LUNEDÌ 17 NOVEMBRE 2014 Milano, Via Solferino 28 - Tel. 02 62821 Roma, Via Campania 59/C - Tel. 06 688281 Non è (più) da buttare la parola femminismo di Maria Luisa Agnese a pagina 29 Ecco i dividendi che battono i Btp Barrì, Marvelli e Monti CorrierEconomia di nel supplemento Maltempo e risanamento I progetti inviati all’Europa contro il dissesto idrogeologico. Nuovo allarme pioggia IL CALIFFO A ROMA? NON È UNO SCHERZO Le opere per l’Italia che frana di Angelo Panebianco Bassanini (Cassa depositi e prestiti): pronti a dare soldi, ma la Ue garantisca flessibilità di Stefania Tamburello da pagina 2 a pagina 5 Del Frate Dellacasa, Imarisio L’ostaggio americano Peter Kassig, 26 anni, è stato decapitato dall’Isis. Ex militare in Iraq e poi operatore umanitario (foto), Kassig si era convertito all’Islam. È il quinto occidentale giustiziato dagli jihadisti. alle pagine 8 e 9 Battistini e Olimpio della jihad, molto più violenti dei Le opposte brigate I volontari qaedisti locali, sono più di 20 mila. I più pericolosi sono i ceceni. Sul fronte opposto, degli occidentali di Lorenzo Cremonesi e Davide Frattini tra i filocurdi, bande di motociclisti olandesi, veterani americani, ex soldatesse israeliane. a pagina 9 Lancio di petardi, partita sospesa, scontri, cariche. Alla fine per gli azzurri un pari I Bruxelles respinge la nostra Marina di Fiorenza Sarzanini L a Marina Militare ha chiesto ai responsabili del programma europeo Frontex di affidare ai generali italiani il comando della nuova operazione Triton sul contrasto all’immigrazione irregolare. È scontro con l’Ue. a pagina 6 ● GIANNELLI I tifosi croati rovinano la sfida di Milano ● IDEE& INCHIESTE L’ANTICIPAZIONE CLASSICO O NON CLASSICO NEL COVO DEI GATTOPARDI CAMBIAMO I LICEI A MENÙ FISSO di Alan Friedman di Andrea Ichino N alle pagine 38 e 39 el Pd c’è la guerra dei gattopardi, ma all’Italia in recessione serve una forte politica espansionistica. Se Renzi realizzasse le riforme sarebbe un miracolo, una vera rivoluzione. i giovani studenti servono licei non a menù fisso, che consentano loro di costruire gradualmente il proprio mix ideale di conoscenze umanistiche, scientifiche e tecniche. Bocci, Tomaselli a pagina 15 a pagina 29 fischi al momento degli inni delle squadre già lasciavano presagire una serata sbagliata. E così è stato. Per colpa di una parte di tifosi croati, che ha lanciato fumogeni su campo e spalti dello stadio milanese di San Siro, dove Italia e Croazia si sfidavano per qualificarsi agli Europei. La partita è stata sospesa per i disordini, poi è finita 1-1, con i tifosi caricati dalla polizia. L a richiesta italiana all’Europa per salvare il Paese dal dissesto idrogeologico è di 40 miliardi. Roma ha già pronti 2.204 progetti per un investimento di 80. La parte restante sarebbe finanziata dalla Bei (Banca europea degli investimenti) e dalla Cassa depositi e prestiti, il cui presidente Bassanini avvisa: noi pronti ma la Ue garantisca flessibilità. Peter, 26 anni, decapitato dall’Isis continua a pagina 28 di Fabio Monti e Mario Sconcerti DIVISI SUI MIGRANTI Il video Americano ucciso, si era convertito ANSA / EPA / SERA (SPECIAL EMERGENCY RESPONSE AND ASSISTANCE) S Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano Risparmio Oggi su La crisi che sottovalutiamo embra che una gran parte, forse la parte maggioritaria, dell’Italia pubblica soffra di un blocco cognitivo. Pare incapace di prendere atto dei radicali, irreversibili, cambiamenti intervenuti in Europa e in Medio Oriente, ha l’aria di non rendersi conto che violenza e crescenti rischi di violenza si diffondono intorno a noi, sembra non capire che di fronte alla violenza non si può altro che assumere una posizione intransigente o anche, se la situazione lo esige, fare uso della forza. Un tempo si credeva che la propensione italiana a pensare alla politica internazionale in termini irenici, come a un luogo in cui tutto possa essere risolto con il «dialogo», fosse solo una conseguenza della Seconda guerra mondiale. Le potenze sconfitte, Germania, Giappone, Italia — si disse — sostituirono nel dopoguerra il «commercio» alla «spada», cominciarono a pensare alla politica internazionale molto più in termini di affari che di deterrenza e di minacce armate. E il «dialogo», sicuramente, aiuta gli affari più della deterrenza. Pur facendo parte di alleanze militari quei tre Paesi furono ben lieti di delegare ai soli Stati Uniti il compito di agitare periodicamente il bastone. Ma forse, nel caso italiano c’è di più. A causa della sua cultura politica sembra che l’Italia, pur con qualche meritoria eccezione, non riesca proprio a fare a meno di agire nell’arena internazionale ispirandosi a una sorta di wishful thinking, un’irresistibile tendenza a scambiare i propri sogni per realtà. Prendiamo due delle più gravi crisi in atto. In Ucraina, con l’annessione russa della Crimea e l’azione tuttora in corso dei militari russi a sostegno dei secessionisti delle regioni orientali, i rapporti fra Russia e Occidente sono irreversibilmente (e sottolineo: irreversibilmente) cambiati. Sono cambiati perché non un piccolo Stato (una Serbia o una Croazia) ma una grande potenza, la Russia, ha violato la regola su cui si fonda la pace in Europa: nessun mutamento territoriale può avvenire se non in modo consensuale. Chi dice che la Crimea era russa, e che dunque non c’è nulla di male nel fatto che la Russia se la sia ripresa, non coglie il punto. Tra Prima e Seconda guerra mondiale tantissimi Stati europei (Italia compresa) hanno perduto territori che erano appartenuti, magari anche per secoli, a quegli Stati. La pace in Europa c’è perché chi ha perso territori non se li va a riprendere con la forza. La Russia, una grande potenza che avrebbe dovuto contribuire, insieme alle altre grandi potenze, a mantenere la pace e l’ordine, ha violato quella regola. 9 771120 498008 ANNO 53 - N. 45 Servizio Clienti - Tel. 02 63797510 mail: servizioclienti@corriere.it DEL LUNEDÌ Il caso 41 1 1 7> In Italia EURO 1,40 www.corriere.it A AL VERTICE DEI GRANDI L’IMPEGNO PER LA CRESCITA Renzi vede Juncker Riparte il dialogo dopo la lite sul rigore di Massimo Gaggi e Marco Galluzzo I l disgelo arriva dall’altra parte del mondo. Dopo i contrasti che li hanno divisi in Europa, Renzi e Juncker si ritrovano a colazione al G20 australiano e torna il dialogo. Il presidente della Commissione Ue riconferma l’impegno per voltare pagina dopo anni di rigore e il nostro premier lo sostiene: «Lasciamolo lavorare». alle pagine 10 e 11 Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera 2 Primo piano Le opere per il territorio Presentati a Bruxelles 1.956 progetti per i rischi idrogeologici Scolmatori per le piene e barriere Contro il dissesto 7,6 miliardi I fondi ● Il nuovo presidente della Commissione europea JeanClaude Juncker ha annunciato un piano da 300 miliardi di euro che sarà presentato entro Natale e sarà suddiviso tra i Paesi membri per ridare vitalità agli investimenti ● L’Italia chiede 40 miliardi di euro per 2.204 progetti. Il loro costo in realtà è di circa il doppio, ma l’altra metà potrebbe essere coperta con il supporto della Banca europea degli investimenti e della Cassa depositi e prestiti ● La maggior parte delle opere (1.956) riguarda la prevenzione dei rischi idrogeologici ROMA L’esondazione del Seveso, due giorni fa, sotto i temporali che hanno tormentato il Nord Italia non era certo prevista ma era nell’arco delle possibilità visto che negli ultimi due mesi è successa altre 8 volte e visto, soprattutto, che il progetto per la «realizzazione di aree di laminazione sul torrente a protezione della città di Milano», valore 140 milioni, è nel pacchetto di interventi che l’Italia ha chiesto a Bruxelles di finanziare con i fondi europei. Quelli del cosiddetto piano Juncker da 300 miliardi che dovrebbero essere suddivisi tra i Paesi della Ue per rilanciare gli investimenti. Quegli investimenti che con la crisi sono crollati un po’ ovunque in Europa, ma sono necessari per ritrovare la strada della crescita economica. L’Italia chiede in tutto 40 miliardi per 2.204 progetti che ne valgono all’incirca il doppio ma che prevedono anche il supporto finanziario della Bei, Banca europea degli investimenti, e della Cassa depositi e prestiti. I più importanti per valore riguardano le infrastrutture, l’energia e i trasporti mentre i più numerosi — 1.956 — proprio la prevenzione dei rischi idrogeologici, cioè i dissesti, le frane, le esondazioni, le piene che da settimane stanno provocando danni enormi in Liguria, in Lombardia ma non solo e purtroppo anche vittime, 12 negli ultimi 70 giorni. I progetti, sempre che il piano italiano sia integralmente accolto dalla Commissione europea, saranno attivabili comunque nel prossimo triennio e dovranno essere avviati, con l’apertura dei primi cantieri nel corso del 2015. Alcuni degli interventi nelle aree più colpite XX = milioni di euro Interventi sulla rete idraulica del bacino Realizzazione aree di laminazione Lusore sul torrente Seveso a protezione della città di Milano Ampliamento bacino Bypass Montebello a servizio idraulico – del torrente Chiampo torrente VENETO Frodolfo Realizzazione invaso sul torrente Tesina a Torri 68 di Quartesolo (Vicenza) 51 LOMBARDIA 140 33 33 Completamento delle opere sullo scolmatore di piena del fiume Liri LIGURIA 275 210 93 Protezione erosione costiera e rischi connessi (comuni di Ascea, Casal Velino e Pollica) Scolmatore del torrente Bisagno (Genova) Adeguamento idraulicostrutturale del tratto finale del Bisagno (Genova) Mitigazione del rischio idraulico 39 del tratto LAZIO terminale del fiume Magra Regolarizzazione confluenza Sele-Calore Lucano 45 32 CAMPANIA CALABRIA La manutenzione del territorio I progetti di intervento nel settore della difesa dai rischi idrogeologici, nel piano del governo, sono tantissimi ma non sono tra i primi per valore. Sono definiti, anzi, dei micro finanziamenti che tutti assieme hanno un potenziale finanziabile di 7,6 miliardi, di cui la metà col supporto della Bei e il resto, appunto con le risorse europee, di cui il 48% riguardano il Nord, il 13% il Centro e il 39% il Sud. Le percentuali cambiano se si fa riferimento al loro numero: le richieste di finanziamento, presentate principalmente dalle Regioni , sono maggiori per il Sud, circa il 50%, e si equivalgono, il 25%, per il Centro e per il Nord. E si tratta soprattutto di progetti mirati a delimitare il più possibile le esondazioni dei torrenti in piena. Tra gli interventi più consistenti spiccano quelli previsti in Liguria dove si propone di finanziare lo «scolmatore» del torrente Bisagno, nel comune di Genova, dal valore di 275 milioni, il completamento dell’«adeguamento idraulicostrutturale» del tratto terminale del torrente Bisagno, valore 210 milioni nonché, con tre progetti distinti, la «mitigazione del rischio idraulico» del tratto terminale del fiume Magra, per un 32 SICILIA 7,6 Il costo dei progetti di intervento contro i rischi idrogeologici in Italia Opera di salvaguardia della costa a difesa del comune di Patti Intervento integrato per il completamento delle opere di difesa costiera a Bonifati (Cosenza) Corriere della Sera valore complessivo di 93 milioni. In Lombardia spunta tra gli altri il progetto di bypass idraulico del torrente Frodolfo in provincia di Sondrio — 33 milioni di valore — mentre la realizzazione dell’invaso sul torrente Tesina, in diversi tratti, è preso in carico da due Regioni, la competente autorità fluviale dell’Alto Adige che ha programmato anche interventi sulla rete idraulica del bacino Lusore per un costo di 68 milioni, e il Veneto che progetta anche di esten- Nord e Sud Sono classificati come micro finanziamenti: il 48% riguardano il Nord, il 39 % il Sud VIAGGIO NEL TEMPO? BASTANO DUE SECONDI. Grande Reverso Ultra Thin Duoface. Calibro Jaeger-LeCoultre 854/1. Due quadranti, un solo movimento. Per la prima volta l’iconico orologio Reverso svela un secondo volto nascosto nella sua cassa ultra piatta. Con due quadranti posizionati l’uno contro l’altro, offre a chi lo possiede un’esperienza unica: un viaggio nel tempo. Un raffinato connubio tra stile e performance orologiera, un savoir-faire che dura da più di 180 anni grazie agli Inventori della Vallée de Joux. TI MERITI UN VERO OROLOGIO. Boutique: Milano Roma Venezia Per informazioni: +39 02 36042 833 - www.jaeger-lecoultre.com Agenda digitale La manutenzione del territorio che promette l’apertura di molti cantieri è, come si è detto, il programma più ricco di progetti presentato dall’Italia a Bruxelles, alla task force, composta dai rappresentanti della Commissione, della Bei e degli stessi Paesi dell’Unione; che a sua volta presenterà un rapporto all’Ecofin di dicembre, il quale dovrebbe avviare la procedura di selezione e approvazione. Ma vi sono altri programmi omogenei nel piano di investimenti dell’Italia: c’è quello per l’Agenda digitale dove trova posto il progetto della digitalizzazione della scuola che richiede un investimento di 670 milioni (è previsto anche un piano da 100 milioni per i dottorati industriali) e anche quello da 108 milioni per la bonifica dei siti contaminati. Non mancano le proposte per l’E-Health né per le metropolitane. Vengono presentati, fra gli altri, i progetti per l’aeroporto di Catania e per l’autostrada RagusaCatania, e per lotti di Tav. Infrastrutture 185 miliardi di euro dere l’invaso Montebello a servizio del torrente Chiampo. Scendendo lungo l’Italia è sul fiume Liri e allo «scolmatore di piena» che è destinato un progetto da 39 milioni della Regione Lazio mentre la Campania si preoccupa della protezione dall’erosione costiera e dei rischi in particolare che corrono i comuni di Ascea, Casal Velino e Pollica (45 milioni) oltre che della regolarizzazione della confluenza tra i fiumi Sele e Calore Lucano. Al Sud, tra i numerosi micro interventi, spicca il completamento delle opere di difesa costiera a Bonifati, in provincia di Cosenza, proposto dalla Regione Calabria (32 milioni) e le opere di salvaguardia della costa a difesa del comune di Patti progettate dalla Sicilia che chiede per questo 185 milioni di finanziamento. I progetti più consistenti riguardano però i settori delle infrastrutture e delle telecomunicazioni, dove il piano per la banda ultralarga dovrebbe assorbire 7,2 miliardi di finanziamenti; nonché quelli dell’energia, dove trovano posto i piani di stoccaggio di gas in Lombardia e in Basilicata e il finanziamento per il Fondo per l’efficientamento energetico nazionale dei trasporti e dell’ambiente. Si tratta in tutto di 115 progetti di grossa entità, in grado a loro volta, dopo aver ottenuto le risorse europee, di attivare altrettanti finanziamenti privati. Dovrebbe essere, se l’Italia riuscisse a farsi accettare la gran parte delle sue proposte, una spinta significativa per gli investimenti, che è l’unico motore in grado di funzionare per trainare la crescita e fare uscire il Paese dalla recessione prima e dalla palude della stagnazione poi. S. Ta. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 PRIMO PIANO 3 Le ricerche Due uomini dei Vigili del fuoco ispezionano un veicolo sommerso dalle macerie alla ricerca di Luciano Balestrero, l’anziano scomparso a Serra Riccò, nei pressi di Genova, durante l’ondata di maltempo che ha colpito la Liguria e il Nord Italia (foto di Luca Zennaro/Ansa) L’intervista di Stefania Tamburello Il piano europeo di investimenti da 300 miliardi, il cosiddetto piano Juncker, è molto importante ma potrebbe non bastare per far ripartire la crescita, in particolare in Italia. Ci vuole anche altro. A dirlo è Franco Bassanini, presidente della Cassa depositi e prestiti che ha partecipato al gruppo di lavoro presieduto dal sottosegretario alla Presidenza, Graziano Delrio, incaricato di definire il pacchetto di investimenti italiani da proporre a Bruxelles. Secondo lui servirà un impegno aggiuntivo per attrarre gli investimenti privati, riforme strutturali, nuove regole e strumenti e anche un’applicazione meno penalizzante delle regole di bilancio europee. «Si dovrebbe ritornare all’origine del patto di Stabilità e crescita» e rendersi conto che «in tutta Europa servono molti più investimenti». Per l’Italia in particolare poi, «la lunga recessione, certo straordinaria, la quasi deflazione e da ultimo l’intensificazione dei fenomeni di dissesto idrogeologico dovrebbero suggerire l’applicazione delle clausole di flessibilità previste nei trattati» che «darebbero più spazio finanziario per gli investimenti dilatando i tempi di riduzione di «Pronti a fare credito se c’è la garanzia Ue» Bassanini, Cassa depositi e prestiti: «Ora devono essere applicate le clausole di flessibilità Ci servono progetti realizzabili in tre anni, che spingano la crescita e attirino risorse private» ROMA Chi è ● Franco Bassanini, 74 anni, è professore di Diritto costituzionale ● Ex ministro per la Funzione pubblica nei governi Prodi I, D’Alema e Amato II. Ora è presidente della Cassa depositi e prestiti debito e deficit». L’Italia dovrebbe chiedere dunque deroghe alle regole previste per tutti i Paesi dell’Unione Europea? «No, non si tratta di deroghe ma di applicare regole già previste nel patto di Stabilità. E di interpretare in modo più ragionevole la correzione per il ciclo ai fini del calcolo del pareggio strutturale. Nel frattempo l’Italia — come altri Paesi europei — deve fare le riforme per attirare investimenti privati. Mi riferisco per esempio al Jobs act, alla semplificazione amministrativa e burocratica, alla riforma della giustizia: occorre accelerarne l’approvazione e soprattutto l’attuazione. In questo ambito entra anche la stabilità delle regole (tributarie e non solo), perché gli investitori vogliono certezze. Ma so che il governo sta preparando un provvedimento dedicato proprio ad incentivare e attrarre investimenti in Italia». E i fondi del piano Juncker, che l’Italia ha chiesto di utilizzare per 40 miliardi così da finanziare progetti per 78 miliardi, che impulso potranno dare alla crescita? «Molto significativo, ma forse non sufficiente. Bisogna vedere innanzitutto quanti fondi del piano andranno a noi e in che tempi. L’importante è privilegiare tre obiettivi nella scelta dei progetti da finanziare: la concreta realizzabilità nei prossimi 3 anni, e soprattutto l’apertura dei cantieri già nel 2015; la capacità di contribuire alla crescita e al recupero di competitività; la possibilità di attrarre quote importanti di risorse private». Nel pacchetto di progetti presentati a Bruxelles, la maggior parte sono micro investimenti largamente dedicati al recupero del dissesto del territorio. Anche qui potranno intervenire i privati? «In questo caso si tratta di interventi tipicamente riservati allo Stato e agli enti locali perché difficilmente i privati potrebbero ricavarne un reddito. Così anche nel settore dell’istruzione. Invece nel campo delle infrastrutture — dall’intervento per lo sviluppo delle reti di telecomunicazioni di nuova generazione, alle autostrade, porti e aeroporti, allo stoccaggio di gas — l’interesse dei privati può essere consistente e l’apporto di capitali e finanziamenti privati potrebbe liberare risorse pubbliche da destinare alla manutenzione del territorio e alla scuola». In questa prospettiva quale sarà il ruolo della Cassa depositi e prestiti? «Un ruolo comunque centrale. È bene chiarire che la Cassa, la cui attività tradizionale è finanziare gli investimenti dello Stato e degli enti locali, utilizza non soldi pubblici ma il denaro dei risparmiatori, che comprano i suoi prodotti (libretti e buoni fruttiferi) allo sportello postale, e la raccolta fatta sui mercati con l’emissio- ❞ ❞ Patto di Stabilità Si dovrebbe tornare all’origine del patto di Stabilità: ai Paesi europei servono più investimenti Investimenti Dilatando i tempi di riduzione di debito e deficit si aprirebbe uno spazio finanziario L’ente ● La Cassa depositi e prestiti è una società per azioni. Il ministero dell’Economia ha l’80,1% del capitale. Seguono un gruppo di fondazioni di origine bancaria (18,4%) e azioni proprie (1,5%) ● L’ente gestisce gran parte del risparmio nazionale e postale. È numero uno nel finanziamento degli investimenti della Pubblica amministrazione ne di obbligazioni. Dunque debiti che deve restituire con gli interessi. La Cdp, che lavora spesso assieme alla Bei, la Banca europea di investimenti, può fare però da volano o catalizzatore per i prestiti privati». In che modo? «Prendiamo per esempio le risorse del programma europeo. Mettiamo che lo Stato decida di mettere 500 milioni di fondi europei in un Fondo di garanzia costituito ad hoc a cui le società di telecomunicazioni possono accedere, se presentano progetti meritevoli di accedere al credito d’imposta, previsto dal decreto sblocca Italia: bene, per finanziare questi progetti, potrebbero utilizzare la garanzia pubblica per ottenere prestiti a lungo termine a condizioni molto favorevoli dalla Bei, dalla Cdp ed eventualmente dalle banche. Con 500 milioni di risorse europee si potrebbero attivare dai 5 ai 10 miliardi di investimenti». Ma nel caso degli interventi sul territorio? «È difficile coinvolgere i privati, ma se si ottengono fondi europei, la Cdp potrebbe anticipare i finanziamenti, con la garanzia dello Stato, in modo da far partire subito i cantieri». © RIPRODUZIONE RISERVATA 4 Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 5 # Primo piano Il maltempo Nonno e nipote travolti nel sonno ● Immagini choc Il fango a Genova trascina le bare strappate alla terra Uccisi dalla frana nel Varesotto. I parenti: come un tuono, poi invasi dai detriti Un’altra vittima ad Alba. Oggi nuova allerta maltempo dalla Liguria al Veneto di Erika Dellacasa DAL NOSTRO INVIATO LAVENO MOMBELLO (VARESE) C’era una pineta sul fianco della collina di Cerro, che guarda il lago Maggiore. Poi gli alberi vennero tagliati perché — si diceva — minacciavano di cadere sulle case. Ma ieri quella collina è franata spazzando via una villetta e uccidendo nel sonno due persone. Ora un enorme interrogativo incombe sulla morte di Giorgio Levati, pescatore settantenne, e della nipote sedicenne dominicana Adriana De Pena Moja, e cioè se sulla disgrazia pesino, oltre ai 600 millimetri di pioggia caduti sulla zona dal 5 novembre, anche opere dell’uomo poco accurate. Se lo chiede la procura di Varese che sul fatto ha aperto un fascicolo e se lo chiedono in tanti proprio nelle ore in cui il Nord Italia sta per essere attra- Smottamento La frana che ha travolto una villetta a Cerro di Laveno (Varese) e che ha ucciso una ragazza di 16 anni e il nonno (Protezione civile) versato dall’ennesima perturbazione, con altre piogge. Sulla Lombardia gli eventi si sono scatenati sabato: poco prima della mezzanotte una massa di terra e acqua si è staccata da una collina di Cerro, frazione di Laveno, investendo una casa a due piani al civico 13 di via Reno. La frana ha centrato la zona notte della casa, selezionando crudelmente le vittime: Giorgio Levati, al piano superiore, è morto nel sonno; stessa sorte a quello inferiore per Adriana. Salvi, poiché stavano guardando la tv in soggiorno, la madre della ragazza, Wichi Moja, il suo compagno Riccardo Levati e la madre di quest’ultimo Lia. «Ho sentito un tuono — ha raccontato — poi la casa è stata invasa dal fango. C’era solo fango nella stanza dove dormiva mio marito, Adriana aveva il corpo schiacciato da un masso». La fetta di terreno venuta giù, oltre 20 anni fa era coperta di pini; vennero tagliati perché ritenuti pericolanti, il buco fu colmato di terra e ai piedi del pendio comparvero gabbie piene di massi. A monte erano state inoltre costruite alcune case di vacanza abitate da tedeschi e un campo di calcio che a ogni pioggia abbondante si trasforma in una vasca d’acqua. Già nel ‘93 e poi nel 2003 la terra si era mossa, a ogni pioggia la strada veniva invasa da rivoli di fango. Fino al crollo di sabato. Il sindaco di Laveno Graziella Giacon ha già consegnato ai carabinieri l’intera documentazione su quegli eventi. Le famiglie delle case vicine alla frana sono state evacuate e la Protezione Civile ha iniziato a prosciugare il campo di calcio. Alla conta delle vittime di ie- ri va aggiunta una ragazza di 21 anni che ad Alba è finita con l’auto in un rio ingrossato dalle piogge e non ne è più uscita. Il maltempo ha colpito anche la Svizzera italiana: per il crollo di una palazzina nel quartiere Davesco di Lugano due persone sono morte e un italiano di 44 anni è in pericolo di vita. E oggi il Nord Italia torna col fiato sospeso: la nuova perturbazione investirà Piemonte e Liguria spostandosi poi a Ovest. Il lago Maggiore, già 3 metri e mezzo oltre la quota normale, è destinato a esondare ancora e a ingrossare i fiumi a valle. Secondo l’Aipo, l’agenzia che controlla il regime del Po, un’onda di piena è attesa stamattina alle 8 a Piacenza e poi a Cremona, superando il livello massimo di allerta. Claudio Del Frate © RIPRODUZIONE RISERVATA I volti ● Una delle vittime dello smottamento a Cerro di Laveno, nel Varesotto, è il pescatore 70enne Giorgio Levati (foto sopra) ● La seconda vittima è la nipote acquisita di Levati, Adriana Rochely De Pena Moja (in alto), di 16 anni (foto Newpress) Il caso di Marco Imarisio Burlando e le critiche di Renzi «Io cementifico? Calunnie» Il governatore ligure: qui si fanno opere, i condoni li votano a Roma Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere ancora. La battuta gli è stata attribuita davanti alla frana che si è portata via l’intera carreggiata della strada comunale di Mignanego. Claudio Burlando sembra diventato il perfetto capro espiatorio. Il rintocco arrivato da Brisbane si è fatto sentire anche sulle alture del Ponente genovese dove il presidente della Regione con il territorio più dissestato d’Italia ha trascorso il pomeriggio di ieri. Nonostante la differenza di emisfero, il messaggio notturno di Matteo Renzi sui vent’anni di politica del territorio da rottamare, «anche in alcune Regioni del centrosinistra» è arrivato forte e chiaro. La campana del presidente del Consiglio sta suonando per lui. E non giova il mal comune mezzo gaudio tentato in presenza dei sindaci della Valpolcevera, con l’assenza di nomi che potrebbe indurre a ritenere la bastonatura estesa a Campania, Piemonte, Toscana. «In fondo io sono al capolinea del mio ciclo politico, altri invece no». Ma proprio il riferimento temporale agli ultimi vent’anni lascia pochi dubbi. «Mi accusano di essere un cementificatore, ma vorrei che qualcuno mi mostrasse cosa ho davvero cementificato. A volte la calunnia funziona. Parlano tanto dei condoni, ma quelli li hanno fatti a Roma, tre in trent’anni. Certo, io poi sostengo anche le grandi opere, ma nessuno dei miei avversari ha il coraggio di dire che senza di quelle la Liguria e Genova rimarranno isolate e fragili». Tutto congiura a un crepuscolo poco tranquillo. Gli ultimi giorni di Burlando da presidente si annunciano pieni di solitudine. «Fatemi sapere cosa avrei fatto di male. Mi rimproverano di avere aperto l’outlet di Brugnato in un’area a rischio esondazione, quando invece il via libera è arrivato dall’Autorità di bacino. Io avevo chiesto invece di fermarlo». La replica Il premier risponde: non parlino di condoni a me, ora mettiamo a posto i danni Dopo l’alluvione di ottobre non era sfuggita la frase netta di Franco Gabrielli sull’assenza di volontari regionali nelle strade. Il distacco forzato di Burlando dall’orbita renziana, alla quale era approdato in seconda battuta, è cominciato in quei giorni. Il capo della Protezione civile aveva poi ribadito concetto e bersaglio declassando la richiesta del governatore di aiuto dell’esercito ad atteggiamento isterico, con annesso invito a pensare piuttosto a come è stato gestito il territorio ligure negli ultimi trent’anni. Si scrive Gabrielli e si legge Renzi, che in serata ha affondato ancora con un categorico «non mi vengano a parlare di condoni, adesso mettiamo a posto i danni» apparso come una replica diretta a Burlando. Le foto di gruppo all’arrivo della Costa Concordia a Genova sono un ricordo sbiadito. Il presidente del Consiglio non ha gradito la gestione dell’alluvione genovese. Al presidente ligure viene rimproverato un eccesso di ghe pensi mi. Il decisionismo sullo sblocco degli appalti per la copertura del Bisagno sarebbe stato molto esi- ❞ Sostengo le infrastrutture, ma nessuno dei miei avversari ha il coraggio di dire che senza quelle Genova e la Regione rimarranno isolate e fragili Claudio Burlando bito e poco accompagnato da una autocritica giudicata invece necessaria. L’apparente personalizzazione del messaggio lascia in secondo piano lo scarso amore del mittente per le Regioni intese come enti locali. «Io credo che Matteo abbia ragione». Enrico Rossi, governatore della Toscana, «da soli cinque anni», rivendica la schiettezza del suo rapporto con Renzi. «Non ci sono solo i condoni. Veniamo da anni in cui dissennate politiche regionali, anche qui in Toscana, hanno ricoperto il territorio di una crosta di cemento e asfalto. C’è una responsabilità diffusa, certo. Ma c’è anche quella di chi governa il territorio, compresa l’incapacità di ribellarsi alle decisioni sbagliate di Roma». L’auto flagellazione finisce qui. Rossi rivendica la sua rottamazione delle precedenti politiche regionali come esempio della bontà dell’ente che si appresta a presiedere per altri cinque anni. Le cose con il suo vecchio rivale Renzi vanno meglio, ma non al punto da spingerlo a recitare la parte del tacchino a Natale. © RIPRODUZIONE RISERVATA 1 Miliardo di euro La stima dei danni provocati dall’ultima ondata di maltempo in Liguria secondo il governatore Burlando 180 Le famiglie isolate a Genova secondo il sindaco Marco Doria. In città e sempre a causa del maltempo ci sono 99 famiglie sfollate Gli anziani ricordano la grande alluvione del settembre 1953 quando il Bisagno sfondò un muro di cinta del cimitero monumentale di Staglieno e le bare finirono a decine nel fango. Un feretro, raccontano i quotidiani dell’epoca, fu trovato davanti alla stazione ferroviaria di Brignole, almeno altri trenta poco distante. Fino a ieri era il ricordo di un orrore che si pensava irripetibile. Sabato scorso è stato uno dei piccoli rii di Genova, il rio Barra, a rompere un tratto di argine in mattoni che era anche muro di contenimento del cimitero della delegazione di Bolzaneto. Una settantina di tombe divelte, soprattutto quelle di famiglia, e i feretri trascinati dalle acque fangose del rio fino al torrente Polcevera. Uno sfregio che si aggiunge alla devastazione, allo scoramento e al lutto dei genovesi per un altro morto, il secondo provocato dalle alluvioni in poco più di un mese: il corpo di Luciano Balestrero travolto dal rio Riasso mentre andava a spostare l’auto non è ancora stato recuperato. Le ricerche si sono estese al mare. Lungo il Polcevera polizia mortuaria, vigili del fuoco e carabinieri hanno raccolto i resti delle sepolture, femori e teschi che sono rimasti nel fango vicino alle baracche di un campo nomadi dove giocavano dei bimbi. Alcune bare di zinco sono rimaste quasi intatte e sono state recuperate con gli argani. Lapidi spezzate, lampade votive, sculture marmoree con incisi i nomi di famiglia affioravano fra detriti e limo. La procura ha disposto che tutti i resti umani recuperati siano depositati nella sala della preghiera del cimitero di Bolzaneto. Si tratta in maggioranza di vecchie sepolture ma l’ala crollata è stata usata dal Comune fino al 2011. «Stiamo facendo un elenco — dice l’assessore Elena Fiorini — delle tombe danneggiate o disperse, quindi avviseremo tutte le famiglie». Per Genova, che per onorare il ricordo dei suoi morti ha costruito uno dei cimiteri monumentali più importanti del mondo, lo sfregio del camposanto di Bolzaneto è un colpo al cuore. © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera 6 Primo piano Il caso La vicenda ● All’inizio della settimana il centro d’accoglienza per rifugiati di viale Morandi, a Tor Sapienza, viene attaccato da teppisti a margine delle manifestazioni di protesta dei residenti ● Il sindaco Ignazio Marino, contestato, propone ai comitati degli abitanti di trasformare il centro in alloggi per madri e bambini disagiati Il Papa e le periferie: dialogo, non violenza tra italiani e migranti Marino: espellere chi non rispetta le regole «Invito le istituzioni ad assumere come priorità quella che ormai costituisce un’emergenza sociale e che, se non affrontata al più presto, rischia di degenerare sempre di più». Le periferie delle città — attraversate dalle tensioni degli ultimi giorni — sono nel cuore di papa Francesco: durante l’Angelus in piazza San Pietro il Pontefice ricorda «di non cedere alla tentazione dello scontro» e «di respingere ogni violenza». Italiani e immigrati devono «dialogare, ascoltarsi, progettare insieme, e così superare il sospetto e il pregiudizio e costruire una convivenza sicura, pacifica, inclusiva». La tensione, a Roma, rimane alta: a Tor Sapienza, teatro degli scontri dei giorni scorsi, come all’Infernetto, dove è stata ROMA Il documento di Fiorenza Sarzanini trasferita la maggior parte dei minorenni del centro d’accoglienza, e all’Alessandrino, dove la protesta si organizza in queste ore. In diretta con Lucia Annunziata, durante la trasmissione In mezz’ora su Rai3, il sindaco Ignazio Marino — che subito dopo si è presentato all’Infernetto per disinnescare le manifestazioni — schiva la bufera politica che lo attanaglia: si dice «convinto di potercela fare, stiamo cambiando la città». L’incontro a metà settimana con il vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, si annuncia decisivo. Di certo Marino «apre» al cambiamento della squadra, ma vorrebbe limitarsi a qualche modifica; il Pd chiede cambiamenti sostanziali, inclusa la poltrona di vicesindaco. Prossimi giorni decisivi: Su Rai3 Ignazio Marino ieri ospite di In 1/2 ora con i rappresentanti dei comitati cittadini del quartiere Tor Sapienza di Roma (Eidon/ Antimiani) martedì il consiglio comunale sul Pandagate (Marino pare aver pagato le multe), mercoledì il vertice al Nazareno. Di certo agli alleati di centrosinistra non avranno fatto piacere le parole sulle città governata male per quarant’anni: «Tor Sapienza è una zona trascurata da decenni. Problemi che in alcuni casi, come la raccolta dei rifiuti, il decoro, erano stati la- sciati senza soluzione dal 1963». Il sindaco, soprattutto, pare sull’orlo di una svolta «da sceriffo», come fa notare Lucia Annunziata: «Continuare ad accogliere con questi numeri di arrivi di immigrati per Roma è impossibile. Chi non rispetta le leggi — dice Marino — va mandato fuori dall’Italia». Il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli: «Dubito che abbia ragione il Papa, gli immigrati vadano in Vaticano: là non se ne trovano...». Dall’Australia, anche il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, parla del dramma delle periferie «troppo spesso dimenticate. Nel 2015 presenteremo un progetto specifico». Alessandro Capponi Rinaldo Frignani © RIPRODUZIONE RISERVATA La sfida della Marina a governo e Ue: «A noi il comando dell’operazione Triton» Lettera a Bruxelles per un ruolo di primo piano come in «Mare Nostrum». Ma l’Europa dice no ROMA Ormai è un vero e proprio scontro istituzionale che coinvolge anche l’Unione europea. La Marina Militare italiana ha chiesto ufficialmente ai responsabili di Frontex di affidare ai propri generali il comando dell’operazione «Triton» sul contrasto all’immigrazione irregolare. Pur consapevoli che deve essere il dipartimento del Viminale a gestire ogni fase della missione e dopo aver cercato di ottenere una proroga di «Mare Nostrum», i vertici hanno sollecitato, dieci giorni fa, il trasferimento del coordinamento dell’operazione avviata il primo novembre scorso da Pratica di Mare, dove ha sede il centro aeronavale della Guardia di Finanza, al proprio centro operativo di Santa Rosa. La replica di Bruxelles è stata durissima nel respingere l’istanza , ma la vicenda potrebbe non essere ancora chiusa. E ciò rischia di creare non poche conseguenze nei rapporti internazionali, anche tenendo conto che sono 17 gli Stati membri ad aver aderito con mezzi e uomini ai pattugliamenti nel Mediterraneo. Ecco perché è possibile che si renda necessaria una presa di posizione dei ministri delegati alla gestione dell’emergenza, dunque i titolari dell’Interno, Angelino Alfano, e della Difesa, Roberta Pinotti. Gli ammiragli La contrarietà della Marina a qualsiasi nuovo intervento nel Mediterraneo è apparsa evidente sin dalle scorse settimane, quando il governo ha prima anticipato e poi stabilito con un decreto che «Mare Nostrum» sarebbe terminata. Ancor prima che si riunisse il Missioni ● Mare Nostrum è la missione italiana di soccorso in mare affidata alla Marina militare. La scelta di intervenire è stata presa nell’ottobre del 2013, dopo il naufragio di un barcone di fronte a Lampedusa con oltre 300 vittime ● Triton è l’operazione varata dall’Unione europea nel Mediterraneo. Ha come obiettivo il contrasto alla immigrazione illegale: partecipa al soccorso solo in casi di massima gravità, mentre l’accoglienza dei profughi resta a carico dell’Italia Il confronto MARE NOSTRUM Oltre 30 miglia 9,5 1 (Italia) 6 2 GLI SBARCHI IN ITALIA TRITON 18 ottobre 2013 INIZIO 1º novembre 2014 Dal 1° gennaio al 31 ottobre 2014 Sicilia 106.732 LIMITI DI PATTUGLIAMENTO (dalle coste italiane) A 30 miglia COSTO MENSILE (in milioni di euro) 2,9* Calabria 21.482 PAESI COINVOLTI 17 MEZZI MARITTIMI IMPIEGATI 25 MEZZI AEREI IN CAMPO *Oltre alle spese sostenute dall’Italia per il controllo delle frontiere 9 153.389 Sardegna 157 Puglia 15.559 Campania 9.351 Liguria 108 Corriere della Sera Consiglio dei ministri per fissare la data di chiusura, l’ammiraglio Filippo Maria Foffi — comandante in capo della flotta italiana e dunque responsabile della missione nelle acque del Mediterraneo — va a Bruxelles e dichiara: «Andiamo avanti, non abbiamo ricevuto alcun ordine ufficiale e dunque proseguiremo anche quando inizierà “Triton”, la nuova operazione Frontex nel mar Mediterraneo, per facilitare un passaggio di consegne efficace e senza problemi di sorta». Sembra una sorta di sfida al ministro dell’Interno che invece aveva più volte manifestato la volontà di interrompere la missione. Ed evidentemente non bastano le precisazioni che arrivano il giorno dopo, né la scelta dell’esecutivo di coinvolgere anche la Marina nell’operazione «Triton» sia pur con una presenza esigua. Perché a neanche una settimana dall’avvio, le istanze si fanno ancor più decise. Con una richiesta indirizzata direttamente al direttore esecutivo di «Frontex», Gil Arias, la Marina chiede il trasferimento del Coordinamento a Santa Rosa e dunque un ruolo di comando. Il «no» di Bruxelles La risposta di Arias è immediata e categorica nel respingere la richiesta ribadendo che «”Triton” è stata pianificata indipendentemente da “Mare Nostrum”» e che «non esiste alcuna complementarietà tra i due interventi». Non solo. Da Bruxelles si fa notare che si tratta di un’operazione di poli- zia varata con un protocollo siglato da tutti gli Stati partecipanti e dunque sarebbe «necessaria, ma improponibile, una rinegoziazione del piano», soprattutto tenendo conto che mezzi e uomini hanno già cominciato l’attività. Una posizione netta, però non è scontato che basti a risolvere la questione. Anche tenendo conto dei tempi che il governo italiano si è dato per smobilitare «Mare Nostrum». L’intervento deciso nell’otto- In Sicilia Maxi sbarco: soccorse 864 persone Un maxi sbarco che ha visto arrivare ieri a Pozzallo, nel Ragusano, 864 persone a bordo della nave San Giorgio della Marina: tra loro molte famiglie siriane e un centinaio di marocchini. I migranti sono stati soccorsi nel Canale di Sicilia. Prefettura e questura hanno già avviato il piano di trasferimento: circa 600 sono diretti, con voli charter, nelle altre regioni, gli altri sono stati divisi tra le province siciliane. Ieri altri interventi: un barcone con circa 240 migranti è stato soccorso in acque libiche dalla nave Fiorillo della Guardia costiera, che poi si è diretta verso un gommone in difficoltà con 80 persone a © RIPRODUZIONE RISERVATA bordo. 