Una protesi su impianti bella come quella su denti naturali. È possibile. Dott. Ignazio Loi Prama è la fixture nata dai principi della tecnica B.O.P.T. per semplificare anche l’implantoprotesi. La libertà di scelta tra morfologia endossea cilindrica o conica e due diversi trattamenti di superficie rendono semplice e sicuro il posizionamento chirurgico. Il profilo di emergenza a geometria iperbolica consente una reale continuità tra impianto e pilastro; il trattamento anodico permette un perfetto mimetismo con i tessuti molli. Prama è l’impianto per raggiungere l’eccellenza protesica. sweden-martina.com ORTHO TRIBUNE The World’s Orthodontic Newspaper • Italian Edition Supplemento n. 1 di Dental Tribune Italian Edition - Ottobre 2014 - anno X n. 10 Ottobre 2014 - anno VIII n. 2 www.dental-tribune.com La SIDO cerca di fare chiarezza sul ruolo della logopedia La Società Italiana di Ortodonzia (SIDO) ha inteso, sotto la presidenza del dottor Claudio Lanteri, sviluppare sinergie interdisciplinari tra ortodontisti, foniatri, logopedisti e pediatri. Questo al ine di chiarire aspetti cruciali della gestione clinica di pazienti affetti da deglutizione atipica, respirazione orale, dislalie e disfasie. A tal ine ha delegato il prof. Luca Levrini a costituire un tavolo tecnico che potesse dare risposte concrete alle esigenze cliniche degli operatori sanitari coinvolti. Obiettivo sarà stilare le Linee di indirizzo ortodontiche in logopedia. > pagina 2 Ortodonzia 4D: dalla diagnosi morfologica al fattore tempo www.sunstarGUM.it Matteo Beretta Dove eravamo rimasti? Nell’articolo precedente (si veda Dental Tribune Italian Edition, n. 3 marzo 2014, Speciale Ortho Tribune) ci eravamo occupati di scoprire e deinire la semantica del signiicato 3.0, ovvero un’ortodonzia che sfrutta le nuove tecnologie digitali per individualizzare al massimo il piano di cura, rispondendo alle complesse esigenze del paziente, con uno sguardo attento alla biocompatibilità e alla sostenibilità, non solo strettamente legate alla sua problematica ortodontica. È trascorso qualche mese e la nostra ricerca di nuovi spunti di rilessione da offrire al clinico esperto ha focalizzato la propria attenzione su come effettivamente le nuove tecnologie a disposizione possano cambiare il modo di fare diagnosi e piano di trattamento. Nell’era del tridimensionale sta emergendo un nuovo protagonista, il 4D. Ma cosa vuol dire? È un’ulteriore evoluzione? Nel 2007 Tiziano Baccetti e Lorenzo Franchi, in una revisione sistematica della letteratura dal titolo Eficacia e timing della terapia della malocclusione di II Classe con apparecchi ortopedico-funzionali, hanno concluso scientiicamente che l’inclusione del picco di crescita puberale Dal 1934 al 2014 80 anni di successi e innovazione Un importante anniversario quello che festeggia quest’anno Leone S.p.A., confermandosi, a 80 anni dalla nascita, un’azienda leader del proprio settore, con un trend di crescita costante negli anni. Una politica vincente, quindi, fatta con ingredienti ben precisi: qualità, ricerca, tecnologia e innovazione; fattori determinati al successo del marchio Leone che rende orgogliosa la famiglia Pozzi fondatrice e proprietaria da ormai tre generazioni. Una storia fatta di cambiamenti ed evoluzioni, di decisioni importanti che hanno permesso all’azienda di occupare un posto di rilievo nel settore odontoiatrico, anche in momenti critici della storia sociale ed economica del nostro Paese. Siamo nel 1934 a Firenze quando Mario Pozzi, argentiere, decise di usare un marchio che riproduceva la testa di un “leone” per i propri prodotti iniziando la fabbricazione di capsule in acciaio inossidabile che un amico, commerciante nel campo odontoiatrico gli aveva proposto di produrre. Tutto ebbe inizio in quel momento, infatti coloro che producevano in Italia prodotti per uso odontoiatrico si contavano sulle dita di una mano e anche l’acciaio inossidabile rappresentava una novità; due elementi suficienti a far scattare in Mario Pozzi la molla dell’istinto. > pagina 14 Ammireremo e studieremo sempre il tuo "giardino". Luca Levrini 1934 2014 Anni > pagina 6 2 News & Commenti Ortho Tribune Italian Edition - Ottobre 2014 Il mio primo tweet S ono ancora dubbioso nei confronti dei social network. Da una parte mi frena l’emergente fenomeno delle dipendenze da nuove tecnologie, mi spaventa l’esagerato allontanamento da quello che possiamo fare senza l’aiuto della tecnologia. Dall’altro mi attrae la loro stessa potenza comunicativa, porta rapida e infinita per pensieri e relazioni. A ogni modo, l’ultimo giorno di agosto, supero le perplessità e decido di iscrivermi a twitter per scrivere il mio primo tweet: «Il vero capodanno è domani: cerchiamo il valore, l’ethos di quello che facciamo. Non cosa e come facciamo le cose, ma perché». Lo scrivo in questo editoriale per riportare tale riflessione in ambito ortodontico. Come facciamo ortodonzia? Perché facciamo ortodonzia? Domande le cui risposte possono essere tecniche o ampliarsi a motivazioni personali e soggettive. Domande immense alle quali tento brevemente di rispondere. Domande che meriterebbero una condivisione in congressi o assisi scientifiche. La prima: come facciamo ortodonzia? È noto come ormai siano molteplici le tecniche ortodontiche. Il raddrizzamento dei denti è infatti possibile con tecnica ortodontica fissa, vestibolare o linguale, allineatori trasparenti, ecc. In pratica, a oggi, è possibile ottenere lo stesso risultato ortodontico con metodiche e tecnologie differenti; la scelta del tipo di tecnica deve però scaturire dopo avere illustrato al paziente tutte le alternative disponibili e (sempre con lui) scegliere quella più adatta. È un dovere deontologico quello di fornire “eventuali alternative terapeutiche”, oltre a essere un buon suggerimento nell’ambito delle scienze della comunicazione, per ottenere il massimo della collaborazione e partecipazione. Al riguardo, recentemente mi è capitato di inviare un paziente a un collega ortodontista perché, in fase di discussione di piano di trattamento, abbiamo compreso come per lui fosse ideale il trattamento ortodontico linguale, pur essendo in grado di risolverlo io stesso con allineatori trasparenti o tecnica vestibolare tradizionale. La seconda domanda: perché facciamo ortodonzia? Un argomento complesso e delicato, se mi domando se la maloc- clusione è una patologia, una disfunzione o un’alterazione. Le premesse per rispondere a questa domanda devono ricondurre al concetto di salute, all’analisi del bisogno di cura del paziente e al concetto di trattamento estetico. Se intendiamo la salute come “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”, possiamo giustificare ogni intervento di cura finalizzato allo “stare bene”, al sentirsi in forma fisicamente e mentalmente, al sentirsi adeguati socialmente. Il clinico, nel curare ortodonticamente il paziente, dovrebbe andare dunque oltre la sofferenza e il malessere che porta la malattia, per nutrirlo di nuovi aspetti che lo fanno sentire meglio. Se l’intervento ortodontico porta a emozioni positive, sensazioni che aumentano la capacità di integrarsi e interagire con gli altri, percezione di masticare meglio, tutto questo è sufficiente per ritenere il nostro trattamento volto alla salute e quindi utile e importante. Per percepire tale bisogno di cura dobbiamo andare oltre, per indagare e “sentire” le esigenze e i desideri che sono oltre la malattia. In particolare, è necessario fare emergere il bisogno secondario, quello che il paziente esprime dopo che ha avuto modo di interagire con noi durante la prima visita, dopo che siamo stati in grado di entrare con lui in rapporto empatico e siamo in grado di leggere le sue emozioni e aspirazioni. Relativamente al concetto di estetica, la semplificazione di considerarla come ciò che è bello, non ha più ragione di essere. L’estetica è anche salute, tecnologia ed efficienza. In tal senso non ha più logica proporre un trattamento estetico solo perché si ottiene un bel sorriso, ma anche perché gli strumenti ortodontici che utilizziamo sono tecnologicamente avanzati, particolarmente efficienti e portano a una naturale salute e prevenzione. Esiste dunque un ethos ortodontico? Penso proprio di sì, deve nutrirsi però delle “tre esse”, che sono: sensazione, sensibilità e sentimento. Sensazione del giusto trattamento, sensibilità di ascolto del paziente e sentimento che si nutre della ippocratica missione medica. “Tre esse” orientate al paziente, e verso noi stessi, che il maestro Giuseppe Cozzani ci ha tramesso e rimarranno per sempre. Luca Levrini Ortho Storia Il tavolo tecnico sarà chiamato a rispondere, secondo le indicazioni del Piano nazionale Linee guida, a due semplici domande: quali sono i segni e sintomi clinici che possono destare il sospetto di deglutizione disfunzionale?; quali sono le informazioni cliniche che devono fornire i vari specialisti coinvolti nella diagnosi? Al ine di iniziare a comprendere il contesto, abbiamo incontrato le dottoresse in logopedia Pasqualina Andretta e Irene Vernero. A entrambe abbiamo chiesto quale fosse il ruolo della mioterpaia funzionale in ambito ortodontico. Riportiamo qui le dichiarazioni che abbiamo raccolto. Dott.ssa Pasqualina Andretta La richiesta di terapia miofunzionale (TMF) da parte dello specialista in ortognatodonzia deriva dal fatto di completare l’intervento ortodontico in presenza di anomalie del comportamento neuromuscolare, al ine di ottenere un equilibrio muscolare orofacciale statico e dinamico. Tale terapia permette di curare/rieducare le alterazioni/disfunzioni orali, in particolare nel lavoro congiunto con l’ortognatodonzia. La TMF in ortodonzia, inoltre, svolge un importante ruolo nell’abbreviazione dei tempi dell’intervento ortodontico, diminuzione del disagio dell’ausilio ortodontico, eventuale riduzione della spesa economica, migliore collaborazione ai programmi di cura e alta riduzione della possibilità di recidiva. L’applicazione della TMF, anche se da sola spesso non è suficiente per correggere una malocclusione, consente, attraverso un training sempre più impegnativo: il ripristino volontario di tutte le funzioni muscolari oro-facciali deviate; stabilizzazione di adeguati schemi orali motori; l’automatizzazione delle funzioni orali stesse. Un concreto esempio nel quale usare TMF in ortodonzia è quello inerente la valutazione e rieducazione della respirazione orale, sia essa a eziologia funzionale o da patologia ostruttiva delle vie aeree superiori. La TMF permette il ripristino o il miglioramento della respirazione attraverso il naso, mediante una visita specialistica foniatrica, una valutazione logopedica al ine di programmare un intervento mirato sui bisogni del singolo paziente. La letteratura americana riporta studi sull’eficacia ed eficienza delle strategie di terapia logopedica nel paziente respiratore orale, anche in presenza di allergie respiratorie o limitazioni dovute a patologia ostruttiva meccanica. Dott.ssa Irene Vernero La TMF è un processo di cura il cui obiettivo principale è il riequilibrio delle disfunzioni del complesso oro-facciale. Interessante è il concetto di logopedia intercettiva, come trattamento precoce con inalità di prevenzione, in Tavolo tecnico SIDO per la logopedia – – – – – – – CLINICAL EDITOR - Magda Wojtkiewicz ONLINE EDITORS - Yvonne Bachmann; Claudia Duschek COPY EDITORS - Sabrina Raaff; Hans Motschmann PUBLISHER/PRESIDENT/CEO - Torsten Oemus CHIEF FINANCIAL OFFICER - Dan Wunderlich BUSINESS DEVELOPMENT MANAGER - Claudia Salwiczek EVENT MANAGER - Lars Hoffmann EVENT SERVICES - Esther Wodarski MEDIA SALES MANAGERS - Matthias Diessner (Key Accounts); Melissa Brown (International); Peter Witteczek (Asia Pacific); Maria Kaiser (North America); Weridiana Mageswki (Latin America & Brazil); Hélène Carpentier (Europe) MARKETING & SALE SERVICES Nadine Dehmel; Nicole Andrä ACCOUNTING Karen Hamatschek; Anja Maywald; Manuela Hunger EXECUTIVE PRODUCER - Gernot Meyer INTERNATIONAL EDITORIAL BOARD Dr Nasser Barghi, USA – Ceramics Dr Karl Behr, Germany – Endodontics Dr George Freedman, Canada – Aesthetics Dr Howard Glazer, USA – Cariology Prof Dr I. Krejci, Switzerland – Conservative Dentistry Dr Edward Lynch, Ireland – Restorative Dr Ziv Mazor, Israel – Implantology Prof Dr Georg Meyer, Germany – Restorative Prof Dr Rudolph Slavicek, Austria – Function Dr Marius Steigmann, Germany – Implantology ©2014, Dental Tribune International GmbH. All rights reserved. Dental Tribune makes every effort to report clinical information and manufacturer’s product news accurately, but cannot assume responsibility for the validity of product claims, or for typographical errors. The publishers also do not assume responsibility for product names or claims, or statements made by advertisers. Opinions expressed by authors are their own and may not reflect those of Dental Tribune International. DENTAL TRIBUNE INTERNATIONAL Holbeinstr. 