Corriere della sera

LUNEDÌ 17 NOVEMBRE 2014
Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821
Roma, Via Campania 59/C - Tel. 06 688281
Non è (più) da buttare
la parola femminismo
di Maria Luisa Agnese
a pagina 29
Ecco i dividendi
che battono i Btp
Barrì, Marvelli e Monti
CorrierEconomia di
nel supplemento
Maltempo e risanamento I progetti inviati all’Europa contro il dissesto idrogeologico. Nuovo allarme pioggia
IL CALIFFO A ROMA?
NON È UNO SCHERZO
Le opere per l’Italia che frana
di Angelo Panebianco
Bassanini (Cassa depositi e prestiti): pronti a dare soldi, ma la Ue garantisca flessibilità
di Stefania Tamburello
da pagina 2 a pagina 5
Del Frate
Dellacasa, Imarisio
L’ostaggio americano Peter Kassig, 26 anni, è stato decapitato dall’Isis. Ex militare
in Iraq e poi operatore umanitario (foto), Kassig si era convertito all’Islam. È il quinto occidentale giustiziato dagli jihadisti.
alle pagine 8 e 9 Battistini e Olimpio
della jihad, molto più violenti dei
Le opposte brigate I volontari
qaedisti locali, sono più di 20 mila. I più
pericolosi
sono
i ceceni. Sul fronte opposto,
degli occidentali
di Lorenzo Cremonesi
e Davide Frattini
tra i filocurdi, bande di motociclisti olandesi,
veterani americani, ex soldatesse israeliane.
a pagina 9
Lancio di petardi, partita sospesa, scontri, cariche. Alla fine per gli azzurri un pari
I
Bruxelles respinge
la nostra Marina
di Fiorenza Sarzanini
L
a Marina Militare ha chiesto
ai responsabili del programma europeo Frontex di affidare
ai generali italiani il comando
della nuova operazione Triton
sul contrasto all’immigrazione
irregolare. È scontro con l’Ue.
a pagina 6
● GIANNELLI
I tifosi croati rovinano la sfida di Milano
● IDEE& INCHIESTE
L’ANTICIPAZIONE
CLASSICO O NON CLASSICO
NEL COVO
DEI GATTOPARDI
CAMBIAMO I LICEI
A MENÙ FISSO
di Alan Friedman
di Andrea Ichino
N
alle pagine 38 e 39
el Pd c’è la guerra dei gattopardi, ma all’Italia in recessione serve una forte politica
espansionistica. Se Renzi realizzasse le riforme sarebbe un
miracolo, una vera rivoluzione.
i giovani studenti servono
licei non a menù fisso, che
consentano loro di costruire
gradualmente il proprio mix
ideale di conoscenze umanistiche, scientifiche e tecniche.
Bocci, Tomaselli
a pagina 15
a pagina 29
fischi al momento degli inni
delle squadre già lasciavano
presagire una serata sbagliata. E
così è stato. Per colpa di una parte di tifosi croati, che ha lanciato
fumogeni su campo e spalti dello stadio milanese di San Siro,
dove Italia e Croazia si sfidavano
per qualificarsi agli Europei. La
partita è stata sospesa per i disordini, poi è finita 1-1, con i tifosi caricati dalla polizia.
L
a richiesta italiana all’Europa per salvare il Paese dal
dissesto idrogeologico è di 40
miliardi. Roma ha già pronti
2.204 progetti per un investimento di 80. La parte restante
sarebbe finanziata dalla Bei
(Banca europea degli investimenti) e dalla Cassa depositi e
prestiti, il cui presidente Bassanini avvisa: noi pronti ma la Ue
garantisca flessibilità.
Peter, 26 anni, decapitato dall’Isis
continua a pagina 28
di Fabio Monti
e Mario Sconcerti
DIVISI SUI MIGRANTI
Il video Americano ucciso, si era convertito
ANSA / EPA / SERA (SPECIAL EMERGENCY RESPONSE AND ASSISTANCE)
S
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano
Risparmio
Oggi
su
La crisi che sottovalutiamo
embra che una gran parte, forse la
parte maggioritaria, dell’Italia
pubblica soffra di un blocco cognitivo.
Pare incapace di prendere atto dei
radicali, irreversibili, cambiamenti
intervenuti in Europa e in Medio Oriente, ha
l’aria di non rendersi conto che violenza e
crescenti rischi di violenza si diffondono
intorno a noi, sembra non capire che di fronte
alla violenza non si può altro che assumere
una posizione intransigente o anche, se la
situazione lo esige, fare uso della forza. Un
tempo si credeva che la propensione italiana a
pensare alla politica internazionale in termini
irenici, come a un luogo in cui tutto possa
essere risolto con il «dialogo», fosse solo una
conseguenza della Seconda guerra mondiale.
Le potenze sconfitte, Germania, Giappone,
Italia — si disse — sostituirono nel
dopoguerra il «commercio» alla «spada»,
cominciarono a pensare alla politica
internazionale molto più in termini di affari
che di deterrenza e di minacce armate. E il
«dialogo», sicuramente, aiuta gli affari più
della deterrenza. Pur facendo parte di alleanze
militari quei tre Paesi furono ben lieti di
delegare ai soli Stati Uniti il compito di agitare
periodicamente il bastone.
Ma forse, nel caso italiano c’è di più. A
causa della sua cultura politica sembra che
l’Italia, pur con qualche meritoria eccezione,
non riesca proprio a fare a meno di agire
nell’arena internazionale ispirandosi a una
sorta di wishful thinking, un’irresistibile
tendenza a scambiare i propri sogni per realtà.
Prendiamo due delle più gravi crisi in atto.
In Ucraina, con l’annessione russa della
Crimea e l’azione tuttora in corso dei militari
russi a sostegno dei secessionisti delle
regioni orientali, i rapporti fra Russia e
Occidente sono irreversibilmente (e
sottolineo: irreversibilmente) cambiati. Sono
cambiati perché non un piccolo Stato (una
Serbia o una Croazia) ma una grande potenza,
la Russia, ha violato la regola su cui si fonda la
pace in Europa: nessun mutamento
territoriale può avvenire se non in modo
consensuale. Chi dice che la Crimea era russa,
e che dunque non c’è nulla di male nel fatto
che la Russia se la sia ripresa, non coglie il
punto. Tra Prima e Seconda guerra mondiale
tantissimi Stati europei (Italia compresa)
hanno perduto territori che erano
appartenuti, magari anche per secoli, a quegli
Stati. La pace in Europa c’è perché chi ha
perso territori non se li va a riprendere con la
forza. La Russia, una grande potenza che
avrebbe dovuto contribuire, insieme alle altre
grandi potenze, a mantenere la pace e
l’ordine, ha violato quella regola.
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DEL LUNEDÌ
Il caso
41 1 1 7>
In Italia EURO 1,40
www.corriere.it
A
AL VERTICE DEI GRANDI L’IMPEGNO PER LA CRESCITA
Renzi vede Juncker
Riparte il dialogo
dopo la lite sul rigore
di Massimo Gaggi e Marco Galluzzo
I
l disgelo arriva dall’altra parte del mondo. Dopo i contrasti che
li hanno divisi in Europa, Renzi e Juncker si ritrovano a colazione al G20 australiano e torna il dialogo. Il presidente della Commissione Ue riconferma l’impegno per voltare pagina dopo anni
di rigore e il nostro premier lo sostiene: «Lasciamolo lavorare».
alle pagine 10 e 11
Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
2
Primo piano Le opere per il territorio
Presentati a Bruxelles 1.956 progetti per i rischi idrogeologici
Scolmatori per le piene e barriere
Contro il dissesto 7,6 miliardi
I fondi
● Il nuovo
presidente
della
Commissione
europea JeanClaude Juncker
ha annunciato
un piano
da 300 miliardi
di euro
che sarà
presentato
entro Natale
e sarà
suddiviso tra i
Paesi membri
per ridare
vitalità agli
investimenti
● L’Italia
chiede 40
miliardi di euro
per 2.204
progetti. Il loro
costo in realtà
è di circa il
doppio, ma
l’altra metà
potrebbe
essere coperta
con il supporto
della Banca
europea degli
investimenti e
della Cassa
depositi e
prestiti
● La maggior
parte delle
opere (1.956)
riguarda la
prevenzione
dei rischi
idrogeologici
ROMA L’esondazione del Seveso, due giorni fa,
sotto i temporali che hanno tormentato il Nord
Italia non era certo prevista ma era nell’arco delle possibilità visto che negli ultimi due mesi è
successa altre 8 volte e visto, soprattutto, che il
progetto per la «realizzazione di aree di laminazione sul torrente a protezione della città di Milano», valore 140 milioni, è nel pacchetto di interventi che l’Italia ha chiesto a Bruxelles di finanziare con i fondi europei. Quelli del cosiddetto piano Juncker da 300 miliardi che
dovrebbero essere suddivisi tra i Paesi della Ue
per rilanciare gli investimenti. Quegli investimenti che con la crisi sono crollati un po’ ovunque in Europa, ma sono necessari per ritrovare la
strada della crescita economica.
L’Italia chiede in tutto 40 miliardi per 2.204
progetti che ne valgono all’incirca il doppio ma
che prevedono anche il supporto finanziario
della Bei, Banca europea degli investimenti, e
della Cassa depositi e prestiti. I più importanti
per valore riguardano le infrastrutture, l’energia
e i trasporti mentre i più numerosi — 1.956 —
proprio la prevenzione dei rischi idrogeologici,
cioè i dissesti, le frane, le esondazioni, le piene
che da settimane stanno provocando danni
enormi in Liguria, in Lombardia ma non solo e
purtroppo anche vittime, 12 negli ultimi 70 giorni. I progetti, sempre che il piano italiano sia integralmente accolto dalla Commissione europea, saranno attivabili comunque nel prossimo
triennio e dovranno essere avviati, con l’apertura
dei primi cantieri nel corso del 2015.
Alcuni degli interventi nelle aree più colpite
XX = milioni di euro
Interventi sulla rete idraulica del bacino
Realizzazione aree di laminazione
Lusore
sul torrente Seveso a protezione
della città di Milano
Ampliamento bacino
Bypass
Montebello a servizio
idraulico –
del torrente Chiampo
torrente
VENETO
Frodolfo
Realizzazione invaso
sul torrente Tesina a Torri
68
di Quartesolo (Vicenza)
51
LOMBARDIA 140 33
33
Completamento delle opere sullo
scolmatore di piena del fiume Liri
LIGURIA
275 210
93
Protezione erosione costiera e
rischi connessi (comuni di Ascea,
Casal Velino e Pollica)
Scolmatore
del torrente
Bisagno
(Genova)
Adeguamento
idraulicostrutturale
del tratto
finale del
Bisagno
(Genova)
Mitigazione
del rischio
idraulico
39
del tratto
LAZIO
terminale
del fiume
Magra
Regolarizzazione
confluenza Sele-Calore
Lucano
45 32
CAMPANIA
CALABRIA
La manutenzione
del territorio
I progetti di intervento nel settore della difesa
dai rischi idrogeologici, nel piano del governo,
sono tantissimi ma non sono tra i primi per valore. Sono definiti, anzi, dei micro finanziamenti
che tutti assieme hanno un potenziale finanziabile di 7,6 miliardi, di cui la metà col supporto
della Bei e il resto, appunto con le risorse europee, di cui il 48% riguardano il Nord, il 13% il Centro e il 39% il Sud. Le percentuali cambiano se si
fa riferimento al loro numero: le richieste di finanziamento, presentate principalmente dalle
Regioni , sono maggiori per il Sud, circa il 50%, e
si equivalgono, il 25%, per il Centro e per il Nord.
E si tratta soprattutto di progetti mirati a delimitare il più possibile le esondazioni dei torrenti in
piena. Tra gli interventi più consistenti spiccano
quelli previsti in Liguria dove si propone di finanziare lo «scolmatore» del torrente Bisagno,
nel comune di Genova, dal valore di 275 milioni,
il completamento dell’«adeguamento idraulicostrutturale» del tratto terminale del torrente Bisagno, valore 210 milioni nonché, con tre progetti distinti, la «mitigazione del rischio idraulico» del tratto terminale del fiume Magra, per un
32
SICILIA
7,6
Il costo dei progetti
di intervento
contro i rischi
idrogeologici
in Italia
Opera di salvaguardia
della costa a difesa
del comune di Patti
Intervento
integrato per il
completamento
delle opere di
difesa costiera
a Bonifati
(Cosenza)
Corriere della Sera
valore complessivo di 93 milioni.
In Lombardia spunta tra gli altri il progetto di
bypass idraulico del torrente Frodolfo in provincia di Sondrio — 33 milioni di valore — mentre
la realizzazione dell’invaso sul torrente Tesina,
in diversi tratti, è preso in carico da due Regioni,
la competente autorità fluviale dell’Alto Adige
che ha programmato anche interventi sulla rete
idraulica del bacino Lusore per un costo di 68
milioni, e il Veneto che progetta anche di esten-
Nord e Sud
Sono classificati come
micro finanziamenti:
il 48% riguardano
il Nord, il 39 % il Sud
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Agenda digitale
La manutenzione del territorio che promette
l’apertura di molti cantieri è, come si è detto, il
programma più ricco di progetti presentato dall’Italia a Bruxelles, alla task force, composta dai
rappresentanti della Commissione, della Bei e
degli stessi Paesi dell’Unione; che a sua volta presenterà un rapporto all’Ecofin di dicembre, il
quale dovrebbe avviare la procedura di selezione
e approvazione. Ma vi sono altri programmi
omogenei nel piano di investimenti dell’Italia:
c’è quello per l’Agenda digitale dove trova posto
il progetto della digitalizzazione della scuola che
richiede un investimento di 670 milioni (è previsto anche un piano da 100 milioni per i dottorati
industriali) e anche quello da 108 milioni per la
bonifica dei siti contaminati. Non mancano le
proposte per l’E-Health né per le metropolitane.
Vengono presentati, fra gli altri, i progetti per
l’aeroporto di Catania e per l’autostrada RagusaCatania, e per lotti di Tav.
Infrastrutture
185
miliardi di euro
dere l’invaso Montebello a servizio del torrente
Chiampo. Scendendo lungo l’Italia è sul fiume
Liri e allo «scolmatore di piena» che è destinato
un progetto da 39 milioni della Regione Lazio
mentre la Campania si preoccupa della protezione dall’erosione costiera e dei rischi in particolare che corrono i comuni di Ascea, Casal Velino e
Pollica (45 milioni) oltre che della regolarizzazione della confluenza tra i fiumi Sele e Calore
Lucano. Al Sud, tra i numerosi micro interventi,
spicca il completamento delle opere di difesa
costiera a Bonifati, in provincia di Cosenza, proposto dalla Regione Calabria (32 milioni) e le
opere di salvaguardia della costa a difesa del comune di Patti progettate dalla Sicilia che chiede
per questo 185 milioni di finanziamento.
I progetti più consistenti riguardano però i
settori delle infrastrutture e delle telecomunicazioni, dove il piano per la banda ultralarga dovrebbe assorbire 7,2 miliardi di finanziamenti;
nonché quelli dell’energia, dove trovano posto i
piani di stoccaggio di gas in Lombardia e in Basilicata e il finanziamento per il Fondo per l’efficientamento energetico nazionale dei trasporti
e dell’ambiente. Si tratta in tutto di 115 progetti di
grossa entità, in grado a loro volta, dopo aver ottenuto le risorse europee, di attivare altrettanti
finanziamenti privati. Dovrebbe essere, se l’Italia
riuscisse a farsi accettare la gran parte delle sue
proposte, una spinta significativa per gli investimenti, che è l’unico motore in grado di funzionare per trainare la crescita e fare uscire il Paese
dalla recessione prima e dalla palude della stagnazione poi.
S. Ta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
PRIMO PIANO
3
Le ricerche
Due uomini
dei Vigili
del fuoco
ispezionano
un veicolo
sommerso
dalle macerie
alla ricerca
di Luciano
Balestrero,
l’anziano
scomparso
a Serra Riccò,
nei pressi
di Genova,
durante
l’ondata
di maltempo
che ha colpito
la Liguria
e il Nord Italia
(foto di Luca
Zennaro/Ansa)
L’intervista
di Stefania Tamburello
Il piano europeo di investimenti da 300 miliardi, il cosiddetto piano Juncker, è molto
importante ma potrebbe non
bastare per far ripartire la crescita, in particolare in Italia. Ci
vuole anche altro. A dirlo è
Franco Bassanini, presidente
della Cassa depositi e prestiti
che ha partecipato al gruppo di
lavoro presieduto dal sottosegretario alla Presidenza, Graziano Delrio, incaricato di definire il pacchetto di investimenti italiani da proporre a Bruxelles. Secondo lui servirà un
impegno aggiuntivo per attrarre gli investimenti privati, riforme strutturali, nuove regole
e strumenti e anche un’applicazione meno penalizzante delle
regole di bilancio europee.
«Si dovrebbe ritornare all’origine del patto di Stabilità e
crescita» e rendersi conto che
«in tutta Europa servono molti
più investimenti». Per l’Italia in
particolare poi, «la lunga recessione, certo straordinaria, la
quasi deflazione e da ultimo
l’intensificazione dei fenomeni
di dissesto idrogeologico dovrebbero suggerire l’applicazione delle clausole di flessibilità previste nei trattati» che
«darebbero più spazio finanziario per gli investimenti dilatando i tempi di riduzione di
«Pronti a fare credito se c’è la garanzia Ue»
Bassanini, Cassa depositi e prestiti: «Ora devono essere applicate le clausole di flessibilità
Ci servono progetti realizzabili in tre anni, che spingano la crescita e attirino risorse private»
ROMA
Chi è
● Franco
Bassanini,
74 anni,
è professore
di Diritto
costituzionale
● Ex ministro
per la Funzione
pubblica nei
governi Prodi I,
D’Alema e
Amato II. Ora
è presidente
della Cassa
depositi
e prestiti
debito e deficit».
L’Italia dovrebbe chiedere
dunque deroghe alle regole
previste per tutti i Paesi dell’Unione Europea?
«No, non si tratta di deroghe
ma di applicare regole già previste nel patto di Stabilità. E di
interpretare in modo più ragionevole la correzione per il ciclo
ai fini del calcolo del pareggio
strutturale. Nel frattempo l’Italia — come altri Paesi europei
— deve fare le riforme per attirare investimenti privati. Mi riferisco per esempio al Jobs act,
alla semplificazione amministrativa e burocratica, alla riforma della giustizia: occorre accelerarne l’approvazione e soprattutto l’attuazione. In questo ambito entra anche la
stabilità delle regole (tributarie
e non solo), perché gli investitori vogliono certezze. Ma so
che il governo sta preparando
un provvedimento dedicato
proprio ad incentivare e attrarre investimenti in Italia».
E i fondi del piano Juncker,
che l’Italia ha chiesto di utilizzare per 40 miliardi così da finanziare progetti per 78 miliardi, che impulso potranno
dare alla crescita?
«Molto significativo, ma forse non sufficiente. Bisogna vedere innanzitutto quanti fondi
del piano andranno a noi e in
che tempi. L’importante è privilegiare tre obiettivi nella scelta dei progetti da finanziare: la
concreta realizzabilità nei
prossimi 3 anni, e soprattutto
l’apertura dei cantieri già nel
2015; la capacità di contribuire
alla crescita e al recupero di
competitività; la possibilità di
attrarre quote importanti di risorse private».
Nel pacchetto di progetti
presentati a Bruxelles, la
maggior parte sono micro investimenti largamente dedicati al recupero del dissesto
del territorio. Anche qui potranno intervenire i privati?
«In questo caso si tratta di
interventi tipicamente riservati
allo Stato e agli enti locali perché difficilmente i privati potrebbero ricavarne un reddito.
Così anche nel settore dell’istruzione. Invece nel campo
delle infrastrutture — dall’intervento per lo sviluppo delle
reti di telecomunicazioni di
nuova generazione, alle autostrade, porti e aeroporti, allo
stoccaggio di gas — l’interesse
dei privati può essere consistente e l’apporto di capitali e
finanziamenti privati potrebbe
liberare risorse pubbliche da
destinare alla manutenzione
del territorio e alla scuola».
In questa prospettiva quale
sarà il ruolo della Cassa depositi e prestiti?
«Un ruolo comunque centrale. È bene chiarire che la
Cassa, la cui attività tradizionale è finanziare gli investimenti
dello Stato e degli enti locali,
utilizza non soldi pubblici ma il
denaro dei risparmiatori, che
comprano i suoi prodotti (libretti e buoni fruttiferi) allo
sportello postale, e la raccolta
fatta sui mercati con l’emissio-
❞
❞
Patto di Stabilità
Si dovrebbe tornare
all’origine del patto di
Stabilità: ai Paesi europei
servono più investimenti
Investimenti
Dilatando i tempi di
riduzione di debito
e deficit si aprirebbe
uno spazio finanziario
L’ente
● La Cassa
depositi
e prestiti
è una società
per azioni.
Il ministero
dell’Economia
ha l’80,1%
del capitale.
Seguono
un gruppo
di fondazioni
di origine
bancaria
(18,4%)
e azioni proprie
(1,5%)
● L’ente
gestisce
gran parte
del risparmio
nazionale
e postale.
È numero
uno nel
finanziamento
degli
investimenti
della Pubblica
amministrazione
ne di obbligazioni. Dunque debiti che deve restituire con gli
interessi. La Cdp, che lavora
spesso assieme alla Bei, la Banca europea di investimenti,
può fare però da volano o catalizzatore per i prestiti privati».
In che modo?
«Prendiamo per esempio le
risorse del programma europeo. Mettiamo che lo Stato decida di mettere 500 milioni di
fondi europei in un Fondo di
garanzia costituito ad hoc a cui
le società di telecomunicazioni
possono accedere, se presentano progetti meritevoli di accedere al credito d’imposta, previsto dal decreto sblocca Italia:
bene, per finanziare questi
progetti, potrebbero utilizzare
la garanzia pubblica per ottenere prestiti a lungo termine a
condizioni molto favorevoli
dalla Bei, dalla Cdp ed eventualmente dalle banche. Con
500 milioni di risorse europee
si potrebbero attivare dai 5 ai 10
miliardi di investimenti».
Ma nel caso degli interventi
sul territorio?
«È difficile coinvolgere i privati, ma se si ottengono fondi
europei, la Cdp potrebbe anticipare i finanziamenti, con la
garanzia dello Stato, in modo
da far partire subito i cantieri».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4
Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
5
#
Primo piano Il maltempo
Nonno e nipote travolti nel sonno
● Immagini choc
Il fango a Genova
trascina le bare
strappate alla terra
Uccisi dalla frana nel Varesotto. I parenti: come un tuono, poi invasi dai detriti
Un’altra vittima ad Alba. Oggi nuova allerta maltempo dalla Liguria al Veneto
di Erika Dellacasa
DAL NOSTRO INVIATO
LAVENO MOMBELLO (VARESE) C’era
una pineta sul fianco della collina di Cerro, che guarda il lago
Maggiore. Poi gli alberi vennero tagliati perché — si diceva
— minacciavano di cadere sulle case. Ma ieri quella collina è
franata spazzando via una villetta e uccidendo nel sonno
due persone. Ora un enorme
interrogativo incombe sulla
morte di Giorgio Levati, pescatore settantenne, e della nipote
sedicenne dominicana Adriana
De Pena Moja, e cioè se sulla disgrazia pesino, oltre ai 600 millimetri di pioggia caduti sulla
zona dal 5 novembre, anche
opere dell’uomo poco accurate. Se lo chiede la procura di Varese che sul fatto ha aperto un
fascicolo e se lo chiedono in
tanti proprio nelle ore in cui il
Nord Italia sta per essere attra-
Smottamento
La frana che
ha travolto una
villetta a Cerro
di Laveno
(Varese) e che
ha ucciso una
ragazza di 16
anni e il nonno
(Protezione civile)
versato dall’ennesima perturbazione, con altre piogge.
Sulla Lombardia gli eventi si
sono scatenati sabato: poco
prima della mezzanotte una
massa di terra e acqua si è staccata da una collina di Cerro,
frazione di Laveno, investendo
una casa a due piani al civico 13
di via Reno. La frana ha centrato la zona notte della casa, selezionando crudelmente le vittime: Giorgio Levati, al piano superiore, è morto nel sonno;
stessa sorte a quello inferiore
per Adriana. Salvi, poiché stavano guardando la tv in soggiorno, la madre della ragazza,
Wichi Moja, il suo compagno
Riccardo Levati e la madre di
quest’ultimo Lia. «Ho sentito
un tuono — ha raccontato —
poi la casa è stata invasa dal
fango. C’era solo fango nella
stanza dove dormiva mio marito, Adriana aveva il corpo
schiacciato da un masso».
La fetta di terreno venuta
giù, oltre 20 anni fa era coperta
di pini; vennero tagliati perché
ritenuti pericolanti, il buco fu
colmato di terra e ai piedi del
pendio comparvero gabbie piene di massi. A monte erano state inoltre costruite alcune case
di vacanza abitate da tedeschi e
un campo di calcio che a ogni
pioggia abbondante si trasforma in una vasca d’acqua. Già
nel ‘93 e poi nel 2003 la terra si
era mossa, a ogni pioggia la
strada veniva invasa da rivoli di
fango. Fino al crollo di sabato.
Il sindaco di Laveno Graziella
Giacon ha già consegnato ai carabinieri l’intera documentazione su quegli eventi. Le famiglie delle case vicine alla frana
sono state evacuate e la Protezione Civile ha iniziato a prosciugare il campo di calcio.
Alla conta delle vittime di ie-
ri va aggiunta una ragazza di 21
anni che ad Alba è finita con
l’auto in un rio ingrossato dalle
piogge e non ne è più uscita. Il
maltempo ha colpito anche la
Svizzera italiana: per il crollo di
una palazzina nel quartiere Davesco di Lugano due persone
sono morte e un italiano di 44
anni è in pericolo di vita.
E oggi il Nord Italia torna col
fiato sospeso: la nuova perturbazione investirà Piemonte e
Liguria spostandosi poi a
Ovest. Il lago Maggiore, già 3
metri e mezzo oltre la quota
normale, è destinato a esondare ancora e a ingrossare i fiumi
a valle. Secondo l’Aipo, l’agenzia che controlla il regime del
Po, un’onda di piena è attesa
stamattina alle 8 a Piacenza e
poi a Cremona, superando il livello massimo di allerta.
Claudio Del Frate
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I volti
● Una delle
vittime dello
smottamento
a Cerro
di Laveno, nel
Varesotto,
è il pescatore
70enne Giorgio
Levati (foto
sopra)
● La seconda
vittima
è la nipote
acquisita di
Levati, Adriana
Rochely De
Pena Moja (in
alto), di 16 anni
(foto Newpress)
Il caso
di Marco Imarisio
Burlando e le critiche di Renzi
«Io cementifico? Calunnie»
Il governatore ligure: qui si fanno opere, i condoni li votano a Roma
Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere ancora. La battuta gli è stata attribuita davanti alla frana che si è portata via
l’intera carreggiata della strada
comunale di Mignanego.
Claudio Burlando sembra diventato il perfetto capro espiatorio. Il rintocco arrivato da Brisbane si è fatto sentire anche
sulle alture del Ponente genovese dove il presidente della
Regione con il territorio più
dissestato d’Italia ha trascorso
il pomeriggio di ieri. Nonostante la differenza di emisfero, il messaggio notturno di
Matteo Renzi sui vent’anni di
politica del territorio da rottamare, «anche in alcune Regioni del centrosinistra» è arrivato
forte e chiaro.
La campana del presidente
del Consiglio sta suonando per
lui. E non giova il mal comune
mezzo gaudio tentato in presenza dei sindaci della Valpolcevera, con l’assenza di nomi
che potrebbe indurre a ritenere
la bastonatura estesa a Campania, Piemonte, Toscana. «In
fondo io sono al capolinea del
mio ciclo politico, altri invece
no». Ma proprio il riferimento
temporale agli ultimi vent’anni
lascia pochi dubbi.
«Mi accusano di essere un
cementificatore, ma vorrei che
qualcuno mi mostrasse cosa
ho davvero cementificato. A
volte la calunnia funziona. Parlano tanto dei condoni, ma
quelli li hanno fatti a Roma, tre
in trent’anni. Certo, io poi sostengo anche le grandi opere,
ma nessuno dei miei avversari
ha il coraggio di dire che senza
di quelle la Liguria e Genova rimarranno isolate e fragili».
Tutto congiura a un crepuscolo poco tranquillo. Gli ultimi giorni di Burlando da presidente si annunciano pieni di
solitudine. «Fatemi sapere cosa avrei fatto di male. Mi rimproverano di avere aperto l’outlet di Brugnato in un’area a rischio esondazione, quando invece il via libera è arrivato
dall’Autorità di bacino. Io avevo
chiesto invece di fermarlo».
La replica
Il premier risponde:
non parlino di condoni
a me, ora mettiamo
a posto i danni
Dopo l’alluvione di ottobre
non era sfuggita la frase netta
di Franco Gabrielli sull’assenza
di volontari regionali nelle
strade. Il distacco forzato di
Burlando dall’orbita renziana,
alla quale era approdato in seconda battuta, è cominciato in
quei giorni. Il capo della Protezione civile aveva poi ribadito
concetto e bersaglio declassando la richiesta del governatore
di aiuto dell’esercito ad atteggiamento isterico, con annesso
invito a pensare piuttosto a come è stato gestito il territorio ligure negli ultimi trent’anni.
Si scrive Gabrielli e si legge
Renzi, che in serata ha affondato ancora con un categorico
«non mi vengano a parlare di
condoni, adesso mettiamo a
posto i danni» apparso come
una replica diretta a Burlando.
Le foto di gruppo all’arrivo della Costa Concordia a Genova
sono un ricordo sbiadito. Il
presidente del Consiglio non
ha gradito la gestione dell’alluvione genovese. Al presidente
ligure viene rimproverato un
eccesso di ghe pensi mi. Il decisionismo sullo sblocco degli
appalti per la copertura del Bisagno sarebbe stato molto esi-
❞
Sostengo le
infrastrutture, ma
nessuno
dei miei
avversari
ha il
coraggio
di dire che
senza quelle
Genova
e la Regione
rimarranno
isolate
e fragili
Claudio
Burlando
bito e poco accompagnato da
una autocritica giudicata invece necessaria.
L’apparente personalizzazione del messaggio lascia in secondo piano lo scarso amore
del mittente per le Regioni intese come enti locali. «Io credo
che Matteo abbia ragione». Enrico Rossi, governatore della
Toscana, «da soli cinque anni»,
rivendica la schiettezza del suo
rapporto con Renzi. «Non ci
sono solo i condoni. Veniamo
da anni in cui dissennate politiche regionali, anche qui in
Toscana, hanno ricoperto il territorio di una crosta di cemento e asfalto. C’è una responsabilità diffusa, certo. Ma c’è anche
quella di chi governa il territorio, compresa l’incapacità di ribellarsi alle decisioni sbagliate
di Roma». L’auto flagellazione
finisce qui. Rossi rivendica la
sua rottamazione delle precedenti politiche regionali come
esempio della bontà dell’ente
che si appresta a presiedere per
altri cinque anni. Le cose con il
suo vecchio rivale Renzi vanno
meglio, ma non al punto da
spingerlo a recitare la parte del
tacchino a Natale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
1
Miliardo
di euro
La stima
dei danni
provocati
dall’ultima
ondata
di maltempo
in Liguria
secondo
il governatore
Burlando
180
Le famiglie
isolate a
Genova
secondo il
sindaco Marco
Doria. In città
e sempre
a causa
del maltempo
ci sono 99
famiglie
sfollate
Gli anziani ricordano la
grande alluvione del
settembre 1953 quando il
Bisagno sfondò un muro di
cinta del cimitero
monumentale di Staglieno
e le bare finirono a decine
nel fango. Un feretro,
raccontano i quotidiani
dell’epoca, fu trovato
davanti alla stazione
ferroviaria di Brignole,
almeno altri trenta poco
distante. Fino a ieri era il
ricordo di un orrore che si
pensava irripetibile. Sabato
scorso è stato uno dei
piccoli rii di Genova, il rio
Barra, a rompere un tratto
di argine in mattoni che era
anche muro di
contenimento del cimitero
della delegazione di
Bolzaneto. Una settantina
di tombe divelte,
soprattutto quelle di
famiglia, e i feretri
trascinati dalle acque
fangose del rio fino al
torrente Polcevera. Uno
sfregio che si aggiunge alla
devastazione, allo
scoramento e al lutto dei
genovesi per un altro
morto, il secondo
provocato dalle alluvioni in
poco più di un mese: il
corpo di Luciano Balestrero
travolto dal rio Riasso
mentre andava a spostare
l’auto non è ancora stato
recuperato. Le ricerche si
sono estese al mare. Lungo
il Polcevera polizia
mortuaria, vigili del fuoco e
carabinieri hanno raccolto i
resti delle sepolture, femori
e teschi che sono rimasti
nel fango vicino alle
baracche di un campo
nomadi dove giocavano dei
bimbi. Alcune bare di zinco
sono rimaste quasi intatte e
sono state recuperate con
gli argani. Lapidi spezzate,
lampade votive, sculture
marmoree con incisi i nomi
di famiglia affioravano fra
detriti e limo. La procura ha
disposto che tutti i resti
umani recuperati siano
depositati nella sala della
preghiera del cimitero di
Bolzaneto. Si tratta in
maggioranza di vecchie
sepolture ma l’ala crollata è
stata usata dal Comune fino
al 2011. «Stiamo facendo un
elenco — dice l’assessore
Elena Fiorini — delle
tombe danneggiate o
disperse, quindi
avviseremo tutte le
famiglie». Per Genova, che
per onorare il ricordo dei
suoi morti ha costruito uno
dei cimiteri monumentali
più importanti del mondo,
lo sfregio del camposanto
di Bolzaneto è un colpo al
cuore.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
6
Primo piano Il caso
La vicenda
● All’inizio
della settimana
il centro
d’accoglienza
per rifugiati di
viale Morandi, a
Tor Sapienza,
viene attaccato
da teppisti a
margine delle
manifestazioni
di protesta
dei residenti
● Il sindaco
Ignazio Marino,
contestato,
propone ai
comitati degli
abitanti di
trasformare il
centro in
alloggi per
madri e
bambini
disagiati
Il Papa e le periferie:
dialogo, non violenza
tra italiani e migranti
Marino: espellere chi non rispetta le regole
«Invito le istituzioni ad
assumere come priorità quella
che ormai costituisce un’emergenza sociale e che, se non affrontata al più presto, rischia di
degenerare sempre di più». Le
periferie delle città — attraversate dalle tensioni degli ultimi
giorni — sono nel cuore di papa Francesco: durante l’Angelus in piazza San Pietro il Pontefice ricorda «di non cedere
alla tentazione dello scontro» e
«di respingere ogni violenza».
Italiani e immigrati devono
«dialogare, ascoltarsi, progettare insieme, e così superare il
sospetto e il pregiudizio e costruire una convivenza sicura,
pacifica, inclusiva».
La tensione, a Roma, rimane
alta: a Tor Sapienza, teatro degli scontri dei giorni scorsi, come all’Infernetto, dove è stata
ROMA
Il documento
di Fiorenza Sarzanini
trasferita la maggior parte dei
minorenni del centro d’accoglienza, e all’Alessandrino, dove la protesta si organizza in
queste ore. In diretta con Lucia
Annunziata, durante la trasmissione In mezz’ora su Rai3,
il sindaco Ignazio Marino —
che subito dopo si è presentato
all’Infernetto per disinnescare
le manifestazioni — schiva la
bufera politica che lo attanaglia: si dice «convinto di potercela fare, stiamo cambiando la
città». L’incontro a metà settimana con il vicesegretario del
Pd, Lorenzo Guerini, si annuncia decisivo. Di certo Marino
«apre» al cambiamento della
squadra, ma vorrebbe limitarsi
a qualche modifica; il Pd chiede cambiamenti sostanziali,
inclusa la poltrona di vicesindaco. Prossimi giorni decisivi:
Su Rai3
Ignazio Marino
ieri ospite di
In 1/2 ora con i
rappresentanti
dei comitati
cittadini del
quartiere Tor
Sapienza di
Roma (Eidon/
Antimiani)
martedì il consiglio comunale
sul Pandagate (Marino pare
aver pagato le multe), mercoledì il vertice al Nazareno. Di certo agli alleati di centrosinistra
non avranno fatto piacere le
parole sulle città governata male per quarant’anni: «Tor Sapienza è una zona trascurata da
decenni. Problemi che in alcuni casi, come la raccolta dei rifiuti, il decoro, erano stati la-
sciati senza soluzione dal
1963». Il sindaco, soprattutto,
pare sull’orlo di una svolta «da
sceriffo», come fa notare Lucia
Annunziata: «Continuare ad
accogliere con questi numeri
di arrivi di immigrati per Roma
è impossibile. Chi non rispetta
le leggi — dice Marino — va
mandato fuori dall’Italia». Il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli: «Dubito che
abbia ragione il Papa, gli immigrati vadano in Vaticano: là non
se ne trovano...». Dall’Australia, anche il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, parla del
dramma delle periferie «troppo spesso dimenticate. Nel
2015 presenteremo un progetto
specifico».
Alessandro Capponi
Rinaldo Frignani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La sfida della Marina a governo e Ue:
«A noi il comando dell’operazione Triton»
Lettera a Bruxelles per un ruolo di primo piano come in «Mare Nostrum». Ma l’Europa dice no
ROMA Ormai è un vero e proprio
scontro istituzionale che coinvolge anche l’Unione europea.
La Marina Militare italiana ha
chiesto ufficialmente ai responsabili di Frontex di affidare ai propri generali il comando dell’operazione «Triton» sul
contrasto all’immigrazione irregolare. Pur consapevoli che
deve essere il dipartimento del
Viminale a gestire ogni fase
della missione e dopo aver cercato di ottenere una proroga di
«Mare Nostrum», i vertici hanno sollecitato, dieci giorni fa, il
trasferimento del coordinamento dell’operazione avviata
il primo novembre scorso da
Pratica di Mare, dove ha sede il
centro aeronavale della Guardia di Finanza, al proprio centro operativo di Santa Rosa.
La replica di Bruxelles è stata
durissima nel respingere
l’istanza , ma la vicenda potrebbe non essere ancora chiusa. E
ciò rischia di creare non poche
conseguenze nei rapporti internazionali, anche tenendo
conto che sono 17 gli Stati
membri ad aver aderito con
mezzi e uomini ai pattugliamenti nel Mediterraneo. Ecco
perché è possibile che si renda
necessaria una presa di posizione dei ministri delegati alla
gestione dell’emergenza, dunque i titolari dell’Interno, Angelino Alfano, e della Difesa,
Roberta Pinotti.
Gli ammiragli
La contrarietà della Marina a
qualsiasi nuovo intervento nel
Mediterraneo è apparsa evidente sin dalle scorse settimane, quando il governo ha prima
anticipato e poi stabilito con
un decreto che «Mare Nostrum» sarebbe terminata. Ancor prima che si riunisse il
Missioni
● Mare
Nostrum è la
missione
italiana di
soccorso in
mare affidata
alla Marina
militare. La
scelta di
intervenire è
stata presa
nell’ottobre del
2013, dopo il
naufragio di un
barcone di
fronte a
Lampedusa
con oltre 300
vittime
● Triton è
l’operazione
varata
dall’Unione
europea nel
Mediterraneo.
Ha come
obiettivo il
contrasto alla
immigrazione
illegale:
partecipa al
soccorso solo
in casi di
massima
gravità, mentre
l’accoglienza
dei profughi
resta a carico
dell’Italia
Il confronto
MARE NOSTRUM
Oltre 30 miglia
9,5
1 (Italia)
6
2
GLI SBARCHI IN ITALIA
TRITON
18 ottobre 2013
INIZIO
1º novembre 2014
Dal 1° gennaio al 31 ottobre 2014
Sicilia 106.732
LIMITI DI PATTUGLIAMENTO
(dalle coste italiane)
A 30 miglia
COSTO MENSILE (in milioni di euro)
2,9*
Calabria
21.482
PAESI COINVOLTI
17
MEZZI MARITTIMI IMPIEGATI
25
MEZZI AEREI IN CAMPO
*Oltre alle spese sostenute dall’Italia per il controllo delle frontiere
9
153.389
Sardegna
157
Puglia
15.559
Campania
9.351
Liguria
108
Corriere della Sera
Consiglio dei ministri per fissare la data di chiusura, l’ammiraglio Filippo Maria Foffi —
comandante in capo della flotta italiana e dunque responsabile della missione nelle acque
del Mediterraneo — va a Bruxelles e dichiara: «Andiamo
avanti, non abbiamo ricevuto
alcun ordine ufficiale e dunque
proseguiremo anche quando
inizierà “Triton”, la nuova operazione Frontex nel mar Mediterraneo, per facilitare un passaggio di consegne efficace e
senza problemi di sorta».
Sembra una sorta di sfida al
ministro dell’Interno che invece aveva più volte manifestato
la volontà di interrompere la
missione. Ed evidentemente
non bastano le precisazioni
che arrivano il giorno dopo, né
la scelta dell’esecutivo di coinvolgere anche la Marina nell’operazione «Triton» sia pur
con una presenza esigua. Perché a neanche una settimana
dall’avvio, le istanze si fanno
ancor più decise. Con una richiesta indirizzata direttamente al direttore esecutivo di
«Frontex», Gil Arias, la Marina
chiede il trasferimento del Coordinamento a Santa Rosa e
dunque un ruolo di comando.
Il «no» di Bruxelles
La risposta di Arias è immediata e categorica nel respingere la richiesta ribadendo che
«”Triton” è stata pianificata indipendentemente da “Mare
Nostrum”» e che «non esiste
alcuna complementarietà tra i
due interventi». Non solo. Da
Bruxelles si fa notare che si
tratta di un’operazione di poli-
zia varata con un protocollo siglato da tutti gli Stati partecipanti e dunque sarebbe «necessaria, ma improponibile,
una rinegoziazione del piano»,
soprattutto tenendo conto che
mezzi e uomini hanno già cominciato l’attività. Una posizione netta, però non è scontato
che basti a risolvere la questione. Anche tenendo conto dei
tempi che il governo italiano si
è dato per smobilitare «Mare
Nostrum».