558 gli interventi di Mare Nostrum: soccorse in un anno 100.250 persone 728 gli scafisti arrestati nelle operazioni: 8 le imbarcazioni sequestrate bre 2013, dopo il naufragio davanti a Lampedusa che provocò oltre 300 morti, prevedeva l’impiego delle navi della Marina sin davanti alle coste libiche con un costo per l’Italia di circa 9 milioni di euro al mese. Nonostante le rassicurazioni iniziali, Bruxelles non ha infatti mai voluto partecipare a «Mare Nostrum», ritenendo anzi che si trattasse di una missione che rischiava di incoraggiare le partenze dall’Africa verso l’Europa e quindi non ha previsto alcun finanziamento. E questo ha certamente creato numerosi problemi con il governo italiano, fino alla scelta di procedere poi insieme sia pur con modalità completamente diverse. Mezzi già schierati I numeri dimostrano che in un anno sono state salvate e accolte migliaia di persone, ma il governo ha comunque ritenuto che non si trattasse di un impegno sostenibile e ha preferito inserirsi nel programma internazionale, mantenendo comunque il coordinamento delle attività anche perché si tratta di presidiare i confini italiani, ancor prima di quelli europei. La missione — che prevede l’impiego di 25 mezzi navali e 9 aerei con una spesa mensile di 2 milioni e 900 mila euro — ha obiettivi dichiarati: pattugliare il mare a trenta miglia dalle nostre coste per contrastare la migrazione irregolare, naturalmente prevedendo anche il soccorso in caso di emergenza che deve essere gestito e coordinato dalla Guardia Costiera. Un dispositivo contro il quale la Marina Militare continua a manifestare aperta contrarietà. fsarzanini@corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 7 Offerta valida per immatricolazioni fino al 31/12/2014 per Ford Focus Plus 5 porte 1.0 EcoBoost 100CV a fronte di permuta o rottamazione di una vettura immatricolata entro il 31/12/2008 e posseduta da almeno 6 mesi. Solo per vetture in stock presso i FordPartner aderenti all’iniziativa. Prezzo raccomandato dalla Ford Italia S.p.A. IPT e contributo per lo smaltimento pneumatici esclusi. Ford Focus: consumi da 3,8 a 6,8 litri/100km (ciclo misto); emissioni CO2 da 98 a 159 g/km. Esempio di finanziamento per Focus Plus 1.0 EcoBoost 100CV con Garanzia Ford Protect 5 Anni/100.000 km a € 15.650. Anticipo € 2.250, 36 quote da € 195,93 escluse spese incasso Rid € 3, più quota finale denominata VFG pari a € 8.631,00. 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Con il consueto sistema della diffusione tramite social network, hanno reso noto ieri il video che parrebbe confermare la decapitazione di Peter Kassig, il cittadino americano 26enne ex militare in Iraq nel 2007 e poi operatore umanitario rapito nella Siria meridionale oltre 13 mesi fa. Non pare siano serviti la sua conversione all’Islam, che tanti consideravano sincera, oltre agli appelli della famiglia e all’orrore suscitato nel mondo dalle precedenti decapitazioni. Se confermato, Kassig è il quinto ostaggio occidentale ad essere decapitato dal tempo dell’espansione armata dell’Isis dalla Siria nord-orientale all’Iraq centro-occidentale nel giugno scorso. Prima di lui era toccato a due giornalisti ameri- cani e altrettanti operatori umanitari britannici. Immediata la reazione di Barack Obama che ha parlato di «un atto di male puro». Una domanda però scaturisce sull’onda degli ultimi eventi bellici e delle difficoltà incontrate dall’Isis nella regione: perché proprio ora? Cosa vogliono comunicare i tagliagole di Raqqa, Falluja e Mosul? Una prima risposta giunge proprio guardando il video. La componente più militante e aggressiva del «Califfato» intende ribadire la sua determinazione alla lotta, vuole smentire chi la dà sulla difensiva, cerca nuovi adepti e volontari dall’estero. In verità, le cose per loro non vanno troppo bene. Negli ultimi giorni hanno perso il controllo sulla grande raffineria di Beiji, a metà strada tra le province curde del Nord Iraq e Bagdad; a Kobane si sta svenando il fior fiore dei loro combattenti; per timore che le grandi tribù sunnite di Al Anbar passino dalla parte del governo centrale, nell’ultimo mese hanno massacrato centinaia e centinaia dei loro giovani, creando nuove inimicizie con quegli stessi iracheni tra cui cercano il consenso. Ovvio che il capo di stato maggiore Usa Martin Dempsey, ieri in visita tra le nuove truppe americane arrivate a Bagdad, parli di un «Isis in crisi». Pure, al di là della scontata propaganda, è evidente che i raid della coalizione internazionale guidata da Washington hanno I raid I raid della coalizione hanno creato non poche difficoltà alle attività dell’Isis creato non poche difficoltà alle attività militari ed amministrative (non ultime quelle economiche) del «sistema Isis». Le recenti voci del ferimento del leader ideologico del movimento, l’autoproclamato Califfo Abu Bakr al Bagdadi, almeno una cosa ci dicono: i droni Usa controllano i loro cieli e condizionano i loro spostamenti. Ecco allora il messaggio del video, semplice e brutale: ci siamo, combattiamo e vinceremo. Dura circa quindici minuti ed appare più elaborato dei precedenti. Nella prima parte viene mostrata senza censure la decapitazione di una quindicina di uomini in tuta blu che sono presentati come piloti e ufficiali dell’esercito di Bashar Assad. Le immagini sono crude, violentissime. I prigionieri camminano in fila, poi vengono fatti inginocchiare e decapitati uno a uno. 20 mila I miliziani al servizio dello Stato islamico (stima Cia) 12 milioni Abitanti delle zone di Siria e Iraq controllate dall’Isis di Guido Olimpio WASHINGTON Peter Kassig e i soldati siriani sono stati assassinati per dare una lezione. L’Isis è stato costretto a rallentare la sua spinta, le sue unità si sono infrante sulle casette-bunker di Kobane, sul Califfo sono girate le voci più strane, comprese quella della sua morte. E il leader si è ripreso la scena con la decapitazione collettiva. Un diversivo macabro usando prigionieri di guerra e una figura simbolica quale era Kassig. Cercava di aiutare gli altri ed è morto per gli altri lungo un percorso tortuoso, fitto di svolte repentine e inattese. Con cadute e risalite, fino all’epilogo estremo, forse messo in conto da un uomo che credeva nel prossimo. Peter è uno spirito inquieto, guarda ben oltre l’orizzonte © RIPRODUZIONE RISERVATA Aiuti Peter Kassig, 26 anni, durante una missione umanitaria in un campo profughi in Libano . In precedenza era stato in Iraq come soldato. Ieri l’Isis ha diffuso un video in cui viene mostrata la sua decapitazione (Reuters) ● Alan Henning Il 3 ottobre il video con il volontario britannico, 47enne, rapito a dicembre La vittima Quindi, un altro elemento di continuità: ricompare un uomo incappucciato e interamente vestito di nero che torna a minacciare il presidente americano brandendo il solito coltellaccio. Tutto lascia credere sia quello stesso «John il Jihadista» responsabile delle altre quattro decapitazioni. Accusa Barack Obama di essere «il cane di Roma» (il riferimento a Roma è sempre più frequente negli atti pubblici dell’Isis), promette che i suoi soldati faranno presto la stessa fine nella regione. Di Kassig dice poco, ricorda semplicemente che «aveva ucciso musulmani quando era stato in Iraq». Non ci sono immagini della sua decapitazione. Ma nella scena finale la sua testa insanguinata è ben visibile a terra vicino agli anfibi del suo boia. Lorenzo Cremonesi L’ex ranger traumatizzato dall’Iraq convertito alla fede dei suoi aguzzini dell’Indiana dove è nato 26 anni fa in una famiglia tranquilla. Il padre professore, la madre infermiera, suo nonno che era pastore in una parrocchia locale, assecondano la sua generosità, la voglia di fare qualcosa. Nel 2004 Kassig si arruola nei Rangers, reparto scelto e con la sua unità finisce in Iraq. Ne esce abbastanza presto, dopo 4 mesi, una breve esperienza di guerra e un trauma psicologico che lo porta al congedo. Seguono cure, quindi un periodo di riassestamento. Peter torna a studiare Scienze politiche, si sposa, pensa allo sport, gareggia sui 1.500 metri. Ma non funziona, così come salta il suo matrimonio. «Andavo a scuola con ragazzi che mi somigliavano, ma non eravamo la stessa cosa, avevo bisogno di cambia- re», racconta in un’intervista alla Cnn. E aggiunge di volere altro, qualcosa per cui lottare: «Sono un idealista che crede nelle cause perse». Inseguendo la sua missione Peter arriva in Libano, Paese che ospita profughi di molte guerre. E’ il primo impatto con le sofferenze umane, al quale ne segue uno ancora più duro nel 2012, quando si trasferisce in Siria. Con i fondi scarsi arrivati da alcune assoFilmato Un fermo immagine di un video in cui appare di Peter Kassig, inginocchiato nel deserto accanto al boia vestito di nero ciazioni religiose americane fonda «Sera», un piccolo gruppo umanitario impegnato al fianco dei civili siriani. Per finanziarsi fa il consulente per una società di sicurezza, la Tyr Solution, che opera in teatri complicati, dove si rischia la pelle. Kassig vive nel posto giusto, lo scoprirà presto. Il primo ottobre 2013, Peter è vicino a Deir ez-Zor, cittadina nel Nordest della Siria, area segnata dalla presenza delle formazioni estremiste. E’ l’incrocio della vita, l’esistenza dell’americano vira in modo brutale. Kassig finisce nelle mani dell’Isis, diventa un numero, insieme a tanti altri occidentali, pedine e schiavi di un gioco più grande. Autorità e famiglia cercano di tenere segreta la storia. Se il sequestro non esiste a livello ufficiale c’è sempre la speranza che le porte delle celle possano aprirsi. Anche perché, durante la prigionia, Peter si è convertito all’Islam diventando Abdel Rahman. In una lettera spedita alla famiglia, Kassig ringrazia i parenti per l’aiuto: «Non sono solo, ho degli amici... Condividiamo storie e sogni delle nostre case. Loro ci dicono che ci avete abbandonato, ma io sono consapevole che state facendo il possibile. So la verità, so bene che tu e la mamma mi amate più della luna con le stelle». Parole struggenti come quelle della madre che usando video e Twitter implora il Califfo, invoca un contatto per trattare, supplica clemenza. E si mette il velo sperando di commuovere il tagliatore di teste. Gesti che sfilano lungo il mantello nero di Abu Bakr al Baghdadi ma toccano il cuore di quei musulmani che riconoscono l’impegno sociale dell’americano. Anche Abu Omar Aqidi, alto dirigente della fazione qaedista al Nusra, si rivolge ai rivali ricordando come Peter abbia curato lui e i suoi compagni rimasti feriti in un bombardamento del regime siriano. Appelli lanciati a interlocutori privi di alcun sentimento di pietà. L’opposto di Peter. «Se morirò — scriverà ai genitori — io e voi avremo il conforto di sapere che me ne sono andato perché volevo alleviare le sofferenze di chi aveva bisogno». © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 PRIMO PIANO 9 Esecuzione multipla Un’immagine tratta dal video con l’esecuzione di Peter Kassig: si vedono i miliziani dell’Isis uccidere anche quindici soldati siriani. Il boia, coltello alla mano, si rivolge direttamente agli Stati Uniti. E avverte: i soldati americani potrebbero fare la stessa fine (Afp) Chi sono ● «John il Beatle», il terrorista-boia identificato dai servizi inglesi come il rapper Abdel-Majed Abdel Bary. Ieri si era diffusa la notizia (non confermata) di un suo ferimento in un raid Usa ● «Deso Dogg», alias il rapper 40enne tedesco Denis Mamadou Gerhard Cuspert Gli adepti europei Le nuove brigate internazionali I fanatici occidentali ancora più feroci degli stessi miliziani Motociclisti olandesi e veterani americani I «patrioti» filocurdi Sono ormai la forza trainante dello Stato Islamico, ma a ben guardare possono anche diventarne il tallone d’Achille. Parliamo dei volontari: quella variegata, motivata, spesso fortemente ideologizzata ed intrinsecamente estremista componente che accompagna le guerre di ogni tipo e in qualsiasi Paese. C’erano in tutti gli eserciti della Prima guerra mondiale; furono il nerbo internazionalista della Guerra di Spagna; le avanguardie comuniste, naziste e fasciste del Secondo conflitto mondiale; erano l’essenza delle milizie sioniste e palestinesi nel 1948. C’erano volontari in Corea, in Vietnam, in Algeria pro e contro il regime coloniale francese. Difficile trovare una guerra in cui non vi siano volontari. La peculiarità di Isis però è che le brigate internazionali della Jihad sono necessarie e tuttavia viste con timore dagli stessi sunniti che sono venute ad aiutare. In Iraq il fenomeno è macroscopico. «Noi vecchi baathisti e legati alle tribù sunnite di Al Anbar non abbiamo nulla da spartire con gli integralisti religiosi afghani o con gli estremisti wahabiti arrivati da Arabia Saudita, Giordania e Algeria. Li useremo sino a quando ci serviranno per battere gli sciiti. Poi però ce ne disferemo», mi dicevano in giugno i militanti a Bagdad del «Muttahidun», uno dei maggiori movimenti sunniti rappresentato al Parlamento. I volontari della jihad, molto più violenti e intolleranti dei qaedisti locali, sono cresciuti per numero e importanza. Secondo la Cia sarebbero oltre 20 mila. Un recente rapporto interno segnalato dal Washington Post sostiene che ne arriverebbero ormai in media un migliaio al mese. Oltre 3 mila sarebbero tunisini, il singolo gruppo nazionale più numeroso. I cristiani fuggiti da Mosul affermano che i più pericolosi sono afghani, pachistani e soprattutto ceceni. Senza parlare di «ceffi» del tipo «John il Jihadista», noto anche come «John il Beatle», il terrorista dal perfetto accento inglese assurto a notorietà mondiale con il video della decapitazione del giornalista americano James Foley in agosto. A metà settembre la stampa anglosassone riportava che sarebbe stato identificato dai servizi inglesi come il rapper Abdel-Majed Abdel Bary. Due mesi fa a Erbil i profu- Le stime I volontari della Jihad sono cresciuti per numero e importanza. Ne arriverebbero ormai un migliaio ogni mese: i tunisini sono i più numerosi ghi cristiani fuggiti da Karakosh, nella regione di Ninive attorno a Mosul, parlavano con paura di un altro rapper, questa volta tedesco, il quarantenne Denis Mamadou Gerhard Cuspert, meglio noto come Deso Dogg. «E’ lui che predica l’Islam con più convinzione. Dice che è bello morire per la guerra santa. Prima parla con dolcezza, ma poi passa alle minacce di morte. I jihadisti iracheni e siriani sono meno duri con i cristiani», sostengono. A Raqqa, la capitale di Isis, i volontari stranieri hanno preso le redini del potere. Ma tanti di loro hanno perduto la vita nella battaglia per la città curda di Kobane. L. Cr. © RIPRODUZIONE RISERVATA Chi sono ● Jordan Matson, 28 anni, si è «arruolato dal Wisconsin con i curdi dopo aver visto le immagini della caduta di Mosul in Iraq ● Gill Rosenberg, canadese, istruttrice nell’esercito israeliano, è andata in Siria dopo aver scontato tre anni di prigione per truffa DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME Tutti addormentati nel profondo, profondissimo sonno dell’Inghilterra, da cui a volte temo non ci sveglieremo mai finché non ne saremo strappati di colpo dal boato delle bombe (George Orwell, «Omaggio alla Catalogna»). Le guerrigliere curde sono raggruppate nella milizia YJA Star (l’Unione delle donne libere) che ricorda le Mujeres Libres della Spagna di Orwell, se non fosse per quella stella, un riferimento a Ishtar, antica dea della Mesopotamia. Gli occidentali che vanno a combattere nel Nord delle Siria proclamano le stesse motivazioni dello scrittore britannico: i fondamentalisti dello Stato Islamico, come alla fine degli anni Trenta i fascisti, vanno fermati qui, prima che il conflitto diventi mondiale. Le brigate internazionali postmoderne mettono insieme bande di motociclisti olandesi, veterani americani delle guerre che non finiscono, soldatesse in congedo dello Tsahal israeliano. Jordan Matson, 28 anni, prima non era mai rimasto coinvolto in uno scontro a fuoco: 24 mesi nell’esercito, nessuna missione fuori dagli Stati Uniti, un lavoro da impacchettatore di surgelati nel Wisconsin. Adesso zoppica per i frammenti di un proiettile di mortaio, è arrivato nel Levante dopo aver visto le immagini della caduta di Mosul in Iraq e aver contattato i gruppi curdi su Facebook, dove prova a convincere altri ex militari canadesi, europei, australiani, americani, «patrioti che non vogliono restare seduti in poltrona». Jeremy Woodward in Afghanistan e Iraq c’è stato, non poteva rimanere in Missouri — racconta lo zio — mentre quello per cui ha combattuto viene distrutto. E’ quello che pensa il generale Buford Blount, l’uomo che guidò la presa di Bagdad nel 2003: «Qualsiasi aiuto ai curdi è positivo, i fondamentalisti vanno eliminati». E’ quello che pensa David Graeber, anarchico e docente di Antropologia alla London School of Economics: «Nel 1937 mio padre partì come volontario in difesa della Repubblica spagnola. La regione autonoma controllata dai curdi è uno dei pochi esperimenti democratici emersi dalla Ieri e oggi Come gli antifascisti che partivano per la Spagna negli anni Trenta, oggi femministe e no global si uniscono ai peshmerga per fermare l’Isis ribellione contro il regime di Bashar Assad e va protetta». Sono le ragioni che hanno spinto i gruppi radicali femministi turchi a passare il confine o i no global italiani come Tommaso Cacciari, nipote del filosofo, a esportare solidarietà e sostegno. Gill Rosenberg — di origine canadese, istruttrice nell’esercito israeliano, tre anni di prigione per truffa — ha lasciato Tel Aviv per la Siria accompagnata dal motto in ebraico ripetuto dai comandanti di Tsahal: «Aharai, seguitemi. Facciamo vedere ai fondamentalisti quel che vuol dire». Davide Frattini @dafrattini © RIPRODUZIONE RISERVATA Sequestrato a marzo Liberato in Libia il tecnico Salviato: «Grazie a tutti siete fantastici» DAL NOSTRO INVIATO TRIPOLI E due. Poche ore dopo il rilascio di Marco Vallisa, giovedì, un’autobomba era esplosa a pochi metri dall’ambasciata italiana. Poche ore dopo il decollo di Gianluca Salviato, il secondo ostaggio liberato in Libia sabato notte, l’unico aeroporto ancora funzionante a Tripoli è stato preso d’assalto dalle milizie anti islamiche: sparatorie, due morti, lo scalo chiuso per tutta la domenica e i (pochissimi) voli cancellati. E’ andata bene, comunque: il tecnico veneziano era sparito nel nulla il 22 marzo a Tobruk subito dopo aver fatto colazione al bar, due auto d’incappucciati a circondarlo mentre stava Rimpatriato Gianluca Salviato, 48 anni. Il tecnico veneziano è tornato ieri dalla Libia andando nel cantiere della «Enrico Ravanelli», un’azienda friulana che in Cirenaica ha un appalto di vari milioni per la costruzione di fogne e strade, e la scorsa notte ha finalmente dormito nella sua casa. «E’ stato come partorirlo la seconda volta», ha detto la mamma emozionata. «Solo lavarsi i denti e respirare l’aria, mi sembra la cosa più bella della vita», ha spiegato lui, 48 anni, otto mesi in una stanzetta con una ventina di guardie mascherate ad alternarsi. Tre ore di deposizione alla Procura di Roma, che indaga per sequestro di persona, il verbale secretato. Salviato ha fatto capire d’essere stato trattato meglio di Vallisa: s’era riusciti a stabilire subito un contatto coi sequestratori per fargli avere l’insulina che, diabetico, gli serviva per sopravvivere. «Grazie, siete stati fantastici», ha detto l’uomo a chi ha lavorato per liberarlo, chiedendo poi ai familiari d’appendere un tricolore al balcone di casa. Come per Vallisa, fonti libiche parlano d’un riscatto pagato dalle autorità italiane, stavolta inferiore al milione. Difficile avere dettagli: Tobruk è poco lontana dal jihadistan di Derna. Del resto i sequestri sono quasi la normalità, perfino a Tripoli nelle ultime ore sono spariti nel nulla il preside d’economia all’università e il manager d’una compagnia di navigazione. Francesco Battistini © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera 10 # Primo Piano Il G20 di Brisbane Renzi, disgelo australiano con Juncker «Per l’Ue sviluppo e meno rigore» Dopo le polemiche l’incontro a colazione con il presidente della Commissione europea La vicenda DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Di prima mattina, quando ancora in Italia è notte fonda, prima di arrivare al vertice, Renzi ha il tempo di scrivere su Facebook che «più crescita e meno rigore è l’unico futuro dell’Europa», che la cosa non «è una puntigliosa fissazione del semestre italiano», ma più o meno «opinione di tutti coloro che sono qui a Brisbane per il G20». A colazione, subito dopo, incontra Jean Claude Juncker, il presidente della Commissione europea, che risiede nel suo stesso albergo, con il quale ha polemizzato molte volte nelle SYDNEY ● Era il 4 novembre quando il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker rispondeva al premier Renzi: «Non sono il capo di una banda di burocrati». Al G20 il clima tra i due si è rasserenato ultime settimane, che lui stesso ha caratterizzato come il capo di una tecnocrazia che non funziona. Juncker è in qualche modo un’anatra zoppa, colpito dallo scandalo sull’elusione fiscale in Lussemburgo, ma sbaglia chi si attende scintille. La colazione è costruttiva, pragmatica, le ruggini personali sono messe da parte, si ricomincia su un altro piano. Aiuta certamente l’atmosfera che si respira qui in Australia, con Inghilterra e Stati Uniti che chiedono a gran voce che la Ue cambi politica economica, con Obama che si lamenta di non poter portare da solo la carretta della crescita mondia- Il Pil 2015 dei Paesi del G20 Usa 3,1 6,4 India 0,8 Australia 2,9 Germania 1,5 Messico 3,5 Francia 1,0 Corea del Sud 4,0 Giappone Regno Unito Italia Canada Russia Brasile Cina 2,7 0,8 2,4 0,5 1,4 5,5 Indonesia 3,0 Turchia 4,5 Arabia Saudita Argentina -1,5 Sudafrica 2,3 7,1 Unione Europea 1,8 Fonte: stime Fondo monetario internazionale Corriere della Sera le. E aiuta anche la lettera, pubblicata in Italia nelle stesse ore, con cui Juncker informa il governo italiano e il Parlamento europeo che farà di tutto per voltare pagina e attuare un piano di svolta. Renzi, di fronte ai cronisti, si limita a dire che «nei prossimi giorni sarà lo stesso Juncker ad informare e dare dettagli del piano di investimenti europei che sta preparando». Chi coglie una punta di distacco però non è sulla buona strada: l’incontro fra i due è servito a siglare una sorta di tregua, nella lettera al governo italiano, e al presidente del Parlamento Schulz, «è il politico che parla e ci chiede anche di dargli una mano», riassumono nello staff. Insomma le polemiche personali sono lontane, in apparenza si è entrati in una fase operativa in cui serve la cooperazione reciproca, la stessa che Juncke r c h i e d e n e l l a l e t te r a , invocando un metodo di lavoro diverso fra Commissione, Parlamento e Consiglio. La conferma arriva in qualche modo qualche ora dopo, quando Renzi accetta di fare una breve intervista con Sky News. Gli viene chiesto se Juncker è un modello, risponde che la questione non gli interessa, forse «non è il mio, ma la cosa importante è che è un politico». Insomma non un tecnocrate come chi ha cacciato la Ue nel pasticcio macroeconomico in cui si trova: e anche per questo «non si può mettere in discussione uno che ha assunto un incarico da appena 21 giorni». La notizia è tutta qui: Renzi e Juncker collaborano, il primo ha ricevuto una lettera molto pragmatica dal secondo, ne difende ora la caratura politica, non fa alcuno accenno allo scandalo dell’elusione fiscale in Lussemburgo, qualche ora dopo sarà di nuovo insieme a Juncker, di fronte ad Obama, e agli altri leader della Ue, per discutere di crisi ucraina, di crescita e di condizioni per procedere nella definizione del Trattato transatlantico di scambi commerciali. Insomma la linea di Renzi è diversa dai giorni scorsi: «Juncker sta mantenendo le sue promesse, ha bisogno dell’aiuto di tutti gli Stati membri, non possiamo non darglielo, lasciamolo lavorare e mettiamo da parte le polemiche». Restano sul tappeto molte questioni, quale sarà la quota del piano di Juncker che sarà dedicata all’Italia? Siamo ancora lontani dalle cifre, ma Roma ha già inviato a Bruxelles una sua richiesta di massima, 40 miliardi di finanziamenti, che tradotti in investimenti diventano una cifra quasi doppia, almeno in tre anni. «Noi siamo pronti, aspettiamo solo il via libera da Bruxelles», ripete Renzi, mentre il G20 si conclude e lui si trasferisce e Sydney, dove va a cena con la comunità italiana. Poco prima l’incontro fra Usa ed Ue sul trattato di scambio commerciale sembra sia stato fruttuoso: Renzi ha partecipato al fianco di Juncker, che prendeva appunti anche sulle richieste minime dell’Italia, in primo luogo, sul made in Italy. Marco Galluzzo © RIPRODUZIONE RISERVATA ● Il libro La proposta anti corruzione «In campo le assicurazioni» Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Per le condizioni contrattuali della carta Postepay Evolution consulta il relativo Foglio Informativo disponibile presso gli Uffici Postali e su poste.it. Poste Italiane S.p.A., Società con Socio Unico - Patrimonio BancoPosta. Sono previste limitazioni per particolari tipologie di bonifico. Per il dettaglio è necessario consultare il Foglio Informativo. Per battere la corruzione nella realizzazione di grandi opere bisogna coinvolgere le assicurazioni in funzione di garanzia contro il rischio di inadempimento, una buona pratica ampiamente diffusa e funzionante negli Usa. A formulare la proposta sono stati ieri a Milano, nell’ambito delle manifestazioni di Bookcity, l’economista Francesco Giavazzi e Remy Cohen, docente di infrastrutture e project financing alla Sda Bocconi. In sostanza l’impresa che si aggiudica l’appalto sottoscrive una polizza che impegna comunque l’assicurazione a completare il lavoro nei tempi e costi promessi. La compagnia di conseguenza ha tutto l’interesse a scremare il mercato e a far pagare un prezzo più alto (della polizza) alle imprese ritenute meno affidabili. «È l’uovo di Colombo — sostiene Giavazzi — perché consente di effettuare aste al prezzo minimo rinviando la procedura di selezione a un soggetto terzo, esterno alla pubblica amministrazione e legato a una logica di mercato». Un uovo che — sorpresa — la legislazione italiana già prevede L’idea almeno in base ai dettami della Irregolarità? Sì alle legge 162/2008. Il caso vuole «soffiate» anonime, però che da allora si attenda sostiene Giavazzi invano l’emissione di un decreto ministeriale attuativo che tarda nel suo libro ad arrivare, perché evidentemente la novità non piace alle lobby del mattone. E proprio degli interessi nascosti che stanno dietro alla corruzione si è discusso ieri a partire dal libro (Corruzione a norma di legge, editore Rizzoli) che Giavazzi ha scritto con il giornalista Giorgio Barbieri. Una seconda proposta riguarda il «whistleblower» ovvero la gola profonda. Sempre negli States è possibile denunciare in forma anonima sospetti episodi di corruzione, basta accedere a un sito del governo federale e fornire dati e circostanze credibili. Il principio è stato recepito dal neo presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, che ha introdotto la possibilità di utilizzare una mail per segnalare casi di illeciti di cui si è venuti a conoscenza. Per ora è riservata ai soli dipendenti pubblici ma anche in questo caso al denunciante sarà garantito l’anonimato. D.D.V. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 PRIMO PIANO 11 # I Grandi: più crescita del 2,1% entro il 2018 L’impegno per fare salire il Pil mondiale di altri 2 mila miliardi di dollari. Il Fmi vigilerà sulle promesse Obiettivi 800 ● I leader del G20 hanno varato un piano che prevede una crescita delle economie dei rispettivi Paesi di almeno il 2,1% entro il 2018 e che dovrebbe consentire una crescita globale di 2 trilioni di dollari ● Il G20 ha dato il via libera al piano per l’efficienza energetica e si è impegnato a sostenere azioni efficaci in materia di cambiamenti climatici ● Gli obiettivi di crescita saranno raggiunti attraverso 800 misure da adottare in ogni Paese per favorire investimenti, commercio, infrastrutture, creazione di posti di lavoro e un sistema fiscale equo le riforme o misure economiche per la crescita che i governi del G20 si sono impegnati ad attuare a livello nazionale 25% la riduzione del gap di partecipazione uomo-donna al mercato del lavoro che il G20 si è dato come obiettivo DA UNO DEI NOSTRI INVIATI L’apoteosi trasformata in incubo. Il premier australiano Tony Abbott ha preparato per un anno intero il «suo» G20 centrato sullo sviluppo economico e la creazione di nuovi posti di lavoro. Quale tema più popolare quando mezzo mondo cresce poco e l’altra metà è in recessione? Oltretutto l’accordo che aveva negoziato attribuisce un nuovo ruolo al Fondo monetario internazionale che, da guardiano del rigore fiscale, dovrebbe diventare ispettore e giudice dei motori dello sviluppo. Doveva essere un passaggio storico e invece, a parte i riflettori rubati dall’orco Putin per l’attacco all’Ucraina, è bastato che Barack Obama arrivasse al vertice con in tasca l’accordo con la Cina sui gas-serra e deciso a lanciare da qui la volata per un accordo planetario sui mutamenti climatici da siglare tra un anno alla conferenza di PaBRISBANE (AUSTRALIA) Il retroscena di Massimo Gaggi rigi, per cambiare percezione e natura del G20 conclusosi ieri sera a Brisbane. Sbeffeggiato dalla stampa locale per i goffi tentativi di sbarrare la strada al leader Usa (Abbott non solo non è un ambientalista, ma ha vinto le elezioni in Australia con una piattaforma che ha al primo punto l’abolizione della «carbon tax»), il padrone di casa ha dovuto alla fine chinare la testa: ha inserito nel comunicato finale del G20 l’impegno dei «grandi» della Terra a stabilire rapidamente (entro il prossimo marzo) ambiziosi obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni di CO2, da far confluire poi nell’accordo di Parigi. Un’intesa che, si legge nel documento, dovrà assumere la forma di un protocollo o avere, comunque, una veste giuridicamente vincolante. Adesso che Cina e Usa, i Paesi che inquinano di più, hanno preso impegni solenni, tutti gli altri non hanno più alibi, dice il presidente americano che vorrebbe chiudere il mandato alla Casa Bianca con l’accordo che gli sfuggì a Copenaghen nel 2009. Poi, cercando di esorcizzare la sconfitta elettorale del 4 novembre, Obama dichiara che in pochi giorni gli Stati Uniti si sono ripresi il loro ruolo guida: «Dall’ambiente alla lotta contro Ebola, tutto passa per la nostra iniziativa». E, già che ci sta, si appropria anche del giocattolo di Abbott: mentre il G20 vara un piano per la crescita vago e macchinoso, basato su un «collage» di ben 800 riforme o misure economiche che i governi si sono impegnati ad attuare a livello nazionale, Obama sentenzia che, da solo, il Ambiente La spinta di Obama e il calendario dei futuri obiettivi nazionali di riduzione della CO2 suo Paese ha creato più posti di lavoro aggiuntivi di tutte le altre nazioni avanzate messe insieme. Conclusione trionfale: «E’ questa la vera “leadership” americana». In effetti se l’ambientalismo improvvisamente riscoperto da Obama scalda i cuori più del lavoro e dello sviluppo è anche per l’aridità burocratica dei documenti del G20 e i dubbi su numeri (una crescita aggiuntiva del 2,1% del Pil mondiale da realizzare entro il 2018) che non tengono pienamente conto del peggioramento della congiuntura e delle previsioni economiche. Con tutti i suoi limiti, comunque, l’accordo del G20 un suo valore storico lo ha: è la prima volta che i «grandi» basano i loro impegni non solo su dichiarazioni generiche, ma anche su cifre vincolanti. E lo fanno non solo sulla crescita del Pil ma anche su obiettivi sociali come la riduzione degli ostacoli che frenano l’accesso delle Da sinistra: il premier spagnolo Mariano Rajoy, Matteo Renzi, il presidente francese François Hollande, il presidente Usa Barack Obama, il primo ministro britannico David Cameron, la cancelliera Angela Merkel, il presidente della Commissione Ue JeanClaude Juncker e il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. Putin non sblocca la crisi e l’Europa riflette sull’effetto delle sanzioni Obama: ma la Russia non rispetta gli accordi DA UNO DEI NOSTRI INVIATI BRISBANE (AUSTRALIA) Niente tregua in Ucraina, nemmeno nei giorni del G20 che ha finito per discutere più dell’aggressione russa che dei temi economici del vertice. E da oggi a Bruxelles si ricomincia a discutere di un possibile inasprimento delle sanzioni Ue, mentre gli Stati Uniti valutano se cominciare a usare il termine «invasione» per definire l’intervento di Mosca a sostegno dei ribelli filorussi: un cambiamento di linguaggio dietro il quale c’è un nodo giuridico perché chi va a difendere un Paese invaso può usare la forza senza essere assoggettato a troppi vincoli. Ma l’impressione è che l’attuale situazione di stallo sia destinata a continuare anche dopo gli infuocati confronti di Brisbane. Da dove Vladimir Putin è ripartito in anticipo con un’uscita di 20 i Paesi del G20 sono 19 più l’Unione europea. Ai componenti del G8 si aggiungono tra gli altri Cina, Brasile, India e Australia, 0,2 la percentuale di crescita del Pil russo nel 2014 secondo le stime di ottobre del Fmi (ad aprile segnavano un più 1,3%) scena tra mistero e farsa. Farsa perché il presidente russo ha giustificato la scelta di non partecipare al pranzo conclusivo del summit per problemi di fuso orario: «Mi aspettano 9 ore di volo fino a Vladivostok e altre 9 fino a Mosca. Se non parto e non dormo almeno cinque ore, domani non riuscirò a lavorare al Cremlino». Trattato in modo volutamente sgarbato da vari leader, dal padrone di casa, l’australiano Abbott, al canadese Harper, al leader britannico David Cameron, Putin, arrogante e sfrontato alla vigilia del vertice, è passato a un atteggiamento sarcasticoremissivo: «Sono soddisfatto dei risultati del G20, dell’atmosfera che ho trovato e dell’accoglienza australiana. Certo, su alcune questioni i nostri punti di vista non coincidono, ma le discussioni sono state complete, costruttive e utili». Secondo alcuni, fallito il suo tentativo di intimidire e spaccare il G20, Putin avrebbe assunto un atteggiamento più prudente per evitare l’ulteriore inasprimento delle sanzioni minacciato anche dal cancelliere tedesco Angela Merkel all’arrivo a Brisbane. E la spiegazione del cambiamento di rotta di Putin forse è da ricercare proprio in un imprevisto e lunghissimo confronto notturno tra i leader di Russia e Germania. Sabato la Merkel è arrivata in piena notte nell’albergo di Putin e vi è rimasta per ben sei ore: le prime due le ha trascorse in un faccia a faccia col presidente russo. Poi i due sono stati raggiunti dal neopresidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker e il confronto si è protratto per altre quattro ore. Alla fine Putin si è detto fiducioso sulla possibilità di trovare una soluzione alla Partenza Il presidente russo Vladimir Putin, ieri, mentre si congeda in anticipo dal G20 Brisbane, in Australia crisi ucraina. Non è una novità: da mesi il presidente russo promette e non mantiene. La Merkel, infatti è rimasta abbottonatissima anche dopo il vertice Usa-Ue, al quale ha partecipato anche il premier italiano Renzi: un incontro con Obama dedicato all’Ucraina e al negoziato per la «partnership» commerciale transatlantica. Il silenzio può servire a coprire un nuovo tentativo diplomatico di sbloccare la situazione, ma c’è anche un’altra lettura possibile: Putin non si è spostato dalle sue posizioni e, con Poroshenko indebolito a Kiev, cominciano a serpeggiare anche tra gli occidentali dubbi circa il fatto che si possa obbligare Mosca a cambiare rotta solo con l’uso delle sanzioni. Ieri su questo si è fatto sentire solo Barack Obama che nella sua conferenza stampa finale, subito dopo l’incontro coi lea- donne al mercato del lavoro. Qui l’obiettivo è di ridurre questo «gap» del 25% entro il 2025. Solo belle parole di un comunicato, certo, ma l’altra novità è che i governi accettano di assoggettarsi ai controlli di un’istituzione indipendente: il Fondo monetario internazionale. E il suo capo, Christine Lagarde, prende la cosa sul serio: «Faremo ispezioni Paese per Paese, valuteremo il grado di attuazione di ogni misura economica che i governi si sono impegnati ad adottare». Se succederà davvero (il se è d’obbligo, perché diverse nazioni non hanno nessuna voglia di cedere sovranità ai tecnici del FMI), questa grande istituzione multilaterale cambierà pelle: da istituto impegnato a garantire la credibilità e l’equilibrio dei conti pubblici dei Paesi membri, a promotore di piani d’investimento e riforme finalizzate alla creazione di lavoro. M. Ga. © RIPRODUZIONE RISERVATA der della Ue, ha accusato Putin di aver sistematicamente violato gli impegni da lui stesso sottoscritti per una soluzione politica della crisi ucraina. Come altre volte in passato, il presidente americano ha ammesso che le sanzioni contro la Russia danneggiano anche i Paesi occidentali e ha promesso di cancellarle non appena Mosca tornerà a comportarsi in modo rispettoso della legalità internazionale. Ma le sanzioni già adottate verranno inasprite? Su questo Obama non si è sbilanciato, limitandosi a rilevare che le misure già adottate si sono rivelate efficacissime: fortemente penalizzata, l’economia russa sta scivolando verso la recessione. Come dire che, più che inasprire gli interventi contro Mosca, bisogna stringere i denti e aspettare che le sanzioni producano i loro effetti, fiaccando la resistenza di Putin. Al quale per ora il presidente