30; 08,30 – SS. Messe nella Chiesa di S. Agata alla Badia. Ore 10,00 – Le Autorità con i Gonfaloni della Città, della Provincia e dell’Università da Palazzo degli Elefanti si recheranno in Cattedrale. Ore 10,15 – Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Angelo Bagnasco, Arcivescovo Metropolita di Genova, Presidente della CEI, Sua Eccellenza Mons. Arcivescovo, gli Ecc.mi Arcivescovi e Vescovi di Sicilia, i Canonici, il Clero e il Seminario muoveranno in corteo liturgico dal Palazzo Arcivescovile fino alla Basilica Cattedrale per il Solenne Pontificale. Il servizio liturgico sarà curato dagli alunni del Seminario Arcivescovile; la Cappella Musicale del Duomo, diretta dal M° Mons. Nunzio Schilirò, eseguirà la “II Messa Corale”, di Nunzio Schilirò, per coro, assemblea, organo e archi; all’organo il M° Can. Giuseppe Maieli. Ore 16,00 – S. Messa Ore 17,00 – Processione delle Sacre Reliquie per via Etnea; Sua Eminenza Il Cardinale e l’Arcivescovo seguiranno la processione, guidando alcuni momenti di preghiera, fino a piazza Stesicoro; dinanzi alla Basilica Collegiata omaggio floreale del Capitolo e dei soci del Circolo Cittadino S. Agata; la processione prosegue per via Caronda, piazza Cavour; in detta piazza omaggio floreale dell’Associazione S. Agata al Borgo. Indi si prosegue per via Etnea, Sangiuliano, Crociferi; dinanzi alla Chiesa di S. Benedetto omaggio floreale delle Monache, si prosegue per piazza S. Francesco d’Assisi, via della Lettera, Garibaldi, piazza Duomo. Al rientro in Cattedrale, celebrazione di benedizione e di ringraziamento. Dal 06 all’11 febbraio in Duomo SS. Messe all’Altare di S. Agata alle ore 07,30; 10,00; 18,00. La S. Messa vespertina sarà animata dalle parrocchie: Natività del Signore (07); S. Maria del Carmelo al Canalicchio (08); S. Carlo Borromeo (10); parrocchie della “Civita” (11). Domenica 09 febbraio Ore 16,30 – Nella Basilica Cattedrale in occasione della “giornata mondiale del malato”, S. Messa e processione eucaristica interna, presiede S. E. Mons. Arcivescovo. Mercoledì 12 febbraio – Chiusura delle Celebrazioni Ore 07,30; 09,00; 11,00; 12,00; 13,00; 16,00; 17,00 – SS. Messe Ore 08,00 – Esposizione delle Sacre Reliquie. Dalle ore 09,30 alle ore 13,30 e dalle ore 15,00 alle ore 17,30 i fedeli potranno accostarsi al tradizionale bacio delle sacre reliquie presso la cappella di S. Agata. Ore 10,00 – S. Messa presieduta dal rev.mo mons. Agatino Caruso, vicario generale dell’Arcidiocesi, con la partecipazione del capitolo metropolitano. Ore 14,30 – S. Messa per i disabili presieduta dal rev.mo mons. Alfio Russo, Presidente dell’Opera Diocesana Assistenza. Ore 19,00 – S. Messa solenne presieduta da S. E. mons. Arcivescovo. Al termine processione delle Sacre Reliquie in piazza Duomo con la partecipazione delle autorità cittadine. Dalla Curia Arcivescovile: mons. Mauro Licciardello dalla Basilica Cattedrale: mons. Barbaro Scionti Celebrazioni in onore di S. Agata V. M. Manifestazioni culturali e sportive 19 gennaio \ 12 febbraio “Tutti devoti tutti, cittadini viva Sant’Agata”: percorso alla scoperta della fede, dell’arte e delle tradizioni legate alla Santa Patrona di Catania; l’itinerario, proposto in particolare alle scuole di ogni ordine e grado prevede la visita alla sala del Fercolo, alla Cappella di S. Agata in Cattedrale, alla Chiesa di S. Placido e la mostra “Cimeli agatini e arte popolare”; l’attività si concluderà con una presentazione multimediale sul tesoro di S. Agata ed il sacello. (a cura dell’amministrazione della Cattedrale). Domenica 26 gennaio Ore 18,00 – Chiesa S. Agata la Vetere: “Il Martirio di S. Agata”, sacra rappresentazione a cura della comunità parrocchiale del Divino Amore guidata dal Parroco, Sac. Piero Sapienza. 27 gennaio\07 febbraio XIII Trofeo di calcio a cura dell’Associazione Sportiva Polizia Municipale. 28 gennaio\03 febbraio Giro delle candelore nei quartieri della città, con manifestazioni presso i mercati. Giovedì 30 gennaio Ore 20,00 – Chiesa di S. Agata alla Badia: “Tutti devoti tutti”, sacra rappresentazione a cura della parrocchia Santi Angeli Custodi, trasposizione e adattamento teatrale di Pippo Marchese tratta dal poemetto lirico siculo “U martiriu di Sant’Aita” di Albavilla. Sabato 01 febbraio Ore 20,00 – Santuario S. Agata al Carcere: “Agata e Dusmet: luce fervente per Catania” concerto di evangelizzazione a cura della corale parrocchiale della Cattedrale. Domenica 02 febbraio Ore 20,00 – Nella corte del Palazzo degli Elefanti il Sindaco accenderà la lampada votiva a S. Agata e sarà consegnato il premio “La Candelora d’Oro”. A seguire, in piazza Duomo, omaggio floreale da parte dei Vigili del Fuoco. Lunedì 03 febbraio Ore 08,00 \ 15,00 – Nella “casa del fercolo” speciale annullo filatelico di Poste Italiane in occasione delle celebrazioni agatine 2014. Ore 20,00 – In piazza Duomo tradizionali inni in onore di S. Agata eseguiti dalla “Corale Tovini”. Concerto bandistico di musiche belliniane. Luigi Maina Presidente delle Celebrazioni Enzo Bianco Sindaco @ Salvatore Gristina Arcivescovo Metropolita 9 Prospettive - 26 gennaio 2014 DIOCESI Insediato il nuovo Presidente della Confederazione Diocesana delle Confraternite seguito delle elezioni svolte il 23 ottobre 2013 per il rinnovo del Consiglio Diocesano delle Confraternite dell’Arcidiocesi di Catania, l’Arcivescovo Mons. Salvatore Cristina, ha nominato come Presidente della Confederazione Diocesana delle Confraternite la prof.ssa Giuseppina Fazzio, Governatore del Circolo Cattolico san Giuseppe di Pedara, che Sabato 21 dicembre u.s. si è insediata, insieme agli altri componenti del Direttivo (il geom. Salvatore De Filippo, il sig. Antonino Fussone, l’ing. Antonio