L’intervento deciso nell’otto-
In Sicilia
Maxi sbarco: soccorse 864 persone
Un maxi sbarco che ha visto
arrivare ieri a Pozzallo, nel
Ragusano, 864 persone a
bordo della nave San Giorgio
della Marina: tra loro molte
famiglie siriane e un centinaio
di marocchini. I migranti sono
stati soccorsi nel Canale di
Sicilia. Prefettura e questura
hanno già avviato il piano di
trasferimento: circa 600 sono
diretti, con voli charter, nelle
altre regioni, gli altri sono stati
divisi tra le province siciliane.
Ieri altri interventi: un barcone
con circa 240 migranti è stato
soccorso in acque libiche dalla
nave Fiorillo della Guardia
costiera, che poi si è diretta
verso un gommone in
difficoltà con 80 persone a
© RIPRODUZIONE RISERVATA
bordo.
558
gli interventi di
Mare Nostrum:
soccorse in un
anno 100.250
persone
728
gli scafisti
arrestati nelle
operazioni: 8 le
imbarcazioni
sequestrate
bre 2013, dopo il naufragio davanti a Lampedusa che provocò
oltre 300 morti, prevedeva l’impiego delle navi della Marina
sin davanti alle coste libiche
con un costo per l’Italia di circa
9 milioni di euro al mese. Nonostante le rassicurazioni iniziali, Bruxelles non ha infatti
mai voluto partecipare a «Mare
Nostrum», ritenendo anzi che
si trattasse di una missione che
rischiava di incoraggiare le partenze dall’Africa verso l’Europa
e quindi non ha previsto alcun
finanziamento. E questo ha
certamente creato numerosi
problemi con il governo italiano, fino alla scelta di procedere
poi insieme sia pur con modalità completamente diverse.
Mezzi già schierati
I numeri dimostrano che in
un anno sono state salvate e accolte migliaia di persone, ma il
governo ha comunque ritenuto
che non si trattasse di un impegno sostenibile e ha preferito
inserirsi nel programma internazionale, mantenendo comunque il coordinamento delle attività anche perché si tratta
di presidiare i confini italiani,
ancor prima di quelli europei.
La missione — che prevede
l’impiego di 25 mezzi navali e 9
aerei con una spesa mensile di
2 milioni e 900 mila euro — ha
obiettivi dichiarati: pattugliare
il mare a trenta miglia dalle nostre coste per contrastare la migrazione irregolare, naturalmente prevedendo anche il
soccorso in caso di emergenza
che deve essere gestito e coordinato dalla Guardia Costiera.
Un dispositivo contro il quale la
Marina Militare continua a manifestare aperta contrarietà.
fsarzanini@corriere.it
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Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
7
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Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
8
Primo piano Lotta al terrorismo
Il boia dell’Isis decapita il quinto ostaggio
Un video mostra l’uccisione dell’americano Peter Kassig e di una quindicina di soldati siriani
Gli estremisti in crisi vogliono mostrare di essere ancora forti. Obama: «Sono il male assoluto»
Uccisi
● James Foley
Il 19 agosto il
filmato con il
giornalista Usa
40enne, rapito
in Siria nel
novembre
2012
● Steven
Sotloff
Il 2 settembre il
video con il
reporter Usa
31enne, rapito
nell’agosto del
2013 vicino ad
Aleppo, in Siria
● David
Haines
Il 13 settembre
il filmato con il
cooperante
britannico, 44
anni, esperto di
sicurezza ed ex
militare di
carriera, rapito
in Siria nel
marzo 2013
I macellai dello Stato Islamico (Isis) non si smentiscono e
compiono l’ennesimo crimine.
Con il consueto sistema della
diffusione tramite social
network, hanno reso noto ieri
il video che parrebbe confermare la decapitazione di Peter
Kassig, il cittadino americano
26enne ex militare in Iraq nel
2007 e poi operatore umanitario rapito nella Siria meridionale oltre 13 mesi fa.
Non pare siano serviti la sua
conversione all’Islam, che tanti
consideravano sincera, oltre
agli appelli della famiglia e all’orrore suscitato nel mondo
dalle precedenti decapitazioni.
Se confermato, Kassig è il quinto ostaggio occidentale ad essere decapitato dal tempo dell’espansione armata dell’Isis
dalla Siria nord-orientale all’Iraq centro-occidentale nel
giugno scorso. Prima di lui era
toccato a due giornalisti ameri-
cani e altrettanti operatori
umanitari britannici. Immediata la reazione di Barack Obama che ha parlato di «un atto di
male puro».
Una domanda però scaturisce sull’onda degli ultimi eventi
bellici e delle difficoltà incontrate dall’Isis nella regione:
perché proprio ora? Cosa vogliono comunicare i tagliagole
di Raqqa, Falluja e Mosul? Una
prima risposta giunge proprio
guardando il video. La componente più militante e aggressiva del «Califfato» intende ribadire la sua determinazione alla
lotta, vuole smentire chi la dà
sulla difensiva, cerca nuovi
adepti e volontari dall’estero. In
verità, le cose per loro non vanno troppo bene. Negli ultimi
giorni hanno perso il controllo
sulla grande raffineria di Beiji,
a metà strada tra le province
curde del Nord Iraq e Bagdad; a
Kobane si sta svenando il fior
fiore dei loro combattenti; per
timore che le grandi tribù sunnite di Al Anbar passino dalla
parte del governo centrale, nell’ultimo mese hanno massacrato centinaia e centinaia dei loro
giovani, creando nuove inimicizie con quegli stessi iracheni
tra cui cercano il consenso.
Ovvio che il capo di stato
maggiore Usa Martin Dempsey,
ieri in visita tra le nuove truppe
americane arrivate a Bagdad,
parli di un «Isis in crisi». Pure,
al di là della scontata propaganda, è evidente che i raid della coalizione internazionale
guidata da Washington hanno
I raid
I raid della coalizione
hanno creato non
poche difficoltà alle
attività dell’Isis
creato non poche difficoltà alle
attività militari ed amministrative (non ultime quelle economiche) del «sistema Isis». Le
recenti voci del ferimento del
leader ideologico del movimento, l’autoproclamato Califfo Abu Bakr al Bagdadi, almeno
una cosa ci dicono: i droni Usa
controllano i loro cieli e condizionano i loro spostamenti.
Ecco allora il messaggio del
video, semplice e brutale: ci
siamo, combattiamo e vinceremo. Dura circa quindici minuti
ed appare più elaborato dei
precedenti. Nella prima parte
viene mostrata senza censure
la decapitazione di una quindicina di uomini in tuta blu che
sono presentati come piloti e
ufficiali dell’esercito di Bashar
Assad. Le immagini sono crude, violentissime. I prigionieri
camminano in fila, poi vengono fatti inginocchiare e decapitati uno a uno.
20
mila
I miliziani
al servizio dello
Stato islamico
(stima Cia)
12
milioni
Abitanti delle
zone di Siria e
Iraq controllate
dall’Isis
di Guido Olimpio
WASHINGTON Peter Kassig e i soldati siriani sono stati assassinati per dare una lezione. L’Isis
è stato costretto a rallentare la
sua spinta, le sue unità si sono
infrante sulle casette-bunker di
Kobane, sul Califfo sono girate
le voci più strane, comprese
quella della sua morte. E il leader si è ripreso la scena con la
decapitazione collettiva. Un diversivo macabro usando prigionieri di guerra e una figura
simbolica quale era Kassig.
Cercava di aiutare gli altri ed è
morto per gli altri lungo un
percorso tortuoso, fitto di svolte repentine e inattese. Con cadute e risalite, fino all’epilogo
estremo, forse messo in conto
da un uomo che credeva nel
prossimo.
Peter è uno spirito inquieto,
guarda ben oltre l’orizzonte
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Aiuti
Peter Kassig, 26
anni, durante
una missione
umanitaria in
un campo
profughi in
Libano . In
precedenza era
stato in Iraq
come soldato.
Ieri l’Isis ha
diffuso un video
in cui viene
mostrata la sua
decapitazione
(Reuters)
● Alan
Henning
Il 3 ottobre il
video con il
volontario
britannico,
47enne, rapito
a dicembre
La vittima
Quindi, un altro elemento di
continuità: ricompare un uomo incappucciato e interamente vestito di nero che torna
a minacciare il presidente americano brandendo il solito coltellaccio. Tutto lascia credere
sia quello stesso «John il Jihadista» responsabile delle altre
quattro decapitazioni. Accusa
Barack Obama di essere «il cane di Roma» (il riferimento a
Roma è sempre più frequente
negli atti pubblici dell’Isis),
promette che i suoi soldati faranno presto la stessa fine nella
regione. Di Kassig dice poco, ricorda semplicemente che
«aveva ucciso musulmani
quando era stato in Iraq». Non
ci sono immagini della sua decapitazione. Ma nella scena finale la sua testa insanguinata è
ben visibile a terra vicino agli
anfibi del suo boia.
Lorenzo Cremonesi
L’ex ranger traumatizzato dall’Iraq
convertito alla fede dei suoi aguzzini
dell’Indiana dove è nato 26 anni fa in una famiglia tranquilla.
Il padre professore, la madre
infermiera, suo nonno che era
pastore in una parrocchia locale, assecondano la sua generosità, la voglia di fare qualcosa.
Nel 2004 Kassig si arruola nei
Rangers, reparto scelto e con la
sua unità finisce in Iraq. Ne
esce abbastanza presto, dopo 4
mesi, una breve esperienza di
guerra e un trauma psicologico
che lo porta al congedo. Seguono cure, quindi un periodo di
riassestamento. Peter torna a
studiare Scienze politiche, si
sposa, pensa allo sport, gareggia sui 1.500 metri. Ma non funziona, così come salta il suo
matrimonio. «Andavo a scuola
con ragazzi che mi somigliavano, ma non eravamo la stessa
cosa, avevo bisogno di cambia-
re», racconta in un’intervista
alla Cnn. E aggiunge di volere
altro, qualcosa per cui lottare:
«Sono un idealista che crede
nelle cause perse». Inseguendo
la sua missione Peter arriva in
Libano, Paese che ospita profughi di molte guerre. E’ il primo
impatto con le sofferenze umane, al quale ne segue uno ancora più duro nel 2012, quando si
trasferisce in Siria. Con i fondi
scarsi arrivati da alcune assoFilmato
Un fermo
immagine di un
video in cui
appare di Peter
Kassig,
inginocchiato
nel deserto
accanto al boia
vestito di nero
ciazioni religiose americane
fonda «Sera», un piccolo gruppo umanitario impegnato al
fianco dei civili siriani. Per finanziarsi fa il consulente per
una società di sicurezza, la Tyr
Solution, che opera in teatri
complicati, dove si rischia la
pelle. Kassig vive nel posto giusto, lo scoprirà presto. Il primo
ottobre 2013, Peter è vicino a
Deir ez-Zor, cittadina nel Nordest della Siria, area segnata
dalla presenza delle formazioni
estremiste. E’ l’incrocio della
vita, l’esistenza dell’americano
vira in modo brutale. Kassig finisce nelle mani dell’Isis, diventa un numero, insieme a
tanti altri occidentali, pedine e
schiavi di un gioco più grande.
Autorità e famiglia cercano di
tenere segreta la storia. Se il sequestro non esiste a livello ufficiale c’è sempre la speranza che
le porte delle celle possano
aprirsi. Anche perché, durante
la prigionia, Peter si è convertito all’Islam diventando Abdel
Rahman.
In una lettera spedita alla famiglia, Kassig ringrazia i parenti per l’aiuto: «Non sono solo, ho degli amici... Condividiamo storie e sogni delle nostre
case. Loro ci dicono che ci avete abbandonato, ma io sono
consapevole che state facendo
il possibile. So la verità, so bene
che tu e la mamma mi amate
più della luna con le stelle».
Parole struggenti come
quelle della madre che usando
video e Twitter implora il Califfo, invoca un contatto per trattare, supplica clemenza. E si
mette il velo sperando di commuovere il tagliatore di teste.
Gesti che sfilano lungo il mantello nero di Abu Bakr al Baghdadi ma toccano il cuore di
quei musulmani che riconoscono l’impegno sociale dell’americano.
Anche Abu Omar Aqidi, alto
dirigente della fazione qaedista
al Nusra, si rivolge ai rivali ricordando come Peter abbia curato lui e i suoi compagni rimasti feriti in un bombardamento
del regime siriano. Appelli lanciati a interlocutori privi di alcun sentimento di pietà. L’opposto di Peter. «Se morirò —
scriverà ai genitori — io e voi
avremo il conforto di sapere
che me ne sono andato perché
volevo alleviare le sofferenze di
chi aveva bisogno».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
PRIMO PIANO
9
Esecuzione
multipla
Un’immagine
tratta dal video
con
l’esecuzione di
Peter Kassig:
si vedono i
miliziani
dell’Isis
uccidere anche
quindici soldati
siriani. Il boia,
coltello alla
mano, si rivolge
direttamente
agli Stati
Uniti. E avverte:
i soldati
americani
potrebbero
fare la stessa
fine (Afp)
Chi sono
● «John
il Beatle», il
terrorista-boia
identificato dai
servizi inglesi
come il rapper
Abdel-Majed
Abdel Bary. Ieri
si era diffusa
la notizia (non
confermata)
di un suo
ferimento in
un raid Usa
● «Deso
Dogg», alias il
rapper 40enne
tedesco Denis
Mamadou
Gerhard
Cuspert
Gli adepti europei
Le nuove brigate internazionali
I fanatici occidentali
ancora più feroci
degli stessi miliziani
Motociclisti olandesi
e veterani americani
I «patrioti» filocurdi
Sono ormai la forza trainante dello
Stato Islamico, ma a ben guardare possono anche diventarne il tallone
d’Achille. Parliamo dei volontari: quella
variegata, motivata, spesso fortemente
ideologizzata ed intrinsecamente estremista componente che accompagna le
guerre di ogni tipo e in qualsiasi Paese.
C’erano in tutti gli eserciti della Prima
guerra mondiale; furono il nerbo internazionalista della Guerra di Spagna; le
avanguardie comuniste, naziste e fasciste del Secondo conflitto mondiale; erano l’essenza delle milizie sioniste e palestinesi nel 1948. C’erano volontari in
Corea, in Vietnam, in Algeria pro e contro il regime coloniale francese. Difficile
trovare una guerra in cui non vi siano
volontari.
La peculiarità di Isis però è che le brigate internazionali della Jihad sono necessarie e tuttavia viste con timore dagli
stessi sunniti che sono venute ad aiutare. In Iraq il fenomeno è macroscopico.
«Noi vecchi baathisti e legati alle tribù
sunnite di Al Anbar non abbiamo nulla
da spartire con gli integralisti religiosi
afghani o con gli estremisti wahabiti arrivati da Arabia Saudita, Giordania e Algeria. Li useremo sino a quando ci serviranno per battere gli sciiti. Poi però ce
ne disferemo», mi dicevano in giugno i
militanti a Bagdad del «Muttahidun»,
uno dei maggiori movimenti sunniti
rappresentato al Parlamento. I volontari
della jihad, molto più violenti e intolleranti dei qaedisti locali, sono cresciuti
per numero e importanza. Secondo la
Cia sarebbero oltre 20 mila. Un recente
rapporto interno segnalato dal Washington Post sostiene che ne arriverebbero
ormai in media un migliaio al mese. Oltre 3 mila sarebbero tunisini, il singolo
gruppo nazionale più numeroso. I cristiani fuggiti da Mosul affermano che i
più pericolosi sono afghani, pachistani
e soprattutto ceceni. Senza parlare di
«ceffi» del tipo «John il Jihadista», noto
anche come «John il Beatle», il terrorista dal perfetto accento inglese assurto
a notorietà mondiale con il video della
decapitazione del giornalista americano James Foley in agosto. A metà settembre la stampa anglosassone riportava che sarebbe stato identificato dai servizi inglesi come il rapper Abdel-Majed
Abdel Bary. Due mesi fa a Erbil i profu-
Le stime
I volontari della Jihad sono
cresciuti per numero e
importanza. Ne arriverebbero
ormai un migliaio ogni mese:
i tunisini sono i più numerosi
ghi cristiani fuggiti da Karakosh, nella
regione di Ninive attorno a Mosul, parlavano con paura di un altro rapper,
questa volta tedesco, il quarantenne Denis Mamadou Gerhard Cuspert, meglio
noto come Deso Dogg. «E’ lui che predica l’Islam con più convinzione. Dice che
è bello morire per la guerra santa. Prima
parla con dolcezza, ma poi passa alle
minacce di morte. I jihadisti iracheni e
siriani sono meno duri con i cristiani»,
sostengono. A Raqqa, la capitale di Isis,
i volontari stranieri hanno preso le redini del potere. Ma tanti di loro hanno
perduto la vita nella battaglia per la città
curda di Kobane.
L. Cr.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Chi sono
● Jordan
Matson, 28
anni, si è
«arruolato dal
Wisconsin con i
curdi dopo aver
visto le
immagini della
caduta di
Mosul in Iraq
● Gill
Rosenberg,
canadese,
istruttrice
nell’esercito
israeliano, è
andata in Siria
dopo aver
scontato tre
anni di prigione
per truffa
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME Tutti addormentati nel
profondo, profondissimo sonno dell’Inghilterra, da cui a volte temo non ci sveglieremo mai finché non ne saremo
strappati di colpo dal boato delle bombe
(George Orwell, «Omaggio alla Catalogna»).
Le guerrigliere curde sono raggruppate nella milizia YJA Star (l’Unione delle donne libere) che ricorda le Mujeres
Libres della Spagna di Orwell, se non
fosse per quella stella, un riferimento a
Ishtar, antica dea della Mesopotamia.
Gli occidentali che vanno a combattere
nel Nord delle Siria proclamano le stesse motivazioni dello scrittore britannico: i fondamentalisti dello Stato Islamico, come alla fine degli anni Trenta i fascisti, vanno fermati qui, prima che il
conflitto diventi mondiale.
Le brigate internazionali postmoderne mettono insieme bande di motociclisti olandesi, veterani americani delle
guerre che non finiscono, soldatesse in
congedo dello Tsahal israeliano. Jordan
Matson, 28 anni, prima non era mai rimasto coinvolto in uno scontro a fuoco:
24 mesi nell’esercito, nessuna missione
fuori dagli Stati Uniti, un lavoro da impacchettatore di surgelati nel Wisconsin. Adesso zoppica per i frammenti di
un proiettile di mortaio, è arrivato nel
Levante dopo aver visto le immagini
della caduta di Mosul in Iraq e aver contattato i gruppi curdi su Facebook, dove
prova a convincere altri ex militari canadesi, europei, australiani, americani,
«patrioti che non vogliono restare seduti in poltrona».
Jeremy Woodward in Afghanistan e
Iraq c’è stato, non poteva rimanere in
Missouri — racconta lo zio — mentre
quello per cui ha combattuto viene distrutto. E’ quello che pensa il generale
Buford Blount, l’uomo che guidò la presa di Bagdad nel 2003: «Qualsiasi aiuto
ai curdi è positivo, i fondamentalisti
vanno eliminati». E’ quello che pensa
David Graeber, anarchico e docente di
Antropologia alla London School of
Economics: «Nel 1937 mio padre partì
come volontario in difesa della Repubblica spagnola. La regione autonoma
controllata dai curdi è uno dei pochi
esperimenti democratici emersi dalla
Ieri e oggi
Come gli antifascisti che
partivano per la Spagna negli
anni Trenta, oggi femministe
e no global si uniscono ai
peshmerga per fermare l’Isis
ribellione contro il regime di Bashar Assad e va protetta».
Sono le ragioni che hanno spinto i
gruppi radicali femministi turchi a passare il confine o i no global italiani come Tommaso Cacciari, nipote del filosofo, a esportare solidarietà e sostegno.
Gill Rosenberg — di origine canadese,
istruttrice nell’esercito israeliano, tre
anni di prigione per truffa — ha lasciato
Tel Aviv per la Siria accompagnata dal
motto in ebraico ripetuto dai comandanti di Tsahal: «Aharai, seguitemi.
Facciamo vedere ai fondamentalisti
quel che vuol dire».
Davide Frattini
@dafrattini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Sequestrato a marzo
Liberato in Libia
il tecnico Salviato:
«Grazie a tutti
siete fantastici»
DAL NOSTRO INVIATO
TRIPOLI E due. Poche ore dopo il rilascio di
Marco Vallisa, giovedì, un’autobomba era
esplosa a pochi metri dall’ambasciata italiana.
Poche ore dopo il decollo di Gianluca Salviato, il
secondo ostaggio liberato in Libia sabato notte,
l’unico aeroporto ancora funzionante a Tripoli è
stato preso d’assalto dalle milizie anti islamiche:
sparatorie, due morti, lo scalo chiuso per tutta
la domenica e i (pochissimi) voli cancellati. E’
andata bene, comunque: il tecnico veneziano
era sparito nel nulla il 22 marzo a Tobruk subito
dopo aver fatto colazione al bar, due auto
d’incappucciati a circondarlo mentre stava
Rimpatriato
Gianluca Salviato,
48 anni. Il tecnico
veneziano
è tornato ieri
dalla Libia
andando nel cantiere della «Enrico Ravanelli»,
un’azienda friulana che in Cirenaica ha un
appalto di vari milioni per la costruzione di
fogne e strade, e la scorsa notte ha finalmente
dormito nella sua casa. «E’ stato come
partorirlo la seconda volta», ha detto la mamma
emozionata. «Solo lavarsi i denti e respirare
l’aria, mi sembra la cosa più bella della vita», ha
spiegato lui, 48 anni, otto mesi in una stanzetta
con una ventina di guardie mascherate ad
alternarsi. Tre ore di deposizione alla Procura di
Roma, che indaga per sequestro di persona, il
verbale secretato. Salviato ha fatto capire
d’essere stato trattato meglio di Vallisa: s’era
riusciti a stabilire subito un contatto coi
sequestratori per fargli avere l’insulina che,
diabetico, gli serviva per sopravvivere. «Grazie,
siete stati fantastici», ha detto l’uomo a chi ha
lavorato per liberarlo, chiedendo poi ai familiari
d’appendere un tricolore al balcone di casa.
Come per Vallisa, fonti libiche parlano d’un
riscatto pagato dalle autorità italiane, stavolta
inferiore al milione. Difficile avere dettagli:
Tobruk è poco lontana dal jihadistan di Derna.
Del resto i sequestri sono quasi la normalità,
perfino a Tripoli nelle ultime ore sono spariti
nel nulla il preside d’economia all’università e il
manager d’una compagnia di navigazione.
Francesco Battistini
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Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
10
#
Primo Piano Il G20 di Brisbane
Renzi, disgelo australiano con Juncker
«Per l’Ue sviluppo e meno rigore»
Dopo le polemiche l’incontro a colazione con il presidente della Commissione europea
La vicenda
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
Di prima mattina,
quando ancora in Italia è notte
fonda, prima di arrivare al vertice, Renzi ha il tempo di scrivere su Facebook che «più crescita e meno rigore è l’unico futuro dell’Europa», che la cosa
non «è una puntigliosa fissazione del semestre italiano»,
ma più o meno «opinione di
tutti coloro che sono qui a Brisbane per il G20».
A colazione, subito dopo, incontra Jean Claude Juncker, il
presidente della Commissione
europea, che risiede nel suo
stesso albergo, con il quale ha
polemizzato molte volte nelle
SYDNEY
● Era il 4
novembre
quando il
presidente
della
Commissione
europea Jean
Claude Juncker
rispondeva
al premier
Renzi: «Non
sono il capo di
una banda di
burocrati».
Al G20 il clima
tra i due si è
rasserenato
ultime settimane, che lui stesso ha caratterizzato come il capo di una tecnocrazia che non
funziona. Juncker è in qualche
modo un’anatra zoppa, colpito
dallo scandalo sull’elusione fiscale in Lussemburgo, ma sbaglia chi si attende scintille. La
colazione è costruttiva, pragmatica, le ruggini personali sono messe da parte, si ricomincia su un altro piano.
Aiuta certamente l’atmosfera che si respira qui in Australia, con Inghilterra e Stati Uniti
che chiedono a gran voce che la
Ue cambi politica economica,
con Obama che si lamenta di
non poter portare da solo la
carretta della crescita mondia-
Il Pil 2015 dei Paesi del G20
Usa
3,1
6,4
India
0,8
Australia
2,9
Germania
1,5
Messico
3,5
Francia
1,0
Corea del Sud
4,0
Giappone
Regno Unito
Italia
Canada
Russia
Brasile
Cina
2,7
0,8
2,4
0,5
1,4
5,5
Indonesia
3,0
Turchia
4,5
Arabia Saudita
Argentina -1,5
Sudafrica
2,3
7,1 Unione Europea
1,8
Fonte: stime Fondo monetario internazionale
Corriere della Sera
le. E aiuta anche la lettera, pubblicata in Italia nelle stesse ore,
con cui Juncker informa il governo italiano e il Parlamento
europeo che farà di tutto per
voltare pagina e attuare un piano di svolta.
Renzi, di fronte ai cronisti, si
limita a dire che «nei prossimi
giorni sarà lo stesso Juncker ad
informare e dare dettagli del
piano di investimenti europei
che sta preparando». Chi coglie una punta di distacco però
non è sulla buona strada: l’incontro fra i due è servito a siglare una sorta di tregua, nella
lettera al governo italiano, e al
presidente del Parlamento
Schulz, «è il politico che parla e
ci chiede anche di dargli una
mano», riassumono nello staff.
Insomma le polemiche personali sono lontane, in apparenza si è entrati in una fase operativa in cui serve la cooperazione reciproca, la stessa che Juncke r c h i e d e n e l l a l e t te r a ,
invocando un metodo di lavoro
diverso fra Commissione, Parlamento e Consiglio.
La conferma arriva in qualche modo qualche ora dopo,
quando Renzi accetta di fare
una breve intervista con Sky
News. Gli viene chiesto se Juncker è un modello, risponde che
la questione non gli interessa,
forse «non è il mio, ma la cosa
importante è che è un politico». Insomma non un tecnocrate come chi ha cacciato la Ue
nel pasticcio macroeconomico
in cui si trova: e anche per questo «non si può mettere in discussione uno che ha assunto
un incarico da appena 21 giorni».
La notizia è tutta qui: Renzi e
Juncker collaborano, il primo
ha ricevuto una lettera molto
pragmatica dal secondo, ne difende ora la caratura politica,
non fa alcuno accenno allo
scandalo dell’elusione fiscale
in Lussemburgo, qualche ora
dopo sarà di nuovo insieme a
Juncker, di fronte ad Obama, e
agli altri leader della Ue, per discutere di crisi ucraina, di crescita e di condizioni per procedere nella definizione del Trattato transatlantico di scambi
commerciali.
Insomma la linea di Renzi è
diversa dai giorni scorsi: «Juncker sta mantenendo le sue promesse, ha bisogno dell’aiuto di
tutti gli Stati membri, non possiamo non darglielo, lasciamolo lavorare e mettiamo da parte
le polemiche». Restano sul tappeto molte questioni, quale sarà la quota del piano di Juncker
che sarà dedicata all’Italia? Siamo ancora lontani dalle cifre,
ma Roma ha già inviato a Bruxelles una sua richiesta di massima, 40 miliardi di finanziamenti, che tradotti in investimenti diventano una cifra quasi doppia, almeno in tre anni.
«Noi siamo pronti, aspettiamo
solo il via libera da Bruxelles»,
ripete Renzi, mentre il G20 si
conclude e lui si trasferisce e
Sydney, dove va a cena con la
comunità italiana.
Poco prima l’incontro fra Usa
ed Ue sul trattato di scambio
commerciale sembra sia stato
fruttuoso: Renzi ha partecipato
al fianco di Juncker, che prendeva appunti anche sulle richieste minime dell’Italia, in
primo luogo, sul made in Italy.
Marco Galluzzo
© RIPRODUZIONE RISERVATA
● Il libro
La proposta anti corruzione
«In campo le assicurazioni»
Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Per le condizioni contrattuali della carta Postepay Evolution consulta il relativo Foglio Informativo disponibile presso gli Uffici Postali e su poste.it.
Poste Italiane S.p.A., Società con Socio Unico - Patrimonio BancoPosta. Sono previste limitazioni per particolari tipologie di bonifico. Per il dettaglio è necessario consultare il Foglio Informativo.
Per battere la corruzione nella realizzazione di grandi opere
bisogna coinvolgere le assicurazioni in funzione di garanzia
contro il rischio di inadempimento, una buona pratica
ampiamente diffusa e funzionante negli Usa. A formulare la
proposta sono stati ieri a Milano, nell’ambito delle
manifestazioni di Bookcity, l’economista Francesco Giavazzi e
Remy Cohen, docente di infrastrutture e project financing alla
Sda Bocconi. In sostanza l’impresa che si aggiudica l’appalto
sottoscrive una polizza che impegna comunque
l’assicurazione a completare il lavoro nei tempi e costi
promessi. La compagnia di conseguenza ha tutto l’interesse a
scremare il mercato e a far pagare un prezzo più alto (della
polizza) alle imprese ritenute meno affidabili. «È l’uovo di
Colombo — sostiene Giavazzi — perché consente di effettuare
aste al prezzo minimo rinviando la procedura di selezione a un
soggetto terzo, esterno alla pubblica amministrazione e legato
a una logica di mercato». Un
uovo che — sorpresa — la
legislazione italiana già prevede
L’idea
almeno in base ai dettami della
Irregolarità? Sì alle
legge 162/2008. Il caso vuole
«soffiate» anonime, però che da allora si attenda
sostiene Giavazzi
invano l’emissione di un decreto
ministeriale attuativo che tarda
nel suo libro
ad arrivare, perché
evidentemente la novità non
piace alle lobby del mattone. E proprio degli interessi nascosti
che stanno dietro alla corruzione si è discusso ieri a partire dal
libro (Corruzione a norma di legge, editore Rizzoli) che
Giavazzi ha scritto con il giornalista Giorgio Barbieri. Una
seconda proposta riguarda il «whistleblower» ovvero la gola
profonda. Sempre negli States è possibile denunciare in forma
anonima sospetti episodi di corruzione, basta accedere a un
sito del governo federale e fornire dati e circostanze credibili.
Il principio è stato recepito dal neo presidente dell’Autorità
nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, che ha introdotto
la possibilità di utilizzare una mail per segnalare casi di illeciti
di cui si è venuti a conoscenza. Per ora è riservata ai soli
dipendenti pubblici ma anche in questo caso al denunciante
sarà garantito l’anonimato.
D.D.V.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
PRIMO PIANO
11
#
I Grandi: più crescita del 2,1% entro il 2018
L’impegno per fare salire il Pil mondiale di altri 2 mila miliardi di dollari. Il Fmi vigilerà sulle promesse
Obiettivi
800
● I leader del
G20 hanno
varato un piano
che prevede
una crescita
delle economie
dei rispettivi
Paesi di
almeno il 2,1%
entro il 2018 e
che dovrebbe
consentire una
crescita globale
di 2 trilioni di
dollari
● Il G20 ha
dato il via libera
al piano per
l’efficienza
energetica e si
è impegnato a
sostenere
azioni efficaci
in materia di
cambiamenti
climatici
● Gli obiettivi
di crescita
saranno
raggiunti
attraverso 800
misure da
adottare in
ogni Paese per
favorire
investimenti,
commercio,
infrastrutture,
creazione di
posti di lavoro
e un sistema
fiscale equo
le riforme o
misure
economiche
per la crescita
che i governi
del G20 si sono
impegnati ad
attuare a livello
nazionale
25%
la riduzione
del gap di
partecipazione
uomo-donna
al mercato del
lavoro che il
G20 si è dato
come obiettivo
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
L’apoteosi
trasformata in incubo. Il premier australiano Tony Abbott
ha preparato per un anno intero il «suo» G20 centrato sullo
sviluppo economico e la creazione di nuovi posti di lavoro.
Quale tema più popolare quando mezzo mondo cresce poco e
l’altra metà è in recessione? Oltretutto l’accordo che aveva negoziato attribuisce un nuovo
ruolo al Fondo monetario internazionale che, da guardiano
del rigore fiscale, dovrebbe diventare ispettore e giudice dei
motori dello sviluppo.
Doveva essere un passaggio
storico e invece, a parte i riflettori rubati dall’orco Putin per
l’attacco all’Ucraina, è bastato
che Barack Obama arrivasse al
vertice con in tasca l’accordo
con la Cina sui gas-serra e deciso a lanciare da qui la volata per
un accordo planetario sui mutamenti climatici da siglare tra
un anno alla conferenza di PaBRISBANE (AUSTRALIA)
Il retroscena
di Massimo Gaggi
rigi, per cambiare percezione e
natura del G20 conclusosi ieri
sera a Brisbane.
Sbeffeggiato dalla stampa
locale per i goffi tentativi di
sbarrare la strada al leader Usa
(Abbott non solo non è un ambientalista, ma ha vinto le elezioni in Australia con una piattaforma che ha al primo punto
l’abolizione della «carbon
tax»), il padrone di casa ha dovuto alla fine chinare la testa:
ha inserito nel comunicato finale del G20 l’impegno dei
«grandi» della Terra a stabilire
rapidamente (entro il prossimo marzo) ambiziosi obiettivi
nazionali di riduzione delle
emissioni di CO2, da far confluire poi nell’accordo di Parigi.
Un’intesa che, si legge nel documento, dovrà assumere la
forma di un protocollo o avere,
comunque, una veste giuridicamente vincolante.
Adesso che Cina e Usa, i Paesi che inquinano di più, hanno
preso impegni solenni, tutti gli
altri non hanno più alibi, dice il
presidente americano che vorrebbe chiudere il mandato alla
Casa Bianca con l’accordo che
gli sfuggì a Copenaghen nel
2009. Poi, cercando di esorcizzare la sconfitta elettorale del 4
novembre, Obama dichiara che
in pochi giorni gli Stati Uniti si
sono ripresi il loro ruolo guida:
«Dall’ambiente alla lotta contro
Ebola, tutto passa per la nostra
iniziativa». E, già che ci sta, si
appropria anche del giocattolo
di Abbott: mentre il G20 vara
un piano per la crescita vago e
macchinoso, basato su un
«collage» di ben 800 riforme o
misure economiche che i governi si sono impegnati ad attuare a livello nazionale, Obama sentenzia che, da solo, il
Ambiente
La spinta di Obama
e il calendario dei futuri
obiettivi nazionali di
riduzione della CO2
suo Paese ha creato più posti di
lavoro aggiuntivi di tutte le altre nazioni avanzate messe insieme. Conclusione trionfale:
«E’ questa la vera “leadership”
americana».
In effetti se l’ambientalismo
improvvisamente riscoperto da
Obama scalda i cuori più del lavoro e dello sviluppo è anche
per l’aridità burocratica dei documenti del G20 e i dubbi su
numeri (una crescita aggiuntiva del 2,1% del Pil mondiale da
realizzare entro il 2018) che
non tengono pienamente conto del peggioramento della
congiuntura e delle previsioni
economiche.
Con tutti i suoi limiti, comunque, l’accordo del G20 un
suo valore storico lo ha: è la prima volta che i «grandi» basano
i loro impegni non solo su dichiarazioni generiche, ma anche su cifre vincolanti. E lo fanno non solo sulla crescita del
Pil ma anche su obiettivi sociali
come la riduzione degli ostacoli che frenano l’accesso delle
Da sinistra: il
premier
spagnolo
Mariano Rajoy,
Matteo Renzi, il
presidente
francese
François
Hollande, il
presidente Usa
Barack Obama,
il primo
ministro
britannico
David
Cameron, la
cancelliera
Angela Merkel,
il presidente
della
Commissione
Ue JeanClaude Juncker
e il presidente
del Consiglio
europeo
Herman Van
Rompuy.
Putin non sblocca la crisi
e l’Europa riflette
sull’effetto delle sanzioni
Obama: ma la Russia non rispetta gli accordi
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
BRISBANE (AUSTRALIA) Niente tregua in Ucraina, nemmeno nei
giorni del G20 che ha finito per
discutere più dell’aggressione
russa che dei temi economici
del vertice. E da oggi a Bruxelles
si ricomincia a discutere di un
possibile inasprimento delle
sanzioni Ue, mentre gli Stati
Uniti valutano se cominciare a
usare il termine «invasione»
per definire l’intervento di Mosca a sostegno dei ribelli filorussi: un cambiamento di linguaggio dietro il quale c’è un
nodo giuridico perché chi va a
difendere un Paese invaso può
usare la forza senza essere assoggettato a troppi vincoli. Ma
l’impressione è che l’attuale situazione di stallo sia destinata
a continuare anche dopo gli infuocati confronti di Brisbane.
Da dove Vladimir Putin è ripartito in anticipo con un’uscita di
20
i Paesi del G20
sono 19 più
l’Unione
europea. Ai
componenti del
G8 si
aggiungono
tra gli altri Cina,
Brasile, India
e Australia,
0,2
la percentuale
di crescita del
Pil russo nel
2014 secondo
le stime di
ottobre del Fmi
(ad aprile
segnavano un
più 1,3%)
scena tra mistero e farsa.
Farsa perché il presidente
russo ha giustificato la scelta di
non partecipare al pranzo conclusivo del summit per problemi di fuso orario: «Mi aspettano 9 ore di volo fino a Vladivostok e altre 9 fino a Mosca. Se
non parto e non dormo almeno
cinque ore, domani non riuscirò a lavorare al Cremlino».
Trattato in modo volutamente
sgarbato da vari leader, dal padrone di casa, l’australiano Abbott, al canadese Harper, al leader britannico David Cameron,
Putin, arrogante e sfrontato alla
vigilia del vertice, è passato a
un atteggiamento sarcasticoremissivo: «Sono soddisfatto
dei risultati del G20, dell’atmosfera che ho trovato e dell’accoglienza australiana. Certo, su
alcune questioni i nostri punti
di vista non coincidono, ma le
discussioni sono state complete, costruttive e utili».
Secondo alcuni, fallito il suo
tentativo di intimidire e spaccare il G20, Putin avrebbe assunto un atteggiamento più
prudente per evitare l’ulteriore
inasprimento delle sanzioni
minacciato anche dal cancelliere tedesco Angela Merkel all’arrivo a Brisbane. E la spiegazione del cambiamento di rotta di
Putin forse è da ricercare proprio in un imprevisto e lunghissimo confronto notturno
tra i leader di Russia e Germania. Sabato la Merkel è arrivata
in piena notte nell’albergo di
Putin e vi è rimasta per ben sei
ore: le prime due le ha trascorse in un faccia a faccia col presidente russo. Poi i due sono stati
raggiunti dal neopresidente
della Commissione europea
Jean-Claude Juncker e il confronto si è protratto per altre
quattro ore. Alla fine Putin si è
detto fiducioso sulla possibilità
di trovare una soluzione alla
Partenza
Il presidente
russo Vladimir
Putin, ieri,
mentre si
congeda in
anticipo dal
G20 Brisbane,
in Australia
crisi ucraina. Non è una novità:
da mesi il presidente russo promette e non mantiene. La Merkel, infatti è rimasta abbottonatissima anche dopo il vertice
Usa-Ue, al quale ha partecipato
anche il premier italiano Renzi:
un incontro con Obama dedicato all’Ucraina e al negoziato
per la «partnership» commerciale transatlantica.
Il silenzio può servire a coprire un nuovo tentativo diplomatico di sbloccare la situazione, ma c’è anche un’altra lettura
possibile: Putin non si è spostato dalle sue posizioni e, con Poroshenko indebolito a Kiev, cominciano a serpeggiare anche
tra gli occidentali dubbi circa il
fatto che si possa obbligare
Mosca a cambiare rotta solo
con l’uso delle sanzioni.
Ieri su questo si è fatto sentire solo Barack Obama che nella
sua conferenza stampa finale,
subito dopo l’incontro coi lea-
donne al mercato del lavoro.
Qui l’obiettivo è di ridurre questo «gap» del 25% entro il 2025.
Solo belle parole di un comunicato, certo, ma l’altra novità è che i governi accettano di
assoggettarsi ai controlli di
un’istituzione indipendente: il
Fondo monetario internazionale. E il suo capo, Christine
Lagarde, prende la cosa sul serio: «Faremo ispezioni Paese
per Paese, valuteremo il grado
di attuazione di ogni misura
economica che i governi si sono impegnati ad adottare». Se
succederà davvero (il se è d’obbligo, perché diverse nazioni
non hanno nessuna voglia di
cedere sovranità ai tecnici del
FMI), questa grande istituzione
multilaterale cambierà pelle:
da istituto impegnato a garantire la credibilità e l’equilibrio
dei conti pubblici dei Paesi
membri, a promotore di piani
d’investimento e riforme finalizzate alla creazione di lavoro.
M. Ga.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
der della Ue, ha accusato Putin
di aver sistematicamente violato gli impegni da lui stesso sottoscritti per una soluzione politica della crisi ucraina. Come
altre volte in passato, il presidente americano ha ammesso
che le sanzioni contro la Russia
danneggiano anche i Paesi occidentali e ha promesso di cancellarle non appena Mosca tornerà a comportarsi in modo rispettoso della legalità internazionale. Ma le sanzioni già
adottate verranno inasprite? Su
questo Obama non si è sbilanciato, limitandosi a rilevare che
le misure già adottate si sono
rivelate efficacissime: fortemente penalizzata, l’economia
russa sta scivolando verso la recessione. Come dire che, più
che inasprire gli interventi contro Mosca, bisogna stringere i
denti e aspettare che le sanzioni producano i loro effetti, fiaccando la resistenza di Putin.
Al quale per ora il presidente
francese Hollande non darà le
due navi portaelicotteri della
classe Mistral ordinate nel 2011
e che avrebbero dovuto essere
consegnate proprio in questi
giorni. Mosca non ha fin qui
dato seguito alla minaccia di
strappare il contratto e il leader
socialista ha detto che sarà lui
in persona a decidere se e
quando consegnare le due navi
sulla base degli interessi della
Francia e delle sue valutazioni
sulla gravità della crisi ucraina.
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Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
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Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
13
Politica
Jobs act, regge l’accordo nel Pd
Civati si arrende: in pochi diremo no
Tsipras: è barbarie, resistete. Renzi: non basta più una piazza per la crisi di governo
In Italia
● Alexis
Tsipras,
40 anni,
è il leader di
Syriza che alle
Politiche 2012
ha sfiorato in
Grecia il 27%.
Alle Europee è
stato candidato
presidente
di numerose
liste in tutto
il continente,
tra cui l’italiana
«L’altra Europa
con Tsipras».
Ieri era a
Firenze al
convegno
«L’agenda
neoliberista e
le socialdemocrazie
europee»
ROMA Anche Pippo Civati pare
rassegnato: «Temo che la partita sia chiusa. Ci sarà qualche
no, il mio di sicuro, spero quello di Cuperlo, Fassina e altri».
