Pagina 1 ISSN 0392 - 4203 Vol. 78 - Quaderno 3 / 2007 PUBLISHED QUARTERLY BY MATTIOLI 1885 ACTA BIO MEDICA Atenei parmensis founded 1887 O F F I C I A L J O U R N A L O F T H E S O C I E T Y O F M E D I C I N E A N D N AT U R A L S C I E N C E S O F PA R M A - FINITO DI STAMPARE NEL MAGGIO 2007 QUADERNI POSTE ITALIANE S.P.A. - SPED. IN A. P. - D.L. 353/2003 (CONV IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1, COMMA 1, DCB PARMA 9:38 Cod. 902973 5-09-2007 DEPOSITO AIFA: 23-5-2007 00-Cop. Quad. 3-2007 Gastroenterologia: Case Reports sulle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali VI parte Now free on-line www.actabiomedica.it Listed in: Index Medicus / Medline, Excerpta Medica / Embase 01-Board 29-05-2007 9:08 Pagina 1 ACTA BIO MEDICA Atenei parmensis founded 1887 O F F I C I A L J O U R N A L O F T H E S O C I E T Y O F M E D I C I N E A N D N AT U R A L S C I E N C E S O F PA R M A f r e e o n - l i n e : w w w. a c t a b i o m e d i c a . i t EDITOR IN CHIEF Maurizio Vanelli DEPUTY EDITOR Cesare Bordi EDITORIAL BOARD Alberto Bacchi Modena Sergio Bernasconi Corrado Betterle (Padova) Giulio Bevilacqua Mauro Bonanini Antonio Bonati Emanuele Bosi (Milano) Loris Borghi Carlo Buzio Franco Chiarelli (Chieti) Giorgio Cocconi Vittorio Coiro Domenico Cucinotta (Bologna) Filippo De Luca (Messina) Guido Fanelli Livio Garattini (Milano) Gian Carlo Gazzola Gian Camillo Manzoni Antonio Mutti Dario Olivieri Stefano Parmigiani (Arezzo) Antonio Pezzarossa (Fidenza) Silvia Pizzi Luigi Roncoroni Mario Sianesi Carlo Signorelli Giovanni Soncini Maurizio Tonato (Perugia) Roberto Toni Giorgio Valenti Vincenzo Violi Raffaele Virdis Marco Vitale Pietro Vitali Ivana Zavaroni ASSOCIATE EDITORS Paolo Bobbio Amos Casti Carlo Chezzi Roberto Delsignore Giovanni Maraini Guglielmo Masotti Almerico Novarini Giacomo Rizzolatti EDITORIAL OFFICE MANAGER Alessandro Corrà Società di Medicina e Scienze Naturali Via Gramsci, 14 Parma Tel. 0521 033027 - Fax 0521 033027 E-mail: alessandro.corra@unipr.it PUBLISHER Mattioli1885 SpA Casa Editrice Via Coduro 1/b 43036 Fidenza (Parma) Tel. ++39 0524 84547 Fax ++39 0524 84751 E-mail: edit@mattioli1885.com La testata fruisce dei Contributi Statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250 EXECUTIVE COMMITEE OF THE SOCIETY OF MEDICINE AND NATURAL SCIENCES OF PARMA PRESIDENT Giorgio Valenti VICE-PRESIDENT Silvia Iaccarino PAST-PRESIDENT Renato Scandroglio GENERAL SECRETARY Almerico Novarini TREASURER Luigi Roncoroni MEMBERS Giorgio Zanzucchi Giorgio Cocconi Angelo Franzè Enrico Cabassi Patrizia Santi 02-Istruzioni gastroent 29-05-2007 9:09 I S T R QUADERNI Pagina 2 P E R G L I A U T O R I A C TA B I O M E D I C A - G A S T R O E N T E R O L O G I A U Z I O N I DI Acta Bio Medica è la rivista ufficiale della Società di Medicina e Scienze Naturali di Parma. I Quaderni di Acta Bio Medica dedicati alla Gastroenterologia pubblicano principalmente case-reports, saranno inserite occasionalmente reviews e lavori originali dedicati a quest’area della Medicina. I dattiloscritti devono essere accompagnati da una richiesta di pubblicazione e da una dichiarazione firmata degli autori che l’articolo non è stato inviato ad alcuna altra rivista, né che è stato accettato altrove per la pubblicazione. Tutti i lavori sono soggetti a revisione e si esortano gli autori ad essere concisi. I manoscritti dovranno essere inviati a: Dr.ssa Anna Scotti Quaderni Acta Bio Medica - Gastroenterologia c/o Mattioli 1885 S.p.A. Via Coduro 1/b - 43036 Fidenza annascotti@mattioli1885.com Tel. 0524/84547 - Fax 0524/84751 Il FRONTESPIZIO deve contenere: • Un titolo informativo conciso • Nome/i del/degli Autore/i • Dipartimento o Istituto dove è stato condotto il lavoro • Nome e indirizzo dell’autore a cui deve essere inviata la corrispondenza relativa al manoscritto. Deve essere indicato inoltre numero di telefono, fax ed indirizzo e-mail • Un running title di non più di 40 caratteri COME SCRIVERE UN CASE REPORT La caratteristica chiave del case report è quella di aiutare il lettore a riconoscere e a trattare un problema simile, se mai dovesse ripresentarsi. Utilizzare un linguaggio chiaro e senza ambiguità, per presentare il materiale in modo che il lettore abbia una chiara visione di: -cosa è successo al paziente -la cronologia di questi eventi -perché il trattamento è stato eseguito in base a quei determinati concetti. Cosa descrivere? Osservare e pensare alla pratica clinica, vi sono molti casi rari o insoliti che possono meritare una descrizione. La rarità non è però di per se stessa motivo sufficiente di pubblicazione, il caso deve essere speciale e avere un “messaggio” per il lettore; può servire a fornire la consapevolezza della condizione in modo tale che la diagnosi possa essere più facile in futuro o come una linea di trattamento possa essere più adatta di un’altra. Il ruolo dei case report è di stabilire un specie di “precedente giudiziario” per malattie relativamente rare. Un altro gruppo è quello dei casi associati a condizioni inusuali, anche sconosciute, che possono avere priorità diverse nel loro trattamento. Come descrivere? Titolo: Il titolo dovrebbe essere corto, descrittivo e capace di attirare l’attenzione. Se il titolo di un case report contiene troppi dati il lettore potrebbe avere la sensazione che esso abbia spiegato tutto quello che c’è da sapere. Introduzione: Solitamente si tende a scrivere una breve storia della malattia, ma questo materiale può essere inserito nella discussione. Il report può cominciare semplicemente con la descrizione del caso. Descrizione del caso: Il report deve essere cronologico e descrivere adeguatamente la presentazione, i risultati dell’esame clinico e quelli degli accertamenti prima di andare avanti e descrivere l’evoluzione del paziente. La descrizione deve essere completa, accentuare le caratteristiche positive senza oscurarle in una massa di rilievi negativi. Considerare quali domande potrebbe fare un collega e assicurarsi che vi siano risposte chiare all’interno del report. Le illustrazioni possono essere utili. Discussione del caso: Lo scopo principale della discussione è di spiegare come e perché sono state prese le decisioni e quale insegnamento è stato recepito da questa esperienza. Possono essere necessari alcuni riferimenti bibliografici ad altri casi, bisogna evitare tuttavia di produrre una review. Lo scopo deve essere di definire e dettagliare il messaggio per il lettore. Il case report renderà chiaro come un caso analogo dovrebbe essere trattato in futuro. REVIEWS- LAVORI ORIGINALI Articoli originali: comprendono lavori che offrono un contributo nuovo o frutto di una consistente esperienza, anche se non del tutto originale, in un determinato settore. Devono essere completi di Riassunto e suddivisi nelle seguenti parti: Introduzione, Obiettivi, Materiale e Metodi, Risultati, Discussione e Conclusioni. Nella sezione Obiettivo deve essere sintetizzato con chiarezza l’obiettivo del lavoro, vale a dire l’ipotesi che si è inteso verificare; nei Metodi va riportato il contesto in cui si è svolto lo studio (Ospedale, Centro Specialistico…), il numero e il tipo di soggetti analizzati, il disegno dello studio (randomizzato, in doppio cieco…), il tipo di trattamento e il tipo di analisi statistica impiegata. Nella sezione Risultati vanno riportati i risultati dello studio e dell’analisi statistica. Nella sezione Conclusioni va riportato il significato dei risultati soprattutto in funzione delle implicazioni cliniche. Review: devono essere inerenti ad uno specifico argomento e permettere al lettore uno sguardo approfondito sul tema, offrendo una panoramica nazionale ed internazionale delle ultime novità in merito. L’autore deve offrire un punto di vista personale basato su dati di letteratura ufficiali. Dovrà essere suddiviso in Introduzione, Discussione e Conclusione e completo di Riassunto. La bibliografia citata dovrà essere particolarmente ricca. ILLUSTRAZIONI. È responsabilità dell’autore ottenere il permesso (dall’autore e dal possessore dei diritti di copyright) di riprodurre illustrazioni, tabelle, ecc, da altre pubblicazioni. Stampe o radiografie devono essere chiare. Le TABELLE dovranno essere numerate consecutivamente con numeri romani contraddistinte da un titolo. Le VOCI BIBLIOGRAFICHE dovranno essere numerate secondo l’ordine di citazione nel testo; quelle citate solamente nelle tabelle o nelle legende delle figure saranno numerate in accordo con la sequenza stabilita dalla loro prima identificazione nel testo. La lista delle voci bibliografiche deve riportare il cognome e l’iniziale del nome degli Autori (saranno indicati tutti gli autori se presenti 6 o meno; quando presenti 7 nomi o più, indicare solo i primi 3 e aggiungere “et al.”), il titolo del lavoro, il nome della rivista abbreviato in conformità dell’Index Medicus, l’anno di pubblicazione, il volume e la prima e l’ultima pagina dell’articolo, Esempio: Fraioli P., Montemurro L., Castrignano L., Rizzato G.: Retroperitoneal Involvement in Sarcoidosis. Sarcoidosis 1990; 7: 101-105. Nel caso di un libro, si indicheranno nel medesimo modo il nome degli Autori, il titolo, il numero dell’edizione, il nome dell’Editore, il luogo di pubblicazione, il numero del volume e la pagina. Nessun addebito verrà effettuato per foto in bianco e nero. Comunicazioni personali non dovrebbero essere incluse in bibliografia ma possono essere citate nel testo tra parentesi. COPYRIGHT © 2007 ACTA BIO MEDICA SOCIETÀ DI MEDICINA E SCIENZE NATURALI DI PARMA. La rivista è protetta da Copyright. I lavori pubblicati rimangono di proprietà della Rivista e possono essere riprodotti solo previa autorizzazione dell’Editore citandone la fonte. Direttore Responsabile: M. Vanelli Registrazione del Tribunale di Parma n° 253 del 21/7/1955 Finito di stampare: Maggio 2007 La banca dati viene conservata presso l’editore, che ne è titolare. La rivista viene spedita in abbonamento; l’indirizzo in nostro possesso verrà utilizzato per l’invio di questa o di altre pubblicazioni scientifiche. Ai sensi dell’articolo 10, legge 675/96, è nel diritto del ricevente richiedere la cessazione dell’invio e/o l’aggiornamento dei dati in nostro possesso. 03-indice 29-05-2007 9:10 Pagina 3 INDEX Quaderno 3/2007 Gastroenterologia: Case reports sulle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali – VI parte Mattioli 1885 4 Foreword spa - via Coduro 1/b 43036 Fidenza (Parma) tel 0524/84547 fax 0524/84751 www.mattioli1885.com 5 Case report R. Cantore Complicanza emorragica della diverticolite del colon DIREZIONE EDITORIALE 11 Direttore Scientifico Federico Cioni Editing Staff Valeria Ceci Natalie Cerioli Cecilia Mutti Anna Scotti MARKETING E PUBBLICITÀ Direttore Marketing e Sviluppo Massimo Enrico Radaelli Marketing Manager Luca Ranzato Segreteria Marketing Martine Brusini Direttore Distribuzione Massimiliano Franzoni Responsabile Area ECM Simone Agnello 14 18 G. Imperiali Ascesso pelvico in corso di malattia di Crohn ileale Review S. Scabini, E. Rimini, E. Romairone, R. Scordamaglia, R. Boaretto, V. Ferrando Le lesioni anali e perianali nella malattia di Crohn Case report D. Mazzucco, S .Grosso, P. Gastaldi, V. Marci, R. Suriani Colite simil Crohn associata a malassorbimento cronico multifattoriale in una paziente affetta da Immunodeficienza Comune Variabile (ICV) 23 A. Bozzani, A. Lorenzetti, F. Gelosa, G. Idèo Pancolite ulcerosa acuta nel paziente anziano 26 P. Lecis, E. Galliani, B. Germanà Un caso di colite indeterminata con rapida evoluzione verso la displasia 31 F. Mocciaro, A. Orlando, M. Cottone Un caso di diarrea resistente alla dieta priva di glutine in un paziente affetto da malattia celiaca Inserto centrale staccabile “Il Punto...in breve” 04-Ranzato 29-05-2007 10:02 Pagina 4 ACTA BIOMED 2007; 78; Quaderno 3: 4 © Mattioli 1885 F O R E W O R D Le malattie infiammatorie croniche intestinali La collana di Quaderni di Gastroeneterologia di Acta biomedica dedicata alle Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (IBD) è ormai giunta al suo sesto appuntamento. Il successo crescente che i lettori hanno tributato al nostro lavoro è per tutti noi motivo di soddisfazione oltre che sprone a proseguire con rinnovato impegno in questa avventura, iniziata due anni fa quasi per scommessa. plicanza del Morbo di Crohn, fino alla descrizione di un caso di colite simil Crohn associata a malassorbimento cronico multifattoriale in una paziente affetta da immuodeficienza comune variabile. Completano il fascicolo la descrizione di una pancolite ulcerosa in paziente anziano, di un caso di colite indeterminata con rapida evoluzione verso la displasia e di una diarrea resistente alla dieta priva di glutine in un paziente affetto da malattia celiaca. Corre l’obbligo a questo punto di ringraziare il Board di Acta Biomedica che ha accettato di ospitare questo nostro