29, 04229, Leipzig, Germany Tel.: +49 341 48 474 302 | Fax: +49 341 48 474 173 www.dental-tribune.com | info@dental-tribune.com Supplemento n. 1 di Dental Tribune Italian Edition Anno X Numero 10, Ottobre 2014 La SIDO cerca di fare chiarezza sul ruolo della logopedia < pagina 1 GROUP EDITOR - Daniel Zimmermann [newsroom@dental-tribune.com] +49 341 48 474 107 Coordinatore prof. Luca Levrini Collegio dei Docenti di Odontoiatria, delegato prof.ssa Antonella Polimeni Federazione Logopedisti Italiani, delegato dott.ssa Irene Vernero Società Italiana di Foniatria e Logopedia, delegato dott.ssa Pasqualina Andretta Società Italiana di Ortodonzia, delegato prof. Paola Cozza Società Italiana di Pediatria, delegato dott. Luigi Greco Partecipa il dott. Claudio Lanteri particolare si intende l’identiicare le abitudini viziate o i compensi devianti, l’agire sulle funzioni e sulla loro evoluzione e fare prevenzione secondaria. In tutti i casi di signiicative alterazioni funzionali dell’apparato stomatognatico, è necessario ricorrere a competenze professionali speciiche quali quelle di foniatri e di logopedisti. Una TMF ben condotta porta in molti casi alla correzione stabile delle anomalie della deglutizione o a un sostanziale miglioramento, così come riteniamo che una deglutizione dalle caratteristiche di normalità faciliti sia la terapia ortodontica attiva sia la conservazione dei risultati nel tempo. Allo stesso modo riteniamo che in caso di malocclusioni clinicamente evidenti, un trattamento ortodontico che restituisca alla bocca caratteristiche morfologiche appropriate non può che rendere più eficace l’opera di riabilitazione delle funzioni che vi si svolgono e più stabili nel tempo i risultati conseguiti. Spesso, in concomitanza con il ciclo di rieducazione logopedica, viene prescritto un apparecchio funzionale dalle caratteristiche strutturali tali da favorirne e ampliicarne l’eficacia. Le migliorate condizioni funzionali si traducono in lineamenti più armoniosi, senza visibili contratture muscolari neppure durante l’atto della deglutizione. Le condizioni che concorrono al raggiungimento dei risultati sono numerose e comprendono diagnosi interdisciplinare, piano di trattamento accurato, attenta selezione dei pazienti e delle loro famiglie sotto il proilo psicologico, motivazione paziente e assidua, nonché naturalmente approfondita, conoscenza delle tecniche operative. Le probabilità di successo sono strettamente correlate all’età del paziente e alla sua capacità di collaborare in modo costruttivo e continuativo. In conclusione, secondo il nostro giudizio, condiviso peraltro da numerosi ortodontisti che hanno acquisito speciiche esperienze in questo settore, la TMF, nell’ambito delle indicazioni e dei limiti descritti in precedenza, costituisce una fondamentale integrazione della terapia ortodontica. DIRETTORE RESPONSABILE Massimo Boccaletti [m.boccaletti@dental-tribune.com] DIRETTORE SCIENTIFICO Claudio Lanteri CO-DIRETTORE SCIENTIFICO Luca Levrini SUPERVISORE SCIENTIFICO Damaso Caprioglio CONTRIBUTI M. Beretta, E. Bricchi, D. Caprioglio, B. D’Enrico, G. Etro, R. Fastuca, U. Garagiola, E. Kodjo Chardey, R. Locatelli, L. Levrini, L. Miggiano, F. Nolet, P. Zampetti, P.A. Zecca REDAZIONE ITALIANA Tueor Servizi Srl - redazione@tueorservizi.it Ha collaborato: Rottermaier - Servizi Letterari (TO) STAMPA RDierichs Druck+Media GmbH Frankfurter Str. 168, 34121 Kassel, Germany COORDINAMENTO DIFFUSIONE EDITORIALE ADDRESSVITT srl PUBBLICITÀ - Tueor Servizi Srl [alessia.murari@tueorservizi.it] UFFICIO ABBONAMENTI Tueor Servizi Srl Via Domenico Guidobono, 13 - 10137 Torino Tel.: 011 3110675 - 011 3097363 info@tueorservizi.it Copia singola: euro 3,00 Iva assolta dall’editore ai sensi dell’art.74 lettera C DPR 633/72 DENTAL TRIBUNE EDIZIONE ITALIANA FA PARTE DEL GRUPPO DENTAL TRIBUNE INTERNATIONAL CHE PUBBLICA IN 25 LINGUE IN OLTRE 90 PAESI È proibito qualunque tipo di utilizzo senza previa autorizzazione dell’Editore, soprattutto per quanto concerne duplicati, traduzioni, microilm e archiviazione su sistemi elettronici. Le riproduzioni, compresi eventuali estratti, possono essere eseguite soltanto con il consenso dell’Editore. In mancanza di dichiarazione contraria, qualunque articolo sottoposto all’approvazione della Redazione presuppone la tacita conferma alla pubblicazione totale o parziale. La Redazione si riserva la facoltà di apportare modiiche, se necessario. Non si assume responsabilità in merito a libri o manoscritti non citati. Gli articoli non a irma della Redazione rappresentano esclusivamente l’opinione dell’Autore, che può non corrispondere a quella dell’Editore. La Redazione non risponde inoltre degli annunci a carattere pubblicitario o equiparati e non assume responsabilità per quanto riguarda informazioni commerciali inerenti associazioni, aziende e mercati e per le conseguenze derivanti da informazioni erronee. Ortho Professione Ortho Tribune Italian Edition - Ottobre 2014 Qualità delle immagini diagnostiche e rischi di esposizione: la TAC Cone Beam 3 Umberto Garagiola Umberto Garagiola L’avanzamento tecnologico dell’imaging diagnostico in medicina e odontoiatria si è sviluppato rapidamente negli ultimi decenni, fornendo un enorme beneicio per i pazienti stessi. L’utilizzo dei raggi X per la radiologia odontoiatrica è parte integrante in dagli inizi degli anni ’60, con la prima esecuzione di radiograie endorali, e dopo, con l’invenzione di apparecchiature dedicate per eseguire le ortopantomograie. Tuttavia, queste metodiche permettono solamente la visualizzazione bidimensionale delle strutture esaminate e hanno comunque delle limitazioni per chi deve fare misurazioni: ingrandimento, distorsione, sovrapposizioni delle strutture anatomiche esaminate e false immagini. Errori d’identiicazione e una ridotta precisione nelle misurazioni morfologiche o cefalometriche possono portare a una diagnosi errata, soprattutto in ortognatodonzia. La radiologia volumetrica è stata utilizzata in medicina a metà degli anni ’70 con le prime TAC (Tomograie Assiali Computerizzate). Da allora molti progressi sono stati compiuti in termini di qualità delle immagini, facilità e velocità di esecuzione. Anche la metodica con CT convenzionale (spirale o multislice, MSCT) per lo studio delle arcate dentarie non può conigurarsi come “gold standard” per ovvi motivi di dose al paziente, molto più alta rispetto a tutte le altre metodiche impiegate. L’evoluzione delle TAC volumetriche nel settore odontoiatrico è iniziata dall’adattamento delle TAC “total body”, cercando di risolvere alcuni problemi fondamentali: l’elevato costo, l’elevato ingombro, il lungo tempo di scansione e soprattutto il rischio dell’elevata esposizione ai raggi X. La TAC Cone Beam (CBCT) rappresenta sicuramente un’importante innovazione nel campo dei sistemi di acquisizione tomograici e delle ricostruzioni volumetriche. Inizialmente applicata in angiograia e in radioterapia, la tecnologia Cone Beam CT ha trovato negli anni recenti un forte sviluppo in ambito odontoiatrico. Specialmente con la messa a punto di software speciici per la ricostruzione 3D e hardware in grado di gestire la mole di dati da elaborare, ha permesso una riduzione dei costi di acquisto delle apparecchiature e una conseguente maggiore diffusione. La CBCT applicata al campo dentale ha dato il via a dei sistemi dedicati, avendo come risultato un’aumentata qualità dell’imaging con una notevole riduzione della dose di radiazioni data al paziente, tale da poterla usare anche nei bambini con particolari patologie. Infatti, la Cone Beam, a confronto delle TC più moderne, presenta dosi da 3 a 10 volte inferiori a parità di volume irradiato. Il sistema CBCT permette la creazione di immagini su tutti i piani nello spazio (assiale, coronale, sagittale, obliquo) nere la ricerca sulla radioprotezione in medicina, sempre nell’ambito del Trattato della Comunità europea dell’energia atomica (EURATOM). La revisione della letteratura condotta dal progetto SEDENTEXCT riportato da EURATOM – European Commission, Radiation Protection 172, Cone Beam CT for Dental and Maxillofacial Radiology, Evidence Based Guidelines, 2012 – include 13 studi che hanno condotto misurazioni della dose con CBCT. SEDENTEXCT è un progetto di ricerca con l’obiettivo di acquisire informazioni per sviluppare linee guida evidence based che si occupano di criteri di giustiicazione, ottimizzazione e di riferimento per gli utenti della CBCT dentale e maxillofacciale tra cui: odontoiatri e assistenti, radiologi, tecnici radiologi, isici medici, produttori e fornitori di apparecchiature radiologiche. > pagina 4 o addirittura ricostruzioni seguendo una linea curva attraverso un processo denominato “Multi Planar Reconstruction” (MPR). Gli apparecchi radiologici Cone Beam emettono fasci di raggi X che hanno la forma conica, anziché a ventaglio come gli apparecchi usati per la tomograia computerizzata convenzionale (CT o MSCT). L’esposizione è a radiazioni pulsate e permette di acquisire le immagini base con un’unica rotazione per tutto il FOV ( ield of view) selezionato. Successivamente, è possibile tramite software elaborare i dati acquisiti trasformandoli in un unico volume il cui elemento essenziale è il voxel (pixel 3D). Più piccolo è il voxel più è deinita l’immagine Cone Beam. Da questo volume si possono ricalcolare tutte le immagini volute con l’orientamento a scelta senza distorsioni; i voxel, infatti, sono isotropici (di ugual misura nelle tre dimensioni dello spazio). L’acquisizione volumetrica, rispetto a un’acquisizione radiologica convenzionale piana, permette di avere un’ininita quantità d’informazioni, in virtù del fatto che viene ottenuto il volume virtuale della parte anatomica da esaminare. Grazie a questa possibilità, l’odontoiatra, l’ortodontista, l’otorino-laringoiatra, il chirurgo orale, il chirurgo maxillo-facciale e ogni altro specialista che lavora in ambito cranio-facciale, ha la possibilità di poter interagire in modo virtuale con le parti anatomiche interessate per poter trarre tutte le informazioni necessarie per la diagnosi e la pianiicazione del trattamento. Gli sviluppi nella diagnostica per immagini che utilizzano radiazioni ionizzanti portano a implicazioni per la radioprotezione del medico, del personale e del paziente. L’Unione europea affronta queste problematiche realizzando alcuni interventi fondamentali come: mantenere un quadro legislativo continuamente aggiornato e soste- Trattare il morso profondo con iducia. Innovazioni InvisalignG5 per morso profondo. “Le innovazioni InvisalignG5 per il trattamento del morso profondo permetteranno ad ogni medico certiicato di trattare con maggior sicurezza questo tipo di problematica ortodontica presente in diversi tipi di malocclusioni. Sono previste nuove soluzioni che consentiranno al clinico di optare per la miglior strategia.” Dott. Francesco Garino, Ortodontista. Le Innovazioni InvisalignG5 per morso profondo sono pensate per aiutare i medici a ottenere migliori risultati clinici nel trattamento del morso profondo con Invisalign. Le nuove funzioni SmartForce® sono studiate per livellare la curva di Spee migliorando il controllo dell’intrusione anteriore e dell’estrusione premolare, in modo da ottenere trattamenti del morso profondo più predicibili. I Precision Bite Ramp sono pensati per disoccludere i denti posteriori per una maggiore eficacia del trattamento