Cavallaro, il dott. Gaetano Campisano, il per. Mario Milanese, l’accolito Alfio D’Aquino e il segretario, il geom. Orazio Gangemi), presso la chiesa “Badia di Sant’Agata” con il tradizionale rito della “vestizione”. La Celebrazione Eucaristica, presieduta dall’Arcivescovo, e animata dalla Corale “G. Recupero “ di Pedara, diretta dal maestro Antonio Sciuto, si è svolta alla presenza dei dirigenti delle Confraternite della Diocesi e delle autorità civili e militari. Nel discorso d’insediamento, il neoPresidente, dopo aver ringraziato l’Arcivescovo per averla chiamata ad un compito così arduo al servizio della Chiesa, ha ribadito i punti programmatici più importanti del suo mandato: migliorare l’impianto della Confederazione; apportare il giusto equilibrio fra centro e periferia; lavorare per sfuggire da tentazioni intimistiche all’interno dei singoli sodalizi; rilanciarne la presenza nel tessuto sociale ed ecclesiale con l’assunzione di nuovi spazi di apostolato; favorire i rapporti tra le Confraternite con incontri cadenzati e itineranti mensili, che diano spazio alla preghiera, alla formazione e all’informazione, promuovendole tipicità dei singoli sodalizi; curare l’informazione e la comunicazione tra le Confraternite con un foglio bimestrale dove ogni gruppo possa promuovere le proprie attività; e, infine, ma non per ultimo, interagire per la conservazio- A La concordia è esemplare testimonianza evangelica ne, la valorizzazione e il recupero dei beni culturali, architettonici, artistici e storici di ognuno, in sinergia con i rappresentanti del territorio, secondo i ruoli e le competenze di ciascuno. Tre gli aspetti fondanti di questo nuovo mandato, che il neo-Presidente ha voluto sottolineare: 1) la fede incarnata nella vita quotidiana di cia- che si fa dono, soprattutto per gli ammalati, gli anziani e i più indifesi, che deve trovare continuo spazio nella vita delle Confraternite, perché i santi che sono venerati all’interno dei singoli sodalizi e dei quali ci si propone di diffondere il culto, non hanno vissuto per se stessi, ma per il Signore e per gli altri e hanno compreso che solo l’amore cambia il cuore e il mondo, testimoniandolo in modo diverso ma univoco. Al neo-presidente gli auguri di un proficuo lavoro al servizio della Diocesi e una testimonianza esemplare a gloria di Sant’Agata, patrona di questa Diocesi, e di Piergiorgio Frassati, patrono delle Confraternite. ® 2 febbraio 2014: la Giornata della Vita Consacrata La gioia di vivere PER CRISTO scun Confratello e di ogni singolo sodalizio; 2) la comunione imprescindibile tra i Confratelli e le Confraternite, come momento formativo di unità nella Chiesa; 3) la missione vissuta nella testimonianza della Carità. Riconoscere, infatti, nell’esperienza quotidiana la presenza di Cristo Gesù deve essere, come sottolineato dalla prof.ssa Fazzio, per ciascun Confratello motivo di forza e di gioia. Senza la fede, l’adesione alle Confraternite non ha alcun senso perché essa, che deve fortificarsi con Caritas Diocesana Sabato 01 Febbraio 2014 alle ore 16:00 presso la Parrocchia Beato Padre Pio da Pietrelcina sita in Catania, Stradale Cardinale, 31 (zona san Giorgio), avverrà la presentazione del Direttore della Caritas Diocesana di Catania nella persona del Rev.do Don Pietro Galvano. Alle ore 18:00 verrà celebrata la S. Messa. Notizie in breve dal 27 gennaio al 2 febbraio l’ascolto della Parola di Dio e con la preghiera, è manifestata in forme che coinvolgono i sensi, gli affetti, i simboli delle diverse culture per essere trasmessa e testimoniata alla gente e specialmente alle persone semplici, a coloro che nel Vangelo Gesù chiama i piccoli. Da qui la necessità di un’imprescindibile comunione tra i Confratelli e le Confraternite come momento formativo di unità nella Chiesa. La pietà popolare, ha, infatti, ribadito il nuovo Presidente, è una strada che porta all’essenziale, Gesù Cristo, se è vissuta nella Chiesa in profonda comunione. Chi non vuol vivere questa comunione all’interno dell’intera comunità ecclesiale ha perso il senso intrinseco della “chiamata” in un contesto in cui sono richieste la concordia, la fraternità, l’amore vicendevole, per offrire un’esemplare testimonianza evangelica ed essere lievito, luce e sale all’interno della società. Infine, altro punto cardine del discorso d’insediamento del Presidente della Confederazione Diocesana, è il principio di “missione” vissuta nella testimonianza della Carità. Senza la carità, la testimonianza di ogni Confratello è vuota. È l’amore gratuito e disinteressato, un amore Dall’Agenda dell’Arcivescovo Lunedì • Ore 9.00 Arcivescovado: udienze. • Ore 18.30 Misterbianco, parrocchia S. Angela Merici: celebra la S. Messa. Martedì 28 • Ore 10.00 Catania, Seminario: incontro con i parroci dei catecumeni. • Ore 19.30 Catania, arcivescovado: celebra la S. Messa con i 7 sacerdoti recentemente ordinati. Mercoledì 29 • Ore 9.30 Catania, Studio Teologico S. Paolo: presiede l’incontro dei Vescovi con la presidenza dello Studio. Giovedì 30 • Ore 20.00 Catania, Chiesa della Badia S. Agata: assiste alla rappresentazione “Tutti devoti tutti, U martiriu di Sant’Agata”, curata dalla parrocchia Ss. Angeli Custodi di Catania. Venerdì 31 • Ore 18.00 Paternò, parrocchia S. Giovanni Bosco: celebra la S. Messa. Sabato 1 • Ore 12.00 Catania, Chiesa S. Agata La Vetere: celebra la S. Messa. • Ore 20.30 Catania, Chiesa della Badia S. Agata: assiste ad un concerto in onore di S. Agata eseguito dall’Ensemble del Teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania. Domenica 2 • Ore 16.30 Catania, Chiesa della Badia S. Agata: presiede il rito della benedizione delle candele e la processione fino alla Basilica