progetto e continua a farlo con dimostrazione di grandissima disponibilità, e Chiesi Farmaceutici il cui appoggio istituzionale resta indispensabile per sostenere finanziariamente la pubblicazione. Con l’augurio di essere riusciti a mantenere vivo il Vostro interesse, Vi auguriamo buona lettura e Vi diamo fin d’ora appuntamento al settimo Quaderno, previsto per il prossimo autunno. In questo numero abbiamo raccolto sette Case Reports che spaziano da un caso di complicanza emorragica di diverticolite del colon a due casi di com- Dr. Riccardo Ranzato Primario Divisione Chirurgia Azienda Ospedaliera Chioggia, Venezia 05-cantore 29-05-2007 10:04 Pagina 5 ACTA BIOMED 2007; 78; Quaderno 3: 5-10 © Mattioli 1885 C A S E R E P O R T Complicanza emorragica della diverticolosi del colon Roberto Cantore Servizio Dipartimentale di Endoscopia Digestiva Diagnostica ed Operativa, Struttura Complessa di Chirurgia Generale e d’Urgenza, P.O. Policor, ASL n. 5 Montalbano J (MT) Introduzione Il caso clinico riportato riguarda il complesso capitolo delle emorragie digestive che spesso pongono seri problemi di diagnosi circa la provenienza e la localizzazione della e/o delle lesioni e, nondimeno, la decisione di un tempestivo intervento terapeutico medico e/o chirurgico e/o chirurgico-mininvasivo. Ancor di più se il paziente non proviene da un reparto di degenza ma si presenta come un comune paziente ambulatoriale, e quindi carente di una storia clinica che già indirizza, e carente dei basilari esami ematochimici e strumentali che possono precedere un esame endoscopico. Il sintomo che più lo preoccupa è l’astenia. Riferisce che la rettorragia non ha alcun rapporto con l’evacuazione e che anzi questa è contestualmente divenuta irregolare e preceduta da algie addominali crampiformi. L’alvo comunque non è mai stato regolare e, infatti, tiene a precisare che è portatore di “colite spastica”. Circa la qualità e la quantità delle perdite ematiche il pz non ha dubbi a precisare che si alternano emissioni di discrete quantità di sangue rosso vivo ad emissioni di coaguli anche di discrete dimensioni. Quadro clinico Note anamnestiche Paziente sig. S.U. di anni 73, pensionato, regolarmente prenotato dal CUP per l’esecuzione di una colonscopia, come richiesto dal proprio medico di base. Il motivo è rappresentato da una franca rettorragia occorsa 5 giorni addietro attribuita ad emorroidi note. Nei giorni successivi l’episodio emorragico si è ripetuto con più frequenza nell’arco delle 24 ore ma con intensità ridotta rispetto al primo. Il paziente è un iperteso di vecchia data in trattamento con calcioantagonisti e diuretici e da circa un anno assume cardioaspirina da 100 mg. Non fa uso di farmaci dicumarolici. Racconta di convivere con una BCO che sovente si riacutizza (fumatore a tutt’oggi). Nega malattie epatiche. Il pz non presenta sintomi obiettivi di anemia. Il polso è valido e ritmico. L’addome è fondamentalmente trattabile su tutti i quadranti con lieve dolenza ai quadranti di sx ( fianco e fossa iliaca ) in assenza di segni di tensione e/o contrattura della parete soprastante. La pressione arteriosa e 150/85 millimetri di mercurio. Prima dell’esame viene richiesto un emocromo che mostra HB 11.5 Gr 3.900.000 GB 12.000 HcT 39% VCM 80 PLT 220.000. Si procede quindi all’esame Endoscopico. All’E.O. ed ispettivo della regione ano-perianale non si evidenziano ragadi e/o tramiti fistolosi; all’esplorazione rettale si apprezzano gavoccioli emorroidari, non si apprezzano lesioni produttive fin dove arriva il dito esploratore che comunque si sporca di sangue rosso vivo. 05-cantore 29-05-2007 10:04 Pagina 6 6 R. Cantore L’introduzione dello strumento è del tutto agevole e subito si conferma la presenza di emorroidi non sanguinanti. In ampolla si apprezzano coaguli ematici mentre le pareti sono verniciate irregolarmente da sangue rosso vivo proveniente dai segmenti colici superiori. Tale aspetto è costante fino a circa 8 cm al di sopra della giunzione R-S ove cominciano a comparire diverticoli sempre più numerosi fino a tutto il discendente, fin quasi a ridosso della flessura splenica che, insieme alla prima porzione del traverso, appare del tutto normale e pertanto si decide di non procedere oltre. Molti diverticoli, alcuni di cospicue dimensioni, presentano il colletto fortemente iperemico e congesto, facilmente sanguinante al toccamento , mentre dal fondo di essi si assiste a gemizio ematico; altri diverticoli sono ripieni di sangue per semplice accumulo. La mucosa tra i diverticoli è fortemente congesta tanto che in alcuni tratti assume colorito che va dal rosso-vinaccia a sfumature bluastre: l’edema produce un aspetto di substenosi in altri tratti ancora. Dopo ripetuti lavaggi ed aspirazioni si individuano due diverticoli più profusamente sanguinanti e pertanto si procede all’infiltrazione periferica di adrenalina 1:10.000 con buon successo emostatico (Fig. 1 a-h). Lo strumento viene ritirato e il paziente invitato al ricovero . Trattamento Il paziente viene ricoverato presso la nostra U.O. a) Figura 1 a-b. Esame endoscopico pre-trattamento di Chirurgia Generale e d’Urgenza: si incannula la succlavia per la NPT e si decide si somministrare Ciproxin f 750 mg e.v. (1 al dì), Ac.tranexamico (3 f x 2 al dì); metronidazolo f (1 x 3 al dì) e mesalazina cp 800 mg (1 cp x 3 al dì); si decide inoltre di intervenire anche con mesalazina clismi da 4 mg + beclometasone dipropionato clismi da 3 mg, alternando le applicazioni mattina-sera. Il giorno successivo il pz viene sottoposto a Tacaddome con riscontro di lieve dilatazione del tratto discendente-sigma, ispessimento edematoso delle pareti ed accentuazione delle austrature in assenza di immagini riferibili ad ascesso paracolico; accenno a minimi livelli idroaerei; assenza di aria libera nel cavo peritoneale. Nei giorni successivi si assiste ad un progressivo, sensibile miglioramento della sintomatologia soggettiva (scomparsa pressocchè totale della sintomatologia algica crampiforme addominale) ed obiettiva (riduzione fino alla scomparsa delle perdite ematiche, completa trattabilità alla palpazione dei quadranti addominali; GB 10000). In sesta giornata di ricovero si procede a controllo endoscopico con riscontro di assenza di segni di emorragia, ripresa del normale colorito della mucosa e lieve iperemia del colletto di molti diverticoli nel cui fondo non c’è più traccia si sangue né da perdita né da semplice accumulo (Fig. 2 a-f ). Si decide di sospendere l’infusione di ac.tranexamico e della NPT riprendendo l’alimentazione di primo livello. b) 05-cantore 29-05-2007 10:04 Pagina 7 7 Complicanza emorragica della diverticolosi del colon c) d) e) f) g) h) Figura 1 c-d. Esame endoscopico pre-trattamento Il giorno successivo si sospende la terapia endovenosa con metronidazolo, subentrando con rifaximina cp nella misura di 2 x 2 al dì. Due giorni dopo ancora il paziente viene dimesso con la seguente terapia domiciliare : - rifaximina cp (2 x 2 al dì x 10 gg al mese); - mesalazina cp 400 mg (1 cp x 2 al dì x 20 gg); - mesalazina clismi 2 gr (1 al dì x 20 gg); - beclometasone dipropionato clismi 3 mg (1 la sera per 20 gg); 05-cantore 29-05-2007 10:04 Pagina 8 8 R. Cantore - probiotici e prebiotici. In caso di ricomparsa della sintomatologia algica crampiforme si consiglia un modulatore della motilità intestinale come la mebeverina cloridrata cp (1 cp x 3 al dì x 10 gg al mese per tre mesi) Il paziente viene programmato per ulteriore con- a) b) c) d) e) f) Figura 2 a-f. Esame endoscopico dopo 6 giorni di trattamento 05-cantore 29-05-2007 10:04 Pagina 9 9 Complicanza emorragica della diverticolosi del colon trollo endoscopico dopo 1 mese: si esegue questa volta pancoloscopia e il quadro di riscontro è semplice- mente riconducibile a semplice diverticolosi del discendente-sigma (Fig. 3 ). a) b) c) d) e) f) Figura 3 a-f. Esame endoscopico dopo 1 mese 05-cantore 29-05-2007 10:04 Pagina 10 10 Discussione È indubbio che il pz soffrisse di Malattia Diverticolare da anni, evidentemente sottostimata e comunque mai documentata; l’affermazione anamnestica “soffro da sempre di colite spastica” è più che eloquente. Probabilmente in passato era anche stato colto da qualche episodio di complicanza infiammatoria, magari di lieve entità e a risoluzione spontanea. La cronica condizione di “irregolarità dell’alvo” evidentemente non l’aveva mai preoccupato e forse anche per questo nessuno gli aveva mai consigliato una R.S.O. nelle feci anche al fine di uno screening del K colo-rettale, come l’età avrebbe imposto già da anni. Storia troppo comune a tantissimi pazienti a cui inconsapevolmente viene fatta vivere una “vita spericolata”, all’insegna del rischio, con la soddisfazione di essere portatori di colpevoli emorroidi che di tanto in tanto sanguinano. La complicanza infiammatoria e quella emorragica della Malattia Diverticolare molto spesso viaggiano su strade separate, ognuna con un quadro clinico ben definito. Nella fattispecie l’orientamento o, meglio, la convinzione che ci siamo fatti è che i due quadri, quello “diverticolitico” e quello “emorragico” coesistessero, e non è escluso che il maggior coinvolgimento infiammatorio di alcuni diverticoli abbiano dato esito all’emorragia. Infatti il quadro endoscopico iniziale depone per le due complicazioni: moltissimi diverticoli fortemente iperemici al fragile colletto e pochi francamente sanguinanti. Inoltre il lungo tratto di discendente-sigma interessato e il coinvolgimento anche importante della mucosa infradiverticolare poteva anche far pen- R. Cantore sare ad una “colite ischemica segmentaria” anche se in assenza di altre lesioni di tipo erosivo-ulcerativo con presenza di essudato fibrinoso, tuttavia non sempre costanti. La decisione di prospettare il ricovero e di mettere a riposo l’intestino con la NPT si è rivelata una scelta non prescindibile. La nostra esperienza in casi di diverticolite con ciprofloxacina e metronidazolo ci ha indotto a riproporre lo schema. Molto più giovane è l’esperienza in tali casi, ma anche in casi meno complicati, con mesalazina sia per os che per via topica : giovane ma consistente e soddisfacente. L’uso topico in questo caso come in altri di beclometasone dipropionato ha reso sicuramente il risultato più brillante. Il paziente è stato rivisto a cadenza regolare nei primi 6 mesi e le condizioni cliniche si sono mantenute sempre buone anche perché si è rigidamente attenuto alle prescrizioni terapeutiche. Inoltre, nel corso dei controlli, quando ha lamentato la comparsa di algie crampiformi e una certa dolorabilità ai quadranti di sx, abbiamo ritenuto necessario intervenire, anche se con cicli brevi, nuovamente prescrivendo mesalazina con beneficio a breve termine. Riteniamo pertanto che il campo delle applicazioni terapeutiche della mesalazina ed del beclometasone dipropionato, non foss’altro che per la potente azione mirata antinfiammatoria, debba essere sempre più esteso alla Malattia Diverticolare e alle sue complicanze, insieme agli altri presidi terapeutici a al rispetto delle note norme igienico-alimentari che nell’insieme possono prevenire le complicanze medesime allungando i periodi intercritici e migliorando la sensibilmente la qualità della vita di questi pazienti. 