LUNEDÌ 15 SETTEMBRE 2014 ANNO 53 - N. 36 Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821 Roma, Via Campania 59/C - Tel. 06 688281 Le elezioni In Svezia vince la sinistra Ma avanzano gli xenofobi La manifestazione Merkel in prima fila contro l’antisemitismo di Giuseppe Sarcina e M. S. Natale a pagina 12 di Paolo Lepri a pagina 13 La guida ai mutui Il denaro costa meno Ecco come risparmiare Oggi su CorrierEconomia di Gino Pagliuca nel supplemento Il britannico decapitato. Il sottosegretario Giro: noi trattiamo per i rapiti, poi la smentita E ORA RENZI FACCIA I NOMI «Fermeremo l’Isis, sono mostri» di ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA Sdegno di Cameron e Obama. Paesi arabi alleati per i raid «Fermeremo l’Isis. Non sono musulmani, sono mostri». Così il premier britannico Cameron il giorno dopo la decapitazione del cooperante David Haines. Intanto il sottosegretario Giro afferma che l’Italia «prova a fare di tutto» per i suoi ostaggi, negando però «trattative». Giannelli di ANGELINO ALFANO aro direttore, un’altra efferata esecuzione si è aggiunta alla lunga cronologia del terrore, una spietata strategia di comunicazione da parte del fondamentalismo islamico. Il terrorismo internazionale di matrice religiosa, sotto la finta maschera di una tradizione, nasconde una violenta sete di dominio che si allunga come un’ombra verso l’Occidente, cioè verso quei Paesi che hanno, come pilastro fondativo, la libertà della persona nel nome della democrazia. ❜❜ T re ostaggi assassinati. Altri in attesa nel braccio della morte dell’Isis. Cittadini di Paesi, Usa e Gran Bretagna, che non versano riscatti ai terroristi. Fino a qualche mese fa insieme alle vittime c’era anche un prigioniero italiano, tornato libero in cambio di molti milioni. CONTINUA A PAGINA 31 CONTINUA A PAGINA 5 MotoGp, Rossi batte tutti a 18 anni dal primo successo S e il prestigio di cui dispone un’istituzione è rivelato dal modo in cui essa è trattata dalle altre istituzioni, allora bisogna constatare che la Corte costituzionale e il Consiglio superiore della magistratura non ne hanno a sufficienza. Se le suddette istituzioni fossero oggetto di un diffuso rispetto, magari anche di deferenza, da parte dell’opinione pubblica o di un suo settore maggioritario, se godessero di alto prestigio nel Paese, allora il Parlamento non potrebbe permettersi di trattarle come ha fatto e come ora sta facendo. CONTINUA A PAGINA 31 ALLE PAGINE 10 E 11 Martirano Il sondaggio Giudizi divisi a metà su Padoan Il decisionismo del premier piace al 56% degli italiani Voti negativi per i ministri di NANDO PAGNONCELLI Nuova tragedia L L’eterno Valentino trionfa ancora di ROBERTO DE PONTI, ALESSANDRO PASINI e GIORGIO TERRUZZI E ra il 18 agosto 1996 quando Rossi vinceva la sua prima gara a Brno in 125. Ieri, 18 anni e 27 giorni dopo, quel ragazzetto con un po’ più di barba ma con lo stesso lampo negli occhi azzurri, ha trionfato di nuovo a Misano Adriatico vincendo il Gp di San Marino. ALLE PAGINE 44 E 45 CONTINUA A PAGINA 31 Alex e il doping, la verità di Carolina I rossoneri passano a Parma: raggiunte Juve e Roma «L ui aveva un macchinario elettrico, dal quale partiva un tubo collegato a una maschera che metteva sul viso per l’intera durata della notte e io ero costretta a mettermi i tappi alle orecchie dal rumore»: così Carolina Kostner al magistrato di Bolzano che le chiedeva del doping del fidanzato Alex Schwazer. A PAGINA 21 C di GUIDO OLIMPIO L’interrogatorio Kostner: Schwazer dormiva con l’ossigeno, dovevo usare i tappi di ANDREA PASQUALETTO «Le norme antimafia contro i nuovi jihadisti» IL DILEMMA (ANTICO) SUI RISCATTI AI RAPITORI LA COMMEDIA CHE SVILISCE DUE GIÀ DEBOLI ISTITUZIONI di ANGELO PANEBIANCO L’iniziativa DA PAGINA 2 A PAGINA 5 Consulta e Csm Mauro Icardi, autore di tre gol al Sassuolo Incredibile Milan: 5-4 e primo posto Inter travolgente: 7 gol al Sassuolo SERVIZI, ANALISI e PAGELLE NELLO SPORT ALLE PAGINE 43 46 47 48 E 49 o stile di conduzione del governo, molto incentrato sul premier, piace alla maggioranza degli italiani: il 56% lo ritiene positivo perché rende le scelte più forti e rapide, mentre il 33% è di parere opposto. L’esecutivo, composto da molti giovani ministri, per il 66% rappresenta poi una positiva rottura con il passato e la loro presenza dà più energia all’azione di governo. Ma dai dati sulla fiducia riscossa dai principali ministri emerge una prevalenza di giudizi negativi, con l’eccezione di Padoan, su cui i pareri sono divisi a metà. Libia, affonda un barcone «Morti oltre 200 migranti» A PAGINA 6 A PAGINA 17 Bruno ANSA / GUARDIA COSTIERA amministrazioni con la farraginosità spesso assurda delle procedure. È un elenco da far tremare le vene ai polsi: per la complessità di ognuna delle materie indicate, ma soprattutto per la forza e la determinazione delle categorie, degli interessi, dei gruppi di pressione, che — è fin troppo facile prevederlo — sentendosi ogni volta minacciati dal minimo cambiamento saranno pronti, come hanno già fatto mille volte, a scendere sul sentiero di guerra contro il governo servendosi di tutti i mezzi. È nell’aspra lotta contro questi avversari che si deciderà il futuro dell’Italia e, insieme, il destino del presidente del Consiglio: ed è dunque in vista di questa lotta che egli deve trovare d’ora in avanti il consenso senza il quale sarà sicuramente sconfitto. Ma un tale consenso — non superficiale, strutturato — egli riuscirà a trovarlo solo se cambierà il suo modo di comunicare con il Paese, solo se il suo rapporto con esso farà uno scatto in avanti decisivo. Non più fondato sulla «simpatia», su un gesto più o meno accattivante, su un sorriso o una battuta indovinata, bensì sulla capacità di creare nell’opinione pubblica un diffuso e ben radicato convincimento della necessità di fare le cose che vanno fatte. Proprio in vista di ciò d’ora in poi il presidente del Consiglio deve smettere d’intrattenere il Paese, deve parlargli: che è cosa diversa. L’Italia, se vuole cambiare, ha bisogno innanzi tutto di verità e di serietà. Di entrambe Renzi deve farsi carico: con interventi non estemporanei e con un discorso alto, e magari drammatico, come il momento richiede e come i leader democratici degni del nome hanno l’obbligo di saper fare. MARCO IORIO g i u n t a l ’o r a , m i sembra, che Matteo Renzi compia un gesto che in Italia è sempre rivoluzionario: e cioè faccia nomi e cognomi. Solo una tale novità, infatti, può rappresentare quel salto di qualità nella comunicazione del premier con il Paese che la gravità della crisi e l’urgenza dei suoi possibili rimedi richiedono. Non è più possibile e non ha più senso continuare a indicare gli avversari del governo e delle sempre annunciate riforme evocando genericamente «gufi e rosiconi». «Gufi e rosiconi» — ce lo consenta il presidente del Consiglio — insieme ai «selfie», al «cinque», ai «Twitter», agli hashtag, hanno fatto parte di un ambito comunicativo ormai oggettivamente superato: quello in cui egli si è impegnato a «farsi un’immagine» e costruire consenso intorno alla sua persona. Sono serviti a sottolinearne l’informalità, la giovinezza, la simpatia, la carica di rottura rispetto al passato. E l’hanno fatto egregiamente: il risultato si è visto sul piano elettorale così come si continua a vedere nei sondaggi. Sta bene; ora però serve un consenso diverso. Ora a Renzi serve un consenso non più sulla sua persona (che già ha), ma sulla sua politica. Politica che, lo sappiamo, può essere solo quella delle tanto attese e sempre rimandate riforme. Per citare alla rinfusa le principali: l’ammontare esorbitante della spesa pubblica, i costi e gli eccessivi poteri delle Regioni, l’eccessivo prelievo fiscale sul lavoro nelle sue varie forme e le norme sui contratti di lavoro, l’ordinamento giudiziario, la chiusura corporativa degli ordini professionali, lo strapotere paralizzante dell’alta burocrazia, la scarsa efficienza di tutte le pubbliche ANSA / DANIEL DAL ZENNARO Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano 40 9 1 5> Servizio Clienti - Tel 02 63797510 mail: servizioclienti@corriere.it Del lunedì CHI OSTACOLA LE RIFORME È 9 771120 498008 In Italia EURO 1,40 www.corriere.it italia: 51575551575557 Un barcone con 250 migranti è affondato al largo delle coste libiche. I morti sono oltre 200, soltanto 26 i naufraghi salvati. «Ci sono tanti corpi che galleggiano in mare», ha detto il portavoce della Marina libica. La Guardia costiera italiana, negli ultimi giorni, ha salvato nelle acque di Tripoli circa 600 migranti (nella foto). 2 Primo Piano Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 # Il terrorismo La sfida all’Occidente La coalizione internazionale Cosa fanno gli Stati che si sono impegnati a combattere lo Stato islamico Norvegia Finlandia Gran Bretagna Estonia Canada Danimarca Sud Corea Germania Polonia Irlanda Giappone Usa Ungheria Francia Svizzera Australia Nuova Zelanda Spagna ITALIA Sostegno militare Turchia Albania Aiuto umanitario e/o finanziario Tunisia Assistenza logistica Marocco Altre forme di aiuto Algeria Libia Libano Giordania Egitto Mauritania Iraq Iran Kuwait Qatar Arabia Saudita Oman Sudan Emirati Arabi Uniti Sud Sudan Somalia CDS Londra: lotta senza quartiere all’Isis Dopo l’uccisione di Haines. Il sottosegretario Giro: di tutto per liberare gli italiani A «In mezz’ora» Il curdo Barzani: «Dateci più armi» I peshmerga curdi che combattono contro l’Isis nel nord dell’Iraq hanno bisogno di «armi di altro tipo, oltre a quelle ricevute, armi avanzate e sofisticate». Lo ha detto il presidente del Kurdistan Massoud Barzani, intervistato da Lucia Annunziata nel corso della trasmissione «In mezz’ora». «Quello che è arrivato è di grande aiuto, ma serve molto di più: armi anticarro ed elicotteri da combattimento», ha aggiunto Barzani scendendo nel dettaglio. «Non combattiamo solo contro terroristi ma contro un vero e proprio Stato che si è impossessato di armi che l’esercito aveva in dotazione, armi americane», ha spiegato il presidente, riferendosi alla conquista di Mosul, quando l’esercito iracheno scappò e i miliziani jihadisti si impossessarono di tutte le armi. Barzani ha anche confermato che è in corso un riavvicinamento tra Turchia e i separatisti curdi del Pkk: «Siamo compiaciuti che questo processo di pace sia cominciato e proceda. Anche se a passi non veloci. L’inizio è però in sé un successo, siamo orgogliosi di aver dato la possibilità di cominciare. Noi lo appoggeremo». DAL NOSTRO INVIATO LONDRA — «Non sono musulmani, sono mostri». David Cameron ha parlato ieri mattina alla nazione dalla residenza di Downing Street. La voce decisa, il mento sudato. Ha definito David Haines, il cooperante di 44 anni ucciso dai terroristi dell’Isis che hanno filmato la sua esecuzione, «un eroe britannico». Il cosiddetto Stato Islamico che ha conquistato pezzi di Siria e di Iraq è composto da una banda di «mostri»: «Daremo la caccia agli assassini di David e li porteremo davanti alla giustizia». La Gran Bretagna «prenderà tutte le misure necessarie» in patria e fuori per distruggere la minaccia dell’Isis, ha detto Cameron al termine di una riunione della commissione Cobra per le emergenze na- zionali. E lo farà «in una maniera calma e ponderata». Il leader conservatore ha usato parole molto dure, pur ricordando che la Gran Bretagna sta già collaborando con i suoi caccia ai raid americani. Nella notte, quando si era diffusa la notizia del video, Cameron aveva affidato a Twitter i suoi pensieri: «Un atto di pura malvagità, troveremo i colpevoli». Ieri mattina, pur senza entrare nei dettagli, il primo ministro ha lasciato intendere che il suo Paese sarà in prima linea in questa guerra. Sembrano passati anni e non mesi da quando la proposta del governo di bombardare le postazioni del regime siriano (accusato di usare le armi chimiche contro i civili) fu bocciata a sorpresa dal Parlamento di Westminister. Adesso il nemico è dalla parte opposta del- la guerra civile siriana rispetto al presidente Assad, e le cicatrici di un decennio di interventi armati dal Medio Oriente all’Afghanistan sembrano contare meno per l’opinione pubblica su entrambe le sponde dell’Atlantico e non solo. Lo Stato dei mostri che hanno ucciso Haines sono una minaccia per tutti, dice Cameron, non solo «per l’Europa e per civili inermi» che soffrono nelle aeree sotto il controllo dell’Isis, «per le minoranze, compresa quella cristiana». Reazioni sdegnate per l’esecuzione di Haines sono arrivate da tutto il mondo. Obama ha ribadito: «Lavoreremo con il Regno Unito e con un’ampia coalizione per portare i responsabili di questo atto barbaro davanti alla giustizia e per distruggere questa minaccia ai popoli dei nostri Pae- si, della regione e del mondo». Il presidente della Repubblica Napolitano ha scritto alla regina Elisabetta esprimendo «la più ferma condanna anche a nome del popolo italiano» per un atto che ha definito di «autentico orrore». Sulla questione ostaggi l’Europa continentale è su posizioni opposte a quelle di Gran Bretagna e Stati Uniti. Ieri il sottosegretario agli Esteri Mario Giro ha ribadito che il nostro Paese «farà di tutto» per salvare la vita dei connazionali nelle mani dell’Isis. Alla dichiarazione è seguita una polemica, perché qualcuno ha inteso l’intenzione di «trattare» con i terroristi. Subito la smentita di Giro: «Non ho mai utilizzato il termine “trattare”. Ho detto invece che la nostra politica è di non abbandonare nessuno e per raggiungere questo obiettivo stu- diamo tutti i mezzi possibili e leciti». Sulla stessa linea è la Francia del presidente François Hollande, che pure ospiterà domani a Parigi un vertice internazionale dove discutere la situazione irachena. Sulla carta una coalizione anti-Isis sembra prendere forma: il leader australiano Tony Abbott ha annunciato ieri l’invio di un contingente di 600 soldati che avrà base negli Emirati Arabi. La condizione è che il governo di Bagdad dia via libera a operazioni sul suo territorio. Anche diversi Stati arabi hanno offerto il loro contributo ai raid aerei contro le roccaforti dell’Isis, secondo fonti del Dipartimento di Stato che hanno accolto con favore l’offerta attribuibile ad Arabia Saudita e Qatar. In una intervista con la Bbc il vice ministro degli Esteri siriano Faisal Mekdad ironizza sui Pa- L’intervista Lo studioso ed ex consulente degli Usa Vali Nasr DAL NOSTRO INVIATO Obama: non alla Casa Bianca ma al Dipartimento di Stato di Hillary Clinton. Cosa che non gli impedisce di essere molto critico col presidente americano. E non da ora. Già in un libro pubblicato all’inizio del 2013 e che fece molto discutere (The Dispensable Nation: American Foreign Policy in Retreat, La nazione non indispensabile, la ritirata della politica estera americana) aveva illustrato in dettaglio gli enormi rischi derivanti da un ridimensionamento del ruolo Usa in Medio Oriente. In un articolo per il «New York Times» lei si era augurato che Obama, compreso l’errore, avesse il coraggio di spingere il «reset button» in Medio Oriente. Non lo ha fatto? «Serviva una grande strategia, una ❜❜ Strategia Serviva una grande strategia, una visione di lungo periodo. Non c’è visione di lungo periodo. Non c’è. Il presidente si è semplicemente impegnato ad affrontare i problemi più immediati nel modo più limitato possibile. Non solo non vuole mettere soldati Usa sul terreno, ma non vedo nessuna volontà di aggredire le cause del problema: solo qualche idea su come affrontare i sintomi del male». Obama ha davanti a sé uno scenario più complesso rispetto al passato. La Siria è esplosa, I’Iraq rischia di fare la stessa fine, e anche tra i sunniti le divisioni sono profonde. Che tipo di impegno possiamo aspettarci dalla coalizione panaraba? «Certo, nel mondo arabo ogni Paese ha la sua agenda. Tutti hanno interesse a sconfiggere l’Isis, ma mentre per gli Usa questo è l’unico obiettivo, per le nazioni arabe è uno degli obiettivi, in alcuni casi nemmeno il principale. La volontà di questi Paesi di aiutare Obama è sincera. Non combatteranno in campo aperto, ma forniranno basi per gli attacchi aerei, contribuiranno all’addestramento dei combattenti in Siria e Iraq. Ma l’entità del loro sforzo dipenderà anche da come Washington risponderà alla domanda cruciale: cosa avverrà Michele Farina © RIPRODUZIONE RISERVATA Studioso Vali Nasr, 54 anni, nato a Teheran ed emigrato negli Stati Uniti all’indomani della rivoluzione khomeinista (1979). È direttore della Scuola di studi internazionali della Johns Hopkins University «Ma Obama non ha una road map per quando il Califfato sarà sconfitto» NEW YORK — «Le esecuzioni efferate dell’Isis hanno prodotto una forte reazione dell’opinione pubblica Usa, Obama decide di attaccare lo Stato terrorista, ma è meglio non farsi troppe illusioni sulla coalizione panaraba che il Segretario di Stato John Kerry ha cercato di costruire in questi giorni. I Paesi mediorientali a maggioranza sunnita vogliono sicuramente aiutare l’America nella campagna contro l’Isis, ma nessuno si impegnerà davvero se non c’è un piano non solo convincente, ma chiaro negli obiettivi finali. E Barack Obama non ha fornito una road map su quello che accadrà se e quando l’Isis verrà sconfitto o comunque costretto a ritirarsi». Il direttore della Scuola di studi internazionali della Johns Hopkins University, Vali Nasr, conosce molto bene leader politici e società mediorientali. Nato a Teheran, figlio di un accademico iraniano emigrato negli Usa dopo la rivoluzione khomeinista del 1979, negli Usa Vali è diventato uno studioso e, poi, un’autorità riconosciuta. In passato ha lavorato anche per l’amministrazione esi che dicono di voler combattere gli estremisti di Abu Barkar Al Bagdadi ma che al tempo stesso «hanno finanziato e fornito armi alla stessa guerriglia». Il grande cattivo è lo Stato Islamico dei mostri (condannato ieri da diverse organizzazioni musulmane britanniche), la loro catena di montaggio di video e di morte: adesso la minaccia pende su Alan Henning, 47 anni, ex tassista catturato in Siria mentre viaggiava con un convoglio di aiuti umanitari. Hennin il tassista e Haines l’ingegnere aeronautico, che dopo un tentativo nel campo della produzione di gelati industriali era tornato alla sua professione di sempre: il logista addetto alla sicurezza per piccole ong in zone di conflitto. nelle zone liberate dall’Isis? Chi ne prenderà il controllo? Il rischio che, col cronicizzarsi del vuoto politico nell’area, i territori vengano conquistati da un’altra organizzazione terrorista come il Fronte di Al Nusra, emanazione di Al Qaeda, o che nasca un’altra formazione militare ancora più spietata è molto forte. E su questo da parte americana non viene detto nulla». Difficile immaginare una road map compatibile con le agende di decine di Paesi. Come reagirebbe il mondo arabo a soluzioni calate dall’alto? «Ci sono sensibilità di cui tener conto ma c’è anche un vuoto politico e strategico da riempire. Consideri poi che anche i Paesi arabi, pur non essendo delle democrazie, non possono ignorare le loro opinioni pubbliche. E qui la storica diffidenza nei confronti degli Usa non è certo diminuita col discorso di Obama: non ha parlato al mondo, ma alla sua opinione pubblica promettendo di fare solo quanto necessario per proteggere l’America da possibili attacchi terroristi». Ci riuscirà usando solo la forza aerea? «È possibile che l’Isis reagisca con azioni di rappresaglia e che questo spinga gli Stati Uniti a una sorta di escalation. Oggi la linea è niente truppe in campo, ma chi può dire cosa succederà davanti a un eventuale bagno di sangue americano?». L’Iran può giocare un ruolo? «Lo sta già giocando perché è l’unico Paese che ha soldati, combattenti o consiglieri militari, tanto in Iraq quanto in Siria, ma è tutto molto complicato e non solo perché Paesi come l’Arabia Saudita considerano Teheran più pericolosa del califfato. In Iraq, comunque, l’Iran gioca sicuramente un ruolo importante nell’ambito del piano americano, ad esempio contribuendo ad armare i gruppi sciiti e curdi che combattono contro l’Isis. In Siria è molto diverso perché Usa e Iran qui sono su fronti opposti». Massimo Gaggi © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Primo Piano italia: 51575551575557 3 # Retroscena Denaro, medicine, materiali, e anche armi diventano contropartita Ostaggi, trattare e pagare Tutti negano, molti lo fanno L’ostaggio britannico ucciso Una foto tratta da Facebook di David Haines con la sua secondogenita, che oggi ha 4 anni. La decapitazione del cooperante inglese è stata annunciata sabato dai miliziani dell’Isis, con un video su Internet. Haines aveva 44 anni ed era nato in Scozia. Aveva lavorato in molte zone «calde», dalla Libia ai Balcani dove aveva conosciuto la croata Dragana Prodanovic, poi sua seconda moglie. Era stato rapito in Siria nel marzo 2013 Il colloquio ROMA — Trattare e pagare per riportare a casa gli ostaggi: è questa la linea negata, ma sempre utilizzata sin dai tempi della guerra in Iraq e poi in Afghanistan da molti governi occidentali. Accade adesso pure in Siria, nonostante le smentite ufficiali. I servizi di intelligence negoziano la liberazione dei prigionieri anche se da circa dieci mesi la situazione è completamente cambiata e la ricerca dei giusti canali è diventata complicata, talvolta impossibile. Si media con i gruppi fondamentalisti di matrice criminale e con quelli che fanno parte della galassia di Al Nusra, direttamente riconducibile ad Al Qaeda: denaro, medicine, materiali, e anche armi diventano contropartita. Molto più difficile sembra essere però l’attivazione dei contatti per arrivare ai vertici dell’Isis e poi per trovare una soluzione, perché le loro richieste sono esorbitanti, soprattutto perché è già accaduto che dopo avere ottenuto la disponibilità dei governi, si siano tirati indietro e abbiano ucciso i rapiti. Un gioco di forza che mette in scacco gli apparati di sicurezza, rendendoli impotenti di fronte a una ferocia che non sembra avere precedenti. In questo quadro l’Italia sembra rivestire un ruolo strategico in una triangolazione che vede impegnati anche francesi e belgi. Il lavoro svolto per salvare il giornalista del quotidiano La Stampa Domenico Quirico e poi il cooperante Federico Mokta, ha consentito agli 007 di attivare contatti che possono rivelarsi preziosi per sbloccare la trattativa in corso con chi tiene segregate Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due ragazze portate via nella notte tra il 31 luglio e il 1° agosto scorso nella zona di Aleppo e per riaprire un canale con chi ha catturato padre Paolo Dall’Oglio. Ecco perché sono apparse improvvide le dichiarazioni del sottosegretario agli Esteri Mario Giro che ieri ha parlato di quello che si fa per sbloccare le varie situazioni. Le sue parole possono avere come effetto immediato soltanto quello di far alzare ulteriormente il prezzo del riscatto, rendendo ancora più difficile un’attività resa già delicatissima dalla sfida lanciata dai terroristi. Accadde anche in Iraq e in Afghanistan quando l’Italia e gli alleati furono costretti a versare milioni di dollari pur di sbloccare i negoziati. Soldi versati utilizzando spesso canali di «copertura», non ultimi quelli umanitari. Una scelta — che tante polemiche aveva sollevato — resa necessaria quando era impossibile anche solo tentare un blitz militare, pur potendo contare sull’appoggio delle milizie locali. È ancora nitido il ricordo di quel che suc- Liberati Federico Motka 31 anni, cooperante rapito dall’Isis nel marzo 2013. Rilasciato lo scorso maggio Domenico Quirico 62 anni, giornalista della Stampa. Rapito nell’aprile del 2013, liberato 5 mesi dopo cesse quando i terroristi sequestrarono nella zona di Bagdad Fabrizio Quattrocchi, Maurizio Agliana, Umberto Cupertino e Salvatore Stefio decidendo di uccidere il primo e chiedendo denaro per liberare gli altri. Oppure la giornalista del Manifesto Giuliana Sgrena. E poi ancora cooperanti e reporter presi a Kabul e nelle aree di guerra afghane come l’inviato del quotidiano La Repubblica Daniele Mastrogiacomo. In Siria l’eventualità di pianificare un’azione di forza si è già rivelata più volte impossibile. Sia nel caso di James Foley e più recentemente di David Haines le forze speciali americane avrebbero esplorato la fattibilità di un intervento rendendosi poi conto che non c’era alcuna possibilità di ottenere un risultato positivo. E nessuno è in grado di stabilire se Washington e Londra abbiano deciso di non cedere di fronte alla richiesta di circa 20 milioni di dollari o se invece non siano riusciti a trovare il canale giusto. Le condizioni in quell’area sono proibitive, soprattutto se si tiene conto che oltre alla sfida contro l’Occidente, i gruppi fondamentalisti sono in guerra tra loro e le alleanze o gli scontri tra le varie fazioni hanno un’evoluzione rapida e difficile da controllare. Ecco perché bisogna cercare di stringere i tempi, evitare che gli ostaggi passino di mano costringendo chi tratta a ricominciare sempre daccapo in una partita che spesso diventa impossibile da gestire. E può avere esiti drammatici. Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA Il gesuita rapito l’anno scorso sarebbe nelle mani di jihadisti iracheni. Nella stessa prigione si troverebbero le cooperanti Greta e Vanessa «Padre Dall’Oglio è prigioniero con le due ragazze» L’intellettuale siriano Michel Kilo: il religioso italiano è vivo, so dove lo tengono rinchiuso DAL NOSTRO INVIATO ERBIL — «Padre Paolo Dall’Oglio è vivo e sta bene. Si trova in una prigione posta nelle vicinanze della cittadina siriana di Raqqa e controllata da militanti iracheni dello Stato Islamico. Nelle stessa prigione potrebbero trovarsi altri ostaggi occidentali, tra cui le due cooperanti italiane rapite di recente». Lo sostiene il 74enne Michel Kilo, noto intellettuale damasceno che dai primi anni Settanta è una delle voci più forti tra le opposizioni di sinistra alla dittatura siriana. Cristiano, ex militante comunista, poi laico e liberale, arrestato più volte dalla polizia segreta del regime, Kilo dal 2011 sta spesso a Parigi e sostiene le ragioni delle rivolte, ma critica duramente i gruppi jihadisti. Ci parla per telefono, dopo che per diversi giorni ha intrattenuto contatti in Turchia con dirigenti e militanti delle brigate di siriani ribelli che operano nelle regioni frontaliere. Le sue dichiarazioni riguardo al gesuita italiano, sparito nella Siria settentrionale dal 29 luglio 2013, contraddicono le voci, ripetute più volte da allora tra i gruppi dell’opposizione al regime anche nella zona di Raqqa, che questi fosse stato assassinato poche ore dopo il rapimento. Che informazioni ha su padre Dall’Oglio? «Originariamente venne rapito da militanti dello Ahrar al-Sham (letteralmente «Uomini Liberi della Grande Siria», il gruppo armato che raduna formazioni minori tra il fronte integralista islamico, ndr). Questi però poi lo hanno consegnato ai capi dello Stato Islamico, forse dopo un congruo pagamento come fanno spesso tra formazioni diverse, che intendevano liberarlo in cambio di un forte riscatto. Per molti mesi è stato rinchiuso nel palazzo del governatorato di Raqqa, dove i jihadisti hanno il loro quartier generale. Con lui sono stati tanti altri prigionieri occidentali, credo anche James Foley, il primo dei giornalisti americani decapitati». Sono notizie importanti, delicate, che fonti ha? «Non posso specificare. Ma sono fonti attendibili». Ora Dall’Oglio dove si troverebbe? ❜❜ La coalizione Ma adesso che l’Italia ha aderito alla coalizione il gesuita rischia più di prima «Adesso mi dicono sia in un carcere diverso. I suoi carcerieri sarebbero jihadisti iracheni, meno affidabili dei precedenti, più pericolosi di quelli siriani di Raqqa. Con lui, non nella stessa cella, potrebbero esserci anche le due italiane». Sono in corso trattative? «Prima c’erano. Ma adesso per Dall’Oglio, che è un carissimo ami- ❜❜ Assad Sbagliato allearsi con Assad. Con lui non ci sono compromessi possibili Gli ostaggi italiani nel mondo Vanessa Marzullo 20 anni, di Brembate (Bergamo), cooperante indipendente. È stata rapita in Siria il 31 luglio scorso, insieme all’amica Greta Ramelli Greta Ramelli 21 anni, di Besozzo, nel Varesotto, cooperante. È stata sequestrata in Siria il 6 agosto scorso, insieme con Vanessa Marzullo Gianluca Salviato 48 anni, di Trebaseleghe (Padova), tecnico per la Ravanelli di Venzone (Udine). Rapito in Libia il 22 marzo 2014 in un cantiere (a sin.) Il gesuita Padre Paolo Dall’Oglio, 59 anni, appartiene all’Ordine dei gesuiti. Dagli anni Ottanta vive in Siria dove ha rifondato la comunità monastica di Mar Musa e ha promosso il dialogo con il mondo islamico. Il 29 luglio 2013 mentre si trovava nella zona di Raqqa è stato rapito dai fondamentalisti islamici Marco Vallisa 53 anni, di Cadeo (Piacenza), tecnico della Piacentini. Esperto in perforazioni, sequestrato in Libia lo scorso 5 luglio (a destra) Giovanni Lo Porto 38 anni, di Palermo, cooperante per l’Ong tedesca Welt Hunger Hilfe, rapito in Pakistan il 19 gennaio 2012, assieme a un suo collega co, purtroppo la situazione si sta complicando, rischia molto più di prima. Non è più una questione di prezzo. La partecipazione militare italiana alla nuova coalizione guidata dagli americani contro lo Stato Islamico introduce l’elemento politico. Un conto è mandare aiuti civili, un altro spedire armi. Lo abbiamo appena visto con la decapitazione dell’ostaggio inglese. I jihadisti ricattano e puniscono i Paesi che si alleano contro di loro». Ma lei cosa pensa delle possibili operazioni alleate in Siria? È vero che ormai non ci sono più brigate «laiche» tra le formazioni ribelli? «Penso che non sia vero che lo Stato Islamico abbia completamente annichilito il fronte delle brigate che lottano per la libertà e la democrazia contro la dittatura di Bashar Assad, ma anche contro i fondamentalisti islamici. Lo sostengono in tanti. Ma io non sono d’accordo. Al contrario sono convinto che, nel momento in cui gli americani cominceranno davvero a bombardare, sia i militanti del Nuovo Esercito Siriano Libero che le formazioni non estremiste islamiche torneranno in massa a combattere per la libertà del Paese. Ora non si vedono, sono strette tra l’incudine dello Stato Islamico e il martello delle repressione del regime. Ma sono presenti, vive e vegete, da nord a sud». Occorre turarsi il naso e accettare Bashar Assad come alleato pur di battere lo Stato Islamico? «Assolutamente no. Assad è un criminale, un assassino della sua gente, che non ha esitato a sfruttare e dar forza ai jihadisti terroristi e tagliagole pur di criminalizzare l’intero movimento patriottico di opposizione al regime. Assad non è un partner. Deve andarsene. Con lui non ci sono compromessi possibili». Lorenzo Cremonesi © RIPRODUZIONE RISERVATA 4 italia: 51575551575557 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Primo Piano italia: 51575551575557 5 Il terrorismo La sfida all’Occidente Paura per un bagaglio sospetto sul Ginevra-Beirut della compagnia libanese Mea in transito nei nostri cieli. Ma era un falso allarme Allerta bomba: i caccia scortano un volo di linea a Fiumicino ROMA — Due boati, sentiti da Viterbo a Roma, e poi anche a Frosinone, nel giro di qualche minuto. Come due esplosioni, «che hanno fatto pensare a un incidente aereo», raccontano dalla sala operativa dei pompieri dove ieri pomeriggio sono arrivate centinaia di telefonate da cittadini preoccupati per aver avvertito distintamente i botti all’ora di pranzo. Ma non ci sono stati scoppi, né incidenti: quei boati erano le frustate, i bang supersonici provocati dall’intervento — lo «scramble» in gergo tecnico — di due Eurofighter del IV Stormo dell’Aeronautica militare, decollati dalla base di Grosseto e lanciati a velocità superiore a quella del suono a intercettare il volo ME 214 GinevraBeirut della compagnia libanese Middle East Airlines con 118 passeggeri (in quel momento sullo spazio aereo italiano) e scortarlo fino all’aeroporto di Fiumicino. «Abbiamo un problema a bordo», aveva annunciato poco prima il comandante del volo della Mea, dopo che dalla Svizzera avevano scoperto che fra i bagagli imbarcati c’era un borsone nero ma nell’elenco dei passeggeri mancava il proprietario. A Il mezzo L’aereo della compagnia libanese Mea fatto atterrare ieri allo scalo di Fiumicino, a Roma, scortato dai caccia dell’Aeronautica (Ansa/Telenews) quel punto è scattato l’allarme internazionale, ulteriormente aggiornato dopo il rafforzamento delle misure antiterrorismo per le recenti minacce dell’Isis ai Paesi europei, Italia compresa. Dal Nato Combined Air Operation Center di Torrejon (Spagna) è stato impartito l’ordine d’intervento, gestito dal Comando operazioni aeree di Poggio Renatico (Ferrara): l’incubo attentato ha terrorizzato i passeggeri, i 7 membri di equipaggio e non solo loro. Atterrato a Fiumicino, l’Airbus 320 è stato dirottato su una pista secondaria e circondato dalle forze Rinaldo Frignani © RIPRODUZIONE RISERVATA In campo spie e droni americani per la caccia ai killer di Haines ✒ L’analisi Le mosse dell’intelligence per identificare il boia. Si riparte dal blitz fallito del 4 luglio a Raqqa La lettera Le norme antimafia contro i nuovi jihadisti Nel video l’inquadratura ridotta per evitare una localizzazione SEGUE DALLA PRIMA La registrazione Un fermo immagine dal video girato subito prima dell’esecuzione di David Haines, 44 anni, cooperante britannico, terzo ostaggio occidentale ucciso dai militanti dell’Isis 1. Se lo sfondo è simile a quello dei filmati precedenti, l’inquadratura è diversa: il campo è più stretto, forse per non dare indicazioni che possano rendere riconoscibile il luogo 2. Haines è vestito con una tuta arancione, come i prigionieri di Guantanamo. Era stata fatta indossare anche alle prime due vittime, i giornalisti statunitensi James Foley e Steven Sotloff 3. L’assassino indossa una fondina ascellare: la pistola è a sinistra, per estrarla dovrebbe usare quindi la mano destra 4. È invece la sinistra che l’uomo utilizza per impugnare il coltello con cui la vittima sarà decapitata (Afp) 3 2 1 4 © RIPRODUZIONE RISERVATA WASHINGTON — Un messaggio brutale. Con i tempi di chi ha fretta di arrivare al dunque: l’uccisione dell’ostaggio, David Haines. Non c’è la retorica dei lunghi video di Bin Laden e del successore al Zawahiri. Troppe parole per gli assassini dell’Isis che si sono preoccupati solo di non dare punti di riferimento agli investigatori. Sanno che gli 007 cercano il boia, il misterioso Jihadi John dall’accento inglese. Il filmato non discosta dagli altri, «dedicati» alla decapitazione dei reporter americani Foley e Sotloff. Tuta arancione per il prigioniero per ricordare il carcere di Guantanamo. Tunica nera per il killer, tutto preso nel suo ruolo di ninja del terrore. Il militante, come le altre volte, stringe il pugnale con la sinistra e indossa una fondina con pistola sotto il braccio sinistro. Dunque dovrebbe estrarre l’arma con la destra. Ma qui sembra mancino. Dettagli che non cambiano il risultato. Manca ancora il momento esatto dello sgozzamento. La ripresa ha uno stacco e poi riprende mostrando il cadavere mutilato. Un copione ruota attorno all’obiettivo chiave dell’Isis. Quella che suona come una minaccia è in realtà un invito agli occidentali affinché intervengano anche in Siria. Il Califfo sa che gli costerà dei mujaheddin ma desidera con tutta la sua forza la battaglia con gli americani. In questo non è diverso da Osama che voleva farli dissanguare in mille conflitti che provocassero la reazione del mondo musulmano. Il solo elemento che cambia nel video è lo sfondo. Ancora più stretto rispetto al secondo. È il fianco di una collinetta deserta. In queste settimane i jihadisti hanno seguito i media, hanno visto che dopo l’omicidio di Foley un blogger ha annunciato di aver individuato il luogo dell’omicidio. Usando foto, video, immagini satellitari disponibili. E poi ha indicato la zona sud di Raqqa. Un posto sperduto nel nord est della Siria dove l’Isis ha una sua base importante. Ossessionati dalla segretezza, i criminali avranno pensato: se c’è riuscito un giornalista, figuriamoci cosa possono fare i governi che hanno a disposizione altri mezzi. Alle spalle della vittima c’è solo terra gialla. Gli infiltrati L’Isis teme che ci siano infiltrati. Due «sospetti» sono già stati eliminati per «collaborazione con il nemico» La strategia Un aiuto potrebbe arrivare da Israele, che ha passato agli Usa elementi ricavati dai propri occhi elettronici sullo scacchiere Alcuni pensano che comunque sia sempre Raqqa. Convinzione legata ai racconti degli ex ostaggi detenuti con inglesi e americani. Inoltre c’è la probabile ricognizione dell’intelligence per scovare il gruppo che ha ancora in mano diversi occidentali. Azione che si lega all’identificazione del boia. Può indicarlo una «talpa». Oppure qualcuno che ha riconosciuto la sua voce. E in caso affermativo è possibile ricostruire l’ambiente dove è cresciuto. Quindi la filiera che gli ha permesso di arrivare in Siria. Se trovano il facilitatore possono arrivare al nome. Il passo successivo è quello dei complici. Si è detto che l’Isis avrebbe affidato il controllo dei prigionieri a militanti stranieri, un gruppo dove vi sono anche degli europei. L’indagine riparte dal fallito blitz, lanciato il 4 luglio, per liberare gli ostaggi a Raqqa. Le unità speciali non li hanno trovati. Secondo alcune fonti locali — inverificabili — i mujaheddin dell’Isis li avevano trasferiti poco prima. «C’è stata una soffiata», è la spiegazione di qualcuno della zona. La madre di Foley, in una polemica intervista alla Cnn, ha sostenuto che, a parte un paio di spostamenti da Aleppo, suo figlio e gli altri occidentali sono stati sempre detenuti in un edificio di Raqqa. Versione che smentisce quella del governo Usa, accusato di aver fatto poco. Anzi, funzionari statunitensi avrebbero minacciato di incriminare i familiari se avessero tentato di pagare dell’ordine. Per sicurezza il traffico in arrivo e in partenza è stato bloccato — con disagi ai viaggiatori, risolti nel tardo pomeriggio —, mentre i bagagli sono stati tolti dalla stiva, scaricati su una piazzuola e controllati uno per uno dagli artificieri della polizia, con i cani antisabotaggio. Lo stesso è stato fatto su tutto l’aereo, con i passeggeri nuovamente identificati e perquisiti. Nulla è stato lasciato al caso, l’allerta terrorismo non lo consente. Per fortuna, però, era solo un falso allarme e il volo per Beirut è ripartito alle 17.30. A Roma è rimasto solo il borsone senza padrone: dentro c’erano tazzine da caffè, effetti personali e un regalo impacchettato. il riscatto. È probabile che l’intelligence stia rivendendo il caso, ascoltando di nuovo gli ostaggi rilasciati. Indagine tradizionale che si incastra con i voli dei droni su Raqqa e l’analisi della National Geospatial Intelligence Agency, la regina dei satelliti spia coinvolta nelle ricerche di Bin Laden. E chissà che un aiuto non arrivi da Israele. La Reuters ha rivelato che Gerusalemme ha passato a Washington elementi ricavati dai propri occhi elettronici che da mesi «guardano» sullo scacchiere. Si battono tutte le strade. Anche quelle inconfessabili. Il sito Al Monitor.com ha scritto che all’inizio dell’estate i servizi italiani hanno avuto un contatto con gli apparati di sicurezza del regime. Strada che però si è chiusa subito in quanto Damasco chiedeva il ristabilimento dei pieni rapporti diplomatici. C’è poi il lavoro degli informatori. Alcuni nuclei di peshmerga, forse usando contatti locali, sarebbero alla caccia del covo dell’Isis. Lo stesso farebbero i ribelli vicini ai servizi giordani, grandi partner della Cia. Operazione rischiosa. I fedeli del Califfo sono in guardia. Il capo della sicurezza Isis ad Aleppo, un islamista olandese conosciuto come Abu Ubaida, e un predicatore belga, molto attivo sul web, sarebbero stati eliminati perché accusati di collaborazione «con il nemico». Guido Olimpio © RIPRODUZIONE RISERVATA L’Is (Islamic state), in questo quadro, è la forma più evoluta e più aggressiva del pericolo fondamentalista perché si pone con una nuova soggettività statuale, si autofinanzia e si muove con più dimestichezza nell’ambito europeo, attraverso figure, i foreign fighters (combattenti stranieri), che ne sposano la sciagurata causa, hanno passaporti europei, sono conoscitori delle abitudini occidentali e mettono a disposizione dell’organizzazione la loro preparazione bellica. L’Is presenta, dunque, una forma di minaccia più insidiosa, costituita proprio dalla sensibile crescita del fenomeno dei foreign fighters, contro la quale ci si sta organizzando sia a livello interno che internazionale. La sfida alla sicurezza globale, portata avanti dall’Is, richiede l’affinamento degli strumenti, anche normativi, di prevenzione e di contrasto, suddivisi per l’appunto in due piani: il primo che interessa le misure di prevenzione messe a punto dai singoli Stati e a livello europeo, come il monitoraggio dei siti di propaganda islamica, l’investimento di risorse nelle attività di esplorazione della Rete, l’adozione di strumenti di segnalazione degli spostamenti dei foreign fighters in tutta l’Unione Europea e di uno specifico codice di prenotazione, il Pnr (Passenger name record) per fornire agli organismi di Polizia un elenco sempre aggiornato di chi si muove nell’area Schengen. Il secondo piano che riguarda, invece, l’azione penale, la specificità del reato, in cui agiscono magistratura e polizia giudiziaria. Tutto questo per colpire a tenaglia, quanto più efficacemente possibile, la figura del «lupo solitario», cioè dell’aspirante jihadista cresciuto in Europa, auto-radicalizzatosi, che persegue il proposito di unirsi ai combattimenti in aree di conflitto — come, per esempio, quelli che avvengono oggi in territorio siro-iracheno —, che non opera in contesti associativi, né agisce come mero mercenario e che rientra in Occidente da teatri di scontro, come potenziale protagonista, «scheggia impazzita», di gesti eclatanti di violenza. Andando nel dettaglio, le norme del codice penale, introdotte nel 2005 (con il d.l. 27 luglio 2005, n.144), all’indomani degli attentati di Londra che avvennero nel luglio di quell’anno, puniscono le attività di arruolamento e addestramento al compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo, anche se L’obiettivo rivolti contro uno Stato straniero e anche se Aggiornare siano commessi fuori dai casi di associazione, le nostre norme ma sembrano quantomeno implicare la (con i relativi oneri probatori) di tenendo conto di sussistenza un rapporto diretto. Oggi, invece, per questa minaccia neutralizzare questo tipo di pericolo, occorre che la partecipazione ad atti di violenza terroristica, e quindi anche lo stesso tentativo di parteciparvi, venga perseguita in maniera autonoma, cioè anche se appaia il frutto di scelte e comportamenti strettamente individuali che giungano a capo di un percorso di auto-indottrinamento del soggetto. Si tratta, insomma, di attualizzare il nostro armamentario normativo, aggiungendovi una nuova previsione che tenga conto dell’evoluzione della minaccia e della necessità di non prestarle fianchi scoperti che possano farci correre il rischio di rendere meno efficace la nostra risposta. Un ulteriore affinamento, dettato da una speculare esigenza di prevenzione, potrà riguardare l’articolo 4 del codice antimafia, secondo il quale le misure di prevenzione personale possono già essere applicate a coloro che siano indiziati di commettere reati con finalità di terrorismo, interno o internazionale, o di porre in essere atti preparatori in tal senso. Tuttavia, la tipologia di pericolo che si vuole affrontare, guardando anche all’allarmante quanto subdolo fenomeno dei foreign fighters, richiede un ulteriore sforzo di tipizzazione, declinando, senza incertezze, anche a livello della normativa di prevenzione, questa figura particolare di aspirante combattente. Lo scopo è quello di neutralizzarne alla radice la pericolosità, applicandogli la misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza che lo priverebbe di ogni capacità di nuocere. In ambito europeo, inoltre, è andata avanti la nostra proposta di costituire una squadra multidisciplinare, mirata specialmente al monitoraggio dei combattenti stranieri. Sono queste le strade che si stanno tentando di imboccare anche in altri Paesi con maggiori difficoltà del nostro, poiché non dispongono, come invece l’Italia, di norme di prevenzione. ❜❜ Angelino Alfano Ministro dell’Interno © RIPRODUZIONE RISERVATA 6 Primo Piano Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Il governo Il sondaggio I quesiti Il giudizio sui ministri Qualcuno sostiene che Renzi abbia dietro di sé una squadra di ministri debole e poco esperta che rischia di concludere poco, altri invece dicono che avere molti ministri giovani è una positiva rottura col passato e serve a dare più energia all’azione di governo. Lei con quale delle due frasi è più d’accordo? Angelino g Alfano La prima: squadra debole voti positivi non sa, non conosce 66% % Maurizio Lupi p INTERNO voti negativi Maria Elena Boschi INFRASTRUTTURE E TRASPORTI RIFORME 55% 5% Non saa 3 36% 8% % 26% 29% 29 9% 2 21% La seconda: positiva rottura col passato 38% 26% 24% 5% 66% Sempre a proposito del presidente del Consiglio, alcuni dicono che vuol fare troppo da solo e questo rende più difficile mandare avanti le cose, altri invece pensano che il ù fatto che Renzi ci metta personalmente la faccia rende più forti e veloci le scelte. Lei con quale delle due opinioni è più d’accordo? La prima: vuol fare troppo da solo Giuliano Poletti Pier Carlo Padoan Andrea Orlando LAVORO E POLITICHE SOCI OC ALI AL SOCIALI ECONOMIA GIUSTIZIA 49% 4 48% 48 4 36% % % 33% 34% 33% % 33 34% Nonn sa 11% 1% La seconda: scelte più forti e veloci 17% 1 6% 16% 33% Sondaggio realizzato da Ipsos Pa per Corriere de della Sera presso unn campione casuale nazionale rappresentativo della popola popolazione italiana maggiorenne secondo genere, età, livello di scolarità, area geografica di residenza, dimensione del Comune di residen ealizzate 1.002 interviste (su 9.816 contatti), mediante siste residenza. Sono state realizzate sistema CATI, il 9 e il 10 settembre 2014. Il documento informativo com completo riguardante il sondaggio gg sarà inviato ai sensi di legge, gg per p la sua pubblicazione, ne, al sito www.sondaggipoliticoelettorali.it gg p CORRIERE DELLA SERA 56% Sì degli italiani al premier decisionista Ma per i ministri il voto è insufficiente Risultano poco conosciuti i componenti della squadra di governo Solo per Padoan si equivalgono i giudizi positivi e negativi Dal giorno dell’insediamento del governo Renzi si discute spesso della qualità dei ministri che lo compongono. È un esecutivo nato all’insegna del ricambio generazionale e del cambiamento, inevitabilmente ha suscitato qualche perplessità in termini di competenze ed efficacia dei titolari di diversi dicasteri. Gli italiani sembrano avere le idee molto chiare in proposito: il governo attuale, composto da molti giovani ministri, per il 66% rappresenta una positiva rottura con il passato e la loro presenza serve a dare più energia all’azione dell’esecutivo; è un’opinione prevalente, sia pure con percentuali diverse, tra tutti gli elettorati, quelli della maggioranza e quelli dell’opposizione e persino tra gli astensionisti. E prevale tra tutti i segmenti sociali, a conferma della forte domanda di rinnovamento dopo vent’anni in cui si sono alternate maggioranze di destra e di sinistra (con la parentesi del governo degli «ottimati» guidato da Mario Monti) che hanno deluso gli elettori e alle elezioni successive risultavano regolarmente sconfitte. Al contrario il 26% degli intervistati, con percentuali più elevate (sopra il 30%) tra i ceti dirigenti e quelli impiegatizi, ritiene che Renzi disponga di una squadra debole, poco esperta, che rischia di concludere poco. Riguardo allo stile di conduzione del governo molto incentrata sul premier, spesso definito «un uomo solo al comando», la maggioranza degli italiani (56%) ritiene che sia positivo perché rende le scelte più forti e rapide, mentre il 33% è di parere opposto: fare troppo da solo rende più difficile per Renzi portare avanti le cose. E la maggioranza degli elettori di Forza Italia e del Movi- I percorsi Alfano e Lupi risultano più apprezzati dagli elettori del Pd che da quelli di Forza Italia I casi Poletti e Orlando Quasi un italiano su due non conosce o non si esprime su Poletti e Orlando nonostante il dibattito su lavoro e giustizia mento 5 Stelle è di questo parere. In sintesi: il governo e il premier godono del consenso della maggioranza degli italiani, la squadra per quanto giovane e un po’ inesperta viene preferita rispetto a quelle del passato e lo stile «accentratore» di Renzi conferisce autorevolezza e rapidità alle decisioni. Tutto bene, quindi? Non esattamente, a conferma che l’opinione pubblica non sempre procede per linee rette. Infatti, se analizziamo i dati sulla fiducia riscossa dai principali ministri, registriamo per tutti una prevalenza, in qualche caso netta, di giudizi negativi. Fa eccezione il ministro Padoan per il quale le opinioni positive e negative si equivalgono. È pur vero che i dati sono influenzati dal livello di conoscenza dei singoli ministri che in taluni casi risulta dav- vero bassa: per esempio, quasi un influenza le opinioni molto più dei italiano su due non conosce o non si risultati ottenuti dal loro dicastero. esprime sui ministri Poletti e Orlan- Ne sono un esempio i ministri Alfado, nonostante di lavoro e di giusti- no e Lupi, entrambi più apprezzati zia si discuta abbondantemente sui tra gli elettori del Pd rispetto a quelli media. Persino due ministri come del partito di provenienza, Forza ItaPadoan e Boschi, di cui si parla mol- lia, da cui si sono staccati fondando to per l’attività del loro dicastero (e un nuovo partito che ha sostenuto i non solo), risultano sconosciuti a governi Letta e Renzi. un terzo degli elettori. Infine, la sempre più forte persoCome si spiega questa ennesima nalizzazione della politica punta i ricontraddizione nell’opinione pub- flettori sul leader che nel bene e nel blica che apprezza il governo nel suo male rappresenta la squadra, indiinsieme e risulta critico nei con- pendentemente dal merito o dal defronti dei singoli ministri? I motivi merito dei singoli. Da anni abbiamo sono svariati e, alcuni di questi, non numerosi riscontri nei Comuni e sono del tutto nuovi. Innanzitutto, nelle Regioni: quasi sempre i giudizi ed è scontato, i giudizi sui ministri sul primo cittadino e sull’amminisono fortemente influenzati dal par- strazione sono nettamente più positito al quale appartengono: gli elettori di quel partito in larga parte esprimono valutazioni positive «a prescindi Nando Pagnoncelli dere». In secondo luogo dipende dall’ambito di cui si occupano e dalla tivi rispetto a quelli sui singoli provdifferenza tra le aspettative e i risul- vedimenti o ambiti d’azione. E spestati ottenuti. Ne è un esempio il mi- so i sindaci e i presidenti di Regione nistro Poletti, che si occupa del tema più apprezzati hanno assessori che più sta a cuore agli italiani: il la- ignoti o criticati dalla maggioranza voro. L’elevato livello di disoccupa- d e i c i t t a d i n i . P a r a f r a s a n d o zione non lo rende molto popolare. un’espressione in voga qualche Inoltre risulta importante l’im- tempo fa, potremmo dire che i leamagine pregressa dei ministri, alcu- der personalizzano il consenso e soni dei quali hanno una più o meno cializzano le critiche. © RIPRODUZIONE RISERVATA lunga storia politica alle spalle che Scenari Il caso Oggi al via ufficialmente la nuova stagione, tra esperimenti e conferme. Formigli: «Basta con i soliti dibattiti, bisogna puntare sugli approfondimenti» Più reportage e meno politici, la seconda vita dei talk show ROMA — «Io non mi ribello al talk show: se un genere televisivo si moltiplica significa che il mercato esiste, c’è spazio per la competizione e il prodotto funziona. Mi ribello invece a un dibattito asfittico che si rinchiude tra le liti sugli ottanta euro, sulla bellezza di Maria Elena Boschi, sulla spending review». Corrado Formigli riparte stasera su La7 alle 21.10 con Piazzapulita e gioca in controtendenza. Già ieri il ritorno di Lucia Annunziata su Raitre con In 1/2 ora, con un’intervista al presidente del Kurdistan iracheno Masoud Barzani, preceduta da un reportage sull’avanzata dell’esercito dello Stato islamico dal centro al nord dell’Iraq, annunciava un chiaro smarcamento dal dibattito nostrano. Stasera anche Formigli lascerà da parte il Palazzo italiano e proporrà «Sangue nostrum», riprendendo il ruolo di inviato e raccontando non solo l’emergenza umanitaria in Kurdistan ma anche il caos politico in Libia: «Papa Francesco parla di Te r z a g u e r r a mondiale. Noi siamo andati a vedere, a raccontare. Giocheremo la carta della serietà e della credibilità, un nuovo patto col pubblico». Sul fronte Rai, giovedì 11 era tornato in prima serata su Raidue Nicola Porro con Virus-Il contagio delle idee con il tema «Siamo in guer- ra» ma ottenendo un non esaltante 4,88%, trattandosi di una prima serata di una rete principale Rai. Parte oggi ufficialmente la nuova stagione dei talk show. Il piatto forte sarà domani sera, martedì 16, l’attesissimo duello Su La7 I conduttori Corrado Formigli e Giovanni Floris. Entrambi hanno 46 anni tra Massimo Giannini, nuovo conduttore di Ballarò su Raitre (che ospiterà Roberto Benigni e si affiderà ai sondaggi di Alessandra Ghisleri) e Giovanni Floris, ex Ballarò, ora su La7 con diMartedì (confermati sia Maurizio Crozza che il sondaggista Nando Pagnoncelli). Per ora Floris con la sua striscia quotidiana DiciannovEquaranta non ha portato a casa ascolti entusiasmanti (un massimo di 2,3% di share) e sono in tanti ad attenderlo al varco di domani. Su La7 è tornata Lilli Gruber con Otto e mezzo (un solido 5,8% per la prima puntata di lunedì 8 settembre). Sempre sulla tv acquistata da Urbano Cairo stamattina rientra in palinsesto alle 11 Myrta Merlino con L’aria che tira (anche lei nel 2015 pro- porrà puntate in prima serata). Una fascia che Raitre presidia con Agorà dalle 8 alle 10, ora in versione estiva condotta da Serena Bortone (ma da lunedì 22 rientrerà Gerardo Greco). Formigli sostiene che il talk show gode ottima salute sul mercato tv. Una prova? Per il ventesimo anno consecutivo Bruno Vespa è riapparso su Raiuno con Porta a porta e martedì 9 ha sfiorato un robusto 20% ospitando Matteo Renzi. Vespa, si sa, non ha più il lunedì sera, passato al nuovo format di inchieste Petrolio, ideato e condotto da Duilio Giammaria che lunedì 8 settembre ha vinto la seconda serata con il 12,06% di share. Una scelta voluta dal direttore generale Luigi Gubitosi che non ha mai nascosto di con- siderare eccessivo il numero di talk nei palinsesti di Viale Mazzini. Lo ha confermato sabato parlando al Festival della Comunicazione a Camogli: «Confidiamo molto su Ballarò che, come altri talk show, ha un brand molto forte. In Rai però ce ne sono troppi». L’affollamento indubbiamente c’è, e questa lista lo dimostra. Manca ancora all’appello un altro grande classico del genere, Servizio pubblico di Mi- I programmi Dalla sfida di martedì tra Floris e Giannini alla 20esima edizione di «Porta a porta» chele