Ma il Jobs act ha la strada spianata. Ieri è cominciato l’esame
in commissione Lavoro della
Camera dei 480 emendamenti:
l’obiettivo è chiudere entro giovedì e arrivare in Aula venerdì.
Matteo Renzi non recede e da
Sydney incalza: «Basta con la filosofia del piagnisteo». Sulle
proteste spiega: «Rispetto chi
scende in piazza pacificamente, ma non sono più i tempi in
cui bastava fare una manifestazione per mettere in crisi un
governo. La realtà convincerà
anche i più scettici ad arrendersi». Il premier accelera anche sulla legge elettorale e ironizza: «Se per eleggere il Papa
fosse stata usata la legge elettorale del 2013, a San Pietro sarebbero usciti in quattro vestiti
di bianco dicendo: ho vinto
io».
L’ex segretario del Pd Pier
Luigi Bersani, dopo le dure critiche dei giorni scorsi, chiarisce la rotta: «La fiducia si vota,
non possiamo pensare che
questo Paese possa andare in
una fase di instabilità». Quanto
all’opposizione, spiega, «non
bisogna immaginare queste
aree come una falange, è
un’iniziativa in costruzione».
Naturalmente la minoranza
dem non ha intenzione di smobilitare, come dimostrano gli
attacchi di Civati: «Non voto cose che ammiccano a destra, all’elettorato di Berlusconi». A
dar manforte alla sinistra pd
arriva anche Alexis Tsipras, leader del partito greco Syriza, che
nel suo intervento a Firenze alla
giornata di incontri della sinistra, attacca il segretario italiano: «Ue e Italia sono in pericolo
a causa di un dogmatismo dovuto all’austerità che può essere un suicidio, e sono messe in
pericolo dal fatto che il vostro
premier è tornato indietro,
mettendo nell’agenda neoliberista i rapporti di lavoro». Tsipras invita all’unità e alla lotta:
«Radicalizzazione a sinistra
vuol dire far proprio un programma politico di resistenze
contro la barbarie neoliberista.
Questo lo vediamo in Spagna,
Grecia, Irlanda e anche in Italia,
Minoranza pd
Pippo Civati,
39 anni,
all’incontro
sull’agenda
neoliberista
e le socialdemocrazie
europee
ieri a Roma
con le proteste come lo sciopero generale della Cgil».
Ma, intanto, si procede con il
Jobs act alla Camera. Cesare Damiano, presidente pd della
commissione, tra i protagonisti della mediazione, è ottimista: «Se tutto fila liscio, si va
spediti». Quanto ad altri aggiustamenti: «Se c’è qualcosa che
non mette in discussione l’impianto della delega, si fa». Terreno minato, perché l’Ncd
sembra intenzionato a resistere, come spiega il capogruppo
in commissione Sergio Pizzolante: «I contenuti dell’articolo
18 sono quelli concordati tra il
ministro Poletti e il senatore
Sacconi e non quelli interni al
Pd. Le modifiche al testo del
Senato possono riguardare solo limitatissimi casi assimilabili ai licenziamenti discriminatori». Riferimento alla novità
(rispetto al Senato) del reintegro per i licenziamenti disciplinari. Fattispecie che sarà dettagliata solo nei decreti delegati
(emanati dal governo, dopo il
via libera dato dal Parlamento
con la legge delega).
Ieri è stato respinto un
emendamento M5S che chiedeva la soppressione della delega, con 23 voti contrari e 15 a
favore. In commissione, il governo conta su una maggioranza di 26 membri su 46 (21 pd, 2
ncd e 3 centristi). I 5 Stelle hanno contestato la maggioranza:
Claudio Cominardi ha definito
i parlamentari «burattini nelle
mani di Renzi».
Alessandro Trocino
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14
Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
POLITICA
L’intervista
di Paola Di Caro
Toti invoca un nuovo «predellino»:
il partito unico è la strada obbligata
«Unito il centrodestra è ancora competitivo. Il leader? Nessuno ha il quantum di Berlusconi»
«Serve un predellino 2».
Quattro parole bastano a Giovanni Toti, viaggiando da una
piazza all’altra in Emilia-Romagna dove domenica prossima si
vota per le Regionali, per lanciare la nuova strategia di Forza
Italia per i prossimi mesi.
Il predellino annunciò la
nascita del Pdl. Oggi, scusi, a
cosa dovrebbe servire?
«A preparare il centrodestra
alla sfida con il centrosinistra,
che non appare più una lotta
impari come poteva sembrare
solo qualche mese fa».
Perché proprio ora, se come dicono Renzi e Berlusconi
la legislatura andrà avanti fino al 2018?
«Quanto andrà avanti lo vedremo, non siamo noi che diamo la fiducia al governo. Ma
oggi il quadro politico sta subendo dei rapidi mutamenti,
basti guardare a quanto fotografano i sondaggi: Matteo
Renzi cala perché non riesce a
dare risposte alla crisi, perché
ha fatto troppe promesse e le
sta disattendendo, perché è en-
ROMA
Chi è
● Giovanni Toti,
46 anni,
giornalista,
è il consigliere
politico
di Forza Italia.
È direttore di
Studio aperto
dal 2010 e del
Tg4 dal 2012.
Lascia la tv a
gennaio, a
maggio è eletto
a Bruxelles
trato sulla scena a rappresentare il sogno e rischia di simbolizzare l’incubo. Viceversa, dopo un periodo durissimo, il
centrodestra sta riprendendo a
crescere, e unito riesce ad essere competitivo».
Voi rischiate però di «subire» una legge elettorale che
premia il primo partito, non
la coalizione.
«Noi non siamo per il premio di lista, ma se la legge elettorale alla fine dovesse prevederlo, è un motivo in più per attrezzarci. E chi può portare
avanti una riorganizzazione del
centrodestra pensando a forme
diverse di aggregazione che
possano anche trascendere
l’idea tradizionale di partito,
siamo noi di Forza Italia. Con il
nostro leader Silvio Berlusconi».
Dal «predellino» stavolta
Berlusconi dovrebbe rivolgersi da una parte ad Alfano e
dall’altra a Salvini?
«Sicuramente ci rivolgiamo
al Nuovo centrodestra: Berlusconi proprio sabato ha pro-
nunciato parole importanti e
generose, invitando tutti a superare per il bene dei nostri
elettori i fatti dolorosi che hanno portato alla rottura fra di
noi. Oggi dobbiamo guardare
al futuro e considerare la nostra area quella che, a sinistra
di Forza Italia vede Ncd, Udc, i
popolari di Mauro, a destra
Fratelli d’Italia e Storace, e la
Lega nostro alleato da sempre.
Credo che i tempi siano maturi
per riflettere assieme sul superamento di vecchi schemi e sulla costruzione di un’alternativa
vera ed elettorale al centrosinistra».
Immagina un partito unico?
«Il percorso è da costruire
insieme, non sarà né facile né
breve arrivare alla meta, non
mi illudo, e può darsi che servano tappe intermedie. Ma la
via è obbligata se vogliamo dare voce al grande popolo del
centrodestra che vuole credere
in un’alternativa».
Lo dice lei a Salvini, che vi
ha messo nel mirino e prova il
sorpasso su FI?
«Io sono contento se la Lega
cresce, e raccoglie voti da portare nella nostra metà campo.
Ma nella costruzione di un’alleanza non si può partire dagli
estremi, né tantomeno prescindere dal ruolo centrale di
un partito come FI che, con il
rientro a pieno titolo di Berlusconi sulla scena politica, tornerà almeno ai livelli delle
scorse Politiche. FI è il centro
dello schieramento, ed è Berlusconi che, ancora una volta,
può accendere il motore per ripartire».
Non è proprio Berlusconi il
problema? Ha il doppio degli
anni di Renzi o di Salvini, è in
politica da oltre un ventennio...
«No che non è un problema:
per esperienza, forza, leadership, non vedo da chi altri si
potrebbe partire. Nessuno dei
giovani leader scalpitanti di destra ha l’eredità politica e la visione del futuro che ha Berlusconi, il suo quantum di credibilità e capacità che sono es-
❞
I tempi
ormai sono
maturi
per creare
alternative
a questa
sinistra
Nei
sondaggi
Renzi cala:
troppe le
promesse
che non ha
mantenuto
senziali per ritrovare la sintesi
di un centrodestra che si è perso ma che oggi ha davanti a sé
una straordinaria occasione».
Possibile che in FI non ci
sia nessuno che si candidi a
succedergli? Fitto è rientrato,
si parla di nuovi organigrammi...
«È un problema che proprio
non si pone. Vedo discendere
da pranzi e cene ipotesi di riorganizzazioni, di nuovi organigrammi assolutamente fuori
dalla realtà, ai quali nessuno
dei dirigenti e tantomeno Berlusconi ha mai minimamente
pensato. Siamo un partito con
un leader e tantissimi numeri
due, che talvolta si divide e talvolta ritrova unità sulla base di
una linea politica. Sono certo
che né io, né Fitto né nessuno
faccia ragionamenti legati a
proprie aspettative personali o
a poltrone... FI lavora e c’è, con
una sua struttura: se un giorno
decideremo di darcene un’altra, non sarà certo per la pressione di gruppi o gruppetti».
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Al San Raffaele
Il Cavaliere ricoverato per l’uveite
Il medico Zangrillo: niente dietrologie
MILANO Stanza 713, blocco Q, reparto a
pagamento. Silvio Berlusconi, 78 anni,
è di nuovo al San Raffaele per l’uveite,
l’infiammazione agli occhi di cui soffre
ormai da qualche anno. L’ex premier è
stato ricoverato ieri pomeriggio
intorno alle 15.30, su indicazione del
medico di fiducia, Alberto Zangrillo,
primario di Anestesia e rianimazione,
e di Francesco Bandello, primario di
Oculistica. Disturbi alla vista, fastidio
della luce, lacrimazione. Già sabato
Berlusconi aveva partecipato a Milano,
alla presentazione del libro Il cuore
oltre gli ostacoli dell’onorevole
Michaela Biancofiore (FI) con gli
occhiali scuri, proprio per proteggersi
dalle luci. Ma ieri il Cavaliere si è
convinto della necessità di un ricovero.
Sono indispensabili cure di
antidolorifici e antinfiammatori in
dosi massicce, che possono
provocargli problemi cardiovascolari.
Il rischio è soprattutto di un
innalzamento della pressione che può
ripercuotersi sul cuore. Servono
monitoraggi medici continui. Di qui
l’insistenza di chi gli sta vicino per
convincerlo ad andare al San Raffaele.
Difficile pensare che possa essere
dimesso prima di un paio di giorni. Il
ricovero sarà l’occasione per un
controllo complessivo sul suo stato di
salute. È tranquillizzante il suo
medico, Zangrillo: «Ogni dietrologia è
infondata. Berlusconi non ha
nient’altro che non sia un problema
agli occhi. È solo un problema
oftalmico». Polemiche a non finire
aveva scatenato il ricovero del Cavaliere
al San Raffaele nel marzo 2013, sempre
per problemi di uveite. Erano i giorni
del processo Ruby e lo slittamento
dell’udienza per assenza in aula dell’ex
premier aveva suscitato mugugni tra
gli oppositori politici che sospettavano
una messinscena per prendere tempo.
Simona Ravizza
@simonaravizza
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La lettera
«Senza corpi intermedi, un’Italia spaccata tra ribelli e caporali»
G
li scontri di piazza tra polizia
e manifestanti stanno
diventando un prevedibile
epilogo di quasi tutte le
manifestazioni di protesta. Si
denunciano le responsabilità della
polizia o quelle dei manifestanti, a
seconda della collocazione politica di
chi parla. Ma la ragione di fondo è
quella individuata da Giuseppe De
Rita nel suo articolo di ieri. La crisi
dei corpi intermedi, e gli attacchi a
volte pregiudiziali ai quali essi sono
sottoposti da qualche tempo,
producono l’assenza di mediazione
sociale e conseguentemente scontri
sempre più duri.
Le responsabilità di sindacati e partiti
politici negli ultimi anni sono gravi
perché frutto di una visione più
corporativa che propulsiva. Bisogna
correggerne i difetti; ma si sta
rivelando dannoso liquidare il loro
ruolo nella società italiana. De Rita
cita, a ragione, la funzione positiva
dei sindacalisti di reparto, dei
dirigenti delle rappresentanze
datoriali, dei quadri di partito. Il loro
lento inabissamento acuisce i
conflitti e non risolve i problemi.
Rischiamo di trovarci tra non molto
in un Paese diviso tra ribelli e
caporali. Il ribellismo, che a
differenza della opposizione, è privo
di un credibile progetto di governo,
rischia di monopolizzare le piazze e le
Camere. La caporalizzazione del
sistema politico, nudo comando,
secco e brutale, invece che etica della
persuasione, appare come l’unica
risposta possibile per superare i
ribellismi. E si riproduce sino alla
periferia del sistema, anche quando è
dettato non dalla necessità, ma dalla
comodità. De Rita connette
correttamente l’indebolimento dei
corpi intermedi alla crisi della
rappresentanza. Ci sono difficoltà
oggettive a rappresentare in modo
propositivo una società spezzettata,
che fa franare verso il basso anche il
vigore dei soggetti presenti in essa.
Tuttavia riaccorpare gli spezzoni di
società anche attraverso una loro
efficace rappresentanza politica e
sindacale fa parte del processo di
civilizzazione del Paese.
Un’autoriforma di sindacati e partiti
in questa direzione converrebbe
anche al governo. Le riforme
costituzionali devono facilitare il
referendum abrogativo, obbligare il
Parlamento a decidere entro un
termine fisso sulle proposte di
iniziativa popolare, così come
propone la riforma del Regolamento
Il dibattito
L’intervento di Giuseppe De Rita
sul Corriere della Sera di ieri sulla funzione
e sui meriti di rappresentanti di reparto
e dirigenti nella gestione dei conflitti
della Camera, non ancora all’esame
dell’Aula, prevedere con tutte le
cautele necessarie, forme di
referendum propositivo.
Del tutto coerente con questa
impostazione è una legge elettorale
che dia ai cittadini elettori la
possibilità effettiva di scegliere i
propri rappresentanti anche in
Parlamento, come già avviene per i
Comuni, le Regioni e il Parlamento
europeo. Questa esigenza era minore
quando i partiti erano capaci di
dirigere e di mediare. Oggi è cruciale
per il superamento della distanza tra
cittadini e politica, che non può
essere affidato solo alla personalità,
per quanto forte e indiscussa, di un
unico leader.
Luciano Violante
ex presidente della Camera
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Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
POLITICA
Le mille beghe venete
nella Lega di Salvini
(che sale nei sondaggi)
I protagonisti
● Il segretario
della Lega
Nord, Matteo
Salvini, 41 anni,
in questi giorni
è quasi sempre
in EmiliaRomagna
in vista delle
prossime
Regionali
Bitonci-Tosi, lite sulle fiere. Maroni: Silvio sostenga Matteo
MILANO Guardiamo avanti, pen-
Il leader di Ncd
L’appello di Alfano
«Moderati insieme
nel nome del Ppe
No al Carroccio»
«La prima fase è capire, e non
sarà un percorso breve , se ci
sono le condizioni per
rimettere insieme chi si ispira
ai valori del Ppe e crede
nell’Europa, come noi e Forza
Italia. Insomma, bisogna
ricominciare a mettere
insieme i cocci nel nome del
Ppe». Così Angelino Alfano —
leader del Ncd, intervistato su
Sky Tg24 da Maria Latella —
raccoglie la richiesta di unità
del centrodestra lanciata da
Silvio Berlusconi. Tuttavia,
avverte il ministro dell’Interno,
per i moderati esiste un
problema che arriva da destra:
«Salvini e le sue brillanti idee
si collocano in una destra
estrema e non hanno nulla a
che fare con il centrodestra.
Per questo spero che Salvini
vada a sbattere».
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siamo al futuro. E dunque, Berlusconi sostenga Matteo Salvini. Roberto Maroni, il governatore lombardo nonché ex segretario della Lega, invita il
leader di Forza Italia a non incaponirsi nel voler essere ancora il leader del futuribile centrodestra.
Tutto nasce sabato. Quando
a Silvio Berlusconi, alla presentazione del libro di Michaela
Biancofiore, viene chiesto perché non potrebbe essere Matteo Salvini l’uomo di punta di
una rinnovata alleanza. L’ex
premier non sembra affatto
dell’idea. Dice che sì, ci vorrebbe qualcuno di nuovo. Per poi
tagliare secco: «Umberto Bossi
ha detto che “no, il leader deve
essere Berlusconi”».
Maroni, però, comincia a
crederci. E dunque, eccolo sostenere il segretario che lui
stesso aveva scelto come successore: «Nei sondaggi Salvini
sta tallonando Renzi, il futuro
del centrodestra passa da noi,
da Salvini e dal rinnovamento». Per questo «Berlusconi dovrebbe dare sostegno alla Lega
e a Salvini che sta già interpretando» il futuro che verrà.
E, in effetti, almeno a giudicare dai sondaggi, il segretario
L’anticipazione
di Alan Friedman
Il libro
● Il libro di Alan
Friedman
Ammazziamo il
Gattopardo,
edito da Rizzoli
(352 pagine, 13
euro) è uscito
per la prima
volta nel
febbraio 2014.
Il saggio ha
venduto oltre
160.000 copie
ed è stato
insignito del
premio Cesare
Pavese
● Alan
Friedman, 58
anni, è un
giornalista,
conduttore tv e
scrittore
statunitense.
Esperto di
economia è
stato per anni
corrispondente
del Financial
Times
Pubblichiamo un estratto
della nuova edizione del libro
di Alan Friedman «Ammazziamo il Gattopardo», in uscita mercoledì per Rizzoli
N
ell’estate e autunno
del 2014 la politica italiana è dominata dalle
questioni del Jobs Act,
dell’articolo 18 e della legge di
Stabilità del governo Renzi. Il
dibattito sull’articolo 18, la petulanza della leader della Cgil,
Susanna Camusso, e la durezza
della risposta di Matteo Renzi
alla Cgil e agli ultrà del Pd fa
cambiare qualcosa. C’è un defining moment in corso.
Nell’autunno del 2014 qualcosa di particolare succede nel
panorama della politica italiana. A un certo punto, nel dibattito, si passa dalla polemica
sulla politica degli annunci di
Renzi a una discussione sulla
sostanza, sulle scelte dure e
difficili che aspettano gli italiani. Si mette in dubbio il potere
di veto dei piccoli partiti. Si
mette in dubbio la validità del
vecchio modello di concertazione tra le forze sociali e la
Confindustria.
Si mette in dubbio la rilevanza della Cgil, un sindacato
che non ha saputo rinnovarsi e
prendere in considerazione i
veri problemi dei giovani, dei
precari, e che si è trasformato
in un partitino di pensionati
guidato da una leader che parla con la retorica degli anni
Settanta, con quella nostalgia
per il cattocomunismo di
un’altra epoca.
Perché alla fine dell’ottobre
15
● Il presidente
della Regione
Veneto,
Luca Zaia,
46 anni, sarà
ricandidato alle
Regionali della
prossima
primavera
da tutto il
centrodestra
leghista avanza a grandi falcate. Nel febbraio scorso, le indagini davano la Lega di poco sopra al due per cento. E invece,
alle Europee il Carroccio prese
circa tre volte tanto. Oggi, le intenzioni di voto assegnano al
movimento consensi tra l’otto e
il 10,8 per cento. Da notare che
il punto alto della forbice non è
mai stato raggiunto dalla Lega
in nessun momento della sua
storia. Mentre Salvini, sempre
secondo i sondaggi, è il personaggio politico che gode di più
fiducia dopo Renzi. Silvio Berlusconi è al settimo posto della
classifica.
Tutto bene, dunque per la
Lega? Il vento che gonfia le vele
non incontra scogli capaci di
fermarlo? A complicare le cose,
in realtà, resta un Veneto che
non ha ancora trovato la sua
pace. Con il sindaco di Verona
Flavio Tosi che reclama il rispetto di un patto stretto a suo
tempo con Maroni. E cioé: Salvini sarebbe diventato il segretario federale, mentre lui stesso sarebbe stato il candidato
della Lega a leader del centrodestra tutto, magari in sede di
primarie.
Qualcosa deve essere cambiato, visto anche l’appello di
Maroni. Forse proprio il ripe-
● Il sindaco di
Verona, Flavio
Tosi, 45 anni,
è il segretario
della Liga
veneta e
promotore
della
Fondazione
«Ricostruiamo
il Paese»
● Massimo
Bitonci,
49 anni, è il
sindaco di
Padova. In
precedenza è
stato alla guida
di Cittadella e
capogruppo
leghista a
Montecitorio
tersi delle schermaglie nella
Serenissima regione. Il governatore Luca Zaia, pronto alle
Regionali, vola alto e cerca di
non farsi invischiare nelle baruffe chiozzotte. Come quelle
che per anni lo hanno opposto
a Tosi. Eppure, difficile che sia
entusiasta all’idea che a suo sostegno ci siano una lista Tosi e,
ora, anche una lista Bitonci,
promossa dal fumantino sindaco di Padova: tutto può desiderare Zaia tranne che il suo
consiglio regionale si trasformi
in pedana di scherma per tosiani e bitonciani. Peraltro anche
tra il governatore e Bitonci c’è
stato un memorabile scontro
sulla collocazione dell’ospeda-
Gli screzi
Verona punta sulla fiera
del ciclo, classico di
Padova, che a sua volta
vira su vini e cavalli
le di Padova.
Ma è il fronte che contrappone Tosi e Bitonci quello più serrato. Sconcertante, per esempio, la guerra delle fiere. Verona ha annunciato una nuova
esposizione dedicata alle biciclette dall’11 al 14 settembre
2015. Chiuderà, dunque, cinque giorni prima della tradizionale fiera di Padova, Expobici.
Bitonci non ha gradito, ma non
è tipo da stare a piangerci sopra. E così, ha annunciato che
la città del Santo ospiterà due
esposizioni nuove di zecca. Una
dedicata al vino e una al cavallo. Tu guarda il caso: Vinitaly e
Fieracavalli sono proprio le due
fiere più note e importanti che
si svolgono a Verona.
Marco Cremonesi
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LA GUERRA DI RENZI AI GATTOPARDI
E LE RIFORME VERE DA MANDARE IN PORTO
mo intervento del premier.
Renzi ha ancora una volta dichiarato guerra ai gattopardi
dentro il suo partito e ha praticamente rivendicato un «New
Pd». Renzi, alla Leopolda, ha
lanciato una versione italiana
del New Labour. Si è mostrato
un Tony Blair redux. O forse
qualcosa di più complesso.
Perché quando Blair è arrivato
al potere nel 1997 la maggior
parte del lavoro sporco, dalle
riforme del mercato del lavoro
e del welfare alle privatizzazioni e altre manovre, era già stato
fatto, dalla Thatcher. Blair ha
domato qualche sindacato, ma
la vera gara era già stata vinta
da tanti anni, dalla Thatcher
quando aveva sconfitto il leader dei minatori britannici, Arthur Scargill, negli anni Ottanta. Quindi in questo momento
Renzi, in effetti, gioca il ruolo
di entrambi, sia di Blair sia di
Thatcher. E la Camusso sembra il capo sconfitto dei minatori. Susanna Camusso si arrampica sugli specchi della
storia, cercando disperatamente rilevanza, incapace di
riconoscere la sua sconfitta, la
sconfitta della Cgil, il momento storico.
Oggi, alla fine del 2014, pro-
segue la guerra dei gattopardi
della sinistra e del Pd. A un anno dalle primarie le polveri
non sono ancora spente. La
rabbia fredda di D’Alema sui
muri del Nazareno, Bersani
che si aggira come un pugile
suonato, e poi Fassina, Civati,
Vendola.
Forse per le loro frustrazioni
e un certo cinismo, comprensibilissimo dopo decenni di
malgoverno, gli italiani un po’
non ci credono e un po’ non
hanno ancora la percezione
del cambiamento che Renzi ha
avviato, della sua portata. La
verità è che, finché non vediamo tutti i contenuti e poi l’attivazione delle leggi approvate
in Parlamento, non possiamo
giudicare l’efficacia del programma Renzi.
Renzi sta vincendo, anche se
talvolta in modo un po’ improvvisato, ma alla fine sembra
efficace in questo momento di
recessione cronica e alta disoccupazione, un periodo di crisi
talmente prolungato che bisogna chiamarlo col suo nome:
depressione.
In un momento di depressione c’è bisogno di una forte
politica espansionistica che
utilizzi strumenti keynesiani
Il governo
I mille giorni
L’intervento
L’esecutivo guidato da Matteo
Renzi ha giurato al Quirinale
lo scorso 22 febbraio: è composto
da sedici ministri, otto
uomini e otto donne
Il 16 settembre il presidente
del Consiglio Renzi presenta
alle Camere il programma dei
«mille giorni». Il premier dichiara:
«È l’ultima chance per l’Italia»
Il Senato ha approvato il Jobs act
l’8 ottobre: 165 voti favorevoli,
111 contrari. Sul provvedimento
era stata posta la fiducia. Ora il
testo è alla Camera
2014 assistiamo a un momento
spettacolare nella politica italiana, un momento di contrasto e di durissimo scontro,
molto forte, e probabilmente
storico.
Nel weekend del 25-26 ottobre 2014 Matteo Renzi ha zittito Susanna Camusso e ha sfidato tutti i dissidenti della sinistra radicale del Pd con un’alternativa secca: mettersi in riga
o andarsene.
Il 25 ottobre, a Roma, la Vecchia Guardia del Pd tenta disperatamente di fare la voce
grossa con il governo, portando centinaia di migliaia di persone in piazza. Esattamente
nello stesso momento si svolge
a Firenze, nella ex stazione della Leopolda, l’annuale convegno e cosiddetto «laboratorio»
di Renzi, quinta edizione, ma
per la prima volta in versione
governativa.
Il vero significato di quel
weekend politico di fine ottobre è che ha offerto un’occasione per osservare da vicino il
passato e il futuro, dalla manifestazione old-fashioned della
Cgil, il Camusso Show a San
Giovanni a Roma con i «reduci» della sinistra radicale del
Pd, allo spettacolo del durissi-
Le date chiave
❞
Se anche
due terzi
dei progetti
messi
sul tavolo
nel 2014
diventassero
realtà
sarebbe una
rivoluzione
Il premier
ha lanciato
un New
Labour
all’italiana
giocando
insieme
il ruolo
di Blair
e Thatcher
come investimenti pubblici
per stimolare occupazione e
domanda interna. In Italia, dove la legge di Stabilità del governo Renzi vuole essere una
manovra espansionistica, per
via del peso del debito pubblico e dei vincoli europei non è
permesso fare molti investimenti pubblici. Una delle vere
sfide per Renzi sarà di sapere
se e quando sarà necessario
sforare davvero il limite del 3
per cento, pur di offrire ossigeno ai suoi connazionali in un
momento di depressione economica.
Ora, in Italia, c’è un forte bisogno di cambiamenti radicali
e urgenti. C’è un Paese seriamente a rischio, ma per fortuna c’è anche un Paese che vuole cambiare davvero, che vuole
uscire dalla palude, questo è
chiaro. Come giudicare Renzi e
le riforme del 2014? Primo, se
vanno in porto riforme vere,
radicali e non diluite, e secondo se creano le precondizioni
migliori per la creazione di posti di lavoro in un’economia finora solo stagnante e sofferente. Se andassero in porto e diventassero realtà tre quarti o
anche due terzi delle riforme
messe sul tavolo da Renzi nel
2014 sarebbe un miracolo italiano, una vera rivoluzione.
A patto che non diventino riforme finte, o mezze misure, o
riforme gattopardesche. Bisogna andare fino in fondo. Bisogna fare le riforme. Bisogna
ammazzare ’sto Gattopardo.
Nell’Italia di oggi, non c’è alternativa.
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16
Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
17
Esteri
Diplomazie
di Stefano Montefiori
I due matrimoni
di Sarkozy
per gay ed etero
P
iù facile prendere
posizione sul
matrimonio degli
omosessuali che sulla
disoccupazione. Parlare di
politica economica non
paga a breve termine,
mentre Sarkozy deve
conquistare la presidenza
del partito Ump tra pochi
giorni, il prossimo 29
novembre. Il tema forte
diventa allora il mariage
pour tous, le nozze uguali
per tutti, eterosessuali e
omosessuali. Le nozze gay
sono già previste dalla
«legge Taubira» approvata
il 17 maggio 2013, ma
tornano a essere dibattute
come se fosse la prima
volta e come se non
risultasse tecnicamente
quasi impossibile tornare
indietro. Ma il rivale di
partito Alain Juppé, 69
anni, si dichiara ormai
favorevole alle nozze gay e
all’adozione per gli
omosessuali . Quindi
Nicolas Sarkozy, di 10 anni
più giovane, si improvvisa
contrario. Sabato l’ex
presidente parlava
all’associazione «Sens
commun», emanazione del
movimento anti-nozze gay
manif pour tous. Sarkozy
ha cominciato dicendo che
la «legge Taubira»
andrebbe riscritta da cima
a fondo. Poi, di fronte alle
grida «abrogazione,
abrogazione», ha
concesso: «Se preferite che
si dica di abrogarla per
farne un’altra d’accordo, in
francese è la stessa cosa».
Sarkozy propone di
instituire due tipi di
matrimoni: uno per gli
etero e un altro per gli
omosessuali (non è chiaro
se con la possibilità di
adottare o no). Il ministro
dell’Interno, Bernard
Cazeneuve, ha criticato
Sarkozy parlando di «due
matrimoni e un funerale:
quello dell’aspirazione
all’uguaglianza».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Le proteste
La presidente
Dilma Rousseff,
nella foto
Reuters ritratta
su un
cartellone in
compagnia di
due indagati: le
proteste
rischiano di
riaccendersi
dopo gli ultimi
arresti. Venerdì,
a San Paolo, si
sono riuniti in
strada 2500
dimostranti ma
il dissenso sta
montando sui
social network
Ondata di arresti per il caso Petrobras
Il Brasile invoca la sua «Mani Pulite»
Lo scandalo lambisce la presidente Rousseff, che guidò la società petrolifera per 7 anni
La vicenda
● Lo scandalo
Petrobras
emerge in
marzo con le
dichiarazioni
dei «pentiti»
Paulo Roberto
Costa e Alberto
Yousseff
● In settembre
l’ex presidente
Lula si schiera
al fianco di
Dilma Rousseff
nella corsa alle
presidenziali,
contro Marina
Silva, paladina
anticorruzione
● Il 26 ottobre
Rousseff vince
di misura al
secondo turno
contro Neves
● Ai primi di
novembre
Washington
apre l’inchiesta
su Petrobras
Nei palazzi del potere brasiliano c’è già chi evoca l’italiana
«Mani pulite». E da vecchia volpe di quello stesso potere, la
presidente Dilma Rousseff,
non si lascia scappare l’assist:
«Per la prima volta nella storia
del Brasile, il governo indaga
uno scandalo di corruzione alla
luce del sole. Nulla sarà più come prima. E’ finito il tempo
dell’impunità», ha detto prima
di rientrare dal vertice dei G20,
commentando la retata – 27 arresti, 85 ordini di cattura e 720
milioni di real (221 milioni di
euro) in beni congelati – che da
venerdì sta facendo tremare la
nomenklatura del Paese. Al
centro dello scandalo, ancora
una volta, il colosso petrolifero
Petrobras, controllato dallo
Stato, che sta al Brasile come la
Coca-Cola sta agli Stati Uniti:
un’icona nazionale, oltre che
azienda leader a livello mondiale nell’esplorazione in acque profonde, capace di estrarre dal sottosuolo o dal fondo
del mare due milioni di barili
di petrolio al giorno. Un gigante guidato dal 2003 al 2010 proprio dalla Rousseff.
Da «passaporto per il futuro», Petrobras si sta trasformando in una bomba ad orolo-
10
miliardi di real,
(3 miliardi di
euro) sono stati
riciclati dal
«cartello»
27
gli arresti
effettuati dalla
Polizia federale
nell’operazione
«Lava-Jato»
geria per la presidente, che nel
suo primo mandato non è riuscita a raccogliere l’eredità di
consensi e simpatia del predecessore Lula. Dietro le quinte
della società, su cui ha aperto
un’indagine penale anche il Dipartimento di Giustizia statunitense, si muoveva un «cartello» che tra il 2004 e il 2012
avrebbe riciclato oltre 10 miliardi di real (3 miliardi di euro). Starebbero già confessando, in cambio di una riduzione
della pena, alcuni degli arrestati nell’operazione Lava-Jato (lavaggio a getto). Sono ex dirigenti Petrobras e di alcune imprese di costruzione, sospettati
di aver creato un’imponente rete di corruzione, tangenti e
fondi neri, dirottando miliardi
di dollari nelle casse dei partiti,
in particolare quelle del Partito
dei lavoratori al potere. «L’inchiesta va avanti, per quanto
dolorosa essa possa essere», ha
promesso il ministro della Giustizia José Eduardo Cardozo.
«Molta gente a Brasilia non
dormirà in queste notti», ha replicato il leader dell’opposizione Aécio Neves, che in ottobre
ha perso di misura la sfida presidenziale. Lo scandalo, emerso in marzo, era stato il suo cavallo di battaglia contro la
Rousseff, che aveva promesso:
Dopo il no del Sudafrica al visto per il Dalai Lama
Spostato a Roma il vertice dei Nobel per la pace
Il vertice dei Nobel per la Pace dedicato
quest’anno all’eredità di Nelson
Mandela si svolgerà a Roma dal 12 al 14
dicembre e non a Città del Capo come
previsto inizialmente. L’appuntamento
era in programma in Sudafrica lo
scorso ottobre ma è stato annullato
dopo che il Paese di Madiba ha negato
— per la terza volta in cinque anni — il
visto al Dalai Lama, per non irritare
Pechino. Sono stati gli stessi Premi
Nobel a prendere l’iniziativa dopo che
era caduta nel vuoto una loro letteraappello al presidente Zuma affinché
fosse concesso il visto al leader
tibetano. Il Dalai Lama e altri 22 Nobel
per la Pace hanno già confermato la
loro presenza al vertice romano. Tra le
personalità attese, Desmond Tutu,
Shirin Ebadi e Lech Walesa.
«Se c’è stata distrazione di denaro pubblico, lo vogliamo indietro». Tanto era bastato all’elettorato brasiliano, che
l’aveva riconfermata seppur
con un risicato 51,64% di voti.
Ma il fango di Petrobras rischia
ora di macchiare il resto del
suo mandato, sempre che riesca a portarlo a termine, fino al
2018. Soprattutto se le prime
dichiarazioni dei «pentiti» - ad
esempio, che il 3% del valore
degli appalti finiva nelle tasche
di «mediatori» del Pt e di altri
partiti - saranno confermate.
Nel mirino degli investigatori sono finiti soprattutto due
mega-progetti di Petrobras:
l’acquisto di una raffineria a Pasadena, in Texas, per cui i brasiliani hanno sborsato una cifra 27 volte superiore al prezzo
pagato, due anni prima, dalla
belga Astra Oil, e la costruzione
di una raffineria a Pernambuco, i cui costi si sono gonfiati a
dismisura nel corso degli anni.
Petrobras ha rinviato al 12 dicembre la pubblicazione della
trimestrale di bilancio. Puntare
sulle riserve off-shore scoperte
al largo del Brasile evidentemente non basta più.
Sara Gandolfi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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18
Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
ESTERI
Afghanistan, la paladina delle donne
sopravvive a un attentato kamikaze
Chi è
● Shrukria
Barakzai, 42
anni, ha aiutato
a gestire scuole
clandestine per
le ragazze a
Kabul durante il
regime
talebano
● Nel 2004
fece parte
dell’assemblea
che ha
approvato la
Costituzione. E’
in Parlamento
dal 2005
Anche durante il regime dei
talebani, Shrukria Barakzai
non ha mai lasciato Kabul, a
differenza di molti nella classe
istruita: è rimasta per insegnare in una scuola clandestina
per ragazze. Una volta, poiché
si trovava in strada senza il marito, la polizia religiosa la punì
con le frustate: un’umiliazione
che l’ha spinta a entrare in politica. Dopo l’intervento militare
a guida americana nel 2001, la
nota paladina delle donne afghane ha fatto parte dell’Assemblea costituente ed è stata
eletta deputata. E’ proprio in
Parlamento che si dirigeva ieri,
alle dieci del mattino, quando
un kamikaze alla guida di
un’auto si è lanciato contro la
sua vettura blindata facendosi
saltare in aria con un violento
boato.
I filmati girati dopo l’incidente e pubblicati su YouTube
mostrano la quarantaduenne
Barakzai che scende dall’auto
scossa ma sulle sue gambe,
reggendo due borse in mano.
Ha riportato ferite lievi al viso e
alle mani. «Sono sopravvissuta
— ha detto — grazie alle preghiere della mia gente». Tre
vittime, tra cui una giovane
studentessa, sono rimaste tra
le auto bruciate e sull’asfalto
coperto di vetri in frantumi. Vicino al cratere dell’esplosione
sorge un’università privata. I feriti sono una ventina.
I talebani hanno negato ogni
responsabilità per l’attentato.
Alla deputata comunque non
mancano i nemici. E’ nota per
la sua franchezza. Una volta ha
apostrofato i colleghi dichiarando: «Il nostro Parlamento è
pieno di signori. Signori della
guerra, signori della droga, signori del crimine». Ex giornalista, appare spesso alla televisione afghana e ha condotto
una campagna contro la poligamia (suo marito, che gestisce una compagnia petrolifera
e che, a differenza di Shukria,
non è riuscito a farsi eleggere
in Parlamento, prese una seconda moglie senza consultarsi con lei).
Barakzai è una alleata del
neopresidente Ashraf Ghani e
La deputata
Shrukria
Barakzai, 42
anni, abbraccia
una
sostenitrice. Un
kamikaze ha
preso di mira
ieri un convoglio
di vetture
blindate, tra cui
la sua, diretto in
Parlamento
(Afp)
potrebbe diventare ministra
per l’Istruzione o per i Diritti
delle donne: in un’intervista lo
ha definito «un dittatore morbido e costruttivo», aggiungendo: «Mi piace. E’ quello che
ci è mancato per molto tempo». A differenza di Karzai, che
ha governato per 13 anni e che
la deputata accusa di aver ce-
19
duto a troppi compromessi e al
clientelismo, secondo lei Ghani potrebbe portare il cambiamento, «a patto che i governi
occidentali non lo frenino poiché più interessati a stabilizzare il fragile governo nazionale». La conferma del nuovo
presidente è avvenuta solo a
settembre, dopo sei mesi di
tensioni e accuse di frode elettorale fra lo stesso Ghani e il rivale Abdullah Abdullah, che alla fine hanno raggiunto un accordo per un governo di unità
nazionale. Dopo l’insediamento, è stato firmato l’accordo per
la sicurezza fra Afghanistan e
Stati Uniti, che permette la permanenza, dopo il ritiro a fine
2014, di 10.000 militari Usa con
compiti di formazione e assistenza delle forze locali. Ma
l’attentato di ieri, l’ennesimo, fa
temere per la sicurezza (anche
delle donne) dopo il ritiro.
Viviana Mazza
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IL LIBRO «IO SONO MALALA»
❞
di Malala Yousafzai
La grande
sorpresa è
che adesso
è la voce di
mio padre a
svegliarmi.
Prepara la
colazione, fa
pure la
spesa e si
vanta:
«Sono
diventato
come una
donna»
È
trascorso un anno dall’uscita del mio libro e
due da quella mattina di
ottobre in cui i talebani mi spararono, mentre tornavo a casa
dalle lezioni su un autobus. La
mia famiglia ha affrontato molti cambiamenti. Siamo stati
prelevati dalla nostra vallata di
montagna nello Swat, in Pakistan, e trasportati in una casa
di mattoni a Birmingham, in
Inghilterra. A volte sembra così
incredibile che mi viene voglia
di darmi un pizzicotto.
Ora ho diciassette anni, ma
una cosa che non è cambiata è
la mia riluttanza ad alzarmi al
mattino. La cosa stupefacente,
invece, è che adesso è la voce di
mio padre a svegliarmi. E’ il primo ad alzarsi e prepara la colazione per me, mia madre e i
miei fratelli, Atal e Kushal. Ovviamente non lascia che il suo
impegno passi inosservato, e ci
tiene a far notare come spreme
le arance fresche, come frigge
le uova, scalda il pane e prende
il miele dall’armadietto. «È solo la colazione!» lo prendo in
giro. Per la prima volta nella
sua vita fa pure la spesa, anche
se lo odia. L’uomo che non sapeva il prezzo di un litro di latte
va tanto spesso al supermercato da conoscere la posizione di
tutti gli articoli sugli scaffali!
«Sono diventato come una
donna, un vero “femminista”!»
dice, e io per scherzo gli tiro
dietro qualche oggetto.
Poi io e i miei fratelli usciamo per correre ognuno in una
scuola diversa. E lo stesso fa
nostra madre Toor Pekai: questo è uno dei cambiamenti
maggiori. Per cinque giorni alla settimana va in una scuola di
lingue per imparare a leggere e
a scrivere, e anche a parlare inglese. Mia madre non ha ricevuto alcuna istruzione, e forse
è questo il motivo per cui ci ha
sempre incoraggiati ad andare
a scuola.
Un anno fa pensavo che non
ci saremmo mai ambientati,
invece comincio a sentirmi a
casa a Birmingham. Non sarà
mai come lo Swat, che mi manca ogni giorno, ma quando faccio un viaggio e poi torno, mi
sento a casa mia. Ho persino
smesso di pensare alla pioggia
costante, però mi viene da ridere quando le mie amiche di
qui si lamentano del caldo appena il termometro tocca i 2025 gradi. A me sembra primavera. Alla scuola nuova sto fa-
❞
Ritorno
alla vita
cendo amicizie, anche se la mia
migliore amica resta Moniba;
stiamo ore su Skype a raccontarci tutto. Quando mi parla
delle feste nello Swat, vorrei
tanto essere là. A volte parlo
con Shazia e Kainat, le altre due
ragazze ferite sull’autobus, che
ora stanno in Galles all’Atlantic
College. È difficile per loro vivere in una cultura così diversa,
ma sanno che è una grande opportunità di realizzare il loro
sogno, quello di aiutare la loro
comunità d’origine.