06-imperiali 29-05-2007 10:05 Pagina 11 ACTA BIOMED 2007; 78; Quaderno 3: 11-13 © Mattioli 1885 C A S E R E P O R T Ascesso pelvico in corso di malattia di Crohn ileale Gianni Imperiali UO di Gastroenterologia Ospedale Valduce – Como Caso clinico Il caso clinico si riferisce a una paziente di 25 anni, nubile e senza figli con anamnesi familiare non significativa. Non potus, non fumo; anamnesi farmacologia negativa. Nulla in anamnesi patologica remota. Nell’ottobre 2005 la paziente viene ricoverata presso altra sede ospedaliera per la comparsa di importante dolore in fossa iliaca destra; la paziente lamentava un rialzo termico presente da circa 1 mese, astenia e un calo ponderale di 5 Kg. Obiettivamente era presente dolore alla palpazione in fossa iliaca destra . I dati bioumorali mostravano un incremento degli indici di flogosi. Veniva eseguita una ecografia addominale con riscontro di ispessimento dell’ultima ansa ileale. Persistendo il dolore addominale la paziente veniva sottoposta a intervento laparotomico urgente nel sospetto di appendicite acuta. Durante l’atto chirurgico riscontro di normalità dell’appendice e diagnosi intraoperatoria di ileite di Crohn. Si decideva di non procedere a resezione ileale né ad appendicectomia. Dopo pochi giorni la paziente veniva dimessa con instaurata terapia antibiotica e steroidea sistemica. Problema 1: come è possibile distinguere preoperatoriamente un episodio di appendicite acuta da una ileite terminale all’esordio? I dati di letteratura confortano il fatto che già la clinica possa e debba essere spesso dirimente il quesito (1) – e nel caso in questione le caratteristiche della sintomatologia (e in particolare la lunga durata dei sintomi associata al calo ponderale) dovevano fare pensare a possibili diagnosi differenziali. Inoltre le tecniche di imaging attualmente disponibili supportano adeguatamente il clinico nei casi dubbi. In particolare ecografia e CT consentono una diagnosi preoperatoria nella quasi totalità dei casi (2). Evitare l’intervento chirurgico è importante perché in alcune serie la percentuale di complicanze postoperatorie arriva fino al 30% (1) Problema 2: cosa fare una volta riscontrata laparotomicamente l’integrità dell’appendice e la patologia dell’ultima ansa ileale? I dati della letteratura confortano ormai l’opzione astensionista (non appendicectomia, non resezione) applicata anche in questo caso. La paziente giunge alla nostra osservazione un mese dopo l’intervento sopra descritto per la persistenza di febbricola e di dolore ai quadranti addominali inferiori. A un controllo ecografico e CT vengono riscontrate piccole raccolte (diametro massimo di 2 cm) in contiguità con l’ileo terminale e un ascesso pelvico delle dimensioni di circa 7 cm. Le stesse indagini dimostrano una doppia lunga localizzazione ileale di malattia (a carico dell’ ultima ansa e dell’ileo prossimale). Il colon appare endoscopicamente normale. Problema 3: esistono fattori di rischio per la comparsa di raccolte asessuali intraaddominali? La com- 06-imperiali 29-05-2007 10:05 Pagina 12 12 parsa di ascessi è complicanza possibile nel decorso clinico della malattia di Crohn; la terapia steroidea pregressa o in corso è il fattore di rischio associato alla complicanza con la più elevata significatività statistica (3). Problema 4: quale sono le opzioni terapeutiche in presenza di raccolte intraaddominali in pazienti con malattia di Crohn? Le opzioni possibili sono quella chirurgia, il drenaggio percutaneo e la terapia conservativa. Tradizionalmente la chirurgia che associa il drenaggio delle raccolte alla resezione dei tratti intestinali patologici e delle fistole correlate è l’intervento di scelta (4-5): nel nostro caso si è preferito differire la chirurgia tenendo conto del fatto che l’intervento sarebbe stato eseguito in corso di flare della malattia e avrebbe comportato una resezione significativa dell’ileo vista la lunghezza dei tratti intestinali interessati dalla malattia ; l’associato decorso non aggressivo della complicanza (paziente paucisintomatica, rialzo termico non importante, non compromissione dello stato generale) ci consentivano un approccio più conservativo. Il drenaggio percutaneo sotto guida ecografia o CT è un’altra possibilità ben supportata dai dati della letteratura per il drenaggio delle ascessuali anche nella malattia di Crohn. La tecnica ha percentuali di successo in acuto che arrivano fino al 90% dei casi con una percentuale di recidive un mese dopo la riduzione del catetere che nelle serie peggiori non arriva al 50% (5-8). Allo stato attuale il drenaggio percutaneo può essere considerato valida alternativa alla chirurgia per la risoluzione del problema in questione. La revisione imaging del nostro caso dimostrava però che l’accesso ottimale alla raccolta pelvica avrebbe necessitato che il catetere dovesse raggiungere la raccolta stessa per via transvaginale con il rischio di una fistolizzazione residua e con qualche difficoltà psicologica per la nostra paziente, virgo). Terza opzione è quella di un approccio conservativo che associ alla antibioticoterapia una nutrizione parenterale e enterale con dieta elementare (9-12). Le varie opzioni terapeutiche venivano discusse G. Imperiali con la paziente. Si decideva di iniziare terapia conservativa con nutrizione parenterale totale (NPT) associata ad antibioticoterapia (imipenem, metronidazolo). Nel giro di pochi giorni si assisteva a completa risoluzione della sintomatologia soggettiva; un controllo imaging ravvicinato dimostrava un regressione parziale delle raccolte ascessuali. La paziente veniva dimessa dopo dieci giorni sostituendo la NPT con una dieta elementare somministrata attraverso sondino nasogastrico associata ad antibioticoterapia per os e programmando controlli ambulatoriali ravvicinati Dopo quindici giorni la paziente si presentava del tutto asintomatica (in particolare non presentava febbre, dolore addominale né ematochezia; l’alvo era regolare) con un incremento ponderale di 4 Kg e la normalizzazione degli indici di flogosi. Il controllo CT dimostrava una completa regressione delle raccolte ascessuali. Problema 5: chirurgia in elezione? Nella grande maggioranza dei casi le raccolte intraddominali in corso di malattia di Crohn sono secondarie a tramiti fistolosi che partono a monte di stenosi intestinali; anche nel nostro caso poteva essere quindi indicata una chirurgia in elezione che risolvesse radicalmente il problema. In realtà un controllo attraverso Rx clisma del tenue confermava la presenza della doppia localizzazione ileale, ma non dimostrava la presenza di stenosi critiche e neppure di tramiti fistolosi. Si decideva quindi di iniziare terapia immunosoppressiva con azatioprina. Nel successivo follow up – che ormai raggiunge i 12 mesi – la paziente si è mantenuta in completa remissione clinica, bioumorale ed imaging. Discussione L’esordio della malattia di Crohn simulante una appendicite acuta è evenienza non rara, ma ogni sforzo dovrebbe essere fatto per ottenere una diagnosi preoperatoria sia valutando con attenzione i dati clinici – spesso dirimenti – che avvalendosi dell’apporto dell’imaging attualmente disponibile. 06-imperiali 29-05-2007 10:05 Pagina 13 Ascesso pelvico in corso di malattia di Crohn ileale La comparsa di raccolte intraaddominali in corso di malattia di Crohn è complicanza severa che in genere richiede in genere il drenaggio della raccolta che può essere ottenuto chirurgicamente o attraverso radiologia interventistica. In casi selezionati - come quello sopra descritto - una terapia conservativa (NPT e antibioticoterapia prima, dieta elementare ed immunosoppressione poi), associata a uno stretto controllo clinico ed imaging ha portato a una risoluzione del quadro in acuto e ha garantito alla paziente un follow up di dodici mesi senza ripresa di malattia né necessità di ricorso alla chirurgia. Bibliografia 1. Oren R, Rachmilewitz D. Preoperative clues to Crohn’s disease in suspected, acute appendicitis. J Clin Gastroenterol 1992; 15 (4): 306-10. 2. Sturm EJ, Cobben LP, Meijssem NA, et al. Detection of ileocecal Crohn’s disease using ultrasound as the primary imaging modality. Eur Radiol 2004; 14 (5): 778-82. 3. Agrawal A, Durrani S, Leiper K et al. Effect of systemic corticosteroid therapy on risk for intra-abdominal or pelvic abscess in non-operated Crohn’s disease. Clin Gastroenterol Hepatol 2005; 3 (12): 1215-20. 13 4. Neufeld D, Keidar A, Gutman M, et al. Abdominal wall abscesses in patients with Crohn’s disease:clinical outcome. J Gastrointest Surg 2006; 10 (3): 445-9. 5. Garcia JC, Persky SE, Bonis PA, et al. Abscesses in Crohn’s disease:outcome of medical versus surgical treatment. J Clin Gastroenterol 2001; 32 (5): 409-12. 6. Sahai A, Belair M, Gianfelice D, et al. Percutaneous drainage of intra-abdominal abscesses in Crohn’s disease:short and long-term outcome. Am J Gastroenterol 1997; 92 (2): 275-8. 7. Gervais DA, Hahn PF, O’Neill MJ et al. Percutaneous abscess drainage in Crohn disease: technical success and short-and long-term outcomes during 14 years. Radiology 2002; 222 (3): 645-51. 8. Golfieri R, Cappelli A. Giampalma E, et al. CT guided percutaneous pelvic abscess drainage in Crohn’s disease. Tech Coloproctol 2006; 10 (2): 99-105. 9. Yamaguchi A, Matsui T, Sakurai T, et al. The clinical characteristics and outcome of intraabdominal abscess in Crohn’s disease. J Gastroenterol 2004; 39 (5): 441-8. 10. Tsujikawa T, Andoh A, Fujiyama Y. Enteral and parenteral nutrition therapy for Crohn’disease. Curr Pharm Des 2003; 9 (4): 323-32. 11. Dray X, Marteau P. The use of enteral nutrition in the management of Crohn’s disease of adult. JPEN J Perenterl Enteral Nutrition 2005; 29 (4 suppl): S166-9. 12. Nath JK, Pasrich PJ. Abscess in Crohn’s disease. The knife may not be necessary. Dig Liv Dis 2006; 38 (9): 665-6. 07-Scabini 29-05-2007 10:06 Pagina 14 ACTA BIOMED 2007; 78; Quaderno 3: 14-17 © Mattioli 1885 R E V I E W Le lesioni anali e perianali nella malattia di crohn Stefano Scabini, E. Rimini, E. Romairone, R. Scordamaglia, R. Boaretto, V. Ferrando U.O. Chirurgia Oncologica e dei Sistemi Impiantabili, A.O.U. S. Martino – Genova - Italia Le lesioni anali della Malattia di Crohn sono state paradossalmente descritte prima della malattia stessa; infatti nel 1922 Gabriel pubblicò una casistica comprendente un elevato numero di pazienti con fistole anali il cui esame istologico evidenziava la presenza di granulomi a cellule giganti da corpo estraneo; cosa, questa, rivoluzionaria in quanto all’epoca tutte le fistole perianali venivano considerate di origine tubercolare. Nel 1932 Crohn, assieme ai suoi collaboratori, Ginzburg ed Oppenheimer, isolò l’ileite terminale infiammatoria, che da allora porta il suo nome, ma escluse categoricamente che le lesioni perianali potessero avere una relazione con la malattia intestinale. Nel 1934 e nel 1938 rispettivamente Bissel e Penner avanzarono l’ipotesi di una connessione etiologica ma fu solo nel 1965 che Lockhart-Mummery e Gray dimostrarono che una lesione anale potesse esprimere, addirittura anticipandola di anni, la sintomatologia clinica della Malattia di Crohn. Le manifestazioni patologiche anali e perianali nelle IBD sono oramai unanimemente accettate e dettagliatamente descritte e, talora, i relativi sintomi clinici possono assumere caratteristica di invalidità superiore alle concomitanti lesioni intestinali. L’incidenza percentuale di manifestazioni perianali nelle IBD è molto variabile nelle diverse casistiche e può dipendere dalla attività della malattia, dalla corretta identificazione delle lesioni, dalla disponibilità del paziente alla partecipazione al follow-up. E’ accertato essere relativamente bassa nella Rettocolite Ulcerosa, intorno al 5%, mentre è altamente variabile nei pazienti affetti da Malattia di Crohn, dal 14 all’80% circa: questa notevole variazione di incidenza è spiegabile col fatto che le lesioni anali e perianali sono più frequenti nei pazienti con malattia localizzata al colon piuttosto che al tenue. Molto frequentemente, comunque, la complicanza si manifesta senza che la patologia primaria a livello del colon o del tenue abbia dato segni della sua presenza e, pertanto, le lesioni anali e perianali segnano l’esordio della malattia che anticipa di mesi, addirittura di anni, l’interessamento intestinale: la loro diagnosi è quindi fondamentale per sottoporre il paziente ad un precoce ed idoneo trattamento terapeutico, anche perché in tal modo si evita un aggravamento, consistente nel coinvolgimento dell’apparato sfinteriale, e ci consente di meglio sorvegliare la possibile evoluzione carcinomatosa della malattia. Quadri clinici Per quel che concerne l’aspetto clinico delle manifestazioni anali e perianali nella MdC, queste possono assumere la peculiarità di essere asintomatiche, tanto da rappresentare un reperto occasionale all’atto dell’esame clinico; la loro comparsa in genere è subdola, con una varietà di sintomi elevata e condizionata dal tratto di intestino interessato dal processo infiammatorio, potendo precedere le manifestazioni intestinali con una frequenza che va dal 4 al 12,5 % dei casi, fino ad arrivare al 19% secondo le più recenti casistiche. 