francese Hollande non darà le due navi portaelicotteri della classe Mistral ordinate nel 2011 e che avrebbero dovuto essere consegnate proprio in questi giorni. Mosca non ha fin qui dato seguito alla minaccia di strappare il contratto e il leader socialista ha detto che sarà lui in persona a decidere se e quando consegnare le due navi sulla base degli interessi della Francia e delle sue valutazioni sulla gravità della crisi ucraina. © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera t +39 02 540302359 www.fontanamilano1915.com 12 WORKSHOP Via Trebbia 26, Milano Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 13 Politica Jobs act, regge l’accordo nel Pd Civati si arrende: in pochi diremo no Tsipras: è barbarie, resistete. Renzi: non basta più una piazza per la crisi di governo In Italia ● Alexis Tsipras, 40 anni, è il leader di Syriza che alle Politiche 2012 ha sfiorato in Grecia il 27%. Alle Europee è stato candidato presidente di numerose liste in tutto il continente, tra cui l’italiana «L’altra Europa con Tsipras». Ieri era a Firenze al convegno «L’agenda neoliberista e le socialdemocrazie europee» ROMA Anche Pippo Civati pare rassegnato: «Temo che la partita sia chiusa. Ci sarà qualche no, il mio di sicuro, spero quello di Cuperlo, Fassina e altri». Ma il Jobs act ha la strada spianata. Ieri è cominciato l’esame in commissione Lavoro della Camera dei 480 emendamenti: l’obiettivo è chiudere entro giovedì e arrivare in Aula venerdì. Matteo Renzi non recede e da Sydney incalza: «Basta con la filosofia del piagnisteo». Sulle proteste spiega: «Rispetto chi scende in piazza pacificamente, ma non sono più i tempi in cui bastava fare una manifestazione per mettere in crisi un governo. La realtà convincerà anche i più scettici ad arrendersi». Il premier accelera anche sulla legge elettorale e ironizza: «Se per eleggere il Papa fosse stata usata la legge elettorale del 2013, a San Pietro sarebbero usciti in quattro vestiti di bianco dicendo: ho vinto io». L’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani, dopo le dure critiche dei giorni scorsi, chiarisce la rotta: «La fiducia si vota, non possiamo pensare che questo Paese possa andare in una fase di instabilità». Quanto all’opposizione, spiega, «non bisogna immaginare queste aree come una falange, è un’iniziativa in costruzione». Naturalmente la minoranza dem non ha intenzione di smobilitare, come dimostrano gli attacchi di Civati: «Non voto cose che ammiccano a destra, all’elettorato di Berlusconi». A dar manforte alla sinistra pd arriva anche Alexis Tsipras, leader del partito greco Syriza, che nel suo intervento a Firenze alla giornata di incontri della sinistra, attacca il segretario italiano: «Ue e Italia sono in pericolo a causa di un dogmatismo dovuto all’austerità che può essere un suicidio, e sono messe in pericolo dal fatto che il vostro premier è tornato indietro, mettendo nell’agenda neoliberista i rapporti di lavoro». Tsipras invita all’unità e alla lotta: «Radicalizzazione a sinistra vuol dire far proprio un programma politico di resistenze contro la barbarie neoliberista. Questo lo vediamo in Spagna, Grecia, Irlanda e anche in Italia, Minoranza pd Pippo Civati, 39 anni, all’incontro sull’agenda neoliberista e le socialdemocrazie europee ieri a Roma con le proteste come lo sciopero generale della Cgil». Ma, intanto, si procede con il Jobs act alla Camera. Cesare Damiano, presidente pd della commissione, tra i protagonisti della mediazione, è ottimista: «Se tutto fila liscio, si va spediti». Quanto ad altri aggiustamenti: «Se c’è qualcosa che non mette in discussione l’impianto della delega, si fa». Terreno minato, perché l’Ncd sembra intenzionato a resistere, come spiega il capogruppo in commissione Sergio Pizzolante: «I contenuti dell’articolo 18 sono quelli concordati tra il ministro Poletti e il senatore Sacconi e non quelli interni al Pd. Le modifiche al testo del Senato possono riguardare solo limitatissimi casi assimilabili ai licenziamenti discriminatori». Riferimento alla novità (rispetto al Senato) del reintegro per i licenziamenti disciplinari. Fattispecie che sarà dettagliata solo nei decreti delegati (emanati dal governo, dopo il via libera dato dal Parlamento con la legge delega). Ieri è stato respinto un emendamento M5S che chiedeva la soppressione della delega, con 23 voti contrari e 15 a favore. In commissione, il governo conta su una maggioranza di 26 membri su 46 (21 pd, 2 ncd e 3 centristi). I 5 Stelle hanno contestato la maggioranza: Claudio Cominardi ha definito i parlamentari «burattini nelle mani di Renzi». Alessandro Trocino © RIPRODUZIONE RISERVATA 14 Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera POLITICA L’intervista di Paola Di Caro Toti invoca un nuovo «predellino»: il partito unico è la strada obbligata «Unito il centrodestra è ancora competitivo. Il leader? Nessuno ha il quantum di Berlusconi» «Serve un predellino 2». Quattro parole bastano a Giovanni Toti, viaggiando da una piazza all’altra in Emilia-Romagna dove domenica prossima si vota per le Regionali, per lanciare la nuova strategia di Forza Italia per i prossimi mesi. Il predellino annunciò la nascita del Pdl. Oggi, scusi, a cosa dovrebbe servire? «A preparare il centrodestra alla sfida con il centrosinistra, che non appare più una lotta impari come poteva sembrare solo qualche mese fa». Perché proprio ora, se come dicono Renzi e Berlusconi la legislatura andrà avanti fino al 2018? «Quanto andrà avanti lo vedremo, non siamo noi che diamo la fiducia al governo. Ma oggi il quadro politico sta subendo dei rapidi mutamenti, basti guardare a quanto fotografano i sondaggi: Matteo Renzi cala perché non riesce a dare risposte alla crisi, perché ha fatto troppe promesse e le sta disattendendo, perché è en- ROMA Chi è ● Giovanni Toti, 46 anni, giornalista, è il consigliere politico di Forza Italia. È direttore di Studio aperto dal 2010 e del Tg4 dal 2012. Lascia la tv a gennaio, a maggio è eletto a Bruxelles trato sulla scena a rappresentare il sogno e rischia di simbolizzare l’incubo. Viceversa, dopo un periodo durissimo, il centrodestra sta riprendendo a crescere, e unito riesce ad essere competitivo». Voi rischiate però di «subire» una legge elettorale che premia il primo partito, non la coalizione. «Noi non siamo per il premio di lista, ma se la legge elettorale alla fine dovesse prevederlo, è un motivo in più per attrezzarci. E chi può portare avanti una riorganizzazione del centrodestra pensando a forme diverse di aggregazione che possano anche trascendere l’idea tradizionale di partito, siamo noi di Forza Italia. Con il nostro leader Silvio Berlusconi». Dal «predellino» stavolta Berlusconi dovrebbe rivolgersi da una parte ad Alfano e dall’altra a Salvini? «Sicuramente ci rivolgiamo al Nuovo centrodestra: Berlusconi proprio sabato ha pro- nunciato parole importanti e generose, invitando tutti a superare per il bene dei nostri elettori i fatti dolorosi che hanno portato alla rottura fra di noi. Oggi dobbiamo guardare al futuro e considerare la nostra area quella che, a sinistra di Forza Italia vede Ncd, Udc, i popolari di Mauro, a destra Fratelli d’Italia e Storace, e la Lega nostro alleato da sempre. Credo che i tempi siano maturi per riflettere assieme sul superamento di vecchi schemi e sulla costruzione di un’alternativa vera ed elettorale al centrosinistra». Immagina un partito unico? «Il percorso è da costruire insieme, non sarà né facile né breve arrivare alla meta, non mi illudo, e può darsi che servano tappe intermedie. Ma la via è obbligata se vogliamo dare voce al grande popolo del centrodestra che vuole credere in un’alternativa». Lo dice lei a Salvini, che vi ha messo nel mirino e prova il sorpasso su FI? «Io sono contento se la Lega cresce, e raccoglie voti da portare nella nostra metà campo. Ma nella costruzione di un’alleanza non si può partire dagli estremi, né tantomeno prescindere dal ruolo centrale di un partito come FI che, con il rientro a pieno titolo di Berlusconi sulla scena politica, tornerà almeno ai livelli delle scorse Politiche. FI è il centro dello schieramento, ed è Berlusconi che, ancora una volta, può accendere il motore per ripartire». Non è proprio Berlusconi il problema? Ha il doppio degli anni di Renzi o di Salvini, è in politica da oltre un ventennio... «No che non è un problema: per esperienza, forza, leadership, non vedo da chi altri si potrebbe partire. Nessuno dei giovani leader scalpitanti di destra ha l’eredità politica e la visione del futuro che ha Berlusconi, il suo quantum di credibilità e capacità che sono es- ❞ I tempi ormai sono maturi per creare alternative a questa sinistra Nei sondaggi Renzi cala: troppe le promesse che non ha mantenuto senziali per ritrovare la sintesi di un centrodestra che si è perso ma che oggi ha davanti a sé una straordinaria occasione». Possibile che in FI non ci sia nessuno che si candidi a succedergli? Fitto è rientrato, si parla di nuovi organigrammi... «È un problema che proprio non si pone. Vedo discendere da pranzi e cene ipotesi di riorganizzazioni, di nuovi organigrammi assolutamente fuori dalla realtà, ai quali nessuno dei dirigenti e tantomeno Berlusconi ha mai minimamente pensato. Siamo un partito con un leader e tantissimi numeri due, che talvolta si divide e talvolta ritrova unità sulla base di una linea politica. Sono certo che né io, né Fitto né nessuno faccia ragionamenti legati a proprie aspettative personali o a poltrone... FI lavora e c’è, con una sua struttura: se un giorno decideremo di darcene un’altra, non sarà certo per la pressione di gruppi o gruppetti». © RIPRODUZIONE RISERVATA Al San Raffaele Il Cavaliere ricoverato per l’uveite Il medico Zangrillo: niente dietrologie MILANO Stanza 713, blocco Q, reparto a pagamento. Silvio Berlusconi, 78 anni, è di nuovo al San Raffaele per l’uveite, l’infiammazione agli occhi di cui soffre ormai da qualche anno. L’ex premier è stato ricoverato ieri pomeriggio intorno alle 15.30, su indicazione del medico di fiducia, Alberto Zangrillo, primario di Anestesia e rianimazione, e di Francesco Bandello, primario di Oculistica. Disturbi alla vista, fastidio della luce, lacrimazione. Già sabato Berlusconi aveva partecipato a Milano, alla presentazione del libro Il cuore oltre gli ostacoli dell’onorevole Michaela Biancofiore (FI) con gli occhiali scuri, proprio per proteggersi dalle luci. Ma ieri il Cavaliere si è convinto della necessità di un ricovero. Sono indispensabili cure di antidolorifici e antinfiammatori in dosi massicce, che possono provocargli problemi cardiovascolari. Il rischio è soprattutto di un innalzamento della pressione che può ripercuotersi sul cuore. Servono monitoraggi medici continui. Di qui l’insistenza di chi gli sta vicino per convincerlo ad andare al San Raffaele. Difficile pensare che possa essere dimesso prima di un paio di giorni. Il ricovero sarà l’occasione per un controllo complessivo sul suo stato di salute. È tranquillizzante il suo medico, Zangrillo: «Ogni dietrologia è infondata. Berlusconi non ha nient’altro che non sia un problema agli occhi. È solo un problema oftalmico». Polemiche a non finire aveva scatenato il ricovero del Cavaliere al San Raffaele nel marzo 2013, sempre per problemi di uveite. Erano i giorni del processo Ruby e lo slittamento dell’udienza per assenza in aula dell’ex premier aveva suscitato mugugni tra gli oppositori politici che sospettavano una messinscena per prendere tempo. Simona Ravizza @simonaravizza © RIPRODUZIONE RISERVATA La lettera «Senza corpi intermedi, un’Italia spaccata tra ribelli e caporali» G li scontri di piazza tra polizia e manifestanti stanno diventando un prevedibile epilogo di quasi tutte le manifestazioni di protesta. Si denunciano le responsabilità della polizia o quelle dei manifestanti, a seconda della collocazione politica di chi parla. Ma la ragione di fondo è quella individuata da Giuseppe De Rita nel suo articolo di ieri. La crisi dei corpi intermedi, e gli attacchi a volte pregiudiziali ai quali essi sono sottoposti da qualche tempo, producono l’assenza di mediazione sociale e conseguentemente scontri sempre più duri. Le responsabilità di sindacati e partiti politici negli ultimi anni sono gravi perché frutto di una visione più corporativa che propulsiva. Bisogna correggerne i difetti; ma si sta rivelando dannoso liquidare il loro ruolo nella società italiana. De Rita cita, a ragione, la funzione positiva dei sindacalisti di reparto, dei dirigenti delle rappresentanze datoriali, dei quadri di partito. Il loro lento inabissamento acuisce i conflitti e non risolve i problemi. Rischiamo di trovarci tra non molto in un Paese diviso tra ribelli e caporali. Il ribellismo, che a differenza della opposizione, è privo di un credibile progetto di governo, rischia di monopolizzare le piazze e le Camere. La caporalizzazione del sistema politico, nudo comando, secco e brutale, invece che etica della persuasione, appare come l’unica risposta possibile per superare i ribellismi. E si riproduce sino alla periferia del sistema, anche quando è dettato non dalla necessità, ma dalla comodità. De Rita connette correttamente l’indebolimento dei corpi intermedi alla crisi della rappresentanza. Ci sono difficoltà oggettive a rappresentare in modo propositivo una società spezzettata, che fa franare verso il basso anche il vigore dei soggetti presenti in essa. Tuttavia riaccorpare gli spezzoni di società anche attraverso una loro efficace rappresentanza politica e sindacale fa parte del processo di civilizzazione del Paese. Un’autoriforma di sindacati e partiti in questa direzione converrebbe anche al governo. Le riforme costituzionali devono facilitare il referendum abrogativo, obbligare il Parlamento a decidere entro un termine fisso sulle proposte di iniziativa popolare, così come propone la riforma del Regolamento Il dibattito L’intervento di Giuseppe De Rita sul Corriere della Sera di ieri sulla funzione e sui meriti di rappresentanti di reparto e dirigenti nella gestione dei conflitti della Camera, non ancora all’esame dell’Aula, prevedere con tutte le cautele necessarie, forme di referendum propositivo. Del tutto coerente con questa impostazione è una legge elettorale che dia ai cittadini elettori la possibilità effettiva di scegliere i propri rappresentanti anche in Parlamento, come già avviene per i Comuni, le Regioni e il Parlamento europeo. Questa esigenza era minore quando i partiti erano capaci di dirigere e di mediare. Oggi è cruciale per il superamento della distanza tra cittadini e politica, che non può essere affidato solo alla personalità, per quanto forte e indiscussa, di un unico leader. Luciano Violante ex presidente della Camera © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 POLITICA Le mille beghe venete nella Lega di Salvini (che sale nei sondaggi) I protagonisti ● Il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, 41 anni, in questi giorni è quasi sempre in EmiliaRomagna in vista delle prossime Regionali Bitonci-Tosi, lite sulle fiere. Maroni: Silvio sostenga Matteo MILANO Guardiamo avanti, pen- Il leader di Ncd L’appello di Alfano «Moderati insieme nel nome del Ppe No al Carroccio» «La prima fase è capire, e non sarà un percorso breve , se ci sono le condizioni per rimettere insieme chi si ispira ai valori del Ppe e crede nell’Europa, come noi e Forza Italia. Insomma, bisogna ricominciare a mettere insieme i cocci nel nome del Ppe». Così Angelino Alfano — leader del Ncd, intervistato su Sky Tg24 da Maria Latella — raccoglie la richiesta di unità del centrodestra lanciata da Silvio Berlusconi. Tuttavia, avverte il ministro dell’Interno, per i moderati esiste un problema che arriva da destra: «Salvini e le sue brillanti idee si collocano in una destra estrema e non hanno nulla a che fare con il centrodestra. Per questo spero che Salvini vada a sbattere». © RIPRODUZIONE RISERVATA siamo al futuro. E dunque, Berlusconi sostenga Matteo Salvini. Roberto Maroni, il governatore lombardo nonché ex segretario della Lega, invita il leader di Forza Italia a non incaponirsi nel voler essere ancora il leader del futuribile centrodestra. Tutto nasce sabato. Quando a Silvio Berlusconi, alla presentazione del libro di Michaela Biancofiore, viene chiesto perché non potrebbe essere Matteo Salvini l’uomo di punta di una rinnovata alleanza. L’ex premier non sembra affatto dell’idea. Dice che sì, ci vorrebbe qualcuno di nuovo. Per poi tagliare secco: «Umberto Bossi ha detto che “no, il leader deve essere Berlusconi”». Maroni, però, comincia a crederci. E dunque, eccolo sostenere il segretario che lui stesso aveva scelto come successore: «Nei sondaggi Salvini sta tallonando Renzi, il futuro del centrodestra passa da noi, da Salvini e dal rinnovamento». Per questo «Berlusconi dovrebbe dare sostegno alla Lega e a Salvini che sta già interpretando» il futuro che verrà. E, in effetti, almeno a giudicare dai sondaggi, il segretario L’anticipazione di Alan Friedman Il libro ● Il libro di Alan Friedman Ammazziamo il Gattopardo, edito da Rizzoli (352 pagine, 13 euro) è uscito per la prima volta nel febbraio 2014. Il saggio ha venduto oltre 160.000 copie ed è stato insignito del premio Cesare Pavese ● Alan Friedman, 58 anni, è un giornalista, conduttore tv e scrittore statunitense. Esperto di economia è stato per anni corrispondente del Financial Times Pubblichiamo un estratto della nuova edizione del libro di Alan Friedman «Ammazziamo il Gattopardo», in uscita mercoledì per Rizzoli N ell’estate e autunno del 2014 la politica italiana è dominata dalle questioni del Jobs Act, dell’articolo 18 e della legge di Stabilità del governo Renzi. Il dibattito sull’articolo 18, la petulanza della leader della Cgil, Susanna Camusso, e la durezza della risposta di Matteo Renzi alla Cgil e agli ultrà del Pd fa cambiare qualcosa. C’è un defining moment in corso. Nell’autunno del 2014 qualcosa di particolare succede nel panorama della politica italiana. A un certo punto, nel dibattito, si passa dalla polemica sulla politica degli annunci di Renzi a una discussione sulla sostanza, sulle scelte dure e difficili che aspettano gli italiani. Si mette in dubbio il potere di veto dei piccoli partiti. Si mette in dubbio la validità del vecchio modello di concertazione tra le forze sociali e la Confindustria. Si mette in dubbio la rilevanza della Cgil, un sindacato che non ha saputo rinnovarsi e prendere in considerazione i veri problemi dei giovani, dei precari, e che si è trasformato in un partitino di pensionati guidato da una leader che parla con la retorica degli anni Settanta, con quella nostalgia per il cattocomunismo di un’altra epoca. Perché alla fine dell’ottobre 15 ● Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, 46 anni, sarà ricandidato alle Regionali della prossima primavera da tutto il centrodestra leghista avanza a grandi falcate. Nel febbraio scorso, le indagini davano la Lega di poco sopra al due per cento. E invece, alle Europee il Carroccio prese circa tre volte tanto. Oggi, le intenzioni di voto assegnano al movimento consensi tra l’otto e il 10,8 per cento. Da notare che il punto alto della forbice non è mai stato raggiunto dalla Lega in nessun momento della sua storia. Mentre Salvini, sempre secondo i sondaggi, è il personaggio politico che gode di più fiducia dopo Renzi. Silvio Berlusconi è al settimo posto della classifica. Tutto bene, dunque per la Lega? Il vento che gonfia le vele non incontra scogli capaci di fermarlo? A complicare le cose, in realtà, resta un Veneto che non ha ancora trovato la sua pace. Con il sindaco di Verona Flavio Tosi che reclama il rispetto di un patto stretto a suo tempo con Maroni. E cioé: Salvini sarebbe diventato il segretario federale, mentre lui stesso sarebbe stato il candidato della Lega a leader del centrodestra tutto, magari in sede di primarie. Qualcosa deve essere cambiato, visto anche l’appello di Maroni. Forse proprio il ripe- ● Il sindaco di Verona, Flavio Tosi, 45 anni, è il segretario della Liga veneta e promotore della Fondazione «Ricostruiamo il Paese» ● Massimo Bitonci, 49 anni, è il sindaco di Padova. In precedenza è stato alla guida di Cittadella e capogruppo leghista a Montecitorio tersi delle schermaglie nella Serenissima regione. Il governatore Luca Zaia, pronto alle Regionali, vola alto e cerca di non farsi invischiare nelle baruffe chiozzotte. Come quelle che per anni lo hanno opposto a Tosi. Eppure, difficile che sia entusiasta all’idea che a suo sostegno ci siano una lista Tosi e, ora, anche una lista Bitonci, promossa dal fumantino sindaco di Padova: tutto può desiderare Zaia tranne che il suo consiglio regionale si trasformi in pedana di scherma per tosiani e bitonciani. Peraltro anche tra il governatore e Bitonci c’è stato un memorabile scontro sulla collocazione dell’ospeda- Gli screzi Verona punta sulla fiera del ciclo, classico di Padova, che a sua volta vira su vini e cavalli le di Padova. Ma è il fronte che contrappone Tosi e Bitonci quello più serrato. Sconcertante, per esempio, la guerra delle fiere. Verona ha annunciato una nuova esposizione dedicata alle biciclette dall’11 al 14 settembre 2015. Chiuderà, dunque, cinque giorni prima della tradizionale fiera di Padova, Expobici. Bitonci non ha gradito, ma non è tipo da stare a piangerci sopra. E così, ha annunciato che la città del Santo ospiterà due esposizioni nuove di zecca. Una dedicata al vino e una al cavallo. Tu guarda il caso: Vinitaly e Fieracavalli sono proprio le due fiere più note e importanti che si svolgono a Verona. Marco Cremonesi © RIPRODUZIONE RISERVATA LA GUERRA DI RENZI AI GATTOPARDI E LE RIFORME VERE DA MANDARE IN PORTO mo intervento del premier. Renzi ha ancora una volta dichiarato guerra ai gattopardi dentro il suo partito e ha praticamente rivendicato un «New Pd». Renzi, alla Leopolda, ha lanciato una versione italiana del New Labour. Si è mostrato un Tony Blair redux. O forse qualcosa di più complesso. Perché quando Blair è arrivato al potere nel 1997 la maggior parte del lavoro sporco, dalle riforme del mercato del lavoro e del welfare alle privatizzazioni e altre manovre, era già stato fatto, dalla Thatcher. Blair ha domato qualche sindacato, ma la vera gara era già stata vinta da tanti anni, dalla Thatcher quando aveva sconfitto il leader dei minatori britannici, Arthur Scargill, negli anni Ottanta. Quindi in questo momento Renzi, in effetti, gioca il ruolo di entrambi, sia di Blair sia di Thatcher. E la Camusso sembra il capo sconfitto dei minatori. Susanna Camusso si arrampica sugli specchi della storia, cercando disperatamente rilevanza, incapace di riconoscere la sua sconfitta, la sconfitta della Cgil, il momento storico. Oggi, alla fine del 2014, pro- segue la guerra dei gattopardi della sinistra e del Pd. A un anno dalle primarie le polveri non sono ancora spente. La rabbia fredda di D’Alema sui muri del Nazareno, Bersani che si aggira come un pugile suonato, e poi Fassina, Civati, Vendola. Forse per le loro frustrazioni e un certo cinismo, comprensibilissimo dopo decenni di malgoverno, gli italiani un po’ non ci credono e un po’ non hanno ancora la percezione del cambiamento che Renzi ha avviato, della sua portata. La verità è che, finché non vediamo tutti i contenuti e poi l’attivazione delle leggi approvate in Parlamento, non possiamo giudicare l’efficacia del programma Renzi. Renzi sta vincendo, anche se talvolta in modo un po’ improvvisato, ma alla fine sembra efficace in questo momento di recessione cronica e alta disoccupazione, un periodo di crisi talmente prolungato che bisogna chiamarlo col suo nome: depressione. In un momento di depressione c’è bisogno di una forte politica espansionistica che utilizzi strumenti keynesiani Il governo I mille giorni L’intervento L’esecutivo guidato da Matteo Renzi ha giurato al Quirinale lo scorso 22 febbraio: è composto da sedici ministri, otto uomini e otto donne Il 16 settembre il presidente del Consiglio Renzi presenta alle Camere il programma dei «mille giorni». Il premier dichiara: «È l’ultima chance per l’Italia» Il Senato ha approvato il Jobs act l’8 ottobre: 165 voti favorevoli, 111 contrari. Sul provvedimento era stata posta la fiducia. Ora il testo è alla Camera 2014 assistiamo a un momento spettacolare nella politica italiana, un momento di contrasto e di durissimo scontro, molto forte, e probabilmente storico. Nel weekend del 25-26 ottobre 2014 Matteo Renzi ha zittito Susanna Camusso e ha sfidato tutti i dissidenti della sinistra radicale del Pd con un’alternativa secca: mettersi in riga o andarsene. Il 25 ottobre, a Roma, la Vecchia Guardia del Pd tenta disperatamente di fare la voce grossa con il governo, portando centinaia di migliaia di persone in piazza. Esattamente nello stesso momento si svolge a Firenze, nella ex stazione della Leopolda, l’annuale convegno e cosiddetto «laboratorio» di Renzi, quinta edizione, ma per la prima volta in versione governativa. Il vero significato di quel weekend politico di fine ottobre è che ha offerto un’occasione per osservare da vicino il passato e il futuro, dalla manifestazione old-fashioned della Cgil, il Camusso Show a San Giovanni a Roma con i «reduci» della sinistra radicale del Pd, allo spettacolo del durissi- Le date chiave ❞ Se anche due terzi dei progetti messi sul tavolo nel 2014 diventassero realtà sarebbe una rivoluzione Il premier ha lanciato un New Labour all’italiana giocando insieme il ruolo di Blair e Thatcher come investimenti pubblici per stimolare occupazione e domanda interna. In Italia, dove la legge di Stabilità del governo Renzi vuole essere una manovra espansionistica, per via del peso del debito pubblico e dei vincoli europei non è permesso fare molti investimenti pubblici. Una delle vere sfide per Renzi sarà di sapere se e quando sarà necessario sforare davvero il limite del 3 per cento, pur di offrire ossigeno ai suoi connazionali in un momento di depressione economica. Ora, in Italia, c’è un forte bisogno di cambiamenti radicali e urgenti. C’è un Paese seriamente a rischio, ma per fortuna c’è anche un Paese che vuole cambiare davvero, che vuole uscire dalla palude, questo è chiaro. Come giudicare Renzi e le riforme del 2014? Primo, se vanno in porto riforme vere, radicali e non diluite, e secondo se creano le precondizioni migliori per la creazione di posti di lavoro in un’economia finora solo stagnante e sofferente. Se andassero in porto e diventassero realtà tre quarti o anche due terzi delle riforme messe sul tavolo da Renzi nel 2014 sarebbe un miracolo italiano, una vera rivoluzione. A patto che non diventino riforme finte, o mezze misure, o riforme gattopardesche. Bisogna andare fino in fondo. Bisogna fare le riforme. Bisogna ammazzare ’sto Gattopardo. Nell’Italia di oggi, non c’è alternativa. © RIPRODUZIONE RISERVATA 16 Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 17 Esteri Diplomazie di Stefano Montefiori I due matrimoni di Sarkozy per gay ed etero P iù facile prendere posizione sul matrimonio degli omosessuali che sulla disoccupazione. Parlare di politica economica non paga a breve termine, mentre Sarkozy deve conquistare la presidenza del partito Ump tra pochi giorni, il prossimo 29 novembre. Il tema forte diventa allora il mariage pour tous, le nozze uguali per tutti, eterosessuali e omosessuali. Le nozze gay sono già previste dalla «legge Taubira» approvata il 17 maggio 2013, ma tornano a essere dibattute come se fosse la prima volta e come se non risultasse tecnicamente quasi impossibile tornare indietro. Ma il rivale di partito Alain Juppé, 69 anni, si dichiara ormai favorevole alle nozze gay e all’adozione per gli omosessuali . Quindi Nicolas Sarkozy, di 10 anni più giovane, si improvvisa contrario. Sabato l’ex presidente parlava all’associazione «Sens commun», emanazione del movimento anti-nozze gay manif pour tous. Sarkozy ha cominciato dicendo che la «legge Taubira» andrebbe riscritta da cima a fondo. Poi, di fronte alle grida «abrogazione, abrogazione», ha concesso: «Se preferite che si dica di abrogarla per farne un’altra d’accordo, in francese è la stessa cosa». Sarkozy propone di instituire due tipi di matrimoni: uno per gli etero e un altro per gli omosessuali (non è chiaro se con la possibilità di adottare o no). Il ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve, ha criticato Sarkozy parlando di «due matrimoni e un funerale: quello dell’aspirazione all’uguaglianza». © RIPRODUZIONE RISERVATA Le proteste La presidente Dilma Rousseff, nella foto Reuters ritratta su un cartellone in compagnia di due indagati: le proteste rischiano di riaccendersi dopo gli ultimi arresti. Venerdì, a San Paolo, si sono riuniti in strada 2500 dimostranti ma il dissenso sta montando sui social network Ondata di arresti per il caso Petrobras Il Brasile invoca la sua «Mani Pulite» Lo scandalo lambisce la presidente Rousseff, che guidò la società petrolifera per 7 anni La vicenda ● Lo scandalo Petrobras emerge in marzo con le dichiarazioni dei «pentiti» Paulo Roberto Costa e Alberto Yousseff ● In settembre l’ex presidente Lula si schiera al fianco di Dilma Rousseff nella corsa alle presidenziali, contro Marina Silva, paladina anticorruzione ● Il 26 ottobre Rousseff vince di misura al secondo turno contro Neves ● Ai primi di novembre Washington apre l’inchiesta su Petrobras Nei palazzi del potere brasiliano c’è già chi evoca l’italiana «Mani pulite». E da vecchia volpe di quello stesso potere, la presidente Dilma Rousseff, non si lascia scappare l’assist: «Per la prima volta nella storia del Brasile, il governo indaga uno scandalo di corruzione alla luce del sole. Nulla sarà più come prima. E’ finito il tempo dell’impunità», ha detto prima di rientrare dal vertice dei G20, commentando la retata – 27 arresti, 85 ordini di cattura e 720 milioni di real (221 milioni di euro) in beni congelati – che da venerdì sta facendo tremare la nomenklatura del Paese. Al centro dello scandalo, ancora una volta, il colosso petrolifero Petrobras, controllato dallo Stato, che sta al Brasile come la Coca-Cola sta agli Stati Uniti: un’icona nazionale, oltre che azienda leader a livello mondiale nell’esplorazione in acque profonde, capace di estrarre dal sottosuolo o dal fondo del mare due milioni di barili di petrolio al giorno. Un gigante guidato dal 2003 al 2010 proprio dalla Rousseff. Da «passaporto per il futuro», Petrobras si sta trasformando in una bomba ad orolo- 10 miliardi di real, (3 miliardi di euro) sono stati riciclati dal «cartello» 27 gli arresti effettuati dalla Polizia federale nell’operazione «Lava-Jato» geria per la presidente, che nel suo primo mandato non è riuscita a raccogliere l’eredità di consensi e simpatia del predecessore Lula. Dietro le quinte della società, su cui ha aperto un’indagine penale anche il Dipartimento di Giustizia statunitense, si muoveva un «cartello» che tra il 2004 e il 2012 avrebbe riciclato oltre 10 miliardi di real (3 miliardi di euro). Starebbero già confessando, in cambio di una riduzione della pena, alcuni degli arrestati nell’operazione Lava-Jato (lavaggio a getto). Sono ex dirigenti Petrobras e di alcune imprese di costruzione, sospettati di aver creato un’imponente rete di corruzione, tangenti e fondi neri, dirottando miliardi di dollari nelle casse dei partiti, in particolare quelle del Partito dei lavoratori al potere. «L’inchiesta va avanti, per quanto dolorosa essa possa essere», ha promesso il ministro della Giustizia José Eduardo Cardozo. «Molta gente a Brasilia non dormirà in queste notti», ha replicato il leader dell’opposizione Aécio Neves, che in ottobre ha perso di misura la sfida presidenziale. Lo scandalo, emerso in marzo, era stato il suo cavallo di battaglia contro la Rousseff, che aveva promesso: Dopo il no del Sudafrica al visto per il Dalai Lama Spostato a Roma il vertice dei Nobel per la pace Il vertice dei Nobel per la Pace dedicato quest’anno all’eredità di Nelson Mandela si svolgerà a Roma dal 12 al 14 dicembre e non a Città del Capo come previsto inizialmente. L’appuntamento era in programma in Sudafrica lo scorso ottobre ma è stato annullato dopo che il Paese di Madiba ha negato — per la terza volta in cinque anni — il visto al Dalai Lama, per non irritare Pechino. Sono stati gli stessi Premi Nobel a prendere l’iniziativa dopo che era caduta nel vuoto una loro letteraappello al presidente Zuma affinché fosse concesso il visto al leader tibetano. Il Dalai Lama e altri 22 Nobel per la Pace hanno già confermato la loro presenza al vertice romano. Tra le personalità attese, Desmond Tutu, Shirin Ebadi e Lech Walesa. «Se c’è stata distrazione di denaro pubblico, lo vogliamo indietro». Tanto era bastato all’elettorato brasiliano, che l’aveva riconfermata seppur con un risicato 51,64% di voti. Ma il fango di Petrobras rischia ora di macchiare il resto del suo mandato, sempre che riesca a portarlo a termine, fino al 2018. Soprattutto se le prime dichiarazioni dei «pentiti» - ad esempio, che il 3% del valore degli appalti finiva nelle tasche di «mediatori» del Pt e di altri partiti - saranno confermate. Nel mirino degli investigatori sono finiti soprattutto due mega-progetti di Petrobras: l’acquisto di una raffineria a Pasadena, in Texas, per cui i brasiliani hanno sborsato una cifra 27 volte superiore al prezzo pagato, due anni prima, dalla belga Astra Oil, e la costruzione di una raffineria a Pernambuco, i cui costi si sono gonfiati a dismisura nel corso degli anni. Petrobras ha rinviato al 12 dicembre la pubblicazione della trimestrale di bilancio. Puntare sulle riserve off-shore scoperte al largo del Brasile evidentemente non basta più. Sara Gandolfi © RIPRODUZIONE RISERVATA UNA MARCIA IN PIÙ ALLE TUE DIFESE? 