del morso profondo con Invisalign. Maggiori informazioni sono disponibili su: invisalign.it 4 Ortho Professione < pagina 3 L’orientamento di base nella preparazione del documento è stato dato da direttive pertinenti del Consiglio dell’Unione europea, come la più aggiornata del 5 dicembre 2013 -2013/59/EURATOM, che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti. Viene stabilito un appropriato regime di controllo regolamentare che, per tutte le situazioni di esposizione, riletta un sistema di radioprotezione basato sui principi della giustiicazione, dell’ottimizzazione e della limitazione delle dosi: a) principio della giustiicazione: le decisioni che introducono una pratica devono essere giustiicate, nel senso che tali decisioni devono essere adottate al ine di garantire che il beneicio derivante dalla pratica per i singoli individui o per la collettività sia preponderante rispetto al detrimento sanitario che essa potrebbe causare. Le decisioni che introducono o modiicano una via di esposizione e le decisioni per le situazioni di esposizione esistenti e di emergenza devono essere giustiicate, nel senso che devono apportare più beneici che svantaggi (International Commission Radiation Protection - ICRP 2007); b) principio dell’ottimizzazione o ALARA (As Low As Reasonable Achievable): la radioprotezione d’individui soggetti a esposizione della popolazione o professionale è ottimizzata allo scopo di mantenere l’ordine di grandezza delle dosi individuali, la probabilità dell’esposizione e il numero d’individui esposti al minimo ragionevolmente possibile, tenendo conto dello stato attuale delle conoscenze tecniche e di fattori economici e sociali. L’ottimizzazione della protezione d’individui soggetti a esposizione medica si applica all’ordine di grandezza delle singole dosi ed è compatibile con il ine medico dell'esposizione. Questo principio si applica non solo in termini di dose effettiva, ma anche di dosi equivalenti, come misura precauzionale destinata a mantenere le incertezze relative al detrimento sanitario al di sotto della soglia per le reazioni sui tessuti; c) principio della limitazione della dose: nelle situazioni di esposizione pianiicate, la somma delle dosi cui è esposto un individuo non supera i limiti di dose issati per l’esposizione professionale o per l’esposizione della popolazione. Le esposizioni mediche non sono soggette a limitazioni delle dosi. La dose effettiva deve essere rapportata alle necessità ed è grandemente ridotta nelle CBCT di ultima generazione. Ortho Tribune Italian Edition - Ottobre 2014 La Cone Beam è addirittura da preferirsi nel confronto con le tecniche analogiche convenzionali che richiedano almeno due radiograie, ma risulta superlua rispetto alla singola radiograia digitale quando questa sia suficiente a dirimere un quesito diagnostico. Vantaggi e svantaggi I vantaggi della CBCT in ambito diagnostico sono sicuramente molti: valutazione 3D dell’osso alveolare e strutture anatomiche adiacenti (nervi e vasi) per la pianiicazione del posizionamento degli impianti e miniviti; inclinazione e torque radicolare reale; posizione tridimensionale degli elementi inclusi e sovrannume- rari; riassorbimenti radicolari; relazioni dei tessuti molli; dimensione e posizione della lingua; valutazione 3D delle vie aeree, dell’articolazione temporo-mandibolare e dei pazienti ortodontico-chirurgici, sindromici o con schisi; studio cefalometrico tridimensionale e delle vertebre cervicali per valutazioni axulogiche e posturali. Gli svantaggi, invece, della CBCT in ambito diagnostico possono essere: una curva d’apprendimento dei medici, odontoiatri e ortodontisti; una dotazione informatica adeguata e aggiornata; la paura di un’esposizione del paziente a un dosaggio di radiazioni eccessive; una troppo rapida evoluzione tecnologica; il problema d’ingombro della macchina; la radiazione dispersa. Risulta dificile poter deinire dei reali svantaggi nel confronto con le potenzialità offerte da questa nuova tecnica di imaging, tuttavia esistono degli aspetti gestionali che attualmente frenano la diffusione di tali apparecchiature. Se escludiamo la TAC multislice, appare evidente che lo status radiograico esponga a una radiazione spropositata rispetto al risultato diagnostico ottenuto (150 μSv), mentre i dosaggi delle varie TAC volumetriche appaiono più che accettabili, soprattutto nella considerazione che da un volume cranico completo è possibile estrarre l’immagine laterolaterale, l’anteroposteriore, l’assiale e la panoramica. Considerando la sommatoria di tale irraggiamento con tecnica analogica, si passano sicuramente i 60 μSv (CBCT 50-110 μSv, MSCT 2000-3300 μSv) . Si evince, quindi, che la paura di esporre il paziente a dosaggi eccessivi sembra non essere supportata da evidenze scientiiche. Allo stato attuale della tecnologia per un paziente ortodontico senza particolari sospetti malformativi, le indagini radiologiche che seguono il principio ALARA dovrebbero prevedere teleradiograia e panoramica digitali ma, nel caso in cui necessiti ulteriori o particolari informazioni, la radiologia volumetrica di tutto il cranio effettuata con apparecchi di ultima generazione è senz’altro la scelta più conveniente in rapporto al dosaggio. PREMIAZIONE 2014 “L’articolo scientifico più letto” Premia l’articolo: consulta gratuitamente la sezione Clinical > articoli scientifici Ogni mese verrà annunciato l’articolo scientifico più cliccato sulla piattaforma italiana Dental Tribune del sito www.dental-tribune.com Il vincitore di settembre 2014 Utilizzo del laser a diodo associato alla strumentazione parodontale non chirurgica come trattamento alternativo e nella gestione di infiammazioni recidive Autore: M. Roncati http://www.dental-tribune.com/articles/specialities/general_dentistry/ A fine anno la consegna dei premi ...seguici per scoprire i vincitori e partecipare all’evento Ortho Sviluppo Ortho Tribune Italian Edition - Ottobre 2014 L’ortodonzia nell’era del digitale: il conflitto di meraviglie secondo Einstein 5 Rosamaria Fastuca Rosamaria Fastuca, Piero Antonio Zecca «Il processo di una scoperta scientiica è un continuo conlitto di meraviglie», affermava lo scienziato Albert Einstein. Negli ultimi anni si è assistito al passaggio di un’era che ha coinvolto tutta l’odontoiatria, investendo anche l’ambito ortodontico. Le innovazioni tecnologiche a più ampio spettro di quella che viene conosciuta e divulgata come “terza rivoluzione industriale” sono state fagocitate da tutto il mondo della moderna medicina con un ampliamento senza precedenti delle possibilità diagnostiche e terapeutiche. In ortodonzia, il termine “digitale” è stato privato del suo primario signiicato legato all’ambito numerico per essere sineddoticamente shiftato a tutto ciò che riguarda le tecniche di imaging tridimensionale (3D), che negli ultimi anni popolano le copertine delle riviste scientiiche di settore. Le prime applicazioni del tridimensionale in ortodonzia risalgono infatti al 1944, con le registrazioni stereofotogrammetriche del viso di pazienti trattati ortodonticamente di Thalmann-Degan, e al 1979 quando Montgomery effettuò le prime tomograie computerizzate per studiare l’anatomia delle cavità nasali. Ancora oggi, però, le nuove tecnologie di imaging tridimensionale sono oggetto di dibattito sulle reali indicazioni e i loro reali vantaggi. «Il mondo che abbiamo creato è il prodotto del nostro pensiero e dunque non può cambiare se prima non modiichiamo il nostro modo di pensare», sempre Einstein ci aiuta a percorrere la storia dell’imaging in ortodonzia. Sin dall’introduzione della teleradiograia in proiezione laterolaterale e del tracciato cefalometrico di Broadbent nel 1931, infatti, gli ortodontisti utilizzano la cefalometria tradizionale di routine per effettuare diagnosi e pianiicazione di trattamento, spesso corredando questo esame radiograico con altri in diverse proiezioni (postero-anteriore, ortopantomograia, endorali occlusali e periapicali) con l’esigenza di aumentare il numero e la certezza delle informazioni di un esame radiograico bidimensionale soggetto a distorsioni, ingrandimenti e falsi radiograici, aumentando così signiicativamente il rischio di danno biologico da radiazioni ionizzanti per i pazienti. La teleradiograia in proiezione laterale, infatti, presenta errori legati sia alla tecnica radiograica sia all’assunto di bibliograia 1. Clinical recommendations regarding use of cone beam computed tomography in orthodontics. Position statement by the American Academy of Oral and Maxillofacial Radiology. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol. 2013 Nov;116(5):661. 2. Caprioglio A, Meneghel M, Fastuca R, Zecca PA, Nucera R, Nosetti L. Rapid maxillary expansion in growing patients: Correspondence between 3-dimensional airway changes and polysomnography. Int J Pediatr Otorhinolaryngol. 2014 Jan;78(1):23-7. 3. National Council on Radiation Protection & Measurements. Radiation Protection in Dentistry (Report No. 145). Bethesda, MD: NRCP Publications; 2003. effettuare un esame bidimensionale in un soggetto tridimensionale e mai perfettamente simmetrico, e questi errori possono essere riassunti nella classiicazione di Hatcher. Nonostante i suoi limiti, il tracciato cefalometrico standard rappresenta uno strumento semplice e conosciuto universalmente per la diagnosi ortognatodontica ed è radicato da decenni nella pratica clinica e scientiica. Iniziare a usare le nuove tecnologie di imaging tridimensionale presuppone un percorso formativo e una curva di apprendimento che rendono il loro diffondersi in parte più lento e dificile. «La perfezione della tecnologia e la confusione degli obiettivi sembrano caratterizzare la nostra epoca.» La possibilità di imaging tridimensionale – sia con mezzi invasivi, quali la tomograia computerizzata Cone Beam (CBCT), sia non invasivi, quali le scansioni tridimensionali intraorali ed extraorali – presenta il pregio di fornire innumerevoli informazioni al clinico e al ricercatore, che però nello stesso tempo possono risultare troppe e dificili da interpretare e da ricercare senza un adeguato training. Da qui la nascita di molteplici software che ricavano le tipiche immagini bidimensionali simil ortopantomograiche e teleradiograiche a cui il clinico è molto più abituato e che sono a lui più familiari e di semplice interpretazione. Le nuove tecnologie offrono quindi numerose possibilità, che vengono in parte ridotte a una mera emulazione di metodi più imprecisi e che eliminano gran parte delle informazioni ottenibili per un motivo di “maggiore familiarità” da parte degli ortodontisti. Fondamentale diventa quindi il ruolo dell’informazione e dell’istruzione per poter sfruttare appieno queste nuove tecnologie. «La mente che si apre ad una nuova idea non torna mai alla dimensione precedente.» E proprio così: chi impara ad approcciarsi all’ortodonzia digitale e tridimensionale non riesce più a farne a meno. L’abbassamento delle dosi grazie alle nuove tecnologie volumetriche radiologiche a raggio conico e a ield of view (FOV) ridotti permette di poter scegliere la prescrizione di una CBCT in molti più casi di quanto fosse possibile negli anni precedenti. È stato riconosciuto l’utilizzo diagnostico della CBCT nel caso di elementi dentari inclusi (Fig. 1)1, che ha rappresentato per anni, e in dall’inizio della diffusione delle tecniche radiologiche tridimensionali low dose, l’indicazione di elezione, permettendo la corretta individuazione tridimensionale dell’elemento incluso, la pianiicazione del recupero ortodontico-chirurgico e la presenza di riassorbimenti radicolari anche minimi degli elementi dentari adiacenti, determinante nella scelta di eventuali estrazioni. L’impiego delle CBCT nell’analisi dei volumi aerei dopo espansione palatale e interventi di chirurgia ortognatica, spe- cialmente in pazienti con sindrome da apnee ostruttive notturne (OSAS), ha permesso di valutare il volume tridimensionalmente delle alte vie aeree con l’acquisizione di nuove consapevolezze sulla risposta dei tessuti2. Inoltre, la valutazione con CBCT dei trattamenti con espansione rapida del mascellare ha messo in luce effetti