Santoro, che riapparirà su La7 in prima serata giovedì 25 settembre. A giudicare dal promo, Santoro non sembra porsi il problema delle tematiche: le immagini delle devastazioni delle tante guerre contemporanee si alternano, appunto, al ministro Boschi in costume da bagno, a Matteo Renzi impegnato col famoso gelato di Palazzo Chigi, o in sella alla sua bicicletta. Un contrasto volutamente straniante. Per approdare a cosa, e come? Vedremo. La stagione è appena cominciata. E il talk show, s’è detto, gode di un’eccellente salute e dilaga sui palinsesti. Poi c’è il giudizio sulla qualità, ma quella è un’altra storia. Paolo Conti © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 MILANO - Via Manzoni, 46 7 italia: 51575551575557 BOLOGNA - GENOVA - PIACENZA - PALERMO 8 Primo Piano Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Il governo I conti Il costo della salute 8,0 108.891 96.500 7,5 101.754 79.427 74.897 7,3 7,3 120.000 111.593 110.842 111.108 100.000 81.990 7,1 7,1 7,1 6,9 67.752 6,7 6,1 6,0 80.000 6,8 6,6 6,5 6,5 6,0 112.526 102.220 90.237 7,0 110.474 60.000 6,1 40.000 5,7 5,5 20.000 spesa pubblica sul Pil % spesa pubblica (in milioni) 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 Fonte: Rapporto «Proposte per una revisione della spesa pubblica (2014-16)» del commissario straordinario per la revisione della spesa Tagli alla sanità, rivolta di Lombardia e Veneto Asse tra le due Regioni sullo sciopero fiscale. Maroni: «Bene Zaia, anche noi siamo pronti» Ma l’opposizione è divisa: «Strumento inutile» per Caldoro, «demagogico» per Vendola Sblocco degli stipendi Forze dell’ordine, muro dei sindacati ROMA — Adesso l’obiettivo del governo è fare in fretta, cerca di trovare una soluzione prima dell’incontro fissato per mercoledì tra i rappresentanti di forze dell’ordine e forze armate con il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi. La questione — lo sblocco degli stipendi delle forze armate e della sicurezza — è stata al centro di una lunga telefonata tra i due ministri competenti della Difesa e dell’Interno. L’obiettivo concordato tra Roberta Pinotti e Angelino Alfano è procedere in tempi brevissimi con una proposta da mettere sul tavolo del premier Matteo Renzi. Era stato proprio lui, dopo l’annuncio del ministro Marianna Madia sul blocco degli stipendi degli statali anche per il 2015, ad assicurare di voler organizzare un incontro, sia pur precisando di non essere disponibile a cedere ad alcun ricatto. Poi non è accaduto più nulla. La cifra necessaria per adeguare gli stipendi nel 2014 e poi il prossimo anno sfiora un miliardo e 200 milioni di euro. Mentre Daniele Tissone di Silp Cgil si mostra cautamente ottimista sulla possibilità di uno sblocco, Sap, Sappe, Sapaf e Conago, vanno all’attacco e confermano l’astensione dal lavoro per tre ore il 23 settembre prossimo. © RIPRODUZIONE RISERVATA ROMA — Sciopero fiscale contro i (presunti) tagli alla sanità. Dopo il governatore del Veneto Luca Zaia, interviene anche il collega leghista della Lombardia, Roberto Maroni. Che dà manforte su Twitter e annuncia: «Bene Zaia, anche la Lombardia è pronta». Ma il fronte dei governatori, compatto nel difendere il no ai tagli, non lo è affatto nei confronti dello sciopero fiscale. Strumento «demagogico», lo definisce il presidente della Puglia (Sel) Nichi Vendola. «Sbagliato e inutile», concorda da Forza Italia il governatore della Campania Stefano Caldoro. La Lega, dunque, parte all’attacco. Rispolverando dall’armamentario storico una vecchia parola d’ordine già minacciata più volte, a partire dal 1992, quando l’allora ideologo Gianfranco Miglio la usava come arma per la «Repubblica del Nord». Sono passati molti anni, ma lo slogan e la minaccia tornano d’attualità. Non sono servite le rassicurazioni del ministro Maria Elena Boschi, dopo le indiscrezioni che vedevano la sanità come obiettivo principale della spending review: «Non ci saranno tagli lineari e le Regioni che sono virtuose e spendono bene non devono preoccuparsi». Di fronte alle ras- ROMA — Prende corpo la squadra economica di Matteo Renzi. Oltre ai nomi che erano già filtrati da Palazzo Chigi (tra cui Marco Fortis, Yoram Gutgeld, Tommaso Nannicini e Carlotta de Franceschi) è previsto l’arrivo dell’economista Veronica De Romanis e di Roberto Perotti, esperto in spending review (che dovrebbe sciogliere in questi giorni la sua riserva). Riccardo Luna sarà «digital champion». Rimarrà invece al Nazareno (nella segreteria) Filippo Taddei mentre dovrebbe seguire il premier Luigi Marattin, esperto di finanza locale. de l’ammalato. Abbiamo bisogno per rilanciare la crescita di far ripartire gli investimenti, non di sottoporre il welfare a un ulteriore dimagrimento coatto. Di dimagrimento in dimagrimento si rischia l’infarto». Vendola si dice pronto a fare la sua parte sugli sprechi della sanità: «Fa parte dell’etica della responsabilità eliminare ogni zona d’ombra della spesa pubblica. Ma bisogna prendere bene la mira, altrimenti si sbaglia bersaglio e si colpisce il cittadino». Quanto alle argomentazioni leghiste e alla necessità di fissare i costi standard, Vendola non è ben disposto: «Innanzitutto va rilevato che il Sud e il Nord non sono entità omogenee. Per dire, il Piemonte di Roberto Cota non aveva fatto registrare performance brillanti. E poi prima di intervenire sui costi standard bisogna realizzare investimenti strutturali per la modernizzazione delle strutture del Sud. Per esempio, uno spreco significativo è la voce mobilità passiva, o turismo sanitario: molti cittadini vanno a curarsi negli ospedali del Nord. E le regioni del Sud pagano il Nord. Prima si riduca questo divario strutturale, poi parleremo anche dei costi standard». © RIPRODUZIONE RISERVATA Alessandro Trocino sicurazioni, è rientrata anche la protesta lanciata da Sergio Chiamparino, esponente del Pd e presidente della Conferenza delle Regioni. Ma l’allarme resta e i governatori leghisti se ne fanno portavoce. Marcando l’accento, ovviamente, sui temi a loro cari. Perché, come dice Zaia, «quattro regioni meridionali hanno un buco sanitario di cinque miliardi». E perché, aggiunge, «Renzi non avrà mai il coraggio di applicare i costi standard». Alle argomentazioni leghiste replicano alcuni esponenti pd. Da Pina Picierno: «Vi ricordate quelli che gridavano Roma ladrona? Ora minacciano lo sciopero fiscale contro i tagli agli sprechi». A Simona Bonafè: «Zaia e Maroni vaneggiano. I tagli alla spesa sanitaria li ha fatti Tre- monti con il sostegno della Lega, noi vogliamo tagliare solo gli sprechi». Caldoro non è d’accordo con i governatori leghisti, ma è fermo sul governo: «Abbiamo sottoscritto un patto con l’esecutivo a luglio e va rispettato. In quell’accordo, triennale, si stabiliva l’entità del fondo sanitario. La certezza delle risorse va mantenuta e su questo saremo durissimi». Ma gli sprechi? «Faremo la nostra parte e sono orgoglioso di quello che abbiamo fatto in Campania. Ricordo anche che nel patto è previsto che i soldi risparmiati dagli sprechi vanno reinvestiti nella sanità. Quindi tagli non ce ne possono essere». Quanto alla Lega: «Non so cosa vuol dire sciopero fiscale, mi sembra uno strumento sbagliato e inutile. E sui costi standard c’è un equivoco, noi li applichiamo già dal 2013. La differenza si fa sulla media nazionale non sulle singole Regioni». Caldoro chiede unità alle Regioni: «Basta con i protagonismi della Lega sullo sciopero fiscale, ma anche di chi, come la Toscana, fa le corse sui ticket dell’eterologa: così si è meno forti nel difendere il patto sulla salute». Nichi Vendola respinge l’arma estrema dello sciopero fiscale: «È un argomento sempre abbastanza demagogico e anche drammatico, perché lo Stato si regge su un patto fiscale». Detto questo, «sono anni che la crisi economica diventa l’argomento che legittima l’infierire sul welfare, il taglio alla rete delle protezioni sociali e lo smantellamento dei servizi per i cittadini. Le politiche dell’austerity sono una medicina che ucci- Lo staff «economico» Pronta la squadra di Renzi: in arrivo Perotti e De Romanis © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 IL PIL DEGLI STATI II trimestre 2014 I trimestre 2014 Variazione rispetto al trimestre precedente 2,7 2,5 2,0 1,5 0,6 0,1 0,2 0,1 -0,2 -0,1 -0,2 -0,4 Portogallo -0,6 Olanda Belgio Austria Francia Germania -1,0 Spagna Gran Bretagna -0,5 LA DISOCCUPAZIONE (a luglio 2014) 0 5 10 15 20 25 30 4,9 Germania 136 10,3 Francia 6,4 Gran Bretagna 24,5 Spagna 14 Portogallo 11,5 Irlanda 12,6 ITALIA 27,2 Grecia 10,2 Europa 28 11,5 Europa 18 La posizione dell’Italia nella classifica mondiale dell’efficienza del mercato del lavoro (elaborazione del Centro Studi ImpresaLavoro sulla base di dati World Economic Forum) IL COSTO DEL LAVORO 150 Germania Spagna Francia ITALIA 140 130 120 110 100 90 2000 2002 2004 2006 Fonti: Istat, Eurostat, Reuters Jobs act, il governo accelera su lavoro e licenziamenti Un emendamento-ponte per rivedere lo Statuto 0,6 0,5 0,4 ITALIA 0,4 0,0 0,0 0 Irlanda 0,8 0,8 0,7 0,5 2008 2010 2012 2014 CORRIERE DELLA SERA ROMA — Il governo preme. E vuole che l’accelerazione d’autunno arrivi proprio sulla riforma del lavoro, sulle regole per i licenziamenti e il superamento dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori che li regola per le aziende più grandi. Un segnale rivolto alla politica di casa nostra e soprattutto a Bruxelles, come esempio di riforma fatta e non solo annunciata, come carta da giocare per ottenere qualche margine di flessibilità sugli obiettivi di bilancio. Quella che inizia oggi può essere la settimana decisiva ma tutto si giocherà sui dettagli. Al momento nel Jobs act, il disegno di legge delega arrivato nella commissione Lavoro del Senato, sull’articolo 18 e sullo Statuto dei lavoratori non c’è neanche una riga. Certo, la legge delega ha la funzione di cornice, un elenco dei principi che saranno poi dettagliati in un secondo momento con i decreti delegati. Ma senza nemmeno un appiglio sulla materia poi non sarebbe possibile procedere. Per questo il governo e il relatore, il presidente della co m m i ss i o n e ed ex ministro Maurizio Sacconi (Ncd), dovrebbero presentare un emendamento che introduca nel testo la questione. Probabilmente si userà una formula sfumata, il testo parlerà solo di riforma dello Statuto dei lavoratori da adottare con un testo unico ispirato dal diritto comunitario. Ma la modifica dovrebbe finire qui, senza entrare nel merito della questione. Una sorta di cavallo di Troia per aprire la strada alle tappe successive, con l’obiettivo finale che resta fermo: in caso di vittoria in una causa per licenziamento, sostituire il reintegro con un indennizzo che cresce a seconda dell’anzianità aziendale. Un gioco sotterraneo, ma neanche troppo. Ieri ha parlato Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro della Camera, dove il Jobs act arriverà dopo il via libera di Palazzo Madama, e nome importante di quella sinistra pd contraria ad un intervento del genere: «L’articolo 18 — ha detto Damiano, intervistato dal Mattino — è stato innovato due anni fa all’epoca del governo Monti. Perché cambiarlo ancora? Rischiamo di acuire le tensioni sociali». Parole alle quali ha risposto lo stesso Sacconi: «Damiano sconfessa Renzi. Di riforma complessiva dello Statuto dei lavoratori ha parlato lo stesso premier e segretario del Pd. Ed è paradossale che a non volerla siano taluni esponenti dello stesso partito». Un tentativo di spaccare quello che, al di là delle larghe intese, sta pur sempre nell’altra metà del vecchio arco parlamentare. Ma anche l’emersione di quella partita sotterranea, che si giocherà sul filo delle parole e anche delle ambiguità. È il caso di un altro passaggio della legge delega, un altro principio che solo in un secondo momento sarà tradotto in un provvedimento concreto e dettagliato: le famose «tutele crescenti». In questa formula rientrerebbe sia l’ipotesi che, in caso di licenziamento, ci sia un indennizzo crescente con l’anzianità, e quindi il superamento di fatto dell’articolo 18. Sia l’ipotesi che il licenzia- «Jobs act» Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti: il suo «Jobs act» sulle nuove regole per il mercato del lavoro è nel calendario della commissione Lavoro del Senato per domani. Ma è probabile che le votazioni entrino nel vivo dopodomani mento sia consentito solo nei primi tre anni, salvo poi applicare le regole attuali per il resto della vita lavorativa. Due visioni diverse, la prima sostenuta da chi vuole «cancellare» l’articolo 18, la seconda da chi lo difende. Che però troverebbero entrambe una giustificazione in quella formula usata nelle delega. Il Jobs act è nel calendario della commissione Lavoro del Senato per martedì. Ma è probabile che le votazioni entrino nel vivo il giorno successivo. Sempre mercoledì riparte al Senato, in commissione Affari costituzionali, la discussione sul disegno di legge delega per la pubblica amministrazione, la seconda puntata della riforma partita prima dell’estate con il decreto legge che ha tagliato i distacchi sindacali e rafforzato la mobilità obbligatoria dei dipendenti. Qui, però, i ritmi saranno meno serrati: si riprende con un’indagine conoscitiva. La conferma che i segnali da mandare a Bruxelles si cercheranno su altre materie. Lorenzo Salvia © RIPRODUZIONE RISERVATA I conti La strategia dell’esecutivo per allargare il bonus alle famiglie numerose e ampliare il taglio dell’Irap Vincoli Ue, Roma punta a uno sconto da 6 miliardi ROMA — Nel bicchiere della sostenibilità dei conti pubblici italiani la linea dell’acqua, all’indomani dell’Ecofin di Milano, sta proprio nel mezzo. Ma per dire con certezza che si tratti di un bicchiere «mezzo pieno» o di un «mezzo vuoto», l’Italia dovrà aspettare il prossimo anno. Si potrebbe sintetizzare con questa metafora l’impatto di quanto si è deciso a Milano più negli incontri riservati che nelle riunioni ufficiali. In termini di lavoro da fare, significa che il grosso dell’impegno che ci viene richiesto dall’Ue ci sta ancora davanti e dovrà essere realizzato nel giro dei prossimi nove mesi. Non bastano ancora le riforme che il governo Renzi illustra nel sito dei Millegiorni, perché l’Ue le vuole vedere attuate, ma anche perché il loro impatto sui conti pubblici è mancato, anche per colpa di contingenze negative che hanno investito le economie occidentali. Ecco perché l’Italia esce dall’Ecofin ancora come «sorvegliato speciale», malgrado gli sforzi del premier di rimuovere quell’immagine di tutela che ha accompagnato anche i precedenti governi. 9 La legge delega Domani la discussione in commissione al Senato Riforme e crescita 1,0 Primo Piano italia: 51575551575557 Fin qui il «vuoto» del bicchiere. Il «pieno» sta nell’avere impostato, grazie alla sponda francese, il tema dell’applicazione della flessibilità insita del Patto, fattore che ci dovrebbe consentire di non ridurre il disavanzo strutturale l’anno prossimo se manterremo il rapporto deficit/Pil al di sotto del 3%, l’unico impegno che da mesi Renzi va dicendo in effetti di voler rispettare. Il percorso che ci attende prevede prima di tutta a fine mese la nota di aggiornamento del Def (documento di economia e finanza) che terrà conto delle stime del Pil aggiornate con i nuovi criteri di calcolo, che verranno rese note il 22 settembre. La preoccupazione del governo per que- L’aggiornamento delle stime Attese le stime del Pil aggiornate con i nuovi criteri da cui dipenderà l’avvicinamento alla soglia del 3% st’anno, come si è detto, è di restare sotto il 3%: al momento i deludenti dati del Pil, che rischiano di essere confermati nel prossimo trimestre, collocano questo rapporto pericolosamente vicino alla soglia dello sforamento. Ma il governo continua a respingere l’ipotesi di manovre correttive appellandosi ai minori tassi d’interesse sul debito pubblico e al buon andamento del fabbisogno. La seconda tappa è la presentazione della legge di Stabilità entro il 15 ottobre. A questo punto, alla luce di quanto emerso dall’Ecofin, il governo procederà per la sua strada avendo come faro solo la regola del 3%. Vediamo come. Dal lato delle spese servono con certezza 10 miliardi per confermare il bonus, 3 miliardi per coprire la clausola Letta, 6-7 per impegni presi e spese indifferibili. Un totale di circa 20 miliardi. Dal lato delle coperture si prevedono tagli da 13 miliardi per attuare la seconda fase della spending review, più 3 previsti dal decreto Irpef, un incasso di 1-1,5 miliardi di maggiore Iva sui pagamenti della P.a., 2-3 miliardi dalla lotta all’evasione, 1,5 miliardi per l’aggiornamento del Pil, per un totale di 20-22 miliardi. Se il governo dovesse rispettare i termini del Patto, dovrebbe ridurre il disavanzo strutturale dello 0,5% del Pil mettendo in conto altri 7,5 miliardi. Ma la scommessa del governo Renzi è poter ottenere uno sconto allo 0,1% del Pil, pari a un risparmio di 6 miliardi. Gli stessi che servirebbero per allargare il bonus alle famiglie numerose e ampliare il taglio dell’Irap. Per ottenere questo margine dovremo però superare un primo esame a novembre sulla legge di Stabilità. In quella sede verrà presentato, come sempre il timing delle riforme. Che però questa volta sarà sorvegliato e sottoposto a una prima verifica tra gennaio e febbraio, poi in primavera, in occasione delle previsioni economiche Ue, e infine a giugno. A metà anno sapremo se avremo superato l’esame delle riforme e potremo avvalerci della flessibilità. O finire sotto procedura d’infrazione. Antonella Baccaro © RIPRODUZIONE RISERVATA L’incontro Alitalia, Montezemolo e Hogan a Milano ROMA — Dopo il road show all’ombra del Colosseo, James Hogan e i vertici di Alitalia si spostano a Milano per vedere oggi un altro folto gruppo di dipendenti della vecchia compagnia, circa 200 lavoratori, appartenenti a tutti i settori (tra il personale libero dai turni di servizio). Nel frattempo la società emiratina non perde tempo: ieri non sono state confermate le voci di un incontro tra Hogan e Luca Cordero di Montezemolo anche se il presidente uscente della Ferrari è stato visto nel capoluogo lombardo, ma appare in discesa la strada che potrebbe portare Montezemolo alla guida della nuova compagnia aerea. Comunque, in attesa 49% La quota acquistata in Alitalia dalla compagnia aerea emiratina Etihad. Atteso il parere Ue che l’Ue esprima un parere sull’acquisto del 49% di azioni della società italiana da parte di quella araba, il management di Abu Dhabi vuole fare conoscere le strategie di rilancio e sviluppo che puntano tra l’altro su nuove rotte. E la compagnia tricolore potrà anche contare sul network di aziende, guidato da Etihad, che già vanta oltre 95 milioni di passeggeri. Stamattina a fare gli onori di casa in un albergo milanese, come già avvenuto nella Capitale, sarà Gabriele Del Torchio, ad di Alitalia, che poi passerà il microfono a Hogan. Interverranno anche Silvano Cassano, che sarà il nuovo ad della compagnia, e Giancarlo Schisano, vicedirettore business. A hostess, steward, piloti e personale di terra sarà consegnata la spilletta che, riadattando il celebre slogan rilanciato dalla cantante Madonna, recita: «Alitalians do it better». In questo modo i vertici emiratini vogliono rafforzare l’obiettivo di offrire alla clientela prodotti a «cinque stelle», senza dimenticare i bilanci: infatti nel piano industriale si prevede il ritorno all’utile di Alitalia nel 2017. Francesco Di Frischia © RIPRODUZIONE RISERVATA 10 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 I partiti Le scelte Stati Uniti Consulta, l’ipotesi Violante-Bruno Appello di Grasso: Camere bloccate Atteso un segnale da Arcore, si tratta ancora. Oggi nuova votazione ROMA — L’impasse sull’elezione dei 2 giudici costituzionali e di 5 degli 8 «laici» del Csm inizia a impensierire i presidenti di Camera e Senato ma, soprattutto, il governo Renzi che è ansioso di vedere viaggiare i suoi numerosi provvedimenti ora fermi in Parlamento. E poi, nella stagione della pax con Berlusconi, la partita impantanata della Consulta e del Csm sta dando qualche pensiero di troppo anche all’ex Cavaliere. Tant’è che ieri sera all’ora dei telegiornali — dopo una giornata in cui è stato palpabile il disagio di Forza Italia che ancora non ha ufficializzato una candidatura per la Corte dopo la rinuncia di Antonio Catricalà — l’agenzia Ansa ha raccolto indiscrezioni provenienti da Arcore che segnalava- no una svolta improvvisa favorevole al senatore Donato Bruno (FI), già posizionato su una base di 120 voti. Bruno, avendo il gradimento del Pd, sarebbe compatibile con l’elezione di Luciano Violante fermo all’ultima votazione a quota 468 voti. Se così fosse, già oggi pomeriggio il Parlamento potrebbe essere in grado di eleggere i due giudici, sciogliendo così le tensioni che iniziano a manifestarsi tra Palazzo Chigi e Arcore, che un patto lo hanno sottoscritto. Eppure chi nella villa di Berlusconi è di casa invita alla prudenza: «Il presidente si è preso qualche ora per riflettere e poi noi abbiamo solo 120 voti e ce ne vogliono ancora molti per raggiungere il quorum». L’incastro decisivo potrebbe dunque avvenire oggi quando l’input di Arcore sarà ufficiale e piomberà sul tavolo della trattativa aperta tra i capigruppo (Zanda e Speranza per il Pd, Romani e Brunetta per FI). Certo, fare ipotesi che siano diverse dal ticket Violante-Bruno è davvero difficile, a questo punto: «Il Pd sa quel che vuole, aspettiamo che gli altri partiti si chiariscano le idee», ha commentato il ministro Maria Elena Boschi. I due candidati devono però fare i conti con eventuali sacche di resistenza, interne ed esterne ai rispettivi partiti: Violante, a destra, fa ancora venire l’orticaria agli ipergarantisti e, a sinistra, non è amato da quelli che lo considerano un ex toga rossa pentita; mentre Bruno non va giù ai giustizialisti che lo associano a Cesare Previti e alla stagione delle leggi ad personam voluta da Berlusconi. Ma quello che temono di più Violante e Bruno è il «partito trasversale Prudenza Da Forza Italia fanno sapere: «Per ora abbiamo solo 120 voti, ne servono molti di più» Le ferie dei giudici Sul taglio delle ferie dei magistrati interviene il sottosegretario Costa: nessuna retromarcia del trolley» che, nella giornata di lunedì, dà in Parlamento il meglio di sé grazie a ritardi e assenze. Il quorum, i 3/5 degli aventi diritto è infatti fisso, scolpito a quota 570. E, conti alla mano, a Violante (468) mancano ancora un centinaio di voti e più o meno lo stesso è il vuoto che separa il candidato di FI dal traguardo, se si sommano i voti di Catricalà (368) e quelli di Bruno (120). Che ci sia assoluta urgenza di sbloccare l’impasse lo ha segnalato il presidente del Senato, Pietro Grasso: «Spero che domani (oggi, ndr) si trovi la soluzione altrimenti il problema diventa ancora più grave. Abbiamo bisogno di riprendere gli altri lavori parlamentari». L’azzurro Renato Brunetta, però, non ha Casa Bianca, parte nello Iowa la sfida di Hillary La corsa per la Casa Bianca è ormai partita. Nella foto si vede una sostenitrice di Hillary Clinton accanto a una sagoma in cartone dell’ex segretario di Stato a Indianola, nello Iowa, uno degli Stati in cui nel 2008 non era riuscita a prevalere nelle primarie. In realtà, la corsa alla designazione per il partito democratico della moglie dell’ex presidente Usa non è ufficiale, anche se data per certa: l’interessata non ha ancora sciolto la sua riserva. Lo Iowa è tradizionalmente lo Stato americano in cui per primo partono le competizioni tra i candidati per la nomination. gradito: «La Repubblica prospera con libertà senza ultimatum». Anche i «togati» eletti a luglio al Csm hanno manifestato il loro disagio: «Assistiamo con preoccupazione alla difficoltà del Parlamento nella elezione dei com- ponenti laici del Csm, situazione che lascia la magistratura senza piena operatività dell’organo di governo autonomo in un momento di particolare delicatezza». Firmato: i togati di Area (Aprile, Ardituro, Aschettino, L’intervista L’avvocato ex deputato di FI Paniz: «Io in corsa? Amici parlamentari fanno il mio nome» ROMA — Maurizio Paniz — classe 1948, avvocato da 43 anni, deputato tra il 2001 e il 2013, scelto da Berlusconi che poi difese in aula con la storia di «Ruby nipote di Mubarak» — risponde al telefonino mentre percorre un sentiero delle sue montagne bellunesi: «Io in corsa per la Corte costituzionale? In realtà sto scendendo da un’alta via sotto uno splendido sole, dopo tante giornate di cattivo tempo... È vero, ci sono stati tanti amici parlamentari che in queste settimane mi hanno parlato della Consulta ma, per carità, non ho avuto alcun contatto con i vertici. Io sono sempre a disposizione del partito però non voglio stimolare alcuna autocandidatura. Non vorrei che una mia parola di troppo costituisca un problema anche perché ho grande stima di Donato Bruno, di Gaetano Pecorella e di Antonio Catricalà». E allora, dopo il ritiro di Catricalà, dica pure cosa pensa di Luciano Violante, il candidato del Pd. «Ho avuto modo di incontrare molte volte il presidente Violante. È sempre stato corretto, lo apprezzo per il modo in cui sa interloquire con chiunque si trovi di fronte. Ho stima per lui ma anche per la senatrice Finocchiaro con la quale ho avuto molti confronti costruttivi in commissione giustizia». A questo punto, fermo restando che il Pd ha blindato la candidatura di Violante, Forza Italia saprà esprimere nelle prossime ore un nome unitario per la Corte? «Forza Italia ha sempre saputo trovare la sintesi nei passaggi difficili. Ho sempre avuto fiducia piena nel presidente Berlusconi e nel partito». Partito che non l’ha ricandidata nel 2013. «Ora faccio l’avvocato a tempo pieno, con studio a Belluno e a Roma». Per un avvocato la Corte costituIl giudizio zionale è un obiettivo prestigioso. Ho incontrato «La Corte rappresenta uno straordinario punto di riferimento nel nostro Violante più Paese. E solo il fatto che molti amici volte: corretto e parlamentari abbiano fatto il mio noaperto al dialogo me è un segnale di grande stima e affetto nei miei confronti». Lei è un garantista? «Sì, e lo sono per tutti. Quando ero in giunta per le autorizzazioni a procedere ho parlato per Papa e Milanese (FI, ndr) ma anche per Margiotta (Pd, ndr). Ma non ho mai pronunciato una parola contro i magistrati e sono onorato di aver fatto parte del Parlamento». I consensi bipartisan se li è guadagnati anche giocando nella nazionale di calcio dei parlamentari? «Anche lì ho amici, in tutti i partiti. Ottimi rapporti con tutti li ho avuti anche nel consiglio di giurisdizione e nel collegio d’appello della Camera che ho avuto l’onore di presiedere». « Ruby nipote di Mubarak». Si è pentito di aver usato quell’argomento? «Guardi, sono felicissimo di aver insistito su quel tema. La sentenza di appello di Milano (assoluzione per Berlusconi per i reati di concussione e prostituzione minorile, ndr) mi ha dato ragione. E ora molti mi dicono: avevi visto giusto, prima degli altri. Vorrei essere però ricordato più per la legge sull’affido condiviso, che aiuta le famiglie, e per quella che ha introdotto il casco obbligatorio per i minori sugli sci, che ha salvato tante vite». ❜❜ D.Mart. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Politica 11 italia: 51575551575557 Il retroscena Il leader convinto che si vada verso le urne I nodi E ora Berlusconi pensa a una «fase nuova» Più distanza con Renzi Fitto: l’opposizione non sia più silenziosa Clivio, Fracassi, Morosini, Napoleone). Delicata è la riduzione per decreto di un terzo delle ferie spettanti ai magistrati. Il viceministro Enrico Costa (Ncd) ha aggiustato il tiro in vista del dibat- tito parlamentare: «Non c’è e non ci sarà alcuna retromarcia sulle ferie dei magistrati. Ne ho parlato con il ministro Orlando e questo è il suo pensiero». Dino Martirano © RIPRODUZIONE RISERVATA A 8 anni dalla morte «Una strada per Oriana» La proposta di Salvini Una strada per Oriana Fallaci. O una scuola. In tutti i Comuni d’Italia, o almeno in quelli in cui il Carroccio è al governo. È la proposta del segretario della Lega Nord Matteo Salvini dopo la diffusione delle immagini dell’esecuzione del britannico David Haines da parte di un miliziano dell’Isis, i sostenitori del «califfato» siriano e iracheno: «Un altro occidentale sgozzato dai fanatici islamici — ha scritto Salvini sul suo profilo Facebook — . E domani (oggi) è l’ottavo anniversario della morte di Oriana Fallaci. In tutti i Comuni dove è presente un sindaco, un assessore o un consigliere della Lega, domani chiederemo che una via, una piazza, un giardino o una scuola vengano intitolati alla Fallaci». La giornalista scomparsa nei suoi ultimi libri (e articoli sul Corriere) era stata molto decisa nel mettere in guardia l’Occidente dal fondamentalismo islamico. ROMA — Nel giro ristretto del Cavaliere ormai ne parlano come di «una nuova fase». Diversa da quella che ha dominato gli ultimi mesi della legislatura, con il Patto del Nazareno a scandire la vita parlamentare, l’accordo a due gestito «da un sinedrio» e la cordiale intesa tra maggioranza e opposizione che poco va giù alla pancia sia del Pd che di Fi. Da agosto a oggi, raccontano, «molto è cambiato». Non solo nella consapevolezza degli azzurri, degli alleati potenziali — da Ncd a Fdi e a una parte della Lega — che si deve andare a una stretta e riallacciare i rapporti, in fretta, ma anche nella testa di Berlusconi. L’ex premier non sta preparando agguati a Renzi. La sua intenzione resta quella di tener fede al patto delle riforme. Ma la consapevolezza, sua e dei suoi, è che una stagione potrebbe anche essere agli sgoccioli. Complice infatti la situazione dell’economia che non accenna a migliorare, e quelli che vengono considerati — se non passi falsi — comunque segnali di difficoltà evidenti nell’agire di Renzi, la convinzione è che il voto anticipato in primavera non sia affatto un’ipotesi di scuola ma uno scenario realistico. E se l’intenzione del presidente del Consiglio fosse davvero quella che lui stesso avrebbe confidato ad alcuni interlocutori — almeno così giura di aver saputo un ex ministro azzurro — e cioè che entro maggio si andrà alle urne, allora bisogna gradualmente cambiare registro, senza farsi invischiare da quello che lo stesso Berlusconi vede come un «graduale logoramento». Raccontano infatti che perfino le parole dello scomodissimo Raffaele Fitto pronunciate ieri a «L’Intervista» di Maria Latella — e cioè che l’opposizione «non dovrà essere silenziosa, dovrà incalzare il governo se non si vuole perdere credibilità» e se si vuole «essere pronti a tutto, anche al voto anticipato» — non abbiano fatto arrabbiare il Cavaliere. In fondo lui il ragionamento lo comprende, e i toni usati non sono stati considerati aggressivi né negativi. Opposizione Una parte significativa di Forza Italia, a partire dall’ex ministro Raffaele Fitto, continua a essere convinta che l’opposizione al governo Renzi debba essere assai più netta e anche visibile nonostante il patto del Nazareno stretto tra Berlusconi e il premier. Il confronto «Penso sia indispensabile aprire un dibattito all’interno del partito». Raffaele Fitto, già ministro, lo ribadisce ancora una volta ospite da Maria Latella su Sky: in Forza Italia occorre un maggior coinvolgimento dei parlamentari nelle decisioni Ma a incidere sul quadro politico, in casa Forza Italia, c’è anche il sempre più evidente fastidio per il ruolo assunto da Verdini, assieme a Letta, nel dialogo con Renzi. Un dialogo che esclude il resto del partito, tenuto sullo sfondo a languire. E il voto di ribellione a Catricalà dei giorni scorsi è stato un campanello d’allarme rispetto al clima che si respira trasversalmente in Parlamento, che Berlusconi non ha affatto sottovalutato, tanto che si va verso l’indicazione di Bruno (gradito ai «ribelli») come giu- Dal 24 al 26 ottobre E da Firenze Boschi annuncia la prima Leopolda di governo Alla prima Leopolda, lei si presentò semplicemente come «avvocato esperto di diritto societario». Ieri sera, da ministro alle Riforme e ai rapporti con il Parlamento, Maria Elena Boschi a sorpresa ha annunciato quella nuova, la prima quando Renzi è al governo: «Faremo la quinta Leopolda a Firenze dal 24 al 26 ottobre». Il ministro è da poco arrivata alla Festa dell’Unità di Firenze senza troppi attributi tradizionali dello status: l’automobile è semplicemente quella del padre. Il ministro («signora ministro» spiega al direttore del Corriere fiorentino Paolo Ermini che le chiede se è ministro o ministra) a un certo punto dà l’annuncio e suona la carica: «Rimbocchiamoci le maniche, da qui ad allora. Sul tema di questa Leopolda, lavoreremo nelle prossime settimane. Saranno tre giorni di dibattito e confronto che inizieranno con un tavolo di discussione aperto a tutti, con politici e cittadini». La stazione ferroviaria Leopolda di Firenze è stata il teatro, nel 2010, della prima convention di Matteo Renzi per sollecitare la necessità di un cambiamento deciso all’interno del Pd. In sostanza, la prima partecipata uscita pubblica dei «rottamatori» del partito. © RIPRODUZIONE RISERVATA dice della Consulta. Per questo, la sua parola d’ordine — ripetuta anche ai coordinatori della Lombardia Maria Stella Gelmini, che gli ha presentato il Corso di formazione del partito che si terrà da venerdì a Sirmione, e del Veneto Marco Marin, ricevuti sabato sera ad Arcore — è «organizzarsi al meglio» e stringere tutte le alleanze possibili. È vero che con la Lega le difficoltà sono ancora tante, e «non dobbiamo rischiare che con quell’atteggiamento da partito di lotta e di governo loro dall’alleanza prendano tanto e noi niente...», ma la strada del rimettere assieme tutto il centro- Le primarie Un altro tema che continua a dividere il partito fondato da Silvio Berlusconi è la possibilità di ricorrere alla primarie per scegliere i candidati del partito alle elezioni. Anche questo è uno dei cavalli di battaglia di Raffaele Fitto. Ma lo stesso consigliere politico del partito, Giovanni Toti, anche negli ultimi giorni si è mostrato assai tiepido sull’ipotesi. Il caso Catricalà L’ex presidente dell’autorità Antitrust Antonio Catricalà era stato candidato dai vertici di Forza Italia per la Corte costituzionale. Ma una parte dei parlamentari puntava su Donato Bruno. La fronda ha avuto successo: Catricalà ha infatti annunciato il suo ritiro dalla corsa. destra è «l’unica da percorrere». Per riprendere in mano il filo di una situazione che lo vede da settimane solo sullo sfondo, Berlusconi — che ieri si è dedicato ai figli e al Milan — domani sarà a Roma. Previsti incontri con i vertici, con i rappresentanti delle forze dell’ordine mercoledì, con tutti i coordinatori regionali giovedì. Allo stato invece non è annunciato alcun faccia a faccia con Renzi. Non che non si possa organizzare in segreto, ma nessuno ha voglia di parlarne. La cautela in un momento così delicato è d’obbligo. Anche nei confronti dello stesso premier: pare che non sia piaciuto al leader Pd l’attivismo del Cavaliere pro Putin, e tantomeno la sua telefonata sul tema alla Mogherini: il rischio, secondo Palazzo Chigi, è che con certe posizioni forti si creino problemi all’Italia, presidente di turno dell’Ue. E Berlusconi, da qualche giorno, sul tema tace. Paola Di Caro © RIPRODUZIONE RISERVATA Dopo Errani Ricovero in ospedale a Modena, dove è andato per un forte dolore al torace. Tra le possibili cause anche lo stress per i fatti della scorsa settimana Emilia, primarie senza pace: malore per il favorito Bonaccini L’esponente dem, dopo la bufera per l’inchiesta sulle spese da consigliere, aveva iniziato ieri la campagna DAL NOSTRO INVIATO MODENA — Definirla tormentata è poco. Una candidatura piena di spine. Dopo l’iscrizione per peculato nel registro degli indagati dell’inchiesta sulle «spese pazze» in Regione e la sofferta decisione di non rinunciare alla candidatura alle primarie pd in vista Impegni cancellati Lo staff del candidato: non è in gravi condizioni ma resterà ricoverato finché sarà necessario delle elezioni regionali del 23 novembre, un malore — sotto forma di una violenta fitta al torace accompagnata da alcuni istanti di profonda spossatezza — ha costretto ieri nel tardo pomeriggio il modenese e renziano Stefano Bonaccini, 47 anni, segretario regionale dei Democratici emiliano-romagnoli, favorito nella consultazione interna che lo vede opposto all’ex sindaco di Forlì, Roberto Balzani, 53 anni, a interrompere bruscamente una campagna elettorale iniziata solo qualche ora prima alla Festa dell’Unità di Bologna. L’esponente pd, che ha raggiunto il Policlinico di Modena nell’auto guidata dalla moglie Sandra, è stato sottoposto in serata a una serie di accertamenti che, a quanto si è appreso, hanno escluso problematiche di natura cardiaca. «Bonaccini — hanno spiegato fonti a lui vicine — è sempre stato cosciente. Le sue condizioni non sono ritenute gravi, anche se i medici ritengono opportuna una serie di approfondimenti e, in vista di ciò, rimarrà in ospedale il tempo necessario». L’ipotesi prevalente, in attesa di ulteriori accertamenti, è che tra le cause del malore abbia giocato anche lo stress di questa ultima settimana, resa incandescente dalla notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati (assieme ad altri 7 consiglieri pd) e dalla successiva decisione di Bonaccini — al quale vengono contestate spese senza giustificazioni per circa 4 mila euro — di presentarsi immediatamente ai magistrati (cosa avvenuta mercoledì scorso) per chiarire la sua posizione e gettare le premesse per la ri- chiesta d’archiviazione già avanzata dal suo legale Vittorio Manes e che la Procura sembra intenzionata ad accogliere. Era iniziata bene la domenica di Bonaccini. Poi è andata di male in peggio. Alla Festa dell’Unità di Bologna, forte dell’appoggio ricevuto qualche ora prima da Pierluigi Bersani e da Vasco Errani, il candidato renziano, nonché responsabile na- Alla Festa Stefano Bonaccini ieri a Bologna con Nicoletta Mantovani Pavarotti, ora assessore a Firenze(Ansa) zionale degli enti locali, ha finalmente potuto accendere i motori della sua campagna, scrollandosi di dosso gli ultimi veleni dell’inchiesta: «Sono una persona perbene. Per un attimo ho pensato di fare un passo indietro, poi mi sono detto che non era giusto, che valeva la pena tenere duro. Ho fiducia nei magistrati e spero di chiarire in tempi brevi la mia posizione». È stato a questo punto che la domenica ha cominciato a farsi buia. Bonaccini aveva appena finito di illustrare il suo programma e si stava preparando al tradizionale giro degli stand quando è arrivata la notizia del grave incidente stradale nel quale è rimasto coinvolto il vicepresidente della Provincia di Bologna, il pd Giacomo Venturi, 45 anni, finito con in scooter contro un’auto (le sue condizioni sono molto serie). Bonaccini, a lui legato da anni, si è precipitato all’ospedale Maggiore e poi ha scritto su Twitter: «Giacomo tieni duro, non fare scherzi: altro che primarie…». E non era ancora finita. Rientrato a Modena dalla moglie Sandra e dalle tre figlie per una breve pausa prima di affrontare l’ultimo appuntamento di giornata (la Festa dell’Unità a Reggio Emilia dov’era in programma il primo faccia a faccia con il rivale Balzani), Bonaccini, verso le 19, mentre si preparava a partire in auto, è stato colto da un forte dolore al petto. «Ha subito capito — raccontano i suoi — Lo sfidante Balzani, che lo aspettava per il primo confronto: «Stefano adesso pensi solo a riposarsi» che non era cosa da sottovalutare». Lui e la moglie si sono allora diretti al Policlinico. Saltato naturalmente il dibattito reggiano. Così come tutti gli appuntamenti di oggi. Dal rivale Balzani, un ideale abbraccio: «Si riposi, Stefano, lo stress di questi giorni è stato davvero forte: lo aspetto». Francesco Alberti © RIPRODUZIONE RISERVATA 12 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 # Esteri Palloncini La gioia dei sostenitori dei Democratici svedesi, partito di estrema destra Elezioni Senza maggioranza assoluta, difficile ora la formazione del governo Svezia, vince la sinistra Ma è boom degli xenofobi L’estrema destra raddoppia i voti e sfiora il 13% DAL NOSTRO INVIATO Quartiere a rischio Nella periferia degli immigrati: «Ci temono» DAL NOSTRO INVIATO STOCCOLMA — Una targa sul muro di un edificio basso e grigio annuncia: «Kulturskolan Stockholm», centro culturale. È domenica sera, le urne stanno per chiudere. I primi exit poll segnalano che il partito xenofobo degli Svedesi democratici supera il 10% dei voti e, dunque, ha raddoppiato i consensi (il risultato finale darà loro il 12,9%). All’interno i locali sono tutti vuoti e chiusi a chiave. Tranne uno stanzone seminterrato dove cinque uomini silenziosi giocano a carte, una specie di Ramino con i soldi sul tavolo. Quartiere Husby, periferia nord di Stoccolma. Neanche tanto male rispetto agli standard urbanistici di mezza Europa. Nessun alveare, qualche blocco di setteotto piani con le parabole sui balconi, molte palazzine rosse. Strade pulite, giardini in ordine. Mohamoud è l’unico che parli inglese. Tocca a lui, dunque. Ha 33 anni, gli ultimi cinque li ha vissuti qui. Viene dall’Iran, come la maggior parte degli abitanti di Husby. Iraniani, oppure curdi, iracheni, siriani. «Ho la residenza, ma non il passaporto e quindi non ho votato», chiarisce subito. Poi racconta di quanto sia bello e ricco il suo Paese, ma di come sia impossibile viverci «sotto i mullah». Adesso fa il buttafuori in una discoteca del centro città. Piano, piano comincia a parlare di politica. Praticamente tutti gli immigrati hanno appoggiato in pieno i socialdemocratici. Ma il punto ora è capire chi e perché ha votato per il movimento populista di Jimmie Akesson. Forse è corretto partire da qui, da questo insediamento nato negli anni Sessanta e Settanta, pianificato dal governo e dalla municipalità per dare un alloggio agli operai assunti nelle industrie chimiche, metallurgiche e nei cantieri navali della capitale. «Io un po’ li capisco — dice il giovane iraniano — noi siamo venuti tutti qui, di colpo. Non credo che gli svedesi siano razzisti, tranne una piccola parte di loro. Gli altri sono solo molto preoccupati, pensano che manderemo in rovina l’economia, lo Stato». I cinque giorni che trascorsero dal 19 al 23 maggio del 2013 sono ancora vivi nella memoria di Stoccolma. I sobborghi a nord furono sconvolti da duri scontri tra giovani immigrati e la polizia. E cominciarono proprio a Husby, quando gli agenti uccisero un anziano portoghese che li minacciava armato di machete. Seguirono notti di incendi, di auto rovesciate, di cariche e di lacrimogeni. Si parlò di crisi irreversibile del modello di integrazione alla svedese, di fallimento sociale, esattamente come era avvenuto a Londra e a Parigi. Ma ora la serata è tiepida. La fermata del metro è ancora affollata. In pochi si fermano a parlare, a spiegare. Ci pensa allora Mohamoud a tirare le fila: «La verità? Io penso che qui almeno il 40% degli svedesi sia stufo di tutti questi immigrati e forse anche loro hanno votato per il partito antistranieri. Ma noi tutti confidiamo nei socialdemocratici. Hanno promesso che ci aiuteranno, perché ne abbiamo bisogno, noi non sapremmo dove andare». G. Sar. © RIPRODUZIONE RISERVATA STOCCOLMA — A mezzanotte in punto Stefan Lofven sale sul palco allestito nella sede del partito socialdemocratico. In mano ha una rosa rossa e una vittoria parziale nelle elezioni politiche. Ha ottenuto il primo posto, con il 31,2%, ma non ha una maggioranza: sommando anche i voti dei Verdi (6,8%) e della Sinistra (5,7%) arriva al 43,7%. Inutile il 3,1% raccolto da Le urne Il sorpasso Con il 43,7% la coalizione di centrosinistra guidata da Stefan Lofven conquista il primo posto. Ma senza ottenere la maggioranza assoluta Il voto Alleanza (centrodestra) 39,1% Socialdemocratici Verdi-sinistra (centrosinistra) 43,7% Democratici svedesi (estrema destra) 12,9% CDS Iniziativa femminista che resta sotto la soglia del 4% e quindi non entra nel Parlamento. La Svezia, dunque, questa mattina si sveglia senza un governo. Il primo ministro Fredrik Reinfeldt si è dimesso mezz’ora prima che parlasse il suo rivale, lasciando anche la guida del partito moderato, sconfitto con il 23,2%, contro il 30,6% ottenuto nel 2010 e il 26,23% del 2006. La coalizione di centrodestra si ferma al 39,1%. Eppure il dato più grave per i due avversari è un altro: la quota decisiva è finita nelle mani del 35enne Jimmie Akesson, la promessa mantenuta di queste consultazioni. La sua formazione estremista e xenofoba, Svedesi democratici, era data in grande Governo uscente I partiti di centrodestra, guidati dal primo ministro uscente Fredrik Reinfeldt, al potere dal 2006, hanno raggiunto il 39,1% delle preferenze Estrema destra Boom dell’estrema destra di Jimmy Akesson che si attesta al 12,9%. Il partito delle femministe ha avuto il 3,1%: non abbastanza per entrare in Parlamento crescita dai sondaggi. Sensazione confermata dalle urne: percentuale più che raddoppiata rispetto al 2010: dal 5,7 al 12,9%, ovvero la terza posizione alle spalle dei socialdemocratici e dei moderati. L’exploit di Akesson conferma come il messaggio populista sia ormai radicato ovunque e come il modello costruito in Francia da Marine Le Pen possa essere replicato in Paesi con storie e tradizioni diverse. Appare molto improbabile, però, che gli Svedesi democratici siano adesso in grado di rinunciare all’elmo chiodato dei vichinghi (il loro simbolo elettorale) per proporsi come forza di governo. Nella notte Akesson si è proclamato «l’ago della bilancia della politica svedese». Ma nessuno pare disposto a imbarcarli in un’alleanza. Certo non il socialdemocratico Lofven, ma neanche il moderato Reinfeldt che ha aperto la campagna elettorale invitando gli svedesi «a non chiudere il cuore e le porte agli immigrati». Alla fine, però, il premier uscente smarrisce nella deriva populista più schede di quelle che aveva previsto. Adesso la logica della politica suggerisce solo due possibili soluzioni. La prima: un governo di minoranza guidato dall’ex sindacalista Lofven e appoggiato con un meccanismo di «non sfiducia» dalla coalizione di centro-destra o da suoi spezzoni. La seconda: un esecutivo di larghe intese a guida socialdemocratica. Già questa incertezza rappresenta un trauma, un momento di rottura della solida governabilità di cui la Svezia beneficia da 73 anni (65 anni con i socialdemocratici e gli ultimi otto con i moderati). In realtà il dialogo tra Lofven e Reinfeldt può contare su oggettive assonanze di programma. I socialdemocratici hanno insistito sulla necessità di ridare smalto a scuola e ospedali. Per farlo occorre aumentare le tasse. Su questo punto i moderati hanno perso la sfida: in un’eventuale trattativa per la formazione del governo, dal loro punto di vista, potranno solo limitare il danno. Ma sull’altro grande tema della campagna, il contrasto alla disoccupazione, i due rivali sono oggettivamente più vicini di quanto sembri. Il tasso di disoccupazione è pari al 7,9%, un numero invidiabile per almeno una mezza dozzina di premier europei, ma che a Stoccolma è considerato inaccettabile sia per i socialdemocratici che per i moderati. Non mancano le idee e la strumentazione tecnica per raggiungere un’impostazione di compromesso. Più complicato, invece, dare una risposta all’elettorato che si è rifugiato nel recinto anti-stranieri di Akesson. I risultati del voto indicano con chiarezza che gli Svedesi democratici hanno pescato più nel bacino conservatore, nei ceti medi impauriti o per lo meno preoccupati. Ma l’avanzata del partito socialdemocratico è debole (solo +0,4% rispetto al 2010), segno che non è riuscito a intercettare l’allarme Le femministe Il partito femminista non ha superato la soglia del 4% ed è rimasto fuori dal Parlamento sociale diffuso anche nelle fasce più popolari, a cominciare dai vecchi quartieri operai delle grandi città. Il problema è che il flusso di immigrati non si fermerà. La Svezia conta 9,5 milioni di abitanti, gli stranieri sono già più di un milione: secondo le stime quest’anno ne arriveranno altri 84 mila, calcolando solo le richieste di asilo. Lo Stato stanzia per l’accoglienza l’1% del bilancio, pari a circa 1 miliardo di euro. Il 12,9% dei votanti considera esagerate queste spese. Non sarà facile convincerlo del contrario, qualunque sia il governo che prenderà in mano la Svezia. Giuseppe Sarcina gsarcina@corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA L’intervista Lodenius fu autrice con Stieg Larsson del libro che nel ‘91 rappresentò il primo lavoro sull’estrema destra «Miscela di potere bianco e anti-multiculturalismo» Gli estremisti ora si presentano come tutori di una presunta libertà Mescolano echi del vecchio potere bianco al nuovo verbo anti-multiculturalista, così i Democratici svedesi (Sd) sono diventati la terza forza del Parlamento arrivando a uno storico 12,9 per cento. «Hanno cambiato linguaggio concentrandosi sulla contrapposizione tra culture e religioni, ma ancora oggi resiste l’aspetto della purezza della razza esaltato negli anni Ottanta». AnnaLena Lodenius studia i movimenti dell’estrema destra da allora, autrice con Stieg Larsson di Extremhögern, libro che nel 1991 rappresentò il primo lavoro comprensivo sulle dinamiche di violenza e affiliazione della galassia estremista. Di fronte al successo del partito, guidato dal giovane Jimmie Akesson dal 2005 ed entrato nell’emiciclo nel 2010 con il 5,7 per cento di consensi, Lodenius ricorda le origini neonaziste di una formazione che si è data un’immagine di ufficialità mantenendo però la durezza degli inizi. Durezza che non resta sottotraccia. Nell’ultima fase della campagna elettorale esponenti del partito sono stati costretti alle dimissioni per aver pubblicato online commenti razzisti e per aver messo al braccio fasce con la svastica. «Scandali arginati dalla nuova leadership che ha promesso tolleranza zero sul razzismo e imposto un codice di condotta interno molto rigido». Come spiega l’appeal politico di un messaggio ostracizzato da tutti gli altri partiti, che hanno escluso qualsiasi cooperazione con i Democratici svedesi malgrado il sostegno a eventuali alleanze con i moderati espresso dagli elettori negli ultimi sondaggi? «Gli estremisti hanno gradualmente modificato le loro parole d’ordine fino a presentarsi come tutori di una presunta libertà culturale della Svezia. In più hanno beneficiato della dialettica tra i partiti tradizionali. I socialdemocratici non sono forti come in passato e già in questi anni hanno visto una fuga di sostenitori convinti dall’aggressività di Sd sui temi sociali. Ora l’ultimo esodo di elettori viene dalla destra conser- Leader Jimmie Akesson, 35 anni, è il leader del partito xenofobo Democratici svedesi: ha più che raddoppiato i voti rispetto al 2010 vatrice indebolita, con i delusi che cercano un’alternativa all’establishment». Un processo di “normalizzazione” che ha conquistato cittadini ordinari… «Ed è stato favorito dal convergere delle maggiori formazioni su posizioni di centro che annullano le differenze tra destra e sinistra». Qual è la specificità svedese rispetto all’avanzata delle forze estreme e populiste in altri Paesi europei? «A differenza che in Danimarca o Norvegia, in Svezia l’estrema destra non ha orientato il dibattito politico costringendo gli altri a seguirla sul proprio terreno, piuttosto si è adattata di volta in volta ai toni del confronto». Ma il premier di centrodestra uscente, Fredrik Reinfeldt, ha dedicato uno dei più forti discorsi della campagna proprio alla necessità di arginare l’ansia per le incertezze economiche e lavorative e «aprire i cuori» alla solidarietà nei confronti dei profughi dal Medio Oriente, in un momento tutt’altro che facile con un totale di 80 mila richieste d’asilo attese per il 2014 e l’Agenzia per l’immigrazione che ha da poco chiesto uno stanziamento supplementare di oltre 5 miliardi di euro per far fronte all’emergenza. «Discorso che riaffermava un valore importante per il Paese, ma soprattutto in funzione anti-socialdemocratica. L’immigrazione è un grande tema ormai da decenni, l’ultima ondata paragonabile per dimensioni a questa risale agli anni Novanta con la fuga dalle guerre dei Balcani. Sd ha riassorbito nella sua retorica un razzismo che cova nel profondo, similmente a quanto fat- ❜❜ Le Pen Il caso francese è quello che presenta più analogie con l’ascesa dei Democratici svedesi to dal Front National “ripulito” dalla generazione di Marine Le Pen. Nonostante l’alleanza con i britannici dell’Ukip di Nigel Farage al Parlamento europeo, il caso francese è quello che presenta più analogie con l’ascesa dei Democratici svedesi». Maria Serena Natale msnatale@corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Esteri 13 italia: 51575551575557 Il raduno Dopo gli episodi di odio denunciati dalla Comunità Länder dell’Est Merkel a Berlino: «Gli ebrei sono parte dell’identità tedesca» Forte avanzata degli anti-euro al voto regionale DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Manifestazione contro l’antisemitismo DAL NOSTRO CORRISPONDENTE BERLINO — In Germania non c’è spazio per l’antisemitismo, «una minaccia per la libertà di tutti». È stato un «no» molto netto, che ha radici profonde nella memoria del passato e si proietta in un futuro da vivere nel segno della tolleranza, quello che Angela Merkel ha pronunciato ieri. «Mai più odio contro gli ebrei», era la parola d’ordine della grande manifestazione svoltasi alla Porta di Brandeburgo e sono rimasti pochi dubbi sulla volontà del governo di combattere con forza il risorgere di un fenomeno vecchio e nuovo, alimentato in questi ultimi mesi dalle proteste anti-israeliane organizzate da settori della comunità islamica. «L’ebraismo è parte della nostra identità», ha detto la cancelliera. Quindi, «chiunque colpisce chi indossa una kippah colpisce tutti noi, chi distrugge una tomba distrugge la nostra cultura, chi attacca una sinagoga attacca le basi della nostra società libera». Stroncare tutto questo «è un dovere civico, un obbligo dello Stato». Il discorso della cancelleria, più volte interrotto da applausi, è iniziato proprio con un omag- La comunità Mezzo milione Erano più di mezzo milione gli ebrei in Germania nel 1933, l’anno dell’ascesa al potere di Hitler Distruzione Il 90% dei 214 mila ebrei rimasti allo scoppio del conflitto, fu ucciso nell’Olocausto. Oggi in Germania gli ebrei sono circa 150 mila, in crescita grazie all’immigrazione da Russia e Israele gio agli ebrei che vivono in Germania (è l’unica comunità aumentata di dimensioni in un Paese europeo) e che hanno fatto una scelta impensabile qualche decennio fa. «Sono oltre centomila: si tratta di un miracolo — ha detto — e di un regalo che ci riempie di gratitudine». Proprio per questo è «uno scandalo» che oggi non si sentano più sicuri. È «inaccettabile», ha proseguito, che gli ebrei vengano minacciati e aggrediti e che le manifestazioni filo-palestinesi si trasformino in esibizioni di odio, abusando del diritto alla libera espressione che è una caratteristica di una società aperta. La Germania, invece, è «la loro casa». Lo è diventata, è stato il ragionamento di Angela Merkel, «perché abbiamo sempre tramandato da generazione a generazione la memoria e la conoscenza di quel capitolo terribile della nostra storia che è stato l’Olocausto». L’allarme della comunità israelitica in Germania ha trovato così risposta. Ieri se ne è fatto nuovamente interprete il Bandiere Vessilli israeliani ieri davanti alla Porta di Brandeburgo, a Berlino. A sinistra, Angela Merkel parla alla manifestazione contro l’antisemitismo presidente del consiglio centrale degli ebrei tedeschi, Dieter Graumann, che ha denunciato il clima di intimidazione sempre più minaccioso e il fatto che «slogan antisemiti così violenti non risuonavano nelle strade delle nostre città da molti decenni». Le sue parole erano state precedute da quelle del rabbino Daniel Alter che aveva denunciato lo stato di «forte angoscia» di un numero sempre crescente di persone, molte delle quali «stanno pensando di tornare in Israele», e aveva ricordato un sondaggio secondo cui il venticinque per cento dei tedeschi avrebbe sentimenti antisemiti latenti. Una cifra, questa, che raddoppia nella comunità islamica. Nel giugno e luglio di quest’anno gli atti di antisemitismo sono stati 159, tra cui l’incendio di una sinagoga a Wuppertal e l’aggressione a un uomo che indossava una kippah a Berlino. Slogan violenti sono stati gridati in decine di manifestazioni e la scritta «Hamas, ebrei al gas» è stata tracciata a pochi metri della sinagoga berlinese di Orianeburger Strasse. È probabile che il governo tedesco, impegnato nel sostenere campagne per promuovere la convivenza, prenda nuove iniziative nella prevenzione dell’estremismo anti-ebraico. In ogni caso, come ha riconosciuto Graumann, da Berlino è arri- Joschka Fischer L’ex ministro degli Esteri Fischer elogia la cancelliera: «Per noi è un dovere combattere l’odio» vato «un segnale importante». E una dimostrazione di unità, si potrebbe aggiungere, perché alla manifestazione (alla quale hanno partecipato il presidente Joachim Gauck e i ministri più importanti della grande coalizione) hanno aderito tutti i partiti, anche la Linke e i Verdi, le due forze di opposizione rappresentate in Parlamento. Non è un caso che, parlando con il Corriere, il leader storico degli ambientalisti, l’ex ministro degli Esteri Joschka Fischer,abbia elogiato il discorso della cancelliera perché «combattere l’antisemitismo è un dovere, soprattutto per noi». «Anche se il pericolo è forse maggiore in Europa che non in Germania», ha aggiunto. Intanto, però, i tedeschi hanno dato l’esempio. Paolo Lepri © RIPRODUZIONE RISERVATA BERLINO — Geometrie variabili nella politica tedesca, con un postcomunista della Linke che potrebbe diventare ministro-presidente (una «prima» assoluta) e gli anti-euro di Alternativa per la Germania che, rimasti fuori dal Bundestag un anno fa, continuano a registrare brillanti risultati a livello regionale. Sono questi i due dati più importanti emersi dal voto svoltosi ieri in Turingia e nel Brandeburgo. L’elezione dell’ex sindacalista Bodo Ramelow alla guida della Turingia potrebbe essere possibile se i risultati definitivi attribuiranno una maggioranza di seggi ad una coalizione «rosso-rosso-verde» e se la Spd deciderà di voltare le spalle alla Cdu, sua alleata nel governo nazionale. Uno scenario, questo, criticato dalla cancelliera, che aveva messo in guardia contro «l’arrivo di Karl Marx al potere». I cristianodemocratici, che secondo gli exit poll hanno avuto un buon risultato (il 34,4% contro il 31,2% del 2009), potrebbero così perdere la guida del Land, dove l’estrema sinistra ha ottenuto il 27,7 per cento (lievissimo progresso). In calo socialdemocratici e Verdi. Alternativa per la Germania ha confermato il successo conseguito recentemente in Sassonia. I nemici dell’euro sono balzati al 10,1% in Turingia e all’11,9% in Brandeburgo, entrando per la prima volta nei due parlamenti. Nel Land che circonda Berlino, infine, dovrebbe venir confermata la coalizione tra Spd e Linke. La Cdu è andata però avanti rispetto alle ultime elezioni, passando al 22,1% dal 19,8%. P. L. © RIPRODUZIONE RISERVATA 14 italia: 51575551575557 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera Offerta valida per immatricolazioni fino al 30/09/2014 per Ford EcoSport 1.5 110CV a fronte di rottamazione o permuta di una vettura immatricolata entro il 31/12/2008 e posseduta da almeno 6 mesi. Solo per vetture in stock presso i FordPartner aderenti all’iniziativa. Prezzo raccomandato dalla Ford Italia S.p.A. IPT e contributo per lo smaltimento pneumatici esclusi. Ford EcoSport: consumi da 4,6 a 6,3 litri/100 km (ciclo misto); emissioni CO2 da 120 a 149 g/km. Esempio di finanziamento per Ford EcoSport a € 15.950. Anticipo zero (grazie al contributo dei FordPartner), 36 quote da € 274,58, escluse spese incasso Rid € 3, più quota finale denominata VFG pari a € 8.170. 