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Una volta, poiché si trovava in strada senza il marito, la polizia religiosa la punì con le frustate: un’umiliazione che l’ha spinta a entrare in politica. Dopo l’intervento militare a guida americana nel 2001, la nota paladina delle donne afghane ha fatto parte dell’Assemblea costituente ed è stata eletta deputata. E’ proprio in Parlamento che si dirigeva ieri, alle dieci del mattino, quando un kamikaze alla guida di un’auto si è lanciato contro la sua vettura blindata facendosi saltare in aria con un violento boato. I filmati girati dopo l’incidente e pubblicati su YouTube mostrano la quarantaduenne Barakzai che scende dall’auto scossa ma sulle sue gambe, reggendo due borse in mano. Ha riportato ferite lievi al viso e alle mani. «Sono sopravvissuta — ha detto — grazie alle preghiere della mia gente». Tre vittime, tra cui una giovane studentessa, sono rimaste tra le auto bruciate e sull’asfalto coperto di vetri in frantumi. Vicino al cratere dell’esplosione sorge un’università privata. I feriti sono una ventina. I talebani hanno negato ogni responsabilità per l’attentato. Alla deputata comunque non mancano i nemici. E’ nota per la sua franchezza. Una volta ha apostrofato i colleghi dichiarando: «Il nostro Parlamento è pieno di signori. Signori della guerra, signori della droga, signori del crimine». Ex giornalista, appare spesso alla televisione afghana e ha condotto una campagna contro la poligamia (suo marito, che gestisce una compagnia petrolifera e che, a differenza di Shukria, non è riuscito a farsi eleggere in Parlamento, prese una seconda moglie senza consultarsi con lei). Barakzai è una alleata del neopresidente Ashraf Ghani e La deputata Shrukria Barakzai, 42 anni, abbraccia una sostenitrice. Un kamikaze ha preso di mira ieri un convoglio di vetture blindate, tra cui la sua, diretto in Parlamento (Afp) potrebbe diventare ministra per l’Istruzione o per i Diritti delle donne: in un’intervista lo ha definito «un dittatore morbido e costruttivo», aggiungendo: «Mi piace. E’ quello che ci è mancato per molto tempo». A differenza di Karzai, che ha governato per 13 anni e che la deputata accusa di aver ce- 19 duto a troppi compromessi e al clientelismo, secondo lei Ghani potrebbe portare il cambiamento, «a patto che i governi occidentali non lo frenino poiché più interessati a stabilizzare il fragile governo nazionale». La conferma del nuovo presidente è avvenuta solo a settembre, dopo sei mesi di tensioni e accuse di frode elettorale fra lo stesso Ghani e il rivale Abdullah Abdullah, che alla fine hanno raggiunto un accordo per un governo di unità nazionale. Dopo l’insediamento, è stato firmato l’accordo per la sicurezza fra Afghanistan e Stati Uniti, che permette la permanenza, dopo il ritiro a fine 2014, di 10.000 militari Usa con compiti di formazione e assistenza delle forze locali. Ma l’attentato di ieri, l’ennesimo, fa temere per la sicurezza (anche delle donne) dopo il ritiro. Viviana Mazza © RIPRODUZIONE RISERVATA IL LIBRO «IO SONO MALALA» ❞ di Malala Yousafzai La grande sorpresa è che adesso è la voce di mio padre a svegliarmi. Prepara la colazione, fa pure la spesa e si vanta: «Sono diventato come una donna» È trascorso un anno dall’uscita del mio libro e due da quella mattina di ottobre in cui i talebani mi spararono, mentre tornavo a casa dalle lezioni su un autobus. La mia famiglia ha affrontato molti cambiamenti. Siamo stati prelevati dalla nostra vallata di montagna nello Swat, in Pakistan, e trasportati in una casa di mattoni a Birmingham, in Inghilterra. A volte sembra così incredibile che mi viene voglia di darmi un pizzicotto. Ora ho diciassette anni, ma una cosa che non è cambiata è la mia riluttanza ad alzarmi al mattino. La cosa stupefacente, invece, è che adesso è la voce di mio padre a svegliarmi. E’ il primo ad alzarsi e prepara la colazione per me, mia madre e i miei fratelli, Atal e Kushal. Ovviamente non lascia che il suo impegno passi inosservato, e ci tiene a far notare come spreme le arance fresche, come frigge le uova, scalda il pane e prende il miele dall’armadietto. «È solo la colazione!» lo prendo in giro. Per la prima volta nella sua vita fa pure la spesa, anche se lo odia. L’uomo che non sapeva il prezzo di un litro di latte va tanto spesso al supermercato da conoscere la posizione di tutti gli articoli sugli scaffali! «Sono diventato come una donna, un vero “femminista”!» dice, e io per scherzo gli tiro dietro qualche oggetto. Poi io e i miei fratelli usciamo per correre ognuno in una scuola diversa. E lo stesso fa nostra madre Toor Pekai: questo è uno dei cambiamenti maggiori. Per cinque giorni alla settimana va in una scuola di lingue per imparare a leggere e a scrivere, e anche a parlare inglese. Mia madre non ha ricevuto alcuna istruzione, e forse è questo il motivo per cui ci ha sempre incoraggiati ad andare a scuola. Un anno fa pensavo che non ci saremmo mai ambientati, invece comincio a sentirmi a casa a Birmingham. Non sarà mai come lo Swat, che mi manca ogni giorno, ma quando faccio un viaggio e poi torno, mi sento a casa mia. Ho persino smesso di pensare alla pioggia costante, però mi viene da ridere quando le mie amiche di qui si lamentano del caldo appena il termometro tocca i 2025 gradi. A me sembra primavera. Alla scuola nuova sto fa- ❞ Ritorno alla vita cendo amicizie, anche se la mia migliore amica resta Moniba; stiamo ore su Skype a raccontarci tutto. Quando mi parla delle feste nello Swat, vorrei tanto essere là. A volte parlo con Shazia e Kainat, le altre due ragazze ferite sull’autobus, che ora stanno in Galles all’Atlantic College. È difficile per loro vivere in una cultura così diversa, ma sanno che è una grande opportunità di realizzare il loro sogno, quello di aiutare la loro comunità d’origine. Il sistema scolastico qui è molto diverso da quello del Pakistan. Nella mia vecchia scuola ero «quella brava». Qui in Gran Bretagna, gli insegnanti si aspettano di più dagli studenti. In Pakistan scrivevamo lunghe risposte ai quesiti. Si poteva scrivere quello che si voleva; a volte i professori si stufavano e non leggevano fino in fondo, ma davano ugualmente voti alti! Può darsi che le aspettative fossero più basse perché il solo fatto di andare a scuola Il Nobel, i troppi compiti e il papà «femminista» «Il mio mondo è cambiato ma io no» Festa Malala Yousafzai, 17 anni, durante la «Giornata internazionale delle bambine e delle ragazze», lo scorso 11 ottobre (Ap/Susan Walsh) La nuova edizione In libreria con Garzanti e in edicola col «Corriere» La nuova edizione del libro «Io sono Malala», edito da Garzanti, vede alcuni contenuti inediti, tra cui una nuova prefazione (qui sopra, uno stralcio). Contiene anche una nuova intervista alla studentessa pachistana diciassettenne sopravvissuta a un attentato dei talebani e vincitrice, quest’anno, del premio Nobel per la Pace. Nelle edicole il libro sarà in vendita con il Corriere della Sera a 12,90 euro più il prezzo del quotidiano. Disponibile anche l’ebook nell’app per iPad Biblioteca del Corriere a 8,99 euro. era una sfida. A casa mia ero considerata un’amante dei libri perché ne avevo letti otto o nove. Ma nel Regno Unito ho conosciuto ragazze che hanno letto centinaia di libri. Adesso mi rendo conto di non avere letto quasi nulla. L’anno prossimo farò la maturità e spero di andare all’università a studiare Scienze politiche e Filosofia. Ho ancora la speranza di tornare nello Swat. Sono certa che un giorno sarà possibile. Sogno di poter essere un personaggio influente nella vita politica pachistana, un giorno. Purtroppo Maulana Fazlullah, il capo dei talebani dello Swat che mi hanno sparato, ora è il capo dei talebani di tutto il Pakistan. Questo ha reso ancora più rischioso il ritorno in patria. Ora la mia salute è buona. I dottori dicono che ora il recupero del mio nervo facciale è al 96%. L’impianto cocleare ha migliorato il mio udito. Non soffro più di mal di testa e posso fare sport, purché gli altri stiano attenti a non tirarmi una palla in testa! Quando ricevo un premio mando il denaro nello Swat: spero di aiutare i bambini ad andare a scuola o gli adulti ad avviare piccole attività, come un negozio o un taxi, con cui guadagnare soldi per la famiglia. Con il Malala Fund, ho avviato progetti in Giordania, Pakistan, Kenya e Nigeria. Come dice mio padre, siamo gli esuli trattati meglio al mondo, in una bella casa, eppure daremmo qualsiasi cosa per la nostra patria. Nell’ultimo anno sono cambiate tante cose, ma in realtà io sono ancora quella Malala che andava a scuola nello Swat. La mia vita è cambiata, ma io no. Se lo chiedeste a mia madre, risponderebbe: «Sì, forse Malala è diventata più saggia, ma a casa è sempre la stessa ragazzina litigiosa che getta la camicia di qua e i pantaloni di là, la stessa ragazzina disordinata che strilla sempre: “Non ho fatto i compiti!”». Certe cose, anche se sono piccole, restano sempre uguali. Birmingham, luglio 2014 © RIPRODUZIONE RISERVATA Ho persino smesso di pensare alla pioggia costante, ma mi viene da ridere quando le amiche si lamentano del caldo appena il termometro tocca i 20 gradi ❞ Spero ancora di ritornare nello Swat. Quando ricevo un premio mando i soldi laggiù per aiutare i bambini a studiare o gli adulti ad aprire un’attività Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera 20 Cronache Strage nel giorno delle vittime della strada Scontro: una macchina sventrata, l’altra si spezza a metà e cade nel burrone. Sei morti in Calabria A Lodi la tragedia di una bambina di 4 mesi sbalzata fuori dall’auto. Il Papa: «Prevenire gli incidenti» CINQUEFRONDI(REGGIO CALABRIA) 183 Mila Gli incidenti stradali con lesioni alle persone nel 2013 in Italia 3400 Vittime Le persone che hanno perso la vita nel 2013 negli scontri tra veicoli in Italia 260 Mila Quanti sono stati i feriti nel 2013 in seguito agli incidenti stradali Sono morti sul colpo in sei. Dopo uno schianto spaventoso. Primo pomeriggio di ieri lungo la statale 682 «Ionio-Tirreno», nei pressi dello svincolo di Cinquefrondi. Ci sono quattro persone a bordo di una Mini Cooper: un avvocato, un farmacista, tutti giovani sui 25 anni — due sono fratelli — vengono da Siderno. E altre due persone viaggiano su una Yaris, padre e figlio, sono di Platì. La dinamica è ancora da accertare. Alcuni automobilisti che percorrevano la strada di Grande Comunicazione, hanno detto di aver notato la Mini Cooper dirigersi in direzione di Rosarno. I quattro ragazzi sidernesi, infatti, erano diretti allo stadio per assistere alla partita di calcio tra il Rosarno e il Siderno, la squadra della loro città. Forse l’alta velocità potrebbe essere una delle cause dell’incidente. I soccorritori hanno accertato che il contachilometri dell’automobile su cui viaggiavano i quattro si è bloccato mentre segnava valori molto alti. Lo scontro è stato frontale: la Yaris si è spezzata in due. La parte posteriore è rimasta sulla carreggiata l’altra, con i due occupanti, è volata in un burrone profondo una quarantina di metri. Per estrarre i corpi dalla Mini Cooper i vigili del Fuoco INFOMOBILITY S.P.A. CIG59923492D4 INFOMOBILITY S.p.A a Socio Unico (con Sede Legale in Via Mentana n. 27 - 43121 Parma (PR) - telefono: 0521 1680200 - fax: 0521 1680231) ha indetto una procedura aperta avente ad oggetto l’affidamento del servizio di prelievo, trasporto, contazione e consegna dei valori prelevati da parcometri e punti vendita. Bando di gara integrale, disciplinare di gara e gli altri atti di gara sono disponibili sul sito www.infomobility.it. L’aggiudicazione avverrà secondo il criterio del prezzo più basso. Scadenza per la presentazione delle offerte il 14/1/2015 Ora: 12.00. Apertura delle offerte il 16/1/2015 Ora: 15:30 presso la sede della Società. Parma, 17/11/2014 A.U. Infomobility Ing. Giovanni Bacotelli Senza cintura La piccola morta in Lombardia era in braccio alla madre che non aveva la cintura A Rimini Altro incidente mortale vicino a Rimini dove un 18enne ha perso la vita: feriti 4 minori hanno utilizzato la fiamma ossidrica. Vigili del Fuoco e polizia stradale hanno lavorato dieci ore per completare i rilievi sulle due auto, ridotte a un groviglio di lamiere. Pezzi della carrozzeria sono stati trovati a decine di metri di distanza dal luogo dell’incidente. Solo a tarda sera la strada di collegamento tra le due coste è stata riaperta al traffico. La «682» è un’arteria di Grande Comunicazione aperta circa trent’anni fa per rendere accessibile e più confortevole l’utenza della jonica che deve raggiungere l’autostrada Saler- COMUNE DI SALERNO SETTORE AVVOCATURA Servizio Appalti - Contratti - Assicurazioni - Demanio e Patrimonio ESTRATTO AVVISO DI GARA Il Comune di Salerno deve appaltare l’affidamento del servizio di trasporto, smaltimento e/o recupero, nelle piattaforme autorizzate, dei rifiuti depositati presso i centri comunali di raccolta denominati “Arechi” e “Fratte”. Determina a contrarre n. 2840 dell’1.08.2014. CIG: 58748206D3. La gara sarà esperita con procedura aperta e aggiudicata col criterio del prezzo più basso ai sensi dell’art. 82, comma 2, lett. a) del d. Lgs. n. 163/06. Le offerte dovranno pervenire entro e non oltre le ore 12:00 del 18.12.2014. Il bando di gara è pubblicato sulla Gazzetta dell’Unione Europea n. 382546 dell’8.11.2014, Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 128 del 7.11.2014, sul Bollettino della Regione Campania, nel sito del Ministero Infrastrutture, nel SITAR, all’Albo Pretorio e nel sito web dell’Ente all’indirizzo http://www.comune.salerno.it/client/bandi/bandi.aspx. Il Dirigente del Servizio - Avv. Mea Luigi COMUNE DI SALA CONSILINA PROVINCIA DI SALERNO - C.A.P. 84036 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI SALERNO Amministrazione Centrale AVVISO PER ESTRATTO DI BANDO DI LICITAZIONE PRIVATA IN TERMINI ACCELERATI Questa Amministrazione intende affidare in appalto i lavori per il potenziamento e l’ammodernamento dei campus universitari di Fisciano e Baronissi (SA) - CIG 6000643F3D - CUP: D56B140000000001, mediante licitazione privata in termini accelerati, con il criterio di aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa in base ai parametri dettagliati nel bando di gara. Importo a base d’appalto: € 6.815.252,80 compresi oneri della sicurezza. Requisiti: i requisiti sono elencati nel bando integrale reperibile sul sito www.unisa.it link: Enti e Imprese Finanziamento: bilancio di Ateneo in anticipazione a finanziamenti ministeriali. Termini di esecuzione dell’appalto: 300 (trecento) giorni naturali, successivi e continui decorrenti dall’avvio dei lavori. Termini di ricezione delle richieste di partecipazione: 01.12.2014, ore 13,00 per la consegna a mano, pena l’esclusione. La richiesta di partecipazione, formulata utilizzando la modulistica allegata al bando integrale ovvero riproducendola integralmente, dovrà essere presentata in linea con quanto previsto dal d.lgs. 163/06 e s.m.i., artt. 73,77 e correlati; è esclusa la possibilità di proporre domanda di partecipazione in via elettronica; le domande di partecipazione presentate mediante telex o mediante fax devono essere confermate per posta entro e non oltre il 01.12.2014 - ore 13:00 per la consegna a mano. Il bando integrale e la modulistica di partecipazione alla procedura sono disponibili sul sito internet: www.unisa.it link - Enti e Imprese. Fisciano 07.11.2014 Il Direttore Generale - Attilio A. M. Bianchi SOGESID S.P.A. PROCEDURA DI GARA aperta ai sensi dell’art. 53, comma 2 lett. b) del d. lgs. n. 163/2006 e s.m.i. per l’affidamento della progettazione esecutiva ed esecuzione dell’”intervento di ristrutturazione del sistema fognario urbano stralcio collettore centro storico - I Lotto funzionale” - Comune di Caivano. CIG: 5143313C25. - CUP: I42I11000230001. STAZIONE APPALTANTE: SOGESID S.p.A., Via Calabria n. 35 - 00187 Roma. IMPORTO COMPLESSIVO DELL’AFFIDAMENTO € 2.156.524,81, di cui € 2.071.251,57 soggetti a ribasso e € 85.273,24 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso d’asta, oltre I.V.A. ed oneri di legge se dovuti. TERMINE ULTIMO PER IL RICEVIMENTO DELLE OFFERTE: 19 dicembre 2014, ore 12:00. Per maggiori informazioni: http://www.sogesid.it, sezione bandi. Punti di contatto: Responsabile del Procedimento Arch. Giovanni Rabito - posta elettronica: sogesid@sogesid.it. tel. 06.420821; fax 06.483574. SOGESID S.P.A. Per la pubblicità legale e finanziaria rivolgersi a: RCS MediaGroup S.p.A. Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano Tel. 02 2584 6665 Fax 02 2588 6114 Vico II San Nicola alla Dogana, 9 80133 Napoli Tel. 081 49 777 11 Fax 081 49 777 12 Via Campania, 59 C - 00187 Roma Tel. 06 6882 8650 Fax 06 6882 8682 C.so Vittorio Emanuele II, 60 70122 Bari Tel. 080 5760 111 Fax 080 5760 126 AREA TECNICA - SETTORE LAVORI PUBBLICI Via Mezzacapo,44 tel. 0975-525281 fax. 0975-525268/33 AVVISO ESITO DI GARA Artt. 65-66-122 del D.Lgs n. 163/2006 Oggetto: “Lavori di completamento finiture, decorazioni ed arredi del complesso auditorium teatro polifunzionale cappuccini”. Importo lavori a base di appalto €. 1.690.000,00 IVA esclusa. CIG 5820460B87 CUP - J39G13001110006. IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO RENDE NOTO che le ditte che hanno fatto pervenire la propria offerta nei termini previsti dal bando di gara sono n. 2; che sono state ammesse alla gara entrambe le ditte partecipanti; che non ci sono state ditte non ammesse; che la gara è stata indetta attraverso una procedura aperta con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; che con determina del Dirigente dell’Area Tecnica n. n. 230 del, 16.10.2014 i lavori sono stati aggiudicati in via definitiva, all’’ATI CO.ED. srl. - ITEC DI GRECO MASSIMILIANO con sede in Via San Giacomo 84034 PADULA (SA), che ha ottenuto un punteggio complessivo di punti 100 e che ha offerto un ribasso del 4,95% cui corrisponde un importo di Euro 1.513.820,90, oltre oneri di sicurezza per Euro 97.342,56, non soggetti a ribasso, per l’importo complessivo di contratto di Euro 1.611.163,46 , oltre le migliorie e le integrazioni offerte in sede di gara, come negli elaborati tecnici ed economici proposti in sede di gara; SALA CONSILINA li 17.11.2014 IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO Geom. Maurizio MONACO no-Reggio. Ma nel tempo è diventata una strada della morte, le vittime ormai si contano a centinaia. Alcuni punti di quest’arteria sono rettilinei e questo spinge gli automobilisti a percorrerla ad andature molto elevate. Anche ieri, l’impatto tra la Mini Cooper e la Yaris è avvenuto in un tratto dove la visibilità era perfetta, così come le condizioni meteo. Non è stata l’unica tragedia ieri sulle strade italiane. Proprio nella domenica in cui si commemorava la giornata Mondiale in memoria delle vittime della strada, istituita dal- COMUNE DI SALA CONSILINA PROVINCIA DI SALERNO - C.A.P. 84036 AREA TECNICA - SETTORE LAVORI PUBBLICI Via Mezzacapo,44 tel. 0975-525281 fax. 0975-525268/33 AVVISO ESITO DI GARA Artt. 65-66-122 del D.Lgs n. 163/2006 Oggetto: Opere infrastrutturali nell’area PIP frazione Trinità località Santa Maria degli Ulivi e Fontanelle - Completamento”. Importo lavori a base di appalto €. 706.795,56 IVA esclusa CIG - 5820462D2D CUP - J36J14000000008 IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO RENDE NOTO che le ditte che hanno fatto pervenire la propria offerta nei termini previsti dal bando di gara sono n. 3; che sono state ammesse alla gara n. 2 ditte; che non è stata esclusa n. 1 ditta; che la gara è stata indetta attraverso una procedura aperta con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; che con determina del Dirigente dell’Area Tecnica n. 249, del 04.11.2014, pubblicata all’Albo Pretorio del Comune in data 04.11.2014, sono stati aggiudicati definitivamente i lavori di “Opere infrastrutturali nell’area PIP frazione Trinità località Santa Maria degli Ulivi e Fontanelle - Completamento”, all’impresa ADINOLFI GIOVANNI SRL, con sede in Via Nazionale snc. - MONTESANO SULLA MARCELLANA (SA), che ha offerto un ribasso del 3,00% cui corrisponde un importo di Euro 662.380,42, oltre oneri di sicurezza per Euro 23.929,15, non soggetti a ribasso, per l’importo complessivo di contratto di Euro 686.309,57, oltre le migliorie e le integrazioni offerte in sede di gara, come negli elaborati tecnici ed economici proposti in sede di gara; SALA CONSILINA li 17.11.2014 IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO Geom. Maurizio MONACO AZIENDA OSPEDALIERA S. CAMILLO FORLANINI P.zza Carlo Forlanini, 1 00151 ROMA TEL. 06/55552580 - 55552588 - FAX 06/55552603 ESTRATTO BANDO DI GARA Questa Azienda ha indetto una gara a procedura aperta per la fornitura biennale di protesi ortopediche, cemento chirurgico e sostituti d’osso per la necessità dell’Azienda Ospedaliera S. Camillo Forlanini, per un importo pari a Euro 1.369.000,00 s/iva. La gara verrà aggiudicata ai sensi del D.Lgs n. 163/06, art. 83. Le offerte e la documentazione amministrativa dovranno pervenire all’Azienda - c/o l’Ufficio Protocollo - P.zza Carlo Forlanini, 1 - 00151 - Roma - entro e non oltre le ore 12:00 del 16/01/15 pena l’esclusione. Entro la stessa data dovranno pervenire i campioni e la documentazione tecnica. Il bando è stato pubblicato sui siti internet www.regione.lazio.it, http://www.serviziocontrattipubblici.it e http://www.scamilloforlanini.rm.it/benieservizi a quest’ultimo indirizzo verranno rese pubbliche le comunicazioni inerenti la presente gara. Data d’invio GUCE: 10/11/14. Il Responsabile del Procedimento: Dott. Paolo Farfusola. IL DIRETTORE GENERALE - Dott. Antonio D’Urso SOGESID S.P.A. PROCEDURA DI GARA aperta ai sensi dell’art. 53, comma 2 lett. b) del d. lgs. n. 163/2006 e s.m.i. per l’affidamento della progettazione esecutiva ed esecuzione degli “interventi di urbanizzazione (fogna, rete idrica, pubblica illuminazione e strade al contorno della III Scuola Media nel Comune di Caivano (NA). CIG: 5261861110. - CUP: I48F11000070001 STAZIONE APPALTANTE: SOGESID S.p.A., Via Calabria n. 35 - 00187 Roma. IMPORTO COMPLESSIVO DELL’AFFIDAMENTO € 436.771,65, di cui € 419.212,93 soggetti a ribasso ed € 17.558,72 per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso d’asta, oltre I.V.A. ed oneri di legge se dovuti. TERMINE ULTIMO PER IL RICEVIMENTO DELLE OFFERTE: 19 dicembre 2014, ore 12:00. Per maggiori informazioni: http://www.sogesid.it, sezione bandi. Punti di contatto: Responsabile del Procedimento Arch. Giovanni Rabito - posta elettronica: sogesid@sogesid.it. tel. 06.420821; fax. 06.483574. SOGESID S.P.A. Rottami I soccorritori sul luogo dell’incidente stradale di ieri nei pressi del comune reggino di Cinquefrondi (Albanese/Ansa) l’Onu nel 2005, e che ricorre nella terza domenica di novembre. Oltre alle sei vittime calabresi, il fatto più grave si è verificato in Lombardia. Una bimba di quattro mesi è morta, sbalzata fuori dall’auto dei genitori che si è scontrata con la macchina di un pensionato a Salerano sul Lambro, nel Lodigiano, lungo la provinciale 17. La piccola era in braccio alla madre e non sul seggiolone. La violenza dello scontro l’ha catapultata fuori dall’abitacolo, assieme alla mamma, che non aveva cintura di sicurezza. All’arrivo del 118 la bimba respirava ancora, è spirata durante il tragitto in ospedale. E ancora: un ragazzo di 18 anni è morto ed altri quattro giovani, tutti di età compresa tra i 15 e 18 anni, sono rimasti feriti in uno scontro a Poggio Torriana (Rimini). All’Angelus, ieri mattina, anche papa Francesco ha voluto ricordare le vittime della strada. «Preghiamo per loro, auspicando l’impegno costante nella prevenzione degli incidenti stradali come pure un comportamento prudente e rispettoso delle norme da parte degli automobilisti», ha detto il Pontefice. Carlo Macrì cmacri@corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA TRIBUNALE CIVILE DI BOLOGNA Sezione Fallimentare il giorno 12 dicembre 2014 ad ore 14,20 per il lotto n. 1 ad ore 14,30 per il lotto n. 1 ter e ad ore 14,40 per il lotto n. 1 quater presso la sala delle udienze del Tribunale di Bologna Via Farini n. 1 - Bologna VENDITA SENZA INCANTO DI COMPLESSO AZIENDALE DI LIVELLO NAZIONALE DI PERTINENZA DEL FALLIMENTO RIZZOLI ORTOPEDIA S.P.A. N. 10/13 G.D. Dott. Pasquale Liccardo CURATORE Dott. Marco Zanzi Si procede alla vendita dell’intero complesso aziendale della società fallita avente come attività principale “la progettazione, realizzazione e commercializzazione di dispositivi ortopedici ed attrezzature ospedaliere in genere”. 1) La vendita comprende tutti i beni analiticamente indicati nelle relazioni peritali della Dott.ssa Speziale, del Prof. Cantore e dell’Arch. Capponi depositate nel fascicolo del fallimento, ad esclusione delle partecipazioni già alienate CONDIZIONI DI VENDITA Il prezzo base d’asta del lotto n. 1 è di Euro 5.000.000,00 composto dall’intero complesso aziendale come analiticamente descritto nell’avviso di vendita a cui si rinvia per ogni dettaglio. In caso di mancate offerte o di offerte non valide si procederà alla liquidazione del lotto n. 1 ter al prezzo di € 11.600.592,00 composto dall’intero complesso aziendale oltre ai crediti verso ASL; nell’ipotesi di ulteriore diserzione si procederà alla liquidazione del lotto n. 1 quater al prezzo di € 9.200.592,00 composto dall’intero complesso aziendale comprensivo dei crediti verso ASL, ma privo dell’immobile dove ha sede l’azienda. Le offerte in aumento non potranno essere inferiori ad Euro 250.000,00. Modalità di pagamento Come indicato nell’Avviso di Vendita. Ogni offerente, tranne il fallito e tutti i soggetti per legge non ammessi alla vendita, dovrà depositare entro le ore 12 dell’ultimo giorno non festivo precedente quello delle vendite, presso l’Ufficio Unico Vendite presso il Tribunale di Bologna, Via Farini n. 1, unitamente all’istanza in bollo di partecipazione all’asta, la ricevuta di effettuato pagamento sul Conto Corrente bancario presso la Banca Unipol Banca, filiale di Bologna, Via Farini n. 12, IBAN IT 03 K 03127 02408 0000 0000 2233 di una somma pari ad € 500,000,00. Per maggiori informazioni relative alle modalità di partecipazione alle vendite rivolgersi al curatore della procedura fallimentare Dott. Marco Zanzi con studio in Via S. Stefano n. 30 Bologna tel. 051/233914. Avviso di vendita e verbale di inventario su www.astegiudiziarie.it. FERROVIENORD S.P.A. REGIONE MARCHE - ASUR AREA VASTA 3 CAMERINO AVVISO POSTINFORMAZIONE - CIG 513153871D Denominazione: A.V.3 CAMERINO - Via C. Lili, 55 62032 Camerino U.O.C. Acquisti e Log. Oggetto: Aff. Servizio ass. socio sanitaria Hospice Osp. di S. Severino M. Durata 36 mesi+op.ne rinnovo 24 mesi+proroga tecnica 6 mesi. Offerte: 5. Ditta aggiudicataria: ATI ASS COOP/COOSS MARCHE. Importo di aggiudicazione: € 551.603,20 + iva. Camerino 24 ottobre 2014 Il Rup - Dott.ssa Barbara Bucossi Sede legale: Piazzale Cadorna n. 14/16 - 20123 MILANO Telefono 0285114250 - Telefax 0285114621 AVVISO DI GARA Viene indetta la gara a procedura aperta ai sensi del D.Lgs. 163/06 per l’affidamento dei seguenti lavori: LAVORI DI PRONTO INTERVENTO E DI MANUTENZIONE ALLA SEDE FERROVIARIA ED AI MANUFATTI LUNGO L’INTERA RETE BRESCIA-ISEO-EDOLO E DIRAMAZIONE BORNATO-ROVATO DEL RAMO AZIENDALE DI ISEO(CIG: 5991215B03). Importo a base d’asta: €. 1.800.000,00 + I.V.A. a misura di cui: €. 90.000,00= per oneri della sicurezza non soggetti a ribasso d’asta (oneri diretti) oltre ad eventuale incremento fino alla concorrenza del limite di un quinto di tale importo (ovvero ulteriori €. 360.000,00). Somma assicurata €. 1.800.000,00 ai sensi dell’art. 125 del D.P.R. 207/10. Categoria prevalente: - OS1 Lavori in terra - € 1.080.000,00= classifica IIIbis fino a €. 1.500.000,00=; Altre Categorie: - OG3 - Strade, autostrade, ponti, ecc. - € 720.000,00= classifica III fino a €. 1.033.000,00=. Il criterio di aggiudicazione sarà quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 83 del D.L. 163/06) secondo i seguenti criteri: - offerta economica= 60 punti - offerta tecnica= 40 punti. Le offerte, redatte in lingua italiana, dovranno pervenire entro le ore 12,00 del giorno 9.12.2014 a FERROVIENORD S.P.A. - P.LE CADORNA N°14/16 - UFFICIO PROTOCOLLO - 20123 MILANO. Il bando integrale di gara è stato inviato per la pubblicazione alla GURI il giorno 4.11.2014. Il bando integrale di gara è altresì disponibile presso il Servizio Gare, Appalti ed Acquisti - sito in Milano - P.le Cadorna n°14, nonché all’indirizzo internet www.fnmgroup.it. e sul sito dell’Osservatorio Regionale Contratti Pubblici Regione Lombardia. L’AMMINISTRATORE DELEGATO DOTT. ING. MARCO BARRA CARACCIOLO Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 CRONACHE Raid con le spranghe al campo dilettanti Tre feriti sugli spalti Caso Pantani La denuncia della famiglia Assisi Botte a un 14enne, un prof denunciato: lo spettro omofobia Roma, a volto coperto contro i tifosi dell’Ardita Era la metà del primo tempo. I tifosi gialloneri dell’Ardita San Paolo avevano riempito gli spalti del centro sportivo di Magliano Romano. Una trasferta sentita sulla via Flaminia: speravano nella prima vittoria fuori casa nel campionato di Terza categoria. Ma all’improvviso, poco prima di mezzogiorno, in tribuna sono comparsi 50 incappucciati, armati di spranghe e bastoni. Al- ROMA L’impegno La società è contro agenti, calciatori vip e sponsor. Solidarietà dal figlio di Di Bartolomei cuni con i caschi. «La partita non c’entrava niente — confermano i carabinieri —, era una spedizione contro i tifosi ospiti». «Non crediamo a un raid a sfondo politico, di estrema destra — spiegano dalla dirigenza della società — perché se avessero voluto colpirci avrebbero potuto farlo negli anni scorsi. Temiamo invece che ci siano collegamenti con il nostro impegno nel sociale sul territorio a Roma Est, a Pietralata soprat- La vicenda ● L’Ardita, squadra di calcio dilettantistico legata al quartiere di Roma San Paolo, è nata nell’estate del 2011 ● Ieri era al centro sportivo di Magliano Romano per affrontare la squadra di casa nel campionato di terza categoria ● In tribuna è comparso un gruppo di 50 persone con bastoni e catene. Tre persone sono rimaste ferite tutto, dove abbiamo aumentato tesserati e presenza. Siamo scomodi per chi gestisce il calcio dilettantistico». Il bilancio dell’aggressione è pesante: tre feriti, di cui uno grave, e tre contusi. Tutti supporter dell’Ardita, squadra di azionariato popolare, protagonista di iniziative sportive anche con i centri sociali e altre società romane. Un seguito sempre maggiore di tifosi, con slogan («Orfani del calcio di ieri, siam l’Ardita odiati e fieri») e comportamenti contro «l’infimo sistema delle scuole calcio per ragazzi, procuratoriagenti, calciatori-vip e mercenari, il merchandising e la selvaggia sponsorizzazione, la politica e le banche, il falso fair play e l’opinionismo spicciolo divenuto religione». Fra i primi a manifestare solidarietà a tifosi e giocatori c’è Luca Di Bartolomei, figlio trentenne dell’indimenticato capitano giallorosso Agostino. «Purtroppo — spiega — non è la prima volta che vengono prese di mira realtà che provano a proporre una diversa idea di pallone. È devastante che accadano cose di questo genere». La partita di Magliano è stata interrotta dall’arbitro e non è più ripresa. Uno dei feriti, un 21 «Gli infermieri non videro la coca che c’è nel video» La difesa della famiglia Pantani ha depositato alla procura di Rimini i verbali delle testimonianze di tre infermieri che arrivarono nel residence dopo la morte del ciclista e hanno negato di aver visto la palla di cocaina che compare invece nel video girato dalla polizia scientifica. L’avvocato De Rensis denuncia la manomissione della scena del crimine e a giorni i magistrati dovranno decidere se interrogare i tre. © RIPRODUZIONE RISERVATA ragazzo di 23 anni, è stato ricoverato in ospedale a Monterotondo per trauma cranico. Altri due per fratture alle braccia. I carabinieri della compagnia di Bracciano hanno fermato alcune persone su due auto sulle quali sono in corso accertamenti. Le indagini sono appena cominciate. Saranno esaminati anche i filmati delle telecamere del centro sportivo che avrebbero ripreso le fasi dell’assalto. «È stata un’azione pianificata — dicono ancora dall’Ardita —, lontano da Roma, dove c’era il blocco del traffico. I teppisti sono arrivati su dieci macchine, noi eravamo una trentina. I tifosi del Magliano sono rimasti paralizzati, non se l’aspettavano nemmeno loro». Dopo il blitz gli incappucciati sono saliti su diverse auto e si sono allontanati indisturbati. Rinaldo Frignani © RIPRODUZIONE RISERVATA 50 I componenti del gruppo che ha assaltato i tifosi dell’Ardita Martedì scorso, istituto alberghiero di Assisi, lezione pomeridiana di «Accoglienza turistica», in classe il prof e 22 ragazzini del primo anno. Da qui, le versioni divergono. Il prof denunciato dai genitori di un alunno: avrebbe picchiato e insultato il quattordicenne («È brutto essere gay e tu ne sai qualcosa»). Il referto del pronto soccorso confermerebbe i lividi (guaribili in 5 giorni) , la polizia avrebbe trovato conferme (da 3 compagni) e la preside ha già spostato di sezione il ragazzino. Ma il prof, al telefono, si difende: «Stavo spiegando l’importanza di tutelare la privacy dei clienti, di ogni razza, idea, tendenza sessuale. I ragazzi si sono messi a fare gli spiritosi: “In albergo vengono anche i gay”? Ed io: “Certo, ma essere gay non è una brutta malattia...”. Capito? Ho detto il contrario. Ma quale omofobia!». E le botte? «Mentre spiegavo, ho visto che lui era distratto, l’ho richiamato: “Oh, a te non riguarda?”. E lui: “Uno diventa gay dopo che conosce lei”. Io allora, poiché era seduto scomposto, con una gamba fuori dal banco, sono passato e gli ho dato un calcetto, l’ho strattonato e gli ho detto: “Metti dentro ‘ste gambe”. Sono fatto così: potrei lasciarli giocare coi telefonini, invece ai miei ragazzi chiedo impegno». Due verità e tanti dubbi. Fabrizio Caccia © RIPRODUZIONE RISERVATA 22 Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera CRONACHE QUANDO SOTTO INCHIESTA È LA RICERCA Risultati e articoli inattendibili. La caccia alle manipolazioni nei laboratori Chi è ● Enrico Bucci (foto) è un biologo napoletano ed ex ricercatore del Consiglio nazionale delle ricerche ● Bucci si è laureato con lode in Biologia molecolare all’università Federico II di Napoli ● È coautore di oltre settanta pubblicazioni scientifiche ● Ha fondato Biodigitalvalley, una società specializzata nell’analisi ed elaborazione di dati biomedici Enrico Bucci la chiama la «wikileaks della scienza». È un sito scarno, incomprensibile ai non specialisti: battezzato Pubpeer (pubpeer.com), contiene segnalazioni anonime su articoli scientifici ritenuti «sospetti». Bucci, biologo napoletano ed ex ricercatore del Cnr, è partito da lì per indagare la correttezza della scienza italiana. E insieme cercare il possibile antidoto a un problema che preoccupa la comunità dei ricercatori (non solo in Italia): il diffondersi crescente di frodi scientifiche. «Ho analizzato circa 3.500 lavori biomedici segnalati su Pubpeer — denuncia —, quelli firmati da italiani sono 565: l’Italia è il secondo Paese dopo gli Usa in termini assoluti, ma il primo in percentuale sulla produzione scientifica. E l’università con la maggior percentuale di segnalazioni è la Federico II di Napoli» (dove Bucci si è formato). Lo scienziato italiano che scopre i falsi dei colleghi ❞ Il luminare suicida investire, per esempio, per sviluppare farmaci». «Le frodi riguardano tra il 3 e il 5% delle ricerche, salgono al 20% circa se si considerano altre forme di violazione di standard scientifici, come la lettura troppo favorevole dei dati — conferma Gerry Melino, professore di biologia all’Università di Roma Tor Vergata e fondatore della rivista Cell Death and Differentiation —. A me è successo di scoprire articoli manipolati come editore e come direttore di dipartimento». L’ultimo caso è dell’anno scorso. Il fenomeno però è globale: ad agosto uno scandalo su dati falsi ha indotto al suicidio il luminare giapponese dell’embriologia Yoshiki Sasai, 52 anni, che non ha retto la «profonda vergogna» di aver co-firmato senza adeguati controlli il lavoro di una ricercatrice che usava risultati inattendibili. «Le carriere scientifiche e l’assegnazione dei fondi di ricerca si decidono in base al numero di articoli pubblicati su riviste specializzate — spiega Bucci —. E c’è chi pur di pubblicare falsifica i risultati degli esperimenti. Ma è molto pericoloso: su quei dati si decide se «Ricercatori del mio dipartimento avevano pubblicato un lavoro su Bmc Physiology, una rivista inglese. Gli editori o i lettori si sono accorti che qualcosa non tornava e ci hanno chiesto verifiche», racconta Melino (l’articolo è segnalato come sospetto anche su Pubpeer). «Abbiamo chiesto gli originali degli esperimenti ed è risultato che i problemi riguardavano i dati di una sola ricercatrice, Gabriella Marfe: le figure riscontrate in laboratorio non corrispondevano a quelle pubblicate. Le abbiamo chiesto Il lavoro ritrattato Il biologo Alterare i test è grave Su quei lavori non si decidono solo fondi e carriere ma anche farmaci su cui investire ❞ La senatrice Cattaneo Serve un codice deontologico nazionale La comunità scientifica deve estromettere chi manomette i dati conto e non ha saputo giustificare le divergenze: è stato molto triste. Era una ricercatrice esterna venuta da noi per una collaborazione di un anno e le abbiamo revocato l’ospitalità». Da allora Melino ha iniziato a interrogarsi sulle misure da adottare per evitare manipolazioni. Anche perché a differenza di altri Paesi europei come la Germania (che lo ha introdotto circa 15 anni fa quando due scienziati sono stati scoperti ad aver falsificato dati in 94 articoli) l’Italia non ha un codice deontologico per le università, né leggi specifiche. Le indagini penali In alcuni casi interviene la magistratura, anche in Italia. In Umbria nel 2012 c’è stato il primo processo penale per una frode scientifica: il professore di gastroenterologia dell’Università di Perugia Stefano Fiorucci è stato rinviato a giudizio per peculato e truffa con l’accusa di aver manipolato le immagini di una quindicina di articoli pubblicati tra 2001 e 2005 e di aver abusato dei fondi pubblici di ricerca (Fiorucci si è sempre detto innocente). Al momento c’è un’indagine su otto pubblicazioni prodotte fra il 2001 e il 2012 dal gruppo di lavoro del professor Alfredo Fusco, professore ordinario alla Federico II di Napoli (ne ha scritto Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera del 16 ottobre 2013). Fusco e il suo team, che studia i meccanismi cellulari all’origine dei tumori, sono accusati di aver usato immagini di proteine o di geni «scattate» in tutt’altri test e opportunamente duplicate, ribaltate o manipolate per legittimare i loro risultati. La Procura ipotizza che, falsificando i dati, si siano appropriati indebitamente di fondi per la ricerca. La vicenda ha attirato l’attenzione di Nature, che a dicembre in un editoriale intitolato «Chiamate la polizia» ha proposto di far tesoro dell’«esempio italiano» e riflettere sulla possibilità di coinvolgere la polizia nelle indagini sui risultati scientifici. Ma i poliziotti, che non sono medici o biologi, hanno la formazione adatta per accertare le manipolazioni su lastre di laboratorio e vetrini cellulari? E cosa dovrebbero fare: controlli a tappeto su tutti gli articoli pubblicati dalle università italiane? Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 CRONACHE In Europa Gli articoli sospetti La legislazione sulla correttezza degli studi scientifici Segnalazioni su Pubpeer per nazionalità in percentuale sulla produzione scientifica (elaborazione di Enrico Bucci su dati Pubpeer) Legge nazionale che stabilisce i criteri di correttezza della ricerca 0,13 Codice deontologico sulla correttezza della ricerca (senza valore di legge) ● La storia Il legame tra gorilla e ragazza che dura da ventitré anni di Danilo Mainardi 0,04 0,04 0,04 Nessun regolamento o regolamento non pervenuto St ITA LI A at Re i Un iti gn o Un ito Isr ae le Ieri e oggi Il gorilla Djalta con Tansy (foto Aspinall) Fonte: europa.eu Corriere della Sera Il sistema di controllo Una possibile soluzione arriva proprio da Bucci, che è anche l’autore dell’esposto da cui sono partite le indagini della magistratura su Fusco. Con la sua società Biodigitalvalley Bucci vende infatti analisi dei dati biomedici e per assicurarsi di usare sempre informazioni corrette ha sviluppato un apposito software. Il programma, chiamato Imagecheck, analizza le immagini contenute negli articoli scientifici e segnala quelle che potrebbero essere manipolate (in biologia le immagini sono di fatto i «dati» con cui si lavora). «Ho verificato che il 70% delle segnalazioni su Pubpeer corrispondono agli errori rilevati con la mia procedura. Un 30% è “borderline”», spiega. Il software è stato chiesto da alcune importanti riviste scientifiche internazionali, che lo stanno usando per vagliare i lavori da pubblicare. Ma Bucci «A Tor Vergata una ricercatrice è stata allontanata È una cosa triste» In Giappone un docente si è tolto la vita per la vergogna 23 Su «Nature» L’editoriale pubblicato sulla rivista Nature lo scorso 4 dicembre in cui si parla delle indagini penali sugli scienziati partendo dai casi dei ricercatori italiani vorrebbe che fosse impiegato in modo sistematico. «Non può essere solo la mia piccola azienda a fare i controlli — dice —. Sarei felice di affidare la mia procedura a un’istituzione internazionale che si faccia carico delle spese per “ripulire” la letteratura scientifica». L’appello di Cattaneo A chiedere a gran voce un «codice deontologico nazionale per la ricerca» c’è Elena Cattaneo, senatrice a vita e direttore del Centro di ricerca sulle cellule staminali dell’Università di Milano. «Parte della comunità scientifica si sta muovendo per risolvere il problema Il blog anonimo «Su circa 3.500 articoli segnalati come sospetti su Pubpeer 565 sono italiani» — assicura —. E sono orgogliosa che questa discussione si sia aperta in Italia». Secondo lei bisogna agire su tre livelli: «Maggiore autoregolamentazione e controlli più stretti a livello di singoli laboratori, dipartimenti e università, che possono prendere le prime sanzioni sui ricercatori scorretti — dice —. Chi guida i laboratori ha sempre la responsabilità di mantenere l’integrità etica della ricerca. Se poi i falsi condizionano l’assegnazione di fondi o la carriera è giusto invece che intervenga la polizia. Infine, serve una verifica centrale sui laboratori pubblici». Alcune istituzioni, come l’Ue, la prevedono già e mandano spesso i loro ispettori a controllare cosa fanno i laboratori a cui hanno assegnato fondi. «È urgente prendere provvedimenti — avverte Cattaneo —: la scienza è per definizione ricerca della verità. Se qualcuno manipola i dati mina le sue fondamenta e deve essere messo fuori dalla comunità scientifica. Succede già molto spesso: facciamo in modo che succeda sempre». Elena Tebano © RIPRODUZIONE RISERVATA Il mercato ● Gli articoli scientifici sono diventati fondamentali per le carriere al punto che in Cina è nato un mercato delle pubblicazioni ● Lo ha svelato un’inchiesta di Science: agenzie semiillegali vendono a migliaia di dollari articoli già pronti ● Gli scienziati che vogliono migliorare il loro curriculum aggiungono a pagamento il loro nome agli altri autori U na foto di una cucciola d’uomo tra le braccia di un gorilla scattata in uno zoo del Kent, dal papà della piccola Tansy che oggi, 25enne, ricorda come era naturale per lei avvicinarsi ai gorilla. Un’esperienza indimenticabile per entrambi. Sì, perché a 23 anni di distanza accade qualcosa di commovente. Tansy e il padre sono in Gabon dove quel gorilla, Djalta, era stato reinserito in natura 12 anni prima. È da allora che non lo vedono: vogliono incontrarlo e accade. Djalta spunta dalla foresta, si avvicina a Tansy e l’abbraccia. Una storia dal sapore di fiaba. Ma anche una storia di biologia, di comunicazione fra specie diverse, ma vicine. Nel legame fra Tansy e Djalta buon gioco l’hanno avuto i segnali infantili. Lorenz definì kindchenschema (baby schema in inglese) lo specifico dei cuccioli, quell’insieme di tratti che evoca, anche al di fuori della specie, protezione e che blocca l’aggressività: testa grossa, fronte convessa, occhi grandi, guance paffute. La funzione antica è di evocare, entro la specie, le cure parentali, poi quei segnali hanno scavalcato la specie. È così che Djalta ha tranquillamente coccolato Tansy. Ma altro ancora ha saldato quel legame. Il linguaggio gestuale infantile ha molto in comune con la gestualità delle grandi scimmie. E poi odori e stimoli tattili. Così si è creata la memoria, per sempre impressa nella mente brillante di Djalta. © RIPRODUZIONE RISERVATA 24 Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 CRONACHE Adolescenti liberi dai pregiudizi Con un incubo: essere grassi Il sondaggio: no ai lavori domestici solo per le donne, aperti verso gli stranieri L’Autorità ● Vincenzo Spadafora (nella foto) dal novembre 2011 è il primo presidente dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza in Italia ● L’Autorità è un organo monocratico nato per assicurare la piena tutela dei diritti e degli interessi dei minorenni in conformità alla Convenzione Onu La discriminazione vista dagli adolescenti può riservare qualche sorpresa. A dispetto dei proclami politically correct degli adulti, infatti, per loro vengono trattati meno bene gli omosessuali (93%), i Rom (92%), le persone grasse (87%), gli africani (79%), quelli molto poveri (72%), i disabili (72%), i musulmani (68%) e, sorpresa!, i meridionali (43%). Sotto accusa, chi contribuisce alla diffusione dei pregiudizi: Internet e televisione, per più di sei studenti su dieci. Mentre lo sforzo di contrastarli viene fatto soprattutto dalle famiglie, per quasi sette su dieci, e dalla scuola, per la metà dei 1.002 intervistati dall’Istituto Piepoli che ha accolto l’invito dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza a interrogare i giovanissimi su razzismo e stereotipi. «Questo sondaggio rientra in un disegno che prevede, tra le altre cose, di monitorare il mondo degli adolescenti, intercettarne le energie, individuarne le potenzialità e i bisogni ai quali ancora non siamo riusciti a dare una risposta», spiega il Garante per l’Infanzia Vincenzo Spadafora. Il profilo che è emerso conferma il fatto che i ragazzini di oggi sono molto meglio di come li disegnano. Lo si capisce da certe risposte, che andrebbero lette ai loro genitori. Per L’indagine In generale, quali di queste «tipologie» di persone che ora ti leggerò pensi che siano più spesso vittime di discriminazioni, cioè trattate diversamente o meno bene rispetto alle altre persone? Valori % Omossessuali Rom Grassi Di origine africana Molto poveri Disabili Musulmani Originari del Sud Italia Di origine asiatica Originari dell’Europa dell’Est Di origine sudamericana Molto ricchi 12 Originari del Nord Italia 8 Originari del Centro Italia 6 Sì 93 92 87 79 8 13 21 72 28 72 28 68 32 43 57 42 58 37 35 No 7 Ti è mai capitato Sì, sono di vedere intervenuto io qualcuno intervenire e/o 33 di intervenire tu stesso quando hai assistito a casi di discriminazione? 