Il sistema scolastico qui è
molto diverso da quello del
Pakistan. Nella mia vecchia
scuola ero «quella brava». Qui
in Gran Bretagna, gli insegnanti si aspettano di più dagli studenti. In Pakistan scrivevamo
lunghe risposte ai quesiti. Si
poteva scrivere quello che si voleva; a volte i professori si stufavano e non leggevano fino in
fondo, ma davano ugualmente
voti alti! Può darsi che le aspettative fossero più basse perché
il solo fatto di andare a scuola
Il Nobel, i troppi compiti
e il papà «femminista»
«Il mio mondo
è cambiato ma io no»
Festa Malala
Yousafzai, 17
anni, durante la
«Giornata
internazionale
delle bambine e
delle ragazze»,
lo scorso 11
ottobre
(Ap/Susan
Walsh)
La nuova edizione
In libreria con Garzanti e in edicola col «Corriere»
La nuova edizione del libro «Io sono Malala», edito da
Garzanti, vede alcuni contenuti inediti, tra cui una nuova
prefazione (qui sopra, uno stralcio). Contiene anche una
nuova intervista alla studentessa pachistana
diciassettenne sopravvissuta a un attentato dei talebani e
vincitrice, quest’anno, del premio Nobel per la Pace.
Nelle edicole il libro sarà in vendita con il Corriere della
Sera a 12,90 euro più il prezzo del quotidiano.
Disponibile anche l’ebook nell’app per iPad Biblioteca
del Corriere a 8,99 euro.
era una sfida. A casa mia ero
considerata un’amante dei libri
perché ne avevo letti otto o nove. Ma nel Regno Unito ho conosciuto ragazze che hanno
letto centinaia di libri. Adesso
mi rendo conto di non avere
letto quasi nulla. L’anno prossimo farò la maturità e spero di
andare all’università a studiare
Scienze politiche e Filosofia.
Ho ancora la speranza di tornare nello Swat. Sono certa che
un giorno sarà possibile. Sogno di poter essere un personaggio influente nella vita politica pachistana, un giorno.
Purtroppo Maulana Fazlullah,
il capo dei talebani dello Swat
che mi hanno sparato, ora è il
capo dei talebani di tutto il
Pakistan. Questo ha reso ancora più rischioso il ritorno in patria. Ora la mia salute è buona. I
dottori dicono che ora il recupero del mio nervo facciale è al
96%. L’impianto cocleare ha
migliorato il mio udito. Non
soffro più di mal di testa e posso fare sport, purché gli altri
stiano attenti a non tirarmi una
palla in testa!
Quando ricevo un premio
mando il denaro nello Swat:
spero di aiutare i bambini ad
andare a scuola o gli adulti ad
avviare piccole attività, come
un negozio o un taxi, con cui
guadagnare soldi per la famiglia. Con il Malala Fund, ho avviato progetti in Giordania,
Pakistan, Kenya e Nigeria. Come dice mio padre, siamo gli
esuli trattati meglio al mondo,
in una bella casa, eppure daremmo qualsiasi cosa per la
nostra patria. Nell’ultimo anno
sono cambiate tante cose, ma
in realtà io sono ancora quella
Malala che andava a scuola nello Swat. La mia vita è cambiata,
ma io no. Se lo chiedeste a mia
madre, risponderebbe: «Sì,
forse Malala è diventata più
saggia, ma a casa è sempre la
stessa ragazzina litigiosa che
getta la camicia di qua e i pantaloni di là, la stessa ragazzina
disordinata che strilla sempre:
“Non ho fatto i compiti!”». Certe cose, anche se sono piccole,
restano sempre uguali.
Birmingham, luglio 2014
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ho persino
smesso di
pensare alla
pioggia
costante,
ma mi viene
da ridere
quando le
amiche si
lamentano
del caldo
appena il
termometro
tocca i 20
gradi
❞
Spero
ancora di
ritornare
nello Swat.
Quando
ricevo un
premio
mando i
soldi laggiù
per aiutare i
bambini a
studiare o
gli adulti
ad aprire
un’attività
Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
20
Cronache
Strage nel giorno delle vittime della strada
Scontro: una macchina sventrata, l’altra si spezza a metà e cade nel burrone. Sei morti in Calabria
A Lodi la tragedia di una bambina di 4 mesi sbalzata fuori dall’auto. Il Papa: «Prevenire gli incidenti»
CINQUEFRONDI(REGGIO CALABRIA)
183
Mila
Gli incidenti
stradali con
lesioni alle
persone nel
2013 in Italia
3400
Vittime
Le persone che
hanno perso la
vita nel 2013
negli scontri tra
veicoli in Italia
260
Mila
Quanti sono
stati i feriti
nel 2013
in seguito
agli incidenti
stradali
Sono morti sul colpo in sei.
Dopo uno schianto spaventoso.
Primo pomeriggio di ieri
lungo la statale 682 «Ionio-Tirreno», nei pressi dello svincolo
di Cinquefrondi. Ci sono quattro persone a bordo di una Mini Cooper: un avvocato, un farmacista, tutti giovani sui 25 anni — due sono fratelli — vengono da Siderno. E altre due
persone viaggiano su una Yaris,
padre e figlio, sono di Platì. La
dinamica è ancora da accertare. Alcuni automobilisti che
percorrevano la strada di Grande Comunicazione, hanno detto di aver notato la Mini Cooper
dirigersi in direzione di Rosarno. I quattro ragazzi sidernesi,
infatti, erano diretti allo stadio
per assistere alla partita di calcio tra il Rosarno e il Siderno, la
squadra della loro città. Forse
l’alta velocità potrebbe essere
una delle cause dell’incidente.
I soccorritori hanno accertato che il contachilometri dell’automobile su cui viaggiavano i quattro si è bloccato mentre segnava valori molto alti. Lo
scontro è stato frontale: la
Yaris si è spezzata in due. La
parte posteriore è rimasta sulla
carreggiata l’altra, con i due occupanti, è volata in un burrone
profondo una quarantina di
metri. Per estrarre i corpi dalla
Mini Cooper i vigili del Fuoco
INFOMOBILITY S.P.A.
CIG59923492D4
INFOMOBILITY S.p.A a Socio Unico (con
Sede Legale in Via Mentana n. 27 - 43121
Parma (PR) - telefono: 0521 1680200 - fax:
0521 1680231) ha indetto una procedura
aperta avente ad oggetto l’affidamento del
servizio di prelievo, trasporto, contazione e
consegna dei valori prelevati da parcometri
e punti vendita. Bando di gara integrale,
disciplinare di gara e gli altri atti di gara sono
disponibili sul sito www.infomobility.it.
L’aggiudicazione avverrà secondo il criterio
del prezzo più basso.
Scadenza per la presentazione delle offerte il
14/1/2015 Ora: 12.00. Apertura delle offerte
il 16/1/2015 Ora: 15:30 presso la sede della
Società.
Parma, 17/11/2014
A.U. Infomobility
Ing. Giovanni Bacotelli
Senza cintura
La piccola morta
in Lombardia era in
braccio alla madre che
non aveva la cintura
A Rimini
Altro incidente mortale
vicino a Rimini dove un
18enne ha perso la
vita: feriti 4 minori
hanno utilizzato la fiamma ossidrica. Vigili del Fuoco e polizia stradale hanno lavorato
dieci ore per completare i rilievi sulle due auto, ridotte a un
groviglio di lamiere. Pezzi della carrozzeria sono stati trovati
a decine di metri di distanza
dal luogo dell’incidente. Solo a
tarda sera la strada di collegamento tra le due coste è stata
riaperta al traffico.
La «682» è un’arteria di
Grande Comunicazione aperta
circa trent’anni fa per rendere
accessibile e più confortevole
l’utenza della jonica che deve
raggiungere l’autostrada Saler-
COMUNE DI SALERNO
SETTORE AVVOCATURA
Servizio Appalti - Contratti - Assicurazioni - Demanio e Patrimonio
ESTRATTO AVVISO DI GARA
Il Comune di Salerno deve appaltare l’affidamento del servizio di trasporto,
smaltimento e/o recupero, nelle piattaforme autorizzate, dei rifiuti depositati presso i centri comunali di raccolta denominati “Arechi” e “Fratte”.
Determina a contrarre n. 2840 dell’1.08.2014. CIG: 58748206D3.
La gara sarà esperita con procedura aperta e aggiudicata col criterio del
prezzo più basso ai sensi dell’art. 82, comma 2, lett. a) del d. Lgs. n. 163/06.
Le offerte dovranno pervenire entro e non oltre le ore 12:00 del 18.12.2014.
Il bando di gara è pubblicato sulla Gazzetta dell’Unione Europea n. 382546
dell’8.11.2014, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 128 del
7.11.2014, sul Bollettino della Regione Campania, nel sito del Ministero Infrastrutture, nel SITAR, all’Albo Pretorio e nel sito web dell’Ente all’indirizzo
http://www.comune.salerno.it/client/bandi/bandi.aspx.
Il Dirigente del Servizio - Avv. Mea Luigi
COMUNE DI SALA CONSILINA
PROVINCIA DI SALERNO - C.A.P. 84036
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO
Amministrazione Centrale
AVVISO PER ESTRATTO DI BANDO DI LICITAZIONE PRIVATA IN TERMINI ACCELERATI
Questa Amministrazione intende affidare in appalto i lavori per il potenziamento e l’ammodernamento dei
campus universitari di Fisciano e Baronissi (SA) - CIG 6000643F3D - CUP: D56B140000000001, mediante
licitazione privata in termini accelerati, con il criterio di aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa in base ai parametri dettagliati nel bando di gara. Importo a base d’appalto: € 6.815.252,80 compresi
oneri della sicurezza. Requisiti: i requisiti sono elencati nel bando integrale reperibile sul sito www.unisa.it
link: Enti e Imprese Finanziamento: bilancio di Ateneo in anticipazione a finanziamenti ministeriali. Termini
di esecuzione dell’appalto: 300 (trecento) giorni naturali, successivi e continui decorrenti dall’avvio dei lavori.
Termini di ricezione delle richieste di partecipazione: 01.12.2014, ore 13,00 per la consegna a mano, pena
l’esclusione. La richiesta di partecipazione, formulata utilizzando la modulistica allegata al bando integrale
ovvero riproducendola integralmente, dovrà essere presentata in linea con quanto previsto dal d.lgs. 163/06
e s.m.i., artt. 73,77 e correlati; è esclusa la possibilità di proporre domanda di partecipazione in via elettronica;
le domande di partecipazione presentate mediante telex o mediante fax devono essere confermate per posta
entro e non oltre il 01.12.2014 - ore 13:00 per la consegna a mano. Il bando integrale e la modulistica di
partecipazione alla procedura sono disponibili sul sito internet: www.unisa.it link - Enti e Imprese.
Fisciano 07.11.2014
Il Direttore Generale - Attilio A. M. Bianchi
SOGESID S.P.A.
PROCEDURA DI GARA aperta ai sensi dell’art. 53, comma 2 lett. b) del d. lgs. n. 163/2006
e s.m.i. per l’affidamento della progettazione esecutiva ed esecuzione dell’”intervento di ristrutturazione del sistema fognario urbano stralcio collettore centro storico - I Lotto funzionale” - Comune di Caivano.
CIG: 5143313C25. - CUP: I42I11000230001.
STAZIONE APPALTANTE: SOGESID S.p.A., Via Calabria n. 35 - 00187 Roma.
IMPORTO COMPLESSIVO DELL’AFFIDAMENTO € 2.156.524,81, di cui € 2.071.251,57
soggetti a ribasso e € 85.273,24 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso d’asta,
oltre I.V.A. ed oneri di legge se dovuti.
TERMINE ULTIMO PER IL RICEVIMENTO DELLE OFFERTE: 19 dicembre 2014, ore 12:00.
Per maggiori informazioni: http://www.sogesid.it, sezione bandi. Punti di contatto: Responsabile del Procedimento Arch. Giovanni Rabito - posta elettronica: sogesid@sogesid.it.
tel. 06.420821; fax 06.483574.
SOGESID S.P.A.
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legale e finanziaria
rivolgersi a:
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Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
Tel. 02 2584 6665
Fax 02 2588 6114
Vico II San Nicola alla Dogana, 9
80133 Napoli
Tel. 081 49 777 11 Fax 081 49 777 12
Via Campania, 59 C - 00187 Roma
Tel. 06 6882 8650
Fax 06 6882 8682
C.so Vittorio Emanuele II, 60
70122 Bari
Tel. 080 5760 111 Fax 080 5760 126
AREA TECNICA - SETTORE LAVORI PUBBLICI
Via Mezzacapo,44
tel. 0975-525281 fax. 0975-525268/33
AVVISO ESITO DI GARA
Artt. 65-66-122 del D.Lgs n. 163/2006
Oggetto: “Lavori di completamento finiture, decorazioni ed arredi del complesso auditorium teatro
polifunzionale cappuccini”. Importo lavori a base di
appalto €. 1.690.000,00 IVA esclusa. CIG 5820460B87 CUP - J39G13001110006.
IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO
RENDE NOTO
che le ditte che hanno fatto pervenire la propria offerta
nei termini previsti dal bando di gara sono n. 2;
che sono state ammesse alla gara entrambe le ditte
partecipanti;
che non ci sono state ditte non ammesse;
che la gara è stata indetta attraverso una procedura
aperta con il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa;
che con determina del Dirigente dell’Area Tecnica n.
n. 230 del, 16.10.2014 i lavori sono stati aggiudicati
in via definitiva, all’’ATI CO.ED. srl. - ITEC DI GRECO
MASSIMILIANO con sede in Via San Giacomo 84034
PADULA (SA), che ha ottenuto un punteggio complessivo di punti 100 e che ha offerto un ribasso del 4,95%
cui corrisponde un importo di Euro 1.513.820,90,
oltre oneri di sicurezza per Euro 97.342,56, non soggetti a ribasso, per l’importo complessivo di contratto
di Euro 1.611.163,46 , oltre le migliorie e le integrazioni offerte in sede di gara, come negli elaborati tecnici ed economici proposti in sede di gara;
SALA CONSILINA li 17.11.2014
IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO
Geom. Maurizio MONACO
no-Reggio. Ma nel tempo è diventata una strada della morte,
le vittime ormai si contano a
centinaia. Alcuni punti di quest’arteria sono rettilinei e questo spinge gli automobilisti a
percorrerla ad andature molto
elevate. Anche ieri, l’impatto
tra la Mini Cooper e la Yaris è
avvenuto in un tratto dove la visibilità era perfetta, così come
le condizioni meteo.
Non è stata l’unica tragedia
ieri sulle strade italiane. Proprio nella domenica in cui si
commemorava la giornata
Mondiale in memoria delle vittime della strada, istituita dal-
COMUNE DI SALA CONSILINA
PROVINCIA DI SALERNO - C.A.P. 84036
AREA TECNICA - SETTORE LAVORI PUBBLICI
Via Mezzacapo,44
tel. 0975-525281 fax. 0975-525268/33
AVVISO ESITO DI GARA
Artt. 65-66-122 del D.Lgs n. 163/2006
Oggetto: Opere infrastrutturali nell’area PIP frazione Trinità località Santa Maria degli Ulivi e Fontanelle - Completamento”.
Importo lavori a base di appalto €. 706.795,56 IVA
esclusa
CIG - 5820462D2D CUP - J36J14000000008
IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO
RENDE NOTO
che le ditte che hanno fatto pervenire la propria offerta
nei termini previsti dal bando di gara sono n. 3;
che sono state ammesse alla gara n. 2 ditte;
che non è stata esclusa n. 1 ditta;
che la gara è stata indetta attraverso una procedura
aperta con il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa;
che con determina del Dirigente dell’Area Tecnica n.
249, del 04.11.2014, pubblicata all’Albo Pretorio del
Comune in data 04.11.2014, sono stati aggiudicati definitivamente i lavori di “Opere infrastrutturali nell’area
PIP frazione Trinità località Santa Maria degli Ulivi e
Fontanelle - Completamento”, all’impresa ADINOLFI
GIOVANNI SRL, con sede in Via Nazionale snc. - MONTESANO SULLA MARCELLANA (SA), che ha offerto un
ribasso del 3,00% cui corrisponde un importo di Euro
662.380,42, oltre oneri di sicurezza per Euro 23.929,15,
non soggetti a ribasso, per l’importo complessivo di
contratto di Euro 686.309,57, oltre le migliorie e le integrazioni offerte in sede di gara, come negli elaborati
tecnici ed economici proposti in sede di gara;
SALA CONSILINA li 17.11.2014
IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO
Geom. Maurizio MONACO
AZIENDA OSPEDALIERA
S. CAMILLO FORLANINI
P.zza Carlo Forlanini, 1 00151 ROMA
TEL. 06/55552580 - 55552588 - FAX 06/55552603
ESTRATTO BANDO DI GARA
Questa Azienda ha indetto una gara a procedura
aperta per la fornitura biennale di protesi ortopediche,
cemento chirurgico e sostituti d’osso per la necessità
dell’Azienda Ospedaliera S. Camillo Forlanini, per un
importo pari a Euro 1.369.000,00 s/iva. La gara verrà
aggiudicata ai sensi del D.Lgs n. 163/06, art. 83. Le
offerte e la documentazione amministrativa dovranno
pervenire all’Azienda - c/o l’Ufficio Protocollo - P.zza
Carlo Forlanini, 1 - 00151 - Roma - entro e non oltre
le ore 12:00 del 16/01/15 pena l’esclusione. Entro la
stessa data dovranno pervenire i campioni e la documentazione tecnica. Il bando è stato pubblicato sui
siti internet www.regione.lazio.it, http://www.serviziocontrattipubblici.it e http://www.scamilloforlanini.rm.it/benieservizi a quest’ultimo indirizzo
verranno rese pubbliche le comunicazioni inerenti la
presente gara. Data d’invio GUCE: 10/11/14. Il Responsabile del Procedimento: Dott. Paolo Farfusola.
IL DIRETTORE GENERALE - Dott. Antonio D’Urso
SOGESID S.P.A.
PROCEDURA DI GARA aperta ai sensi dell’art. 53, comma 2 lett. b) del d. lgs. n. 163/2006
e s.m.i. per l’affidamento della progettazione esecutiva ed esecuzione degli “interventi di
urbanizzazione (fogna, rete idrica, pubblica illuminazione e strade al contorno della III Scuola
Media nel Comune di Caivano (NA).
CIG: 5261861110. - CUP: I48F11000070001
STAZIONE APPALTANTE: SOGESID S.p.A., Via Calabria n. 35 - 00187 Roma.
IMPORTO COMPLESSIVO DELL’AFFIDAMENTO € 436.771,65, di cui € 419.212,93 soggetti
a ribasso ed € 17.558,72 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso d’asta, oltre I.V.A.
ed oneri di legge se dovuti.
TERMINE ULTIMO PER IL RICEVIMENTO DELLE OFFERTE: 19 dicembre 2014, ore 12:00.
Per maggiori informazioni: http://www.sogesid.it, sezione bandi. Punti di contatto: Responsabile del Procedimento Arch. Giovanni Rabito - posta elettronica: sogesid@sogesid.it.
tel. 06.420821; fax. 06.483574.
SOGESID S.P.A.
Rottami
I soccorritori
sul luogo
dell’incidente
stradale di ieri
nei pressi del
comune reggino
di Cinquefrondi
(Albanese/Ansa)
l’Onu nel 2005, e che ricorre
nella terza domenica di novembre. Oltre alle sei vittime
calabresi, il fatto più grave si è
verificato in Lombardia. Una
bimba di quattro mesi è morta,
sbalzata fuori dall’auto dei genitori che si è scontrata con la
macchina di un pensionato a
Salerano sul Lambro, nel Lodigiano, lungo la provinciale 17.
La piccola era in braccio alla
madre e non sul seggiolone. La
violenza dello scontro l’ha catapultata fuori dall’abitacolo,
assieme alla mamma, che non
aveva cintura di sicurezza. All’arrivo del 118 la bimba respirava ancora, è spirata durante
il tragitto in ospedale. E ancora: un ragazzo di 18 anni è morto ed altri quattro giovani, tutti
di età compresa tra i 15 e 18 anni, sono rimasti feriti in uno
scontro a Poggio Torriana (Rimini).
All’Angelus, ieri mattina,
anche papa Francesco ha voluto ricordare le vittime della
strada. «Preghiamo per loro,
auspicando l’impegno costante nella prevenzione degli incidenti stradali come pure un
comportamento prudente e rispettoso delle norme da parte
degli automobilisti», ha detto
il Pontefice.
Carlo Macrì
cmacri@corriere.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
TRIBUNALE CIVILE DI BOLOGNA
Sezione Fallimentare
il giorno 12 dicembre 2014 ad ore 14,20 per il lotto n. 1 ad ore 14,30
per il lotto n. 1 ter e ad ore 14,40 per il lotto n. 1 quater
presso la sala delle udienze del Tribunale di Bologna
Via Farini n. 1 - Bologna
VENDITA SENZA INCANTO
DI COMPLESSO AZIENDALE DI LIVELLO NAZIONALE
DI PERTINENZA DEL FALLIMENTO RIZZOLI ORTOPEDIA S.P.A. N. 10/13
G.D. Dott. Pasquale Liccardo
CURATORE Dott. Marco Zanzi
Si procede alla vendita dell’intero complesso aziendale della società fallita avente come
attività principale “la progettazione, realizzazione e commercializzazione di dispositivi
ortopedici ed attrezzature ospedaliere in genere”.
1) La vendita comprende tutti i beni analiticamente indicati nelle relazioni peritali della
Dott.ssa Speziale, del Prof. Cantore e dell’Arch. Capponi depositate nel fascicolo
del fallimento, ad esclusione delle partecipazioni già alienate
CONDIZIONI DI VENDITA
Il prezzo base d’asta del lotto n. 1 è di Euro 5.000.000,00 composto dall’intero complesso aziendale come analiticamente descritto nell’avviso di vendita a cui si rinvia per
ogni dettaglio.
In caso di mancate offerte o di offerte non valide si procederà alla liquidazione del lotto
n. 1 ter al prezzo di € 11.600.592,00 composto dall’intero complesso aziendale oltre
ai crediti verso ASL; nell’ipotesi di ulteriore diserzione si procederà alla liquidazione
del lotto n. 1 quater al prezzo di € 9.200.592,00 composto dall’intero complesso aziendale comprensivo dei crediti verso ASL, ma privo dell’immobile dove ha sede l’azienda.
Le offerte in aumento non potranno essere inferiori ad Euro 250.000,00.
Modalità di pagamento Come indicato nell’Avviso di Vendita.
Ogni offerente, tranne il fallito e tutti i soggetti per legge non ammessi alla vendita,
dovrà depositare entro le ore 12 dell’ultimo giorno non festivo precedente quello delle
vendite, presso l’Ufficio Unico Vendite presso il Tribunale di Bologna, Via Farini n. 1,
unitamente all’istanza in bollo di partecipazione all’asta, la ricevuta di effettuato pagamento sul Conto Corrente bancario presso la Banca Unipol Banca, filiale di Bologna,
Via Farini n. 12, IBAN IT 03 K 03127 02408 0000 0000 2233 di una somma pari ad
€ 500,000,00. Per maggiori informazioni relative alle modalità di partecipazione alle
vendite rivolgersi al curatore della procedura fallimentare Dott. Marco Zanzi con
studio in Via S. Stefano n. 30 Bologna tel. 051/233914.
Avviso di vendita e verbale di inventario su www.astegiudiziarie.it.
FERROVIENORD S.P.A.
REGIONE MARCHE - ASUR
AREA VASTA 3 CAMERINO
AVVISO POSTINFORMAZIONE - CIG 513153871D
Denominazione: A.V.3 CAMERINO - Via C. Lili, 55
62032 Camerino U.O.C. Acquisti e Log. Oggetto: Aff.
Servizio ass. socio sanitaria Hospice Osp. di S. Severino M. Durata 36 mesi+op.ne rinnovo 24 mesi+proroga tecnica 6 mesi. Offerte: 5. Ditta aggiudicataria:
ATI ASS COOP/COOSS MARCHE. Importo di aggiudicazione: € 551.603,20 + iva.
Camerino 24 ottobre 2014
Il Rup - Dott.ssa Barbara Bucossi
Sede legale:
Piazzale Cadorna n. 14/16 - 20123 MILANO
Telefono 0285114250 - Telefax 0285114621
AVVISO DI GARA
Viene indetta la gara a procedura aperta ai sensi del
D.Lgs. 163/06 per l’affidamento dei seguenti lavori:
LAVORI DI PRONTO INTERVENTO E DI MANUTENZIONE ALLA SEDE FERROVIARIA ED AI MANUFATTI
LUNGO L’INTERA RETE BRESCIA-ISEO-EDOLO E DIRAMAZIONE BORNATO-ROVATO DEL RAMO AZIENDALE DI ISEO(CIG: 5991215B03). Importo a base
d’asta: €. 1.800.000,00 + I.V.A. a misura di cui:
€. 90.000,00= per oneri della sicurezza non soggetti
a ribasso d’asta (oneri diretti) oltre ad eventuale incremento fino alla concorrenza del limite di un quinto
di tale importo (ovvero ulteriori €. 360.000,00).
Somma assicurata €. 1.800.000,00 ai sensi dell’art.
125 del D.P.R. 207/10. Categoria prevalente: - OS1 Lavori in terra - € 1.080.000,00= classifica IIIbis fino
a €. 1.500.000,00=; Altre Categorie: - OG3 - Strade,
autostrade, ponti, ecc. - € 720.000,00= classifica III
fino a €. 1.033.000,00=. Il criterio di aggiudicazione
sarà quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 83 del D.L. 163/06) secondo i seguenti criteri: - offerta economica= 60 punti - offerta tecnica=
40 punti. Le offerte, redatte in lingua italiana, dovranno pervenire entro le ore 12,00 del giorno
9.12.2014 a FERROVIENORD S.P.A. - P.LE CADORNA
N°14/16 - UFFICIO PROTOCOLLO - 20123 MILANO.
Il bando integrale di gara è stato inviato per la pubblicazione alla GURI il giorno 4.11.2014. Il bando integrale di gara è altresì disponibile presso il Servizio
Gare, Appalti ed Acquisti - sito in Milano - P.le Cadorna
n°14, nonché all’indirizzo internet www.fnmgroup.it.
e sul sito dell’Osservatorio Regionale Contratti Pubblici Regione Lombardia.
L’AMMINISTRATORE DELEGATO
DOTT. ING. MARCO BARRA CARACCIOLO
Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
CRONACHE
Raid con le spranghe
al campo dilettanti
Tre feriti sugli spalti
Caso Pantani La denuncia della famiglia
Assisi
Botte a un 14enne,
un prof denunciato:
lo spettro omofobia
Roma, a volto coperto contro i tifosi dell’Ardita
Era la metà del primo
tempo. I tifosi gialloneri dell’Ardita San Paolo avevano
riempito gli spalti del centro
sportivo di Magliano Romano.
Una trasferta sentita sulla via
Flaminia: speravano nella prima vittoria fuori casa nel campionato di Terza categoria. Ma
all’improvviso, poco prima di
mezzogiorno, in tribuna sono
comparsi 50 incappucciati, armati di spranghe e bastoni. Al-
ROMA
L’impegno
La società è contro
agenti, calciatori vip e
sponsor. Solidarietà dal
figlio di Di Bartolomei
cuni con i caschi.
«La partita non c’entrava
niente — confermano i carabinieri —, era una spedizione
contro i tifosi ospiti». «Non
crediamo a un raid a sfondo
politico, di estrema destra —
spiegano dalla dirigenza della
società — perché se avessero
voluto colpirci avrebbero potuto farlo negli anni scorsi. Temiamo invece che ci siano collegamenti con il nostro impegno nel sociale sul territorio a
Roma Est, a Pietralata soprat-
La vicenda
● L’Ardita,
squadra di
calcio
dilettantistico
legata al
quartiere di
Roma San
Paolo, è nata
nell’estate del
2011
● Ieri era al
centro sportivo
di Magliano
Romano per
affrontare la
squadra di casa
nel campionato
di terza
categoria
● In tribuna è
comparso un
gruppo di 50
persone con
bastoni e
catene. Tre
persone sono
rimaste ferite
tutto, dove abbiamo aumentato tesserati e presenza. Siamo
scomodi per chi gestisce il calcio dilettantistico».
Il bilancio dell’aggressione è
pesante: tre feriti, di cui uno
grave, e tre contusi. Tutti supporter dell’Ardita, squadra di
azionariato popolare, protagonista di iniziative sportive anche con i centri sociali e altre
società romane. Un seguito
sempre maggiore di tifosi, con
slogan («Orfani del calcio di ieri, siam l’Ardita odiati e fieri»)
e comportamenti contro «l’infimo sistema delle scuole calcio per ragazzi, procuratoriagenti, calciatori-vip e mercenari, il merchandising e la selvaggia sponsorizzazione, la
politica e le banche, il falso fair
play e l’opinionismo spicciolo
divenuto religione».
Fra i primi a manifestare solidarietà a tifosi e giocatori c’è
Luca Di Bartolomei, figlio trentenne dell’indimenticato capitano giallorosso Agostino.
«Purtroppo — spiega — non è
la prima volta che vengono prese di mira realtà che provano a
proporre una diversa idea di
pallone. È devastante che accadano cose di questo genere».
La partita di Magliano è stata
interrotta dall’arbitro e non è
più ripresa. Uno dei feriti, un
21
«Gli infermieri
non videro la coca
che c’è nel video»
La difesa della famiglia Pantani ha depositato
alla procura di Rimini i verbali delle
testimonianze di tre infermieri che arrivarono
nel residence dopo la morte del ciclista e
hanno negato di aver visto la palla di cocaina
che compare invece nel video girato dalla
polizia scientifica. L’avvocato De Rensis
denuncia la manomissione della scena del
crimine e a giorni i magistrati dovranno
decidere se interrogare i tre.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ragazzo di 23 anni, è stato ricoverato in ospedale a Monterotondo per trauma cranico. Altri
due per fratture alle braccia. I
carabinieri della compagnia di
Bracciano hanno fermato alcune persone su due auto sulle
quali sono in corso accertamenti.
Le indagini sono appena cominciate. Saranno esaminati
anche i filmati delle telecamere
del centro sportivo che avrebbero ripreso le fasi dell’assalto.
«È stata un’azione pianificata
— dicono ancora dall’Ardita
—, lontano da Roma, dove
c’era il blocco del traffico. I teppisti sono arrivati su dieci macchine, noi eravamo una trentina. I tifosi del Magliano sono
rimasti paralizzati, non se
l’aspettavano nemmeno loro».
Dopo il blitz gli incappucciati sono saliti su diverse auto e si
sono allontanati indisturbati.
Rinaldo Frignani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
50
I componenti
del gruppo che
ha assaltato i
tifosi dell’Ardita
Martedì scorso, istituto
alberghiero di Assisi, lezione
pomeridiana di «Accoglienza
turistica», in classe il prof e 22
ragazzini del primo anno. Da
qui, le versioni divergono. Il
prof denunciato dai genitori di
un alunno: avrebbe picchiato e
insultato il quattordicenne («È
brutto essere gay e tu ne sai
qualcosa»). Il referto del
pronto soccorso
confermerebbe i lividi
(guaribili in 5 giorni) , la
polizia avrebbe trovato
conferme (da 3 compagni) e la
preside ha già spostato di
sezione il ragazzino. Ma il prof,
al telefono, si difende: «Stavo
spiegando l’importanza di
tutelare la privacy dei clienti,
di ogni razza, idea, tendenza
sessuale. I ragazzi si sono
messi a fare gli spiritosi: “In
albergo vengono anche i gay”?
Ed io: “Certo, ma essere gay
non è una brutta malattia...”.
Capito? Ho detto il contrario.
Ma quale omofobia!». E le
botte? «Mentre spiegavo, ho
visto che lui era distratto, l’ho
richiamato: “Oh, a te non
riguarda?”. E lui: “Uno diventa
gay dopo che conosce lei”. Io
allora, poiché era seduto
scomposto, con una gamba
fuori dal banco, sono passato e
gli ho dato un calcetto, l’ho
strattonato e gli ho detto:
“Metti dentro ‘ste gambe”.
Sono fatto così: potrei lasciarli
giocare coi telefonini, invece ai
miei ragazzi chiedo impegno».
Due verità e tanti dubbi.
Fabrizio Caccia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
22
Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
CRONACHE
QUANDO SOTTO INCHIESTA È LA RICERCA
Risultati e articoli inattendibili. La caccia alle manipolazioni nei laboratori
Chi è
● Enrico Bucci
(foto) è un
biologo
napoletano ed
ex ricercatore
del Consiglio
nazionale delle
ricerche
● Bucci si è
laureato con
lode in Biologia
molecolare
all’università
Federico II di
Napoli
● È coautore
di oltre
settanta
pubblicazioni
scientifiche
● Ha fondato
Biodigitalvalley,
una società
specializzata
nell’analisi ed
elaborazione di
dati biomedici
Enrico Bucci la chiama la
«wikileaks della scienza». È un
sito scarno, incomprensibile ai
non specialisti: battezzato Pubpeer (pubpeer.com), contiene
segnalazioni anonime su articoli scientifici ritenuti «sospetti». Bucci, biologo napoletano
ed ex ricercatore del Cnr, è partito da lì per indagare la correttezza della scienza italiana. E
insieme cercare il possibile antidoto a un problema che preoccupa la comunità dei ricercatori (non solo in Italia): il diffondersi crescente di frodi
scientifiche. «Ho analizzato
circa 3.500 lavori biomedici segnalati su Pubpeer — denuncia —, quelli firmati da italiani
sono 565: l’Italia è il secondo
Paese dopo gli Usa in termini
assoluti, ma il primo in percentuale sulla produzione scientifica. E l’università con la maggior percentuale di segnalazioni è la Federico II di Napoli»
(dove Bucci si è formato).
Lo scienziato italiano
che scopre i falsi dei colleghi
❞
Il luminare suicida
investire, per esempio, per sviluppare farmaci».
«Le frodi riguardano tra il 3 e
il 5% delle ricerche, salgono al
20% circa se si considerano altre forme di violazione di standard scientifici, come la lettura
troppo favorevole dei dati —
conferma Gerry Melino, professore di biologia all’Università di Roma Tor Vergata e fondatore della rivista Cell Death and
Differentiation —. A me è successo di scoprire articoli manipolati come editore e come direttore di dipartimento». L’ultimo caso è dell’anno scorso.
Il fenomeno però è globale:
ad agosto uno scandalo su dati
falsi ha indotto al suicidio il luminare giapponese dell’embriologia Yoshiki Sasai, 52 anni, che non ha retto la «profonda vergogna» di aver co-firmato senza adeguati controlli il
lavoro di una ricercatrice che
usava risultati inattendibili.
«Le carriere scientifiche e
l’assegnazione dei fondi di ricerca si decidono in base al numero di articoli pubblicati su
riviste specializzate — spiega
Bucci —. E c’è chi pur di pubblicare falsifica i risultati degli
esperimenti. Ma è molto pericoloso: su quei dati si decide se
«Ricercatori del mio dipartimento avevano pubblicato un
lavoro su Bmc Physiology, una
rivista inglese. Gli editori o i
lettori si sono accorti che qualcosa non tornava e ci hanno
chiesto verifiche», racconta
Melino (l’articolo è segnalato
come sospetto anche su Pubpeer). «Abbiamo chiesto gli
originali degli esperimenti ed è
risultato che i problemi riguardavano i dati di una sola ricercatrice, Gabriella Marfe: le figure riscontrate in laboratorio
non corrispondevano a quelle
pubblicate. Le abbiamo chiesto
Il lavoro ritrattato
Il biologo
Alterare i test è grave
Su quei lavori non
si decidono solo fondi
e carriere ma anche
farmaci su cui investire
❞
La senatrice Cattaneo
Serve un codice
deontologico nazionale
La comunità scientifica
deve estromettere
chi manomette i dati
conto e non ha saputo giustificare le divergenze: è stato molto triste. Era una ricercatrice
esterna venuta da noi per una
collaborazione di un anno e le
abbiamo revocato l’ospitalità».
Da allora Melino ha iniziato a
interrogarsi sulle misure da
adottare per evitare manipolazioni. Anche perché a differenza di altri Paesi europei come la
Germania (che lo ha introdotto
circa 15 anni fa quando due
scienziati sono stati scoperti ad
aver falsificato dati in 94 articoli) l’Italia non ha un codice deontologico per le università, né
leggi specifiche.
Le indagini penali
In alcuni casi interviene la
magistratura, anche in Italia. In
Umbria nel 2012 c’è stato il primo processo penale per una
frode scientifica: il professore
di gastroenterologia dell’Università di Perugia Stefano Fiorucci è stato rinviato a giudizio
per peculato e truffa con l’accusa di aver manipolato le immagini di una quindicina di articoli pubblicati tra 2001 e 2005 e
di aver abusato dei fondi pubblici di ricerca (Fiorucci si è
sempre detto innocente).
Al momento c’è un’indagine
su otto pubblicazioni prodotte
fra il 2001 e il 2012 dal gruppo
di lavoro del professor Alfredo
Fusco, professore ordinario alla Federico II di Napoli (ne ha
scritto Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera del 16 ottobre
2013). Fusco e il suo team, che
studia i meccanismi cellulari
all’origine dei tumori, sono accusati di aver usato immagini
di proteine o di geni «scattate»
in tutt’altri test e opportunamente duplicate, ribaltate o
manipolate per legittimare i loro risultati. La Procura ipotizza
che, falsificando i dati, si siano
appropriati indebitamente di
fondi per la ricerca.
La vicenda ha attirato l’attenzione di Nature, che a dicembre in un editoriale intitolato
«Chiamate la polizia» ha proposto di far tesoro dell’«esempio italiano» e riflettere sulla
possibilità di coinvolgere la polizia nelle indagini sui risultati
scientifici. Ma i poliziotti, che
non sono medici o biologi,
hanno la formazione adatta per
accertare le manipolazioni su
lastre di laboratorio e vetrini
cellulari? E cosa dovrebbero fare: controlli a tappeto su tutti
gli articoli pubblicati dalle università italiane?
Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
CRONACHE
In Europa
Gli articoli sospetti
La legislazione sulla correttezza
degli studi scientifici
Segnalazioni su Pubpeer
per nazionalità
in percentuale
sulla produzione scientifica
(elaborazione di Enrico
Bucci su dati Pubpeer)
Legge nazionale
che stabilisce
i criteri di
correttezza
della ricerca
0,13
Codice deontologico
sulla correttezza
della ricerca
(senza valore
di legge)
● La storia
Il legame tra gorilla e ragazza
che dura da ventitré anni
di Danilo Mainardi
0,04 0,04 0,04
Nessun
regolamento
o regolamento
non pervenuto
St
ITA
LI
A
at
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iti
gn
o
Un
ito
Isr
ae
le
Ieri e oggi Il gorilla Djalta con Tansy (foto Aspinall)
Fonte: europa.eu
Corriere della Sera
Il sistema di controllo
Una possibile soluzione arriva proprio da Bucci, che è anche l’autore dell’esposto da cui
sono partite le indagini della
magistratura su Fusco. Con la
sua società Biodigitalvalley
Bucci vende infatti analisi dei
dati biomedici e per assicurarsi
di usare sempre informazioni
corrette ha sviluppato un apposito software. Il programma,
chiamato Imagecheck, analizza
le immagini contenute negli
articoli scientifici e segnala
quelle che potrebbero essere
manipolate (in biologia le immagini sono di fatto i «dati»
con cui si lavora). «Ho verificato che il 70% delle segnalazioni
su Pubpeer corrispondono agli
errori rilevati con la mia procedura. Un 30% è “borderline”»,
spiega.
Il software è stato chiesto da
alcune importanti riviste scientifiche internazionali, che lo
stanno usando per vagliare i lavori da pubblicare. Ma Bucci
«A Tor Vergata
una ricercatrice
è stata allontanata
È una cosa triste»
In Giappone
un docente
si è tolto la vita
per la vergogna
23
Su «Nature»
L’editoriale pubblicato sulla rivista
Nature lo scorso 4 dicembre in cui
si parla delle indagini penali sugli
scienziati partendo dai casi dei
ricercatori italiani
vorrebbe che fosse impiegato
in modo sistematico. «Non
può essere solo la mia piccola
azienda a fare i controlli — dice
—. Sarei felice di affidare la
mia procedura a un’istituzione
internazionale che si faccia carico delle spese per “ripulire” la
letteratura scientifica».
L’appello di Cattaneo
A chiedere a gran voce un
«codice deontologico nazionale per la ricerca» c’è Elena Cattaneo, senatrice a vita e direttore del Centro di ricerca sulle
cellule staminali dell’Università di Milano. «Parte della comunità scientifica si sta muovendo per risolvere il problema
Il blog anonimo
«Su circa 3.500 articoli
segnalati come
sospetti su Pubpeer
565 sono italiani»
— assicura —. E sono orgogliosa che questa discussione
si sia aperta in Italia». Secondo
lei bisogna agire su tre livelli:
«Maggiore autoregolamentazione e controlli più stretti a livello di singoli laboratori, dipartimenti e università, che
possono prendere le prime
sanzioni sui ricercatori scorretti — dice —. Chi guida i laboratori ha sempre la responsabilità di mantenere l’integrità etica
della ricerca. Se poi i falsi condizionano l’assegnazione di
fondi o la carriera è giusto invece che intervenga la polizia. Infine, serve una verifica centrale
sui laboratori pubblici».
Alcune istituzioni, come
l’Ue, la prevedono già e mandano spesso i loro ispettori a controllare cosa fanno i laboratori
a cui hanno assegnato fondi.
«È urgente prendere provvedimenti — avverte Cattaneo —:
la scienza è per definizione ricerca della verità. Se qualcuno
manipola i dati mina le sue
fondamenta e deve essere messo fuori dalla comunità scientifica. Succede già molto spesso:
facciamo in modo che succeda
sempre».
Elena Tebano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il mercato
● Gli articoli
scientifici sono
diventati
fondamentali
per le carriere
al punto che in
Cina è nato un
mercato delle
pubblicazioni
● Lo ha svelato
un’inchiesta di
Science:
agenzie semiillegali vendono
a migliaia di
dollari articoli
già pronti
● Gli scienziati
che vogliono
migliorare il
loro curriculum
aggiungono a
pagamento il
loro nome agli
altri autori
U
na foto di una cucciola d’uomo tra le
braccia di un gorilla scattata in uno
zoo del Kent, dal papà della piccola
Tansy che oggi, 25enne, ricorda come era
naturale per lei avvicinarsi ai gorilla.
Un’esperienza indimenticabile per entrambi.