07-Scabini 29-05-2007 10:06 Pagina 15 15 Le lesioni anali e perianali nella malattia di crohn Lesioni perianali. Ascesso perianale: inizialmente simile ad un ascesso perianale semplice, rispetto ad esso non raggiunge mai notevoli dimensioni, non ha il caratteristico aspetto fluttuante, può non essere accompagnato da rialzo termico significativo e, soprattutto, la sua incisione determina la fuoriuscita di scarso siero-pus e mostra una cavità con fondo sanioso, granulomatoso, ricoperto da abbondante fibrina. Eczema cutaneo: origina più frequentemente per le scariche diarroiche e/o per le secrezioni provenienti da un orifizio fistoloso e può essere aggravato dal grattamento. Polimorfo sul piano clinico, pruriginoso, altamente recidivante, rappresenta un’evenienza estremamente frequente, manifestandosi con alternanza di aree biancastre ad aree arrossate, desquamate ed infiltrate per il continuo grattamento e con scarse vescicolazioni, talora con piccole fissurazioni lineari. Marische cutanee: definite anche col termine di pliche cutanee ipertrofiche o con quello anglosassone di skin-tags, sono delle tasche cutanee semplici, più frequentemente localizzate al polo posteriore e a quello anteriore del margine anale, più di rado negli altri quadranti perianali. Asintomatiche, talora possono indurre sensazione di fastidio e prurito; frequentemente sono però la manifestazione di una lesione ulcerativa del canale anale e allora appaiono tumefatte, infiltrate, fortemente dolenti e dolorabili, facile recesso per una ascessualizzazione. Lesioni del canale anale Fissurazioni: a direzione radiale estendenti verso il margine anale, più frequentemente multiple, sono per lo più localizzate nei quadranti laterali del canale anale; superficiali, con bordi non ispessiti, non sono particolarmente dolorose per l’assenza di contrattura sfinterica. Ulcerazione: generalmente unica, ampia, a bordi ispessiti, localizzata più frequentemente al polo anteriore del canale anale, è quasi sempre accompagnata da una marisca edematosa; facile sede di ascessualizza- zione, è fortemente dolente e dolorabile, sia per la spiccata contrattura sfinterica che per l’esposizione dello sfintere interno, può talora estendersi oltre il canale anale dirigendosi sia verso la regione perineale che verso l’ampolla rettale. Stenosi anale: evenienza non molto frequente, è in genere localizzata a 2 cm. dal margine anale ed è la conseguenza di molteplici fattori quali l’inerzia muscolare, l’emissione di feci non formate, la cicatrizzazione di ulcerazioni o fissurazioni, l’esito di processi suppurativi cronici. Fistola anale: La fistola anale è una suppurazione acuta o cronica dell’ano il cui punto di partenza è situato nel canale anale, sulla linea delle cripte a livello di una ghiandola di Hermann e Desfosses: una fistola, quindi, non è anale se non ha origine da una cripta e, parimenti, un ascesso anale che non ha una origine criptica non è una fistola anale. Le fistole del paziente affetto da MdC si differenziano da quelle propriamente dette per le caratteristiche dell’ascesso che si diffonde nel tessuto cellulo-areolare in tempi più rapidi per una minore resistenza dei tessuti, utilizzando gli spazi di scivolamento che incontra nella sua evoluzione. Le fistole anali nella MdC sono per lo più transfinteriche: la cute perianale è subcianotica, brunastra, con orifizi esterni multipli, secernenti, poco dolenti alla palpazione, con bottoni di granulazione soprastanti. Fistola ano-vulvare: è la conseguenza di un processo suppurativo a partenza da una cripta di Morgagni situata al polo anteriore del canale anale con un orifizio esterno che si apre nella regione prevulvare. Lesioni rettali Stenosi rettale: rara, è la conseguenza di una ampia ulcerazione rettale o di un processo suppurativo cronico. Fistola Rettale: complicanza molto frequente e particolarmente destruente; generalmente multiple, hanno origine nel retto inferiore e/o medio, con orifizio interno alla base di una lesione ulcerativa ed orifi- 07-Scabini 29-05-2007 10:06 Pagina 16 16 S. Scabini, E. Rimini, E. Romairone, et al. zio esterno alla cute perianale, anche molto distante dall’ano. Hanno decorso rettilineo, secernenti, periodicamente ascessualizzantesi, moderatamente dolorabili, possono comparire in qualsiasi momento della storia naturale della malattia. La presenza di una o più fistole rettali pone sempre due considerazioni: a) i pazienti portatori di fistole rettali presentano un decorso della malattia più grave rispetto ai pazienti senza fistole; b) la comparsa di una fistola è segno di peggioramento della malattia e la sua ricomparsa è segno di recidiva della malattia. Fistola retto-vaginale: Origina da una lacerazione situata oltre i 3 cm. dal margine anale, sulla parete anteriore del retto, e, a seconda della localizzazione possono essere suddivise in: - fistole rettovaginali alte. - fistole rettovaginali medie. - fistole rettovaginali basse. Talvolta la fistola bassa si associa ad una distruzione dell’apparato sfinterico, per cui assistiamo alla perdita di feci dalla vagina associata all’incontinenza fecale. Molto più raramente compaiono ulteriori diffusioni del processo suppurativo che coinvolgono altre strutture anatomiche: le fistole retto-vescico-vaginali, retto-uretero-vaginali, retto-vescico-uterine, rettouretro-vaginali, retto-cervico-vaginali e retto-vescicocutanee, sono fortunatamente rare e quasi mai segnalate come primitive, conseguenza per lo più di interventi ginecologici. Frequenza delle lesioni La frequenza di queste lesioni varia notevolmente, in considerazione della tecnologia diagnostica disponibile, delle caratteristiche della popolazione stu- diata e della raccolta dei dati dei pazienti provenienti da strutture ospedaliere o ambulatoriali. Nella Tabella I riportiamo le casistiche di vari Autori. Decorso Per quel che concerne il decorso, la peculiarità della MdC è quella di essere caratterizzata da fasi di riacutizzazione e remissione difficilmente prevedibili, che conferiscono alla malattia carattere di cronicità: la comparsa per la prima volta di manifestazioni perianali o il loro riacutizzarsi, è un indice di cronicizzazione della malattia. E’ stato calcolato che almeno il 55% dei pazienti con MdC ha una riacutizzazione all’anno ed il 99% nell’arco di 10 anni. E’ possibile allora assistere ad un aggravamento della situazione locale allorché una fissurazione od una ulcerazione diano origine ad una stenosi, anale o rettale, o siano il punto di partenza di un processo suppurativo che evolva in ascesso perianale e, quindi, in fistola; se poi la diffusione del processo flogistico avviene anche nel grasso perirettale e nelle fosse ischiorettali e pelvirettali, e se viene minata l’integrità dell’apparato sfinteriale, i danni arrecati possono essere gravi ed esitare in una incontinenza anale. Terapia medica locale Un’accurata igiene locale è il principio basilare per una corretta detersione delle lesioni perianali: l’utilizzo di prodotti contenenti ipoclorito di sodio o polivinilpirrolidone o merbromina è consigliabile nella fase acuta, prodotti di origine vegetale (zea mays, centella asiatica, aesculus hippocastanum, hamamelis virginiana, malva Table 1. Percentuale (%) di incidenza delle varie affezioni. Autore Buchmann Lockhart Palder Platell Solomon Ascessi Marische Fissurazioni e/o ulcerazioni Fistole anali e/o fistole rettali Fistole anovulvari e/o retto-vaginali 3,2 13 29,5 13,8 68 8,7 35 5,2 - 72 28,4 51 27,6 12,1 33 10,3 15 26,7 10 13,1 1,6 5,2 21,9 07-Scabini 29-05-2007 10:06 Pagina 17 17 Le lesioni anali e perianali nella malattia di crohn sylvestris, ruscus aculeatus) o di sintesi (cocamidopropyl hydroxysultaine, cocamidopropyl betaine, disodium cocoamphodiacetate, stearamido-mea-stearate) sono consigliati nella fase cronica. Gli aminosalicilati per uso topico, sotto forma di clisteri o di supposte di mesalazina, si sono rivelati utili nel trattamento della malattia in fase acuta e nel mantenimento della remissione. Gli steroidi topici, l’idrocortisone ed il prednisolone, somministrati per clistere, anche in combinazione con la mesalazina, benché efficaci, lamentano molti degli effetti collaterali sistemici associati alla terapia orale; un ruolo importante potrebbe essere assunto da una nuova generazione di corticosteroidi, il beclometasone clipropionato, molto efficace in assenza di effetti collaterali. Nell’ottica della stimolazione della cicatrizzazione di ragadi, fissurazioni, ulcerazioni, ritengo possa ritenersi importante l’azione svolta dal PoliDesossiRiboNucleotide (PDRN). Terapia chirurgica La terapia chirurgica deve essere l’ultimo atto da eseguire solo nel caso di fallimento di tutti i trattamenti medici possibili. E’ raro dover ricorrere alla chirurgia per il trattamento di una fissurazione o di una ulcerazione per la loro notevole responsività alla terapia medica; non è in genere necessario escidere le marische, anche se multiple, così come per le stenosi possono essere sufficienti cicli ripetuti, anche se per lungo tempo, di dilatazioni strumentali. Questo atteggiamento prudente è dettato dalla necessità di preservare il più possibile da danni l’apparato sfinteriale e dalla consapevolezza che nel paziente con malattia infiammatoria intestinale cronica le ferite chirurgiche cicatrizzano molto lentamente e, a volte, in modo permanentemente incompleto. Non esiste un vero e proprio “protocollo di trattamento” per tutti i pazienti: la terapia va infatti definita caso per caso. Per cercare di ottenere ottimi risultati, le strategie terapeutiche devono includere terapie mediche adeguate, accuratezza nella valutazione dei dettagli e una dose di buon senso. Così mentre ottimi risultati li verifichiamo nelle lesioni più semplici (eczemi, fissurazioni, ulcerazioni), in quelle più complesse (fistole rettali, rettovaginali) prima di eseguire interventi chirurgici, specie se destruenti, è necessario rivolgere la nostra attenzione a tutti i più moderni trattamenti medici. Va comunque ricordato che la grande attenzione che va posta nel trattare il paziente affetto da MdC è legata all’alta frequenza di recidive post-chirurgiche: nella MdC, come nella RCU, è importante riconoscere tutti i problemi sociali, lavorativi, affettivi, sessuali, psicologici, che possono scaturire dal subire uno o più interventi chirurgici. La qualità della vita è un importante obiettivo di valutazione nell’indicazione chirurgica, compatibile con le esigenze e le preferenze espresse dal paziente: recenti studi hanno dimostrato che molto spesso il paziente non è soddisfatto del momento in cui è stato eseguito l’intervento chirurgico, motivato dalla gravità dei sintomi preoperatori, dallo stato di benessere, dalla possibilità di sospendere la terapia medica, dalla capacità di riprendere una vita di relazione normale o, comunque, soddisfacente. Bibliografia 1. Best W et Al. Development of a Crohn’s disease activity index. National Cooperative Crohn’s Disease Study. Gastroenterology (1979); 79: 357-365 2. Burgdorf W. Cutaneaous manidestations of Crohn’s disease. J Am Acad Dermatol (1981) 5(6): 689-695 3. Farrell RJF el Al. Clinical experience with infliximab therapy in 100 patients with Crohn’s disease. Am J Gastroenterol (2000) 95: 3490-3497 4. Marteau P. Inflammatory bowel disease. Endoscopy (2000); 32: 131-137 5. Singleton JW et Al. Mesalamine capsule for the treatment of active Crohn’s disease: results of a 16-week trial. Gastroenterology (1993); 101: 1293-1301 6. Tromm Aet Al. Cutaneous manifestations in inflammatory bowel disease. Z Gastroenterol (2001); 39: 137-144 08-Mazzucco 29-05-2007 10:08 Pagina 18 ACTA BIOMED 2007; 78; Quaderno 3: 18-22 © Mattioli 1885 C A S E R E P O R T Colite simil Crohn associata a malassorbimento cronico multifattoriale in una paziente affetta da Immunodeficienza Comune Variabile (ICV) D. Mazzucco, S. Grosso, P. Gastaldi, V. Marci1, R. Suriani Struttura complessa di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, Ospedale Civile di Rivoli, (Torino) 1 Servizio di Anatomia Patologica , ASO S. Luigi, Orbassano (Torino) Descrizione del caso C.I., 58 anni, di sesso femminile, affetta da Immunodeficienza Comune Variabile (ICV). Tale diagnosi risale al 1992 a seguito di riscontro di severa panipogammaglobulinemia e lieve linfopenia con inversione del rapporto CD4/CD8. Da allora è in trattamento con IVIg (150 mg/kg al mese). Note anamnestiche: ileotifo in età infantile, colecistectomia nel 1983, polmonite da Haemophilus I nel 1994. Nel 1998 trattamento antitubercolare a seguito di positività su escreato per Bacillo di Kock in assenza di addensamenti parenchimali. Da allora ripetuti controlli di ricerca BK risultati negativi. Nel maggio 2001 giungeva alla nostra osservazione per comparsa da almeno 6 mesi di sindrome diarroica (sino a 15 scariche al dì) con ematochezia e calo ponderale (da 48 Kg a 42 Kg nell’arco di 6 mesi). La colonscopia (Fig. 1) metteva un evidenza un quadro di M.di Crohn segmentario del colon sx con ulcere, erosioni e substenosi infiammatoria della flessura splenica. All’esame istologico (Fig. 2) veniva evidenziato un processo infiammatorio cronico produttivo granulomatoso con ulcere penetranti a fessura suggestivo per M. di Crohn, unica differenza la scarsa presenza di plasmacellule nell’infiltrato infiammatorio. La ricerca nelle biopsie intestinali di CMV, miceti, ameba, mycobacterium avium e tuberculosis era risultata negativa. All’EGDScopia (Fig. 4) si osservava un quadro di atrofia della mucosa duodenale con scomparsa delle pliche come da celiachia ma con negatività del test alla transglutaminasi. L’Rx transito tenue non metteva in evidenza alterazioni patologiche. Agli esami ematochimici si evidenziava moderata anemia sideropenica + trait B-talassemico, normale enzimologia epatica, ipoalbuminemia (2,5 g/ml), ipogammaglobulinemia (7.8%) con IgA 13 mg/dL, IgG 242 mg/dL e IgM indosabili, indici di flogosi modicamente aumentati. La ricerca fecale della tossina del clostridium difficilis e della Giardia L. era risultata negativa. La paziente era dimessa con mesalazina per os e topica, dieta aglutinata, metronidazolo. Un mese dopo era rivalutata e aggiunto in terapia metilprednisolone per la persistenza di alvo diarroico, ma il quadro clinico peggiorava con ulteriore calo ponderale (39 Kg), persistenza di diarrea con ematochezia. Alla colonscopia di controllo (Fig. 3A) si evidenziavano ulcere estese, serpiginose localizzate al retto, al colon sx ed all’ileo distale con mucosa circostante discretamente conservata. Le biopsie risultano positive per CMV (Fig. 3B). Il test per HIV era negativo. Pertanto veniva intrapreso trattamento con ganciclovir e sospeso progressivamente lo steroide con risoluzione temporanea del quadro clinico. Nel periodo 2002 - 2006 il decorso clinico è stato caratterizzato da riattivazioni ricorrenti (2-3 episodi all’anno) di malattia infiammatoria cronica sempre con localizzazione colica e dalla comparsa di lieve ipertransaminasemia. La terapia si è avvalsa di cicli di metronidazolo e ciprofloxacina associati, mesalazina 08-Mazzucco 29-05-2007 10:08 Pagina 19 Colite simil Crohn associata a malassorbimento cronico multifattoriale in una paziente affetta da ICV 19 per os e topica, polivitaminici, cicli di probiotici. La dieta aglutinata veniva sospesa dopo 6 mesi perchè “non responder”. Ai controlli TC ed RM dell’addome non erano evidenziati linfoadenomegalie sospette per linfoma, ne alterazioni a carico del parenchima epatico, delle vie biliari e della milza. Nel 2004 la paziente eseguiva consulenza immuno-ematologica presso il Policlinico di Modena per Figure 2. Analisi istologica. Figure 3a. Esame colonscopico che dimostra livello del sigma estesa e profonda lesione ulcerosa. Figure 1. Esame colonscopco che dimostra la presenza di ulcere estese del sigma (A) e circonferenziali della flessura splenica substenotica (B). Figure 3b. All’indagine IIC (B) si evidenzia positività nucleare per antigeni di CMV ( ). 