63 65 No, non mi è capitato 26 % 41 Sì, mi è capitato di vedere qualcuno intervenire Secondo te questo tipo di discriminazioni o diverso trattamento rispetto alle altre persone... Non è accettabile in nessun caso A volte è comprensibile 86 % 88 10 4 degli adolescenti pensa che siano Internet e la tivù a contribuire alla diffusione dei pregiudizi 16% è stato vittima di discriminazione: nel 46% dei casi perché grasso vano per niente una cosa divertente e innocente. E infatti condannano totalmente i casi di cronaca che hanno per protagonisti adolescenti presi di mira perché sovrappeso. Però l’essere grassi resta al centro del maggior numero di episodi di discriminazione ai quali assistono e che peraltro li hanno riguardati direttamente nel 16% dei casi. Un dato che non sorprende Affinati: «A quell’età uno studente sta provando la sua identità. Può sembrare rigido perché è fragile, aderisce a immagini preconfezionate, è più influenzabile dai miti contemporanei che vede sui giornali o nel piccolo schermo». E Spadafora aggiunge: «Queste dinamiche fanno pensare che ci sia sempre bisogno di una sorta di perfezione e omologazione e di riflesso l’esigenza di sopraffare il più debole, identi- Scrittore-insegnante Affinati: «A quell’età si sta provando la propria identità, si è influenzati da Internet e tv» 92 Ci sono casi in cui è giusto 94 Indagine dell’Istituto Piepoli realizzata dal 5 al 12 novembre 2014 mediante 1.002 interviste sul territorio nazionale con metodologia Cati su un campione rappresentativo di adolescenti maschi e femmine tra i 14 e i 17 anni 66% 25 esempio: è giusto che siano soprattutto le donne a fare i lavori di casa? Solo il 16% è d’accordo, l’84% per nulla o poco. Così come non condividono le affermazioni di chi dice che un ragazzo straniero non sarà mai il primo della classe; che se in tivù parlano di un furto o un crimine viene subito da pensare che il responsabile potrebbe essere un extracomunitario; che se scoprissero che un compagno è gay lo eviterebbero in modo che non si pensi che pure loro lo sono. «In genere gli adolescenti hanno meno pregiudizi rispetto a noi adulti, sono pronti a ripartire sempre con percezioni magari inedite della realtà che a volte sono proprio imprevedibili, non hanno preconcetti iniziali, ti possono sorprendere», interviene lo scrittore Eraldo Affinati, forte della sua esperienza di insegnante alla Città dei Ragazzi di Roma. Quando i compagni di classe fanno gli spiritosi e prendono in giro i coetanei per l’aspetto fisico, gli intervistati non la tro- ❞ Cds Il Garante Vogliamo intercettare energie e bisogni dei ragazzi ficato con il grasso». Conforta, però, leggere che per gli adolescenti le cose che pensano li faccia apprezzare di più da chi ancora non li conosce siano il carattere e la simpatia, con l’intelligenza e la cultura. Potessero cambiare qualcosa di loro stessi, magari vorrebbero essere più creativi o più bravi a scuola. Non più belli. Conclude il Garante: «In definitiva il messaggio per noi adulti è che dobbiamo sgretolare la cultura dei giudizi “prima”. E quello può essere soltanto compito nostro». Elvira Serra @elvira_serra © RIPRODUZIONE RISERVATA 26 Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 CRONACHE 27 Cambia l’insegna che racconta la storia dei nostri consumi Piccadilly, all’asta dopo 24 anni lo spazio di Tdk DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA La platea di consumatori che passa da Piccadilly Circus è immensa: 100 milioni di persone all’anno, 71 milioni a piedi, il resto in autobus o in taxi. Ma chissà quanti conoscono la storia e il valore di quel «tesoro» di pubblicità che incombe sopra la loro testa, all’angolo fra Shaftesbury Avenue e la stretta Glasshouse street? Sei rettangoli d’oro. E sono d’oro perché tutti assieme regalano 40 milioni di sterline all’anno (50 milioni di euro) al loro proprietario che è la Land Securities, un gigante del business immobiliare commerciale con un patrimonio di 9,7 miliardi di sterline (12 milioni di euro). Settecentosessantasette metri quadrati divisi per sei, sei spot di luci e bagliori che accompagnano da un secolo la tradizione e il costume di Londra. E l’addio di uno dei brand che occupa uno dei sei rettangoli d’oro diventa per forza evento. Evento pubblicitario. Evento metropolitano. Evento mondiale visto che Piccadilly Circus, con Times Square a New York , con l’area di Ginza 4-chrome a Tokio, è il tempio dell’advertising luminoso, l’incrocio di una moltitudine di consumatori. Da Piccadilly Circus si apre il West End dove nel 2013 si sono spesi 7,6 miliardi di sterline (9,5 miliardi di euro) in regali, souvenir, teatri, cinema, ristoranti. Cambia la mappa dei brand che dominano nel cuore di Londra. La Tdk giapponese (dvd, cd, nastri magnetici) ab- Anni 60 L’angolo più famoso di Londra come appariva con le pubblicità negli anni Sessanta: tra i marchi quello di Coca Cola compare ogni giorno dal 1955 lici per Londra, per il Regno Unito, per il mondo. Ad accendersi per prime, nel 1908, furono le lampadine della Perrier. E si sono spente solo quattro volte: durante la guerra mondiale, poi nel 1965 per il funerale di Winston Churchill, nel 1997 per il funerale di Lady Diana e nel 2013 un’ora per la campagna del Wwf «Earth Hour». Nel 2002 Yoko Ono pagò l’equivalente di 200 mila euro per farvi scorrere (tre mesi) la scritta «Imagine all the people living life in peace», il testo di John Lennon. I 767 metri quadrati di Piccadilly, con le sei finestre d’oro, sono l’icona del capitalismo consumistico. Ci sono passati 50 brand dall’inizio del Nove- cento. Ne arriverà uno nuovo. Ma forse, come si sussurra, in un futuro non molto lontano i rettangoli d’oro da sei si ridurranno a due. Meno marchi ma più spazio per i due fortunati. Il «bombardamento» su Piccadilly cambierà ancora. Fabio Cavalera @fcavalera © RIPRODUZIONE RISERVATA Nel 2014 Piccadilly Circus con i marchi Coca Cola, Samsung, McDonald’s, Hyundai, One Piccadilly e, per poco, Tdk (foto dal sito www. piccadillylights.co. uk) ● Amarcord La dattilografa e gli spot luminosi di fronte al Duomo di Gian Luigi Paracchini C hi non ricorda la dattilografa che picchiava sui tasti della macchina da scrivere? Era la réclame semovente della carta carbone Kores. E l’omino in cappello che alzava la scarpa illuminata dal lucido Brill? Piccoli, paciosi effetti speciali d’una Milano che ha avuto una sua luminosa, colorata epopea pubblicitaria sulla facciata del Carminati, palazzo non incantevole ma pur sempre dirimpettaio del Duomo. Epopea accesa a fine anni ’20, per l’ammirato stupore anche dei turisti e spenta nel 1999. Forse perché ritenuta poco decorosa per la maestosa storia della piazza. Forse perché diventata non più profittevole per gli inserzionisti. Certo niente Sei tesori Le insegne valgono 50 milioni di euro l’anno: hanno una platea di 100 milioni di persone bandona nelle prossime settimane i suoi 101 metri quadrati dopo 24 anni di ininterrotto bombardamento sulla testa del povero Eros, la statua della fontana in mezzo alla piazza, che fu lavorata a fine Ottocento dallo scultore Alfred Gilbert prendendo come modello un garzone di bottega italiano, Angelo Colarossi di Frosinone. Aveva conquistato il suo rettangolo d’oro (21,1 metri per 4,8) per 4 milioni di sterline all’anno (5 milioni di euro), subentrando a marchi storici, la Schweppes, la Cinzano, la Bp, la Kodak. Affiancando la Coca Cola (che è lì dal 1955 coi suoi 204 metri quadrati), la Hyundai arrivata nel 2011, la Samsung, McDonald’s e «Piccadilly One», l’ultimo degli schermi installati, nell’inverno del 2013, gestito direttamente da Piccadilly Lights, la società che lo affitta per conto di Land Securities. Il bando è aperto per coprire il «buco» della Tdk nei 767 metri quadrati di Piccadilly Circus. La Wildstone, specializzata in intermediazioni, è a caccia del brand globale. Non può essere altrimenti, per spesa richiesta e per ciò che significa essere a Piccadilly Circus. Le luci della pubblicità che domina la fontana con Eros hanno segnato momenti importanti e simbo- da paragonare con l’abbagliante parata di Piccadilly Circus, né di Times Square a New York o di Shibuya a Tokyo e forse troppo ingenua per il 2000. Ma al di là della lusinghiera citazione in una poesia di Umberto Saba («...mi riposo in piazza del Duomo/Invece di stelle ogni sera si accendono parole») i milanesi ci erano affezionati e nella vicinanza cattedrale-insegne non hanno mai colto alcun conflitto sacro-profano. Al contrario, soprattutto negli anni ’50-’60, quel Carminati edizione Carosello, simboleggiava bene la mobilità d’una metropoli primattrice nella crescita nazionale. Luci familiari e in mille direzioni: dal brindisi con Cinzano e Sarti, alle suggestioni premodaiole con Pura Lana Vergine e Confezioni Facis, fino alla crema Kaloderma. E sotto, nella versione più recente, lo scorrere delle ultime notizie. Fra l’altro resta da stabilire quanto nel tempo, a Carminati buio, piazza del Duomo abbia guadagnato decoro. © RIPRODUZIONE RISERVATA 28 Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera ● Sottovalutazione Sembra che in questa crisi la classe politica italiana (Renzi e il suo governo, Berlusconi) sia in Europa la più restia di tutte a prendere atto del fatto che, sulla scena internazionale, non contano solo gli affari ANALISI & COMMENTI SEGUE DALLA PRIMA ● Il corsivo del giorno Gli occhiali magici di Google non piacciono ai navigatori Anche il gigante di Internet può restare spiazzato I l segnale è inequivocabile: i Google Glass svenduti a metà prezzo su eBay come la versione superata di un telefonino o un regalo di nozze sbagliato. Questa volta, a quanto pare, l’ennesimo grande balzo in avanti della rivoluzione digitale non ha funzionato. Nel 2012 i dominatori del web lanciarono un aggeggio che avrebbe dovuto, semplicemente, cambiarci la vita. Un paio di occhiali con visione normale, ma con una finestra sul lato destro in grado di navigare su Internet, connettersi con i Social network, fotografare, filmare oltre che inviare mail, sms e, naturalmente, telefonare. Insomma la porta d’accesso a qualcosa di simile al futuro fantascientifico, una via di mezzo tra i racconti di Philip Dick («Minority report») e le imprese di James Bond. Ora, però, riferisce l’agenzia di stampa Reuters, nove su sedici fornitori delle «app» collegate ai Google Glass, hanno deciso di interrompere o abbandonare i progetti «per mancanza di mercato o per limitazioni del prodotto». Altri tre si dedicheranno solo alle possibili prospettive industriali. Certo, sul sito ufficiale restano attive 100 applicazioni: molti videogame, più le praterie di Facebook e di Open Table. Twitter, invece, ha rinunciato. Gli esperti si domandano per quale motivo gli occhiali magici non abbiano sfondato. Forse per una questione di prezzo: 1.500 dollari negli Stati Uniti, 1.000 sterline in Gran Bretagna. O forse, come sostiene qualcuno degli «sviluppatori», per un concentrato eccessivo di tecnologia. È una materia su cui vale la pena riflettere. Il dominio della tecnica sembra incontrastato, ma non tutte le novità sono a priori destinate a un successo scontato e irreversibile. Le necessità, i gusti, le aspirazioni, i sogni dei consumatori restano mobili, spesso imprevedibili. Anche un gruppo come Google, il campione dell’impasto tra comunicazione e marketing, può rimanere spiazzato. gsarcina@corriere.it © RIPRODUZIONE RISERVATA Su Corriere.it Puoi condividere sui social network le analisi dei nostri editorialisti e commentatori: le trovi su www.corriere.it ensare che questo non muti irreversibilmente i rapporti in Europa è segno di cecità politica. E difatti le relazioni fra mondo occidentale e Russia sono sempre più conflittuali, come si è dimostrato anche in occasione del G20 appena concluso. Ma l’Italia fa eccezione, ha scelto di mantenere aperto in ogni modo il «dialogo» con Putin, dando l’impressione di ignorare il cambiamento avvenuto (come hanno ben documentato Massimo Gaggi e Marco Galluzzo sul Corriere di ieri), di ignorare soprattutto il riposizionamento strategico della Russia per la quale, ora, gli occidentali sono di nuovo potenziali nemici. Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, nella sua intervista al Corriere, dice che occorre garantire sia l’autonomia ucraina che il ruolo della Russia. Gentiloni è un politico solido e competente (e pensiamo sia un bene che guidi la Farnesina in un momento così delicato) ma nel caso ucraino la sua ricetta, sfortunatamente, appare un po’ astratta e fuori tempo massimo. Più in generale, sembra che in questa crisi la classe politica italiana (Renzi e il suo governo, Berlusconi) sia in Europa la più restia di tutte a prendere atto del fatto che, in politica internazionale, non contano solo gli affari. E veniamo al caso per noi più inquietante di tutti, quello dello Stato islamico. Ormai continuamente il Califfo ripete che prima o poi arriverà a conquistare Roma, e il fotomontaggio di una Roma in cui sventolano le bandiere nere dello Stato islamico circola da mesi in Rete. Chi fa spallucce, chi pensa che si tratti solo di una sbruffo- CHIARA DATTOLA P di Giuseppe Sarcina IL CALIFFO A ROMA? NON È UNO SCHERZO di Angelo Panebianco nata, ha capito ben poco. Mai come in questo caso è lecito dire che l’ignoranza uccide. Già, perché il Califfo non sta facendo una sbruffonata a caso: sta citando, nientemeno, il Profeta, sta citando il detto attribuito a Maometto secondo cui arriverà un giorno in cui Roma, il centro della cristianità occidentale, cadrà in mani islamiche. Tanti musulmani, di tendenze pacifiche, hanno sempre pensato a quella profezia proiettandola in un futuro lontano e indefinito. Invece, lo Stato islamico sta dicendo ai musulmani di tutto il mondo che il momento di prendere Roma si avvicina e che questo verrà fat- to con le armi. Diciamo che fischiettare o fare spallucce di fronte a una dichiarazione di guerra non sono gesti appropriati. L’Italia pubblica è per lo più in preda al wishful thinking ma ci sono, fortunatamente, delle eccezioni. A cominciare dal presidente della Repubblica. Il suo discorso del 4 novembre sui pericoli che stiamo correndo richiedeva una discussione meditata, non solo applausi di circostanza. E ha ragione il ministro della Difesa Roberta Pinotti quando, proprio appellandosi alle cose dette da Napolitano, invita la classe politica a non trattare le forze armate come se fossero un qualunque settore di spesa pubblica improduttiva: da sottoporre a tagli anche a costo di indebolirne le capacità operative. Le nuove minacce, dallo Stato islamico al caos libico (minacce, peraltro, strettamente connesse) richiedono che non si facciano scelte miopi e autolesioniste in un così delicato settore. C’è uno scollamento preoccupante fra la realtà e le «narrazioni» pubbliche su di essa. Ridurre il divario fra il mondo come è e la nostra rappresentazione del mondo è essenziale per la nostra sicurezza. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 PROCESSO AL CLASSICO LODE ALLO SCIENTIFICO MA ANCHE A CICERONE BASTA LICEI A MENÙ FISSO di Andrea Ichino Scelte Se ci culliamo troppo nella «Grande Bellezza» delle nostre tradizioni, alla fine ci mancheranno i soldi per comprarci gli antibiotici, gli smartphone, le macchine non inquinanti. Agli studenti serve un mix di conoscenze N el processo di venerdì scorso al Carignano di Torino, il liceo classico è stato assolto da tre capi d’accusa: non preparare adeguatamente i giovani per studi universitari scientifici; non prepararli per le sfide che dovranno affrontare nella società del futuro; aver contribuito a frenare la mobilità sociale nel nostro Paese. Sotto processo, tuttavia, non era solo questo tipo di liceo, ma una caratteristica ben più profonda della società italiana: l’idea che le conoscenze storico-umanistiche, il latino e il greco siano essenziali, mentre le conoscenze tecnicoscientifiche e le lingue vive possano considerarsi un optional. I testimoni della difesa, guidati da Umberto Eco nel ruolo di avvocato, hanno convinto la Corte argomentando che quello di cui i giovani hanno bisogno è, prima di tutto, conoscere la storia, l’arte e le lingue della loro civiltà. Luciano Canfora, uno di essi, lo ha ben spiegato sul Corriere di ieri. Queste materie sono un requisito indispensabile per dare ai giovani quella formazione mentale, quel metodo e quei valori senza i quali non potranno essere buoni cittadini e nemmeno dedicarsi, in seguito, a studi scientifici e alle lingue vive se proprio vorranno farlo. Con le conoscenze storico-umanistiche si può fare tutto, ma non è vero il converso per quelle scientifiche. Adriano Olivetti è stato citato ad esempio perché cercava solo ingegneri che avessero studiato a fondo le materie classiche. A nulla è valso far notare che l’azienda Olivetti non esiste più, dopo aver trascinato nel baratro l’intero settore hi-tech nel nostro Paese, mentre Apple e Microsoft sono ancora lì, sebbene Steve Jobs e Bill Gates non abbiano, credo, frequentato il liceo classico. Oppure suggerire che per tradurre i linguaggi cifrati dei nazisti, i servizi britannici abbiano assunto il matematico Turing, non un latinista. Neppure hanno convinto le prove portate dal- l’accusa, riguardo alla peggiore performance degli studenti del classico che tentano il test di medicina a Bologna e nei primi due anni di questo corso di laurea. Oppure il dato che gli studenti del classico che fanno domanda per la classe di scienze della Scuola Normale passino l’esame con frequenza molto inferiore a quella dei candidati dello scientifico. E questo nonostante l’Istat mostri che i primi hanno famiglie più avvantaggiate economicamente e culturalmente. La Corte ha ritenuto che l’evidenza statistica e i numeri non siano fatti rilevanti per il giudizio. In realtà, l’accusa, da me rappresentata come Pm, non aveva nessuna intenzione di negare importanza alle conoscenze storico-umanistiche, ma solo di suggerire che quelle tecnico-scientifiche non siano meno importanti e che non basti aver studiato la storia e la lingua dei greci e dei latini per poter scoprire la struttura elicoidale del dna. I due mondi non sono in una contrapposizione intrinseca. Se il tempo fosse dilatabile (come per Hermione nella saga di Harry Potter) potremmo senza problemi imparare a leggere l’Odissea in lingua originale per conoscere la culla della nostra civiltà, così come studiare i mitocondri per conoscere l’origine della vita su questo pianeta. Il tempo, però, non è dilatabile: le ore in una giornata sono limitate. Così come limitate sono le risorse in termini di spazi e di docenti, anche se potessimo, come dovremmo, pagarli tanto per averne di davvero bravi. L’economia è la «scienza triste» perché una delle sue missioni è ricordare al mondo che ci sono dei vincoli di bilancio: non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Per questo siamo costretti a fare delle scelte, a equilibrare esigenze opposte. Ragion per cui l’accusa ha proposto di offrire ai giovani scuole à la carte, non a menù fisso, che consentano a ciascun studente di costruire gradualmente il proprio mix ideale di conoscenze umanistiche, scientifiche e tecniche. Così accade in Germania, Paese che da anni ha abbandonato il suo rigido liceo classico. La Corte, tuttavia, ha accolto la tesi contraria della difesa secondo cui avere tutto è perfettamente possibile (una visione «et-et» in contrapposizione allo «aut-aut» dell’accusa) e quindi non siamo condannati ad alcuna scelta imposta da limiti di tempo e spazio. Rispetto, come doveroso, le decisioni motivate della Corte. Temo però che se continueremo a cullarci nella «Grande Bellezza» delle nostre tradizioni, alla fine ci mancheranno i soldi per comprarci gli antibiotici, gli antidolorifici, le macchine non inquinanti, gli smartphone e anche la tecnologia per la tutela del nostro meraviglioso patrimonio artistico. Beni che altri Paesi avranno prodotto, come meschine formiche, ma che saranno disposti a vendere a noi, cicale erudite, solo se saremo in grado di pagarle. Per non parlare del debito pubblico che già abbiamo e che sarà difficile restituire solo con le orazioni di Cicerone. Il quale, però, credo ci ricorderebbe che onorare quel debito è in primo luogo un dovere morale. andrea.ichino@eui.eu © RIPRODUZIONE RISERVATA ●È 29 LA PAROLA FEMMINISMO NON È (PIÙ) DA BUTTARE COMMENTI DAL MONDO L’autorità ai tempi della politica debole Una rifondazione quale autorità deve ● ❞ Didisporre il potere per orientare con efficacia l’arte di governare? Su Libération la filosofa e germanista Avital Ronell riflette sull’urgenza di una rifondazione dell’autorità alla luce dell’indebolimento della politica. Chi comanda non è mai in posizione di sicurezza ed è l’ultimo a poter spiegare la propria legittimità, spesso relegato nella posizione di «un re inconsapevole ma potente». La vera autorità «incoraggia, protegge e crea le condizioni favorevoli a suscitare rispetto». Un antidoto a violenza e repressione. Addio lavoro, è la casa il fronte più caldo una forza sociale ● ❞ C’è che sta occupando con consapevolezza sempre maggiore gli spazi della protesta lasciati liberi da sindacati ormai ai margini: i cittadini che scelgono di condividere le loro storie di disagio e trasformarle in materia politica. Oggi il fronte più caldo, scrive Sarah Kwei sull’Observer, non è più il lavoro ma la casa. La battaglia per gli alloggi in Gran Bretagna sta dimostrando la capacità di queste comunità di costruire consenso e influire sui processi decisionali, come nel caso degli operai del gruppo New Era 4. L’ultima frontiera della solidarietà. a cura di Maria Serena Natale cominciata con il settimanale Time che ha messo la parola «femminista» in una lista nera, vicino ad altre molto meno impegnative come «basico», «letteralmente», «ma per favore». Tutte espressioni che secondo un sondaggio condotto fra i lettori sarebbe bene archiviare e che non avrebbero diritto di essere traghettate nell’anno che verrà, in quanto troppo abusate. È continuata con una polemica feroce delle femministe non ancora estinte sulla stampa e sui social network, ed è finita con la direttrice del settimanale Nancy Gibbs che ha firmato un breve editoriale di scuse, con pubblica autocritica sulla decisione «di includere la parola in quella lista». Dando apparentemente ragione a chi considera il femminismo l’ultimo tabù. Ma quella parola sfilata dalla lista non è una vittoria per nessuno. E soprattutto non dà ragione né alle femministe storiche e neppure alla generazione di donne più giovani, alle ventitrentenni che in buona fede credono che la parità di genere sia raggiunta, e non vogliono più sentirne parlare in termini ancora problematici. Ma tanto meno possono cantar vittoria quelli che davanti a discussioni su temi come la fecondazione, la parità salariale, le donne leader, reagisce con livore ideologico e acribia da troller consumato: «Smettetela, basta, di nuovo le donne: siete vetero femministi!». La decisione pragmatica della direttrice di Time dimostra solo che il problema della parità esiste ancora, che le femministe, anziane o meno, non ce l’hanno ancora fatta, e che chi, uomo o donna, è convinto di aver raggiunto già un equilibrio, soffre di miopia dell’ottimismo, perché scambia per equità vera un equilibrio asimmetrico che in realtà poggia ancora su uno squilibrio. Dietro a questo apparente equilibrio c’è la realtà dei numeri che dicono che non è così, che si sono fatti grandi passi, ma la disparità è ancora strutturale. Si potrà cantar vittoria — femministe con diritto di cittadinanza e società tutta — solo quando ci sarà davvero equilibrio, per quanto nella differenza. Maria Luisa Agnese © RIPRODUZIONE RISERVATA IL RISCHIO «DISNEYLAND» SULLE TRINCEE DEL 1915-18 M ontagne e Grande Guerra, ovvero il rischio dello sfruttamento indiscriminato che stravolge ambiente e storia. Dal Club Alpino Italiano (Cai) giunge un segnale di allarme che va controcorrente e vale la pena ascoltare: le celebrazioni per il centenario della Prima guerra mondiale hanno visto un rinnovato interesse per gli antichi percorsi, le postazioni d’alta quota, la vita quotidiana degli Alpini e dei Kaiserjager (le truppe da montagna austriache), assieme a tutti gli altri corpi militari che dai due fronti si batterono sulle crode. Sono state rifatte intere vie ferrate sulla base dei tracciati di allora, ricostruiti i fortini, riscavate le trincee, riaperte le gallerie. Il pericolo è però che la tragedia di quel conflitto in condizioni tanto estreme venga totalmente stravolta. «Sino a pochi anni fa ci impegnavamo per preservare la memoria e i resti della guerra dall’oblio. Ma ultimamente ci siamo ritrovati a dover lavorare in senso opposto: dobbiamo difendere quei luoghi dallo sfruttamento indiscriminato e distorcente il passato. Le trincee non posso- no diventare la Disneyland degli Alpini. Possibile che in Val di Sole alcuni ristoranti l’estate scorsa proponessero un improbabile menù dell’Alpino, dimenticando la fame patita allora?», si chiedeva poche sere fa Marco Balbi, presidente della «Società Storica per la Guerra Bianca», durante un dibattito alla sede milanese del Cai. Possibile che tra i passi Falzarego e Valparola siano state ricostruite numerose baite austriache con lamiera nuova di trinca e legno perfetto a rovinare senza remora l’incanto del paesaggio e comunque con ben poca attinenza con le baracche originarie? I casi del genere abbondano. «Un conto è ricordare, tramandare la memoria. Un altro è riportare la devastazione del paesaggio dove la natura aveva impiegato un secolo a rimarginare le ferite della guerra», dicono al Cai. Problemi simili e relativi ai percorsi sul Carso erano stati sollevati al festival «èStoria» lo scorso maggio a Gorizia. È bene che gli enti preposti alla preservazione dei siti ne tengano conto. Lorenzo Cremonesi © RIPRODUZIONE RISERVATA 30 Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 31 Cultura & Spettacoli Inediti S’intitola Howe and Hummel e racconta la storia di due loschi avvocati nella New York del XIX secolo. È una commedia musicale inedita di Joseph Heller (nella foto, 1923-1999), lo scrittore americano noto soprattutto per il suo romanzo contro la guerra Comma 22 (uscito nel 1961, e pubblicato in Italia da Bompiani). Il testo dell’opera teatrale, che risale al 1962, è stato rinvenuto da uno studioso della Durham University, Edmund Richardson, nell’archivio della Yale University. Scoperta in Usa un’opera teatrale di Joseph Heller Novecento La saga familiare, pubblicata da Adelphi, dell’autrice nata in Urss nel 1970 che scrive in tedesco Un percorso di dolore e di speranza che passa attraverso le purghe staliniane, la guerra, la Shoah di Pietro Citati K atja Petrowskaja è nata a Kiev nel 1970: dopo aver studiato Lettere all’Università di Tartu, in Estonia, si è laureata a Mosca. Dal 1999 vive a Berlino: collabora ad alcuni giornali russi e tedeschi, tra i quali la «Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung». Poi si è lasciata in parte alle spalle il mondo russo, abbracciando l’inesauribile lingua tedesca e scrivendo in tedesco il romanzo Forse Esther (Adelphi), che è uno dei libri più belli, concentrati e drammatici della recente letteratura europea. Non a torto, qualcuno ha ricordato Austerlitz, il capolavoro di W.G. Sebald, da cui in parte discendono l’invenzione e lo stile. Ciò che è fondamentale, nel libro della Petrowskaja, è il mondo ebraico, sebbene essa dica apertamente che l’ebraismo è un mistero, e per quanto si faccia, si dica, si cammini all’indietro, resterà per sempre un mistero. Questo enigma si è perduto: nei campi di concentramento, dove il gas tedesco ha cercato di annullarne l’essenza; e nella memoria, incapace di conservarne la ricchezza. La perdita lamenta sé stessa, si deplora, si umilia, si accora. Di qui nasce la ricerca della Petrowskaja che da un lato riesce a cogliere tutti i fili del passato e a raccoglierli e a snodarli, e dall’altro fallisce e si chiude in un silenzio disperato. La ricerca conosce alcuni punti di appoggio. In primo luogo, zia Lida, che aveva taciuto su tutto, il marito, la sua sordità crescente, i compleanni dei morti e degli uccisi, occultando radicalmente il mistero. Una sola cosa era rimasta alla luce: la famiglia di zia Lida e della Petrowskaja insegnavano la lingua ai bambini sordomuti, aprendo scuole per sordomuti in Austria-Ungheria, Francia e Polonia. Suono dopo suono, parola dopo parola, i bambini Il riscatto dei sordomuti Pregare nella lingua dell’umanità più reietta Katja Petrowskaja rievoca un mondo ebraico annientato ❞ Nel 1941 migliaia di innocenti furono trucidati dai nazisti nei pressi di Kiev — quasi tutti orfani e vittime di pogrom — impararono a pregare; e dopo cinque anni il loro eloquio era così buono da risultare quasi indistinguibile da quello di coloro che avevano avuto nascendo il dono della lingua e dell’udito. Quando morì uno degli avi della scrittrice, l’intera Kiev sordomuta andò ai funerali: centinaia, migliaia di sordomuti dall’aspetto pacifico e tranquillo; c’era quel silenzio che regna soltanto quando a intendersi bastano gli sguardi. Nel libro la lingua dei sordomuti ha un grande valore simbolico: è, in realtà, la sola vera lingua umana, quella dei reietti e degli esclusi, che rappresentano il culmine del mondo. La Petrowskaja intende scrivere il suo libro in questa lingua, simile per molti aspetti a Simone Weil quando scriveva i Quaderni e l’Attesa di Dio. Ogni sillaba che pubblica deve rivelare la ferita: la ferita ancora aperta che non potrà mai guarire completamente. Tutto deve grondare di sangue, di lacrime, sebbene sia spesso l’ironia a mettere in luce e nascondere il sangue e le lacrime. L’altra figura fondamentale di Forse Esther è la nonna, Rosa. «Sono passati molti anni da quando la mia babuška è morta, ma io continuo a ritrovare le sue forcine per i capelli, quelle forcine sovietiche di un metallo nero e flessibile, ormai scomparse dal commercio con la disgregazione dell’Impero… Trovo le forcine di Rosa in ogni città del mondo, negli alberghi e negli appartamenti alti, come se Rosa vi avesse brevemente soggiornato, prima del mio arrivo, come se lei sapesse che mi ero sperduta e mi mostrasse la via di casa in casa con le sue forcine». La nonna scriveva continuamente: non cambiava foglio, ma scriveva pagine e pagine sullo stesso foglio; una riga aggettava sulla successiva, un’altra vi si posava sopra e tutte si sovrapponevano l’una all’altra come increspature di sabbia sulla spiaggia. Intanto Rosa diventava cieca: la sua vista si ottenebrava, mentre l’udito si faceva sempre più acuto e sensibile, così da consentirle di udire suoni che non conosceva nella sua giovinezza. Il racconto della Petrowskaja si estende e si allarga e raggiunge i tempi della madre: i tempi della persecuzione sovietica e nazista. Prima i processi del 1936-38: dove una prova inattendibile generava la successiva prova inattendibile, e quanto più inattendibili erano le singole parti della costruzione, tanto più reale risultava l’insieme del processo. Poi i massacri del 1941 a Babij Jar a fine settembre quando Kiev, la più antica città russa, dove da un millennio vivevano ebrei, diventò all’improvviso Judenfrei — ripulita dagli ebrei. Trentatremilasettecentosettantuno persone vennero uccise in un giorno solo. Poi i massacri continuarono per due anni: prigionieri di guerra, partigiani, marinai, giovani donne, altri ebrei della regione, passanti catturati per strada, zingari, sacerdoti e nazionalisti ucraini: in tutto tra cento e duecentomila persone. Nell’estate del 1943, mentre l’Armata Rossa si avvicinava a Kiev, i trecento prigionieri del vicino campo di concentramento di Syrez furono obbligati dai tedeschi a dissotterrare giorno e notte i morti, ad ammucchiarli in cataste di duemilacinquecento cadaveri ciascuna, a darvi fuoco e poi a sbriciolare le ossa. I prigionieri vennero costretti a cancellare le tracce, prima di essere a loro volta uccisi, di modo che anche chi aveva visto venisse cancellato, e alla fine non restasse più nulla: non un nome, non una traccia, non un racconto, non una lapide, non una tomba. Per vent’anni non ci fu a Babij Jar un solo segno che ricordasse il massacro. All’assassinio subentrò il silenzio — che ora la Petrowskaja annulla, nella sua amorosa ricerca di tutti i morti e dei loro nomi. © RIPRODUZIONE RISERVATA Il romanzo ● Il romanzo Forse Esther di Katja Petrowskaja (nella foto Dpa) è pubblicato in Italia da Adelphi (traduzione di Ada Vigliani, pagine 241, 18) ● L’autrice, nata a Kiev nel 1970, vive dal 1990 a Berlino dove collabora con la stampa tedesca. Nel 2013 ha vinto il premio Ingeborg Bachmann con un capitolo di Forse Esther Marc Chagall (1887-1985) Introduzione al teatro ebraico (1920). Galleria Tretjakov, Mosca IN PRINCIPIO Dalla nascita dell’Universo all’origine dell’arte Complesso Monumentale del Broletto Via Fratelli Rosselli, 20 NOVARA 29 | 11 | 2014 6 | 4 | 2015 Info: 199 151 115 www.mostrainprincipio.it Con il patrocinio di MIBACT Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo - MIUR Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca La mostra è promossa da Prodotta da Organizzata da In collaborazione con Partner di comunicazione Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera 32 A soli € 3,80 anche Idealei casa. fuor 0 ml 6 Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 Venezia Anche i liceali sostengono il «sublime Canova» TERZA PAGINA La difesa del patrimonio del Paese dovrebbe cominciare dalla scuola. Per questo è una bella notizia che un istituto scolastico sostenga con donazioni un bene artistico. Accade a San Donà di Piave (Venezia) dove studenti, famiglie, insegnanti e personale non docente del liceo classico «Montale», hanno risposto all’appello di Venice Foundation per il Museo Correr. Si tratta del «Sublime Canova», progetto per recuperare l’originario carattere unitario della raccolta dello Elzeviro / Unamuno e Bobbio PROSPETTIVE UMANISTICHE DELL’EUROPA Segna libro scultore, mettendo in evidenza la sua speciale «venezianità». Al restauro della sezione del Museo di piazza San Marco hanno contribuito con Venice Foundation, American Friends of Venice Foundation (succursale americana) e il Comité Français pour la sauvegarde de Venise. Il nuovo percorso espositivo del «Sublime Canova» sarà presentato domani al Correr. Franca Coin, presidente di Venice Foundation, è in prima linea nel tenere alta l’immagine della città. I suoi progetti 33 di difesa dei beni culturali si concretizzano con i quattrini dei privati. Idea colta dai liceali di San Donà di Piave. Dice Franca Coin: «In un’epoca di scadimento dei valori, le virtù di Canova fanno da contraltare. Anche da qui la mia adesione convinta al “Sublime Canova”, che rientra nel più ambizioso progetto del “Grande Correr”, portato avanti dalla direttrice Gabriella Belli». Marisa Fumagalli © RIPRODUZIONE RISERVATA La festa de «la Lettura» di Giuseppe Galasso P er Miguel de Unamuno, che la Spagna non partecipasse alla Prima guerra mondiale non era frutto di lodevole saggezza. Era la dimostrazione di un’arretratezza economica e civile. L’esiguo sviluppo industriale vietava di partecipare a una grande «guerra industrializzata» il cui esito, più che dalle armi, dipendeva «dalla conversione bellica delle arti e delle industrie pacifiche». Inoltre, si legge nel libro L’agonia dell’Europa (Medusa, pp. 126, 14,50), governo e conservatori temevano gli effetti rivoluzionari della guerra. Temevano che nella guerra si giocasse anche «il futuro interno del Paese». Si trattava di una neutralità, quindi, «forzata e vergognosa». Quella guerra, secondo Unamuno, opponeva il militarismo aggressivo dei regimi autoritari e conservatori, l’imperialismo di «popoli predatori», che conservavano lo spirito brutale