Sì, perché a 23 anni di distanza accade
qualcosa di commovente. Tansy e il padre
sono in Gabon dove quel gorilla, Djalta, era
stato reinserito in natura 12 anni prima. È da
allora che non lo vedono: vogliono
incontrarlo e accade. Djalta spunta dalla
foresta, si avvicina a Tansy e l’abbraccia. Una
storia dal sapore di fiaba. Ma anche una
storia di biologia, di comunicazione fra
specie diverse, ma vicine. Nel legame fra
Tansy e Djalta buon gioco l’hanno avuto i
segnali infantili. Lorenz definì
kindchenschema (baby schema in inglese) lo
specifico dei cuccioli, quell’insieme di tratti
che evoca, anche al di fuori della specie,
protezione e che blocca l’aggressività: testa
grossa, fronte convessa, occhi grandi,
guance paffute. La funzione antica è di
evocare, entro la specie, le cure parentali, poi
quei segnali hanno scavalcato la specie. È
così che Djalta ha tranquillamente coccolato
Tansy. Ma altro ancora ha saldato quel
legame. Il linguaggio gestuale infantile ha
molto in comune con la gestualità delle
grandi scimmie. E poi odori e stimoli tattili.
Così si è creata la memoria, per sempre
impressa nella mente brillante di Djalta.
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Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
CRONACHE
Adolescenti liberi dai pregiudizi
Con un incubo: essere grassi
Il sondaggio: no ai lavori domestici solo per le donne, aperti verso gli stranieri
L’Autorità
● Vincenzo
Spadafora
(nella foto) dal
novembre
2011 è il primo
presidente
dell’Autorità
garante per
l’infanzia e
l’adolescenza
in Italia
● L’Autorità
è un organo
monocratico
nato per
assicurare
la piena tutela
dei diritti e degli
interessi dei
minorenni in
conformità alla
Convenzione
Onu
La discriminazione vista dagli adolescenti può riservare
qualche sorpresa. A dispetto
dei proclami politically correct
degli adulti, infatti, per loro
vengono trattati meno bene gli
omosessuali (93%), i Rom
(92%), le persone grasse (87%),
gli africani (79%), quelli molto
poveri (72%), i disabili (72%), i
musulmani (68%) e, sorpresa!, i
meridionali (43%).
Sotto accusa, chi contribuisce alla diffusione dei pregiudizi: Internet e televisione, per
più di sei studenti su dieci.
Mentre lo sforzo di contrastarli
viene fatto soprattutto dalle famiglie, per quasi sette su dieci,
e dalla scuola, per la metà dei
1.002 intervistati dall’Istituto
Piepoli che ha accolto l’invito
dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza a interrogare i giovanissimi su razzismo
e stereotipi.
«Questo sondaggio rientra
in un disegno che prevede, tra
le altre cose, di monitorare il
mondo degli adolescenti, intercettarne le energie, individuarne le potenzialità e i bisogni ai quali ancora non siamo
riusciti a dare una risposta»,
spiega il Garante per l’Infanzia
Vincenzo Spadafora.
Il profilo che è emerso conferma il fatto che i ragazzini di
oggi sono molto meglio di come li disegnano. Lo si capisce
da certe risposte, che andrebbero lette ai loro genitori. Per
L’indagine
In generale, quali di queste «tipologie» di persone che ora ti leggerò
pensi che siano più spesso vittime di discriminazioni, cioè trattate
diversamente o meno bene rispetto alle altre persone?
Valori %
Omossessuali
Rom
Grassi
Di origine africana
Molto poveri
Disabili
Musulmani
Originari del Sud Italia
Di origine asiatica
Originari dell’Europa dell’Est
Di origine sudamericana
Molto ricchi 12
Originari del Nord Italia 8
Originari del Centro Italia 6
Sì
93
92
87
79
8
13
21
72
28
72
28
68
32
43
57
42
58
37
35
No
7
Ti è mai capitato Sì, sono
di vedere
intervenuto io
qualcuno
intervenire e/o
33
di intervenire
tu stesso quando
hai assistito a casi
di discriminazione?
63
65
No, non
mi è
capitato
26
%
41
Sì, mi è capitato di vedere
qualcuno intervenire
Secondo
te questo tipo
di discriminazioni
o diverso
trattamento
rispetto alle altre
persone...
Non è accettabile
in nessun caso
A volte
è comprensibile
86
%
88
10
4
degli adolescenti pensa che siano
Internet e la tivù a contribuire
alla diffusione dei pregiudizi
16%
è stato vittima
di discriminazione: nel 46%
dei casi perché grasso
vano per niente una cosa divertente e innocente. E infatti condannano totalmente i casi di
cronaca che hanno per protagonisti adolescenti presi di mira perché sovrappeso. Però l’essere grassi resta al centro del
maggior numero di episodi di
discriminazione ai quali assistono e che peraltro li hanno riguardati direttamente nel 16%
dei casi. Un dato che non sorprende Affinati: «A quell’età
uno studente sta provando la
sua identità. Può sembrare rigido perché è fragile, aderisce a
immagini preconfezionate, è
più influenzabile dai miti contemporanei che vede sui giornali o nel piccolo schermo». E
Spadafora aggiunge: «Queste
dinamiche fanno pensare che
ci sia sempre bisogno di una
sorta di perfezione e omologazione e di riflesso l’esigenza di
sopraffare il più debole, identi-
Scrittore-insegnante
Affinati: «A quell’età si
sta provando la propria
identità, si è influenzati
da Internet e tv»
92
Ci sono casi
in cui è giusto
94
Indagine dell’Istituto Piepoli realizzata dal 5 al 12 novembre 2014 mediante 1.002 interviste sul territorio nazionale con metodologia Cati
su un campione rappresentativo di adolescenti maschi e femmine tra i 14 e i 17 anni
66%
25
esempio: è giusto che siano soprattutto le donne a fare i lavori
di casa? Solo il 16% è d’accordo,
l’84% per nulla o poco. Così come non condividono le affermazioni di chi dice che un ragazzo straniero non sarà mai il
primo della classe; che se in tivù parlano di un furto o un crimine viene subito da pensare
che il responsabile potrebbe
essere un extracomunitario;
che se scoprissero che un compagno è gay lo eviterebbero in
modo che non si pensi che pure loro lo sono.
«In genere gli adolescenti
hanno meno pregiudizi rispetto a noi adulti, sono pronti a ripartire sempre con percezioni
magari inedite della realtà che
a volte sono proprio imprevedibili, non hanno preconcetti
iniziali, ti possono sorprendere», interviene lo scrittore Eraldo Affinati, forte della sua
esperienza di insegnante alla
Città dei Ragazzi di Roma.
Quando i compagni di classe
fanno gli spiritosi e prendono
in giro i coetanei per l’aspetto
fisico, gli intervistati non la tro-
❞
Cds
Il Garante
Vogliamo
intercettare
energie
e bisogni
dei ragazzi
ficato con il grasso».
Conforta, però, leggere che
per gli adolescenti le cose che
pensano li faccia apprezzare di
più da chi ancora non li conosce siano il carattere e la simpatia, con l’intelligenza e la cultura. Potessero cambiare qualcosa di loro stessi, magari vorrebbero essere più creativi o più
bravi a scuola. Non più belli.
Conclude il Garante: «In definitiva il messaggio per noi
adulti è che dobbiamo sgretolare la cultura dei giudizi “prima”. E quello può essere soltanto compito nostro».
Elvira Serra
@elvira_serra
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Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
CRONACHE
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Cambia l’insegna
che racconta la storia
dei nostri consumi
Piccadilly, all’asta dopo 24 anni lo spazio di Tdk
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
LONDRA La platea di consumatori che passa da Piccadilly Circus è immensa: 100 milioni di
persone all’anno, 71 milioni a
piedi, il resto in autobus o in taxi. Ma chissà quanti conoscono
la storia e il valore di quel «tesoro» di pubblicità che incombe sopra la loro testa, all’angolo
fra Shaftesbury Avenue e la
stretta Glasshouse street?
Sei rettangoli d’oro. E sono
d’oro perché tutti assieme regalano 40 milioni di sterline all’anno (50 milioni di euro) al
loro proprietario che è la Land
Securities, un gigante del business immobiliare commerciale
con un patrimonio di 9,7 miliardi di sterline (12 milioni di
euro). Settecentosessantasette
metri quadrati divisi per sei, sei
spot di luci e bagliori che accompagnano da un secolo la
tradizione e il costume di Londra. E l’addio di uno dei brand
che occupa uno dei sei rettangoli d’oro diventa per forza
evento. Evento pubblicitario.
Evento metropolitano. Evento
mondiale visto che Piccadilly
Circus, con Times Square a
New York , con l’area di Ginza
4-chrome a Tokio, è il tempio
dell’advertising luminoso, l’incrocio di una moltitudine di
consumatori. Da Piccadilly Circus si apre il West End dove nel
2013 si sono spesi 7,6 miliardi
di sterline (9,5 miliardi di euro)
in regali, souvenir, teatri, cinema, ristoranti.
Cambia la mappa dei brand
che dominano nel cuore di
Londra. La Tdk giapponese
(dvd, cd, nastri magnetici) ab-
Anni 60
L’angolo più
famoso di Londra
come appariva
con le pubblicità
negli anni
Sessanta: tra i
marchi quello
di Coca Cola
compare ogni
giorno dal 1955
lici per Londra, per il Regno
Unito, per il mondo. Ad accendersi per prime, nel 1908, furono le lampadine della Perrier. E
si sono spente solo quattro volte: durante la guerra mondiale,
poi nel 1965 per il funerale di
Winston Churchill, nel 1997
per il funerale di Lady Diana e
nel 2013 un’ora per la campagna del Wwf «Earth Hour». Nel
2002 Yoko Ono pagò l’equivalente di 200 mila euro per farvi
scorrere (tre mesi) la scritta
«Imagine all the people living
life in peace», il testo di John
Lennon.
I 767 metri quadrati di Piccadilly, con le sei finestre d’oro,
sono l’icona del capitalismo
consumistico. Ci sono passati
50 brand dall’inizio del Nove-
cento. Ne arriverà uno nuovo.
Ma forse, come si sussurra, in
un futuro non molto lontano i
rettangoli d’oro da sei si ridurranno a due. Meno marchi ma
più spazio per i due fortunati. Il
«bombardamento» su Piccadilly cambierà ancora.
Fabio Cavalera
@fcavalera
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nel 2014
Piccadilly Circus
con i marchi Coca
Cola, Samsung,
McDonald’s,
Hyundai, One
Piccadilly e, per
poco, Tdk
(foto dal sito www.
piccadillylights.co.
uk)
● Amarcord
La dattilografa
e gli spot luminosi
di fronte al Duomo
di Gian Luigi Paracchini
C
hi non ricorda la
dattilografa che
picchiava sui tasti
della macchina da scrivere?
Era la réclame semovente
della carta carbone Kores. E
l’omino in cappello che
alzava la scarpa illuminata
dal lucido Brill? Piccoli,
paciosi effetti speciali d’una
Milano che ha avuto una
sua luminosa, colorata
epopea pubblicitaria sulla
facciata del Carminati,
palazzo non incantevole ma
pur sempre dirimpettaio
del Duomo. Epopea accesa
a fine anni ’20, per
l’ammirato stupore anche
dei turisti e spenta nel 1999.
Forse perché ritenuta poco
decorosa per la maestosa
storia della piazza. Forse
perché diventata non più
profittevole per gli
inserzionisti. Certo niente
Sei tesori
Le insegne valgono 50
milioni di euro l’anno:
hanno una platea di
100 milioni di persone
bandona nelle prossime settimane i suoi 101 metri quadrati
dopo 24 anni di ininterrotto
bombardamento sulla testa del
povero Eros, la statua della fontana in mezzo alla piazza, che
fu lavorata a fine Ottocento dallo scultore Alfred Gilbert prendendo come modello un garzone di bottega italiano, Angelo
Colarossi di Frosinone. Aveva
conquistato il suo rettangolo
d’oro (21,1 metri per 4,8) per 4
milioni di sterline all’anno (5
milioni di euro), subentrando a
marchi storici, la Schweppes,
la Cinzano, la Bp, la Kodak. Affiancando la Coca Cola (che è lì
dal 1955 coi suoi 204 metri quadrati), la Hyundai arrivata nel
2011, la Samsung, McDonald’s e
«Piccadilly One», l’ultimo degli
schermi installati, nell’inverno
del 2013, gestito direttamente
da Piccadilly Lights, la società
che lo affitta per conto di Land
Securities.
Il bando è aperto per coprire
il «buco» della Tdk nei 767 metri quadrati di Piccadilly Circus.
La Wildstone, specializzata in
intermediazioni, è a caccia del
brand globale. Non può essere
altrimenti, per spesa richiesta e
per ciò che significa essere a
Piccadilly Circus. Le luci della
pubblicità che domina la fontana con Eros hanno segnato
momenti importanti e simbo-
da paragonare con
l’abbagliante parata di
Piccadilly Circus, né di
Times Square a New York o
di Shibuya a Tokyo e forse
troppo ingenua per il 2000.
Ma al di là della lusinghiera
citazione in una poesia di
Umberto Saba («...mi
riposo in piazza del
Duomo/Invece di stelle
ogni sera si accendono
parole») i milanesi ci erano
affezionati e nella vicinanza
cattedrale-insegne non
hanno mai colto alcun
conflitto sacro-profano. Al
contrario, soprattutto negli
anni ’50-’60, quel Carminati
edizione Carosello,
simboleggiava bene la
mobilità d’una metropoli
primattrice nella crescita
nazionale. Luci familiari e
in mille direzioni: dal
brindisi con Cinzano e
Sarti, alle suggestioni premodaiole con Pura Lana
Vergine e Confezioni Facis,
fino alla crema Kaloderma.
E sotto, nella versione più
recente, lo scorrere delle
ultime notizie. Fra l’altro
resta da stabilire quanto nel
tempo, a Carminati buio,
piazza del Duomo abbia
guadagnato decoro.
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Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
●
Sottovalutazione Sembra che in questa crisi la classe
politica italiana (Renzi e il suo governo, Berlusconi) sia in
Europa la più restia di tutte a prendere atto del fatto che,
sulla scena internazionale, non contano solo gli affari
ANALISI
& COMMENTI
SEGUE DALLA PRIMA
● Il corsivo del giorno
Gli occhiali magici di Google
non piacciono ai navigatori
Anche il gigante di Internet
può restare spiazzato
I
l segnale è inequivocabile: i Google Glass
svenduti a metà prezzo su eBay come la
versione superata di un telefonino o un
regalo di nozze sbagliato. Questa volta,
a quanto pare, l’ennesimo grande balzo in
avanti della rivoluzione digitale non ha
funzionato. Nel 2012 i dominatori del web
lanciarono un aggeggio che avrebbe dovuto,
semplicemente, cambiarci la vita. Un paio di
occhiali con visione normale, ma con una
finestra sul lato destro in grado di navigare
su Internet, connettersi con i Social network,
fotografare, filmare oltre che inviare mail,
sms e, naturalmente, telefonare. Insomma la
porta d’accesso a qualcosa di simile al
futuro fantascientifico, una via di mezzo tra
i racconti di Philip Dick («Minority report»)
e le imprese di James Bond. Ora, però,
riferisce l’agenzia di stampa Reuters, nove
su sedici fornitori delle «app» collegate ai
Google Glass, hanno deciso di interrompere
o abbandonare i progetti «per mancanza di
mercato o per limitazioni del prodotto». Altri
tre si dedicheranno solo alle possibili
prospettive industriali. Certo, sul sito
ufficiale restano attive 100 applicazioni:
molti videogame, più le praterie di Facebook
e di Open Table. Twitter, invece, ha
rinunciato.
Gli esperti si domandano per quale motivo
gli occhiali magici non abbiano sfondato.
Forse per una questione di prezzo: 1.500
dollari negli Stati Uniti, 1.000 sterline in
Gran Bretagna. O forse, come sostiene
qualcuno degli «sviluppatori», per un
concentrato eccessivo di tecnologia. È una
materia su cui vale la pena riflettere. Il
dominio della tecnica sembra incontrastato,
ma non tutte le novità sono a priori
destinate a un successo scontato e
irreversibile. Le necessità, i gusti, le
aspirazioni, i sogni dei consumatori restano
mobili, spesso imprevedibili. Anche un
gruppo come Google, il campione
dell’impasto tra comunicazione e marketing,
può rimanere spiazzato.
gsarcina@corriere.it
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analisi dei nostri
editorialisti e
commentatori:
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ensare che questo non muti irreversibilmente i rapporti in
Europa è segno di cecità politica. E difatti le relazioni fra
mondo occidentale e Russia
sono sempre più conflittuali,
come si è dimostrato anche in
occasione del G20 appena concluso. Ma l’Italia fa eccezione,
ha scelto di mantenere aperto
in ogni modo il «dialogo» con
Putin, dando l’impressione di
ignorare il cambiamento avvenuto (come hanno ben documentato Massimo Gaggi e Marco Galluzzo sul Corriere di ieri),
di ignorare soprattutto il riposizionamento strategico della
Russia per la quale, ora, gli occidentali sono di nuovo potenziali nemici. Il ministro degli
Esteri Paolo Gentiloni, nella
sua intervista al Corriere, dice
che occorre garantire sia l’autonomia ucraina che il ruolo della Russia. Gentiloni è un politico solido e competente (e pensiamo sia un bene che guidi la
Farnesina in un momento così
delicato) ma nel caso ucraino la
sua ricetta, sfortunatamente,
appare un po’ astratta e fuori
tempo massimo.
Più in generale, sembra che
in questa crisi la classe politica
italiana (Renzi e il suo governo,
Berlusconi) sia in Europa la più
restia di tutte a prendere atto
del fatto che, in politica internazionale, non contano solo gli
affari.
E veniamo al caso per noi più
inquietante di tutti, quello dello Stato islamico. Ormai continuamente il Califfo ripete che
prima o poi arriverà a conquistare Roma, e il fotomontaggio
di una Roma in cui sventolano
le bandiere nere dello Stato
islamico circola da mesi in Rete. Chi fa spallucce, chi pensa
che si tratti solo di una sbruffo-
CHIARA DATTOLA
P
di Giuseppe Sarcina
IL CALIFFO A ROMA?
NON È UNO SCHERZO
di Angelo Panebianco
nata, ha capito ben poco. Mai
come in questo caso è lecito dire che l’ignoranza uccide. Già,
perché il Califfo non sta facendo una sbruffonata a caso: sta
citando, nientemeno, il Profeta, sta citando il detto attribuito
a Maometto secondo cui arriverà un giorno in cui Roma, il
centro della cristianità occidentale, cadrà in mani islamiche. Tanti musulmani, di tendenze pacifiche, hanno sempre
pensato a quella profezia proiettandola in un futuro lontano
e indefinito. Invece, lo Stato
islamico sta dicendo ai musulmani di tutto il mondo che il
momento di prendere Roma si
avvicina e che questo verrà fat-
to con le armi. Diciamo che fischiettare o fare spallucce di
fronte a una dichiarazione di
guerra non sono gesti appropriati.
L’Italia pubblica è per lo più
in preda al wishful thinking ma
ci sono, fortunatamente, delle
eccezioni. A cominciare dal
presidente della Repubblica. Il
suo discorso del 4 novembre
sui pericoli che stiamo correndo richiedeva una discussione
meditata, non solo applausi di
circostanza.
E ha ragione il ministro della
Difesa Roberta Pinotti quando,
proprio appellandosi alle cose
dette da Napolitano, invita la
classe politica a non trattare le
forze armate come se fossero
un qualunque settore di spesa
pubblica improduttiva: da sottoporre a tagli anche a costo di
indebolirne le capacità operative. Le nuove minacce, dallo
Stato islamico al caos libico
(minacce, peraltro, strettamente connesse) richiedono
che non si facciano scelte miopi e autolesioniste in un così
delicato settore.
C’è uno scollamento preoccupante fra la realtà e le «narrazioni» pubbliche su di essa. Ridurre il divario fra il mondo come è e la nostra rappresentazione del mondo è essenziale
per la nostra sicurezza.
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Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
PROCESSO AL CLASSICO
LODE ALLO SCIENTIFICO
MA ANCHE A CICERONE
BASTA LICEI A MENÙ FISSO
di Andrea Ichino
Scelte Se ci culliamo
troppo nella «Grande
Bellezza» delle nostre
tradizioni, alla fine ci
mancheranno i soldi per
comprarci gli antibiotici,
gli smartphone, le
macchine non inquinanti.
Agli studenti serve un
mix di conoscenze
N
el processo di venerdì scorso al Carignano di Torino, il liceo classico è
stato assolto da tre capi d’accusa: non
preparare adeguatamente i giovani
per studi universitari scientifici; non
prepararli per le sfide che dovranno affrontare
nella società del futuro; aver contribuito a frenare la mobilità sociale nel nostro Paese.
Sotto processo, tuttavia, non era solo questo
tipo di liceo, ma una caratteristica ben più profonda della società italiana: l’idea che le conoscenze storico-umanistiche, il latino e il greco
siano essenziali, mentre le conoscenze tecnicoscientifiche e le lingue vive possano considerarsi un optional.
I testimoni della difesa, guidati da Umberto
Eco nel ruolo di avvocato, hanno convinto la
Corte argomentando che quello di cui i giovani
hanno bisogno è, prima di tutto, conoscere la
storia, l’arte e le lingue della loro civiltà. Luciano
Canfora, uno di essi, lo ha ben spiegato sul Corriere di ieri. Queste materie sono un requisito
indispensabile per dare ai giovani quella formazione mentale, quel metodo e quei valori senza i
quali non potranno essere buoni cittadini e
nemmeno dedicarsi, in seguito, a studi scientifici e alle lingue vive se proprio vorranno farlo.
Con le conoscenze storico-umanistiche si può
fare tutto, ma non è vero il converso per quelle
scientifiche.
Adriano Olivetti è stato citato ad esempio perché cercava solo ingegneri che avessero studiato
a fondo le materie classiche. A nulla è valso far
notare che l’azienda Olivetti non esiste più, dopo
aver trascinato nel baratro l’intero settore hi-tech nel nostro Paese, mentre Apple e Microsoft
sono ancora lì, sebbene Steve Jobs e Bill Gates
non abbiano, credo, frequentato il liceo classico. Oppure suggerire che per tradurre i linguaggi cifrati dei nazisti, i servizi britannici abbiano
assunto il matematico Turing, non un latinista.
Neppure hanno convinto le prove portate dal-
l’accusa, riguardo alla peggiore performance degli studenti del classico che tentano il test di medicina a Bologna e nei primi due anni di questo
corso di laurea. Oppure il dato che gli studenti
del classico che fanno domanda per la classe di
scienze della Scuola Normale passino l’esame
con frequenza molto inferiore a quella dei candidati dello scientifico. E questo nonostante
l’Istat mostri che i primi hanno famiglie più avvantaggiate economicamente e culturalmente.
La Corte ha ritenuto che l’evidenza statistica e i
numeri non siano fatti rilevanti per il giudizio.
In realtà, l’accusa, da me rappresentata come
Pm, non aveva nessuna intenzione di negare importanza alle conoscenze storico-umanistiche,
ma solo di suggerire che quelle tecnico-scientifiche non siano meno importanti e che non basti aver studiato la storia e la lingua dei greci e
dei latini per poter scoprire la struttura elicoidale del dna. I due mondi non sono in una contrapposizione intrinseca.
Se il tempo fosse dilatabile (come per Hermione nella saga di Harry Potter) potremmo
senza problemi imparare a leggere l’Odissea in
lingua originale per conoscere la culla della nostra civiltà, così come studiare i mitocondri per
conoscere l’origine della vita su questo pianeta.
Il tempo, però, non è dilatabile: le ore in una
giornata sono limitate. Così come limitate sono
le risorse in termini di spazi e di docenti, anche
se potessimo, come dovremmo, pagarli tanto
per averne di davvero bravi. L’economia è la
«scienza triste» perché una delle sue missioni è
ricordare al mondo che ci sono dei vincoli di bilancio: non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Per questo siamo costretti a fare
delle scelte, a equilibrare esigenze opposte. Ragion per cui l’accusa ha proposto di offrire ai
giovani scuole à la carte, non a menù fisso, che
consentano a ciascun studente di costruire gradualmente il proprio mix ideale di conoscenze
umanistiche, scientifiche e tecniche. Così accade in Germania, Paese che da anni ha abbandonato il suo rigido liceo classico.
La Corte, tuttavia, ha accolto la tesi contraria
della difesa secondo cui avere tutto è perfettamente possibile (una visione «et-et» in contrapposizione allo «aut-aut» dell’accusa) e quindi
non siamo condannati ad alcuna scelta imposta
da limiti di tempo e spazio.
Rispetto, come doveroso, le decisioni motivate della Corte. Temo però che se continueremo a
cullarci nella «Grande Bellezza» delle nostre tradizioni, alla fine ci mancheranno i soldi per
comprarci gli antibiotici, gli antidolorifici, le
macchine non inquinanti, gli smartphone e anche la tecnologia per la tutela del nostro meraviglioso patrimonio artistico. Beni che altri Paesi
avranno prodotto, come meschine formiche,
ma che saranno disposti a vendere a noi, cicale
erudite, solo se saremo in grado di pagarle.
Per non parlare del debito pubblico che già
abbiamo e che sarà difficile restituire solo con le
orazioni di Cicerone. Il quale, però, credo ci ricorderebbe che onorare quel debito è in primo
luogo un dovere morale.
andrea.ichino@eui.eu
© RIPRODUZIONE RISERVATA
●È
29
LA PAROLA FEMMINISMO
NON È (PIÙ) DA BUTTARE
COMMENTI
DAL MONDO
L’autorità ai tempi
della politica debole
Una rifondazione
quale autorità deve
●
❞ Didisporre
il potere per
orientare con efficacia l’arte
di governare? Su Libération
la filosofa e germanista
Avital Ronell riflette
sull’urgenza di una
rifondazione dell’autorità
alla luce dell’indebolimento
della politica. Chi comanda
non è mai in posizione di
sicurezza ed è l’ultimo a
poter spiegare la propria
legittimità, spesso relegato
nella posizione di «un re
inconsapevole ma potente».
La vera autorità «incoraggia,
protegge e crea le condizioni
favorevoli a suscitare
rispetto». Un antidoto a
violenza e repressione.
Addio lavoro,
è la casa
il fronte più caldo
una forza sociale
●
❞ C’è
che sta occupando con
consapevolezza sempre
maggiore gli spazi della
protesta lasciati liberi da
sindacati ormai ai margini:
i cittadini che scelgono di
condividere le loro storie di
disagio e trasformarle in
materia politica. Oggi il
fronte più caldo, scrive
Sarah Kwei sull’Observer,
non è più il lavoro ma la
casa. La battaglia per gli
alloggi in Gran Bretagna sta
dimostrando la capacità di
queste comunità di costruire
consenso e influire sui
processi decisionali, come
nel caso degli operai del
gruppo New Era 4. L’ultima
frontiera della solidarietà.
a cura di Maria Serena Natale
cominciata con il settimanale Time che ha
messo la parola «femminista» in una lista
nera, vicino ad altre
molto meno impegnative come
«basico», «letteralmente», «ma
per favore». Tutte espressioni
che secondo un sondaggio condotto fra i lettori sarebbe bene
archiviare e che non avrebbero
diritto di essere traghettate nell’anno che verrà, in quanto troppo abusate. È continuata con
una polemica feroce delle femministe non ancora estinte sulla
stampa e sui social network, ed
è finita con la direttrice del settimanale Nancy Gibbs che ha firmato un breve editoriale di scuse, con pubblica autocritica sulla decisione «di includere la parola in quella lista». Dando
apparentemente ragione a chi
considera il femminismo l’ultimo tabù.
Ma quella parola sfilata dalla
lista non è una vittoria per nessuno. E soprattutto non dà ragione né alle femministe storiche e neppure alla generazione
di donne più giovani, alle ventitrentenni che in buona fede credono che la parità di genere sia
raggiunta, e non vogliono più
sentirne parlare in termini ancora problematici.
Ma tanto meno possono cantar vittoria quelli che davanti a
discussioni su temi come la fecondazione, la parità salariale,
le donne leader, reagisce con livore ideologico e acribia da troller consumato: «Smettetela, basta, di nuovo le donne: siete vetero femministi!».
La decisione pragmatica della
direttrice di Time dimostra solo
che il problema della parità esiste ancora, che le femministe,
anziane o meno, non ce l’hanno
ancora fatta, e che chi, uomo o
donna, è convinto di aver raggiunto già un equilibrio, soffre
di miopia dell’ottimismo, perché
scambia per equità vera un equilibrio asimmetrico che in realtà
poggia ancora su uno squilibrio.
Dietro a questo apparente
equilibrio c’è la realtà dei numeri che dicono che non è così, che
si sono fatti grandi passi, ma la
disparità è ancora strutturale. Si
potrà cantar vittoria — femministe con diritto di cittadinanza
e società tutta — solo quando ci
sarà davvero equilibrio, per
quanto nella differenza.
Maria Luisa Agnese
© RIPRODUZIONE RISERVATA
IL RISCHIO «DISNEYLAND»
SULLE TRINCEE DEL 1915-18
M
ontagne e Grande
Guerra, ovvero il
rischio dello
sfruttamento indiscriminato che
stravolge ambiente e storia. Dal
Club Alpino Italiano (Cai) giunge un segnale di allarme che va
controcorrente e vale la pena
ascoltare: le celebrazioni per il
centenario della Prima guerra
mondiale hanno visto un rinnovato interesse per gli antichi
percorsi, le postazioni d’alta
quota, la vita quotidiana degli
Alpini e dei Kaiserjager (le
truppe da montagna austriache), assieme a tutti gli altri
corpi militari che dai due fronti
si batterono sulle crode.
Sono state rifatte intere vie
ferrate sulla base dei tracciati
di allora, ricostruiti i fortini, riscavate le trincee, riaperte le
gallerie. Il pericolo è però che
la tragedia di quel conflitto in
condizioni tanto estreme venga totalmente stravolta. «Sino a
pochi anni fa ci impegnavamo
per preservare la memoria e i
resti della guerra dall’oblio.
Ma ultimamente ci siamo ritrovati a dover lavorare in senso
opposto: dobbiamo difendere
quei luoghi dallo sfruttamento
indiscriminato e distorcente il
passato. Le trincee non posso-
no diventare la Disneyland degli Alpini. Possibile che in Val
di Sole alcuni ristoranti l’estate
scorsa proponessero un improbabile menù dell’Alpino,
dimenticando la fame patita allora?», si chiedeva poche sere
fa Marco Balbi, presidente della «Società Storica per la Guerra Bianca», durante un dibattito alla sede milanese del Cai.
Possibile che tra i passi Falzarego e Valparola siano state ricostruite numerose baite austriache con lamiera nuova di trinca
e legno perfetto a rovinare senza remora l’incanto del paesaggio e comunque con ben poca
attinenza con le baracche originarie?
I casi del genere abbondano.
«Un conto è ricordare, tramandare la memoria. Un altro è riportare la devastazione del paesaggio dove la natura aveva
impiegato un secolo a rimarginare le ferite della guerra», dicono al Cai.
Problemi simili e relativi ai
percorsi sul Carso erano stati
sollevati al festival «èStoria» lo
scorso maggio a Gorizia. È bene che gli enti preposti alla preservazione dei siti ne tengano
conto.
Lorenzo Cremonesi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
30
Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
31
Cultura
& Spettacoli
Inediti
S’intitola Howe and Hummel e racconta la storia di
due loschi avvocati nella New York del XIX secolo.
È una commedia musicale inedita di Joseph Heller
(nella foto, 1923-1999), lo scrittore americano
noto soprattutto per il suo romanzo contro la
guerra Comma 22 (uscito nel 1961, e pubblicato in
Italia da Bompiani). Il testo dell’opera teatrale, che
risale al 1962, è stato rinvenuto da uno studioso
della Durham University, Edmund Richardson,
nell’archivio della Yale University.
Scoperta in Usa
un’opera teatrale
di Joseph Heller
Novecento
La saga familiare, pubblicata da Adelphi, dell’autrice nata in Urss nel 1970 che scrive in tedesco
Un percorso di dolore e di speranza che passa attraverso le purghe staliniane, la guerra, la Shoah
di Pietro Citati
K
atja Petrowskaja è nata
a Kiev nel 1970: dopo
aver studiato Lettere all’Università di Tartu, in
Estonia, si è laureata a Mosca.
Dal 1999 vive a Berlino: collabora ad alcuni giornali russi e tedeschi, tra i quali la «Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung». Poi si è lasciata in parte
alle spalle il mondo russo, abbracciando l’inesauribile lingua tedesca e scrivendo in tedesco il romanzo Forse Esther
(Adelphi), che è uno dei libri
più belli, concentrati e drammatici della recente letteratura
europea. Non a torto, qualcuno
ha ricordato Austerlitz, il capolavoro di W.G. Sebald, da cui in
parte discendono l’invenzione
e lo stile.
Ciò che è fondamentale, nel
libro della Petrowskaja, è il
mondo ebraico, sebbene essa
dica apertamente che l’ebraismo è un mistero, e per quanto
si faccia, si dica, si cammini all’indietro, resterà per sempre
un mistero. Questo enigma si è
perduto: nei campi di concentramento, dove il gas tedesco
ha cercato di annullarne l’essenza; e nella memoria, incapace di conservarne la ricchezza.
La perdita lamenta sé stessa, si
deplora, si umilia, si accora. Di
qui nasce la ricerca della Petrowskaja che da un lato riesce
a cogliere tutti i fili del passato
e a raccoglierli e a snodarli, e
dall’altro fallisce e si chiude in
un silenzio disperato.
La ricerca conosce alcuni
punti di appoggio. In primo
luogo, zia Lida, che aveva taciuto su tutto, il marito, la sua sordità crescente, i compleanni
dei morti e degli uccisi, occultando radicalmente il mistero.
Una sola cosa era rimasta alla
luce: la famiglia di zia Lida e
della Petrowskaja insegnavano
la lingua ai bambini sordomuti,
aprendo scuole per sordomuti
in Austria-Ungheria, Francia e
Polonia. Suono dopo suono,
parola dopo parola, i bambini
Il riscatto dei sordomuti
Pregare nella lingua
dell’umanità più reietta
Katja Petrowskaja rievoca un mondo ebraico annientato
❞
Nel 1941
migliaia
di innocenti
furono
trucidati
dai nazisti
nei pressi
di Kiev
— quasi tutti orfani e vittime di
pogrom — impararono a pregare; e dopo cinque anni il loro
eloquio era così buono da risultare quasi indistinguibile da
quello di coloro che avevano
avuto nascendo il dono della
lingua e dell’udito. Quando
morì uno degli avi della scrittrice, l’intera Kiev sordomuta andò ai funerali: centinaia, migliaia di sordomuti dall’aspetto
pacifico e tranquillo; c’era quel
silenzio che regna soltanto
quando a intendersi bastano gli
sguardi.
Nel libro la lingua dei sordomuti ha un grande valore simbolico: è, in realtà, la sola vera
lingua umana, quella dei reietti
e degli esclusi, che rappresentano il culmine del mondo. La
Petrowskaja intende scrivere il
suo libro in questa lingua, simile per molti aspetti a Simone
Weil quando scriveva i Quaderni e l’Attesa di Dio. Ogni sillaba
che pubblica deve rivelare la ferita: la ferita ancora aperta che
non potrà mai guarire completamente. Tutto deve grondare
di sangue, di lacrime, sebbene
sia spesso l’ironia a mettere in
luce e nascondere il sangue e le
lacrime.
L’altra figura fondamentale
di Forse Esther è la nonna, Rosa. «Sono passati molti anni da
quando la mia babuška è morta, ma io continuo a ritrovare le
sue forcine per i capelli, quelle
forcine sovietiche di un metallo
nero e flessibile, ormai scomparse dal commercio con la disgregazione dell’Impero… Trovo le forcine di Rosa in ogni città del mondo, negli alberghi e
negli appartamenti alti, come
se Rosa vi avesse brevemente
soggiornato, prima del mio arrivo, come se lei sapesse che mi
ero sperduta e mi mostrasse la
via di casa in casa con le sue forcine». La nonna scriveva continuamente: non cambiava foglio, ma scriveva pagine e pagine sullo stesso foglio; una riga
aggettava sulla successiva,
un’altra vi si posava sopra e tutte si sovrapponevano l’una all’altra come increspature di
sabbia sulla spiaggia. Intanto
Rosa diventava cieca: la sua vista si ottenebrava, mentre l’udito si faceva sempre più acuto e
sensibile, così da consentirle di
udire suoni che non conosceva
nella sua giovinezza.
Il racconto della Petrowskaja
si estende e si allarga e raggiunge i tempi della madre: i tempi
della persecuzione sovietica e
nazista. Prima i processi del
1936-38: dove una prova inattendibile generava la successiva
prova inattendibile, e quanto
più inattendibili erano le singole parti della costruzione, tanto
più reale risultava l’insieme del
processo. Poi i massacri del
1941 a Babij Jar a fine settembre
quando Kiev, la più antica città
russa, dove da un millennio vivevano ebrei, diventò all’improvviso Judenfrei — ripulita
dagli ebrei. Trentatremilasettecentosettantuno persone vennero uccise in un giorno solo.
Poi i massacri continuarono
per due anni: prigionieri di
guerra, partigiani, marinai, giovani donne, altri ebrei della regione, passanti catturati per
strada, zingari, sacerdoti e nazionalisti ucraini: in tutto tra
cento e duecentomila persone.
Nell’estate del 1943, mentre
l’Armata Rossa si avvicinava a
Kiev, i trecento prigionieri del
vicino campo di concentramento di Syrez furono obbligati dai tedeschi a dissotterrare
giorno e notte i morti, ad ammucchiarli in cataste di duemilacinquecento cadaveri ciascuna, a darvi fuoco e poi a sbriciolare le ossa. I prigionieri vennero costretti a cancellare le
tracce, prima di essere a loro
volta uccisi, di modo che anche
chi aveva visto venisse cancellato, e alla fine non restasse più
nulla: non un nome, non una
traccia, non un racconto, non
una lapide, non una tomba. Per
vent’anni non ci fu a Babij Jar un
solo segno che ricordasse il
massacro. All’assassinio subentrò il silenzio — che ora la Petrowskaja annulla, nella sua
amorosa ricerca di tutti i morti
e dei loro nomi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il romanzo
● Il romanzo
Forse Esther di
Katja
Petrowskaja
(nella foto Dpa)
è pubblicato in
Italia da
Adelphi
(traduzione di
Ada Vigliani,
pagine 241,
18)
● L’autrice,
nata a Kiev nel
1970, vive dal
1990 a Berlino
dove collabora
con la stampa
tedesca. Nel
2013 ha vinto il
premio
Ingeborg
Bachmann con
un capitolo di
Forse Esther
Marc Chagall
(1887-1985)
Introduzione al
teatro ebraico
(1920). Galleria
Tretjakov,
Mosca
IN
PRINCIPIO
Dalla nascita dell’Universo
all’origine dell’arte
Complesso Monumentale
del Broletto
Via Fratelli Rosselli, 20
NOVARA
29 | 11 | 2014
6 | 4 | 2015
Info: 199 151 115
www.mostrainprincipio.it
Con il patrocinio di
MIBACT Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo - MIUR Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
La mostra è promossa da
Prodotta da
Organizzata da
In collaborazione con
Partner di comunicazione
Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
32
A soli
€ 3,80
anche
Idealei casa.
fuor 0 ml
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Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
Venezia
Anche i liceali
sostengono
il «sublime Canova»
TERZA PAGINA
La difesa del patrimonio del Paese dovrebbe
cominciare dalla scuola. Per questo è una bella
notizia che un istituto scolastico sostenga con
donazioni un bene artistico. Accade a San Donà di
Piave (Venezia) dove studenti, famiglie, insegnanti
e personale non docente del liceo classico
«Montale», hanno risposto all’appello di Venice
Foundation per il Museo Correr. Si tratta del
«Sublime Canova», progetto per recuperare
l’originario carattere unitario della raccolta dello
Elzeviro / Unamuno e Bobbio
PROSPETTIVE
UMANISTICHE
DELL’EUROPA
Segna
libro
scultore, mettendo in evidenza la sua speciale
«venezianità». Al restauro della sezione del Museo
di piazza San Marco hanno contribuito con Venice
Foundation, American Friends of Venice
Foundation (succursale americana) e il Comité
Français pour la sauvegarde de Venise. Il nuovo
percorso espositivo del «Sublime Canova» sarà
presentato domani al Correr. Franca Coin,
presidente di Venice Foundation, è in prima linea
nel tenere alta l’immagine della città. I suoi progetti
33
di difesa dei beni culturali si concretizzano con i
quattrini dei privati. Idea colta dai liceali di San
Donà di Piave. Dice Franca Coin: «In un’epoca di
scadimento dei valori, le virtù di Canova fanno da
contraltare. Anche da qui la mia adesione convinta
al “Sublime Canova”, che rientra nel più ambizioso
progetto del “Grande Correr”, portato avanti dalla
direttrice Gabriella Belli».
Marisa Fumagalli
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La festa de «la Lettura»
di Giuseppe Galasso
P
er Miguel de Unamuno, che la Spagna
non partecipasse alla Prima guerra
mondiale non era frutto di lodevole
saggezza. Era la dimostrazione di un’arretratezza economica e civile. L’esiguo sviluppo industriale vietava di partecipare a una
grande «guerra industrializzata» il cui esito,
più che dalle armi, dipendeva «dalla conversione bellica delle arti e delle industrie pacifiche». Inoltre, si legge nel libro L’agonia dell’Europa (Medusa, pp. 126, 14,50), governo e
conservatori temevano gli effetti rivoluzionari
della guerra. Temevano che nella guerra si
giocasse anche «il futuro interno del Paese».
Si trattava di una neutralità, quindi, «forzata e
vergognosa». Quella guerra, secondo Unamuno, opponeva il militarismo aggressivo dei
regimi autoritari e conservatori, l’imperialismo di «popoli predatori», che conservavano
lo spirito brutale dei popoli barbarici, alle democrazie e ai loro eserciti non di professionisti, ma di «un popolo civile in armi».