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Però poi ha buttato lì la frase sibillina, pardon regale, pronunciata quasi casualmente all’uscita della messa, alla Crathie Kirk vicino al castello scozzese di Balmoral. Lo spunto gliel’ha offerto una signora che si è rivolta a Elisabetta chiedendole di dire qualcosa (ovviamente «senza pronunciarsi sul referendum»). La regina invece ha colto l’assist (qualcuno sosterrà che è stata una combine?) e ha parlato proprio del referendum. Non si è sbilanciata molto, fronte unionista) l’hanno interpretata come un’allusione alle incognite separatiste e come un chiaro appoggio ai no. Astuta Elisabetta: «Sua Maestà non interverrà sulla questione che riguarda solo gli elettori» avevano ripetuto nei giorni scorsi i comunicati ufficiali da Buckingham Palace, quando il panico dovuto ai sondaggi sulla rimonta dei sì aveva scatenato un appello alla monarchia da parte di alcuni media (e di alcuni settori politici). Pur descritta come «inorridita» dalla possibilità di una come qualcuno nell’establishment conservatore aveva sperato. Però la scelta dei vocaboli («Spero che la gente penserà attentamente al futuro») lascia intendere dove voleva andare a parare. Nigel Farage, il leader del partito antieuropeo Ukip, che avrebbe tutto da guadagnare da una dipartita della Scozia dal Regno Unito, aveva detto che sarebbe stata utile una presa di posizione di Buckingham Palace. In fondo già nel 1977 Elisabetta era intervenuta nel dibattito sulle spinte centrifughe nel Regno: capisco le La diaspora Ci sono scozzesi ovunque, dalla Patagonia a Hong Kong (fondata dagli scozzesi) inquietudini degli scozzesi, aveva detto, «ma non posso dimenticare che sono stata incoronata regina del Regno Unito di Gran Bretagna e dell’Irlanda del Nord». E come potrebbe dimenticarlo? Nel 1977 l’occasione per l’ammonimento le fu offerta dal suo giubileo d’argento. Questa volta è stata la casuale ciarla di una suddita simpaticona. Di sicuro il leader indipendentista Alex Salmond non avrà gradito. Però la regina è la regina, e sa come seminare casualmente undici calcolatissime parole. Michele Farina © RIPRODUZIONE RISERVATA Autoritratto Due ragazze si scattano un selfie al confine tra Scozia e Inghilterra (Getty Images) di NIALL FERGUSON Quando sarai partito, spedirai una lettera dall’America?/Alza gli occhi dai binari, da Miami fino al Canada./Finito il lavoro l’altro giorno,/ho trascorso la serata a ripensare/a quanta nostra gente si è riversata oltreoceano/ alla ricerca di una nuova vita… S ono le parole di «Lettera dall’America», scritta nel 1986 dai Proclaimers, quando la Scozia si qualificava per i Mondiali di calcio. L’allenatore era un giovanotto di nome Alex Ferguson. Ma si finiva sempre eliminati al primo turno dalla Germania dell’Ovest o dalla Danimarca. Questo giovedì, gli abitanti della mia terra natale esprimeranno il loro voto se diventare o no come la Danimarca. O forse la Slovacchia. O l’Irlanda. Se i risultati confermeranno il «sì» all’indipendenza, e se l’Unione Europea accoglierà la Scozia, il nuovo Paese diventerà il 13° Stato membro con meno di sei milioni di abitanti. Se decidesse di unirsi agli Stati Uniti, la Scozia sarebbe il 22° Stato per abitanti, appena sopra al Colorado. È certamente possibile vivere come piccola nazione in seno all’Europa, e oggi questo è molto più sicuro che in passato. Non dimentichiamo che tutti i 12 Stati membri dell’Unione Europea con meno di 6 milioni di abitanti, tranne due, furono invasi dai nazisti o dai sovietici nella Seconda guerra mondiale. Ma la decisione di fare il passo verso l’indipendenza deve essere affidata ai 4 milioni di residenti in Scozia con più di 16 anni? La canL’autore Niall Ferguson, 50 anni, è uno storico, saggista e giornalista britannico, docente a Harvard zone dei Proclaimers parlava appunto delle decine di migliaia di scozzesi che nel corso dei secoli hanno cercato una nuova vita oltreoceano.[...] Nel solo Nuovo Mondo, coloro che si dichiarano scozzesi fuori dalla Scozia ammontano a 18 milioni di individui, 6 milioni negli Usa (senza contare altrettanti scozzesi-irlandesi, ovvero i discendenti degli abitanti dell’Ulster), 5 milioni in Canada e quasi 2 milioni in Australia. Ci sono scozzesi ovunque, da Dunedin fino in Nova Scotia, dalla Patagonia a Hong Kong (fondata appunto dagli scozzesi). Ci sono più individui di nome Ferguson a Kingston, Giamaica, che a Dundee e Aberdeen messe insieme. Per la maggior parte di noi, figli di emigranti scozzesi, l’idea di una Scozia indipendente appare piuttosto come un potenziale suicidio economico. Sulla questione della moneta (la sterlina? l’euro? il groat?), sulle entrate della produzione petrolifera, sul debito, sugli impegni di spesa pubblica, le posizioni del Partito nazionale scozzese non sembrano affatto realistiche. Se la Scozia voterà «sì», i suoi cittadini dovranno affrontare uno shock economico di tale gravità che la metà degli scozzesi non sembra ancora aver bene afferrato. E a quale scopo, per l’esattezza? Le giustificazioni avanzate dalla campagna del «sì» sorprendono la maggior parte degli scozzesi residenti all’estero per la loro assurdità. Diventare «un faro di opinioni progressiste», nelle parole di Alex Salmond, bloccando le politiche imposte dal governo conservatore di Londra? Ma Tony Blair avrebbe vinto le elezioni del 1997, 2001 e 2005 per il partito laburista anche se l’intera Scozia si fosse astenuta. E le probabilità di una vittoria laburista nel 2015, con l’appoggio di tutto il Regno Unito, sono notevoli. MA PER NOI SCOZZESI ALL’ESTERO L’INDIPENDENZA È SOLO UN SUICIDIO I punti di forza PETROLIO E GAS La Scozia è il maggior produttore di petrolio dell’Unione Europea SERVIZI FINANZIARI Popolazione Oceano Atlantico 5,3 G. BRETAGNA Il 28% dei computer venduti in Europa vengono prodotti qui SCOZIA ELETTRICITÀ È un esportatore netto, con un grande impulso riguardo alle energie rinnovabili PESCA Mare del Nord Mallaig 2007/ 2008 Inverness Aberdeen Speyside Fort William Dundee Loch Lomond Maggior produttore, per la Ue, di salmone dell’Atlantico Glasgow Edimburgo TURISMO Questo settore dà lavoro a circa 200.000 persone. Rappresenta il 5% del Pil scozzese Spesa pubblica per abitante (euro) R. Unito Loch Ness NORD IRLANDA INGHILTERRA Fonte: Ufficio nazionale di statistica del Regno Unito [...] In quanto alla tesi che la Scozia sia uno Stato scandinavo onorario, con una maggior predisposizione alla giustizia sociale rispetto all’Inghilterra, si tratta di semplici sciocchezze. [...] L’idea di una Scozia nazione-Stato è assai poco scozzese. I più grandi pensatori dell’Illuminismo scozzese furono non nazionalisti, bensì cosmopoliti. Il filosofo e storico David Hume scherniva quello che definiva i «volgari motivi delle antipatie nazionali». «Sono cittadino del mondo», scriveva nel 1764. [...] Il miglior testimone resta tuttavia Adam Smith, fondatore dell’economia moderna. Smith capiva perfettamente che la Scozia indipendente sarebbe stata molto diversa dal paradiso del lavoratore. «Grazie all’unione con l’Inghilterra», scriveva, «le fasce medie e basse della popolazione scozzese sono riuscite a sottrarsi al potere di un’aristocrazia che le aveva fino ad allora sempre oppresse». [...] Gli elettori che si recheranno alle urne questa settimana farebbero bene ad ascoltare il monito lungimirante di Smith sui politici che promettono «piani di riforme» destinate soprattutto «a loro vantaggio». Gli elettori dovranno inoltre ricordare 63,7 Regno Unito Pil (euro) R. Unito 29.369 Scozia 28.369 Thurso WHISKY Uno dei liquori più esportati al mondo Scozia Londra Edimburgo e Glasgow sono il 14esimo centro finanziario della Ue TECNOLOGIA (8,3%) Isola di Orkney 2012/ 2013 Scozia 11.910 13.540 13.790 15.420 Tasso di disoccupazione R. Unito 7,8% Scozia 7,5% Rappresentanti alla Camera dei Comuni 650 membri 59 rappresentanti della Scozia D’ARCO che, per noi scozzesi d’oltreoceano, la visione di Smith di un mondo interconnesso sulla base di mercati liberi e libero scambio è assai più accattivante del nazionalismo parrocchiale di una «Scandland».[...] Quest’anno commemoriamo l’eroismo della generazione dei nostri nonni. Le reclute scozzesi non erano molto numerose nei ranghi dell’esercito britannico prima del 1914, eppure furono loro i primi a presentarsi volontari allo scoppio della Grande guerra. Entro il dicembre del 1915, poco meno del 27 per cento degli uomini scozzesi tra i 15 e i 49 anni si erano arruolati come volontari, ben al di sopra della media del Regno Unito. In alcune comunità delle isole Ebridi, si sfiorò il cento percento. Non appena fu in grado di farlo, mio nonno John Ferguson si arruolò per combattere con i Seaforth Highlanders. Fu tra gli oltre mezzo milioni di scozzesi che combatterono nell’esercito britannico durante la Prima guerra mondiale. Di questi, forse un quarto non fece più ritorno. [...] Anche nella Seconda guerra mondiale gli scozzesi si distinsero per il coraggio e l’audacia. Nel grande disastro del 1940, alcuni soldati scozzesi rifiutarono di arrendersi persino quando venne loro ordinato di deporre le armi. Testimonianze come questa mi fanno quasi credere alla storia apocrifa dei due scozzesi che osservano l’evacuazione della spiaggia di Dunkirk: uno dice al compagno, «Caspita, se gli inglesi si arrendono, la guerra sarà lunga». Ma il fatto rilevante è che l’orgoglio di mio nonno nell’essere scozzese era inseparabile dall’orgoglio di essere britannico. Si capiva il complesso di inferiorità degli inglesi, dopo tutto erano gli scozzesi ad aver invaso l’Inghilterra nel 1603. E sapevamo di essere più tenaci e in gamba degli inglesi. E grandi lavoratori. Il nostro problema, anzi, era il complesso di superiorità. Forse tutto questo, al giorno d’oggi, non fa più presa sugli scozzesi. Forse si tratta di Quei giorni sono passati/e nel passato rimarranno, nelle melancoliche parole del nostro inno nazionale non ufficiale, scritto dai Corries durante la prima vera rinascita del nazionalismo scozzese, nel 1967, quando le squadre scozzesi riuscivano ancora a vincere le coppe europee. Eppure, non riesco a credere che gli elettori decisi per il «sì» abbiano potuto guardare con indifferenza le riprese storiche del 51° reggimento che sfilava a Saint-Valéry-en-Caux nel I più grandi pensatori dell’Illuminismo scozzese furono non nazionalisti, bensì cosmopoliti 1944 con tamburi e cornamuse che riempivano di note le strade della stessa cittadina che aveva visto la loro resa quattro anni prima. Dopo il D-Day, il reggimento fece ritorno in veste di liberatore. L’orgoglio per vittorie come queste racchiude l’essenza di ciò che significa essere al contempo scozzese e britannico: essere, cioè, il più britannico dei britannici. È motivo di orgoglio pensare di aver opposto resistenza al terrore del nazionalsocialismo e del fascismo, e in seguito nella lotta contro il comunismo sovietico. Si dica quel che si vuole del Regno Unito — e anche dell’Impero e del Commonwealth — ma nella nostra ora migliore non abbiamo avuto uguali. [...] Quando la Germania invase il Belgio e la Francia nel 1914 e di nuovo nel 1940, era anche la nostra battaglia. Quando l’Unione Sovietica minacciava il continente europeo e addirittura il mondo intero con le sue mire espansionistiche dopo il 1945, era anche la nostra battaglia. Quando i terroristi dell’Ira seminavano morte e distruzione in Irlanda del Nord e in Gran Bretagna, era anche la nostra battaglia. E quando i talebani aiutarono Osama bin Laden a progettare gli attentati terroristici di 13 anni fa, era anche la nostra battaglia. Ma un domani l’Occidente potrà contare su Alex Salmond, che si dichiara a favore del disarmo unilaterale e prevede un esercito scozzese di 15 mila uomini? Lo dubito. Dopo tutto, a marzo ebbe a dire di Putin che il presidente russo «è più in gamba di quanto sembra… ha saputo rafforzare l’orgoglio russo, e questo è certamente una cosa buona». Mentre scrivo sono in volo da Edimburgo a Kiev, verso un Paese che sta scoprendo a sue spese quanto sia pericoloso il mondo per un nuovo Stato indipendente, e l’Ucraina ha una popolazione che è otto volte quella della Scozia. I nazionalisti scozzesi si immaginano eredi di William Wallace. Ma la visione di Alex Salmond per il futuro della Scozia somiglia più a «Scemo e più scemo» che a «Braveheart». Nel coro malinconico dei Proclaimers, la Lettera dall’America finiva con Niente più Bathgate, niente più Linwood, niente più Methil, niente più Irvine… Se siete tra gli elettori scozzesi pronti a votare per il «sì» questa settimana, la canzone dei Proclaimers potrebbe finire con queste meste parole: «Niente più sterlina, niente più Regno Unito, niente più Gran Bretagna, niente più Scozia». (Traduzione di Rita Baldassarre) © Niall Ferguson 2014 © RIPRODUZIONE RISERVATA 16 italia: 51575551575557 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 17 italia: 51575551575557 # Cronache Mediterraneo Nuova tragedia in mare. La Guardia costiera italiana recupera 600 persone nelle acque di Tripoli Affonda barcone: «Morti 200 migranti» Naufragio davanti alla Libia. «Salvi in 26. Molti corpi che galleggiano» Ancora una tragedia nel Mediterraneo, ancora un La vicenda barcone carico di migranti che naufraga durante la traversata verso l’Europa. QueL’incidente sta volta sembra che a bordo L’ennesima tragedia dell’imbarcazione affondata nel Mediterraneo è ci fossero circa 250 persone. avvenuta questa volta Presumibilmente erano apdavanti alle coste della pena salpate dalle coste libiLibia, poco lontano dalla che, visto che la tragedia è capitale Tripoli avvenuta nelle acque antistanti Tajoura, a est della caIl bilancio pitale Tripoli. «Sono state Secondo fonti della salvate 26 persone — ha fatto sapere il La mappa Zona portavoce dell’incidente della marina Tripoli libica Ayub Qassem —. Ci Tajoura sono tanti cadaveri che galleggiano LIBIA in mare». Secondo le C.D.S. autorità dello Stato nordafricano molte Marina libica sull’imbarcazione delle vittime sarebbero donc’erano 250 persone: ne. Le ricerche di eventuali salvati 26 naufraghi sopravvissuti è partita subiIl precedente to, ma ha dovuto fare i conti Venerdì un altro barcone con gli scarsi mezzi a dispoera naufragato in acque sizione della Guardia costiera maltesi. In corso le locale. La maggioranza delle indagini per stabilire imbarcazioni in Libia è costiquanti migranti erano a tuita da battelli da pesca o ribordo morchiatori presi in prestito dal ministero del Petrolio. In missione Una delle operazioni della Guardia costiera italiana di recupero e salvataggio di migranti nel mar Mediterraneo Solo nelle ultime 24 ore, la nave Diciotti ha portato in salvo in acque di competenza libica circa 600 migranti in tre distinte operazioni Proprio nelle ultime 24 ore, la nave Diciotti della Guardia costiera italiana ha salvato in acque di competenza libica circa 600 migranti in tre distinte operazioni. Nella prima, è stata una chia- Molte donne tra le vittime Secondo il portavoce della Marina libica le vittime sarebbero soprattutto donne mata con il telefono satellitare ad allertare la centrale operativa di Roma che ha inviato i soccorsi a circa 120 miglia da Bengasi. Salvate 180 persone, tra cui 42 minori e 27 donne. Non molto lontano dal luogo dal primo intervento, sempre nave Diciotti è intervenuta recuperando 209 migranti a bordo di un altro barcone in difficoltà. Completato il trasbordo, ha rag- giunto la terza imbarcazione, questa volta con 203 persone, tra cui 60 bambini e 44 donne. Centoundici siriani sono invece riusciti ad arrivare su un peschereccio a pochi chilometri dalle coste calabresi, quando sono stati intercettati da una motovedetta della Capitaneria di porto di Crotone. Il gruppo era composto da 61 uomini, 28 donne e 22 minori, tra cui alcuni neonati. Sei donne e sei bambini sono stati portati nell’ospedale della città calabrese, disidratati e provati dopo un viaggio durato una settimana. Per fortuna, nessuno è in pericolo di vita. Non è andata bene invece In Calabria Un peschereccio con 111 siriani è riuscito ad arrivare a pochi chilometri dalle coste calabresi ai quindici migranti, fuggiti da Gaza, il cui battello si è rovesciato di fronte alla spiaggia di Al-Ajami nei pressi di Alessandria di Egitto. Altre 72 persone che erano con loro sono state tratte in salvo. Secondo fonti dell’esercito egiziano il gruppo era riuscito a uscire dalla Striscia passando sotto i tunnel con l’Egitto, «ed erano diretti in Italia». Riccardo Bruno © RIPRODUZIONE RISERVATA 18 italia: 51575551575557 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Cronache 19 italia: 51575551575557 Palermo Lo zio di lei è il boss Matteo Messina Denaro Roma La chiesa della Regione concessa per le nozze tra i nipoti dei capimafia È gestita dalla Curia. «Non sapevamo» I due boss Matteo Messina Denaro Nato a Castelvetrano (Trapani), 52 anni, è figlio di Francesco, che fu capo della cosca della zona e del mandamento. Soprannominato «U siccu» (il magro), è ricercato dal 1993 per associazione di tipo mafioso, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materie esplodenti, furto ed altro Totò Riina Nato a Corleone (Palermo), 83 anni, «Totò u curtu» è considerato il capo dei capi di Cosa Nostra. Entra in latitanza nel 1969, viene arrestato il 15 gennaio 1993. Condannato più volte all’ergastolo per associazione di stampo mafioso e strage, è attualmente detenuto nel carcere milanese di Opera PALERMO — Coincidenza vuole che Renzi arrivi oggi a Palermo per l’avvio dell’anno scolastico nella scuola intitolata a padre Pino Puglisi, proprio nel giorno dell’anniversario di questo martire e mentre sulla Curia esplode il boato di un matrimonio tra figli di mafiosi celebrato all’interno della Cappella Palatina, il gioiello incastonato fra le meraviglie e le vergogne di Palazzo dei Normanni. Uno scenario dorato nel quale, con le nozze adesso considerate uno scandalo, varcando il portone della reggia popolata dai 90 deputati dell’Assemblea regionale, forse hanno provato ad ostentare potere nientedimenoché le famiglie di Matteo Messina Denaro, l’imprendibile super latitante, e di Filippo Guttadauro, il gran capo di Brancaccio, dei Graviano, dei mandanti che decisero il delitto di padre Puglisi, adesso al «carcere duro» e per questo nell’impossibilità di accompagnare la figlia all’altare, sotto i mosaici dorati del Cristo Pantocratore. È in cella il padrino, con il fratello Francesco, altro grande assente alla cerimonia, come lo zio-fantasma, appunto Messina Denaro, che ha ancora una volta deluso i segugi appostati con massima discrezione. E dei quali forse non si è accorto nemmeno lo sposo, pure lui con uno zio forzatamente assente, Gaetano Sansone, il padrino dell’Uditore che ospitava il capo di Cosa Nostra Totò Riina nel suo residence di via Bernini, gli stessi giardini dove, dopo la benedizione del parroco Michele Polizzi, i cento invitati si sono trasferiti per il banchetto. Nella Palermo attraversata spesso da intrecci perversi il matrimonio celebrato nel cuore del potere politico e religioso, fra i rampolli di Guttadauro e Messina Denaro, fra sorelle e cugini dei boss in ghingheri con tanto di paggetti, fa indignare il popolo del web. E filtrano dettagli pure sulla presenza della figlia del superlatitante, ancora minorenne, 18 anni a dicembre, abito color turchese. Elegante come le sorelle del boss. Da Ro- ‘Ndrangheta Latitante del clan Mancuso arrestato in Argentina VIBO VALENTIA — Suo fratello Pantaleone, detto «l’Ingegnere», era stato arrestato nei giorni scorsi dalla gendarmeria argentina mentre tentava di attraversare il confine con il Brasile. Con sé aveva documenti falsi e 100 mila euro. Poche ore dopo in manette è finito anche un altro Mancuso, Salvatore, 42 anni, acciuffato dai carabinieri di Limbadi (Vv) che lo hanno arrestato nella notte tra sabato e domenica. Salvatore è ritenuto esponente dell’omonimo clan e fratello, oltreché di Pantaleone, dei più noti boss Giuseppe (che sta scontando l’ergastolo), Diego (che sconta una condanna definitiva per associazione mafiosa a 16 anni) e Francesco detto «Tabacco» (che sconta altre condanne per mafia). L’arresto di Salvatore non è avvenuto al termine di una fuga, ma di uno scontro con i carabinieri di Limbadi, il paese della provincia di Vibo Valentia roccaforte della «famiglia». L’uomo è stato fermato a bordo di un motociclo privo di assicurazione durante un posto di blocco in contrada «Vignola» di Limbadi. Alle contestazioni dei carabinieri, Salvatore avrebbe minacciato i militari dell’Arma di gravi conseguenze personali se avessero dato corso agli obblighi di legge. Immobilizzato, Mancuso è stato quindi arrestato per i reati di resistenza e minaccia a pubblico ufficiale: in attesa delle determinazioni dell’autorità giudiziaria, è ora agli arresti domiciliari. Salvatore Mancuso, detto «lo zoppo», ha diverse condanne sulle spalle ed è considerato elemento di rilievo all’interno della cosca. © RIPRODUZIONE RISERVATA salia, la mamma della sposa, a Giovanna e Bice, mentre Patrizia, la più attiva e dura della famiglia è pure lei in carcere, al «41 bis». A mettere le mani avanti per evitare confusione nella corsa a presunte responsabilità è Francesco Forgione, l’ex segretario di Rifondazione comunista ed ex presidente dell’Antimafia, nominato dal presidente dell’Assemblea regionale Giovanni Ardizzone al vertice della Fondazione Federico II, l’ente che gestisce tutti i beni culturali all’interno di Palazzo dei Normanni, fatta eccezione soltanto della Cappella Palatina. Come spiega Forgione, spesso nelle trattative con la Curia descritto come il «Peppone» comunista Delitto nel parco davanti a bimbi e sportivi Una lite scoppiata per futili motivi, s’è conclusa ieri con un accoltellamento. Davanti a famigliole che passeggiavano nel parco, bimbi e sportivi che facevano jogging. La vittima è un rumeno, Dumitrus Pradais, 52 anni che si trovava nell’area verde di Villa De Sanctis (Prenestino, Roma). Verso le 16.30 la lite tra le persone che erano con lui. I colpi sarebbero stati inferti da una sola persona. interpretato da Gino Cervi in contrapposizione al «Don Camillo» di Fernandel: «Noi stacchiamo i biglietti ai turisti che visitano il palazzo reale, ma la Cappella è una parrocchia gestita dalla Chiesa in totale autonomia...». E don Polizzi che non si ritrova nella metafora cinematografica respinge ogni sospetto: «Ci sono liste d’attesa da uno a due anni. Per noi era solo una coppia di giovani sposi. Cerimonia partecipata, normalissima. Pagato solo il “dovuto”». I sacrestani che lavorano con lui confermano che non è volato nemmeno un euro in più rispetto ai 300 della tariffa, o meglio dell’«offerta», ufficiale. Porge invece un involontario assist a «Don Camillo» Forgione, riflettendo sui diritti dei figli dei mafiosi: «Capisco che i boss possono cercare di dimostrare anche così il loro obliquo “prestigio”, ma se due giovani incensurati si presentano al municipio di Palermo, Roma o altrove per sposarsi non credo che i sindaci Orlando o Marino possano rifiutarsi...». E padre Polizzi conferma che la stessa regola vale per la Chiesa, «soprattutto se come è accaduto non avevamo idea sull’identità dei parenti degli sposi, perché non chiedo il certificato Antimafia...». Felice Cavallaro © RIPRODUZIONE RISERVATA 20 italia: 51575551575557 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Cronache 21 italia: 51575551575557 Il verbale dell’ex Carolina Kostner Venezia «Io, Alex Schwazer e il doping Dormiva con un macchinario» DAL NOSTRO INVIATO BOLZANO — Carolina Kostner e il suo Alex Schwazer dormivano così: «Lui aveva un macchinario di colore bianco, elettrico, dal quale partiva un tubo flessibile collegato a una maschera facciale che metteva sul viso per l’intera durata della notte e io ero costretta a mettermi i tappi alle orecchie dal rumore». Strano, grottesco, decisamente scomodo. Davanti al magistrato di Bolzano che le chiedeva del doping del fidanzato, ormai ex, la pattinatrice gardenese ha dovuto svelare particolari un po’ imbarazzanti, per lei che ha sempre fatto della riservatezza uno stile di vita. Il documento, depositato dalla procura a chiusura delle indagini sul marciatore azzurro, è la storia inedita del singolare rapporto fra questi due campioni dello sport che si trovano a fare i conti quotidianamente con il rigore professionale di Carolina, che sembra non sapere nulla dell’Epo al limite dell’ingenuità, e con la dura legge dei controlli antidoping per lui. Fra una piroetta verbale e l’altra, alternando slanci e pause e ripensamenti come in un Bolero imperfetto, la ventisettenne di Ortisei ha parlato per ore. Ci sono le fughe di Schwazer, le loro piccole complicità, gli incontri segreti, gli appuntamenti con medici, tecnici, preparatori. Al di là delle sostanze proibite confessate dallo stesso Schwazer alla vigilia delle Olimpiadi di Londra del 2012, gli inquirenti hanno infatti voluto andare oltre, sospettando che l’altoatesino sia ricorso a sistemi poco leciti fin dal 2008, cioè dai Giochi di Pechino nei quali conquistò lo storico oro nella 50 chilometri. Avrebbe «fatto uso di una tenda ipossica in grado di abbassare la percentuale di ossigeno nell’aria, vietata in Italia dal ministero della Salute», scrive il pm ricordando il periodo: febbraio, giugno e luglio 2008, cioè prima dell’Olimpiade. «Quando veniva a trovarmi in Germania portava la tenda per sostituire il soggiorno in altura — spiega Carolina —. Per tenda intendo quel macchinario elettrico. La prima volta che la vidi fu nel 2012, anche se sapevo che lui la possedeva da prima». Obersdorf è un paesino bavarese di montagna dove Carolina ha una mansarda di proprietà. Fu lì che il 29 luglio del 2012 capitarono a sorpresa gli ispettori dell’antidoping. «Prima di aprire la porta Alex mi chiese il favore di dire che non era in casa ma che si trovava a Racines (in Alto Adige, ndr) dove aveva dato la reperibilità. Io feci come mi disse e poi mi arrabbiai con lui». Il Codice mondiale antidoping impone agli atleti di notificare all’inizio di ogni trimestre l’indi- Chi è lui Altari e polvere olimpici Alex Schwazer è nato a Vipiteno nel 1984. L’apice della sua carriera di atleta è stato l’oro conquistato alle Olimpiadi di Pechino (2008) nella 50 km di marcia. Alla vigilia di Londra 2012 viene trovato positivo a un controllo antidoping a sorpresa per l’uso di Epo e gli viene inflitta una squalifica di 3 anni e mezzo rizzo giorno per giorno al quale gli uomini dell’agenzia possono effettuare i controlli a sorpresa, pena la squalifica dopo tre mancati avvisi. Succedeva che Alex seguisse Carolina nelle sue trasferte internazionali. «Veniva soprattutto all’inizio: a Vienna e a Mosca nel 2008, a poi a Helsinki, nel gennaio 2009. Io non ho mai incoraggiato la sua presenza in quanto il mio sport richiede grande concentrazione e quindi nella fase preparatoria della gara ho bisogno di rimanere molto da sola, senza distrazioni». Ma Schwazer a volte scalpitava e la raggiungeva. «A Helsinki abbiamo dormito in alberghi diversi. L’ultima notte, dopo la gara, arrivai seconda, Alex è venuto da me per la notte». Una notte senza maschera per l’ossigeno, finalmente. «Ma il suo non fu un trasferimento in piena regola. Decidemmo che si sarebbe fermato lì solo fino alla fine dei festeggiamenti senza informare l’albergo». Il fatto è che proprio quella notte, a Helsinki, compaiono gli ispettori dell’antidoping. Il loro incubo. E bussano alla porta dell’altro albergo, perché lui aveva dato quella reperibilità. «Me lo disse dopo». Stessa cosa a Torino. Lei studiava al Dams, viveva in un residence, Alex si allenava nella vicina Saluzzo. Quella sera andò da lei e gli ispettori, puntuali, lo cercarono Il medico di Armstrong «Ci incontrammo una volta a Verona con il dottor Ferrari: salimmo sul suo camper ma non vidi strumenti medici» Chi è lei Cinque cerchi stregati Carolina Kostner è nata a Bolzano nel 1987. Nel corso della sua carriera ha collezionato un titolo mondiale e ben 5 europei nel pattinaggio artistico. Le è sempre sfuggito l’alloro olimpico: nel suo palmares c’è solo un bronzo conquistato proprio quest’anno ai giochi invernali di Sochi a Saluzzo. Erano il suo tormento. Il pm fa un passo indietro: ha mai visto a Obersdorf siringhe o tracce di iniezioni? «Mai». Ma è possibile che si dopasse sistematicamente senza che lei se ne accorgesse? «Sì, in quanto io mi assentavo da casa per lunghe ore... Ma che io sappia Alex ha preso farmaci solo per curare la depressione, dopo lo scandalo. Prima era una persona sana, usava unicamente vitamine e sali minerali». Infine, il capitolo Michele Ferrari, il medico inibito per vicende di doping, al quale si appoggiò il ciclista squalificato a vita Lance Armstrong. «Io l’ho incontrato una sola volta in un parcheggio autostradale di Verona — riconosce Carolina —. Era il 2010, siamo saliti sul suo camper e loro si sono messi a parlare ma non ho visto strumentazione medica... Un’altra volta che mi sentivo stanca Alex, senza dirmi nulla, sottopose il mio esame del sangue alla sua valutazione... Penso che anche i genitori di Alex conoscessero Ferrari perché suo padre l’aveva accompagnato a Sankt Moritz». Ferrari, gli ispettori, i farmaci, la tenda di notte. Che vita d’inferno. Andrea Pasqualetto Veltroni celebrerà il matrimonio di Clooney Dovrebbe essere Walter Veltroni a celebrare le nozze di George Clooney con Amal Alamuddin, il 27 settembre a Venezia. Clooney e Veltroni sono amici dal 2009, quando l’attore incontrò a Roma l’ex sindaco della Capitale alla presentazione di un film: tra i due si era subito instaurata una simpatia, dovuta agli interessi comuni in Africa. E Clooney in un’intervista aveva dichiarato che Veltroni gli era stato utile nella sua campagna per il Darfur. Non si sa ancora il luogo nel quale sarà celebrata la cerimonia civile, se in municipio o in una sala di Ca’ Vendramin Calergi. © RIPRODUZIONE RISERVATA Fiori d’arancio Festa ad Alghero per Canalis e Perri In bianco Elisabetta Canalis Si sono sposati ieri nella cattedrale di Alghero Elisabetta Canalis e il chirurgo ortopedico Brian Perri. L’ex velina era vestita in abito bianco tradizionale. Dopo le nozze ha pubblicato un tweet con scritto: «#Italia Ancora non mi rendo conto ma sto realizzando quanto tutto questo mi mancherà #Amici #Famiglia”». apasqualetto@corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA La protesta Il Comune vuole riportare i Giardini Estensi all’aspetto originario. «Resto fino a giovedì. Se piove ho un impermeabile per coprirmi» Tablet, libri e uno scoiattolo per il barone rampante di Varese Michele, 26 anni, vive da tre giorni su un cipresso californiano per scongiurarne l’abbattimento DALLA NOSTRA INVIATA VARESE — Un intreccio di rami per dormire, libri per non annoiarsi, un quaderno per scrivere poesie e 40 metri di corda per tenersi su. È da venerdì scorso che Michele vede il mondo dalla cima di un cipresso della California, uno dei 16 che vorrebbe salvare nei bellissimi Giardini Estensi, cuore verde di Varese. L’amministrazione e la commissione ambiente hanno deciso di abbatterli per ridare a quel luogo l’aspetto originario dei tempi in cui i 16 «californiani» non c’erano. Ma il fatto è che adesso ormai ci sono e non sono né malati né pericolosi. Quindi, per dirla con Michele Forzinetti, «buttarli giù è un insulto al buon senso». Per questo da venerdì pomeriggio lui è lì, con i suoi 26 anni di energia, appollaiato notte e giorno su questo o su quel ramo: «Non ho intenzione di scendere fino a giovedì sera, quando è convocato un nuovo consiglio comunale. E da domani (oggi, ndr) non parlerò più. Su questa storia è già stato detto tutto, adesso è ora di fare silenzio e riflettere». Le giornate Non mangia, si nutre solo di succhi di frutta e acqua. «Mia madre è diventata la mia prima fan» Fino a ieri sera lo sciopero era soltanto quello della fame («bevo acqua e succhi di frutta e prendo sali minerali») e alla gente arrivata ai piedi dell’albero per salutarlo lui ha spiegato che «la mia è una battaglia simbolica sull’ascolto. Le persone che hanno coscienza civica e chiedono qualcosa a chi ha il potere di decidere, devono essere ascoltate. Se proprio devo dirla tutta sono convinto che alla fine questi alberi li tireranno giù, ma io non potevo non fare almeno un tentativo per salvarli. E spero che questo gesto muova le coscienze, soprattutto quelle dei giovani come me». Laureato in scienze motorie, istruttore di fitness e ginnastica artistica, esperto di arrampicata sportiva, Michele racconta che la poesia è una delle sue grandi passioni. Abbarbicato al suo ramo a quota dodici metri, «ne ho scritta una — dice — sulle pagine di uno dei libri che ho qui con me». Nello zaino di questa spedi- zione ecologista, oltre al tablet, ha messo «Walden, ovvero vita nei boschi» di Henry D. Thoreau e «La ragazza sull’albero» di Julia Hill, l’ambientalista della Contea di Grand (Colorado) diventata famosa per essere rimasta 738 giorni su una sequoia a 55 metri di altezza per salvarla dall’abbattimento. Michele non ha portato con sé Cosimo, «Il barone rampante» che la penna di Italo Calvino ha fatto salire e vivere per sempre sugli alberi. Ma si tocca la tempia con l’indice e sorride: «Non ce l’ho ma è qui, nella mia testa». «E se piovesse?» chiedono tutti guardando il giaciglio improvvisato su, in cima. «Ho materiale impermeabile» risponde lui incrociando le dita. Quando ha capito che avrebbe davvero dormito lassù, sua maSul cipresso Michele Forzinetti, 26 anni, è salito venerdì pomeriggio su uno dei 16 cipressi che l’amministrazione comunale vuole abbattere, a Varese. Resterà sulla pianta per protesta, senza scendere mai, fino a giovedì, data del prossimo consiglio comunale (Fotogramma) dre ha pianto. Poi ha visto la gente mettersi in fila per venire a fargli un saluto, ha visto crescere le firme per sostenere la sua protesta, lo ha visto arrampicarsi veloce come un animale selvatico, ed è diventata la sua più grande fan. «Sono preparato e sono imbragato, non corro rischi» è sicuro lui. Semmai «la cosa difficile è gestire il senso di solitudine», quello che può svanire anche da un momento all’altro «davanti a uno scoiattolo rosso bellissimo che ho visto zampettare due rami sotto il mio». Il telefonino è in tasca «ma soltanto per le emergenze». Di notte, nel buio sotto di lui, ogni tanto si accende una fonte di luce: «Sono gli innamorati che arrivano anche se il parco oltre una certa ora dovrebbe essere chiuso. Da quassù li vedo perché accendono i loro cellulari per farsi luce». Là in alto le parole degli amanti non arrivano. I pensieri d’amore, quelli sì. Giusi Fasano © RIPRODUZIONE RISERVATA 22 Cronache Scuola Parte anche la consultazione online sulle linee guida del governo Premier e ministri tra i banchi Giannini: maturità più creativa L’anno scolastico al via, Renzi alla Puglisi di Palermo ROMA — «Tutti a scuola», ha suggerito il premier Matteo Renzi ai suoi ministri. E loro, o almeno molti, hanno accolto l’invito. Tutti in classe, oggi, alunni e ministri nelle Regioni italiane (quasi tutte) dove l’anno scolastico comincia proprio questo lunedì 15 settembre. Un rientro in classe che coincide con l’avvio della consultazione online sulle linee guida varate la scorsa settimana dal governo. Il premier è a Palermo, nell’istituto intitolato a don Pino Puglisi, il prete antimafia ucciso da Cosa nostra il 15 settembre di oltre vent’anni fa. Non è una casualità, ovviamente, se il presidente del Consiglio ha scelto quell’istituto e quella città nel giorno di un tragico anniversario che tuttavia segna l’inizio, con le parole della ministra dell’Istruzione Stefania Giannini, dell’«anno della buona scuola». «Vogliamo discutere con tutti la riqualificazione del sistema educativo — ha detto Giannini ieri a Ferrara —. Mettiamo sul piano del dibattito nazionale ciò che più ci sta a cuore: la scuola». La ministra ha poi auspicato una modifica dell’esame di Stato «soprattutto per gli studenti degli istituti tecnici una prova più creativa piuttosto che la solita tesina». Giannini resta a Roma dove visita una scuola della periferia, l’istituto tecnico agrario «Emilio Sereni», dove da anni si realizza Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Il premier In classe Oggi il premier Matteo Renzi sarà a Palermo, nella scuola di Don Pino Puglisi, per inaugurare il nuovo anno scolastico. Come lui faranno gli altri ministri di questo governo nell’anno definito, dalla ministra Giannini, della «buona scuola» Cresima Nella foto sopra, un Matteo Renzi bambino nel giorno della sua cresima. Un’età in cui il primo giorno di scuola era appuntamento importante per il futuro premier con successo l’alternanza scuola-lavoro e dove oggi sarà inaugurato il birrificio artigianale allestito dentro l’istituto. Questa, per la ministra, sarà solo la prima tappa dell’annunciato tour «Buona scuola», che la vedrà varcare la soglia di molti istituti e licei d’Italia, anche il suo, a Lucca. Gli altri ministri, che oggi entrano dopo anni nelle loro ex scuole, sono sparpagliati per tutta la penisola. Gian Luca Galletti, responsabile dell’Ambien- te, è alla primaria «Marconi» di Bologna. In Calabria, a Locri, nel liceo classico «Oliveti», è attesa Carmela Lanzetta, Affari regionali. Alla elementare «Matilde di Canossa», a Reggio Emilia, c’è il sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio, a Laterina, in provincia di Arezzo, dove è cresciuta, tornerà tra i banchi della primaria «Goffredo Mameli» la ministra per i rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi. Maurizio Lupi, ministro dei Trasporti, è a Milano, alla «Cabrini», il collega delle Politiche Agricole, Maurizio Martina è a Bergamo, all’Istituto tecnico agrario Rigoni Stern. Proprio l’istituto agrario ha registrato un boom di iscrizioni, con un più 12% rispetto allo scorso anno. Con l’alberghiero e gli altri istituti tecnici e professionali supera il 50% dei nuovi iscritti alle superiori. Solo uno su due quattordicenni ha scelto il liceo, per la precisione il 49,8%. Sui banchi, insomma, si va sì per studiare ma soprattutto per concedersi una opportunità professionale concreta. E infatti, all’istituto tecnico «Scarabelli» di Imola, in questo primo giorno di scuola in Emilia-Romagna, c’è proprio il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, mentre sull’altro versante dello Stivale, nella sua Genova, Roberta Pinotti, ministro della Difesa, salvo impegni dell’ultimo minuto sarà allo scientifico «Enrico Fermi», scuola che non soltanto ha frequentato ma dove ha anche insegnato per qualche anno. Infine, Federica Guidi, ministra dello Sviluppo economico, è al liceo «Muratori» di Modena. Mariolina Iossa © RIPRODUZIONE RISERVATA La classifica I migliori atenei del mondo per le lauree specialistiche secondo il Financial Times 13.500 Gli studenti della Bocconi. Di questi, l’11% sono stranieri 3.500 Sono gli studenti della laurea specialistica alla Bocconi La graduatoria Il giudizio del «Financial Times» Bocconi scala la classifica In due anni risale 11 posizioni ed è il primo ateneo italiano MILANO — Prima delle italiane, dodicesima nel mondo. È un nuovo successo quello che mette a segno la Bocconi di Milano in una delle sempre più diffuse classifiche delle migliori università in cui studiare. L’ateneo di via Sarfatti sale al 12° posto nel ranking 2014 del Financial Times, relativo ai master in management, guadagnando 5 posizioni, dalla 17ª dell’anno scorso (23ª due anni fa). Prima italiana in classifica (la School of Management del Po- litecnico è invece al 63° posto), la Bocconi è presente nella lista delle eccellenze anche con il programma Cems al quinto posto (un network di università che consente agli studenti con i migliori curricula di completare il programma «Mim — Master in management» in uno dei 28 atenei membri). Il riconoscimento del quotidiano della City riguarda uno specifico programma, il Master of Science in International Management: una laurea Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Cronache 23 italia: 51575551575557 2014 2013 2012 Dopo Inghilterra e Scandinavia SCUOLA 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 16 18 19 20 University of St Gallen Svizzera HEC Paris Francia Essec Business School Francia WHU Beisheim Germania Cems* *Network di 28 atenei Esade Business School Spagna ESCP Europe F GB G S Rotterdam School of Management, Erasmus University Olanda IE Business School Spagna London Business School Regno Unito HHL Leipzig Graduate School of Management Germania ITALIA UNIVERSITÀ BOCCONI Indian Institute of Management, Calcutta India EBS Business School Germania Grenoble Graduate School of Business Francia Edhec Business School Francia Indian Institute of Management, Ahmedabad India Mannheim Business School Germania Imperial College Business School Regno Unito EMLyon Business School Francia 1 4 8 3 7 10 2 5 5 9 17 19 13 14 18 16 12 11 1 4 5 3 7 2 7 6 11 23 13 12 10 14 14 9 PAESE I DAL NOSTRO CORRISPONDENTE D’ARCO «specialistica» o di secondo livello, di durata biennale, tenuto in inglese, lanciato nel 2006 e che ha debuttato nel Ranking Ft nel 2010, al 33° posto. Ma il giudizio degli analisti si basa sui punti di forza più spesso citati per sostenere l’eccellenza complessiva dell’ateneo milanese. Spiega Stefano Caselli, prorettore per l’internazionalizzazione dell’ateneo di via Sarfatti: «La continua progressione in classifiche estremamente competitive è un concreto riconoscimento alla capacità della Bocconi di essere un punto di riferimento per tanti giovani talenti in Europa». Sono tra i 20 e i 30 ogni anno, il 20% del totale, gli stranieri iscritti al corso Mim: uno dei criteri di valutazione usati dal Financial Times. Ma ce ne sono in tutto una ventina. Prosegue Caselli: «Sono divisi in due famiglie: gli indicatori oggettivi, e cioè numero di pubblicazioni, struttura dei corsi, opportunità di esperienze internazionali, internship; e quelli comunicati dai laureati a tre anni dal titolo, attraverso le risposte a un questionario che sonda livelli di salario, carriera, grado di soddisfazione per la propria università». La Bocconi va fiera in particolare del servizio di placement. Assicura il prorettore: «Nell’aiutare i nostri laureati a trovare lavoro siamo forti almeno quanto i primi in classifica». Che sono l’università di St. Gallen, Svizzera, le francesi Hec (Parigi) e la Essec Business School. Istituzioni pubbliche, le due francesi, in un merca- Distanziato il Politecnico Tra le italiane, dopo l’università Bocconi, la School of Management del Politecnico si colloca al 63° posto to in cui brillano soprattutto gli atenei privati, le cui rette importanti (12 mila euro l’anno il costo del master Bocconi), si giustificano solo a fronte di un’elevata occupabilità in tempi ragionevoli. «Gli atenei pubblici d’Oltralpe — sottolinea Caselli — ricevono finanziamenti consistenti, e poi sono anche bravi a fare fundraising. Ma quel che più conta è che sanno fare molto bene gioco di squadra». In classifica compaiono tante europee (francesi, soprattutto, ma anche inglesi, tedesche, belghe, olandesi) e un paio di eccellenze indiane. Nell’élite dei primi della classe sono escluse le eccellenze a stelle e strisce, ma solo perché hanno un’organizzazione dei corsi diversa: non il 3+2, all’italiana, ma corsi di laurea di quattro anni. Un’assenza che non durerà molto: gli atenei americani hanno fiutato il business e, a partire dalla blasonata Cornell University che Film attraverso la Rete Il colosso Usa Netflix ora sbarca in Francia debutta quest’anno, stanno iniziando a proporre i loro Master of Science. Potrebbero iniziare tempi più difficili per la concorrenza tra università. E anche la Bocconi dovrà tenere alto il livello di attenzione, soprattutto dopo la delusione per l’ultimo Academic Ranking of World Universities (Arwu), uno dei più accreditati del mondo, curato dall’ateneo Jao Tong di Shanghai, pubblicato in agosto: l’università milanese, assente nella classifica generale, compariva nel blocco tra il 101° e il 150° posto per l’insegnamento dell’economia. Grande attesa, intanto, c’è anche per il posizionamento nel World University Ranking 2014 di Qs, che verrà pubblicato nelle prossime ore: l’anno scorso Bocconi era 29ª tra le migliori facoltà di scienze sociali e management del mondo, nona in Europa. Antonella De Gregorio © RIPRODUZIONE RISERVATA PARIGI — «Tranquilli, potremmo produrre House of Versailles», ha detto settimane fa Reed Hastings, fondatore e presidente del servizio di video on demand americano Netflix che oggi (dopo Gran Bretagna e Scandinavia) arriva in altri Paesi europei tra cui la Francia (non in Italia). La battuta si riferisce allo straordinario successo di House of Cards, la serie tv prodotta dalla stessa Netflix, e all’opposizione che Netflix ha incontrato in Francia nei mesi precedenti lo sbarco. Aurélie Filippetti, allora ministra della Cultura, aveva manifestato perplessità parlando di minaccia all’«eccezione culturale» francese e inserendo Netflix nella lista dei colossi americani (da Google a Amazon) sospettati di voler mettere fuori mercato le aziende culturali europee. Le trattative tra Parigi e Netflix sono fallite, la società ha stabilito la sede in Lussemburgo (nel 2015 si trasferirà ad Amsterdam) e non finanzierà la creazione culturale locale, anche se ha annunciato di avere già pronta una serie — Marseille — pensata e prodotta per il mercato francese. Dopo il rimpasto governativo di due settimane fa la nuova ministra della Cultura, Fleur Pellerin, ha cercato toni più concilianti con l’azienda californiana che ha ormai 50 milioni di abbonati in 40 Paesi del mondo (35 milioni negli Stati Uniti). «Non dobbiamo insultare Netflix — ha detto tre giorni fa Pellerin al Festival della fiction tv de La Rochelle —, né mostrare una mentalità da assediati. Netflix deve contribuire alla produzione francese ed europea, dobbiamo dialogare su questo». L’offerta commerciale, che si preciserà nelle prossime ore, dovrebbe consistere in un abbonamento mensile intorno ai 10 euro per vedere in streaming via Internet (quando si vuole, senza essere legati all’orario di programmazione) film e serie tv da un catalogo di circa tremila titoli (negli Stati Uniti sono 10 mila). In Italia Netflix non è ancora presente per il ritardo del nostro Paese nella diffusione della banda larga e per questioni legate ai diritti televisivi. Stefano Montefiori Stef_Montefiori © RIPRODUZIONE RISERVATA 24 italia: 51575551575557 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Cronache 25 italia: 51575551575557 Vaticano Il Papa sposa venti coppie, ci sono anche conviventi con figli In San Pietro Alcune delle coppie unite in matrimonio ieri da papa Francesco (AP) L’evento CITTÀ DEL VATICANO — «Il matrimonio è simbolo della vita, della vita reale, non e una fiction!». Francesco sorride e la «vita reale» sta lì davanti a lui: venti coppie a semicerchio intorno all’altare di San Pietro — gli sposi in nero, le spose in bianco — e tra di esse ventenni e cinquantenni, la professionista e la commessa, il dj e il ballerino, chi si è conosciuto in parrocchia e chi conviveva già da anni. La coppia più matura è composta da Guido e Gabriella, lui alle spalle un matrimonio annullato dalla Rota romana e lei che da giovane ha avuto una figlia che ora assiste emozionata alle nozze. Conviventi, figli già nati: nessun impedimento canonico, nulla di strano, sorridono Oltretevere, la Chiesa è ben felice e «accoglie a braccia aperte» chi, magari attraverso un lungo percorso, decide di sposarsi davanti a Dio. Però è la prima volta per Francesco e del resto è raro che un Papa celebri pubblicamente le nozze: i soli due precedenti recenti risalgono a Wojtyla, nel 1994 e nel 2000. La scelta di Francesco è simbolica, alla vigilia del Sinodo sulla famiglia che si riunirà dal 5 al 19 ottobre. Una Chiesa che accoglie, attenta alla vita reale e anche alle «situazioni difficili» (come i divorziati risposati, ancora esclusi dalla comunione). Ieri Francesco ha parlato di quelli che «non sopportano il cammino» e sentono «stanchezza», tentati da «infedeltà e abbandono». E del sacramento come garanzia, «l’amore di Gesù è in grado di mantenere il loro amore e di rinnovarlo quando umanamente si perde, si lacera, si esaurisce». Del resto «senza conflitti non sarebbe umano: è normale che gli sposi litighino». Il Papa ripete il suo consiglio: «Mai finire la giornata senza fare la pace. Mai!». G. G. V. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il 27 settembre la postulazione per Álvaro del Portillo, che fu il primo successore di Escrivá de Balaguer alla guida della Obra Ecco perché il prelato dell’Opus Dei sarà beatificato a Madrid e non a Roma Chi ha visto una presa di distanza di Francesco non conosce bene il Pontefice di VITTORIO MESSORI S abato 27 settembre, a Madrid, sarà proclamato beato mons. Álvaro del Portillo, Prelato dell’Opus Dei e primo successore del Fondatore, san Josemaría Escrivá de Balaguer. Per disposizione di Benedetto XVI, solo le canonizzazioni sono celebrate a Roma dal Pontefice, ma non ci sono norme per il luogo delle beatificazioni, escludendo solo piazza San Pietro, riservata al Papa. Monsignor del Portillo è nato a Madrid ma ha passato a Roma tutta la sua vita sacerdotale, essendo il più stretto collaboratore del Santo aragonese. A Roma è la sede centrale da cui per 19 anni ha amministrato un onfalocele, un’ernia a livello ombelicale che conteneva il fegato ed alcune viscere addominali. Inoltre, il feto presentava una «tetralogia di Fallot», cioè un insieme di ben quattro gravi difetti cardiaci, con il miscelamento del sangue arterioso in quello venoso. Né lei né il marito facevano parte dell’Opus Dei ma avevano avuto in dono una immaginetta con una preghiera a quello che era ancora soltanto il Servo di Dio Álvaro del Portillo. Gli Wilson decisero subito di scartare la possibilità di un aborto e di affidarsi alla preghiera. Così la donna, tra l’altro, fissò sul ventre e portò sempre su di sé il «san- Álvaro del Portillo è nato a Madrid nel 1914 ed è morto a Roma nel 1994 tino» di don Álvaro. Quando il figlio José Ignazio fu partorito, pesava solo 1 chilo e 750 grammi. Due giorni dopo la nascita fu operato per l’onfalocele ma durante l’intervento ebbe il primo dei molti arresti cardiaci che si susseguiranno. Nei giorni seguenti ebbe gravi crisi per la mancanza di ossigeno nel sangue e per la difficile espansione dei polmoni. Questi eventi provocarono gravi conseguenze: una ecografia rivelò lesioni al cervello. Meno di venti giorni dopo la nascita, José Ignacio ebbe anche una crisi epilettica. I medici decisero di effettuare un intervento cardiochirurgico di tipo palliativo, almeno per stabilizzare la situazione, ma le condizioni precipitarono anche per un accumulo di sangue attorno al cuore che ne rendeva difficoltosi i battiti. In quel povero corpicino devastato gli eventi traumatici si susseguirono senza tregua. Alle 15.30 del 2 agosto, ecco l’arresto cardiaco che sembrò decisivo: per ben oltre mezz’ora il cuore cessò di battere e a nulla servirono i tentativi per riavviarlo. Dopo quasi 40 minuti, i medici cessarono le manovre, convinti che il bambino fosse ormai morto. La madre, intanto, accasciata su una panca accanto alla porta della sala operatoria, recitava di continuo e a voce alta la preghiera a don Álvaro. A quel punto giunse il primario del reparto e per prima cosa chiese a un infermiere a che ora fosse morto quello sventurato bambino. A suo avviso, infatti, ogni sforzo per salvarlo sarebbe stato vano. E invece, proprio mentre i chirurghi lasciavano la sala, il ronzio degli strumenti segnalò che il cuore aveva ricominciato a battere, prima lentamente e poi raggiungendo il numero normale di pulsazioni. Per tutta la giornata e poi nella notte le condizioni del piccolo migliorarono di continuo in modo spettacolare. Gli esami mostrarono che il La Chiesa e il miracolo «Mentre il bimbo cileno era stato già dato per spacciato dai medici, la madre continuava a recitare la preghiera al monsignore spagnolo» I vent’anni a Roma È stato il più stretto collaboratore del Santo aragonense, ha vissuto per 19 anni a Roma dove ha amministrato i 90 mila membri della prelatura i 90.000 membri (solo il 2 per cento sacerdoti) della mitica Obra e a Roma resta — e resterà — il suo corpo. Dunque, si era pensato a una beatificazione nella nostra capitale, ma alla fine ci si decise per Madrid, affermando che non c’era a Roma una piazza abbastanza grande per contenere l’enorme folla prevista. Naturalmente, i soliti dietrologi si sono affrettati a ipotizzare il divieto di un papa Francesco ostile all’Opus Dei, ricordando che la Compagnia di Gesù ostacolò gli inizi della nuova famiglia religiosa e proprio ad alcuni gesuiti si deve la «leggenda nera» giunta alla grande sino a Dan Bown. Per capire come la realtà sia diversa, basterebbe un’occhiata a una foto di Jorge Bergoglio arcivescovo a Buenos Aires: sulla scrivania, una immagine incorniciata di un sorridente sant’Escrivá de Balaguer. Sulla tomba del santo Fondatore, nella sede ai Parioli dell’Opera , mons. Jorge volle andare a pregare: ci si aspettava che stesse in ginocchio alcuni minuti e invece non si rialzò che dopo tre quarti d’ora di orazione intensa, ad occhi chiusi. L’attuale prelato, mons. Javier Echevarria , è già stato ricevuto ben tre volte in lunghi colloqui privati con il nuovo Papa. In Argentina i rapporti della numerosa comunità dell’Obra con l’arcivescovo Bergoglio sono stati sempre di stretta collaborazione, anche perché i seguaci di sant’Escrivá lavorano con la consueta concretezza ed efficacia nelle Villas Miserias della periferia . Dunque, il prossimo 27 anche Francesco si rallegrerà di avere firmato, nel luglio dello scorso anno, il decreto per la beatificazione di Álvaro del Portillo. Decreto che riconosceva come miracolosa la guarigione di un neonato cileno. La Postulazione della causa ha comunicato di avere ricevuto ben 13.000 segnalazioni da tutto il mondo di favori e grazie ottenuti per intercessione del candidato agli altari. La vicenda prescelta fra tante altre — perché giudicata la più indiscutibile e la più significativa — è quella di Susana Ureta Wilson, moglie di un professionista di Santiago del Cile che, nel 2003, comprese presto che la sua seconda gravidanza sarebbe stata molto difficile. Gli esami rivelarono che il maschietto che attendeva sarebbe nato con cervello non aveva subito danni, come ci si aspettava da un arresto cardiaco così prolungato. Un mese dopo, José Ignacio lasciava l’ospedale. Ora è un bel ragazzino biondo di 11 anni che studia e fa vita normale: impressionano le fotografie mentre gioca a calcio e a tennis, canta e balla, scherza con i compagni, va a scuola come tutti. Per dirla con la mamma (che, assieme al marito, si è recata in pellegrinaggio a Roma, per ringraziare sulla tomba di don Álvaro): «Mio figlio è una creatura felice, entusiasta, socievole, nella sua classe è un piccolo leader. Ogni madre ne sarebbe orgogliosa». Furono gli stessi medici che avevano assistito alla sopravvivenza di quell’esserino di poco più di un chilo e mezzo che si presentarono come testimoni quando il Cardinal Arcivescovo di Santiago istituì un tribunale diocesano che indagò sui fatti. I risultati, inviati a Roma, furono sottoposti alla Consulta medica internazionale della Congregazione dei Santi che, esaminato con la cura consueta il dossier sanitario, dichiarò che la sopravvivenza del neonato, la mancanza di danni cerebrali a causa del prolungato arresto cardiaco, la pronta e piena ripresa sino alla normalità non avevano spiegazione allo stato attuale della scienza med i ca . N o n s i d i m e n t i c h i c h e q u es t i specialisti di molte nazioni, non necessariamente credenti, quasi tutti docenti universitari e, in ogni caso, luminari nelle varie discipline mediche, seguono una grande prudenza a difesa della loro reputazione professionale. In caso di dubbio, anche lieve, preferiscono chiedere che il caso sia archiviato. La pratica fu trasmessa poi alla Consulta dei Teologi che dichiararono provata, al di là di ogni ragionevole dubbio, la relazione tra la guarigione prodigiosa e la richiesta di intercessione a don del Portillo. Infine, i cardinali e i vescovi membri della Congregazione, riesaminato tutto il dossier, dichiararono fondata la realtà del miracolo. Così, il Papa sudamericano ha potuto autorizzare per il prete madrileno (che da giovane laico fu ingegnere di ponti e strade) la gloria degli altari che sarà proclamata il 27 sulla piazza più grande di Spagna. © RIPRODUZIONE RISERVATA 26 italia: 51575551575557 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Cronache 27 italia: 51575551575557 Montagna Dalla Val d’Aosta alle Dolomiti, per mesi fuori dal mondo. «Non si soffre la solitudine, è un po’ come stare al Grande fratello» Da Manhattan al bar in vetta Carolina Molin, 25 anni, barista nel rifugio Città di Carpi, sui Cadini di Misurina Studia cooperazione internazionale a Bologna, ha lavorato a New York e Cambridge A 3269 metri senza tv Stefano Alberti, 26 anni, single e tuttofare (dalla cucina al trasporto dei viveri, con la jeep o la motoslitta o la teleferica) al rifugio Casati e Guasti (3269 metri, anche nella foto sotto), nel gruppo dell’OrtlesCevedale, sotto il ghiacciaio più vasto d’Europa Va a letto alle 10 di sera, sveglia presto e colazione alle 6.30. Da tre anni al rifugio c’è Internet, la tv invece è a momenti alterni. «Abbiamo la parabola ma con il brutto tempo, quando il vento la gira, non si vede niente. È una vita di sacrifici» Figlio d’arte Yanick Favre, 32 anni, del Quintino Sella al Felik sul Monte Rosa. Ha iniziato nel rifugio del padre Stefano e i ragazzi dei rifugi La scommessa di un lavoro con vista sul ghiacciaio «Sveglia all’alba e fatica, ma qui ci si sente davvero liberi» Sognando il mare Yanick: «È il mestiere più bello del mondo. Però a volte sogno di andare a vivere su una barca» mano in cambio di vitto e alloggio a un amico architetto a Manhattan, poi 20 giorni in Messico, in vacanza. «Faccio soprattutto la cameriera e la barista, ma un po’ tutto quello di cui c’è bisogno — continua —. A valle scendo una volta alla settimana, incontro gli amici, non ho un fidanzato». Stefano Alberti, 26 anni, single, lavora al rifugio Casati e abbiamo la parabola ma con il brutto tempo, quando il vento la gira, non si vede niente. È una vita di sacrifici». Al rifugio Quintino Sella al Felik, appeso a 3.585 metri di quota, sul Monte Rosa, lavora Yanick Favre, 32 anni. Il ghiacciaio passa a 2 metri dalla porta, giro d’orizzonte a 360°da lasciare a bocca aperta, sul Castore, sui due Lyskamm, con vista nel- le giornate di vento fino al Monviso, al Gran Paradiso e al Monte Bianco. «È il lavoro più bello che c’è — dice — molto vario, passo dalla cucina al cambio dell’olio al generatore, dalla verniciatura della staccionata a procurare l’acqua di fusione del ghiacciaio. Ero un adolescente turbolento, ho tentato di completare il liceo scientifico, poi nel rifugio gestito da mio padre Adriano ho trovato la mia dimensione». Yanick, come tutti coloro che lavorano lassù, alterna due settimane in rifugio e una in fondovalle a Champoluc: «Dopo 20 giorni a quella quota non si dorme più, e poi a casa voglio starmene un po’ da solo. Anche se pare assurdo, lassù siamo come il Grande Fratello». Anche lui single («Ma per 5 anni ho avuto una fidanzata a Roma»). Lavoro duro: quest’estate a ferragosto c’erano -9°, più che pioggia cade neve. Cambiarlo con un altro mestiere? «Con il mare probabilmente sì, vivere in barca, mi piacciono le immersioni, dove la natura, come quassù, la fa da padrona». Sulle montagne lombarde un’altra storia: «Ogni due giorni scendo a valle per il pane e l’acqua» racconta Massimo Ma- Jesolo La Miss Italia di Simona Ventura È stata scelta tra venticinque finaliste Miss Italia 2014. Quest’anno il programma è stato condotto per la prima volta da Simona Ventura, nella foto accanto a Giulia Arena, la reginetta uscente (Infophoto). © RIPRODUZIONE RISERVATA Comunicato sindacale Care lettrici e cari lettori, in questi giorni, sulle pagine del Corriere della Sera, è in corso la campagna pubblicitaria per lanciare «GazzaBet», un sito di scommesse online associato alla Gazzetta dello Sport, il quotidiano sportivo leader in Italia edito da RcsMediaGroup. In calce alle paginate di pubblicità, scritte con un carattere piccolissimo, compaiono due avvisi che sono invece di fondamentale importanza e sui quali, dunque, richiamiamo la vostra attenzione. La prima: «Il gioco è vietato ai minori e può causare dipendenza patologica». Come dire: RcsMedia- Guasti, nel gruppo dell’OrtlesCevedale, sotto il ghiacciaio più vasto d’Europa. «Faccio di tutto, dalla cucina al trasporto dei viveri, con jeep o motoslitta e poi con la nostra teleferica fino ai 3269 metri del rifugio. A valle scendo una volta alla settimana, dai fornitori: frutta, verdura, carne, bibite». La sera luce spenta alle 10, colazione dalle 6.30. Internet c’è da 3 anni. «Per la tv Group si sta avventurando in un campo minato, in un settore controverso, ad alto tasso di rischio sociale e completamente estraneo all’attività editoriale dell’azienda. Anche la seconda avvertenza è riportata in una noticina quasi illeggibile: «GazzaBet non coinvolge le strutture giornalistiche di Rcs». Le lettrici e i lettori devono sapere che questa iniziativa non solo «non coinvolge» i giornalisti della Gazzetta dello Sport, ma anzi è stata pensata e attuata contro il parere della redazione. Certo, un editore è libero di pianificare lo sviluppo della propria intra- presa. Ma non è questo il tema in discussione. Peraltro né il Comitato di redazione (Cdr) del Corriere della Sera, né il Comitato di redazione della Gazzetta dello Sport hanno mai negato negli ultimi due anni la necessità di trovare nuove fonti di ricavi. Il punto è che stiamo andando fuori strada. Da mesi il Cdr della Gazzetta dello Sport si sta sforzando di dimostrare che puntare su un sito di scommesse significa semplicemente sfigurare l’identità, la reputazione, il prestigio del quotidiano sportivo di gran lunga più importante in Italia. Il Cdr del Corriere condivide in pieno e appoggia la protesta dei colleghi della Gazzetta, e ha sollevato il caso intervenendo nell’assemblea dei soci Rcs nel maggio scorso. Inoltre da al- meno due anni il Cdr del Corriere della Sera chiede all’azienda di mettere al centro del necessario rilancio i contenuti editoriali, siano essi pubblicati sull’edizione di carta, sul sito del Corriere o sulle piattaforme digitali. Questo confronto è quanto mai urgente. Il marketing è una funzione essenziale per ogni azienda e quindi anche per la nostra. Ne siamo pienamente consapevoli. Come pure sappiamo che in Europa e nel mondo esistono decine di esempi di promozione editoriale che valorizzano il lavoro giornalistico nelle sue varie forme, senza scivolamenti in territori estranei e pericolosi per la reputazione dei giornali. Il Comitato di redazione del Corriere della Sera © RIPRODUZIONE RISERVATA scheroni ,36 anni di Cantù, custode del rifugio Prabello, una ex caserma della Guardia di Finanza, dismessa negli anni 70, sullo spartiacque al confine tra Italia e Svizzera. Vista incantevole verso il Lago di Como, le Grigne, fino al Bernina, 24 posti letto in camerata, aperto tutto l’anno nei weekend. «Faccio di tutto e di più. Ogni tanto penso di cambiare lavoro, ma questo mi piace e con i tempi che corrono...». In Piemonte , a Paraloup in Valle Stura, altri ragazzi intraprendenti gestiscono le ex baite abbandonate dei partigiani, trasformate in rifugio dalla Fondazione Nuto Revelli. Un borgo fantasma che rivive. Sono tre giovani cuneesi, Sara Gorgerino, 32 anni, Manuel Ricca e Chiara Goletto, entrambi 27enni, che hanno fondato una società insieme. Dodici posti letto e 30 coperti. Ma anche mostre e convegni. «Posso dire che Paraloup è diventata casa mia — dice Sara —: si incontrano tante persone, giovani, famiglie, anziani, ogni volta è un confronto che ti arricchisce». Massimo Spampani © RIPRODUZIONE RISERVATA Sudoku Difficile 3 1 6 4 4 2 7 5 1 2 9 2 4 5 LA SOLUZIONE DI IERI 3 9 8 7 6 Come si gioca Bisogna riempire la griglia in modo che ogni riga, colonna e riquadro contengano una sola volta i numeri da 1 a 9 7 1 1 Puzzles by Pappocom Il loro ambiente di lavoro è la montagna. Non quella «facile», del fondovalle, boutique e pizzerie, ma quella d’alta quota, dove senti il respiro della roccia e dei ghiacciai. Sulle Alpi, dalla Valle d’Aosta alle Dolomiti. Non sono sherpa o guide alpine, ma ragazzi di oggi, pieni di entusiasmo e contenti del loro stile di vita, che lavorano nei rifugi. Mesi e mesi lassù, fuori dal mondo, ma a contatto con alpinisti ed escursionisti che li raggiungano, che pernottano, che passano le serate assieme a loro. Poi, quando staccano, vanno a New York a imparare le lingue o in vacanza in Tailandia. «Prima che iniziasse la stagione ho lavorato per 8 mesi in una biblioteca di Cambridge» racconta Carolina Molin, 25 anni, studentessa a Bologna di Scienze della cooperazione internazionale. Lavora nel rifugio Città di Carpi, sui Cadini di Misurina a 2110 metri di altitudine. «Non so quali sbocchi professionali mi offra la laurea, ma l’argomento mi interessa, un sacco di attualità e storia moderna». Oltre che in Inghilterra, esperienze di lavoro in Irlanda, tre mesi, e altri tre a dare una 3 2 Altri giochi su www.corriere.it 6 8 5 9 4 3 8 7 5 2 6 1 9 6 5 9 8 4 1 7 3 2 1 7 2 6 3 9 8 5 4 9 4 6 3 2 7 5 8 1 5 1 7 4 6 8 9 2 3 8 2 3 9 1 5 4 7 6 7 6 1 5 9 3 2 4 8 3 8 4 2 7 6 1 9 5 2 9 5 1 8 4 3 6 7 28 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Cultura I dolori del giovane Dostoevskij Morte e risurrezione di un genio L’addio agli studi, gli esordi letterari, la mancata esecuzione di PIETRO CITATI U na leggenda, immaginata soprattutto da Freud, circonda la figura di Mikhail Andreevic Dostoevskij, padre di Fjodor. Non era affatto, come fantasticò Freud, un uomo violento, stupratore, assassino: il modello di Fjodor Karamazov. Era un eccellente medico, che aveva operato durante la guerra del 1812: un uomo emotivo, che tendeva a identificare i propri desideri con quelli di Dio; un padre severo, che aveva imposto ai figli un rigidissimo codice di moralità. Fjodor non l’aveva ubbidito: o l’aveva disubbidito nel pensiero, con un acuto senso di colpa. Quando il padre fu assassinato misteriosamente nel giugno 1839, il figlio scrisse pochissime parole al fratello, come se la cosa gli fosse indifferente o, invece, lo riguardasse così da vicino da costringerlo al silenzio. Contro il desiderio del figlio, che amava soltanto la letteratura, il padre aveva deciso di iscriverlo alla Scuola centrale del Genio di Pietroburgo, che veniva considerato il miglior istituto del genere in Russia ed offriva grandi vantaggi economici. Fjodor fu ammesso il 16 gennaio 1838: studiò assiduamente per sei anni: venne arruolato nel corpo del Genio, prestò servizio nel Dipartimento dei disegnatori ingegneri, e promosso sottufficiale e poi sottotenente. Studiava fisica, chimica, geognosia, geometria analitica, geometria descrittiva, calcolo differenziale, meccanica teorica, meccanica applicata, architettura civile e militare, arte delle fortificazioni. Pensiamo a Carlo Emilio Gadda: a ciò che significò, per lui, un’educazione scientifica involontaria. Non fu il caso di Dostoevskij, che soffrì per sei anni in quelle mura; e non ne trasse la minima suggestione o influenza, come se fosse tempo sciupato. Di quegli anni, ci restano alcuni ritratti e autoritratti. «Era forte e solido — scrisse K.A. Trutovskij —: il suo passo era brusco, il suo colorito grigiastro; aveva uno sguardo pensoso e, sul viso, un’espressione generalmente riflessiva. L’uniforme militare non gli stava bene. Stava sempre lontano dagli altri, solo e pensoso. Aveva l’aria seria, e non posso immaginarlo ridere od essere lieto in compagnia dei suoi condiscepoli». «Tuffato in un libro — aggiunse D.V. Grigorovic — sembrava che cercasse un luogo dove isolarsi. Presto lo scoprì, e questo diventò il suo soggiorno preferito. Era il vuoto nel muro di una grande classe le cui finestre davano sulla Fontanka. Durante le ricreazioni, si era sicuri di trovarlo lì, con il suo eterno libro in mano». Quanto a Dostoevskij, come scrisse nel luglio 1840 al fratello, «non sapeva chi fosse. Non sape- La vita Fjodor Dostoevskij (1821-1881), nella foto, è uno dei più grandi autori della letteratura mondiale. Tra i suoi capolavori: «Delitto e castigo», «I Demoni», «I fratelli Karamazov» Personalità irrequieta, tormentato da problemi di salute, Dostoevskij frequentò da giovane ambienti di opposizione, venne condannato a morte, graziato e deportato in Siberia. In seguito assunse posizioni conservatrici va se l’attività della sua anima fosse pura, giusta, chiara e limpida; o invece fosse erronea, inutile e vana, l’aberrazione di un cuore solitario che non si comprendeva, un bambino insensato, puro e ardente, ansioso ricercatore di qualche nutrimento spirituale». Leggeva moltissimo: Hoffmann, Balzac, George Sand, Walter Scott, Schiller, Victor Hugo, Cervantes, De Quincey, Sue: si perdeva e diventava se stesso in quelle letture; e gli amici ammiravano «la sua erudizione stupefacente». Si sentiva completamente estraneo alla Scuola del Genio e a se stesso: si annoiava e si torturava. Il 19 ottobre 1844 diede le dimissioni. «Non ho vestiti né denaro: non ho nulla per pagare i miei creditori; non ho casa, e per di più sono malato. Ma era impossibile servire più a lungo». *** Il disperato fuggiasco della Scuola del Genio non aveva nulla in comune con gli scrittori russi suoi contemporanei, come Turgenev e Tolstoj. I suoi fratelli abitavano lontano, in Francia: Balzac (o, per meglio dire, Lucien de Rubempré, il personaggio degli Splendori e miserie delle cortigiane), Nerval, Baudelaire, che quasi negli stessi anni scrissero i loro capolavori. Era melanconico e nevrastenico: soffriva di depressione; il cuore e il polso battevano in modo irregolare; e soprattutto credeva, immaginava, temeva di essere malato, sebbene non conoscesse ancora, in quegli anni, l’abisso dell’epilessia. Una ossessione non lo lasciava mai: cadere in un sonno letargico, ed essere sepolto vivo. «La mia salute — scriveva nel 1846 — è spaventosamente sconvolta; sono malato di nervi; e temo una follia calda o una follia nervosa». «Soffro — ripeteva — un’irritazione di tutto il sistema nervoso, e il male è giunto al cuore, trascinando un afflusso di sangue e una congestione». Un giorno, mentre attraversava una strada di Pietroburgo, vide un corteo funebre: ne fu così sconvolto, che svenne e fu costretto, con l’aiuto di qualche passante, a rinchiudersi in una drogheria vicina. Nell’autunno del 1845, Dostoevskij cominciò a frequentare i salotti di Pietroburgo. Avdoja Jakovlevna Panaeva lasciò questo ritratto: «Al primo sguardo si vedeva che era un giovane terribilmente nervoso e sensibile. Era magrissimo, piccolo, biondo, con un colorito malaticcio; i suoi piccoli occhi grigi correvano, inquieti, da un oggetto all’altro, e le sue labbra pallide trasalivano nervosamente. All’inizio, aveva l’aria confusa e timida e non partecipava alla conversazione generale. Poi la sua timidezza scomparve, e manifestava perfino un umore provocante, e si impe- gnava nelle dispute con ciascuno e, visibilmente, si intestava a contraddire. La sua giovinezza e il suo nervosismo gli impedivano di dominarsi: mostrava troppo manifestamente il suo amor proprio di scrittore e l’alta opinione che aveva di sé». Forse Dostoevskij non era affatto vanitoso: era solo cosciente del proprio talento, in un ambiente che non lo comprendeva e non lo riconosceva. Aveva una mente molteplice, come nessuno dei suoi contemporanei: mutava ogni momento, ogni volta che affrontava una nuova persona o un nuovo soggetto: era insieme sognante ed analitico; cercava l’eccesso e il rischio, perché ognuno dei suoi racconti doveva essere una avventura e una sfida. Come Nerval e Baudelaire, spendeva disperatamente denaro, cercando di distruggere se stesso: era sempre pieno di debiti; e appena ne pagava uno, ne apriva un altro, come se il debito fosse la condizione naturale e necessaria della vita. «Non ho un soldo, e non so come procurarmene», ripeteva. Così, per uccidere i debiti e la possibilità futura di debiti, proponeva al fratello e agli amici sempre più improbabili speculazioni editoriali e non editoriali. «Il guadagno — annunciava — sarà magnifico». Oppure: «Profitto economico enorme»; e non sappiamo se inventasse questi progetti o li copiasse da quelli, ancora più inverosimili, di Balzac e dei suoi personaggi. Come Dickens e De Quincey, Balzac e Poe, Nerval e Baudelaire, Dostoevskij era legato al mercato letterario. Era «uno schiavo della penna»: uno dei primi che esistessero in Russia; da ogni parte, scrittori, editori, direttori di riviste gli chiedevano romanzi, racconti, saggi, feuilletons. Dostoevskij protestava. «Che piaga — scrisse alla fine del 1846 — questo impiego da lavoratore giornaliero. Perdo tutto, il talento, la giovinezza, e il lavoro ripugna, e mi ritrovo, alla fine, scribacchino e non scrittore». «Per nulla al mondo — insisteva — accetterò di rovinare il mio romanzo… Voglio liberarmi — ripeteva nel febbraio 1849 — da questa schiavitù letteraria». Ma, al tempo stesso, scriveva i mirabili feuilletons dello Schernitore, dove rideva di tutto, scherniva il teatro, le riviste, ❜❜ Aveva una mente molteplice: era insieme sognante e analitico, cercava l’eccesso e il rischio ✒ Cultura materiale L’agronomo Cosimo Damiano Guarini con «Lovolio» illustra un patrimonio italiano la società, la letteratura, gli avvenimenti della storia, le esposizioni, le notizie dei giornali, le notizie dello straniero, insomma tutto: imitando il suo modello mentale, Lucien de Rubempré, l’eroe delle Illusioni perdute di Balzac. Sapeva che il feuilleton gli imponeva un dono tremendo: la fretta. Ma questa fretta dava una specie di felicità alla sua ispirazione: immagini sorprendenti, raccourcis geniali, rapidissime folgorazioni. *** Tra il 15 e il 17 maggio 1842 Gogol’ pubblicò il primo volume delle Anime morte: a partire da quel momento Dostoevskij dedicò la vita al meraviglioso poema-romanzo di Gogol’. Moltissimi giovani erano affamati di qualcosa: in attesa di qualcosa; e potevano soddisfare questo oscuro desiderio solo con le Anime morte. Così faceva Dostoevskij: lo leggeva il giorno: passava le ore della notte rileggendolo sempre di nuovo agli amici, come se il poema-romanzo non potesse finire mai. Lo imitò: lo trasformò; e, in pochi anni, le Anime morte diventarono Povera gente, Il sosia e farse geniali come L’albero di Natale e Lo sposalizio e La moglie altrui e Il marito sotto il letto. Nei primi giorni dell’aprile 1844, nel più grande segreto, Dostoevskij cominciò il romanzo Povera gente: lo corresse nell’aprile 1845, per pubblicarlo all’inizio del 1846 sulla «Raccolta pietroburghese». «Del mio romanzo — scrisse al fratello — sono seriamente soddisfatto. È una cosa severa ed armonica»: meno soddisfatti sono, probabilmente, i lettori di oggi. «Allora avvenne — scrisse Dostoevskij trent’anni dopo — qualcosa di così giovanile, fresco, buono, una di quelle cose che rimangono per sempre nel cuore di chi vi partecipa». Portò il manoscritto di Povera gente all’amico D.V. Gri- Improvvisi L’«invaiatura» e altri 25 motivi per amare le olive La perdita dell’Ignoto di CARLO VULPIO È un prezioso libretto che avrebbe fatto la gioia di Fernand Braudel, centrato com’è sulla «cultura materiale» della coltivazione dell’ulivo e della produzione dell’olio, prima nella Mezzaluna fertile e poi nel Mediterraneo. Ma è anche un libretto che piacerà ai bambini, perché l’ultima parte, VocabOleario, è dedicata a loro, con 26 voci e altrettanti disegni che li appassionino proprio a quella cultura materiale che non si studia a scuola e che si va perdendo, quando invece è utile e necessario sapere, per esempio, che l’invaiatura, essendo «la fase più importante della maturazione delle olive, quella in cui la buccia passa dal verde al rosso-violaceo», è il periodo in cui si ottiene l’olio migliore per gusto e caratteristiche nutrizionali. Dell’olio di oliva, fin dall’antichità, si conosce, oltre all’uso alimentare, quello per la filatura e la tessitura delle stoffe, per la produzione di sapone, per la pulizia e la cura del corpo. E si sa anche che è alla base della celebratissima dieta mediterranea, nel 2010 inserita dall’Unesco nel patrimonio immateriale dell’umanità. Ma non si sanno un sacco di SEBASTIANO VASSALLI di altre cose, che invece Lovolio di Cosimo Damiano Guarini pubblicato dalle edizioni Olio Officina di Milano (pp. 173, 15) ci fa scoprire, grazie alla competenza e alla passione dell’autore, un giovane agronomo che lavora nell’Oleificio cooperativo di Ostuni, in Puglia, e grazie ai contributi autorevoli di uomini di scienza quali Massimo Marianetti, Maurizio Servili, Carlo Franchini, Franco Mandelli ed esperti di settore come Luca Crocenzi, responsabile del mercato dell’olio di oliva nella Borsa merci telematica italiana. Dalla polifonia interdisciplinare di Lovolio si capiscono molte cose, che dovrebbero essere patrimonio culturale comune. Invece a malapena sappiamo cos’è l’olio extravergine di oliva, figuriamoci se sapremmo darne la definizione corretta, «l’unico grasso vegetale estratto attraverso processi meccanici», dalla quale passano non solo millenni di cultura agricola e alimentare (fino alla contemporanea «nutraceutica»), ma anche commerci e affari (sia leciti che truffaldini) miliardari. Sapere che la prima raffineria impiantata da Carlo Agnesi a Oneglia, in Liguria, nel 1820, avviò il processo che nel Novecento avrebbe portato alla commercializzazione dell’olio di oliva in lattina, significa capire che ci fu una rivoluzione alimentare, che prima cambiò le abitudini delle popolazioni della Pianura Padana e poi, attraverso l’insegnamento degli emigranti, anche quelle dei «barbari» degli Stati Uniti, dell’Australia e persino della Nuova Zelanda. Anche l’Italia però, ex primo produttore mondiale di olio di oliva (oggi lo è la Spagna), vive le sue contraddizioni. Una su tutte: è al tempo stesso il primo esportatore e il primo importatore di olio. Come mai? Colpa della rincorsa al ribasso del prezzo dell’olio e dell’invasione di olio comunitario ed extracomunitario, «magari in belle bottiglie dal nome italiano», che di italiano — non solo nell’origine del prodotto, ma anche nel modo di lavorarlo — non hanno nulla, visto che tutti i grandi marchi nazionali sono passati in mani straniere. Gli Etruschi invece non si facevano ingannare, importavano solo olio greco. Mentre i Romani, imparata l’arte, fecero in modo che in ogni villa vi fosse un uliveto e un frantoio. © RIPRODUZIONE RISERVATA B asterà un film per far piacere Leopardi agli italiani? In attesa di vederlo (il film), proviamo a leggere gualche pagina dello Zibaldone di pensieri. Per esempio queste righe del 16 giugno 1821 che sembrano scritte apposta per chi, al termine delle vacanze estive, è appena tornato da mete lontanissime, dove Dio sa cosa ha visto e cosa ha fatto: «Quanto più cresce il mondo rispetto all’individuo, tanto più l’individuo impiccolisce. I nostri antichi conoscendo pochissima parte di mondo, ed essendo in relazione con molto più piccola parte, e bene spesso colla sola loro patria, erano grandissimi. Noi conoscendo tutto il mondo ed essendo in relazione con tutto il mondo siamo piccolissimi. Applicate questo pensiero ai diversissimi aspetti sotto i quali si verifica che essendo cresciuto il mondo, l’individuo s’è impiccolito sì fisicamente che moralmente; e vedrete esser vero in tutti i sensi che l’uomo e le sue facoltà impiccoliscono a misura che il mondo cresce in riguardo loro». Ora, io non so se «l’individuo s’è impiccolito fisicamente», anzi sembrerebbe il contrario: ma certamente in questo pensiero c’è qualcosa di profetico, se si pensa a ciò che ha rappresentato l’Ignoto per la fantasia umana (per la scienza, per l’arte, per la poesia): quell’Ignoto che è stato sostituito, nel presente, dalla televisione, da Internet e dalle agenzie di viaggi. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 NEGATI DOCUMENTI DAL 1939 AL 1960 A sessant’anni dall’assegnazione del primio Nobel per la letteratura a Ernest Hemingway (1899-1961, nella foto), i nipoti dello scrittore hanno voluto omaggiare Cojimar, il piccolo villaggio di pescatori a pochi chilometri dall’Avana che ispirò Il vecchio e il mare. Ad accompagnare i nipoti un gruppo di scienziati che sperava di avere accesso all’archivio marino dello scrittore. Come è noto, Hemingway fu un abile pescatore. Durante i vent’ anni di permanenza a Cuba (1939-1960) catturò pesci di ogni Cuba non rivela quanti pesci prese Hemingway gorovic, che viveva insieme a Nekrasov. I due amici cominciarono a leggerlo per prova: «Dopo dieci pagine vedremo». Dopo aver letto dieci pagine, decisero di leggerne altre dieci, e poi, senza interruzione, rimasero tutta la notte a leggere ad alta voce, scambiandosi il libro quando erano stanchi. Alla fine, tutti e due erano entusiasti, e piansero a calde lacrime (come usava). Erano le quattro del mattino: una notte bianca di Pietroburgo, chiara come il giorno. Grigorovic supplicò Nekrasov di correre insieme a lui a casa di Dostoevskij, subito, senza esitare, per dirgli il loro entusiasmo. Intanto Dostoevskij, che non riusciva a dormire, aprì i vetri, e si sedette presso la finestra. Con sua grandissima sorpresa, ecco a un tratto suonare il campanello: Grigorovic e Nekrasov salirono le scale, e lo abbracciarono entusiasti e piangenti, salutandolo come «il successore di Puškin». «Essi rimasero da me — scrisse Dostoevskij — circa mezz’ora, e in questa mezz’ora Dio sa quanto ci dicemmo comprendendoci l’un l’altro a mezze parole, con esclamazioni, con furia: parlammo della poesia, della verità, della situazione del momento e, si intende, di Gogol’, ma soprattutto di Belinskij. Gli porterò oggi il vostro romanzo, disse Nekrasov, e vedrete che uomo, che uomo! Farete conoscenza, e vedrete che anima! Bene, adesso dormite, dormite, noi andiamo via! Come se potessi dormire dopo la vostra visita! commentò Dostoevskij. Quale entusiasmo, quale successo! Sono accorsi con le lacrime agli occhi, alle quattro del mattino, per svegliarmi, perché il libro era superiore al sonno. Ah, che bellezza!». Quando Vissarion G. Belinskij — un critico mediocre, in quegli anni famosissimo — lesse Povera gente, ripeté varie volte a Dostoevskij: Cultura 29 italia: 51575551575557 La città «Il fiume Zhdanovka a Petrograd» di Veniamin Pavlovich Belkin (18841951) «Ma capite voi, capite voi quello che avete scritto?»: gettando, come era sua abitudine, piccoli strilli. «Io — racconta Dostoevskij — uscii da casa come ubriaco. Mi fermai all’angolo della strada, guardai il cielo, il giorno chiaro, la gente che passava, e con tutto il mio essere sentii che nella mia vita era arrivato un momento solenne, un mutamento per sempre, qualcosa che non avrei supposto nemmeno nei miei sogni più appassionati. Ma sarò proprio davvero così grande?, pensavo, con un senso di vergogna». Per anni, Belinskij esercitò una grande influenza su Dostoevskij: lo educava al socialismo: gli parlava male di Cristo o bestemmiava di Cristo; ogni volta che sentiva quelle parole, il viso di Dostoevskij assumeva un’aria dolorosa, come se stesse per piangere. Nel 1848, ci fu una rottura tra Dostoevskij e il gruppo di Belinskij. Ma, quando Belinskij morì nel maggio 1848, Dostoevskij disse: «Qualcosa di terribile è accaduto — Belinskij è morto». Quindici giorni dopo Povera gente, il 1° febbraio 1846, Dostoevskij pubblicò Il sosia: il capolavoro della sua giovinezza. Nel Diario di uno scrittore, disse che l’idea del doppio era «grave e luminosa»: egli l’avrebbe inseguita per tutta la vita, dalle Memorie dal sottosuolo fino ai Fratelli Karamazov. Tutto quello che sentiva e pensava era doppio: cercava uno specchio: si faceva gioco di se stesso; si moltiplicava, generando un movimento, dove il vero e il falso, il reale e il fantastico, la sostanza e l’illusione si identificavano follemente. Cominciò a giocare, in modo sempre più vertiginoso: o, che è lo stesso, a ridere, portando all’estremo ognuna delle sue risate, fino a che la logica si perdesse nell’insensatezza e l’insensatezza diventasse logica. Tutti i generi e le forme letterarie si aprirono davanti a lui, e lui le percorreva con un passo trionfale d’artista. Proprio questo era, un artista: nessuno tra i suoi contemporanei era artista come lui; sebbene egli si accusasse, contro ogni ragione, di essere più poeta che artista e di non riuscire ad esprimere nemmeno la ventesima parte di quello che avrebbe voluto. *** Le rivoluzioni del 1848 e del 1849 in Europa occidentale sconvolsero Dostoevskij. «In Occidente — diceva — sta accadendo qualcosa di disastroso, qualcosa di tremendo: un dramma senza precedenti; questo terribile dramma mi interessa profondamente». Nel marzo 1847 aveva cominciato a partecipare ai venerdì del Circolo Petraševskj: un circolo fourierista, che possedeva una biblioteca piena di libri proibiti: Babeuf, Louis Blanc, Fourier, Victor Considérant, Proudhon, Claude de Saint-Simon. Chi veniva da Petraševskij il venerdì sera, trovava libri, samovar, conversazione. Nessuno cospirava contro lo Stato, sebbene il ministro dell’Interno vi avesse infiltrato una spia italiana. Dostoevskij conosceva poco e male Petraševskij: ma, in alcuni dei suoi venerdì, parlò di letteratura, personalità ed egoismo e di Krylov. Non amava, anzi detestava, l’ateismo diffuso nel Circolo. Ma, una sera, lesse ad alta voce la Lettera di Belinskij contro i Passaggi scelti dalla corrispondenza di Gogol’: il critico vi affermava che «se guardate più da vicino, vedrete che, nella sua essenza, il popolo russo è profondamente ateo». La lettura suscitò un grande entusiasmo: tutto il gruppo fu sconvolto ed elettrizzato. Dostoevskij ebbe un amico più insidioso: Nikolay Spešnev, un ricco proprietario di terre, che ricordava Stavrogin, il protagonista dei Demoni. «Stavrogin era elegante senza ricercatezza, mirabilmente modesto e nello stesso tempo sicuro di sé. I suoi capelli erano un po’ troppo neri, i suoi occhi chiari un po’ troppo quieti e sereni, il colore del suo viso un po’ troppo delicato e bianco, il rossore un po’ troppo vivo e puro, i denti come perle, le labbra di corallo». Era mite, pensoso, impenetrabile: ispirava confidenza, specialmente alle donne, che impazzivano per lui. Dichiarò apertamente di essere comunista; e fondò una società segreta, che voleva diffondere la rivoluzione. Per qualche tempo Dostoevskij ne subì l’influenza: ne era affascinato sebbene lo detestasse; e si fece prestare cinquecento rubli, che Spešnev non avrebbe mai permesso di restituirgli. «Bisogna che comprendiate — Dostoevskij disse al suo amico Janovskij —: ormai io ho il mio Mefistofele; sono con lui e gli appartengo». Il 23 aprile 1849, alle cinque di mattina, Dostoevskij fu risvegliato dal rumore di una sciabola militare che urtava un mobile, e da una voce che trovò «dolce e simpatica». «Alzatevi», disse lo sconosciuto; e cominciò a frugare tra i libri, le carte, i vestiti. Insieme a Dostoevskij furono arrestate trenta persone: lo zar Nicola I aveva deciso di sopprimere la minima manifestazione di pensiero indipendente, eliminando l’insegnamento di filosofia e metafisica all’università e trasferendo quello di logica alla facoltà di teologia. Il giorno dopo, 24 aprile, Dostoevskij venne portato nella cella 9 della Fortezza Pietro e Paolo: il comandante era il generale I.A. Nabokov, pro-prozio dell’autore di Lolita, il quale fu gentilissimo e scrupoloso con lui. ❜❜ «La vita è un dono, la vita è una felicità; ogni minuto può essere un secolo di felicità» La vita nella Fortezza ebbe fasi alterne. Dostoevskij dormiva cinque ore al giorno, svegliandosi quattro volte per notte, e talora non riusciva ad addormentarsi. Aveva incubi. Ma poi cominciò a passeggiare tra gli alberi del giardino: «Era una pura felicità». Ripassò affettuosamente i suoi ricordi: lesse con entusiasmo La conquista del Messico e La conquista del Perù di William Prescott, Gibbon, Jane Eyre di Charlotte Brontë, che gli parve «straordinariamente buono», un libro di Vite dei Santi; e scrisse con affetto un breve racconto, Piccolo eroe. «Lavoro, scrivo, cosa c’è di meglio? Mi accorgo che ho ammassato delle riserve di vita così grandi, che non potrei mai esaurirle. Sono cinque mesi, ormai, che vivo sulle mie risorse, cioè con la mia sola testa, senza null’altro. Pensare costantemente, non fare che pensare, senza nessuna impressione esterna per rigenerare e sostenere il pensiero è duro!...». Gli interrogatori si protrassero, senza sosta, sino alla fine del maggio 1849: Dostoevskij venne interrogato a voce e per scritto; il generale Rostovtzev gli disse: «Non posso credere che l’uomo che scrisse Povera gente abbia simpatia per que- Profili L’editore Castelvecchi ha appena ristampato il libro di Anna Grigorevna Dostoevskaja «Dostoevskij mio marito», a cura di Luigi Vittorio Nadai (pagine 430, 22) Anna Miltopeus (18461918), di origine scandinava, fu la seconda moglie di Dostoevskij, che la sposò nel 1867: la prima, Marija Isaeva, era morta nel 1864 L’opera più vasta e completa sulla vita di Dostoevskij è la biografia in cinque volumi (mai tradotta in Italiano) di Joseph Frank (19182013), edita da Princeton University Press tra il 1977 e il 2002 tipo, annotando considerazioni in diari custoditi dal governo cubano. Un patrimonio prezioso per il team americano, che puntava ad apprendere, attraverso essi, informazioni sulla fauna marina dell’epoca. Ma gli scienziati sono tornati a casa a mani vuote: il concilio del patrimonio nazionale culturale di Cuba — con un gesto che ricorda strascichi di guerra fredda — ha vietato ai ricercatori l’accesso ai documenti di Hemingway. (c.br.) © RIPRODUZIONE RISERVATA ste persone malvagie». Dostoevskij si difese: redasse una Spiegazione, che doveva completare la sua deposizione: ammise di aver letto ad alta voce la Lettera di Belinskij contro Gogol’, di aver richiesto la libertà di stampa e di aver aderito al fourierismo, «sebbene fosse inapplicabile in Russia». Ma ribadì con insistenza la sua lealtà allo Zar e al sistema monarchico, l’unico che potesse riformare la Russia. Il 17 settembre 1849, la commissione di inchiesta completò il suo lavoro e l’11 novembre una corte militare-civile decise di condannare alla pena capitale quindici accusati, tra cui Dostoevskij. Il 22 dicembre 1849, alle sette di mattina, i condannati furono condotti alla piazza Semenovskij. La piazza era coperta di neve appena caduta; ed era gremita di truppe e di una numerosa folla in silenzio, che rabbrividiva a ventun gradi sottozero. I volti dei condannati erano pallidissimi: qualcuno aveva i capelli rasati; e Spešnev, il più bello e affascinante, aveva un viso oblungo, malaticcio, giallastro, con le guance cave, senza più nulla della sua grazia. La voce di un generale ordinò silenzio: poi un ufficiale del servizio civile, con i documenti in mano, disse i nomi dei prigionieri, e pronunciò il verdetto di morte, a voce lenta, rivolto ad ognuno di loro. I condannati, indossando le loro bianche bluse di contadini e un berretto da notte — l’uniforme funebre — si avvicinarono al patibolo. Il sacerdote disse: «Fratelli! Prima di morire, pentitevi. Il Salvatore dimentica i peccati se uno si pente. Vi invito a confessarvi». Nessuno rispose all’invito: solo uno dei condannati uscì dalla fila, e baciò la Bibbia. Come Dostoevskij racconta nell’Idiota, quelli furono i suoi ultimi cinque minuti di vita: quei cinque minuti gli sembrarono un tempo interminabile, un’immensa ricchezza; gli parve che in essi avrebbe vissuto tante vite, così che per il momento non doveva pensare all’ultimo istante. Non lontano, c’era una chiesa, e il suo tetto dorato brillava sotto il cielo fulgido del mattino. Dostoevskij non poteva staccare gli occhi da quei raggi: gli sembrava che fossero la sua nuova natura, e che di lì a tre minuti si sarebbe fuso con essi. «Se potessi non perire! Pensava. Se si potesse far tornare indietro la vita, quale infinità». Poi ricordò L’ultimo giorno di un condannato di Victor Hugo e disse a Spešnev: «Nous serons avec le Christ» (saremo con Cristo); con un sorriso triste, Spešnev rispose: «Un peu de poussiére» (un po’ di polvere). I tamburi rullarono. Dostoevskij, che conosceva il linguaggio militare, comprese che le loro vite erano state risparmiate. Un aiutante di campo arrivò al galoppo, annunciando il perdono dello Zar: le nuove sentenze vennero lette ad ognuno dei condannati; e le bluse da contadino e i berretti vennero gettati via. Quando venne riportato in cella, Dostoevskij scrisse al fratello, comunicandogli che la pena capitale era stata trasformata in quattro anni in Siberia. «La vita — gli disse — è dovunque la vita, la vita è in me, e non nel mondo esterno…La vita è un dono, la vita è una felicità; ogni minuto può essere un secolo di felicità». Era esaltato, eccitato, trionfante: voleva essere purificato; e chiedeva di non essere dimenticato, dal fratello, dai figli di lui e dagli amici. Il 25 dicembre, mise per la prima volta i ferri: pesavano quattro chili, e gli rendevano difficile camminare. Nella notte attraversò le strade di Pietroburgo: era diretto ad Omsk; passò davanti alla casa del fratello, e alle sue luci natalizie accese. © RIPRODUZIONE RISERVATA Cortocircuiti Il romanzo vincitore del Campiello, «Morte di un uomo felice», si svolge nel 1981, quando nacque l’autore Fontana, un trentenne negli anni di piombo: ma non scrivo storia di IDA BOZZI C urioso che uno scrittore «giovane», nato nel 1981, anno in cui il suo protagonista romanzesco viene ucciso, abbia deciso di occuparsi di un periodo ancora da storicizzare e da analizzare, cioè la stagione del terrorismo. Più che il periodo storico, pur così denso e oscuro, tuttavia, Giorgio Fontana intendeva però analizzare i conflitti dell’individuo, il tormento di un uomo in una posizione difficile e pericolosa, quella raccontata appunto nel romanzo Morte di un uomo felice (Sellerio, 2014, pp. 280, 14) che sabato ha conquistato il Campiello con oltre un terzo dei voti dei 300 giurati lettori del Premio (per la precisione 107). «In realtà — spiega Fontana al “Corriere” — tutto ha inizio dal romanzo precedente, Per legge superiore (Sellerio, 2011), in cui già compariva come personaggio secondario il magistrato Giacomo Colnaghi, accanto al protagonista Roberto Doni. Una figura fittizia, Colnaghi, ma che mi affascinava. Mi interessava soprattutto indagare il problema della giustizia dal punto di vista del privato, e così è nato questo che io considero una sorta di “romanzo da camera”, mentre un giudiziario classico avrebbe reso il protagonista un magistrato d’assalto o una figura in qualche modo epica». Invece il giudice Colnaghi è un uomo d’altro stampo, ed è proprio questo l’aspetto che di lui colpisce di più. L’azione del romanzo si svolge appunto nel 1981 a Milano e il magistrato è un sostituto procuratore incaricato di indagini di terrorismo, in anni che sono quelli degli omicidi di Emilio Alessandrini e di Guido Galli. Il protagonista non si accontenta di indagare in modo convenzionale, tra piste da se- Giorgio Fontana (33 anni) sabato sera dopo la consegna del Campiello. «Morte di un uomo felice» è edito da Sellerio guire, sospetti da arrestare e interrogatori: vuole capire a fondo i motivi che spingono all’azione i terroristi, è un uomo che medita e si interroga. E contemporaneamente ricorda la vicenda del padre, partigiano morto ad appena 23 anni. «Volevo mostrare in quale modo — continua lo scrittore — l’esercizio della giustizia si può riverberare nella vita privata e nella coscienza di un uomo. Colnaghi è un uomo felice, normale, con una bella vita, una famiglia. Ma è una figura tormentata per diversi motivi: innanzitutto, perché vive il rovello della sua fede cattolica, o meglio il rapporto tra l’esercizio del giudizio, del tutto terreno, e la consapevolezza dell’esistenza di un giudizio superiore, e che si interroga sulla differenza tra giustizia e vendetta. L’altro suo rovello è cercare di comprendere, con l’indagine, le ragioni di questi che per lui sono dei ragazzi, mentre tutto finirà per confluire in una lunga scia di sangue». Colpito dalla possibilità di creare un personaggio con questo delicato conflitto interiore, Fontana si è gettato sulle carte, studiando il periodo attraverso i documenti giudiziari, gli articoli e le cronache dell’epoca. È uno scrittore che ha già narrato la realtà contemporanea (da ricordare oltre ai romanzi anche il suo reportage Babele 56 sugli immigrati, uscito nel 2008 per Terre di Mezzo), e si è documentato a Preparazione «Mi sono tuffato in quel periodo, però mi interessava indagare soprattutto la giustizia in chiave privata» fondo per rendere efficacemente un periodo storico distante. «Ero molto preoccupato di riuscire a ricostruire la complessità di quel periodo — spiega Fontana — accostandomi con rispetto e responsabilità. Anche se l’analisi non è il mio mestiere, e non è quello che mi interessa, mi sono tuffato in quel periodo che definire “oscuro” è errato, perché fa pensare subito all’idea del complotto e alla dietrologia. No: l’urgenza, rispetto a quel periodo, sta nel bisogno di un’analisi politica che possa chiudere determinate ferite ancora aperte. Non è questo il senso o il motivo del mio romanzo, io sono partito dal personaggio e poi mi sono tuffato nella storia del periodo. Ma credo che un’analisi di questo tipo sul terrorismo sia ancora da fare (e un’altra questione ancora più complessa è lo stragismo). E che si debba fare non solo sulle carte giudiziarie ma con lo studio e l’analisi seria di storici e di politici». © RIPRODUZIONE RISERVATA 30 italia: 51575551575557 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 31 italia: 51575551575557 Corriere della Sera SMS Idee&opinioni Le news più importanti in anteprima sul tuo cellulare. Invia un sms con la parola CORRIERE al 4898984 Servizio in abbonamento (4 euro a settimana). Per disattivarlo invia RCSMOBILE OFF al 4898984 Maggiori informazioni su www.corriere.it/mobile UN PRESTIGIO DA RICONQUISTARE SEGUE DALLA PRIMA La differenza tra la vita e il supplizio. Sul quale oggi litigano gli alleati occidentali. Raccontano che il presidente Obama sia «irritato» con quei partner che si piegano al ricatto. Fa trapelare critiche verso una linea che non solo alimenta le casse dei tagliagole ma crea fratture nell’opinione pubblica occidentale. Le madri degli ostaggi trucidati si chiedono giustamente «perché ai nostri figli è stata negata la possibilità di vivere?». Genitori che non possono avere comprensione per la ragion di Stato e sono intrappolati in un dilemma vecchio quanto il terrorismo. La base dal quale si parte è crudele quanto chiara. Uno Stato non può trasformarsi nel bancomat dei jihadisti. È giusto provare a tutelare i propri cittadini, tentare di salvarli ma senza garantire agli incappucciati il successo sin dal primo minuto. A loro basta mettere le catene ad un giornalista o un cooperante, quindi aspettano l’accordo. Nella maggior parte dei casi sanno già di aver vinto. Alla fine cambierà solo il prezzo della preda. Pochi i rischi, molti gli incentivi a riprovarci. L’atto di umanità per strappare un uomo alla mannaia ha portato sofferenze ad altri. L’errore è quello di aver creato in questi anni un sistema, ormai consolidato. Prima nella regione del Sahel, dove anche noi italiani abbiamo lasciato valigie piene di denaro alle bande di estremistipredoni, quindi in Siria e Iraq. Prolungamento di quanto fatto dopo l’invasione Usa del 2003 quando fazioni di ogni tendenza si sono lanciate in questo tipo di industria. Accettare il baratto comporta conseguenze immediate e nel lungo termine. Rafforza il potere contrattuale dei criminali. Spacca lo schieramento anti-terrore tra «duri» e «deboli». Aiuta i ricattatori sul piano propagandistico e mediatico. Crea l’economia dei sequestri con ruoli ben ripartiti. C’è chi va in cerca di ostaggi, li segnala o li cattura, poi li vende ai gruppi armati. Un mercato nero con i suoi mediatori, indispensabili quanto interessati che la cuccagna continui. È poi sbagliato riconoscere ai sequestratori il valore di una controparte che rispetta un contratto. È vero che il denaro ha aperto molto spesso le celle degli ostaggi. Ma ci sono stati casi dove i prigionieri sono stati assassinati comunque. Perché i loro carcerieri hanno deciso così e senza troppi dibattiti. Guido Olimpio © RIPRODUZIONE RISERVATA UN PACIFISMO FORTE E MENO IDEOLOGICO DOPO L’EPOCA DELLA GUERRA FREDDA ✒ Nei giorni scorsi, il canale Sky Arte ha proposto ai telespettatori il film splendido e orribile di Joshua Oppenheimer L’atto di uccidere (2012), che racconta la strage di un milione di comunisti e di cinesi seguita in Indonesia, nel 1965-66, al colpo di Stato militare contro il presidente Sukarno. Ma il film è sconvolgente perché Oppenheimer mette la cinepresa nelle mani degli sterminatori di allora, gangster e paramilitari tuttora impuniti e anzi fieri delle loro imprese, invitandoli a ricostruire essi stessi il genocidio. E i killer non si tirano indietro, fornendo una rappresentazione truculenta e grottesca del massacro, che oscilla fra torture brutali e carnefici travestiti da cow boys, corpi incendiati e romantiche musiche americane, orgoglio di stupratori e scenografie hollywoodiane. L’inferno di una memoria corrotta, che suscita domande aspre anche nel nostro emisfero. Impossibile non chiedersi a quante stragi, nei decenni della Guerra fredda, gli europei hanno assistito senza neppure rendersene conto, con suprema distrazione, protetti da una distanza che, ai tempi, era materiale e mentale. Al- l’ombra della diarchia Usa-Urss, non ce ne siamo quasi accorti. O abbiamo manifestato nelle piazze pacifiste, ma per attaccare l’imperialismo (americano), assai meno perché quelle stragi toccavano la nostra sicurezza e la nostra coscienza. Oggi invece, nel disordine seguito al 1989, i conflitti entrano nelle case delle famiglie, sono immagini in tempo reale, decapitazioni, città sventrate, gas sui civili, volti di donne e bambini presi in ostaggio. E l’opinione pubblica europea, anche nel pieno di una grave crisi economica, appare coinvolta, emozionata, sollecitata. Un passo avanti, per quanto amaro. Forse, rispetto alle manipolazioni psichiche e ideologiche del passato, il pacifismo europeo nato all’indomani della grande morìa del ‘14-18 diventa sempre meno sostenibile. Culturalmente, prima ancora che politicamente. Del resto, è lo stesso papa Francesco a chiedere che le vittime della violenza politica siano salvate dagli aguzzini. Nessun pontefice era mai stato così chiaro. SEGUE DALLA PRIMA di ANGELO PANEBIANCO SEGUE DALLA PRIMA Il Parlamento, in primo luogo, avrebbe affrontato da tempo la questione dell’elezione dei membri delle due istituzioni senza aspettare il severo richiamo che è stato costretto a fare il Presidente della Repubblica. In secondo luogo, non avrebbe fatto della scelta dei candidati per le suddette istituzioni, un terreno di regolamento di conti e di scontri entro i partiti coinvolti. Per non incorrere nel biasimo dell’opinione pubblica. Se il Parlamento può trattare così Corte costituzionale e Csm è perché nessun parlamentare o capo-fazione parlamentare si aspetta di essere «sanzionato» dall’opinione pubblica. Ed è, il suo, un calcolo giusto. Un tempo (nell’epoca della cosiddetta Prima Repubblica o «Repubblica dei partiti») si diceva che le istituzioni repubblicane godessero di basso prestigio e considerazione a causa dell’esistenza di partiti politici forti e radicati nella società. Erano quei partiti, non le istituzioni, i veri depositari della lealtà e della deferenza dei cittadini. Finita l’era dei partiti forti, lealtà e deferenza non si sono però trasferiti sulle istituzioni, né su quelle rappresentative (parlamento, governo) né su quelle di garanzia (come la Corte costituzionale). Con un’unica eccezione: la Presidenza della Repubblica. Il suo prestigio è andato crescendo nel corso dei decenni. E anche i suoi poteri di fatto sono cresciuti. Nella prima Repubblica il Presidente era marcato stretto dai partiti, la sua autonomia e i suoi poteri di fatto erano molto limitati. Finita quell’epoca, finiti i partiti forti, il Presidente ha acquisito sia molto più prestigio di un tempo sia molta più autonomia. Se il Presidente della Quinta Repubblica francese viene tradizionalmente considerato un «monarca repubblicano», in un contesto assai diverso (parlamentare anziché semi-presidenziale) tale appellativo può applicarsi anche al Presidente italiano. Vari fattori hanno concorso a questo risultato: la durata della carica, il suo carattere monocratico e le qualità di alcuni degli ultimi occupanti della carica (Ciampi, Napolitano). Perché altre istituzioni non hanno seguito la strada della Presidenza della Repubblica, perché non hanno acquisito anche loro prestigio in concomitanza con il declino dei partiti? Perché, in particolare, non l’hanno ottenuto né la Corte costituzionale né il Csm? Per molte ragioni (compreso il fatto che si tratta di organi collegiali e non monocratici). Sicuramente anche perché, negli ultimi decenni, queste istituzioni non sono riuscite a conquistarsi con la loro attività il rispetto dell’opinione pubblica. Non poteva riuscirci il Csm, organo lottizzato dalle correnti della magistratura e, proprio per questo, impossibilitato a imporsi sulle componenti meglio organizzate della corporazione o sui magistrati dotati di maggior seguito mediatico. L’opinione pubblica non ha mai individuato nel Csm un organo capace di svolgere con imparzialità, senza guardare in faccia nessuno, la sua attività disciplinare e di contrasto agli abusi commessi nell’ambito del lavoro giudiziario. ❜❜ Spetta alla Consulta e al Consiglio superiore della magistratura una riflessione collettiva