dei popoli barbarici, alle democrazie e ai loro eserciti non di professionisti, ma di «un popolo civile in armi». Il nazionalismo domina, in effetti, l’orizzonte politico di Unamuno, che ne distingue due tipi assai diversi: quello che rivendica un diritto nazionale, riconosce e rispetta il diritto internazionale ed esclude lo spirito di conquista, e quello che si trasforma in aperto imperialismo, disconosce il diritto nazionale e il diritto internazionale e si nutre dello spirito di dominio. Questo nazionalismo imperiale è da lui respinto anche nella tradizione spagnola dell’Inquisizione, dei conquistadores, della monarchia assolutista. La stessa Società delle Nazioni non lo soddisfa: essa si limita ad associare nazioni esclusiviste, chiuse nei loro confini, facili al protezionismo. In ultimo, la sua visione esprime un nero pessimismo: «La guerra ha distrutto molto — uomini, sentimenti, valori... — e la pace non sembra in grado di ricostruire granché; anzi, forse non ricostruirà proprio niente, o quasi». In queste foto (servizio di Pietro Baroni), alcuni ospiti della festa per il terzo compleanno de «la Lettura» ieri in Sala Buzzati a Milano. Da sinistra, in senso orario: Emis Killa, Arturo Pérez-Reverte, Donato Carrisi e Toni Servillo Hemingway e il ragazzo che suonava la tromba (Il battello a vapore, pp. 192, 10) è il romanzo di Luisa Mattia che racconta una storia di amicizia e di lealtà tra il futuro scrittore, che presta servizio nella Croce Rossa, e un ragazzo italiano al fronte. L’opera, con gli utili approfondimenti di Paolo Colombo, inaugura una collana di romanzi storici per ragazzi di 10-12 anni dedicati alle vicende della Prima guerra mondiale. ✽ ✽ ✽ Pessimismo giustificato. Norberto Bobbio registrava nel 1984 con amarezza il verificarsi dei rischi adombrati da Unamuno. Nel 1945, diceva, «l’Europa era distrutta. Si era da se stessa distrutta». Solo in seguito si era scoperto che, «nonostante tutto, era sopravvissuta». E ciò grazie ai suoi «intellettuali migliori che ne avevano serbato la memoria, ne avevano ricostruito la storia, ne avevano mantenuto vivo lo spirito». Ne era stata rafforzata la spinta all’unità europea mentre, con la «guerra fredda», l’Europa era di nuovo divisa in due campi. Umberto Campagnolo, fondatore della Società europea di cultura, ritenne allora necessario «salvaguardare l’unità spirituale dell’Europa» con una pratica assidua del dialogo e che «questo fosse il compito specifico degli uomini di cultura», il loro «compito “politico”». Con Campagnolo Bobbio consentì appieno. L’Europa doveva, per lui, riprendere «coscienza della sua più profonda vocazione che l’ha portata a esplorare la terra, a prendere contatto coi mondi in sé chiusi di altre civiltà e che sola può rendere possibile l’unificazione del mondo verso la quale sembra sia fatalmente orientato il destino dell’uomo»: unificazione intesa come «un’opera morale nel senso più rigoroso del termine» e condotta nel segno dell’«idea universale dell’uomo». E in questo senso valeva «il concetto dell’Europa come civiltà dell’universale». Così, la guerra del 1914 aveva lasciato Unamuno scettico e sfiduciato, buon profeta di nuove sciagure dell’Europa, che si erano puntualmente verificate. La guerra del 1939 aveva, invece, convinto Bobbio circa un rinnovato destino «universale» dell’Europa, rimesso soprattutto all’«Europa della cultura», autonoma e diversa da quella politica degli Stati e dei partiti. Astrattezza utopistica? Forse, ma certo più aperta alla vita e alla storia di quanto non fosse la delusione di Unamuno per l’inconcludenza della «Grande guerra». © RIPRODUZIONE RISERVATA William Heath Robinson (1872-1944) fu un geniale illustratore londinese. In Gran Bretagna «Heath Robinson» è oggi una espressione idiomatica per un marchingegno complicato e inutile; in America «Heath Robinson» ha dato il nome a una macchina che decifrava codici nella Seconda guerra mondiale. Elliot propone ora una selezione di sue tavole in Macchine e invenzioni bizzarre (pp. 96, 19,50) a cura di Severino Colombo Voci da tutti i Paesi dell’Expo BookCity sarà internazionale Al lavoro per il 2015. Centotrentamila presenze: ieri grande chiusura di Cristina Taglietti A rchiviata la terza edizione, già si pensa alla quarta. BookCity chiude con un grande successo: 130 mila presenze nonostante gli scioperi e le manifestazioni di venerdì, il diluvio e gli allagamenti di sabato. Quasi mille eventi (975 per la precisione), 1.900 ospiti, 250 sedi, 265 case editrici coinvolte, 20 mila studenti e il successo «di un formato che è in continua evoluzione e che ogni anno diventa più ricco e più ampio» dice l’assessore alla Cultura del Comune di Milano, Filippo Del Corno. Un’edizione, giovane e social (l’hastag #BCM14 è stato più volte tra i trend topic), che ha voluto estendersi per mostrare «l’identità anche culturale della nascente città metropolitana», continua Del Corno. È la vittoria del modello Milano: «Con tante voci e luoghi culturali, con tanti editori e protagonisti di primo piano — dice Piergaetano Marchetti, presidente del comitato promotore — Milano non poteva sopportare un evento programmato dall’alto, una direzione forte. Questo era l’unico possibile». Così il festival diffuso, aperto, inclusivo è diventato una realtà affermata e Milano si è ricordata di essere, da sempre, la capitale del libro. Un convegno a Roma La lupara e l’aspersorio Quanti boss finti devoti di Alberto Melloni I n Calabria papa Francesco ha parlato di scomunica per i mafiosi, con un salto di qualità nella teologia della liberazione dalla mafia avviata da Paolo VI. Anche la ricerca ha fatto la sua parte in questi anni, dagli studi di Salvatore Lupo a una recente puntata de Il tempo e la storia di Massimo Bernardini. Tuttavia il convegno «L’immaginario devoto tra organizzazioni mafiose e lotta alla mafia», che si tiene il 20-21 novembre alla Casa della memoria e della storia di Roma per iniziativa di Lucia Ceci e Tommaso Caliò, segna uno sforzo inedito e una svolta. Studiosi di mezza Europa (Alessandra Dino, Deborah Puccio-Den, Federico Ruozzi, Francesca Sbardella e molti altri, fra cui don Luigi Ciotti) esplorano le fonti in cerca di domande nuove: dal primo Novecento al processo di beatificazione di don Puglisi, dalle omelie bergogliane alla narrativa delle vittime di mafia, dalla morale familista all’esproprio mafioso delle feste popolari. Un lavoro scientifico, non esaustivo: in futuro si dovrà toccare la relazione diocesi-latifondo, originaria nel legame con le famiglie; o la politica democristiana, che si trova in casa l’indulgenza di Andreotti e l’intransigenza di Scotti. Il convegno di Roma è un segno di speranza e di responsabilità degli studiosi. Oggi, sotto la superfice degli affari, nelle proteste che agitano il mondo desindacalizzato, perfino nella quiete che avvolge le grandi capitali mafiose, si sente il rumore sordo di chi ridisegna reclutamenti strategici, che la noncuranza dei pubblici poteri rende ancor più inquietante. © RIPRODUZIONE RISERVATA «Se è pieno il locale dove si parla dei Beatles e c’è gente in piedi nella sala in cui si discute di poesia moderna significa che BookCity risponde alle tante domande, ai tanti bisogni dei milanesi. Molti ci sono venuti a cercare, dalle parrocchie alla forze armate, proponendoci i loro progetti, siamo aperti a tutti». Marchetti pone l’accento sulle novità di quest’anno, soprattutto l’impegno delle università («Soltanto la Statale aveva un centinaio di eventi, ha festeggiato con noi i suoi novant’anni»), mentre una conferma è quella arrivata dalle scuole. Per il 2015 BookCity ha già annunciato un’edizione specia- le che si svolgerà l’ultimo weekend di ottobre in concomitanza con la chiusura di Expo e che vuole lavorare in modo sinergico. I contenuti sono tutti da costruire, ma l’idea — dice Marchetti — «è di valorizzare il carattere internazionale della manifestazione, quindi voci che vengano da tutte le culture del mondo. Ci piacerebbe raccontare tutti i Paesi rappresentati attraverso le loro espressioni letterarie. E anche i luoghi, tenendo fermo il Castello Sforzesco come cuore della manifestazione, potrebbero essere arricchiti aprendo anche a quelli dell’Esposizione». © RIPRODUZIONE RISERVATA 34 Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera SPETTACOLI Il sovrintendente Pereira: farò di tutto per riportare Muti sul podio della Scala Riccardo Muti alla Scala? «Farò tutto ciò che posso per riportare il maestro a Milano» ha assicurato ieri il sovrintendente del Piermarini, Alexander Pereira (nella foto), intervistato da Armando Torno nel programma «Musica Maestro» di Radio 24. «Quando dico (e Riccardo Chailly dice la stessa cosa) che vogliamo veramente riportare Riccardo Muti non è modo di farsi belli di fronte al pubblico, è una cosa che è molto forte nel mio cuore». Perché Muti, continua Pereira, «dopo tutto quello che è successo a Roma, non ha più un vero piede in Italia a parte la bellissima attività con la Cherubini. Noi abbiamo un’amicizia forte, ci siamo visti l’ultima volta a Salisburgo, mi ha dato molta forza per il mio lavoro, e non dimenticherò un secondo questa idea». Pereira aveva già detto di voler riportare Muti alla Scala qualche settimana fa. «L’Italia — aveva sottolineato il sovrintendente della Scala — non può lasciare senza domicilio le sue idee artistiche». L’intervista Protagonista del concerto con suor Cristina e Patti Smith La boyband One Direction: scoperta dell’eros nel nuovo disco Q L a dance conquista anche il Natale. La scorsa estate è stata territorio di conquista per i suoni elettronici, da Avicii a Calvin Harris i deejay sono usciti dalle discoteche e dagli aperitivi in spiaggia per arrivare nelle classifiche. Cambia la stagione ma non cambia la musica. Fra gli ospiti della 22ª edizione del Concerto di Natale, il tradizionale appuntamento benefico in onda su Rai2 la sera della Vigilia, ci sarà anche Bob Sinclar. Il deejay francese è nel cast dello spettacolo, che sarà registrato il 13 dicembre all’auditorium Conciliazione di Roma, assieme a Patti Smith (con la figlia Jesse Paris), Alessandra A m o ro s o , Re n zo A r b o re , Imany, suor Cristina, Dolcenera, Chiara Galiazzo e altri. «Oggi tutto è dance music. Tutti gli artisti vogliono essere prodotti da un deejay o fare una canzone dance» commenta il 45enne. Solo qualche anno fa la parola discoteca faceva coppia con sballo. «Una quindicina di anni fa nelle interviste mi chiedevano sempre di rave e droga. Non sapevo come rispondere: sono sempre stato lontano da anche da alcol e sigarette. Col tempo ho creato un’immagine diversa del deejay, l’ho portata ad avere lo status dell’artista». La Francia è stata la culla del movimento e David Guetta l’ha portato in tutto il mondo. «Tra di noi non c’è competizione. Riconosco il talento di un ragazzo che ha avuto una visione: Guetta ha pensato che la sua musica avrebbe potuto funzionare negli Usa. Quella è stata la chiave di volta: il successo in America è sempre la porta per quello nel mondo». Sinclar ha un rapporto particolare con l’Italia. Tutto è partito con «Love Generation», tormentone del 2005 grazie a uno spot della Tim che usava la can- Alla consolle Bob Sinclar è nato il 10 maggio del 1969: ha iniziato a suonare a 18 anni ma il successo per lui è arrivato nel 2005 con «Love Generation» uota 100 è vicina. Nella loro (breve) storia gli One Direction (foto) sono stati al numero 1 da qualche parte nel mondo per 96 volte. Le quattro che mancano per la cifra tonda arriveranno con «Four», nuovo album che esce oggi. Cifra tonda in arrivo anche per i dischi venduti: 46 milioni. E fra il quarto disco e il dvd «Where We Are – Live from San Siro stadium» i due traguardi sono già in tasca alla boyband. Le atmosfere dei nuovi brani replicano la formula vincente: melodie orecchiabili, ballad più spensierate che smielate, voglia di ballare. Harry, Louis, Liam, Niall e Zayn continuano a crescere. Non solo con il conto in banca. In «Midnight Sinclar, un Natale dance «E sogno duetti italiani» Il dj superstar: la mia musica femminile più amata da voi che in Francia Voci Patti Smith, 67 anni; in alto, suor Cristina (26) zone come colonna sonora. Più di recente Bob ha duettato con Raffaella Carrà nel remix di «Far l’amore» ed è stato nel cast di Vacanze di Natale a Cortina. «Da voi sono più amato che in Francia: del resto nessuno è profeta in patria... — ride —. Una collaborazione nasce sempre da una reazione chimica fra due persone, ma l’idea di duettare ancora con uno dei vostri nomi storici mi convince: Paolo Conte o Zucchero sarebbero perfetti». Con quel fisicaccio non sarà riuscito a vincere Wimbledon, ma è diventato un modello per una casa di intimo. I deejay sono le nuove star. «Preferisco definirci artisti. Le star sono una cosa volgare. Vai in tv un po’ di volte e, nel giro di un paio di settimane, diventi una star. Si tratta di personaggi che vivono nel momento e si bruciano in fretta» dice. Il percorso deve essere un altro. «Bisogna costruirsi una carriera come facevano una volta le band alla Pink Floyd e Rolling Stones che arrivavano al successo dopo solide esperienze — suggerisce —. Altrimenti si azzecca solo una hit e non si avrà mai una carriera a lungo termine». Durante la serata Sinclar proporrà in anteprima «I want you», il suo nuovo singolo. «Niente remix di canzoni natalizie, non fanno per me» scherza. Per il video del brano ha lanciato un appello online alle donne: fatevi un video in cui siete «belle e sexy» e le riprese finiranno nella clip. «Non divido la musica per generi. Per me la musica si divide in musica ❞ Nessuno è profeta in patria... Collaborare con Conte o Zucchero sarebbe l’ideale Sono stato battezzato ma non sono praticante. Credo a una forza superiore maschile e musica femminile: è tutta questione di melodie e armonie. La mia musica è femminile e si contrappone a quelle canzoni aggressive ta-ta-tata che si sentono da un paio d’anni. Voglio vedere le ragazze che ballano, perché anche allora lo fanno anche i ragazzi e il party funziona». Papa Francesco non ci sarà, ma la serata resta un appuntamento benefico legato alla sfera cattolica organizzato dalla Fondazione don Bosco nel mondo. «Sono stato battezzato, ma non sono praticante — confessa Bob —. Credo che sia una forza superiore che ci guida e che ognuno deve riuscire a trovare dentro di sé». Andrea Laffranchi © RIPRODUZIONE RISERVATA Memories» la malizia era spuntata nei testi: ragazzi e ragazze pensavano ad altro ma si guardavano ancora negli occhi. Qui, pur rimanendo nel romantico, la fatidica prima volta è una realtà. Ci sono cuscini stropicciati e doppi sensi («No control»), alcol con cui brindare («Girl Almighty»), un vestito rosso che fa arrabbiare mamma ma è quello giusto per una serata in cui arriverà quella cosa che si ricorda per sempre («Night Changes»). Del resto una canzone si chiama «18» (e la firma Ed Sheeran) e la maggiore età è qualcosa del passato: «Ti voglio amare come mi facevi stare quando avevamo 18 anni». Insomma i ragazzi sono cresciuti. E forse i papà devono iniziare a tenere d’occhio le loro figlie. A. Laf. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 SPETTACOLI Aveva 65 anni «Un grande saluto al mio amico Stefano che se n’è andato in cielo troppo presto. Giorgione ti ricorderò sempre». Bud Spencer ricorda così, sulla sua pagina Facebook, Stefano Mingardo, protagonista del film «Bomber» in cui recitava il ruolo del pugile Giorgione (a sinistra nella foto con Spencer sul set del film). Ex giocatore di football, Mingardo era conosciuto con il nome di Mike Miller ed era nato il 4 gennaio del 1949. A ricordarlo su Twitter anche Massimo Boldi («Ciao Stefano, quanti ricordi») e Jerry Calà che con Stefano aveva lavorato nel film «Bomber». Addio a Mingardo pugile in «Bomber» con Bud Spencer Incassi Usa Jim Carrey torna in vetta al box office Vent’anni dopo, Jim Carrey è ancora in vetta al box office americano con il sequel di Scemo & più scemo. Il secondo capitolo del film uscito nel 1994 ha fatto incassare 38.1 milioni di dollari nel weekend, battendo il film d’animazione della Disney Big Hero 6: nella seconda settimana nelle sale ha guadagnato 36 milioni. Terza posizione per il kolossal di Christopher Nolan Interstellar, sempre da due settimane al cinema: nell’ultima ha fatto registrare 29.2 milioni di incassi. Vince la Natura nel film di Godard senza personaggi («Gli indiani per indicare il mondo usano la parola foresta» ci dice. E poi c’è L’origine del mondo di Courbet) o di lui seduto in bagno: la donna e l’uomo «ridotti» alle loro funzioni vitali. Senza Storia, solo con la loro Natura. La filosofia del regista in «Adieu au langage» di Paolo Mereghetti Autore È uno dei tanti luoghi comuni dell’anticritica: i film di Godard sono incomprensibili, e la sua ultima regia — Adieu au langage, Addio al linguaggio, premiato al festival di Cannes, da giovedì 20 nelle nostre sale — ne sarebbe l’ennesima dimostrazione. Potrebbe essere vero se ci si accostasse a un suo film come a un’opera tradizionale, ma sono anni che Godard ha abbandonato questo tipo di linguaggio cinematografico per percorrere altre strade. Così è anche per Adieu au langage. Nessuna trama Verso i due terzi del film la donna «protagonista», seduta davanti a un video dove scorre Metropolis di Lang, dice di aver ● Regista e sceneggiatore, Jean-Luc Godard è nato a Parigi il 3 dicembre 1930 ● Esponente influente della Nouvelle Vague ha vinto l’Oscar alla carriera nel 2011 «sempre odiato i personaggi». È Godard che parla per bocca sua e ci vuole dire che questo film non ha una trama (con dei personaggi) ma piuttosto vuole dare forma e immagine ad alcune idee che gli stanno a cuore. E lui che ha sempre usato i suoi film per fare i conti con la Storia, affronta anche qui lo scontro tra Natura e Storia come ha sempre fatto col suo cinema: da una parte come capacità di racconto, dall’altra come capacità di intervento. La sconfitta della Storia La dialettica Storia/Natura (all’inizio del film, le persone che agiscono, che fanno versus i panorami che si ammirano, che si fanno osservare) si riflette nelle due «anime» del linguaggio cinematografico, la finzione e il documentario, il montaggio e il piano-sequen- ● La recensione Uno straordinario Gabriele Ferro per la «Salome» al teatro San Carlo di Paolo Isotta Q Direttore Gabriele Ferro, siciliano, figlio del compositore Pietro, è stato nominato di recente direttore musicale del Teatro Massimo di Palermo uello che sto per raccontare si può quasi chiamare un miracolo. Nicola Luisotti venne nominato direttore musicale del San Carlo di Napoli; di recente ha rinunciato a questo incarico; e con esso anche a dirigere la Salome di Richard Strauss che s’era egli medesimo programmata per questi giorni. Onde il Teatro ha pregato Gabriele Ferro, uno dei più grandi direttori viventi, di voler concertare lui l’Opera; e Ferro ha accettato. Ha dovuto rivedere il piano delle prove e soprattutto lavorare a fondo con l’orchestra. Di essa ancora due anni fa io dicevo gran bene ma non si può credere quanto nel corso della gestione Luisotti sia decaduta. Il nostro maestro, palermitano di nascita, ha compiuto una straordinaria opera di rifondazione dell’intonazione e della pulizia: e per tutti voglio ricordare come eccellenti il più acuto e il più grave degli strumenti, il clarinetto piccolo e il controfagotto; da veterano straussiano (ricordiamo al San Carlo una mirabile Elettra da lui concertata) ha assistito i cantanti nelle minute loro esigenze. Io credo che oggi, se si eccettuano Kirill Petrenko e Axel Kober, nessun tedesco possa dirigere Strauss altrettanto bene. L’ottima compagnia di canto vede protagonista Annemarie Kremer, grande attrice che ha danzato ella stessa come una coreuta la Danza dei sette veli (ricordo che nell’incomparabile Salome diretta da e con regia di Karajan nel 1977 a Salisburgo Hildegard Behrens venne doppiata da una ballerina); Kim Begley come Erode, Natascha Petrinsky quale Erodiade, e un tenore dallo squillo, Wookyung Kim, quale Narraboth. Meno preparato Markus Malquardt come Giovanni. Di primo acchito mi sono irritato per la regia, che traspone l’opera ai giorni nostri: si deve a Manfred Schweigkofler, su scene di Nicola Rubertelli, molto bravo a fare un falso Chagall; tuttavia col procedere della rappresentazione ho ammirato la recitazione di tutti e la grande aderenza dello spettacolo al testo, anche nei suoi aspetti più scabrosi e impopolari. 35 za, Sergej Ejzenštejn contro Dziga Vertov. Con gli anni, però, Godard sembra aver perso fiducia nella Storia, nella sua capacità di «guidare» la Natura. Come spiega con il paradosso del 1933, quando Hitler andò al potere e nacque la televisione: perché è vero che la Storia ha sconfitto il nazismo ma poi Godard ci dice che le sue idee hanno vinto proprio grazie alla televisione. Ecco perché in questo film la Storia è ridotta a poche scene «prive di senso» (corse, fughe, colpi di pistola) mentre la Natura conquista più spazio, come mostra un cane che scorrazza allegro. L’Uomo e la Natura Godard ha sempre raccontato storie di coppie, dai tempi di Fino all’ultimo respiro, ma ogni volta accentuando un suo percorso di «semplificazione». Anche qui c’è una coppia, ma senza nome e spesso senza vestiti, ultimo stadio di un processo d’astrazione che ha «cancellato» i personaggi a favore della loro essenza. Ecco il perché dei primi piani sul ventre di lei e la sua «foresta» di peli Coppia Una scena di «Adieu au langage», Premio della giuria a Cannes 2014. Il 39° film di JeanLuc Godard sarà nelle nostre sale da giovedì 20 novembre La tecnologia e il 3D Ma siccome Godard è prima di tutto uomo di cinema, ecco che non può dimenticare il nesso tra linguaggio, storia e tecnologia, che trova la sua sintesi nell’uso del 3D, letteralmente la capacità di sovrapporre due immagini per farne una. A volte perfettamente fuse, altre volte impossibili da decriptare (bisogna guardare con un occhio solo, alternando destro e sinistro), perché il processo dialettico capace di «unire gli opposti» — in questo Godard è rimasto un marxista — ha ancora molta strada da fare. La speranza nel finale Tutto è perduto allora? No, perché il film si chiude sul vagito beneaugurante di un neonato, mentre i versi cantati all’inizio e alla fine da Pino Masi («oggi ho visto nel corteo/ tante facce sorridenti/le compagne quindicenni/gli operai con gli studenti») sono un inno alla speranza. Adieu au langage non è un addio, è un nuovo inizio. © RIPRODUZIONE RISERVATA 36 Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 ● 37 Risponde Sergio Romano PATRIOTTISMO ITALIANO LE BATTAGLIE DA VINCERE Caro Romano, lo stillicidio dei giornali di partito che chiudono continua. Dopo Europa e l’Unità (senza dimenticare Avanti!, Liberazione e altri), anche la Padania ha annunciato che cesserà le pubblicazioni a partire dall’1 dicembre. È giunto il momento di prendere atto che i giornali di partito non hanno più ragione di esistere, per la semplice ragione che nessuno li legge. È un bene? Teresiana Eliodeni terry420@hotmail.it Proverei rammarico se quei giornali fossero stati sostenuti dalla fedeltà e dai contributi dei lettori. Ne provo meno se penso che vivevano di contributi statali provenienti spesso dalle tasche di coloro che non condividevano necessariamente le loro idee. MANAGER PUBBLICI Esame preventivo I professionisti che curano faccende private sono tenuti per legge a superare un esame di Stato dopo avere espletato un periodo di pratica obbligatoria. Sono tenuti altresì a stipulare per legge un assicurazione per Rc professionale obbligatoria i cui estremi sono da indicare nell’incarico verso il cliente. Non si comprende come mai amministratori che gestiscono beni e servizi di ingente valore e decidono di materie di rilevanza pubblica siano esentati da qualsiasi esame preventivo ma soprattutto dal fornire qualsiasi tutela a beneficio degli amministrati. Paolo Fiorini Verona GOVERNO Fallimento o successo Da sempre assistiamo a cambiamenti della attuazione di Pierluigi Battista Le periferie disperate che i romani non vedono LETTERE AL CORRIERE GIORNALI DI PARTITO Questione di fondi ●Particelle elementari Le lettere firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a «Lettere al Corriere» Corriere della Sera via Solferino, 28 20121 Milano Fax: 02-62827579 @ lettere@corriere.it www.corriere.it sromano@rcs.it La tua opinione su sonar.corriere.it Il ministro dell’Interno e leader di Ncd, Alfano: famiglia al centro di una rivoluzione fiscale. Siete d’accordo? SUL WEB Risposte alle 19 di ieri Sì Lavoro a Londra dove l’11 novembre sono stati ricordati tutti i caduti degli ultimi cento anni, dalla Grande guerra a oggi. Alla televisione sono stati dati ampi spazi anche a quei Paesi che analogamente celebravano questa ricorrenza, Francia, Belgio, ecc. È in corso una raccolta fondi nazionale che viene individuata con i papaverini di carta (poppies) che tutti gli uomini, dico tutti, indossano in Inghilterra. Visivamente è commovente vedere tutti uniti in questa raccolta, perché tutti sentono di dover ringraziare altri che si sono sacrificati per la libertà di oggi. In Italia non ho avvertito l’eco di queste cerimonie, per non parlare del silenzio istituzionale e della mancanza di valorizzazione che questo silenzio comporta. Significa che gli uomini che sono morti negli ultimi 100 anni a difesa della nostra patria e dei nostri valori non valgono niente? Non ho parole per raccontare la mia amarezza e il dolore che ciò mi provoca. Clarice Pecori Giraldi cpecorigiraldi@christies.com Cara signora, nch’io ho visto le immagini televisive di alcune celebrazioni europee e anch’io ho provato un po’ d’invidia per la serietà e la dignità con cui migliaia di persone rendevano omaggio contemporaneamente ai morti e alla patria per cui erano caduti. Ma nonostante i nobili tentativi di Carlo Azeglio Ciampi durante il suo settennato, ogni manifestazione patriottica, in Italia, rischierebbe in di essere accolta, soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, con indifferenza e scetticismo. La Grande guerra fu una drammatica esperienza nazionale da cui il Paese uscì vincitore. Ma il fascismo si appropriò di quell’evento imprigionandolo in un nazionalismo becero, arrogante e ipertrofico che lo ha reso inviso e sospetto a una parte considerevole della società nazionale. Il sentimento patriottico si nutre di vittorie milita- A ri e, forse soprattutto, di sconfitte riscattate. Le vittorie italiane non sono state numerose e le sconfitte, purtroppo, demoralizzanti. L’albero del patriottismo cresce rigoglioso là dove la solidarietà nazionale, nel momento delle grandi prove, mette a tacere ogni divergenza. L’Italia, negli ultimi cento anni, è stata teatro di tre scontri civili: il primo durante il biennio rosso (19191921), il secondo dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, il terzo negli anni di piombo. L’amor di patria ha bisogno di leggende condivise. In Italia quelle del Risorgimento e della Grande guerra sono state progressivamente smantellate da generazioni di intellettuali e insegnanti a cui premeva soprattutto dimostrare che l’unità nazionale era tutt’al più una operazione diplomatica, priva di qualsiasi legittimità popolare. Più recentemente, a proposito della Grande guerra, abbiamo avuto la sensazione che la memoria dei disertori fosse più importante di quella delle medaglie d’oro. La patria ha il volto delle sue istituzioni. Nella storia dell’Italia la monarchia ha avuto molti meriti, ma l’8 settembre ha disperso il capitale di rispettabilità che Casa Savoia aveva accumulato in passato. La Repubblica ha una Carta invecchiata che rispecchia situazioni ed esigenze molto diverse da quelle degli anni in cui fu scritta. Ma è difesa da un quadrato di conservatori che si credono progressisti. Ancora una osservazione, cara signora. Le battaglie vinte di cui si nutre il sentimento patriottico non sono soltanto quelle militari. Oggi, in un contesto alquanto diverso da quello dei nazionalismi e degli interventismi, dobbiamo vincere soprattutto battaglie civili ed economiche: per il risanamento del debito, per la riforma della Costituzione e della giustizia, per il riscatto e lo sviluppo del Mezzogiorno. Di un Paese che riuscisse a vincere queste battaglie avremmo tutti il diritto e il dovere di andare orgogliosi. © RIPRODUZIONE RISERVATA 66% 34% No La domanda di oggi Il leader progressista radicale greco, Alexis Tsipras: l’austerity non è la soluzione, ma il problema per l’Europa. Giusto? dei programmi di governo su pressione di manifestazioni di piazza. Se la piazza riesce a cambiare i programmi di un governo legittimamente eletto, la responsabilità di quelle scelte, nel caso gli obiettivi non vengano raggiunti o i problemi si aggravino, dovrebbe essere equamente divisa. La domanda che mi faccio è questa: se un governo non riesce ad attuare il programma con cui si è presentato agli elettori perché viene sottoposto a pressioni, la responsabilità è tutta del governo? Sergio Guadagnolo sergioguadagnolo@ virgilio.it metro, «guidatori» ubriachi che uccidono pedoni: forse è arrivata l’ora di chiamare col loro nome queste persone. Marco Pozzi, Monza PAROLE E FATTI Il nome giusto LIBIA Meglio intervenire? «Ragazzi» che picchiano autisti, «tifosi» che assaltano poliziotti, «no Tav» che devastano cantieri, «inquilini» che occupano case, «antagonisti» che devastano sedi di partito, «writers» che imbrattano la L’Italia non dovrebbe occuparsi con più attenzione della crisi libica? Non sarebbe opportuno un nostro intervento diretto come quello della Francia in Mali? Tommaso Procopio I n quasi sessant’anni di vita a Roma (sia pur con corposi tradimenti milanesi) non avevo mai visto Tor Sapienza e Corcolle. Anche l’altra sera in un’animata discussione tra gente dei quartieri alti sul Babuino pedonalizzato, si è constatato che nessuno aveva messo mai piede a Tor Sapienza e Corcolle. Perciò ho letto l’ottimo reportage di Goffredo Buccini dalle trincee del degrado metropolitano di Tor Sapienza e Corcolle con lo stesso senso di stupore di una lettura dei grandi etnologi e antropologi. Mi sono specchiato come un romano baciato dal privilegio di un autobus o di una farmacia aperta che non sa nulla della vita di centinaia di migliaia di altri romani recintati nelle periferie urbane. Perché quando fa buio Roma non è una. C’è quella della grande bellezza poverina, delle esuberanze superalcoliche di una sguaiata movida. E quella che esplode nella violenza e nella paura quotidiana. La Roma degli insider e quella degli esclusi. La Roma monumentale e quella degli invisibili. Perciò gettare la croce addosso agli esclusi, ai dannati, ai reietti non è cosa buona e giusta. Trasferiamo a Piazza di Spagna, o a Prati o ai Parioli (non ad Acilia) la bomba umana che le autorità concentrano nelle riserve degli invisibili. E poi vediamo dove va a finire il nostro argomentare beneducato. È appena uscito, con nuovi arrangiamenti, una raccolta meravigliosa di canzoni di Francesco De Gregori: «VivaVoce». Nella sua «Storia» canta versi che sono un inno alla dignità umana: «La storia siamo noi, siamo noi queste onde del mare, questo rumore che rompe il silenzio, questo silenzio così duro da masticare». La storia, però, non sempre è di tutti. Perché c’è un «noi» che non esiste, rinchiuso nell’incubo di una vita ingiusta e piena di pericoli, a qualche chilometro dalla cupola di San Pietro. E che rompe il silenzio, come in questi giorni, con un «rumore» che ci appare quasi insopportabile. La storia non sono «loro». Sono loro quando l’esasperazione tracima e si fa rabbia incontenibile e allora accorrono le telecamere e dal nulla, dal terrore quotidiano, gli esclusi e invisibili «esistono». Non votano più. Si sentono estranei. Senza scampo. Cosa cova lì sotto? Altro che ditini alzati, con rimproveri professorali. E non ci sono Pasolini e Walter Siti a raccontarci la vita di quelle che un tempo venivano chiamate «borgate» e oggi sono solo «periferie». E nemmeno un Carlo Levi a scrivere che «Cristo si è fermato a Tor Sapienza». © RIPRODUZIONE RISERVATA Zambrone Bozzetto INTERVENTI E REPLICHE I campi di internamento in Svizzera In un’intervista sul Corriere del 14 novembre (a firma di Aldo Cazzullo), tra molte affermazioni e dichiarazioni, alcune nel frattempo già diventate oggetto di dibattito, l’ingegner Carlo De Benedetti, ricordando gli anni in cui fu rifugiato in Svizzera, assieme alla sua famiglia, parla di «campo di concentramento» riferendosi all’edificio, il vecchio albergo Majestic di Lugano, in cui trascorse la quarantena subito dopo la fuga dall’Italia. Siccome De Benedetti reitera questo concetto da tempo, avendolo già enunciato nel saggio di Alberto Statera «Un certo De Benedetti», ripreso da Renata Broggini in «Terra d’asilo – I rifugiati italiani in Svizzera 1943-45» (editore il Mulino, pag. 166), mi sembra opportuno ripristinare un po’ di verità storica precisando che in mai ci furono in Svizzera campi di concentramento, bensì di «internamento», e che i De Benedetti, come migliaia di altri italiani (i quali si esprimono generalmente in ben altri termini riguardo a quegli anni e avvenimenti) furono rifugiati e non deportati in Svizzera, come viceversa avveniva per i veri campi di concentramento esistenti in Germania. Quanto ancora ai De Benedetti in particolare, vale altresì la pena di ricordare che, dopo la breve «quarantena» al Majestic di © 2014 RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI DEL LUNEDÌ CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DIRETTORE RESPONSABILE PRESIDENTE Angelo Provasoli Ferruccio de Bortoli VICE PRESIDENTE Roland Berger CONDIRETTORE AMMINISTRATORE DELEGATO Pietro Scott Jovane Luciano Fontana VICEDIRETTORI Antonio Macaluso Daniele Manca Giangiacomo Schiavi Barbara Stefanelli CONSIGLIERI Fulvio Conti, Teresa Cremisi, Luca Garavoglia, Attilio Guarneri, Piergaetano Marchetti, Laura Mengoni DIRETTORE GENERALE DIVISIONE MEDIA Alessandro Bompieri Sede legale: Via Angelo Rizzoli, 8 - Milano Registrazione Tribunale di Milano n. 5825 del 3 febbraio 1962 Responsabile del trattamento dei dati (D. Lgs. 196/2003): Ferruccio de Bortoli privacy.corsera@rcs.it - fax 02-6205.8011 © COPYRIGHT RCS MEDIAGROUP S.P.A. DIVISIONE QUOTIDIANI Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo quotidiano può essere riprodotta con mezzi grafici, meccanici, elettronici o digitali. Ogni violazione sarà perseguita a norma di legge. DIREZIONE, REDAZIONE E TIPOGRAFIA 20121 Milano - Via Solferino, 28 Tel. 02-62821 DISTRIBUZIONE m-dis Distribuzione Media S.p.A. Via Cazzaniga, 19 - 20132 Milano - Tel. 02-2582.1 - Fax 02-2582.5306 PUBBLICITÀ RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano - Tel. 02-25846543 - www.rcspubblicita.it Lugano, l’intera famiglia venne ospitata, con la garanzia di un amico svizzero, in una pensione di Lucerna e i due figli Carlo e Franco vi frequentarono come «uditori» le scuole pubbliche, imparandovi il tedesco (sempre da «Terra d’asilo», pag. 219). A mio modesto avviso, circostanze più che sufficienti per coltivare un ricordo di gratitudine e non di disprezzo, come risalta invece dalle parole di De Benedetti. Il quale, peraltro, ha poi chiesto e ottenuto anche la cittadinanza elvetica. È immaginabile, tanto per osare un confronto, un Primo Levi che avesse chiesto la cittadinanza tedesca? Mauro Maestrini, Muzzano (Svizzera) EDIZIONI TELETRASMESSE: RCS Produzioni Milano S.p.A. 20060 Pessano con Bornago - Via R. Luxemburg - Tel. 02-95.74.35.85 • RCS Produzioni S.p.A. 00169 Roma Via Ciamarra 351/353 - Tel. 06-68.82.8917 • RCS Produzioni Padova S.p.A. 35100 Padova - Corso Stati Uniti 23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l. 70026 Modugno (Ba) - Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società Tipografica Siciliana S.p.A. 95030 Catania - Strada 5ª n. 35 - Tel. 095-59.13.03 • L’Unione Sarda S.p.A. 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In Veneto, non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorVen. € 0,93 + € 0,47; ven. Corsera + Sette + CorVen. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47; sab. Corsera + IoDonna + CorVen. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47. In Trentino Alto Adige, non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 + € 0,47; ven. Corsera + Sette + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47; sab. Corsera + IoDonna + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47. A Bologna e prov. non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorBo € 0,62 + € 0,78; ven. Corsera + Sette + CorBo € 0,62 + € 0,50 + € 0,78; sab. Corsera + Io Donna + CorBo € 0,62 + € 0,50 + € 0,78. A Firenze e prov. non acquistabili separati: l/m/m/g/d Corsera + CorFi € 0,62 + € 0,78; ven. Corsera + Sette + CorFi € 0,62 + € 0,50 + € 0,78; sab. Corsera + Io Donna + CorFi € 0,62 + € 0,50 + € 0,78. 