indesiderati, quali la disarticolazione delle suture circum-mascellari e anche più profonde ino all’allargamento dello spazio suturale della sincondrosi sfeno-occipitale, fenestrazioni e danni radicolari e parodontali degli elementi pilastro dell’apparecchiatura che stanno portando alla rivalutazione dei protocolli terapeutici in atto con diverse proposte di protocolli di espansione lenta per la riduzione del carico delle forze trasmesse. La possibilità di effettuare CBCT prima e dopo trattamento ortodontico permette la reale valutazione dei limiti anatomici corticali, che non dovrebbero essere violati nello spostamento delle radici degli elementi dentari. Qualora vi fosse riscontro radiograico di fenestrazioni radicolari senza alcun segno clinico, si ravvede la necessità di con- trolli periodici con maggiore monitoraggio parodontale. Sempre più valido risulta però ad oggi il principio “ALARA” (As Low As Reasonably Achievable)3 cioè la necessità di somministrare radiazioni ionizzanti solo quando soddisfatto il principio di giustiicazione e il rapporto rischio/ beneicio. Sulla base dell’ALARA stanno emergendo tecniche di imaging non invasive corollarie alla diagnosi ortodontica sempre più numerose. L’utilizzo degli scanner intraorali è risultato essere preciso e afidabile, e le nuove tecnologie a colori permettono un’acquisizione rapida di immagini assimilabili alle fotograie intraorali con perizia di dettagli (Fig. 2). Inoltre, i ile 3D ottenuti dalle scansioni possono essere manipolati per effettuare setup ortodontici e sovrapposizioni pre e post-trattamento con i volumi ottenuti dalle CBCT. L’utilizzo della sistematica integrata con scanner intraorali ha permesso inoltre lo sviluppo di metodiche di setup con trattamenti ibridi con allineatori trasparenti utilizzati in riinitura di trattamenti con bracket customizzati per informazioni e materiali che pos- Fig. 1 - Ricostruzione 3D di canini inclusi. Fig. 2 - Scansione intraorale a colori delle arcate dentarie. Fig. 3 - Scansione tridimensionale del volto. sono essere utilizzati come supporti per aumentare la frizione dell’allineatore stesso e, quindi, la possibilità di movimento (Fig. 3). L’utilizzo degli scanner si estende anche al volto e ai tessuti molli facciali (Fig. 4), associato a tecniche di fotograia 3D e stereofotogrammetria con precisione oltre i 2 mm. Già pubblicati i primi studi che valutano la corrispondenza delle analisi cefalometriche dei tessuti molli tridimensionali con la diagnosi tradizionale effettuata con la cefalometria su teleradiograia latero-laterale. La possibilità di effettuare una diagnosi scheletrica abbastanza corrispon- dente ai reali rapporti cefalometrici tra le componenti osseo-dentali apre chiaramente lo scenario per un nuovo approccio non invasivo alla diagnosi ortognatodontica. Alla luce delle ultime pubblicazioni in ambito di ortodonzia digitale occorre quindi non solo un corretto processo di istruzione e comprensione, ma di rinnovo, che non è solo tecnologico, ma anche in parte concettuale di revisione delle precedenti conoscenze da cui non si può più ormai prescindere. Abbiamo a tal proposito intervistato il prof. Alberto Caprioglio, direttore della Scuola di specializzazione in Ortognatodonzia e funzione masticatoria dell’Università dell’Insubria e presidente eletto del Board italiano di Ortodonzia, nonché socio attivo della Angle Society of Europe. Abbiamo chiesto quali secondo lui fossero i reali vantaggi, se esistono, dell’ortodonzia digitale nella pratica clinica, e concludiamo brevemente con la sua risposta: «L’applicazione delle tecnologie digitali in ortodonzia ci ha permesso di avere notevoli vantaggi clinici soprattutto nella programmazione dei casi che ri- chiedono interventi chirurgici di sbrigliamento e allineamento di elementi inclusi e in senso più lato per la possibilità di setup nella chirurgia ortognatica e nei pazienti in cui in nostri trattamenti possono aumentare il rischio parodontale. Ciononostante, ancora ad oggi non abbiamo cambiato il nostro modo di fare ortodonzia alla luce di queste nuove conoscenze. Forse, anzi sicuramente, succederà in futuro. In fondo, anche quella che era “la pazza idea dell’aeroplano dei fratelli Wright” oggi è entrata a far parte della nostra routine». Fig. 4 - Tecnica ibrida di allineatori e attacchi linguali Beatrice© computer assistita (si ringrazia il prof. Aldo Macchi, Università degli Studi dell’Insubria, Varese). 6 Ortho Advanced Ortho Tribune Italian Edition - Ottobre 2014 Ortodonzia 4D: dalla diagnosi morfologica al fattore tempo Matteo Beretta Matteo Beretta < pagina 1 nel periodo di trattamento può essere considerata un fattore chiave per raggiungere l’eficacia della terapia ortopedico-funzionale sulla crescita mandibolare (Ortognatodonzia Italiana, vol. 14, n. 1 2007, pp. 13-20). Questo signiica che il corretto timing, ovvero “il momento migliore per iniziare un trattamento ortodontico”, può condizionare il raggiungimento degli obiettivi di terapia. Questo concetto di timing è ormai molto chiaro, ma può essere arricchito di un’ulteriore accezione di dinamicità. Vediamo come. Per farlo dobbiamo tornare indietro nel tempo. Rimaniamo, quindi, in tema. Nel 1956, Harold D. Kesling, in un articolo pubblicato sull’American Journal of Orthodontics, dal titolo “The diagnostic setup with consideration of the third dimension”, scriveva: «Dei buoni modelli in gesso devono non solo duplicare esattamente tutti i denti ma dare anche indicazioni precise sulle basi apicali. Poiché né le basi apicali né la dimensione delle radici dei denti possono essere modiicate materialmente, un intelligente riposizionamento dei denti sui modelli in gesso può compensare la confusione della speculazione con una oggettiva e concreta manipolazione». Insomma, aveva appena inventato la diagnosi morfologica e il setup. Concludeva, infatti, dicendo: «Senza separare i denti dal modello in gesso e riposizionarli nel modo migliore possibile sulle basi ossee disponibili, l’ortodontista può solo fare supposizioni sulle possibilità e i limiti del trattamento» (Am. J. Orthodontics, October 1956, vol. 42, n. 10, pp. 740-748). La dinamica è il ramo della meccanica che si occupa dello studio del moto dei corpi e delle sue cause o, in termini più concreti, delle circostanze che lo determinano e lo modiicano. L’ortodonzia sta evolvendo verso un concetto più dinamico di occlusione, di armonia funzionale e di interdipendenza biologica e meccanica. Fortunatamente, il progresso dal vecchio concetto statico di occlusione di Classe I a quello odierno di occlusione sostenuta dalla funzione non è completamente nuovo agli ortodontisti. Questo lo scriveva W.J. Thompson nel 1979 in un articolo sull’Angle Orthodontist, dal titolo “Occlusal plane and Overbite” (Angle Orthod, January 1979, vol. 49, n. 1, pp. 47-55). Non è un concetto nuovo! Che cosa possono rappresentare questi due lavori per noi ortodontisti? Forma e funzione: questo è quel- lo che i nostri maestri ci hanno insegnato per fare una diagnosi corretta, per impostare un adeguato piano di cura e per deinire gli obiettivi di stabilità e, soprattutto, di mantenibilità dei risultati dei nostri trattamenti ortodontici. Vediamo un esempio clinico di come forma e funzione condizionino diagnosi e prognosi. Materiali e metodi La paziente, di anni 25, trattata ortodonticamente in passato con apparecchiatura ortodontica issa, si presenta alla nostra attenzione a causa della progressiva scoper- tura della radice dell’elemento 4.1, dell’aumento della sensibilità dello stesso e della dificoltà a mantenere un’adeguata igiene orale domiciliare, riferendo di essere anche già stata sottoposta, senza successo, a intervento di chirurgia parodontale. All’esame clinico si evidenzia una grave recessione gengivale dell’elemento in oggetto, associata a vestibolarizzazione della radice e contatto traumatico con l’antagonista per estrusione. Presenta inoltre una contenzione issa all’arcata inferiore, da 3.2 a 4.2, ripetutamente riparata (Figg. 1-3). La vecchia contenzione issa, la cui gestione nel tempo è stata scorretta, si è trasformata in un retainer attivo non voluto, che mediante una coppia di forze sull’elemento 4.1 ne ha provocato un torque radicolo-vestibolare incontrollato. Una corretta diagnosi morfologica deve considerare la posizione tridimensionale della radice nel processo alveolare e non limitarsi a rilevare la recessione gengivale vestibolare, la cui sola considerazione ha già portato a un precedente insuccesso terapeutico. Il piano di trattamento ha previsto la rimozione del vecchio retainer e l’applicazione di una apparecchiatura linguale issa mediante attacchi autoleganti i-TT da 3.4 a 4.4, con l’obiettivo di livellare, allineare, il gruppo frontale inferiore e correggere il torque radicolare di 4.1, eliminando il trauma occlusale da precontatto delettente con 1.1, al ine di consentire il recupero di adeguate condizioni di salute parodontale e mantenibilità igienica. Dopo 8 settimane dalla rimozione del vecchio retainer e contestuale bondaggio linguale, la correzione ortodontica del caso è ultimata. La recessione gengivale vestibolare di 4.1 risulta notevolmente migliorata, solo grazie al suo riposizionamento in un contesto parodontale adeguato, che ha inoltre migliorato le condizioni di mantenibilità igienica. L’apparecchiatura linguale, molto ben tollerata dalla paziente, viene mantenuta in arcata come contenzione issa (Figg. 4-8). In quell’occasione, prima del trattamento, venne effettuata una ortopantomograia che non diede evidenti contributi alla diagnosi clinica morfologica. Ci sarebbe servita una teleradiograia latero-laterale in questo caso? Certamente no. Come ci dobbiamo comportare, dunque, con le radiograie? In un editoriale dell’American Journal of Orthodontics del 2008, David L. Turpin scrive: «Se in un bambino di 8 anni cerchi di palpare intraoralmente i canini mascellari e sospetti che potrebbero avere un percorso di eruzione dificoltoso, allora devi considerare di fare una radiograia». > pagina 7 Fig. 1 - Foto frontale iniziale. Fig. 4 - Bondaggio linguale. Fig. 2 - Particolare di 4.1 iniziale. Fig. 5 - Foto frontale inale. Fig. 3 - Occlusale iniziale: si noti la presenza di una evidente concavità linguale in corrispondenza della radice di 4.1. Fig. 6 - Foto occlusale inale: si noti ora la presenza di una normale festonatura linguale in corrispondenza della radice di 4.1. Ortho Advanced Ortho Tribune Italian Edition - Ottobre 2014 7 < pagina 6 Sempre nello stesso editoriale si leggono le seguenti raccomandazioni della British Orthodontics Society: - una radiograia dovrebbe essere effettuata solo dopo un accurato esame clinico e quando consente un effettivo vantaggio diagnostico per il paziente; - generalmente i beneici di un’indagine radiologica superano i rischi; - il livello di rischio è giustiicato solo quando il paziente riceve un beneicio in salute dalla dose più bassa possibile (ALARA: A Low As Reasonably Achievable) (si veda Am J Orthod Dentofacial Orthop, 2008, n. 134, pp. 597-598). In un articolo di revisione della letteratura dell’Università di Oporto, Portogallo, pubblicato su Progress in Orthodontics nel 2013, intitolato “Validity of 2D lateral cephalometry in orthodontics: a systematic review”, si conclude: «La letteratura esistente suggerisce che la cefalometria laterale del cranio è stata utilizzata ad oggi senza adeguata evidenza scientifica, sia relativamente al fatto che sia fondamentale per la diagnosi e l’efficacia terapeutica, sia che non lo sia» (Ana R. Durão, Pisha Pittayapat, Maria Ivete B. Rockenbach, Raphael Olszewski, Suk Ng, Afonso P. Ferreira and Reinhilde Jacobs, Progress in Orthodontics, 2013, vol. 14, n. 31, pp. 3-11). Questo lavoro, come molti altri, si conclude dicendo che sono necessari studi ulteriori su un campione più ampio per fare chiarezza. Ma il messaggio è piuttosto chiaro. La cefalometria da sempre è utilizzata in ortodonzia per fare diagnosi e addestrare generazioni di ortodontisti a comprendere il signiicato di angoli e piani, e non fa altro che tradurre in numeri quello che la morfologia delle ossa mascellari e del cranio del paziente