08-Mazzucco 29-05-2007 10:08 Pagina 20 20 valutazione trapianto midollo osseo, ma tale ipotesi veniva scartata. Nell’ottobre 2006 ennesima riaccensione di malattia con diarrea sino a 12-15 scariche die, dimagrimento e quadro di malassorbimento generalizzato con BMI<20, albuminemia 2,69, colesterolemia 115 mg/dl ed iposideremia. Alla EGDScopia primo riscontro di varici esofagee (Grado 1) coerente con possibile quadro di epatopatia cronica non virale non alcolica, verosimilmente simil autoimmune o CSP asso- D. Mazzucco, S. Grosso, P. Gastaldi, V. Marci, R. Suriani ciata all’IBD. Inoltre veniva eseguito controllo colonscopico che evidenziava stenosi infiammatoria al retto ed al discendente che venivano sottoposte a dilatazioni per endoscopiche . All’ETG addome viene segnalata lieve splenomegalia. Con l’associazione di metronidazolo e ciprofloxacina si è ottenuto un discreto miglioramento del quadro infiammatorio. Nel frattempo la paziente è stata posta in regime nutrizionale parenterale domiciliare. Discussione Figure 4a. EGDscopia che evidenzia appiattimento delle pliche duodenali. Figure 4b. All’esame istologico quadro di atrofia villosa severa. È stato presentato un caso di Immunodeficienza Comune Variabile (ICV) che ha sviluppato una patologia intestinale simile al M. di Crohn associata ad un quadro di grave malassorbimento in parte secondario anche ad atrofia villosa simil celiachia. La ICV è un eterogeneo e poliforme gruppo di anomalie dei B e T linfociti con ridotta produzione di immunoglobuline IgG, IgA e IgM, infezioni ricorrenti specie del tratto sino polmonare, ed una aumentata incidenza di malattie neoplastiche e disordini autoimmuni e del tratto gastrointestinale. È la seconda alterazione immunodeficitaria per frequenza dopo il deficit selettivo di IgA (1) e l’incidenza varia da 1 su 10000 ab. a 1 su 50000 ab. negli Stati Uniti ed in Europa (2). Il tratto gastroenterico è il più grande produttore di IgA dell’organismo, è in un costante stato di infiammazione fisiologica a causa della continua esposizione ad antigeni ingeriti, ne consegue che difetti del sistema immune possano esitare in disordini gastrointestinali simili a IBD, celiachia, colite linfocitica, iperplasia nodulare linfoide, enteropatia autoimmune (1). La prevalenza di IBD nella ICV, in uno studio retrospettivo spagnolo, era del 3,2% (3), mentre saliva al 6% in uno studio prospettico statunitense (4). Nella patogenesi della malattia infiammatoria probabilmente T-cell mediata, potrebbe contribuire una persistente attivazione del sistema del TNF.(5). Endoscopicamente le lesioni sono identiche, e la differenziazione tra IBD idiopatica e IBD associata a ICV può essere evidenziata istologicamente mediante l’assenza o la scarsa presenza di plasmacellule nell’infiltrato infiammatorio (1). 08-Mazzucco 29-05-2007 10:08 Pagina 21 Colite simil Crohn associata a malassorbimento cronico multifattoriale in una paziente affetta da ICV Nel caso in esame le alterazioni endoscopiche (ulcere, erosioni e stenosi infiammatorie con ulcere circonferenziali) evidenziate sia all’esordio della malattia infiammatoria intestinale sia ai controlli successivi erano suggestivi di M. di Crohn e l’istologia descriveva un processo produttivo granulomatoso con scarsa presenza di plasmacellule in accordo con la diagnosi di M. di Crohn associato a ICV. Il quadro cronico di malassorbimento non era solo causato dalla malattia infiammatoria intestinale ma anche da grave atrofia villosa. Circa il 50% dei pazienti affetti da ICV con coinvolgimento gastrointestinale presenta diarrea e malassorbimento a causa di atrofia villosa simil celiachia o di infezione da Giardia Lamblia o di overgrowth batterico. Nella ICV, poichè gli anticorpi antigliadina e anti endomisio non vengono prodotti, la causa dell’atrofia villosa simil celiachia è probabilmente T- mediata (1). In letteratura sono riportati diversi case report sul rapporto fra deficit di IgA , ICV e sprue celiaco (6). In un altro studio circa il 2,5% di pazienti affetti da celiachia presentava un difetto selettivo di IgA ed uno di questi era affetto da ICV (7). Sino al 30% dei pazienti con ICV sviluppa infezione da G. Lamblia che spesso ha un andamento cronico e può provocare un quadro di atrofia villosa da lieve a severo, mimando anch’essa la malattia celiaca (1). Nel caso in esame l’infezione da G. Lamblia veniva esclusa attraverso la ricerca di trofozoiti o cisti nelle feci e nelle biopsie duodenali. La ripetuta negatività dell’infezione era dovuta probabilmente anche al frequente uso in terapia di metronidazolo. Il trattamento regolare con Ig per via parenterale non ha comportato un miglioramento delle alterazioni gastrointestinali. Ciò sarebbe correlato al fatto che le IgG intravenose non raggiungono il lume intestinale e le preparazioni intravenose non contengono IgA o IgM che sono importanti per la difesa della mucosa intestinale (1). La terapia steroidea prescritta alla nostra paziente aveva lo scopo di controllare la risposta infiammatoria intestinale. Tale scelta terapeutica che si avvale di un farmaco immunospressivo in un soggetto immunodeficiente può sembrare paradossale ma in letteratu- 21 ra tale prescrizione viene consigliata in combinazione con il trattamento concomitante di Ig intravenose (8). Tale terapia specie se prolungata è però gravata da complicanze infettive anche gravi. Cunningham Rundles ha riportato un caso di polmonite da Pneumocystis carinii, un caso di ascesso cerebrale da Nocardia, una leucoencefalopatia progressiva multifocale in un terzo ed un severa infezione della gamba da anaerobi in un quarto paziente in uno studio prospettico su 248 pazienti affetti da ICV.(4) Nel nostro caso dopo l’aggiunta in terapia di metilprednisolone si è assistito ad un peggioramento del quadro clinico generale con aggravamento della diarrea con ricomparsa di ematochezia a causa di una sovrainfezione da CMV riscontrato sulle biopsie coliche e non evidenziato prima dell’inizio della terapia. Questa infezione non rappresenta una tipica complicanza della ICV (9), ma la terapia immunosoppressiva può contribuire alla suscettibilità all’infezione. Pertanto, considerato il grave decorso clinico da superinfezione di CMV risoltosi dopo un ciclo di tre settimane di ganciclovir intravenoso non è stato successivamente più aggiunto in terapia alcun farmaco steroideo. La stessa precauzione è stata presa per l’eventuale uso di altri farmaci immunosoppressivi come le tioguanine e il methotrexate. Sempre nello studio della Cunningham Rundles (4) sono segnalati due casi di ICV con malattia autoimmune in trattamento con methotrexate che hanno sviluppato rispettivamente una patologia neoplastica ed una ricorrenza di malattia autoimmune. In un case report statunitense è segnalata la comparsa di polmonite da Pneumocystis carinii dopo trattamento combinato di 6-mercaptopurina (50 mg) e prednisone (60 mg) (10). È stato dimostrato che una persistente attivazione del sistema del TNF potrebbe contribuire alla patogenesi della malattia almeno in un sottogruppo di pazienti affetti da ICV (5). Gli inibitori del TNF alfa come l’infliximab hanno dimostrato una efficacia considerevole nel trattamento del M.di Crohn gravati però da una aumentata suscettibilità ad infezioni batteriche intracellulari e riattivazioni di infezioni virali e micosi. È riportata in letteratura solo una pubblicazione relativa al trattamento di due pazienti affetti da ICV e M. di Crohn refrattario con infliximab (11) con 08-Mazzucco 29-05-2007 10:08 Pagina 22 22 risultati incoraggianti (una remissione completa ad un anno dall’ultima somministrazione ed una remissione parziale). Anche tale trattamento non è stato preso in considerazione nel nostro caso per il rischio di infezione e sulla scorta dei precedenti specifici polmonari della paziente. Pertanto la terapia della paziente si avvale ancora di mesalazina topica e per os, di cicli di antibiotici, di polivitaminici, e di un programma di integrazione nutrizionale parenterale che effettuerà a breve al proprio domicilio. Il caso descritto evidenzia le difficoltà sia diagnostiche che terapeutiche nell’Immunodeficienza Comune Variabile. Nella nostra esperienza l’unica terapia possibile è quella sostitutiva nutrizionale e con gammaglobuline per via endovenosa. Si segnala infine l’importanza della diagnosi differenziale con l’IBD idiopatica che può comportare l’uso di farmaci come gli steroidi nel nostro caso potenzialmente dannosi. Bibliografia 1. Kalha I, Sellin J. Common variable Immunodeficiency and the gastrointestinal tract. Curr Gastroenterol Rep 2004; 6: 377-83. D. Mazzucco, S. Grosso, P. Gastaldi, V. Marci, R. Suriani 2. Hammastrom L,Vorechovsky I,Webster D. Selective IgA deficiency and common variable immunodeficiency. Clin Exp Immunol 2000; 120: 225-31. 3. Sarmiento E, Mora R, Rodriguez-Mahou M, et al. Enfermedadautoinmune en immunodeficiencias primarias de anticuerpos. Allerg Immunopathol 2005; 33: 69-73. 4. Cunningham-Rundles C, Bodian C. Common Variable Immunodeficiency: clinical and immunological features of 248 patients; clinical immunology Vol. 92 N° 1, pp 34-48, 1999. 5. Aukrust P, Lien E, Kristoffersen AK, et al. 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Crohn disease in common variable immnodeficiency:treatment with antitumor necrosis factor alpha. Am J Gastroenterol 2006: 2165-6. 09-bozzani 29-05-2007 10:10 Pagina 23 ACTA BIOMED 2007; 78; Quaderno 3: 23-25 © Mattioli 1885 C A S E R E P O R T Pancolite ulcerosa acuta nel paziente anziano Angelo Bozzani, Aldo Lorenzetti, F. Gelosa, G. Idèo U.O Gastroenterrologia, H. San Giuseppe – Milano Introduzione Come noto da tempo la rettocolite ulcerosa che generalmente insorge in una fascia d’età compresa tra i 20 ed i 40 anni, può presentarsi anche più raramente oltre i 70 anni di età. È tuttora dibattuto se l’esordio nel paziente anziano sia rappresentato da una malattia con diverse caratteristiche cliniche e prognosi (1-9). Noi riportiamo il caso di una paziente di 70 anni con iniziale risposta alla terapia steroidea ad alte dosi e successiva terapia chirurgica per insorgenza di megacolon. Caso Clinico Una donna di 70 anni viene ricoverata presso il nostro Reparto di Gastroenterologia nei primi di dicembre del 2005 per comparsa da circa 20 giorni di diarrea (> 6 scariche die) senza sangue, febbricola, anoressia ed astenia. A domicilio la paziente aveva ricevuto terapia empirica con Loperamide senza beneficio. Anamnesi ed esame obiettivo La paziente dichiarava ipertensione arteriosa in terapia combinata con sartanici e diuretici e stipsi cronica con uso frequente di bisacodile. Non venivano dichiarate altre patologie di importanza internistica. All’ingresso in reparto la paziente si presentava in soprappeso (BMI 26), con mucose lievemente disidratate e pallide e con addome globoso per adipe e discretamente meteorico senza punti elettivi di dolenza né segni di difesa addominale. La peristalsi era udibile ma torpida. Alla esplorazione rettale, presenza di residui fecali liquidi normocromici. Accertamenti diagnostici Gli esami ematochimici all’ingresso mostravano PCR 25.37, GB 18800 (N 86% L 7% M 7% E 0% B 0%), Hb 11 (MCV 90.4), PLT 571000, NA 140, K 2.8 funzione epatica e renale nella norma. Un RX addome mostrava sovradistensione di anse mesenteriali sia di tipo meccanico che paretico con evidenti livelli idro-aerei. Estremamente disomogenea la colonna aerea del colon trasverso lievemente sovradistesa. Non aria libera sottodiaframmatica. Piccolo versamento alla base polmonare di dx. L’esame endoscopico eseguito senza preparazione e sino a 60 cm per evitare peggioramento del meteorismo intestinale, evidenziava mucosa cosparsa di erosioni multiple serpiginose con aspetto ad acciottolato e lesione polipoide grossolana a 20 cm dall’ano con diametro superiore a 4 cm. La diagnosi istopatologica indicava reperto compatibile con IBD (RCU) ed adenoma tubulo villoso con displasia moderata. 