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Euro2016 A Milano partita sospesa e poi ripresa, un risultato che va bene a tutti e due Cacciamo i violenti dagli stadi e dalla nostra vita di Mario Sconcerti N el 1848 fu la guarnigione croata a Milano a far scattare la rivolta che portò alle Cinque giornate. Si trattò di fuoco anche allora: partì infatti il divieto di fumare per tutto il popolo milanese. I soldati croati giravano così per le strade fumandosi un sigaro dietro l’altro, provocavano la gente. Avevano voglia di dare una lezione che poi arrivò. Ma almeno allora c’era un motivo serio. Oggi è quasi impossibile trovare spiegazioni al comportamento degli ultrà croati. È stato teppismo puro, di quelli che vogliono solo affermare se stessi. Motivazioni da anni Ottanta, inizio delle rivolte da stadio, quando c’era la rabbia ma non si capiva ancora per cosa e soprattutto il tifo organizzato non era ancora un’azienda. Ritrovarlo oggi che abbiamo ufficialmente problemi più seri di una partita di calcio e i primi ultrà hanno i capelli bianchi, non è solo incomprensibile, è intollerabile. Non è più quel tempo, non c’è più quella pazienza. Non si può più vedere. Basta prevaricare gli altri, occupare il loro divertimento, il tempo libero; basta essere condannati alla vecchia incertezza barbara dove comandano solo i più prepotenti. Dopo decenni di spettacoli del genere questa è la vera conquista, che non è più sopportabile una storia così . Se gli imbecilli si sono inventati un nuovo tempo e sono diventati criminali, bisogna trattarli per quello che sono. Cacciarli non solo dagli stadi, ma dalla vita degli altri. Per far questo serve che ognuno faccia bene il suo dovere. I croati hanno esploso a San Siro un arsenale che non sarebbe dovuto entrare. I responsabili oggettivi di questa partita eravamo noi. Si possono seriamente controllare settantamila persone in meno di due ore? Certamente no e non per una partita di calcio tra due nazioni amiche. Non c’è tempo e non c’è motivo. La soluzione più civile sarebbe ogni tanto smettere davvero, lasciare soli i violenti con l’inutilità dei gesti. Ma chi pagherebbe realmente tutto se non quelli che erano andati solo a vedere un po’ di calcio? Siamo in un «cul de sac», ci siamo da tanto tempo. La soluzione non è redimere i cattivi, è condannarli a rimanere fuori. E avere un ordine pubblico che sia in grado di farlo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Vantaggio Il gol di Candreva, 27 anni, che ha illuso gli azzurri. Poi il grave errore di Buffon ha riportato in parità la sfida contro la Croazia (Action Images) Un’Italia di lotta Situazione Colpo maltese Il pareggio conquistato da Malta in Bulgaria, oltre a essere un risultato sorprendente, fa molto comodo all’Italia. I bulgari dovevano essere, nel pronostico, gli avversari più temibili dell’Italia dopo la Croazia, con questo pareggio, invece, restano molto indietro nella classifica comandata a quota 10 da azzurri e croati Norvegia o.k. Sale invece la Norvegia che, dopo aver perso in casa con l’Italia, ha sempre vinto e ora è a una sola lunghezza dalla coppia di testa MILANO L’Italia è viva e lotta con Antonio Conte. Il pareggio accontenta gli azzurri e i croati, che restano insieme in testa al girone H; la squadra d Kovac ha dimostrato di essere più avanti nella costruzione e si sapeva, d’altronde al Mondiale era uscita per l’aiuto dato al Brasile. Ma invece di chiedersi perché l’Italia abbia sofferto tanto, bisognerebbe osservare la lista degli assenti, da Pirlo a Verratti, da Florenzi a Giaccherini, tutti infortunati, più Ogbonna e Balotelli (a parte Bonucci, squalificato), per capire quanto abbia fatto fatica il c.t. a presentare una squadra all’altezza della partita più difficile del girone. E perché il calcio italiano si trovi in queste condizioni. Quando sembrava stesse cadendo, contro avversari migliori, ma troppo presuntuosi per arrivare in alto, l’Italia ha sempre trovato le energie per riemergere e ribaltare la situazione. La partita ha rischiato di non finire, perché l’arbitro Kuipers (con fischietti italiani non sarebbe mai successo) ha rimandato le squadre negli spogliatoi al 30’ della ripresa, quando sono piovuti in campo razzi e fumogeni dallo spicchio di secondo anello occupata da un gruppo di ultrà croati. Siccome la partita stava scivolando via senza intoppi è apparsa chiara la volontà di creare l’incidente, anche se non si capisce come sia potuto entrare tutto questo materiale pirotecnico, visto l’imponente schieramento delle forze dell’ordine, molto concentrare a sequestrare l’acqua minerale (gasata). Del resto era stato pessimo anche il prologo, perché fischiare gli inni nazionali è un segno di inciviltà non solo sportiva. Gli ultrà croati lanciano fumogeni e razzi In gol con Candreva, subito il pari di Perisic Meglio la partita, con la Croazia che ha messo sotto subito gli azzurri, ma ha preso il gol: palla lavorata da Zaza per Candreva, destro nell’angolo, Subasic in ritardo e per il laziale primo gol in Nazionale alla ventiseiesima. La Croazia è tornata a fare gioco e Perisic ha trovato il pareggio dopo 4’ sul mancato contrasto di De Sciglio e l’errore di Buffon (pallone sotto le braccia). La perdita di Modric (spazio a Kovacic) e l’ingresso di Soriano per Pasqual (adduttori), con la linea di centrocampo ridisegnata (Candreva esterno, Soriano interno, De Sciglio a sini- Italia Croazia 1 1 Marcatori: Candreva 11’, Perisic 15’ p.t. ITALIA (3-5-2): Buffon 4; Darmian 6, Ranocchia 6,5, Chiellini 6,5; De Sciglio 5, Candreva 6,5, De Rossi 6, Marchisio 5, Pasqual 6 (Soriano 6 28’ p.t.); Zaza 5 (Pellè 6 18’ s.t.), Immobile 5 (El Shaarawy 6 7’ s.t.). All.: Conte 6,5 CROAZIA (4-2-3-1): Subasic 6; Srna 6,5, Corluka 6, Vida 6, Pranjic 6; Modric 6,5 (Kovacic 6 28’ p.t.), Brozovic 5,5 (Badelj s.v. 38’ s.t.); Perisic 7, Rakitic 6, Olic 6 (Kramaric s.v. 23’ s.t.); Mandzukic 5,5. All.: Kovac 6,5. 2 punti persi finora da Conte Il c.t. della Nazionale aveva sempre vinto le precedenti 4 partite con i tre punti in palio. È in carica dal 19 agosto 2014 Arbitro: Kuipers (Olanda) 7 Ammoniti: Kovacic, Immobile, Perisic Recuperi: 4’ più 3’ Domani si gioca Confermata l’amichevole con l’Albania a Genova Il marchio Nazionale gestito da Sole e Infront MILANO La Nazionale per Genova. E a Genova. L’amichevole con l’Albania di domani sera allo stadio Ferraris è confermata, nonostante l’alluvione che ha colpito nuovamente la Liguria sabato e l’allerta meteo di oggi. La Federcalcio ha deciso di destinare introiti e proventi dai diritti tv al ripristino degli impianti calcistici danneggiati. «La città dà prova di una grande forza di reagire» sottolinea l’amministrazione comunale, anche se in Consiglio non sono mancate le voci contrarie. Prima della sfida con la Croazia la Figc ha siglato un contratto con il Gruppo Sole 24 Ore e Infront Italy, i nuovi advisor commerciali per il 2015-2018. La partnership si focalizza sulla valorizzazione del brand Nazionale Italiana nel Mondo. Si cercheranno sponsor non solo per la Nazionale A, ma per tutte le squadre azzurre. «Il contratto — ha spiegato il dg della Figc Michele Uva — prevede una partnership quadriennale con un obiettivo comune intorno ai 70 milioni di euro di fatturato, di cui i primi 57 garantiti da Infront e Gruppo Sole 24 Ore. Più 3 milioni legati ad iniziative pubblicitarie». p.tom. © RIPRODUZIONE RISERVATA stra) hanno consentito all’Italia di dare segni di ripresa, anche se gli errori nei passaggi sono stati ancora tanti. Troppo morbido il colpo di testa di Immobile, molle l’impatto di De Sciglio sul lancio di Soriano e si è rivista la Croazia, con un finale aggressivo: Buffon ha salvato su Rakitic e sul colpo di testa di Olic ci ha messo una pezza Ranocchia. La novità è arrivata nella ripresa, con l’Italia cha ha iniziato con il 4-4-2, per occupare meglio lo spazio e Zaza che ha impegnato Subasic da fuori. Ma è stata ancora la Croazia a fare la partita, costringendo l’Italia a difendersi, in base al vecchio principio che le idee sono tante, ma il pallone è uno solo. Conte ha mandato in campo El Shaarawy, passando al 4-5-1 in linea con quanto dettato dalla partita, con Marchisio primo uomo a cercare il pressing, per rompere il possesso palla croato e ripartire. Viste le difficoltà, Conte si è giocato subito il terzo cambio, con Pellè al posto di Zaza. Rotto l’assedio, è stato El Shaarawy ad avere la palla del 2-1, ma tutta l’Italia è migliorata. Il ritmo è stato spezzato dallo stop per fumogeni, ma l’Italia è andata due volte vicino al vantaggio con El Shaarawy, bravo a ribaltare la situazione, insieme con Pellè, finché Perisic ha incenerito l’1-2 al 43’. Fabio Monti © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 SPORT 39 # Qualificazioni europee: l’Olanda si sveglia e ne fa 6 alla Lettonia Gruppo A Così ieri Olanda-Lettonia 6-0 Rep. Ceca-Islanda 2-1 Turchia-Kazakistan 3-1 Classifica Rep. Ceca 12; Islanda 9; Olanda 6; Turchia 4; Lettonia 2; Kazakistan 1 Gruppo B Così ieri Belgio-Galles 0-0 Cipro-Andorra 5-0 Israele-Bosnia 3-0 Classifica Israele 9; Galles 7; Cipro 6; Belgio 5; Bosnia 2; Andorra 0 Gruppo C Così sabato Lussemburgo-Ucraina 0-3 Macedonia-Slovacchia 0-2 Spagna-Bielorussia 3-0 Classifica Slovacchia 12; Spagna e Ucraina 9; Macedonia 3; Bielorussia e Lussemburgo 1 Gruppo D Così venerdì Georgia-Polonia 0-4 Germania-Gibilterra 4-0 Scozia-Irlanda 1-0 Classifica Polonia 10; Irlanda, Germania e Scozia 7; Georgia 3; Gibilterra 0 Gruppo E Così sabato Inghilterra-Slovenia 3-1 San Marino-Estonia 0-0 Svizzera-Lituania 4-0 Classifica Inghilterra 12; Slovenia e Lituania 6; Svizzera 6; Estonia 4; San Marino 1 Gruppo F Così venerdì Grecia-Far Oer 0-1 Ungheria-Finlandia 1-0 Romania-Nord Irlanda 2-0 Classifica Romania 10; N. Irlanda 9; Ungheria 7; Finlandia 4; Far Oer 3; Grecia 1 Gruppo G Così sabato Austria-Russia 1-0 Moldavia-Liechtenstein 0-1 Montenegro-Svezia 1-1 Classifica Austria 10; Svezia 6; Russia e Montenegro 5; Liechtenstein 4; Moldavia 1 Gruppo H Così ieri Azerbaigian-Norvegia 0-1 Bulgaria-Malta 1-1 ITALIA-Croazia 1-1 Classifica Croazia e ITALIA 10; Norvegia 9; Bulgaria 4; Malta 1; Azerbaigian 0 A San Siro scoppia la follia croata Petardi e incidenti con la polizia Le pagelle Italia Buffon, errore grave Conte: «Non era facile giocare, il calcio deve restare uno spettacolo» Fumata azzurra. Servono le cariche della polizia nella curva alla destra di Buffon per far cessare il lancio di fumogeni, in un settore presto militarizzato. Sparita la vergognosa nuvola acre riappare l’Italia. Una squadra che nella ripresa era rimasta schiacciata nella propria metà campo, con un atteggiamento molto lontano dallo spirito contiano. Il mini time out — scaturito dalla sospensione imposta con mano ferma dall’arbitro olandese Kuipers — ricarica gli azzurri: il c.t. richiama i suoi nello spogliatoio e indottrina soprattutto Pellé ed El Shaarawy. Il milanista va vicino al gol, mai quanto Perisic comunque, che grazia Buffon. Finisce con un pareggio che non può che star bene ad Antonio Conte. «Non era semplice — sospira l’allenatore azzurro —. Ci si è riconosce Conte — perché sono troppi. Ne ho parlato col dottor Castellacci, la prossima volta staremo più attenti e non faremo certe convocazioni. Nella ripresa proprio per far fronte all’emergenza è stato necessario il cambio di modulo. Abbiamo perso un po’ i punti di riferimento e le trame di gioco, ma c’è stata voglia di fare risultato. El Shaarawy e Pellé? Abbiamo bisogno di tutti, anche dei Bertolacci, dei Soriano e dei Bonaventura, gente nuova che porti entusiasmo». Conte non cita un altro dei «nuovi» convocati della settimana, ovvero Mario Balotelli. Difficile pensare che si tratti di una dimenticanza casuale: «Quello che ho visto lo tengo per me – taglia corto il c.t. — mi sono fatto un’idea. Come me la sono fatta per Cerci, ma ora basta. Adesso Balotelli non Scuse Il c.t. croato: «Queste persone non rappresentano il nostro popolo» Cuore «Proviamo a sfruttare ciò che abbiamo: non è tantissimo, ma non ci arrendiamo mai» messo anche il problema di Pasqual. La situazione insomma era un po’ raffazzonata. È stata una partita contro una squadra più rodata rispetto a noi, con più esperienza. Ma abbiamo fatto bene, perché questa è una squadra che non si arrende. Certo, dobbiamo migliorare, ma c’è grande spirito: io voglio esaltare le qualità dei giocatori e renderli più forti. Non sparate su questi ragazzi. Cerchiamo di sfruttare quel che abbiamo: non è tantissimo, ma lo usiamo al meglio. Ringrazio il pubblico che ci ha appoggiato. Gli incidenti? Dispiace perché il calcio dovrebbe sempre essere uno spettacolo. Ho avuto davvero paura che la partita potesse essere definitivamente sospesa. L’arbitro era molto determinato: se non avessero smesso, l’avrebbe chiusa». Luka Modric parla di «follia incomprensibile». Mentre il c.t. Niko Kovac — dopo aver af- c’è più ed è inutile parlarne». Ne parla Stephan El Shaarawy, suo ex compagno e sempre buon amico: «Gli faccio in bocca al lupo. Spero che Mario ritorni in Nazionale perché è un grandissimo giocatore e può dare tanto al calcio italiano. Io sono molto contento perché dopo il ritorno al gol nel Milan, ho ritrovato l’azzurro. Purtroppo non ho segnato ed è arrivato solo un pareggio». In attacco c’è spazio, le gerarchie non sono cristallizzate. E Graziano Pellé si è giocato bene le sue carte: «Era giusto provarci almeno gli ultimi venti minuti per creare qualcosa — dice l’attaccante —. Non è stata una partita facile, ma dobbiamo fare di più e migliorare sotto tanti aspetti». Consapevoli dei propri limiti ma con la voglia di andare oltre. Senza gettare fumo negli occhi. A nessuno. Paolo Tomaselli MILANO ❞ De Rossi La partita è stata regolare anche se è stata sospesa Negli stadi entra di tutto, purtroppo, e non riesco a capire il perché Inciviltà Il lancio di petardi che ha costretto l’arbitro a sospendere la gara (Ap) Prima del match Fischiati gli inni Pinotti condanna MILANO Fischiati i due inni nazionali prima della partita: si è cominciato coi fischi a quello croato, la risposta è arrivata subito quando la banda ha intonato «Fratelli d’Italia». «So che il tifo accende gli animi, ma trovo inqualificabile fischiare gli inni nazionali #ItaliaCroazia», ha twittato la ministra della Difesa, Roberta Pinotti. frontato a testa alta quei duecento ultrà fra seimila croati che hanno scatenato il caos anche nel centro di Milano al pomeriggio — si scusa più volte: «Questi non rappresentano il popolo croato, che è allegro e accogliente. La partita è stata omologata, ma subiremo delle sanzioni (una o due giornate di squalifica del campo, ndr)». Se la Croazia esporta i suoi problemi, l’Italia deve risolvere qualcosa dentro di sé: la questione degli infortuni in Nazionale, da Verratti a Ogbonna, fino a Balotelli e Pasqual, comincia ad essere un problema. E alcune società sarebbero già in agitazione: «La questione degli infortuni effettivamente c’è — «Enzò scaldati»: papà Zizou lancia il figlio Il giovane Zidane esordisce nel Castilla, la squadra satellite del Real Il suo nome è Enzo, in omaggio all’ex campione uruguaiano Francescoli. Il cognome è Fernandez, quello della madre. Il sangue calcistico è quello di papà Zinedine Zidane, anche se bisogna scoprirne la gradazione di nobiltà. Ieri Enzo ha esordito nel Castilla, squadra filiale del Real Madrid che milita nella Segunda Division B spagnola, equivalente della Lega Pro italiana. L’allenatore del Castilla lo ha fatto entrare all’87’ della partita vinta 2-1 con- Figlio d’arte Enzo Zidane, 19 anni, il primo dei 4 figli di Zinedine Zidane. Gioca a centrocampo, come papà, nella squadra satellite del Real Madrid tro il Conquense. L’allenatore è papà Zizou. Diciannovenne centrocampista promosso dal Real Madrid C per riempire il buco lasciato da Alvaro Medran — ventenne che Ancelotti ha voluto con sé in prima squadra — Enzo ha preso il posto di Burgui, autore 20 minuti prima del 2-1 finale. Poco il tempo per incidere, ma il suo ingresso ha comunque fatto notizia. Forse perché è la storia di un raccomandato? Chissà. Il talen- Gruppo I Così venerdì Portogallo-Armenia 1-0 Serbia-Danimarca 1-3 Classifica Danimarca* 7; Portogallo 6; Albania** 4; Serbia** e Armenia 1. *una partita in più; **una in meno Under 21 ● Si gioca oggi pomeriggio alle 17, a Matera, l’amichevole tra l’Under 21 di Gigi Di Biagio (foto) e la Danimarca, qualificata, come gli azzurri, agli Europei di categoria. «Ma io non la considero un’amichevole — spiega il c.t. degli azzurrini — quanto un test probante per verificare alcune soluzioni e alcuni giocatori». In attacco giocherà la coppia Belotti e Longo 4 Buffon L’errore è grave, di più, madornale e fa impressione che a commetterlo sia proprio lui, il capitano di lungo corso. Il pallone gli passa sotto le braccia: un infortunio che riporta l’Italia sulla terra. Ha spalle larghe per sopportare gli inevitabili processi. 6 Darmian Attento a non perdere la posizione, gioca preoccupato, forse perché non ha dimestichezza con il ruolo. Nella difesa a quattro riacquista padronanza, anche se di spingere non se ne parla. 6,5 Ranocchia Centrale con la responsabilità grande di non far rimpiangere Bonucci. Tiene botta e alla fine del primo tempo salva sulla linea di porta il colpo di testa vincente di Olic. 6,5 Chiellini Ci mette il fisico anche se gioca con meno tranquillità del solito. Ruvido, ma efficace. Sbroglia molte situazioni incasinate dentro l’area azzurra. Sbaglia un rilancio alla fine. 5 De Sciglio Male sia a destra sia a sinistra. Lascia campo libero a Perisic nell’azione del pareggio croato e non combina niente di buono neppure quando trasloca per l’infortunio di Pasqual. L’appannamento è duraturo e merita una riflessione approfondita. ● Tv: partita in diretta su Rai3 Partita n.100 Daniele De Rossi (Ap) © RIPRODUZIONE RISERVATA to di Enzo — il più anziano di quattro fratelli (gli altri sono Luca, Theo e Eliaz) tutti nelle giovanili del Real — era stato notato a suo tempo anche da Mourinho, che due anni fa lo aveva fatto allenare con la prima squadra dei Blancos. E per Enzo, che ha doppio passaporto, hanno litigato le Federazioni di Spagna e Francia. Per ora, nonostante abbia giocato con la Under 15 spagnola, sembrano averla vinta i francesi (Enzo ha esordito coi Bleus under 19), ma fino all’eventuale debutto in un impegno ufficiale la sfida è aperta. Se papà Zinedine prendesse una di quelle panchine, decidere una volta per tutte sarebbe più facile. al.p. © RIPRODUZIONE RISERVATA 6,5 Candreva Nel primo tempo una spanna sopra gli altri. Il suo primo gol azzurro (in 26 partite) illude San Siro. Quando si addormenta, per una lunga mezz’ora nella ripresa, non c’è Italia. 6 De Rossi Gioca la 100ª partita in Nazionale con giudizio, in una serata in cui il centrocampo azzurro è in grande difficoltà. Nella ripresa per due volte perde il pallone favorendo gli assalti della Croazia. 5 Marchisio Assomiglia al giocatore che Conte ha messo spesso in panchina nell’ultimo anno di Juventus. Lento, molle, sovrastato dai croati. 6 Pasqual Titolare per il forfait di Ogbonna, dopo meno di mezz’ora deve a sua volta arrendersi alla malasorte. Mette il piede nell’azione del gol. 5 Zaza Scarica a Candreva il pallone dell’1-0, poi più niente. I primi due passaggi, sbagliati nel giro di due minuti, sono la spia di una partita mediocre, in linea con le prestazioni dell’ultimo periodo. 5 Immobile Più volenteroso del compagno, ma anche lui non tiene un pallone. Una partita anonima che si chiude dopo appena 52 minuti. 6 Soriano Buon impatto sulla partita anche se soffre, come tutta la squadra, nella prima mezz’ora della ripresa. 6 El Shaarawy Costretto dagli eventi a fare quasi il terzino, alla prima occasione fa esplodere un destro che sfiora la traversa. 6 Pellè Almeno tiene palla e ha quella fame di cui tanto ama parlare l’allenatore. 6,5 Conte L’Italia propositiva è un sogno nel cassetto, la Croazia ci mette alle corde e a noi resta solo qualche ripartenza. La difesa a tre, sotto la spinta degli avversari, diventa a cinque. Nella ripresa spazio al 4-4-2, che diventa 45-1 con El Shaarawy. Il materiale umano è quello che è. Ci salviamo con il cuore. Alessandro Bocci © RIPRODUZIONE RISERVATA 40 Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera SPORT A Tolone Ipotesi di suicidio per Mezague: trovato morto in casa Il centrocampista del Camerun Valery Mezague, 30 anni, è stato trovato morto nella sua casa di Tolone, dove giocava nel club locale (quarta divisione). Si pensa a un suicidio, è stata aperta un’indagine. In Francia aveva giocato anche nel Montpellier, Sochaux e Le Havre, in Inghilterra nel Portsmouth. Un’esperienza anche nel calcio minore in Grecia. Sette presenze per Mezague con la maglia della sua nazionale, in Confederations Cup del 2003 per esempio, segnata per i Leoni dalla tragedia della morte in campo di Marc-Vivien Foe’, colpito da attacco cardiaco. Mezague era entrato al posto di Foé. Celebrazioni Oggi Gazzetta day Il premio Facchetti a Francesco Totti Si festeggia oggi il «Gazzetta day» che coincide con il varo della nuova veste grafica e di contenuti, del giornale. In mattinata Francesco Totti riceverà il premio «Il bello del calcio» dedicato a Giacinto Facchetti, un grande mai dimenticato. Il cortile di via Solferino è diventato un museo a cielo aperto con le 10 pagine storiche votate dai lettori e riprodotte in formato gigante. I lettori potranno entrare a casa Gazzetta e incontrare i campioni che si daranno il cambio nel corso della giornata che si chiuderà poi con la proclamazione della pagina delle pagine. © RIPRODUZIONE RISERVATA © RIPRODUZIONE RISERVATA Verso il derby Pippo studia modifiche alla formazione, il Mancio spera di sfruttare l’entusiasmo Il Milan di Inzaghi teme la scossa e il forfait di De Jong L’Inter vuole stupire Mancini il profeta di tecnica e bel gioco Preoccupa il cambio tecnico. Nigel non ce la fa Palacio-Osvaldo-Icardi con la potenza di Guarin Il Milan teme la scossa. Secondo le statistiche di match europei, che sia Adriano Galliani sia Pippo Inzaghi hanno ripassato in questi giorni, a ogni cambio di panchina corrisponde nelle successive 2-3 settimane una reazione positiva, una scossa, appunto, in grado di rivitalizzare giocatori e società. Poi, molto spesso, i risultati tornano più o meno quelli di prima del cambio, ma questo è un’altra storia che spetterà al Mancio smentire. Al Milan ora pensano alla scossa. L’obiettivo è non restarne fulminati. Con Mazzarri, l’entusiasmo, l’appoggio dei tifosi e persino la fortuna del debuttante (al primo colpo avevano vinto il derby pure Allegri e Seedorf) erano dalla parte di Pippo. Ora è tutto cambiato. Mancini è adorato dagli interisti quanto Pippo lo è dai rossoneri (i due ieri si sono incrociati nel parcheggio di San Siro dove erano a vedere la Nazionale). Ma dire che a partire da oggi (alla ripresa degli allenamenti) Pippo cucirà il suo Milan sulla nuova Inter targata Mancio probabilmente non è corretto. Intanto un’Inter che cerca di giocare di più potrebbe anche consentire al Milan di preparare il piatto preferito: l’attesa e il contropiede. Soprattutto è molto più vero che lo sguardo di Inzaghi è tutto rivolto alle mura di casa sua: gli eventuali cambiamenti, magari anche di modulo, dipenderanno soprattutto dal forfait di Nigel De Jong che quasi sicuramente non ce la farà a recuperare (mentre il recupero di Abate è definito difficile, non impossibile). Quella del «Comandante» non sarà un’assenza qualsiasi: 956’ giocati, due MILANO I dubbi ● Nigel De Jong, fermato da un problema muscolare al bicipite femorale, quasi sicuramente sarà costretto a saltare il derby: l’olandese è uno dei giocatori più impiegati fin qui da Inzaghi ● L’altro dubbio riguarda Abate: se non ce la farà in testa a sostituirlo c’è Poli Il passato ● Nei 4 anni di Inter Mancini è partito dal 44-2 e ha chiuso con il 4-3-3 Il deb Pippo Inzaghi, 41 anni, è al suo primo derby da allenatore del Milan Fin qui con lui alla guida i rossoneri hanno conquistato 17 punti (quattro vittorie, cinque pareggi e due sconfitte), uno in più dell’Inter (Ansa) reti e sette ammonizioni rendono bene l’idea del lavoro prezioso che l’olandese svolge in mezzo al campo, arpionando palloni e anche caviglie. Essien e Muntari potrebbero essere piazzati sulle stesse zolle (a meno che non trovi spazio Van Ginkel). Inzaghi studia. Da oggi sarà più chiaro se deciderà di affidarsi al più collaudato 43-3, o se pure cambierà scegliendo il 4-4-1-1. Il che influirà sul dilemma destinato a durare una stagione: Menez, Torres o entrambi? Assieme hanno giocato dal primo minuto solo tre volte (a Empoli, a Cesena e in casa col Chievo). Tra i fatti positivi la probabile presenza di Montolivo in panchina. Almeno psicologicamente, aiuterà. Anche perché la squadra potrebbe non ricevere l’incoraggiamento della vigilia di Silvio Berlusconi (ricoverato per l’infiammazione all’occhio). Uno che di scosse se ne intende. Arianna Ravelli ● ha cambiato ruoli (Zanetti, da terzino a esterno) e voluto qualità: Cambiasso (foto in alto) , poi Maicon, (foto in basso) Maxwell e Ibrahimovic ● Spettacolare il primo anno (vedi il 3-2 alla Samp, un palo e tre gol negli ultimi 6’20”) © RIPRODUZIONE RISERVATA MILANO Perché Roberto Mancini piace tanto agli interisti? Perché è un uomo elegante; perché ha una statura internazionale; perché ha vinto molto (tre scudetti, ma anche 17 partite consecutive nel 2006-2007); perché ha vinto anche prima di Calciopoli (due volte la Coppa Italia più la Supercoppa del 20 agosto 2005); perché ha sempre anteposto a tutto il gioco, la tecnica, la bellezza del gesto; perché ha sempre saputo sorprendere. Sono il suo genio calcistico, la sua imprevedibilità, la sua voglia di stupire (ma non di strafare) a far sì che i tifosi nerazzurri lo considerino uno di loro. In tutti i sensi. La gente tornerà a San Siro sapendo che qualcosa di inatteso Mancini lo saprà regalare. E in fretta. L’Inter più spettacolare, sebbene in cerca di equilibrio, è stata quella della sua prima stagione (esempio il 3-2 alla Samp, 9 gennaio 2005, un palo e tre gol dallo 0-2 negli ultimi 6’20”), condizionata dai pareggi, ma capace di offrire un calcio come non lo si vedeva da tempo e come non lo si sarebbe più visto. Nemmeno con Mourinho, perché quella Inter aveva altre caratteristiche: era spietata, chirurgica, efficace e non consentiva errori all’avversario, come sa bene il Barcellona, rimasto sorpreso all’andata di fronte una squadra che attaccava e non aspettava. Nel quadriennio nerazzurro (2004-2008), Mancini è partito dal 4-4-2 (le prime due partite con il Basilea, preliminari di Champions, 1-1 e 4-1) e ha chiuso con il 4-3-3 della partitascudetto con il Parma (0-2, 18 maggio 2008, Balotelli-Ibrahimovic-Cruz sotto il nubifragio), provando e riprovando Il ritorno Roberto Mancini, 49 anni, dal 2004 al 2008 si è seduto per 226 volte sulla panchina dell’Inter vincendo 2 scudetti sul campo e 1 a tavolino dopo Calciopoli, 2 Coppe Italia, 2 Supercoppe Italiane (Getty Images) tutte le soluzioni possibili: cambiando ruolo ad alcuni giocatori (uno per tutti: Javier Zanetti, da terzino a esterno di centrocampo); immettendo uomini di qualità (subito Cambiasso, poi Maicon, Maxwell e Ibrahimovic su tutti); modellando la squadra a sua immagine e somiglianza, anche grazie alla disponibilità di Moratti. Da dove può ripartire Mancini per stupire anche stavolta? Qualche esempio: da Palacio, sistemato alle spalle di Icardi e Osvaldo; da Kovacic a centrocampo; da Guarin, tatticamente anarchico, ma con mezzi fisici non comuni; dalle qualità (non difensive) di Dodò, da affinare; dal recupero psicologico di Vidic, al centro del progetto difensivo; dal lavoro su D’Ambrosio; da una collocazione tattica più precisa di Hernan e s ( c o m e a c c a d u to c o n Stankovic). Per ora partirà senza Medel (squalificato). f. mo. © RIPRODUZIONE RISERVATA Adani spiazza Mancio: meglio la tv della panchina «Resto nella squadra di Sky, guadagno di meno, ma mi piace studiare il calcio e spiegarlo alla gente» Difensore ● Daniele Adani ha iniziato la sua carriera nel Modena, nel ‘91 ● Difensore, ha giocato con Brescia, Fiorentina, Inter, Ascoli e Empoli. Vanta anche 5 presenze in Nazionale tra il 2000 e il 2004 Buonasera Adani, è riuscito a spiazzare tutti dicendo no all’Inter che le aveva offerto il posto di viceallenatore. «La vita e il lavoro sono fatti di momenti, occasioni, rapporti. Quello che sto facendo a Sky mi coinvolge troppo. Il calcio è la mia passione, ho la possibilità di poterlo spiegare alla gente. Un uomo di campo studia, si prepara ogni giorno. In tv, per essere credibile, fai la stessa cosa e in più devi avere empatia con il pubblico». Però dire no all’Inter... Ci avrà anche rimesso dei soldi. «Si, avrei guadagnato di più, ma da quando ho passato i 30 anni non ho mai fatto una scel- ta pensando ai soldi». Mancini come l’ha presa? «Roberto è una persona speciale, solo chi lo conosce può apprezzarlo fino in fondo. Ha capito le mie ragioni e credo che il nostro legame adesso sia ancora più forte». Mancini è stato suo allenatore a Firenze. «Mi colpì dalla prima esercitazione. Da giocatore aveva un talento straordinario ma aveva dentro anche le qualità dell’allenatore: capacità di osservazione, lucidità». Una volta gli ex calciatori andavano in tv in attesa di una panchina... «È cambiato il calcio, è cam- biata la tv: adesso è una professione. Bisogna lavorare, prepararsi, non si può più bluffare». Lei come si prepara? «Leggo ogni giorno più noti- Talent Daniele Adani, 40 anni, lavora a Sky da due anni e tre mesi zie possibile per tenermi aggiornato. Prima di una partita preparo i dati sullo storico delle due squadre, poi faccio un focus sui giocatori e guardo le ultime due partite per capire sistemi di gioco e soluzioni». Quasi come un allenatore. «Più o meno, ma per tutte e due le squadre». A proposito, voi talent di Sky siete come una squadra. «Una bella squadra. Appassionati, a volte un po’ maniacali. Ai Mondiali ci siamo ritrovati sulla spiaggia di Copacabana Bergomi, Marchegiani e io. Abbiamo cominciato a disegnare sulla sabbia i movimenti dell’Olanda e ci siamo dimenticati di sole, mare, di tutto». Il suo ipad è considerato una specie di tesoro... «Lo aggiorno costantemente, ho una serie di programmi che mi aiutano a scoprire tutto di tutti, però ho sempre taccuino e biro, gli appunti importanti me li scrivo». Insomma, non ha alcun rimpianto? «Amo il calcio e ho la fortuna di poterlo raccontare con tutta la passione possibile. Ringrazio l’Inter e Mancini per aver pensato a me, ma non me la sentivo di smettere di fare il bellissimo lavoro che faccio». Domenico Calcagno © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 Serie B Lo 0-3 di ieri a Crotone è stato fatale a Devis Mangia (nella foto). Il Bari lo ha esonerato e ora pensa a Davide Nicola per invertire la rotta di un campionato fin qui deludente. Dopo il 4-2 sull’Avellino il 19 ottobre scorso, la squadra di Mangia aveva conquistato un solo punto in cinque gare, la tifoseria era in ebollizione e il presidente Gianluca Paparesta ha deciso di congedare l’ex tecnico della Nazionale Under 21. Oggi l’allenamento verrà diretto da Giovanni Loseto, vecchia bandiera biancorossa, in attesa dell’arrivo di Nicola. Due le missioni obbligate per lui: migliorare la difesa (25 gol subiti finora) e dare una più precisa identità di gioco al gruppo. Il Bari ancora k.o. Mangia esonerato In arrivo Nicola L’intervista di Gaia Piccardi SPORT Risultati 14ª giornata: Crotone-Bari 3-0; Latina-Lanciano 1-0; Livorno-Pro Vercelli 3-1; Pescara-Frosinone 3-0; Ternana-Spezia 00; Trapani-Catania 2-2; Varese-Perugia 1-1; Avellino-Vicenza 0-1 ; Virtus Entella-Modena rinviata; Bologna-Brescia 1-2 (giocata sabato); Carpi-Cittadella 5-2 (giocata sabato). La classifica: Carpi 28 punti; Frosinone 25; Livorno e Spezia 24; Avellino 23; Lanciano, Bologna e Trapani 22; Perugia 21; Pro Vercelli e Brescia 17; Pescara, Catania, Bari, Varese (-1) e Vicenza 16; Modena, Ternana e Entella 15; Crotone e Latina 13; Cittadella 12. (Modena ed Entella 1 gara in meno). «Alleno le donne e ne vado fiero Leverò il sorrisetto da certe facce» Cabrini, c.t. dell’Italia: «Il calcio più sano snobbato da un paese maschilista» «Sono sulla panchina delle azzurre da più di due anni. Eppure in giro vedo ancora sorrisetti che mi fanno infuriare». Tipo: bella forza, Antonio Cabrini, ad allenare le donne sono capaci tutti... «Quando nel 2012 mi chiesero la disponibilità, dissi subito sì. Fare il prezioso non sarebbe stato rispettoso. Pochi si rendono conto che, data per scontata un’ovvia differenza fisica, dal punto di vista tattico e tecnico donne e uomini si equivalgono. Le ragazze, poi, si allenano molto meglio». Con l’Olanda (andata a L’Aia il 22, ritorno a Verona il 27) vi giocate lo spareggio per andare al Mondiale 2015. «A 15 anni da Usa ‘99, sarebbe un risultato storico». Che squadra ereditò da Pietro Ghedin? «Un ottimo gruppo, cui ho cercato di dare qualcosa in più nel fisico e nella mente. Il campionato italiano è troppo sbilanciato: non è allenante. In Europa c’è un gap da colmare». Che squadra è oggi? «Panico, fenomeno di longevità, è il totem. Gabbiadini la fuoriclasse. Le giovani, bronzo Under 17, stanno crescendo bene ma non sono ancora pronte. Sono io il primo a consigliare alle ragazze di andare all’estero: le tre che giocano in Germania (Giuliani, Schroffenegger, Manieri) hanno fatto un salto di qualità». Rimane un calcio dilettantistico, però. «È un problema di sistema: le donne appartengono alla Lega Dilettanti ma voglia e applicazione sono da professioniste. È il calcio più sano: né doping né scommesse. Tavecchio mi ha detto che punta molto sulla crescita del calcio rosa: la sua idea è avere almeno 12 club tra Risultati ● 6ª giornata AvellinoReggio E. 8894; TrentoPistoia 86-72; CremonaBrindisi 87-72; Bologna Venezia 79-83; C.d’OrlandoCaserta 68-64; Roma-Varese 87-78; MilanoCantù 83-64; Sassari-Pesaro (20, Raisport1) ● Classifica Reggio E, Venezia 10; Sassari, Cremona, Milano 8, Cantù, Roma, Avellino, Trento 6; Bologna, Pistoia, Varese, C.d’Orlando 4, Pesaro 2, Caserta 0 In ritiro ● Vinta la semifinale con l’Ucraina, l’Italia femminile si è qualificata per il playoff per il Mondiale 2015 (in Canada) contro l’Olanda ● La finale: andata il 22 novembre a L’Aia, ritorno il 27 a Verona (diretta RaiSport1 alle 20.30) ● Le azzurre da ieri sono in ritiro a Roma al Centro sportivo Giulio Onesti ● Delle 23 convocate, tre giocano in Germania, la veterana (39 anni) è Patrizia Panico, la bomber Melania Gabbiadini (foto) è sorella di Manolo, n.11 della Samp. 41 bambino, nella cascina Mancapane di Casalbuttano? «Pierino Prati. Mancino come me, guascone, atipico». Perché Zoff-Gentile-Cabrini-Scirea è stata la difesa azzurra più forte di sempre? «Perché eravamo affiatati già nella Juventus, dove ciascuno era leader nel suo ruolo. Il Mundial ‘82 ci diede un’aura speciale. Ma quella fu un’epoca irripetibile del nostro calcio». Ripensa mai al rigore sbagliato in finale? «No, tanto c’è sempre qualcuno che me lo ricorda! Sul dischetto avevo duemila pensieri che mi frullavano in testa a trecento all’ora. Sbagliai a cambiare idea all’ultimo secondo ma ero tranquillo, lo giuro». Chi è il suo più caro amico nel mondo del pallone? «Cesare Prandelli. Ho letto processi gratuiti dopo l’eliminazione dal Mondiale in Brasi- ❞ Verso il playoff Centrare il Mondiale 2015 con la squadra Cenerentola vorrebbe dire che ho avuto ragione serie A e B con il settore femminile. Blatter e Platini spingono sulle donne. L’Italia, purtroppo, è Cenerentola: in Germania ci sono 1 milione e 200 mila tesserate, 600 mila in Inghilterra, 400 mila in Francia, 200 mila in Spagna...». E da noi? «Diecimila». Perché così poche? «Perché siamo un paese maschilista, dove vale di più qualsiasi bravata di Balotelli piuttosto che l’impresa che stiamo cercando di realizzare. Mancano la determinazione delle istituzioni, la continuità sui giornali e in tv, una buona operazione di marketing, stile volley. In Italia spesso bisogna imporre le cose perché passino». C’è, forse, anche un problema d’immagine? Di look? «Ho in squadra 3 o 4 ragazze che non hanno nulla da invidiare alle pallavoliste, certe calciatrici svedesi sono meravi- gliose, il portiere degli Usa è andata in copertina su Playboy. È vero che molte sono mascoline, ma non tutte! Anche nel calcio le donne possono esprimere la loro femminilità». Prima dell’Italia lei ha allenato in Serie C, B e in Siria. Tratta le donne come gli uomini? «Sì. L’allenamento puro, in campo, è indifferenziato. Come psicologia la donna è più articolata: ciascuna è fatta a modo suo, devo stare molto attento alle sensibilità individua- ❞ Gruppo vincente Le ragazze non sono inferiori ai maschi nella tecnica e nella tattica ma c’è chi non lo capisce li, dare più spiegazioni e più stimoli. Quando sono arrivato le ragazze mi hanno esaminato ai raggi X. Letteralmente». Data la sua fama di latin lover, non c’è rischio di infatuazione per il cittì? «C’è un rischio di fascinazione per il personaggio, piuttosto. Il grande ex della Juve, il campione del mondo dell’82. Molte non erano nate, ma sanno: hanno studiato su internet e Youtube. Ecco perché con la squadra non parlo mai di me né del mio passato». Oggi, splendido 57enne, può dirlo: quella fama era giustificata? «Ero un ragazzo cremonese di campagna: all’inizio mi diede fastidio. Poi ammetto di averci convissuto con un certo gusto: se lo dicono, approfittiamone e lasciamoglielo credere. Infine è subentrata l’indifferenza». Chi era il suo idolo, da Grande ex Antonio Cabrini, cremonese, 57 anni, terzino sinistro della Juventus (‘76’89), club con cui ha vinto 7 scudetti e tutte le competizioni europee, e dell’Italia (‘78’87), con cui si è laureato campione del mondo al Mondiale 1982. Dal maggio 2012 è il c.t. dell’Italia femminile (Getty Images) le. Ha fatto bene a ributtarsi subito nella mischia, in Turchia. Guai se fosse rimasto a casa a rimuginare». Il ricordo di Juve più forte. «L’Heysel. Salendo in mezzo ai tifosi per calmarli lessi la disperazione nei loro occhi. Non sapevo ancora niente, c’era una confusione pazzesca. Mi rammarico di non aver capito quegli sguardi, ecco». Il ricordo più netto in nazionale. «Il fischio finale di ItaliaBrasile 3-2. Era la Seleçao più forte del secolo». È l’Italia rosa migliore di sempre? «Centrare il Mondiale 2015 significherebbe che ho avuto ragione. Aspettando la grande occasione, voglio dimostrare che Cabrini sa allenare qualsiasi squadra. Oggi sono il c.t. delle donne e tutti, sottolineo tutti, mi devono rispettare». © RIPRODUZIONE RISERVATA Milano ritrova le stelle e in un tempo spazza via Cantù Sul derby lombardo del basket la firma e il riscatto di Kleiza e Brooks: anche 25 i punti di vantaggio MILANO E la sera dei miracoli, dei risvegli e dei vangeli di resurrezione. Con Milano che mostra al suo popolo in delirio la faccia più truce e più vera, nella partita finora più attesa: Cantù finisce stroncata (83-64) nel gran derby di Lombardia. È la sera di Linas Kleiza (18, 4/5 da 3) e di MarShon Brooks (14, 4/6 da 3), del loro primo grande impatto. E di Luca Banchi, attento a concedere a entrambi l’ovazione, che è anche il riconoscimento del suo paziente lavoro psicologico, per far capire che Milano, tutta Milano, era proprio loro due che stava aspettando. Ruggisce il Forum, esaurito, passione e rivalità fanno dimenticare anche le statistiche che all’edizione numero 154 del derby dicono che Milano e Cantù si presentano prime, a Lotta sotto canestro Samardo Samuels batte Eric Williams e va a canestro: Milano nel secondo tempo non ha dato scampo a Cantù e ha fatto suo con facilità il classico derby lombardo (Liverani) pari (de)merito soltanto nelle palle perse (17,8 per entrambe). Quantomeno opinabile il tentativo di sovrapporre all’Inno di Mameli la peraltro bellissima «O mia bela Madunina»: subito dopo, sarebbe stato perfetto. Non c’è ancora Georgi Shermadini per Cantù, mentre per Milano Ale Gentile (13) è un toro scatenato e Moss è «uno e bino»: prima manda in panca Feldeine, l’equilibratore canturino, e poi si occupa di Johnson-Odom, il catalizzatore. Quando MarShon Broooks manda un lampo di talento, lo sguardo a terra, come volesse partire in palleggio, mentre invece rifila due triple in faccia all’avversario, tanto lui il canestro lo sente, mica ha bisogno di guardarlo, ecco che Milano tenta la prima fuga a +11 (2617). Forse stimolato dal prossi- mo inserimento di Shermadini, si fa sentire, eccome, Eric Williams: prende il sopravvento su Samuels, con 9 punti e 9 rimbalzi nel primo tempo che consentono all’Acqua Vitasnella di erodere la sponda milanese (37-36 all’intervallo). Williams scomparirà nella ripresa, travolto nel gorgo dell’onda anomala di Milano. Lascerà al solo Johnson-Odom (17) la bandiera della resistenza. Ma anch’essa finirà travolta: il play canturino perderà pure la sfida con il suo predecessore, Joe Ra- Duello in regia Joe Ragland vince il duello in regia con Johnson-Odom, suo successore in Brianza gland (stessi punti, 17, ma 7-2 negli assist per l’americano di Milano. A quel punto stava per esplodere, infatti, tutto il talento della EA7: Kleiza non sbagliava più una bordata, ma era nel corpo a corpo che l’Olimpia cambiava pelle, nella ferocia del ringhio di tutti su tutte le palle. Il Forum andava in delirio e il punteggio si dilatava fino al +25 (77-52). Uno sguardo altrove. Il dubbio adesso sfiora Varese, che subisce a Roma la quarta sconfitta consecutiva: e domenica nel giro dei derby, a Masnago arriva la EA7. Nemmeno l’esordio in panchina di Zare Markovski è servito a togliere lo zero in classifica di Caserta. Questa sera tocca a Sassari nel testacoda contro Pesaro. Werther Pedrazzi © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera 42 Paolo Giuggioli Mi mancherà il tuo sorriso bonario.