ci vuole comunicare. Certo, con lo studio e l’esperienza, condizioni imprescindibili, probabilmente gli ortodontisti tra noi più saggi non hanno bisogno dei numeri. E se potessimo effettuare la cefalometria senza radiazioni per il paziente? Nella sua tesi di specializzazione in ortognatodonzia presso l’Università dell’Insubria, di prossima pubblicazione, il dott. Piero Antonio Zecca, ha dimostrato la sovrapponibilità tra i dati ottenuti da una cefalometria tradizionale con un’analisi cefalometrica cutanea a partire da una scansione 3D del viso del paziente, quindi senza ulteriore radioesposizione. Cosa signiica questo? È il momento in cui una nuova tecnologia origina il cambiamento di una determinata attività e ne modiica completamente il modello precedente. La disruption digitale sta profondamente cambiando il nostro modo di essere ortodontisti. Clayton Christensen, il professore di Harvard che ha coniato questo termine, ha dimostrato come ciò sia successo più volte nella storia, ma Fig. 7 - Follow-up dopo 2 anni. Fig. 8 - Follow-up dopo 2 anni: si noti la permanenza di gengiva sana e adeguatamente mantenibile senza chirurgia parodontale Fig. 9 - In rosso il setup ideale di 3.3 senza considerare i reali limiti anatomici: la radice esce dall’osso. Fig. 10 - In azzurro il setup dell’arcata inferiore e di 3.3 nella posizione non ideale, ma nel rispetto dei reali limiti anatomici. mentre una volta era un’operazione dai costi molto alti e dai tempi di realizzazione molto lunghi, oggi, con l’avvento del digitale, il processo ha subito una forte accelerazione. Disruption e innovazione sono legate a doppio ilo: la disruption è l’unica via per innovare? Secondo il prof. Christensen è la migliore, perché quando si innova attraverso strumenti digitali lo si fa in modo più eficiente. Dal 3D al 4D A partire dalla scansione digitale delle arcate dentarie mediante uno scanner intraorale, con l’ottenimento di modelli virtuali possono essere analizzate e misurate nel dettaglio le caratteristiche occlu- HOME sali del paziente, in un modo ino a poco tempo fa neanche immaginabile, senza passare da un modello isico. Su questi modelli può essere effettuato un setup digitale dei movimenti ortodontici da ottenere per simulare e deinire gli obiettivi di terapia, nonché per progettare l’apparecchiatura necessaria e/o le sue modalità di applicazione. In corso di trattamento, mediante successive scansioni digitali delle arcate dentarie, è possibile ricavare nuovi modelli virtuali da sovrapporre a quelli iniziali per monitorare l’andamento della terapia. In casi più complessi, dove la diagnosi morfologica è fondamentale, mediante la sovrapposizione tra i modelli digitali e la ricostruzione CORSI ONLINE 3D dei mascellari, ottenuta da una CBCT, da cui si ricava anche l’anatomia radicolare, attraverso appositi software è possibile effettuare un setup che consideri i reali limiti anatomici del movimento radicolare (set up bone safe) (Figg. 9, 10). L’ottenimento del modello virtuale del dente del paziente è costituito dalla corona ricavata dalla scansione intraorale e dalla radice ricavata dalla Cone Beam. In questo modo può essere deinita anche la posizione radicolare all’interno delle ossa mascellari durante o al termine del trattamento, senza effettuare un ulteriore esame radiograico, ma soltanto una scansione intraorale. È quindi, possibile monitorare il reale andamento del trattamento ortodontico, nel rispetto dei limiti anatomici del paziente, valutare l’aderenza al setup effettuato ed eventualmente rimodularlo. Il follow-up dei nostri casi non è più soltanto relegato ai controlli a distanza dalla ine del trattamento, ma diventa un concetto dinamico, dove il tempo non ci dice solo quello che desideriamo possa accadere con la nostra terapia se iniziamo nel momento giusto (il timing), ma cosa sta accadendo oggi, ora, al di là di quello che vedono i nostri occhi e con il massimo rispetto per il paziente. L’ortodonzia 4D deinisce e comprende una quarta dimensione diagnostica, ovvero il tempo che scorre e quello che ci può comunicare. EVENTS Restorative WEBINAR REGISTRATO CORSO GRATUITO L’importanza della fotopolimerizzazione nella moderna odontoiatria restaurativa CORSO SPONSORIZZATO DA Prof. Lorenzo Breschi La fotopolimerizzazione è un passaggio fondamentale per garantire il successo dei trattamenti nella moderna odontoiatria restaurativa. Obiettivo di questo corso è quello di illustrare le reazioni chimiche che avvengono nel materiale sottoposto alla fonte di luce al fine di evidenziare quali devono essere le caratteristiche di una lampada fotopolimerizzatrice, analizzando le diverse lampade ora in commercio. Attenzione infine viene posta anche sulle modalità di utilizzo della lampada da parte del medico e del suo staff. www.dtstudyclub.it 8 Clinica & Pratica Ortho Tribune Italian Edition - Ottobre 2014 L’epilessia nel bambino: aspetti odontoiatrici e ortodontici Elisabetta Bricchi, Francesca Nolet, Lucia Miggiano Scuola di specializzazione in Ortognatodonzia (direttore: prof. G. Farronato), Università degli Studi di Milano, IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena. Introduzione In neurologia pediatrica l’epilessia rappresenta una delle più comuni condizioni riscontrabili. L’incidenza di questa patologia è più alta nella prima decade di vita, periodo delicato durante il quale il bambino completa parte del suo sviluppo sociale e educativo1 . Comprendere e conoscere gli aspetti di tale disturbo aumenta da parte dell’odontoiatra pediatrico la consapevolezza sull’impatto che questa malattia ha sulla salute psicofisica del piccolo paziente, sulla condizione e comprensione della situazione clinica, sui suoi aspetti e manifestazioni principali e i conseguenti comportamenti e precauzioni da conoscere per poterla gestire 2 . È necessario quindi approfondire la tematica focalizzando l’attenzione sull’approccio al paziente pediatrico (e/o adulto) che soffre di tale patologia, sulle manifestazioni cliniche che anche in ambito odontoiatrico possono presentarsi, sulle terapie e sul trattamento delle situazioni di emergenza in studio. Scopo di questo lavoro di revisione è l’esposizione e l’analisi di questi aspetti, concentrandosi in particolare sul paziente pediatrico e sugli aspetti pedoortodontici che, sebbene in minima parte, vengono affrontati e approfonditi nella letteratura internazionale. Materiali e metodi È stata effettuata una revisione della letteratura dal database elettronico Medline (www.ncbi.nlm. nih.gov/pubmed). Le key words della ricerca sono state epilepsy, dentistry, orthodontics, paeditric patient. Gli articoli selezionati sono solo quelli scritti in inglese, dal 1991 al 2012. Nei criteri di inclusione sono stati selezionati articoli che analizzavano le caratteristiche principali delle manifestazioni generali e orali nei pazienti con epilessia, con particolare riferimento alle problematiche ortodontiche. Discussione Oggi la neurologia definisce l’epilessia come una patologia croni- ca con ricorrenza di convulsioni, manifestazioni caratterizzate da un’alterazione spontanea improvvisa temporanea delle funzioni del sistema nervoso, conseguenza di scariche neuronali abnormi. Le convulsioni, in particolare, sono forme che coinvolgono soprattutto il paziente in età pediatrica e che fortunatamente spesso esitano in guarigione3 . L’ILAE (League Against Epilepsy) nel 2010 definisce l’epilessia «una disfunzione cerebrale caratterizzata da una predisposizione duratura a generare crisi epilettiche e di conseguenze neurobiologiche, cognitive, psicologiche e sociali di questa condizione»5 . L’epilessia colpisce circa 50 milioni di persone nel mondo: di questi, circa il 75% con eziopatogenesi ignota, sebbene in letteratura, in questi casi, venga associata anche la predisposizione familiare genetica, e il 25% riconducibile a danni, lesioni, infezioni cerebrali, traumi alla nascita o problematiche cerebrovascolari 4 . L’epilessia può svilupparsi in alcuni sindromi genetiche come la sindrome di Down o la sindrome di SturgeWeber 8. Si differenziano, da un punto di vista clinico, l’epilessia “attiva” e quella “in remissione”. Se il paziente manifesta una crisi negli ultimi 5 anni, con o senza trattamento, l’epilessia si definisce “attiva”; viceversa, se le crisi non sono presenti negli ultimi 5 anni, è definita epilessia “in remissione”6. La prevalenza dell’epilessia attiva è compresa tra le 5 e le 10 persone su 1000 nella popolazione 7. Da un punto di vista fisiologico, la crisi epilettica è caratterizzata da un’attività abnorme di una popolazione di neuroni cerebrali, causata da oscillazioni del potenziale elettrico, registrabili sul cuoio capelluto. Classificazione delle crisi epilettiche Le crisi epilettiche sono state classificate per la prima volta nel 1989, suddivise principalmente in due gruppi: • le crisi parziali o focali, con convulsioni che hanno origine focale; • le crisi generalizzate, con convulsioni che iniziano simultaneamente nei due emisferi senza apparente origine focale. Di entrambi i gruppi esistono ulteriori suddivisioni a seconda dell’età di esordio e a partire dal periodo neonatale 9. Le crisi epilettiche generalizzate si manifestano con una transi- toria perdita di coscienza in cui vengono coinvolti centri talamici con diffusione della scarica a tutta la corteccia cerebrale10. Si suddividono principalmente in due sottogruppi: • le assenze (“piccolo male”), tipiche dell’età pediatrica e dell’adolescenza, caratterizzate da episodi di perdita del contatto con l’ambiente clinicamente manifestati con arresto delle attività da parte del soggetto (per circa 10-30 secondi), sbarramento degli occhi, assenza di movimenti patologici 13; si possono manifestare diverse volte nell’arco della giornata 12 . Possono essere ulteriormente differenziate in semplici o complesse a seconda della presenza (complesse) o meno (semplici) di mioclonie leggere periorali o periopalpebrali o addirittura di automatismi gestuali 11 . • Le crisi tonico-cloniche (“grande male”), tipiche invece dell’adulto, caratterizzate da una fase iniziale definita “tonica” in cui, per qualche secondo, il soggetto perde improvvisamente i sensi e cade a terra, con conseguente irrigidimento della muscolatura. Dopo questa prima fase in cui il paziente rimane privo di coscienza, subentra una fase definita “clonica”, in cui il paziente manifesta delle scosse muscolari, dapprima lievi e ravvicinate, che diventano poi meno frequenti ma più imponenti. Spesso la contrazione muscolare porta al frequente serramento della mandibola che determina il tipico morsus da morsicatio della lingua; è inoltre possibile che fuoriesca bava striata di sangue dalla bocca. Il paziente può anche presentare cianosi dal momento che il respiro si arresta e incontinenza sfinterica, più frequentemente urinaria. Epilessia e manifestazioni orali: problematiche odontoiatriche e ortodontiche È possibile riscontrare diversi quadri clinici con lesioni, talvolta gravi, che coinvolgono il cavo orale, conseguenti alle crisi epilettiche o alle terapie farmacologiche ad esse associate. Durante delle crisi di convulsioni possono verificarsi traumi che portano a lesioni della bocca, fratture facciali, avulsioni, e sublussazioni dell’ATM15. > pagina 9 Clinica & Pratica Ortho Tribune Italian Edition - Ottobre 2014 < pagina 8 Involontarie cadute e urti contro oggetti che sono presenti in studio possono causare fratture mandibolari, fratture mascellari o del complesso zigomatico-orbitale. In genere, le fratture più comuni sono quelle mandibolari nelle regioni di minor resistenza: condilo, angolo, processo coronoideo, ma anche a livello della linea mediana 16. In odontoiatria pediatrica e in ortodonzia è importante prevenire le problematiche a livello del cavo orale e pianificare attentamente il trattamento odontoiatrico o ortodontico per il benessere del paziente affetto da epilessia 20. In prima visita occorre documentarsi bene sulla storia del paziente, facendo un’attenta anamnesi per avere una conoscenza approfondita dei disturbi convulsivi e dei farmaci assunti: aspetti da valutare possono essere il tipo di crisi, le cause note, la