Cattedrale dove presiede la concelebrazione per la Festa della Presentazione del Signore. • Ore 20.00 Catania, Palazzo degli Elefanti: assiste all’accensione della lampada votiva a S. Agata e alla consegna del premio “La Candelora d’Oro”. In Piazza Duomo presenzia all’omaggio a S. Agata da parte dei Vigili del Fuoco. ® Il 2 Febbraio è una giornata significativa per tutta la Chiesa. Nella liturgia, con la processione delle candele, si festeggia la Presentazione di Gesù al tempio; contemporaneamente si focalizza anche, e non solo nel culto, la celebrazione della Giornata della Vita Consacrata. Una giornata di preghiera e di riflessione su questa ‘dimensione teologica’ della vita di tutta la Chiesa; uno sguardo di fede e di solidarietà verso ‘le forme di vita in comune’ che sfuggono all’attenzione del profano e della cronaca che, invece, innervano di vitalità il Popolo di Dio nella sua missione di annuncio e di profezia. Una giornata dedicata ai Consacrati, perché continuino a vivere, a testimoniare e ad annunciare la gioia di vivere per Cristo nelle periferie esistenziali degli uomini, dove “la fatica del vivere” pervade cose, istituzioni e persone. A Catania 5 Monasteri di vita contemplativa, 50 Istituti di vita religiosa, 85 Comunità maschili e femminili, 702 consacrati e altrettanti membri appartenenti agli Istituti Secolari, danno alla Chiesa catanese una fisionomia bella e ricca di carismi. Oggi, anche nella vita consacrata,- al contrario di quanto dicono i profeti di sventura-, c’è molta vitalità. È vero che la società è scristianizzata, ed è pur vero che la cultura di oggi confonde tante persone, soprattutto i poveri, facendole vivere in una vuota ed ansiosa esteriorità e allontanandole dalla sorgente della vita che è Dio! Ma è anche vero che i consacrati, uniti ai pastori e a tanti laici, sono in prima linea per far conoscere a tutti il giusto volto della dignità della persona, la sua chiamata a vivere in comunione con Dio, testimoniando la sua misericordia e la sua tenerezza di Padre. La Gionata della Vita Consacrata non casualmente si celebra nella ricorrenza della presentazione di Gesù al tempio. In questo giorno la Chiesa celebra il mistero in cui è chiamata a riflettersi come sposa che si unisce, si configura e si consacra al suo Sposo, il Signore. Unione, configurazione e consacrazione sono proprio le tre le parole che evocano il senso “teologico e spirituale” di tutta la Vita Consacrata. I Consacrati sono uomini e donne che, nell’incontro con Cristo, ne hanno percepito il fascino e hanno deciso di configurare la loro vita alla sua nella povertà, nella castità e nella obbedienza. E si sono dedicati del tutto a Lui. Nella sua sequela essi trovano quotidianamente anche la chiave per scoprire la dignità degli altri, il cui valore non può essere misurato sull’avere, ma sull’essere. Per questo si impegnano ad aiutare gratuitamente tutti coloro che l’hanno perduta. Per essere bella la vita deve essere vissuta in unione d’amore con Cristo. È la vocazione del cristiano e del consacrato: vivere in comunione con Dio, che vuole rivelarsi e parlare come un amico, parla ad un amico (C Vat. II D.V. 2). Non è l’eroismo del fare che salva la persona, ma il suo incontro con il Signore Gesù, che è via verità e vita. È questo il dono e il servizio che i Consacrati assicurano alla Chiesa e alla Società di Catania, il 2 Febbraio, quando rinnoveranno i loro voti e alcuni/e di loro saranno felicitati per il i 25°,50°,60° anniversario di vita religiosa. Essere tutti del Signore nella gioia. Essere umili servi trai poveri di una dignità che non può mai essere scordata, ma promossa e servita con amore per tutta la vita. P. Angelo Gatto O.C.D Vicario Episcopale della V.C. 10 Prospettive - 26 gennaio 2014 DIOCESI Riflessioni sul Vangelo LA DIVISIONE E LA CONCORDIA III DOM T.O. /A - Is 8,23b-9,3; Sal26/27 1.5.4.13-14; 1Cor 1,10-13.17; Mt 4,12-23 I particolarismi e le divisioni sono le realtà più evidenti. La tendenza umana porta ad emergere a tutti i costi, anche ad andare contro gli altri. Questo succede nella chiesa di Corinto dove i cristiani si dividono in gruppi, cercando attraverso il titolare del gruppo di rivalersi su gli altri. Le divisioni, le inimicizie non sono soltanto a livello delle persone o delle famiglie, ma anche tra le nazioni fino a dividere il mondo intero. Questa è la situazione attuale e storica dei mondi precedenti. Gesù vuole stravolgere questa situazione creando tra gli uomini i presupposti perché nasca una società diversa dall’attuale. Chiama dei discepoli perché vadano ad annunciare un mondo nuovo: il regno di Dio. Queste persone lasciano tutto mettendosi alla sua sequela. Gesù crea “una istituzione” dove tutte le persone del mondo si possano ritrovare nella stessa casa, nella stessa famiglia, con lo stesso pane e gli stessi mezzi per andare avanti. Questa è la Chiesa che Gesù inventa perché finiscano le guerre, le battaglie , le divisioni, gli odi, i rancori e tutto ciò che divide. La chiesa è stata concepita perché gli uomini si possano salvare. Tutti dobbiamo “edificare” questa chiesa perché gli uomini si trovino bene. L’azione conseguente dei membri dovrebbe essere quella per cui tutti convergano per questo scopo. È amaro per Paolo accorgersi che nella chiesa di Corinto le divisioni sono sovrane con capi e sottocapi, gerarchie e quant’altro si voglia. Rimproverando questa situazione Paolo fa notare che è stato mandato “per annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di Cristo”. Non è stato crocifisso Paolo per loro ma è stato crocifisso Gesù. Dividersi significa rendere vana la Croce. Cioè i Corinti si sono allontanati dai canoni fissati da Gesù: lasciare tutto per