- Ciao caro Presidente.- Avvocato Pietro Lacava. - Milano, 14 novembre 2014. Lavvocato Luigi Giuliano Martino partecipa commosso alla dolorosa perdita del Presidente Avv. Paolo Giuggioli - Milano, 16 novembre 2014. Partecipano al lutto: Lavvocato Marco Petrone. Lavvocato Giancarlo Ruccia. Gianni e Lorenza Iudica sono vicini ai familiari nel dolore per la perdita improvvisa del caro amico Presidente Paolo Giuggioli - Rougemont, 16 novembre 2014. Lo studio legale Angelo e Francesco Mastandrea con i colleghi e collaboratori è vicino ai familiari per la perdita dell Avv. Paolo Giuggioli Presidente dellOrdine degli Avvocati di Milano. - Milano, 16 novembre 2014. AIAF Lombardia "Milena Pini" partecipa al dolore della famiglia e di tutta lavvocatura per la scomparsa dell Avv. Paolo Giuggioli Presidente dellOrdine degli Avvocati di Milano, che ci ha sempre sostenuto nelle nostre battaglie a tutela dei diritti delle persone. - Milano, 14 novembre 2014. Il Consiglio Nazionale Forense partecipa con profondo dolore alla scomparsa dell Avv. Paolo Giuggioli Presidente del Consiglio dellOrdine degli Avvocati di Milano, amico ed eccelso collega che ha sempre onorato la toga nel solco della più grande tradizione forense e stringe i familiari tutti in un forte affettuoso abbraccio. - Roma, 14 novembre 2014. È mancato allaffetto dei suoi cari Lo annunciano con profondo dolore i suoi figli Maria Alessandra, Giovanni con Mariapaola, Maria Paola, il fratello Antonio e i cognati Giulia, Paolo e Anna Maria.- I funerali si terranno martedì 18 novembre, nella chiesa di San Nazaro Maggiore, in piazza San Nazaro in Brolo 3.- Per lorario si prega di chiamare il numero 02.5513027, dopo le ore 12. - Milano, 16 novembre 2014. sei stato straordinario.- Mi hai sempre capito.- Il tuo nipote adorato Alessandro. - Milano, 15 novembre 2014. Partecipano al lutto: Renata e Patrick. Ing. Andrea Bazzani - Milano, 16 novembre 2014. Guido e Marisa Bardelli partecipano con affetto al dolore di Alessandra e della sua famiglia per la perdita del papà Ing. Andrea Bazzani - Milano, 16 novembre 2014. Danda, piango con te per la scomparsa del tuo papà Ing. Andrea Bazzani Andrea Bazzani - Milano, 16 novembre 2014. È mancato allaffetto dei suoi cari Salvatore Giuffrida Turi - Roma, 16 novembre 2014. Anna è vicina con affetto a Caterina per la perdita del padre Paolo Giuggioli Ci ha lasciato Carlo Alberto Brunner rag. Salvatore Giuffrida Ci ha lasciato il maggiore di tutti noi Carlo Alberto Brunner Giuseppe Giovanni Alini - Milano, 16 novembre 2014. Marcello Giani, Anna Goppion, Giulio Lattanzi e gli amici di Centauria partecipano al dolore di Simona per la perdita del padre Giuseppe Giovanni Alini Alessandra Longini Perli rimpiangendone la luminosa intelligenza e lindomito coraggio. - Milano, 16 novembre 2014. Giulio e Adriana Delsante abbracciano Francesco e salutano la cara amica Alessandra Cavaliere della Repubblica di grande dignità, bontà, sempre desideroso di armonia col prossimo.- Ne dà notizia a quanti lo stimarono e gli vollero bene, la moglie Giuliana Rivera.- Un "grazie" alleccellente staff dellHospice del Pio Albergo Trivulzio.- E da qui, nella chiesa, un ultimo saluto mercoledì 19 novembre ore 9.Padre nostro che sei nei cieli, sia fatta la tua volontà. - Milano, 16 novembre 2014. Ci ha lasciato il dott. Pierpaolo Mariani Ne danno lannuncio Marina e famiglia e Paola Redaelli con Sofia, i fratelli, le sorelle e le rispettive famiglie.- Grazie di cuore a Claudio e a tutti quanti hanno assistito Paolo in questi ultimi anni trascorsi con grande serenità.- Per lultimo saluto ci troveremo lunedì 17 ore 11 - 13.30 in via Fumagalli 23 a Lecco; seguirà una benedizione alle 15.30 nella cappella di San Martino del cimitero di Morbegno. - Lecco, 16 novembre 2014. 2004 - 2014 Antonio Brugnoli Papà, non immagini quanto mi manchi.- Anchio Paola. - Busto Arsizio, 17 novembre 2014. Ciao grande nonno Antonio Fede, Carol e Teo. - Busto Arsizio, 17 novembre 2014. 17 novembre 2007 - 17 novembre 2014 Ricordiamo Ezio Casati sempre vivo nei nostri cuori.- Emilia, Nerina, Chiara, Gloria, Marta e famiglie. - Parabiago, 17 novembre 2014. La moglie Argia, il figlio Graziano, la nuora Stella e la nipotina Francesca ricordano con tanto affetto Fabio Sacchetti - Milano, 16 novembre 2014. a un anno dalla sua scomparsa. - Milano, 17 novembre 2014. Nellora in cui la mamma Giuliana Fumarola è stata accolta in Paradiso, noi siamo vicini ad Annapaola e Pierluigi con un grande abbraccio.- Angela, Anna e Lino, Annamaria e Massimo, Gloria e Mario, Marta e Alberto, Michela e Giuseppe, Raffaella e Damiano. - Milano, 16 novembre 2014. 17 novembre 1984 - 17 novembre 2014 Nonna: come oggi sempre! Fausta Bitetti Miano Laura, Paolo e poi...Elisa. - Milano, 17 novembre 2014. Dal giorno 15 novembre 2014 non è più con noi Maria Valli Bonivento Ne danno il triste annuncio il marito Claudio e le figlie Claudia e Margherita.- Per chi volesse essere presente alle esequie, telefonare al numero 02.9181223. - Milano, 15 novembre 2014. 1964 - 2014 A Fulvio Canuti splendido amore e tempestoso iddio di tutta la mia vita.- Nina. - Parma, 17 novembre 2014. - Milano, 17 novembre 2014. I dipendenti e collaboratori della ditta Cimi SpA sono vicini ai familiari per la prematura scomparsa del signor RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano SERVIZIO ACQUISIZIONE NECROLOGIE Salvatore Giuffrida ATTIVO DA LUNEDI A DOMENICA 13.30-19.30 - Milano, 17 novembre 2014. Profondamente commossi, Cecilia, Mario e Lorenzo si stringono forte a Francesco partecipando allindicibile dolore per la perdita della sua Giuseppe Amedeo (Pino) Manzato Lo piangono la moglie Nurrit con figli e nipoti, le sorelle Nicoletta, Elena, Annamaria e la cognata Wanda con figli e nipoti. - Tel Aviv, 15 novembre 2014. Il Presidente Paolo Mieli, lAmministratore Delegato Laura Donnini e tutti i colleghi di RCS Libri si stringono con affetto a Simona in questo momento di dolore per la scomparsa del padre Lo Studio Legale Pedersoli e Associati partecipa al dolore di Filippo per la perdita del padre Partecipa al lutto: Daniele Santulli. - Milano, 16 novembre 2014. Nerina, Gigi, Gaia, Giacomo, Paolo, Betti, Simona, Alberto, Angelo, Alessandra, Nicola, Giancarla, Enrico, Elisabetta, Luisa, Silvia, partecipano con grande affetto al dolore di Danda per la perdita del padre - Milano, 15 novembre 2014. Avv. Paolo Giuggioli Adriano Donati Ti abbraccio forte.- Andre. - Follonica, 16 novembre 2014. Pippo e Letizia Giuffrida con Stefano e Ketty Gaia Roberto e Daniela piangono affranti la scomparsa del loro amatissimo - Milano, 16 novembre 2014. Adriano Gaetano Anna Brambilla, Francesco Laura Ferrari, Giovanni Brambilla con i collaboratori dello studio sono affettuosamente vicini a Gabriella e Carlo e partecipano con commozione al dolore per la scomparsa di I cugini Brambilla, Clerici e Guagnellini si stringono con affetto a Nurrit con Ariel, Nili, Micol e a Nicoletta, Annamaria, Elena, Wanda con i loro figli.Ciao Cabetto. - Milano, 15 novembre 2014. Giovanni Luca e Giulia Murru insieme ai collaboratori dello Studio Legale Murru partecipano al dolore della famiglia per la scomparsa dell Avv. Paolo Giuggioli Angiolino, Beba, Carlo, Enrico, Gabriella, Giancarlo, Lina, Michi, Roberto ricordano con affetto e dolore il carissimo - Milano, 15 novembre 2014. Guido Bardelli, Antonio Papi Rossi, Loredana Airoldi, Chiara Brunelli, Francesca Colombo, Nicola Ferrante, Susanna Fornacciari, Sara Giampaoli, Rita Gibilini, Tommaso Sacconaghi e Riccardo Villa sono vicini con affetto e amicizia ad Alessandra e alla sua famiglia per la perdita del papà ricordandone lo spirito collaborativo e limpegno per lavvocatura. - Milano, 16 novembre 2014. Avv. Paolo Giuggioli Ci ha preceduti nell "ultimo grande viaggio" nonno Adriano Ne dà lannuncio la figlia Caterina con Paolo e gli adorati nipoti Leonardo e Federica.- La liturgia funebre si celebrerà nella chiesa San Bartolomeo di Barzago, per giorno e ora contattare limpresa VOF Valsecchi Costa Masnaga al n. 031.879377.- La cara salma si trova presso la camera ardente dellospedale IEO Istituto Europeo di Oncologia via Ripamonti n. 435 Milano. - Milano, 17 novembre 2014. I magistrati di Unità per la Costituzione di Milano esprimono sentita partecipazione al lutto della famiglia per la perdita del Presidente Caro Andrea Bazzani Giancarlo, Leda, Elsa piangono la carissima Anna e si stringono con affetto a Marco e alla sua famiglia. - Milano, 16 novembre 2014. CON SUPPLEMENTO 20% SULLA TARIFFA BASE Tel. 02 50984519 - Fax 02 25846003 www.necrologi.corriere.it - e-mail: acquisizione.necrologie@rcs.it SI ACCETTANO RICHIESTE VIA WEB, E-MAIL E CHIAMATE DA CELLULARI SOLO DIETRO PAGAMENTO CON CARTA DI CREDITO L’INVIO DI UN FAX DEVE ESSERE ACCOMPAGNATO DA COPIA DI UN DOCUMENTO DI IDENTITA’ Franca Vallino addolorata per la morte della carissima amica Anna Ballarino Corriere della Sera PER PAROLA: TARIFFE BASE IVA ESCLUSA: Gazzetta dello Sport Necrologie: € 5,00 Adesioni al lutto: € 10,00 Solo anniversari, trigesimi e ringraziamenti: € 300,00 Necrologie: € 1,90 Adesioni al lutto: € 3,70 Solo anniversari, trigesimi e ringraziamenti: € 258,00 - Milano, 16 novembre 2014. è affettuosamente vicina a Marco e ai suoi familiari. - Milano, 15 novembre 2014. Stefania e Michele Casati partecipano al lutto dellavvocato Francesco Perli per la prematura scomparsa delladorata moglie Enrico, Franco con Fabiola, Rossana, Angela, Cristina, Ilenia ricordano con affetto L’accettazione delle adesioni è subordinata al pagamento con carta di credito Anna Servizio fatturazione necrologie: tel. 02 25846632 mercoledì 9/12.30 - giovedì/venerdì 14/17.30 fax 02 25886632 - e-mail: fatturazione.necrologie@rcs.it Alessandra Longini Perli - Milano, 16 novembre 2014. e sono vicini a Paolo e famiglia. - Milano, 16 novembre 2014. A MODULO: Diritto di trasmissione: pagamento anticipato € 1,67 - pagamento differito € 5,00 Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 SPORT 43 Tennis Federer (mal di schiena) si ritira dal Masters Sci Kristoffersen batte Hirscher, Thaler quinto Volley Superlega: Trento non fa sconti a Ravenna Amaro colpo di scena al Masters di Londra: l’attesa finale tra Novak Djokovic e Roger Federer non si è giocata. Lo svizzero è stato costretto a dichiarare forfait a causa di un infortunio alla schiena: «Non posso giocare, è troppo rischioso alla mia età» ha detto l’ex n.1 del mondo, forse per cercare di salvare la finale di Coppa Davis del prossimo weekend contro la Francia. È la prima volta in 45 anni di storia del torneo che la finale non si disputa. Senza muovere un dito, Djokovic ha così vinto il quarto titolo Masters, il terzo consecutivo. A Levi (Finlandia), Marcel Hirscher manca la doppietta d’inizio stagione: dopo il trionfo nel gigante di Soelden, il detentore della Coppa assoluta ha ceduto la vittoria a Henrik Kristoffersen nel primo slalom dell’annata. È stata una piccola rivincita dei Giochi di Sochi, dove l’austriaco fu d’argento e il 20enne norvegese di bronzo. Sulle nevi della località oltre il Circolo polare artico, terzo posto per Neureuther (Ger) e buona prova dell’Italia: 5° Thaler, 12° Razzoli, 13° Deville, 17° Tonetti e 21° Gross (l’unico al di sotto delle attese). Superlega, sesta giornata: Revivre Milano-Lube Banca Marche Treia 0-3; Copra Piacenza-Modena Volley 0-3 (disp. sab.); Cmc RavennaEnergy Diatec Trentino 0-3; Exprivia Molfetta-Vero Volley Monza 32 (disp. sab.); Altotevere Città di Castello-Tonazzo Padova 3-2; Calzedonia Verona-Top Volley Latina 1-3. Ha riposato: Sir Safety Perugia. Classifica: Modena* e Treia* 15, Trento 14, Ravenna 12, Latina e Perugia* 10, Piacenza e Molfetta 9, Verona 6, Padova 4, Città di Castello* 3, Monza* 1, Milano* 0. *: una partita in meno. L’intervista Gene Haas, parte la sfida della «Ferrari americana» Il team Usa in F1 dal 2016: «La Rossa ci aiuterà a vincere» Identikit ● Gene Haas, 62 anni, guida un colosso dell’utensileria. Ma è anche un appassionato di corse, con una tradizione nelle gare Nascar. Nella sua storia anche un guaio giudiziario: ha scontato 16 mesi per evasione ● Il suo nuovo team di F1 sarà completato nel 2015 e farà il debutto nella stagione 2016 Un paio di anni fa, notato il suo crescente interesse, Bernie Ecclestone lo avvicinò e gli disse a bruciapelo: «Hai intenzione di entrare in F1? Se è così, compera una squadra». La presenza di Gene Haas nei paddock delle corse finali della stagione è un buon motivo per raccontare una storia che avrà un lieto fine e che prende le mosse dalla risposta data a «Mister E.» dal patron statunitense, una figura sempre popolare nel mondo delle corse a dispetto di seri guai avuti con la giustizia per questioni di tasse: «Preferisco creare una squadra made in Usa», disse Haas. Non era una bufala: la scuderia debutterà nel 2016 e nel 2015 completerà l’organigramma, nel quale un ruolo centrale l’ha l’altoatesino Günther Steiner, che fu già un uomo chiave nel lancio della Red Bull. L’ingresso del Team Haas, che avrà una solida partnership con la Ferrari, è uno dei pochi segnali in controtendenza in una F1 ag- ❞ Ecclestone mi disse di rilevare un team: gli risposi che preferivo crearne uno made in Usa I due capi Gene Haas (a destra) assieme a Günther Steiner (Crippa/Studio E.Colombo) gredita dalla crisi e che domenica prossima assegnerà il titolo o a Hamilton o a Rosberg. Vista l’aria che tira, chi gliel’ha fatta fare? «Ho una lunga tradizione nelle corse e lavoro nel mondo dell’utensileria per le macchine: è logico che mi provi anche in questa categoria». Negli Usa, la F1 ha sempre avuto problemi e non ha mai sfondato. Lei pensa di scrivere un capitolo nuovo? «È presto per capire se riusciremo a colmare la lacuna. Di sicuro vogliamo fare bene e portare interesse: non ci basta essere solo partecipanti». Quanto tempo vi date per Entro accettando i rischi: il programma è decennale e all’inizio sarà dura. Ma voglio i risultati R Gli annunci si ricevono tutti i giorni su: www.piccoliannunci.rcs.it agenzia.solferino@rcs.it oppure nei giorni feriali presso l’agenzia: Milano Via Solferino, 36 tel.02/6282.7555 - 7422, fax 02/6552.436 Si precisa che ai sensi dell’Art. 1, Legge 903 del 9/12/1977 le inserzioni di ricerca di personale devono sempre intendersi rivolte ad entrambi i sessi ed in osservanza della Legge sulla privacy (L.196/03). NUOVA APERTURA OFFERTA SPECIALE Cucina giapponese e italiana. Sconto 40% à la carte presentando questo annuncio solo la sera. Parcheggio. Via Cardano 8, Milano. www.ristoranteharu.it. 02.36.74.07.85 - 333.22.26.858 ABILE impiegata tecnico-commerciale e acquisti offresi part-time in Milano. Pluriennale esperienza settore illuminazione, arredamento, allestimenti. 333.14.37.804 ADDETTA amministrazione del personale, assunzioni cessazioni, trasformazioni rapporti con enti programma presenze Word, Excel, posta elettronica. 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Porteremo un po’ di mentalità Nascar e di spirito americano». Un secondo Gp negli Usa è realistico? «Per me sì, nel passato è già successo. C’è l’opzione del New Jersey, da abbinare ad Austin; ma io credo che sarebbe bene tornare a Long Beach». Il promoter di Austin ha detto che la F1 deve creare un legame con il marketing di COLLINE Piacentine, Val Tidone, 70 Km da Milano, vendesi tipica casa campagna mq. 480. Giardino. Cortile. Vigneto DOC. Euro. 245.000,00. www.collinepiacentine.it 335.20.66.40 DIANO MARINA costruttore vende appartamenti abitabili subito. Palazzina trifamiliare, terrazzi, pannelli solari. 348.88.72.838 NEGOZI San Gregorio, canne fumarie adatti bar tavola fredda, affitto-riscatto. CE: G - IPE: 187,5 kWh/mca 02.88.08.31 cod. C03 www.filcasaimmobili.it NEGOZIO /ufficio sette luci, Valtellina-Farini. 650 mq oltre sottonegozio, box triplo. CE: F - IPE: 147,22 kWh/ mca 02.88.08.31 cod. N15 www.filcasaimmobili.it NEGOZIO angolare 7 luci, Sarpi. 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Vi hanno già definito la «Ferrari d’America». «Non ditelo ad alta voce. Ma abbiamo un accordo profondo con Maranello. Ultimamente la Rossa ha risultati mediocri? Non siamo preoccupati, la Ferrari ha tradizione, mezzi e fascino: sarà sempre sulla breccia». Alex Rossi o Danica Patrick su una delle vostre auto? «È prematuro parlare di piloti. Non credo che all’inizio ingaggeremo un driver Usa, ma nel tempo mi piacerà averne almeno uno». Chi è il miglior pilota in attività, secondo lei? «Sono stato un fan di Michael Schumacher, oggi dico Fernando Alonso». Alonso, però, lascia la Ferrari: è una perdita grave? «Vedremo. Arriverà Vettel, sento dire: giudicherà la pista». Le è mai capitato di sognare di vincere il Mondiale di F1? «Eccome. I sogni, tra l’altro, sono gratuiti…». La F1 discute se è meglio tagliare i costi o incrementare le risorse. Lei che cosa pensa? «Sono giuste entrambe le cose e a volte i soldi sono stati spesi male. Non entro in F1 come uomo d’affari: voglio essere parte di questo mondo, accettando i rischi. Ma voglio anche i risultati e voglio vincere». Flavio Vanetti © RIPRODUZIONE RISERVATA ACQUISTIAMO •AUTOMOBILI E FUORISTRADA, qualsiasi cilindrata. Passaggio di proprietà, pagamento immediato. Autogiolli, Milano. 02.89504133 - 338.7431476 ABBANDONA ansia e fatica con i nostri percorsi bellezza. 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RICHIESTE SPECIALI Data Fissa: +50% Data successiva fissa: +20% Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera 44 CorriereMotori Due facce La Fiat 500X viene proposta in due varianti: una più votata al fuoristrada (a destra), con protezioni in evidenza, l’altra, la Lounge (foto sotto), più cittadina. Tre i sistemi di trazione: anteriore, anteriore con Traction+ e integrale. Dodici tinte (pastello, metallizzata, tristrato e opaca) e otto cerchi in lega (16, 17e 18 pollici) Debutti Tre tipi di trazione, quattro motori da 110 a 170 cavalli, cento Paesi in cui verrà venduta. Al volante della vettura tutta italiana che sembra destinata a segnare una svolta nel gruppo Fiat 500X, crossover made in Italy La scheda ● La Fiat 500X ha una carrozzeria a 5 porte lunga 425 cm, per 198 di larghezza e 160 di altezza. Il vano di carico va da 350 a 1.000 litri. Al lancio (inizio 2015), i motori proposti sono: 1.4 Turbo MultiAir II da 140 cv, 1.6 «EtorQ» da 110 cv, 1.6 MultiJet II da 120 cv e 2.0 MultiJet II da 140 cv. Da 17.250 euro BALOCCO (VERCELLI) Iniziamo dalla cena organizzata per presentare alla stampa la Fiat 500X: «Siete seduti nell’atrio della fabbrica italiana più nota al mondo — dice Alfredo Altavilla, chief operating officer Europe, Africa and Middle East (EMEA) di FCA —. Mirafiori è il simbolo di 75 anni di storia, dello sviluppo industriale del nostro Paese». Mirafiori rappresenta la rinascita del dopoguerra. Oggi dallo stesso stabilimento parte la ricostruzione del made in Italy dell’auto. Ancora Altavilla: «È un momento importante per FCA, in particolare per la Regione EMEA, che qui ha il suo quartier generale: migliaia di donne e uomini che lavorano con passione per trasformare idee ed emozioni in prodotti come il crossover della famiglia 500, che testimonia il cam- Il video Sul canale Motori del Corriere.it la prova video, su strada e fuoristrada, della Fiat 500X biamento del nostro modo di lavorare». Completa sintonia con Olivier François, global head Fiat: «Questa vettura è un passo da gigante per il marchio Fiat. Siamo veloci, decisi, appassionati, e pronti a rompere gli schemi, a reinventarci». A Balocco, dove vengono testate anche le supercar, si respira l’eredità dell’iconica 500. La X è il fattore moltiplicatore di un successo che ha visto 1,5 milioni di pezzi venduti, 22% di quota in Europa, 55% in Italia. La 500X è il primo e unico crossover compatto Fiat (nasce da un’architettura nuova), ricco di contenuti, di tecnologia. «Non in un segmento qualunque — avverte Gianluca Italia , responsabile Fiat Emea —, ma in quello che sta letteralmente modificando il mercato europeo. Dieci anni fa i crossover erano il 5% del mercato, oggi sono più del 20% e rappresentano il terzo mercato dopo le city car e le compatte». Un’ auto «abbastanza grande, ma anche abbastanza piccola», come sottolinea il suo designer Roberto Giolito: «Ha delle proporzioni perfette. Il suo corretto vocabolario di segni. Senza limitarsi a gonfiare le curve con grandi muscoli, che pure si fanno sentire sia nella versione urbana che in quella da fuoristrada». L’interno accoglie con ele- gante semplicità. La plancia, appena arrotondata, è la centrale di comando. Ci sono il cruise control adattativo, il collegamento Bluetooth al telefono, il selettore per scegliere l’impostazione di guida più adatta al percorso (Auto, Sport, All Weather). I sedili conservano gli stilemi della 500 nella forma dei poggiatesta, ma contengono bene il corpo. «Un’italianità — dice François — che è passata da 2,5 milioni di ore di progettazione, 500mila ore di prove di laboratorio e oltre 5 milioni di chilometri di prove su strada. Una qualità basata anche sulla collaborazione dei lavoratori dello stabilimento di Melfi , uno dei migliori esempi del metodo World Class Manufacturing di FCA». Per venderla in 100 Paesi del mondo, differenti tra loro, sono stati previsti tre sistemi di trazione (anteriore, Traction+ e integrale), che sposano una gamma di motori a benzina e diesel, da 110 a 170 cavalli, tutti Euro 6. La trazione 4x4 è disponibile sia con i motori a benzina sia con i diesel, con cambi manuali a 6 rapporti o automatici DDCT anche a 9 marce, un’esclusiva di Fiat. Giorgio Cornacchia, responsabile Engineering Emea, spiega che «tutto parte dalla scocca, che utilizza acciai speciali per migliorare la rigidità torsionale e abbassare il peso di oltre 21 kg rispetto ai rivali» . La 500X chiude un ciclo e ne riapre un altro: accompagna la Fiat tra le braccia di FCA, per conquistare i mercati globali. E ufficializza la forza di un brand, che in futuro potrà chiamarsi «soltanto» 500. Bianca Carretto © RIPRODUZIONE RISERVATA Contro l’inquinamento, la Cina punta su metano ed elettrico La Michelin (partner della Formula 1 a batterie) porta nella Repubblica Popolare il Challenge Bibendum CHENGDU (CINA) In Cina l’11 novembre si è celebrato il Single day: quel giorno tutti i prodotti sul portale Alibaba erano scontati. Una festa che ha portato acquisti per 57 mila miliardi di yuan, circa 7,4 mila miliardi di euro. E milioni d’oggetti da consegnare, ma a lunga scadenza: l’inquinamento ferma il traffico e gli spedizionieri. È questo lo scenario scelto dalla Michelin per la 12esima edizione del suo Challenge Bibendum dedicato alla mobilità sostenibile e inaugurato lo stesso 11 novembre a Chengdu, ovest della Cina. L’idea alla base dell’evento è questa: che siano persone o merci, tutto si de- ve e si può muovere a basso impatto ambientale. La sorpresa? Il governo cinese, fallito l’obiettivo dei 5 milioni di auto elettriche o ibride plug-in entro il 2015, ripiega sul metano. Qui già il 3% dei veicoli usa combustibili o tecnologie alternative, di questi otto su 10 vanno a gas. I distributori sono più di 5 mila. Si stima che nel 2015 saranno oltre 2 milioni i veicoli a metano venduti in un anno. Numeri che potrebbero favorire Fiat-Chrysler, che sul metano ha sempre puntato, e non spaventano Michelin, che ha investito sull’elettrico al punto da diventare partner del primo campionato di Formula E: «Il futuro è elettrico e il pneumatico ha un’importanza fondamentale, perché riducendo le resistenze incrementa a costo zero l’autonomia. L’esperienza della Formula E è fondamentale per lo sviluppo di nuovi prodotti», spiega Jean-Dominique Senard, ceo di Michelin. Ma per la prima volta al Bibendum la protagonista è la smart city, «città intelligente» che integra mezzi differenti per ottenere la massima efficienza. Nella smart city il car sharing ha piena cittadinanza: per gli analisti di Frost&Sullivan, nel 2020 saranno 26,2 milioni gli utenti dell’auto condivisa nel mondo (10 volte gli abbonati del 2012), perché è il modo ideale per superare i limiti attuali lasciando libertà di movimento. Stesso discorso per il carpooling: condividere la stessa auto sullo stesso percorso. A Pechino, il servizio Haha Pinche ha raggiunto da dicembre il milione di utenti. Il cambio di approccio alla mobilità non preoccupa Michelin: «Il numero di auto si ridurrà in città, ma continuerà a crescere nel mondo. La nostra attività non è vendere il singolo pneumatico, ma tutti i servizi che ci sono intorno». Alessandro Marchetti Tricamo Una monoposto elettrica di Formula E, che utilizza pneumatici Michelin © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Lunedì 17 Novembre 2014 Kia Soul EV Un pieno a 2 euro e con 160 chilometri di autonomia MOTORI Kia presenta la Soul EV come il suo «manifesto ecologico», con una prospettiva di vendita per il 2015 di un centinaio di esemplari in Italia. Il prezzo di 36 mila euro non è uno sproposito: le batterie, che altri noleggiano, qui sono incluse e da sole valgono 12 mila euro. Nell’allestimento navi, clima, sistema di infotainment con display da 8 pollici e radio digitale. Per la ricarica delle batterie al litio occorrono da 33 minuti (colonnina fast charge) a 12 ore (presa del box) e con un pieno (circa 2 euro) si percorrono 160 km: un buon risultato rispetto alla concorrenza. In autostrada il motore da 81 kW (110 cv) permette di raggiungere La Kia Soul EV: costa 36 mila euro. Per la ricarica delle batterie al litio occorrono da 33 minuti a 12 ore i 145 orari, mentre in città la Soul EV scatta, allunga e non è facile starle dietro. Le sospensioni si irrigidiscono sulle irregolarità del fondo, ma nel complesso il confort è elevato. Anche perché la Soul è tra le vetture più curate nella sua classe. Saverio Villa © RIPRODUZIONE RISERVATA In arrivo DAL NOSTRO INVIATO La Audi A3 Sportback e-tron (a sinistra) va in vendita in questi giorni. Motore a benzina 1.4 TFSI da 150 cv, più unità elettrica da 75 kW, con cambio automatico S tronic. Da 0 a 100 km/h in 7,6 secondi e 222 km/h di velocità, 1,5 litri/100 km e 35 g/km di CO2. Costa 39.900 euro VERONA «È saltato il salone del- l’auto a Milano? E noi ce lo facciamo da soli». Fabrizio Longo, 51 anni, «umanista mancato» e gran camminatore d’alta quota, è il numero uno di Audi in Italia. Gli piace vincere facile e non nasconde una certa soddisfazione nell’anticipare che la casa dei quattro anelli chiuderà l’anno superando abbondantemente le 47.500 auto vendute nel 2013 che hanno portato fino ad oggi a una quota di mercato consolidata del 3,6 per cento. Destinata anche questa a salire. Cosa significa che vi fate il salone da soli? «Avevamo aderito all’Auto show. Intendiamo onorare l’impegno anche se l’organizzazione del salone è saltata». Quindi? «Quindi tra il 10 e il 20 dicembre occuperemo “manu militari” — scherzo — via Montenapoleone. Ci sarà un grande temporary store e organizzeremo una serie di eventi tra cui un incontro tematico sul design, dove verranno anticipati gli stilemi dei nostri futuri prodotti. Poi avremo un appuntamento sulle innovazioni tecnologiche e concluderemo con una giornata dedicata all’imprenditoria femminile. Ovviamente il tutto condito con ospiti di altissimo livello, e mi auguro il coinvolgimento di qualche rappresentante delle istituzioni, per dimostrare quanto vale la galassia Audi in Italia. Con Italdesign, Ducati e Lamborghini, si tratta di un gruppo di 4.500 persone». Intanto dal mercato sembrano arrivare segnali di ripresa generale… «Al contrario. A inizio anno avevamo tutti in mente un recupero più elevato. Invece dopo i primi mesi incoraggianti, tutto è tornato piatto e l’attuale 3-4 per cento in più non è quello che ci aspettavamo, sia in termini di quantità che di qualità. Parliamoci chiaro: hanno fatto acquisti le società di noleggio a lungo termine. Il mercato dei privati è fermo. L’unica nota positiva, per quello che ci riguarda, è che le immatricolazioni delle auto di lusso crescono di più delle altre». E come mai, secondo lei? «Perché quando ci sono modelli nuovi, i privati rispondono. Non mi riferisco solo a Au- FABRIZIO LONGO Mercato e incentivi: il numero uno di Audi Italia a tutto campo «Salone e car sharing? Noi ce li facciamo da soli» Chi è Fabrizio Longo, 51 anni, è direttore generale di Audi Italia da gennaio 2013. Prima lavorava in Hyundai di, ma anche alle gamme sempre più ricche e innovative dei nostri competitors tedeschi, ai quali aggiungo anche un marchio come Jaguar». I privati rispondono anche quando ci sono incentivi all’acquisto. In Spagna per esempio… «Quello è un modello che abbiamo già sperimentato anche in Italia. Fa crescere le immatricolazioni, ma una volta esauriti i bonus tutto si affloscia. Qui occorre qualcosa di più strutturato. Una diminuzione drastica della pressione fiscale sull’auto e sull’indotto relativo all’auto. Bisogna puntare sulla defiscalizzazione, come ha proposto il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi. E poi mi piacerebbe che il governo facesse una scelta coraggiosa, un vero piano industriale». Cioè? «Crediamo nelle tecnologie alternative e abbiamo il parco auto circolante più vecchio e inquinante d’Europa? Sì. E allora cosa ci vuole a varare un piano triennale in cui si realizzano infrastrutture per incentivare l’uso delle auto a metano o delle ibride? Avremmo in circolazione, in pochi anni, auto meno inquinanti e più sicure. Ma occorre un piano di politica industriale serio». A proposito, voi avete sdoganato definitivamente il metano mettendolo sulle vostre costose vetture. «Una scommessa vinta. C’era chi non ci credeva e aveva profetizzato un fallimento dell’idea. Invece è stato un successo: abbiamo totalizzato più di mille ordini sulla g-tron. E sa perché?». Perché? «Perché abbiamo investito ❞ L’annuncio Dal 10 al 20 dicembre, a Milano, occuperemo “manu militari” via Montenapoleone con una serie di eventi tematici e un temporary store L’esperimento Stiamo sperimentando in Svezia la condivisione di auto tra clienti Audi che si conoscono. Mi mangio le mani per non aver provato prima in Italia Benzina, diesel, metano, elettrica e tra poco anche ibrida plug-in VERONA La Volkswagen Golf GTE: è la versione ibrida plug-in, in arrivo a inizio 2015 viene sia in movimento sia tramite una comune presa di corrente. Tutta elettrica, invece, la e-Golf, la cui autonomia massima dichiarata è di 190 chilome- tri. Ma tutto dipende dalla guida e dalle impostazioni scelte dal guidatore: modificando alcuni parametri (dalla potenza al climatizzatore) si può au- sui materiali. Utilizzando quelli compositi, per esempio, abbiamo ridotto del 50 per cento il peso delle bombole, dando così la possibilità a chi usa una nostra auto a metano di andare comunque veloce, con mille chilometri di autonomia e il libero accesso nei centri storici, così come succede con la etron». A proposito di centri storici, visto come va forte il car sharing? Voi però non ci credete. «Non crediamo nelle formule attuali. E allora ne stiamo sperimentando una nostra». Dove? «A Stoccolma. E mi mangio le mani per non averla fatta partire prima in Italia». Cioè? Come funziona? «Con la condivisione a pagamento di un modello prescelto — messo a disposizione da Audi che provvede alla assicurazione e a tutti i costi di gestione —, ma solo tra cinque persone che si conoscono e possono verificare la disponibilità della vettura e prenotarla attraverso una App. Il vantaggio è che ogni volta si sale su una macchina sapendo chi l’ha guidata fino a poche ore prima e, quindi, escludendo a priori le brutte sorprese…». Che cos’è, il car sharing dei ricchi? «Non direi, meglio definirlo... selettivo». Maurizio Donelli © RIPRODUZIONE RISERVATA Cinque sfumature di Volkswagen Golf Benzina, diesel, metano, elettrica e, dall’inizio del 2015, anche ibrida plug-in. È il classico «imbarazzo della scelta» che si trova sotto al cofano della Volkswagen Golf: mentre compie 40 anni (qualche numero: oltre 30 milioni di macchine vendute nel mondo, di cui 2,4 milioni in Italia; come dire che dal 1974 a oggi, in media, ogni anno una nuova Golf è entrata in 60mila famiglie italiane), è l’unica auto in assoluto a proporsi con cinque differenti alimentazioni. L’ultima variante, la ibrida plug-in GTE, associa un motore 1.4 a benzina a un’unità elettrica: la ricarica delle batteria av- 45 mentare l’autonomia o privilegiare confort e prestazioni. Elettrica e ibrida plug-in hanno lo stesso prezzo: 37mila euro. Da un estremo (la sostenibilità) all’altro (le prestazioni): la Golf R ha 300 cavalli e la trazione integrale 4Motion. Il motore è il 2.0 turbo benzina della GTI, che ha «solo» 230 cv e la trazione anteriore... Della gamma sportiva fa parte anche la GTD: anima granturismo, motore diesel da 184 cv, 4,2 l/100 km dichiarati. A combinare risparmio e autonomia ci pensa la Golf TGI, a metano: 3,4 kg di gas per 100 km. Circa 3,5 euro. Stefano Marzola © RIPRODUZIONE RISERVATA Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera 46 Tv .¤ .Õ Ê±ææ 3.$"9/± ÎÎ×@ÎF ʱ¤æ .3"$± ÎÎ×@ÎF ʱÐæ 1 ¤± ,.8/$" /3 81 // 8. "$.!1± ʱ|z 3"$!11"± ÎÎ×@ÎF± ¤¤±¤æ $"1 11± ÎÎ×@ÎF ¤Õ±ææ ,.$8 3$ $± 8@ÂkÎF ¤Ð±Ðæ 1$."± ¤|±ææ 1 ¤ $"$!± ÎÎ×@ÎF ¤|±æz $ $,$ 1± 8@ÂkÎF ¤|±|æ 1$.1$ $ .$"· 8.11$ "± ÎÎ×@ÎF ¤Ê±ææ 81 " .11± Îα ¤p±zæ ¿.1± -×ä Õæ±ææ 1$."± Õæ±Ðæ . 13$± 8@ÂkÎF Õ¤±¤æ .$/$ .$± X×kÎ Õ¤±¤z -3/1$ "$/1.$ !$. Éæ± !ÅkÂk± "k !@ÂXÂo` @ 8@k` ×ÂÂ@ .×xx_ 1~ ¤ Êæ ÅkXb ÕбÐæ ,$.1 ,$.1± ÎÎ×@ÎF± b×Xk Â× 8kŬ@ ¤±æz 1¤ "$11± ¤±Ðz 1!,$ ± ¤±|æ /$11$8$ ± ÎÎ×@ÎF p±æz ,.$1/1"1/!$± ÎÎ×@ÎF p±Ðz /$. ! $± 1x !1$ Õ± ¤æ±ææ 1Õ "/!± ÎÎ×@ÎF ¤¤±ææ 11 8$/1.± ÎÎ×@ÎF ¤Ð±ææ 1 Õ $."$± ¤Ð±Ðæ 1 Õ $/13! /$ 1± ÎÎ×@ÎF ¤Ð±zæ ! 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La papera non fa l’eco Rai2, ore 21.10 Chiesa e finanza: legami e segreti L o storico John Dickie va alla scoperta dei legami (non sempre leciti) tra Vaticano e finanza: ha scavato nei segreti (bancari) della Chiesa e esaminato l’opera di risanamento di papa Francesco. Il documentario dà la parola a cardinali e magistrati per far luce sulle «relazioni pericolose» tra Chiesa e finanza. Sacro denaro History, ore 21 Tata Adriana aiuta i bambini T ata Adriana Cantisani torna con un nuovo programma per i bimbi in età prescolare. Con lei, Lalla, buffo personaggio in animazione 3D: aiuteranno i piccoli a scoprire come si usa un ombrello o a cosa serve il telefono. Adri & Lalla – Cosa cos’è DeAJunior, ore 19 ¤Ê±Õz ¤É±¤z ¤É±Õæ ¤p±æz ¤p±zæ ¤±Ðz Õæ±Õæ Õ¤±¤æ Õбææ ¤±Õz 1 ;" !± /kÂk . "9/ $."$± /1.± /kÂk :"± /kÂk /, 8.1± /kÂk /3,."13.± /kÂk 31; " 1 /1± /kÂk ! 1!"± ! 1 . Õ_ ."± " ,,3"1!"1$ ¤É±Õz .">$"_ ! $ ">1· 8@ÂkÎF ¤É±zæ 1" !$! Õ± 8@ÂkÎF ¤p±zæ 1" !$! 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Spiega molto di come la cultura gastronomica italiana sia una delle risorse fondamentali per uscire dalla stagnazione e ritrovare slancio ideale, parla del ruolo delle donne nel mondo del lavoro al di là di molti stereotipi. Non stupisce che Real Time abbia deciso di raccontarla con una nuova serie, «La chef e la boss», prodotta da FremantleMedia (venerdì, 23.05). La storia comincia nel marzo dell’an- 8 E 1/2 Lilli Gruber Sabato con Lilli Gruber: per «8 e 1/2» e La7 ci sono 796.000 spettatori, 3,2% di share '- ## 09 0 /(( /(9 /5/ © RIPRODUZIONE RISERVATA 09 /99 /54 /5( /(9 -$'%3 ## (045 (04 (0 (0 (0 (04 (0 (0( (0 (04& 6- " granaggi devono funzionare in perfetta sincronia. Poi ci sono le storie della brigata di cucina della chef Viviana, ogni volto (sono tutti ragazzi molto giovani) una storia di talento e dedizione a un lavoro molto faticoso. E infine c’è lo studio delle personalità di due donne al comando, la chef e la boss, Viviana e Sandra: quest’ultima ha iniziato facendo la pescivendola e ha trasformato quell’inizio umile in un un’opportunità irripetibile. L’esito finale della trasformazione di Alice è in piena filosofia farinettiana: fare business, innanzitutto, poi dare un esempio di lusso e ricercatezza senza esagerare, senza scadere nell’eccesso. no scorso, il deus ex machina è Oscar Farinetti, che propone a Viviana e Sandra di chiudere il loro Alice Ristorante e di riaprirlo dopo pochi mesi, molto più in grande, all’interno di Eataly. Dal calo della saracinesca di Alice comincia il racconto de «La chef e la boss», che segue passo dopo passo i giorni frenetici che conducono all’avvio dei lavori nella nuova sede e poi all’inizio dell’attività di cucina. La cosa interessante è che nel racconto s’intrecciano molti livelli: si fa la conoscenza della complessa «macchina» gestionale alle spalle di un ristorante stellato Michelin, un balletto adrenalinico sul filo del rasoio tra cucina e sala, dove tutti gli in- CHE TEMPO CHE FA Fabio Fazio Sabato con Fazio e Andrea Camilleri: 1.999.000 spettatori per Rai3, 7,9% share 6'7 -"$' +6-3' 5( %'7$- 5& %'7$- "% #3"$' +6-3' 0 "$- ( "$- '"*# '(* #(* "# "0 #'"# # #" "#, "#" '"0 '+ '-% )-36-3' "# 3$)' .6## %'.3- )%".'# '% -'7." 3$)'-#" %! "%3%." ' -33- " %6"- "' .)" .6## - "'%" .33%3-"'%#" .6## - % .6 +6## 3"--%"!* '$%" 7" 7" 6-%3 # .33"$% ." ##%3- # $'-. # $#3$)' 6% )', .6 3633" " .33'-" -8" ## -"$'%3 ##,#3 )-.."'% '% -"3'-%' " "#" )'' %67'#'." +6." 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SUDOKU DIFFICILE 6 1 7 6 4 1 4 8 7 3 2 5 8 1 5 7 LA SOLUZIONE DI IERI 6 3 5 1 2 9 8 7 4 9 2 7 5 4 8 3 6 1 5 4 2 7 3 1 4 8 7 6 3 9 2 5 5 9 2 8 7 6 4 1 3 7 1 3 2 9 4 5 8 6 4 8 6 3 1 5 2 9 7 2 7 4 9 3 1 6 5 8 8 6 9 4 5 7 1 3 2 3 5 1 6 8 2 7 4 9 # 6 2 4 8 Come si gioca Bisogna riempire la griglia in modo che ogni riga, colonna e riquadro contengano una sola volta i numeri da 1 a 9 Altri giochi su www.corriere.it "*# - #' #( " ( ** ((# 050 )#!. )# 0/5 /5/ / )#!. 1*# ( " "' '# ! " '"(# /"/ $05 +"( *" #/# "#+,' '" +'(* "# )#!. # "" '( !. $5 $$ " $5 $5$ ' ** )**#! ' #" (#" 5 '(, #! !(*'! ' '* !. $5 )!# + $0 $" )13* $5 "' " 67'#'.' #"' "# 5 , *## ! #$"" ' "# !+'# . )**#! (" + "# !. *.) .! )'' $'..' '#3' $'..' '#3' "33' $+ " $/ $0 $0 $5 $+ ) )1 ( # $5 $5 # "'# ' " # # +"#( '( '# #( +" ** $# 48 Lunedì 17 Novembre 2014 Corriere della Sera
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