durata, eventuali assenze, traumi avvenuti durante questi episodi, interazioni farmacologiche19: è bene ricordare che crisi e convulsioni possono comunque sempre manifestarsi in situazioni legate alla fatica o mancanza di sonno, ciclo mestruale, diminuzione della salute generale, un pasto saltato, l’uso di alcol, stress o dolore21. È consigliabile pertanto verificare che il paziente abbia assunto i suoi farmaci di routine, non sia eccessivamente stanco, stressato e preoccupato prima di iniziare il trattamento odontoiatrico: spiegare bene tutte le procedure potrebbe essere d’aiuto nel tranquillizzare il paziente. Occorre prestare attenzione, come già anticipato, alle terapie antiepilettiche che i pazienti assumono, in relazione alla tipologia del farmaco: in letteratura è evidente come, ad esempio, la fenitoina, il cui effetto collaterale è il più noto, provochi ipoplasia gengivale22 . In letteratura ancora poco è stato pubblicato sul trattamento ortodontico nel bambino affetto da epilessia. In generale, si ricorda che i pazienti devono essere consapevoli del rischio per i tessuti molli e le lesioni dentali possibili durante una crisi 24 . L’ortodontista deve assicurarsi che il paziente abbia assunto prima di ogni appuntamento i farmaci antiepilettici, non sia troppo stanco e abbia mangiato regolarmente. Deve accertarsi che il paziente riceva regolarmente e preventivamente cure odontoiatriche per diminuire o eliminare il rischio di carie, gengiviti ecc. 25 . Occorre trattare preventivamente fenomeni di gengivite associata a placca o farmaco dipendente26. È bene ricordare che la possibile ipertrofia gengivale può causare ritardi nell’eruzione dei denti permanenti e/o affollamenti e malocclusioni nei bimbi con dentatura mista 28. Per quanto concerne le apparecchiature rimovibili, esse devono essere utilizzate con attenzione, con cautela e, eventualmente, pro- gettate con la massima cura e per la massima ritenzione possibile, in quanto possono essere inghiottite durante un episodio di crisi 27,30. Conclusioni Da questo lavoro di revisione si evince che l’approccio a problematiche sistemiche con complicanze odontoiatriche come quelle del paziente epilettico si riscontrino quotidianamente e sempre più frequentemente anche in ambito ambulatoriale. Diventa pertanto molto importante per un odontoiatra e/o un ortodontista conoscere le principali manifestazioni cliniche dell’epilessia per potersi approcciare nel modo più corretto e sicuro al piccolo paziente. Importante e necessario, sebbene non trattato in questo lavoro, l’approfondimento sulla gestione ambulatoriale delle crisi in situazioni di emergenza. La bibliograia è disponibile presso l’Editore. 9 10 Ortho Giovani Ortho Tribune Italian Edition - Ottobre 2014 Estrarre o non estrarre: qual è il ruolo dei tessuti molli nella nostra decisione? Elia Kodjo Chardey Elia Kodjo Chardey Introduzione Una delle tematiche più dibattute negli ambienti ortodontici è quella legata alla questione dell’estrazione dei denti permanenti per migliorare la relazione dentoscheletrica di un paziente. Molti dei commenti negativi legati alle terapie estrattive vertono sull’assioma che l’estrazione, ad esempio, di quattro premolari produce un antiestetico proilo dei tessuti molli causato da un “appiattimento” o da una “fuoriuscita” delle labbra in relazione al mento e al naso. Tuttavia, queste supposizioni sembrano basate in larga parte su opinioni e case report aneddotici, e mancano di un supporto concreto dalla letteratura scientiica referenziata. Inoltre, sempre riguardo questa conclusione, ci sono teorie non dimostrate secondo le quali eventuali cambiamenti che avvengono a livello dei tessuti duri possano incidere direttamente sui soprastanti tessuti molli e quelle secondo le quali la normale maturazione dei tessuti non giochi un ruolo signiicativo nel periodo post-trattamento e nei risultati a lungo termine inerenti al proilo facciale1. In fondo, come già era stato ricordato da Liebermann in un suo articolo del 1982, «il nostro ruolo per quanto riguarda i cambiamenti facciali a lungo termine che si susseguono nel corso della vita dei nostri pazienti potrebbe essere meno signiicativo di quanto pensiamo». riguarda le differenze individuali legate alla risposta dei tessuti molli (Wisth, 1972; 1974). Finnoy e collaboratori (1987) hanno riscontrato che c’erano poche differenze a livello del proilo dei tessuti molli nei due gruppi di soggetti con malocclusione dentale di Classe II divisione 1, malocclusioni trattate con e senza estrazione nelle loro valutazioni a 3 e a 5 dalla ine del trattamento. Tuttavia, tra i due campioni, sono emerse differenze signiicative a livello del proilo dei tessuti molli esistenti prima del trattamento. Looi e Mills (1986), invece, hanno valutato anche i cambiamenti di posizione a livello del labbro e degli incisivi sempre analizzando due gruppi di soggetti con malocclusione di classe II divisione 1, uno trattato con estrazioni, l’altro senza. Nonostante i due autori abbiano riscontrato un maggiore arretramento di entrambi gli incisivi e del labbro inferiore nel gruppo sottoposto al protocollo estrattivo, un valido confronto tra i gruppi è stato dificile a causa delle differenze sostanziali nella meccanoterapia utilizzata per trattare ciascun gruppo. Inoltre, i cambiamenti a livello delle labbra sono state misurati dalle linee di riferimento scheletrico medio craniali, senza quantiicazione delle variazioni posizionali del labbro rispetto al tessuto molle di mento e naso. ni standard, erano simili tra i vari gruppi. La scoperta più importante, tuttavia, è che la “frequenza di effetti indesiderati del viso”, come misurato mediante un confronto con gli angoli labio-mentale e nasolabiale ideali e valutando la posizione del labbro rispetto alle linee di riferimento del volto, era simile sia per il gruppo trattato con protocollo estrattivo sia per quello trattato senza estrazioni. Inoltre, nello studio di Drobocky e Smith, soltanto il 15% dei pazienti trattati con avulsione dei quattro primi premolari mostrava un proilo che poteva essere classiicato come “eccessivamente concavo”. La teoria secondo cui una terapia estrattiva appiattisce il proilo presume che la quota più grande di retrazione incisale avviene secondariamente all’avulsione avviene al dente e che i tessuti molli agiscono come un telo passivo che segue i sottostanti cambiamenti dentali in una quota corrispondente e prevedibile2. La letteratura scientiica, tuttavia, non supporta questa ipotesi. Numerosi sono gli studi redatti con l’obiettivo di quantiicare la risposta dei tessuti molli rispetto alle variazioni dei tessuti duri, con risultati per lo più ambigui. La maggior parte di questi studi ha descritto una relazione esistente tra l’arretramento degli incisivi e la retrazione del la post-adolescenza, risultando in un’ulteriore “retrazione relativa” delle labbra (Nanda et al., 1990). Considerazioni cliniche sulla scelta terapeutica La caratteristica peculiare di un trattamento ortodontico è quella di essere “dinamico”, in quanto le condizioni cliniche sono in costante cambiamento, via via che la malocclusione si va risolvendo. Ciò signiica che è indispensabile avere l’abilità di valutare lo stato del trattamento in ogni suo momento e formulare un piano di trattamento che sia continuo e progressivo. I movimenti principali sono limitati all’arcata mascellare: ogni movimento dentale nell’arcata mandibolare è limitato a pochi millimetri e generalmente riguarda solamente l’allineamento degli incisivi che si ottiene in maniera semplice. Dal momento che, nella maggior parte dei casi, l’arcata inferiore è relativamente “stabile”, essa diventa un adeguato punto di riferimento in relazione centrica per il posizionamento dei denti dell’arcata superiore. Generalmente la decisione di ricorrere alle estrazioni per risolvere una malocclusione si basa sulla valutazione di tre fattori: 1. l’analisi dello spazio; 2. l’altezza del morso; 3. l’estetica facciale. divergente e proilo concavo, il trattamento estrattivo, probabilmente, non sarebbe appropriato, perché sia il morso che il proilo controindicherebbero le estrazioni. Trattamenti ortodontici a confronto: prima e dopo Nel caso 1, la paziente è stata sottoposta a terapia ortodontica prevedente l’estrazione dei primi premolari superiori e inferiori. Nel caso 2, la paziente è stata sottoposta a terapia issa con l’ausilio di una trazione extraorale combinata. In entrambi i casi si può osservare come si sia raggiunto un buon risultato occlusale, a fronte di un mantenimento ottimale del proilo e dell’estetica facciale. Conclusioni Dal momento che la letteratura è concorde nell’affermare che la maggior parte delle caratteristiche cranio-facciali pre-trattamento risultano simili tra protocolli estrattivi e non1,2, la protrusione labiale piuttosto che altri fattori legati ai tessuti molli non devono essere considerati importanti nella nostra scelta. D’altro canto, un affollamento dentario severo è da sempre stato un fattore decisivo nella scelta estrattiva, così come un’eccessiva vestibolarizzazione del gruppo incisivo superiore e/o inferiore (indicativi in questo senso sono valori cefalome- Analisi del problema: cosa ci dice la letteratura Se diamo un’occhiata alla letteratura scientiica internazionale, gli studi che hanno analizzato gli effetti del trattamento ortodontico sul proilo dei tessuti molli attraverso la valutazione di campioni trattati con protocollo estrattivo rispetto ad altri non estrattivi non sono molti, ma sono di un certo valore per la risoluzione di questo dibattito. Mentre alcuni professionisti sono convinti che il trattamento ortodontico inluenzi il proilo dei tessuti molli, rimangono molte controversie circa la precisa risposta dei tessuti molli agli spostamenti dentali. Una correlazione positiva tra il movimento incisale e i cambiamenti dei tessuti molli è stato riportato da uno studio di Ross e collaboratori del 1977. D’altro canto, gli studi di Angelle (1973) e Hershey (1972) hanno mostrato che i cambiamenti nella posizione dentale non sono sistematicamente seguiti da cambiamenti nel proilo dei tessuti molli ad esso proporzionali. Variabili quali la morfologia delle labbra, il tipo di trattamento (terapia estrattiva piuttosto che una senza estrazioni, scelta estrattiva), sesso del paziente ed età, sono stati tenuti in considerazione per ciò che Fig. 1 Paquette, Beatty e Johnston (1992) hanno confrontato gli effetti della terapia estrattiva e non estrattiva sul proilo facciale di soggetti con malocclusione di classe II con un deicit di lunghezza d’arcata “borderline”. Si è riscontrato che l’arcata dentaria era signiicativamente più sporgente nel campione non estrattivo, sia nelle rilevazioni al termine del trattamento sia nei richiami a distanza di più di dieci anni. Alla ine, due studi paralleli condotti da Dobrocky e Smith (1989) e da Young e Smith (1993) misero in evidenza che, nonostante la retrazione media delle labbra fosse signiicativamente maggiore nel loro gruppo estrattivo, le variazioni individuali nel cambiamento facciale, come determinato per mezzo delle deviazio- Fig. 2 labbro, ma la “forza” di questo rapporto varia notevolmente a seconda degli stessi. Si è generalmente giunti alla conclusione che il rapporto tra i tessuti molli e duri è sottoposto a una grande variabilità individuale, e l’assioma per il quale la variabilità individuale differisce tra casi estrattivi e non, appare ingiustiicato2. Le considerazioni a lungo termine sul proilo dei tessuti molli devono tenere conto anche dei normali cambiamenti legati all’invecchiamento e le considerevoli variazioni interindividuali. È stato dimostrato che la crescita del naso e del mento negli adolescenti non trattati supera di molto il concomitante cambiamento delle labbra. Questo normale cambiamento dovuta all’invecchiamento tende a continuare durante La situazione “ideale” per le estrazioni è rappresentata da una malocclusione in dentizione permanente, con affollamento, un morso normale o moderatamente profondo e una faccia normodivergente con proilo convesso (una tipica malocclusione di I classe). In una situazione come