evangelizzare cioè per portare avanti la nuova concezione “spendersi per gli altri e non pensare a se stessi”. Così hanno fatto gli apostoli lasciando reti e azienda, così ha fatto chi nelle persecuzioni ha dato la sua vita, così ha insegnato Paolo nella sua predicazione. L’invito alla gioia di Isaia proviene appunto dalla nuova luce: non egoismo ma amore verso tutti, bandendo gli egoismi e le divisioni. Leone Calambrogio San Paolo in briciole La meta da raggiungere Fil 3,12- 15 Non c’è dubbio che da Paolo il raggiungimento di Dio è visto come una corsa atletica che si realizza tra noi. Infatti parla della meta da raggiungere, dello sforzo di correre che bisogna fare per conquistarla. I termini sportivi sono utili per esprimere il concetto fondamentale: raggiungere Dio. D’altra parte anche noi siamo stati conquistati da Gesù Cristo. Questa meta, dice Paolo, non è stata ancora da lui conquistata: “So soltanto questo dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la meta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù”. Ci possono essere opinioni diverse, in questo caso bisogna pregare perché Dio ci illumini anche su questo argomento. Intanto “Procediamo”, afferma. L.C. Il Sacerdote sa che le due parole che generano il messaggio di Gesù sono r egno e conversione Chiamati dallo sguardo creatore Regno Il Regno è qualcosa che è di Dio, ma che è per gli uomini. Viene con il fiorire della vita in tutte le sue forme. La carità resta sempre il principio di autenticità e di unità nella vita della Chiesa. Sant’Agostino dice “Il Signore nostro Gesù Cristo, salendo al cielo, il quarantesimo giorno, ci ha raccomandato il suo corpo che doveva restare quaggiù, perché prevedeva che molti avrebbero reso onore a lui appunto perché ascendeva al cielo, ma vedeva pure l’inconsistenza di tali onori resi a sé, dato che questi tali avrebbero calpestato le sue membra qui in terra. Affinché nessuno fosse tratto in errore -adorando il capo che sta in cielo ma calpestando i piedi che stanno in terra ci ha precisato dove si sarebbero trovate le sue membra. Mentre ascendeva al cielo, disse le sue ultime parole, pronunciate le quali non parlò più qui in terra. Il capo che doveva salire in cielo raccomandò a noi le sue membra che restavano sulla terra e partì. Dal cielo Ormai non ti può accadere più di sentire Cristo che parla qui in terra. Puoi sentirlo parlare, ma dal cielo. E dal cielo, perché parlò? Perché le sue membra erano calpestate qui in terra. A Saulo, suo persecutore, disse dal cielo:” Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” . Sono salito al cielo, ma rimango ancora in terra; siedo qui in cielo alla destra del Padre, ma lì in terra ancora patisco la fame, la sete, ancora sono pellegrino. In che modo ci ha raccomandato il suo corpo in terra mentre stava per salire al cielo? Quando i discepoli lo interrogarono: “Signore, è forse venuto il momento in cui tu ristabilirai il regno di Israele? “. Sul punto di partire, egli rispose: “Non tocca a voi sapere il tempo che il Padre ha posto in suo potere; ma riceverete la virtù dello Spirito Santo che verrà in voi e mi sarete testimoni”. Vedete fin dove fa giungere il suo corpo, vedete dove non vuole essere calpestato: “Voi mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea, in Samaria e in tutta la terra” (Atti 1, 6-8). Ecco dove rimango io, che pure ascendo in cielo; ascendo perché sono la testa, ma il mio corpo giace ancora quaggiù. Dove giace? Per tutta la terra. Vedi di non colpire, di non violare, di non calpestare il mio corpo. Sono queste le ultime parole di Cristo mentre ascende al cielo”. Con l’avvento dell’era moderna si verificano profonde trasformazioni. Il tipo di società, in cui la carità opera, vede la tendenza verso la complessità: sui rapporti personali e immediati prevalgono sempre più i rapporti mediati dal sistema economico, sociale, politico. Vitalità La carità non può limitarsi a ispirare i rapporti personali, ma deve chiedersi come influenzare beneficamente anche il sistema. Si trasforma anche il tipo di rapporto tra Chiesa e società. Dapprima il tono aggressivo e semplicistico, con cui la modernità afferma l’autonomia assoluta del- l’uomo, tende a spingere di nuovo la Chiesa ai margini della società. Poi una visione più armonica e serena dei diversi aspetti della persona umana e della vita associata, con le loro diverse esigenze, porta a parlare di distinzioni e di legittime autonomie tra la vita e l’autorità ecclesiastica, da un lato, e la vita e l’autorità civile e politica, dall’altro. Infine si arriva a parlare di reciproca collaborazione per il bene dell’uomo. La carità reagisce a questi complessi fenomeni con sorprendente vitalità. Si rinnovano anzitutto i soggetti dell’azione caritativa. La vita religiosa consacrata produce nuove istituzioni di vita attiva a servizio delle sempre nuove povertà. La fioritura è particolarmente ricca nel Cinquecento e nell’Ottocento. Anche gli Istituti femminili, con geniali anticipazioni circa la funzione della donna nella società, si impegnano nella vita attiva di carità. Nascono nel nostro secolo gli Istituti secolari, che uniscono la consacrazione speciale con la presenza capillare nella società. I laici riscoprono e attuano sempre più pienamente la loro responsabilità nella vita della Chiesa e della società. Diocesi, parrocchie, gruppi, associazioni, movimenti si aprono al servizio caritativo, ritornando alle radici evangeliche della vita cristiana, ma anche esprimendosi in importanti fenomeni della sensibilità contemporanea, quali il volontariato, la cooperazione internazionale, l’aspirazione alla pace. Si rinnovano anche l’ambito e lo sti- le dell’azione caritativa. La