sugli errori passati Ma neanche la Corte costituzionale è riuscita a conquistarsi con la sua attività sufficiente prestigio. A torto o a ragione, non è riuscita a guadagnarsi quel rispetto che una Corte costituzionale può acquistare in un solo caso: se viene universalmente riconosciuta come un feroce cane da guardia a difesa dei diritti e delle libertà dei singoli, impegnato in una costante azione di contrasto degli abusi commessi dall’amministrazione o dalla politica parlamentare ai danni dei cittadini. Le ragioni sono sicuramente molte. Una di esse può essere, ad esempio, una certa affinità culturale — che non predisponeva al conflitto — fra diversi membri della Corte che si sono succeduti nel tempo e i funzionari amministrativi. Comunque sia, è un fatto che i cittadini non hanno riconosciuto nella Corte una sicura difesa contro le frequenti angherie dell’amministrazione. Si raccoglie ciò che si è seminato. Se non vorranno essere anche in futuro, come sono oggi, oggetto di brutali attività spartitorie, Corte costituzionale e Csm dovranno dedicare qualche riflessione collettiva a ciò che non va nel loro rapporto con l’opinione pubblica e a ciò che dovrebbe essere fatto per migliorare le cose. © RIPRODUZIONE RISERVATA ANGELA MERKEL ALLA PORTA DI BRANDEBURGO L’Europa contro l’antisemitismo di DAVID BIDUSSA Paolo Macry © RIPRODUZIONE RISERVATA È ORA CHE RENZI FACCIA I NOMI DI CHI OSTACOLA LE RIFORME Egli deve spiegare bene ai cittadini le riforme che intende varare, illustrandone con accuratezza i modi e i vantaggi sperati, ma non nascondendone anche gli eventuali prezzi da pagare. Promettendo peraltro che tali prezzi saranno equamente ripartiti e facendo vedere che mantiene le promesse. Deve anche indicare con chiarezza, però, chi sono coloro che si oppongono a quei provvedimenti, e per quale motivo. Ripeto, facendo con coraggio i nomi e i cognomi: non già per darsi un’inutile aria da Rodomonte, ma perché in un momento difficile e nella prospettiva di pesanti sacrifici, in un momento in cui sono necessarie riforme radicali e spesso dolorose, le maggioranze parlamentari non bastano. È necessario che la volontà riformatrice dall’alto sia sostenuta dall’appoggio massiccio e convinto dell’opinione pubblica, in una Elezioni per Corte costituzionale e Csm La commedia che svilisce due istituzioni DORIANO SOLINAS PAGARE IL RISCATTO AI TERRORISTI IL DILEMMA CHE DIVIDE L’OCCIDENTE battaglia in cui però risulti chiaro chi è l’avversario e quali i suoi interessi. È perciò che la posta e i giocatori devono essere ben evidenti: dal momento che proprio la pubblicità è la nemica mortale di tutte le lobby e di tutti i gruppi d’interesse particolari, abituati per loro natura ad agire per linee interne contro l’interesse generale. L’obiettivo di Renzi, invece, deve essere per l’appunto quello di far capire dove sia l’interesse generale spiegando e convincendo giorno per giorno e mobilitando intorno all’interesse generale l’opinione pubblica. A questo unico fine egli d’ora in poi dovrebbe ispirare il suo rapporto con il Paese e modellare la propria immagine. Altrimenti prima o poi gli si aprirà davanti la stessa via percorsa da Berlusconi: che era tanto simpatico, tanto accattivante, vinceva le elezioni, ma alla fine non ha combinato nulla che meriti di essere ricordato. Ernesto Galli della Loggia © RIPRODUZIONE RISERVATA L a scena di ieri alla Porta di Brandeburgo, è destinata ad entrare nelle fotografie che hanno fatto la storia della Germania come storia dell’umanità. Per il luogo, ma anche per la responsabilità che la politica prende su di sé quando molte voci tacciono. Il luogo prima di tutto. Si potrebbe pensare alla sera del 9 novembre 1989 quando migliaia di persone si riversarono laddove fino a pochi attimi prima si esprimeva il confine e la frattura della Germania. Oppure alla scena poche ore dopo, sempre lì, sullo spazio improvvisamente aperto che porta Rostropovich a suonare il suo violoncello di fronte a quella soglia che lo divideva da quel mondo da cui era fuggito ma verso il quale sarebbe voluto tornare volentieri, pur senza nostalgie. In quelle due immagini, la Germania e per essa il mondo mettevano il naso guardando al di là del vecchio confine per tentare di ricostruire un ponte e riprendere a dialogare. La responsabilità, in seconda istanza. Varsavia, 7 dicembre 1970. Fuori protocollo, il Cancelliere tedesco Willy Brandt si mette in ginocchio di fronte al monumento che ricorda il luogo in cui una volta sorgeva il Ghetto di Varsavia. In quel gesto stavano molte cose. Quella più evidente: il capo di un governo che allora corrispondeva a una parte della Germania, prendeva su di sé pubblicamente e ufficialmente la responsabilità del passato del suo Paese. Quello meno evidente: Willy Brandt rendeva omaggio alle vittime di una Germania che non era la sua, ma di cui doveva e voleva farsi carico. Brandt, in nome della sua storia, della storia di una Germania, infatti avrebbe potuto dire: «gli atti di quella parte non mi riguardano. Io ho combattuto dall’altra parte». Era vero ma una figura pubblica se vuole essere un politico deve essere in grado di andare oltre se stesso e, allo stesso tempo, affermare il senso e il ruolo della responsabilità che lo coinvolge in quanto figura pubblica. Lo stesso è accaduto a Angela Merkel ieri. Qualcuno potrà vedervi il gesto reiterato della Germania democratica che non dimentica il passato e perciò decide di esser- ❜❜ Una presenza che rimanda ad altre immagini storiche, un segnale contro l’intolleranza ci. Ma anche decide di non limitarsi a testimoniare con la propria presenza, e dunque va oltre. Prendere la parola ieri alla Porta di Brandeburgo non riguardava tanto il passato quanto, soprattutto, il futuro. Il passato. Prendere la parola ieri ha significato assumere su di sé il compito di rispondere preventivamente ai piccoli o limitati segni di un possibile ritorno dell’antisemitismo nel proprio territorio. Il futuro. Nelle parole e nella presenza di Angela Merkel alla Porta di Brandeburgo ieri c’era anche molto di più. Questo di più non riguarda solo i tedeschi, ma anche cittadini di una cosa che si chiama Unione europea. Insomma noi. Angela Merkel era lì e ha preso la parola per tutti noi europei che di fronte ai segnali delle nuove intolleranze che qua e là per l’Europa tornano a segnare luoghi carichi di memoria e di storia non abbiamo parlato. C’era un segnale da dare e a darlo doveva essere l’Europa. Non l’ha dato il presidente della Commissione europea e allora in sostituzione lo ha dato la figura che molti guardano con sospetto essere il leader politico dell’Europa. Anche questo c’era nella scena di ieri. E forse questo, fra tutti i segnali, evidenti e meno evidenti, è quello che ci dovrebbe dare da pensare su cosa significa oggi assumersi la responsabilità di fare una politica europea. © RIPRODUZIONE RISERVATA 32 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 REGIONE TOSCANA - Giunta Regionale Direzione Generale Presidenza Settore Programmazione e Controllo Finanziario Via di Novoli 26 - 50127 Firenze, Italia ESTRATTO DI BANDO DI GARA Procedura e criterio di aggiudicazione: Asta Pubblica - metodo delle “offerte segrete” - prezzo più elevato rispetto alla base d’asta. Oggetto: Cessioni di azioni societarie delle seguenti società partecipate dalla Regione Toscana: ENTE VALORIZZAZIONE ACQUE MINERALI EVAM S.P.A - FIRENZE PARCHEGGI S.P.A. - GOLF LA VECCHIA PIEVACCIA S.P.A.. Luogo di esecuzione della prestazione: Firenze - Italia. Durata o termine d’esecuzione: Al termine dell’espletamento delle procedure di prelazione e/o gradimento da parte dei soci, previste dagli statuti societari. Importo stimato: € 554.180,49. Termine per la presentazione delle offerte o della presentazione delle domande: ore 12,00 del 10 Ottobre 2014. L’avviso di asta pubblica è pubblicato e sulla GURI e sul BURT. Il disciplinare di gara, insieme ai documenti di gara, sono disponibili ai seguenti indirizzi Internet: http://www.regione.toscana.it/bandi. Il Dirigente responsabile del contratto Paola Bigazzi INVESTMENT MANAGEMENT ESTRATTO BANDO DI GARA Oggetto: : Fornitura di cordoni per la connessione dei gruppi di misura ai TA e TV per forniture MT e per la connessione dei gruppi di misura per forniture MT su quadro DY808. Procedura e Criterio di Aggiudicazione: Prezzo più basso. Denominazione conferita all’appalto dall’ente aggiudicatore: APR000112240. Tipo di Appalto: Fornitura. Luogo di consegna: Tutto il territorio nazionale italiano. CPV (vocabolario comune per gli appalti): 31321220. Divisione in lotti: no Quantitativo o entità totale: 1000 cordoni per la connessione dei gruppi di misura ai TA e TV per forniture MT di lunghezza m 6 Matr. Enel 539003, n. 2500 cordoni per la connessione dei gruppi di misura ai TA e TV per forniture MT di lunghezza m 12 Matr. Enel 539005, n. 400 cordoni per la connessione dei gruppi di misura per forniture MT su quadro DY808 Matr. Enel 539006. Su tali quantitativi è prevista una tolleranza del 20%. Opzioni: Sì.- Fino ad un massimo del 50% dell’importo del contratto, tolleranza compresa, da esercitare entro il periodo di validità contrattuale. Durata della fornitura: 12 mesi. Tipo di procedura: Negoziata. Termine per il ricevimento delle domande di partecipazione: 18.09.2014. Testo integrale del Bando: Il testo integrale del Bando è stato pubblicato sul supplemento alla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea (GU/S) del 09.08.2014 numero 2014/S 152-273835. AVVISO Fondi comuni di investimento immobiliari chiusi “BNL Portfolio Immobiliare” “Estense – Grande Distribuzione” Il valore unitario della quota di partecipazione al 30 giugno 2014 è pari a: - Euro 975,570 per il fondo BNL Portfolio Immobiliare; - Euro 1.103,524 per il fondo Estense – Grande Distribuzione. La Relazione semestrale al 30 giugno 2014 dei suddetti Fondi, è a disposizione del pubblico presso la sede di BNP Paribas REIM SGR p.A., sul sito internet www.reim.bnpparibas.it, presso la sede di BNP Paribas Securities Services – Succursale di Milano (Banca depositaria) e sul meccanismo di stoccaggio autorizzato all’indirizzo www.1info.it. I Fondi “BNL Portfolio Immobiliare” e “Estense – Grande Distribuzione” sono quotati sul MIV – segmento Fondi Chiusi di Borsa Italiana S.p.A.. Milano, 15 settembre 2014 ENEL Servizi s.r.l. Maurizio Mazzotti SERVIZIO APPALTI - CONTRATTI ASSICURAZIONI DEMANIO E PATRIMONIO Il Comune di Salerno indice gara per l’affidamento dei lavori di “Realizzazione dei nuovi Uffici Giudiziari - Cittadella Giudiziaria - 2° stralcio - Completamento”, mediante procedura aperta ad evidenza pubblica, l’aggiudicazione avverrà con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il testo integrale e le modalità di partecipazione, è disponibile sul sito internet www.comune.salerno.it - sezione bandi e concorsi. Il termine ultimo per la presentazione delle Istanze di partecipazione alla procedura aperta scade il 30/10/2014 ore 12.00. IL DIRIGENTE DEL SERVIZIO Avv. Luigi Mea Per la pubb pubblicità legale e finanziaria fina rivolgersi a: Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano Tel. 02 2584 66 6665/6256 - Fax 02 2588 6114 Via Campani Campania, 59 - 00187 Roma 8650 - Fax 06 6882 8682 Tel. 06 6882 86 Vico II San N Nicola alla Dogana, 9 80133 Napoli Napo Tel. 081 49 777 11 - Fax 081 49 777 12 Via Villari, 50 - 70122 Bari Tel. 080 5760 111 - Fax 080 5760 126 RCS MediaGroup S.p.A. Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano BNP Paribas REIM SGR p. A. Via Carlo Bo, 11 - 20143 Milano ESTRATTO BANDO DI GARA Friuli Venezia Giulia Strade Spa ha avviato la procedura aperta 03-2014, suddivisa in nove lotti, avente ad oggetto “Servizio di manutenzione ordinaria ricorrente e di pronto intervento. Opzione ripetizione servizi analoghi per ulteriori due anni”. Luogo di esecuzione: Province di Trieste, Udine Gorizia e Pordenone Tempo utile: giorni 365 Importo complessivo € 1.660.000,00 di cui € 60.391,74 per oneri sicurezza (€ 4.980.000,00 con eventuali rinnovi) Cat. servizi 1. L’aggiudicazione verrà effettuata con il criterio del prezzo più basso ai sensi dell’art. 82, co. 2 lett. a) del d.lgs. 163/06 e s.m.i. Il bando è stato inviato alla G.U.C.E. il 21/08/14 e pubblicato sulla G.U.R.I. n. 98 del 29/08/14, all’Albo Pretorio dei Comuni di TS,GO,UD,PN, all’Albo Stazione appaltante e sui siti www.fvgstrade.it www.regione.fvg.it www.serviziocontrattipubblici.it ed è disponibile, unitamente al disciplinare di gara e gli altri allegati, presso U.O. Gare e Contratti della Società, Via Mazzini, 22 34121 TRIESTE tel. 040-5602208 fax 040-764502. Le offerte dovranno pervenire presso questa Società entro le ore 12.00 del giorno 14/10/14, la prima seduta pubblica si terrà il giorno 16/10/2014. IL PRESIDENTE - avv. Roberto Paviotti AZIENDA OSPEDALIERA S. CAMILLO FORLANINI AZIENDA OSPEDALIERA S. CAMILLO FORLANINI P.zza Carlo Forlanini, 1 00151 ROMA TEL. 06/55552580 - 55552588 - FAX 06/55552603 ESTRATTO BANDO DI GARA Questa Azienda ha indetto una gara a procedura aperta per la “fornitura biennale di Dispositivi medici per elettrofisiologia ed Elettrostimolazione” per un importo pari a € 2.926.600,00 s/iva. La gara verrà aggiudicata ai sensi del D.Lgs. n. 163/06 art. 83. Le offerte e la documentazione amministrativa dovranno pervenire all’Azienda - c/o l’Ufficio Protocollo - P.zza Carlo Forlanini, 1 - 00151 Roma entro e non oltre le ore 12 del 05/11/2014 pena l’esclusione. Il bando è stato pubblicato sui siti internet www.regione.lazio.it, http://www.serviziocontrattipubblici.it e http://www.scamilloforlanini.rm.it/benieservizi a quest’ultimo indirizzo verranno rese pubbliche le comunicazioni inerenti la presente gara; Data d’invio GUCE: 05/09/2014; Il responsabile del procedimento: Dott. Paolo Farfusola. IL DIRETTORE GENERALE Dott. Antonio D’Urso P.zza Carlo Forlanini, 1 00151 ROMA TEL. 06/55552580 - 55552588 - FAX 06/55552603 ESTRATTO BANDO DI GARA Questo Azienda ha indetto una gara a procedura aperta per la “fornitura biennale di Dispositivi medici e protesi per neuroradiologia” per un importo pari a € 1.896.660,00 s/iva. La gara verrà aggiudicata ai sensi del D.Lgs. n. 163/06 art. 83. Le offerte e la documentazione amministrativa dovranno pervenire all’Azienda - c/o l’Ufficio Protocollo - P.zza Carlo Forlanini, 1 - 00151 - Roma entro e non oltre le ore 12 del 12/11/2014 pena l’esclusione. Il bando è stato pubblicato sui siti internet www.regione.lazio.it, http://www.serviziocontrattipubblici.it e http://www.scamilloforlanini.rm.it/benieservizi a quest’ultimo indirizzo verranno rese pubbliche le comunicazioni inerenti la presente gara; Data d’invio GUCE: 05/09/2014; Il responsabile del procedimento: Dott. Paolo Farfusola. IL DIRETTORE GENERALE Dott. Antonio D’Urso www.reim.bnpparibas.it TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA SEZIONE FALLIMENTARE FALLIMENTO GICO COSTRUZIONI SPA N. 1218/04 Con ordinanza del 16 aprile 2014, il Dott. Umberto Gentili, Giudice Delegato al fallimento GICO Costruzioni S.p.A. n.1218/04, ha disposto la vendita con incanto dell’immobile sito in Via del Gesù n. 58-59, come meglio descritto nella relazione peritale redatta dall’Ing. Lello Anav e depositata presso la Cancelleria, lotto unico, al prezzo base di euro 3.150.000,00 (tremilionicentocinquantamila/00), con rialzo minimo obbligatorio di euro 150.000,00 (centocinquantamila/00). Le offerte in aumento non potranno essere inferiori ad euro 150.000,00 (centocinquantamila/00). La vendita con incanto è fissata per il giorno 30 ottobre 2014, alle ore 12,30 avanti al Giudice Delegato Dott. Umberto Gentile, nell’aula di udienza della Sezione Fallimentare del Tribunale di Roma in viale delle Milizie 3/E. Per partecipare all’incanto ogni offerente dovrà depositare in Cancelleria, entro le ore 12,00 del 29 ottobre 2014, un’offerta, in bollo, in busta chiusa con versamento, tramite assegno non trasferibile e a titolo di cauzione, di un importo pari ad un decimo del prezzo a base d’asta. Il prezzo di acquisto dovrà essere depositato entro 60 giorni dall’aggiudicazione mediante bonifico bancario sul c/c intestato alla procedura. Entro lo stesso termine andrà versato l’importo, determinato dal curatore, che risulterà dovuto per oneri fiscali e spese di vendita. Tutti gli interessati all’acquisto possono visitare l’immobile posto in vendita telefonando al Curatore Prof. Avv. Emmanuele F.M. Emanuele al n. 0664790322 o inviando richiesta a mezzo fax al n. 0698871934. Il Curatore provvederà direttamente, o tramite il proprio coadiutore, ad accompagnare l’interessato nella visita dell’immobile entro 10 giorni dalla richiesta. L’ordinanza di vendita e la perizia di stima sarà visibile sul sito “www.astegiudiziarie.it” almeno 45 giorni prima della data dell’incanto. Roma, 18 giugno 2014 Il Curatore Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 33 italia: 51575551575557 Lettere al Corriere Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a: «Lettere al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79 CORRUZIONE INTERNAZIONALE UNA ASIMMETRIA GIURIDICA Risponde Sergio Romano Vengo a conoscenza dell’ennesimo caso di indagine da parte delle procure nei confronti di amministratori aziendali per l’ipotesi di «corruzione internazionale». Ritengo che nel mondo certe pratiche siano purtroppo quasi necessarie per la riuscita di certi affari; gli italiani si comportano come tutti gli altri — americani, francesi, cinesi o tedeschi che siano — per portare a casa il risultato ed è un idealista chi volesse affermare che in realtà nel mondo la concorrenza si basa su principi di lealtà. Per quanto riguarda l’ambito interno, sono assolutamente d’accordo nel sostenere l’idea secondo cui tra ditte italiane che danno lavoro ad italiani ci debba essere una competizione leale e legale: qualora una si avvalesse della corruzione per spuntarla sulle altre, dovrebbe essere severamente condannata. Nell’ambito internazionale, però, visto come funzionano le cose, non si potrebbe chiudere un occhio e lasciare che le nostre aziende, facendo i loro interessi, riportino un successo anche per la nostra comunità nazionale? Luca Polles luca.polles@virgilio.it detrazione dei redditi. Perché soltanto in Italia ci comportiamo da ipocrite anime belle? Fausto Floreani Majano (Ud) «C Leggo che i vertici dell’Eni sono stati indagati per fatti corruttivi in Nigeria. Senza entrare nel merito, preciso che ho lavorato per diversi anni in quel Paese dove, se le aziende non pagano (americani compresi), non fanno affari né grandi né piccoli. Tutti i governi ne sono a conoscenza, tanto che alcuni di essi, addirittura, riconoscono gli extracosti in CASO DEI MARÒ per la mancanza di lavoro che porta a limitare allo zero virgola l’ipotetica crescita economica. Il lavoro non c’è perché mancano i consumi che sono legati al lavoro: manca, in sostanza, il denaro. Senza una drastica e immediata riduzione della spesa pubblica e una saggia privatizzazione di strutture pubbliche per liberare risorse da investire in opere che favoriscano l’occupazione, il Paese non si risolleva. Desideri incompatibili Caro Romano, la Corte indiana ha permesso a Massimiliano Latorre, uno dei due marò trattenuti in India con l’accusa di avere ucciso due pescatori, di tornare a casa per curarsi. Sembra però che il tribunale abbia chiesto un impegno scritto al nostro Paese per un rientro a New Delhi entro 4 mesi. Visti i precedenti, mi auguro che Latorre, una volta guarito, non torni. E spero vivamente che l’altro fuciliere torni presto in Italia, senza aspettare che si ammali! Giorgio Galli, Fenegrò (Co) STIPENDI / 1 Militari in missione Il sistema di pagare così così i militari in patria e strapagarli quando in missione costituisce una Silvano Stoppa silvano.stoppa@gmail.com Temo che i due desideri possano rivelarsi incompatibili. IMMEDIATE E DRASTICHE Misure per la ripresa La tua opinione su sonar.corriere.it Ogni giorno tutti gli organi competenti ci dicono che abbiamo bisogno di crescita per risollevare il Paese. È vero: il Paese è in ginocchio sia per il mostruoso debito pubblico, sia Maroni sull’eterologa a pagamento: «Decido io come spendere i soldi della Regione». Siete d’accordo? Cari lettori, hiudere un occhio» non è ciò che le società democratiche dovrebbero chiedere ai loro governi e non è sempre, comunque, una pratica efficace. Gli scandali scoppiano, prima o dopo, e costringono i governi ad assumere una pubblica posizione. Alcuni Paesi, fra cui la Germania, avevano constatato l’esistenza di un problema e avevano giudica- to opportuno approvare una legge che consentiva d’iscrivere in bilancio le somme spese per «oliare le ruote» di un Paese in cui gli affari si fanno soltanto comprando la buona volontà di uomini politici e alti burocrati. Ma anche la Germania dovette fare un passo indietro quando l’Organizzazione per la Cooperazione economica e lo Sviluppo patrocinò alla fine degli anni Novanta una convenzione sulla corruzione nei rapporti d’affari internaz i o n a l i . Q u a l c h e P a es e espresse dubbi e perplessità, ma la convenzione venne presentata alla pubblica opinione come lo strumento che avrebbe dato un decisivo contributo alla moralità dei mercati in epoca di crescente globalizzazione, un esempio di civiltà che l’Occidente aveva il dovere di dare al mondo. Per il timore di esse- re esposti a una sorta di linciaggio morale, gli scettici si lasciarono convincere e la convenzione risulta essere stata ratificata da 41 Paesi. L’Italia ha depositato la sua ratifica il 15 dicembre 2000 e l’ha resa operante nel febbraio 2001. Temo che gli scettici non avessero torto. È stato dimenticato che esistono ancora nel mondo numerosi Stati patrimoniali, ovvero Stati in cui i ceti che amministrano e governano si considerano proprietari delle risorse nazionali e le trattano come beni personali. Si è creata così una asimmetria giuridica. Quali che siano gli strumenti previsti dalla legge, non sarà mai facile punire i politici e i burocrati stranieri, ma sarà più facile, grazie alla Convenzione, punire gli imprenditori italiani. dell’indennità di missione ai livelli degli altri eserciti? Ho qualche dubbio. il governo. Maresciallo Guido Guasconi, Borgonovo (Pc) maliziosa anomalia tutta italiana. Anche negli altri Paesi sono previsti incentivi per i soldati in zona di operazioni: nella «Légion étrangère«, ad esempio, la paga raddoppia, non sestuplica come da noi. Il personale delle Forze armate chiede, giustamente, l’aumento delle paghe tabellari, però si tace sulle paghe di fatto le quali, grazie alle missioni estere cui a turno quasi tutti partecipano, sono assai più alte. Accetterebbero, gli interessati, un aumento stipendiale anche consistente, a fronte della riduzione Forze dell’ordine Premesso che sono favorevole all’aumento dello stipendio alle Forze dell’ordine e a dotarle di migliori mezzi, se andrà in porto lo sblocco salariale come promesso dal ministro Alfano,questo scatenerà le proteste (alcune giuste, altre meno) e la gelosia delle altre categorie che attendono anch’esse da anni lo sblocco dei contratti. Paradossalmente questo atto, di per sé giusto, potrebbe essere un autogol per La domanda di oggi Sì La regina Elisabetta sul referendum in Scozia: «Pensate al vostro futuro». Ha fatto bene a intervenire? No 59 Fabio Todini fabiotdn@gmail.com CARCERI SOVRAFFOLLATE Qual è la soluzione? STIPENDI / 2 SUL WEB Risposte alle 19 di ieri 41 © RIPRODUZIONE RISERVATA La presidente della Camera ci informa che le carceri sono piene e la riabilitazione dei detenuti ostacolata. Parole sacrosante. Ma se l’indulto non è, giustamente, una priorità e la costruzione di nuove prigioni non è nell’agenda governativa come se ne esce? Umberto Gaburro Guidizzolo (Mn) SPESE DA TAGLIARE L’imbarazzo della scelta Renzi chiede a tutti i ministri dove intendono tagliare per rispettare l’impegno di ridurre i costi (o meglio gli sprechi) del 3%. Visto che c’è tanto «grasso che cola» (dichiarazione del premier) il vero e unico problema credo rimanga l’imbarazzo della scelta... Piera Bonadonna piera.bonadonna@gmail.com Interventi & Repliche Pd: il rapporto politica e giustizia Forse è sbrigativa la tesi secondo la quale il Pd sarebbe passato dal giustizialismo al garantismo. Anche perché quelle parolecategorie di uso (e abuso) comune sono generiche e incerte. E tuttavia non si può negare il problema, sollevato da Polito e Verderami, di una qualche difformità di approccio del Pd a una vasta casistica recente. Come tacere l’impressione che il tenore delle parole renziane di oggi si discosti, che so, da quello adottato nel caso Cancellieri? Urge tematizzare, cioè discutere ed elaborare una visione del rapporto tra politica e giustizia ancorata a principi saldi e dichiarati. In breve, urge dotarsi di una bussola che valga «erga omnes» e che ci metta al riparo da oscillazioni ispirate a mera convenienza opportunistica e dettate dai mobili umori della pubblica opinione. Ovvero affidate a estemporanei tweet. Ha ragione Renzi quando sostiene che spetta alla politica la scelta dei candidati e, nel caso del Pd, ai cittadini-elettori emiliani o calabresi con le primarie. Ma spetta al partito nazionale di darsi la bussola di cui si diceva e di applicarla con rigore. Cavando dal cassetto il severo Codice etico che fu stilato all’atto della fondazione del Pd e rammentando che il popolo del Pd vanta una sensibilità singolarmente acuta in tema di trasparenza e legalità dei comportamenti degli uomini pubblici. Una sensibilità che è risorsa e non problema. Franco Monaco, deputato Pd Nessuna linea Fs Sicignano-Lagonegro Nell’articolo «I minitreni: elogio della lentezza» (Corriere, 5 settembre), c’è un’inesattezza: non è vero (purtroppo) che il treno è tornato nel Vallo di Diano. Ma non siamo né arrabbiati né indispettiti per l’errore: per noi, infatti, rivedere i convogli in attività rimane un obiettivo da raggiungere. Questo è lo spirito che anima il Comitato per la riattivazione della ferrovia Sicignano – Lagonegro, composto da centinaia di persone e guidato da un direttivo qualificato. Ne approfittiamo per ricordare che la tratta, distante 70 km dalla stazione di Salerno dell’Alta Velocità e situata in un bacino di utenza di 100 mila abitanti, fu sospesa temporaneamente il 1° aprile 1987 per consentire l’elettrificazione della © 2014 RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DIRETTORE RESPONSABILE PRESIDENTE Angelo Provasoli Ferruccio de Bortoli VICE PRESIDENTE Roland Berger Luciano Fontana VICEDIRETTORI Antonio Macaluso Daniele Manca Giangiacomo Schiavi Barbara Stefanelli AMMINISTRATORE DELEGATO Pietro Scott Jovane Sede legale: Via Angelo Rizzoli, 8 - Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 5825 del 3 febbraio 1962 Responsabile del trattamento dei dati (D. Lgs. 196/2003): Ferruccio de Bortoli privacy.corsera@rcs.it - fax 02-6205.8011 © COPYRIGHT RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo quotidiano può essere riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge. CONSIGLIERI DIREZIONE, REDAZIONE E TIPOGRAFIA 20121 Milano - Via Solferino, 28 Tel. 02-62821 Fulvio Conti, Teresa Cremisi, Luca Garavoglia, Attilio Guarneri, Piergaetano Marchetti, Laura Mengoni DISTRIBUZIONE m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Cazzaniga, 19 - 20132 Milano - Tel. 02-2582.1 - Fax 02-2582.5306 DIRETTORE GENERALE DIVISIONE MEDIA Alessandro Bompieri E-mail: lettere@corriere.it oppure: www.corriere.it oppure: sromano@rcs.it Particelle elementari di Pierluigi Battista Amarcord di un cinefilo che non odia il profitto D a cinefilo compulsivo, soffro atrocemente ogni volta che chiude un cinematografo (si chiamano ancora così?) dove ho visto i più bei film della mia vita. Rievoco nella memoria i nomi delle sale scomparse, dei cinema d’essai oramai sbarrati, delle seconde e terze visioni inghiottite nel nulla, e sento lo strazio della visita a un cimitero della memoria. Il «Rouge et Noir», che fine ha fatto? E il Cola di Rienzo, l’Ariston, l’Arlecchino, l’Etoile, il Rialto e chissà quanti altri? Un dolore terribile, una perdita incancellabile, un pezzo della vita e della cultura strappato via. Emozioni forti, raccontate da Ettore Scola e Peppino Tornatore nelle scene indimenticabili di Splendor e di Nuovo Cinema Paradiso. Ma la colpa di questa moria di chi è? Dei proprietari avidi e ottusi che per riprovevole fame di profitto e di speculazioni redditizie chiudono a cuor leggero i cinema? La colpa è di Jordan-Mastroianni, il proprietario dello Splendor di Scola che è costretto a rinunciare alla passione della sua vita e a mettere il catenaccio alla porta? Oppure è colpa di chi non va più al cinema, della società civile affamata di cultura e non di profitto come i biechi proprietari delle sale e che tuttavia non stacca più un biglietto nemmeno sotto tortura? Ecco, dare la colpa ai proprietari della chiusura di una sala è puerile, ingiusto, superficiale. Non tiene conto che se il cinema America a Roma avesse avuto le sale piene, non avrebbe dato forfait nel 1999. E allora che si fa? Si denuncia come un nemico della cultura chi ha la proprietà di una sala, e con crudeltà smisurata la chiude, maLa scomparsa gari per farci supermercati e gadi tante sale rage (si dice sempre «supermercati» e «garage» per attiznon è colpa zare il rimprovero sociale sugli di proprietari ingordi speculatori, colpevoli di voler disporre di un loro bene, avidi nell’ambito delle leggi e del rispetto della proprietà privata. Si potrebbe però provare con una bottega del «commercio equo» o con un presidio Slow Food, per evitare la deplorazione pubblica). Si cerca di costringere chi è titolare delle sale a dissanguarsi con un’attività in perdita. Oppure a rinunciare, mediante occupazione abusiva, all’uso di una proprietà, una volta espletate, come è ovvio, tutte le disposizioni della legge, anche le più farraginose e cervellotiche e che contribuiscono a fare di questo Paese il campione dell’immobilismo e del «non si può fare» (altro che «sblocca Italia»). Nella mia vita sono andato all’America innumerevoli volte. La sua chiusura fa piangere il cuore. Ma se volessi disporre di quella sala, organizzerei una cordata di volenterosi per acquistarla, o chiederei al Comune uno spazio dove proiettare film che altrove non circolano. Previa presentazione di un programma credibile. E pagamento di tasse e bollette, come si deve fare sempre. Senza smettere, per chi ha una certa età, di rimpiangere il passato. Che è sentimento umano, senza dare la colpa ai mostri del profitto. ❜❜ © RIPRODUZIONE RISERVATA Bozzetto DEL LUNEDÌ CONDIRETTORE @ PUBBLICITÀ RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano - Tel. 02-25846543 - www.rcspubblicita.it PREZZI DI VENDITA ALL’ESTERO: Albania € 2,20; Argentina $ 13,50 (recargo envio al interior $ 1,00); Austria € 2,20; Belgio € 2,20; Canada CAD 3,50; CH Fr. 3,00; CH Tic. Fr. 3,00 (quando pubblicato con Style Magazine Fr. 3,50); Cipro € 2,20; Croazia Hrk 17; CZ Czk. 64; Francia € 2,20; Germania € 2,20; Grecia € 2,50; Irlanda € 2,20; Lux € 2,20; Malta € 2,20; Monaco P. € 2,20; Olanda € 2,20; Portogallo/Isole € 2,50; SK Slov. € 2,20; Slovenia € 2,20; Spagna/Isole € 2,50; Hong Kong HK$ 45; Battipaglia – Potenza. Senza mezzi termini, è rimasta lì ad arrugginire. La politica se n’è fregata e nessuno ha mai mosso un dito, nonostante le numerose richieste delle comunità interessate. Ma ora ci attendiamo una svolta e, soprattutto, i fatti. Rocco Della Corte Sicignano degli Alburni (Sa) Programmi Rai sullo sport A quanto lamentato da un lettore sulla scarsa attenzione della Rai per lo sport, salvo il calcio (Corriere di ieri), aggiungo che la Rai ha creato per lo sport due canali: Rai Sport 1 e Rai Sport 2. Peccato che siano trasmessi a ripetizione eventi del passato! Giuliano Sassa, Milano EDIZIONI TELETRASMESSE: RCS Produzioni Milano S.p.A. 20060 Pessano con Bornago - Via R. Luxemburg - Tel. 02-95.74.35.85 • RCS Produzioni S.p.A. 00169 Roma - Via Ciamarra 351/353 - Tel. 06-68.82.8917 • RCS Produzioni Padova S.p.A. 35100 Padova - Corso Stati Uniti 23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l. 70026 Modugno (Ba) - Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società Tipografica Siciliana S.p.A. 95030 Catania - Strada 5ª n. 35 - Tel. 095-59.13.03 • L’Unione Sarda S.p.A. 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In Veneto, non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorVen. € 0,93 + € 0,47; ven. Corsera + Sette + CorVen. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47; sab. Corsera + IoDonna + CorVen. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47. In Trentino Alto Adige, non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 + € 0,47; ven. Corsera + Sette + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47; sab. Corsera + IoDonna + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47. A Bologna e prov. non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorBo € 0,62 + € 0,78; ven. Corsera + Sette + CorBo € 0,62 + € 0,50 + € 0,78; sab. Corsera + Io Donna + CorBo € 0,62 + € 0,50 + € 0,78. A Firenze e prov. non acquistabili separati: l/m/m/g/d Corsera + CorFi € 0,62 + € 0,78; ven. Corsera + Sette + CorFi € 0,62 + € 0,50 + € 0,78; sab. Corsera + Io Donna + CorFi € 0,62 + € 0,50 + € 0,78. 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Viaggio nel tempo” € 8,30; con “Tiziano Terzani” € 10,30; con “I capolavori dell’Arte” € 7,30; con “Ufo Robot” € 11,39; con “James Bond collection” € 11,39; con “Scrivi Vecchioni, scrivi canzoni” € 11,39;con “English Express” € 12,39 34 italia: 51575551575557 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 35 italia: 51575551575557 Spettacoli A Londra Una statua per Amy Winehouse Una statua a grandezza naturale di Amy Winehouse è stata svelata a Londra ieri, in occasione di quello che sarebbe stato il 31esimo compleanno della cantante. La scultura è nel suo amato quartiere di Camden Town, nella zona nord della città. La diva a Toronto Protagonista di «A Little Chaos», storia di una studiosa che lotta per le proprie idee a Versailles TORONTO — Ride Kate Winslet, diventata star perché nel ruolo di Rose nel Titanic sognava di volare altrove, allargando le braccia, sorretta da Leonardo DiCaprio. «Sono ancora nei poster di adolescenti ormai cresciuti — ammette — che non hanno scordato il nostro film». A Toronto è la protagonista di A Little Chaos, storia di una donna che lotta per imporre le sue idee tra mille intrighi politici, alla corte del Re Sole. «Io, che sono una ribelle rispetto a tante convenzioni sociali, mi diverto davvero sui set a indossare corsetti, bustini e crinoline nonché cappelli con piume capaci di fare invidia alle dame dell’aristocrazia inglese. Nel film diretto da Alan Rickman ho abiti d’epoca, copricapi stravaganti perché tutto si svolge alla corte di Luigi XIV e nel Palazzo di Versailles. Però, io sono una donna diversa, ossia Madame de Barra, un architetto, una appassionata studiosa di arte incaricata di rendere omaggio alla “grandeur” francese progettando ed edificando i giardini di Versailles». Il film a poco a poco svela la personalità e il passato della protagonista, in anticipo sui tempi. Sabine de Barra viene convocata dal paesaggista André Le Notre e tra loro è subito scontro di personalità, anche se una profonda stima e una opposta concezione dell’architettura di esterni li avvicina e allontana al tempo stesso. «Mi ha conquistato anche questo dissidio, che nasconde una attrazione — dice Kate — perché Sabine ha una forza istintiva e alle regole dell’architettura del tempo preferisce, appunto, la libertà creativa della natura. Aveva un enorme talento che esprimeva nei suoi disegni, con libertà e razionalità al tempo stesso». «Di sicuro Sabine mi assomiglia — osserva — perché in ogni situazione, anche quando una pioggia torrenziale distrugge una gran parte del suo lavoro e bisogna ricominciare tutto da capo, l’artista e la donna rivelano voglia di combattere. Il film Il verdetto del pubblico Il Festival premia Cumberbatch genio perseguitato Con una rosa L’attrice premio Oscar Kate Winslet (38 anni) in una scena di «A Little Chaos» di Alan Rickman Kate Winslet: sul set del Re Sole esalto la creatività delle donne «Sono ribelle e anticonformista come il mio personaggio» Il sovrano Alan Rickman (68 anni): oltre ad essere il regista di «A Little Chaos», interpreta anche la parte di re Luigi XIV, il sovrano che nel film chiede la costruzione di una fontana a Versailles a due paesaggisti intreccia toni tragici ad altri da commedia e Alan sul set mi faceva leggere i testi di Jean Racine, commediografo e scrittore francese dotato anche di ironia. Potrei fare mia la sua battuta: l’innocenza e la colpa hanno entrambe i loro gradi di valore». Sempre spontanea, serena nella vita privata, Kate sa bene di appartenere con i suoi successi e con la sua famiglia al Gotha della società britannica. Sceglie impegni da lei «sentiti e vissuti sin dalla prima volta in cui leggo la sceneggiatura» e non è cambiata dai tempi dei suoi primi successi quando, figlia di attori, iniziò la carriera. «Tra i miei film, quello che prediligo — dice — non è il Titanic, anche se ho bellissimi ricordi dei set spericolati di Cameron. Preferisco Ragione e sentimento di Ang Lee e mai dimenticherò Peter Jackson che mi volle nel 1994 per Creature del cielo. Cosa chiedo oggi al cinema? Belle storie, un impegno da coniugare senza eccessi con la mia famiglia e film capaci di regalare emozioni e di accendere il desiderio di cultura e informazione. Inoltre, in tutti i miei film ho cercato di dare qualcosa alle donne con i miei personaggi. Questo lo considero il mio primo merito». Ma perché è stata conquistata dal copione di A Little Chaos? «Il film di Rickman vede una donna combat- ❜❜ I sogni di «Titanic» Sono ancora nei poster degli adolescenti ormai cresciuti che non hanno dimenticato il film tere per imporre la sua creatività e raggiungere i suoi obiettivi. Intorno a lei c’erano gelosie femminili, scontri di classe, profondissime rivalità. Ci sono in ogni campo, specie nella mia professione, che si affida anche a carica di vanità, di autoaffermazione. Però io sono sempre andata per la mia strada e ho bellissime amicizie, a cominciare da Leo DiCaprio, un attore coraggioso». Confida che per lei è stato davvero stimolante studiare l’architettura del tempo in cui si svolge A Little Chaos. E conclude: «Vorrei che il cinema non fosse solo sostenuto da kolossal, supereroi e personaggi femminili voluttuosi e da fumetto. Bisogna riscoprire sullo schermo pagine di storia. Andare alla ricerca di personaggi nascosti nel tempo è una conquista per noi attori e per gli spettatori». TORONTO — È stata anche la finissima e profonda prova di Benedict Cumberbatch, nei panni e nella mente del matematico e crittografo britannico Alan Turing (1912-1954) a far vincere a The imitation game il premio del pubblico al 39esimo Festival di Toronto. L’inquietante film, che denuncia anche i crimini e l’emarginazione perpetuati a quel tempo dal governo britannico sugli omosessuali, entra così di diritto nella corsa ai prossimi Oscar (l’anno scorso, qui in Canada, fu premiato 12 anni, schiavo) e porterà nel mondo la storia di questo sensibile, appartato studente di Cambridge, considerato da tanti il vero padre dell’informatica, che nella sua vita sin da giovanissimo studiò il potenziale dei computer. Quando la Seconda guerra mondiale Matematico Benedict Cumberbatch iniziò, Alan fu chiamato a sviluppare le sue idee e a metterle in pratica per decodificare le comunicazioni delle flotte navali e dell’esercito tedesco. Molto brava nel film è anche Keira Knightley che interpreta un’amica di Turing: voleva sposarlo, ma Alan le confessò la sua omosessualità. Battuti altri titoli che potevano puntare alla vittoria: Foxcatcher con Steve Carell, Nightcrawler con Jake Gyllenhaal e il film su Stephen Hawking The Theory of everything con Eddie Redmayne. Il premio dei critici internazionali di cinema della Fipresci è andato sia a May Allah bless France diretto da Abd Al Malik in bianco e nero che a Time out of mind di Oren Moverman con una eccellente interpretazione di Richard Gere nella solitudine e povertà di un senzatetto (il film è stato tra i più venduti nel mondo). Giovanna Grassi G. Gs. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Il conduttore Ogni giorno in onda sulla seconda rete con il meglio della popolare trasmissione. «Un esperimento, lo spettacolo non cambia formula» Max Giusti e quaranta minuti di varietà: così la radio diventa uno show tv Voci Da Pif alla Dandini la carica dei nuovi dj Il palinsesto di Radio2 diventa sempre più pop. La campagna acquisti dell’emittente ha fatto sì che molti volti della tv e del cinema abbiano ora il loro programma radio. Come Pif, che debutta oggi (dalle 10.00 alle 10.30) con I Provinciali. Ma tra le nuove voci ci saranno anche Serena Dandini (che nel pomeriggio condurrà #staiserena, dalle 15 alle 16.30), Costantino della Gherardesca (che in Acapulco, dalle 16.35 alle 17 si concentrerà sui ritmi reggae) e il regista Giovanni Veronesi. Q uaranta minuti di televisione fatti dalla radio. Stanno andando in onda, tra le 17 e le 17.40, su Rai2. Da cinque anni SuperMax è tra i programmi radiofonici più popolari al punto che ora il meglio dello show di Radio2 (dal lunedì al venerdì, dalle 10.30 alle 12) va in tv. «È stata una sorpresa», commenta Max Giusti. «All’inizio ero titubante. Quando il direttore di Rai2 mi ha detto: “Possiamo farvi vedere al pubblico della tv?”, mi sembrava strano... Però bello». Qualche avvisaglia c’era stata: «Molti ospiti in questi anni chiedevano perché non mostrassimo lo spettacolo in tv. Io non l’avrei mai proposto, non sono capace». Non c’è stato bisogno. Ma il conduttore ha imposto una condizione: «La formula doveva re- stare invariata. Dovevamo continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto». Che, in fondo, «non è altro che il backstage della tv classica. Sono come le prove di un varietà: c’è l’orchestra, il pubblico, ci sono i momenti comici, le interviste, i cantanti. Tutte cose che oggi in tv non si possono più produrre». Al suo fianco, Gioia Marzocchi: «Di solito si parla di chi va a Sky, noi ci siamo presi il loro volto (era la conduttrice di Sky Inside, ndr)». Con le telecamere non teme di faticare a convincere gli ospiti a venire? «Non credo. Di diverso c’è solo Rai2 che viene a sbirciare. Il nostro resta uno show radiofonico». Mandarlo in onda in tv è un esperimento: «La tv del pomeriggio di solito parla di cronaca nera... SuperMax lo Coppia Max Giusti (46 anni) e Gioia Marzocchi (33) sono i conduttori di «SuperMax»: tra i loro ospiti di oggi, Pupi Avati e Capotondi vedrei bene anche in una seconda serata. Sarà comunque un programma di nicchia, il mio cruccio è fare un bello spettacolo». Con la soddisfazione di tenere a battesimo «il primo prodotto Rai davvero cross mediale. Per la prima volta faccio una cosa per primo». E poi c’è il vanto di «intrattenere il pubblico con i miei personaggi; invitare artisti senza dover chiedere loro: con chi ti sei fidanzato?; di avere ospiti come James Taylor, i Negramaro o Laura Pausini che cantano dal vivo. Capita solo in radio». Ci saranno nuovi personaggi per le sue parodie? «Oltre ai classici, da Terence Hill a Bono Vox, ci sarà un Biagio Antonacci che tacchina le signore di una certa età. Giocherò sul suo modo di vestirsi, finto emaciato, con questi maglioni scollati che mostrano un petto grande come Campovolo che tutte le cinquantenni sognano. Poi ci sarà un centro d’ascolto per i genitori che vogliono uscire dal tunnel di Peppa pig e molto altro. E se qualcuno non la prende bene, problemi suoi: le imitazioni le faccio per il pubblico». Se potesse scegliere un ospite? «La Boschi. Dovrebbe venire anche perché porto fortuna: Renzi è stato da noi due volte ed è diventato premier. Se viene lei niente niente e diventa presidente della Camera». Nostalgia per Affari tuoi? «I pacchi mi mancheranno sempre. Non è detto che in futuro non tornino. Ma dopo cinque anni era giusto staccare». Progetti per il futuro? «Ripartirà la mia tournée teatrale. E da metà novembre condurrò una nuova prima serata, su Rai2: un programma di divulgazione scientifica... ma a modo mio. Piero Angela e famiglia sono avvisati». Chiara Maffioletti © RIPRODUZIONE RISERVATA 36 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 UN INCONTRO ECCEZIONALE TRA DUE GRANDI INTERPRETI DEL NOSTRO TEMPO DAL 10 SETTEMBRE IN LIBRERIA CON BOMPIANI * E IN EDICOLA CON CORRIERE DELLA SERA A € 5,90 *prezzo libreria €7,00 **in aggiunta al prezzo del quotidiano ** “La grandezza misericordiosa di questo pontefice si misura nel suo rapporto con gli altri, nella sua ostinazione a continuare a voler fare il prete, di persona, al telefono, in tutti i modi.” FERRUCCIO DE BORTOLI Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Spettacoli 37 italia: 51575551575557 Fiction Anteprima di «Qualunque cosa succeda». In platea anche Grasso e Visco Gli intrighi, la famiglia, il killer: l’ultima notte di Ambrosoli ROMA — «Se penso che Giulio Andreotti ebbe a dire di lui “è uno che se le andava a cercare”.... La dice lunga sui rapporti diciamo ambigui tra finanza e politica». Finanza sporca? «Direi finanza e punto. Francamente non riesco a distinguere tra quella pulita e quella sporca». Pierfrancesco Favino è Giorgio Ambrosoli nella miniserie «Qualunque cosa succeda», una storia vera, coprodotta da Rai Fiction e Matteo Levi, con la regia di Alberto Negrin in onda a ottobre su Rai1 e presentata ieri sera, con il tappeto rosso delle grandi occasioni, al Roma FictionFest. In prima fila, in Sala Sinopoli, il presidente Giorgio Napolitano: «Ambrosoli — ha detto — rappresenta un esempio per l’Italia». In platea, tra gli altri, il presidente del Senato Pietro Grasso e il Governatore di Bankitalia Ignazio Visco. La fiction è liberamente ispirata al libro omonimo scritto dal figlio dell’avvocato Ambrosoli, Umberto. «Quando l’ho letto — racconta Favino — mi ha molto colpito anche la prefazione che era tratta dalla tesi di laurea di Ambrosoli padre. Scritta molti anni fa, preconizzava l’attualissimo dibattito sulla magistratura». Osserva Negrin: «Ambrosoli sottolineava la necessità che il magistrato non deve essere politicizzato». La storia pubblica e privata di Giorgio Ambrosoli, l’«eroe borghese», già rappresentato nel film di Michele Placido del 1995, commissario liquidatore della Banca Privata Italiana travolta dal crack finanziario di Michele Sindona, nella fiction viene raccontata a partire da una lettera che scrisse alla moglie nel 1975, quattro anni prima di essere freddato da un killer: «Anna carissima, sono pronto per il deposito dello stato passivo della B.P.I., atto che ovviamente non soddisferà molti e che è costato una bella fatica. È indubbio che pagherò a caro prezzo l’incarico... Qualunque cosa succeda, comunque, tu sai che cosa devi fare e I volti Favino protagonista. Napolitano: esempio per l’Italia Cuccia Il presidente di Mediobanca è impersonato da Roberto Herlitzka Sindona Popolizio interpreta il banchiere, mandante del delitto Ambrosoli sono certo saprai fare benissimo». Nell’ultima scena della miniserie, è la notte tra l’11 e il 12 luglio 1979. Ambrosoli torna a casa fischiettando: è felice, ha concluso il suo lavoro, è riuscito a trovare tutte le prove sul coinvolgimento di Sindona (inter- pretato da Massimo Popolizio), quindi non vede l’ora di raggiungere la famiglia che si trova già in vacanza. Dal buio emerge la figura di un uomo, il sicario italo americano Joseph Aricò, la cui mano è armata dallo stesso Sindona: «Scusi, avvocato», lo chiama l’assassino, poi parte un Ucciso nel ‘79 Pierfrancesco Favino (45) è l’avvocato Ambrosoli in «Qualunque cosa succeda» colpo. Sul volto di AmbrosoliFavino si legge tutto lo stupore di chi non riesce a capacitarsi di quanto gli sta accadendo. E in un flash, l’immagine serena dell’abbraccio con i suoi cari in partenza per il mare, l’auspicio di trascorrere con loro un’estate tranquilla. «Non li raggiunse Danièle Watts «Scambiata per una prostituta». Arrestata attrice di «Django» Su Facebook Danièle e il marito Nel film più famoso in cui ha recitato, Django, Tarantino racconta le storture del razzismo. Ma l’attrice afroamericana Danièle Watts, l’11 settembre, le ha vissute in prima persona. Stava camminando con il marito a Hollywood mentre faceva una telefonata al padre. Ma, fermata dalla polizia, è stata arrestata. Secondo la versione dei due (scritta su Facebook) l’attrice sarebbe stata fermata perché sospettata di prostituzione. Il dettaglio è che il marito della Watts, Brian James Lucas, è bianco. Sulla pagina Facebook dell’attrice si legge: «Stavo parlando con mio padre al cellulare quando due ufficiali dello Studio City Police Department mi si sono avvicinati e mi hanno ammanettata e costretta a salire sulla loro auto». Il marito Brian James Lucas ha aggiunto: «Forse qualcuno vedendoci scambiare effusioni ha sospettato qualcosa di equivoco. Ho dato ai poliziotti le mie generalità. Danièle si è rifiutata perché non le sembrava di fare nulla di illegale. Loro, in risposta al rifiuto, l’hanno ammanettata e costretta con modi rudi a salire sulla loro auto». mai — riprende il protagonista —. Ambrosoli era consapevole della pericolosità delle sue indagini, aveva più volte ricevuto minacce e in quel “qualunque cosa succeda” sintetizzava la sua apprensione, però pensava di aver risolto tutto. Non si aspettava che quella notte sarebbe stata l’ultima». Un onesto avvocato, ma soprattutto un marito e padre amorevole: «Era un professionista rigoroso — continua Favino — e dietro quella sua timidezza, quel suo nascondersi dietro le sigarette si intravedeva un’enorme umanità. Per un attore — aggiunge — è sempre un’intrusione quella che si compie nell’intimità di un personaggio e mi vergogno un po’ nel riproporre la figura di un marito, alla moglie che lo ha perso, e quella di un padre ai figli che lo hanno perso. Quando la signora Anna e la figlia Francesca vennero a trovarci, a sorpresa, sul set sono andato lette- ralmente in panne: non ricordavo più le battute!». Un onesto avvocato, un «fedele servitore dello Stato — sottolinea il direttore Rai Fiction Andreatta — che è molto importante ricordare soprattutto per le nuove generazioni: la vicenda Ambrosoli è uno snodo fondamentale di quanto poi è successo nei rapporti tra malavita, finanza, politica». Interviene in proposito Negrin che sottolinea: «Nella fiction, niente censure: parliamo di Andreotti, di Gelli, di Calvi, di Cuccia, dei rapporti dello Ior di Marcinkus con la mafia... ». Conclude Favino: «Perché è l’onda lunga di quella realtà finanziaria e politica che ci ha portato alla disastrosa crisi di oggi. Ambrosoli non si considerava un eroe, ma la sua onestà morale lo ha condannato alla fine che ha fatto. Purtroppo, all’eroe capita spesso di morire». Emilia Costantini © RIPRODUZIONE RISERVATA 38 Milano Via Solferino, 36 Si precisa che ai sensi dell’Art. 1, Legge 903 del 9/12/1977 le inserzioni di ricerca di personale inserite in queste pagine devono sempre intendersi rivolte ad entrambi i sessi ed in osservanza della Legge sulla privacy (L.196/03). ASSISTENTE alla poltrona ottimo curriculum, cerca lavoro part/full-time. Tel. 338.91.34.547 ASSISTENTE segretaria diplomata, pluriesperienza, inglese e tedesco, cerca impiego full-time o part-time, tel. 348.60.92.068. DISEGNATORE progettista meccanico 3D inventor 349.09.54.129 OFFRESI Field Service, tecnico elettronico con esperienza nel settore delle apparecchiature a controllo elettronico, presso società multinazionali. Disponibile trasferte Italia estero. Tenuta di corsi tecnici, lingua inglese. Uso dei principali applicativi di Ms Office. 