09-bozzani 29-05-2007 10:10 Pagina 24 24 A. Bozzani, A. Lorenzetti, F. Gelosa, G. Idèo Terapia Discussione Inizialmente la paziente veniva trattata con alte dosi di metilprednisolone (1 mg pro kilo ev) e mesalazina 3 gr p.o. associate ad infusioni nutrizionali e di supporto e ad una dieta senza scorie. Tale regime terapeutico ha determinato un miglioramento dell’alvo con addome trattabile, apiressia e laboratoristicamente una netta riduzione dei globuli bianchi ( 10200 ) e della PCR (3.5). Tuttavia persisteva un basso valore di emoglobina (Hb 8.4) e di albumina (2.3) associati a comparsa di candidosi orofaringea. È ancora dibattuto in letteratura se il quadro rettocolitico che insorge nell’anziano (> 65 anni) abbia la stessa patogenesi delle forme giovanili oppure rappresenti una complicanza ischemica del quadro infiammatorio (1-9). Le forme ad insorgenza nell’anziano sono caratterizzate generalmente da una prognosi peggiore per la severità dell’attacco iniziale (Tabella 1) (4, 7). L’indicazione più comune per la scelta chirurgica è rappresentata dalla resistenza al trattamento medico (1, 10). I fattori prognostici negativi nelle coliti ad insorgenza nell’anziano sono rappresentati dal sesso maschile (peraltro non statisticamente significativo), dai livelli di albumina inferiori a 2.8 gr% e dal ricorso alla chirurgia d’urgenza (Tabella 2) (1, 2, 5, 7, 8 ) Quest’ultima è gravata da una mortalità post operatoria elevata (circa il 12%) che non si verifica quando si fa ricorso alla procedura elettivamente. Non sembrano invece fattori prognosticamente negativi l’età al momento dell’intervento chirurgico, il sesso e l’estensione dell’interessamento del colon. Il caso descritto dimostra che, pur in presenza di un miglioramento degli indici infiammatori (PCR e numero dei globuli bianchi), la persistenza nel corso della degenza di una ipoalbuminemia sierica espressione di una “protein loosing enteropathy” è il fattore prognosticamente più importante per la prognosi della malattia infiammatoria del colon. Decorso successivo Il decorsi clinico della settimana successiva mostrava un quadro clinico sostanzialmente stazionario con Hb 11, GB 8300, PLT 165000 ma persistenza di ipoalbuminemia (2.8 gr%) associati a un reperto rettosigmoidoscopico caratterizzato da mucosa di aspetto e colorito normale soltanto lievemente edematosa. Il chirurgo interpellato propendeva per una risoluzione medica della colite infiammatoria ed una exeresi successiva del polipo in elezione. Dal punto di vista terapeutico si era deciso di scalare lentamente la terapia steroidea mantenendo il supporto nutrizionale soprattutto aminoacidico per favorire la ripresa della crasi proteica ed il miglioramento della manifestazione candidosica espressione di ipoergia. Dopo una ulteriore settimana, si verificava la comparsa di addome globoso con peristalsi assente, peggioramento degli indici infiammatori (PCR 13.98) e della crasi proteica (albumina 2.5). L’RX addome in bianco descriveva la presenza di estesa falda di aria libera in sede sottofrenica destra e distensione meteorica del colon (in particolare il trasverso). Per questo motivo, la paziente veniva sottoposta ad intervento chirurgico in urgenza di proctocolectomia con confezionamento di pouch ileale a J ed anastomosi ileo-anale L-T meccanica per via transanale. Confezionamento di ileostomia di protezione in FD. Tabella 1. Caratteristiche della RCU nel paziente anziano. Da: (7) – Non significativa predominanza maschile – Attacco iniziale severo – Alto tasso di mortalità con attacchi severi – Patologia più frequentemente distale – Minor rischio di cancro del colon-retto Tabella 2. Indicatori prognostici negativi nella RCU dell’anziano – Sesso maschile – Albuminemia < 2.8 gr/dl – Chirurgia d’urgenza 09-bozzani 29-05-2007 10:10 Pagina 25 Pancolite ulcerosa acuta nel paziente anziano Bibliografia 1. Triantafillidis JK. Ulcerative colitis in the elderly: clinical patterns and outcome in 51 Greek patients. J Gastroenterol 2001; 36 (5): 312-6. 2. Gupta S. Is the pattern of inflammatory bowel disease different in the elderly?, Age Ageing 1985; 14 (6): 366-70. 3. Greth J. Comparison of inflammatory bowel disease at younger and older age. Eur J Med Res 2004; 9 (12): 552-4. 4. Robertson DJ. Inflammatory bowel disease in the elderly. Gastroenterol Clin North Am 2001; 30 (2): 409-26. 5. Jones HW. Does ulcerative colitis behave differently in the elderly? 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Sebbene la percentuale di complicanze possa essere più elevata nei pazienti sottoposti a proctocolectomia totale con ileo-ano anastomosi con pouch ileale, affetti da colite indeterminata rispetto ai soggetti affetti da Colite Ulcerosa, la percentuale di fallimento della pouch sembra simile. Al contrario, circa metà dei pazienti affetti da Malattia di Crohn e sottoposti a proctocolectomia totale con pouch vanno incontro alla rimozione della pouch. La malattia di Crohn resta pertanto una controindicazione relativa alla proctocolectomia totale con ileo-anoanastomosi mentre sembra una valida alternativa nei pazienti affetti da colite indeterminata (2). Caso clinico A.S. maschio, del 1970, giunse alla nostra osservazione nel giugno del 2000 all’età di 30 aa, dopo una serie di accertamenti eseguiti in altra sede, con diagnosi di Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale non ancora determinata se Rettocolite Ulcerosa o Malattia di Crohn. La malattia esordì nel novembre 1993, all’età di 23 anni, con episodi ricorrenti di ematochezia e successivamente di rettorragia, senza altre alterazioni dell’alvo, e venne etichettata inizialmente come malattia emorroidaria. Una colonscopia eseguita nel marzo del 1994 evidenziò un quadro di Rettocolite Ulcerosa estesa a tutto il colon in fase di attività moderata con un quadro istologico suggestivo per pancolite ulcerosa (flogosi cronica follicolare, ascessi criptici, distorsione ghiandolare, deplezione delle cellule mucipare). In quella occasione non venne esplorato endoscopicamente l’ileo terminale. Iniziò pertanto terapia con Mesalazina 3 g per os a rilascio progressivo e terapia topica con Mesalazina clismi da 4 g con beneficio. Nell’Ottobre 1995 in seguito ad una importante riacutizzazione con diarrea, calo ponderale e dolori addominali venne ricoverato c/o la Divisione Medica dell’Ospedale della sua città e trattato con steroidi ev (1 mg/Kg prednisolone) con un iniziale beneficio. A distanza di 6 mesi, nel Giugno 1996, persistendo, tuttavia, un quadro importante di attività di malattia, con diarrea mucoematica, interessamento articolare, calo ponderale il paziente venne trasferito per valutazione in un Centro Universitario di Gastroenterologia dove venne sottoposto ad ulteriori accertamenti. Un test di permeabilità intestinale dimostrò una alterazione della permeabilità intestinale. Un Rx clisma del tenue ese- 10-lecis 29-05-2007 10:11 Pagina 27 Un caso di colite indeterminata con rapida evoluzione verso la displasia guito nell’aprile del 1999 risultò totalmente negativo. Una Gastroscopia (EGDS)(maggio 1999) evidenziò un ernia hiatale e delle rilevatezze antrali, istologicamente comunque non suggestive per una localizzazione gastrica o duodenale di malattia infiammatoria cronica intestinale. Una colonscopia (novembre 1999) evidenziò una malattia infiammatoria cronica intestinale in fase di attività moderata, con un quadro che istologicamente deponeva per una forma di Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale idiopatica con caratteri intermedi tra Crohn e colite ulcerosa. Nel frattempo iniziò terapia con immunosoppressori (Azatioprina 125 mg/die) che prolungò per 3 anni fino al febbraio del 2000 senza che la malattia andasse mai in remissione completa e che vennero sospesi per incremento degli indici di citolisi epatica. La malattia rispondeva, comunque, a ripetuti cicli di terapia steroidea sia ev che per os, con un netto miglioramento del quadro clinico e con ripresa di attività di malattia alla sospensione della terapia steroidea, configurando così un quadro di colite steroido-dipendente. Fra Novembre 1999 e gennaio 2000 venne quindi sottoposto ad un ciclo di terapia con AntiTNF (Infliximab 5 mg/Kg) a 0, 2 e 4 settimane senza evidenti miglioramenti clinici. Nel giugno del 2000 il paziente giunse infine alla nostra osservazione. Le condizioni generali risultavano lievemente compromesse con alvo diarroico, 10 sc/die, con sangue e muco, dolori addominali, astenia marcata ed un lieve stato di malnutrizione (62 Kg peso, 180 cm di altezza, BMI 19). Continuò pertanto terapia con Mesalazina 2,4 g/die oltre che con fermenti lattici Yovis 3b/die, ed iniziò terapia antibiotica con Ciprofloxacina 500 mg x 2/die e steroidea con beclometasone diproprionato 5 mg 2 c/die per os e topica con beclometasone clismi 3 mg alla sera. Vi fu quindi un progressivo miglioramento del quadro clinico. A gennaio 2001 si registrò un aumento del peso corporeo (67 Kg, BMI 21), con una riduzione delle scariche a 5-6/die, con tracce di sangue senza muco, persistenza del tenesmo ed una riduzione dei dolori addominali. Gli esami bioumorali evidenziavano degli indici di flogosi nella norma (VES e PCR), lieve incremento di ALT (51), GGT (57), Fosfatasi alcalina (232). Il paziente venne quindi messo in terapia di mantenimento con Beclometasone diproprionato per os 5 mg e Mesalazina 2,4 g per os. 27 Nel giugno 2002 venne quindi sottoposto ad Colonscopia ed EGDS di controllo. La colonscopia venne condotta fino ad esplorare l’ultima ansa ileale che appareva indenne mentre tutto il colon presentava una mucosa con aspetto diffusamente ad acciottolato con numerosi polipi alcuni dei quali rimossi con ansa diatermica e recuperati per esame istologico. All’esame istologico risultò in tutti i segmenti, ileo compreso, un quadro di marcata infiltrazione flogistica cronica linfoplasmacellulare e granulocitaria neutrofila, eosinofila e granulomatosa epitelioidea della tonaca propria estesa anche alla muscolaris mucosae con criptite e distorsione ghiandolare e numerosi pseudopolipi infiammatori. Reperto compatibile con Malattia di Crohn. Un quadro analogo venne evidenziato in corso di EGDS, negativa endoscopicamente, ma con distorsione ghiandolare, marcata infiltrazione flogistica cronica linfoplasmacellulare, granulocitaria neutrofila ed eosinofila e granulomatosa epitelioidea della tonaca propria estesa alla muscolaris mucosae all’esame istologico della seconda porzione duodenale: reperto compatibile con localizzazione duodenale di Crohn. Il quadro sembrò definirsi come quello di una malattia infiammatoria cronica intestinale, probabilmente malattia di Crohn, a localizzazione colica, ileale e duodenale. Una ricerca degli ac. ASCA e pANCA risultò negativa. A questo punto vennero fatte 3 ipotesi 1) Una trasformazione da una Colite Ulcerosa ad una Malattia di Crohn?. 2) Una colite indeterminata con le caratteristiche intermedie fra una Colite Ulcerosa ed una Malattia di Crohn? 