quella descritta, le ragioni della scelta estrattiva sono ovvie: lo spazio necessario a risolvere l’affollamento verrà fornito dalle estrazioni, che non saranno controindicate dagli altri due fattori, l’altezza del morso e il modello facciale, poiché questi sono compatibili con la terapia estrattiva. Se, al contrario, l’affollamento fosse accompagnato da morso profondo, con trauma a livello palatale, in un soggetto con modello facciale ipo- trici come l’IMPA e l’angolo formato dall’asse dell’incisivo inferiore con l’asse A-Pog, oltre alla valutazione del limite anteriore della dentatura). Questo perché è stato dimostrato che i trattamenti non estrattivi comportano generalmente una proinclinazione del gruppo incisale inferiore dovuto alle fasi di allineamento per la ricerca di spazio in arcata, mentre nei trattamenti estrattivi gli incisivi inferiori tendono a rimanere nella stessa posizione o a lingualizzarsi e gli incisivi superiori si endoinclinano (secondo Saelens e collaboratori, di circa 2 mm1). Questo, tuttavia, non si rilette in alcun cambiamento signiicativo della posizione delle labbra. > pagina 11 Ortho Giovani 11 Ortho Tribune Italian Edition - Ottobre 2014 < pagina 10 Quando la posizione delle labbra viene valutata all’interno della cornice del naso e del mento in crescita, le labbra cadono leggermente dietro, dal momento che il naso e il mento presentano uno sviluppo in senso sagittale maggiore rispetto a quello dell’area labiale. Questa evoluzione relativamente arretrata del distretto labiale rimane comunque all’interno delle convenzionali prescrizioni estetiche. È stato dimostrato che lo spostamento in avanti delle labbra nei soggetti trattati senza estrazioni risulta meno importante rispetto all’effetto della crescita sul mento e sul naso, dal momento che anche in questo gruppo l’area Fig. 3 Fig. 4 labiale si mantiene arretrata rispetto a un’ipotetica linea mento-naso1 (“linea E” di Ricketts, 1957). Pertanto si può concludere che, se si rimane all’interno delle indicazioni corrette, una tera- pia ortodontica con protocollo estrattivo dei primi e/o dei secondi premolari, piuttosto che una terapia non estrattiva, può portare in entrambi i casi ad ottimi risultati occlusali senza che vi siano cambiamenti sfavorevoli nel profilo facciale. bibliograia 1. Saelens NA, De Smit AA. Therapeutic changes in extraction versus non extraction orthodontic treatment. Eur J Orthod. 1998 Jun;20(3):225-36. 2. Zierhut EC, Joondeph DR, Artun J, Little RM. Long-term Proile Changes Associated with Successfully Treated Extraction and Nonextraction Class II Division 1 Malocclusions. Angle Orthod. 2000 Jun; 70(3):208-19. Attualità Dispositivi orali e laser per il russamento Beniamino D’Errico Beniamino D’Errico Le nuove tecnologie in campo odonpuò sicuramente contribuire al netto miglioramento KTP Er:YAG Nd:YAG 532 nm 2940 nm 1064 nm toiatrico stanno facendo passi da gidel quadro clinico sopra descritto: il laser Er:YAG. Diodo CO2 810 nm 10600 nm gante e la loro costante e progressiva Sulla base di studi e ricerche relativamente recenti, crescita fornisce al professionista è stata messa a punto una procedura che sfrutta le “armi” sempre più soisticate per caratteristiche isiche della lunghezza d’onda di tale Er:YAG CO2 poter lavorare con maggiore profeslaser (2940 nm). L’emissione di luce, impostata come 10600 nm 2940 nm sionalità e per risolvere le numerose frazionata, è veicolata dal corpo macchina al terminaproblematiche del paziente. Ne è un le dedicato, erogata secondo parametri ben deiniti e esempio la roncopatia, problematica sicuramente non ablativi, e indirizzata sotto forma di del sonno correlata all’area odontoimpulsi sulle superici da trattare. Ai tessuti bersaglio iatrica da non molti anni venuta alla arriva così una rafica di impulsi laser, che generano ribalta in campo clinico. Per “roncoun effetto termico attraverso la conduzione di una patia” si intende un russamento crocolonna di calore nei tessuti sottostanti la mucosa, in nico che può essere collegato o meno maniera controllata. Ciò provoca la reazione del tessuto a interruzioni del lusso aereo orosottomucoso determinando a livello della matrice exLa penetrazione all’interno dei tessuti molli orali delle diverse lunghezze d’onda. nasale (apnee) che, a seconda della tracellulare del tessuto connettivo, una stimolazione durata e del numero, determinano delle ibre collagene. Si produce così un subedema tispoi le OSAS (Sindrome delle apnee ostruttive del sonno). Tale russille palatine e pareti faringee) che, per vari motivi, hanno perso sutale che, richiamando liquidi, restituisce tonicità e turgore ai samento non è altro che una respirazione notturna rumorosa, tonicità e turgore tissutale. Oltre ai vari dispositivi intraorali, è tessuti, riattivando tutto il sistema collagene, responsabile del dovuta a una vibrazione di tessuti e strutture anatomiche delle disponibile oggi per gli odontoiatri un nuovo presidio terapeusostegno dei tessuti stessi, impedendone così la vibrazione con alte vie respiratorie (palato molle, ugola, pilastri tonsillari, tontico che, usato con i dovuti accorgimenti e il dovuto protocollo, risoluzione del problema. La salute orale dei pazienti ortodontici potrebbe essere migliorata grazie ai batteri probiotici SONGKHLA, Tailandia – Un nuovo studio ha fornito evidenze supplementari sui beneici dei batteri probiotici contro un gran numero di disturbi orali. In Tailandia i ricercatori hanno recentemente scoperto che i Lactobacilli in modo particolare potrebbero aiutare a ridurre i livelli dei Mutans Streptococchi, i quali possono essere causa di carie dentale, specialmente in pazienti soggetti a labbro leporino e palatoschisi con apparecchi ortodontici issi. Lo studio ha coinvolto 30 pazienti con labbro leporino e palatoschisi che si sono sottoposti tra giugno e agosto 2011 al trattamento con apparecchi ortodontici issi per una durata di almeno 3 mesi con attacchi su almeno 20 denti permanenti. Per un periodo di 4 settimane consecutive, la metà dei pazienti ha consumato latte in polvere con Lactobacillus probiotico paracasei SD1 sciolto in 50 ml di acqua una volta al giorno, mentre la restante parte dei pazienti ha ricevuto la stessa quantità di latte in polvere ma senza i batteri probiotici. Dall’analisi dei campioni di saliva dei par- tecipanti, i ricercatori hanno osservato una signiicativa riduzione di Mutans Streptococchi nella saliva del primo gruppo di pazienti dopo un periodo di quattro settimane. Inoltre, hanno potuto constatare un signiicativo incremento di Lactobacilli nella saliva di questo gruppo. Il risultato suggerisce che specialmente i pazienti ortodontici, che solitamente necessitano di un trattamento dovuto all’irregolarità nella dimensione dei denti e al disallineamento degli stessi, potrebbero trarre un beneicio signiicativo dall’introduzione di probiotici dal momento che gli apparecchi ortodontici issi facilitano la colonizzazione di batteri come i Mutans Streptococchi rendendo questo gruppo di pazienti maggiormente suscettibile ai disturbi dentali. Tuttavia, la ricerca ha concluso che sono necessari ulteriori studi a lungo termine, con un campione maggiore, per chiarire il meccanismo con cui i batteri probiotici riducono la conta microbica orale. Lo studio, intitolato “Effect of probiotics containing Lactobacillus paracasei SD1 on salivary mutans streptococci and lactobacilli in orthodontic cleft patients. A double-blinded, randomized, placebo-controlled study” è stato pubblicato nel mese di maggio su Cleft Palate-Craniofacial Journal, ed è stato condotto presso l’università Prince of Songkla, in Tailandia. Dental Tribune International 12 Industry Report Ortho Tribune Italian Edition - Ottobre 2014 Recupero in arcata di canino superiore ectopico Ranieri Locatelli, Giada Etro La paziente trattata in questo caso, di anni 15 e mesi 1, si presenta inizialmente con una situazio- ne di: I classe molare bilaterale, dentizione definitiva ad eccezione di 13 non ancora presente in arcata, morso crociato a destra, mediana inferiore deviata a destra, affollamento moderato sia Fig. 1 - Bandaggio superiore e inizio apertura spazio. superiore che inferiore, linguo inclinazione degli incisivi inferiori, disto inclinazione dei ca- Fig. 2 - Brackettaggio del 13 e inserimento del ilo accessorio. COME ORDINARE TUEOR SERVIZI Srl • Via Guidobono, 13 • 10137 Torino Tel. 011 3110675 • Fax 011 3097363 • loredana.gatto@tueorservizi.it www.tueorservizi.it ORTODONZIA INVISIBILE: L’utilizzo degli allineatori dentali nella pratica ortodontica Il concetto dell’estetica e della visibilità ha assunto nella società moderna un valore molto importante e spesso ancora più determinante di quello che si possa credere. Fig. 3 - Raddrizzamento del ilo accessorio. l lavoro svolto dagli autori è pregevolissimo perché capace di fornire al clinico tutte le informazioni necessarie ad un utilizzo “ortodosso” di queste apparecchiature, motivandone la gestione attraverso dati scientifici ad elevati livelli di evidenza quale la revisione sistematica della letteratura, ed esperienze cliniche degli autori documentate in maniera impeccabile, con una iconografia di grande livello, e corredate di sintesi diagnostiche e di trattamento che ne facilitano la comprensione. D. FRANCIOLI - G. A NGORI PAGINE: 105 IMMAGINI: A COLORI FORMATO: 21,5 X 30,5 CM 90,00 euro Fig. 4 - Termine dell’allineamento. nini inferiori, morso profondo e gummy smile (Fig. 1). > pagina 13 Industry Report 13 Ortho Tribune Italian Edition - Ottobre 2014 < pagina 12 Dopo una prima fase con un espansore palatale rapido, si passa al bandaggio superiore: è stato deciso di utilizzare gli attacchi “Click” di Sweden & Martina, brackets autoleganti passivi low friction. Il primo arco utilizzato è uno 0.014 NiTi di forma ovoidale, mantenuto fino all’ottenimento di un allineamento sufficiente all’inserimento di un arco rettangolare 0.016 x 0.022 NiTi2 adeguato a supportare una molla aperta in acciaio per l’ampliamento dello spazio per il 13. Dopo poco tempo si apprezza l’eruzione di 13 al quale, non appena possibile, viene applicato un bracket “Click”. Con l’obiettivo di posizionarlo gradualmente in arcata, si decide di utilizzare una sezione di filo rotondo 0.014 NiTi, brunito alle estremità e ancorato ai bracket di 11 e 15 (Fig. 2). A tale scopo, i bracket Click si sono rivelati molto versatili e pratici: oltre all’indubbia velocizzazione nelle manovre, la dimensione delle alette è assolutamente ottimale per l’alloggiamento di legature metalliche e, in questo caso, ci ha permesso di far passare agevolmente sotto di esse anche l’arco accessorio senza la creazione di alcuna spina irritativa per il paziente. Inoltre, i Click, qualora se ne senta l’esigenza, offrono la possibilità di essere convertiti facilmente in attacchi non self ligating, permettendo poi l’ingaggio dell’arco sia con legature metalliche che elastiche in maniera ideale. In questa fase, è stato applicato anche il bandaggio inferiore (Fig. 3). Appena l’arco inferiore l’ha permesso, per aiutare l’estrusione di 13 è stata applicata anche una trazione elastica a triangolo con 43 e 44, con elastico in lattice da 1/8 di diametro e di forza medium. Ciò ha portato, inoltre, il vantaggio di accelerare il movimento di questi ultimi elementi, ottenendo il livellamento della curva di Spee, grazie alla forza estrusiva dell’elastico stesso. Dopo circa 3 mesi di trattamento, è stato possibile riposizionare l’attacco sul 13, rimuovere l’arco sezionale e ingaggiare l’elemento nell’arco principale. Dopo un ulteriore mese, l’allineamento può ritenersi completo. Considerando che il giorno in cui la paziente è stata bandata era il 27 febbraio 2014, che il giorno in cui è stato applicato il bracket al canino era il 28 aprile 2014 e che l’ultima fotografia, ad allineamento terminato, è stata scattata il 25 agosto 2014, possiamo dire con assoluta certezza che le doti di scorrevolezza di questi attacchi si sono rivelate eccellenti (Fig. 4). L’evoluzione radiografica del movimento è illustrata nelle Figg. 5 e 6. Testo e immagini sono state inviate da Sweden & Martina. Figg. 5, 6 - Evoluzione iniziale