carità continua la sua presenza immediata accanto ai bisogni umani; anzi la complessa evoluzione della società moderna fa emergere sempre nuove forme di povertà, a cui prestare un soccorso immediato, in forma pionieristica. Però la carità cerca insieme di diventare sempre più intelligente ed efficace, cioè cerca di capire dal di dentro i fenomeni complessi della società attuale e sperimenta gli strumenti più adatti per rispondere ai bisogni, alle povertà, alle sofferenze. Per far questo utilizza e insieme promuove tutte le risorse che provengono dalla scienza e dalla tecnica e cerca le forme più opportune di collaborazione tra l’intervento volontaristico e l’intervento statale. Gli ostacoli che la carità incontra sono notevoli. Non provengono solo dall’egoismo e dalla pigrizia, ma anche dalla oggettiva complessità della situazione. La riflessione attuale sulla carità cerca di affrontare questi problemi. Si continua certo a riflettere sul posto centrale che la carità occupa nella vita del cristiano e della Chiesa; ma l’interesse principale della riflessione si sposta verso altri problemi: che rapporto c’è tra carità e giustizia? come la carità aiuta il cristiano non solo a essere se stesso, ma anche ad agire da cristiano nel mondo d’oggi? come la carità non solo anima e unifica la vita della Chiesa, ma ispira la missione della Chiesa nella società attuale? Padre Angelico Savarino 11 Prospettive - 26 gennaio 2014 omnibus La resistenza di alcuni germi ai farmaci è una delle minacce più gravi per l’umanità Meglio l’aspirina anziché l’antibiotico batteri diventano sempre più resistenti agli antibiotici: negli Usa, 100mila persone all’anno muoiono in ospedale a causa di batteri resistenti agli antibiotici. Per questo la Società americana per le malattie infettive ha chiesto alle aziende di trovare entro il 2020 dieci nuovi antibiotici per fermare quella che l’Oms ha definito «una delle tre più gravi minacce contro l’umanità» e stima che il costo totale del trattamento di tutte le infezioni resistenti agli antibiotici in ospedale è di circa 10 miliardi di dollari all’anno. Per le istituzioni sanitarie europee e Usa questa è a tutti gli effetti una crisi. «Se non stiamo attenti ci sarà presto un’era post-antibiotica», ha detto Thomas Frieden, direttore dei Cdc statunitensi. E per alcuni pazienti e alcuni batteri questa “era” è già arrivata: solo in Europa sono 25mila i morti a causa di infezioni ospedaliere resistenti. Anche in Gran Bretagna si sta assistendo ad un preoccupante aumento delle infezioni antibiotico-resistenti. Sempre più spesso infezioni comuni si trasformano in malattie incurabili. Dall’inizio del secolo l’incidenza di queste infezioni è passata dall’1% al 10%. Quando gli antibiotici non funzionano, si ricorre ai cosiddetti carbapenemi, che rappresentano oggi l’ultima frontiera contro le batterie- I mie, il problema è che si sono registrati casi di resistenza anche a quest’ultime. Il direttore dell’European Centre for Disease Control and Prevention, Marc Sprenger, ha usato toni allarmanti. “Una guerra ai batteri dall’esito incerto, perché vengono “selezionati” dagli stessi antibiotici: quelli che sopravvivono ai trattamenti infatti aumentano di numero fino a diventare il ceppo dominante”. Batteri sempre più forti e resistenti? «Da anni non inventiamo più antibiotici», spiega Otto Cars, infettivologo dell’università di Uppsala (Svezia). Un esempio di questa evoluzione dei batteri viene dal Pakistan e dall’India dove sono stati scoperti “due superbatteri” capaci di fare a pezzetti i farmaci attuali. «In realtà», afferma Cars, «esisterebbero due antibiotici in grado di fermarli. Ma uno è estremamente tossico per i reni e l’altro non riuscirebbe mai ad arrestare grandi epidemie». Dopo 85 anni gli antibiotici sono sempre meno efficaci e lo scopritore della penicillina, il Nella foto Pascale Cossart biologo Alexander Fleming, ritirando il Nobel disse: «non è difficile creare microbi resistenti in laboratorio, è sufficiente esporli a concentrazioni di antibiotico insufficienti a ucciderli… L’uomo può facilmente sottodosare il farmaco facilitando il fenomeno della resistenza». La sua previsione era corretta. Più gli antibiotici sono diventati accessibili e il loro uso è aumentato, più i batteri hanno sviluppato sempre più rapidamente le difese: in totale oggi sono 18 i batteri che rappresentano una seria minaccia. I batteri utilizzano normalmente un processo chiamato “Quorum Sensing” per scambiarsi informazioni relative alla densità della popolazione e per sincronizzare i comportamenti di gruppo che promuovono la patogenicità, “che permette ai batteri di svolgere collettivamente il loro compito, e non avrebbe successo se un singolo batterio agisse da solo”, spiega Bonnie L. Bassler, che ha diretto lo studio. La capacità dei batteri di insediarsi nelle cellule immunitarie - proprio quelle che dovrebbero ucciderle - testimonia la versatilità degli strumenti usati da questi microrganismi per impadronirsi dei meccanismi cellulari. IBM e l’Istituto di Bioingegneria e Nanotecnologia di Singapore hanno disegnato un nuovo tipo di polimero in grado di individuare e distruggere batteri resistenti agli antibiotici e di impedirne l’evoluzione. La caratteristica più interessante di questa nanostruttura è quella di essere biodegradabile e di non accumularsi nei tessuti: può essere eliminata facilmente dal corpo, a differenza delle precedenti soluzioni basate sui polimeri. Il materiale, adoperato come un vero del suo protagonista, “asfalta” l’esistenza del magnifico saggio metafisico di Alberto Savinio “Narrate, uomini, la vostra storia”, ma non è questa la sede per aprire una querelle sulle mafie culturali