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Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Spettacoli 39 italia: 51575551575557 Le iniziative del Corriere «Scrivi Vecchioni, scrivi canzoni» In edicola Da oggi 14 cd e un dvd che attraversano quarant’anni di storia dell’artista Passioni, fede, ansia del futuro Vecchioni svela i suoi segreti Il cantautore rivisita il repertorio con una collezione inedita R oberto Vecchioni è uno dei cantautori più dotati e longevi del panorama artistico italiano. La sua produzione, in quarant’anni di attività, comprende canzoni di rara bellezza che il grande pubblico conosce. Ma ve ne sono tante, meno note, che si rivelano, a distanza di anni, autentici camei ancora da scoprire. La poetica di Vecchioni continua a emozionare nel profondo. Si è così pensato, assieme all’artista, di creare una sorta di opera omnia attraverso un riassemblaggio tematico di tutta la sua produzione. Non dunque un greatest hits, ma un viaggio ragionato nel repertorio di uno straordinario poeta per canzone. «Scrivi Vecchioni, scrivi canzoni» è una collana di 14 cd e 1 dvd in vendita ogni settimana con Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport a 9,99 euro più il prezzo del quotidiano a partire da oggi. Insieme Il profilo Chi è Roberto Vecchioni è nato a Carate Brianza (Mi) il 25 giugno 1943. Nel 1971 debutta come cantautore con Parabola , album che «Parabola», contiene la celebre «Luci a San Siro» I premi Ha vinto tra gli altri il Premio Tenco (1983), Festivalbar (1992), il Festival di Sanremo (2011) e il Premio Mia Martini della critica a ciascun cd un fascicolo che contiene scritti di Vecchioni, note illustrative, foto. Per questo viaggio sentimentale senza uguali, di ogni canzone è stato scelto di citare solo uno dei versi più significativi. Un «distillato», in 140 caratteri. Il florilegio è abbinato a immagini dell’archivio personale del cantautore. I contenuti di ogni canzone sono evocati con un richia- mo grafico. «Non assalta treni perché non ne passan mai. Non rapina banche perché i soldi sono i suoi» è il verso scelto per sintetizzare la canzone «Il bandolero stanco». Oppure «Scommetto che ti giochi il cielo a dadi anche con Dio. E accetterà lo giuro, perché in cielo, dove sta, se non ti rassomiglia che ci fa?» per «L’uomo che si gioca il cielo a dadi». In ogni numero l’artista spiega il senso dell’assemblaggio tematico che ha comportato una sorta di rifondazione del repertorio e il ragionamento sul perché di certi temi come il divino, i grandi personaggi epici, il senso della vita, del futuro e della morte. Il titolo di ciascun disco richiama con chiarezza il tema trattato: gli amori fortunati, quelli sfortunati, l’universo femminile, i figli, la famiglia, il fato. Vecchioni si mette a nudo, raccontando in dettaglio Note e parole il retroscena, spesso doloroso, di una canzone, offrendo anche originali e inedite chiavi di lettura. Uno dei brani più struggenti del cd di apertura è «Le cinque stagioni» che Vecchioni, ispiratosi a Vivaldi, descrive cosi: «La primavera è la fase iniziale, quella dell’innamoramento; l’estate l’esplosione della passione; l’autunno è la scoperta del primo tradimento; l’inverno è l’addio, quando l’amore si fa malattia e violenza». Ma aggiunge un’altra stagione, la quinta, quella in cui l’uomo impazzisce a causa dell’abbandono. Il titolo della collana, «Scrivi Vecchioni, scrivi canzoni» è tratta da un verso della celeberrima «Luci a San Siro» che troviamo sia nella versione originale, che in quella eseguita in duetto con Mina nel primo cd, intitolato «Chiamali ancora amori». A Eros sono dedicati altri cd come «Per amore» (il 4°) e «Stranamore» (5°); alle figure femminili, «Donne» (3°); a Dio, alla fede e al senso della vita e della morte «Le vie del signore» (6°), «Il bandolo della matassa»(9°) e «La nera signora» (11°). La dimensione più onirica emerge nell’album «Ho sognato di vivere» (8°), il senso dell’effimero in «Passa la bellezza» (10°); mentre ai personaggi storici, letterari o leggendari è dedicato «Da Ulisse a Robinson» (14°). Mario Luzzatto Fegiz © RIPRODUZIONE RISERVATA Il primo 45 giri nel 1968 Dopo un’esperienza con i Pop Seven, Vecchioni pubblica il primo 45 giri nel 1968, «La pioggia e il parco». Nel ‘71 il primo album, «Parabola», che contiene «Luci a San Siro» L’inno per l’Inter con Bertini Roberto Vecchioni è un grande appassionato di calcio e tifoso dell’Inter. Nel 1971 scrive l’inno della squadra nerazzurra, «Inter spaziale», cantato dal calciatore Mario Bertini Con la chitarra Roberto Vecchioni ha da sempre unito musica e insegnamento Un professore in cattedra Vecchioni non ha mai rinunciato, fino alla pensione, al suo ruolo di professore di lettere. Ha insegnato a lungo al liceo Beccaria di Milano e poi al Bagatta di Desenzano del Garda La vittoria a Sanremo Il cantautore, vincitore del Festival di Sanremo 2011 con il brano «Chiamami ancora amore», premiato sul palco dell’Ariston con Belén Rodriguez ed Elisabetta Canalis L’intervista Viaggio e scelte del musicista tra le pagine di una carriera: c’è un effetto magnifico, i ricordi spezzettati e confusi hanno ripreso consistenza «In quei 160 brani scorre il tempo tra gioie e debolezze» MILANO — Vecchioni, che effetto le ha fatto questo viaggio trasversale nel suo repertorio? «Un effetto magnifico. Quel che era un ricordo spezzettato e confuso ha ripreso consistenza. Così ho capito come nel tempo si cambia pelle e anche il modo di percepire i sentimenti muta. Stabilisci quale debolezze sei riuscito a superare e quali ti resteranno per sempre. Centosessanta canzoni sono una vita intera. E non parlano solo d’amore, ma di come affronti gli altri, le paure, le angosce, le gioie, quel che ti tieni dentro, gli esempi da seguire». E quali sono? «Borges, Pessoa, Van Gogh. Intendiamoci: per la loro vita singolare. Io non mi sento un maudit della canzone, ma una cosa è certa: l’artista è sempre un eroe tragico: o vince o muore». Cosa ha comportato questa rivisitazione di tutta la sua produzione artistica? «Tutto il tormento e l’ironia che comporta il sentirti un uomo del ‘900, non del 2000. E questa incertezza sul secolo comprende la scoperta dell’io, il relativo, le grandi trasformazioni a cominciare dalla mie. Partito da un illuminismo razionalista, sono arrivato all’idea di Dio, che non solo mi conforta, ma accende di significato molte cose che prima non capivo». E l’amore che aleggia in una gran parte delle sue canzoni? «Si tende a concentrare la propria attenzione sui due momenti fondamentali dell’amore: l’inizio e la fine. Tutto quel che c’è in mezzo secondo alcuni non serve a niente. Qualcuno sostiene addirittura che è solo una ripetizione di minuti. Per altri è la con- danna per chi non è capace di rimanere solo. In realtà non si vive da soli e alla meta si arriva in due. Ogni minuto dell’amore contiene anche inizio e fine: ogni giornata dell’amore è una sfida». Una canzone della raccolta che squarcia il cuore? «“Le rose blu”. Ovvero cosa si è di- Quindici uscite Q Oggi «Chiamali ancora amori» 22 settembre «Giudici, comici e farfalle» 29 settembre «Donne» 6 ottobre «Per amore» 13 ottobre «Stranamore» 20 ottobre «Le vie del Signore» 27 ottobre «Album di famiglia» 3 novembre «Ho sognato di vivere» 10 novembre «Il bandolo della matassa» 17 novembre «Passa la bellezza» 24 novembre «La nera signora» 1 dicembre «Amici miei» 8 dicembre «Poesia, musica e follia» 15 dicembre «Da Ulisse a Robinson» 22 dicembre «Camper» (dvd) sposti a fare per la salvezza di un figlio malato. Ho scritto questa canzone promettendo tutto quello che ho costruito in vita mia, in cambio delle rose, che sono il fiore preferito da mio figlio, metaforicamente la parte sana della sua vita». Ma si prega per ottenere? «No. Penso che faccia bene pregare perché ti dà una specie di tensione interna del tipo “io ho fatto tutto quello che potevo fare. Se mi ascolta, ottengo. Se non mi ascolta non fa nulla”. Però bisogna in qualche modo parlare, chiacchierare con la Provvidenza e con Dio o con qualcosa che è più in alto o speri sia più in alto. Ha presente i canti primitivi? Lo stesso verso per dieci volte. Probabilmente pensavano: metti che Dio sia sordo, se lo cantiamo dieci volte, alla decima lo capirà». Nella collana non manca la canzone vincitrice a Sanremo «Chiamami ancora amore». «È arrivata subito al cuore della gente. Sembra una canzone d’amore e anche politica e un po’ lo è, ma è so- prattutto una canzone esistenziale. Il “maledetto buio” non è solo il buio di Berlusconi o il buio della politica di destra, è il buio in cui siamo messi tutti noi, è un buio esistenziale. Anche se le cose vanno male, se tutto finisce in un certo modo, l’importante è amarsi, tenersi per mano e prima o poi questo buio si diraderà. È il buio della notte ungarettiana, il buio della notte di Pascoli, il buio dell’incomprensione del mondo. È il buio di Kafka perché nella grotta non si entra». Dei personaggi citati nelle sue canzoni chi le è più simpatico? «Alessandro Magno (nella canzone “Alessandro e il mare”), Rimbaud, Alda Merini, Marco Aurelio». I più antipatici? «Sono quasi sempre figure di contorno: Marco Polo, Garibaldi, i fascisti violenti di “Calabuig”». Che cos’è la canzone? «Una specie di stregoneria, una magia, un rito apotropaico che scaccia il dolore...». M.L.F. © RIPRODUZIONE RISERVATA 40 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Eventi DALLA LIRICA ALLA DANZA L’appuntamento Il 18 e il 20 La struttura Il Teatro Grande ha settembre l’opera di Puccini e una riaperto nel giugno scorso dopo riduzione per balletto della Carmen quattro anni con le tragedie greche Pompei ✒ E i Pink Floyd ridiedero vita alle rovine di ENZO d’ERRICO anni fa, Q uarantadue un’altra era geologica per la musica e per tutto ciò che le girava intorno. L’industria discografica aveva spalle solide e rischiava in proprio sulla qualità, pur tenendo sempre d’occhio il mercato. I gruppi rock sperimentavano nuove sonorità destinate a sposarsi con l’aspetto visivo delle loro esibizioni. Il mondo dei videoclip era agli albori e le band si affidavano ai film per i progetti più ambiziosi. E quei film avevano un pubblico che oggi non esiste: a parte pochi reduci del passato, infatti, nessuno entrerebbe più in una sala per assistere a due ore ininterrotte di concerto. Siamo condannati al frammento, ai singhiozzi di una fruizione parcellizzata, alla girandola delle playlist. Eppure, per chi naviga oltre il promontorio dei cinquant’anni, quei quattro giorni d’ottobre del 1972 che scandirono le riprese di «Pink Floyd at Pompei» sono ancora un ricordo da custodire gelosamente. A Napoli il film venne proiettato in una sala d’essai chiamata «No» (una particella avversativa ormai desueta, ma che all’epoca veniva pronunciata di frequente) e si faceva la fila per entrare a vederlo. Quel cinema non esiste più: al suo posto, da tempo, c’è un parcheggio sotterraneo. Roger Waters e compagni suonarono dal 4 al 7 ottobre nell’antico anfiteatro deserto, superando un mucchio di problemi tecnici. Basta dire che per portare l’energia elettrica fra i ruderi dell’arena fu necessario un lunghissimo cavo che collegasse l’amplificazione alla centralina degli uffici comunali, attraversando le strade del paese come un serpente. Ma, rivedendo oggi la pellicola, l’anfiteatro rimane il protagonista principale: respira, splende, incanta. Come tutti i luoghi accarezzati dall’alito della vita. Perché non è archeologia lo scavo dei reperti, ma l’ottusità di chi si ostina a tenere lontano il presente, temendo che possa distruggere il passato. © RIPRODUZIONE RISERVATA città aperta (al teatro) Veronesi porta Bohème. Un anticipo del Festival del 2015 P ompei, è come un portale spazio-temporale unico nel suo genere. Un luogo evocativo come pochi. «Organizzare un festival negli spazi dell’antica città — dice il direttore d’orchestra Alberto Veronesi — è un messaggio internazionale, anzi universale. Mi trovavo in Cina qualche giorno fa e ho scoperto che la storia di Pompei è sui loro libri di testo». L’area degli scavi ospiterà un festival triennale che verrà inaugurato il 18 settembre con la Bohème. Sul podio il maestro Veronesi che ha già diretto orchestre in situazioni analoghe. «L’idea di un Festival lirico a Pompei riprende un esperimento da me fatto in precedenza nel sito archeologico di Giar- dini Naxos — dice —. Ho notato che con operazioni simili si crea una connessione particolare tra il sito archeologico e il pubblico, perché il luogo esalta il lato artistico». La musica della Bohème è affidata all’orchestra del teatro Bellini di Catania con Vittorio Grigolo che impersonerà Rodolfo, la soprano Jessica Nuccio sarà Mimì e Maria Canfora, Musetta. Sabato 20, il Balletto del Sud con coreografie di Fredy Franzutti metterà in scena una riduzione coreografica della Carmen di Bizet. «Sarà anche il gemellaggio tra due vulcani — continua Veronesi — se il luogo del concerto è sotto al Vesuvio, l’orchestra arriva da una provincia etnea. Il cast è prestigioso e devo rin- Sul podio Il direttore Alberto Veronesi (Milano, 1967): a Pompei dirigerà l’orchestra del Teatro Massimo Bellini di Catania graziare artisti come Vittorio Grigolo che per l’occasione viene da New York, e tutti gli altri. È un evento importante, altri miei amici come Placido Domingo, Roberto Alagna, An- Il ritratto Il Rodolfo del titolo pucciniano che ripercorre la fama di Pavarotti Grigolo, tenore-guascone amato negli Usa che sogna di scrivere una «pop-opera» V ittorio Grigolo è Rodolfo, il protagonista maschile della Bohème che riporta la grande musica a Pompei. «È un evento incredibile — dice — questo luogo potrebbe diventare l’Arena dell’opera del Sud». Grigolo rinverdisce la figura del tenore-guascone, riveduta e corretta nel segno dei tempi. Trentasette anni, nato ad Arezzo ma cresciuto a Roma, è il tipico cantante solare, estroverso, impetuoso, impulsivo, spontaneo, furbo, poco diplomatico, italianissimo. Dice che le vecchie signore in platea deve farle sentire amate come Giulietta. Di bell’aspetto e guascone sì, ma simpatico, magari un po’ kitsch, ma non sbruffone. Ha un modo di porsi tagliato su misura per gli spettatori americani, che stravedono per lui, l’hanno pure soprannominato (sbagliando) «Pavarottino». A Roma debuttò a 13 anni, come Pastorello nella Tosca proprio con Pavarotti. Lo conobbe, Lucianone, a Pesaro, un mese prima della sua morte: era a letto, aveva la flebo, gli disse: «Ciccio, tu non sei un tenore ma un signor tenore. Non ce ne sono tanti. Vai in America e prenditi il successo che meriti». Al Metropolitan Grigolo è di casa, lo scorso anno ha cantato un Rigoletto che un regista di Broadway ha ambientato in un casinò di Las Vegas, e il direttore Fabio Luisi, ligure serio e riservato formatosi in Germania, ha mandato giù il rospo. Ma lui la pensa esattamente come Angela Gheorghiu: il pubblico va all’opera per l’acuto del cantan- te, prima che per l’autorevolezza del direttore. Grigolo si considera un entertainer, il palco come il ring, il pubblico devi conquistartelo sera dopo sera. Una volta riuscì a far cantare «Torna a Surriento» e «Arrivederci Roma» a Oprah Winfrey, la popolare conduttrice Usa, a bordo dello yacht che li ospitava entrambi, di proprietà di Barry Diller, marito di Diane von Furstenberg. Negli Usa ha lavorato con il gruppo femminile Pussycat Dolls, nate come corpo di ballo burlesque; aveva un progetto con Robin Williams, che era suo amico e ogni tanto strapazzava a calcetto. Quando incontrò a Windsor Carlo d’Inghilterra, scavalcando il protocollo lo apostrofò con «Hi Carlo, come va?», e gli mise tra le mani un suo cd autografato. Ha la passione per le automobili, guida una Porsche da lui costruita, riconosce un modello e una marca dal rumore di uno sportello. Dice che per restare in cima bisogna rinnovarsi. Gli piace scompigliare i generi, mischiare le carte. Ha perseguito per anni l’idea di rinfrescare la lirica «poppizzandola», portandola al grande pubblico. Voleva scrivere proprio una «popopera», sognando un linguaggio contemporaneo tutto da immaginare: «Non è il crossover alla Bocelli: il protagonista è un vero cantante d’opera che fa melodie poppeggianti con la voce allenata di chi lavora senza microfoni», ci disse in una lontana intervista. Ci ha dovuto rinunciare, «ma siccome sono un testardo, vado avanti per fare tutto quello che si può per avvicinare sempre di più i giovani alla lirica». Alla fine lo salva l’istinto. Anni fa il discografico e produttore tv Simon Cowell, l’inventore di X Factor, gli propose di entrare nel Divo, un ensemble di tenori pop. Vittorio registrò una cover di Mariah Carey, poi capì che il sistema lirica l’avrebbe fatto fuori, si sarà ricordato della Scala, e rinunciò a quella tentazione. Valerio Cappelli © RIPRODUZIONE RISERVATA drea Bocelli, Jonas Kauffman, Maria Agresta, He Hui, Norma Fantini, Daniela Dessí, Angela Gheorghiu saranno invitati e hanno già dimostrato interesse ad essere presenti». I teatri della città sepolta dal Vesuvio sono stati utilizzati in passato per eventi analoghi e per altri generi musicali. Dai Pink Floyd, che lo usarono come set agli inizi degli anni Settanta, a Frank Sinatra che nel 1991 cantò per una diretta di Rai 1. La musica classica è stata spesso ospitata nella spettacolare arena con il maestro Riccardo Muti e l’orchestra Luigi Cherubini, l’ensemble del teatro di San Carlo, i Carmina Burana, ma anche la musica etnica come quella degli Inti Illima- ni e Violeta Parra fino ad arrivare a Claudio Baglioni ed eventi pop seguiti da polemiche come lo show di Alessandro Siani. Il Teatro Grande ha riaperto nel giugno scorso ospitando l’Agamennone e le Coefore/Eumenidi di Eschilo, dopo quattro anni di sequestro della struttura ordinato dalla magistratura di Torre Annunziata per indagini sugli appalti relativi alla ristrutturazione. «Non è escluso che in programma potrebbero esserci altri generi musicali — dice il maestro Veronesi — intanto anche il cartellone programmato da giugno 2015 è prestigioso e contiamo su spettatori italiani e stranieri. Ho già in mente di mettere i sottotitoli in Mattatore Il tenore Vittorio Grigolo (Arezzo, 1977). Sotto nel ruolo di Rodolfo in una Bohème di qualche anno fa al Met di New York Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Eventi 41 italia: 51575551575557 La guida Il Pompei Festival si apre il 18 settembre alle 21 con La Bohème di Puccini al Teatro Grande. Coro e orchestra del Teatro Massimo Bellini di Catania diretti dal maestro Alberto Veronesi. Sabato 20 alle 21 in scena il balletto in due atti Carmen con musiche di Bizet con la compagnia Balletto del Sud e le coreografie di Fredy Franzutti. Nel giugno 2015 in programma «L’ultimo giorno di Pompei» di Pacini, «Carmen» di Bizet, «Tosca» di Puccini, i danzatori del Bolshoi e del Royal Ballet. Nell’Anfiteatro, Aida e il Requiem di Verdi Scarica l’«app» Eventi Informazione, approfondimenti, gallery fotografiche e la mappa degli appuntamenti più importanti in Italia. È disponibile sull’App Store di Apple la nuova applicazione culturale del «Corriere della Sera Eventi». È gratis per 7 giorni. Il passato Pompei e l’intensa attività teatrale, come rivelano graffiti e affreschi Methe, Cestilia e le altre Le donne di scena come star Prima dell’eruzione, una città che amava le sue attrici di EVA CANTARELLA N Suggestivo Una panoramica del Teatro Grande di Pompei: poteva contenere 5.000 spettatori. Nei pressi, l’Odeion o Teatro Piccolo cinese per l’anno prossimo». Il calendario del 2015 prevede tra l’altro Carmen e l’Aida. La stagione prenderà il via il primo giugno con un’opera ispirata al luogo, L’Ultimo Giorno di Pompei, di Giovanni Pacini. «Nel grande spazio dell’antico teatro — aggiunge Veronesi — siamo Platea allargata «Il luogo esalta il lato artistico e attira la gente, per il futuro penso ai sottotitoli in cinese» Il sovrintendente «In programma il recupero dell’arena da 20 mila posti: avverrà grazie ai soldi dei privati» alla ricerca di una connessione, di un ponte fra due civiltà: quella dei pompeiani e quella contemporanea. Ma c’è anche l’idea, contenuta nella legge Franceschini, di perseguire, oltre alla tutela anche la valorizzazione dei Beni Archeologici e Museali, attraverso l’ArtBonus, che metterà in grado chi investe di ottenere il 65% del credito di imposta entro il 15% dell’imponibile: questo è stato un altro degli elementi decisivi». Grazie a questo stimolo ora Pompei guarda a un altro spazio da destinare agli spettacoli, l’arena. «Il suo recupero avverrà grazie a finanziamenti privati — dice il Soprintendente Massimo Osanna — c’è uno studio sull’agibilità della struttura da 20 mila posti, commissionato all’architetto Paolo Portoghesi». Biagio Coscia © RIPRODUZIONE RISERVATA La composizione el 79 d.C., quando scomparve, Pompei era una città fiorente, vivace e cosmopolita, nella quale diverse etnie e culture si erano nel tempo incontrare e al di là degli inevitabili problemi (e a volte veri e propri conflitti bellici) si erano alla fine amalgamate. Il primo nucleo di abitanti del luogo, nel VII sec. a.C., era composto da popolazioni osche. Grazie alla posizione particolarmente felice dello stanziamento, allo sbocco marittimo della ricca e produttiva area agricola dell’entroterra campano, la comunità divenne presto una fiorente cittadina, che nei primi secoli della sua vita subì l’influsso sia degli Etruschi (all’epoca ampiamente presenti nella zona), sia dei Greci la cui cultura (a seguito della sconfitta degli Etruschi da parte di una coalizione cumano-siracusana, nel 474 a.C.) prese peraltro il sopravvento. Verso la fine del V secolo una nuova popolazione, i Sanniti, calò dalle sue povere montagne stanziandosi tra l’altro anche a Pompei, e per finire nell’81 (secondo alcuni l’80) a.C. giunsero i Romani. Pompei, infatti, insieme agli altri alleati italici di Roma (i socii italici), stanchi di essere di fatto trattati come dei sudditi, aveva preso le armi per ottenere la cittadinanza romana, ma nell’89 era stata assediata da Silla, che dopo averla espugnata vi aveva stanziato una colonia. Pompei, insomma era un amalgama di etnie e di culture diverse, ciascuna delle quali aveva lasciato le sue tracce, contribuendo a renderla una città aperta, viva e pronta a recepire le novità. La sua economia era fiorente. La straordinaria fertilità dell’agro campano aveva consentito di sviluppare diverse industre che esportavano i suoi Il terzetto Affresco con attrici comiche nella villa di Cicerone a Pompei prodotti. Il vino locale veniva venduto oltre che in Italia in Francia, Spagna, Africa e Germania. Fiorenti anche l’industria della ceramica e quella tessile , nonché la produzione di calzature. Tutto contribuiva a consentire agli abitanti della città una vita piacevole e varia, arricchita da una intensa vita culturale e da una serie di svaghi tra i quali, in particolare, frequenti rappresentazioni teatrali. Dopo un lungo periodo nel quale queste avevano avuto ❜❜ Il ruolo ❜❜ I soprannomi Non potevano recitare nelle tragedie e nelle commedie, dominavano nelle pantomime Arrivavano spesso con le compagnie dei girovaghi: dall’Atellana a Novella Primigenia luogo in strutture provvisorie di legno erette nelle piazze e davanti ai templi, nel secolo a.C. la città si dotò di un edificio teatrale in muratura, il Teatro Grande, eretto presso il margine meridionale della città, la cui capienza, a seguito dei restauri di età augustea, arrivò fino a 5.000 persone. A darci un’idea delle popolarità di queste rappresentazioni sono i graffiti conservati sui muri della città, che testimoniano, in particolare, dell’entusiasmo dei pompeiani per le attrici che giungevano al seguito di compagnie girovaghe. Anche se non potevano recitare nelle tragedie e nelle commedie, ma solo nelle pantomime e nei mimi vi erano infatti numerose donne che calcavano le scene pompeiane: una certa Methe, ad esempio, definita attrice della «atellana» (un tipo di commedia di origine italica, così chiamata da Atella, in Campania); una Histrionica Actica, della compagnia di Aniceto; una Novella Primigenia, forse identificabile con una Primigenia di Nocera, il cui nome appare insieme a una serie di graffiti di saluto di una troupe di attori girovaghi. E poi una Cestilia, evidentemente molto apprezzata e popolare al punto da essere salutata come «la regina dei pompeiani». L’attività teatrale a Pompei, insomma, era intensa, non solo nel Teatro Grande ma anche nell’Odeion (che poteva ospitare circa 1.500 persone), costruito a fianco del teatro nei primi decenni della colonia sillana, verosimilmente destinato ad audizioni musicali, scene mimiche, recitazioni e forse anche declamazioni letterarie e poetiche. L’interesse per il teatro dei pompeiani traspare anche dalle raffigurazioni parietali con soggetti tratti da tragedie e commedie, e dall’ingente numero di maschere realizzate in marmo, in mosaico e in pittura, che decorano molte case della città. È bello, a distanza di quasi due millenni, vedere questo teatro tornare a vivere. Peccato solo (impossibile tacerlo) che ciò accada in un edificio, come il Teatro Grande, irrimediabilmente devastato da improvvide (a dir poco) opere di cosiddetto restauro. © RIPRODUZIONE RISERVATA A Pompei un balletto ispirato all’opera di Bizet. Che conferma così la sua fortuna Danza, musical e pubblicità Lo «spirito» libero di Carmen Scelta da ogni media. Per la passione e il virtuosismo di GIAN MARIO BENZING I n fondo è giusto così: «Libre elle est née et libre elle mourra!», «Libera è nata e libera morrà», canta di se stessa la zingara-sigaraia in faccia a Don José, a un passo dalla morte. Carmen non appartiene al doganiere come non appartiene al torero, forse non appartiene completamente neppure a Bizet (e non solo perché, sappiamo, la famosa «Habanera» rivisita un’omonima pagina di Sebastián Iradier). Carmen è libera, la donna come l’opera, e le sue avventure non finiscono mai. Può trasformarsi in balletto, è successo varie volte: succederà al festival di Pompei il 20 settembre, con la «Carmen» firmata dal coreografo Fredy Franzutti, a conferma di una fortuna che rasenta l’«universalità». Per narrare sulle punte i colori, la passione e la tragedia di Carmen, Franzutti, con la collaborazione di un fine pianista quale Francesco Libetta, accosta gli highlights dell’opera di Bi- zet ad altri «sguardi» spagnoli: nella scena della rosa, ad esempio, ascoltiamo «España» di Chabrier, e via via si scoprono anche spunti da Massenet e da Albéniz. Trasformazioni, contaminazioni: «Carmen» è open source. Interpretazioni Le rivisitazioni e le fantasie musicali sul soggetto non si contano: acrobatica quella per violino di Sarasate Lo è oggi e lo è stata nella storia. Le statistiche del sito operabase.com parlano chiaro: anche in queste ultime cinque stagioni (2008-2013), se l’opera più rappresentata al mondo risulta «La traviata», con 553 allestimenti (per forza, c’era in corso il centenario verdiano), «Carmen» è pur sempre seconda (su 2.415 titoli), con ben 477 allestimenti. La fama dell’opera, esaltata da Nietzsche contro Wagner, ha conosciuto fin dal debutto (1875) un’estrema popolarità e un amplissimo campo di rivisitazioni. Tutti ricorderanno lo spot del detersivo liquido che, sulle note di «L’amour est enfant de Bohème», intonava «Igiene sì, fatica no»; lo stesso tema sui cui danzano il notaio e Adelaide Bonfamille, la canuta Madame degli «Aristogatti» (ex cantante, che proprio con «Carmen» ha conosciuto un grande successo: per questo uno dei gattini, nella versione italiana, si chiama Bizet...); i bambini di oggi sanno che, nei «Little Einsteins» della Ironia Un’illustrazione di Carmen per il Journal Amusant (1875); a sinistra Georges Bizet (1838-1875) Disney, il canguro Joy salta sul refrain «Toreador, en garde!»... Da qui in su, la musica di «Carmen» sembra la più citata e rielaborata della storia (testa a testa forse solo con certi corali luterani...). Al polo opposto rispetto al detersivo potremmo porre la «Kammerfantaisie» del dottissimo Ferruccio Busoni (1920): una Sonatina per pianoforte, in cui la romanza del fiore, la Habanera e il tema del Destino si intrecciano con modulazioni abrasive, dissonanze, spunti politonali, in una costruzione di scheggiata drammaticità. Nel mezzo, c’è di tutto. Per la scena e non. A Bizet si rifanno Oscar Hammerstein II, con il musical «Carmen Jones», che nel film omonimo (1954) ha la voce di Marilyn Horne; o la curiosa versione tanguera di Daniel Pacitti, «Carmen de los Corrales», ambientata nella malavita di Buenos Aires, con i recitativi in «lunfardo», lo slang dei banditi locali... Uno dei cavalli di battaglia di James Galway è da sempre la «Fantaisie brillante sur “Carmen”» di François Borne per flauto e piano, la cui vetta di pazzesco virtuosismo è la variazione sulla chanson «Les tringles des sistres tintaient» nel finale. Ma è soprattutto il violino, con la sua aura tziganoispanica, il più incline a ispirarsi alla fatale sigaraia: variazioni ad altissimo tasso acrobatico sono la scoppiettante «Fantasia da concerto» di Pablo de Sarasate (1883), con le temibili volate su «Près des remparts de Séville» e il finale, al limite del sovrumano, ancora sui temi della chanson nella taverna di Lillas Pastia; e così la «Fantasia brillante» di Jenö Hubay o quella di Waxman per violino e orchestra (1947). Senza dimenticare le riletture sinfoniche come la «Chanson Bohème» di Moritz Moszkowski (1906) o la trascinante «Carmen-Quadrille» di Eduard Strauss op. 134, che traduce Bizet in puro spirito viennese (1876), citando, con la Habanera e le melodie più famose, anche il coro «Avec la garde montante...» o il concertato «Quand il s’agit de tromperie...». La fortuna di «Carmen» perdura ai nostri giorni, ben oltre i cartoon: pensiamo al «Capriccio» (1989) del giapponese Shinichiro Ikebe, a «La tragédie de Carmen» di Marius Constant rappresentata da Peter Brook (‘81) o alla «Carmen-Fantasy» per violoncello e piano di Buxton Orr (‘87): Carmen è come l’amore, «un oiseau rebelle», e continua a volare dove vuole... © RIPRODUZIONE RISERVATA 42 italia: 51575551575557 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 43 italia: 51575551575557 Sportlunedì Serie A 2a giornata CAGLIARI-ATALANTA EMPOLI-ROMA FIORENTINA-GENOA INTER-SASSUOLO JUVENTUS-UDINESE 1-2 0-1 0-0 7-0 2-0 LAZIO-CESENA NAPOLI-CHIEVO PARMA-MILAN SAMPDORIA-TORINO VERONA-PALERMO 3-0 0-1 4-5 2-0 oggi Classifica MILAN JUVENTUS ROMA INTER SAMPDORIA *una partita in meno 6 6 6 4 4 ATALANTA LAZIO NAPOLI UDINESE CHIEVO 4 3 3 3 3 CESENA PALERMO* VERONA* CAGLIARI GENOA 3 1 1 1 1 FIORENTINA TORINO SASSUOLO EMPOLI PARMA 1 1 1 0 0 MotoGp A Misano trionfo del pilota italiano Rossi Vale ancora Il Dottore torna a vincere davanti ai suoi tifosi dopo un anno di attesa e 18 dal suo primo successo Felice Valentino Rossi, 35 anni, di nuovo vittorioso nella MotoGp sul circuito di Misano (Epa) Serie A Le due milanesi danno spettacolo nella seconda giornata, la squadra di Inzaghi trascinata da Ménez raggiunge in testa Juventus e Roma Inter Milan show I nerazzurri si scatenano I rossoneri passano in dieci Sassuolo battuto con 7 reti sul Parma di Cassano come nella scorsa stagione soffrendo ma segnando 5 gol Il commento Il Napoli sta vivendo una crisi ambientale, la Fiorentina si trincera dietro la solita sfortuna Punti e gioco, è il ritorno di Milano di MARIO SCONCERTI È Tripletta Mauro Icardi 21 anni, 3 gol con il Sassuolo (Pegaso) tornata Milano, la vera notizia è questa. È tornata nei punti (10 non ne ha messi insieme nessuno, né Roma, né Torino, Genova o Verona), è tornata nel gioco e in una completezza di schemi che si faceva fatica a immaginare. Non è chiaro quanto abbiano contato gli avversari. Il Sassuolo è parsa una foglia al vento, ma era lo stesso che si è salvato pochi mesi fa. Il Parma è quasi irriconoscibile, poco equilibrato in mezzo e senza una difesa che sappia rimediare, ha cambiato molto, è un po’ troppo gonfio di vecchie glorie. Ma Milan e Inter hanno avuto il merito di giocare bene, in modo chiaro, quasi inevitabile. Nell’Inter Mazzarri ha corretto l’errore di base dell’esordio. Molto difficile giocare con due fantasisti dietro a un attaccante come Icardi. I fantasisti hanno bisogno di appoggiarsi e qualche volta riavere la palla. Icardi è un attaccante che tira, non gli interessa il dialogo. Così la parte offensiva si spacca un po’ in due. Col Sassuolo il rimedio è stato Osvaldo, il secondo attaccante. Hernanes e Kovacic sono potuti partire pochi metri più indietro e hanno avuto più spazio per far pesare le idee e le conclusioni. Non contano molto i sette gol, potevano essere tre sarebbe stato lo stesso. L’Inter adesso è una squadra che sa stare anche in una metà campo affollata di gente che vuole solo difendersi, dandosi velocità. Dodò ha portato altra energia, Medel è un riferimento per tutti. Si vedono equilibrio e sufficiente fantasia. In più c’è Icardi. Questo è un grande attaccante, aumenta bagaglio tecnico a ogni partita. In 55 gare ha segnato 22 gol, media 0,40, al- ta per chiunque, quasi impossibile per un ragazzo. Il Milan ha meno abitudine a se stesso, fa ancora un po’ confusione, prende tanti gol perché è un po’ storto, ma è cambiato tanto. Sembrava solo dedito al contropiede, a Parma ha vinto facendo la partita. Non ha più grandi campioni, ma è pieno di gente che sa giocare a calcio. In un torneo un po’ freddo come questo può diventare competitivo. La domanda adesso è quella solita: dove possono arrivare? La prima risposta è che sono ancora sotto Juve e Roma, ma rispetto a un anno fa sono cresciute molto. Se continuano questa piccola scia iniziale possono trovarsi dentro altre doti, comin- Il gap da colmare Juve e Roma sono sempre davanti, ma i gruppi di Mazzarri e Inzaghi stanno crescendo velocemente Punti di forza e debolezze I rossoneri fanno ancora un po’ di confusione, ma tanto è cambiato. I nerazzurri sono equilibrati e con un Icardi super ciare a chiudere il distacco. È quasi inutile ricordare che la prossima giornata c’è Milan-Juve. Mi sembra comunque più avanti l’Inter, più lavorata, già sufficientemente discussa, complessivamente più pronta a raccogliere. Intanto cede improvvisamente il Napoli. Tira molto ma nemmeno in modo irresistibile. Sembra una vera crisi ambientale. Tutti sono scettici su tutto, dalla gente alla squadra. Tutto è un po’ bizzarro. Mai sentito di un allenatore che se ne va per una settimana e torna tre giorni prima della partita. Stanno arrivando i limiti di chi fa fatica a cambiare dimensione. Fatto un risultato, si pensa non ci sia più bisogno di riconquistarlo. Qualcosa del genere sta capitando anche a Firenze. Gomez viene sostituito, la squadra non segna. Anche a Firenze mi sembra abbiano già la sfortuna come grande lavandino. Più che dei martiri, ogni tanto servirebbero anche gli eroi. © RIPRODUZIONE RISERVATA Top Keisuke Honda, 28, ha segnato anche con il Parma (Liverani) 44 Sport Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Mondiali di basket Serbia strapazzata L’oro resta agli Usa Il miracolo da compiere, questa volta, era troppo grande. Non è riuscito: la rinnovata e giovane Serbia di Sasha Djordjevic non ha potuto impedire che Team Usa conquistasse l’oro al Mondiale di basket, confermando quello del 2010. 129-92 il punteggio, non c’è stata storia perché i serbi hanno tenuto solo nei minuti iniziali (15-7). Ma quando si è scatenato Kyrie Irving (foto), la partita è diventata a senso unico: con un parziale di 15-0 gli statunitensi hanno ribaltato il punteggio e preso il comando, per poi imprimere una svolta al termine del primo quarto (35-21). Il martellamento è proseguito e già nel finale del secondo quarto il vantaggio era salito a 30 punti (6535). Il resto è stato una passerella per celebrare i campioni, ma anche per rendere omaggio all’argento dei serbi, che in un anno sono riusciti a cancellare il deludente 7° posto europeo, lasciando solo il bronzo alla Francia campione continentale. © RIPRODUZIONE RISERVATA MotoGp Il Dottore trionfa a Misano e supera Capirossi per età tra primo e ultimo successo Rossi il campione infinito si riprende la vittoria in casa Vale domina, Marquez cade, Lorenzo si arrende Ora è il pilota più longevo della storia del Mondiale ✒ mesi e 12 giorni fra la prima e l’ultima vittoria. Oggi c’è Rossi. L’ex recordman, un signore, si è complimentato con Valentino in diretta tv. Giacomo Agostini al muretto Yamaha lo aveva fatto addirittura a 10 giri dalla fine della corsa, quando già sorrideva sereno intorno a tanti volti tesi: abituato ai trionfi, da mito a mito, Ago sapeva in anticipo come sarebbe finito questo giorno perfetto con il cielo blu, l’aria elettrica, il popolo giallo nell’arena piena, una Yamaha che andava da paura e il polso di Vale in stato di grazia. A cinque anni dalla sua ultima vittoria italiana (6 settembre 2009, sempre qui) e a oltre un anno dall’ultima in assoluto (29 giugno 2013 ad Assen), Rossi ha trionfato in grande stianni e 27 giorni le, partendo da dalla prima vittoria di lontano. Da un Rossi nel Motomondiale weekend di lavoro senza errori; da una super Yamaha nata per questo asfalto; anno e 77 giorni da un grande dall’ultima vittoria stato di forma di Rossi in MotoGp psicofisica; dalla spinta della proLo sport non mente mai, e pria terra, che storicamente ha fonda l’epica sui fatti. Senza il sempre moltiplicato i suoi già cronometro, i gol, i sorpassi e i notevoli talenti. Sicuro di sé canestri, non c’è chance di di- alla vigilia, primo anche nel ventare leggenda. Il fatto indi- warm-up del mattino, il camscutibile di ieri — che vola so- pione è partito con la sicurezza pra il tifo e le opinioni delle dei tempi antichi e, quando gente che ne invocava addirit- Lorenzo è scattato dalla pole, tura il ritiro durante il terribile gli si è messo subito dietro in(e però istruttivo) biennio in seguito da Marquez. Da qui, Ducati — è che nessuno è co- tre sono state le scene madri me Valentino perché, a parte il memorabili. Prima, al secondo palmares ben noto, nessun pi- e al terzo giro, due spettacolari lota di motociclette è mai stato scambi di sorpassi e controcosì ad alto livello per così tan- sorpassi con Marquez da cui to tempo. Prima di lui c’era Lo- Rossi è uscito vincente: «Lui ris Capirossi, con 17 anni, 5 ama le mosse teatrali, come a DAL NOSTRO INVIATO Mai dire al migliore che è finito di ROBERTO DE PONTI S arà magari soltanto una questione di cognome, Rossi, ma con Valentino l’effetto Spagna ’82 è sempre dietro l’angolo. O meglio, dietro l’ultima curva. Mai dire che il Dottore è arrivato, che il Fenomeno è finito, che la meravigliosa e vincente carriera di Vale è ormai al capolinea: con un colpo di gas, Valentino Rossi sposterà il traguardo ancora più lontano, e scendendo dalla moto dopo un’altra vittoria vi guarderà con l’aria beffarda di chi pensa «ve l’avevo detto, io». L’effetto Spagna ’82 è quella combinazione di sensazioni che impedisce, anche nei momenti più bui, di considerare finita un’avventura sportiva: ne fu protagonista la Nazionale italiana di calcio, che dopo una disonorevole prima fase si mise in silenzio stampa e infilò quattro vittorie quattro e un titolo mondiale che nessuno, nemmeno il tifoso più ottimista, avrebbe mai pronosticato. Da allora, nessuno più si azzarda a dare per spacciata una squadra italiana, anche se moribonda, perché non si sa mai. Valentino Rossi, nove titoli conquistati in tutte le classi del Motomondiale, ha dovuto digerire più di un invito a scendere dalla sella e a lasciare spazio ai giovani, soprattutto ora che il suo erede Marquez ha dimostrato di essere pronto a diventare il nuovo cannibale. Si è sentito dire che era vecchio, che non aveva più stimoli, che non aveva più il polso di un tempo. Ha incassato le critiche, ha fatto sommessamente notare (inascoltato) che si sentiva ancora un giovincello, si è rimesso al lavoro e con umiltà ha cominciato a studiare il suo nuovo rivale, per arrivare a batterlo. E ieri l’ha battuto, indiscutibilmente. Vecchio a chi? Oggi, dopo questa vittoria, si potrebbe pensare che il Dottore non è più da corse a tappe (leggi Mondiale), ma di sicuro può fare ancora qualcosa nelle gare di un giorno. Ma Rossi ha già obiettato: «L’anno prossimo lotterò per il titolo». È ormai chiaro che solo una persona potrà dire che Valentino Rossi è finito: si chiama Valentino Rossi. © RIPRODUZIONE RISERVATA MISANO ADRIATICO — Quando un giorno ti chiameranno vecchio, prendi esempio da Valentino e ti sentirai un Highlander. Era il 18 agosto 1996 quando Rossi vinceva la sua prima gara a Brno in 125: un ragazzetto biondo di 17 anni che non pensava al futuro «perché a quell’età del futuro non me ne fregava niente». Oggi — 18 anni e 27 giorni dopo — quel ragazzetto con un po’ più di barba ma con lo stesso lampo negli occhi azzurri è ancora qui che vince, e stupisce, e stavolta un po’ si stupisce pure lui, il Freddo per antonomasia: «Un giorno quasi commovente». 18 1 Laguna Seca l’anno scorso. Ma stavolta gli è andata male», sorriderà Vale alla fine. Poi, al quarto giro, Rossi e Marquez che passano in sequenza Lorenzo: è lì che Jorge perderà la sua corsa, accumulando uno svantaggio decisivo. Infine, al decimo giro, la caduta di Marquez mentre inseguiva a tre decimi di distanza: in piega estrema come sempre, l’anteriore della Honda si è chiuso e stavolta cordolo e gomito non hanno aiutato il gatto a sconfiggere la gravità. Crash. Marc si sarebbe rialzato dopo una vita, ripartendo e finendo 15°, con un solo punto e il manto spelacchiato. «Mi sono rilassato, ho commesso un errore, sorry», spiegherà MM. «Ha voluto fare “all-in” — ha chiosato Rossi —. Ma comunque avrei vinto lo stesso». Sullo scivolone di Marquez la gara è finita. A un tratto, intorno a metà, è parso che Lorenzo potesse accorciare le distanze, ma era solo suggestione. Rossi ne aveva di più e il La prima volta È il 18 agosto 1996 quando il 17enne Valentino Rossi conquista la sua prima gara mondiale, il Gp della Rep. Ceca nella classe 125. Da allora 107 Gp vinti suo ormai ex capitano non l’avrebbe acchiappato nemmeno se i due avessero continuato a correre fino a notte. Quanto a Pedrosa, terzo, o alle splendide Ducati di Dovizioso (quarto a soli 5’’5 dal primo, il segnale di una crescita continua) e Iannone (quinto), per favore non scherziamo: bravi, ma in un’altra Lega. E così si torna all’origine: quanti campioni conosciamo capaci di restare a questo livello così a lungo? Anzi, quanti ne conosciamo capaci di passare, dopo anni di gloria, attraverso infortuni, errori, rottamazioni anticipate, sconfitte tremende e, anziché crollare, rinascere più forti? Intanto che ci pensiamo senza trovare un altro nome, Rossi è convinto di una verità che apre nuovi scenari per il futuro: «Sono il migliore Valentino di sempre». Poi si dà all’ultima impresa della sua giornata perfetta: attraversare con lo scooter l’oceano paddock invaso dai suoi tifosi. Battere Marquez è stato più facile. Alessandro Pasini © RIPRODUZIONE RISERVATA Le parole del Dottore Un muro giallo di tifosi, in pista, al paddock e in tribuna: «Che emozione, mi sono sentito come il Papa» «Penso di essere il miglior Valentino di sempre» L’emozione per la coppa dedicata al Sic «Il mio pensiero è sempre per Simoncelli» DAL NOSTRO INVIATO MISANO ADRIATICO — «A un certo punto mi sono sentito come il Papa». Francesco, uomo di sport e adunatore di folle, capirà. Quel muro giallo sotto il podio, in pista, nel paddock, sui prati, era un delirio che ha emozionato anche Valentino. «Una botta di adrenalina, avevo gli occhi lucidi, a fare il giro d’onore ho impegato un quarto d’ora. Non potrei chiedere di più...». Quando ha capito che ce l’avrebbe fatta? «Sabato notte ho sognato che passavo all’ultimo giro con 2’’2 su Lorenzo, ci sono andato vicino...». E finalmente ha battuto Marquez. «Mi chiedevo se avrebbe preferito controllare la corsa in funzione del Mondiale. Invece ha voluto fare il “fenomeno” e gli è andata male. Ma avrei vinto comunque». La chiave della vittoria? «Il grande lavoro del team, di Silvano Galbusera (il capotecnico che ha preso il posto di Jeremy Burgess, ndr), della Yamaha che mi tratta benissimo. Lottare qui con Lorenzo e vincere come 5 anni fa è stato fantastico». Ha battuto il record di Capirossi. Ne è fiero? «Bello, ma io sinceramente non corro per i record». Se torna indietro di 18 anni e 27 giorni che cosa ricorda? «A quell’epoca non pensavo a nulla, men che meno a diventare campione del mondo. La cosa più bella adesso è che sono passato attraverso tanti momenti difficili, la delusione Ducati, gli infortuni, il dolore. Essere di nuovo qui è una scommessa vinta, perché ci ho sempre creduto». Ma come si fa a resistere così tanto tempo a questo livello? «Non bisogna arrendersi né ascoltare chi ti dice che sei vecchio. Importante è continuare a sognare, ma guardando le cose con la mente lucida». La ragione che cosa le diceva? «Che venivo da tre podi di fila, che avevo fatto quattro secondi posti, che eravamo in crescita e che il giorno in cui Marquez non fosse stato a posto, be’, io ci sarei stato. Questa vittoria è speciale perché è venuta dopo un lavoro step-by-step che mi rende molto orgoglioso. E poi quella Coppa con il numero 58 di Simoncelli significa tanto. Il mio pensiero va sempre al Sic». Ha temuto di non vincere neanche una gara quest’anno? «Sì. E non mi piaceva, perché in carriera, periodo Ducati a parte, ci ero sempre riuscito». ❜❜ Bacchettata a Marquez Stavolta Marc ha fatto il fenomeno e gli è andata male. Ma avrei vinto comunque io Gli obiettivi per la stagione? «Lottare con Pedrosa per il secondo posto nel Mondiale, fare altre belle gare». In futuro il decimo Mondiale è un sogno o una possibilità? «L’obiettivo per cui ho firmato per altri due anni con la Yamaha è vincere il Mondiale. Un pilota ci pensa sempre, anche se è ultimo in classifica. Se non avessi questo obiettivo, farei meglio a stare a casa. È dura, ma ci devo provare». A 35 anni è tornato quello di una volta? «Io penso di essere il miglior Valentino di sempre. Il problema sono gli avversari: più giovani, più forti, più affamati. Ma se vivi bene, da professionista, e ti alleni seriamente, bé, allora puoi sfidarli. E pure batterli». al.p. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Sport 45 italia: 51575551575557 # Vuelta, tris di Contador. Aru è 5° Catania, Sannino nuovo allenatore Come nel 2008 e nel 2012, Alberto Contador conquista la Vuelta davanti a Froome (a 1’10’’) e Valverde (a 1’50’’). Nella 21ª tappa (crono di 9,7 km a Santiago de Compostela), ha vinto Malori. Nella classifica finale, Aru chiude 5° a 4’48”. VOLLEY — L’Italia chiude il Mondiale al 13°posto: 3-1 all’Australia nell’ultima sfida della 2a fase. Alla fase finale Brasile, Russia, Germania, Francia, Polonia e Iran. In serie B è già tempo di esoneri. Il Catania, ultimo con un solo punto, ha esonerato Maurizio Pellegrino: fatale la sconfitta interna contro il Perugia (1-0), capolista del campionato a punteggio pieno. A suo posto ci sarà Giuseppe Sannino, fresco di divorzio con il Watford. In passato aveva allenato il Palermo. Pellegrino resta al Catania come responsabile del settore giovanile. Il ritorno Dopo un anno, Valentino Rossi è tornato a vincere. A Misano ha tagliato il traguardo davanti a Lorenzo e Pedrosa (Action Images) Dietro al successo La pozione magica del Dottore e il mix tra moto, pista e lavoro Dentro questa vittoria ritrovata c’è una fame che Valentino custodisce nell’età adulta. C’è una ricetta magica, fatta di ingredienti tecnici. Misano è territorio Yamaha (6 successi negli ultimi 7 anni). È un circuito che non costringe a continue ripartenze da curve lente, punto di forza Honda. Piuttosto, curve veloci, che esaltano telaio e accelerazione Yamaha, migliorati costantemente quest’anno. In che termini l’ha mostrato Rossi ieri, sfruttando grip e stabilità nelle pieghe lunghe e veloci. Marquez e Pedrosa guidano moto strepitose in termini di gestione elettronica di cambio e motore; Valentino a Misano ha guidato una Yamaha in costante miglioramento ciclistico e meccanico dopo scelta corretta della gomma anteriore (a differenza di Lorenzo). Che fosse il posto adatto per cacciar via ogni titubanza, nell’approccio mentale, Rossi e il suo tecnico Silvano Galbusera l’hanno compreso nelle prove libere sull’asciutto, sabato. Cosa che ha ripristinato un atteggiamento molto aggressivo di Rossi, come segnalato dal miglior tempo nel warm up, una rarità negli ultimi quattro anni. Galbusera, del resto, in questo ritorno alla vittoria di Vale, ha L’evoluzione un ruolo decisivo: è un La Yamaha è in costante mastino, ha ripristinato miglioramento ciclistico e passione e lavoro nel box, dopo l’ultima faticosa stagione di meccanico. Scelta giusta Jeremy Burgess, capotecnico della gomma anteriore storico di Rossi. In aggiunta, Galbusera ha trovato una forma di relazione con il suo pilota molto redditizia, basata su decisioni più rapide e fiducia. Un atteggiamento che si accompagna alla voglia di Rossi — anni 35 – di migliorare. «Sto imparando» disse ridendo qualche mese fa. A muovere il corpo spostandosi rapidamente più all’interno della curva, avanzando nel contempo la posizione della testa, scopo abbassamento del baricentro. Lo stile è naturale per Marquez, è una fatica per lui, sostenuta grazie al lavoro quotidiano in palestra con Carlo Casabianca, il suo fedelissimo preparatore atletico. Cosa abbiamo dunque? Una moto evoluta, una pista adatta, un gruppo di collaboratori in palla, molto lavoro. Poi abbiamo Rossi che tiene in serbo la sua pozione magica. Da bere per dare la birra a tutti, ancora, come fa un eterno, felicissimo ragazzino. Giorgio Terruzzi © RIPRODUZIONE RISERVATA Le classifiche MotoGp 1. Rossi (Ita) Yamaha in 44’14’’586 (media 160,4 km/h) 2. Lorenzo (Spa) Yamaha a 1’’578 3. Pedrosa (Spa) Honda a 4’’276 4. Dovizioso (Ita) Ducati a 5’’510 5. Iannone (Ita) Ducati a 11’’771 6. P. Espargaro (Spa) a Yamaha a 18’’999 7. Smith (Gbr) Yamaha a 23’’100 8. Bautista (Spa) Honda a 36’’458 9. Crutchlow (Gbr) Ducati a 38’’480 10. Hernandez (Col) Ducati a 45’’878 Giro più veloce Il 4° di Marquez (Spa) Honda in 1’34’’108, media 161,6 km/h Mondiale piloti 1. M. Marquez (Spa) 289 2. Pedrosa (Spa) 215 3. Rossi (Ita) 214 4. Lorenzo (Spa) 177 5. Dovizioso (Ita) 142 6. P. Espargaro (Spa) 98 7. A. Espargaro (Spa) 92 8. Iannone (Ita) 92 9. Bradl (Ger) 74 10. Smith (Gbr) 74 Moto2 1. Rabat (Spa) Kalex in 42’48’’724 2. Kallio (Fin) Kalex a 2’’271 3. Zarco (Fra) Suter a 4’’268 4. M. Viñales (Spa) Kalex a 7’’448 5. Luthi (Svi) Suter a 9’’679 6. Aegerter (Svi) Suter a 11’’587 7. Morbidelli (Ita) Kalex a 21’’899 Mondiale piloti 1. Rabat (Spa) 258 2. Kallio (Fin) 236 3. M. Viñales (Spa) 179 4. Aegerter (Svi) 133 5. Luthi (Svi) 103 6. Corsi (Ita) 100 7. Zarco (Fra) 88 8. West (Aus) 65 9. Salom (Spa) 63 10. Cortese (Ger) 62 Moto3 1. Rins (Spa) Honda in 39’50’’694 2. A. Marquez (Spa) Honda a 0’’042 3. Miller (Aus) Ktm a 3’’403 4. I. Viñales (Spa) Ktm a 4’’459 5. Bastianini (Ita) Ktm a 4’’485 6. Binder (Rsa) Mahindra a 4’’671 7. Masbou (Fra) Honda a 9’’406 8. Migno (Ita) Mahindra a 9’’543 11. Fenati (Ita) Ktm a 10’’108 Mondiale piloti 1. Miller (Aus) 195 2. A. Marquez (Spa) 186 3. Rins (Spa) 175 4. Vazquez (Spa) 151 5. Fenati (Ita) 140 6. Masbou (Fra) 134 7. I. Viñales (Spa) 112 8. Bastianini (Ita) 98 9. Oliveira (Por) 84 10. Binder (Saf) 77 11. Kent (Gbr) 77 Prossimo appuntamento 28/9: Gp d’Aragona Tennis Barazzutti: «Battuti, ma abbiamo dimostrato di esserci» Fognini le prova tutte ma non può rovinare la festa di re Federer Roger porta la Svizzera in finale di Davis DAL NOSTRO INVIATO GINEVRA — Non c’è miracolo, c’è Roger Federer. L’unica apparizione, ahinoi, è quella del numero 3 del mondo, del tennista più vincente della storia. Anche con un tennis riservato, talvolta a bassa intensità, o ben contrastato da Fabio Fognini finalmente fuori dallo spleen, vicino a quello di Napoli con Murray, RF è di una categoria superiore. La resa è onorevole, l’Italia di Coppa Davis ferma il suo cammino alla semifinale, troppo forte la Svizzera che sente di avere la grande occasione, alla seconda finale della storia (a Lilla con la Francia), 22 anni dopo quella persa nel 1992 negli Stati Uniti dalla squadra guidata da Marco Rosset, ora commentatore tv. Fabio Fognini ha perso giorno dopo giorno quella flaccidità manifestata con Wawrinka all’esordio e ora si prende gli applausi del pubblico e i complimenti di Federer che si getta sul capitano Séverin Lüthi in un abbraccio liberatorio. Fabio combatte, estrae dal suo repertorio più di un buon colpo, regge perfino lo scambio prolungato con sua maestà (ottimi e abbondanti quello del quinto gioco del terzo set e quello nel tie break In trionfo Roger Federer sulle spalle di Lüthi e Wawrinka (Epa) Finisce 3-2 Semifinali gruppo mondiale Francia-Repubblica Ceca 4-1 Svizzera-Italia 3-2 Ieri a Ginevra Federer (Svi) b. Fognini (Ita) 6-2, 6-3, 7-6; Seppi (Ita) b. Lammer (Svi) 6-4, 1-6, 6-4 Finale Coppa Davis Francia-Svizzera dal 21 al 23 novembre, a Lilla quando recupera un mini break, 3-4), prende i suoi rischi. Troppi, però, sono gli errori non forzati, soprattutto con il diritto, e la vera differenza la fa il servizio. Quello di Fabio è lento e prevedibile, soprattutto con la seconda. Federer, invece, si aggrappa alla battuta quando si trova a dover affrontare una palla break. Fognini ne ha 5, ma non ne sfrutta neanche una, mentre le 4 del terzo set, se trasformate, avrebbero potuto aprire uno scenario diverso: Federer non è impeccabile, appare incer- to, soffre il ritorno di Fabio che in questo set gioca un tennis che non mostra da tempo. Peccato. Ma il senso di questa semifinale è che i nostri dovevano essere perfetti, stare sopra le nuvole e non fare neanche un errore. La prova dell’Italia è sempre nella ridotta, mai all’attacco. Possiamo sono resistere e lo facciamo come possiamo dimostrando una certa solidità di squadra. «Abbiamo dimostrato di esserci» conferma capitan Barazzutti. Fognini si spinge fin dove può, 6-5 del terzo, recuperando da 0-30 e portando Roger 17 al tie break. Qui lo svizzero viene anche aiutato dalla sorte e da Fognini che, dopo aver chiesto il challenge senza mai essere aiutato dall’aggeggio, evita di reclamarlo proprio quando viene convalidato un ace di Federer con palla abbondantemente fuori. La fine è nota (6-2, 6-3, 7-6) ma meno lineare di quello che si legge. Roger viene portato in trionfo dai suoi compagni. C’è molta goliardia svizzera e RF se la ride. «Fa un enorme piacere dividere con tutti. E con la squadra si può fare finalmente i cretini. Bene. Spero di fare una buona finale. Non l’abbiamo ancora vinta? Certo che no, ma io ho una mentalità vincente, non vado certo a giocare per perdere. Ora festa, ma poi concentrati». Fabio Fognini si consola. «Ho messo in difficoltà Federer, non l’ho visto tranquillo, soprattutto da fondocampo. Certo c’è sempre qualcosa da migliorare, a cominciare dal servizio, questa è la mia priorità, ma esco a testa alta». È stata la miglior Davis italiana dal 1998 ma dietro quel risultato (finale) c’era un ambiente litigioso e avvelenato. Meglio questa squadra, meglio questi tempi. Roberto Perrone © RIPRODUZIONE RISERVATA Il personaggio L’ex ferrarista, che guida l’Aci Milano, è ottimista: «Da Ecclestone buoni segnali» Capelli: «Il mio Gp per battere Bernie» La battaglia per dare un futuro a Monza «Le istituzioni devono fare la loro parte» Non è stata una settimana qualunque per nessun ferrarista al mondo, tanto meno per Ivan Capelli. Ha superato il primo Gp di Monza della sua terza vita, da presidente dell’Aci Milano (dopo gli anni da pilota e commentatore tv), è sopravvissuto a una discussione d’affari con Bernie Ecclestone e infine ha assistito al cambio al vertice della Rossa. «Una svolta epocale, ora mi auguro che Marchionne riesca a stare vicino alla Scuderia». Partiamo da Monza: com’è andata? «Bene, abbiamo riscontrato tanta attenzione e disponibilità, che ora non dobbiamo disperdere». Gli spettatori sono calati: sarà mai possibile abbassare il prezzo dei biglietti? «Purtroppo anche i prezzi dei biglietti vengono indicati dalla Fom, quindi da Ecclestone. La gestione precedente aveva provato a seguire una politica al ribasso: ha ricevuto un richiamo ufficiale». E lei a Ecclestone aveva cose più urgenti da chiedere, visto il rischio di perdere Monza. «Al primo incontro io e Andrea Dell’Orto, presidente Sias, abbiamo ottenuto due cose fondamentali. Abbiamo riaperto un dialogo che si era interrotto. Bernie l’ha detto chiaro: non aveva più interlocutori. E poi abbiamo ottenuto di restare fino al 2016 con gli stessi accordi contrattuali. Questo ci dà il tempo per prepararci alle richieste di Ecclestone». Che pretende il doppio. Giusto? «Non è lontano dalla realtà. Però le trattative si fanno in due. Io ho cercato di fargli capire che Monza vale Montecarlo. Gli ho detto: se questo paddock è glamour è meri- Presidente Ivan Capelli, 51 anni (Colombo) to tuo, ma noi italiani avevamo inventato i paparazzi prima di te». L’ha convinto? «A Bernie della storia frega poco. Però credo che quell’invasione di pista e quel podio, con Massa e Rosberg emozionati, abbiano un valore anche commerciale». Com’è Bernie durante una trattativa? «Mentre gli parlavo dei problemi del passato, mi toccava la mano e mi diceva “don’t worry”; appena abbiamo iniziato a parlare di soldi, ha sibilato “Monza is like everybody else”, “Monza è come tutti gli altri”». Come si trovano i 10 milioni? «Con l’appoggio delle istituzioni. E studiando un percorso non facile, ma possibile, perché Monza genera un indotto e perché resta uno degli eventi internazionali più importanti del Paese. Troppo spesso lo pensiamo come il Gp di Monza e ci dimentichiamo che è il Gp d’Italia». La F1, nonostante gare belle, perde spettatori ovunque. Perché? «I perché sono tanti, il difficile è trovare la soluzione. Quando all’inizio dell’anno la gente ha sentito i protagonisti lamentarsi ha bocciato la F1. E poi i piloti di oggi non stimolano la fantasia come quelli di una volta, sono ingabbiati. Per questo una delle cose più belle è il sorriso di Ricciardo». La crisi della Ferrari di oggi le ricorda quella che ha vissuto lei nel ’92? «È difficile confrontare epoche diverse, posso immaginare che l’aria che si respira sia simile, anche allora poche cose funzionavano, nonostante lo sforzo di tutti». Prospettive? «Tutti questi stravolgimenti allungano i tempi di reazione. Chi arriva deve imparare prima di agire. La Ferrari ha un problema al cuore, la power unit, e col cuore malato non vai lontano. Ma ora conoscono il problema e sono sicuro che durante l’inverno riusciranno a colmare il divario». Chi vince il Mondiale? «Rosberg. A proposito, a Monza non ha sbagliato apposta». Com’è la vita da presidente dell’Aci? «Solo una volta eletto capisci quanto è complesso il meccanismo: sono rimasto tutto agosto a Milano a studiare. Ora voglio aumentare le iniziative, anche assieme al Comune di Milano: penso a corsi di sicurezza stradale, a partire dai più giovani che vanno in bici». Arianna Ravelli © RIPRODUZIONE RISERVATA 46 Sport Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 Sprint in vetta Il Parma rientra in gioco quattro volte. La squadra di Inzaghi trascinata da un grande Ménez Parma Milan 4 5 5 MIRANTE Travolto da una marea di palloni, è colto di sorpresa soprattutto dal tiro di Bonaventura. 