Il nazionalismo domina, in effetti, l’orizzonte politico di Unamuno, che ne distingue due
tipi assai diversi: quello che rivendica un diritto nazionale, riconosce e rispetta il diritto internazionale ed esclude lo spirito di conquista,
e quello che si trasforma in aperto imperialismo, disconosce il diritto nazionale e il diritto
internazionale e si nutre dello spirito di dominio. Questo nazionalismo imperiale è da lui
respinto anche nella tradizione spagnola dell’Inquisizione, dei conquistadores, della monarchia assolutista. La stessa Società delle
Nazioni non lo soddisfa: essa si limita ad associare nazioni esclusiviste, chiuse nei loro confini, facili al protezionismo. In ultimo, la sua
visione esprime un nero pessimismo: «La
guerra ha distrutto molto — uomini, sentimenti, valori... — e la pace non sembra in grado di ricostruire granché; anzi, forse non ricostruirà proprio niente, o quasi».
In queste foto (servizio di Pietro Baroni), alcuni ospiti
della festa per il terzo compleanno de «la Lettura» ieri in
Sala Buzzati a Milano. Da sinistra, in senso orario: Emis
Killa, Arturo Pérez-Reverte, Donato Carrisi e Toni Servillo
Hemingway e il
ragazzo che
suonava la
tromba (Il
battello a
vapore,
pp. 192, 10)
è il romanzo di
Luisa Mattia
che racconta
una storia di
amicizia e di
lealtà tra il
futuro scrittore,
che presta
servizio nella
Croce Rossa, e
un ragazzo
italiano al
fronte. L’opera,
con gli utili
approfondimenti di Paolo
Colombo,
inaugura una
collana di
romanzi storici
per ragazzi di
10-12 anni
dedicati alle
vicende della
Prima guerra
mondiale.
✽ ✽ ✽
Pessimismo giustificato. Norberto Bobbio
registrava nel 1984 con amarezza il verificarsi
dei rischi adombrati da Unamuno. Nel 1945,
diceva, «l’Europa era distrutta. Si era da se
stessa distrutta». Solo in seguito si era scoperto che, «nonostante tutto, era sopravvissuta».
E ciò grazie ai suoi «intellettuali migliori che
ne avevano serbato la memoria, ne avevano
ricostruito la storia, ne avevano mantenuto
vivo lo spirito». Ne era stata rafforzata la spinta
all’unità europea mentre, con la «guerra fredda», l’Europa era di nuovo divisa in due campi.
Umberto Campagnolo, fondatore della Società
europea di cultura, ritenne allora necessario
«salvaguardare l’unità spirituale dell’Europa»
con una pratica assidua del dialogo e che
«questo fosse il compito specifico degli uomini di cultura», il loro «compito “politico”».
Con Campagnolo Bobbio consentì appieno.
L’Europa doveva, per lui, riprendere «coscienza della sua più profonda vocazione che l’ha
portata a esplorare la terra, a prendere contatto coi mondi in sé chiusi di altre civiltà e che
sola può rendere possibile l’unificazione del
mondo verso la quale sembra sia fatalmente
orientato il destino dell’uomo»: unificazione
intesa come «un’opera morale nel senso più
rigoroso del termine» e condotta nel segno
dell’«idea universale dell’uomo». E in questo
senso valeva «il concetto dell’Europa come
civiltà dell’universale».
Così, la guerra del 1914 aveva lasciato Unamuno scettico e sfiduciato, buon profeta di
nuove sciagure dell’Europa, che si erano puntualmente verificate. La guerra del 1939 aveva,
invece, convinto Bobbio circa un rinnovato
destino «universale» dell’Europa, rimesso
soprattutto all’«Europa della cultura», autonoma e diversa da quella politica degli Stati e dei
partiti.
Astrattezza utopistica? Forse, ma certo più
aperta alla vita e alla storia di quanto non fosse
la delusione di Unamuno per l’inconcludenza
della «Grande guerra».
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William Heath
Robinson
(1872-1944)
fu un geniale
illustratore
londinese.
In Gran
Bretagna
«Heath
Robinson» è
oggi una
espressione
idiomatica per
un marchingegno complicato
e inutile; in
America
«Heath
Robinson» ha
dato il nome a
una macchina
che decifrava
codici nella
Seconda guerra
mondiale.
Elliot propone
ora una
selezione di
sue tavole in
Macchine e
invenzioni
bizzarre (pp. 96,
19,50)
a cura di
Severino
Colombo
Voci da tutti i Paesi dell’Expo
BookCity sarà internazionale
Al lavoro per il 2015. Centotrentamila presenze: ieri grande chiusura
di Cristina Taglietti
A
rchiviata la terza edizione, già si pensa alla
quarta. BookCity chiude con un grande successo: 130 mila presenze nonostante gli scioperi e le manifestazioni di venerdì, il diluvio e
gli allagamenti di sabato. Quasi
mille eventi (975 per la precisione), 1.900 ospiti, 250 sedi,
265 case editrici coinvolte, 20
mila studenti e il successo «di
un formato che è in continua
evoluzione e che ogni anno diventa più ricco e più ampio»
dice l’assessore alla Cultura del
Comune di Milano, Filippo Del
Corno. Un’edizione, giovane e
social (l’hastag #BCM14 è stato
più volte tra i trend topic), che
ha voluto estendersi per mostrare «l’identità anche culturale della nascente città metropolitana», continua Del Corno.
È la vittoria del modello Milano: «Con tante voci e luoghi
culturali, con tanti editori e
protagonisti di primo piano —
dice Piergaetano Marchetti,
presidente del comitato promotore — Milano non poteva
sopportare un evento programmato dall’alto, una direzione forte. Questo era l’unico
possibile». Così il festival diffuso, aperto, inclusivo è diventato una realtà affermata e Milano si è ricordata di essere, da
sempre, la capitale del libro.
Un convegno a Roma
La lupara e l’aspersorio
Quanti boss finti devoti
di Alberto Melloni
I
n Calabria papa Francesco
ha parlato di scomunica per
i mafiosi, con un salto di
qualità nella teologia della liberazione dalla mafia avviata da
Paolo VI. Anche la ricerca ha
fatto la sua parte in questi anni,
dagli studi di Salvatore Lupo a
una recente puntata de Il tempo e la storia di Massimo Bernardini. Tuttavia il convegno
«L’immaginario devoto tra organizzazioni mafiose e lotta alla mafia», che si tiene il 20-21
novembre alla Casa della memoria e della storia di Roma
per iniziativa di Lucia Ceci e
Tommaso Caliò, segna uno
sforzo inedito e una svolta.
Studiosi di mezza Europa
(Alessandra Dino, Deborah
Puccio-Den, Federico Ruozzi,
Francesca Sbardella e molti altri, fra cui don Luigi Ciotti)
esplorano le fonti in cerca di
domande nuove: dal primo Novecento al processo di beatificazione di don Puglisi, dalle
omelie bergogliane alla narrativa delle vittime di mafia, dalla
morale familista all’esproprio
mafioso delle feste popolari.
Un lavoro scientifico, non
esaustivo: in futuro si dovrà
toccare la relazione diocesi-latifondo, originaria nel legame
con le famiglie; o la politica democristiana, che si trova in casa l’indulgenza di Andreotti e
l’intransigenza di Scotti.
Il convegno di Roma è un segno di speranza e di responsabilità degli studiosi. Oggi, sotto
la superfice degli affari, nelle
proteste che agitano il mondo
desindacalizzato, perfino nella
quiete che avvolge le grandi capitali mafiose, si sente il rumore sordo di chi ridisegna reclutamenti strategici, che la noncuranza dei pubblici poteri
rende ancor più inquietante.
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«Se è pieno il locale dove si
parla dei Beatles e c’è gente in
piedi nella sala in cui si discute
di poesia moderna significa
che BookCity risponde alle tante domande, ai tanti bisogni
dei milanesi. Molti ci sono venuti a cercare, dalle parrocchie
alla forze armate, proponendoci i loro progetti, siamo aperti a
tutti». Marchetti pone l’accento
sulle novità di quest’anno, soprattutto l’impegno delle università («Soltanto la Statale
aveva un centinaio di eventi, ha
festeggiato con noi i suoi novant’anni»), mentre una conferma è quella arrivata dalle
scuole.
Per il 2015 BookCity ha già
annunciato un’edizione specia-
le che si svolgerà l’ultimo
weekend di ottobre in concomitanza con la chiusura di
Expo e che vuole lavorare in
modo sinergico.
I contenuti sono tutti da costruire, ma l’idea — dice Marchetti — «è di valorizzare il carattere internazionale della
manifestazione, quindi voci
che vengano da tutte le culture
del mondo. Ci piacerebbe raccontare tutti i Paesi rappresentati attraverso le loro espressioni letterarie. E anche i luoghi,
tenendo fermo il Castello Sforzesco come cuore della manifestazione, potrebbero essere arricchiti aprendo anche a quelli
dell’Esposizione».
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Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
SPETTACOLI
Il sovrintendente
Pereira: farò di tutto
per riportare Muti
sul podio della Scala
Riccardo Muti alla Scala? «Farò tutto ciò che posso
per riportare il maestro a Milano» ha assicurato ieri
il sovrintendente del Piermarini, Alexander Pereira
(nella foto), intervistato da Armando Torno nel
programma «Musica Maestro» di Radio 24.
«Quando dico (e Riccardo Chailly dice la stessa
cosa) che vogliamo veramente riportare Riccardo
Muti non è modo di farsi belli di fronte al pubblico,
è una cosa che è molto forte nel mio cuore».
Perché Muti, continua Pereira, «dopo tutto quello
che è successo a Roma, non ha più un vero piede
in Italia a parte la bellissima attività con la
Cherubini. Noi abbiamo un’amicizia forte, ci siamo
visti l’ultima volta a Salisburgo, mi ha dato molta
forza per il mio lavoro, e non dimenticherò un
secondo questa idea». Pereira aveva già detto di
voler riportare Muti alla Scala qualche settimana
fa. «L’Italia — aveva sottolineato il sovrintendente
della Scala — non può lasciare senza domicilio le
sue idee artistiche».
L’intervista
Protagonista
del concerto
con suor Cristina
e Patti Smith
La boyband
One Direction:
scoperta dell’eros
nel nuovo disco
Q
L
a dance conquista anche
il Natale. La scorsa estate
è stata territorio di conquista per i suoni elettronici, da Avicii a Calvin Harris
i deejay sono usciti dalle discoteche e dagli aperitivi in spiaggia per arrivare nelle classifiche. Cambia la stagione ma
non cambia la musica. Fra gli
ospiti della 22ª edizione del
Concerto di Natale, il tradizionale appuntamento benefico
in onda su Rai2 la sera della Vigilia, ci sarà anche Bob Sinclar.
Il deejay francese è nel cast
dello spettacolo, che sarà registrato il 13 dicembre all’auditorium Conciliazione di Roma,
assieme a Patti Smith (con la figlia Jesse Paris), Alessandra
A m o ro s o , Re n zo A r b o re ,
Imany, suor Cristina, Dolcenera, Chiara Galiazzo e altri. «Oggi tutto è dance music. Tutti gli
artisti vogliono essere prodotti
da un deejay o fare una canzone dance» commenta il
45enne.
Solo qualche anno fa la parola discoteca faceva coppia con
sballo. «Una quindicina di anni
fa nelle interviste mi chiedevano sempre di rave e droga. Non
sapevo come rispondere: sono
sempre stato lontano da anche
da alcol e sigarette. Col tempo
ho creato un’immagine diversa
del deejay, l’ho portata ad avere
lo status dell’artista».
La Francia è stata la culla del
movimento e David Guetta l’ha
portato in tutto il mondo. «Tra
di noi non c’è competizione.
Riconosco il talento di un ragazzo che ha avuto una visione:
Guetta ha pensato che la sua
musica avrebbe potuto funzionare negli Usa. Quella è stata la
chiave di volta: il successo in
America è sempre la porta per
quello nel mondo».
Sinclar ha un rapporto particolare con l’Italia. Tutto è partito con «Love Generation», tormentone del 2005 grazie a uno
spot della Tim che usava la can-
Alla consolle Bob Sinclar è nato il 10 maggio del 1969: ha iniziato a suonare a 18 anni ma il successo per lui è arrivato nel 2005 con «Love Generation»
uota 100 è vicina. Nella
loro (breve) storia gli One
Direction (foto) sono stati al
numero 1 da qualche parte nel
mondo per 96 volte. Le quattro
che mancano per la cifra tonda
arriveranno con «Four», nuovo
album che esce oggi. Cifra
tonda in arrivo anche per i
dischi venduti: 46 milioni. E
fra il quarto disco e il dvd
«Where We Are – Live from
San Siro stadium» i due
traguardi sono già in tasca alla
boyband. Le atmosfere dei
nuovi brani replicano la
formula vincente: melodie
orecchiabili, ballad più
spensierate che smielate,
voglia di ballare. Harry, Louis,
Liam, Niall e Zayn continuano
a crescere. Non solo con il
conto in banca. In «Midnight
Sinclar, un Natale dance
«E sogno duetti italiani»
Il dj superstar: la mia musica femminile più amata da voi che in Francia
Voci Patti
Smith, 67 anni;
in alto, suor
Cristina (26)
zone come colonna sonora. Più
di recente Bob ha duettato con
Raffaella Carrà nel remix di
«Far l’amore» ed è stato nel
cast di Vacanze di Natale a Cortina. «Da voi sono più amato
che in Francia: del resto nessuno è profeta in patria... — ride
—. Una collaborazione nasce
sempre da una reazione chimica fra due persone, ma l’idea di
duettare ancora con uno dei
vostri nomi storici mi convince: Paolo Conte o Zucchero sarebbero perfetti».
Con quel fisicaccio non sarà
riuscito a vincere Wimbledon,
ma è diventato un modello per
una casa di intimo. I deejay sono le nuove star. «Preferisco
definirci artisti. Le star sono
una cosa volgare. Vai in tv un
po’ di volte e, nel giro di un paio di settimane, diventi una
star. Si tratta di personaggi che
vivono nel momento e si bruciano in fretta» dice. Il percorso deve essere un altro. «Bisogna costruirsi una carriera come facevano una volta le band
alla Pink Floyd e Rolling Stones
che arrivavano al successo dopo solide esperienze — suggerisce —. Altrimenti si azzecca
solo una hit e non si avrà mai
una carriera a lungo termine».
Durante la serata Sinclar
proporrà in anteprima «I want
you», il suo nuovo singolo.
«Niente remix di canzoni natalizie, non fanno per me» scherza. Per il video del brano ha
lanciato un appello online alle
donne: fatevi un video in cui
siete «belle e sexy» e le riprese
finiranno nella clip. «Non divido la musica per generi. Per me
la musica si divide in musica
❞
Nessuno
è profeta
in patria...
Collaborare
con Conte
o Zucchero
sarebbe
l’ideale
Sono stato
battezzato
ma non
sono
praticante.
Credo
a una forza
superiore
maschile e musica femminile:
è tutta questione di melodie e
armonie. La mia musica è femminile e si contrappone a quelle canzoni aggressive ta-ta-tata che si sentono da un paio
d’anni. Voglio vedere le ragazze
che ballano, perché anche allora lo fanno anche i ragazzi e il
party funziona».
Papa Francesco non ci sarà,
ma la serata resta un appuntamento benefico legato alla sfera cattolica organizzato dalla
Fondazione don Bosco nel
mondo.
«Sono stato battezzato, ma
non sono praticante — confessa Bob —. Credo che sia una
forza superiore che ci guida e
che ognuno deve riuscire a trovare dentro di sé».
Andrea Laffranchi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Memories» la malizia era
spuntata nei testi: ragazzi e
ragazze pensavano ad altro ma
si guardavano ancora negli
occhi. Qui, pur rimanendo nel
romantico, la fatidica prima
volta è una realtà. Ci sono
cuscini stropicciati e doppi
sensi («No control»), alcol con
cui brindare («Girl
Almighty»), un vestito rosso
che fa arrabbiare mamma ma è
quello giusto per una serata in
cui arriverà quella cosa che si
ricorda per sempre («Night
Changes»). Del resto una
canzone si chiama «18» (e la
firma Ed Sheeran) e la
maggiore età è qualcosa del
passato: «Ti voglio amare
come mi facevi stare quando
avevamo 18 anni». Insomma i
ragazzi sono cresciuti. E forse i
papà devono iniziare a tenere
d’occhio le loro figlie.
A. Laf.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
SPETTACOLI
Aveva 65 anni
«Un grande saluto al mio amico Stefano che se n’è andato
in cielo troppo presto. Giorgione ti ricorderò sempre». Bud
Spencer ricorda così, sulla sua pagina Facebook, Stefano
Mingardo, protagonista del film «Bomber» in cui recitava il
ruolo del pugile Giorgione (a sinistra nella foto con Spencer
sul set del film). Ex giocatore di football, Mingardo era
conosciuto con il nome di Mike Miller ed era nato il 4
gennaio del 1949. A ricordarlo su Twitter anche Massimo
Boldi («Ciao Stefano, quanti ricordi») e Jerry Calà che con
Stefano aveva lavorato nel film «Bomber».
Addio a Mingardo
pugile in «Bomber»
con Bud Spencer
Incassi Usa
Jim Carrey torna in vetta al box office
Vent’anni dopo, Jim Carrey è ancora in vetta al box office
americano con il sequel di Scemo & più scemo. Il secondo
capitolo del film uscito nel 1994 ha fatto incassare 38.1
milioni di dollari nel weekend, battendo il film d’animazione
della Disney Big Hero 6: nella seconda settimana nelle sale
ha guadagnato 36 milioni. Terza posizione per il kolossal di
Christopher Nolan Interstellar, sempre da due settimane al
cinema: nell’ultima ha fatto registrare 29.2 milioni di incassi.
Vince la Natura
nel film di Godard
senza personaggi
(«Gli indiani per indicare il
mondo usano la parola foresta» ci dice. E poi c’è L’origine
del mondo di Courbet) o di lui
seduto in bagno: la donna e
l’uomo «ridotti» alle loro funzioni vitali. Senza Storia, solo
con la loro Natura.
La filosofia del regista in «Adieu au langage»
di Paolo Mereghetti
Autore
È
uno dei tanti luoghi comuni dell’anticritica: i
film di Godard sono incomprensibili, e la sua ultima
regia — Adieu au langage, Addio al linguaggio, premiato al
festival di Cannes, da giovedì
20 nelle nostre sale — ne sarebbe l’ennesima dimostrazione. Potrebbe essere vero se ci si
accostasse a un suo film come
a un’opera tradizionale, ma sono anni che Godard ha abbandonato questo tipo di linguaggio cinematografico per percorrere altre strade. Così è anche per Adieu au langage.
Nessuna trama
Verso i due terzi del film la
donna «protagonista», seduta
davanti a un video dove scorre
Metropolis di Lang, dice di aver
● Regista e
sceneggiatore,
Jean-Luc
Godard è nato
a Parigi il 3
dicembre 1930
● Esponente
influente della
Nouvelle Vague
ha vinto l’Oscar
alla carriera nel
2011
«sempre odiato i personaggi».
È Godard che parla per bocca
sua e ci vuole dire che questo
film non ha una trama (con dei
personaggi) ma piuttosto vuole
dare forma e immagine ad alcune idee che gli stanno a cuore. E lui che ha sempre usato i
suoi film per fare i conti con la
Storia, affronta anche qui lo
scontro tra Natura e Storia come ha sempre fatto col suo cinema: da una parte come capacità di racconto, dall’altra come
capacità di intervento.
La sconfitta della Storia
La dialettica Storia/Natura
(all’inizio del film, le persone
che agiscono, che fanno versus
i panorami che si ammirano,
che si fanno osservare) si riflette nelle due «anime» del linguaggio cinematografico, la
finzione e il documentario, il
montaggio e il piano-sequen-
● La recensione
Uno straordinario Gabriele Ferro
per la «Salome» al teatro San Carlo
di Paolo Isotta
Q
Direttore
Gabriele Ferro,
siciliano,
figlio del
compositore
Pietro, è stato
nominato
di recente
direttore
musicale
del Teatro
Massimo
di Palermo
uello che sto per raccontare si può quasi
chiamare un miracolo. Nicola Luisotti
venne nominato direttore musicale del San
Carlo di Napoli; di recente ha rinunciato a
questo incarico; e con esso anche a dirigere la
Salome di Richard Strauss che s’era egli
medesimo programmata per questi giorni.
Onde il Teatro ha pregato Gabriele Ferro, uno
dei più grandi direttori viventi, di voler
concertare lui l’Opera; e Ferro ha accettato. Ha
dovuto rivedere il piano delle prove e
soprattutto lavorare a fondo con l’orchestra. Di
essa ancora due anni fa io dicevo gran bene
ma non si può credere quanto nel corso della
gestione Luisotti sia decaduta. Il nostro
maestro, palermitano di nascita, ha compiuto
una straordinaria opera di rifondazione
dell’intonazione e della pulizia: e per tutti
voglio ricordare come eccellenti il più acuto e
il più grave degli strumenti, il clarinetto
piccolo e il controfagotto; da veterano
straussiano (ricordiamo al San Carlo una
mirabile Elettra da lui concertata) ha assistito
i cantanti nelle minute loro esigenze. Io credo
che oggi, se si eccettuano Kirill Petrenko e
Axel Kober, nessun tedesco possa dirigere
Strauss altrettanto bene. L’ottima compagnia
di canto vede protagonista Annemarie
Kremer, grande attrice che ha danzato ella
stessa come una coreuta la Danza dei sette veli
(ricordo che nell’incomparabile Salome
diretta da e con regia di Karajan nel 1977 a
Salisburgo Hildegard Behrens venne doppiata
da una ballerina); Kim Begley come Erode,
Natascha Petrinsky quale Erodiade, e un
tenore dallo squillo, Wookyung Kim, quale
Narraboth. Meno preparato Markus
Malquardt come Giovanni. Di primo acchito
mi sono irritato per la regia, che traspone
l’opera ai giorni nostri: si deve a Manfred
Schweigkofler, su scene di Nicola Rubertelli,
molto bravo a fare un falso Chagall; tuttavia
col procedere della rappresentazione ho
ammirato la recitazione di tutti e la grande
aderenza dello spettacolo al testo, anche nei
suoi aspetti più scabrosi e impopolari.
35
za, Sergej Ejzenštejn contro
Dziga Vertov. Con gli anni, però, Godard sembra aver perso
fiducia nella Storia, nella sua
capacità di «guidare» la Natura. Come spiega con il paradosso del 1933, quando Hitler andò al potere e nacque la televisione: perché è vero che la Storia ha sconfitto il nazismo ma
poi Godard ci dice che le sue
idee hanno vinto proprio grazie alla televisione. Ecco perché
in questo film la Storia è ridotta
a poche scene «prive di senso»
(corse, fughe, colpi di pistola)
mentre la Natura conquista più
spazio, come mostra un cane
che scorrazza allegro.
L’Uomo e la Natura
Godard ha sempre raccontato storie di coppie, dai tempi di
Fino all’ultimo respiro, ma
ogni volta accentuando un suo
percorso di «semplificazione».
Anche qui c’è una coppia, ma
senza nome e spesso senza vestiti, ultimo stadio di un processo d’astrazione che ha «cancellato» i personaggi a favore
della loro essenza. Ecco il perché dei primi piani sul ventre
di lei e la sua «foresta» di peli
Coppia
Una scena di
«Adieu au
langage»,
Premio della
giuria a Cannes
2014. Il 39°
film di JeanLuc Godard
sarà nelle
nostre sale da
giovedì 20
novembre
La tecnologia e il 3D
Ma siccome Godard è prima
di tutto uomo di cinema, ecco
che non può dimenticare il
nesso tra linguaggio, storia e
tecnologia, che trova la sua sintesi nell’uso del 3D, letteralmente la capacità di sovrapporre due immagini per farne una.
A volte perfettamente fuse, altre volte impossibili da decriptare (bisogna guardare con un
occhio solo, alternando destro
e sinistro), perché il processo
dialettico capace di «unire gli
opposti» — in questo Godard è
rimasto un marxista — ha ancora molta strada da fare.
La speranza nel finale
Tutto è perduto allora? No,
perché il film si chiude sul vagito beneaugurante di un neonato, mentre i versi cantati all’inizio e alla fine da Pino Masi
(«oggi ho visto nel corteo/ tante facce sorridenti/le compagne quindicenni/gli operai
con gli studenti») sono un inno
alla speranza. Adieu au langage non è un addio, è un nuovo
inizio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
36
Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
●
37
Risponde Sergio Romano
PATRIOTTISMO ITALIANO
LE BATTAGLIE DA VINCERE
Caro Romano, lo stillicidio dei
giornali di partito che
chiudono continua. Dopo
Europa e l’Unità (senza
dimenticare Avanti!,
Liberazione e altri), anche la
Padania ha annunciato che
cesserà le pubblicazioni a
partire dall’1 dicembre. È
giunto il momento di prendere
atto che i giornali di partito
non hanno più ragione di
esistere, per la semplice
ragione che nessuno li legge.
È un bene?
Teresiana Eliodeni
terry420@hotmail.it
Proverei rammarico se quei
giornali fossero stati sostenuti
dalla fedeltà e dai contributi
dei lettori. Ne provo meno se
penso che vivevano di contributi statali provenienti spesso
dalle tasche di coloro che non
condividevano necessariamente le loro idee.
MANAGER PUBBLICI
Esame preventivo
I professionisti che curano
faccende private sono tenuti
per legge a superare un esame
di Stato dopo avere espletato
un periodo di pratica
obbligatoria. Sono tenuti
altresì a stipulare per legge un
assicurazione per Rc
professionale obbligatoria i cui
estremi sono da indicare
nell’incarico verso il cliente.
Non si comprende come mai
amministratori che gestiscono
beni e servizi di ingente valore
e decidono di materie di
rilevanza pubblica siano
esentati da qualsiasi esame
preventivo ma soprattutto dal
fornire qualsiasi tutela a
beneficio degli amministrati.
Paolo Fiorini
Verona
GOVERNO
Fallimento o successo
Da sempre assistiamo a
cambiamenti della attuazione
di Pierluigi Battista
Le periferie disperate
che i romani non vedono
LETTERE
AL CORRIERE
GIORNALI DI PARTITO
Questione di fondi
●Particelle elementari
Le lettere firmate con
nome, cognome e
città, vanno inviate a
«Lettere al Corriere»
Corriere della Sera
via Solferino, 28
20121 Milano
Fax: 02-62827579
@
lettere@corriere.it
www.corriere.it
sromano@rcs.it
La tua
opinione su
sonar.corriere.it
Il ministro
dell’Interno e
leader di Ncd,
Alfano: famiglia
al centro di una
rivoluzione
fiscale. Siete
d’accordo?
SUL WEB
Risposte
alle 19 di ieri
Sì
Lavoro a Londra dove l’11 novembre sono stati
ricordati tutti i caduti degli ultimi cento anni,
dalla Grande guerra a oggi. Alla televisione
sono stati dati ampi spazi anche a quei Paesi
che analogamente celebravano questa
ricorrenza, Francia, Belgio, ecc. È in corso una
raccolta fondi nazionale che viene individuata
con i papaverini di carta (poppies) che tutti gli
uomini, dico tutti, indossano in Inghilterra.
Visivamente è commovente vedere tutti uniti in
questa raccolta, perché tutti sentono di dover
ringraziare altri che si sono sacrificati per la
libertà di oggi. In Italia non ho avvertito l’eco di
queste cerimonie, per non parlare del silenzio
istituzionale e della mancanza di
valorizzazione che questo silenzio comporta.
Significa che gli uomini che sono morti negli
ultimi 100 anni a difesa della nostra patria e dei
nostri valori non valgono niente? Non ho parole
per raccontare la mia amarezza e il dolore che
ciò mi provoca.
Clarice Pecori Giraldi
cpecorigiraldi@christies.com
Cara signora,
nch’io ho visto le immagini televisive di
alcune celebrazioni europee e anch’io
ho provato un po’ d’invidia per la serietà e la dignità con cui migliaia di persone rendevano omaggio contemporaneamente ai
morti e alla patria per cui erano caduti. Ma nonostante i nobili tentativi di Carlo Azeglio Ciampi durante il suo settennato, ogni manifestazione patriottica, in Italia, rischierebbe in di essere
accolta, soprattutto dopo la Seconda guerra
mondiale, con indifferenza e scetticismo. La
Grande guerra fu una drammatica esperienza
nazionale da cui il Paese uscì vincitore. Ma il fascismo si appropriò di quell’evento imprigionandolo in un nazionalismo becero, arrogante e
ipertrofico che lo ha reso inviso e sospetto a una
parte considerevole della società nazionale. Il
sentimento patriottico si nutre di vittorie milita-
A
ri e, forse soprattutto, di sconfitte riscattate. Le
vittorie italiane non sono state numerose e le
sconfitte, purtroppo, demoralizzanti. L’albero
del patriottismo cresce rigoglioso là dove la solidarietà nazionale, nel momento delle grandi
prove, mette a tacere ogni divergenza. L’Italia,
negli ultimi cento anni, è stata teatro di tre scontri civili: il primo durante il biennio rosso (19191921), il secondo dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, il terzo negli anni di piombo. L’amor di
patria ha bisogno di leggende condivise. In Italia
quelle del Risorgimento e della Grande guerra
sono state progressivamente smantellate da generazioni di intellettuali e insegnanti a cui premeva soprattutto dimostrare che l’unità nazionale era tutt’al più una operazione diplomatica,
priva di qualsiasi legittimità popolare. Più recentemente, a proposito della Grande guerra,
abbiamo avuto la sensazione che la memoria dei
disertori fosse più importante di quella delle
medaglie d’oro.
La patria ha il volto delle sue istituzioni. Nella
storia dell’Italia la monarchia ha avuto molti meriti, ma l’8 settembre ha disperso il capitale di rispettabilità che Casa Savoia aveva accumulato in
passato. La Repubblica ha una Carta invecchiata
che rispecchia situazioni ed esigenze molto diverse da quelle degli anni in cui fu scritta. Ma è
difesa da un quadrato di conservatori che si credono progressisti. Ancora una osservazione, cara signora. Le battaglie vinte di cui si nutre il sentimento patriottico non sono soltanto quelle militari. Oggi, in un contesto alquanto diverso da
quello dei nazionalismi e degli interventismi,
dobbiamo vincere soprattutto battaglie civili ed
economiche: per il risanamento del debito, per
la riforma della Costituzione e della giustizia,
per il riscatto e lo sviluppo del Mezzogiorno. Di
un Paese che riuscisse a vincere queste battaglie
avremmo tutti il diritto e il dovere di andare orgogliosi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
66%
34%
No
La domanda
di oggi
Il leader
progressista
radicale greco,
Alexis Tsipras:
l’austerity non
è la soluzione,
ma il problema
per l’Europa.
Giusto?
dei programmi di governo su
pressione di manifestazioni di
piazza. Se la piazza riesce a
cambiare i programmi di un
governo legittimamente eletto,
la responsabilità di
quelle scelte, nel caso gli
obiettivi non vengano
raggiunti o i problemi si
aggravino, dovrebbe essere
equamente divisa. La
domanda che mi faccio è
questa: se un governo non
riesce ad attuare il programma
con cui si è presentato agli
elettori perché viene
sottoposto a pressioni, la
responsabilità è tutta del
governo?
Sergio Guadagnolo
sergioguadagnolo@
virgilio.it
metro, «guidatori» ubriachi
che uccidono pedoni: forse è
arrivata l’ora di chiamare col
loro nome queste persone.
Marco Pozzi, Monza
PAROLE E FATTI
Il nome giusto
LIBIA
Meglio intervenire?
«Ragazzi» che picchiano
autisti, «tifosi» che assaltano
poliziotti, «no Tav» che
devastano cantieri,
«inquilini» che occupano
case, «antagonisti» che
devastano sedi di partito,
«writers» che imbrattano la
L’Italia non dovrebbe
occuparsi con più attenzione
della crisi libica? Non sarebbe
opportuno un nostro
intervento diretto come quello
della Francia in Mali?
Tommaso Procopio
I
n quasi sessant’anni di vita a Roma (sia
pur con corposi tradimenti milanesi) non
avevo mai visto Tor Sapienza e Corcolle.
Anche l’altra sera in un’animata discussione
tra gente dei quartieri alti sul Babuino
pedonalizzato, si è constatato che nessuno
aveva messo mai piede a Tor Sapienza e
Corcolle. Perciò ho letto l’ottimo reportage di
Goffredo Buccini dalle trincee del degrado
metropolitano di Tor Sapienza e Corcolle
con lo stesso senso di stupore di una lettura
dei grandi etnologi e antropologi. Mi sono
specchiato come un romano baciato dal
privilegio di un autobus o di una farmacia
aperta che non sa nulla della vita di centinaia
di migliaia di altri romani recintati nelle
periferie urbane. Perché quando fa buio
Roma non è una. C’è quella della grande
bellezza poverina, delle esuberanze superalcoliche di una sguaiata movida. E quella
che esplode nella violenza e nella paura
quotidiana. La Roma degli insider e quella
degli esclusi. La Roma monumentale e
quella degli invisibili. Perciò gettare la croce
addosso agli esclusi, ai dannati, ai reietti non
è cosa buona e giusta. Trasferiamo a Piazza
di Spagna, o a Prati o ai Parioli (non ad
Acilia) la bomba umana che le autorità
concentrano nelle riserve degli invisibili. E
poi vediamo dove va a finire il nostro
argomentare beneducato.
È appena uscito, con nuovi arrangiamenti,
una raccolta meravigliosa di canzoni di
Francesco De Gregori: «VivaVoce». Nella sua
«Storia» canta versi che sono un inno alla
dignità umana: «La storia siamo noi, siamo
noi queste onde del mare, questo rumore
che rompe il silenzio, questo silenzio così
duro da masticare». La storia, però, non
sempre è di tutti. Perché c’è un «noi» che
non esiste, rinchiuso nell’incubo di una vita
ingiusta e piena di pericoli, a qualche
chilometro dalla cupola di San Pietro. E che
rompe il silenzio, come in questi giorni, con
un «rumore» che ci appare quasi
insopportabile. La storia non sono «loro».
Sono loro quando l’esasperazione tracima e
si fa rabbia incontenibile e allora accorrono
le telecamere e dal nulla, dal terrore
quotidiano, gli esclusi e invisibili
«esistono». Non votano più. Si sentono
estranei. Senza scampo. Cosa cova lì sotto?
Altro che ditini alzati, con rimproveri
professorali. E non ci sono Pasolini e Walter
Siti a raccontarci la vita di quelle che un
tempo venivano chiamate «borgate» e oggi
sono solo «periferie». E nemmeno un Carlo
Levi a scrivere che «Cristo si è fermato a Tor
Sapienza».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Zambrone
Bozzetto
INTERVENTI E REPLICHE
I campi di internamento in Svizzera
In un’intervista sul Corriere del 14 novembre (a
firma di Aldo Cazzullo), tra molte affermazioni e
dichiarazioni, alcune nel frattempo già diventate
oggetto di dibattito, l’ingegner Carlo De
Benedetti, ricordando gli anni in cui fu rifugiato in
Svizzera, assieme alla sua famiglia, parla di
«campo di concentramento» riferendosi
all’edificio, il vecchio albergo Majestic di Lugano,
in cui trascorse la quarantena subito dopo la
fuga dall’Italia. Siccome De Benedetti reitera
questo concetto da tempo, avendolo già
enunciato nel saggio di Alberto Statera «Un certo
De Benedetti», ripreso da Renata Broggini in
«Terra d’asilo – I rifugiati italiani in Svizzera
1943-45» (editore il Mulino, pag. 166), mi
sembra opportuno ripristinare un po’ di verità
storica precisando che in mai ci furono in
Svizzera campi di concentramento, bensì di
«internamento», e che i De Benedetti, come
migliaia di altri italiani (i quali si esprimono
generalmente in ben altri termini riguardo a
quegli anni e avvenimenti) furono rifugiati e non
deportati in Svizzera, come viceversa avveniva
per i veri campi di concentramento esistenti in
Germania. Quanto ancora ai De Benedetti in
particolare, vale altresì la pena di ricordare che,
dopo la breve «quarantena» al Majestic di
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Lugano, l’intera famiglia venne ospitata, con la
garanzia di un amico svizzero, in una pensione di
Lucerna e i due figli Carlo e Franco vi
frequentarono come «uditori» le scuole
pubbliche, imparandovi il tedesco (sempre da
«Terra d’asilo», pag. 219). A mio modesto avviso,
circostanze più che sufficienti per coltivare un
ricordo di gratitudine e non di disprezzo, come
risalta invece dalle parole di De Benedetti. Il
quale, peraltro, ha poi chiesto e ottenuto anche la
cittadinanza elvetica. È immaginabile, tanto per
osare un confronto, un Primo Levi che avesse
chiesto la cittadinanza tedesca?
Mauro Maestrini, Muzzano (Svizzera)
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PREZZI DI VENDITA ALL’ESTERO: Albania € 2,20; Argentina $ 15,50 (recargo envio al interior $ 1,00); Austria € 2,20; Belgio € 2,20; Canada CAD
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Germania € 2,20; Grecia € 2,50; Irlanda € 2,20; Lux € 2,20; Malta € 2,20; Monaco P. € 2,20; Olanda € 2,20; Portogallo/Isole € 2,50; SK Slov. € 2,20;
ISSN 1120-4982 - Certificato ADS n. 7682 del 18-12-2013
Slovenia € 2,20; Spagna/Isole € 2,50; Hong Kong HK$ 45; Thailandia THB 190; UK Lg. 1,80; Ungheria Huf. 700; U.S.A. USD 5,00.
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* Con “Sette” € 2,90; con “Io Donna” € 2,90; con “Style Magazine” € 3,40; con “Living” € 5,30; con “La matematica come un romanzo” € 9,30; con “Vignaioli e vini d’Italia 2015” € 14,30; con “Mila e Shiro” € 11,39; con “Tutto Pratt” € 12,39; con “La Tasi e le nuove tasse sulla casa” € 7,30; con “Le grandi storie Disney” € 9,39; con “Io sono Malala” € 14,30; con “Grandangolo” € 7,30; con “Lettere d'amore” € 8,30; con “Agatha Christie” € 8,30; con “Agatha Christie Poirot” € 11,39; con “Il cane. Amarlo capirlo
educarlo” € 3,39; con “La biblioteca della Grande guerra” € 11,30; con “Alda Merini” € 8,30; con “Skylanders” € 16,30; con “Diabolik. Nero su nero” € 8,39; con “Buone notizie” € 9,30; con “Il teatro di Eduardo” € 12,30; con “Agendina la Lettura 2015” € 11,30; con “Geronimo Stilton. Viaggio nel mondo” € 8,30; con “I capolavori dell’arte” € 7,30; con “Ufo Robot” € 11,39; con “James Bond collection” € 11,39; con “Scrivi Vecchioni, scrivi canzoni” € 11,39; con “Scuola del racconto” € 8,30; con “1989” € 9,30
Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
38
#
Sportlunedì
● Il commento
Belgio-Galles
Paura per Mertens
Scontro di gioco
gli fa perdere i sensi
«Ora sto bene»
Momenti di paura per Dries Mertens dopo uno
scontro aereo (foto) con il gallese George Williams
nel finale di Belgio-Galles (0-0) a Bruxelles. Il
giocatore del Napoli, caduto a terra privo di sensi
dopo un tremendo colpo alla tempia, è uscito in
barella dopo che i medici gli hanno applicato un
collare. Gli esami hanno riscontrato un forte
trauma cranico. In serata il belga ha twittato: «Sto
bene, grazie per il supporto». Rimasto in ospedale,
oggi sarà sottoposto a nuovi accertamenti.
Euro2016 A Milano partita sospesa e poi ripresa, un risultato che va bene a tutti e due
Cacciamo i violenti
dagli stadi
e dalla nostra vita
di Mario Sconcerti
N
el 1848 fu la
guarnigione croata a
Milano a far scattare
la rivolta che portò alle
Cinque giornate. Si trattò di
fuoco anche allora: partì
infatti il divieto di fumare
per tutto il popolo
milanese. I soldati croati
giravano così per le strade
fumandosi un sigaro dietro
l’altro, provocavano la
gente. Avevano voglia di
dare una lezione che poi
arrivò. Ma almeno allora
c’era un motivo serio. Oggi
è quasi impossibile trovare
spiegazioni al
comportamento degli ultrà
croati. È stato teppismo
puro, di quelli che vogliono
solo affermare se stessi.
Motivazioni da anni
Ottanta, inizio delle rivolte
da stadio, quando c’era la
rabbia ma non si capiva
ancora per cosa e
soprattutto il tifo
organizzato non era ancora
un’azienda. Ritrovarlo oggi
che abbiamo ufficialmente
problemi più seri di una
partita di calcio e i primi
ultrà hanno i capelli
bianchi, non è solo
incomprensibile, è
intollerabile.
Non è più quel tempo,
non c’è più quella pazienza.
Non si può più vedere.
Basta prevaricare gli altri,
occupare il loro
divertimento, il tempo
libero; basta essere
condannati alla vecchia
incertezza barbara dove
comandano solo i più
prepotenti. Dopo decenni
di spettacoli del genere
questa è la vera conquista,
che non è più sopportabile
una storia così . Se gli
imbecilli si sono inventati
un nuovo tempo e sono
diventati criminali, bisogna
trattarli per quello che
sono. Cacciarli non solo
dagli stadi, ma dalla vita
degli altri. Per far questo
serve che ognuno faccia
bene il suo dovere.
I croati hanno esploso a San
Siro un arsenale che non
sarebbe dovuto entrare. I
responsabili oggettivi di
questa partita eravamo noi.
Si possono seriamente
controllare settantamila
persone in meno di due
ore? Certamente no e non
per una partita di calcio tra
due nazioni amiche. Non
c’è tempo e non c’è motivo.
La soluzione più civile
sarebbe ogni tanto
smettere davvero, lasciare
soli i violenti con l’inutilità
dei gesti. Ma chi
pagherebbe realmente
tutto se non quelli che
erano andati solo a vedere
un po’ di calcio? Siamo in
un «cul de sac», ci siamo
da tanto tempo. La
soluzione non è redimere i
cattivi, è condannarli a
rimanere fuori. E avere un
ordine pubblico che sia in
grado di farlo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Vantaggio Il gol di Candreva, 27 anni, che ha illuso gli azzurri. Poi il grave errore di Buffon ha riportato in parità la sfida contro la Croazia (Action Images)
Un’Italia di lotta
Situazione
Colpo maltese
Il pareggio
conquistato
da Malta in
Bulgaria, oltre
a essere un
risultato
sorprendente,
fa molto
comodo
all’Italia.
I bulgari
dovevano
essere, nel
pronostico, gli
avversari più
temibili
dell’Italia dopo
la Croazia,
con questo
pareggio,
invece, restano
molto indietro
nella classifica
comandata a
quota 10 da
azzurri e croati
Norvegia o.k.