e la Mitteleuropa. Il nichilismo ne è una cifra, la controriformista speranza potrebbe lenirlo e rimediarlo. Branciaroli, propone il pessimismo di Bernhard ma, scegliendo l’intelligente traduzione di Umberto Gandini, stempera e additiva “italianamente” un testo impregnato di disperazione e desolazione con la cifra dell’ironia sarcastica, con la sua magistrale, elegante, efficace recitazione. Interpretando un personaggio ambiguo, schizofrenico, alienato e alienante, che le spara grosse per imporsi all’interlocutore, per dominare e sottomettere i familiari, per illudersi e imbrogliare se stesso, poiché a lui non sta bene nessuno, neppure se stesso (rifiuta il mondo e si rifugia in una consolatoria mitica grandezza supposta e inesistente), Branciaroli rimanda ad altri personaggi ben più celebrati e famosi del protagonista di questa pièce (Don Quijote, Capitan Fracassa, e chi più ne ha più ne metta). È un modo inusuale, elegante, colto per interloquire col pubblico sul tema a lui caro della memoria e delle memorie. e proprio ‘missile invisibile’, distrugge le membrane cellulari dei batteri. Di fronte a uno scenario di tale portata è disarmante l’immobilismo delle aziende farmaceutiche che negli anni non hanno investito per scoprirne di nuovi, lo sono i medici che ne prescrivono troppi e spesso quando non sono necessari, lo sono i pazienti che ne abusano o non ne rispettano la posologia, lo sono gli agricoltori: negli Usa l’80% degli antibiotici venduti vengono usati in agricoltura, per ingrassare animali e proteggerli dalle malattie. E lo stesso vale per la frutta. Danimarca, Norvegia e Olanda hanno attuato un regolamento governativo sull’uso medico e agricolo di questi farmaci, ma gli Usa non sono disposti a tali controlli e hanno emanato un orientamento volontario e non obbligatorio. E l’Unione europea per voce della commissaria alla ricerca Máire Geoghegan-Quinn, ha annunciato il lancio di 15 nuovi progetti di ricerca sulla resistenza antimicrobica che beneficeranno di un contributo pari a 91 milioni di euro. «Siamo in una fase in cui abbiamo bisogno di molti e nuovi agenti terapeutici. Non c’è dubbio su questo - chiarisce Pascale Cossart, direttrice dell’Unità per le interazioni batteri cellule all’Istituto Pasteur di Parigi, pioniere riconosciuto di una disciplina che ha avuto la luce 25 anni fa, combinando gli approcci molecolare e cellulare della biologia, nominata “microbiologia cellulare”. Creare farmaci che impediscono la penetrazione del batterio nelle cellule. O se il batterio produce tossine, lavorare per contrastarne la proliferazione e di conseguenza prevenire l’infezione». Cossart conclude che serve investire anche sugli strumenti diagnostici, kit rapidi e facili da usare. «La diagnosi precisa è la chiave per prevenire le conseguenze catastrofiche di una qualsiasi malattia infettiva». È della stessa idea Klemens Wassermann dell’Austrian Institute of Technology, giovane ricercatore di talento che ha vinto il Falling Walls Conference di Berlino. «A causa della rapida diffusione di batteri resistenti, la procedura standard non è più praticabile -spiega - Noi abbiamo trovato un modo che in una manciata di secondi e in maniera completamente automatizzata svela il patogeno coinvolto. Applicando un campo elettrico specifico in un dispositivo microfluidico intelligente, separiamo, rompendole, le cellule ematiche umane dai batteri, che invece restano integri. Li concentriamo nel campione e con tecniche di biologia molecolare abbiamo subito la diagnosi». Un grido di allarme chiaro: «La ricerca è stata ferma per anni, ora servono più investimenti», spiega Guénael Rodier dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Carlo Majorana Gravina Lella Battiato Al “Verga” di Catania è andato in scena “Il teatrante” L’ironia di Branciaroli stempera il pessimismo di Bernhard l nevrotico, egocentrico, megalomane, ambiguo teatrante portato in scena al “Verga” di Catania da Franco Branciaroli (“Il teatrante” di Thomas Bernhard), un monologo in due atti con “spalle”, è lo strumento col quale il grande attore milanese porta all’estremo la riflessione sul teatro che il grande attore milanese conduce da qualche tempo esplorando testi contemporanei. Bernhard, autore prolifico (oltre cento testi teatrali oltre a romanzi, poesie, articoli giornalistici e scritti polemici), fu molto considerato per la sua drammaturgia amara, problematica, di stampo mitteleuropeo, post-freudiano, esistenzialista ed espressionista. Una scrittura nervosa che si avvita attorno a tematiche nevrotiche. Il teatrante della storia si accorda a mettere in scena il suo capolavoro “La ruota della storia” nella locanda “Al cervo nero” di un villaggio rurale specializzato nell’allevamento dei maiali, combinazione che dovrebbe mortificare la sua presupponente megalomania, ma ha il pregio di assicurare alla ‘com- organizzazione sociale possono attingere e ricevere linfa anche dalla ‘cittadinanza attiva’ (il capo dei pompieri è un civile con una sua attività) ovvero si segnala il pleonasmo di tanti ‘apparati’; regole e norme vanno comunque osservate. La prova a cui si è sottoposto Branciaroli, ed alla quale ha sottoposto il pubblico catanese, induce a riflettere sulle modalità ‘altre’ nelle quali si opera e ci si adopera per la cultura in altre realtà, in I pagnia’ (la moglie e i due figli) vitto e alloggio. Sono ‘tracce’ che Bernhard dissemina nel testo per dichiarare il suo amaro pessimismo: i maiali, la negritudine del cervo, la ruota (oggetto veicolante, macina, macchina nella quale si esponevano i trovatelli), le necessità materiali per la sopravvivenza. Da questo testo studiatamente sconnesso e paradossale, ricaviamo però tre