3) Una errata diagnosi iniziale di Rettocolite Ulcerosa? Le condizioni del paziente nel frattempo miglioravano progressivamente con recupero del peso (71,5 Kg, BMI 22), riduzione del numero delle scariche 23/die, con saltuaria presenza di sangue e muco, scomparsa dei dolori addominali e dei dolori articolari, mentre persistevano il tenesmo e “l’urgency”. Alcuni tentativi terapeutici con acidi grassi a catena corta e con antibiotici per via topica (metronidazolo) non modificarono il quadro clinico per cui il paziente proseguì con terapia di mantenimento a base di Beclometasone diproprionato 5 mg/die e Mesalazina 2.4 g/die per os e Beclometasone 3 mg per via topica a dì alterni alternato con Mesalazina supposte 500 mg. Gli esa- 10-lecis 29-05-2007 10:11 Pagina 28 28 mi bioumorali di controllo risultavano sempre nella norma (emocromo, VES, PCR, Protidogramma, sideremia). Nel marzo 2003, per un peggioramento dei disturbi distali (tenesmo ed “urgency”) con accentuazione delle scariche diarroiche venne introdotta terapia con fibre di psyllium nel tentativo di ridurre lo stimolo a livello dell’ampolla rettale. Peraltro l’aggiunta di Colestiramina e di fermenti lattici non modificò i sintomi. Una manometria anorettale confermò la presenza di una ridotta “compliance” rettale con un massimo volume tollerabile di 50 ml. Nel maggio 2005 le condizioni del paziente migliorarono ulteriormente con un recupero del peso (76 Kg, BMI 23) , una riduzione delle scariche diarroiche (5-6/die), del tenesmo e della “urgency” mediante l’utilizzo delle fibre di Psyllium. Gli esami bioumorali (Emocromo, VES, PCR, Cromogranina, IgE totali, Ac antitransglutaminasi IgA e IgG, Vit B 12, Ac folico, protidogramma, sideremia) risutarono sempre normali. Nel settembre 2005 il paziente venne sottoposto ad EGDS e Colonscopia di controllo. Alla EGDS, negativa, si evidenziò, all’esame istologico della seconda porzione duodenale, una discreta flogosi cronica attiva a carattere erosivo-ulcerativo della tonaca propria non patognomonica per localizzazione di Crohn a livello duodenale. La colonscopia evidenziò un ileo normale e la presenza di una mucosa di aspetto ad acciottolato lungo tutto il colon con pseudopolipi e la presenza di ulcere serpiginose al retto e sigma distale. All’istologia, l’ileo risultò perfettamente normale mentre lungo tutto il colon si evidenziò un quadro di flogosi cronica attiva della tonaca propria a distribuzione irregolare estesa alla sottomucosa con distorsione ghiandolare e perdita della muciparità con zone di ulcerazione-fissurazione e di focali alterazioni “indefinite per displasia, probabilmente negative” al retto e sigma distale. Visto lo stato di remissione clinica della malattia, la steroidodipendenza e l’attività di malattia endoscopica ed istologica, nel tentativo di ridurre o sospendere la terapia steroidea il paziente venne sottoposto ad un ciclo di 5 sedute di leucocitoaferesi superselettiva (Adacolumn R – Otsuka, Japan) fra il novembre 2005 e gennaio 2006 al termine del quale fu fatto un tenta- P. Lecis, E. Galliani, B. Germanà tivo di sospendere la terapia di mantenimento in corso con beclometasone dipropionato per os. Tuttavia, in breve tempo dalla sospensione i disturbi peggiorarono con aumento delle scariche, diarrea con sangue, dolori addominali per cui a marzo 2006 venne ripresa la terapia con beclometasone 5 mg, 2 c per os con miglioramento del quadro clinico. A settembre 2005 venne sottoposto ad una colonscopia di controllo che confermò l’assenza di lesioni a livello ileale e un quadro endoscopico ed istologico al colon compatibile con Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale in fase di attività, probabile Malattia di Crohn con presenza di displasia di alto grado su mucosa piatta e di lesione “simil-adenomatosa” con displasia di basso grado al retto-sigma. Una successiva colonscopia eseguita a dicembre 2006 confermò il quadro endoscopico ed istologico della precedente con riscontro di lesioni “similadenomatose” con displasia di basso grado al colon trasverso, discendente e sigma prossimale e di displasia di alto grado al discendente, sigma prossimale, sigma distale e retto. Una conferma della presenza della displasia di alto grado da parte di altro anatomo patologo in altra sede ci confermò la necessità dell’intervento chirurgico per cui il paziente nel marzo 2006 venne operato di proctocolectomia totale con mucosectomia transanale, J-pouch ileale, anastomosi pouch-anale ed ileostomia di protezione. Commento Il presente caso ha sollevato alcuni problemi non risolti: Il primo è il rischio potenziale di sviluppare il cancro intestinale in corso di Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale. È noto come questo rischio sia da 6 a 10 volte superiore nei soggetti affetti da Rettocolite Ulcerosa rispetto alla popolazione generale nel corso della loro vita (2% a 10 anni) e come nei pazienti affetti da Malattia di Crohn questo rischio diventi significativo nel momento in cui l’estensione della malattia coinvolga oltre il 30 % del colon stesso (3, 4). È anche vero che il rischio di insorgenza di displasia e quindi di un adenocarcinoma è correlato alla durata e severità della malattia, all’estensione della malattia a livello colico ed alla risposta al trattamento medico farmacologico (5) oltre che una durata di 10-lecis 29-05-2007 10:11 Pagina 29 29 Un caso di colite indeterminata con rapida evoluzione verso la displasia malattia superiore ai 10 anni e la giovane età di esordio della malattia. Non c’è dubbio che in questo caso i presupposti per la comparsa della displasia potevano esserci tutti, l’esordio in giovane età (23 anni), l’estensione a tutto il colon della malattia fin da subito, il fatto che la malattia non sia mai andata in remissione e quindi la scarsa risposta alla terapia, (6). Ma quello che colpisce maggiormente è la rapida trasformazione, in 1 anno, da “displasia indefinita, probabilmente negativa” a “displasia di alto grado multifocale”. Alcuni studi hanno dimostrato, con la determinazione delle mutazione del p53, come le modificazioni della displasia di basso grado abbia un valore predittivo positivo variabile dal 7 al 24% per la trasformazione in cancro e dal 16 al 54% per la trasformazione in displasia di alto grado, ma in 5 anni (7). Quale ruolo può aver avuto su questa rapida trasformazione una terapia modulante il sistema immunitario come la leucocitoaferesi superselettiva o vi era alla base una alterazione genetica predisponente la comparsa della displasia (mutazione del K-ras, instabilità dei microsatelliti)?. E’ presumibile che parte della risposta potrà derivare solo dall’esame approfondito del colon operato. Il nostro paziente non aveva comunque una storia familiare di cancro del colon che potesse giustificare un aumentato rischio. Fino ad ora non è ancora chiaro se il rischio di sviluppare un cancro colorettale in corso di malattia di Crohn colica sia inferiore o uguale rispetto alla Rettocolite Ulcerosa a parità di estensione e di storia clinica, sicuramente la localizzazione sembra essere più frequente al colon destro per la malattia di Crohn rispetto alla rettocolite ulcerosa (8). In questo caso, fino all’ultimo, è rimasto il dubbio di una diagnosi differenziale fra malattia di Crohn colica e Rettocolite Ulcerosa. L’estensione non segmentaria dell’infiammazione colica e l’assenza di alterazioni all’ileo terminale potevano suggerire più una diagnosi di Rettocolite Ulcerosa mentre la presenza a livello istologico di alterazioni quali la flogosi estesa fino alla muscolaris mucosae e la presenza di granulomi epitelioidei depondevano per una malattia di Crohn. Questa variabilità clinica ed istologica faceva propendere più per una diagnosi di colite indeterminata (9) anche se non esistono al momento caratteristiche cliniche specifiche per identificare questo sottogruppo di malattie infiammatorie intestinali (10). Un diagnosi accurata di Rettocolite Ulcerosa o di Malattia di Crohn ha sicuramente un ruolo determinante sulla scelta dell’approccio chirurgico e soprattutto sulla prognosi a lungo termine e questo è soprattutto vero da quando è iniziata l’era della ileo-ano anastomosi con “Pouch ileale”. I dati della letteratura sembrano infatti evidenziare un fallimento della Pouch in oltre il 50% dei pazienti operati affetti da malattia di Crohn (11). Peraltro, i dati relativi al fallimento della pouch nei pazienti affetti da colite indeterminata sono al momento ancora molto discordanti e non sembrano comunque essere superiori rispetto ai soggetti affetti da rettocolite ulcerosa(12). Nella propria esperienza Poggioli et al. concludevano che la prognosi della pouch nel caso di coliti indeterminate non sembra essere diversa da quella della pouch eseguita per rettocolite ulcerosa se si tratta di una vera colite indeterminata o di una colite indeterminata con caratteristiche simili alla colite ulcerosa (13. L’aspetto più importante pertanto è un follow-up prolungato nei pazienti con colite indeterminata operati di proctocolectomia totale con ileoanoanastomosi e pouch ileale. Bibliografia 1. Talbot IC. Indeterminatecolitis: A pathologist’s view. Digestive and Liver Disease 2005; 37 (9): 713-5. 2. Brown CJ, MacLean AR, Cohen Z, MacRae HM, O’Connor BI, McLeod RS. Crohn’s disease and indeterminate colitis and the ileal pouch-anal anastomosis: Outcomes and patterns of failure. Diseases of the Colon & Rectum 2005; 48 (8): 1542-9. 3. Itzkowitz SH. Present DH. Consensus conference: colorectal cancer screening and surveillance in inflammatory bowel disease. 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Delaini ed.: 435-40. 11-mocciaro 1-08-2007 10:22 Pagina 31 ACTA BIOMED 2007; 78; Quaderno 3: 31-34 © Mattioli 1885 C A S E R E P O R T Un caso di diarrea cronica resistente alla dieta priva di glutine in un paziente affetto da malattia celiaca Filippo Mocciaro, Ambrogio Orlando, Mario Cottone Dipartimento di Pneumologia Medicina e Fisiologia della Nutrizione, divisione di Medicina Interna I; Azienda Ospedaliera V. Cervello, Palermo Introduzione Viene descritto un caso clinico di diarrea cronica in un paziente affetto da malattia celiaca e psoriasi che malgrado la dieta priva di glutine mantiene immodificata la sintomatologia intestinale. E’ noto che la gestione clinica di questi pazienti può risultare complessa perché la persistenza della diarrea non sempre è riconducibile ad una non perfetta aderenza alla dieta priva di glutine o ad una celiachia refrattaria ma ad altre patologie organiche che necessitano di terapie specifiche. Descrizione del caso L.G. è un uomo di 69 anni, ex-fumatore (7-8 sigarette/die per circa 15 anni), senza storia di abusi alcolici o familiarità per malattie intestinali. Diagnosi di psoriasi cutanea nota da oltre 20 anni. Nel 1996 colecistectomia in seguito a episodi di dolore addominale attribuiti a coliche biliari. Per la persistenza della sintomatologia dolorosa addominale e la comparsa di diarrea con 5-6 evacuazioni liquide senza muco né sangue si ricovera in ambiente ospedaliero nell’Ottobre 2002. Durante la degenza evidenza di ipertransaminasemia (AST/ALT 22/187 UI/l), ipoproteinemia (proteine totali 4.1 gr/dl, albumina 2,6 gr/dl) e lieve incremento della VES alla I ora (26 mm/h); emocromo, funzionalità renale, elettroliti e funzionalità tiroidea nei limiti della norma. Coprocoltura ed Hoemocult fecale negativi. Anticorpi antigliadina, antiendomisio ed antitransglutaminasi negativi. Nel sospetto di malattia celiaca, malgrado la sierologia negativa, esegue esofagogastroduodenoscopia con biopsie digiunali. All’esame istologico quadro riferibile a malattia celiaca: “discreta flogosi cronica produttiva della mucosa, con accorciamento dei villi ma senza evidenza di lesioni linfo-epiteliali”. Il dolore addominale, la diarrea, l’ipoproteinemia e l’ipertransaminasemia vengono attribuiti alla malattia celiaca e viene consigliata dieta priva di glutine. Dopo un breve benessere di qualche mese ricomparsa della diarrea con le medesime caratteristiche dell’esordio associata a dolore addominale, nausea e progressivo decadimento delle condizioni generali e nutrizionali e nell’Ottobre del 2003 si ricovera nuovamente in ambiente ospedaliero. Nell’ipotesi di una non completa aderenza alla dieta aglutinata o di una malattia celiaca refrattaria ripete una esofagogastroduodenoscopia con biopsie digiunali che hanno mostrato una regolare morfologia di villi. Esegue inoltre indagini di laboratorio risultate nei limiti ad eccezione dell’incremento della PCR (1.75, v.n. fino a 1) e la conferma dell’ipoproteinemia: proteine totali 4.7 gr/dl, albumina 3 gr/dl, gammaglobuline 0.5 gr/dl (IgG 300 mg/dl, v.n. 750-1850 mg/dl). Sulla base di questi risultati e vista la persistenza della sintomatologia, nell’ipotesi di una patologia organica del colon associata alla malattia celiaca (es. colite microscopica), esegue una pancolonscopia con campionamento bioptico multiplo. Il quadro endoscopico evidenziava un 11-mocciaro 1-08-2007 10:22 Pagina 32 32 aspetto di iperemia ed iper-riflettenza della mucosa del colon sinistro; all’esame istologico quadro compatibile con colite linfocitaria: “cospicuo edema e discreta flogosi cronica produttiva con eosinofili, plasmacellule e linfociti della mucosa, con segni di criptite e d’infiltrazione linfocitaria intraghiandolare; citoarchitettura e muciparità ghiandolari sostanzialmente rispettate, non granulomi, non ascessi criptici; membrane basali di spessore normale”. Radiografia del torace, clisma del tenue ed ecografia dell’addome negativi. Il paziente viene dimesso con la diagnosi di colite linfocitaria proteino-disperdente in paziente con malattia celiaca e trattato con terapia antibiotica (metronidazolo), levosulpiride, longastatina, loperamide al bisogno ed infusioni periodiche di albumina umana. Da