Sale invece
la Norvegia
che, dopo aver
perso in casa
con l’Italia, ha
sempre vinto e
ora è a una sola
lunghezza dalla
coppia di testa
MILANO L’Italia è viva e lotta con
Antonio Conte. Il pareggio accontenta gli azzurri e i croati,
che restano insieme in testa al
girone H; la squadra d Kovac ha
dimostrato di essere più avanti
nella costruzione e si sapeva,
d’altronde al Mondiale era
uscita per l’aiuto dato al Brasile.
Ma invece di chiedersi perché l’Italia abbia sofferto tanto,
bisognerebbe osservare la lista
degli assenti, da Pirlo a Verratti,
da Florenzi a Giaccherini, tutti
infortunati, più Ogbonna e Balotelli (a parte Bonucci, squalificato), per capire quanto abbia
fatto fatica il c.t. a presentare
una squadra all’altezza della
partita più difficile del girone.
E perché il calcio italiano si trovi in queste condizioni. Quando sembrava stesse cadendo,
contro avversari migliori, ma
troppo presuntuosi per arrivare in alto, l’Italia ha sempre trovato le energie per riemergere
e ribaltare la situazione.
La partita ha rischiato di non
finire, perché l’arbitro Kuipers
(con fischietti italiani non sarebbe mai successo) ha rimandato le squadre negli spogliatoi
al 30’ della ripresa, quando sono piovuti in campo razzi e fumogeni dallo spicchio di secondo anello occupata da un
gruppo di ultrà croati.
Siccome la partita stava scivolando via senza intoppi è apparsa chiara la volontà di creare
l’incidente, anche se non si capisce come sia potuto entrare
tutto questo materiale pirotecnico, visto l’imponente schieramento delle forze dell’ordine, molto concentrare a sequestrare l’acqua minerale (gasata). Del resto era stato pessimo
anche il prologo, perché fischiare gli inni nazionali è un
segno di inciviltà non solo
sportiva.
Gli ultrà croati lanciano fumogeni e razzi
In gol con Candreva, subito il pari di Perisic
Meglio la partita, con la Croazia che ha messo sotto subito
gli azzurri, ma ha preso il gol:
palla lavorata da Zaza per Candreva, destro nell’angolo, Subasic in ritardo e per il laziale
primo gol in Nazionale alla
ventiseiesima.
La Croazia è tornata a fare
gioco e Perisic ha trovato il pareggio dopo 4’ sul mancato
contrasto di De Sciglio e l’errore di Buffon (pallone sotto le
braccia).
La perdita di Modric (spazio
a Kovacic) e l’ingresso di Soriano per Pasqual (adduttori), con
la linea di centrocampo ridisegnata (Candreva esterno, Soriano interno, De Sciglio a sini-
Italia
Croazia
1
1
Marcatori: Candreva 11’, Perisic 15’ p.t.
ITALIA (3-5-2): Buffon 4; Darmian 6,
Ranocchia 6,5, Chiellini 6,5; De Sciglio 5,
Candreva 6,5, De Rossi 6, Marchisio 5,
Pasqual 6 (Soriano 6 28’ p.t.); Zaza 5
(Pellè 6 18’ s.t.), Immobile 5 (El
Shaarawy 6 7’ s.t.). All.: Conte 6,5
CROAZIA (4-2-3-1): Subasic 6; Srna
6,5, Corluka 6, Vida 6, Pranjic 6; Modric
6,5 (Kovacic 6 28’ p.t.), Brozovic 5,5
(Badelj s.v. 38’ s.t.); Perisic 7, Rakitic 6,
Olic 6 (Kramaric s.v. 23’ s.t.); Mandzukic
5,5. All.: Kovac 6,5.
2
punti persi
finora da Conte
Il c.t. della
Nazionale
aveva sempre
vinto le
precedenti 4
partite con i tre
punti in palio. È
in carica dal 19
agosto 2014
Arbitro: Kuipers (Olanda) 7
Ammoniti: Kovacic, Immobile, Perisic
Recuperi: 4’ più 3’
Domani si gioca
Confermata l’amichevole con l’Albania a Genova
Il marchio Nazionale gestito da Sole e Infront
MILANO La Nazionale per Genova. E a
Genova. L’amichevole con l’Albania di
domani sera allo stadio Ferraris è
confermata, nonostante l’alluvione che
ha colpito nuovamente la Liguria
sabato e l’allerta meteo di oggi. La
Federcalcio ha deciso di destinare
introiti e proventi dai diritti tv al
ripristino degli impianti calcistici
danneggiati. «La città dà prova di una
grande forza di reagire» sottolinea
l’amministrazione comunale, anche se
in Consiglio non sono mancate le voci
contrarie. Prima della sfida con la
Croazia la Figc ha siglato un contratto
con il Gruppo Sole 24 Ore e Infront
Italy, i nuovi advisor commerciali per il
2015-2018. La partnership si focalizza
sulla valorizzazione del brand
Nazionale Italiana nel Mondo. Si
cercheranno sponsor non solo per la
Nazionale A, ma per tutte le squadre
azzurre. «Il contratto — ha spiegato il
dg della Figc Michele Uva — prevede
una partnership quadriennale con un
obiettivo comune intorno ai 70 milioni
di euro di fatturato, di cui i primi 57
garantiti da Infront e Gruppo Sole 24
Ore. Più 3 milioni legati ad iniziative
pubblicitarie».
p.tom.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
stra) hanno consentito all’Italia
di dare segni di ripresa, anche
se gli errori nei passaggi sono
stati ancora tanti. Troppo morbido il colpo di testa di Immobile, molle l’impatto di De Sciglio sul lancio di Soriano e si è
rivista la Croazia, con un finale
aggressivo: Buffon ha salvato
su Rakitic e sul colpo di testa di
Olic ci ha messo una pezza Ranocchia.
La novità è arrivata nella ripresa, con l’Italia cha ha iniziato con il 4-4-2, per occupare
meglio lo spazio e Zaza che ha
impegnato Subasic da fuori.
Ma è stata ancora la Croazia a
fare la partita, costringendo
l’Italia a difendersi, in base al
vecchio principio che le idee
sono tante, ma il pallone è uno
solo.
Conte ha mandato in campo
El Shaarawy, passando al 4-5-1
in linea con quanto dettato dalla partita, con Marchisio primo
uomo a cercare il pressing, per
rompere il possesso palla croato e ripartire.
Viste le difficoltà, Conte si è
giocato subito il terzo cambio,
con Pellè al posto di Zaza. Rotto
l’assedio, è stato El Shaarawy
ad avere la palla del 2-1, ma tutta l’Italia è migliorata. Il ritmo è
stato spezzato dallo stop per
fumogeni, ma l’Italia è andata
due volte vicino al vantaggio
con El Shaarawy, bravo a ribaltare la situazione, insieme con
Pellè, finché Perisic ha incenerito l’1-2 al 43’.
Fabio Monti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
SPORT
39
#
Qualificazioni europee: l’Olanda si sveglia e ne fa 6 alla Lettonia
Gruppo A
Così ieri
Olanda-Lettonia
6-0
Rep. Ceca-Islanda
2-1
Turchia-Kazakistan
3-1
Classifica
Rep. Ceca 12; Islanda 9;
Olanda 6; Turchia 4;
Lettonia 2; Kazakistan 1
Gruppo B
Così ieri
Belgio-Galles
0-0
Cipro-Andorra
5-0
Israele-Bosnia
3-0
Classifica
Israele 9; Galles 7;
Cipro 6; Belgio 5; Bosnia 2;
Andorra 0
Gruppo C
Così sabato
Lussemburgo-Ucraina 0-3
Macedonia-Slovacchia 0-2
Spagna-Bielorussia
3-0
Classifica
Slovacchia 12; Spagna
e Ucraina 9; Macedonia 3;
Bielorussia e Lussemburgo 1
Gruppo D
Così venerdì
Georgia-Polonia
0-4
Germania-Gibilterra 4-0
Scozia-Irlanda
1-0
Classifica
Polonia 10; Irlanda,
Germania e Scozia 7;
Georgia 3; Gibilterra 0
Gruppo E
Così sabato
Inghilterra-Slovenia
3-1
San Marino-Estonia 0-0
Svizzera-Lituania
4-0
Classifica
Inghilterra 12; Slovenia
e Lituania 6; Svizzera 6;
Estonia 4; San Marino 1
Gruppo F
Così venerdì
Grecia-Far Oer
0-1
Ungheria-Finlandia
1-0
Romania-Nord Irlanda 2-0
Classifica
Romania 10; N. Irlanda 9;
Ungheria 7; Finlandia 4;
Far Oer 3; Grecia 1
Gruppo G
Così sabato
Austria-Russia
1-0
Moldavia-Liechtenstein 0-1
Montenegro-Svezia
1-1
Classifica
Austria 10; Svezia 6;
Russia e Montenegro 5;
Liechtenstein 4; Moldavia 1
Gruppo H
Così ieri
Azerbaigian-Norvegia 0-1
Bulgaria-Malta
1-1
ITALIA-Croazia
1-1
Classifica
Croazia e ITALIA 10;
Norvegia 9; Bulgaria 4;
Malta 1; Azerbaigian 0
A San Siro scoppia la follia croata
Petardi e incidenti con la polizia
Le pagelle
Italia
Buffon, errore grave
Conte: «Non era facile giocare, il calcio deve restare uno spettacolo»
Fumata azzurra. Servono le cariche della polizia nella
curva alla destra di Buffon per
far cessare il lancio di fumogeni, in un settore presto militarizzato. Sparita la vergognosa
nuvola acre riappare l’Italia.
Una squadra che nella ripresa
era rimasta schiacciata nella
propria metà campo, con un
atteggiamento molto lontano
dallo spirito contiano. Il mini
time out — scaturito dalla sospensione imposta con mano
ferma dall’arbitro olandese
Kuipers — ricarica gli azzurri: il
c.t. richiama i suoi nello spogliatoio e indottrina soprattutto Pellé ed El Shaarawy. Il milanista va vicino al gol, mai quanto Perisic comunque, che grazia Buffon. Finisce con un
pareggio che non può che star
bene ad Antonio Conte.
«Non era semplice — sospira l’allenatore azzurro —. Ci si è
riconosce Conte — perché sono troppi. Ne ho parlato col
dottor Castellacci, la prossima
volta staremo più attenti e non
faremo certe convocazioni.
Nella ripresa proprio per far
fronte all’emergenza è stato necessario il cambio di modulo.
Abbiamo perso un po’ i punti
di riferimento e le trame di gioco, ma c’è stata voglia di fare risultato. El Shaarawy e Pellé?
Abbiamo bisogno di tutti, anche dei Bertolacci, dei Soriano
e dei Bonaventura, gente nuova
che porti entusiasmo».
Conte non cita un altro dei
«nuovi» convocati della settimana, ovvero Mario Balotelli.
Difficile pensare che si tratti di
una dimenticanza casuale:
«Quello che ho visto lo tengo
per me – taglia corto il c.t. —
mi sono fatto un’idea. Come
me la sono fatta per Cerci, ma
ora basta. Adesso Balotelli non
Scuse
Il c.t. croato: «Queste
persone non
rappresentano
il nostro popolo»
Cuore
«Proviamo a sfruttare
ciò che abbiamo: non è
tantissimo, ma non ci
arrendiamo mai»
messo anche il problema di Pasqual. La situazione insomma
era un po’ raffazzonata. È stata
una partita contro una squadra
più rodata rispetto a noi, con
più esperienza. Ma abbiamo
fatto bene, perché questa è una
squadra che non si arrende.
Certo, dobbiamo migliorare,
ma c’è grande spirito: io voglio
esaltare le qualità dei giocatori
e renderli più forti. Non sparate
su questi ragazzi. Cerchiamo di
sfruttare quel che abbiamo:
non è tantissimo, ma lo usiamo
al meglio. Ringrazio il pubblico
che ci ha appoggiato. Gli incidenti? Dispiace perché il calcio
dovrebbe sempre essere uno
spettacolo. Ho avuto davvero
paura che la partita potesse essere definitivamente sospesa.
L’arbitro era molto determinato: se non avessero smesso,
l’avrebbe chiusa».
Luka Modric parla di «follia
incomprensibile». Mentre il
c.t. Niko Kovac — dopo aver af-
c’è più ed è inutile parlarne».
Ne parla Stephan El Shaarawy,
suo ex compagno e sempre
buon amico: «Gli faccio in bocca al lupo. Spero che Mario ritorni in Nazionale perché è un
grandissimo giocatore e può
dare tanto al calcio italiano. Io
sono molto contento perché
dopo il ritorno al gol nel Milan,
ho ritrovato l’azzurro. Purtroppo non ho segnato ed è arrivato
solo un pareggio». In attacco
c’è spazio, le gerarchie non sono cristallizzate. E Graziano
Pellé si è giocato bene le sue
carte: «Era giusto provarci almeno gli ultimi venti minuti
per creare qualcosa — dice l’attaccante —. Non è stata una
partita facile, ma dobbiamo fare di più e migliorare sotto tanti aspetti». Consapevoli dei
propri limiti ma con la voglia di
andare oltre. Senza gettare fumo negli occhi. A nessuno.
Paolo Tomaselli
MILANO
❞
De Rossi
La partita
è stata
regolare
anche se è
stata
sospesa
Negli stadi
entra
di tutto,
purtroppo,
e non riesco
a capire
il perché
Inciviltà Il lancio di petardi che ha costretto l’arbitro a sospendere la gara (Ap)
Prima del match
Fischiati gli inni
Pinotti condanna
MILANO Fischiati i due inni
nazionali prima della partita:
si è cominciato coi fischi a
quello croato, la risposta è
arrivata subito quando la
banda ha intonato «Fratelli
d’Italia». «So che il tifo
accende gli animi, ma trovo
inqualificabile fischiare gli
inni nazionali #ItaliaCroazia»,
ha twittato la ministra della
Difesa, Roberta Pinotti.
frontato a testa alta quei duecento ultrà fra seimila croati
che hanno scatenato il caos anche nel centro di Milano al pomeriggio — si scusa più volte:
«Questi non rappresentano il
popolo croato, che è allegro e
accogliente. La partita è stata
omologata, ma subiremo delle
sanzioni (una o due giornate di
squalifica del campo, ndr)».
Se la Croazia esporta i suoi
problemi, l’Italia deve risolvere
qualcosa dentro di sé: la questione degli infortuni in Nazionale, da Verratti a Ogbonna, fino a Balotelli e Pasqual, comincia ad essere un problema. E alcune società sarebbero già in
agitazione: «La questione degli
infortuni effettivamente c’è —
«Enzò scaldati»: papà Zizou lancia il figlio
Il giovane Zidane esordisce nel Castilla, la squadra satellite del Real
Il suo nome è Enzo, in omaggio all’ex campione uruguaiano Francescoli. Il cognome è
Fernandez, quello della madre.
Il sangue calcistico è quello di
papà Zinedine Zidane, anche
se bisogna scoprirne la gradazione di nobiltà. Ieri Enzo ha
esordito nel Castilla, squadra
filiale del Real Madrid che milita nella Segunda Division B
spagnola, equivalente della Lega Pro italiana. L’allenatore del
Castilla lo ha fatto entrare all’87’ della partita vinta 2-1 con-
Figlio d’arte
Enzo Zidane,
19 anni, il
primo dei 4 figli
di Zinedine
Zidane. Gioca
a centrocampo,
come papà,
nella squadra
satellite del
Real Madrid
tro il Conquense. L’allenatore è
papà Zizou.
Diciannovenne centrocampista promosso dal Real Madrid C per riempire il buco lasciato da Alvaro Medran —
ventenne che Ancelotti ha voluto con sé in prima squadra —
Enzo ha preso il posto di Burgui, autore 20 minuti prima del
2-1 finale. Poco il tempo per incidere, ma il suo ingresso ha
comunque fatto notizia.
Forse perché è la storia di un
raccomandato? Chissà. Il talen-
Gruppo I
Così venerdì
Portogallo-Armenia
1-0
Serbia-Danimarca
1-3
Classifica
Danimarca* 7; Portogallo 6;
Albania** 4; Serbia**
e Armenia 1. *una partita
in più; **una in meno
Under 21
● Si gioca oggi
pomeriggio alle
17, a Matera,
l’amichevole
tra l’Under 21
di Gigi Di Biagio
(foto) e la
Danimarca,
qualificata,
come gli
azzurri, agli
Europei di
categoria. «Ma
io non la
considero
un’amichevole
— spiega il c.t.
degli azzurrini
— quanto un
test probante
per verificare
alcune
soluzioni e
alcuni
giocatori». In
attacco
giocherà la
coppia Belotti e
Longo
4 Buffon L’errore è grave, di più,
madornale e fa impressione che a
commetterlo sia proprio lui, il capitano di
lungo corso. Il pallone gli passa sotto le
braccia: un infortunio che riporta l’Italia
sulla terra. Ha spalle larghe per
sopportare gli inevitabili processi.
6 Darmian Attento a non perdere la
posizione, gioca preoccupato, forse
perché non ha dimestichezza con il
ruolo. Nella difesa a quattro riacquista
padronanza, anche se di spingere non se
ne parla.
6,5 Ranocchia Centrale con la
responsabilità grande di non far
rimpiangere Bonucci. Tiene botta e alla
fine del primo tempo salva sulla linea di
porta il colpo di testa vincente di Olic.
6,5 Chiellini Ci mette il fisico anche se
gioca con meno tranquillità del solito.
Ruvido, ma efficace. Sbroglia molte
situazioni incasinate dentro l’area
azzurra. Sbaglia un rilancio alla fine.
5 De Sciglio Male sia a destra sia a
sinistra. Lascia campo libero a Perisic
nell’azione del pareggio croato e non
combina niente di buono neppure
quando trasloca per l’infortunio di
Pasqual. L’appannamento è duraturo e
merita una riflessione approfondita.
● Tv: partita
in diretta su
Rai3
Partita n.100 Daniele De Rossi (Ap)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
to di Enzo — il più anziano di
quattro fratelli (gli altri sono
Luca, Theo e Eliaz) tutti nelle
giovanili del Real — era stato
notato a suo tempo anche da
Mourinho, che due anni fa lo
aveva fatto allenare con la prima squadra dei Blancos. E per
Enzo, che ha doppio passaporto, hanno litigato le Federazioni di Spagna e Francia. Per ora,
nonostante abbia giocato con
la Under 15 spagnola, sembrano averla vinta i francesi (Enzo
ha esordito coi Bleus under 19),
ma fino all’eventuale debutto
in un impegno ufficiale la sfida
è aperta. Se papà Zinedine
prendesse una di quelle panchine, decidere una volta per
tutte sarebbe più facile.
al.p.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
6,5 Candreva Nel primo tempo una
spanna sopra gli altri. Il suo primo gol
azzurro (in 26 partite) illude San Siro.
Quando si addormenta, per una lunga
mezz’ora nella ripresa, non c’è Italia.
6 De Rossi Gioca la 100ª partita in
Nazionale con giudizio, in una serata in
cui il centrocampo azzurro è in grande
difficoltà. Nella ripresa per due volte
perde il pallone favorendo gli assalti
della Croazia.
5 Marchisio Assomiglia al giocatore che
Conte ha messo spesso in panchina
nell’ultimo anno di Juventus. Lento,
molle, sovrastato dai croati.
6 Pasqual Titolare per il forfait di
Ogbonna, dopo meno di mezz’ora deve a
sua volta arrendersi alla malasorte.
Mette il piede nell’azione del gol.
5 Zaza Scarica a Candreva il pallone
dell’1-0, poi più niente. I primi due
passaggi, sbagliati nel giro di due minuti,
sono la spia di una partita mediocre, in
linea con le prestazioni dell’ultimo
periodo.
5 Immobile Più volenteroso del
compagno, ma anche lui non tiene un
pallone. Una partita anonima che si
chiude dopo appena 52 minuti.
6 Soriano Buon impatto sulla partita
anche se soffre, come tutta la squadra,
nella prima mezz’ora della ripresa.
6 El Shaarawy Costretto dagli eventi a
fare quasi il terzino, alla prima occasione
fa esplodere un destro che sfiora la
traversa.
6 Pellè Almeno tiene palla e ha quella
fame di cui tanto ama parlare
l’allenatore.
6,5 Conte L’Italia propositiva è un sogno
nel cassetto, la Croazia ci mette alle
corde e a noi resta solo qualche
ripartenza. La difesa a tre, sotto la spinta
degli avversari, diventa a cinque. Nella
ripresa spazio al 4-4-2, che diventa 45-1 con El Shaarawy. Il materiale umano
è quello che è. Ci salviamo con il cuore.
Alessandro Bocci
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
SPORT
A Tolone
Ipotesi di suicidio
per Mezague:
trovato morto in casa
Il centrocampista del Camerun Valery Mezague, 30 anni, è stato
trovato morto nella sua casa di Tolone, dove giocava nel club locale
(quarta divisione). Si pensa a un suicidio, è stata aperta un’indagine.
In Francia aveva giocato anche nel Montpellier, Sochaux e Le Havre,
in Inghilterra nel Portsmouth. Un’esperienza anche nel calcio minore
in Grecia. Sette presenze per Mezague con la maglia della sua
nazionale, in Confederations Cup del 2003 per esempio, segnata per
i Leoni dalla tragedia della morte in campo di Marc-Vivien Foe’,
colpito da attacco cardiaco. Mezague era entrato al posto di Foé.
Celebrazioni
Oggi Gazzetta day
Il premio Facchetti
a Francesco Totti
Si festeggia oggi il «Gazzetta day» che coincide con il varo della
nuova veste grafica e di contenuti, del giornale. In mattinata
Francesco Totti riceverà il premio «Il bello del calcio» dedicato a
Giacinto Facchetti, un grande mai dimenticato. Il cortile di via
Solferino è diventato un museo a cielo aperto con le 10 pagine
storiche votate dai lettori e riprodotte in formato gigante. I lettori
potranno entrare a casa Gazzetta e incontrare i campioni che si
daranno il cambio nel corso della giornata che si chiuderà poi con la
proclamazione della pagina delle pagine.
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Verso il derby Pippo studia modifiche alla formazione, il Mancio spera di sfruttare l’entusiasmo
Il Milan di Inzaghi
teme la scossa
e il forfait di De Jong
L’Inter vuole stupire
Mancini il profeta
di tecnica e bel gioco
Preoccupa il cambio tecnico. Nigel non ce la fa
Palacio-Osvaldo-Icardi con la potenza di Guarin
Il Milan teme la scossa.
Secondo le statistiche di match
europei, che sia Adriano Galliani sia Pippo Inzaghi hanno ripassato in questi giorni, a ogni
cambio di panchina corrisponde nelle successive 2-3 settimane una reazione positiva, una
scossa, appunto, in grado di rivitalizzare giocatori e società.
Poi, molto spesso, i risultati
tornano più o meno quelli di
prima del cambio, ma questo è
un’altra storia che spetterà al
Mancio smentire.
Al Milan ora pensano alla
scossa. L’obiettivo è non restarne fulminati. Con Mazzarri,
l’entusiasmo, l’appoggio dei tifosi e persino la fortuna del debuttante (al primo colpo avevano vinto il derby pure Allegri e
Seedorf) erano dalla parte di
Pippo. Ora è tutto cambiato.
Mancini è adorato dagli interisti quanto Pippo lo è dai rossoneri (i due ieri si sono incrociati nel parcheggio di San Siro
dove erano a vedere la Nazionale). Ma dire che a partire da oggi (alla ripresa degli allenamenti) Pippo cucirà il suo Milan sulla nuova Inter targata
Mancio probabilmente non è
corretto. Intanto un’Inter che
cerca di giocare di più potrebbe
anche consentire al Milan di
preparare il piatto preferito:
l’attesa e il contropiede. Soprattutto è molto più vero che
lo sguardo di Inzaghi è tutto rivolto alle mura di casa sua: gli
eventuali cambiamenti, magari
anche di modulo, dipenderanno soprattutto dal forfait di Nigel De Jong che quasi sicuramente non ce la farà a recuperare (mentre il recupero di
Abate è definito difficile, non
impossibile). Quella del «Comandante» non sarà un’assenza qualsiasi: 956’ giocati, due
MILANO
I dubbi
● Nigel De
Jong, fermato
da un
problema
muscolare al
bicipite
femorale, quasi
sicuramente
sarà costretto a
saltare il derby:
l’olandese è
uno dei
giocatori più
impiegati fin
qui da Inzaghi
● L’altro
dubbio
riguarda Abate:
se non
ce la farà
in testa a
sostituirlo
c’è Poli
Il passato
● Nei 4 anni di
Inter Mancini è
partito dal 44-2 e ha chiuso
con il 4-3-3
Il deb
Pippo Inzaghi,
41 anni,
è al suo primo
derby
da allenatore
del Milan
Fin qui con lui
alla guida
i rossoneri
hanno
conquistato 17
punti (quattro
vittorie, cinque
pareggi e due
sconfitte), uno
in più dell’Inter
(Ansa)
reti e sette ammonizioni rendono bene l’idea del lavoro prezioso che l’olandese svolge in
mezzo al campo, arpionando
palloni e anche caviglie. Essien
e Muntari potrebbero essere
piazzati sulle stesse zolle (a meno che non trovi spazio Van
Ginkel). Inzaghi studia. Da oggi
sarà più chiaro se deciderà di
affidarsi al più collaudato 43-3, o se pure cambierà scegliendo il 4-4-1-1. Il che influirà
sul dilemma destinato a durare
una stagione: Menez, Torres o
entrambi? Assieme hanno giocato dal primo minuto solo tre
volte (a Empoli, a Cesena e in
casa col Chievo). Tra i fatti positivi la probabile presenza di
Montolivo in panchina. Almeno psicologicamente, aiuterà.
Anche perché la squadra potrebbe non ricevere l’incoraggiamento della vigilia di Silvio
Berlusconi (ricoverato per l’infiammazione all’occhio). Uno
che di scosse se ne intende.
Arianna Ravelli
● ha cambiato
ruoli (Zanetti,
da terzino a
esterno) e
voluto qualità:
Cambiasso
(foto in alto) ,
poi Maicon,
(foto in basso)
Maxwell e
Ibrahimovic
● Spettacolare
il primo anno
(vedi il 3-2 alla
Samp, un palo
e tre gol negli
ultimi 6’20”)
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MILANO Perché Roberto Mancini piace tanto agli interisti? Perché è un uomo elegante; perché ha una statura internazionale; perché ha vinto molto (tre
scudetti, ma anche 17 partite
consecutive nel 2006-2007);
perché ha vinto anche prima di
Calciopoli (due volte la Coppa
Italia più la Supercoppa del 20
agosto 2005); perché ha sempre anteposto a tutto il gioco, la
tecnica, la bellezza del gesto;
perché ha sempre saputo sorprendere. Sono il suo genio
calcistico, la sua imprevedibilità, la sua voglia di stupire (ma
non di strafare) a far sì che i tifosi nerazzurri lo considerino
uno di loro. In tutti i sensi.
La gente tornerà a San Siro
sapendo che qualcosa di inatteso Mancini lo saprà regalare.
E in fretta. L’Inter più spettacolare, sebbene in cerca di equilibrio, è stata quella della sua
prima stagione (esempio il 3-2
alla Samp, 9 gennaio 2005, un
palo e tre gol dallo 0-2 negli ultimi 6’20”), condizionata dai
pareggi, ma capace di offrire
un calcio come non lo si vedeva
da tempo e come non lo si sarebbe più visto. Nemmeno con
Mourinho, perché quella Inter
aveva altre caratteristiche: era
spietata, chirurgica, efficace e
non consentiva errori all’avversario, come sa bene il Barcellona, rimasto sorpreso all’andata
di fronte una squadra che attaccava e non aspettava.
Nel quadriennio nerazzurro
(2004-2008), Mancini è partito
dal 4-4-2 (le prime due partite
con il Basilea, preliminari di
Champions, 1-1 e 4-1) e ha chiuso con il 4-3-3 della partitascudetto con il Parma (0-2, 18
maggio 2008, Balotelli-Ibrahimovic-Cruz sotto il nubifragio), provando e riprovando
Il ritorno
Roberto
Mancini, 49
anni, dal 2004
al 2008
si è seduto
per 226 volte
sulla panchina
dell’Inter
vincendo 2
scudetti sul
campo e 1 a
tavolino dopo
Calciopoli, 2
Coppe Italia, 2
Supercoppe
Italiane
(Getty Images)
tutte le soluzioni possibili:
cambiando ruolo ad alcuni giocatori (uno per tutti: Javier Zanetti, da terzino a esterno di
centrocampo); immettendo
uomini di qualità (subito Cambiasso, poi Maicon, Maxwell e
Ibrahimovic su tutti); modellando la squadra a sua immagine e somiglianza, anche grazie
alla disponibilità di Moratti.
Da dove può ripartire Mancini per stupire anche stavolta?
Qualche esempio: da Palacio,
sistemato alle spalle di Icardi e
Osvaldo; da Kovacic a centrocampo; da Guarin, tatticamente anarchico, ma con mezzi fisici non comuni; dalle qualità
(non difensive) di Dodò, da affinare; dal recupero psicologico di Vidic, al centro del progetto difensivo; dal lavoro su
D’Ambrosio; da una collocazione tattica più precisa di Hernan e s ( c o m e a c c a d u to c o n
Stankovic). Per ora partirà senza Medel (squalificato).
f. mo.
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Adani spiazza Mancio: meglio la tv della panchina
«Resto nella squadra di Sky, guadagno di meno, ma mi piace studiare il calcio e spiegarlo alla gente»
Difensore
● Daniele
Adani ha
iniziato la sua
carriera
nel Modena,
nel ‘91
● Difensore,
ha giocato
con Brescia,
Fiorentina,
Inter, Ascoli
e Empoli.
Vanta anche 5
presenze in
Nazionale tra il
2000 e il 2004
Buonasera Adani, è riuscito a spiazzare tutti dicendo
no all’Inter che le aveva offerto il posto di viceallenatore.
«La vita e il lavoro sono fatti
di momenti, occasioni, rapporti. Quello che sto facendo a Sky
mi coinvolge troppo. Il calcio è
la mia passione, ho la possibilità di poterlo spiegare alla gente. Un uomo di campo studia, si
prepara ogni giorno. In tv, per
essere credibile, fai la stessa
cosa e in più devi avere empatia
con il pubblico».
Però dire no all’Inter... Ci
avrà anche rimesso dei soldi.
«Si, avrei guadagnato di più,
ma da quando ho passato i 30
anni non ho mai fatto una scel-
ta pensando ai soldi».
Mancini come l’ha presa?
«Roberto è una persona speciale, solo chi lo conosce può
apprezzarlo fino in fondo. Ha
capito le mie ragioni e credo
che il nostro legame adesso sia
ancora più forte».
Mancini è stato suo allenatore a Firenze.
«Mi colpì dalla prima esercitazione. Da giocatore aveva un
talento straordinario ma aveva
dentro anche le qualità dell’allenatore: capacità di osservazione, lucidità».
Una volta gli ex calciatori
andavano in tv in attesa di
una panchina...
«È cambiato il calcio, è cam-
biata la tv: adesso è una professione. Bisogna lavorare, prepararsi, non si può più bluffare».
Lei come si prepara?
«Leggo ogni giorno più noti-
Talent
Daniele Adani,
40 anni, lavora
a Sky da due
anni e tre mesi
zie possibile per tenermi aggiornato. Prima di una partita
preparo i dati sullo storico delle due squadre, poi faccio un
focus sui giocatori e guardo le
ultime due partite per capire sistemi di gioco e soluzioni».
Quasi come un allenatore.
«Più o meno, ma per tutte e
due le squadre».
A proposito, voi talent di
Sky siete come una squadra.
«Una bella squadra. Appassionati, a volte un po’ maniacali. Ai Mondiali ci siamo ritrovati sulla spiaggia di Copacabana
Bergomi, Marchegiani e io. Abbiamo cominciato a disegnare
sulla sabbia i movimenti dell’Olanda e ci siamo dimenticati
di sole, mare, di tutto».
Il suo ipad è considerato
una specie di tesoro...
«Lo aggiorno costantemente, ho una serie di programmi
che mi aiutano a scoprire tutto
di tutti, però ho sempre taccuino e biro, gli appunti importanti me li scrivo».
Insomma, non ha alcun
rimpianto?
«Amo il calcio e ho la fortuna di poterlo raccontare con
tutta la passione possibile. Ringrazio l’Inter e Mancini per aver
pensato a me, ma non me la
sentivo di smettere di fare il
bellissimo lavoro che faccio».
Domenico Calcagno
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Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
Serie B
Lo 0-3 di ieri a Crotone è stato fatale a Devis Mangia (nella foto). Il
Bari lo ha esonerato e ora pensa a Davide Nicola per invertire la rotta
di un campionato fin qui deludente. Dopo il 4-2 sull’Avellino il 19
ottobre scorso, la squadra di Mangia aveva conquistato un solo
punto in cinque gare, la tifoseria era in ebollizione e il presidente
Gianluca Paparesta ha deciso di congedare l’ex tecnico della
Nazionale Under 21. Oggi l’allenamento verrà diretto da Giovanni
Loseto, vecchia bandiera biancorossa, in attesa dell’arrivo di Nicola.
Due le missioni obbligate per lui: migliorare la difesa (25 gol subiti
finora) e dare una più precisa identità di gioco al gruppo.
Il Bari ancora k.o.
Mangia esonerato
In arrivo Nicola
L’intervista
di Gaia Piccardi
SPORT
Risultati 14ª giornata: Crotone-Bari 3-0; Latina-Lanciano 1-0;
Livorno-Pro Vercelli 3-1; Pescara-Frosinone 3-0; Ternana-Spezia 00; Trapani-Catania 2-2; Varese-Perugia 1-1; Avellino-Vicenza 0-1 ;
Virtus Entella-Modena rinviata; Bologna-Brescia 1-2 (giocata
sabato); Carpi-Cittadella 5-2 (giocata sabato). La classifica: Carpi 28
punti; Frosinone 25; Livorno e Spezia 24; Avellino 23; Lanciano,
Bologna e Trapani 22; Perugia 21; Pro Vercelli e Brescia 17; Pescara,
Catania, Bari, Varese (-1) e Vicenza 16; Modena, Ternana e Entella
15; Crotone e Latina 13; Cittadella 12. (Modena ed Entella 1 gara in
meno).
«Alleno le donne e ne vado fiero
Leverò il sorrisetto da certe facce»
Cabrini, c.t. dell’Italia: «Il calcio più sano snobbato da un paese maschilista»
«Sono sulla panchina delle
azzurre da più di due anni. Eppure in giro vedo ancora sorrisetti che mi fanno infuriare».
Tipo: bella forza, Antonio
Cabrini, ad allenare le donne
sono capaci tutti...
«Quando nel 2012 mi chiesero la disponibilità, dissi subito
sì. Fare il prezioso non sarebbe
stato rispettoso. Pochi si rendono conto che, data per scontata un’ovvia differenza fisica,
dal punto di vista tattico e tecnico donne e uomini si equivalgono. Le ragazze, poi, si allenano molto meglio».
Con l’Olanda (andata a
L’Aia il 22, ritorno a Verona il
27) vi giocate lo spareggio per
andare al Mondiale 2015.
«A 15 anni da Usa ‘99, sarebbe un risultato storico».
Che squadra ereditò da Pietro Ghedin?
«Un ottimo gruppo, cui ho
cercato di dare qualcosa in più
nel fisico e nella mente. Il campionato italiano è troppo sbilanciato: non è allenante. In
Europa c’è un gap da colmare».
Che squadra è oggi?
«Panico, fenomeno di longevità, è il totem. Gabbiadini la
fuoriclasse. Le giovani, bronzo
Under 17, stanno crescendo bene ma non sono ancora pronte.
Sono io il primo a consigliare
alle ragazze di andare all’estero:
le tre che giocano in Germania
(Giuliani, Schroffenegger, Manieri) hanno fatto un salto di
qualità».
Rimane un calcio dilettantistico, però.
«È un problema di sistema:
le donne appartengono alla Lega Dilettanti ma voglia e applicazione sono da professioniste.
È il calcio più sano: né doping
né scommesse. Tavecchio mi
ha detto che punta molto sulla
crescita del calcio rosa: la sua
idea è avere almeno 12 club tra
Risultati
● 6ª giornata
AvellinoReggio E. 8894; TrentoPistoia 86-72;
CremonaBrindisi 87-72;
Bologna Venezia 79-83;
C.d’OrlandoCaserta 68-64;
Roma-Varese
87-78; MilanoCantù 83-64;
Sassari-Pesaro
(20, Raisport1)
● Classifica
Reggio E,
Venezia 10;
Sassari,
Cremona,
Milano 8,
Cantù, Roma,
Avellino, Trento
6; Bologna,
Pistoia, Varese,
C.d’Orlando 4,
Pesaro 2,
Caserta 0
In ritiro
● Vinta la
semifinale con
l’Ucraina, l’Italia
femminile si è
qualificata per
il playoff per il
Mondiale 2015
(in Canada)
contro l’Olanda
● La finale:
andata il 22
novembre a
L’Aia, ritorno il
27 a Verona
(diretta
RaiSport1 alle
20.30)
● Le azzurre
da ieri sono in
ritiro a Roma al
Centro sportivo
Giulio Onesti
● Delle 23
convocate, tre
giocano in
Germania, la
veterana (39
anni) è Patrizia
Panico, la
bomber
Melania
Gabbiadini
(foto) è sorella
di Manolo, n.11
della Samp.
41
bambino, nella cascina Mancapane di Casalbuttano?
«Pierino Prati. Mancino come me, guascone, atipico».
Perché Zoff-Gentile-Cabrini-Scirea è stata la difesa azzurra più forte di sempre?
«Perché eravamo affiatati
già nella Juventus, dove ciascuno era leader nel suo ruolo. Il
Mundial ‘82 ci diede un’aura
speciale. Ma quella fu un’epoca
irripetibile del nostro calcio».
Ripensa mai al rigore sbagliato in finale?
«No, tanto c’è sempre qualcuno che me lo ricorda! Sul dischetto avevo duemila pensieri
che mi frullavano in testa a trecento all’ora. Sbagliai a cambiare idea all’ultimo secondo ma
ero tranquillo, lo giuro».
Chi è il suo più caro amico
nel mondo del pallone?
«Cesare Prandelli. Ho letto
processi gratuiti dopo l’eliminazione dal Mondiale in Brasi-
❞
Verso il playoff
Centrare il Mondiale
2015 con la squadra
Cenerentola vorrebbe
dire che ho avuto ragione
serie A e B con il settore femminile. Blatter e Platini spingono
sulle donne. L’Italia, purtroppo, è Cenerentola: in Germania
ci sono 1 milione e 200 mila tesserate, 600 mila in Inghilterra,
400 mila in Francia, 200 mila in
Spagna...».
E da noi?
«Diecimila».
Perché così poche?
«Perché siamo un paese maschilista, dove vale di più qualsiasi bravata di Balotelli piuttosto che l’impresa che stiamo
cercando di realizzare. Mancano la determinazione delle istituzioni, la continuità sui giornali e in tv, una buona operazione di marketing, stile volley.
In Italia spesso bisogna imporre le cose perché passino».
C’è, forse, anche un problema d’immagine? Di look?
«Ho in squadra 3 o 4 ragazze
che non hanno nulla da invidiare alle pallavoliste, certe calciatrici svedesi sono meravi-
gliose, il portiere degli Usa è
andata in copertina su Playboy.
È vero che molte sono mascoline, ma non tutte! Anche nel
calcio le donne possono esprimere la loro femminilità».
Prima dell’Italia lei ha allenato in Serie C, B e in Siria.
Tratta le donne come gli uomini?
«Sì. L’allenamento puro, in
campo, è indifferenziato. Come psicologia la donna è più
articolata: ciascuna è fatta a
modo suo, devo stare molto attento alle sensibilità individua-
❞
Gruppo vincente
Le ragazze non sono
inferiori ai maschi nella
tecnica e nella tattica ma
c’è chi non lo capisce
li, dare più spiegazioni e più
stimoli. Quando sono arrivato
le ragazze mi hanno esaminato
ai raggi X. Letteralmente».
Data la sua fama di latin lover, non c’è rischio di infatuazione per il cittì?
«C’è un rischio di fascinazione per il personaggio, piuttosto. Il grande ex della Juve, il
campione del mondo dell’82.
Molte non erano nate, ma sanno: hanno studiato su internet
e Youtube. Ecco perché con la
squadra non parlo mai di me
né del mio passato».
Oggi, splendido 57enne,
può dirlo: quella fama era
giustificata?
«Ero un ragazzo cremonese
di campagna: all’inizio mi diede fastidio. Poi ammetto di
averci convissuto con un certo
gusto: se lo dicono, approfittiamone e lasciamoglielo credere.
Infine è subentrata l’indifferenza».
Chi era il suo idolo, da
Grande ex
Antonio Cabrini,
cremonese, 57
anni, terzino
sinistro della
Juventus (‘76’89), club con cui
ha vinto 7
scudetti e tutte le
competizioni
europee, e
dell’Italia (‘78’87), con cui si è
laureato
campione del
mondo al
Mondiale 1982.
Dal maggio 2012
è il c.t. dell’Italia
femminile
(Getty Images)
le. Ha fatto bene a ributtarsi subito nella mischia, in Turchia.
Guai se fosse rimasto a casa a
rimuginare».
Il ricordo di Juve più forte.
«L’Heysel. Salendo in mezzo
ai tifosi per calmarli lessi la disperazione nei loro occhi. Non
sapevo ancora niente, c’era una
confusione pazzesca. Mi rammarico di non aver capito quegli sguardi, ecco».
Il ricordo più netto in nazionale.
«Il fischio finale di ItaliaBrasile 3-2. Era la Seleçao più
forte del secolo».
È l’Italia rosa migliore di
sempre?
«Centrare il Mondiale 2015
significherebbe che ho avuto
ragione. Aspettando la grande
occasione, voglio dimostrare
che Cabrini sa allenare qualsiasi squadra. Oggi sono il c.t. delle donne e tutti, sottolineo tutti, mi devono rispettare».
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Milano ritrova le stelle e in un tempo spazza via Cantù
Sul derby lombardo del basket la firma e il riscatto di Kleiza e Brooks: anche 25 i punti di vantaggio
MILANO E la sera dei miracoli,
dei risvegli e dei vangeli di resurrezione. Con Milano che
mostra al suo popolo in delirio
la faccia più truce e più vera,
nella partita finora più attesa:
Cantù finisce stroncata (83-64)
nel gran derby di Lombardia. È
la sera di Linas Kleiza (18, 4/5
da 3) e di MarShon Brooks (14,
4/6 da 3), del loro primo grande impatto. E di Luca Banchi,
attento a concedere a entrambi
l’ovazione, che è anche il riconoscimento del suo paziente
lavoro psicologico, per far capire che Milano, tutta Milano, era
proprio loro due che stava
aspettando.