lezioni-messaggio positive: teatro e cultura in altri emisferi si portano ovunque, anche in luoghi di periferia e in ambienti non ‘dedicati’; tutela e altri paesi. Dovremmo chiedere piuttosto all’autore perché assegni, inutilmente, al trasgressivo strampalato protagonista origini italiane, dettaglio pretestuoso, provocatorio, istintivo, forse ancestrale, che l’autore rinviene nel suo dna: persone così nascono e vivono ovunque; ma non vogliamo addentrarci nell’analisi di inquietudini, problematicità, nevrosi che hanno agitato la penna di Bernhard che scrisse assiduamente quasi per esorcizzare i fantasmi della sua mente, per terapia. Peraltro l’autore, dando quel titolo al “capolavoro” 12 Prospettive - 26 gennaio 2014 RUBRICHE I 90 anni della RAI e gli auguri del Papa Un bene comune per la crescita culturale e civile della società n occasione del 90° anniversario dell’inizio delle trasmissioni radiofoniche e del 60° di quelle televisive, Papa Francesco ha ricevuto in udienza i dirigenti e il personale della RAI-Radiotelevisione Italiana. Un incontro tanto atteso e significativo per l’importanza ed il ruolo che svolge la Rai a servizio del Paese. In questi 90 anni la cultura degli italiani, grazie alla Rai è cresciuta, contribuendo al processo di cambiamento della società italiana nelle sue rapide trasformazioni. Si è quasi azzerato l’analfabetismo, si è diffuso l’uso della lingua nazionale ed insieme ai segni di positività e di sviluppo si registrano anche gli inconvenienti della cattiva educazione che i 60 anni di televisione hanno prodotto attraverso la pubblicità che sollecita il consumismo e lo spreco, e attraverso film e telenovele che presentano un modello di famiglia e di società molto diverso da quello ancorato ai valori dell’unità, del I sacrificio e del lavoro. Gli idoli della TV diventano modelli e attrazione per i giovani, e spesso si perde il senso dell’equilibrio e del decoro. Ai buoni programmi TV, proposta e stimolo di cultura, d’informazioni e di nuove conoscenze, a volte s’intrecciano programmi e servizi “spazzatura”. Con l’avvento della telematica e di internet anche la Rai assume nuove caratteristiche ed ecco il pensiero e l’augurio del Santo Padre che raccomanda un’informazione corretta, puntuale e onesta. Il Pontefice ha sottolineato la “collaborazione” tra la Rai e la Santa Sede, in particolare con i due enti vaticani: la Radio Vaticana e il Centro Televisivo Vaticano, cosicché “sia sul versante della radio, sia su quello della televisione, il popolo italiano ha sempre potuto accedere alle parole e, successivamente, alle immagini del Papa e degli eventi della Chiesa.” La “memoria di un passato ricco di Vaticano: Papa Francesco riceve in udienza i dirigenti e il personale della Rai Foto AFP/SIR conquiste ci chiama a un rinnovato senso di responsabilità” ha detto talia, dal dopoguerra ai nostri giorni, segnata dal terrorismo, dalle grandi stragi e dai grandi avvenimenti. La storia di una famiglia e dei suoi valori fondamentali, tra i quali molto spazio è dato alla dimensione dell’amore e del perdono. Il regista settantacinquenne, con alle spalle quasi cinquant’anni di vita matrimoniale, ha avuto come intento quello di raccontare la realtà, la ‘normalità’ di un matrimonio, senza modificarne neanche parzialmente i caratteri fondamentali ed ispirandosi alla sua biografia. In molti momenti Francesca ripete ai suoi figli ‘le cose belle nella vita vanno fatte’: il messaggio del regista si cela proprio dietro queste parole. Il matrimonio è un impegno in cui ognuno mette tutto sé stesso, dedicando la propria vita all’altro che diventa indispensabile ed insostituibile, al di là dei momenti di crisi e delle liti, per garantire una continuità affettiva ai figli, molto spesso vere e proprie ‘vittime’ delle separazioni. In un’intervista, Avati ha ricondotto il suo successo ad un motivo principale: “Credo che il motivo principale risieda nel fatto che, al di là degli orientamenti ideologici, nel profondo delle persone e a livello socio-culturale, ci sia veramente una nostalgia profonda di normalità. Non è tanto una questione di passato o di presente, ma di voglia di normalità, di restituzione a quelle che sono le hit parade dei valori veri, autentici, permanenti, non messi in discussione da mode e tendenze, dalla voglia continua di cambiare, sperimentare, provare… Soprattutto nel contesto familiare, dove oggi domina la deresponsabilizzazione dei ruoli, in particolar modo del ruolo paterno”. offre informazione e spettacolo, tutti gli operatori sono impegnati nel servizio alla verità, alla bontà e alla bellezza”. Questi tre valori accomunati dalla triplice ripetizione del termine servizio costituiscono l’identikit della Rai, azienda del servizio pubblico, adesso in concorrenza con il proliferare delle aziende e delle reti private. “È una responsabilità – ha affermato Papa Francesco - a cui chi è titolare del servizio pubblico non può per nessun motivo abdicare”, ed ha precisato che la qualità etica della comunicazione è frutto di “coscienze attente, non superficiali, sempre rispettose delle persone, sia di quelle che sono oggetto d’informazione, sia dei destinatari del messaggio”. Il Santo Padre ha, quindi, raccomandato alla grande famiglia della Rai di “evitare quelle cose che fanno tanto male: la disinformazione, la diffamazione e la calunnia cercando di vigilare per tenere alto il livello etico della comunicazione”. Il riferimento all’etica professionale comprende una serie di azioni correlate che il Papa ha sintetizzato nella formula di augurio così da poter “lavorare bene; mettere fiducia e speranza nel lavoro, per poterla anche trasmettere; porsi al servizio della crescita umana, culturale e civile della società”. Questo impegno per la Rai dovrebbe essere “normale”, come dovrebbe essere “normale” per un cristiano restare fedele ai valori. In un recente discorso Papa Francesco, accolto e apprezzato da tutti per la sua “normalità” e vicinanza alla gente, ai poveri, agli ammalati, scelto come “uomo dell’anno”, afferma che il cristiano non è una persona normale: è “figlio di Dio”, e come tale è chiamato a vivere una vita differente da tutti gli altri. La ricerca dell’uniformità mondana, infatti, non produce nulla di buono e la “mondanità”, ha detto il Papa è più dannosa dell’apostasia, per le conseguenze che produce, allontanando l’uomo di Dio. Quando la normalità, espressione di semplicità e di umiltà, si veste di modernità, perde la sua essenziale connotazione e vanifica il significato di una presenza e di una testimonianza. Nell’esercizio del servizio pubblico, ha detto la presidente della Rai, Anna Maria Tarantola, la Rai intende promuovere servizi e programmi piacevoli, capaci di divertire in modo sobrio ed equilibrato”. L’etica nella comunicazione che connota il messaggio della Cei in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, è una porta aperta che spalanca nuovi cieli e apre la via per un nuovo cammino professionale guidato dalle tre luminose indicazioni che sono la verità, la bontà e la bellezza. Antonella Agata Di Gregorio Giuseppe Adernò Papa Francesco, ricordando agli operatori della Rai: “La vostra professione, oltre che informativa, è formativa, è un servizio pubblico, cioè un servizio al bene comune”. Appartenendo ad un’azienda che produce cultura ed educazione, che Il grande successo della fiction televisiva di Pupi Avati “Un matrimonio” “Le cose belle nella vita vanno fatte” uotidianamente i mass media restituiscono costantemente, attraverso notiziari, approfondimenti, trasmissioni ed articoli, delle istantanee sulla società odierna: piccoli frammenti di realtà quotidiana che vanno a comporre il grande quadro della comunità civile. La molteplicità dei punti di vista e la pluralità delle opinioni restituiscono determinati ritratti del medesimo sistema comunitario, creando molto spesso un dibattito tra pareri contrastanti ed antitetici. Sicuramente uno degli aspetti che, soprattutto negli ultimi anni, ha riscontrato un consenso quasi unanime sulle valutazioni e sulle stime addotte a supporto riguarda la prima cellula che dà vita ad una qualsivoglia società, in quanto cardine della medesima vita comunitaria, ovvero la famiglia. La quasi totalità dell’informazione riporta dei dati percentuali sempre crescenti in relazione alle separazioni ed ai divorzi, a discapito dei matrimoni, specie se questi ultimi sono celebrati in chiesa. Ma il dato più interessante e degno di nota riguarda l’affermarsi di nuove forme di famiglia non più basate unicamente sul matrimonio, ma ad esempio su una convivenza, o di nuove forme di nucleo familiare, come le famiglie ‘allargate’, create in seguito ad un divorzio e ad una successiva unione. I dati relativi alla percentuale dei divorzi, alla durata sempre più breve delle unioni ed all’età sempre maggiore degli sposi sono costantemente riferiti ai giovani. Proprio da questo scaturisce la creazione di quello che si può definire uno stereotipo, all’interno dell’immaginario collettivo, secondo cui i giovani d’oggi non credono più nel matrimonio, facilmente si arrendono ai problemi della vita che non sanno più superare insieme, Q etc. Anche se, con ogni probabilità, è giusto ammettere che nella società odierna è mutata l’idea di famiglia, in relazione a diverse esigenze (come lo sono quelle legate alla mancanza di lavoro ed alle mille difficoltà di crearsi una propria indipendenza e dunque all’allungarsi dei tempi che precedono il matrimonio), e anche se molti preferiscono dei rapporti diversi ‘senza vincoli’, è anche vero che esistono moltissimi giovani e non che credono fermamente nel matrimonio come fondamento della famiglia e dunque della società. Ma questa parte della contemporaneità non viene riportata dai media, rimanendo relegata ai margini perché fuori dai ‘modelli’ tanto diffusi dalla pluralità dell’informazione. Il sacramento del matrimonio è l’unione davanti a Dio dell’uomo e del- la donna che decidono di fondare su rispetto ed assistenza reciproci ogni momento della loro vita: un impegno che richiede un confronto quotidiano di crescita, ma anche molto spesso sacrifici e rinunce per superare momenti bui, discostandosi dai rapporti ‘usa e getta’ di una società sempre più materialistica, improntata al consumo ed al profitto. L’adesione a questi valori è stata testimoniata anche dal grande successo di ascolti (è stata calcolata una media di 5 milioni di spettatori, pari quasi al 20% di share) riscontrato dalla fiction televisiva di Pupi Avati, “Un matrimonio, andata in onda nelle ultime settimane, in sei puntate la domenica in prima serata. A far registrare un alto livello dell’indice di gradimento, espresso da un pubblico molto variegato, tra cui moltissimi giovani, sono state proprio le lettere di questi ultimi per esprimere la loro opinione al grande regista. Sullo scenario della Bologna di Avati, una grande storia d’amore tra Carlo Dagnini (interpretato da Flavio Parenti), democristiano appartenente ad una famiglia dell’èlite cittadina, e Francesca Osti (interpretata da Michaela Ramazzotti), figlia di un operario simpatizzante per il partito comunista. La storia ha inizio con il primo incontro dei due protagonisti, avvenuto a vent’anni, e si conclude con le loro nozze d’oro: 50 anni di vita matrimoniale che li ha visti uniti contro i problemi quotidiani in un’I-
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