allora la sintomatologia rimane sostanzialmente stabile con persistenza della diarrea. Il paziente giunge alla nostra osservazione nel Dicembre 2004 per una rivalutazione terapeutica. Alla prima visita il paziente si presenta astenico con riferiti disturbi dispeptici post-prandiali, 3-4 evacuazioni/die di feci semi-formate senza muco né sangue, nausea e lieve dimagramento (peso 66 kg); non febbre. All’esame fisico evidenza di edemi declivi modesti agli arti inferiori. Esami di laboratorio nei limiti se si esclude la ipoproteinemia con proteine totali 4.7 gr/dl ed albumina 2.9 gr/dl. Si sospende la terapia con levosulpiride, longastatina e viene iniziata terapia con diuretico a basse dosi (100 mg di kanrenoato) e mesalazina (800 mg tre volte al giorno). Il kanreonato viene somministrato per la presenza di lievi edemi declivi secondari verosimilmente alla ipoproteinemia. Nonostante la terapia con mesalazina persistenza della diarrea per cui inizia con beneficio prednisone al dosaggio di 37,5 mg/die. Ai controlli ambulatoriali successivi il paziente sta bene e la diarrea si è risolta per cui inizia la progressiva riduzione dello steroide fino alla completa sospensione dopo 3 mesi. A tale controllo ambulatoriale il paziente è in buone condizioni generali, il peso corporeo è in aumento (70 kg), l’alvo è regolare e la sintomatologia dispeptica è risolta; viene consigliata terapia di mantenimento con la sola mesalazina. Nel Luglio del 2005 ricomparsa della diarrea con le stesse caratteristiche che il paziente tratta autonomamente e con beneficio con 25 mg/die di prednisone. In considerazione dell’impossibilità a sospendere il prednisone (riacutizzazione alla F. Mocciaro, A. Orlando, M. Cottone sospensione) ed il rischio di effetti collaterali legati alla prolungata terapia steroidea inizia terapia con budesonide al dosaggio di 9 mg/die. Dopo una parziale risposta, ripresa della diarrea dopo 15-20 giorni. Visto il fallimento della terapia con budesonide è stata presa in considerazione terapia immunosoppressiva con azatioprina che il paziente ha rifiutato, per cui è stato saggiato trattamento con beclometasone dipropionato al dosaggio di 10 mg/die con immediata e persistente risposta. Nei mesi successivi progressiva riduzione del dosaggio del beclometasone, dapprima a 5 mg/die e successivamente e 5 mg a giorni alterni fino alla completa sospensione dopo circa 1 anno mantenendo la sola terapia con mesalazina (800 mg tre volte al giorno). All’ultimo controllo ambulatoriale del Gennaio 2007 il paziente è in buone condizioni generali e nutrizionali, asintomatico, con alvo regolare ed esami di laboratorio nella norma. Discussione del caso La colite linfocitaria e quella collagenosica, sono due condizioni cliniche non frequenti che si presentano con diarrea acquosa cronica ed evidenza istologica di infiammazione cronica mucosale. I due quadri istologici sono distinti tra di loro ma vengono raggruppati con il termine di coliti microscopiche. La definizione di colite linfocitaria è stata proposta per la prima volta nel 1989 da Lazenby (1) come una diagnosi istopatologica specifica per distinguerla dalle coliti microscopiche in cui predominano altri elementi cellulari come eosinofili, neutrofili e mastociti. Tuttavia non è ancora chiaro se la colite collagenosica e quella linfocitaria rappresentino due aspetti differenti di un’unica malattia o due entità clinico-istopatologiche distinte. Entrambe queste due condizioni colpiscono frequentemente soggetti tra i 50 ed i 70 anni con una predominanza delle donne e sono spesso associate alla malattia celiaca o ad altre malattie autoimmunitarie. L’incidenza della colite linfocitaria è tre volte superiore a quella collagenosica (2), ma questo dato contrasta con i numerosi reports presenti in letteratura a favore di quest’ultima. Sebbene l’incidenza è più elevata negli anziani (incidenza media annuale in Spagna delle 11-mocciaro 1-08-2007 10:22 Pagina 33 Un caso di diarrea cronica resistente alla dieta priva di glutine due condizioni è di 4.2/100.000 abitanti) entrambe le patologie sono state riportate nei bambini e nei giovani adulti. L’associazione di queste condizioni con le malattie reumatiche ha rafforzato il sospetto della possibile correlazione tra l’uso dei farmaci antinfiammatori non steroidei e la comparsa delle alterazioni della mucosa colica; questa associazione è ancora oggi molto dibattuta e non da tutti accettata (3, 4). Nel caso clinico riportato il paziente non faceva uso abituale di antinfiammatori non steroidei. In circa 20-30% dei pazienti con malattia celiaca è stata riportata una diagnosi di colite linfocitaria ipotizzando gli stessi meccanismi patogenetici della malattia di base (5); in uno studio è stata riportata una frequenza di celiachia del 9% in pazienti con colite linfociatria (6). Nella storia clinica di questo paziente la sintomatologia intestinale era stata attribuita in un primo momento alla diagnosi di malattia celiaca e solo dopo la persistenza della diarrea è stato posto il sospetto di colite microscopica poi confermata all’esame istologico delle biopsie del colon. I pazienti con colite microscopica presentano frequentemente nausea, dimagrimento, dolore addominale, diarrea cronica intermittente con esami di laboratorio di routine nella norma anche se possono essere presenti lieve anemia ed ipoalbuminemia. Il paziente descritto in questo report presentava una sintomatologia come quella sopra descritta con ipoalbuminemia marcata ed edemi declivi. La diagnosi di colite microscopica si basa esclusivamente sull’esito dell’esame istologico delle biopsie del colon considerato che usualmente il quadro endoscopico risulta nella norma. La colonscopia del paziente descritto presentava lesioni mucosali aspecifiche che comunque sono state descritte nelle coliti microscopiche (7). Non sono riportati in letteratura ampi studi clinici randomizzati e controllati sul trattamento delle coliti microscopiche (8). Le varie opzioni terapeutiche utilizzate in queste condizioni si basano principalmente su reports di piccoli gruppi di pazienti e pertanto il trattamento risulta per lo più empirico. La valutazione della risposta ai trattamenti risulta difficile soprattutto in considerazione dell’andamento cronico-ricorrente 33 della malattia. La prima strategia terapeutica da adottare nei pazienti che assumono antinfiammatori non steroidei è quella di sospenderli valutando l’andamento dei sintomi nel tempo. Circa un terzo dei pazienti risponde agli antidiarroici come la loperamide (9). Nei casi non responsivi è possibile saggiare terapia con mesalazina (10) o budesonide (11-14). Una metaanalisi (15) condotta su soli tre trials riporta un riduzione significativa della diarrea nei pazienti trattati con budesonide vs placebo (OR 20.1, 95% CI 7.0-57.5) con un buon profilo di tollerabilità del farmaco. Altri trattamenti utilizzati sono la colestiramina (16), il bismuto sub-salicilato (17), il metronidazolo (9) e l’octreotide (18). Nei casi più severi e non responsivi ai farmaci sopra elencati può essere presa in considerazione la terapia con steroidi tradizionali (19, 20). Come è noto la terapia prolungata con steroidi espone i pazienti ai noti effetti collaterali che possono diventare clinicamente rilevanti, per cui la terapia con immunosoppressori (azatioprina e methotrexate) può rappresentare una possibile alternativa (21). L’intervento chirurgico di procto-colectomia con ileostomia rappresenta l’estrema soluzione nei pazienti severi con grave compromissione delle condizioni generali che non rispondono al trattamento medico (22). L’esperienza qui riportata, rappresenta la prima segnalazione d’efficacia del beclometasone dipropionato in corso di colite linfocitaria responsiva al solo prednisone. Il paziente, infatti, non aveva risposto alla terapia con loperamide, antibiotici, longastatina, mesalazina e budesonide. La diarrea è regredita dopo terapia con prednisone ma recidivava dopo la sua riduzione o sospensione. Il trattamento con immunosoppressori è stato rifiutato dal paziente. Considerati i possibili effetti collaterali legati alla terapia steroidea con prednisone e vista la dimostrata efficacia del beclometasone nelle coliti ulcerose ad attività lieve-moderata nonché la sua minore incidenza di effetti collaterali legati al suo basso assorbimento con ridotta interferenza sul sistema ipotalamo-ipofisario (23, 24) è stato saggiato con successo il beclometasone dipropionato al dosaggio 10 mg/die. Il beclometasone dipropionato può rappresentare 11-mocciaro 1-08-2007 10:22 Pagina 34 34 un valida alternativa terapeutica nei pazienti non responsivi o che diventano steroido-dipendenti o intolleranti agli immunosoppressori. Al momento attuale i trattamenti empirici disponibili si basano su reports di piccoli gruppi di pazienti trattati ed è auspicabile, pur se di difficile realizzazione vista la rarità della malattia, che in futuro vengano eseguiti trials randomizzati e controllati che prendano in considerazione anche l’opzione terapeutica del beclometasone come possibile terapia delle coliti microscopiche. Bibliografia 1. Lazenby AJ, Yardley JH, Giardiello FM, Jessurun J, Bayless TM. Lymphocytic (“microscopic”) colitis: a comparative histopathologic study with particular reference to collagenous colitis. Hum Pathol 1989; 20 (1): 18-8. 2. Fernandez-Banares F, Salas A, Forne M, Esteve M, Espinos J, Viver JM. Incidence of collagenous and lymphocytic colitis: a 5-year population-based study. Am J Gastroenterol 1999; 94 (2): 418-23. 3. Riddell RH, Tanaka M, Mazzoleni G. Non-steroidal antiinflammatory drugs as a possible cause of collagenous colitis: a case-control study. Gut 1992; 33 (5): 683-6. 4. 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Cottone colite microscopica colite linfocitaria colite collagenosica Colpiscono soggetti tra i 50 e i 70 anni,prevalentemente nel sesso femminile, frequenza del 9% di concomitante malattia celiaca Incidenza 3 volte superiore alla colite collagenosica sintomi nausea, dolore addominale, diarrea cronica intermittente con esami di laboratorio nella norma, lieve anemia ed ipoalbuminemia Caratterizzata dalla deposizione di fibre di collagene al di sotto della membrana basale diagnosi Esame istologico di frammenti di mucosa colica prelevati durante esame endoscopico quartino.indd 1 5-09-2007 10:09:38 ƒ CASO CLINICO Uomo, 69 anni, psoriasi e malattia celiaca con sintomi intestinali resistenti a dieta priva di glutine 1996 Colecistectomia per sospette e ripetute coliche biliari 2002 Ricovero per dolori addominali e diarrea (5-6 scariche/die); diagnosi accertata di celiachia 2003 Ricovero per diarrea, nausea, vomito e decadimento condizioni generali. Indagini per sospetta non aderenza alla dieta aglutinata e pancolonscopia con campionamento bioptico → diagnosi di colite linfocitaria 2004 Astenia, 3-4 scariche/die di diarrea, edemi arti inferiori, ipoproteinemia “...l’esperienza qui riportata, rappresenta la prima segnalazione d’efficacia del BECLOMETASONE DIPROPIONATO ...” persistenza diarrea risoluzione sintomatologia 2005 Ricomparsa sintomi per impossibilità a sospendere prednisone ricomparsa diarrea dopo 15-20 gg immediata e persistente scomparsa sintomi 2007 quartino.indd 2 Paziente asintomatico, buone condizioni fisiche 5-09-2007 10:09:44 “...la terapia prolungata con steroidi sistemici espone i pazienti ai noti effetti collaterali che possono diventare clinicamente rilevanti...” Terapia antibiotica (metronidazolo) + levosulpiride+ longastatina + loperamide al bisogno + dieta priva di glutine Sospensione terapia farmacologica in atto, inizio diuretico (kanreonato a basse dosi 100 mg) per lievi edemi declivi secondari verosomilmente alla ipoproteinemia + mesalazina (800 mg 3 volte/die) Inizio trattamento prednisone (37,5 mg/die) Terapia di mantenimento con dieta priva di glutine + mesalazina (800 mg 3 volte/die) Terapia con budesonide (9 mg/die) Sospensione terapia in atto, inizio trattamento con BECLOMETASONE DIPROPIONATO (10 mg/die) Progressiva riduzione del dosaggio del beclometasone dipropionato (5 mg/die → 5 mg/die a giorni alterni) fino a completa sospensione dopo 1 anno Terapia di mantenimento con mesalazina (800 mg 3 volte/die) + dieta priva di glutine quartino.indd 3 “Vista la dimostrata efficacia del beclometasone dipropionato nelle coliti ulcerose ad attività lieve-moderata nonché la sua minore incidenza di effetti collaterali legati al suo basso assorbimento con ridotta interferenza sul sistema ipotalamoipofisiario è stato saggiato con successo il beclometasone dipropionato dosaggio 10 mg/die.” “...Il BECLOMETASONE DIPROPIONATO può rappresentare una valida alternativa terapeutica nei pazienti non responsivi o che diventano steroidodipendenti o intolleranti agli immunosoppressori...” 5-09-2007 10:10:01
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