e inale radiograica del movimento. Nel settore dell’odontoiatria i ricercatori italiani sono i più apprezzati al mondo. Su casiclinicidentali.it diamo valore alla loro ricerca. Noi di Sweden & Martina siamo al fianco di tutti i ricercatori italiani per spostare sempre più avanti gli standard di qualità del nostro settore. Una passione per l’innovazione che ogni giorno si trasmette dal nostro Centro di Ricerca e Sviluppo al nostro polo produttivo e dall’Italia conquista il mondo attraverso sistemi implantologici e canalari di ultima generazione. Vai su casiclinicidentali.it e scopri il frutto di una grande collaborazione, nata per diffondere la conoscenza e scoprire insieme il futuro dell’implantologia. sweden-martina.com 14 Ortho Storia Ortho Tribune Italian Edition - Ottobre 2014 Beniamino De Vecchis e il primo Trattato italiano di Ortodonzia Beniamino De Vecchis nacque a Colliano, in provincia di Salerno, nel 1886. Si laureò in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Napoli nel 1912 e si recò quindi negli Stati Uniti, dove si iscrisse alla Pennsylvania University di Philadelphia. Rientrato in Italia, iniziò a frequentare a Napoli la locale clinica odontoiatrica diretta da Raffaele D’Alise e l’i- stituto di anatomia patologica, dove iniziò una serie di studi sperimentali che lo portarono al conseguimento della libera docenza in Clinica odontoiatrica nel 1922. Tra anni più tardi divenne professore incaricato di Clinica odontoiatrica presso l’Università degli Studi di Messina, e nel 1927 ottenne il medesimo incarico presso l’Università degli Studi di Perugia. Dopo una breve parentesi a Torino, dove divenne primario di Odonto- iatria presso l’Ospedale Maria Vittoria, De Vecchis, nel 1930, accettò di buon grado l’invito di Amedeo Perna (1875-1948), divenuto direttore della Clinica odontoiatrica dell’Università di Roma, ad assumere l’incarico di primo aiuto nell’istituto da lui diretto, ottenendo contestualmente l’insegnamento dell’Ortodonzia nella Scuola di perfezionamento. Subito si adoprò per lo sviluppo della Scuola; nel 1933, con la fondazione dell’Istituto Eastman, ne divenne vicedirettore e primario del reparto di Ortodonzia, disciplina alla quale dedicò gran parte della sua attività scientiica e clinica. A tal proposito occorre dire che fu il primo in Italia a scrivere un libro dedicato interamente alla materia, il Trattato analitico di Ortodontia. Tale fondamentale testo, edito nel 1936 dall’editore Vallardi, rappresenta un’opera di primaria importanza, dal momento che può considerarsi il primo tentativo di divulgazione scientiica in modo serio e ragionato di una branca dell’odontostomatologia che allora era pochissimo considerata. Emblematiche sono le parole dello stesso De Vecchis nella prefazione del trattato: «L’ortodontia in Italia è stata inora soltanto argomento di articoli monograici o di qualche capitolo nei trattati generali di odontoiatria. Il suo insegnamento è stato quanto mai monco e lacunare e le conoscenze pratiche degli archi e di tutti gli apparecchi ortodontici, nelle loro confezioni e applicazioni, nonché nelle terapie coadiuvanti, non si deve, almeno da Roma in giù, che alla mia opera di insegnante. Sono stato io, infatti, a introdurre per la prima volta in Italia, dove erano conosciuti e insegnati i soli metodi Angliani di cura, a introdurre, dimostrare e applicare gli apparecchi di Case, di Laurie, di Ainsworth, di Simon, di Merchon, di De Coster, di Grifin, i monoblocchi di Robin, le cerniere di Herbst stabilendone le modiiche e le indicazioni elettive. Coloro infatti che conoscevano qualcuno di questi apparecchi, e non erano che quattro o cinque in tutto, ne custodivano gelosamente il segreto, forse non senza ragione, essendosi dovuti recare all’estero per venire in 1. 2. 3. 4. possesso di tali nuovi mezzi di cura […]. Ma l’origine del libro […] si deve alla viva fede di diffondere l’ortodontia universa, di far comprendere le titaniche opere dei genii della nostra disciplina e di mettere dinanzi ai migliori intelletti quanto esiste di grande, di originale, di imperituro nella storia, nello sviluppo biologico e nella pratica dell’ortodontia». E continuava in seguito l’autore, dopo aver invitato «coloro che si vogliono convincere» a venire nel suo studio per osservare la mole di casi clinici, a spiegare con orgoglio cosa l’aveva spinto a scrivere il libro: «È valso ad appagare un supremo sogno: gittare le basi per la costruzione della vera ortodontia italiana, che s’erga non su una muraglia d’argilla ma di solido granito». Entrambi i volumi constano di 15 capitoli; interessante il nucleo del primo tomo, dove vi è un’ampia sintesi storica e dove poi vengono esposte le teorie degli autori citati nella prefazione. Il secondo volume ha un carattere clinico, e dopo alcuni capitoli dedicati all’anatomia, alla isiologia e alla biologia orale si parla della morfometria dell’apparato masticatorio, dei fattori ereditari, dell’alimentazione, della respirazione orale e dell’eziologia delle malocclusioni. Paolo Zampetti Damaso Caprioglio Certamente una pietra miliare nella storia dell’Ortodonzia italiana, che troverà, negli anni a venire, ulteriori contributi e affermazioni con Edmondo Muzj (1894-1995) e Giorgio Maj (1916-1988) e con la Scuola pavese di Silvio Palazzi (1892-1979) e quella Milanese di Oscar Hoffer (1907-1984). Nel 1943, in piena seconda guerra mondiale, De Vecchis venne nominato per chiara fama professore ordinario di Clinica odontoiatrica presso l’Università degli Studi di Pisa. Quattro anni dopo, nel 1947, venne chiamato a Roma a succedere al suo maestro, Amedeo Perna. In questa sede fu sempre molto attivo, tanto da patrocinare la fondazione del nuovo istituto di Clinica odontoiatrica, che troverà la deinitiva realizzazione nel 1957, anno del suo collocamento a riposo. Beniamino De Vecchis morì a Roma il 3 novembre 1972. Paolo Zampetti, Damaso Caprioglio bibliograia De Vecchis B., Trattato analitico di ortodontia, Vallardi, Roma, 1936. Zampetti P., Storia dell’Odontoiatria, Aracne, Roma, 2009. Zampetti P. Gli uomini che fecero l’odontoiatria italiana: Beniamino De Vecchis (1886-1972), Doctor Os, 22 (4): 2011. Zampetti P. Gli uomini che fecero l’odontoiatria italiana: Amedeo Perna (1875-1948), Doctor Os, 22 (5): 2011. Dal 1934 al 2014: 80 anni di successi e innovazione < pagina 1 Inquadrato l’obiettivo non lo mollò più, il tempo gli avrebbe dato ragione. Nel 1945, dopo aver depositato il marchio con la testa del leone, trasferì la produzione in un laboratorio più grande, in una sede capace di soddisfare una richiesta sempre maggiore. Quel laboratorio sarebbe rimasto per oltre 20 anni la sede di un miracolo aziendale. Furono anni dificili, ma anche anni che permettevano a persone ingegnose e soprattutto coraggiose di distinguersi nel tessuto produttivo italiano, Mario Pozzi era uno di questi. Nel 1961, in seguito alla scomparsa di Mario, il timone dell’azienda passò al giovane iglio Alessandro che riprese le rotte indicate dal padre. Purtroppo la crescita dell’azienda iorentina ebbe un brusco stop nel 1966 quando giunse nel capoluogo toscano l’alluvione. Alessandro Pozzi, non si arrese e con enormi sforzi riprese la produzione, la parola d’ordine era migliorarsi: la rinnovata produzione cominciò puntando sulle viti ad espansione, ancora oggi prodotto cardine della Leone. All’inizio degli anni ’70 Pozzi decise di allargare il proprio orizzonte produttivo guardando all’ortodonzia issa. Fu l’ennesima scelta vincente, che dette il decisivo impulso all’affermazione deinitiva della Leone come punto di riferimento per l’ortodonzia nel nostro Paese. L’azienda si trasformò da artigianale in industriale, diventando nel 1979 società per azioni. Fu inevitabile il distacco dalla piccola sede verso una più grande presso la quale, nel 1982, Pozzi fondò l’Istituto Studi Odontoiatrici con lo scopo di diffondere e promuovere le nuove tecniche terapeutiche e di divulgare l’ortodonzia, a livelli sempre più elevati avvalendosi della collaborazione di docenti universitari e professionisti altamente specializzati. Luogo di eventi e scambi culturali quotidiani, l’ISO ad oggi conta al suo attivo la presenza di oltre 40mila corsisti accolti nelle aule della attuale prestigiosa sede. Negli anni ’80 e ’90 il successo produttivo e tecnologico fu tale da far entrare nel 1993 la Leo- ne S.p.A. nell’esclusiva OMA (Orthodontic Manufactureres Association). Il 1994 vide ultimata la costruzione di nuovi e più ampi stabilimenti amministrativi e produttivi ai quali nel 1997 si aggiunse l’attuale sede ISO. Nel 2001 la Leone, spinta sempre dallo stesso spirito innovatore di Alessandro Pozzi ampliò la propria gamma immettendo sul mercato dentale il “Sistema Implantare Leone”, una linea completa di prodotti per implantologia. Il resto è storia dei giorni nostri: il Centro Ricerche Biotecnologiche (2009) e il reparto Digital Service (2011) sono gli ultimi due iori all’occhiello dall’azienda iorentina attualmente guidata dalla dott.ssa Elena Pozzi, iglia di Alessandro. Questa è la storia di un’azienda italiana che grazie alla passione, alla dedizione e ai sacriici della proprietà si è saputa imporre nel mercato nazionale ed internazionale in un settore in continua evoluzione. Dental Tribune Ortho Tribune Italian Edition - Ottobre 2014 Notizie dalle Aziende 15 Lìberati dalla recidiva con gli attivatori plurifunzionali Quante volte vi è capitato di vedere un magniico lavoro ortodontico, vaniicato dalla comparsa della recidiva? Per anni abbiamo creato, forzando i denti e i mascellari, bocche dai denti perfettamente allineati e straordinarie guide canine! Per questo scopo abbiamo usato sistemi terapeutici di tutti i generi, dai più tradizionali ai più soisticati: trazioni, maschere, forze leggere, senza frizione, senza estrazioni, senza brackets! Eppure la stabilità della terapia rimane un miraggio. Questa vuole essere una provocazione, ma bisogna riconoscere che il senso di frustrazione provato nel vedere il proprio lavoro vaniicato dalla recidiva è veramente grande. Purtroppo però questo problema, che tocca da vicino tanti professionisti preparati e attenti alla salute dei loro pazienti, con i sistemi che conosciamo non trova ancora rimedi validi. Infatti, le soluzioni ortodontiche usate ino a oggi prevedono l’applicazione di forze rigide direttamente sui denti e/o sui mascellari con l’obiettivo di correggere, forzando, la loro posizione, senza tener conto dello squilibrio funzionale associato. Questa visione strutturale della bocca è stata oggi rivista e integrata con nuovi concetti legati alla relazione tra forma e funzione: la funzione crea la forma e la forma modiica la funzione, dunque l’enunciazione di questa relazione fondamentale ci ha permesso di affermare senza dubbio che la bocca viene modellata nella sua forma dalle funzioni neurovegetative. Ecco allora la valida soluzione alla recidiva che arriva dalla Francia dove si applicano, da tempo, apparecchi ortodontici morbidi che permettono al paziente, di lavorare sulle funzioni neurovegetative perturbate (respirazione, deglutizione, masticazione, equilibrio muscolare), le vere cause della malocclusione, recuperando naturalmente la corretta forma dei mascellari. Parliamo degli Attivatori Plurifunzionali o APF che esistono in tre materiali diversi: caucciù, elastomero e staminalene. L’eficacia degli APF risiede nella loro forma ma anche nel materiale con cui sono fatti, che riunisce l’elasticità, la tonicità, la morbidezza e il comfort. Gli Attivatori ci permettono di: – risolvere la classe scheletrica riscontrata; – espandere e modiicare la forma dei mascellari squadrandoli; – posizionare la lingua verso lo spot; – centrare la mandibola; – lavorare sulla respirazione nasa- le, equilibrando la contrazione dei muscoli del viso e del collo. È questo che porta, spontaneamente, a un aggiustamento della posizione dei denti e quindi della forma della bocca. Modiicando la funzione si agisce sulla forma, modiicando la forma si agisce sulla funzione: questa reciprocità è la sola garanzia del successo e della stabilità del risultato nel tempo.
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