5 RISTOVSKI Sostituisce Cassani, infortunato, è decisivo nel disturbare Bonaventura nell’occasione di testa, non è altrettanto pronto a fermare Honda, sempre di testa, ed è ingenuo su Ménez. 5,5 LUCARELLI La sua spintarella su Ménez, dopo che si era visto superato in velocità, lancia il Milan. Sembrava già fuori posizione sulla rete di Honda. Si riscatta con il gol che riaccende le speranze. 5,5 FELIPE Insegue Ménez dappertutto e ogni tanto lo abbatte. Pronto a insaccare da due passi l’assist di Jorquera, poi si fa espellere per doppio giallo, anche se il secondo cartellino sembra ingiusto. 4,5 DE CEGLIE Serataccia: non incide sulla fascia, subisce Honda, lascia crossare Abate ed è lui a dare la palla male a Cassano. 6 ACQUAH Ha il merito di alzare il ritmo con veloci accelerazioni, che mandano sempre in sofferenza il Milan, recupera palle ovunque. 5 LODI Lanci e visione di gioco, sparisce quando si alzano i ritmi. 6,5 JORQUERA Cerca la profondità e, anche se non sempre si capisce con Belfodil, entra in tutte le azioni del gol: suo l’assist per la testa di Cassano, diventa un assist per Felipe il suo tiro svirgolato. 5,5 GHEZZAL L’azione del primo gol parte dal suo piede, ma non fa il salto di qualità. PARMA (4-3-3): Mirante 5; Ristovski 5, Lucarelli 5,5, Felipe 5,5, De Ceglie 4,5; Acquah 6, Lodi 5, Jorquera 6,5 (Coda s.v. 27’ s.t.); Ghezzal 5,5 (Palladino 5 20’ s.t.), Cassano 6,5, Belfodil 5,5 (Bidaoui s.v. 34’ s.t.). All.: Donadoni 6 MILAN (4-3-3): Diego Lopez 5; Abate 6,5, Alex 6 (Zapata 6 17’ s.t.), Bonera 4,5, De Sciglio 5; Poli 6, De Jong 6,5, Muntari 6; Honda 7 (Rami 5,5 17’ s.t.), Ménez 8 (Niang s.v. 41 s.t.), Bonaventura 7. All.: Inzaghi 6,5 Classe Jeremy Ménez, 27 anni, nella gara del Tardini contro il Parma ha realizzato due gol. Il primo su rigore, il secondo di tacco (Getty Images) Al festival dei gol e delle follie vince il Milan dai due volti Monica Colombo Diavolo: il cross da sinistra è di Jorquera, l’inserimento del barese perfetto, pari alla dormita di Bonera e De Sciglio. Una curiosità: Antonio per il quinto anno segna alla seconda di campionato. Una rete che però non serve a salvare il Parma. Il Diavolo infatti è abile a intuire le difficoltà emiliane e affonda già nel primo tempo: Ménez apre per Abate il cui cross trova Honda solo a centro area, pronto a infilare Mirante di testa. E poi Ménez si procura il rigore che vale il terzo gol, un istante prima dell’intervallo: il fallo di Lucarelli è evidente, ma il francesino si lascia cadere dopo aver fatto due passi ed essere entrato in area. Il Parma si consola con la mancata espulsione del suo difensore, mentre Ménez dal dischetto è implacabile. La partita sembra finita qui. E invece il secondo tempo è più ricco di emozioni (e di errori) di quanto sia lecito attendersi. Altre cinque reti, due espulsi (Bonera e Felipe per doppia ammonizione), una traversa del solito irresistibile Ménez. Il Parma non ha equilibrio, ma cuore e non molla. Felipe sorprende Bonera e riapre i giochi per la seconda volta (6’), De Jong ruba palla a Cassano e allunga di nuovo (23’), poi segnano Lucarelli di testa e Ménez di tacco, in un’altalena da infarto. L’ultimo acuto è in realtà un’autorete firmata da De Sciglio con la grave complicità del distratto Diego Lopez. Inzaghi, dopo aver sofferto nel lunghissimo recupero, esulta. Contro la Juve ci vorrà lo stesso cuore, ma molta attenzione in più. © RIPRODUZIONE RISERVATA Alessandro Bocci Rossoneri formidabili in attacco ma imbarazzanti dietro DA UNO DEI NOSTRI INVIATI PARMA — Al festival del gol e delle scelleratezze difensive, il Milan mette in fila la seconda vittoria consecutiva, raggiunge Juve e Roma in testa alla classifica e sabato a San Siro misurerà le proprie reali ambizioni contro il vecchio amico Allegri, guardandolo dritto negli occhi. Inzaghi non poteva cominciare meglio la sua avventura di allenatore. Lo sprint rossonero, dopo un’estate tribolata, è fulminante: due partite, due vittorie. Ma i numeri sono effimeri e non raccontano tutta la verità. Il Milan è un gigante con i piedi d’argilla, formidabile dalla cintola in su, ma imbarazzante in difesa e nella gestione del risultato se, alla fine di un 5-4 da perderci la testa, fa rientrare in gioco il Parma ben quattro volte nell’arco dei novanta minuti. La squadra di Inzaghi in attacco è lucida, incisiva e conferma le buone indicazioni dell’esordio contro la Lazio. Pippo perde Fernando Torres alla vigilia che, sommato all’infortunio di El Shaarawy, lo costringe a presentarsi in Emilia senza una punta vera e propria. Ma Ménez falso nove è l’asso nella manica e manda in tilt l’acerba difesa di Donadoni, che non recupera Paletta e perde Cassani prima di da uno dei nostri inviati a Parma Cassano lascia ancora il segno Marcatori: Bonaventura 25’, Cassano 27’, Honda 37’, Ménez (rig.) 45’ p.t.; Felipe 6’, De Jong 23’, Lucarelli 28’, Ménez 34’, De Sciglio (aut.) 44’ s.t. Arbitro: Massa 5 Espulsi: Bonera 13’, Felipe 32’ s.t. Ammoniti: Lucarelli, De Jong, De Ceglie, Acquah. Recuperi: 0’ più 6’ Le pagelle Parma arrivare allo stadio. Il francese è decisivo e devastante: segna due gol (il secondo con un colpo di tacco pazzesco), colpisce una traversa, accende l’azione che Honda trasforma nel provvisorio 2-1. Indolente a Roma, formidabile a Milano, svaria su tutto il fronte senza dare punti di riferimento agli avversari. Davanti il Milan non perdona, anche se bisogna tenere conto degli imbarazzi avversari. Honda segna di testa, incredibile ma vero e regala l’assist per l’1-0. Il primo gol, quello che accende la miccia, lo segna l’ultimo arrivato, vale a dire Bonaventura, timido all’inizio, lesto a prendere in contropiede Mirante dopo il suggerimento del giapponese a cui regala involontariamente il pallone Belfodil. Il Milan fa male quando affonda nello spazio, ma è un disastro in difesa. E infatti Cassano lo perfora con grande facilità due minuti dopo il vantaggio rossonero, segnando di testa e mostrandosi il perfetto anti- Il dopopartita Il tecnico: «Ricordiamoci da dove veniamo Con la Juve proveremo a colmare il gap» PARMA — Nonostante le maledette caviglie, il Milan vince in maniera brillante (e avventurosa) la seconda partita consecutiva e si prepara alla sfida con la Juve alla pari, da prima in classifica. Non bastava il forfait di El Shaarawy. Ieri Fernando Torres è stato costretto ad assistere alla gara dalla tribuna, seduto accanto ad Adriano Galliani dopo che nel finale della rifinitura di sabato aveva rimediato un trauma distorsivo alla caviglia sinistra. È stato sostituito da uno strepitoso Ménez che si è procurato e ha battuto un rigore, ha realizzato una rete di tacco, ha preso l’incrocio dei pali e pure i complimenti di Berlusconi al telefono. A fine gara Adriano Galliani ha passato il cellulare all’ex giocatore del Psg e si è poi congedato dall’ex Cavaliere sospirando: «Presidente, un gol pazzesco». Il francese ha dichiarato: «È stata una 6 DONADONI Galliani si affretta a precisare ogni volta che non è mai stato in corsa per la panchina del Milan e viene da chiedersi perché. Il suo Parma rientra in partita quattro volte, fa il massimo con quello che ha a disposizione. Arianna Ravelli © RIPRODUZIONE RISERVATA Le pagelle Milan da uno dei nostri inviati a Parma Bonera non ne azzecca una 5 LOPEZ I primi tre gol sono omaggi della sua difesa, sull’autorete di De Sciglio è distratto (e si fa pure male). 6,5 ABATE Due partite, due cross di fila perfetti che si trasformano in assist (è la prima volta che gli riesce, dicono gli statistici). 6 ALEX La versione cattiva di Aldo (quello di Giovanni e Giacomo) svirgola al volo una punizione al bacio di Honda. Dietro è di gran lunga il più sicuro. Non a caso, Cassano gli gira al largo. Brutto colpo il suo infortunio (alla coscia). 4,5 BONERA Preferito al gran numero di centrali di cui il Milan è dotato, non fa niente per giustificare la scelta. Fa fallo su Cassano (giallo), lo fa segnare di testa, ha qualche colpa sul gol di Felipe, ferma una palla di mano e prende il rosso. 5 DE SCIGLIO Male nelle azioni dei primi due gol del Parma, clamorosa l’autorete nel finale. Cassano gli scappa spesso. 6 POLI Molta lotta, poco governo. 6,5 DE JONG Regista si sapeva, contropiedista no: scardina una palla dai piedi di Cassano, poi s’invola in velocità e fa secco Mirante. 6 MUNTARI Battaglia dura a centrocampo, fatica con Acquah. 7 HONDA Continua a migliorare: punizioni, movimento, assist, fino al sigillo del gol (il secondo in due gare). Scusate il ritardo. 8 MÉNEZ Fa tutto: torna a metà campo ad avviare l’azione (l’apertura del 2-1), si conquista e realizza un rigore (come contro la Lazio), prende una traversa, giganteggia su quel che resta della difesa del Parma segnando di tacco. Chi lo toglie più? 7 BONAVENTURA Va vicino a lasciare il segno di testa, ci riesce con un diagonale non potentissimo ma preciso. Già inserito. 6 ZAPATA Prende sicurezza man mano, respinge gli ultimi assalti del Parma. 5,5 RAMI Un po’ incerto. 6,5 INZAGHI Primo: dare certezze. Così, replica (El Shaarawy a parte) la formazione vincente con la Lazio. Il Milan è sì brillante, ma concede troppe vite all’avversario. a.rav. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Prestazione super Con il Cesena a segno anche Parolo e Mauri Candreva ispira la Lazio Un gol per convincere Conte ROMA — Un gol, un assist e due convocazioni, la prima al c.t. e la seconda al suo presidente. Quella di Antonio Candreva, la locomotiva della Lazio nel 3-0 senza se e senza ma sul Cesena tenerello di Bisoli, è una storia strana, che ricomincia sempre. A giugno doveva spaccare il Mondiale per poi realizzare il sogno dichiarato, la Champions: i top club si erano messi in fila per averlo, Lotito gli aveva promesso più soldi perché restasse onde evitare sconquassi ambientali (ieri l’Olimpico è tornato pieno dopo sei mesi di astinenza del tifo), mentre Conte lo teneva in palmo di mano per la sua nuova Nazionale. Invece, alla fine, l’esterno biancoceleste si è ritrovato senza Europa, senza ritocco di stipendio e pure senza nemmeno un minuto di azzurro nella vittoria dell’Italia in Norvegia. Tutto da rifare. Così, se al 18’ Candreva ha scaricato in partita incredibile. Nessuno ha mollato, è stata una vittoria sofferta, il gruppo sta diventando forte. In questa posizione mi trovo benissimo perché posso andare da tutte le parti del campo. Ma riuscirò a giocare anche con Torres». Inzaghi è stravolto: «Non avremmo meritato di pareggiare. Ricordiamoci da dove veniamo e ora la Juve: in una partita secca davanti al nostro pubblico colmeremo il gap tecnico con altre qualità». Donadoni protesta: «Il fallo di Lucarelli su Ménez era fuori area. Era da rosso? Ma allora Massa non avrebbe concesso il rigore. Il fallo di mano di Bonera era dentro l’area, allora ci stava anche il penalty. Certi episodi, come il secondo giallo a Felipe, cambiano l’andamento di una partita. Gli errori arbitrali sono stati clamorosi». 6,5 CASSANO Quando vede rossonero si scatena: è l’ottavo gol che segna al Milan. Mobile finché ce la fa, si fa però rubare palla da De Jong. 5,5 BELFODIL Un po’ impacciato, un po’ sfortunato quando a centrocampo perde la palla che va a Honda e poi si trasformerà nel gol di Jack. Davanti Abate lo contrasta bene. 5 PALLADINO Combina poco, dà solo un po’ di vigore alle spinte. porta il cross del deb olandese Braafheid e poi è corso sotto la tribuna con le mani alle orecchie in stile Dumbo, qualche laziale si è stizzito, sì, ma nessuno si è sorpreso: ora è lui a reclamare attenzione, si sente «top» e non più gregario. Quest’anno i fatti gli danno ragione. E, del resto, c’è di nuovo la sua impronta sul riscatto della Lazio di Pioli dopo la prima (bruttina) di San Siro. Il gol e l’esultanza rabbiosa, ma mica si è fermato. Nel secondo tempo, molto prima della rete con cui Mauri ha ratificato il 3-0 allo scadere, Candreva l’ha messa morbida a Parolo sul secondo palo, all’11’. E poi ha continuato nell’opera di demolizione della difesa del Cesena, una delle sue ex squadre, uno dei club da cui è partita la sua rincorsa infinita. Ce la farà stavolta ad arrivare al top? Andrea Arzilli © RIPRODUZIONE RISERVATA Lazio Cesena 3 0 Marcatori: Candreva 18’ p.t.; Parolo 11’, Mauri 45’ s.t. LAZIO (4-3-3): Berisha 5,5; Basta 6, De Vrij 6, Gentiletti 6,5, Braafheid 6,5; Parolo 6, Biglia 5,5, Lulic 6 (Mauri 6 25’ s.t.); Candreva 7, Djordjevic 5,5 (Klose 6 15’ s.t.), Keita 5 (Felipe Anderson s.v. 42’ s.t.). All.: Pioli 6,5 CESENA (4-3-1-2): Leali 6,5; Capelli 5, Volta 5, Lucchini 5, Renzetti 5 (Giorgi 6 20’ s.t.); De Feudis 5 (Mazzotta 5,5 1’ s.t.), Cascione 5,5, Coppola 5,5; Brienza 5; Rodriguez 5,5 (Djuric 5 1’ s.t.), Marilungo 5,5. All.: Bisoli 5,5 Arbitro: Irrati 6 Ammoniti: Lucchini, Parolo, Biglia, Braafheid Recuperi: 2’ più 3’ Senza storia Gabbiadini e Okaka stendono un deludente Torino Doppia vittoria della Samp Metà incasso per la ricerca Sla GENOVA — Ferrero in tribuna, con Ricky Tognazzi e Simona Izzo, si esalta come se la sua Samp avesse centrato già un posto per la Champions League. Invece ha solo battuto 2-0 un Torino che con Larrondo, Quagliarella e poi Amauri là davanti neppure assomiglia alla squadra che ha conquistato l’Europa grazie ai gol di Immobile (Borussia) e la vivacità di Cerci (Atletico Madrid). La vittoria di Mihajlovic è però incoraggiante e strameritata, grazie a un gol per tempo, sempre al 34’. Il primo di Gabbiadini che, istruito dal suo tecnico da bordo campo, scaglia una punizione (fallo di Glik su Soriano) nell’angolino opposto con Padelli in ritardo. Poi il doriano sfiora il bis ma stavolta la punizione centra la traversa. Il secondo gol, di Okaka, è un gioiello di tecnica, velocità e potenza. L’italo-nigeriano fa mezzo campo saltando tutti, con Moretti che lo tiene inutilmente per la maglietta, e poi realizza con un diagonale perfetto. Mihajlovic ha una versione spietata: «Okaka è bravo, forte e generoso. Ancora però non ha fatto nulla, ha buttato sei-sette anni e ora deve recuperare il terreno perduto». I 20 mila del Ferraris fanno festa e hanno ragione, anche perché metà dell’incasso è finito nella ricerca sulla Sla, doppia vittoria per il presidente Massimo Ferrero. Ventura si arrende all’evidenza: «La Samp ha meritato di vincere, su ogni pallone loro avevano decisamente più rabbia e convinzione. Dobbiamo intervenire e reagire al più presto. Amauri? Ha bisogno di tempo». © RIPRODUZIONE RISERVATA Sampdoria Torino 2 0 Marcatori: Gabbiadini 34’ p.t.; Okaka 34’ s.t. SAMPDORIA (4-3-3): Viviano 6; De Silvestri 6, Silvestre 6,5, Gastaldello 6,5 (Romagnoli s.v. 37’ s.t.), Cacciatore 6; Soriano 6, Palombo 6, Obiang 7 (Krsticic s.v. 30’ s.t.); Gabbiadini 7, Okaka 7,5 (Bergessio s.v. 37’ s.t.), Eder 5,5. All.: Mihajlovic 6,5 TORINO (3-5-2): Padelli 5,5; Bovo 5,5, Glik 6, Moretti 5,5; Maksimovic 5, Nocerino 6, Vives 5, El Kaddouri 6, Molinaro 5,5 (Darmian 5 13’ s.t.); Larrondo 5 (Amauri 5 16’ s.t.), Quagliarella 5 (Martinez 6 32’ s.t.). All.: Ventura 5 Arbitro: Mazzoleni 5,5 Ammoniti: Bovo, Obiang, Glik, De Silvestri, Vives, Soriano, El Kaddouri Recuperi: 1’ più 3’ Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Sport 47 italia: 51575551575557 Festa nerazzurra La squadra di Mazzarri travolge un avversario allo sbando Replica Inter un anno dopo Il Sassuolo incassa altri 7 gol Tris di Icardi, doppietta di Osvaldo e super Kovacic MILANO — È passato un anno, sono cambiati gli interpreti e il teatro (da Reggio Emilia a San Siro), ma lo scenario (Moratti in tribuna) e la conclusione della storia sono stati identici: 7-0 al Sassuolo il 22 settembre 2013 e 7-0 il 14 settembre 2014. «Di una cosa sono sicuro; magari perderemo, ma non succederà come un anno fa», aveva detto Eusebio Di Francesco. Invece è capitato, perché a Reggio Emilia l’Inter aveva trovato il gol dopo otto minuti (Palacio) e questa volta addirittura dopo tre (Icardi), con il Sassuolo, che ha ripetuto l’errore di presentare un velleitario 4-3-3, troppo rischioso per resistere alla forza d’urto interista. E come un anno fa, dopo aver subito al 21’ il secondo gol (il primo di Kovacic da interista in campionato alla 47ª partita), il Sassuolo è franato, consegnandosi anche mentalmente all’avversario, nella speranza che tutto finisse in fretta. L’Inter aveva troppi motivi di rivalsa per accontentarsi di gestire la vittoria: le critiche per lo 0-0 di Torino giudicate eccessive; la grande attesa di San Siro per l’esordio in casa in campionato (curva Nord ancora chiusa); la necessità di portare a casa i tre punti e dare concretezza al rinnovamento pilotato dalla società e da Mazzarri; la curiosità intorno agli attaccanti del Sassuolo (Zaza fresco di gol in Nazionale, ma anche Berardi e Sansone), ricoperti da una valanga di gol. Il Sassuolo non ha vinto un contrasto nemmeno per sbaglio e i difensori hanno offerto agli in- teristi spazi e soluzioni che non si vedono nemmeno in allenamento. Icardi si è scatenato: dopo il primo gol, ha segnato quello del 3-0 («il mio gol più bello») e del 5-0 ed era dal 6 maggio 2012 (Milito) che un interista non firmava una tripletta; Osvaldo, preferito a Palacio (in recupero dopo l’infortunio mondiale, 16’ nel finale), ha segnato quello del 4-0 (con la solita finta mitragliata) e del 6-0; Guarin ha chiuso il festival interista, mirando il palo interno della porta di Consigli. 7 0 Inter Sassuolo Marcatori: Icardi 3’, Kovacic 21’, Icardi 30’, Osvaldo 43’ p.t.; Icardi 8’, Osvaldo 27’, Guarin 29’ s.t. INTER (3-5-2): Handanovic s.v.; Andreolli 6, Ranocchia 6,5, Juan Jesus 6,5; Nagatomo 7 (Mbaye 6 17’ s.t.), Hernanes 6, Medel 7,5, Kovacic 8 (Guarin 6,5 20’ s.t.), Dodò 7 (Palacio s.v. 31’ s.t.); Icardi 8, Osvaldo 7. All.: Mazzarri 8 SASSUOLO (4-3-3): Consigli 5; Vrsaljko s.v. (Gazzola 4 18’ s.t.), Terranova 4, Ariaudo 4, Peluso 4,5; Biondini 5, Magnanelli 5, Missiroli 5 (Taider 6 1’ s.t.); Berardi 4, Zaza 5 (Pavoletti s.v. 20’ s.t.), N. Sansone 6. All.: Di Francesco 4 Doppietta Pablo Osvaldo, 28 anni, a segno contro il Sassuolo (Forte) Arbitro: Calvarese 6 Espulso: Berardi 14’ s.t. Ammonito: Ariaudo Recuperi: 1’ più 2’ Le pagelle Inter Mazzarri ha spiegato: «Questo è il calcio che mi piace. L’obiettivo è avere sempre questo approccio; dobbiamo essere veloci e svelti a fare le giocate che conosciamo». E ha scherzato anche sul metacarpo della mano sinistra fratturata: «Se porta bene, quando leverò il gesso, posso sempre rompermi l’altra mano». Esagerata l’Inter ed esagerato nella ricerca dell’espiazione il suo allenatore. È vero che se una squadra non gira, fatica a battere anche un avversario tipo il Sassuolo visto a San Siro e che sette gol non si segnano mai per caso, ma sarà comunque necessario attendere le prossime partite (a cominciare da domenica sera, con Palermo, poi l’Atalanta) per capire il reale valore di questa squadra ridisegnata da Mazzarri, che di certo ha grande entusiasmo e voglia di fare. La partita ha esaltato il pressing e l’aggressività dei nerazzurri; la spinta offensiva sulle corsie esterne, con Nagatomo e Dodò che non hanno mai smesso di correre; le qualità di Medel, centrale di centrocampo, eccezionale nel catturare palloni, nel giocarli in modo semplice e per questo efficace per i compagni; il senso dell’azione verticale di Kovacic, che, al di là della fragile opposizione del Sassuolo, è in evidente crescita (ha appena 20 anni); l’intesa offensiva fra Icardi (che vede la porta come pochi altri attaccanti in giro per l’italia) e Osvaldo. Il futuro dirà se l’Inter, così come è stata costruita in estate, può sopportare anche contro avversari forti due interni come Hernanes e Kovacic ai lati di Medel, ai quali aggiungere due attaccanti. Ma la disponibilità al sacrificio mostrata in campo dal gruppo può aiutare Mazzarri nella ricerca di soluzioni che garantiscano equilibrio, legato però ad una forza offensiva che può fare la differenza. Fabio Monti © RIPRODUZIONE RISERVATA Prima tripletta Mauro felice «Una dedica a Maradona? No, alla mia famiglia» MILANO — Sette a zero, proprio come il 22 settembre 2013 a Reggio Emilia. Stesso risultato, diverse le indicazioni. Quella era un’Inter crepuscolare, con Milito (due gol) e Cambiasso (uno) al canto del cigno, questa è la squadra di Icardi e Kovacic, 41 anni in due, e tante chance di lasciare un segno importante nella storia interista. «È la prima tripletta in carriera e sono felice di averla fatta a San Siro», ha precisato il bomber argentino tenendo in mano il pallone della partita prima di portarselo a casa, come da tradizione, dopo averlo messo sotto la maglia per simulare la gravidanza della moglie Wanda Nara. Le eccessive ed esasperate esternazioni del recente passato sembrano un ricordo per Maurito Icardi, che ora vuole esagerare solo con i gol. È cresciuto in fretta il ragazzo e la conferma arriva dalla sua risposta alla domanda se la tripletta contro il Sassuolo fosse dedicata a Maradona (che non perde occasione per criticarlo in pubblico): «No, soltanto alla mia famiglia». Tre gol, due splendidi, e il terzo da grandissimo attaccante. «Sbloccato in fretta il risultato, tutto è stato più facile, magari abbiamo avuto un po’ di fortuna, però questa squadra cresce bene», ha ricordato Icardi, applaudito anche da Massimo Moratti che sabato sera ha cenato con la squadra e Mazzarri e che ieri è andato negli spogliatoi prima e dopo la partita. Quando si è consapevoli delle proprie qualità non ci si Zeman ko Il Cagliari si sveglia nel finale con Cossu, ma non basta Estigarribia e Boakye a segno L’Atalanta vince al Sant’Elia CAGLIARI — Così non va. Sarà stato questo il pensiero di Zdenek Zeman nel vedere il suo Cagliari perdere 2-1 al Sant’Elia contro l’Atalanta. Il risveglio nel finale non basta ai sardi per riagguantare la squadra di Stefano Colantuono. Una partita bella e combattuta che l’Atalanta sblocca già al 4’ con il gol di Estigarribia: assist a sinistra di Dramé, uno dei migliori in campo, e rete dell’ex juventino (14 presenze e un gol in bianconero nel 2011-12). Il Cagliari reagisce (rete annullata a Farias, occasioni per Crisetig e Sau), ma è l’Atalanta a sfiorare il raddoppio con D’Alessandro. Prima dell’intervallo la squadra di Zeman si fa vedere con Avelar, ma il risultato non cambia. Nella ripresa è subito Sportiello il protagonista salvando il vantaggio su una conclusione di Farias. Zeman inse- risce Ibarbo e il colombiano ripaga la fiducia del tecnico boemo con un assist al bacio per Sau, ma Biava salva sulla linea con un bellissimo intervento. Nel momento migliore del Cagliari, però, arriva il 2-0 dell’Atalanta. Errore a centrocampo di Dessena e rete di Boakye, al secondo gol in serie A dopo quello siglato a 17 anni con il Genoa (era il 2010). Ibarbo si fa vedere al 39’ s.t., quando entra e subisce un fallo da Cherubin. Per l’arbitro Cervellera è calcio di rigore: dal dischetto si presenta Cossu che accorcia le distanze. Nel finale il Cagliari si butta in avanti alla disperata ricerca del pareggio e a 4’ dalla fine Sportiello salva su una conclusione ravvicinata di Dessena. La risposta dell’Atalanta è sui piedi di Denis, ma il terzo gol dei bergamaschi non arriva. © RIPRODUZIONE RISERVATA Cagliari Atalanta 1 2 Marcatori: Estigarribia 4’ p.t.; Boakye 22’, Cossu (rig.) 41’ s.t. CAGLIARI (4-3-3): Colombi 6.5; Balzano 5,5, Rossettini 6, Ceppitelli 5,5, Avelar 6; Crisetig 5,5 (Dessena 5,5 15’ s.t.), Conti 6, Ekdal 5,5 (Joao Pedro 5,5 7’ s.t.); Farias 6 (Ibarbo 6,5 15’ s.t.), Sau 5,5, Cossu 7. All.: Zeman 5 ATALANTA (4-4-2): Sportiello 6,5; Zappacosta 6,5, Benalouane 6, Biava 7 (Cherubin 5 23’ s.t.), Dramé 7; Estigarribia 6,5, Carmona 6, Cigarini 6, D’Alessandro 6 (Raimondi 6 4’ s.t.); Denis 6, Boakye 7 (Baselli s.v. 30’ s.t.). All.: Colantuono 6,5 Arbitro: Cervellera 6 Ammoniti: Conti, Estigarribia, Crisetig, D’Alessandro, Avelar, Ibarbo, Dramé, Cigarini esalta mai a sproposito. Proprio come fanno Icardi e pure Kovacic, alla sua prima rete in campionato, dopo la tripletta con lo Stjarnan. «Siamo partiti molto bene e il mio gol è stato importante dopo quelli nel playoff di Europa League. In squadra c’è tanta qualità, resta solo da migliorare la fase difensiva. Meno male che c’è Medel, lui non fa passare nessuno». E al cileno sono arrivati anche i complimenti di Mazzarri: «Medel è stato fantastico, sempre al posto giusto, grande intelligenza tattica: un vero metodista, proprio quello che ci serve per poter schierare sei giocatori con chiare caratteristiche offensive». Medel è già indispensabile S.V. HANDANOVIC Mezza parata su Taider sul 5-0. Nient’altro. 6 ANDREOLLI Sostituisce Vidic squalificato, ha il merito di giocare attento e concentrato su Sansone, senza voler strafare . 6,5 RANOCCHIA Prende subito le misure a Zaza (la vicinanza in Nazionale gli ha fatto bene) e domina la situazione. 6,5 JUAN JESUS Conferma di avere mezzi tecnici e atletici notevoli. La situazione favorevole ne esalta umore e qualità. 7 NAGATOMO Gioca a destra e non smette mai di spingere; nell’occasione più che il terzino fa l’ala. San Siro lo applaude. 6 HERNANES Ha ancora difficoltà nel costruire gioco; per uno delle sue qualità, gli errori nei passaggi restano troppi. 7 MEDEL Decisivo come centromediano metodista; è l’uomo che Mazzarri cercava e voleva. Recupera una quantità infinita di palloni. 8 KOVACIC Si presenta con l’assist per l’1-0 di Icardi e con il suo primo gol in campionato in 47 partite in nerazzurro. Poi si diverte e diverte il pubblico, che ne sottolinea sempre le giocate geniali. 7 DODÒ Anche lui, come Nagatomo, gioca da ala (sinistra) piuttosto che da terzino, sfruttando lo spazio che il Sassuolo gli lascia. Il 4-0 nasce da una sua percussione, conclusa da un tiro respinto da Consigli e ripreso da Osvaldo. 8 ICARDI Il 14 settembre gli porta fortuna. nel 2013 aveva segnato un gol alla Juve (1-1); questa volta le reti sono tre, con notevole varietà di colpi: da opportunista il primo gol; con tecnica d’alta scuola il secondo (destro); con un grande sinistro il terzo. 7 OSVALDO Gioca e fa giocare. I due gol sono la sintesi di tutto il lavoro che fa anche per la squadra, che apprezza molto. 6 MBAYE Rileva Nagatomo e gioca con notevole disinvoltura. 6,5 GUARIN Rileva Kovacic: regala l’assist del 6-0 a Osvaldo e ne riceve uno per il 7-0, che segna con un tiro dl limite. 8 MAZZARRI Il Sassuolo esce dalla partita dopo il secondo gol, però quella che si è vista è un’Inter che funziona. In attesa della controprova, è giusto riconoscere che sta costruendo una squadra. f. mo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Le pagelle Sassuolo Anche Zaza sbaglia partita 5 CONSIGLI Non ha grandi responsabilità sui 7 gol, però non è inappuntabile né sul primo, né sul quarto gol. S.V. VRSALJKO Comincia con un buon assist per Sansone, ma si fa male subito e deve uscire dopo 18 minuti. 4 TERRANOVA Viene preferito ad Antei, ma sbaglia il primo intervento e arriva il primo gol. E la sua partita è tutta un errore. 4 ARIAUDO Partita disastrosa: come tutti i compagni di linea, è sempre fuori tempo e fuori posizione. 4,5 PELUSO Dà qualche segnale di reattività fino al 2-0 (un tiro neanche male al 10’), poi anche lui smette di giocare. 5 BIONDINI È abituato a non mollare, però non può certo arginare da solo gli interisti che scappano via da tutte le parti. 4 MAGNANELLI Una partita inconsistente, nella quale perde un gran numero di contrasti. Partecipa alla frana generale. 5 MISSIROLI Di Francesco lo aggiunge ai tre attaccanti, ma non riesce mai a incidere nel match. Sostituito nell’intervallo. 4 BERARDI Non entra mai in partita. Si innervosisce e dopo 14’ di ripresa, si fa espellere per una gomitata a Juan Jesus. 5 ZAZA Arrivato a San Siro sulla spinta di tutto quanto aveva fatto di bello e di importante in Nazionale, vive un pomeriggio da incubo, perché non riesce a combinare niente di buono. Di Francesco lo sostituisce a metà ripresa, perché ha finito le energie fisiche e nervose. La squadra lo ha abbandonato a se stesso. 6 N. SANSONE Il solo (con Taider) a limitare i danni. Ha l’occasione per una deviazione verso Handanovic sull’1-0 che potrebbe anche lasciare il segno. Lotta fino alla fine. 4 GAZZOLA Rileva Vrsaljko e si fa notare oltre che per gli errori per un intervento scomposto (e inutile) su Dodò. 6 TAIDER Gioca da ex il solo secondo tempo, sullo 0-4. Si impegna, prova anche a tirare. 4 DI FRANCESCO È bravo e preparato, ma quando vede l’Inter perde la bussola. Squadra troppo offensiva e troppo presuntuosa. f. mo. Franco Fiocchini © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Al Bentegodi Questa sera il Verona ospita i siciliani: Saviola scalpita Mandorlini non si fida del Palermo VERONA — Non sarà una passeggiata per nessuno. Un messaggio chiaro da parte di Andrea Mandorlini e Giuseppe Iachini. Il Verona si affida al collaudato 4-3-3, ma soltanto stamattina saprà se tra i pali potrà avere a disposizione il brasiliano Rafael, fermo negli ultimi giorni per fastidi alla cervicale. «Loro hanno grande entusiasmo», avvisa Mandorlini. «Non sarà facile contro il Palermo. Se ho visto le altre gare di serie A? No, sono stato davanti alla tv per la vittoria di Valentino Rossi». Nel tridente ci sarà Toni, il grande ex della gara, con Gomez (favorito su Nico Lopez) e Saviola (ballottaggio con Lazaros) ai suoi fianchi: «Nella sua carriera Javier ha fatto cose incredibili. Sta bene, così come sta bene Nico Lopez insieme a tutti gli altri. Saviola può ricoprire ogni ruolo, si è reso disponibile a occupare qualsiasi posizione in attacco. In generale, sarà importante gioca- re con intensità fin dal primo minuto». Anche il Palermo ha i suoi problemi. Ieri sera Maresca è stato ricoverato in ospedale per dolori addominali e, in attesa di riscontri, salterà la gara. In difesa non ci saranno Muñoz e Gonzalez. In campo ci sarà Feddal con Andelkovic e Terzi. A destra il dubbio è tra Pisano e Morganella, mentre in attacco confermato il tandem Vazquez-Dybala. Belotti, protagonista in Under 21, è pronto a entrare dalla panchina. «La rosa del Palermo? Non faccio il mago e nemmeno il santo. Su questi giocatori andrà fatto un lavoro importante di valorizzazione, in questo momento bisogna essere squadra. Ci vorrà un po’ di tempo, ma quando questi ragazzi avranno le giuste conoscenze daranno un grosso contributo al Palermo. Contro il Verona proveremo a fare risultato, come sempre», ha spiegato Iachini. © RIPRODUZIONE RISERVATA Verona, ore 20.45 Verona Palermo (4-3-3) 1 Rafael 71 Martic 4 Marquez 18 Moras 33 Agostini 8 Obbadi 77 Tachtsidis 10 Hallfredsson 21 Gomez 9 Toni 7 Saviola (3-5-2) 70 Sorrentino 4 Andelkovic 19 Terzi 23 Feddal 3 Pisano 15 Bolzoni 27 Rigoni 8 Barreto 33 Daprelà 20 Vazquez 9 Dybala Arbitro: Rocchi di Firenze Tv: 20.45, Sky Calcio 1 e Premium Calcio Internet: www.corriere.it 48 Sport Sconfitta Gli azzurri escono tra i fischi dei tifosi Chievo Marcatori: Maxi Lopez 3’ s.t. NAPOLI (4-2-3-1): Rafael 6; Maggio 6, Albiol 5, Koulibaly 5,5, Zuniga 5,5; Inler 6, Jorginho 5,5 (De Guzman s.v. 25’ s.t.); Callejon 4,5 (Duvan s.v. 32’ s.t.), Hamsik 5,5, Insigne 5,5 (Mertens 6 12’ s.t.); Higuain 5,5. All.: Benitez 4,5 Tante occasioni, poco gioco Serie A / 2ª giornata 0 1 Napoli Il Napoli assente ingiustificato Passa il Chievo NAPOLI — Alla vigilia della partita interna con il Chievo, Rafa Benitez aveva scelto di fare una sorta di chiamata alle armi, ribadendo la forza del suo Napoli, invocando l’appoggio incondizionato del pubblico e individuando nei «giornalisti stipendiati da testate del Nord» quei nemici di cui spesso gli allenatori hanno bisogno per compattare il proprio gruppo. Tralasciando l’ininfluente ruolo che i giornali, di qualsiasi area geografica, possono avere sul rendimento di una squadra, ora che il Chievo torna a Verona con i tre punti conquistati al San Paolo resta da vedere come si sono comportati gli altri protagonisti del discorso del tecnico azzurro. Il pubblico la parte sua l’ha fatta: cinque minuti iniziali di silenzio nelle curve in memoria di Davide Bifolco (il 17 enne ucciso da un carabiniere dopo un inseguimento al Rione Traiano), 90 minuti (la partita è durata 95’) di tifo come da tradizione del San Paolo, e un minuto di fischi a fine gara ad accompagnare gli sconfitti verso gli spogliatoi. A venir meno è stata la squadra. Una totale assenza che i numeri non spiegano. Il Napoli — secondo le statistiche diffuse dopo la partita — ha avuto venti minuti di possesso palla in più degli avversari e ha tirato trentatré volte verso la porta del Chievo. Il portiere ospite, Bardi, è stato decisamente il migliore in campo: ha parato un rigore a Higuain (al 26’ del primo tempo) ed è stato strepi- Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 CHIEVO (4-5-1): Bardi 7,5; Frey 6, Dainelli 6, Cesar 6,5, Biraghi 6; Birsa 6 (Botta s.v. 23’ s.t.), Izco 6,5 (Gamberini s.v. 35’ s.t.), Radovanovic 6, Hetemaj 6,5, Lazarevic 6 (Cofie s.v. 25’ s.t.); Maxi Lopez 6. All.: Corini 7 Arbitro: Giacomelli 6,5 Ammoniti: Maggio, Cesar, Dainelli, Inler Recuperi: 1’ più 5’ La gioia Maxi Lopez, 30 anni, con il suo gol ha regalato al Chievo una prestigiosa vittoria al San Paolo contro il Napoli (Ap) toso in almeno altre sei o sette circostanze. Benitez sostiene che «il primo tempo poteva finire 3-0 per noi», ma è finito zero a zero, segno che lo schieramento del Chievo preparato da Corini — nove uomini dietro la linea di centrocampo e il solo Maxi Lopez dalle parti di Rafael — ha funzionato. Risultato alla mano, è il Napoli che non ha funzionato. In fase realizzativa e anche in difesa, quell’unica volta che ce ne sarebbe stato bisogno, quando una incertezza tra Albiol e Zuniga ha dato a Izco l’opportunità di servire Maxi Lopez che ha battuto Rafael. Era il 3’ del secondo tempo e il Napoli aveva quindi metà ga- ra a disposizione per riequilibrare il risultato. Ed è stato nello sconclusionato assalto verso la porta avversaria che la squadra di Benitez ha mostrato tutti i suoi limiti di gioco. Certo, le prodezze di Bardi (nel primo tempo su Higuain, Hamsik e Insigne, nella ripresa su Inler, Hamsik e Duvan) sono state determinanti, non lo sono stati invece gli attaccanti del Napoli. Quindi non lo è stato il Napoli, che, per quanto fosse difficile penetrare una difesa affollatissima, non ha mai mostrato determinazione adeguata alle circostanze, né chiarezza di idee. Cose fondamentali se davvero, come ha detto il presidente De Laurentiis, si mira allo scudetto, e se davvero, come ha detto Benitez, è stato fatto «un mercato stupendo» che ha «rinforzato la squadra rispetto allo scorso anno». Però la Champions è finita subito e il campionato, nonostante la vittoria a tempo scaduto conquistata a Genova alla prima giornata, comincia male. E Juve e Roma sono già tre punti avanti. f.b. © RIPRODUZIONE RISERVATA ■ Punti totali ■ In casa ■ Fuori casa Serie A Classifica Pari deludente Il Genoa resiste in 10 per 21’ La Fiorentina non sa più segnare e sbatte su Perin Montella: «Sbagliamo troppo» DAL NOSTRO INVIATO FIRENZE — Alla fine dell’ultima stagione, chiusa al quarto posto, la Fiorentina aveva segnato 65 gol, oltre 1,7 a partita: sostenendo che l’attacco è stato uno dei suoi punti di forza, non si va molto lontano dal vero. L’annata 2014/15 è partita invece allo slow-motion: 2 gare, zero gol fatti, una sconfitta e un pari, quest’ultimo ieri contro un accorto Genoa in un Franchi popolato dalla bellezza di 34.058 spettatori. Siamo solo all’alba, c’è ancora tutto il tempo del mondo, ma Montella farà bene a trovar presto una soluzione a questa tendenza: non può essere solo malasorte, e lo sa anche lui. «Abbiamo sbagliato troppo, mi sarei accontentato anche di un mezzo autogol», ha commentato. La sua squadra ha goduto di almeno 7-8 chance per smontare il labirinto tattico di Gasperini («punto che fa morale», ha poi sorriso il coach rossoblù) il quale, dopo 5 minuti, ha avuto l’accortezza di arretrare Antonelli in marcatura fissa su Cuadrado. Il talentuoso giocoliere — alzi la mano chi avrebbe scommesso due pesos colombiani sulla sua permanenza sull’Arno — ha provato a spostarsi di qua e di là, sopra e sotto, in mezzo e davanti, ma non è stato risolutivo come sa. Irriconoscibile Gomez, fiacco e titubante dopo i 6 mesi di calvario per l’infortunio al ginocchio. Al 15’ ha sciupato un ghiotto colpo di testa su tra- Punti 6 6 6 4 4 4 3 3 3 3 3 1 1 1 1 1 1 1 0 0 G 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 1 1 2 2 2 2 2 2 2 V 2 2 2 1 1 1 1 1 1 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 N 0 0 0 1 1 1 0 0 0 0 0 1 1 1 1 1 1 1 0 0 P 0 0 0 0 0 0 1 1 1 1 1 0 0 1 1 1 1 1 2 2 V 1 1 1 1 1 0 1 1 0 0 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 N 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 1 0 0 0 1 1 1 0 0 P 0 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 0 1 1 0 0 0 1 1 V 1 1 1 0 0 1 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 N 0 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 0 1 1 1 0 0 0 0 0 P 0 0 0 0 0 0 1 1 0 0 1 0 0 0 0 1 1 1 1 1 F 8 3 3 7 3 2 4 2 2 1 1 1 0 2 1 0 0 1 4 0 S 5 0 0 0 1 1 3 2 2 1 3 1 0 3 2 2 2 8 6 3 In affanno Mario Gomez, 29 anni, ha deluso contro il Genoa. Dopo molti errori, Vincenzo Montella lo ha richiamato in panchina (Ansa) G giocate V vinte N nulle P perse F reti fatte S reti subite Punti 9 PERUGIA 7 TERNANA 7 TRAPANI 5 CARPI VIRTUS LANCIANO 5 4 LIVORNO 4 LATINA 4 CITTADELLA 4 BOLOGNA 4 BARI 4 FROSINONE 4 SPEZIA 4 AVELLINO 4 MODENA 3 VARESE (-1) 3 PRO VERCELLI 3 BRESCIA 2 PESCARA 1 CATANIA 1 VICENZA 1 CROTONE 1 VIRTUS ENTELLA G 3 3 3 3 3 2 2 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 3 V 3 2 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 0 0 0 0 0 N 0 1 1 2 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 0 0 2 1 1 1 1 P 0 0 0 0 0 0 0 1 1 1 1 1 1 1 1 2 2 1 2 2 2 2 V 2 0 2 1 1 0 1 1 0 0 1 1 1 1 1 1 0 0 0 0 0 0 N 0 1 0 0 0 1 0 0 1 0 1 0 1 1 1 0 0 1 1 1 1 0 P 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 0 1 1 0 1 1 2 V 1 2 0 0 0 1 0 0 1 1 0 0 0 0 0 0 1 0 0 0 0 0 N 0 0 1 2 2 0 1 1 0 1 0 1 0 0 0 0 0 1 0 0 0 1 P 0 0 0 0 0 0 0 1 1 0 1 1 1 1 1 2 1 0 2 1 1 0 F 5 4 4 6 6 2 1 5 5 3 3 3 2 2 5 3 1 3 5 1 1 1 EMPOLI ROMA 0-1 Sepe (Em) aut. 46’ Arbitro: Gervasoni di Mantova JUVENTUS UDINESE 2-0 Tevez (Ju) 8’, Marchisio (Ju) 30’ s.t. Arbitro: Damato di Barletta SAMPDORIA TORINO 2-0 Gabbiadini (Sa) 34’, Okaka (Sa) 34’ s.t. Arbitro: Mazzoleni di Bergamo CAGLIARI ATALANTA 1-2 Estigarribia (At) 4’, Boakye (At) 22’ s.t., Cossu (Ca) rig. 40’ s.t. Arbitro: Cervellera di Taranto FIORENTINA GENOA 0-0 Arbitro: Orsato di Schio (Vi) INTER SASSUOLO 7-0 Icardi (In) 4’, Kovacic (In) 21’, Icardi (In) 30’, Osvaldo (In) 43’, Icardi (In) 8’ s.t., Osvaldo (In) 27’ s.t., Guarin (In) 29’ s.t. Arbitro: Calvarese di Teramo LAZIO CESENA 3-0 Candreva (La) 19’, Parolo (La) 11’ s.t., Mauri (La) 45’ s.t. Arbitro: Irrati di Pistoia NAPOLI CHIEVO 0-1 Maxi Lopez (Ch) 4’ s.t. Arbitro: Giacomelli di Trieste PARMA MILAN 4-5 Bonaventura (Mi) 25’, Cassano (Pa) 27’, Honda (Mi) 37’, Menez (Mi) rig. 45’, Felipe (Pa) 6’ s.t., De Jong (Mi) 23’ s.t., Lucarelli (Pa) 28’ s.t., Menez (Mi) 34’ s.t., De Sciglio (Mi) aut. 44’ s.t. Arbitro: Massa di Imperia VERONA PALERMO oggi 20,45 Arbitro: Rocchi di Firenze MARCATORI 3 RETI: Icardi (INT), Menez (MIL) 2 RETI: Di Natale (UDI), Honda (MIL), Osvaldo (INT) 1 RETE: Boakye (ATA), Bonaventura (MIL), Callejon (NAP), Candreva (LAZ), Cassano (PAR), De Guzman (NAP), De Jong (MIL), Dybala (PAL), Estigarribia (ATA), Felipe (PAR), Gabbiadini (SAM), Gastaldello (SAM), Gervinho (ROM), Guarin (INT), Kovacic (INT), Lucarelli (PAR), Marchisio (JUV), Mauri (LAZ), Maxi Lopez (CHI), Muntari (MIL), Nainggolan (ROM), Okaka (SAM), Parolo (LAZ), Pinilla (GEN), Rodriguez (CESENA), Sau (CAG), Tevez (JUV), Zaza (SAS), Cossu (CAG) 3ª giornata PESCARA-BOLOGNA FROSINONE-BARI TRAPANI-CITTADELLA VICENZA-TERNANA PROSSIMO TURNO: Sabato 20/9, ore 18.00: Cesena-Empoli. ore 20.45: MilanJuventus. Domenica 21/9, ore 12.30: Chievo-Parma. ore 15.00: Genoa-Lazio, Roma-Cagliari, Sassuolo-Sampdoria. ore 18.00: Atalanta-Fiorentina, UdineseNapoli. ore 20.45: Palermo-Inter, Torino-Verona. PROSSIMO TURNO: Venerdì 19/9, ore 19.00: Carpi-Trapani. ore 21.00: SpeziaVirtus Entella. Sabato 20/9, ore 15.00: Bari-Livorno, Bologna-Crotone, BresciaTernana, Catania-Modena, Cittadella-Pescara, Latina-Avellino, Perugia-Vicenza, Pro Vercelli-Varese, Virtus Lanciano-Frosinone. Spagna Inghilterra Lega Pro 1ª div./A ALMERIA CORDOBA 1-1 BARCELLONA ATHLETIC BILBAO 2-0 MALAGA LEVANTE 0-0 REAL MADRID ATLETICO MADRID 1-2 CELTA VIGO REAL SOCIEDAD 2-2 RAYO VALLECANO ELCHE 2-3 VALENCIA ESPANYOL 3-1 SIVIGLIA GETAFE 2-0 GRANADA VILLARREAL 0-0 oggi 20,45 EIBAR DEPORTIVO Classifica: 9 Barcellona 7 Valencia, Siviglia, Atletico Madrid 5 Celta Vigo, Granada 4 Real Sociedad, Villarreal, Elche, Malaga 3 Eibar, Athletic Bilbao, Real Madrid, Getafe 2 Rayo Vallecano, Almeria, Cordoba 1 Deportivo, Espanyol, Levante MILAN JUVENTUS ROMA INTER SAMPDORIA ATALANTA LAZIO UDINESE NAPOLI CHIEVO CESENA PALERMO VERONA CAGLIARI GENOA FIORENTINA TORINO SASSUOLO PARMA EMPOLI ARSENAL MANCHESTER CITY 2-2 CHELSEA SWANSEA 4-2 CRYSTAL PALACE BURNLEY 0-0 SOUTHAMPTON NEWCASTLE UNITED 4-0 STOKE CITY LEICESTER CITY 0-1 TOTTENHAM HOTSPUR 2-2 SUNDERLAND WEST BROMWICH ALBION EVERTON 0-2 LIVERPOOL ASTON VILLA 0-1 MANCHESTER UNITED QPR 4-0 HULL CITY WEST HAM UNITED oggi21.00 Classifica: 12 Chelsea 10 Aston Villa 9 Swansea 7 Southampton, Manchester City, Tottenham Hotspur 6 Arsenal, Liverpool 5 Manchester United, Everton, Leicester City 4 Hull City, Stoke City 3 West Ham United, Sunderland, Qpr 2 Crystal Palace, Burnley, West Bromwich Albion, Newcastle United Germania BAYER LEVERKUSEN WERDER BREMA 3-3 BAYERN MONACO STOCCARDA 2-0 BORUSSIA DORTMUND FRIBURGO 3-1 HERTHA BERLINO MAINZ 05 1-3 HOFFENHEIM WOLFSBURG 1-1 PADERBORN COLONIA 0-0 BORUSSIA MÖNCHENGLADBACH SCHALKE 04 4-1 EINTRACHT FRANCOFORTE AUGSBURG 0-1 HANNOVER 96 AMBURGO 2-0 Classifica: 7 Bayer Leverkusen, Bayern Monaco, Hannover 96 6 Borussia Dortmund 5 Borussia Mönchengladbach, Paderborn, Mainz 05, Hoffenheim, Colonia 4 Eintracht Francoforte 3 Werder Brema, Augsburg 2 Wolfsburg 1 Friburgo, Hertha Berlino, Schalke 04, Stoccarda, Amburgo 2-3 1-1 2-1 0-1 AVELLINO-SPEZIA MODENA-PRO VERCELLI VARESE-VIRTUS LANCIANO LIVORNO-LATINA oggi SUDTIROL MONZA 1-0 PORDENONE BASSANO 0-3 MANTOVA VENEZIA 0-1 ALBINOLEFFE COMO 0-2 RENATE AREZZO 1-1 PAVIA FERALPI SALÒ 3-1 TORRES LUMEZZANE 1-0 GIANA ERMINIO ALESSANDRIA 0-2 NOVARA CREMONESE 0-0 REAL VICENZA PRO PATRIA oggi 20.45 Classifica: 10 Pavia 8 Como 7 Bassano, Venezia, Monza, Alessandria, Sudtirol, Torres 6 Feralpi Salò 5 Cremonese, Novara 4 Real Vicenza, Giana Erminio, Lumezzane, Renate 3 Pro Patria 2 Arezzo 1 Albinoleffe, Mantova, Pordenone Genoa 0 0 FIORENTINA (4-3-3): Neto s.v.; Tomovic 6, Rodriguez 6, Savic 6 (Pasqual s.v. 35’ s.t.), Alonso 6,5; Aquilani 6, Pizarro 6, Borja Valero 6,5; Cuadrado 6,5, Gomez 5 (Bernardeschi 5,5 12’ s.t.), Babacar 5,5 (Ilicic s.v. 25’ s.t.). All.: Montella 6 GENOA (4-3-3): Perin 7,5; Roncaglia 5, De Maio 6,5, Burdisso 6, Antonelli 6,5; Edenilson 6, Bertolacci 5 (Rincon 6 1’ s.t.), Sturaro 6; Perotti 5,5 (Rosi s.v. 37’ s.t.), Pinilla 5 (Matri s.v. 20’ s.t.), Kucka 6. All.: Gasperini 6 Arbitro: Orsato 6,5 Ammoniti: Bertolacci, Rincon, Tomovic, Perotti Espulso: Roncaglia 26’ s.t. Recuperi: 1’ più 3’ ■ Punti totali ■ In casa ■ Fuori casa Serie B Classifica G giocate V vinte N nulle P perse F reti fatte S reti subite Fiorentina 0-0 CROTONE-CARPI 1-0 PERUGIA-CATANIA 1-1 VIRTUS ENTELLA-BRESCIA 20.30 S 1 1 2 4 4 1 0 4 5 3 3 3 3 3 6 4 2 4 7 3 4 4 1-1 1-0 0-1 Lega Pro 1ª div./B L'AQUILA PRATO 1-1 PISTOIESE PRO PIACENZA 1-0 GROSSETO REGGIANA 0-0 SAN MARINO CARRARESE 1-1 FORLÌ TERAMO 0-1 SPAL SANTARCANGELO 3-0 ANCONA PONTEDERA 0-0 TUTTOCUOIO ASCOLI 0-0 LUCCHESE SAVONA 2-2 PISA GUBBIO 3-1 Classifica: 7 Pisa, Pontedera, Ascoli 5 Tuttocuoio, Savona, Lucchese 4 Grosseto, Pistoiese, Reggiana 3 Carrarese, Spal, Teramo, Forlì 2 San Marino, L’Aquila, Ancona, Prato, Santarcangelo 1 Gubbio -2 Pro Piacenza -8 versone di Aquilani accartocciandosi maldestramente su se stesso: forse era indeciso se prenderla di testa o di piede, fatto sta che il colpo gli è rimasto in canna. Quando Montella dopo un’ora l’ha levato per far posto al debuttante Bernardeschi, 20 anni, i fiorentini sono stati più magnanimi dei suoi connazionali che il 3 settembre scorso a Düsseldorf contro l’Argentina l’avevano svillaneggiato per i tre gol trangugiati in un’amichevole: qui invece niente fischi, solo applausi d’incoraggiamento, che però non hanno modificato l’esito della contesa. Senza Rossi (che ha postato un video dal Colorado in cui canta e «suona» una stampella) e con un Babacar operoso ma acerbo, il 4-3-3 del nuovo corso appare in via di digestione. Regna una certa confusione, non manca l’idea ma la fluidità nel metterla in pratica. Il Genoa, in 10 negli ultimi 21 minuti per il doppio giallo dell’ex Roncaglia, ha invece rispettato il proposito di giornata — prendersi almeno un punto — grazie a una gara scrupolosa incentrata su pressing robusto e rinvii a cercare l’estro di Pinilla. Gli è capitata una palla buona al 19’ della ripresa, su cross di Edenilson, ma chissà perché, invece di andare di testa, ha tentato un’ardita rovesciata, finita alta; Gasperini l’ha immediatamente spedito a lavarsi, inserendo al suo posto Matri, ex pure lui, al quale i 4 gol su 15 gare fra gennaio e maggio non hanno evitato un uragano viola di fischi. Nota di merito per Perin, formidabile in almeno 5 occasioni: due volte su Aquilani, una su Babacar, una su Rodriguez. Il punto è suo per metà. Almeno. Carlos Passerini © RIPRODUZIONE RISERVATA Fischio finale di Paolo Casarin Regolamento libero gli arbitri s’arrangiano P arma-Milan è diretta dall’arbitro Massa, la cui crescita è stata, negli ultimi campionati, molto rapida. Nei primi minuti fischia tutto e smorza una diffusa scorrettezza. Non basta: al 15’ arriva il giallo per Bonera e poi per Felipe. Chiaro il rigore per il Milan per fallo su Menez: Lucarelli, solo giallo, resta in campo. Nella ripresa Massa mostra correttamente il secondo giallo a Bonera per fallo di mani. Il successivo secondo giallo a Felipe è un fallo discutibile, come tanti altri fischiati da Massa. In JuveUdinese le decisioni tecniche di Damato si sono rivelate condivisibili. Nei provvedimenti disciplinari, ha scelto la via della cautela: prevale in lui il tentativo di limitarli. Invece l’assistente Musolino ha dovuto misurare il fuorigioco sulla base dei centimetri; in particolare, la capacità di cogliere quelli di Bubnjic, confermati anche dalla tv, è da applausi. Ora si impone all’arbitro un approccio moderato, mentre ai guardalinee viene chiesta, inevitabilmente, l’istantaneità del provvedimento. Agli assistenti, per il fuorigioco, andrebbe concessa sempre l’assoluzione, salvo errori di metri. Gervasoni (EmpoliRoma) ha mostrato la tendenza a dirigere e a non intervenire di fronte a molti episodi dentro e fuori area. Tutto è finito nel pentolone degli interventi (mani e contrasti) involontari tra calciatori animati da buoni propositi, ma comunque fallosi. Corrette le decisioni più importanti prese da Giacomelli in Napoli-Chievo: netto il rigore di Cesar su Higuain, mentre alcune cadute, nel finale, di azzurri nell’area del Chievo non meritavano provvedimenti favorevoli. La collaborazione tra i cinque arbitri è la strada adottata da Mazzoleni in Samp-Torino. Una collaborazione vistosa che ha visto Mazzoleni ascoltare i suoi guardalinee anche su falli da lui considerati inesistenti. Nel caso di un contrasto in area della Samp ai danni di Quagliarella, l’arbitro ha mostrato, dal movimento, qualche dubbio che il collega di fondo campo ha cancellato. Niente rigore. Tanti modi diversi di interpretare l’arbitraggio: più ci si allontana dalle regole e più fioriscono le diversità di lettura dei fatti obiettivi di gioco. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Sport 49 italia: 51575551575557 Prima vittoria dei rossi di Manchester Finalmente United, 4 gol ma Van Gaal critica la star Di Maria Good morning United. La parte rossa di Manchester si è svegliata, alla buon’ora. Dopo tre gare tristi e senza vittorie, che l’avevano fatta piombare all’ultimo «storico» posto in classifica, la squadra di Louis Van Gaal torna a galla, con un 4-0 al Queens Park Rangers al cospetto di sir Ferguson accomodato tra i 75 mila dell’Old Trafford. Tante prime volte per i Red Devils: primo gol per Di Maria, un fenomeno che il Real rimpiange di già, e per Herrera, servito da Rooney che, a fine primo tempo, insacca personalmente il 3-0. Dopo la quarta rete, di Mata (assist Di Maria), arriva la prima volta anche per il deb Falcao che entra a metà ripresa e fa in tempo a sbagliare un gol comodo, su respinta corta del portiere Green. Ma non è il caso di sottilizzare, se i due attaccanti più attesi (a secco anche van Persie) non segnano e se l’avversario, il Qpr di Redknapp, è un serio candidato alla retrocessione. L’orso Van Gaal si dichiara felice e ha una dedica speciale: «È il compleanno di mia moglie, le avevo fatto un regalo ma mi ha detto che avrebbe gradito di più una vittoria. L’ho accontentata». E così, grazie al regalo per Truus, il Manchester United può ridare un senso a questa Premier, che ha vinto 20 volte, ovviamente record d’Inghilterra, ma che l’anno scorso ha chiuso al settimo posto, fuori anche dall’Europa. Balza a metà classifica a meno 7 dalla capolista Chelsea ma in mezzo ci sono sette squadre, fra cui City, Arsenal e Liverpool. Il tecnico si gode però i tre punti («Sono felicissimo per il risultato e per il gioco») ma sa che la squadra non è ancora guarita: «Abbiamo perso molti palloni e In gol Angel Di Maria, 26 anni (Reuters) non abbiamo concretizzato diverse occasioni. Possiamo fare molto meglio». E ce l’ha perfino con Di Maria, protagonista della partita. «Quando segni e fai segnare, non puoi certo aver giocato male ma alle volte dà via la palla senza che ce ne sia bisogno. Aveva un crampo ed è un buon segno, significa che almeno ha dato tutto». Anche il Real Madrid, nella Liga, si ritrova più vicino al fondo che alla cima con 3 punti in 3 gare, superato ieri perfino dall’Elche che ha battuto 3-2 fuori casa il Rayo Vallecano, mentre il Valencia (3-1 Domani il Malmoe Il tecnico si gode vittorie e nuovi acquisti ma prepara la mutazione La Juve cambia pelle per l’Europa «Più gestione e ritmi meno folli» Rivoluzione graduale di Allegri, alla prima in Champions Così in Europa Champions League Il calendario della prima giornata della fase a gironi di Champions League Gruppo A Domani, ore 20.45 Olympiacos-Atletico Madrid (Sky Calcio 4) JUVENTUS-Malmoe (Sky Sport 1, Sky Calcio 1) Gruppo B Domani, ore 20.45 Liverpool-Ludogorets (Sky Calcio 5) Real Madrid-Basilea (Sky Sport Plus, Sky Calcio 2) Gruppo C Domani, ore 20.45 Monaco-Bayer Leverkusen (Sky Sport 3) Benfica-Zenit S. Pietroburgo (Sky Calcio 7) Gruppo D Domani, ore 20.45 Galatasaray-Anderlecht (Sky Calcio 6) Borussia Dortmund-Arsenal (Sky Calcio 3) Gruppo E Mercoledì, ore 20.45 ROMA-Cska Mosca (Canale 5) Bayern-Manchester City (Sky Sport 1, Sky Calcio 1) Gruppo F Mercoledì, ore 20.45 Barcellona-Apoel (Sky Sport Plus, Sky Calcio 2) Ajax-Paris St. Germain (Sky Calcio 4) Gruppo G Mercoledì, ore 20.45 Chelsea-Schalke (Sky Sport 3, Sky Calcio 3) Maribor-Sporting Lisbona (Sky Calcio 7) Gruppo H Mercoledì, ore 20.45 Porto-Bate Borisov (Sky Calcio 6) Athl. Bilbao-Shakhtar Donetsk (Sky Calcio 5) Europa League Il programma delle italiane nella prima giornata della fase a gironi di Europa League Giovedì, ore 19 Bruges-TORINO (Premium Calcio 1) Dnipro-INTER (Premium Calcio) Giovedì, ore 21.05 NAPOLI-Sparta Praga (Premium Calcio) FIORENTINA-Guingamp (Premium Calcio 1) DAL NOSTRO INVIATO TORINO — L’evoluzione della specie dei campioni non si ferma mai. E anche la Juventus sta cambiando pelle: la missione, non facile, è quella di diventare un predatore ancora più forte, specialmente nella foresta europea. È un processo graduale, senza scossoni, anche perché alcuni capibranco — Pirlo, Vidal, Barzagli e Chiellini — sono ancora fuori dal recinto. La ferocia perfetta della squadra plasmata da Antonio Conte, dopo tre stagioni sta lasciando spazio a un approccio più ragionato, meno dispendioso, comunque efficace e spettacolare, con la Juve capace di andare in vantaggio nei primissimi minuti sia contro il Chievo sia contro l’Udinese e di tenere molto il pallone. Alla vigilia del suo debutto europeo — domani a Torino contro il Malmoe — Massimiliano Allegri comincia a mettere nero su bianco i punti del suo manifesto bianconero, in attesa che il ritorno di tutti i titolari gli consenta di passare alla fase successiva, quella del cambio di modulo con la difesa a 4. E in attesa anche che lo Stadium e la parte più calda della tifoseria gli riservino un coro o almeno un saluto di benvenuto. «Dobbiamo migliorare molto nella gestione della partita — ha spiegato il tecnico dei tricampioni d’Italia — . I ragazzi stanno facendo abbastanza bene questa cosa che gli chiedo, però sicuramente per le qualità e le caratteristiche dei giocatori credo che ci sia la possibilità di migliorare ancora molto. Perché le partite durano 95 minuti e non si può pensare di giocare 95 minuti cercando sempre di andare a fare gol: ci sono momenti in cui bisogna tentare di abbassare i ritmi e la lettura della partita diventa fondamentale. I ragazzi, visto che hanno ottime qualità tecniche e fisiche, questo lo possono fare meglio». La Juve di Allegri ha avuto un possesso palla altissimo contro il Chievo e alto contro l’Udinese, attaccando a tratti con sei uomini. Ha avuto finora solo segnali Istruzioni Allegri parla con Marchisio durante una pausa della partita (Afp) positivi da quattro nuovi acquisti: Coman a Verona, Pereyra (squalificato per la prima di Champions League), Evra e Morata sabato sera. La panchina, in cui è arrivato anche il prezioso jolly Romulo, è più lunga e meglio assortita. Con più uomini a disposizione e un gioco più manovrato e meno verticale di quello voluto da Conte, l’obiettivo è quello di essere più freschi di gamba e più autorevoli nel gioco in Champions: «Un po’ di tiki taka? Perché no...» sorrideva sabato notte Claudio Marchisio, che sta svolgendo al meglio il ruolo di vice Pirlo. Peccato che solo sei giorni fa ad Oslo un certo Antonio Conte abbia affossato con malcelata ironia la ricerca del gioco e del gol attraverso la manovra: «Non è certo un tiki taka il nostro, voglio uomini capaci di andare verso la porta dritto per dritto», aveva detto il neo c.t. Difficile stabilire chi abbia ragione, an- all’Espanyol) si candida, insieme all’Atletico di Simeone, come anti Barça, unica a punteggio pieno. Anche in Germania c’è la guastafeste di turno, si chiama Hannover e ieri, battendo 2-0 l’Amburgo, si è assestata al comando insieme a Bayern Monaco e Bayer Leverkusen. In Francia, il Lilla (titolo nel 2011) supera 2-0 il Nantes e resta da solo al comando (2 punti sul Psg), sventando l’assalto del Bordeaux, sconfitta 2-1 sul campo del Guingamp. Ma l’Europa sta ancora scaldandosi. Federico Pistone © RIPRODUZIONE RISERVATA Un paracarro mobile ma puntuale di LUCA BOTTURA che se è abbastanza chiaro che la qualità tecnica juventina è superiore a quella media della Nazionale. E il riferimento di Conte ovviamente era all’Italia brasiliana di Prandelli: l’eliminazione con l’Uruguay arrivò proprio con una imbarazzante e improvvisata applicazione del 3-5-2 e con una serie inutile di passaggi orizzontali. E dunque? Dunque la ricerca della gestione della palla richiesta da Allegri passa giocoforza per un cambio di sistema di gioco. Ma non ora, non qui. E nel sottile confine tra la una migliore gestione della palla e il modulo attuale che prevede comunque azioni più profonde, intense e veloci, l’importante è non inciampare mai. NERO E NON SOLO Ieri Tavecchio era ospite a «Quelli che» e ha fatto un selfie con Manfredini. Poi, pare abbia chiesto se l’iPhone avesse l’antivirus. ISTITUTO LUCE A SAN SIRO Accuse di razzismo anche a «Novantesimo» per le statistiche sui minuti giocati da italiani e stranieri, conteggiati per incentivare l’uso di talenti locali — ieri le più tricolori erano Cesena e Sassuolo che ne hanno presi 10 —. Ma la rubrica andrà avanti. Anzi, come avrebbe detto qualcuno, tira diritto. TILT Si potrebbe davvero definire innovativa la nuova grafica «a tema flipper» di Sky Calcio Show. Si potrebbe se uno non avesse mai visto TikiTaka su Italia 1. GUFOS Y ROSICONES «Magari potrebbe avere un problema Marquez: un lungo, una scivolata» (Carlo Pernat poco prima della caduta di Marquez, MotoGp Misano, Sky). SOPRA LA CRAMPA «Ecco Biava che si incrampa ma salva il gol» (Luca Boschetto, Cagliari-Atalanta, Diretta Gol Sky). LARGHE VEDATE «Vale è stato consistente nel warm up (...) vedavamo che la vittoria era fattibile (Massimo Meregalli, Paddock Live, Sky). STRADE PERICOLOSE «Su Okaka arriva, puntuale come un paracarro mobile, Glik» (Tarcisio Mazzeo, «Tutto il calcio», Radiouno Rai). E SOTTOLINEO CHE «Ero molto curioso che la squadra riusciva a vincere» (Massimiliano Allegri, JuventusUdinese, Sky). COSCE DELL’ALTRO MONDO «Questa mattina la coscia di Tevez ha dato risposte importanti» (Giovanni Guardalà, Juventus-Udinese, Sky). NON È UN CAPELLO A Miss Italia, assieme al campione Nba Belinelli, ieri era in giuria anche Sandro Mayer con la sua acconciatura acrilica. Conte evidentemente non poteva. (ha collaborato Francesco Carabelli) Paolo Tomaselli © RIPRODUZIONE RISERVATA Tiki taka sì o no? Marchisio: «Un po’ di tiki taka, perché no?» Ma Conte pochi giorni fa lo aveva bocciato © RIPRODUZIONE RISERVATA Mercoledì il Cska Il Ninja vuole bissare il brillante debutto in campionato. In attacco tornano Totti, Gervinho e Iturbe La Roma di Coppa esalta l’ex riserva Nainggolan ROMA — Radja Nainggolan, appena sbarcato a Roma da Cagliari, il 10 gennaio scorso, rispose così a un giornalista che gli chiedeva se si considerava la riserva più pagata del mondo: «Allora tu mi consideri già una riserva? Io invece penso di potermela giocare con tutti». Nove mesi dopo nessuno gli rifarebbe la stessa domanda. Pensavano in tanti che a Roma fosse arrivato un mediano di quantità, ottimo per dare un turno di riposo, ogni tanto, a quello che era il centrocampo inamovibile: Pjanic, De Rossi, Strootman. E invece, anche prima del grave infortunio dell’olandese, che dovrebbe ritornare a novembre, il Ninja si è guadagnato la stessa considerazione degli altri. Altro che riserva! Nainggolan, in un contesto più competitivo, ha dimostrato anche grandi doti tecniche: «Sono nato trequarti- Il carattere di Radja «Magari alla musichetta mi emozionerò un po’, ma poi passa tutto. Ho fatto le mie esperienze» sta e da giovane il mio idolo era Ronaldinho. Poi ho cominciato ad apprezzare anche la grinta e mi è sempre piaciuto Gattuso. Cerco di miscelare le due cose e di essere utile per la squadra». Garcia gradisce. Compreso il gol contro la Fiorentina, con un tiro al volo da attaccante consumato, e il «mezzo gol» di sabato a Empoli, quando un suo tiro da fuori area è finito prima sul palo, poi sulla schiena del portiere Sepe e infine in rete. Un bel bottino e un piccolo rimpianto: «Un gol in più sarebbe stato, parlando di cifre, importante personalmente. Tatuato Radja Nainggolan (Ansa) Ma ciò che conta è la vittoria di squadra e il carattere che abbiamo dimostrato, perché abbiamo trovato difficoltà contro una squadra che è tornata in serie A quest’anno e gioca senza problemi perché non ha nulla da perdere. L’importante è aver portato comunque a casa i tre punti, sarà importante per la fine del campionato. L’anno scorso siamo arrivati secondi perché queste partite non le vincevamo, le pareggiavamo». L’obiettivo è chiaro: lo scudetto. Anche se Radja non fa lo spaccone: «Per me la favorita rimane sempre la Juve, perché sono tre anni che vince. Ha cambiato allenatore, ma la squadra è rimasta la stessa e chi va in campo sono sempre i giocatori. Pensiamo a noi stessi e cerchiamo di arrivare davanti a loro a fine campionato». Intanto c’è la Champions League, dopodomani contro il Cska Mosca. Un altro debutto per il Ninja: «Magari alla musichetta mi emozionerò un po’, ma poi passa tutto. Ho fatto le mie esperienze». Garcia farà turnover in attacco, dove torneranno Totti, Gervinho e Iturbe. Nainggolan sarà con Pjanic e Keita (squalificato De Rossi) a centrocampo. Difficile il recupero di Castan in difesa. Luca Valdiserri © RIPRODUZIONE RISERVATA 50 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera italia: 51575551575557 CorriereMotori Prova Debutta la fuoristrada erede della mitica Willys. A due o quattro ruote motrici La scheda DIMENSIONI Lunghezza: 424 cm; larghezza: 181 cm; altezza: 167 (4x2), 170 (Trailhawk); passo: 257 cm; altezza da terra: 175 cm (4x2), 198 (4x4), 210 (Trailhawk) MOTORI Turbo benzina Multiair2 1.4 Stop&Start 140 cv; Multijet II Turbodiesel 1.6 Stop&Start 120 cv; Multijet II Turbodiesel 2.0 Stop&Start 140 e 170 cv. Cambio manuale 6 marce (automatico 9 marce per la Multijet 2.0 4x4) TRAZIONE 4x2 o integrale PREZZI Da 20.000 euro DAL NOSTRO INVIATO BALOCCO (Vercelli) — «Ci sono auto camuffate da fuoristrada, versioni da sterrato di citycar e poi ci sono le Jeep». Mike Manley, il numero uno del marchio americano, non usa giri di parole nel definire la nuova Renegade. «È un Suv, un veicolo potente che può essere guidato da tutti». Come dire: non fatevi ingannare dalle dimensioni — 424 cm, quasi come una Golf — questa Jeep s’arrampica ovunque. Sulle pietraie di Moab nello Utah, il «Nürburgring dell’offroad», dove i tecnici americani hanno sviluppato la variante estrema Trailhawk, più alta da terra delle altre e piena di protezioni in acciaio sul fondo per difendere gli organi vitali dalle botte. Guai a dire che è piccola: divora salite con pendenze che sfiorano il 60%, si rotola nel fango, supera ostacoli facendo danzare una ruota per aria mentre le altre tre si aggrappano al suolo qualunque cosa ci sia sotto. Basta girare il manettino sotto al cruscotto, impostare una delle modalità e fa quasi tutto da sola: «Auto» (adatta all’asfalto o alle strade di ghiaia, disinserisce automaticamente la trazione integrale quando non serve), «Neve», «Sabbia», «Fango» o «Rocce». Quest’ ultima impostazione ce l’ha solo la Trailhwak, un «giocattolo» da intenditori: una volta selezionata, entrano anche le marce ridotte e la «baby» Jeep avanza poderosa con in sottofondo il frullio del 2 litri turbodiesel da 170 cv abbinato a un cambio automatico a nove marce. Finezze tecniche che fanno capire di che pasta è fatta. Gli americani la considerano l’erede della capostipite Willys — dalla quale ha ripreso molti dettagli, a partire dalla griglia con le sette feritoie sul muso — la Jeep con cui gli alleati sbarcarono in Italia settant’anni fa. E il caso ha voluto che Italia 4x4 la Renegade nasca proprio qui da noi, nella fabbrica di Melfi. Team di ingegneri di Detroit e Torino l’hanno sviluppata insieme partendo dall’architettura Small Wide 4x4. «È l’esempio di come Fiat e Chrysler dopo cinque anni siano realtà ormai unite», spiega Mauro Pierallini, capo dell’ingegneria dell’area Emea di Fca. Fiat Panda Cross Derivata dalla 4x4 (17.460 euro), ha trazione integrale inseribile e controllo della velocità in discesa. Da 19.460 euro La Jeep Renegade, prodotta a Melfi, si aggiunge alla gamma del gruppo Fca ricca di prodotti dedicati all’off-road Fiat Freemont Cross Protezioni in evidenza, barre sul tetto, interni in pelle, trazione 4x4 a controllo elettronico o anteriore. Da 32 mila euro Jeep Wrangler L’essenza del fuoristrada Made in Usa: 3 o 5 porte, trazione posteriore e integrale inseribile. Da 35.200 euro Jeep Grand Cherokee È l’ammiraglia: lussuosa ed efficace nel fuoristrada, è stata aggiornata l’anno scorso. Da 52.100 euro Ma torniamo al «fuori pista». La sensazione nell’affrontare brutali saliscendi è quella di un dolce dondolio, l’auto fa sembrare tutto semplice. Assorbe scossoni, probabilmente è merito del telaio monoscocca costruito in materiali speciali — per la maggior parte acciai ad alta resistenza — che hanno limitato i chili in più sulla bilancia. Perché va bene l’animo da «dura e pura» con il nome che riprende un allestimento «cattivo» della «Cj» utilizzato negli anni Settanta, ma ai giorni nostri bisogna anche viaggiare comodi, soprattutto in strada. Ed è qui che il marchio americano dimostra di aver compiuto i progressi più grandi: plastiche morbide al tatto, rifiniture in metallo, sistema multimediale a schermo tattile. Del resto la Renegade è una tessera fondamentale nel mosaico del nuovo gruppo che debutterà a Wall Street a metà ottobre. Distribuita in 100 mercati è uno di quei modelli dal quale si attendono guadagni importanti. Eppure il prezzo, grazie alle sinergie industriali, è molto competitivo, soprattutto se le concorrenti sono Mini Countryman e Skoda Yeti: si parte da 20 mila euro per la versione d’entrata a benzina a trazione anteriore. Ma per avere le quattro ruote motrici e sfruttarne le capacità si sale ai 27.500 della 2 litri Multijet da 140 cv 4x4. Daniele Sparisci © RIPRODUZIONE RISERVATA Prova 3 Nella versione Rocks la piccola Opel si trasforma in un mini crossover, con molte possibilità di personalizzazione: «Non ne vedrete mai due uguali» Tutti i colori della Adam per affrontare anche strade sterrate RIGA (Lettonia) — Non ne vedrete mai due uguali. O almeno questa è la promessa di Opel, che assicura che le possibilità di personalizzazione della nuova Adam Rocks tendono all’infinito. Venti colori per la carrozzeria, da associare ai sei del tetto e dei montanti; sei tipi di cerchi in lega da 18 pollici (o 19 opzionali); nove tinte delle barre sulla calandra; ventidue finiture per l’abitacolo; tre colorazioni per i sedili in pelle. Il tutto coronato dal tetto in tela apribile elettricamente, di serie, che scorre fino a scoprire quasi tutto l’abitacolo: soluzione che permette di viaggiare con il classico «vento fra i capelli» senza indebolire la struttura dell’auto, che non perde i montanti centrali e po- steriori e non riduce lo spazio nel bagagliaio. Ma oltre i 110 km/h l’aria provoca fastidiose risonanze: a quell’andatura, meglio chiudere. Rispetto alla Adam «normale», la Rocks ha l’aspetto del crossover, con la maggiore altezza da terra e i paracolpi in plastica lungo tutta la parte in- feriore della carrozzeria. Anche sterzo e sospensioni sono stati modificati per consentire qualche tratto fuori dall’asfalto, ma non ci sono aiuti eletSi fa notare Vistosi cerchi in lega da 18 o 19 pollici e maxi tetto apribile elettricamente, che scopre quasi tutto l’abitacolo: la Adam Rocks non passa inosservata tronici per migliorare la trazione su fondi scivolosi: insomma, sterrati magari sì, fuoristrada vero no. La Adam sta bene in città, con le sue dimensioni contenute (i 3,7 metri ne fanno il crossover più corto del mercato) e il selettore «City» per alleggerire lo sterzo in manovra. Pensato per gli ambienti urbani anche il dispositivo per il parcheggio semiautomatico: il conducente deve solo modulare acceleratore e freno. Opel ha scelto Riga, capitale della Lettonia, per il debutto della Adam Rocks probabilmente anche tenendo conto delle pessime condizioni delle strade: «ideali» per scoprire la bontà della specifica taratura delle sospensioni. Originale Scheda tecnica DIMENSIONI Lunghezza: 375 cm; larghezza: 181 cm; altezza: 149 cm; passo: 231 cm BAGAGLIAIO Da 170 a 663 litri PESO A secco: 1.156 kg (1.0) MOTORI A benzina: 1.0 a 3 cilindri da 90 o 115 cv; 1.2 a 4 cilindri da 70 cv; 1.4 a 4 cilindri da 87 (anche a Gpl) o 100 cv PREZZI Da 16.750 euro a 19.550 euro (fino a fine anno, sconto di 2 mila euro) anche il tre cilindri turbo da 1 litro, disponibile in versione da 90 e 115 cavalli, che sarà utilizzato anche da altri modelli della famiglia Opel. Un motore svelto e frizzante, senza i difetti tipici (rumorosità e vibrazioni) dei motori a tre cilindri. In questo caso prevalgono di gran lunga i pregi, a partire dai consumi che — stando alle dichiarazioni della Casa — si attestano sulla media di 4,5 l/100 km nella versione meno potente. Il debutto commerciale è previsto per la metà di novembre: la Adam Rocks sarà nelle concessionarie a un prezzo che parte da 16.750 euro con il motore 1.2 quattro cilindri aspirato da 70 cavalli, per toccare i 19.550 con il nuovo tre cilindri. Prezzo di lancio scontato di 2 mila euro fino a fine anno. Stefano Marzola © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Motori 51 italia: 51575551575557 Il Goodwood Revival nelle foto di Weber Difficile spiegare il Goodwood Revival (l’edizione 2014 è finita ieri) a chi non l’ha mai vissuto. Auto e moto dagli Anni 30 ai 60; appassionati (bimbi compresi) in abiti vintage; una tenuta nel West Sussex inglese degna di un film di James Ivory. Difficile, non impossibile. Nel libro Goodwood Revival-Portraits (Skira, 204 pagine, 49 euro: a destra alcuni scatti), il fotografo Uli Weber coglie l’entusiasmo e la nostalgia di questa festa che si ripete ogni anno. Prova 2 Prevista anche una speciale versione prodotta in soli cento esemplari e intitolata a Nuvolari La strategia Il «piccolo» Suv che va all’attacco di cento mercati BALOCCO (Vercelli) — «La nuova Jeep Renegade amplia la gamma dei nostri modelli e ci permette di entrare nel crescente segmento dei small Suv in più di 100 mercati del mondo, per fissare nuovi standard in termini di efficienza e prestazioni di guida, assicurando allo stesso tempo le capacità off-road del marchio», ha dichiarato Mike Manley, presidente e ceo di Jeep Brand, Chrysler Group LLC. La Renegade è stata progettata in America, costruita in Italia, nello stabilimento di Melfi (è la prima Jeep a non essere assemblata negli Usa), insieme alla Fiat 500X che sarà presentata a Parigi, all’inizio di ottobre, e verrà commercializzata nei primi mesi del 2015. Renegade esprime la strategia e le ambizioni globali del marchio, tanto da coprire tutte le fasce del mercato dei Suv e offrire 16 combinazioni di motore e trasmissione, oltre al primo cambio automatico a nove rapporti nel segmento B. «Jeep con Renegade, Grand Cherokee, Cherokee, Compass e Wrangler è il primo marchio ad avere a disposizione una gamma molto estesa — ha ricor- Fino a 310 cavali Rivale delle Bmw Z4 e Mercedes Slk, la Audi TT è una sportiva «2+2» posti. L’auto sarà disponibile dal prossimo novembre, con motori a benzina (2.0 Tfsi da 230 cavalli) e a gasolio (2.0 Tdi ultra da 184 cv). Nel febbraio 2015 si affiancherà la versione più potente TTs (foto), con il 2.0 turbo da 310 cv TT: Tradizione e Tecnologia nel segno della sportività Un’immagine al computer della Fiat 500X: debutterà in ottobre dato Alfredo Altavilla, responsabile Emea di Fca — in grado di intercettare l’utenza più variegata». Il marchio americano che si identifica da sempre, in campo automobilistico, nei valori di libertà e avventura, garantendo le migliori prestazioni su strada e fuoristrada, è considerato una delle colonne portanti del piano industriale di Fca. Renegade verrà costruita dal prossimo anno anche nel nuovo stabilimento brasiliano di Pernambuco e in Cina, l’area più importante per Jeep dopo gli Usa, in collaborazione con Guangzhou Automobile Group (GAC Group), insieme ad altri due nuovi modelli Jeep studiati per il mercato interno. Secondo il piano presentato da Marchionne il 6 maggio, Patriot e Compass (solo quest’ultima viene venduta anche in Italia) verranno sostituite nel 2016 da un solo modello, mentre la Wrangler dovrebbe essere presentata nel 2017 insieme al nuovo Grand Cherokee, a cui nel 2018 seguirà la Grand Wagoneer, l’ammiraglia, con tre file di sedili e 7/8 posti. La rete verrà di conseguenza ampliata per passare dagli attuali 4.700 punti vendita ad almeno seimila. Erano state ipotizzate per quest’anno 800 mila vendite, ora la barra è stata portata sopra al milione di unità, per arrivare nel 2018 ad almeno 2 milioni. È sempre Manley a sottolineare che «siamo sulla buona strada per raggiungere l’obiettivo». Previsione sorretta dai numeri: durante il 2014, nel mondo, Jeep ha aumentato le vendite del 40% e nella sola regione Emea l’incremento ha superato il 30%. L’Italia è il primo mercato in cui il piccolo Suv viene messo in vendita, con due «porte aperte»: il 27 settembre e il 4 ottobre. Dopo inizierà la commercializzazione in Europa, Francia e Germania in primo luogo, mentre in Usa e Cina arriverà nel primo trimestre del 2015. Bianca Carretto © RIPRODUZIONE RISERVATA Arriva la terza generazione della coupé Audi MARBELLA (Spagna) — L’Audi ci crede. Nel mondo ci sono ancora tanti automobilisti sognatori. A loro è dedicata la TT capitolo III, una sportiva che non costringe a dissanguarsi per acquistarla (il listino, con il 2.0 diesel da 184 cv, 4,2 litri per 100 km, parte da 40.990 euro), capace di soddisfare le esigenze del web designer, che passa ore e ore in auto e desidera immagine cristallina e costi di esercizio accettabili, e del gentleman driver tutto casa-ufficio-pista che vuole sound e prestazioni (la TTs 2.0 turbo da 310 cv scatta da 0 a 100 in 4,6 secondi). Diversa dall’icona che cambiò il modo di pensare le piccole coupé a partire dal 1998, anche se la parentela si vede, oggi è più spaziosa (è lunga 418 cm) e più granturismo da guidare (il passo è stato portato a 251 cm). «La TT è un must di Audi, venduta finora in oltre mezzo milione di pezzi nel mondo di cui 20 mila in Italia — dice Fabrizio Longo, direttore Audi Italia —, che saprà attrarre ancora gli amanti delle piccole sportive premium, anche se in questi anni di crisi le loro immatricolazioni sono scese da cinquemila a 500 l’anno». La TT 2014, acronimo di «Tradizione e Tecnologia», cambia il muso con la nuova maxi calandra single frame esagonale alta e piatta, alza i fari che si riconoscono per due linee di led verticali. Dietro luci con il leit motiv dei listelli verticali e scarichi differenti in base alle versioni: due doppi alle estremità per la TTs, due singoli per Tdi e Tfsi (2.0 benzina da 230 cv). L’abitacolo mantiene la disposizione 2+2 posti, anche se raggiungere i sedili non è proprio agevole, e aumenta la capacità del lungo bagagliaio a 305 litri. La visibilità è più che discreta, merito del Nata nel 1998 La prima Audi TT fu lanciata nel 1998. La seconda risale al 2006. Nel complesso l’auto ha avuto molto successo: a tutt’oggi, il costruttore tedesco ne ha vendute oltre mezzo milione nel mondo, 20 mila in Italia. Nella foto, la nuova Audi TT generoso lunotto integrato nel portellone. Si sta seduti bene, tutto è razionale, semplificato al massimo. Cancellati i comandi secondari al centro della plancia. «Info e intrattenimento si leggono e si scelgono sul display da 12,3 pollici che si trova al posto del vecchio cruscotto analogico, davanti al guidatore — spiega Longo —. Merito di una prima mondiale in casa Audi: il Virtual Cockpit. La modalità classica mette in primo piano tachimetro e contagiri, quella infotainment la mappa di Google Earth». Altri dettagli che evocano il sapore delle corse sono il grande contagiri digitale al centro del cruscotto, lo sportellino tondo senza tappo da svitare per il rifornimento, la pedaliera racing. La TT 2014, sottoposta a una dieta dimagrante che ha riguardato tutte le componenti, dai sedili (-5 kg) alle ruote (via mezzo chilo), per un taglio totale di 50 kg, pesa ora 1.230 kg. Sulla pista Ascari di Ronda, la TTs ha dato un saggio delle sue potenzialità. Lo sterzo a cremagliera consente di pennellare le traiettorie, la trasmissione automatica a doppia frizione cambia le marce in modo fulmineo e senza che siano percepibili interruzioni nel flusso di potenza anche usando le palette al volante, la frenata è buona e la tenuta di strada elevata, per effetto della trazione integrale quattro, che nella guida sportiva invia più coppia alle ruote posteriori e in pratica spinge la TTs nelle curve. «La ciliegina sulla torta? La TT Tdi Gp Nuvolari riservata ai clienti italiani — dice Longo —, tirata in 100 esemplari e dedicata al grande pilota italiano che fece 100 volte in gara il giro più veloce». Paolo Artemi © RIPRODUZIONE RISERVATA Prova 4 I motori della berlina e della station wagon sono tutti turbo Euro 6 a cominciare dal rinnovato tricilindrico mille EcoBoost da 100 e 125 cavalli La Ford Focus tira fuori la grinta e dà un taglio al listino MALAGA (Spagna) — Le auto diventano come telefonini e il ciclo vita si accorcia. Dopo tre anni Ford è pronta a cambiare la Focus e la scommessa non è da poco. Non solo è l’auto più venduta al mondo (1,1 milioni nel 2013) ma è l’unica Ford globale, uguale nei 140 Paesi in cui viene venduta e deve accontentare tutti, single e famiglie, sfidando modelli come Golf e Giulietta (che hanno il 43% del segmento C, la Focus è al 9%) e attraendo anche chi cerca il comfort. L’aspetto è più aggressivo, con un frontale basso e largo caratterizzato da una grande griglia frontale e un cofano scolpito. Il telaio ha una maggiore rigidità torsionale anteriore rispetto al modello precedente che gli consente inserimenti in curva degni di auto più prestanti. I motori sono brillanti, tutti turbo Euro 6 a partire dal rinnovato tricilindrico mille EcoBoost da 100 e 125 cavalli. A seguire il 1.5 da 150 cv, il 1.6 gpl da 120 e le versioni a gasolio 1.5 TDCi da 95 e 120 cv e 2.0 da 150. Chiude la gamma il 1.5 a benzina da 182 cv, che difficilmente vedremo in Italia. Tanta aggressività è controbilanciata da sospensioni morbide che aumentano il comfort, vani portaoggetti generosi e tanti assistenti alla guiMuscolosa Disponibile nelle versioni a 5 porte e station wagon (foto), la nuova Ford Focus ha un frontale più grintoso, dominato dall’ampia mascherina da, a partire dall’Enhanced Transitional Stability, sistema di controllo dinamico della stabilità che «intuisce» quando l’auto sta per sbandare. Il Pre Collition Assistent frena se ci si avvicina troppo alla macchina che precede (entro i 50 km/h), i fari xenoadattivi seguono le curve e l’assistente al parcheggio esegue anche manovre a spina di pesce. Segno dei tempi, l’elettronica di bordo è centrale. Due prese da 12 volt e due porte USB consentono di ricaricare e connettere smartphone, tablet e lettori MP3. Ma la punta di diamante è il sistema di intrattenimento, il Sync 2. Realizzato con Microsoft, ha un display touch da 8 pollici e consente di gestire a voce navigatore, musica e telefono. Basta pigiare un tasto sul vo- Scheda tecnica DIMENSIONI Lunghezza: 436 cm (456 la wagon); larghezza: 201 cm; altezza: 148 cm (151); passo: 265 cm MOTORI Benzina: 1.0 EcoBoost 100 cv; 1.0 EcoBoost 125 cv; 1.5 EcoBoost 150 cv. Diesel: 1.5 TDCi 95 cv; 1.5 TDCi 120 cv; 2.0 TDCi 150 cv. GPL: 1.6 120 cv PREZZI Da 18.750 euro (1.0 EcoBoost 100 cv) a 28.750 euro (2.0 TDCi 150 cv Start&Stop Powershift). La wagon: 1.000 euro in più lante e dire Suona per far partire la musica, Chiama... più il nome per telefonare, citare la destinazione per farne la meta del viaggio, Ho fame per vedere i ristoranti della Guida Michelin nei dintorni. I comandi vocali hanno tolto dalla plancia molti pulsanti, ma ora il display sopra al volante è colmo di informazioni e il volante è pieno di bottoni. La chiave elettronica MyKey consente di impostare una sorta di controllo genitori: in pochi tocchi si setta la velocità, si inserisce un cicalino per il limite e si definisce il volume dello stereo. I consumi vanno dai 4,6 litri/100 km del 1.0 100 cv ai 5,5 del 1.5 benzina da 150, passando per i 3,8 del 1.5 diesel. L’arrivo in Italia è previsto per il 22 novembre. Il nuovo listino parte dall’allestimento Plus, a 18.750 euro: 250 in meno dell’attuale. Alessio Lana © RIPRODUZIONE RISERVATA 52 italia: 51575551575557 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 Gabriella Censi Coraggio, generosità, intelligenza, dolcezza e bontà... Mimma ed Alberto hanno avuto il privilegio dellamicizia di una creatura bellissima come te.- Grazie Il giorno 14 settembre 2014 è mancata allaffetto dei suoi cari Antonietta Picalarga Baglioni Rag. Pietro Rota Gabry di 88 anni .- Ne danno il triste annuncio la nuora Sandra, i nipoti Luca Bartolomeo con Maria Paola e Elena Sofia, Andrea con Eleonora, Francesca, il fratello Arnaldo, le cognate e i parenti tutti.- I funerali si svolgeranno nella chiesa San Giovanni Battista in Campagnano di Roma lunedì 15 settembre ore 15.45.- Non fiori ma donazioni allassociazione amici delluniversità Campus Bio Medico di Roma Onlus Iban IT95G0569603211000020266X94 causale "un respiro per la vita". - Campagnano di Roma, 15 settembre 2014. Ne danno il doloroso annuncio la moglie Enrica, i figli Mauro e Fabio con Simona e i parenti tutti.Il suo ricordo rimarrà sempre nei nostri cuori.- I funerali saranno celebrati nella chiesa dei SS.Quattro Evangelisti, per il giorno e lora chiamare Impresa San Siro al numero 02.32867. - Milano, 14 settembre 2014. mamma e nonna di grande intelligenza, generosità e tenacia.- Sarà possibile dare un saluto a Gabriella martedì 16 settembre alle ore 14 presso la camera ardente in via Francesco Sforza 38. - Milano, 14 settembre 2014. - Milano, 14 settembre 2014. Partecipano al lutto: Fulvio e Vittoria Nembrini. Giuseppe e Vittoria Daveri. Attilio e Maria Letizia Lentati. sei stata una cara e preziosa amica, non ti dimenticheremo mai e ci uniamo al dolore di Carlo con affetto.- Titti, Laura e Romolo. - Milano, 14 settembre 2014. Carlo disperato piange la sua Piero e Ornella si stringono con affetto a Carlo nel dolore per limprovvisa perdita dellamata Gabriella Gabry Arnaldo, Annabruna ed Elena Picalarga con le famiglie tutte partecipano al lutto per la scomparsa dellamata sorella e zia Gabriella - Milano, 14 settembre 2014. - Milano, 14 settembre 2014. Ciao cara Antonietta Picalarga Baglioni Achille, Paola, Lorenza, Giorgio profondamente addolorati sono vicini a Carlo e Alberto per limprovvisa perdita dellamatissima Gabry sei stata unamica e una mamma, sempre presente e sempre disponibile, lasci un grande vuoto nelle nostre vite, ti vogliamo bene, Cristina e Alberto. - Milano, 14 settembre 2014. con immenso dolore, ricordandone la fede, il carisma e la bontà danimo che hanno sempre contraddistinto il suo percorso di vita. - Campagnano di Roma, 14 settembre 2014. Gabriella - Milano, 14 settembre 2014. Ciao nonna Amore mio grazie!- Mi hai regalato trentanni di gioie e serenità.- Paola annuncia con immenso dolore la perdita del suo Gabry ci mancherai tanto, tutte le cose che ci hai insegnato, il burraco, le ricette, i lavoretti che facevamo insieme, il tuo sorriso e le tue coccole.- Rimarrai sempre nei nostri cuori, Francesca e Jacopo. - Milano, 14 settembre 2014. Carletto La camera ardente è allestita presso la Casa Funeraria San Siro di Milano in via Amantea 3 (fronte cimitero Baggio), dalle 8 alle 19.- Per il giorno e lora del funerale contattare il numero 02.32867. - Milano, 14 settembre 2014. Angiolamaria, Claudio e Mariella abbracciano con tanto affetto Carlo per limprovvisa scomparsa dellamatissima, dolce - Milano, 14 settembre 2014. Partecipa al lutto: Silvio Fasanotti. Laura e Paolo, Federico e Giulia, Alessandro e Luisa abbracciano affettuosamente lo zio Carlo ricordando la carissima - Milano, 14 settembre 2014. Carlo Gabriella Nel nostro cuore e nei ricordi più belli e felici rimarrà laffetto per il nostro amato - Milano, 14 settembre 2014. I cugini Calvi di Bergolo e Donà dalle Rose ricorderanno sempre la carissima Gabriella Lagenzia Open Pubblicità con i suoi collaboratori partecipa al cordoglio dei famigliari per la scomparsa del Carlo Dott. Luigi Cassinari Sandra e Pietro, Pupi e Michele si stringono con affetto e tenerezza a Paoletta nel ricordo di Gabriella - Milano, 14 settembre 2014. Carletto Il Presidente Davide Corritore, il Direttore Generale Stefano Cetti, il Consiglio di Amministrazione, i dirigenti e i dipendenti tutti di Metropolitana Milanese SpA sono vicini alla famiglia, in questo momento di grande dolore, per la perdita dell - Monza - Verbania, 14 settembre 2014. Cara Ciao Gabry Carletto con tanto amore ti ricorda la cugina Graziella con i cugini Pieri. - Mestre, 14 settembre 2014. La moglie Monica e la suocera Olga annunciano con profondo dolore la scomparsa di Carlo Gardelli Piero Baldesi - Almenno San Bartolomeo, 14 settembre 2014. La camera ardente sarà allestita da lunedì 15 settembre presso la scuola di Scienze Aziendali, via Tagliamento 16, Firenze.- Le esequie saranno celebrate martedì 16 settembre alle ore 15 nella chiesa di San Francesco di Paola, piazza San Francesco di Paola. - Firenze, 15 settembre 2014. Partecipano al lutto: Roberto Rusconi. Gerardo Vitali. Paolo Zanetti. Federico Goj. Achille Ripamonti. Gabriella Censi Piona - Milano, 13 settembre 2014. Nel ricordo dei momenti belli e luminosi delle nostre estati e vacanze assieme, rimarrai sempre nel nostro cuore, cara Gabriella Il giorno 14 settembre 2014 è venuta a mancare nella sua casa Amedeo, Susanna, Mario, Cate, Giorgio, Gabriella, Alberto, Gege. - Milano, 14 settembre 2014. Ezia Magri Melegatti Gabriella Nicola Romano Tina, Alfredo e Marina con le loro famiglie lo ricordano con immutato affetto e infinita nostalgia. - Milano, 15 settembre 2014. RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli,8 - 20132 Milano SERVIZIO ACQUISIZIONE NECROLOGIE ATTIVO DA LUNEDI A DOMENICA 13.30-19.30 CON SUPPLEMENTO 20% SULLA TARIFFA BASE Tel. 02 50984519 - Fax 02 25846003 www.necrologi.corriere.it e-mail: acquisizione.necrologie@rcs.it SI ACCETTANO RICHIESTE VIA WEB, E-MAIL E CHIAMATE DA CELLULARI SOLO DIETRO PAGAMENTO CON CARTA DI CREDITO L’INVIO DI UN FAX DEVE ESSERE ACCOMPAGNATO DA COPIA DI UN DOCUMENTO DI IDENTITA’ TARIFFE BASE IVA ESCLUSA: PER PAROLA: Franca Maria Castiglioni I funerali avranno luogo martedì 16 settembre presso la chiesa Santa Maria Incoronata, corso Garibaldi 116 Milano.- Per lorario si prega di telefonare a Impresa San Siro 02.32867. - Milano, 13 settembre 2014. I cugini Gabriella, Claudia, Davide, Antonio, Beppe, Alberto e Carlo con zia Anelida e famiglie piangono la scomparsa dellamata Mauro e Clementina ricordano con grande affetto e rimpianto la cara Emilio Laura, Giulio Laura, Camilla, Alberto Mariangela, Margherita, Vito Rina, Carlo Lidia, Gianni Carla, Filippo Orietta, Alberto Francesca, Gianfranco Annalisa, Anna Fabio, Gianni Paola. - Milano, 14 settembre 2014. Nel venticinquesimo anniversario della scomparsa di Luca e Marco Citelli annunciano la scomparsa della loro adorata mamma Lo annuncia con commozione Marilena Romanelli con i figli Alberto e Francesca.- Le esequie avranno luogo martedì 16 settembre presso la parrocchia di San Giovanni Crisostomo, via Padova 116, Milano, alle ore 9. - Milano, 14 settembre 2014. Increduli ed addolorati ci stringiamo a Carlo ed al figlio Alberto per limprovvisa scomparsa della carissima Struggente e solare come la "tua isola", così Rena ti ricorderemo questa sera con gli amici più cari, Ubaldomaria.- Ore 18 presso Maria SS. Assunta in Cielo, Le Forna. - Isola di Ponza, 15 settembre 2014. storico dirigente della società.- La sua professionalità ha contribuito in modo significativo alla realizzazione delle più importanti opere infrastrutturali della città di Milano. - Milano, 14 settembre 2014. Il Presidente, il Consiglio Direttivo, la Comissione Sportiva, i soci ed il personale del Golf Club Bergamo "LAlbenza" sono vicini alla signora Giordani ed ai familiari nel triste e doloroso momento della scomparsa del caro socio Gianni e Pinuccia Gadda partecipano al dolore di Alberto Lara e Carlo per limprovvisa scomparsa di Renata Margherita Vimercati de Capitani Longoni Ing. Ugo Amagliani Alessio, Antonella, Alain, Cristina, Rossella. - Milano, 15 settembre 2014. Gabriella amica mia, ricorderò sempre la tua positività, la tua forza morale, la tua vivacità intellettuale, il tuo essere speciale.- In questo triste momento sono affettuosamente vicina a Carlo e a tutta la famiglia.- Silvana. - Milano, 14 settembre 2014. 15 settembre 2012 - 15 settembre 2014 - Milano, 14 settembre 2014. - Milano, 14 settembre 2014. - Milano, 14 settembre 2014. I famigliari tutti ne danno il triste annuncio. - Varazze, 13 settembre 2014. Gigi Cassinari Patrizia, Marina, Antonio e Beatrice piangono con Paola la scomparsa di - Milano, 14 settembre 2014. È mancato allaffetto dei suoi cari Giorgio Tocchi Giuseppe, Francesca, Matteo e Beatrice Locatelli si uniscono al dolore della famiglia ricordando con affetto lintelligente creatività, generosità e simpatia dellamico Silvia, Fabrizio, Cristiano, Edoardo, Lucia, Manu e tutti i nipoti. - Milano, 14 settembre 2014. Fabio con Annalisa, Laura con Alberto e i loro figli annunciano con immenso dolore la scomparsa dellamatissima sorella Antonia (Kika) Lori in Ziantoni Beatrice e sono vicini con affetto a Alessandra, Livia e Cristina. - Milano, 14 settembre 2014. Carletto Collaboratori e dipendenti dello Studio Piona e dellAmministrazione Piona partecipano al grande dolore del Dottor Carlo per la scomparsa della signora Giovanna Rostagno Bisin È venuta a mancare allaffetto dei suoi cari Kika.Ne danno il triste annuncio il marito Violenzio ed i familiari tutti. - Roma, 14 settembre 2014. Beatrice Manzutto Archinto - Milano, 15 settembre 2014. ci mancherai, sarai sempre con noi.- Alessandro con Bibo, Giordana con Alexander insieme ai ragazzi Nicolas, Ginevra, Natalie e Leone. - Milano, 14 settembre 2014. Antonietta Bertani Vicini come a Chicago pieni di futuro nel cuore e negli occhi, soli e tristissimi oggi senza Alberto ci stringiamo forte a te e Vittorio.- Paolo e Betty Nucci. - Milano, 14 settembre 2014. La sorella Cristina con Ettore, Lavinia, Mario, Ivana, Alessandro e nipoti ricorda commossa Gianna Trabattoni con Giusy e Carlo, Laura e Gianni con le figlie, profondamente addolorati sono vicini con affetto a Carlo per limprovvisa scomparsa di Maria Monica Donato Il consorzio universitario CINEAS è vicino al proprio presidente Adolfo Bertani nel triste momento della scomparsa della sorella Lo annunciano le figlie Livia e Alessandra con Amedeo Lavinia e Eduardo. - Milano, 14 settembre 2014. - Milano, 14 settembre 2014. Maurizio Ghelardi, Monia Manescalchi, Francesco Muchetti, Susanne Muller partecipano con profondo cordoglio alla scomparsa di Il 14 settembre è mancata allaffetto dei suoi cari Ugo Andrea con Manuela e Giulia, Manuela con Matilde e la cara sorella Ada piangono la scomparsa del loro amato Carlo (Puci) Ennio Carzaniga amica e collega carissima. - Pisa, 14 settembre 2014. Beatrice Archinto Ciao Il pittore ci ha lasciati.- La moglie Gianna, i figli Silvia, Chicco, Mario, Fulvio ringraziano amici e conoscenti per la vicinanza spirituale. - Milano, 15 settembre 2014. Antonietta Picalarga Baglioni Partecipano al lutto: Mimma, Ilaria, Monica, Stefania. Gabriella Il giorno 14 è mancato allaffetto dei suoi cari I dipendenti e i collaboratori di Baglioni S.r.l. si uniscono al dolore di Sandra, Luca, Andrea e Francesca per la perdita della loro adorata nonna Tetta. - Campagnano di Roma, 15 settembre 2014. e si stringono commossi ad Alberto e Lara nel ricordo della carissima mamma. - Milano, 14 settembre 2014. Gabriella il Renata Cantù Ezia e sono vicini al dolore dei cari Pietro e Titti con Vittoria. - Seregno, 14 settembre 2014. - Milano, 14 settembre 2014. Il Tempo A MODULO: Corriere della Sera Necrologie: € 5,00 Adesioni al lutto: € 10,00 Solo anniversari, trigesimi e ringraziamenti:€ 540,00 Gazzetta dello Sport Necrologie: € 1,90 Adesioni al lutto: € 3,70 Solo anniversari, trigesimi e ringraziamenti: € 258,00 Diritto di trasmissione: pagamento anticipato € 1,67 pagamento differito € 5,00 L’accettazione delle adesioni è subordinata al pagamento con carta di credito Design A+G Alberto, con Lara e Federico, annuncia la perdita di 53 italia: 51575551575557 fondazionecorriere.it Servizio fatturazione necrologie: tel. 02 25846632 mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30 fax 02 25886632 - e-mail: fatturazione.necrologie@rcs.it Ogni giorno le PREVISIONI della tua città sempre con te Digita: mobile.corriere.it nel browser del telefonino Il servizio è gratuito salvo i costi di connessione internet previsti dal piano tariffario del proprio operatore Maggiori informazioni su www.corriere.it/mobile 36* *(<6 3 3 *(* 2<3 *( * 3 * *(*6 3 *(7* 3( *(63 2<* *(63 3 2 *(76 3* *(73 37 *(73 -&2( -".2 (.2 &:" "$&( (-"&( ($(& &(6 "-&: &(& -5" +011$)' 5&)10$ 5' 8&'50 18%% ')150 +'$1)% 1)+055855) 18%% 0!$)'$ '50%$ &0$$)'%$, % 5&+) 10 $' +0:%'; 1)%!!$5) 5855:$ +05$0 &5 155$&' 8&'50 %/$'15$%$5 18$ 0$%$:$ 155'50$)'%$ +)$ '50%$ )' +)11$$%$5 $ +0$+$5;$)'$, 811$:&'5 -8%# 0):1$) ) 5&+)0% +)50 $'50110 $% )0):15, )# :0$;$)'$ % 8 )' &+$) 1)%!!$&'5) 1%:) $1580$ 18$ 0$%$:$, ,+5"$ %*(..( -" *($" 2&:-( $"-" )15 )0$') '): )%)!' )& &+)11) , %0$ 5'$ $%') 0'5) ';$ 0$15 $0'; 08!$ ')' .-8$% +)%$ 0$ )5'; 5' $-%( %0&) %!#0) !%$0$ 80 $ %$ )% 8:)%) )+05) $)!!$ ):1$ &+)0%$ : %8 )05) )05 )%5) )05 %&) ')' )15 0$ )%)!' )%;') 01$ !%$0$ )3 ) )' ) )4 ) )' 44 44 4 4 40 4 4' 0') $)!!$ )3 )/ 4) ) )3 ) )' 4) 4' 4/ 43 40 4 4 8:)%)1) .-8$% 11$' $%') +)%$ %$ %0&) &+)0% %"& %8 ); 4; 4) ) )/ )' 4; 44 4 3; 4 4 4 4' )+05) -$"&( %.2-% -.6" - (&- "6 5$"&( (*&!& "%5-( 2(($% "&& $-( -"" "$&( &#- 5-.2 -" ".(& (% -$$(& "-& 2& 5&"." $-" !$55) %8 &+)11) 5'$ 0)5)' 8') $0'; '): &+0$ )11) %"& $."&#" .$( %"& )% $ ' 151) &+) $ %5 +011$)' +01'5 %% %5 %5$58$'$ $' +05$)%0 50 %/1%' % 811$ )$'5% 11) +)05 )'$;$)'$ $ 15$%$5 %$& &$5 18 -815$ 155)0$, $9 8 8 $0)%;$)'$ $%)'$# 8' 18%% 0 %'$# $' :$ $ 180$&'5) %/%50 '$ +011$ %% ;;)00 $' 1+)15&'5) :01) )0$'5, 551) 8' +!!$)0&'5) % 5&+) 18 +!' )05)!%%), (2&: 0& 08!$ 10 $1 )5'; , %0$ $&$'$ : %"& %8 ) )3 )3 ) ) 4) ) 4 44 4 4 4) 3) 4 ):1$ )& )0$') 0'5) 0$15 $' ';$ 0)' $ %"& %8 ) ) )3 ) )3 ) ) 4 43 4 44 44 4 4 $!" !&!" 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Da oggi, tutti i giorni dal lunedì al venerdì, va in onda il nuovo programma a target prescolare condotto da due pupazzi molto amati del canale: Tino (foto) il simpatico puppet che era al fianco di Tata Adriana e Ciuffetto il dj di «Radio Crock’n’dolls» . Il programma racconta cosa succede nella cameretta di Tino quando Tata Adriana, proprietaria di casa, non c’è. L’amico Ciuffetto arriverà tutti i giorni per giocare insieme e combinare tante marachelle. I due si rivolgeranno ai piccoli spettatori a casa, complici dei loro giochi e dei loro scherzi. L’aria che tira, La7, ore 11 Piazzapulita, La7, ore 21.10 A tutto Tino DeAJunior, ore 20 ,>Ó ,>Î ,iÌi{ >>ix Ì>>£ >Ç /Û À>°Ì À>°Ì À>°Ì i`>ÃiÌ°ÌÉÀiÌi{ i`>ÃiÌ°ÌÉV>>ix i`>ÃiÌ°ÌÉÌ>>£ >Ç°Ì ÌÛ°Ì È°{x 1 "// ° ÌÌÕ>ÌD ££°£ä " / //° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi Ã> Ã>À` £Ó°ää *,"6 1" "° 6>ÀiÌD° `ÕVi Ìi> iÀV £Î°Îä /", ° £{°ää / £ " "° ÌÌÕ>ÌD £{°äx " "*" /° 6>ÀiÌD° `ÕVi Ìi> iÀV £{°{ä /",/" " ," ¶ 6,//" ° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi V> ivÀi`` £È°ää 6/ ,//° ÌÌÕ>ÌD £È°Îä / £° £n°xä ½,/° +Õâ° `ÕVi >À Ì Óä°ää /", ° Óä°Îä , /1"° 6>ÀiÌD° `ÕVi >Û Ã> -, Ó£°£x "--," " / "° ÃiÀi° ÕV> <}>ÀiÌÌ] iÃ>Ài VV ÓΰÎä */,""° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi Õ >>À> ä°Îx /£ "//° £°äx /*" ° n°{x -", "° /iiv °Óx *-" *,"° /iiv £ä°£ä /Ó - -//° ÌÌÕ>ÌD £ä°£x °°°-// " "-/1° ÌÌÕ>ÌD £ä°Îx / Ó -] 6,° ÌÌ° £ä°xä /Ó / *,° ÌÌ° ££°ää // 6"-/,° ÌÌ° £Î°ää / Ó ", "° £Î°Îä °°°-// " "-/1° ÌÌÕ>ÌD £Î°xä Îΰ ,ÕL £{°ää //" //"° ÌÌ° £È°£x -/° /iiv £Ç°ää -1*,8 /6° 6>ÀiÌD £Ç°{x , *, /"° £n°ää , / -*",/° £n°Óä / Ó° £n°xä ° °°-° " -° /iiv £°{ä ° °°-° /iiv Óä°Îä / Ó Óä°Îä° Ó£°ää " \®° -iÀi° ,j> ÃÃj n°ää ", -//° ÌÌ° £ä°äx 6" /,° °] Ì°] £È£®° ,i}> ` Õ} iV° >vÀi` £Ó°ää / ΰ £Ó°Óx - ", 7-/ Ó° /iiv £Î°£ä /*" -/",° ÌÌÕ>ÌD £{°ää / ," ° /"° £{°Óä / ΰ £{°xä /, *<< ,° £x°ää /,, "-/, Ó° /v £x°{x *, ° °] Ì°] £ÈÇ®° ,i}> ` ° Þ° >vÀi` £Ç°Îx " < Óä£{° V £°ää / ΰ £°Îä / ," /"° Óä°ää "° ÌÌÕ>ÌD Óä°£ä " ,/° /iiv Ç°Óä 1 /,° /iiv n°£x 1", ,° /iiÛi> °{ä , ,° /iiv £ä°{x , // ½/ ° ÌÌ° ££°Îä / { /", £Ó°ää / /6 ",-° /iiv £Î°ää - ", "° /iiv £{°ää " -*",/" ",1° ÌÌÕ>ÌD £x°Îä 1, -/,//" Ó£° /iiv £È°Îx , " /6 -* ° 6>ÀiÌD £È°{x " / ", /° /iiv £n°xx / { /", ° i «À}À>>\ iÌi°Ì £°Îx /*-/ ½",° ->« "«iÀ> È°ää / x *, * ° ÌÌÕ>ÌD n°ää / x // ° n°{x // " +1° ÌÌÕ>ÌD £ä°äx / x ", £ä° /"°/° ££°ää ",1° ÌÌÕ>ÌD £Î°ää / x° £Î°{ä 1/1° ->« £{°£x /"6/, ° ->« £{°{x 1" " ° /> Ã Ü £È°£x -,/"° /iiÛi> £Ç°ää *"," +1° ÌÌÕ>ÌD 6 / 1 /,"t +Õâ £°xx / x *, * ° ÌÌÕ>ÌD Óä°ää / x° i «À}À>>\ iÌi°Ì Óä°{ä **,-- -*, /° 6>ÀiÌD° `ÕVi À}> *>>à ǰÎä E "9° /iiv n°Óx / "-,° /iiv £ä°Óx *,-" " /,-/° /iiv £Ó°Óx -/1" *,/" -*",/ -/ / *<" ° £Î°ää -*",/ -/° £{°äx -*-" ° >ÀÌ £{°Îx 1/1,° >ÀÌ £{°xx Ó ," ,-° -iÀi £x°{x /",9 ° -iÀi £È°Îx 1 ° /iiv £n°Óä "6 1-° -iÀi -/1" *,/" / *<" ° £n°Îä -/1" *,/"° i «À}À>>\ iÌi°Ì £°Óä °-°° 7 9",° /iiv° >ÀÞ -Ãi] >Ài Û>ââ] -i> 7>À` È°ää / Ç° Ç°xä " 1- /"° ÌÌÕ>ÌD Ç°xx " 1-° ÌÌÕ>ÌD °{x " ,° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi /â>> *>i> ££°ää ½, /,° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi ÞÀÌ> iÀ £Î°Îä / Ç° £{°ää / Ç ," ° ÌÌÕ>ÌD £{°{ä -/, - , - "° /iiv £Ç°{ä "--," ",,° /iiv° *iÀÀi `Þ] ÀÕ >`iÀ] Ìi> Õ>` £°{ä "6+1, /° /> à ܰ `ÕVi Û> Àà Óä°ää / Ç° Óä°Îä "//" <<"° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi ÀÕLiÀ £Î°Óä * \ 1"6 ° 6>ÀiÌD £{°£x - ,1-° -iÀi £x°£ä ," 1 , -1*,-/,° /iiv £È°ää /-\ - //½ -iÀi £È°xä £È /° 6>ÀiÌD £Ç°xä / " Ó° 6>ÀiÌD £n°xä / , ,- *-"° 6>ÀiÌD £°xä /½- 1* "** " /," /*"° 6>ÀiÌD Óä°£x £È /° 6>ÀiÌD Ó£°£ä - "\ " ", ° 6>ÀiÌD ÓÓ°ää /-\ - //½ -iÀi Ó£°£ä * " 8*,-- ΰ ,i>ÌÞ° `ÕVi ÃÌ>Ì `i> iÀ>À`iÃV> ÓΰÎx *,/9 *"* <° VÕ,i>ÌÞ ä°Óä / Ó° ä°Îx *,"/-/ /-"° ÌÌÕ>ÌD £°äx 7 6ä° /v Óä°Îx 1 *"-/" -"° ->« Ó£°äx -/," 6" 1"7° / ÀiÀ] 1Ã>] £ä®° ,i}> ` >ÀLiÌ -V Ài`iÀ° iÀiÞ ÀÃ] i Ãi] , -ÛiÀ° Óΰ£x / ," ° Óä°Îä -,/"° /iiÛi>° i}> À>V> Ì>iÀ] iÝ >`i>] >À> Õâ>à ӣ°£x +1 / "" ° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi *> i iLL Óΰxx /,,° ÌÌÕ>ÌD Ó£°£ä -+1, / È° ÃiÀi° >ÀV VV] Õ> V i] > >ÌiÀ> À>ÀÕ ÓΰÎä , 1° /iiv° ,LiÀÌ >Ì ÕÀÃÌ] ÀÞÃÌ> Vi >ÀV> Ó£°£ä 1 ° i`>] 1Ã>] Óä£Ó®° ,i}> ` >Û` 7> Óΰ£ä / / " "-/," " "° -«ÀÌ £°Îä -/1" *,/" ", /° £°{x -*",/ -/° Ó£°£ä *<<*1/° ÌÌÕ>ÌD° `ÕVi ÀÀ>` À} Ó{°ää / Ç / -° ä°Îä "6+1, /° /> à ܰ `ÕVi Û> Àà ä°xä "6 -° ÌÌÕ>ÌD ä°xx "//" <<"° ÌÌ° £°£ä -"//"6" ° ÌÌÕ>ÌD £°{ä ,<" / Ó°£ä 1// 1 Ó° ÃiÀi {°ää £°xä /" Ó° £°xx ,<<" " " ½"," È° âi] Ì>>] £Î®° ,i}> ` >ÀÀÞ Õ`> ä°xx / { / 7-° £°£x " *"<< -* ° 6>ÀiÌD Ó°{x 6 / *,° ÕÃV>i ΰÎä " ä°Îä / x "//° i «À}À>>\ ,>ÃÃi}> ÃÌ>«>Æ iÌi°Ì £°ää **,-- -*, /° 6>ÀiÌD ÓΰÓä / Î "// -//° /" ΰ Óΰxx , 6 "6 /"° ÌÌÕ>ÌD Ó°£ä /"* " ° +Õâ° `ÕVi ÀV *>« ΰäx /"* " ° +Õâ° `ÕVi ÀV *>« £°Îx 96- - / 1, / ½"1, "1° VÕiÌ>À] À>V>] Óä£ä®° ,i}> ` *iÀÀi / ÀiÌÌ ii>Þ /6 /-° ÕÃV>i £È°xx 9 /° £Ç°ää 9 /-° ÕÃV>i £n°ää /9° /iiv £n°xx 9 /° £°ää -7/ / ,/ Ó° /iiv Óä°ää / "7° ÕÃV>i Óä°Îä ", *-1° ÕÃV>i Óä°{x 1", ,"° 6>ÀiÌD Ó£°£x ,"" ° 6>ÀiÌD Ó£°Îä *- -/ Ó° VÕ,i>ÌÞ ÓÓ°ää ,6 Ó° /iiv Óΰää 7, Ó° /iiv Film e programmi Lo sguardo indiscreto Ebola e altre epidemie di James Stewart Ne parla Capuozzo ,>{ Un fotoreporter di successo (James Stewart, foto) è costretto su una sedia a rotelle dopo un incidente. Nel suo riposo a casa avrà modo di osservare i suoi vicini di casa... La finestra sul cortile Iris, ore 21 Dall’Ospedale Sacco di Milano, centro di riferimento nazionale per le emergenze epidemiologiche, Toni Capuozzo (foto) racconta i timori degli italiani su mali come l’Ebola. Terra! Rete4, ore 23.55 Sfide in Myanmar Del Debbio intervista con della Gherardesca Renato Brunetta Dopo l’eliminazione della scorsa settimana della coppia dei «benestanti», per i viaggiatori di Costantino della Gherardesca l’avventura nel Myanmar continua nello Shan. Pechino Express Rai2, ore 21.10 Un faccia a faccia tra il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta e il conduttore Paolo Del Debbio aprirà il nuovo appuntamento con l’approfondimento. Quinta Colonna Rete4, ore 21.15 ,>x À>°Ì À>°Ì ££°£x -*" /° -iÀi £Ó°ää 6/ -,/ 1 / , , ° -iÀi £Ó°{x " " , ° -iÀi £Î°Îä 6 ° -iÀi £{°£x -/,/ / /-° /iiv £x°ää " /", 7"° -iÀi £x°xä " /, ° -iÀi £È°Îx 6/ -,/ 1 / , , ° -iÀi £Ç°Óä , 7- ", "° £Ç°Óx " " , ° -iÀi £n°£ä ," ""° -iÀi £n°xx / "-/ 7",° -iÀi £°{ä " /", 7"° -iÀi Óä°Óx -/,/ / /-° -iÀi Ó£°£ä / "* 9 ° À>>ÌV® ÓÓ°xx / ," "7,° âi®° ,i}> ` i}Li ii° £°Îä " / *,"" - ,//",° VÕiÌ>À Óä°{ä *--*,/"1/° ÌÌÕ>ÌD Ó£°£x x 1" "/6° VÕiÌ>À Ó£°Óä -,/" *, - ",° /i>ÌÀ ÓÓ°xx //," /° /i>ÌÀ ,> -ÌÀ> £°Îx ½/ { ¼xä\ /1//" -° VÕiÌ Óä°Îä ", " -/",° VÕiÌ Óä°xä /*" -/",° VÕiÌ Ó£°Îx ,7 ," ° VÕiÌ ÓΰÓä /*" -/",° VÕiÌ ,> ,> *ÀiÕÀ>°Ì Ûi £x°xä £Ç°{ä £Ç°{x £°£x ,° ÃiÀi , 7- ", "° /"*<"° /iiÛi> /,, "-/,° /iiÛi> Óä°£ä 1 " ° -iÀi Ó£°£ä "," 1 " ° ÃiÀi Óΰää £{c -/,//"° -iÀi À>°Ì À>°Ì £Ç°£x "//1, " 1-° £°£ä +1-/" +1"° Ó£°£x " 7- Î ",° -iÀi ÓÓ°ää " 7- Î "-/" ° -iÀi ÓÓ°{x -," *1, ,> Õ« À>°Ì ,i> /i Ài>ÌiÌÛ°Ì >Ãà /Û >Ý >Ç` `>Ý°Ì V>ÃÃ°Ì >Ç°Ì £Ç°xx 7 8 1° >ÀÌ £n°Óä 1* , Óä£ÎÉÓä£{° ÌÌÕ>ÌD £n°{x / ,1-° /v £°Îx 6"//° /iiv Óä°Óx "1- " 1-° /v Ó£°£x 7 8 1° >ÀÌ Ó£°{ä ,<< -1 --"° >ÀÌ ÓÓ°äx 1 1 * ° >ÀÌ £n°£ä 8/, "6,\ / /" ° ÌÌÕ>ÌD Óä°£ä 1 1" 1-° ÌÌÕ>ÌD Ó£°£ä ,-- " /," ,° ÌÌÕ>ÌD Óΰäx // ,<< / 88° ä°äx // -/,"- £Ç°äx *,"/"° ÌÌÕ>ÌD £n°ää -/,//" *"<° -iÀi £°xä 7E",,° /iiv Óä°xä 1 /1,° ÓÓ°{ä +1 1 ° ,ÕLÀV> ëÀÌÛ> Ó{°ää 7E",,° /iiv £n°Îx /", /-",° ÌÌÕ>ÌD £°Îä -/", 7, ° V Óä°Óä " *1 ° VÕiÌ>À Ó£°£ä ,6, " -/,*iÃV> ÓÓ°ää /", 1" \ */" , "° ÌÌÕ>ÌD £°ää 1" ° ÌÌ Ó£°£ä *, 1 ", "° 6>ÀiÌD ä°£ä 1 888" ° /> £°Óx "6 -° ÌÌÕ>ÌD £°Îä *, 6-/, - /"- *,"*"-/" - ° /iiv ,> 99 Àà i >x /Û Óäää À>°Ì £n°xä "9° >ÀÌ £°ää - ½",-"° >ÀÌ° £°Îä -" *, *-- 9,£ - 9 -"* / ,-/ 9, £ *-° >À° £°xä ,/" " < " ","° >ÀÌ° Óä°£ä *** *° >ÀÌ Óä°£x *** *° >ÀÌ Óä°Óä *** *° >ÀÌ Àði`>ÃiÌ°Ì £x°Óä -// " *, 1 -/,° £Ç°£x "/ ° 6>ÀiÌD £Ç°ÓÓ ½-" 1" *- ° £°£Î <<,° /iiv Ó£°ää -/, -1 ",/° Óΰ£Ó "*"//" ViÌÛ°Ì £°{x , 1" /8-° V Óä°£ä , ° 6>ÀiÌD Ó£°£ä 1,° À>>ÌV] Ì>>] £®°] Óΰ{ä - ", *", " , ," - ° VÕiÌ>À i`>ÃiÌ°Ì £n°Îä £°Óx Óä°£x Ó£°££ 19 //9° /iiv "--* ,° /v ,"9 * -° /v ,, -/, *, 6//",° ÓΰÓä 1" " ° /> Ã Ü ä°xä -° ä°xx " /" -*"-° ÌÛÓäää°Ì £n°ää ,"-," ,// "1,-°,i}i £n°Îä / Óäää° £°ää ½-*//", ,, ° -iÀi Óä°ää ,"-," "1,- ,/° ,i}i Óä°Îä / /° Ó£°äx -," "-° -iÀi Corriere della Sera Lunedì 15 Settembre 2014 55 italia: 51575551575557 Pay Tv Film e programmi I film di Sophia Loren in vista del compleanno Con il film di De Sica in cui Sophia Loren recita al fianco di Marcello Mastroianni (insieme nella foto) inizia un ciclo dedicato all’attrice per i suoi 80 anni: andranno in onda i suoi film per una settimana. Ieri, oggi, domani Sky Cinema Classics, ore 21 Violante Placido sexy pornodiva -Þ i> A fil di rete -«ÀÌ ££°ää 888 1 }Û>i >>Ìi `i} ëÀÌ iÃÌÀi] 8>`iÀ >}i 6° iÃi®] Ûii ÀiVÕÌ>Ì `> }ÛiÀ >iÀV> «iÀ Õ> ÃÃi° ° À}iÌ° -Þ i> >Ý £Ó°£ä - ," , ii `½À > Ûiiâ>] `VÕiÌ>À À>VVÌ> ` ÛÃL >ÃVÃÌ `>½>i `i À>`i ,>VVÀ` Õ>Ài ` ,>° -Þ i> ÕÌ £Î°äx --" \ *"-- Î ½>}iÌi ëiV>i ÕÌ /° ÀÕÃi® ÌÀ> >âi] «>ÃÃ>` `> Õ V>« >½>ÌÀ `i `° V i > ,>° -Þ i> >Ý £{°£ä " 1" / /À>ÌÌ `> Õ À>``À>> ` 6>ÃV *À>Ì i >`iV >}] v >` i«Ã` V -° Ài i ,° ->Û>ÌÀ° -Þ i> >ÃÃVà £x°£x , 7/ , /iÃÌi ` Õ `Õ«Vi V`] ««iÀi iÀiÞ Ûii ÃiÀÌ Õ «À}À>> ` «ÀÌiâi° > > ÃÕ> ÕÛ> `iÌÌD Ûii ÃV«iÀÌ>° -Þ i> >Ý £È°£ä ½*"-/"" 1 «Ài`V>ÌÀi ÌiÝ> «>ââÃVi `« >ÛiÀ ÃV«iÀÌ ÌÀ>`iÌ `i> }i] i ÕVV`i }Û>i >>Ìi i V>L> `iÌÌD°°° -Þ i> ÕÌ £Ç°£ä */ **- // " , *,/" À>VVÌ ÀÕÌ> ÌÀ >> Ài>âi ÌÀ> >`>Ìi `i> >L>>] >«Ì> ,V >À` * «Ã] i > VÌÀ«>ÀÌi ->>] ÕÃi° -Þ i> £ £n°äx " * / 1 * / -6, iÌÀi ½Õ>ÌD ÀÃV > ½iÃÌâi > V>ÕÃ> `i ÃÕÀÀÃV>`>iÌ] v} `i *ÀiÃ`iÌi ViÀV> Õ «> «iÀ Ã>Û>Ài *>iÌ>° -Þ i> >Þ £°£ä 1 ", / *,/ ", > ÃÌÀV> V««> ° >ÃÌÀ>É-° Ài Õ V>«>ÛÀ `ÀiÌÌ `> ° -V> i £ÇÇ° Õi >Ì >} "ÃV>À° -Þ i> >ÃÃVà ӣ°ää ,] "] " /Ài i«Ã` VÃÌÀÕÌ ÃÕ ÃÕÀ> «iÀ ½>vv>Ì>Ì> V««> ` ÃÕVViÃà -° Ài ° >ÃÌÀ>° À}i 6° i -V>° -Þ i> >ÃÃVà ½, , 1> Ã}À> }iÃi ° iÌ Þ®] «iÀ «>}>Ài `iLÌÀ] â> > VÌÛ>Ài V>>Là i> ÃÕ> ÃiÀÀ>° ÛiÀÌiÌi Vi`>° -Þ i> ÕÌ 6/ *, *iÀ ÀÕÀi > v>}>] L ÕÀ ,° 7>î >vvÌÌ> Õ V>«iÀ° Àiâi À>`° -Þ i> >Þ / " , , > ÃÌÀ> ` ,i`] Õ ` i}}i V i `Ûii i}}i`>° 1½>ÛÛiÌÕÀ> «i}>Ì> i> ÌÌ> >½>Û`ÌD i >> VÀÀÕâi° -Þ i> >Ý -iÀi /Û ÌÀ>ÌÌiiÌ ,>}>ââ VÕiÌ>À £{°£x / /",9 Ý , ,> Õ« £x°£x 1-/ E 9 ÃiÞ >i £È°Óä - Ý Ài £Ç°£x " 7/ " ÃiÞ >i £n°£ä 1" ",/1 ,t ÃiÞ >i £°äx /1//" ,/" ÃiÞ >i Óä°ää /1 , Vi`i Ó£°ää 6 ÃiÞ >i /,9 Ý Ài ,-- Ý / ,, ,- Ý vi ÓÓ°Óä 6"// ÃiÞ >i ÓÓ°{x -*9 ""7 Ý ÓÓ°xä - Ý Ài ,9½- /"9 Ý vi ÓΰÓä "97"" ÃiÞ >i £{°£ä -/9 /" ," -Þ 1 £x°ää , ½- "/ / / -Þ 1 £È°Îx /"1, ÃiÞ >i *," / ,1 79 1- £Ó Ý vi £Ç°ää " /" -*"-t £n°{ä 1 " "<, " Ý vi , ½- "/ / / -Þ 1 £°£ä 1,, /",/ £°Îä , ½- "/ / / -Þ 1 Óä°Óä " -Þ 1 Ó£°£ä " -Þ i> Ìà " -Þ 1 Ó£°xx *," / ,1 79 -/,- Î Ý vi //1 1" -Þ 1 ÓÓ°{ä // "/, -Þ i> *>Ãà £È°äx /" i`à £Ç°ää 9 // *" 9\ ½ < iÀ>} £n°äx " -/,", ," " " 1 >ÀÌ iÌÜÀ £°äx ,° Ó Óä°ää /" E ,,9 /- iÀ>} -/6 1 6,- >ÀÌ iÌÜÀ Ó£°äx 1"6 66 /1, */, * i`à ӣ°£ä 1,/ /" Ó Ó£°Îä 1"6 66 /1, */, * i`à ӣ°{ä - ""9"" 9-/,9 ° iÀ>} 6 /1, / >ÀÌ iÌÜÀ ,<< -1 --" ,> Õ« £{°ää 1/" ÃVÛiÀÞ >i £x°£ä -" / *"/, ÃÌÀÞ >i £È°£ä , " , ÃVÛiÀÞ -ViVi £Ç°ää 1,, - / ÃÌÀÞ >i £n°ää -// " -*<" ÃÌÀÞ >i £°ää , 1" ÃÌÀÞ >i Óä°ää , +1//," ,1"/ ÃVÛiÀÞ >i Ó£°ää 1 , /, ½/," ÃVÛiÀÞ >i ] ",] 1 ÃÌÀÞ >i ÓÓ°ää *- - < / ÃVÛiÀÞ >i £x°ÓÈ / 6*, ,-° /iiv 9 £È°£Î 1 *, ° /iiv 9 £È°ÎÓ -1*, /1,° /iiv /" £È°ÎÎ +1 "° - Ü " £È°Îx "7 1/° /iiv -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> £È°{È -/, /,° *ÀiÕ i> £È°xä ,/1, -6° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> £Ç°ää *//"° /Û 9 £Ç°£ "6,/ ,-° /iiv /" £Ç°Î{ / ° /iiv " £Ç°x *,- , ,/" ° /iiv " £n°ä{ ,6"1/" ° /iiv /" £n°Óx "- 1*° VÕiÌ>À -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> £n°Î£ 9 ° ,ÕLÀV> 9 £n°{Î / 6*, ,-° /iiv 9 £n°{n - *,/ ",° ,ÕLÀV> *ÀiÕ i> £n°xÎ -1*, /1,° /iiv /" £°ää /-/" - 66 ," 6-° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> £°Ó£ 1, // ° *ÀiÕ i> Ó£°£ä ÓÓ°{ä ÓÓ°{x Óΰää Óΰäx 1" *,- / *ÀiÃ`iÌi vÀ>ViÃi > Vi ÃÕ> VÕV> «iÀÃ>i ÀÌiÃi >LÀ>] v>Ã> «ÀviÃÃÃÌ> V i VµÕÃÌ> *>>ââ° -Þ i> *>Ãà *"/, -" >ÃÃ`Þ] «i}>Ì ` Õ> ÕÌ>â>i] Ûii V>ÀV>Ì ` ë>Ài > VVÀÀiâ> > à Ài`i VÌ ` iÃÃiÀi ÛÌÌ> ` Õ V«ÌÌ° -Þ i> £ 1 -*", ,1 "-- ½VÌÀ ÌÀ> ] À>}>ââ «>`Ài i LÝiÕÀ V>`iÃÌ] i -Ìj« >i] >``iÃÌÀ>ÌÀVi ` ÀV i À>ÃÌ> Ãiâ> }>Li `« Õ½V`iÌi° -Þ i> ÕÌ ,- >ÃÌ>À Ì iÀ} i iÌ -V iÞ Ài>ââ> À«ÀiÃi V i ÃÌÀ> > ÛÌ> `i} Àà LÀÕ V i ÛÛ i Ì>}i i i L>i `i½>Ã>° -Þ i> >Þ -"71 /,- // "-- 1> }Û>i `> ÃV«Ài ` iÃÃiÀi ½iÀi`i ` Õ> ÃÌÀ«i Ãi}ÀiÌ> ` }ÕiÀÀiÀ V i `> Ãi«Ài «ÀÌi}} ` `> `i° -Þ i> £ 6" 1Ì> «iV> `ÀiÌÌ> `> 6ÌÌÀ i -V>] V -« > Ài i ,V >À` ÕÀÌ° -Þ i> >ÃÃVà di Aldo Grasso £{°ää ""/ , "\ \ 91 "1-/" -Þ -«ÀÌ Ó £x°ää *6""\ *° " Óä£{ Ó - ,>-«ÀÌ £ £È°£x "\ *, -iÀi -Þ -«ÀÌ £ £Ç°ää "\ , / / -iÀi -Þ -«ÀÌ £ £n°ää "\ , " 1iv> 9ÕÌ i>}Õi Óä£Î ÕÀëÀÌ "\ *" ," -iÀi -Þ -«ÀÌ £ £°ää 7,-/ \ 77 8*, -Þ -«ÀÌ Ó £°£x -" ,\ +1 <" " ""6 6-° / ,1**" ® ,>-«ÀÌ £ £°{x ,"\ - >} > >ÃÌiÀà ÕÀëÀÌ Óä°ää 1/""-"\ /,"" *, iÀÀ>À >i}i -Þ -«ÀÌ Ó Óä°{x "\ 6," *," -iÀi ° ÀiÌÌ> -Þ -«ÀÌ £ Ó£°ää 7,-/ \ /- 7 " 77 ÕÀëÀÌ "\ * 1,"* /"1, "«i -Þ -«ÀÌ Ó Ó£°Îä 7,-/ \ 6 / " /" ÕÀëÀÌ ÓÓ°Îä -"\ - /" "*"-/ - /" "*"-/° 6ÕiÌ> ` -«>}> ÕÀëÀÌ Gli imitatori di Conti specchio dell’Italia O rmai è chiaro, «Tale e quale show» condotto da Carlo Conti, l’alter ego «artistico» del direttore Gianka Leone, è il programma televisivo che in questo momento rappresenta meglio l’Italia, un Paese che non è più capace di proporre modelli originali ma solo meste imitazioni. Il successo convinto del programma, tornato con una nuova edizione su Rai1 il venerdì sera, lo testimonia: perso lo slancio creativo, assopito da tempo lo spirito innovatore, sembriamo ormai solo capaci Vincitori e vinti di interpretare stanche «cover», irrimediabilmente ripieMassimo gati sul passato (ore 21.20). Ranieri E fossero almeno cover di Il ritorno pregio! Quale miglior specdi Massimo chio dell’immobilismo del PaRanieri ese dell’interpretazione di supera i Segreti di «Ragazza di periferia», un sucCanale 5. Torna lo cesso sanremese di Anna Tashow del sabato sera tangelo, fatta da Serena Rossi? su Rai1, con «Sogno Quale migliore metafora della o son desto 2»: stagnazione, anche ideale, in per Massimo Ranieri cui siamo impelagati di Raffa3.734.000 spettatori, ella Fico che si trasforma in un e uno share clone ancheggiante di Shakira del 19,7% con parrucca bionda? E cosa dire di Gabriele Cirilli che imiMegan ta Suor Cristina e tutta la giuria Montaner di «The Voice»? I segreti di Bisogna però riconoscere Canale 5 che il programma, il cui forsuperati dal mat è tratto dallo spagnolo ritorno di Ranieri. «Tu cara me suena», è profesProsegue il sabato sionalmente molto ben realizsera la saga de «Il zato, una produzione di qualiSegreto», la fictiontà che è cresciuta nel corso delsoap con protagonista le stagioni, lontana da modelli Megan Montaner: di intrattenimento che è già per lei 3.193.000 capitato di vedere in Rai. spettatori, Nel tempo, le esibizioni dei 16,2% di share concorrenti sono diventate meno amatoriali e la competizione si è alzata di livello. Il meccanismo è talmente forte (una gara tra personaggi noti che devono trasformarsi, con l’ausilio di protesi, trucco e parrucco, in celebri cantanti e interpretarne i successi) che la struttura viene mantenuta identica stagione dopo stagione. Confermata anche la giuria con Christian De Sica (Leone, a quando le serate promesse su Cinecittà?), Loretta Goggi e Claudio Lippi. La storia avvolta nel mistero di uno dei personaggi più estremi e contraddittori della nostra storia recente: Violante Placido (foto) è la «divina» Moana, la regina indiscussa del cinema porno. Moana Sky Cinema Hits, ore 21.10 L’indiano Johnny Depp salva la vita di Hammer Caduto in un’imboscata, Lone Ranger (Armie Hammer) viene lasciato in fin di vita nel deserto. Lo salva Tonto (Johnny Depp, foto con Hammer), indiano comanche: i due diventano amici inseparabili. The Lone Ranger Sky Cinema Max, ore 21 Laborie, la cuoca voluta da Mitterrand i`>ÃiÌ *ÀiÕ Una cuoca di provincia (Hortense Laborie) viene chiamata all’Eliseo da François Mitterrand. Conquista l’Eliseo con una cucina basata sulla tradizione, nonostante la gelosia dei colleghi. La cuoca del presidente Sky Cinema Passion, ore 21 °än /" < ° ,ÕLÀV> /" £ä°£ä " /1 61"° *ÀiÕ i> ££°£{ " /, ° /iiv 9 £Ó°äÎ 1 *, ° /iiv 9 £Î°Óx , ° /iiv /" £{°äx *," / , / £° VÕiÌ>À -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> © RIPRODUZIONE RISERVATA Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv £°ÎÓ £°ÎÈ £°ÎÈ Óä°Óx Óä°{x " /, ° /iiv 9 "6,/ ,-° /iiv /" ,,9½- 7° /iiv " ,6"1/" ° /iiv /" " * ",/"° - Ü -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> Ó£°ä£ , ,*/° ,ÕLÀV> *ÀiÕ i> Ó£°£x 6 1/" " "° *ÀiÕ i> Ó£°£x Ó£°£x Ó£°£x Ó£°£x Ó£°Óä ÓÓ°ä£ ÓÓ°ä{ ÓÓ°{ ÓÓ°xx -1*, /1,° /iiv /" *-9 ° /iiv " ,/ " 8° /iiv 9 " 1-° - Ü -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> 6 /," /"° -ÌÕ` 1ÛiÀÃ> -1*, /1,° /iiv /" / ,, ,-° /iiv 9 -*""-° /iiv /" *½ /1 ° /iiv 9 56 italia: 51575551575557 Lunedì 15 Settembre 2014 Corriere della Sera
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