Ruggisce il Forum, esaurito,
passione e rivalità fanno dimenticare anche le statistiche
che all’edizione numero 154 del
derby dicono che Milano e
Cantù si presentano prime, a
Lotta sotto
canestro
Samardo
Samuels
batte Eric
Williams e va
a canestro:
Milano
nel secondo
tempo non ha
dato scampo
a Cantù e ha
fatto suo
con facilità il
classico derby
lombardo
(Liverani)
pari (de)merito soltanto nelle
palle perse (17,8 per entrambe). Quantomeno opinabile il
tentativo di sovrapporre all’Inno di Mameli la peraltro bellissima «O mia bela Madunina»:
subito dopo, sarebbe stato perfetto. Non c’è ancora Georgi
Shermadini per Cantù, mentre
per Milano Ale Gentile (13) è un
toro scatenato e Moss è «uno e
bino»: prima manda in panca
Feldeine, l’equilibratore canturino, e poi si occupa di Johnson-Odom, il catalizzatore.
Quando MarShon Broooks
manda un lampo di talento, lo
sguardo a terra, come volesse
partire in palleggio, mentre invece rifila due triple in faccia
all’avversario, tanto lui il canestro lo sente, mica ha bisogno
di guardarlo, ecco che Milano
tenta la prima fuga a +11 (2617). Forse stimolato dal prossi-
mo inserimento di Shermadini, si fa sentire, eccome, Eric
Williams: prende il sopravvento su Samuels, con 9 punti e 9
rimbalzi nel primo tempo che
consentono all’Acqua Vitasnella di erodere la sponda milanese (37-36 all’intervallo). Williams scomparirà nella ripresa,
travolto nel gorgo dell’onda
anomala di Milano. Lascerà al
solo Johnson-Odom (17) la
bandiera della resistenza. Ma
anch’essa finirà travolta: il play
canturino perderà pure la sfida
con il suo predecessore, Joe Ra-
Duello in regia
Joe Ragland vince
il duello in regia con
Johnson-Odom, suo
successore in Brianza
gland (stessi punti, 17, ma 7-2
negli assist per l’americano di
Milano. A quel punto stava per
esplodere, infatti, tutto il talento della EA7: Kleiza non sbagliava più una bordata, ma era
nel corpo a corpo che l’Olimpia
cambiava pelle, nella ferocia
del ringhio di tutti su tutte le
palle. Il Forum andava in delirio e il punteggio si dilatava fino al +25 (77-52).
Uno sguardo altrove. Il dubbio adesso sfiora Varese, che
subisce a Roma la quarta sconfitta consecutiva: e domenica
nel giro dei derby, a Masnago
arriva la EA7. Nemmeno l’esordio in panchina di Zare Markovski è servito a togliere lo zero
in classifica di Caserta. Questa
sera tocca a Sassari nel testacoda contro Pesaro.
Werther Pedrazzi
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Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
42
Paolo Giuggioli
Mi mancherà il tuo sorriso bonario.- Ciao caro Presidente.- Avvocato Pietro Lacava.
- Milano, 14 novembre 2014.
L’avvocato Luigi Giuliano Martino partecipa
commosso alla dolorosa perdita del Presidente
Avv. Paolo Giuggioli
- Milano, 16 novembre 2014.
Partecipano al lutto:
– L’avvocato Marco Petrone.
– L’avvocato Giancarlo Ruccia.
Gianni e Lorenza Iudica sono vicini ai familiari
nel dolore per la perdita improvvisa del caro amico
Presidente
Paolo Giuggioli
- Rougemont, 16 novembre 2014.
Lo studio legale Angelo e Francesco Mastandrea
con i colleghi e collaboratori è vicino ai familiari
per la perdita dell’
Avv. Paolo Giuggioli
Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano.
- Milano, 16 novembre 2014.
AIAF Lombardia "Milena Pini" partecipa al dolore
della famiglia e di tutta l’avvocatura per la scomparsa dell’
Avv. Paolo Giuggioli
Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano,
che ci ha sempre sostenuto nelle nostre battaglie
a tutela dei diritti delle persone.
- Milano, 14 novembre 2014.
Il Consiglio Nazionale Forense partecipa con
profondo dolore alla scomparsa dell’
Avv. Paolo Giuggioli
Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati
di Milano, amico ed eccelso collega che ha sempre
onorato la toga nel solco della più grande tradizione forense e stringe i familiari tutti in un forte
affettuoso abbraccio.
- Roma, 14 novembre 2014.
È mancato all’affetto dei suoi cari
Lo annunciano con profondo dolore i suoi figli Maria Alessandra, Giovanni con Mariapaola, Maria
Paola, il fratello Antonio e i cognati Giulia, Paolo
e Anna Maria.- I funerali si terranno martedì 18
novembre, nella chiesa di San Nazaro Maggiore,
in piazza San Nazaro in Brolo 3.- Per l’orario si
prega di chiamare il numero 02.5513027, dopo le
ore 12. - Milano, 16 novembre 2014.
sei stato straordinario.- Mi hai sempre capito.- Il
tuo nipote adorato Alessandro.
- Milano, 15 novembre 2014.
Partecipano al lutto:
– Renata e Patrick.
Ing. Andrea Bazzani
- Milano, 16 novembre 2014.
Guido e Marisa Bardelli partecipano con affetto
al dolore di Alessandra e della sua famiglia per la
perdita del papà
Ing. Andrea Bazzani
- Milano, 16 novembre 2014.
Danda, piango con te per la scomparsa del tuo
papà
Ing. Andrea Bazzani
Andrea Bazzani
- Milano, 16 novembre 2014.
È mancato all’affetto dei suoi cari
Salvatore Giuffrida
Turi
- Roma, 16 novembre 2014.
Anna è vicina con affetto a Caterina per la perdita del padre
Paolo Giuggioli
Ci ha lasciato
Carlo Alberto Brunner
rag. Salvatore Giuffrida
Ci ha lasciato il maggiore di tutti noi
Carlo Alberto Brunner
Giuseppe Giovanni Alini
- Milano, 16 novembre 2014.
Marcello Giani, Anna Goppion, Giulio Lattanzi e
gli amici di Centauria partecipano al dolore di Simona per la perdita del padre
Giuseppe Giovanni Alini
Alessandra Longini Perli
rimpiangendone la luminosa intelligenza e l’indomito coraggio. - Milano, 16 novembre 2014.
Giulio e Adriana Delsante abbracciano Francesco e salutano la cara amica
Alessandra
Cavaliere della Repubblica
di grande dignità, bontà, sempre desideroso di armonia col prossimo.- Ne dà notizia a quanti lo stimarono e gli vollero bene, la moglie Giuliana Rivera.- Un "grazie" all’eccellente staff dell’Hospice
del Pio Albergo Trivulzio.- E da qui, nella chiesa,
un ultimo saluto mercoledì 19 novembre ore 9.Padre nostro che sei nei cieli, sia fatta la tua volontà. - Milano, 16 novembre 2014.
Ci ha lasciato il
dott. Pierpaolo Mariani
Ne danno l’annuncio Marina e famiglia e Paola
Redaelli con Sofia, i fratelli, le sorelle e le rispettive
famiglie.- Grazie di cuore a Claudio e a tutti quanti
hanno assistito Paolo in questi ultimi anni trascorsi
con grande serenità.- Per l’ultimo saluto ci troveremo lunedì 17 ore 11 - 13.30 in via Fumagalli 23
a Lecco; seguirà una benedizione alle 15.30 nella
cappella di San Martino del cimitero di Morbegno.
- Lecco, 16 novembre 2014.
2004 - 2014
Antonio Brugnoli
Papà, non immagini quanto mi manchi.- Anch’io
Paola. - Busto Arsizio, 17 novembre 2014.
Ciao grande
nonno Antonio
Fede, Carol e Teo.
- Busto Arsizio, 17 novembre 2014.
17 novembre 2007 - 17 novembre 2014
Ricordiamo
Ezio Casati
sempre vivo nei nostri cuori.- Emilia, Nerina, Chiara, Gloria, Marta e famiglie.
- Parabiago, 17 novembre 2014.
La moglie Argia, il figlio Graziano, la nuora Stella e la nipotina Francesca ricordano con tanto affetto
Fabio Sacchetti
- Milano, 16 novembre 2014.
a un anno dalla sua scomparsa.
- Milano, 17 novembre 2014.
Nell’ora in cui la mamma
Giuliana Fumarola
è stata accolta in Paradiso, noi siamo vicini ad Annapaola e Pierluigi con un grande abbraccio.- Angela, Anna e Lino, Annamaria e Massimo, Gloria
e Mario, Marta e Alberto, Michela e Giuseppe, Raffaella e Damiano. - Milano, 16 novembre 2014.
17 novembre 1984 - 17 novembre 2014
Nonna: come oggi sempre!
Fausta Bitetti Miano
Laura, Paolo e poi...Elisa.
- Milano, 17 novembre 2014.
Dal giorno 15 novembre 2014 non è più con noi
Maria Valli Bonivento
Ne danno il triste annuncio il marito Claudio e le
figlie Claudia e Margherita.- Per chi volesse essere
presente alle esequie, telefonare al numero
02.9181223. - Milano, 15 novembre 2014.
1964 - 2014
A
Fulvio Canuti
splendido amore e tempestoso iddio di tutta la mia
vita.- Nina. - Parma, 17 novembre 2014.
- Milano, 17 novembre 2014.
I dipendenti e collaboratori della ditta Cimi SpA
sono vicini ai familiari per la prematura scomparsa
del signor
RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
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- Milano, 17 novembre 2014.
Profondamente commossi, Cecilia, Mario e Lorenzo si stringono forte a Francesco partecipando
all’indicibile dolore per la perdita della sua
Giuseppe Amedeo (Pino)
Manzato
Lo piangono la moglie Nurrit con figli e nipoti, le
sorelle Nicoletta, Elena, Annamaria e la cognata
Wanda con figli e nipoti.
- Tel Aviv, 15 novembre 2014.
Il Presidente Paolo Mieli, l’Amministratore Delegato Laura Donnini e tutti i colleghi di RCS Libri si
stringono con affetto a Simona in questo momento
di dolore per la scomparsa del padre
Lo Studio Legale Pedersoli e Associati partecipa
al dolore di Filippo per la perdita del padre
Partecipa al lutto:
– Daniele Santulli.
- Milano, 16 novembre 2014.
Nerina, Gigi, Gaia, Giacomo, Paolo, Betti, Simona, Alberto, Angelo, Alessandra, Nicola, Giancarla, Enrico, Elisabetta, Luisa, Silvia, partecipano con
grande affetto al dolore di Danda per la perdita
del padre
- Milano, 15 novembre 2014.
Avv. Paolo Giuggioli
Adriano Donati
Ti abbraccio forte.- Andre.
- Follonica, 16 novembre 2014.
Pippo e Letizia Giuffrida con Stefano e Ketty Gaia
Roberto e Daniela piangono affranti la scomparsa
del loro amatissimo
- Milano, 16 novembre 2014.
Adriano
Gaetano Anna Brambilla, Francesco Laura Ferrari, Giovanni Brambilla con i collaboratori dello
studio sono affettuosamente vicini a Gabriella e
Carlo e partecipano con commozione al dolore per
la scomparsa di
I cugini Brambilla, Clerici e Guagnellini si stringono
con affetto a Nurrit con Ariel, Nili, Micol e a Nicoletta, Annamaria, Elena, Wanda con i loro figli.Ciao Cabetto. - Milano, 15 novembre 2014.
Giovanni Luca e Giulia Murru insieme ai collaboratori dello Studio Legale Murru partecipano al
dolore della famiglia per la scomparsa dell’
Avv. Paolo Giuggioli
Angiolino, Beba, Carlo, Enrico, Gabriella, Giancarlo, Lina, Michi, Roberto ricordano con affetto e
dolore il carissimo
- Milano, 15 novembre 2014.
Guido Bardelli, Antonio Papi Rossi, Loredana Airoldi, Chiara Brunelli, Francesca Colombo, Nicola
Ferrante, Susanna Fornacciari, Sara Giampaoli, Rita Gibilini, Tommaso Sacconaghi e Riccardo Villa
sono vicini con affetto e amicizia ad Alessandra e
alla sua famiglia per la perdita del papà
ricordandone lo spirito collaborativo e l’impegno
per l’avvocatura. - Milano, 16 novembre 2014.
Avv. Paolo Giuggioli
Ci ha preceduti nell’ "ultimo grande viaggio"
nonno Adriano
Ne dà l’annuncio la figlia Caterina con Paolo e gli
adorati nipoti Leonardo e Federica.- La liturgia funebre si celebrerà nella chiesa San Bartolomeo di
Barzago, per giorno e ora contattare l’impresa VOF
Valsecchi Costa Masnaga al n. 031.879377.- La
cara salma si trova presso la camera ardente
dell’ospedale IEO Istituto Europeo di Oncologia via
Ripamonti n. 435 Milano.
- Milano, 17 novembre 2014.
I magistrati di Unità per la Costituzione di Milano
esprimono sentita partecipazione al lutto della famiglia per la perdita del Presidente
Caro
Andrea Bazzani
Giancarlo, Leda, Elsa piangono la carissima
Anna
e si stringono con affetto a Marco e alla sua famiglia. - Milano, 16 novembre 2014.
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Franca Vallino addolorata per la morte della carissima amica
Anna Ballarino
Corriere della Sera
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Necrologie: € 1,90
Adesioni al lutto: € 3,70
Solo anniversari,
trigesimi e ringraziamenti: € 258,00
- Milano, 16 novembre 2014.
è affettuosamente vicina a Marco e ai suoi familiari. - Milano, 15 novembre 2014.
Stefania e Michele Casati partecipano al lutto
dell’avvocato Francesco Perli per la prematura
scomparsa dell’adorata moglie
Enrico, Franco con Fabiola, Rossana, Angela,
Cristina, Ilenia ricordano con affetto
L’accettazione delle adesioni è subordinata al pagamento con carta di credito
Anna
Servizio fatturazione necrologie: tel. 02 25846632 mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30
fax 02 25886632 - e-mail: fatturazione.necrologie@rcs.it
Alessandra Longini Perli
- Milano, 16 novembre 2014.
e sono vicini a Paolo e famiglia.
- Milano, 16 novembre 2014.
A MODULO:
Diritto di trasmissione: pagamento anticipato € 1,67 - pagamento differito € 5,00
Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
SPORT
43
Tennis
Federer (mal di schiena) si ritira dal Masters
Sci
Kristoffersen batte Hirscher, Thaler quinto
Volley
Superlega: Trento non fa sconti a Ravenna
Amaro colpo di scena al Masters di Londra: l’attesa finale tra Novak
Djokovic e Roger Federer non si è giocata. Lo svizzero è stato
costretto a dichiarare forfait a causa di un infortunio alla schiena:
«Non posso giocare, è troppo rischioso alla mia età» ha detto l’ex n.1
del mondo, forse per cercare di salvare la finale di Coppa Davis del
prossimo weekend contro la Francia. È la prima volta in 45 anni di
storia del torneo che la finale non si disputa. Senza muovere un dito,
Djokovic ha così vinto il quarto titolo Masters, il terzo consecutivo.
A Levi (Finlandia), Marcel Hirscher manca la doppietta d’inizio
stagione: dopo il trionfo nel gigante di Soelden, il detentore della
Coppa assoluta ha ceduto la vittoria a Henrik Kristoffersen nel primo
slalom dell’annata. È stata una piccola rivincita dei Giochi di Sochi,
dove l’austriaco fu d’argento e il 20enne norvegese di bronzo. Sulle
nevi della località oltre il Circolo polare artico, terzo posto per
Neureuther (Ger) e buona prova dell’Italia: 5° Thaler, 12° Razzoli, 13°
Deville, 17° Tonetti e 21° Gross (l’unico al di sotto delle attese).
Superlega, sesta giornata: Revivre Milano-Lube Banca Marche Treia
0-3; Copra Piacenza-Modena Volley 0-3 (disp. sab.); Cmc RavennaEnergy Diatec Trentino 0-3; Exprivia Molfetta-Vero Volley Monza 32 (disp. sab.); Altotevere Città di Castello-Tonazzo Padova 3-2;
Calzedonia Verona-Top Volley Latina 1-3. Ha riposato: Sir Safety
Perugia. Classifica: Modena* e Treia* 15, Trento 14, Ravenna 12,
Latina e Perugia* 10, Piacenza e Molfetta 9, Verona 6, Padova 4,
Città di Castello* 3, Monza* 1, Milano* 0. *: una partita in meno.
L’intervista
Gene Haas, parte la sfida
della «Ferrari americana»
Il team Usa in F1 dal 2016: «La Rossa ci aiuterà a vincere»
Identikit
● Gene Haas,
62 anni, guida
un colosso
dell’utensileria.
Ma è anche un
appassionato
di corse, con
una tradizione
nelle gare
Nascar. Nella
sua storia
anche un guaio
giudiziario: ha
scontato 16
mesi per
evasione
● Il suo nuovo
team di F1 sarà
completato nel
2015 e farà il
debutto nella
stagione 2016
Un paio di anni fa, notato il
suo crescente interesse, Bernie
Ecclestone lo avvicinò e gli disse a bruciapelo: «Hai intenzione di entrare in F1? Se è così,
compera una squadra». La presenza di Gene Haas nei paddock delle corse finali della stagione è un buon motivo per
raccontare una storia che avrà
un lieto fine e che prende le
mosse dalla risposta data a
«Mister E.» dal patron statunitense, una figura sempre popolare nel mondo delle corse a dispetto di seri guai avuti con la
giustizia per questioni di tasse:
«Preferisco creare una squadra
made in Usa», disse Haas.
Non era una bufala: la scuderia debutterà nel 2016 e nel
2015 completerà l’organigramma, nel quale un ruolo centrale
l’ha l’altoatesino Günther Steiner, che fu già un uomo chiave
nel lancio della Red Bull. L’ingresso del Team Haas, che avrà
una solida partnership con la
Ferrari, è uno dei pochi segnali
in controtendenza in una F1 ag-
❞
Ecclestone
mi disse di
rilevare un
team: gli
risposi che
preferivo
crearne uno
made in
Usa
I due capi Gene Haas (a destra) assieme a Günther Steiner (Crippa/Studio E.Colombo)
gredita dalla crisi e che domenica prossima assegnerà il titolo o a Hamilton o a Rosberg.
Vista l’aria che tira, chi
gliel’ha fatta fare?
«Ho una lunga tradizione
nelle corse e lavoro nel mondo
dell’utensileria per le macchine: è logico che mi provi anche
in questa categoria».
Negli Usa, la F1 ha sempre
avuto problemi e non ha mai
sfondato. Lei pensa di scrivere un capitolo nuovo?
«È presto per capire se riusciremo a colmare la lacuna. Di
sicuro vogliamo fare bene e
portare interesse: non ci basta
essere solo partecipanti».
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avere dei buoni risultati?
«Il progetto è decennale. In
avvio sarà essenziale restare a
galla e finire le gare».
I team minori oggi hanno
un sacco di guai.
«Fa parte della storia dell’automobilismo, è sempre stato
così. Ma vale la pena di fare uno
sforzo per sfondare in una categoria tanto importante».
Ha qualche consiglio da
dare a Ecclestone?
«Non è ‘salutare’ farlo con lui
(risata)… La F1 è grande, ma
noi vogliamo renderla più accessibile ai tifosi, anche sul
fronte del contatto con i piloti.
Porteremo un po’ di mentalità
Nascar e di spirito americano».
Un secondo Gp negli Usa è
realistico?
«Per me sì, nel passato è già
successo. C’è l’opzione del New
Jersey, da abbinare ad Austin;
ma io credo che sarebbe bene
tornare a Long Beach».
Il promoter di Austin ha
detto che la F1 deve creare un
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Hollywood. Ha ragione?
«Mi pare un’idea vincente».
Vi hanno già definito la
«Ferrari d’America».
«Non ditelo ad alta voce. Ma
abbiamo un accordo profondo
con Maranello. Ultimamente la
Rossa ha risultati mediocri?
Non siamo preoccupati, la Ferrari ha tradizione, mezzi e fascino: sarà sempre sulla breccia».
Alex Rossi o Danica Patrick
su una delle vostre auto?
«È prematuro parlare di piloti. Non credo che all’inizio ingaggeremo un driver Usa, ma
nel tempo mi piacerà averne almeno uno».
Chi è il miglior pilota in attività, secondo lei?
«Sono stato un fan di Michael Schumacher, oggi dico Fernando Alonso».
Alonso, però, lascia la Ferrari: è una perdita grave?
«Vedremo. Arriverà Vettel,
sento dire: giudicherà la pista».
Le è mai capitato di sognare di vincere il Mondiale di F1?
«Eccome. I sogni, tra l’altro,
sono gratuiti…».
La F1 discute se è meglio tagliare i costi o incrementare
le risorse. Lei che cosa pensa?
«Sono giuste entrambe le
cose e a volte i soldi sono stati
spesi male. Non entro in F1 come uomo d’affari: voglio essere
parte di questo mondo, accettando i rischi. Ma voglio anche
i risultati e voglio vincere».
Flavio Vanetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
44
CorriereMotori
Due facce
La Fiat 500X
viene proposta
in due varianti:
una più votata
al fuoristrada
(a destra), con
protezioni in
evidenza, l’altra,
la Lounge (foto
sotto), più
cittadina.
Tre i sistemi
di trazione:
anteriore,
anteriore con
Traction+ e
integrale. Dodici
tinte (pastello,
metallizzata,
tristrato e
opaca) e otto
cerchi in lega
(16, 17e 18
pollici)
Debutti Tre tipi di trazione, quattro motori da 110 a 170 cavalli, cento Paesi in cui verrà venduta.
Al volante della vettura tutta italiana che sembra destinata a segnare una svolta nel gruppo Fiat
500X, crossover made in Italy
La scheda
● La Fiat 500X
ha una
carrozzeria a 5
porte lunga
425 cm, per
198 di
larghezza e
160 di altezza.
Il vano di carico
va da 350 a
1.000 litri. Al
lancio (inizio
2015), i motori
proposti sono:
1.4 Turbo
MultiAir II da
140 cv, 1.6 «EtorQ» da 110
cv, 1.6 MultiJet
II da 120 cv e
2.0 MultiJet II
da 140 cv. Da
17.250 euro
BALOCCO (VERCELLI) Iniziamo
dalla cena organizzata per presentare alla stampa la Fiat
500X: «Siete seduti nell’atrio
della fabbrica italiana più nota
al mondo — dice Alfredo Altavilla, chief operating officer
Europe, Africa and Middle East
(EMEA) di FCA —. Mirafiori è il
simbolo di 75 anni di storia,
dello sviluppo industriale del
nostro Paese».
Mirafiori rappresenta la rinascita del dopoguerra. Oggi
dallo stesso stabilimento parte
la ricostruzione del made in
Italy dell’auto. Ancora Altavilla:
«È un momento importante
per FCA, in particolare per la
Regione EMEA, che qui ha il
suo quartier generale: migliaia
di donne e uomini che lavorano con passione per trasformare idee ed emozioni in prodotti
come il crossover della famiglia 500, che testimonia il cam-
Il video
Sul canale
Motori del
Corriere.it
la prova video,
su strada e
fuoristrada,
della Fiat 500X
biamento del nostro modo di
lavorare». Completa sintonia
con Olivier François, global
head Fiat: «Questa vettura è un
passo da gigante per il marchio
Fiat. Siamo veloci, decisi, appassionati, e pronti a rompere
gli schemi, a reinventarci».
A Balocco, dove vengono testate anche le supercar, si respira l’eredità dell’iconica 500.
La X è il fattore moltiplicatore
di un successo che ha visto 1,5
milioni di pezzi venduti, 22% di
quota in Europa, 55% in Italia.
La 500X è il primo e unico crossover compatto Fiat (nasce da
un’architettura nuova), ricco di
contenuti, di tecnologia. «Non
in un segmento qualunque —
avverte Gianluca Italia , responsabile Fiat Emea —, ma in quello che sta letteralmente modificando il mercato europeo. Dieci anni fa i crossover erano il 5%
del mercato, oggi sono più del
20% e rappresentano il terzo
mercato dopo le city car e le
compatte». Un’ auto «abbastanza grande, ma anche abbastanza piccola», come sottolinea il suo designer Roberto
Giolito: «Ha delle proporzioni
perfette. Il suo corretto vocabolario di segni. Senza limitarsi a
gonfiare le curve con grandi
muscoli, che pure si fanno sentire sia nella versione urbana
che in quella da fuoristrada».
L’interno accoglie con ele-
gante semplicità. La plancia,
appena arrotondata, è la centrale di comando. Ci sono il
cruise control adattativo, il collegamento Bluetooth al telefono, il selettore per scegliere
l’impostazione di guida più
adatta al percorso (Auto, Sport,
All Weather). I sedili conservano gli stilemi della 500 nella
forma dei poggiatesta, ma contengono bene il corpo. «Un’italianità — dice François — che
è passata da 2,5 milioni di ore
di progettazione, 500mila ore
di prove di laboratorio e oltre 5
milioni di chilometri di prove
su strada. Una qualità basata
anche sulla collaborazione dei
lavoratori dello stabilimento di
Melfi , uno dei migliori esempi
del metodo World Class Manufacturing di FCA».
Per venderla in 100 Paesi del
mondo, differenti tra loro, sono stati previsti tre sistemi di
trazione (anteriore, Traction+ e
integrale), che sposano una
gamma di motori a benzina e
diesel, da 110 a 170 cavalli, tutti
Euro 6. La trazione 4x4 è disponibile sia con i motori a benzina sia con i diesel, con cambi
manuali a 6 rapporti o automatici DDCT anche a 9 marce,
un’esclusiva di Fiat.
Giorgio Cornacchia, responsabile Engineering Emea, spiega che «tutto parte dalla scocca, che utilizza acciai speciali
per migliorare la rigidità torsionale e abbassare il peso di
oltre 21 kg rispetto ai rivali» .
La 500X chiude un ciclo e ne
riapre un altro: accompagna la
Fiat tra le braccia di FCA, per
conquistare i mercati globali. E
ufficializza la forza di un brand,
che in futuro potrà chiamarsi
«soltanto» 500.
Bianca Carretto
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Contro l’inquinamento, la Cina punta su metano ed elettrico
La Michelin (partner della Formula 1 a batterie) porta nella Repubblica Popolare il Challenge Bibendum
CHENGDU (CINA) In Cina l’11 novembre si è celebrato il Single
day: quel giorno tutti i prodotti
sul portale Alibaba erano scontati. Una festa che ha portato
acquisti per 57 mila miliardi di
yuan, circa 7,4 mila miliardi di
euro. E milioni d’oggetti da
consegnare, ma a lunga scadenza: l’inquinamento ferma il
traffico e gli spedizionieri.
È questo lo scenario scelto
dalla Michelin per la 12esima
edizione del suo Challenge Bibendum dedicato alla mobilità
sostenibile e inaugurato lo
stesso 11 novembre a Chengdu,
ovest della Cina. L’idea alla base dell’evento è questa: che siano persone o merci, tutto si de-
ve e si può muovere a basso impatto ambientale.
La sorpresa? Il governo cinese, fallito l’obiettivo dei 5 milioni di auto elettriche o ibride
plug-in entro il 2015, ripiega
sul metano. Qui già il 3% dei veicoli usa combustibili o tecnologie alternative, di questi otto
su 10 vanno a gas. I distributori
sono più di 5 mila. Si stima che
nel 2015 saranno oltre 2 milioni
i veicoli a metano venduti in un
anno. Numeri che potrebbero
favorire Fiat-Chrysler, che sul
metano ha sempre puntato, e
non spaventano Michelin, che
ha investito sull’elettrico al
punto da diventare partner del
primo campionato di Formula
E: «Il futuro è elettrico e il
pneumatico ha un’importanza
fondamentale, perché riducendo le resistenze incrementa a
costo zero l’autonomia. L’esperienza della Formula E è fondamentale per lo sviluppo di nuovi prodotti», spiega Jean-Dominique Senard, ceo di Michelin.
Ma per la prima volta al Bibendum la protagonista è la
smart city, «città intelligente»
che integra mezzi differenti per
ottenere la massima efficienza.
Nella smart city il car sharing
ha piena cittadinanza: per gli
analisti di Frost&Sullivan, nel
2020 saranno 26,2 milioni gli
utenti dell’auto condivisa nel
mondo (10 volte gli abbonati
del 2012), perché è il modo ideale per superare i limiti attuali
lasciando libertà di movimento. Stesso discorso per il carpooling: condividere la stessa auto sullo stesso percorso. A Pechino, il servizio Haha Pinche
ha raggiunto da dicembre il
milione di utenti.
Il cambio di approccio alla
mobilità non preoccupa Michelin: «Il numero di auto si ridurrà in città, ma continuerà a
crescere nel mondo. La nostra
attività non è vendere il singolo
pneumatico, ma tutti i servizi
che ci sono intorno».
Alessandro Marchetti
Tricamo
Una monoposto elettrica di Formula E, che utilizza pneumatici Michelin
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
Kia Soul EV
Un pieno a 2 euro
e con 160 chilometri
di autonomia
MOTORI
Kia presenta la Soul EV come il
suo «manifesto ecologico», con
una prospettiva di vendita per il
2015 di un centinaio di esemplari
in Italia. Il prezzo di 36 mila euro
non è uno sproposito: le batterie,
che altri noleggiano, qui sono
incluse e da sole valgono 12 mila
euro. Nell’allestimento navi, clima,
sistema di infotainment con
display da 8 pollici e radio
digitale. Per la ricarica delle
batterie al litio occorrono da 33
minuti (colonnina fast charge) a
12 ore (presa del box) e con un
pieno (circa 2 euro) si percorrono
160 km: un buon risultato
rispetto alla concorrenza. In
autostrada il motore da 81 kW
(110 cv) permette di raggiungere
La Kia Soul EV:
costa 36 mila
euro. Per la
ricarica delle
batterie al litio
occorrono
da 33 minuti
a 12 ore
i 145 orari, mentre in città la Soul
EV scatta, allunga e non è facile
starle dietro. Le sospensioni si
irrigidiscono sulle irregolarità del
fondo, ma nel complesso il
confort è elevato. Anche perché la
Soul è tra le vetture più curate
nella sua classe.
Saverio Villa
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In arrivo
DAL NOSTRO INVIATO
La Audi A3
Sportback
e-tron (a
sinistra) va in
vendita in questi
giorni. Motore a
benzina 1.4
TFSI da 150
cv, più unità
elettrica da 75
kW, con cambio
automatico S
tronic. Da 0 a
100 km/h in 7,6
secondi e 222
km/h di velocità,
1,5 litri/100 km
e 35 g/km di
CO2. Costa
39.900 euro
VERONA «È saltato il salone del-
l’auto a Milano? E noi ce lo facciamo da soli». Fabrizio Longo, 51 anni, «umanista mancato» e gran camminatore d’alta
quota, è il numero uno di Audi
in Italia. Gli piace vincere facile
e non nasconde una certa soddisfazione nell’anticipare che
la casa dei quattro anelli chiuderà l’anno superando abbondantemente le 47.500 auto
vendute nel 2013 che hanno
portato fino ad oggi a una quota di mercato consolidata del
3,6 per cento. Destinata anche
questa a salire.
Cosa significa che vi fate il
salone da soli?
«Avevamo aderito all’Auto
show. Intendiamo onorare
l’impegno anche se l’organizzazione del salone è saltata».
Quindi?
«Quindi tra il 10 e il 20 dicembre occuperemo “manu
militari” — scherzo — via
Montenapoleone. Ci sarà un
grande temporary store e organizzeremo una serie di eventi
tra cui un incontro tematico
sul design, dove verranno anticipati gli stilemi dei nostri futuri prodotti. Poi avremo un
appuntamento sulle innovazioni tecnologiche e concluderemo con una giornata dedicata all’imprenditoria femminile. Ovviamente il tutto condito
con ospiti di altissimo livello, e
mi auguro il coinvolgimento di
qualche rappresentante delle
istituzioni, per dimostrare
quanto vale la galassia Audi in
Italia. Con Italdesign, Ducati e
Lamborghini, si tratta di un
gruppo di 4.500 persone».
Intanto dal mercato sembrano arrivare segnali di ripresa generale…
«Al contrario. A inizio anno
avevamo tutti in mente un recupero più elevato. Invece dopo i primi mesi incoraggianti,
tutto è tornato piatto e l’attuale
3-4 per cento in più non è
quello che ci aspettavamo, sia
in termini di quantità che di
qualità. Parliamoci chiaro:
hanno fatto acquisti le società
di noleggio a lungo termine. Il
mercato dei privati è fermo.
L’unica nota positiva, per quello che ci riguarda, è che le immatricolazioni delle auto di
lusso crescono di più delle altre».
E come mai, secondo lei?
«Perché quando ci sono modelli nuovi, i privati rispondono. Non mi riferisco solo a Au-
FABRIZIO LONGO
Mercato e incentivi: il numero uno di Audi Italia a tutto campo
«Salone e car sharing?
Noi ce li facciamo da soli»
Chi è
Fabrizio Longo,
51 anni, è
direttore
generale di
Audi Italia da
gennaio 2013.
Prima lavorava
in Hyundai
di, ma anche alle gamme sempre più ricche e innovative dei
nostri competitors tedeschi, ai
quali aggiungo anche un marchio come Jaguar».
I privati rispondono anche
quando ci sono incentivi all’acquisto. In Spagna per
esempio…
«Quello è un modello che
abbiamo già sperimentato anche in Italia. Fa crescere le immatricolazioni, ma una volta
esauriti i bonus tutto si affloscia. Qui occorre qualcosa di
più strutturato. Una diminuzione drastica della pressione
fiscale sull’auto e sull’indotto
relativo all’auto. Bisogna puntare sulla defiscalizzazione, come ha proposto il ministro dei
Trasporti, Maurizio Lupi. E poi
mi piacerebbe che il governo
facesse una scelta coraggiosa,
un vero piano industriale».
Cioè?
«Crediamo nelle tecnologie
alternative e abbiamo il parco
auto circolante più vecchio e
inquinante d’Europa? Sì. E allora cosa ci vuole a varare un
piano triennale in cui si realizzano infrastrutture per incentivare l’uso delle auto a metano
o delle ibride? Avremmo in circolazione, in pochi anni, auto
meno inquinanti e più sicure.
Ma occorre un piano di politica
industriale serio».
A proposito, voi avete sdoganato definitivamente il metano mettendolo sulle vostre
costose vetture.
«Una scommessa vinta.
C’era chi non ci credeva e aveva
profetizzato un fallimento dell’idea. Invece è stato un successo: abbiamo totalizzato più di
mille ordini sulla g-tron. E sa
perché?».
Perché?
«Perché abbiamo investito
❞
L’annuncio
Dal 10 al 20 dicembre,
a Milano, occuperemo
“manu militari” via
Montenapoleone con una
serie di eventi tematici
e un temporary store
L’esperimento
Stiamo sperimentando in
Svezia la condivisione di
auto tra clienti Audi che
si conoscono. Mi mangio
le mani per non aver
provato prima in Italia
Benzina, diesel, metano, elettrica e tra poco anche ibrida plug-in
VERONA
La Volkswagen Golf GTE: è la versione ibrida plug-in, in arrivo a inizio 2015
viene sia in movimento sia tramite una comune presa di corrente. Tutta elettrica, invece, la
e-Golf, la cui autonomia massima dichiarata è di 190 chilome-
tri. Ma tutto dipende dalla guida e dalle impostazioni scelte
dal guidatore: modificando alcuni parametri (dalla potenza
al climatizzatore) si può au-
sui materiali. Utilizzando quelli compositi, per esempio, abbiamo ridotto del 50 per cento
il peso delle bombole, dando
così la possibilità a chi usa una
nostra auto a metano di andare
comunque veloce, con mille
chilometri di autonomia e il libero accesso nei centri storici,
così come succede con la etron».
A proposito di centri storici, visto come va forte il car
sharing? Voi però non ci credete.
«Non crediamo nelle formule attuali. E allora ne stiamo
sperimentando una nostra».
Dove?
«A Stoccolma. E mi mangio
le mani per non averla fatta
partire prima in Italia».
Cioè? Come funziona?
«Con la condivisione a pagamento di un modello prescelto
— messo a disposizione da
Audi che provvede alla assicurazione e a tutti i costi di gestione —, ma solo tra cinque
persone che si conoscono e
possono verificare la disponibilità della vettura e prenotarla
attraverso una App. Il vantaggio è che ogni volta si sale su
una macchina sapendo chi l’ha
guidata fino a poche ore prima
e, quindi, escludendo a priori
le brutte sorprese…».
Che cos’è, il car sharing dei
ricchi?
«Non direi, meglio definirlo... selettivo».
Maurizio Donelli
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Cinque sfumature di Volkswagen Golf
Benzina, diesel, metano, elettrica e, dall’inizio del
2015, anche ibrida plug-in. È il
classico «imbarazzo della scelta» che si trova sotto al cofano
della Volkswagen Golf: mentre
compie 40 anni (qualche numero: oltre 30 milioni di macchine vendute nel mondo, di
cui 2,4 milioni in Italia; come
dire che dal 1974 a oggi, in media, ogni anno una nuova Golf
è entrata in 60mila famiglie italiane), è l’unica auto in assoluto
a proporsi con cinque differenti alimentazioni.
L’ultima variante, la ibrida
plug-in GTE, associa un motore
1.4 a benzina a un’unità elettrica: la ricarica delle batteria av-
45
mentare l’autonomia o privilegiare confort e prestazioni.
Elettrica e ibrida plug-in hanno
lo stesso prezzo: 37mila euro.
Da un estremo (la sostenibilità) all’altro (le prestazioni): la
Golf R ha 300 cavalli e la trazione integrale 4Motion. Il motore
è il 2.0 turbo benzina della GTI,
che ha «solo» 230 cv e la trazione anteriore... Della gamma
sportiva fa parte anche la GTD:
anima granturismo, motore
diesel da 184 cv, 4,2 l/100 km
dichiarati. A combinare risparmio e autonomia ci pensa la
Golf TGI, a metano: 3,4 kg di
gas per 100 km. Circa 3,5 euro.
Stefano Marzola
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
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di Maria Volpe
Con Max Giusti
la scienza
è divertente
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ax Giusti (foto) porta
l’intrattenimento
scientifico in prima serata.
Con ospiti simpatici,
esperimenti curiosi,
spiegazioni rigorose e gag.
Tra le domande che (forse)
troveranno risposta: un
gamberetto può correre più
veloce di un uomo? I
piccioni riconoscono i visi
umani? Un piercing sulla
lingua aumenta le
possibilità di essere colpiti
da un fulmine?
La papera non fa l’eco
Rai2, ore 21.10
Chiesa e finanza:
legami e segreti
L
o storico John Dickie va
alla scoperta dei legami
(non sempre leciti) tra
Vaticano e finanza: ha
scavato nei segreti (bancari)
della Chiesa e esaminato
l’opera di risanamento di
papa Francesco. Il
documentario dà la parola
a cardinali e magistrati per
far luce sulle «relazioni
pericolose» tra Chiesa e
finanza.
Sacro denaro
History, ore 21
Tata Adriana
aiuta i bambini
T
ata Adriana Cantisani
torna con un nuovo
programma per i bimbi in
età prescolare. Con lei,
Lalla, buffo personaggio in
animazione 3D: aiuteranno
i piccoli a scoprire come si
usa un ombrello o a cosa
serve il telefono.
Adri & Lalla – Cosa cos’è
DeAJunior, ore 19
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Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014
47
Sul web
Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso
Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv
A FIL DI RETE di Aldo Grasso
«La chef e la boss», una storia esemplare di donne al comando
Q
Vincitori e vinti
uella di Viviana Varese, la chef stellata
alla guida del ristorante Alice ospitato
all’interno della nuova sede di Eataly a
Milano, e di Sandra Ciciriello, maître e
sommelier, è a suo modo una storia
esemplare.
Spiega molto di come la cultura gastronomica
italiana sia una delle risorse fondamentali per uscire dalla stagnazione e ritrovare slancio ideale, parla
del ruolo delle donne nel mondo del lavoro al di là
di molti stereotipi. Non stupisce che Real Time abbia deciso di raccontarla con una nuova serie, «La
chef e la boss», prodotta da FremantleMedia (venerdì, 23.05). La storia comincia nel marzo dell’an-
8 E 1/2
Lilli Gruber
Sabato con Lilli Gruber:
per «8 e 1/2» e La7 ci sono
796.000 spettatori,
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Poi ci sono le storie della brigata di cucina della
chef Viviana, ogni volto (sono tutti ragazzi molto
giovani) una storia di talento e dedizione a un lavoro molto faticoso. E infine c’è lo studio delle personalità di due donne al comando, la chef e la boss,
Viviana e Sandra: quest’ultima ha iniziato facendo
la pescivendola e ha trasformato quell’inizio umile
in un un’opportunità irripetibile.
L’esito finale della trasformazione di Alice è in
piena filosofia farinettiana: fare business, innanzitutto, poi dare un esempio di lusso e ricercatezza
senza esagerare, senza scadere nell’eccesso.
no scorso, il deus ex machina è Oscar Farinetti, che
propone a Viviana e Sandra di chiudere il loro Alice
Ristorante e di riaprirlo dopo pochi mesi, molto più
in grande, all’interno di Eataly.
Dal calo della saracinesca di Alice comincia il
racconto de «La chef e la boss», che segue passo
dopo passo i giorni frenetici che conducono all’avvio dei lavori nella nuova sede e poi all’inizio dell’attività di cucina.
La cosa interessante è che nel racconto s’intrecciano molti livelli: si fa la conoscenza della complessa «macchina» gestionale alle spalle di un ristorante stellato Michelin, un balletto adrenalinico
sul filo del rasoio tra cucina e sala, dove tutti gli in-
CHE TEMPO CHE FA
Fabio Fazio
Sabato con Fazio
e Andrea Camilleri:
1.999.000 spettatori
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6 2 4
8
Come si gioca
Bisogna riempire la
griglia in modo che ogni
riga, colonna e riquadro
contengano una sola
volta i numeri da 1 a 9
Altri giochi su www.corriere.it
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Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera