MORETTI E MARCEGAGLIA IL VECCHIO ROVINA

Redditi dei parlamentari: 25 grillini con zero euro, la Lada sovietica di Brunetta e le vacche magre di B. Che dichiara solo 4,5 milioni. Poveretto, come farà?
Martedì 15 aprile 2014 – Anno 6 – n° 104
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Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
MORETTI E MARCEGAGLIA
IL VECCHIO ROVINA IL NUOVO
Una lingua per tutte le stagioni
di Marco Travaglio
ra i titoloni dei paginoni dedicati dai giornaloni
alla notizia sconvolgente del passaggio di Paolo
F
Bonaiuti da Forza Italia al Ncd, il migliore è sen-
Le scelte di Renzi: per la prima volta 4 donne nominate alla presidenza delle aziende
di Stato. Dopo 9 anni Scaroni lascia Eni, arriva Descalzi con l’ex capo degli industriali
Ma a Finmeccanica atterra l’ex n. 1 di Ferrovie criticato dal premier per il maxistipendio
Nei Cda ecco gli amici del segretario Pd
Cannavò, Meletti e Tecce » pag. 2 - 3 - 4
dc
ROTTAMARE
A METÀ
di Stefano Feltri
ottamare è la cosa che gli
riesce meglio: Matteo
Renzi lo aveva promesso e lo ha
fatto, via tutti i vertici delle grandi aziende controllate dallo Stato. Tutti tranne Gianni De Gennaro a Finmeccanica (anche nel
renzismo esistono gli intoccabili, soprattutto se cari al Quirinale). Due mesi fa non era affatto
scontato che fosse possibile rimuovere campioni della continuità come Paolo Scaroni dall’Eni, Fulvio Conti dall’Enel e
Massimo Sarmi dalle Poste. C’è
voluta l’energia del premier per
cambiare tutto. Ma il cambiamento, come spesso accade con
Renzi, è fenomenale nell’estetica e più discutibile nella sostanza. Ci sono le donne, finalmente.
Ma per avere un po’ di quote rosa ai vertici il governo ha dovuto
recuperare due personaggi come Emma Marcegaglia e Luisa
Todini, più note per il loro impegno politico (Confindustria
una, Forza Italia l’altra) che per
competenze specifiche su energia e poste. Il gruppo Marcegaglia ha pagato tangenti proprio
all’Eni, così come Scaroni aveva
pagato tangenti all’Enel prima
di diventarne amministratore
delegato nel lontano 2002. Anche questa è continuità.
E Mauro Moretti, sostenuto
dalla parte non renziana del Pd,
è una scelta singolare per Finmeccanica: dopo una carriera
nelle Ferrovie, guidate con il piglio deciso del monopolista, il
manager arriva in un’azienda
che sta vendendo il settore trasporti per concentrarsi su quello degli armamenti. E che senso
ha promuovere Moretti che ha
contestato il tetto agli stipendi
dei manager pubblici e far proporre al Tesoro in assemblea di
introdurli anche per le società
quotate? I nomi per i cda sono
scelti con grande cura, di quasi
tutti è facile ricostruire la casacca politica e il grado di fedeltà
renziana, tra amici e finanziatori, più oscuri i meriti di curriculum. Il primo giudizio sulla
rottamazione manageriale e sul
nuovo volto del capitalismo
pubblico renziano lo darà la
Borsa oggi. Per vedere manager
scelti soltanto sulla base delle
competenze, magari sul mercato internazionale, dovremo
aspettare altri tre anni. Forse.
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MANAGER ROSA
Todini alle Poste,
Bastioli a Terna,
Grieco all’Enel:
Matteo la spunta
» pag. 3
R
Mauro
Moretti
Emma
Marcegaglia
Claudio
Descalzi
»IL VERTICE» Nel faccia a faccia con il presidente del Consiglio riappare Gianni Letta
Il pregiudicato a Palazzo Chigi
Senza B. non si può fare nulla
Alla vigilia della decisione sull’affidamento ai servizi
sociali e nel mezzo del caso Dell’Utri, il Caimano
mostra i muscoli. Legge elettorale sempre più a rischio,
la campagna delle Europee accentua i contrasti. E torna
l’ipotesi del voto anticipato
d’Esposito e Marra » pag. 5
U di Tomaso Montanari
FRAU MERKEL
E L’ITALIA CHE
VA A SCROCCO
» pag. 18
LA CATTIVERIA
Palermo, si ammalano improvvisamente tutti gli avvocati di Dell'Utri. Dovrebbero
smetterla di baciarsi tra di loro
» www.spinoza.it
» VUOTI DI MEMORIA » Usa lo scrittore scampato alla Shoah contro Colle e governo
Primo Levi, se questo è Grillo
dc
QUEL POST
È UN AUTOGOL
di Antonio
Padellaro
entre stando ai sondaggi
M
il M5S cresce nei consensi, unica opposizione in
Parlamento e nel paese, Beppe
Grillo mette in Rete un post di
pessimo gusto nei confronti
della memoria della Shoah che
la comunità ebraica ha giudicato una “infame provocazione”. Non è il primo autogol
dell’ex comico, era già successo con il demenziale video
contro la Boldrini che scatenò
i peggiori istinti del web. Fu
ritirato, ci furono delle scuse
che questa volta non ci saranno perché evidentemente l’autore intende difendere sia la
riscrittura di Primo Levi sia
l’indifendibile taroccamento
della foto del cancello di Auschwitz. Per i tanti nemici del
Movimento, un vero invito a
nozze: “Fascisti” e “nazisti”
sono gli epiteti più teneri scagliati contro i grillini. Forse
però il commento più sincero
è di quegli esponenti pd convinti che le malefatte di Grillo
“saranno punite nelle urne”.
Del resto, siamo in piena campagna elettorale per le Europee e la propaganda si nutre
avidamente degli errori degli
avversari. Resta il mistero di
tanto autolesionismo. Nel
giorno in cui Renzi mostra il
fianco con alcune nomine
molto discutibili al vertice degli enti e piegandosi a un nuovo incontro con il pregiudicato Berlusconi, il leader dell’opposizione sbaglia tutto.
Assurdo.
La parola “P2” sull’insegna di Auschwitz
e la rilettura del romanzo sulla prigionia
per l’ultimo affondo anti-sistema. La
comunità ebraica: “Un’oscenità”. L’ex
comico: “Un modo per onorare il grande
autore”
De Carolis » pag. 7
z’altro quello della Stampa: “Berlusconi non ricuce.
E Bonaiuti diventa lo stratega di Alfano”. La qual
cosa conferma alle masse di fans alfaniani “che il
vento comincia a girare dalla parte giusta”. Le sedi
Ncd in tutt’Italia sono state prontamente transennate 24 ore su 24 per arginare l’incessante afflusso di
nuovi adepti, al seguito dell’ex ventriloquo berlusconiano, noto trascinatore di folle. Nato a Firenze
nel 1940, giornalista del Giorno poi del Messaggero
fino ai gradi di vicedirettore, Paolino Bonaiuti era
molto di sinistra. Ancora nel gennaio '94, quando
Emilio Fede chiese le dimissioni di Montanelli dal
Giornale perché non obbediva al suo (di Fede) padrone, Bonaiuti tuonò sul Messaggero in un editoriale dal titolo sarcastico “Va in onda la liberaldemocrazia”: “Dal pulpito di Rete4 è stata impartita
ieri sera una lezione di intolleranza. Proprio mentre
infuria la polemica su quanto sia favorito rispetto ai
concorrenti un candidato alle elezioni che possiede
tre reti televisive, l’invito di Emilio Fede a cacciare
Indro Montanelli perché troppo autonomo è il primo esempio pratico del livello di ‘indipendenza’ che
potrebbe crearsi all’interno dell’impero di Berlusconi. Questo episodio moltiplica l’inquietudine, perché lascia capire quanto potrebbe essere forzatamente massiccio e compatto il sostegno al Cavaliere
degli organi di informazione del gruppo. Guai a chi
si azzardasse a uscire, anche per un attimo, dal coro.
La durezza dell’intervento, preannunciato proprio
perché avesse maggiore risonanza, mostra lontane
tentazioni da Minculpop e lascia sbigottiti... Resta
da vedere se Berlusconi presterà orecchio a questi
consigli. Speriamo che non lo faccia e si mostri del
tutto estraneo all’iniziativa. Anche perché condividerla sarebbe mossa improvvida per chi si presenta
come un campione della liberaldemocrazia”. Pochi
giorni dopo B. mise alla porta Montanelli e due anni
dopo Bonaiuti divenne il suo portavoce (e il suo sottosegretario a Palazzo Chigi). Per 18 anni, con la sua
calotta color polenta da Mastro Ciliegia e la sua boccuccia a cul di gallina, è stato la sua ombra, sempre
alle sue spalle a fare la faccina estasiata a ogni sua
cazzata, a muovere la testa su e giù, a sottolineare
anche con gesti manuali le meraviglie che uscivano
da quella boccuccia, sempre pronto a giustificare le
gaffe del capo, o a smentire e minimizzare quelle
proprio indifendibili. Quando il padrone finiva al
San Raffaele, lui era la caposala e gli cambiava il pappagallo. La domenica, mentre il capo era fuori per i
puttantour, riceveva i tg per rassicurare gl’italiani
che tutto andava a meraviglia (il suo intervento
chiudeva regolarmente l’album delle figurine nei
“panini” di regime). Poi fu addirittura promosso a
comparsa da talk-show, scudo umano pronto a difendere e a rivendicare tutto l’indifendibile. “Le leggi
ad personam nascono dai processi ad personam
contro B”, era uno dei refrain. E se la Consulta le
bocciava era perché “è dominata dalla sinistra: 11 a
4!”. Dati inventati, numeri a caso, statistiche e sondaggi di pura fantasia, come quando sparò che “il
presidente Berlusconi ha un gradimento attorno al
70%” (14 maggio 2002). Infatti B. l’aveva appena
messo a capo della “task force del governo contro gli
aumenti dei prezzi” dopo l’arrivo dell’euro. “Il Presidente Berlusconi non è intervenuto, non sta intervenendo e non interverrà nella vicenda Rai”, giurava Polentina mentre B. occupava militarmente
Viale Mazzini e ne cacciava Biagi, Santoro e Luttazzi. “È una bolla di sapone, finirà nel nulla”, salmodiava a ogni sexy-scandalo del Cavaliere di Hardcore. E le tre strappone fotografate da Oggi sulle
ginocchia dell’anziano latrin lover a Villa Certosa?
“Delegate della federazione giovanile Pdl a una riunione politica alla presenza dei fidanzati”. A volte,
credendosi il capo del Minculpop, chiamava i giornali per bloccare notizie vere (tipo quando Scajola
disse che Marco Biagi appena ucciso dalle Br era “un
rompicoglioni”) o protestare per commenti sgraditi
(ne sa qualcosa De Bortoli per gli editoriali di Sartori
sul conflitto d’interessi, e persino per le vignette di
Giannelli).
Segue a pagina 5
2
ROTTAMAZIONE
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
Zagrebelsky:
“Gli 80 euro sono
solo una pezza”
OTTANTA EURO di sgravio Irpef non
sono una cosa da disprezzare, ma sono delle pezze, fatte per mantenere
l’ordine nello status quo. Chiamare
politica il rattoppo è un altro segno
del degrado attuale”. Lo ha affermato
Gustavo Zagrebelsky, intervenuto
questa sera a un appuntamento elet-
ENI
Tecce
l gran circo per le nomine – avventori, mediatori, facilitatori –
s'è intrufolato nell'agenda di Palazzo Chigi ancor
prima che Matteo Renzi
scippasse
l'appartamento
presidenziale a Enrico Letta.
Chi voleva il cambiamento,
cioè mandare in pensione i
boiardi con oltre tre mandati
e introdurre una nuova (e
chissà se migliore) squadra
di comando, sperava che arrivasse subito Matteo Renzi.
Questo raccontavano le indiscrezioni, rafforzate dalla
famosa lettera del Tesoro
spedita come avviso ai naviganti appena un mese fa: incandidabile chi è condannato o imputato per corruzione.
I
LE DECISIONI di Palazzo
Chigi – che ha stilato le liste
per i Cda di tre multinazionali quotate più l'arrembante
Poste che andrà in Borsa oltre
che in aeroporto con Alitalia
– confermano il rinnovamento quantomeno anagrafico e fisiognomico. Il giovane di Firenze ha scrostato il
vecchio. Ha rimosso l'inossidabile Paolo Scaroni (Eni),
mentre il presidente Giuseppe Recchi già ha riparato in
Telecom. E pure Fulvio Conti
(Enel) e Massimo Sarmi (Poste) sono andati via: durante
il passaggio fra le porte scorrevoli e le riunioni fra i sottosegretari Graziano Delrio-Luca Lotti e il ministro
Pier Carlo Padoan, né anziano e né usurato, s'è perso pure Alessandro Pansa (Finmeccanica), in carica da poco
della Consulta. “La democrazia - ha
aggiunto - non è alimentata dai numeri ma dalle idee, pensare solo in
termini di numeri è una concezione
brutale”. E sui modi del presidente
del Consiglio: “Renzi è un signore
molto energetico, ma non è tanto una
questione di uomini piuttosto di isti-
tuzioni. Oggi Renzi non fa pensare al
tiranno, ma domani e dopodomani?
Le istituzioni sono cose che devono
valere per generazioni e quindi bisogna essere molto cauti. Non credo
che i pericoli per la democrazia vengano da Renzi, ma non sappiamo cosa ci può riservare il futuro”.
ENEL
PRESIDENTE
EMMA MARCEGAGLIA
Il futuro nuovo presidente dell’Eni è da
quasi vent’anni che si occupa di rappresentanza: nel 1996 è stata presidente dei giovani della Confindustria,
associazione che poi ha guidato dal
2008 al 2012, oscillando da un appoggio entusiastico al governo Berlusconi a una opposizione dura nell’ultima fase del mandato. Finita quell’esperienza è passata a guidare la Confindustria europea, BusinessEurope.
Suo fratello, Ad dell’azienda di famiglia, ha patteggiato una condanna per
aver pagato una mazzetta a un’azienda del gruppo Eni. Cioè proprio della
società che ora la Marcegaglia andrà a
guidare.
di Carlo
torale della lista Tsipras a Torino,
commentando una delle misure annunciate dal premier Matteo Renzi.
“Questa legge elettorale è nata per
far fuori le forze piccole, o obbligarle
ad apparentarsi con quelle maggiori,
portando loro acqua in cambio di nulla”, ha spiegato il presidente emerito
il Fatto Quotidiano
AMMINISTRATORE DELEGATO
CLAUDIO DESCALZI
È il nome della continuità: il nuovo amministratore delegato dell’Eni finora era direttore generale a capo della divisione più
importante del gruppo, Exploration&Production, quella che si occupa di trovare
nuovi giacimenti e di sfruttarli. Proprio
nel campo della produzione l’azienda ha
però fallito quello che era l’obiettivo di
inizio mandato di Paolo Scaroni nel 2005:
raggiungere i 2 milioni di barili al giorno
prodotti, quota che avrebbe permesso al
gruppo di restare tra i grandi (oggi siamo
attorno a 1,6). Descalzi è in Eni da sempre, esperto delle delicate operazioni in
Africa (ha anche spostato una congolese), ha 59 anni e fin dall’inizio è stato il
favorito per la successione a Scaroni.
PRESIDENTE
PATRIZIA GRIECO
Il suo nome girava da alcuni giorni
come una delle donne sicure della
nomina. La Grieco arriva all’Enel con
una competenza maturata in campi
molto diversi, soprattutto nell’informatica e nelle telecomunicazioni,
non è certo un’esperta di energia.
Dallo scorso anno è presidente esecutivo della Olivetti, di cui è stata
anche Ad, in passato ha ricoperto
incarichi di vertice anche in Italtel e
Siemens. È nel consiglio di amministrazione di Fiat Industrial, la parte
del Lingotto che produce macchine
agricole e veicoli commerciali.
Milanese, 61 anni, è laureata in Legge.
AMMINISTRATORE DELEGATO
FRANCESCO STARACE
Come all’Eni, anche all’Enel prevale la
soluzione interna: via Fulvio Conti, promosso l’amministratore delegato di una
delle controllate che in questi anni sono andate meglio, Enel Green Power
(che si è anche quotata in Borsa nel
2010), che si occupa del ramo rinnovabili del gruppo. Classe 1955, è un ingegnere nucleare con molte esperienze
all’estero, anche in General Electric. È
in Enel dal 2000 e Enel Green Power è
praticamente una sua creatura. La sua
nomina è di continuità, è sempre stato
il favorito. Anche se le sfide che dovrà
affrontare saranno soprattutto dal lato
della finanza: ridurre il debito che è la
principale zavorra dell’azienda.
Nomine: addio Conti
e Scaroni, cambiano
tutti i top manager
Matteo Renzi LaPresse
GLI ESCLUSI
IL PREMIER SOSTITUISCE I VERTICI DELLE CONTROLLATE
DALLO STATO MA RECUPERA MARCEGAGLIA E MORETTI
più di un anno. Quando Renzi ha ordinato di ripulire le
scrivanie impolverate da
epoche di potere – Scaroni e
Sarmi su tutti – s'è dovuto
preoccupare di riempire le
poltrone, operazione non facile, e soprattutto zeppa di
contaminazioni esterne.
Al ministero di via XX Settembre hanno sfruttato le
consultazioni – fra raccolta di
curricula e pesca a strascico –
di una coppia di società di
cacciatori di teste. La conservatrice Spencer e Stuart spingeva ancora per l'intramontabile epopea di Scaroni e
Conti e la rinnovatrice Korn
e Ferry proponeva l’avvento
di ambiziosi dirigenti impegnati in categorie minori. Per
fare una sintesi sui pareri diametralmente opposti, al Tesoro hanno compulsato pure
una terza società. Ma le scelte
sono di Renzi seppur non
sembrino la totale applicazione del verbo renziano. Il
premier c'ha messo la faccia
su Eni e, nonostante le resistenze, Scaroni non ce l'ha
fatta (ieri commiato ufficiale
al Quirinale, subito dopo la
visita di Renzi). Ma la promozione di Claudio Descalzi,
fidato collaborato dell'amministratore delegato uscente, è
in perfetta continuità. Renzi
ha sottoposto Descalzi a un
colloquio determinante durante l'incontro a Londra con
gli imprenditori italiani: da
una settimana abbondante,
anche se non rassegnato, Scaroni era fuori. Anche Leonardo Maugeri, molto apprezzato in ambienti americani
mentre va ricordato l'eccellente rapporto di Scaroni con
i russi, s'è confrontato due
volte con Renzi, ma l'effetto
rosa ha vanificato qualsiasi
ipotesi di presidenza. Con la
chiamata di Emma Marcegaglia (Eni), ex presidente di
Confindustria, il premier s'è
coperto il lato imprenditoriale, un lato molto sensibile,
che spesso lo punzecchia e fu
fatale per Enrico Letta. Quella di Francesco Starace (Enel)
è la carta che non s'è consunta col totonomine, perché
Renzi non poteva correre il
rischio di stravolgere l'assetto
ormai consolidato di aziende
dal fatturato miliardario e dal
profilo internazionale come
Enel e Eni.
I cacciatori di teste hanno
contribuito per Enel con l'in-
dicazione di Patrizia Grieco
(ex Olivetti). Massimo Sarmi
non s'aspettava di chiudere
così, dopo dodici anni il regno in Poste, non dopo aver
sostenuto Alitalia: sperava di
LE NOVITÀ
Via chi ha superato
i tre mandati, soluzioni
interne per Eni ed Enel,
presidenze al femminile
e stipendio con tetto
a 238 mila euro
fare almeno il presidente. Invece l'accompagnano all'uscita per accogliere il lettiano
Francesco Caio (ad) e la berlusconiana Luisa Todini (presidente). Proprio la Todini,
ex parlamentare europeo di
Forza Italia, consigliere in
Rai, dice che dovrà meditare
sulle dimissioni da viale Mazzini.
Nessuno ha mai discusso la
seggiola di Gianni De Gennaro in Finmeccanica, protetto
Paolo Scaroni, 67 anni, guidava
l’Eni dal 2005 Ansa
Fulvio Conti, 67 anni, era l’Ad
dell’Enel dal 2005 Ansa
Flavio Cattaneo, 51 anni, dopo la
Rai nel 2005 è passato a Terna Ansa
Massimo Sarmi, era alla testa
delle Poste da 12 anni Ansa
dal Colle, un uomo che non è
mai stato in discussione, mai
appiedato. Dopo la minaccia
di dimissioni (e fuga all’estero) per il taglio di stipendio,
Mauro Moretti (ex Ferrovie)
– area democratica, però dalemiana – ha ottenuto persino un premio in denaro: in
Finmeccanica non dovrà
questionare sugli introiti. A
proposito di tetti removibili o
retrattili, Palazzo Chigi ha
proposto lo stipendio massi-
mo di 238.000 euro – lo stesso
di Giorgio Napolitano – anche per i presidenti (non per
gli amministratori delegati)
delle società quotate in Borsa.
Moretti può star sereno, non
deve sopportare il peso di un
tetto. Oltre a Ferrovie e Terna
– il presidente sarà Catia Bastioli di Novamont, chimica
– Renzi deve completare la
produzione di potere e comando. Poi il gran circo sarà
libero di arrotolare le tende.
ROTTAMAZIONE
il Fatto Quotidiano
Abi: nuove tasse?
Faremo meno credito
Delrio: no ai ricatti
LE BANCHE NON L’HANNO presa
bene. La scelta del governo di cercare
coperture per il taglio delle tasse in busta paga tassando i gruppi del credito
(un miliardo ottenuto alzando il prelievo fiscale sulla rivalutazione delle
quote di Bankitalia da loro detenute)
viene contestata dall’Abi, l’associazio-
ne di categoria. Il direttore generale
Giovanni Sabatini, ieri in audizione in
Parlamento, ha contestato la misura
perché aumenta la percezione di un
fisco “incerto e ondivago” che quindi
“scoraggia gli investimenti esteri proprio in un momento in cui le banche
vedono un ritorno di interesse nei loro
confronti”. Con una considerazione
ardita che assomiglia a una promessa
di ritorsione, Sabatini ha spiegato che
l’incremento delle tasse sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia “sottrarrebbe un miliardo di liquidità alle
banche destinato a fare prestiti a famiglie e imprese”. Esattamente come
FINMECCANICA
l commento più entusiasta proviene dalle
labbra di Graziano Delrio, sottosegretario a
Palazzo Chigi che ha gestito la
partita delle nomine: “È molto
importante che si sia scelto di
chiamare al servizio delle più
grandi aziende del Paese - ha
detto in serata nel corso di Porta
a Porta - uomini e donne che
hanno dimostrato di essere
manager capaci”. Ma è sulle
donne che il governo punta per
far scattare la campagna simpatia già realizzata con le liste
Pd per le elezioni europee: “La
nomina di tre donne come presidenti è un fatto che segna una
rivoluzione culturale”, ha sottolineato l’ex sindaco di Reggio
Emilia
I
L’INSISTENZA sulle donne co-
stituisce la carta mediatica che
Renzi giocherà senza esitazione. Quattro donne ai vertici
delle aziende di Stato non si
erano mai viste e, nel linguaggio politico del presidente del
Consiglio, l’immagine ha la
prevalenza su tutto il resto. Per
conseguire questo risultato, il
premier non ha esitato a distribuire gettoni di presenza a tutte
le fazioni dell’establishment
italiano, politico e imprenditoriale.
Le quattro donne non sfuggono
a questo criterio. Emma Marcegaglia, con la presidenza dell’Eni ritorna in auge dopo la parentesi confindustriale in cui
alternò una prima fase in sintonia con il governo Berlusconi
per poi mettersi alla testa dell’operazione Monti. La sua permanenza sulla scena pubblica
dura da così tanto tempo che
un ricatto l’ha inteso il sottosegretario
alla presidenza del Consiglio Graziano
Delrio: “Noi non ci stiamo, è un ricatto
che non accettiamo”, ha scandito a
Porta a Porta. “Le banche - è l’attacco hanno ricevuto mille miliardi dalla Bce
e non hanno trasferito alle famiglie
quasi nulla di quei soldi”.
AMMINISTRATORE DELEGATO
MAURO MORETTI
Appena un anno fa era stato confermato per un nuovo triennio alla guida
delle Ferrovie dello Stato, l’azienda in
cui ha lavorato tutta la carriera (facendo per un breve periodo anche il
sindacalista). Oggi Mauro Moretti si
prepara a traslocare alla Finmeccanica, azienda che si sta concentrando
sempre più sul ramo armamenti mentre ha avviato la dismissioni di alcuni
pezzi importanti del civile, tra cui i
trasporti. Nelle scorse settimane Moretti ha contestato i tetti agli stipendi
dei manager pubblici, sarà interessante capire se ora è più bendisposto a rispettarli. È sotto processo per la strage alla stazione di Viareggio nel 2009.
PRESIDENTE
LUISA TODINI
Dopo una prematura esperienza al Parlamento europeo con Forza Italia, era il
1994 e aveva 28 anni, Luisa Todini, proveniente da una famiglia di costruttori ha
continuato l’attività imprenditoriale. Oltre
alle quote nelle aziende di famiglia, nel
2010 (e per 2 anni) è stata presidente
della Federazione industria europea delle
costruzioni e poi vicepresidente dell’Istituto per la Promozione Industriale e consigliere d’amministrazione dell’Università
Luiss. Il 5 luglio 2012 è stata nominata
consigliere d’amministrazione Rai in quota Pdl, ma in viale Mazzini s’è comportata
da indipendente coltivando buoni rapporti coi vertici aziendali. Il Pdl voleva candidarla alla presidenza della Regione Lazio.
AMMINISTRATORE DELEGATO
FRANCESCO CAIO
Caio è un esperto di telecomunicazioni, è stato tra i pionieri della telefonia
mobile in Italia con Omnitel, poi ha
guidato la Olivetti, la Merloni e la Cable & Wireless, una azienda inglese.
Al momento è amministratore delegato di Avio, controllata di General
Electric. Negli ultimi anni si è occupato molto di come promuovere la banda larga in Italia ed è stato commissario per l’Agenda digitale, nominato
dal governo Letta. La sua nuova carica
ha quindi una coerenza con il curriculum: le Poste sono uno snodo importante per accelerare il passaggio della
burocrazia pubblica e privata al digitale.
I CRITERI DI RENZI DONNE
AL COMANDO E TANTO CENCELLI
LE AZIENDE DI STATO SI TINGONO DI ROSA. DELRIO: È UNA RIVOLUZIONE
CULTURALE. MA L’OPERAZIONE NASCONDE LA CLASSICA LOTTIZZAZIONE
non sfigura al confronto dei
grandi burocrati della politica.
Un discorso analogo può valere
per Luisa Todini, espressione
berlusconiana nel Consiglio di
amministrazione della Rai, già
papabile per la presidenza della
Regione Lazio (il Cavaliere poi
optò per Renata Polverini) e
AGENDA TATTICA
3
POSTE
PRESIDENTE
GIANNI DE GENNARO
L’ex capo della Polizia ed ex responsabile dei servizi segreti (di cui si è occupato anche come sottosegretario
nel governo Monti), resta alla guida di
Finmeccanica. Sessantasei anni, è arrivato alla testa del gruppo nel luglio
2013, dopo che l’azienda della difesa
era stata decapitata dalle inchieste
giudiziarie su fondi neri e tangenti
(con l’arresto di Giuseppe Orsi). De
Gennaro non è mai stato uno dei manager preferiti di Renzi, che lo avrebbe
volentieri sostituito. A decidere la riconferma sono stati i buoni rapporti
con gli americani – che De Gennaro
coltiva dai tempi della polizia – e l’appoggio del Quirinale.
di Salvatore Cannavò
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
approdata ora alla guida delle
Poste (ma dichiara che ancora
deve decidere se lasciare la Rai).
Assidua frequentatrice dei salotti tv, bella presenza, viene da
una famiglia di costruttori, ha
tutte le qualità per una buona
candidatura di immagine.
Più di sostanza le altre due.
Una, Patrizia Grieco presiederà
l’Enel dopo aver amministrato
l’Olivetti. Presente in molti
board di società e istituzioni benefiche, come Save the Children, ha anche diretto Fiat Industrial fino alla fusione con
Cnh Industrial. Carla Bastioli,
invece, è in procinto di assume-
POSTI A TAVOLA
Dal presidente della
Fondazione Big Bang al
finanziatore del premier,
dal professor Zingales
agli uomini di D’Alema,
Letta e Berlusconi (molti)
Twitter@chiarapaolin
Se la notizia è bigia
il rottamatore tace
L
a gente sfila in strada perché non ha una
casa, e magari nemmeno un lavoro. Poi tra
blu-block e poliziotti “cretini” finisce parecchio
male: ma Renzi non fiata, sta a Torino per lanciare le Regionali del Pd, Roma coi suoi scontri
di piazza non lo riguarda. Neanche un tweet,
manco il giorno dopo: perché, quando la notizia
è bigia, Renzi la evita con cura. Dell’Utri latita e
l’Italia fa la solita figuraccia internazionale? Silenzio totale del premier - con appoggio molto
esterno. Cade la legge 40, e gli spiriti cattolici si
agitano? Renzi l’innovatore tace. Si celebrano i
cinque anni del disastro a L’Aquila? Lui non c’è,
non dice e non promette. Insomma, il trucco è
semplice: o l’agenda in discussione è la sua, o
tutto diventa strategico silenzio.
amministrazione. All’Enel, ad
esempio, nel cda troviamo Alberto Bianchi, il presidente della fondazione Big Bang, cioè la
cassaforte del movimento renziano. Se questo è il criterio, allora, non stupisce la presenza,
nel Cda Eni, di Fabrizio Pagani,
economista ex Ocs capo della
re la presidenza di Terna (la nomina spetta formalmente alla
Cassa Depositi e Prestiti). È stata l’amministratore delegato di
Novamont, azienda novarese
leader nella produzione di chimica e plastica “verde” che ha
portato a traguardi rilevanti.
Dopo l’immagine femminile,
però, il gioco delle compensazioni tra nomine di qualità,
spesso tecniche, e classico manuale Cencelli prosegue nella
composizione dei Consigli di
segreteria tecnica del ministro
Padoan, amico di Enrico Letta
con cui è stato a scuola. La nomina viene compensata dalla
presenza del professor Luigi
Zingales, economista di Chicgo ospite della prima Leopolda
renziana e negli ultimi anni
battagliero consigliere indipedente di Telecom Italia. Se la
dovrà vedere con un altro nome di lungo corso, Salvatore
Mancuso, già presidente del
Banco di Sicilia poi assorbito in
Unicredit e oggi capo del fondo
Equinox, protagonista delle
grandi vicende finanziarie recenti.
ANCORA PIÙ netta la spartizione in Finmeccanica dove l’immarcescibile Gianni De Gennaro conserva la presidenza, pare
su esplicita richiesta del Quirinale, arriva l’ex Cgil Mauro Moretti. Doveva ridursi lo stipendio, probabilmente lo raddoppierà. Nel Cda entra anche
Marta Dassù, già vicemnistro
degli Esteri nei governi Monti e
Letta, molto competente in politica estera, donna dell’Aspen e
della Trilateral ma anche ben
vista da Massimo D’Alema di
cui è stata consigliere a palazzo
Chigi. In Finmeccanica ci saranno poi due tecnici come
Guido Alpa e Alessandro De Nicola (economista liberista, editorialista di Repubblica ma anche avvocato d’affari con lo studio Orrick). Ma c’è anche Fabrizio Landi, amico di Renzi e
amministratore delegato di
Esaote, azienda fiorentina che
produce apparecchi elettromedicali, primo finanziatore delle
primarie (10 mila euro) dell’ex
sindaco di Firenze.
Nel solco delle antiche tradizioni, le Poste si confermano luogo
privilegiato della lottizzazione.
Una berlusconiana alla presidenza, un renziano già lettiano
come amministratore delegato,
l’ex portavoce di Pier Ferdinando Casini, Roberto Rao, nel cda,
insieme all’ex Mediaset, poi
La7, Antonio Campo dall’Orto,
a suo tempo un enfant prodige
della televisione. Talmente
prodigio che la sua carriera lo
ha portato a dirigere le Poste.
4
ROTTAMAZIONE
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
Bpm crolla dopo
la bocciatura
della riforma
TRACOLLO ANNUNCIATO per la Banca
popolare di Milano: ieri è stato il peggior
titolo di Piazza Affari perdendo l’8,52 per
cento. E la Consob, l’autorità che vigila sulla Borsa, ha deciso di vietare le vendite allo
scoperto ieri e anche oggi, per scoraggiare
la speculazione al ribasso. Lo scetticismo
degli investitori era atteso, visto che sa-
bato l’assemblea dei soci ha bocciato con
soli 124 voti di scarto la riforma della governance proposta dal presidente Piero
Giarda che voleva recepire le indicazioni
della Banca d’Italia e ridurre un po’ le prerogative di banca popolare della Bpm (in
cui tutti i soci contano uguale a prescindere da quanto capitale hanno investito).
-8,52%
A PIAZZA
AFFARI
il Fatto Quotidiano
INVESTITORI
IN FUGA
Sabato i soci hanno
respinto le regole
di gestione proposte
dal presidente
EMMA E MAURO I PECCATI DEL RENZISMO
EMMA MARCEGAGLIA
MAURO MORETTI
Regola Scaroni,
mazzetta
e poltrona Eni
di Giorgio Meletti
ome rinnovamento
non c’è male. La nomina di Emma Marcegaglia alla presidenza dell’Eni conferma e rafforza
uno dei dogmi della Seconda
Repubblica: la regola dei sei anni. Ecco come funziona. Il 22
febbraio 1996 Paolo Scaroni, allora vicepresidente del gruppo
privato Techint, patteggiò al
Tribunale di Milano la pena di
un anno e quattro mesi di reclu-
C
CORSI E RICORSI
Suo fratello Antonio, Ad
dell’azienda di famiglia,
ha patteggiato 11 mesi:
l’accusa era aver pagato
un manager del gruppo
Eni per avere un appalto
sione con la condizionale per
chiudere un processo per corruzione nell’ambito del quale
era stato arrestato due volte dai
pm del pool Mani Pulite. Sei anni dopo, primavera del 2002, il
governo Berlusconi lo nominò
amministratore delegato dell’Enel, proprio la società pubblica per i cui appalti Scaroni
aveva pagato le mazzette. La
volpe a guardia del pollaio è
un’ottima strategia anti-corruzione: il prescelto conosce a
fondo i meccanismi da contrastare.
EMMA MARCEGAGLIA è com-
petente quasi quanto Scaroni.
Quasi perché non lei ma suo fratello Antonio, amministratore
delegato dell’azienda di famiglia, ha patteggiato il 28 marzo
2008 11 mesi con la condizionale per corruzione. L’accusa era
di aver pagato a Lorenzo Marzocchi, manager dell’Enipower,
gruppo Eni, una mazzetta da un
milione e 158 mila euro per agevolare l’assegnazione di un importante appalto, al quale, parole del reo, l’azienda “teneva molto”. L’imbarazzante vicenda
non ostacolò la marcia trionfale
di Emma, comproprietaria del
gruppo siderurgico, verso la
presidenza della Confindustria.
Al contrario, sono scattati anche
per casa Marcegaglia i fatidici
sei anni, trascorsi i quali ecco la
brillante manager al vertice dell’Eni, l’azienda per i cui appalti la
società di famiglia pagava tangenti. Anche qui, come con Scaroni all’Enel, azionisti dell’Eni e
contribuenti possono dormire
sonni tranquilli: chi pensasse di
corrompere qualche dirigente
del gruppo petrolifero troverà
sulla sua strada l’intransigente e
preparatissima ex presidente di
Confindustria.
NEL CURRICULUM di Emma
Marcegaglia, 48 anni, quello
scattato ieri sera è il primo incarico manageriale significativo. Nell’azienda di famiglia - che
produce tubi d’acciaio - si è sempre occupata in prevalenza delle
attività collaterali (turismo con
la società Albarella, energie rinnovabili etc.). La sua attività
principale è sempre stata quella
confindustriale, dove è stata per
quattro anni presidente dei Giovani Industriali e poi, nel 2008,
la prima presidente donna. Anche negli anni al vertice di viale
dell’Astronomia il suo curriculum è segnato da vicende imbarazzanti, come le inchieste sui
conti esteri della sua famiglia.
Nel 2011, in una puntata di Report, la giornalista Giovanna
Boursier ha riferito a proposito
della Marcegaglia Spa: “Tra il ’94
e il 2004, negli acquisti di materie prime, avrebbe interposto
società off-shore, creando fondi
neri su 17 conti esteri, intestati a
Steno Marcegaglia e ai figli Antonio ed Emma. A maggio la
parte che riguarda l’evasione fiscale viene archiviata perché
quei capitali sono stati condonati e scudati”. Infine la vicenda
della Maddalena. All’indomani
del terremoto de L’Aquila il go-
Il suo stipendio
finalmente
potrà crescere
verno Berlusconi sposta nel capoluogo abruzzese i lavori del
G8 e le strutture appositamente
realizzate nell’isola sarda restano inutilizzate. Il capo della Protezione civile Guido Bertolaso le
affitta a Emma per 31 milioni di
euro in 40 anni, una cifra talmente esigua da provocare un
intervento della Corte dei conti
che contesta a Bertolaso e al suo
staff un danno erariale di 26 milioni di euro. Insomma, la più
grande e strategica azienda pubblica italiana è in mani sicure.
re settimane fa Mauro Moretti si era infuriato per l’annuncio renziano di severi tagli agli stipendi dei manager pubblici. E aveva minacciato di andarsene all’estero se i
suoi 873 mila euro annui fossero stati ricondotti sotto quota 300 mila, in quella fascia sobria dove staziona l’emolumento del presidente della Repubblica. Matteo Renzi aveva
commentato sibillino: “Moretti capirà”. Ieri sera abbiamo ca-
T
Il ministro Padoan. Sopra, Emma Marcegaglia e Mauro Moretti LaPresse / Ansa
PREMIER AL COPASIR Sentito
per le frasi su Eni e i Servizi
Eni è un pezzo fondamentale della noL’
stra politica energetica,
poche polemiche. Proprio oggi sono stati nominati i nuovi vertici, anche all’Eni: per la presidenza è stata scelta l'ex
presidente di Confidustria Emma Marcegaglia,
per la poltrona di amministratore delegato Claudella nostra politica estedio Descalzi.
ra, della nostra politica di
Nei prossimi mesi, però,
intelligence. Cosa vuol dire
proprio dal Copasir prointelligence? I servizi seprio arrivare novità rigreti”. Quando Matteo
guardo al colosso di StaRenzi lo scorso 3 aprile ha
to: i commissari chiedepronunciato questa frase
a Otto e mezzo, molti sono Il leghista Giacomo Stucchi LaPresse ranno infatti una relazione ai vertici dei servizi e
rimasti sorpresi. E al di là
delle critiche che ci sono state in quei ascolteranno qualche dirigente. Questa ingiorni, adesso a fare chiarezza su cosa vo- dagine, peraltro, riprenderà il filo di quella
lesse dire il presidente del Consiglio sarà il iniziata alcuni mesi fa, dopo il caso di Alma
Copasir, il Comitato parlamentare che vi- Shalabayeva, la cittadina kazaka deportata
gila sui nostri servizi segreti presieduto nel suo paese (dove Eni ha cospicui interessi)
dal leghista Giacomo Stucchi. Renzi sarà dalla polizia italiana. Forse, dopo anni, potrà
convocato davanti ai membri del comi- essere chiarito se esiste o meno una relazione
tato – che hanno avviato anche un’inda- tra i nostri servizi segreti e l’Eni, tema tra i più
gine interna – per spiegare cosa intendeva cari ai dietrologi.
dire con quella frase che ha sollevato non
Valeria Pacelli
pito tutti. Con la nomina ad
amministratore delegato di
Finmeccanica andrà a guadagnare più che alle Fs. Se verrà
applicata la riduzione del 25
per cento di cui si parla al ministero del Tesoro, si partirà
dal milione e 200 mila euro
portato a casa per il 2013 dall’uscente Alessandro Pansa per
planare a quota 900 mila.
LA BRUTTA FIGURA fatta da
Moretti sulla questione dello
stipendio non è però da attribuirsi tanto ad avidità quanto al
carattere impulsivo, lo stesso
che ha fatto di lui, suo malgrado, l’idolo negativo della città di
Viareggio ancora ferita dal tragico incidente che costò cinque
anni fa la vita a 33 persone.
Dipendente delle Fs dal 1978,
Moretti è diventato nel 2006 il
numero uno meno pagato nella
storia recente dell’azienda di
piazza della Croce Rossa. Il suo
predecessore Elio Catania guadagnava più del doppio, e prima di lui Giancarlo Cimoli ha
incassato stipendi e buonuscite
milionarie non giustificate dai
risultati. I due presidenti che
hanno affiancato Moretti negli
otto anni al vertice (prima Innocenzo Cipolletta e poi Lamberto Cardia) guadagnavano
pochi euro meno di lui lavorando forse un decimo dell’amministratore delegato.
In Finmeccanica Moretti sarà il
manager più low cost degli ultimi anni. Saranno dunque ben
altri i banchi di prova per questo ingegnere elettrotecnico di
60 anni che dopo una vita tra i
binari va a guidare un gruppo
che ha appena deciso di disfarsi
della tecnologia ferroviaria (i
treni di Ansaldo Breda e il segnalamento di Ansaldo Sts) per
concentrarsi sul settore militare. Dai treni in semi-monopolio al duro mercato internazionale degli armamenti il passaggio non è dei più semplici. Dalle
liti con i comitati dei pendolari
e gli assessori regionali alle trattative con i ministri della guerra dei paesi emergenti il salto
potrebbe rivelarsi complicato.
Il principale ostacolo sulla strada di Moretti è la rabbia del popolo Finmeccanica. Alessandro Pansa, salito al vertice un
anno fa dopo l’arresto dell’amministratore delegato Giuseppe Orsi (inchiesta per corruzione internazionale sugli elicotteri venduti all’India), nel tentativo di proteggere la sua poltrona dall’onda della rottamazione ha trascurato di lavorare su
una soluzione interna. Così,
mentre Eni ed Enel vengono
decapitate ma vedono la pro-
mozione di due manager cresciuti in casa, Finmeccanica subisce l’onta di una sorta di commissariamento, attraverso un
manager esterno che non ha
mai guidato un’azienda quotata in Borsa e così complessa.
Finmeccanica è un’azienda in
grave crisi. Uno sciame sismico
di scandali grandi e piccoli l’ha
scossa profondamente negli ultimi quattro anni, provocando
instabilità al vertice (da Pier
Francesco Guarguaglini a Orsi,
da Orsi a Pansa, e sempre dopo
STRANI INCROCI
In Ferrovie dal 1978,
arriva in Finmeccanica
proprio mentre il gruppo
vende il comparto
trasporti. Guadagnerà
900 mila euro l’anno
lunghe guerre intestine tra il
manager declinante e quello
emergente) e un peggioramento netto delle performance industriali. Sono crollati i margini di profitto e il portafoglio ordini, mentre lo scandalo indiano ha profondamente vulnerato le capacità di penetrazione
del gruppo italiano nel difficile
mercato degli armamenti.
IN UN CONTESTO così difficile
Moretti, con lo smilzo curriculum di 36 anni di lavoro tutti
nella stessa azienda, ha due carte pesanti da giocare. La prima è
l’ombrello protettivo della politica. Voluto in quel posto direttamente da Renzi, ma stimatissimo da sempre anche da
Giorgio Napolitano, con il quale ha condiviso in tempi non
sospetti la militanza migliorista
nel Pci, il manager riminese
non paga pegno, come tanti
manager pubblici del passato,
all’essere nominato “in quota”
di qualcuno e perciò a dispetto
di qualcun altro. Questo gli garantisce ampia libertà di manovra. La seconda carta vincente è
la fama di persona integerrima,
sufficiente a tenerlo al riparo da
proposte “indecenti”.
La sua storia di uomo di umili
origini, che si è mantenuto agli
studi facendo l’istruttore di
pattinaggio, potrebbe aiutarlo a
conquistare il rispetto dei 75
mila uomini che fanno la Finmeccanica. Il suo carattere poco accomodante potrebbe però
rendere tutto più difficile.
Twitter@giorgiomeletti
IL PATTO
il Fatto Quotidiano
Mentana vs Letta
”Se trova un falso
nel tg mi dimetto”
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
me”. La risposta del direttore del Tg de
La7 non si è fatta attendere. Già l’altra
sera, via twitter, aveva risposto: “Per
smentire una notizia pubblicata stamattina dal quotidiano Libero, l'onorevole Letta se la prende con il telegiornale che dirigo. Il tg La7 ha solo citato,
brevissimamente, Libero: in ogni caso
ENRICO LETTA non ci era andato giù
leggero ieri con il Tg de La7 di Enrico
Mentana. Su Twitter aveva chiarito con
una certa ruvidità come non corrispondesse a verità il suo possibile passaggio
in Ncd: “... è notizia inventata dal #tgla7,
priva di fondamento come spesso capita quando il tg di Mentana parla di
LE RIFORME CON LO ZOPPO
SONO A RISCHIO: RENZI VEDE B.
DOPO QUELLO DEL NAZARENO NUOVO INCONTRO A PALAZZO CHIGI
CON LE EUROPEE FORZA ITALIA POTREBBE NON VOLERE PIÙ L’ITALICUM
5
non abbiamo ‘inventato’ nulla. Né questa volta né mai: e sono certo che l’onorevole Letta, una volta tornato all’antica pacatezza, non avrà difficoltà a
convenirne”. Ieri la scommessa diretta
al tg della sera: “Se trova una notizia inventata nel mio Tg, da qui a un mese,
pronto a dimettermi”.
SEGUE DALLA PRIMA
di Marco
Travaglio
dava dei “pazzi, antropologicamente diversi dal reB.
sto della razza umana” a tutti i magistrati? “Solo
battute in libertà, al limite del paradosso”, spiegava Pao-
lino. Il Cavaliere rivelava di avere strappato a Helsinki
l’autorità europea del cibo “rispolverando le mie arti di
playboy con la presidente finlandese Halonen”? “Una carineria detta in clima festoso”, chiosava il portacazzate.
Prodi vinceva d’un soffio le elezioni del 2006? “Abbiamo il
Senato con oltre il 50% e 350 mila voti di differenza”,
vaneggiava il viceballista. Quando Previti finì a Rebibbia
per ben tre giorni (su 7 anni e mezzo di condanna), anche
lui partecipò al pellegrinaggio di italoforzuti nella cella del
nuovo Pellico. E quando B. presentò una memoria piena
di balle in tribunale per farsi assolvere al processo Mills,
emise una nota che non ammetteva repliche: “Le annotazioni del presidente B. imporrebbero, di per sé sole, la
piena totale assoluzione”. Basta chiedere all’imputato:
scusi, lei è colpevole o innocente? Innocente. Ah, beh,
allora è assolto con tante scuse. Mai un plissè, un dubbio,
un cedimento, un crampo alla lingua. Fino all’altro giorno, quando il suo ufficio a Palazzo Grazioli è stato sbaraccato senza avvertirlo e le sue cose, ammassate negli
scatoloni, sono finite nel cortile. A quel punto non ci ha
visto più, o meglio ha visto passare davanti ai suoi occhi gli
ultimi vent’anni della sua vita, ed è emersa un’insanabile
“divergenza politica”. Con chi? Con se stesso. Ma lui l’ha
superata con agile balzo traslocando lingua e bagagli alla
corte di Alfano e degli altri “diversamente berlusconiani”.
Nel ruolo di “stratega”. Cioè di diversamente leccante.
Silvio Berlusconi, prossimo a scontare la pena accessoria della propria condanna e Matteo Renzi, presidente del Consiglio LaPresse
di Fabrizio
d’Esposito
e Wanda Marra
l Premier e il Condannato, atto secondo. Ieri sera intorno alle nove. A Palazzo Chigi
per cena, nell’appartamento
privato del premier. Con
Renzi c’è il fido Lorenzo Guerini, l’uomo delle trattative
più difficili, lo stesso che andò a prendere l’ex Cavaliere
all’arrivo nella sede del Nazareno a gennaio. Con Berlusconi ci sono sia Denis Verdini, lo sherpa che ha il compito di tenere contatti e patti
tra i due, sia Gianni Letta,
l’ambasciatore tradizionale
di B. presente anche al Nazareno tre mesi fa, al primo
vertice tra i due.
I
LA NOTIZIA si sparge poco
prima, ma i due sanno di vedersi già da domenica. Ed è
per questo che Silvio Berlu-
sconi anticipa di un giorno il
suo rientro a Roma, all’ora di
pranzo. La versione ufficiale
diramata dai suoi fedelissimi
riferisce solo del “lavoro sulle
liste per le Europee”, all’inizio
di una settimana scandita dall’epurazione di Paolo Bonaiuti da Forza Italia. In realtà,
una volta a Palazzo Grazioli,
per l’ex Cavaliere comincia
una lunga giornata di contatti. Il solito Gianni Letta è incaricato di seguire la partita
delle nomine che si sta giocando nel governo. La conferma del nuovo vertice arriva
nel pomeriggio: “Allora vi vedete alle ventuno, quando le
nomine sono annunciate”.
Nel cerchio magico di B. spiegano così l’accelerazione:
“Nessuna sorpresa, l’incontro
era deciso da tempo. Solo che
uno (Renzi, ndr) aveva sempre
da fare, l’altro rischiava (Berlusconi, ndr) l’arresto”.
In teoria la decisione del tri-
bunale di sorveglianza ancora
non c’è e così il Condannato
ha ottenuto quello che voleva
da tempo: incontrare il premier e ottenere una nuova legittimazione da padre della
patria. Motivo ufficiale del secondo colloquio tra i due, al
riparo dei flash e delle telecamere, sono infatti le riforme. Perché con la dissoluzione di Forza Italia in atto, il
patto del Nazareno è a rischio, e con esso la riforma
del Senato e soprattutto l’Italicum, contro cui la minoranza Pd sta combattendo
una battaglia senza quartiere.
Le riforme sono state argomento toccato anche nell’incontro tra il presidente del
Consiglio e Napolitano, ieri a
ora di pranzo. A rischio soprattutto l’Italicum: una legge
fatta in un patto di Pd e Fi,
con tanto di ballottaggio tra i
due partiti principali, potrebbe non avere più senso se le
IL FACCIA A FACCIA
Nell’appartamento
privato del primo
ministro: da una parte
ci sono Verdini
e Gianni Letta
dall’altra Guerini
europee confermano che
Grillo supera di molto Fi. Insomma, spiegano al Quirinale, a rischio è l’intero quadro
politico.
DAL CERCHIO MAGICO di B.
la prospettiva è però unilaterale: “Il presidente vuol capire
fino a che punto le divisioni
nel Pd impediranno il cammino delle riforme. Ovviamente si parlerà anche del Senato, questo qui come è uscito
dal testo di Renzi non ci piace”. Dallo stretto entourage
del premier, invece, la spiegazione è molto più piana:
“Berlusconi ci ha chiesto un
incontro e lo facciamo”. In
realtà, spiegano, Renzi si era
dimostrato disponibile da
giorni. E poi, ancora: “Prima
delle nomine non poteva farsi, adesso sì”. Perché, come
dice il premier ai suoi, altrimenti si sarebbe detto che le
trattava direttamente con l’ex
Cavaliere. Quello che Renzi
va a vedere, in realtà, è se l’alleato Silvio è ancora in grado
di garantirgli i risultati trattati
a gennaio. Il sottosegretario
di Palazzo Chigi, Graziano
Delrio, non a caso, parla di
“manutenzione perché c’era
un certo nervosismo di Berlusconi”. Chiaro riferimento
alle vicende giudiziarie del
Condannato. I berlusconiani
usano un termine simile, “tagliando”. Sennò l’unico oriz-
zonte diventa il voto. Magari
anche a giugno.
Riforme, riforme, riforme.
Anche se da giorni Berlusconi
ha la testa solo per la decisione dei magistrati di Milano
sui servizi sociali da scontare
per condanna Mediaset. La
questione ovviamente ha fatto capolino a tavola.
E ALLA FINE , dopo due ore e
passa di colloquio, tra una
portata e l’altra i due arrivano
all’unica conclusione possibile, con il quadro dato: ognuno
deve cercare di tenere a bada i
suoi in attese del risultato delle europee. Più che un accordo sembra una tregua. Da varare alla prova dei fatti: intanto c’è il voto sulla riforma
del Senato, che Renzi deve
portare a casa senza se e senza
ma in prima lettura a Palazzo
Madama entro il 25 maggio. E
l’Italicum è sempre più lontano.
Boschi e l’improbabile rottamatore Decaro
SPOT DELLA MINISTRO PER LE COMUNALI DI BARI: PECCATO CHE IL CANDIDATO PD SIA IL DELFINO DELL’EX ASSESSORE ALBERTO TEDESCO
di Marco Palombi
ice Maria Elena Boschi occhieggiando alla
D
telecamera: “Ma t’immagini qualche mese
fa se ci avessero detto che io avrei fatto il ministro
caro imbarazzato, per poi svicolare. “Penso sia arrivato il momento di andarci a mangiare una focaccia”. Segue quella che un ottimista chiamerebbe una battuta sui rispettivi dialetti chiusa dallo
“sciamuninn” (andiamo) della Boschi. La risata
non c’è, ma non è quel che rileva: Decaro e la rottamazione, per chiunque ne conosca la storia, non
stanno bene insieme.
Per capire bisogna riassumere chi è Antonio Decaro, da dove viene, chi lo manda. Si può dire in
e tu il sindaco?”. Al netto del garbato riferimento
ad antichi gesti apotropaici di Antonio Decaro – il
piddino che al momento non è affatto sindaco ma
solo candidato – lo spot elettorale per le comunali
di Bari che vede protagonista la ministro delle Riforme, sancisce due cose: la prima è
che, a parte Renzi, lei è l’unico volto
pubblico del governo; la seconda,
VOLTO NUOVO
che le sue qualità attoriali non le garantiranno un futuro nel cinema.
LA QUALITÀ della sceneggiatura –
va detto – non aiuta: “Dai che lo sanno tutti che vinci tu: sei il più bravo”,
cinguetta la ministro. Poi fa la faccia
seria: “Ma stai rottamando un po’?”.
È qui che, contro ogni previsione, la
realtà irrompe nella finzione: “Rottamazione gentile...”, risponde De-
Fu nella giunta cittadina
e capogruppo in Regione
per volere dell’ex padrino
Ora i due hanno rotto,
ma il nostro ha ereditato
la sua rete di potere
poche parole: barese, 43 anni, ingegnere Anas in
aspettativa, il nostro è il figlioccio politico dell’ex
assessore regionale e senatore del Pd Alberto Tedesco, quello dello scandalo Sanità che quasi travolse la Giunta Vendola nel 2010 (Tedesco, l’estate scorsa, è poi stato prosciolto). Fu il socialista
Tedesco, infatti, amico da una vita del padre di
Antonio, Giovanni Decaro, a imporlo come assessore ai Trasporti del Comune di Bari a Michele
Emiliano nel 2004. È ancora a Tedesco che il no-
“SCIAMUNINN”
Un’immagine dello spot
elettorale. Nel
finale Boschi
parla dialetto
barese Ansa
stro deve la pioggia di preferenze che l’ha portato a
diventare capogruppo del Pd in Consiglio regionale nel 2010.
SOLO NEL 2013, raccontano, l’oggi renziano Decaro ha rotto col potente padrino politico, ereditandone però gran parte della rete di potere sul
territorio: imprenditori, dirigenti di aziende sanitarie, membri di cda nelle municipalizzate e nei
consigli comunali o circoscrizionali. Una rete che
gli ha permesso di strapazzare i concorrenti alle
ultime primarie per la scelta dei parlamentari del
Pd: oggi è deputato. C’è un’altra cosa che Decaro
ha in comune con l’ex amico Tedesco (che ora s’è
avvicinato a Forza Italia): anche il candidato sindaco è stato assolto durante il 2013, a dicembre per
la precisione. Era accusato di aver tentato di raccomandare un suo cugino all’Arpa regionale. Solo
tentato, però, perché nonostante gli aiuti, il parente alla voce titoli faceva segnare “zero”: fu proprio l'allora assessore Alberto Tedesco, che doveva sollecitare il presidente di commissione, a
farglielo notare in una gustosa intercettazione.
Bizzarro rottamatore, per quanto gentile.
6
C’È CRISI
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
Brunetta ha l’auto
di Togliattigrad:
Lada Niva sovietica
COME IL SUO LEADER, Renato Brunetta
ha il pallino della lotta al comunismo. Ma
in fatto d’auto, non disdegna nulla, neanche quelle d’epoca prodotte nell’Unione
sovietica, magari in posti che portano il
nome della tanto odiata vecchia nomenclatura del Partito comunista. Il capogruppo di Forza Italia (180 mila euro di
il Fatto Quotidiano
reddito e sei proprietà) – che può contare
anche su una Fiat 110 F (berlina 500) del
1968 – possiede infatti una Lada Vaz 2121
Niva del 1989, un fuoristrada prodotto negli stabilimenti sovietici di Togliattigrad città russa che si trova nei pressi del fiume
Volga - chiamata così in onore dello storico segretario del Pci, Palmiro Togliatti.
IL CLUB DEI MILIONARI DEL PARLAMENTO ITALIANO
ON. ANTONIO
ANGELUCCI (FI)
ON. GREGORIO
GITTI (PI)
SEN. RENATO
TURANO (PD)
SEN. NICCOLÒ
GHEDINI (FI)
ON. YORAM
GUTGELD (PD)
ON. GIAMPAOLO
GALLI (PD)
ON. MARIO
BORGHESE (MISTO)
EURO 4,5 ML
Dopo la decadenza
di B. è lui il più ricco
tra i parlamentari
3,7 MILIONI
L’avvocato
dei popolari nel
club dei milionari
2,9 MILIONI
È stato eletto
in America
e vive a Chicago
2,1 MILIONI
L’avvocato
di Berlusconi
è nella top ten
1,7 MILIONI
Tra i ricchissimi
anche il broker
finanziario
1,3 MILIONI
Non manca l’ex direttore generale di
Confindustria
1,1 MILIONI
Chiude il club
dei milionari, eletto
in Sudamerica
B. IL PIÙ RICCO, SECONDO ANGELUCCI
E 51 “POVERI” SONO A REDDITO ZERO
IL CAIMANO ORMAI DECADUTO È ANCORA IN TESTA ALLA CLASSIFICA, MA È IN PICCHIATA:
DA 35 A 4,5 MILIONI. SENZA UN EURO 25 M5S, 12 PD, 8 SEL, 1 NCD, 1 “PER L’ITALIA” E 4 DEL MISTO
di Carlo Di Foggia e Alessio Schiesari
C’
è ancora Silvio Berlusconi in
testa alla classifica dei paperoni del Parlamento. Nel
2012, l’ex senatore ha dichiarato 4,5 milioni di euro, un tracollo rispetto
ai 35 milioni dell’anno precedente. Lo segue
il deputato Antonio Angelucci (4,5 milioni).
Nel club dei milionari altri sei fra deputati e
senatori (qui sopra la classifica). Segue Alberto Bombassei (Sc) con 845 mila euro, ma 7,4
milioni di azioni Ntv (i treni di Montezemolo e Della Valle) e otto auto, di cui sette
d’epoca. La pluriolimpionica di scherma
Valentina Vezzali vanta 689 mila euro. In
attesa di leggere la dichiarazione dei redditi
del premier Matteo Renzi, per ora i ministri
PAPERONI NEI PALAZZI
i più ricchi sono Maurizio Lupi (282 mila
euro) e Dario Franceschini (239 mila). Il presidente del Senato Pietro Grasso dichiara
176 mila euro, lo stipendio da superprocuratore nazionale antimafia. Laura Boldrini,
presidente della Camera, dichiara poco più
di 6 mila euro, ma da sommare ai 94 mila,
non soggetti a imposizione fiscale, percepiti
per il suo incarico all’Onu.
GIUSTIFICAZIONI
ONOREVOLI PILOTI
L’editore di Libero è un senza-tetto Formigoni: “Non ho 49 milioni”
Il re del panino vive a Chicago
Boschi: “Spese elettorali? Boh...”
DICHIARARE 4,5 milioni di euro l’anno e non
sentirli. Antonio Angelucci (Fi) è il secondo
parlamentare che guadagna di più (tallona Silvio Berlusconi) ma non ha intestato nulla, né
un appartamento, né uno scooter. Ma la vera
novità è il senatore Renato Turano (Pd): sconosciuto alle cronache, il parlamentare eletto all’estero nel 2012, vive a Chicago e ha denunciato un reddito di
2,9 milioni di euro. Cosentino di nascita, ha ereditato l’impero
dei panini Turano Baking Company. Non se la passa male nemmeno uno dei consiglieri economici di Matteo Renzi, Yoram
Gutgeld (Pd). L’ex numero uno della società di consulenza
McKinsey ha denunciato un reddito di 1,7 milioni e tre appartamenti. Tra i paperoni c’è anche l’avvocato e genero del banchiere Giovanni Bazoli Gregorio Gitti (Per l’Italia), che ha denunciato 3,7 milioni. Di poco fuori dal club dei milionari c’è
Bernabò Bocca (Fi), presidente di Federalberghi: 758 mila euro.
STRAFALCIONI E FURBIZIE D’INCAPIENTI
Nella casella “stato civile”
Nuti scrive “nubile”, ma è uomo
NON AVRANNO redditi alti, ma la fantasia non
manca ai cinque stelle. L’ex capogruppo alla
Camera Riccardo Nuti (in foto), nello stato patrimoniale non è celibe ma “nubile”, mentre
molti suoi colleghi nell’apposita casella si limitano a un più semplice “libero”. Filippo Gallinella è volato alto e ha scritto “italiano”, parola poi
cancellata con un tratto di penna. Luigi Manconi (Pd) sceglie “libero di stato”, mentre i democratici Marroni e Mongiello ci provano prima delle leggi: “Convivente”. Il deputato centrista Paolo
Vitelli (332 mila euro di reddito) probabilmente sa guidare benissimo la sua Porsche, ma non ha idea di come si scriva. Nella
nota si legge infatti “Porche”. Con la caduta del governo Letta è
stato silurato uno dei ministri più poveri di sempre: Cécile Kyenge ha infatti dichiarato solo 38 mila euro. Poi ci sono i parlamentari “incapienti”, cioè coloro che guadagnano meno di 8.000
euro. A differenza dei “reddito zero” hanno quasi tutti presentato la dichiarazione, pur non essendo obbligati. La ragione è
semplice: avranno il vantaggio del credito d’imposta in detrazione da quello che nel 2013 sarà il cospicuo stipendio parlamentare. Fra questi c’è il cinquestelle Emanuele Cozzolino (33 anni),
che nel 2012 ha prodotto un reddito dichiarato di 24 (ventiquattro) euro a fronte di un credito d’imposta da 1.802 euro.
Nell’illustrazione,
Silvio
Berlusconi,
Pietro Grasso,
Laura
Boldrini e
Luigi Di Maio
SCOPERTE le carte, Roberto Formigoni (in foto) è
tornato all’attacco. “È evidente che non ho un
patrimonio di 49 milioni di euro”, ha spiegato
ieri riferendosi al maxi-sequestro subito nell’ambito dell’inchiesta Maugeri. Da dove arrivino quei soldi non è dato saperlo visto che nel
2012 il senatore Ncd ha denunciato un reddito
di “soli” 168 mila euro (e “18 euro sul conto”, stando alle sue dichiarazioni) e 10 proprietà (ma lui sostiene siano tre), tutte a Lecco tranne una, a Sanremo. Tra queste non risulta la famosa villa
ad Arzachena sequestrata qualche giorno fa. Formigoni vanta però il record di spese elettorali: 71 mila euro. All’estremo opposto
c’è Maria Elena Boschi (Pd), la più “povera” della compagine di
governo. Il ministro per le Riforme (90 mila euro di reddito), diversamente dai suoi colleghi, non ha indicato le spese elettorali.
“Non sono in grado di quantificarle – si legge nella nota – ma non
ho ricevuto dal partito carta, né predisposto manifesti elettorali”.
D’Ascola, l’ex avvocato di Gianpi
colleziona super-bolidi
GLI ONOREVOLI si dividono sulle automobili:
c’è chi guida catorci e chi colleziona bolidi come
Alberto Bombassei. Il garage migliore è quello
del senatore Nico D’Ascola (in foto), Ncd. L’ex legale di Gianpi Tarantini (365 mila euro) possiede 14 fuoriserie: una Ford Mutt del ’67, due Porsche, una Jaguar, più varie jeep Cherokee e Land
Rover. Raffaele Fitto si ferma a due, ma di pregio: una Jaguar e
un’Audi A4. Tutt’altro stile quello di Angelo Antino D’Agostino
(Sc): dichiara 187 mila euro, ma gira a bordo di una Fiat Uno del
’92. Prima delle elezioni, però, preferisce l’auto a noleggio: le fatture, insieme a quelle dei pneumatici forati, si ritrovano nella nota
spese elettorali. Mentre il miliardario Turano guida una Lancia,
Denis Verdini (Fi) alterna Mercedes e un quadriciclo. Un altro che
non spende soldi nei motori è l’ecologista Ermete Realacci (Pd):
dichiara 99 mila euro, ma guida una vecchia Fiat Marea del 1997. I
cinque stelle, stando alle dichiarzioni, usano i mezzi pubblici.
MENO DI NIENTE
Il grillino da -296 euro: “2012
anno nero, io mai stato pagato”
5 Stelle, ma anche a zero reddito. Sono i 25 parlamentari del Movimento
A
che nel 2013 non hanno presentato la di-
chiarazione fiscale relativa all’anno precedente: quando non erano ancora nei Palazzi. Di fatto, la metà dei 51 redditi zero
delle due Camere è grillina, a fronte di 12
del Pd e 8 di Sel. Tra i 5 Stelle, deputati
come il vicepresidente della Camera Luigi
Di Maio, 27 anni e il presidente della Commissione di Vigilanza sulla Rai, Roberto
Fico, 39 anni. Fino a Giuseppe Brescia, 30
anni, il capogruppo più povero a Montecitorio. Per ora i parlamentari M5S possono contare in media su 3 mila euro mensili: la parte restante di stipendio e rimborsi
non percepiti la dirottano al Fondo per le
medie e piccole imprese. Di Maio, giornalista pubblicista, formalmente è ancora
uno studente di Giurisprudenza. Nel 2012
ha speso di tasca propria 400 euro per la
campagna elettorale e ricevuto 714 euro di
donazioni da terzi. Quindi, il seggio a
Montecitorio. Il deputato racconta: “Nel
gennaio del 2013 stavo per avviare una società di commercio in via elettronica con
amici. Loro hanno portato avanti il progetto: non mi raccontano di grandi guadagni, nonostante l’idea funzioni. È il
mondo dei 25enni italiani...”. Dopo la politica, che lavoro vorrebbe fare? “Ci sono
più avvocati in Lombardia che in tutta l’Inghilterra, e allora rispondo: consulente informatico, per aiutare le imprese tramite la
tecnologia”. Tra i 5 Stelle a reddito zero anche il senatore Vito Petrocelli, 50 anni,
eletto in Basilicata. La sua dichiarazione
2012 è in negativo: -296 euro. “Una compensazione per Iva anticipata” spiega Petrocelli, geologo dal 1992. Racconta: “Sono
una delle tantissime partite Iva che hanno
pagato il prezzo della crisi. Per anni con il
Il senatore grillino Vito Petrocelli LaPresse
mio lavoro ho guadagnato discretamente:
facevo perizie sulla trivellazione di pozzi o
sulla bonifica di siti. Poi nel 2012 ho fatturato senza vedere un solo pagamento, sia
dai privati che dal pubblico”. Ora ci sono lo
scranno da senatore e un mensile da 3.100
euro. Dopo? “Ho aperto una società di prodotti alimentari a chilometro zero con un
amico. Non è facile, ma riprendere come
geologo non mi pare possibile. Diversi senatori del M5S sono nella mia stessa condizione: quella di professionisti che sanno
quanto è dura lì fuori”.
Ldc
C’È CRISI
il Fatto Quotidiano
COSE RUSSE
VLADIMIR PUTIN SI TRIPLICA LO STIPENDIO
Vladimir Putin si alza lo stipendio. Anzi, arriva
quasi a triplicarselo, dopo che nei giorni scorsi
era emerso dalle dichiarazioni dei redditi che
guadagnava solo 3,7 milioni di rubli annui, pari a
74 mila euro. Meno di quasi tutti gli altri leader
che contano nel mondo, ma anche del premier
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
Dmitri Medvedev (4,3 milioni di rubli, ossia 85
mila euro) o di molti dei suoi ministri e consiglieri. E persino del suo stesso portavoce Dmitri Peskov (185 mila euro). Troppo imbarazzante, e soprattutto poco credibile dato che la dozzina di
orologi da polso, secondo i suoi detrattori, varrebbe da sola 700 mila dollari. Così oggi ha disposto un adeguamento dell’appannaggio presi-
7
denziale e degli emolumenti del capo del governo, che saranno moltiplicati per 2,65. Putin ora
arriverà a guadagnare 196 mila euro l’anno, comunque meno della metà di Obama. Dalla sua
ultima dichiarazione dei redditi, Putin risulta proprietario, a titolo personale, solo di un appartamento di 77 metri quadrati, di un terreno di 1.500
mq, di un box auto di 18 mq e di tre automobili.
Se questa è opposizione
Grillo “usa” Primo Levi
IL LEADER PENTASTELLATO MODIFICA PURE UNA FOTO DI AUSCHWITZ PER ATTACCARE IL GOVERNO
LA COMUNITÀ EBRAICA: “PROFANAZIONE”. LUI REPLICA: “MA IO VOLEVO ONORARE LO SCRITTORE”
di Luca De Carolis
V
FARMACISTA-LATIFONDISTA
Il tesoriere di Forza Italia
ha 44 terreni e 21 fabbricati
CHI RICORDA Mazzarò, il protagonista de La Roba di Verga? Non gli piacevano i soldi, solo la
terra. Come al tesoriere di Forza Italia Rocco Crimi (in foto), che denuncia “solo” 401 mila euro,
ma ci aggiunge 21 fabbricati, 44 terreni e una
farmacia. Non se la passa male nemmeno la centrista Ilaria Borletti Buitoni, che ha appartamenti
disseminati tra Milano, Londra, l’Argentario e Varese. E pure una
Lexus, due Fiat, un trattore e un rimorchio. Il neo ministro Marianna Madia manca di poco l’entrata nel club dei 100 mila euro,
ma dichiara quattro fabbricati (due in comproprietà) e un box,
tutti nella Capitale. Raffaele Fitto (Fi) tra uliveti, opifici e appartamenti somma 17 proprietà; la sua collega di partito Stefania
Prestigiacomo, unita al marito, si ferma a 11. Ne ha poche ma ben
selezionate l’ex sindacalista Guglielmo Epifani: due proprietà a
Parigi (ma una è stata venduta quest’anno), una a Roma e un terreno. Dulcis in fundo, Niccolò Ghedini: 22 fabbricati e 5 terreni.
oleva essere una citazione colta e d’impatto, ma l’artista da
comizi ha suonato la
nota sbagliata. Esponendosi a
condanne a valanga, e a un’accusa che è un macigno: “Profanazione della Memoria ebraica”. Beppe Grillo inciampa su
un post pubblicato sul suo blog,
nella prima delle sue due giornate a Roma, dove ieri sera ha
chiuso il tour Te la do io l’Europa
(ma potrebbe aggiungere date).
La “colpa” è “Se questo è un Paese”, parafrasi di Se questo è un uomo, capolavoro in cui Primo Levi racconta l’orrore vissuto nel
campo di sterminio di Auschwitz. Secondo Grillo, “un
modo di onorare Levi”. Nei fatti
un autogol. Il fondatore di M5S
scrive sulla falsariga della poesia
introduttiva al romanzo. A corredo del post, un fotomontaggio
sull’entrata di Auschwitz. La
scritta sul cancello di ingresso,
Arbeit macht frei (“Il lavoro rende
liberi”) è corretta in P2 macht
frei. Nel testo, bordate auliche:
“Voi che vi disinteressate della
cosa pubblica come se vi fosse
estranea... voi che trovate a sera
il telegiornale di regime caldo e
visi di mafiosi e piduisti sullo
schermo... considerate se questo è un Paese che vive nel fango
che non conosce pace ma mafia”. E via parafrasando, tra attacchi al “vecchio impaurito
delle sue stesse azioni che ignora
la Costituzione” (Napolitano), e
la delusione per “un Paese che
ha eletto come speranza un volgare mentitore assurto a leader
da povero buffone di provincia”, (Renzi). Ce n’è anche per
“una donna, usata per raccogliere voti, per raccontare menzogne su un trespolo televisivo,
fatto
a mano
per rinnegare la sua dignità, orpello di partito, vuoti gli occhi e
freddo il cuore come una rana
d’inverno”. La Boschi?
IL POST APPARE alle 11.22. Ed è
tempesta. Il presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche
italiane, Renzo Gattegna, è durissimo: “Il post è un’oscenità,
una profanazione criminale del
valore della Memoria e del ricordo di milioni di vittime innocenti che offende l’Italia intera. Una provocazione per solleticare i più bassi sentimenti antisemiti e cavalcare il malcontento popolare”. Dagli altri partiti batteria di condanne. Luigi
Zanda (Pd) parla di “fascismo di
stampo nazista”. Picchia anche
il 5 Stelle Tommaso Currò, dissidente: “È una parafrasi che
Beppegrillo.it ieri: “Profanazione”,
per la comunità ebraica
non sta in cielo né in terra, offensiva”. Grillo se ne sta nel suo
albergo vicino piazza Venezia,
assieme alla moglie. Era arrivato
domenica sera, tanto da cenare
da Assunta Madre, teatro delle
intercettazioni sul caso Dell’Utri. È sorpreso dalle reazioni:
“Figuriamoci se posso essere ac-
cusato di antisemitismo. E poi
nei post citiamo spesso artisti”.
Prova a concentrarsi sullo spettacolo, per quel tour che vuole
portare avanti con altre date, in
Italia e non (si vocifera di una
data a Bruxelles). Lavora alle iniziative di oggi. Nel pomeriggio
terrà una conferenza stampa alla Camera contro Equitalia, di
cui tornerà a chiedere l’abolizione assieme ad alcuni cittadini.
Poi dovrebbe andare a Palazzo
Madama, a “sostenere” i senatori contro la riforma del voto di
scambio. Ma nel giorno del post
è bufera. In mattinata è morto
Emanuele Pacifici, padre di Riccardo, presidente della Comunità ebraica romana. Laura Boldrini scrive: “La tristezza per la
sua scomparsa è resa più pesante da chi ha voluto strumentalizzare il ricordo dello sterminio
a fini di polemica politica”. Condoglianze anche da Berlusconi,
con accorata nota. Delrio replica a Grillo: “Non c’è nessuna P2
che abita a Palazzo Chigi, la P2 è
stata una disgrazia”. Il capogruppo in Senato Maurizio Buccarella prova a difenderlo: “Grillo parla per paradossi e analogie,
se fosse fatta un’analisi seria del
testo si vedrebbe che non mira a
offendere: ma se qualcuno si è
offeso mi scuso”. Il fondatore di
M5S riceve la deputata Laura
Castelli, che gli consegna la maglietta #abolireequitalia. Alle
19.40 esce e urla ai cronisti:
“Grillo cosa ci dice di Renzi?”.
Scompare in un minivan nero.
Quindi arriva al Palalottomatica. E dal palco risponde: “Primo
Levi scrive un libro straordinario, prendo una sua poesia per
onorare uno scrittore come lui,
che dice di non abbassare mai la
testa, e che succede? Prendono
questa roba per depistare l’attenzione dal contenuto”.
8
ROTTAMAZIONI
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
DAL PDL ”mi chiesero se ero disponibile a candidarmi con loro e
dissi di no; risposi che ero ‘lusingata, ma no, grazie’, come si fa di
solito. È vero che in Inghilterra ero
legata alla destra, perché sono cresciuta con la Thatcher negli anni 80,
in Italia non sono politicamente le-
Fiona May
candidata
per Nardella
gata a nessuno”. Così, la campionessa di salto in lungo, Fiona May –
a capo della lista civica in sostegno
al candidato del Pd a sindaco di Firenze, Dario Nardella, alle Comunali del mese prossimo – ha risposto ai cronisti che le chiedevano, nel
corso della presentazione della li-
sta, se in passato si fosse sentita
vicina al centrodestra. L’atleta, nel
2008, fu a un passo dall’accettare la
candidatura del Pdl alle elezioni politiche, ma poi rifiutò perché, disse,
“le attività che svolgo non sarebbero compatibili con un serio impegno politico”. Sul punto, sempre
Magistrati in allarme:
stipendi a rischio tagli
Corriere, il sito web
lancia la puntata
di Report su Rcs
LA TRASMISSIONE DELLA GABANELLI INDAGA
SUI CONTI DEL GRUPPO CON CUI COLLABORA
LE MAGISTRATURE
Marra
nel corso della presentazione, è intervenuto lo stesso Nardella: “Non
ho mai sentito dichiarazioni per il
Pdl da parte di Fiona May – ha affermato – L’unica cosa che mi ha
colpito di lei è che ha detto di no a
Berlusconi in un periodo in cui a
Berlusconi dicevano tutti di sì”.
VIA SOLFERINO
IPOTESI AL VAGLIO DI PALAZZO CHIGI. RENZI POTREBBE RIUSCIRE DOVE B.
(E MONTI) HANNO FALLITO. L’ANM PROTESTA: “NON SIAMO STATI
CONSULTATI. IN BALLO L’AUTONOMIA DEL POTERE GIUDIZIARIO”
di Wanda
il Fatto Quotidiano
di Camilla Conti
Milano
llarme rosso tra i
magistrati: il governo vuole tagliare gli stipendi pubblici e le toghe dovrebbero essere tra le categorie più colpite. Si avvicina la data di venerdì, giorno in cui il Cdm insieme agli 80 euro in più nelle
buste paghe degli italiani dovrebbe cominciare a varare le
misure per le coperture. Alcune delle quali dovrebbero
arrivare dal taglio degli stipendi. Innanzitutto stabilendo un
tetto per i manager pubblici:
nessuno potrà guadagnare più
dei 239 mila lordi annui che
prende Giorgio Napolitano.
Ma tra le ipotesi allo studio di
Carlo Cottarelli, commissario
per la spending rewiew e di
Palazzo Chigi c’è quella di tagliare anche gli stipendi di dirigenti e funzionari pubblici.
In quale misura non è (ancora) dato saperlo. Cottarelli,
nelle famose slide che poi lo
stesso Renzi ha derubricato a
ventaglio di proposte, aveva
ipotizzato una riduzione compresa tra l'8% e il 12%. Ora le
toghe sono in assoluto tra le
categorie più pagate: sono in
347 gli avvocati dello Stato che
guadagnano intorno ai 269
mila euro. I 448 Consiglieri di
Stato guadagnano intorno a
180 mila euro. Lo stipendio
medio è di 131 mila euro annui. A fronte di questo, gli stipendi nella magistratura sono
stabiliti per legge proprio per
salvaguardare l’autonomia del
potere giudiziario da quello
politico.
A
INTANTO , nelle varie magi-
strature girano ogni tipo di voci. Come quella che il governo
starebbe addirittura pensando
di tagliare tra il 15 e il 30 per
cento le retribuzioni di chi
guadagna oltre 75 mila euro
lordi l’anno. Fatto sta che venerdì c’è stata una riunione del
Comitato di Coordinamento
fra le Magistrature e l’Avvocatura di Stato. Il Comitato ha
avuto da ridire sul metodo e
sul merito. Fermo dissenso a
“modifiche unilaterali della retribuzione, con riferimento ad
alcune soltanto delle categorie
del pubblico impiego”. Sul
merito, ha ricordato la sentenza della Corte costituzionale n.
223 dell’ottobre del 2012, nella
quale, dopo che il governo
Monti aveva provato ad abbassare gli stipendi, si ribadiva
che “l’attuale disciplina concernente il trattamento economico della Magistratura e delle
categorie ad essa equiparate risponde anche ad una fondamentale funzione di garanzia
dell’autonomia e dell’indipendenza della medesima”. Come
Avvocatura dello Stato
268.913
Magistrati
Consiglio di Stato
180.988
Magistrati
Corte dei conti
170.844
Magistrati
Magistratura ordinaria
133.176
Magistrati
Magistratura militare
Magistrati
Le riduzioni
si studiano su
vari livelli di
retribuzione
LaPresse
ribadisce anche Maurizio Carbone, segretario generale dell’Anm, a fronte di queste riserve, esiste la disponibilità a
farsi carico di una fase difficile
per il paese. “Ma nessuno di
noi è stato consultato, vorremmo una sorta di concertazione”. I sospetti poi sono tantissimi: sopra a tutti quello che
Renzi in realtà voglia togliere
potere alla magistratura.
Un’altra cosa che allarma le toghe è che il taglio dovrebbe avvenire sulla parte fissa degli
stipendi e non sulle indennità.
Misura, per inciso, che potrebbe indurre molti ad andare in
pensione.
In realtà da Palazzo Chigi fanno sapere che non saranno
certo solo i magistrati a subire
tagli del genere, ma un po’ tutte le categorie. Tra le ipotesi
allo studio, c’è una riduzione
progressiva degli stipendi dei
dirigenti pubblici superiori a
70-90 mila euro. Ci dovrebbe
entrare sicuramente il corpo
diplomatico. Forse anche le
Authority. Sempre che il taglio
ai magistrati si possa applica-
153.761
re. Perché per diminuire i loro
stipendi ci vorrebbe una legge.
Un decreto? Difficile: dove sono le caratteristiche di urgenza?
PALAZZO CHIGI ha cercato
intanto un’interlocuzione col
presidente della Consulta, organo costituzionale che non
ricade sotto la sua giurisdizione: Gaetano Silvestri guadagna 545.900 euro annui. Da
parte sua ci sarebbe stata una
certa disponibilità a ragionare
su un’auto riduzione. Va da sè
che una decisione del genere
produrrebbe un effetto a cascata. E infatti molti dei Consiglieri di Stato a Palazzo Chigi
hanno fatto notare che un taglio che si porta dietro ovviamente riduzioni per tutti potrebbe dar vita alla sollevazione della categoria.
I “che fai mi cacci?” di finiana memoria resta lì, sulla scriI
vania di Ferruccio de Bortoli. Il direttore del Corriere della
Sera non vuole dimettersi ma è stato di fatto sfiduciato dal-
l’amministratore delegato di Rcs, Pietro Scott Jovane e dagli
azionisti di controllo, ovvero dalla Fiat. In via Solferino dicono
che si continua a trattare sul prezzo della buonuscita con gli
avvocati delle parti al lavoro da giorni. Mentre l’interessato ha
fatto sapere alla redazione che il suo stipendio annuo non
supera il milione di euro, omettendo però l’entità dei bonus.
De Bortoli non parla con Jovane da settimane.
Nel frattempo la telenovela Rcs ieri è stata mandata in onda su
Rai3 dalla squadra di Milena Gabanelli nell’ultima puntata di
Report dedicata appunto alla “battaglia di Solferino” e anticipata ieri proprio sull’home page del sito del Corriere. Senza
paura, visto che oltre al contratto del direttore De Bortoli
Jovane potrebbe essere tentato
di dedicarsi a quello della collaborazione fra la Gabanelli e
l’azienda per le inchieste ReportTime pubblicate sulla web
tv del Corriere. L’inchiesta di
Giovanna Boursier parte dal
peccato originale del gruppo
che nel 2007 compra la spagnola Recoletos, tutto a debito e cash: un’operazione controversa,
con un prezzo troppo alto, 1
Ferruccio de Bortoli Dlm miliardo e 100. Poi arriva la crisi e a fine 2012 Rcs si ritrova
con 800 milioni di debiti in scadenza con le banche, capofila
Intesa, che della Rizzoli è anche azionista nonché consulente
attraverso Banca Imi. Per rifinanziare le banche concordano
un aumento di capitale e la vendita di asset. Per questo i soci a
luglio hanno versato 400 milioni e a dicembre Rcs ha venduto
al fondo Blackstone la sede storica del Corriere per 30 milioni.
Tra molte polemiche sul prezzo e su come è stata gestita l'operazione. E con l’opposizione di De Bortoli. A condire la
puntata di Report interviste allo stesso De Bortoli, a Jovane, a
Diego Della Valle e all’ad Fiat, Sergio Marchionne. Lo stesso
manager che in pubblico difende l'investimento di Fiat in Rcs
(“Nessuna intenzione di abdicare, se ci sono sfidanti si facciano avanti”) ma in privato continua a considerare un impiccio il pallino editoriale di John Elkann. “Perché avete scalato Rcs arrivando il 20,5%?”, gli chiede la Boursier. Risposta
gelida di Marchionne: “Perché nessun altro comprava”.
EBAY
Le strane offerte per l’asta delle auto blu
di Tommaso Rodano
omprereste un'auto blu
C
usata, su eBay, da Matteo
Renzi e dal governo italiano?
La risposta degli utenti sul sito
di commercio on line è affermativa. Le offerte fioccano e le
vendite procedono a ritmi sostenuti. Eppure non manca
qualche anomalia. Nelle aste
virtuali delle vetture di Palazzo
Chigi, le valutazioni delle macchine si gonfiano e si sgonfiano
all'improvviso, con offerte
(spesso fuori mercato) che
compaiono e vengono ritirate
in modo repentino e un po' sospetto.
FACCIAMO un passo indietro.
Le vetture di Stato in vendita
sono in tutto 151. Per ora sono
state piazzate le prime 33. Il to-
tale del denaro raccolto è di 254
mila euro. Una media di 7.600
per macchina. Fin qui tutto bene. Per accorgersi delle stranezze, si deve sfogliare la cronologia completa delle offerte presentate per ogni auto blu venduta. Una a caso: la Lancia Thesis Jtd del 2008 con 206 mila
chilometri e rotti nel motore. È
stata piazzata per 10.450 euro il
7 aprile. Se si sfoglia l'elenco
delle offerte, ce n'è una decisamente più alta del prezzo finale.
Il 28 marzo, per la stessa macchina, l'utente n***a aveva rilanciato fino a 14.000 euro. Due
giorni dopo, si è rimangiato
l'offerta. È insolito, ma può capitare, anche se la policy di eBay
su questo tipo di operazioni dovrebbe essere piuttosto severa.
Il ritiro dell'offerta, si legge sul
sito, dovrebbe essere permesso
Auto blu LaPresse
MISTERI
Le proposte
per le macchine si
gonfiano e si sgonfiano
in modo repentino:
e le valutazioni
crescono
solo in “circostanze eccezionali” (spiegate con dovizia di particolari e con la promessa di
prendere
provvedimenti:
“eBay effettuerà indagini approfondite sui ritiri delle offerte, l'abuso di questa opzione
può risultare in una sospensione dell'account”). Il fatto è che
queste “circostanze eccezionali” compaiono in quasi tutte le
aste per le auto blu del governo.
Altro esempio: un’Alfa Romeo
del 2001 con 94 mila chilometri
è stata veduta per 3020 euro il
12 aprile. L'8 aprile l'utente
r***l aveva presentato un'offerta di 5.400 euro, cancellata il
giorno stesso, dopo una manciata di ore. Addirittura f***e
(che eBay specifica essere, stavolta, un “utente non registrato”) aveva lanciato una proposta folle di 30 mila euro, durata
il tempo di una giornata. E ancora: l'Alfa 166 del 2007, acquistata il 6 aprile per 7.100 euro,
era stata oggetto di una serie di
rilanci ben oltre la cifra dell'affare finale: 8 mila, 9 mila e anche 10 mila euro. Tutti scomparsi. Come nella stragrande
maggioranza degli altri casi.
QUALCOSA , nella gestione di
queste aste, deve essere andato
storto, permettendo di partecipare anche a chi non era davvero interessato e facendo lievitare per qualche ora la valutazione delle vetture. Per fortuna, il gruzzoletto delle auto blu
non sarà una delle voci decisive
della prossima spending review: non ci sarà bisogno, insomma, di manovre correttive
ogni volta che qualcuno si mette a giocare su eBay.
ALLA SBARRA
il Fatto Quotidiano
Gemayel sconfessa
la missione per Putin
di Marcello
LA “NOTIZIA” l’aveva tirata fuori Repubblica.
Marcello Dell’Utri sarebbe stato inviato in Libano
da Silvio Berlusconi ”per sostenere la campagna
di Amin Gemayel su richiesta di Vladimir Putin”.
La stranezza della mediazione affidata a un quasi
condannato in via definitiva per mafia (sul quale
pende ad oggi un mandato d’arresto), ieri è stata
smentita da Forza Italia. Ma non solo. L’ufficio
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
stampa del presidente del partito libanese delle
Falangi, Gemayel (nella foto) “smentisce” in una
dichiarazione “il presunto ruolo del presidente
russo Vladimir Putin e dell’ex presidente italiano
del Consiglio Silvio Berlusconi nel sostenere Gemayel alle prossime elezioni presidenziali”. Non
c’è dunque nessuna copertura politica alla fuoriuscita di Dell’Utri dal Paese.
Dell’Utri è a Beirut
Ma a Roma si decide
se aiutò la mafia
IL FUGGITIVO
L’ex senatore del Pdl, Marcello Dell’Utri.
Non candidato nel 2013 Ansa
LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE È FISSATA PER OGGI
I LEGALI DELL’EX SENATORE SONO MALATI. RISCHIO RINVIO
di Sandra
Rizza
L
a sentenza di Cassazione che, come
lui stesso ha detto,
“dopo vent’anni di
calvario” deciderà della sua
vita, Marcello Dell’Utri l’aspetterà questa mattina a Beirut in una cella non troppo
angusta, descritta più come
un appartamentino che come
una camera di sicurezza. Il
fondatore di Publitalia resta,
infatti, in stato di arresto, e
potrebbe rimanervi fino alla
decisione sull’estradizione. Lo
ha spiegato ieri all’Ansa il procuratore generale della Cassazione libanese Samir Hammoud, precisando che il codice locale non prevede l’udienza di convalida. “Fino alla
ricezione del dossier con la richiesta di estradizione – ha dichiarato Hammoud – non ho
l’obbligo di vedere il detenuto
per un’udienza”.
IL MAGISTRATO ha poi illustrato i passi successivi, secondo la procedura libanese: “Dovrò presentare al ministro della Giustizia una relazione con
parere favorevole o contrario
alla richiesta di estradizione.
Sarà infine il potere esecutivo
a prendere la decisione finale
con un provvedimento firmato anche dal primo ministro e
dal presidente della Repubblica”.
Dopo il fermo di sabato scorso, scattato in una camera dell’albergo Phoenicia, al centro di
Beirut, Dell’Utri è rinchiuso
nella sezione dei servizi di intelligence del comando di Polizia. L’ex senatore del Pdl è in
isolamento: non può ricevere
giornali, nè guardare la televisione, ma gli è stato consentito di ricevere la visita dei familiari. La moglie Miranda
Ratti e il figlio Marco, che domenica si erano precipitati
nella capitale libanese, ieri pomeriggio lo hanno incontrato
per circa un quarto d’ora, portandogli farmaci e soprattutto
IN LIBANO
Il fondatore
di Publitalia è in cella
Per l’estradizione
occorre il rapporto del
ministro della Giustizia
e il parere del Presidente
alcuni libri. Ed è in compagnia
dei suoi volumi che, questa
mattina, il detenuto eccellente
aspetterà di conoscere il verdetto della Cassazione.
Anche se non è affatto detto
che la Suprema Corte si pronunci oggi: i difensori di Dell’Utri risultano, infatti, entrambi ammalati. Dopo la richiesta di rinvio presentata la
settimana scorsa dall’avvocato
napoletano Massimo Krogh,
ricoverato in clinica, anche il
penalista di Palermo Giuseppe
Di Peri ha fatto pervenire a
piazza Cavour un certificato
medico che attesta la sua temporanea indisposizione, invocando lo slittamento del verdetto.
STAMANE la prima sezione
penale, presieduta da Maria
Cristina Siotto (il magistrato
che di recente ha prosciolto
Niccolò Pollari e Marco Mancini per il caso Abu Omar),
dovrà decidere se celebrare
l’udienza senza i legali o se fissare una nuova data in attesa
della loro guarigione. E il rinvio (che dovrebbe comunque
“congelare” la prescrizione,
pronta a scattare il primo luglio) a questo punto, appare la
soluzione più probabile.
Lui, il fondatore di Publitalia,
nel frattempo non ha perso il
suo aplomb. Secondo indiscrezioni, avrebbe affidato la sua
difesa in Libano ad un avvocato locale, Nasser Al Khalil,
che però non ha ancora confermato l’incarico. Alla moglie, Dell’Utri ha detto di es-
9
MOTIVAZIONI Mediaset
“Inutile ricorso Ue”
correttamente motivata la durata di due anni
È
di interdizione dai pubblici uffici, emessa a
carico di Silvio Berlusconi nell’ambito del processo
Mediaset per frode fiscale, in considerazione della
gravità della vicenda, compreso il “peso” dei reati
prescritti. Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni di conferma del verdetto di merito. Che
spiega pure come la somma dell’interdizione come
pena accessoria e della legge Severino può essere
applicata “contestualmente, avendo come riferimento fonti normative diverse”. Le motivazioni
alla decisione con cui il 18 marzo scorso ha confermato i 2 anni di interdizione dai pubblici uffici
per Berlusconi come pena accessoria alla condanna a 4 anni per frode fiscale nel processo Mediaset
fornisce anche un’altra cattiva notizia per Berlusconi: “Per tale arco temporale, la limitazione dei
diritti di elettorato dell’imputato è unica, pur essendo diverse le fonti normative di riferimento: il
che esclude il prospettato cumulo delle sanzioni
che rende, dunque, del tutto superfluo il rinvio
pregiudiziale alla Corte di giustizia”.
Giustifica la Trattativa, il Pd lo candida
sere “trattato bene” ed è apparso di “buon umore”. Fonti
della polizia di Beirut lo hanno
definito “imperturbabile”, come del resto Dell’Utri è sempre stato anche nelle aule di
giustizia a Palermo, dove ha
partecipato a quasi tutte le
udienze dei tre processi (uno
davanti al Tribunale e due alla
Corte d’appello) che ora attendono la pronuncia definitiva della Cassazione. Tre sono le possibilità della corte Suprema: la prima è la conferma
del verdetto d’appello e dunque la condanna a 7 anni per il
concorso in associazione mafiosa. In questo caso, la procura generale di Palermo dovrebbe disporre un nuovo ordine di carcerazione per Dell’Utri, in esecuzione della condanna, ed entro 30 giorni scatterebbe la richiesta di estradizione che già da sabato scorso
il ministro della Giustizia Andrea Orlando assicura di aver
avviato “con procedure urgenti”. La seconda possibilità è
che la Cassazione annulli la
condanna: in tal caso Dell’Utri
tornerebbe libero. La terza
possibilità è l’annullamento
con rinvio: se questa eventualità si avverasse, l’ex senatore
del Pdl dovrebbe essere processato per la quarta volta e
toccherebbe nuovamente all’autorità giudiziaria di Palermo la decisione di confermare
o revocare la richiesta di arresto.
L’Italia e il Libano sono legati
da un trattato di assistenza
giudiziaria che risale al 1970
ed è in vigore dal ‘75. E se è
vero che il reato di concorso in
associazione mafiosa non esiste nel codice libanese, è anche
vero che l’articolo 16 del trattato dice che l’estradizione è
possibile per gli imputati che
rischiano una pena di “almeno
un anno per crimini o delitti
puniti dalle leggi delle parti
contraenti”. La posizione di
Dell’Utri rientra in questa casistica.
Il giurista Giovanni
Fiandaca,
candidato del Pd
IL PROFESSOR FIANDACA LANCIATO ALLE EUROPEE PER PORRE FINE ALLA GUERRA TRA LE CORRENTI SICILIANE
di Giuseppe Lo Bianco
er superare le contraddizioni interne all’anP
timafia dei litigi e delle “star” che rischiano di
farlo implodere, il Pd siciliano pesca dal cilindro
delle candidature europee il nome di Giovanni
Fiandaca, ex componente del consiglio superiore
della magistratura, il giurista palermitano co-autore di un saggio che giustifica e legittima la trattativa Stato-mafia e che fu docente di diritto penale dell’allora studente Antonio Ingroia che l’altro ieri non ha esitato ad accostare la sua candidatura alla fuga di Dell’Utri in Libano: “Le due
cose sembrerebbero estranee ma a legarle vi è un
filo conduttore – ha detto Ingroia – la delegittimazione del processo sulla trattativa e di chi è in
prima linea nella lotta contro la mafia”.
E SE PER INGROIA Fiandaca è “uno degli ispiratori dell’attuale formulazione del 416 ter praticamente inutile”, i suoi giudizi taglienti bocciano
l’antico professore e l’antimafia scelta dal Pd per
ricompattarsi, gettando acqua sul fuoco degli entusiasmi del segretario regionale dei dem che nella
un gruppo di docenti a lui vicini, motivata dal fatto
che il suo nome “aveva trovato il consenso dei giovani del Pd mentre nessun segnale è venuto dalla
segreteria nazionale del partito”. Segnale arrivato
nel pomeriggio, quando Fiandaca ha sciolto positivamente la riserva, “dopo avere ricevuto le sollecitazioni del vice ministro dell’Interno Filippo
Bubbico e dell’onorevole Lorenzo Guerini, vice
segretario del Pd”, come recita una nota diffusa dal
suo staff. “Non è facile per me lasciare i libri e interrompere il contatto con gli studenti – è la dichiarazione a caldo del professore – la Sicilia vive
un momento drammatico dal punto di vista economico e sociale, ma ancor di più sul versante culturale e politico; confido che la mia candidatura,
che interpreto ispirata a una prevalente esigenza di
coesione all’interno del pd siciliano e nazionale, possa dare un
contributo per aprire una nuova
L’ULTIMA BATTAGLIA
stagione per lo sviluppo della Sicilia nel quadro dell’Europa”. Il
Autore di un recente libro contro il processo giudiziario
professore guarda a quel che real patto tra Stato e Cosa Nostra, per Raciti, segretario
sta dell’imprenditoria sana dell’isola ed tra le sue prime iniziaregionale dem “inizia la stagione della nuova antimafia”
candidatura del docente palermitano vede addirittura l’apertura di una nuova fase politico culturale del partito: “Adesso inizia la stagione della
nuova antimafia”, esulta infatti Fausto Raciti, che
insieme a Davide Faraone ha proposto al professore di entrare in lista proprio al suo posto, con la
benedizione della parte del Pd siciliano che vede
Crocetta come il fumo negli occhi, dal patriarca di
Enna Mirello Crisafulli al candidato trombato
Antonello Cracolici, che in un twitter ha definito
la candidatura del giurista “la migliore risposta alla mia esclusione”. Un’investitura che, nonostante
i buoni auspici del renziano Davide Faraone, è apparsa insufficiente allo stesso Fiandaca, che ieri
mattina si mostrava ancora scettico facendo filtrare la sua probabile rinuncia dettata all’Ansa da
tive elettorali ha in
mente di lanciare
un appello alle forze sane e produttive dell’isola, come
ha annunciato il
suo staff in un sms
inviato ieri pomeriggio ad Antonello Montante, presidente regionale di Confindustria. Per scrollarsi di dosso l’immagine di uomo del “giustificazionismo trattativista”, e smentire, come sostiene Ingroia, che la
sua candidatura (e la fuga di Dell’Utri) dimostrano “che c’è la precisa volontà di mantenere, nell’immaginario collettivo, la visione della mafia in
coppola e lupara e di delegittimare tutti coloro che,
invece, considerano la mafia dei colletti bianchi
ancora più pericolosa”, Fiandaca ha tra qualche
giorno un’occasione irripetibile: gli basterà votare
a favore, in consiglio di facoltà, a Giurisprudenza,
dell’intitolazione dell’atrio ai giudici Falcone e
Borsellino, morti per non avere accettato alcun tipo di trattativa; finora, denunciano gli studenti, il
professore avrebbe mostrato perplessità.
10
UN GIORNO IN ITALIA
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
RU 486: a Torino
aperta indagine
per omicido colposo
IL REATO che accompagna il fascicolo di indagine aperto dalla Procura
di Torino sul caso della donna di 37
anni morta la scorsa settimana dopo un’interruzione volontaria di gravidanza con la pillola Ru486 è omicidio colposo. Si tratta di una semplice ipotesi di lavoro: in questo mo-
mento non ci sono indagati e nemmeno sospettati. L’autopsia non ha
prodotto chiarimenti significativi.
Bisognerà aspettare l’esito dei test
istologici e tossicologici, che saranno eseguiti nelle prossime settimane. Ieri i carabinieri del Nas hanno
visitato l’ospedale Martini per alcu-
il Fatto Quotidiano
ni accertamenti: hanno acquisito la
cartella clinica e ascoltato Flavio
Carnino, primario di ginecologia, e
Alessandro Lauricella, il medico che
aveva in cura la donna. “Entrambi –
spiega Paolo Simone, direttore sanitario dell’Asl 1 – hanno risposto alle domande con tranquillità”.
14 ANNI Insulti sul web
si lancia dalla finestra
a scritto tre messaggi su WhatsApp alle sue amiH
che più care la ragazzina di 14 anni che nella
notte tra domenica e lunedì ha deciso di farla finita
buttandosi giù dal balcone a Venaria, vicino Torino.
Sono messaggi in cui la ragazzina non spiega il perché
del suo gesto. Saluta, scrive “Ti voglio bene” alle sue
amichette più care. I messaggini sono al vaglio dei
carabinieri di Venaria che stanno ascoltando familiari e compagni di classe, e hanno sequestrato il pc. La
madre della 14enne ha riferito che domenica sera la
figlia era apparsa “normale”, e che, come faceva tutte
le sere, aveva portato fuori il cane per poi ritirarsi nella
sua stanza.
È PROBABILE CHE la ragazzina si sia buttata intorno
Una sala maternità Ansa
Paura in provetta
e nuovi test di controllo
DOPO LO SCAMBIO DI EMBRIONI ALL’OSPEDALE PERTINI DI ROMA, CENTRALINI
PRESI D’ASSALTO DAI GENITORI E VERIFICHE GENETICHE PER LE COPPIE IN CURA
di Elisabetta Ambrosi
opo la notizia dello
scambio di provette, il centralino del
Pertini di Roma è
stato preso d’assalto da telefonate di genitori terrorizzati passati per l’Unità di fisiopatologia
per la riproduzione e sterilità
dell’ospedale romano. Mentre
si attendono i risultati della
Commissione d’inchiesta voluta da Zingaretti, che ha chiuso
precipitosamente il centro dopo la scoperta del caso – “che,
forse, si poteva evitare, visto che
il Lazio resta l’unica regione in
Italia che ancora non ha emanato le autorizzazioni dei centri
per l’applicazione di tecniche di
Pma, spiega il segretario dell’associazione Luca Coscioni Filomena Gallo – il ministero della
Salute ha cercato di rassicurare
le migliaia di coppie che ogni
anno rivolgono ai centri specializzati (“Le normative nazionali
che attuano le direttive europee
sono molto rigorose”).
D
Ma quanto davvero elevato è il
rischio di uno scambio di embrioni al momento dell’impianto? Secondo gli esperti, questa
possibilità resta minima. “Il
problema dell’identificazione
nell’ambito della procreazione
assistita non viene considerata
un’area critica perché in genere
bastano buone pratiche di base
– come braccialetti o codici a
barre – per evitare errori”, spiega Riccardo Tartaglia, Direttore
del Centro Gestione Rischio
Clinico e Sicurezza del Paziente, che proprio in questi mesi sta
mettendo a punto, insieme ad
Agenas, l’Agenzia nazionale
per i servizi sanitari, una check
list dei punti critici che verrà
fornita a tutti i centri di procreazione assistita. “Ovviamente,
come dimostra il caso di Roma,
le conseguenze sono molto gravi, per questo consiglio a chi si
rivolge ai centri di chiedere
sempre conto delle procedure
di sicurezza adottate. Ma l’aspetto più delicato riguarda in
realtà la carenza di informazio-
ni alla coppia sulla complessità,
e le complicazioni, del percorso
che stanno iniziando”.
RESTA IL FATTO CHE, la fiducia
dei cittadini nei confronti dei
medici è in calo costante, mentre cresce esponenzialmente il
numero di cause legali che sta
provocando un aumento insostenibile dei costi assicurativi
per medici e strutture sanitarie.
“Il problema non sta nel numero di errori derubricati sotto
l’errata definizione di “malasanità” (che riguarda semmai corruzione e i casi di reato, come
per la clinica degli orrori Santa
Rita)”, spiega il prof. Maurizio
Catino dell’Università di Milano Bicocca. “Secondo i dati, infatti, in linea con gli altri paesi,
circa tre pazienti su cento subiscono un errore, che però – attenzione – spesso può significare solamente un allungamento
della degenza. È importante
inoltre ricordare che gli errori
non sono “colpe” intenzionali,
ma spesso sono conseguenze di
GLI ESPERTI
Il fenomeno
dello scambio in culla
o del materiale biologico
è statisticamente raro,
ma genera forte stress
psicologico
sistemi di etichettatura e di riconoscimento dell’informazione sbagliati (ad esempio due farmaci dall’aspetto identico)”. La
richiesta di risarcimenti da parte
di cittadini danneggiati è sbagliata? “No. Ma va ricordato che
oggi un medico ha più possibilità di un affiliato della ‘ndrangheta di andare sotto processo.
Questa pressione mediatico-giudiziaria, favorita da alcuni avvocati spesso senza scrupoli che si aggirano per gli ospedali, produce un aumento della
medicina difensiva. Il che signi-
alle due e mezza di notte dalla finestra all’altezza del
sesto piano. Non si conoscono i motivi del gesto. Di
certo la 14enne usava la chat “Ask.fm” per comunicare
con altri adolescenti. Qui la ragazza non ha scritto
messaggi che avrebbero potuto far ipotizzare un suicidio: ce n’erano alcuni che si riferivano alla sua volontà di passare una bella estate, altri in cui esprimeva
il suo amore per la musica rap o il suo affetto per la
migliore amica. In altri ancora faceva cenno a una delusione d’amore, ma si tratta di messaggi senza riferimenti a gesti autolesionistici.
IN ALTRI POST PERÒ la ragazzina manifestava un certo malessere. Mesi fa aveva ricevuto messaggi violenti:
“Cesso, vatti a nascondere, dimostri dieci anni, sei una
vergogna?. Lei, riferiscono le amiche, si sentiva brutta
e spesso inadeguata, anche perché una malattia cardiaca di cui soffriva dalla nascita le aveva causato uno
sviluppo fisico diverso dai coetanei. Insomma una ragazza mingherlina, più piccola e meno appariscente
delle compagne più popolari a scuola. Nulla di troppo
diverso però, ritengono gli inquirenti, da quello che
capita ad altri adolescenti, e nulla che possa, secondo
loro, ritenersi strettamente collegato con il gesto del
suicidio. Ma impressiona la somiglianza con il caso
che due mesi fa sconvolse Cittadella, un centro in provincia di Padova: anche lì una studentessa di 14 anni
insultata su Ask.fm decise di farla finita gettandosi dal
tetto di un hotel chiuso e abbandonato.
fica che, mentre nessuno vuole
fare più il chirurgo, i medici
spingono per esami inutili e
spesso dannosi, oppure si rifiutano di operare i casi più a rischio, ad esempio un anziano
con molti bypass”. Come si esce
da questo circolo vizioso? “Bisognerebbe, come in parte ha fatto
il decreto Balduzzi, escludere il
reato penale per gli errori involontari. Ma soprattutto ci vorrebbe una maggiore comunicazione. Basti pensare che oggi ancora il medico che, magari sporco di sangue, esce dalla sala ope-
ratoria non sa né come comunicare, né a chi comunicare ciò
che è successo”.
NEL FRATTEMPO, i campioni
biologici dei due feti conservati
al Sant’Anna di Roma, dove la
coppia coinvolta nel presunto
scambio si è recata per una villocentesi, saranno comparati
con il dna di tutte le 4 coppie che
hanno effettuato la procedure di
fecondazione assistita al Pertini
di Roma lo scorso 4 dicembre,
quando si sarebbe verificato il
presunto scambio.
Ragazza calpestata, artificiere si riconosce nel video
SCONTRI IN PIAZZA, L’AGENTE SI È PRESENTATO IN QUESTURA DOPO ESSERSI VISTO NELLE IMMAGINI DI “SERVIZIO PUBBLICO”. PANSA: “UN CRETINO”
di Silvia D’Onghia
ra lì a raccogliere le bomE
be carta e i petardi lanciati
dai manifestanti, per poterli
analizzare e anche perché nessun altro si facesse male. Di
professione fa l’artificiere, non
è un uomo abituato all’ordine
pubblico. E invece si è trovato
in mezzo agli scontri, con quei
ragazzi a terra, abbracciati, e le
telecamere troppo vicine. È stato lui
stesso a riconoscersi in quelle immagini, girate da Servizio Pubblico e rimandate ossessivamente sul web. E così ieri
si è presentato in Questura: sono io,
sono quel poliziotto col giubbotto di
L’agente in borghese sotto accusa
pelle e i pantaloni color tabacco che sale
con l’anfibio sul corpo della ragazza
stesa a terra, ormai immobilizzata. “Un
cretino ancora da identificare – aveva
invece detto in mattinata intervenendo
a Perugia al congresso nazionale del
Silp Cgil il capo della Polizia, Alessandro Pansa –. Tutti quanti gli altri vanno
applauditi per come hanno operato e
per come hanno agito, con grandissima
correttezza, mantenendo l’ordine pubblico e non eccedendo assolutamente,
esercitando la forza nei limiti corretti
di come è previsto dall’ordinamento”.
“Cretino” non è una parola leggera da
usare per un capo della Polizia, abituata
troppo spesso a sotterrare, invece che a
disseppelire i propri scheletri. Oggi la
questura invierà una relazione sul caso
alla Procura di Roma, che aprirà un fascicolo, diverso rispetto a quello sulle
violenze compiute dai manifestanti.
Prima che l’uomo si facesse avanti, nell’ambiente già circolava l’ipotesi che
potesse trattarsi di un uomo dei reparti
speciali. La Questura aveva annunciato
la volontà di fare piena luce sull’episodio: “Ci sarà un’attività ispettiva per
ricostruire da varie angolature le immagini – aveva spiegato il Questore,
Massimo Mazza –. In quelle che io ho
visto si vede una persona calpestata. Ricostruiremo esattamente l’episodio e
vedremo quali misure adottare”. Bisognerà soprattutto capire se si è trattato
di un gesto volontario o nato dalla confusione del momento.
Sull’altro fronte, invece, le indagini sono già andate più avanti: ieri il pm Albamonte ha deciso la custodia cautelare in carcere per due dei manifestanti
fermati e i domiciliari per gli altri due.
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Il Direttore Generale Dott. Luca Bardi
UN GIORNO IN ITALIA
il Fatto Quotidiano
Schettino: “Ci stava
questo scoglietto,
l’ho preso a poppa”
NUOVE UDIENZE per la Costa Concordia, e nuove verità. “Schettino mi propose di dire alle autorità che a causa di
un blackout aveva fatto una collisione.
Ma io dissentii fortemente, mi arrabbiai.
Era una cosa differente e falsa rispetto a
quanto mi aveva raccontato prima, e
cioè che aveva urtato uno scoglio e che
11
pa un basso fondale. Sono... guarda io
sto a morì, non mi di’, non mi dire nulla. Io
per accontentà ‘sto marrone, io ho fatto
questa cosa”. “Sono passato che alla fine
ci stava questo piccolo scoglietto qui diceva Schettino -. Mò alla fine, mò stiamo in black out che abbiamo dato una
botta con la poppa”.
la nave si era allagata” ha detto il capo
dell’unità di crisi Roberto Ferrarini.
Schettino aveva addossato la scelta dell’inchino all’ex comandante Palombo: “Io
sono passato sotto l’isola del Giglio, qua!
C’è stato il comandante Palombo ...m’ha
detto: passa sotto, passa sotto. Sono
passato sotto, qua, ho preso con la pop-
VARIANTE DI VALICO: LA PROCURA
INDAGA SUL TUNNEL CHE FRANA
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
Agrigento
APERTO UN NUOVO FASCICOLO SULL’AUTOSTRADA CHE COLLEGHERÀ BOLOGNA
E FIRENZE. COME DENUNCIATO DAL “FATTO”, LA GALLERIA “SPARVO” PERDE PEZZI
ulla Variante di valico si indaga ancora.
La Procura della Repubblica di Bologna
ha infatti aperto un’inchiesta e
sta effettuando i primi accertamenti su un nuovo fronte
della grande opera appenninica, che affiancherà l’Autostrada del Sole nei collegamenti
tra Bologna e Firenze. Ieri
mattina, il pm Rossella Poggioli ha effettuato un breve giro all’interno della galleria
Sparvo. Con lei c’erano funzionari della Asl di San Lazzaro di Savena. La notizia dei
problemi alla struttura era stata data dal Fatto Quotidiano, lo
scorso 22 marzo.
Il tunnel Sparvo, lungo quasi
due chilometri per ognuna
delle due canne, è uno dei tan-
S
ti scavati per la nuova autostrada. Ma da diverso tempo,
per decine di metri, ha cominciato ad avere dei problemi,
causati da una frana che fa
pressione sulle sue pareti. Il
tunnel, il cui scavo è stato progettato dalla ditta Rocksoil
(quella dell’ex ministro Pietro
SALGONO I COSTI
Sarà necessario
costruire un apposito
rivestimento metallico
lungo le pareti messe
a rischio dalla pressione
degli smottamenti
Lunardi) è stato “bucato” ormai per intero, ma i lavori di
rifinitura dell’opera (mancano ancora i bypass tra una
canna e l’altra) sono stati sospesi momentaneamente per
evitare possibili rischi per gli
operai.
L’appalto per lo scavo della
galleria Sparvo è affidato a un
raggruppamento di diverse
imprese: la Toto Costruzioni,
la Vianini del gruppo Caltagirone e la Profacta. I costruttori hanno sempre sostenuto
di aver fatto presente alla società concessionaria dell’opera, Autostrade per l’Italia (della famiglia Benetton), che il
tracciato progettato per la galleria presentava delle criticità:
il rischio infatti, scavando delle gallerie così poco profonde,
era quello di risvegliare le frane andando a scavare proprio
nella loro pancia. Così ora, nel
caso della Sparvo, per sistemare i danni alla galleria sarà necessario costruire un nuovo
rivestimento metallico lungo
la parte della galleria messa a
rischio. E questo potrebbe costare ad Autostrade, e indirettamente, ai cittadini che pagano i pedaggi, svariati milioni di euro.
IL LAVORO DELLA PROCURA
(per ora da quanto trapela è
solo un fascicolo conoscitivo),
si va ad affiancare al caso, anche giudiziario, della frana di
Ripoli. Il borgo montano è infatti posto sopra un’altra delle
gallerie della Variante, la Val
di Sambro e una frana, risve-
GIÙ IL PALAZZO DI CAMILLERI
La Soprintendenza di Agrigento gli aveva negato il piano
di recupero, e Salvatore Burgio, proprietario dello
storico Palazzo Montagna a Porto Empedocle, l’ha
abbattuto per il timore di crolli sulla strada. Il palazzo
ispirò Andrea Camilleri per “Un filo di fumo” AgrigentoOggi.it
gliata dagli scavi, lo sta facendo scivolare lentamente verso
valle. Per questo caso, dopo
una lunga inchiesta giudiziaria
per frana e disastro colposo
sempre rimasta iscritta a carico di ignoti, il sostituto procuratore Morena Plazzi aveva
chiesto l'archiviazione. E ora si
attende la decisione del Gip.
Nonostante ciò, una consulenza tecnica aveva certificato che
quella frana era stata risvegliata dagli scavi. Il paese aveva
iniziato a muoversi da pochi
millimetri a decine di centimetri l’anno. La frana di Ripoli
inoltre, da tempo ha messo in
movimento anche i piloni del
viadotto della vecchia (ma
sempre trafficata) Autosole a
monte di Ripoli, scivolata verso valle di quasi 15 centimetri
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12
ALTRI MONDI
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
Pianeta terra
il Fatto Quotidiano
LIBIA I FRATELLI GHEDDAFI ALLA SBARRA
È ripreso ed è stato subito rinviato al 27 il processo più atteso dai libici: quello contro una
trentina di figure di spicco dell’ex regime di
Gheddafi tra cui i due figli del raìs, Saif Al Islam
e Saadi, di recente estradato in Libia e aggiunto
alla lista degli imputati. Ansa
USA SPARA IN NOME DI HITLER: TRE MORTI IN KANSAS
Frazier Glenn Miller, neonazi 73enne, ex leader del Ku Klux Klan, antisemita e ammiratore di Adolf Hitler, ha ucciso 3 persone sparando
in due centri ebraici nel Kansas. Dopo le preoccupazioni espresse da
Obama e Netanyahu l’uomo verrà indagato per crimini d’odio. LaPresse
Sexminster, i deputati
porcelli di Londra
MOLESTIE E ALCOL IN PARLAMENTO, FESTINI GAY CON SOLDI PUBBLICI:
PARLAMENTARI CONSERVATORI SOTTO ACCUSA. A POCO PIÙ DI UN MESE
DALLE EUROPEE, IL PARTITO DI CAMERON È IN PICCHIATA NEI SONDAGGI
Bradley Manning,
25 anni, ha
passato
documenti segreti
ad Assange Ansa
SOLDATO MANNING
spetto – con i soldi dei generosi
cittadini contribuenti.
Come se non bastasse, la settimana scorsa è stato assolto
Nigel Evans, deputato gay, anche lui tory, dimessosi l’anno
scorso da vicepresidente del
Parlamento dopo un’accusa di
abusi e stupro da parte di sette
giovani uomini, stagisti e ricercatori di Westminster.
In un’intervista alla Bbc Evans
si è scagliato ieri contro il clima
da caccia alle streghe sulle pratiche sessuali dei parlamentari
e ha detto di non credere che il
Parlamento di Westminster si
sia trasformato in Sexminster.
Ha confessato di aver pensato
al suicidio durante gli 11 mesi
del processo e ha chiesto l’apertura di una indagine sul
modo in cui la procura inglese
persegue i casi di abusi sessuali.
Infine ha chiesto la restituzione delle spese legali sostenute,
circa 130 mila sterline.
di Caterina Soffici
Londra
giornali lo hanno chiamato Sexminster, ovvero
sexgate a Westminster.
La settimana scorsa
Channel 4 ha mandato in onda
un documentario nel quale
una settantina di dipendenti
della Camera dei Comuni (assistenti, commessi, portaborse) raccontano di essere stati
molestati dai parlamentari,
che dopo una certa ora si danno alla bella vita dentro i corridoi e nelle altere stanze del
Parlamento più vecchio del
mondo, dedicandosi a sesso e
alcool... I riflettori sono puntati sul partito del premier David Cameron, perché i parlamentari beccati con le mani in
zona mutande sono tutti tory e
a un mese dalle elezioni europee, i sondaggi danno il partito
in picchiata: 29%, contro il 35
% del Labour e un 20 % degli
euroscettici e indipendentisti
dell’Ukip.
I
MA INTANTO IERI un altro
Westminster e, in alto, Cameron a Manchester LaPresse
IN VERITÀ, IERI MATTINA il
Daily Mail citava un altro son-
daggio dove l’Ukip sarebbe addirittura al secondo posto, ma
Cameron pare non preoccuparsene troppo, visto che è
partito con la famiglia per una
settimana di vacanza pasquale
alle Canarie. Ogni giorno è una
grana nuova per Cameron: dopo le dimissioni di Maria Miller da ministro della Cultura
per il rimborso delle spese del
mutuo, l’Independent ha rivelato la ragione delle dimissioni in
gran segreto, avvenute qualche
settimana fa, di tal Iain Corby,
alto funzionario dei tory. Durante la Convention del partito
a Manchester nel 2011, Corby
avrebbe gozzovigliato a spese
del partito nella penthouse dell’albergo a 4 stelle organizzan-
do festini e orge, a base di alcol
e scambi omosex ed etero. Un
gran bordello, insomma, con
dettagli piccanti, rivelati da
sms spiattellati sui giornali.
“Mi sto godendo la penthouse”
scrive il tapino. E nessuno si
scandalizzerebbe se non fosse
che l’albergo era pagato con i
fondi del partito conservatore,
quindi – questo il grande so-
conservatore è finito nel ciclone: il deputato Oliver Heald,
che era il diretto superiore di
Corby, è stato accusato di non
averlo punito adeguatamente
per i festini nell’hotel di lusso a
Manchester. E quindi torna di
nuovo l’ossessione britannica
per la trasparenza e il sospetto
che i parlamentari si coprano a
vicenda. Cosa ben più grave, a
queste latitudini, dei privati affari di letto.
Twitter: @caterinasoffici
35 anni per chiudere
la bocca alla gola
profonda di Wikileaks
di Angela Vitaliano
New York
ondanna a 35 anni confermata per Chelsea Manning: lo ha
deciso il generale Jeffery Buchanan, comandante della giuC
risdizione in cui si era tenuto il processo. Manning, conosciuto
prima del cambio di sesso col nome di Bradley, era stata condannata per 6 violazioni dell’Espionage Act e 14 altri capi d’accusa
per la diffusione di oltre 700mila documenti riservati dell’esercito che il soldato aveva passato al fondatore di WikiLeaks, Julian
Assange. La decisione, doccia gelata sulle speranze di quanto
speravano in una riduzione della condanna, apre la strada a un
ricorso automatico alla Corte d’appello penale dell’esercito.
Sebbene l’accusa più grave nei confronti del 25enne, quella di
collaborazione con il nemico, fosse caduta, la decisione di Buchanan sembra voler sottolineare la severità riservata a chi tradisce un giuramento e mette a repentaglio la sicurezza nazionale.
Non dello stesso parere le associazioni a difesa dei diritti civili:
“Quando un soldato che ha condiviso delle informazioni con la
stampa e il pubblico, viene punito in maniera più severa di coloro che hanno torturato prigionieri e ucciso civili, allora qualcosa è davvero sbagliato con il nostro sistema giudiziario”, ha
detto Ben Winzer, direttore dell’American Civil Liberties Union’s
Speech, Privacy and Technology Project.
L’accusa aveva offerto al giovane una riduzione di pena in cambio della testimonianza contro WikiLeaks che è al centro di
un’indagine in Virginia ma, secondo i suoi avvocati, l’offerta era
per un periodo più lungo dei 35 anni poi stabiliti dal giudice e
quindi era stata rifiutata. Chelsea Manning ha rassicurato i suoi
avvocati: “so che avete fatto tutto il possibile e supererò tutto
ciò”. Grazie a piccole riduzioni di pena e rispettando una buona
condotta, Manning, potrebbe tornare libera all’inizio del 2020,
con congedo per “disonore” dall’esercito.
Gli italians che si candidano con il Labour
L’intervista/1
L’intervista/2
Ivana lavora alla Sanità
Andrea, professore di Diritto
Naturale far politica qui
Primarie e regole chiare
di Alessio Schiesari
er candidarsi basta fare un
colloquio, come se uno cerP
casse lavoro”. Andrea Biondi, fio-
gente sarebbe felice di uscire dall'Europa?
Londra non esistono italiani e
A
inglesi, solo londinesi”. Ivana
Bartoletti ha cominciato a fare po-
È un argomento usato da chi cerca
di presentare le elezioni come un
referendum: l'Ukip per gli euroscettici, i Liberaldemocratici tra i
litica in Italia. Dopo esser stata repro-euro. Non è così, anche se Casponsabile diritti civili nei Ds di
meron ha promesso un referenFassino ha deciso di emigrare. “Col
passaggio al Partito democratico Ivana Bartoletti LaPresse dum nel 2017, dentro o fuori. È vero che alla gente quest'Europa non
non c'erano possibilità. E la Gran
Bretagna mi è sempre piaciuta”.
piace, ma facendo campagna ci si rende conto
che le priorità sono altre: gli elettori parlano di
Pensavi ti saresti messa a fare politica?
Sono venuta qui perché m’affascinava Londra. lavoro, welfare, sicurezza, non di Europa. I briDirigo un ufficio del Servizio sanitario nazio- tannici sono un popolo estremamente razionanale, ma mi son messa a far politica quasi subito, le: se saranno chiamati a scegliere, capiranno i
anche se a livello locale. Sono stata scelta per un rischi di un'uscita dalla Ue.
programma della Fabian society, associazione Per settembre è previsto un altro referendum:
per le donne che vogliono entrare in politica.
quello sull'indipendenza della Scozia. Crede sia
E la candidatura?
ipotizzabile un percorso simile per il Veneto?
Ho fatto lo stesso percorso di Andrea (Biondi,
ndr). Poi abbiamo fatto le primarie interne per
decidere il posto in lista. Sono 5a, probabilmente sarò la prima degli esclusi. Ma non è detto.
Sono sempre contraria ai referendum. Nazionalismi e separatismi sono in ascesa ovunque è
la colpa è anche delle politiche di austerità volute
dall'Europa. Per gli estremismi è il terreno più
fertile.
C'è tanto euroscetticismo nel Regno Unito. La
rentino è in Inghilterra da vent'anni, non si sente né italiano né britannico, “solo europeo”.
l'essere professore di diritto europeo
mi abbia dato un vantaggio.
Esperienze precedenti ne avevi?
Con i labour avevo fatto politica nel
mio quartiere: raccolte firme, petizioni contro la chiusura della stazione dei pompieri, cose così. Sono stato
Come sei arrivato in Inghilterra?
anche candidato con il Pd per la cirSono stato uno di quelli che oggi
coscrizione estero l'anno scorso, ma
Andrea Biondi
vengono definiti “cervelli in fuga”.
la politica in Inghilterra si fa in un
Ho trovato un lavoretto come insegnante di diritto italiano. Da lì ho fatto car- altro modo. Qui si parla con la gente e gli elettori
riera (oggi è docente di diritto europeo al King's si vanno a cercare porta a porta.
College di Londra, ndr). Se uno vuole un aumento Eppure il dibattito è dominato dall'euroscetticiva a parlare col preside, se cerca un avanzamen- smo e la paura degli immigrati.
to di carriera manda un curriculum.
Sono temi che l'Ukip è riuscito a imporre: loro
con le paure della gente ci vanno a nozze. E tutti,
Anche per essere candidati alle Europee?
Sì. Anzi, è il partito laburista a chiedere a tutti i purtroppo anche i laburisti, gli sono andati diesuoi iscritti se vogliono candidarsi alle elezioni. tro.
Ho mandato un curriculum e mi hanno chia- In molti paraganono il leader Ukip, Farage, alla
mato per un colloquio. Mi hanno chiesto di fare Lega prima maniera. Altri a Grillo.
un discorso come se mi trovassi al Parlamento e Non hanno capito: Farage non è né leghista né
alcune domande di cultura generale. La sera grillino. È figlio di banchieri, è espressione delstessa mi hanno chiamato: “Sei in lista”, mi han- l'establishment. Però usa toni dirompenti.
no detto. Io pensavo scherzassero. Credo che
A. S.
il Fatto Quotidiano
ALTRI MONDI
CILE VENTI GIORNI PER DOMARE L’INCENDIO
Ci vorranno forse 20 giorni per domare l’incendio
scoppiato sabato scorso sulle colline di Valparaiso,
terza città del Cile, che ha finora ucciso 12 persone,
distrutto circa 2 mila case e contro il quale la presidente Michelle Bachelet ha annunciato un’“operazione aerea su grande scala”. Ansa
PAKISTAN IL CANNIBALE RECIDIVO
Arrestato in un villaggio del Punjab un uomo
che ha confessato d’aver mangiato, insieme al
fratello (ora latitante), il cadavere di un neonato.
Arif Ali, 35 anni, fu protagonista nel 2011 di una
vicenda simile. Avrebbe confessato di essersi cibato in questi anni di oltre cento cadaveri. Ansa
ANCHE LO ZAMPINO DELLA CIA
NELLA LOTTA DI KIEV PER L’UNITÀ
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
13
“Uccisa perché voleva scappare”
IL GOVERNO UCRAINO PRONTO A USARE SOLDATI E MILIZIE CONTRO I RIBELLI
FILO-RUSSI DELL’EST. IL CAPO DEGLI 007 USA IN VISITA NELLA CAPITALE
di Roberta Zunini
È
ufficiale: il presidente a interim dell’Ucraina, Alexander Turchinov, ha
firmato un decreto per dare il
via, con effetto immediato, a
una missione speciale antiterrorismo nell’est del Paese dove
gli insorti filo-russi continuano
ad assaltare i palazzi pubblici, le
sedi locali dei servizi segreti e
una caserma di polizia, a Horlivka. È altrettanto ufficiale che
il direttore della Cia, John Brennan, è stato a Kiev durante il fine settimana. Lo ha confermato
il portavoce della Casa Bianca,
Jay Carney, che ha spiegato che
gli Usa “al momento non forniranno armi letali” alle forze
del governo ucraino.. A questo
punto, se il classico 2 più 2 fa
ancora 4, stiamo assistendo a un
face to face sempre più ravvicinato e dichiarato tra Stati Uniti
– sostenitori del nuovo assetto
politico di Kiev – e la Russia di
Putin.
COLUI CHE AVEVA ritenuto il
cortile di casa ucraino automaticamente inserito nell’unione
doganale con Kazakhstan e Armenia. Ma il tassello più prezioso, l’Ucraina per l’appunto, gli è
stato soffiato dall’Occidente a
causa della stupidità politica e
dall’avidità senza freni del corrotto deposto presidente Yanukovich e del suo entourage.
Quella cricca della valle del
IL PM E LE “BUGIE” DI PISTORIUS
Il pm del processo sulla morte di Reeva Steenkamp ha
accusato Oscar Pistorius – scoppiato in lacrime – di aver
“manipolato le prove” e di aver dato “una versione falsa”
degli eventi Ansa
Infografica Diana Panio
SUPER-SANZIONI
Mosca ripete di volere
aiutare gli insorti
e attende l’incidente
per intervenire
Washington e Bruxelles
inaspriscono le sanzioni
Donbass, dove ora il 50% della
popolazione parla russo, per
prossimità territoriale e culturale e pretende di separarsi, grazie
anche al precedente della Crimea. Fu proprio l’ex presidente,
scappato il 23 febbraio scorso
nella città russa di Rostov, a soffiare sul fuoco del referendum,
non appena visto il risultato della consultazione indetta unilateralmente nella penisola tornata
alla Russia, il 16 marzo. Referendum che Turchinov si è detto disposto ad approvare ma non solo nell’est, bensì in tutta l’Ucraina, chiedendo ai suoi abitanti se
siano disposti ad accettare un
paese federato.
Forse, al netto degli scontri di
questi giorni che hanno fatto almeno 4 feriti da arma da fuoco
tra gli agenti di polizia e altrettanti tra i manifestanti, questa
sarà la soluzione. La federazione. Il problema è che, a differenza della Crimea, nell’est non vi è
continuità etnico-territoriale.
Gli ucraini pro Kiev e gli ucraini
pro Mosca vivono nelle stesse
città, stessi villaggi, mischiati.
Solo in alcuni posti vanno oltre
il 50% dell’intera popolazione.
Il Donbass è inoltre l’unica realtà industriale, seppur faciscente
e improduttiva, a causa della
colpevole mancanza di investimenti da parte di tutti i governi
dall’indipendenza a questa parte (1991). Difficile dunque ri-
nunciarci, a meno di non essere
costretti da una seria minaccia
di invasione russa “per ingerenza umanitaria”. E del resto il
precedente del Kosovo, datato
1999, ha aperto la strada a questo genere di missioni. Che, il ridimensionato esercito e l’inesistente flotta aerea, non saranno
in grado di contrastare. Perché,
inutile dirlo, l’esercito e soprattutto il Gru, l’intelligence militare russa, che sta già operando
nell’est – come ha sottolineato
anche Berlino – sono tra i più
preparati al mondo. Mentre gli
Usa stanno per varare la terza
fase delle sanzioni, mandando
nel frattempo la Cia sul campo,
l’Europa, come al solito, resta
schiacciata tra voglia di mantenere in vita gli affari con la Russia e tentativo di provare a contare qualcosa sullo scacchiere
internazionale. Per questo le
sanzioni economiche sono state
applicate ad altri personaggi del
clan di Putin. Il cui patrimonio
personale ammonterebbe a 28
miliardi di dollari. Allo “zar” appartiene anche il 4,5% del colosso energetico Gazprom che fornisce il gas, oggi a prezzo raddoppiato, alla ribelle Ucraina e
all’Europa. Un leggero conflitto
d’interessi.
IL NUOVO VOLTO DE L’AVANA
Cuba-Usa e lo “scambio di prigionieri”
1 CONTRO 5
di Sandra Amurri
Una manifestazione per la liberazione dei 5 cubani accusati
di spionaggio in America e
incarcerati nel ‘98. Tre di loro sono ancora in prigione.
Alan Gross, dipendente della ong Usaid Ansa/LaPresse
e Stefano Citati
ogelio Sierra, vice ministro degli Esteri di Cuba,
R
è appena stato in viaggio d’af-
fari in Italia e parla al Fatto della situazione sull’isola, alla luce dello scandalo Zunzuneo che
ha ri-raffreddato le relazioni
con gli Usa.
“Quello denunciato dall'agenzia di stampa Usa Ap dimostra
i reiterati intenti di destabilizzazione da parte americana;
non hanno rinunciato al proposito di provocare il caos, la
sovversione politica, oltretutto con investimenti milionari.
Dovrebbero astenersi da queste azioni illegali, cubiertas (segrete) e rispettare la legge e il
diritto internazionale come
sancito anche dall'Onu.
Quale è stata la reazione dell'opinione pubblica?
Ha subito la manovra come un
violazione elementare delle
regole; si è sentita ingannata e
usata, inconsapevolmente, su
funerale di Mandela a novembre?
Quella stretta di mano è stata
accolta come una normale
cortesia tra capi di Stato: un
fatto di pura educazione, nulla
più.
temi quotidiani, usati per
creare fiducia e per propalare
incitamenti alla sollevazione.
A questo punto è ipotizzabile
uno scambio tra il prigioniero
americano Alan Gross e gli ormai 3 prigionieri politici cubani
ancora in carcere negli Usa,
che tante campagne di mobilitazione hanno suscitato?
Già prima dello scoppio dello
scandalo Zunzuneo avevamo
reiterato al governo Usa la volontà di cercare insieme una
soluzione accettabile sul caso
Gross. Noi abbiamo una
preoccupazione anche umanitaria sulle sorti dei 3 cubani
ancora ingiustamente incarcerati.
Vi aspettavate questo cambio
di situazione dopo la stretta di
mano Obama-Raul Castro al
Quali sono i rapporti con il Venezuela a un anno dalla morte
di Chavéz? Maduro è alle prese con una strenua opposizione.
I rapporti sono eccellenti: si
trattava di una fratellanza non
solo tra Chavéz e Fìdel, ma
proprio tra due popoli. L'addio fisico del leader bolivariano non ha danneggiato le relazioni e lo solidarietà.
Come sta Fìdel Castro; ci sono
continue voci nel mondo sulle
sue condizioni.
Resta il leader storico della revolucion, ed è sempre impe-
gnato ad arricchire l'opera rivoluzionaria; sta scrivendo un
libro: non sappiamo se più di
ricordi personali o un nuovo
volume delle sue riflessioni
(Sierra e l'ambasciatrice Milagros Carina Soto Aguero accarezzano con affettuoso rispetto alcuni dei ponderosi
volumi che raccolgono il pensiero del Lìder Maximo, ndr)
Quale può essere il ruolo del
papa argentino nelle relazioni
internazionali di Cuba?
Per quel che riguarda gli Usa, i
nostri due paesi hanno i loro
canali diplomatici su temi bilaterali. Ma certo qualsiasi
sforzo per l'avvicinamento tra
l'Avana e Washington è apprezzato da noi.
A che punto sono e come stanno le riforme economiche e la
serie di aperture sociali? Sono
cambiamenti che hanno a che
fare anche con il ricambio generazionale del regime (lei ha
49 anni).
È una trasformazione, la necessità di correggere degli errori e migliorare il funzionamento della vita economica.
Tra gli errori possiamo elencare episodi di cattiva organizzazione, alcuni meccanismi
inceppati che hanno intorpidito alcuni ambienti; e non dimentichiamo i fattori esterni
della crisi economica globale.
Ma il bloqueo (le sanzioni americane, attive dal 1962, ndr) sono talmente forti che la crisi
non si sente quasi... La continuità nel solco della generazione del ‘59 è un obbligo morale e l'impegno rimane quello
dello sviluppo economico e il
progresso sociale su basi socialiste. In questo il ruolo delle
donne resta fondamentale,
tanto è vero che siamo uno dei
rari paesi al mondo dove la
presenza delle donne in alcune professioni sensibili è superiore a quella degli uomini.
14
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
STUDIO FIGC: LA NOSTRA SERIE A
È UNA VORAGINE DA 3 MILIARDI
I debiti della Serie A continuano a crescere
e sfiorano quota 3 miliardi di euro. È uno
dei dati contenuti nel Report Calcio 2014,
lo studio presentato ieri mattina da Figc
il Fatto Quotidiano
ATP MONTECARLO: FOGNINI
AL SECONDO TURNO (CON FATICA)
FEDERNUOTO USA: MICHAEL PHELPS
TORNA IN VASCA A FINE MESE
Fognini ha superato il primo turno del torneo
Atp Masters di Montecarlo. Il numero 13 del
mondo e 10 del seeding, ha faticato più del
previsto a battere Joao Sousa, n. 39 del ranking
Il pluricampione olimpico di nuoto Michael
Phelps tornerà in vasca per la prima volta
dal ritiro al meeting di Mesa, in Arizona, dal
24 al 26 aprile. Lo annuncia la Usa Swimming
SECONDO
TEMPO
SPETTACOLI.SPORT.IDEE
Ferrari modello Marchionne
VIA DOMENICALI, NUMERO UNO DEL TEAM CORSE. ECCO MATTIACCI, PRESIDENTE DELLA DIVISIONE COMMERCIALE NORD AMERICA
di Luca Pisapia
C
ronaca di una dimissione annunciata. Lo aveva già detto venerdì Luca di Montezemolo,
partecipando all’inaugurazione del reparto “California” del
siedere la Fia. In questi sei anni
Domenicali ha vinto poco nulla: un titolo costruttori al primo
anno e quattro secondi posti
nel campionato piloti – tre di
Alonso e uno di Massa – di cui
due restando persi sul filo di lana. Ha guidato la Ferrari nel
suo periodo più buio, dall’indomani dell’ultimo mondiale
piloti vinto con Raikkonen fino
all’odierna inguardabile F14T,
con quel nome che avrebbe dovuto lanciare nell’orbita la controllante FIAT e quella macchina progettate malissimo che arrancavano nei primi Gran Pre-
SCELTA STRANA
Il successore di Jean
Todt paga il disastro
della F14T. Al suo posto
un uomo di business
che sembra sapere poco
di gare e motori
Museo Ferrari di Maranello,
per celebrare i sessant’anni dello sbarco del cavallino rampante negli Stati Uniti: “Prenderemo le decisioni che dobbiamo
prendere”. E infatti, passato il
fine settimana, ecco l'annuncio
delle dimissioni del direttore
della gestione organizzativa
delle monoposto Stefano Domenicali. Al suo posto con tutta
probabilità arriva Marco Mattiacci, attuale presidente della
divisione commerciale del
Nord America, quasi che l’annuncio di venerdì nel reparto
California ne fosse un indizio,
un auspicio.
“Ci sono particolari momenti
nella vita professionale di
ognuno di noi in cui ci vuole il
coraggio di prendere decisioni
difficili e sofferte. È ora di attuare un cambiamento importante. Da capo, mi assumo la
responsabilità della situazione
che stiamo vivendo. Si tratta di
una scelta presa con la volontà
di fare qualcosa per dare una
scossa al nostro ambiente e per
il bene di questo gruppo, a cui
sono molto legato”. Queste le
parole di addio di Stefano Domenicali. Se ne va un uomo che
in Ferrari ha cominciato a lavorare nel 1991 nel dipartimento amministrativo, scalando poi posizioni su posizioni fino ad assumere il ruolo più rappresentativo nel 2008, dopo
l’addio del costruttore di successi Jean Todt, andato a pre-
mi stagionali in Australia, Malesia e Bahrein.
A Domenicali si possono imputare molte cose, una su tutte
quella di avere ingaggiato come
responsabile del reparto ingegneri il discusso Pat Fry, che
l’anno dopo si è portato a Maranello gran parte della sua vecchia squadra alla Mc Laren,
piuttosto che altri nomi disponibili ad approdare in Ferrari,
con l’unico inconveniente di
volere mano libera e di oscurare con la loro fama quella dei
presenti. Per il resto è ovvio che
il dimissionario direttore non
può assumersi tutte le colpe dei
ripetuti fallimenti delle monoposto di questi anni. Basta dire
che dopo essersi accorti in anticipo lo scorso anno di avere
“sbagliato lo sviluppo della
F138” (parole di Fry) e avendo
quindi davanti più tempo rispetto ai concorrenti per la progettazione della nuova F14T,
non sono riusciti a prendere la
via giusta.
ROSSO PALLIDO
Sopra, il box Ferrari al
Gp di Melbourne. A fianco, Strefano Domenicali,
in Ferrari dal 1991
Ansa/LaPresse
per risollevare la stagione, lo
spiega Leo Turrini con un parallelo con l’allontanamento di
Aldo Costa: silurato dalla Ferrari nel 2011 e l’altra domenica
in Bahrein a festeggiare sul podio con Hamilton e la Mercedes. E che le dimissioni di Domenicali possano essere il preludio a ben altri cambiamenti lo
PUGNI
E CARESSE
di Andrea
LA NUOVA macchina, è sotto
gli occhi di tutti, è lenta e arranca stancamente in rincorsa
sin dalle qualifiche senza alcuna
possibilità di recupero in gara,
non tanto nei confronti dell’imprendibile Mercedes ma neppure della Force India, per dire.
E che cambiare un solo uomo
spesso serva a poco, non essendo la F1 una squadra di calcio
cui basta cambiare allenatore
lascia intuire sempre Turrini,
che dopo aver annunciato in
anteprima mondiale le dimissioni di Domenicali scrive che
Marco Mattiacci, che dovrebbe
prendere il suo posto, è uomo
stimato più a Torino che non a
Maranello. Una frase sibillina
che spalanca le porte sulla vera
ragione delle dimissioni di Domenicali: a breve potrebbe toccare a Montezemolo.
La scelta di Mattiacci, umbro di
42 anni, ex dirigente del dipartimento Asia-Pacifico della
Ferrari (dal 2006 al 2010) e da
Scanzi
L’importante
per Paloschi è che
sia importante
allora presidente della divisione
commerciale Nord America, è
infatti sorprendente. Il nuovo
direttore della gestione organizzativa Ferrari è un uomo di
business, di pubbliche relazioni, non certo di campo. Nelle
corse americane con auto del
brand Ferrari, come Daytona,
lasciava che a occuparsi della
gestione della gara fossero altri.
Abituato a trattative commerciali, inaugurazioni di negozi e
di fiere del lusso – non che questo non abbia importanza strategica nello sviluppo di un mar-
CARLO ANCELOTTI lo definì “predestinato”, e in effetti all’inizio Alberto Paloschi lo sembrava. Reti a valanga con il
Milan Allievi di Evani, gol all’esordio col
Milan in Coppa Italia, gol all’esordio in
Campionato. Era l’inizio del 2008. Più di
sei anni fa e un po’ sembran secoli. Dopo Genoa e Parma, Paloschi è dal 2011 al
Chievo. Ha 24 anni. Domenica è stato
decisivo, tripletta al Livorno e vittoria
preziosa per la sua squadra. L’impresa
gli è valsa la puntuale via crucis di interviste. Paloschi aveva molte cose da
dire e le ha dette, soprattutto a Stadio
Sprint (Rai). Il suo exploit, pregno di
contenuti, è stato notato anche da Vincenzo Cito sulla Gazzetta dello Sport.
Ascoltiamo Paloschi: “Vittoria importante, ci ha dato tre punti importanti,
sabato c’è un’altra partita importante
che può dare una scossa importante al
nostro campionato”. Stranamente non
chio, anzi – non ha nessuna
esperienza di corse, paddock,
pista. Insomma, quello di Mattiacci, laureato in Economia e
Commercio, è il profilo perfetto per essere il nuovo Montezemolo piuttosto che il nuovo
Domenicali. E il fatto che il suo
ingaggio sia da ascrivere alla
FCA (la holding Fiat Chrysler
Automobiles), ossia a Sergio
Marchionne, lascia aperte tutte
una serie di considerazioni su
quale possa essere la prossima
testa a saltare a Maranello.
twitter: @ellepuntopi
pago di quanto sin lì ascoltato, il giornalista ha rivolto a Paloschi una seconda domanda. E il bomber non si è certo
tirato indietro: “Una vittoria importante,
ci ha dato tre punti importanti, ora ci
aspetta un’altra partita importante, può
darci una scossa importante”. Poi Paloschi è tornato a casa e ha visto gli
amici, con cui è andato a cena. È arrivato il cameriere, gli ha chiesto cosa
intendeva ordinare. Paloschi si è guardato in giro. Ha respirato profondamente. Poi, con aria sicura, ha risposto:
“Credo che sia una scelta importante,
quindi voglio una pizza importante, che
mi dia calorie importanti e la speranza
di una digestione importante”. Poi gli
amici lo hanno preso e portato via con
amore, garantendogli che non era una
cosa grave. E forse neanche troppo importante.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
15
OGNI MALEDETTA DOMENICA
Cerci e Immobile
contro i biscotti
TORINO-GENOA SEMBRAVA IL CLASSICO 0-0 DA FINE STAGIONE. EPPURE, PRIMA
GILARDINO FA IL SUO ALL’85’ E POI – AGLI SGOCCIOLI E SGOCCIOLISSIMI – I “GEMELLI”
GRANATA FANNO SPLENDIDAMENTE IL LORO CON GOL IMPRATICABILI “A TAVOLINO”
di Oliviero Beha
G
ol a raffica per la Domenica delle Palme.
Di tutti i tipi, per tutti
i gusti, con grande
spolvero delle statistiche. A far
un poco di memoria, le goleade
di primavera hanno dietro di
loro tutta una letteratura. C’è
una lettura tecnica: troppo
spesso sono errori anche macroscopici delle difese e/o del
singolo difensore, anche senza
arrivare brerianamente al sintagma per cui il risultato ideale,
esente da sbagli, sarebbe quello
a reti bianche. C’è una lettura
da neofiti spesso femminili, per
cui più gol si vedono meglio è, a
metà tra il gusto del basket e
quello del circo (“entrino entrino, più gente c’è più bestie si vedono…”). C’è una lettura meteorologica: terreni asciutti,
maggiore corsa “ma anche”
maggiore stanchezza dopo le
usure di una stagione e quindi
coperture più burrose. C’è una
lettura tifosa, per cui se la mia
squadra ne segna tanti godo come un Maurito e non sto a
guardare troppo per il sottile, se
ne prende tanti comunque una
sconfitta è una sconfitta anche
se di misura, quindi…
E INFINE c’è una lettura sospet-
tosa, quella secondo cui i “biscotti”, i trucchi, le scommesse
non finiscono mai e nelle ultime settimane del campionato
addirittura impazzano, specie
se riferite a squadre che meno
hanno da chiedere alla classifica. Questo bignametto spesso
dimenticato dagli addetti ai livori, più presi dal gossip e dalla
loro verve di imbonitori, mi
conduce dritto dritto non a Genova, Napoli, Livorno o Verona
(anche se gongolo per la rifioritura del giglio), bensì a Torino. Il giorno in cui qualcuno mi
dimostrerà che dietro un match
così, trascinato per quasi un’ora
e mezza lungo un pareggio senza reti che pareva testimoniare
VOX POPULI
Le goleade di primavera
incorraggiano l’idea
che trucchi e scommesse
non finiscano mai
e che nelle ultime partite
addirittura impazzino
il meglio e il peggio di Torino-Genoa, due buone squadre,
due tecnici valorosi (solo che
Gasperini assomiglia molto a
Barbacetto…), aggressività “inglese” a intermittenza, dietro
un match così – dicevo – ci sono
altri affari, ebbene smetterò di
occuparmene per professione o
per diletto. Perché? Perché
mentre c’era già chi aveva sentore olfattivo di accordo nel non
FESTA GRANATA
L’abbraccio a Ventura
dopo lo strepitoso unodue nel recupero targato
Immobile-Cerci Ansa
darsele, modello Buffon (“meglio due feriti che un morto”,
che detto da uno scommettitore
incallito…), prima Gilardino fa
il suo e poi agli sgoccioli e sgocciolissimi Immobile e Cerci
fanno splendidamente il loro
con gol impraticabili “a tavolino”, con iniezioni multiple di
adrenalina per tutto lo stadio e i
telespettatori. È questo che tiene insieme un business di de-
naro, fegato e cuore spesso assai
più che di cervello, e lo fa sopravvivere a mille nefandezze.
Grazie a quei tre gol possiamo
crederci ancora, anche solo fino
a prova del contrario…
Per carità, non sottovaluto l’impatto del siparietto di Marassi,
dove regnava un clima da vaudeville, da “corna di nome
Wanda” parafrasando il film
della Curtis al 39° posto tra i 100
LA LAVAGNA
Juve, le mani sullo scudetto
I BIANCONERI PASSEGGIANO ANCHE A UDINE. LA ROMA RESTA A MENO OTTO, A DISTANZA DI SICUREZZA
di Roberto Beccantini
ue a zero: Giovinco di classe, Llorente di rapina. La Juventus
D
passeggia anche a Udine e riporta le lancette dello scudetto
a più otto. I campioni hanno dominato, lasciando agli avversari
le briciole (e un palo di Muriel, agli sgoccioli). Migliore in campo, Giovinco (gol, palo, dribbling): l’eterna promessa che Conte
ha difeso da tutti i roghi. La capolista ha recuperato brillantezza,
al di là dei ritmi, blandi, che cullano il nostro campionato.
DAJE. Non si vive di solo Destro. Sette vittorie consecutive:
polverizzata l’Atalanta, la Roma non molla il sogno. Infortuni,
squalifiche, “soli contro tutti”: ma chi se ne frega. Cinque giornate al termine, 87 punti: un anno fa, la Juventus ne aveva 77, e
nel 2012 ancora meno, 74. Siamo di fronte a una marcia-record.
Rudi Garcia ha trovato il suo don Rodrigo (Taddei). “Operaio”
brasiliano di 34 anni, sembrava finito o comunque sfinito. Un
gol al Parma, un altro sabato. Avanti popolo.
MIRACOLI. La “sparatoria” tra Maxi Lopez e Icardi, piatto forte
di Sampdoria-Inter 0-4, si è piegata ai balzi di Handanovic. Era
da tempo che non vedevo un portiere parare in quel modo.
Nell’ordine: rigore e rasoterra
di Lopez, punizione di Sansone, volée di Soriano. Tutto nel
INARRESTABILI
primo tempo, sul risultato di
uno a zero. Il rosso a Eder ha
Cinque giornate
poi spaccato la partita, consegnandola alle fregole di Mazal termine, 87 punti:
zari. L’Inter non vinceva da
un anno fa Conte
quattro gare.
QUOTA. La stagione scorsa,
ne aveva 77, e nel 2012
scesero in serie B Palermo (32
punti), Siena (30, ma senza
ancora meno, 74
handicap sarebbero stati 36) e
Numeri da far paura
Pescara (22). Il panorama
odierno contempla: Chievo 30, Bologna 28, Livorno e Sassuolo
25, Catania 20. Paloschi, con una tripletta, ha domato Livorno-Chievo. Classe 1990, scuola Milan, ha rimediato al crepuscolo di Pellissier e al calo di Thereau.
ALTRO CHE PATTI. Torino-Genoa è ordalia che la tradizione più
recente ha infarcito di armistizi e patteggiamenti. Pure stavolta
sembrava la stessa solfa: zero a zero fino all’85’. Poi: Gilardino
sotto misura, Immobile di destro (bello), Cerci di sinistro (bellissimo). Toro in rimonta, come a Catania. E Immobile capocannoniere solitario: 19 gol, uno in più di Tevez.
MESSI MALE. Fuori dai quarti di Champions per mano dell’Atletico e, sabato, k.o. a Granada. Tempi grami per il Barcellona
del Tata Martino e di Leo Messi. Come il Watford in Inghilterra,
il Granada appartiene alla famiglia Pozzo, proprietaria dell’Udinese. Troppi problemi, il Barça: in difesa, soprattutto. Puyol
non c’è più, Piqué non c’era. E così lo “scudetto” diventa un
derby tra Simeone e Ancelotti. Classifica (a meno cinque): Atletico 82, Real 79, Barcellona 78. Domani sera a Valencia, finale di
Coppa del Re. Barcellona-Real. Dolcetto o scherzetto?
MEMORIA. Venticinque anni fa, la strage di Hillsborough. Morirono novantasei tifosi del Liverpool. Era il 1989, dalla tragedia nacque il modello inglese: stadi sicuri, all’avanguardia. Sabato e domenica, il ricordo. Ogni partita è cominciata con sette minuti di ritardo. Anche ad Anfield.
La prima contro la terza. Morale: Liverpool-Manchester
City 3-2. In un mare di sciarpe
rosse ha risolto Coutinho, ex
Inter. Come Destro. Come Balotelli.
BISOGNA
SAPER PERDERE
di Malcom
Pagani
Nainggolan come Razzi:
“Fatevi i cazzi vostri”
CON LA STESSA grandezza di Diego Abatantuono nei
panni di Cecco, l’orrendo butterato ventiseienne che di
mestiere fa il fornaio, molesta le clienti: “Ciappa questo,
bionda. Sa chi mi ricorda lei? Donatella Erezione” e nelle
ore libere riassesta il cavallo insidiando Milena Vukotic
senza dimenticare di insolentire il ragionier Fantozzi: “So’
diabolico nell’amplesso/spupurziunato pè quanto riguarda
le dimensioni di sesso” Mauro Icardi cerca con ogni evidenza la rissa. Amare Wanda Nara, ex di Maxi Lopez, tra
battute elementari su Twitter, intimità in vetrina e foto di
mufloni come lieve metafora animale dell’ex amico diventato cornuto, non gli basta più. Dopo aver esaurito il compito “sportivo”, segnando due gol, distruggendo il rivale
che non gli aveva stretto la mano e a cui sul dischetto del
rigore si era ristretta la porta e salvando le gambe a Genova nonostante il dialettico corpo a corpo con il pubblico
(per sua fortuna gli anni passano e i cattivi estinguono,
con Mihaijlovic e Maradona in campo il finale di partita
sarebbe stato diverso) Maurito lavora ora sulla provocazione monotematica. Mette in Rete foto dei figli di Wanda
e Maxi tenendoli per mano, contabilizza le assenze di Maxi
contandogli le ore, fa la morale al padre originario, immortala le dita tatuate sul volante, accenna (di nuovo) alle corna e si pone domande retoriche: “Chissà perché Wandita
mi fa guidare così?”. Tutto molto lontano dai litigi tra Lorenzo Buffon e la valletta di Lascia o raddoppia Edy Campagnoli e riproposto senza l’ombra di uno scandalo o di un
bel dibattito bigotto, nel box telematico a
caratteri bloccati alla cui selvaggia brevità
Icardi sembra aderire perfettamente. Non
è l’unico, ma in questo caso, la casella
postale gioca in difesa e veste l’avatar di
Radja Nainggolan, sontuoso centrocampista della Roma e marito con qualche
guaio nel campo in cui si gioca per il resto
della settimana. A Cagliari, nel giorno di
pausa, sta litigando con la moglie sul ciglio di una strada. Un passante osserva e chiama i carabinieri. Il resto sono mattinali di questura, referti di ospedale, accuse di maltrattamenti, forse schiaffi, sicuramente
o quasi nessuna denuncia da parte della moglie (che in
serata twitta “Solo un diverbio”) del calciatore. In tarda
mattinata Nainggolan si ritrova la notizia in pagina e a differenza di Icardi, delude i guardoni e con italiano incerto si
fa capire benissimo. “Voglio dire una cosa a tutti”. Tre punti esclamativi. “Dovete fare i cazzi proprio”. “Problemi in
famiglia esistono, Ma mani addosso no”. Per ora sipario.
Domani diventerà un format.
film inglesi del XX secolo. Scemo il ragazzo Maurito quanto è
forte potenzialmente il giocatore Icardi a provocare un po’ tutti, penosetto al punto di trasformarsi in Mini-Lopez il tradito
che appunto tutto doveva fare
nelle sue condizioni meno che
tirare un rigore pensato come
un cazzotto all’irridente rivale.
Un’offa gettata a puntino a
un’Inter che dimostra come nel
calcio i portieri contino ancora
all’incirca come i goleador.
NEL FRATTEMPO resta in pista
la Roma delle sette vittorie, che
pare poter supplire alle assenze
come accade alla Juve e meglio
di Napoli e Fiorentina (e così
abbiamo anche una lettura onnicomprensiva delle ragioni
dell’attuale classifica). C’è effettivamente in ballo un “caso Destro”: 4 giornate di squalifica
per la prova televisiva. La Roma
lamenta l’uso improprio di una
norma perché l’arbitro aveva
già fischiato e deciso e quindi
“ha visto”. Gli archivi ci dicono
che tale decisione “postuma” o
meglio “post-televisiva” non è
neppure un inedito. Il presidente federale, con sprezzo del ridicolo, dice che “l’indipendenza degli organi di giustizia sportiva è sempre garantita” anche
se tutti gli scandali che hanno
avvelenato (avvelenano?) la
storia del pallone testimonierebbero il contrario. Io ricordo
come di solito si arrangiano le
norme secondo convenienza.
Penso, giacché si parla di Roma,
al caso Nakata e al cambiamento di regolamento in corsa nello
scudetto di Capello. Credo anche però che la Roma abbia ragione a protestare nel caso in
questione: qui non si è cambiata
urbi et orbi la norma come nel
caso (discutibilissimo) Nakata e
altri, assumendosene quindi
comunque una responsabilità
“legislativa”. Se ne è invece applicata la parte esistente che
“l’organo indipendente” ha stabilito di far trionfare in spregio
della regola complessiva. E con
questo “organo indipendente”
senza troppo faticare siamo tornati a Icardi, il marito, e una duchessa di nome Wanda.
www.olivierobeha.it
16
SECONDO TEMPO
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
il Fatto Quotidiano
E IN ITALIA? A gennaio Google ha lanciato il portale
Made in Italy d’accordo con il ministero dell’Agricoltura per
promuovere i prodotti agroalimentari. Il mese successivo viene
presentato un progetto on line per lo sviluppo turistico Ansa
STORIE DI LOBBY
Così Google guida gli Usa
IL COLOSSO AMERICANO FINANZIA RICERCHE E FONDAZIONI,
INFLUENZA DEPUTATI E INDIRIZZA LE SCELTE DEI PARTITI
di Chiara Daina
er avere un’idea di come una lobby influenza il potere politico in
P
base ai suoi interessi, è utile prendere il
caso di Google. Oggi le pressioni messe in campo dal colosso di Mountain
View negli Stati Uniti sono alla stregua
di quelle delle grandi aziende di gas e
di petrolio, valgono di più di quelle di
Big Pharma e delle industrie delle armi. Fino a dieci anni fa poteva sembrare una chimera: nel 2004 Google
era al 213esimo posto nella classifica
delle spese lobbistiche e aveva una certa puzza sotto il naso, quella di chi non
vuole confondersi con la massa. Poi il
cambio di strategia che spiazza: nel
2012 diventa il secondo lobbista dopo
la General Electric, con un investimento di oltre 18 milioni dollari, scendendo in quinta posizione (con una
spesa di quasi 16 milioni dollari) l’anno successivo ma pur sempre vantando un’incredibile forza magnetica che
attira, senza fare differenze, sia il partito dei repubblicani sia quello dei democratici. Il suo piano d’attacco però è
su vasta scala e coinvolge anche grandi
aziende commerciali, università e
think tank. In tutto, secondo il Washington Post, gli enti finanziati da Google
sono 140. Ecco qualche esempio.
NEL MAGGIO 2012 al centro di studi
giuridici ed economici dell’Università
George Mason in Virginia viene organizzato un forum sulla competizione
dei motori di ricerca in Rete con lo
zampino, nascosto ma molto efficace,
di Google, che fornisce al direttore del
centro la lista degli ospiti e relatori da
invitare. Tra questi ci sono alcuni
membri del Congresso, altri della Federal Trade commissione (FTC) e del
dipartimento di Giustizia. Nulla succede per caso. In quel momento la FTC
(l’Antitrust americana) sta indagando
sul presunto predominio del suo motore di ricerca. Il giorno dopo la conferenza il miracolo, si fa per dire: gli
esperti legali e informatici dissuadono
il governo dal prendere misure contro
l’azienda. Google si trasforma in una
piovra e i suoi tentacoli per allungarsi
hanno bisogno di più spazio. Così a
partire da quest’anno le sue presenze
stanziate a Capital Hill raddoppieran-
Facebook vuole
una banca
no e l’ufficio sarà grande
LA TECNICA
quasi come la Casa Bianca.
Niente paura: Google conForum finanziati
tinua a ricordarci che sta difendendo i nostri dati perdi nascosto (con membri
sonali dal governo di Wadel Congresso) hanno
shington dopo il Datagate.
Intanto però offre cloud
dissuaso l’Antitrust
storage e altri servizi al Pentagono, agenzie di intellidall’indagare
gence e dipartimenti vari.
sul motore di ricerca
Una vera lobby non trascura mai le organizzazioni di
beneficenza: Google arruola una serie di ambasciatori all’interno una petizione online e visto il successo
del Cato Institute, New America il Congresso accantona la proposta. A
Foundation e Competitive Enterprise distanza di un anno, nel 2012, Google
Institute. L’alleanza più fortunata è inizierà a fare donazioni alla Fondacon l’Heritage Foundation, un labora- zione Heritage. Altrettanto farà con
torio di pensiero di linea conservatrice, l’Università George Mason (350 mila
dove Google tiene una sessione di una dollari all’anno). E così via.
settimana riservata ai blogger repubblicani. Gli sforzi sono valsi anche que- IL GIGANTE informatico ha rivolusta volta: il ricercatore della Fondazio- zionato il destino degli Stati Uniti,
ne James Guttuso critica l’Antitrust che possa farlo anche in Italia? Gli inper aver aperto un’indagine a carico di dizi non mancano, ma nessuno ha la
Google. Di più, il gruppo Heritage si sfera di cristallo. Lo scorso gennaio
unirà alle contestazioni contro la legge Google ha lanciato il portale Made in
anti pirateria. L’azienda lancia anche Italy d’accordo con il ministero del-
ABBIAMO una banca. O almeno la vogliamo, con tanto di
moneta virtuale e rimesse di
denaro che strizzano l’occhio ai
paesi emergenti. Sarebbero
questi i piani, a distanza di due
anni dello sbarco a Wall Street,
della società di Mark Zuckerberg. Secondo il Financial Times,
fra poche settimane la società
dovrebbe ottenere dall’autorità
irlandese – paese in cui ha il
proprio quartier generale europeo – l’approvazione per un
servizio che consentirà agli
utenti del Vecchio Continente
di salvare denaro sulla piattaforma e usarlo per fare paga-
Primati visivi: 1500 dollari
per gli occhiali del futuro
di Andrea Valdambrini
è sempre una prima volta, anche per i Google Glass. Quella che è attesa come la più
C’
grande novità tecnologica dell’anno si affaccia sul
mercato a partire dalle 6 del mattino di oggi, ora
della California (le 15 in Italia). Con qualche restrizione però: gli occhiali smart sono destinati ai
soli residenti americani, solo ai maggiorenni e soprattutto si possono comprare solo per un giorno.
Il prezzo poi non sembra troppo invitante: 1500
dollari tasse escluse. Un evento straordinario,
quindi, che oltre a mantenere alta l’attenzione sul
fenomeno Glass, anticipa la disponibilità per gli
sviluppatori e addetti ai lavori non americani –
che potrebbe avvenire entro l’estate – ma soprattutto preannuncia l’uscita sul mercato, che dovrebbe arrivare entro la fine dell’anno ad un prezzo decisamente più basso di quello odierno (si
parla di 500 o 600 dollari). Il gigante di Mountain
OSSESSIONI L’uomo più
connesso del mondo
opo aver speso gli ultimi 4 anni della sua
D
vita a collegare dispositivi tecnologici da
indossare a quelli della propria abitazione, facendo in modo che tutti i dati confluissero in
una singola piattaforma on line, il 45enne statunitense Chris Dancy ha guadagnato di diritto
il titolo di “uomo più connesso del mondo”: “La
mia casa mi conosce – afferma Dancy –. Se sono
stressato e non dormo bene, quando mi sveglio
la luce è di un certo colore, la temperatura di un
certo tipo, e suona un certo tipo di musica”. Tra
app e dispositivi, Dancy sfrutta oltre 700 sensori
che registrano in tempo reale qualunque dato
della sua vita e dell’ambiente che lo circonda. E
grazie alla tecnologia che lo consiglia anche su
cosa mangiare, ha perso ben 45 kg!
p.r.
menti ma anche per scambi di
denaro fra gli stessi iscritti, tipo
Money Transfer. L’obiettivo è
quello di intercettare i trasferimenti di denaro verso i paesi
dell’Est e dell’Africa.
GLASS
Gli
occhiali di Usa, in
vendita oggi negli
Usa per 1.500
dollari LaPresse
View non ha invece ancora reso noto se e quando
esisteranno versioni di Glass in altre lingue.
ANCHE SE non possiamo ancora acquistarlo, è vero
che dei nuovi occhialetti che “aumentano la realtà”
sappiamo già molto. Presentati dal co-fondatore di
Google Segey Brin, che più di un anno fa si faceva
fotografare a testarli nella metro di New York, gli
occhiali sono dotati di un apparecchio montato sulla lente destra che una volta attivato proietta informazioni di fronte ai nostri occhi. Attivandosi tramite comando vocale, e sfruttando una connessione
internet wireless, gli occhiali permetteranno, ad
esempio, di sempre sapere dove mi trovo o quanti
gradi fanno, di scattare una foto, girare un video o
ascoltare musica. E ancora controllare la posta elettronica o condividere un status sui social network.
Molte le applicazioni possibili nel campo della ricerca medica. In Inghilterra l’ospedale di Newcastle ha avviato un progetto per utilizzare il dispo-
l’Agricoltura per promuovere i nostri
prodotti agroalimentari. Il mese successivo viene presentato un progetto
online per lo sviluppo turistico voluto
dall’ex ministro della Cultura Bray.
La disponibilità di Google non è senza secondi fini. Allora c’era in ballo la
web tax, che Renzi si è affrettato a
cancellare, ma poi è rispuntata nella
legge di delega fiscale e obbliga le
aziende online, da Amazon a Google,
a pagare una quota al fisco italiano
per la vendita di pubblicità. Questo in
teoria, nella pratica potrebbe decidere Google.
sitivo come supporto ai malati di Parkinson. In
Italia l’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, nel
milanese, ne sperimenterà l’uso per la formazione
dei medici in sala operatoria. Non mancano però
le controversie. Già negli Usa alcuni Stati chiedono di bandire per ragioni di sicurezza l’uso di Glass
quando si è alla guida, mentre alcuni membri del
Congresso sembrano preoccupati soprattutto
dalle applicazioni che permettono il riconoscimento facciale,
o anche semplicemente dall’utilizzo di foto e
video che possono riprendere
chiunque senza
il suo consenso. Da noi, il Codacons ha chiesto
preventivamente di bloccare la commercializzazione, temendo danni per la salute dopo che alcuni
collaudatori americani hanno denunciato emicranie e malessere da uso prolungato. Google risponde affidandosi al buon senso di chi degli smart-occhiali farà uso. Basterà?
TWITTER DIXIT
Maxi, Icardi e le corna
Non c’è fine al peggio
n passato (sfortunato) in comune al
U
Barça e la stagione da
compagni alla Samp facevano presumere che
Mauro Icardi e Maxi Lopez potessero diventare
grandi amici. Ed è stato
così fino a un certo punto, poi gli amici sono diventati nemici per il solito motivo: una donna.
Icardi, entrato di soppiatto nella vita di Lopez, ne è
uscito sottraendogli la
moglie Wanda Nara e i
figli, ora con lui a Milano
a condividere l’esperienza nerazzurra. Sampdoria-Inter di domenica è
stata così una sfida nella
sfida, e a (stra)vincere è
stato Icardi: 0-4 Inter,
due gol di Maurito e un
rigore sbagliato da Lopez.
Ma Icardi, infastidito dalla stretta di mano di rito
che Maxi non gli ha concesso nel prepartita, ha
esagerato postando una
foto su Twitter in cui, su
consiglio di Wanda, fa il
gesto delle corna mentre
guida. Maxi, un vero signore, non reagisce, e la
rete si schiera con lui: tra
le varie condanne al 9 interista, quella ironica di
Ivan Zazzaroni, che si
chiede perché nessuno
abbia sedotto la moglie di
Montero, ex juventino
famoso per le espulsioni e
i fallacci. Sembra la storia
di Gastone e Paperino:
non si può che stare con
gli sconfitti.
M.Ze.
Tweet di Icardi: “Perché mi fai guidare così?” Ansa / Twitter
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
17
LO SPOT
La pubblicità di Atlantia, la nuova
società che gestisce gli aeroporti di Roma
RAI DOC
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
Elio cicerone in calesse,
un crescendo rossiniano
di Patrizia Simonetti
ttorno al 1099 ai piedi del Pincio c’era un pioppo sotto il
A
quale fu sepolto Nerone e un giorno
qualcuno affermò di aver visto riemergerne lo spettro”. A raccontare
una delle tante leggende di Roma è
un turista d’altri tempi che se ne va
in giro in carrozza a ritrovare i luoghi più importanti della sua vita di
grande compositore: Gioachino
Rossini, ma con la voce e la faccia di
Elio. In sottofondo le sue arie più celebri, eccolo a piazza Navona a parlarci della rivalità tra il Bernini e il
Borromini e poi al Teatro Argentina
che nel 1816 ospitò la disastrosa prima del suo Barbiere di Siviglia.
Inizia così Roma, Napoli, Venezia… in un crescendo rossiniano,
documentario d’autore diretto da
Lina Wertmuller che di tanto in tanto offre anche la sua voce per narrare
ad esempio che nel 1590 a Napoli il
principe Carlo Gesualdo da Venosa
ammazzò la bella moglie le cui grida
riecheggiano ancora oggi nelle notti
senza luna. Qui dove Gioachino la
conobbe, incontriamo anche la signora Rossini, la cantante lirica alias
Giuliana De Sio, che come in un’intervista a un rotocalco rosa svela
pregi e difetti del marito. Infine in
gondola a Venezia che “in fondo alla
laguna – svela la nostra guida – nasconde un drago che quando si in-
nervosisce soffia sulla città una fitta
nebbia”. Un modo nuovo di raccontare l’arte e anche di guardarla: nitidi come non mai i mattoni di Castel Sant’Angelo che li puoi contare
uno a uno come anche i ciglioni di
Elio, le venature del cavallo di Fontana di Trevi, le maioliche del chiostro di Santa Chiara, le ali del Leone
di San Marco e pure quelle che
Gioachino-Elio chiama “le non
smacchiabili cagate di piccione”.
MERITO di piccolissimi pixel, 4.000
per la precisione. Si tratta infatti di
un progetto sperimentale prodotto
dalla Direzione Strategie Tecnologiche Rai con Eutelsat girato in Ultra
HD 4K che offre una definizione di
immagini quattro volte superiore alla semplice HD e che ieri è stato possibile ammirare nella presentazione
in Viale Mazzini grazie ad una riproduzione locale. In Italia infatti la tecnologia non è ancora disponibile,
quindi la Rai lo manderà in onda in
semplice HD dopo opportuna conversione, ma Eutelsat che lo trasmetterà dal suo canale satellitare sperimentale, assicura che entro tre anni
dovremmo farcela. Wertmuller
dunque pioniera del 4K, ma non
sembra neanche essersene accorta:
“Fellini mi disse di raccontare sempre la mia storia come se fossi al bar
con gli amici – dice – e io questo ho
fatto”.
La bimba, il triciclo e l’aereo:
brividi modello Shining
di Fulvio
Abbate
on mi dite d’essere sfuggiti, eh,
allo spot di Atlantia. Allo stesso
N
modo del capolavoro cinematografico
di Alfred Hitchcock dedicato agli uccelli, metafora rapace e planante di
una minaccia epocale temibile come il
comunismo, esistono spot pubblicitari
che, per quanto benefici o comunque
segnati dal concetto del bene comune,
riescono a metterti sul chi vive, per poi
suggeriti direttamente il terrore, è
esattamente ciò che provo ogniqualvolta mi passa davanti agli occhi lo
spot-annuncio di progresso di Atlantia, dove una bambina a bordo di un
triciclo è spinta verso un chissà dove
dalle amorevoli mani di una moltitudine che diremmo felice nella sua opera di forza lavoro del piacere vivente.
Lo spot, già che c’è, avvisa l’ignaro
spettatore che nel frattempo gli aeroporti di Roma sono stati presi in carico
dal marchio imprenditoriale in questione. Quanto al resto, la narrazione
visiva dello spot da paura mostra un
non so che di retorica “filatelica”, nel
senso che issare una torre “comunale”
vivente, ossia composta da uomini e
donne l’uno sull’altro abbracciati come acrobati del Togni o dell’Orfei, inevitabilmente riporta alla memoria certe emissioni votate all’apoteosi dell’Europa non ancora pienamente unita, dunque ai giorni di ponteggi “Innocenti” e vetrocemento del MEC,
acronimo di Mercato comune europeo, per chi non lo avesse mai sentito
nominare.
UN ISTANTE DOPO, riecco il primo
piano della bambina-triciclo; sarà forse
colpa di quest’ultimo veicolo destinato
apparentemente al gioco, dipenderà
magari dalla sensazione di spaesamento che l’assembramento aereo della
moltitudine anonima suggerisce, ma
alla fine ti sorge il dubbio che la piccola
del nostro spot possa essere la cuginetta di Danny, il ragazzino dal caschetto biondo di “Shining” di Stanley
Kubrick che va per i corridoi dell’Overlook Hotel con il suo non meno
spettrale triciclo, forse la pellicola più
perturbante che sia mai stata realizzata,
sembra insomma che dietro il senso di
quiete apparente ci sia lo spettro della
Gli ascolti
di domenica
UN MEDICO IN FAMIGLIA 9
Spettatori 4,7 mln Share 17%
LUCIGNOLO
Spettatori 991mila Share 4,8%
paura. Adesso qualcosa sicuramente
dirà: dai, ma dove le vedi tutte queste
cose? Ciò che non si riesce a intuire con
esattezza, lo ripeto, da sempre mette i
brividi, come l’attesa dell’ospite in un
corridoio vuoto e apparentemente inabitato, sto forse dicendo una sciocchezza? E ancora, se l’immagine della
bambina ciuffi triciclo e sguardo che
punta il sereno non dovesse bastare, lo
stesso spot ha la pretesa di imporre
come rassicurante la visione dall’alto,
dunque aerea (oh, non per nulla c’è di
mezzo un aeroporto), di una massa
formicolante che sembra addensarsi
tra gli arrivi e le partenze, in un ideale
pista di atterraggio dove l’idea del servizio perfetto si accompagna allo sgomento per, appunto, l’indistinto; non
per nulla ho parlato di formicolante,
nel senso di formica, di massa, di alienazione.
Se non si fosse ancora intuito, lo spot
Atlantia realizzato per l’agenzia Leo
Burnett dal regista Dario Piana mette i
brividi modello base, ogni altra riflessione sarebbe soltanto schiuma estetica
di marca hipster.
@fulvioabbate
CHE TEMPO CHE FA
Spettatori 3,1 mln Share 11,9%
LA GABBIA
Spettatori 613mila Share 3,2%
LA TV DI OGGI
6.45 Unomattina Attualità
10.00 Unomattina Storie Vere
Rubrica
10.30 Unomattina Verde
Rubrica
10.55 Che tempo fa
Informazione
11.00 TG1 Informazione
11.25 Unomattina Magazine
Rubrica
12.00 La prova del cuoco
“Erbe aromatiche”
Varietà Condotto da
Antonella Clerici
13.30 TG1 Informazione
14.00 TG1 Economia
Informazione
14.10 Verdetto Finale
“Il dramma dell’ AIDS”
Attualità
15.20 La vita in diretta
Attualità
Rai Parlamento
Telegiornale - TG1 - Che
tempo fa Informazione
(all’ interno)
18.50 L’ eredità Gioco
20.00 TG1 Informazione
20.30 Affari tuoi Gioco
21.10 Carosello Reloaded
Documenti
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stagione “Terza
puntata” Fiction
TG1 60 Secondi
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23.25 Porta a Porta Attualità
1.00 TG1 Notte - Che tempo
fa Informazione
1.35 Sottovoce Rubrica
8.15 Due uomini e mezzo
“Una bara è per
sempre” Telefilm
8.35 Desperate
Housewives “Il lavoro
nobilita l’ uomo... e la
donna” “Le buone
maniere” Telefilm
10.00 TG2 Insieme Attualità
11.00 I Fatti Vostri Attualità
13.00 TG2 Giorno
Informazione
13.30 TG2 Costume e
Società Rubrica
13.50 Medicina 33 Rubrica
14.00 Detto fatto “Pasqua:
decorare la casa”
Attualità
16.15 Cold Case “La
traversata” “Voglia di
volare” Telefilm
17.45 TG2 Flash L.I.S. Meteo 2 Informazione
17.50 Rai TG Sport
Notiziario sportivo
18.15 TG2 Informazione
18.45 Squadra
Speciale Cobra 11
“La legge del profitto”
“Tania” Telefilm
20.30 TG2 - 20.30
Informazione
21.00 Lol:-) Sit com
21.10 Made in Sud
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Bertolino” Varietà
23.45 TG2 Informazione
0.00 2Next “Ospite:
Graziano Delrio”
Attualità
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Regione Attualità
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14.20 TG3 - Meteo 3
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14.50 TGR Leonardo Rubrica
15.05 TGR Piazza Affari
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Attualità
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Documentario
16.50 Geo Documentario
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19.30 TG Regione - Meteo
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23.20 Gazebo Rubrica
0.00 TG3 Linea notte
Attualità
TG Regione
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(all’ interno)
1.00 Meteo 3 Informazione
18.30 Transatlantico Attual.
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19.25 Sera Sport Notiziario
sportivo
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20.00 Il Punto alle 20.00
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Notiziario sportivo
13.40 Grande Fratello Reality
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15.20 Vecchi Bastardi
Real Tv
16.15 Urban Wild
Documentario
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Cartoni animati
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“Conflitto a fuoco seconda parte” Tf
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Stagione - Prima tv
Mediaset
Nikita “3.0” Telefilm
6.25 Chips “Un incontro
salutare” Telefilm
7.20 Miami Vice “Giocattoli
mortali” Telefilm
8.15 Hunter “La ragazza
della spiaggia” Telefilm
9.40 Carabinieri “Fuochi”
Telefilm
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Rubrica
11.30 TG4 - Meteo.it
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12.00 Un detective in corsia
“Una strana coppia”
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12.55 La signora in giallo “Il
filantropo” Telefilm
14.00 Lo sportello di Forum
Real Tv
15.30 Hamburg Distretto 21
“L’ ultimatum” Telefilm
16.35 Shenandoah la valle
dell’ onore - Western
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V. McLaglen, con
James Stewart
18.55 TG4 - Meteo.it
Informazione
19.35 Il segreto Soap
20.30 Tempesta d’ amore
Soap
21.15 The Next Three Days Drammatico (Usa
2010). Di Paul Haggis,
con Russell Crowe,
Elizabeth Banks
0.00 Three Kings - Azione
(Usa 1999). Di David
Owen Russell, con
George Clooney
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di San Francisco
“Droga avvelenata”
“Il solitario” Telefilm
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Cordier “Un ragazzo
misterioso” Telefilm
18.10 L’ ispettore Barnaby
“Rito di iniziazione”
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colpevole - Thriller
(Usa 1987). Di Peter
Yates, con Joe
Mantegna, Dennis
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“Gli uomini sono tutti
strani?” “Single è
bello?” Telefilm
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Attualità
LA RADIO
I film
Fare breccia nella fortezza Europa
Sono 852 i migranti soccorsi dai mezzi dell'operazione Mare Nostrum durante lo scorso fine settimana nelle acque dello Stretto di Sicilia. Tra di loro 50 minori. Si stima che dall’ inizio dell’ anno
sulle coste italiane sono sbarcati circa 15 mila migranti. L’ emergenza dell’ immigrazione si fa sempre più grave prendendo in considerazione le ultime previsioni confermate anche dal commissario
europeo Cecilia Malmstrom: sono tra 300 e 600 mila migranti che dalla Libia sono pronti a partire. L’ agenzia europea Frontex, dopo il disastro di Lampedusa dell’ autunno scorso aveva promesso di schierare nel Mediterraneo uno schieramento navale europeo di tutto rispetto. Il tema dell'immigrazione sarà per questo in cima alle priorità nell'agenda Ue del semestre di presidenza italiana. Ma cosa succede con i migranti una volta che sbarcano sulle nostre coste? Come si vive nei
malfamati CIE (Centro di identificazione ed espulsione)? Anna Maria Giordano ne parla con Flore
Murard-Yovanovitch, giornalista ed autrice di “Derive, piccolo mosaico del disumano” una cronaca, giorno per giorno, della discriminazione razziale e della negazione dei migranti e dei rom.
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Dream
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di colpi
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21.10 The Call
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siberiana
23.00 A spasso
nel tempo
SCC
16.15
Calcio, Serie A
2013/2014 33a giornata
Verona - Fiorentina
(Sintesi)
SP1
16.30 Calcio, Serie A
2013/2014 33a giornata
Sampdoria - Inter
(Sintesi)
SP1
17.00 Calcio, Serie A
2013/2014 Anticipo
33a giornata Roma Atalanta (Sintesi) SP1
17.30 Calcio, Serie A
2013/2014 Posticipo
33a giornata Milan Catania (Sintesi) SP1
18.00 Calcio, Serie A
2013/2014 33a giornata
Napoli - Lazio
(Sintesi)
SP1
18.30 Tennis, ATP World Tour
Masters 1000 2014
Montecarlo:
primo turno
(Replica)
SP3
18.30 Calcio, Serie A
2013/2014 Udinese Juventus (Sintesi) SP1
21.00 Calcio, UEFA
Champions League
2009/2010 Bayern
Monaco - Inter
(Replica)
SP1
21.30 Golf, Augusta Masters
2014 Giornata finale
(Replica)
SP2
23.00 Tennis, ATP World Tour
Masters 1000 2014
Montecarlo: primo
SP3
turno (Replica)
18
SECONDO TEMPO
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
il Fatto Quotidiano
NOI E LORO
POTERE AL FEMMINILE
Il paravento rosa
del turbopremier
di Daniela Ranieri
idea è geniale: fare
una cosa talmente
giusta,
altrove
scontata, che nessuno pensi sia fatta a proprio
vantaggio e per scopi pubblicitari. Tralasciando per
un istante che si tratta di
uomini che danno il potere
alle donne, il governo Renzi-Delrio quadra il cerchio:
nessuno può essere contro l’idea di nominare donne ai vertici delle società pubbliche. Ma
allora perché c’è un martellamento propagandistico sul tema, come fosse un giorno che
tutte le donne devono festeggiare?
Peraltro, alle donne in questione non si fa un gran favore, a
dare loro il comando di Eni,
Enel, Finmeccanica e Poste, che
nel senso comune sono rispettivamente: quelli che ti aumentano la bolletta, quelli hanno
pagato tangenti, quelli che non
ti recapitano buste a meno che
non siano di Equitalia. Per di
più proprio ora che si stanno tagliando gli stipendi. Le ferrovie,
risanate da Moretti sulle spalle
dei contribuenti, per fortuna
non profumeranno di iris e limone, e i treni non avranno tende di merletto ai finestrini: ma
dire donna al potere rende immediatamente tutto più sano,
europeo, biologico, come mettere l’olio EVO dentro un panino McDonald’s.
Peccato che la parità di genere,
che nei Paesi evoluti non è una
questione da tempo (i generi,
pare, sono 7, qualcuno dice 31),
non garantisca trasparenza dei
bilanci, operosità rivolta al bene
comune, attenzione a consumatori e consumatrici.
Lo fa già di più l’intenzione, solo
ora annunciata, di non nominare indagati e condannati (regola
che per le cariche di governo
non vale). Che tra questi incensurati ci siano donne e uomini
dovrebbe essere pacifico, in una
società naturalmente impostata
sulle pari opportunità fin dalla
scuola. Applicata, la parità di
genere implica che in un gruppo di maschi e femmine siano
presenti in egual misura brave
persone e persone dappoco,
persone che hanno fatto strada
con mezzi onesti e non, facendo
leva sulla propria capacità o sulle proprie aderenze col potere.
Matteo
Renzi Ansa
L’
CHE LE DONNE debbano essere
manager migliori e conferire alle aziende che guidano più eticità è un pregiudizio senza fondamento. È come dire che i neri
ballano bene e gli svizzeri sono
puntuali. Le manager messe ai
vertici sono manager prima che
donne. Se competenti, baderanno al profitto esattamente come
i loro colleghi maschi. La presenza al governo di una donna
come Barracciu confuta peraltro la tesi migliorativa: si può essere donne, avere pendenze con
la giustizia, e nonostante ciò
avere incarichi istituzionali senza per questo contribuire a un
nuovo corso della politica.
Fissarsi sul 50% a ogni costo ricorda più l’urgenza scaramanti-
cie di parità che al ministero della Sanità non ci sia la nuova Levi
Montalcini come al ministero
della Cultura non c’è un Nobel
per la letteratura. Così porre
donne come capolista alle Europee anche a scapito del cosiddetto legame col territorio, se da
una parte è un’idea rinfrescante
alla faccia dei veleni correntizi,
dall’altra indirizza l’elettore a
votare un candidato che magari
non avrebbe preferito.
PER LE POLITICHE è lo stesso,
NOMINE DI GENERE
Che le donne debbano
essere manager per forza
migliori è un pregiudizio
È come dire che i neri
ballano bene e gli svizzeri
sono puntuali
ca di fare il 14esimo a tavola che
quella di avvalersi di competenze irrinunciabili. Una società
migliore valorizza le differenze
qualitative, non si appiattisce
sulla mera parità numerica.
Renzi ha già mostrato di saper
fare della presenza delle donne
un atout del suo stile di governo,
tanto da lasciare la lotta per le
quote rosa alle pasionarie in
bianco riservandosi di intestarsi, lui solo e senza vincoli di legge, la svolta progressista altrove
già consolidata. Certo è una spe-
grazie a una legge elettorale fallata e potenzialmente antidemocratica. Certo Merkel mai si
sognerebbe di vantarsi di favorire una donna. Renzi lo fa perché è un uomo; perché è abile;
perché conosce le regole del
marketing e cavalca quel sottile
crinale del pregiudizio secondo
cui una donna o non è all’altezza
di un compito irragionevolmente ritenuto maschile, oppure è migliore in quanto del tutto
disinteressata al potere e all’arricchimento personale in virtù
di superiori doti spirituali. Discriminazione da una parte,
pretesa di superiorità etica dall’altra.
Negli incarichi di aziende pubbliche la parità vale poco quando si perpetrano meccanismi
autoritari e si agevola la solita lubrificazione del potere; è un mito consolatorio in un contesto in
cui alla lottizzazione si sostituisce la volontà di un solo capo di
governo e di partito, e si difende
la parità di genere nel salotto
buono mentre nelle retrovie si
rischia l’erosione del pluralismo
e della democrazia.
Amin Gemayel, ecco
l’ultimo amico di B.
di Maurizio Chierici
n STIAMO sottovalutando
la rivelazione di Berlusconi sul
viaggio libanese di Dell’Utri a
Beirut per dare una mano ad
Amin Gemayel nella corsa alla presidenza. Missione richiesta da Putin all’ex Cavaliere il quale si affida all’amico
dai misteri ben custoditi: impossibile sospettare il triangolo Cremlino-Arcore-Dell’Utri se l’inciampo dell’arresto non lo avesse smascherato. Per B. scelta drammatica,
diviso tra la riservatezza di un
intrigo che Obama non doveva sapere e l’aiuto al compagno di tante battaglie. Il cuore
ha prevalso: travolto dalla sincerità racconta perché il cofondatore di Forza Italia non
stava scappando. Indiscrezione che sorprende le diplomazie impegnate a spegnere i
fuochi della guerra siriana
non lontana dalla cornice di
Beirut.
Amin Gemayel è figlio di Pierre Gemayel, padre che si innamora di Hitler. Nel ‘36 torna da Berlino e fonda la Falange, partito con carri armati
e amicizie disinvolte che dividono la comunità cristiano-maronita. Annuncia la purezza della razza libanese nelle cui vene “non scorre sangue arabo” e quando nel ’70 i
profughi palestinesi in fuga
dal Settembre Nero di Amman si accampano nelle periferie, Bachir, figlio grande e
capofamiglia, organizza il sogno del genitore. Chiede ai siriani di assediare Tel El Zatar,
campo degli “invasori stranieri”: isolati resistono per 35
giorni alle squadre della morte cristiane guidate da Samin
Geagea, altro leader maronita. Tremila morti, soprattutto
civili. Nell’82 l’invasione di
Sharon si ferma sulle colline
della Beirut perbene, cannoni
a zero su quartieri arabi e palestinesi. Dopo lo sbarco di
pace di marines, legionari
francesi e bersaglieri, Arafat e
i suoi se ne vanno e il “trionfo”
di Tel El Zatar ispira la tragedia di Sabra e Chatila. Cambia
solo la protezione passata
agli israeliani. Con la benevolenza di Bachir, imperversa il
generale Aoun. Intanto il giovane Gemayel diventa presidente ma non ce la fa ad arrivare alla poltrona: assassinato alla vigilia del giuramento. Amin ne prende il posto
pagandolo con un altro attentato: morte del figlio. Storie
lontane dalle elezioni d’autunno. Adesso Amin riappare
LA DINASTIA
È figlio di Pierre,
fondatore della Falange
nel ’36, partito fondato
sulle amicizie disinvolte
e sulla purezza
della “razza libanese”
Marcello Dell’Utri Dlm
USI E COSTUMI
a cancelliera tedesca Angela Merkel ha visitato la
L
Pompei antica, pagando il bi-
glietto. Non ci sarebbe la notizia: almeno non in un paese
civile. Diventa, invece, una notizia proprio il fatto che, in Italia, questo piccolo accadimento abbia avuto una straordinaria risonanza mediatica. Per
noi un capo del governo che si
comporta come un cittadino è
un evento letteralmente eccezionale.
E qui sta il primo punto: lo
scollamento tra classe politica
e cittadinanza. Un abisso antropologico che certo non vie-
LA DIFFERENZA
Il patrimonio culturale
viene percepito
dai nostri politici solo
come un’attrezzeria
di scena. Nessuno di loro
passa tre ore a Pompei
ne colmato da un Matteo Renzi, figlio d’arte e professionista
della politica fin dall’età della
ragione.
Eppure, nonostante l’effimero
compiacimento verso il gesto
graziosamente accondiscendente del potente di turno, il
dato su cui interrogarsi è che
millenni di potere, imperiale e
poi papale, hanno abituato gli
italiani a piegare le ginocchia di
fronte alla scenografia del sovrano di turno. Il dato tragico è
che, in fondo, non prenderemmo sul serio un potente che si
comportasse da cittadino.
Nello specifico, tuttavia, l’aspetto su cui riflettere è il rapporto tra il potere e il patrimonio culturale. Come dimostra il
recentissimo scivolone della
sottosegretaria Vicari, che ha
chiesto i quadri dei musei di
Roma per arredarsi l’ufficio al
ministero dello Sviluppo economico, il nostro patrimonio
storico e artistico viene percepito come una specie di grande
attrezzeria di scena al servizio
del potere. Quadri delicatissimi vengono spediti come commessi viaggiatori in mezzo
mondo, gruppi scultorei anti-
chi sono dislocati nei palazzi
della politica, un luogo unico
come Villa Madama (progettata da Raffaello) viene usato come sfondo di lusso per i vertici
internazionali dei nostri capi
del governo.
QUEL CHE MANCA è un qual-
siasi indizio di un rapporto personale tra i “potenti” e quello
stesso patrimonio. La vera notizia, per l’Italia, non è che Angela Merkel abbia pagato il biglietto, ma che abbia impiegato
tre ore e mezzo del suo tempo
privato e personale per vedere
Pompei, con una cartina in mano e in compagnia di un archeologo tedesco. E che abbia
trovato poi il tempo di vedere
anche il Rione Terra di Pozzuoli, con le sue vestigia romane e il
suo Duomo appena restaurato.
Ora, quale politico italiano lo
farebbe, se non per dovere di
Stato, e a favore di telecamera?
E questo è il punto: in Italia non
c’è mai stata una vera politica
per la cultura, perché almeno
dagli anni Sessanta, la nostra
classe politica – salvo rare eccezioni – non è stata composta
da persone che avessero un vi-
MA LA STRADA è complicata. Gli avversari non cambiano: generale Aoun e Samir
Geagea che non sopportano
la Siria della famiglia Assad
nel Libano stremato dal milione e mezzo di profughi siriani,
baracche e fame. E gli Hezbollah non mollano. Putin vorrebbe un Libano amico con la
Siria della quale è protettore
nel braccio di ferro con Washington. Ecco che telefona
(se telefona) all’ex Cavaliere.
E Dell’Utri obbedisce forse
con riserva. Quali possibilità
di “raccomandare “ Gemayel
nella matassa bollente libanese? Mistero nel mistero di
uno 007 con portafoglio. Deve aver cercato conforto nelle
pagine di chi frequenta certe
compagnie, John Le Carré, a
Beirut negli anni delle guerre
per scrivere “La Tamburrina”
o al Le Carré di “Casa Russia”
e “L’onorevole scolaro”. Eppure il dubbio resta: non è che
per l’amico italiano dell’amico
di Mosca, Putin ha preso il posto di Mubarak zio di una certa nipote?
mchierici2@libero.it
n
La Cancelliera
tedesca,
Angela Merkel,
in visita a
Pompei (dove
ha pagato il
biglietto) Ansa
L’insegnamento di Frau Merkel
non è pagare il biglietto
di Tomaso Montanari
(da Svizzera, Francia, Stati
Uniti) per candidarsi al potere. Non somiglia al fratello:
moderato, paziente nelle mediazioni. Dettata dai francesi
nel ’43, la Costituzione libanese consegna la presidenza
ai maroniti e il governo ai musulmani sunniti, ed ecco che
da Parigi torna Saad Hariri,
ancora un figlio, ancora un padre assassinato: Rafiq, primo
ministro e imprenditore contemplato da Forbes fra gli uomini più ricchi del mondo. Attentato a due passi dal 5 stelle
di Dell’Utri. Saad, l’erede, guiderà il governo all’ombra di
Gemayel.
vo rapporto personale con la
cultura. È dura parlare di politica internazionale con uno
che non sa nemmeno cos’è la
geografia, o di economia con
uno che non ricorda manco le
tabelline: eppure, la stragrande
maggioranza dei nostri ministri per i Beni culturali e dei nostri presidenti del Consiglio
non ha la più pallida idea di cosa sia un museo, per non dire
uno scavo archeologico. Commentando un libro di Renzi,
Paolo Nori ha scritto “Ecco: a
me è sembrato stranissimo che
in tutte le 193 pagine di questo
libro sulla bellezza non sono
riuscito a trovare una frase che
mi sembrasse non dico bella,
ben fatta”. Ed è per questo che
ci colpisce così tanto vedere la
Merkel felice di passare tre ore e
mezza tra scavi da cui i suoi
omologhi italiani scapperebbe-
ro a gambe levate.
Infine, il biglietto. Salvo
rarissime eccezioni, nessuna istituzione culturale
del mondo
campa con i biglietti: ed è per
questo che si potrebbe addirittura pensare di sopprimerli,
sottolineando così – come avviene, per esempio, in molti
musei pubblici inglesi – la gratuità del patrimonio e la sua dimensione inclusiva. Piuttosto,
sarebbe stato bello far notare a
Frau Merkel che se Pompei versa nello stato penoso in cui l’ha
trovata, è in massima parte a
causa dei dissennati tagli al bilancio pubblico imposti proprio dall’Europa a trazione tedesca. Non esiste una politica
europea della cultura, né una
chiara idea della sua funzione
civile: e forse il punto da cui
partire potrebbe esser proprio
il senso della Merkel per Pompei. Senza battere i pugni sul tavolo, ma riallacciando i fili di
un’antica conversazione tra
Italia e Germania.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
19
MARTEDÌ 15 APRILE 2014
A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
Forza Italia, inevitabile
l’addio di Bonaiuti
Il dilemma “esodati”
ancora senza soluzione
È comprensibile l'amarezza di Paolo Bonaiuti
che ha provocato il suo
addio a Berlusconi. Il parlamentare di Firenze si è
sentito escluso dal "cerchio magico" di Berlusconi, formato dalla influente senatrice Maria Rosaria
Rossi,
dall'ambiziosa
compagna partenopea,
Francesca Pascale, dal
barboncino Dudù e dall'ex direttore del "Tg4",
Giovanni Toti. Attenzione a non paragonare il
"salto della quaglia" di Bonaiuti al sofferto "tradimento" di Martelli, eterno
delfino di Craxi, che giocò
in proprio le sue carte, e
perse, nell'ultima fase della centenaria storia del socialismo italiano. Claudio
Martelli è stato un dirigente politico acuto, ha
presentato, nel dibattito
politico, idee originali,
come la proposta sull'alleanza tra i meriti e i bisogni, per rinnovare il Paese. Paolo Bonaiuti, persona perbene, è stato, nel
ventennio berlusconiano, un ossequioso esecutore degli ordini, mai autonomo. Come Gianni
Letta, non ha voluto, né
potuto, convincere l'allora Cavaliere a mettere alla
porta alcune persone, e,
soprattutto, le numerose
ballerine che bussavano ai
portoni di palazzo Grazioli, alla caccia dell'attenzione e, soprattutto, dell'
"argent de poche" del Capo e del rag. Spinelli. Ad
Angelino Alfano Bonaiuti porta la sua esperienza
nei palazzi della politica
romana, non certo caterve di voti. È deprimente
che, nel momento dell'addio a FI del parlamentare
fiorentino, su Twitter,
Augusto Minzolini, catapultato da informato redattore politico de "La
Stampa" alla direzione del
Tg1, e poi nominato da
Silvio senatore silenzioso
di Fi, non dimostri neppure un pizzico di gratitudine nei confronti dell'ex
collega. Purtroppo, anche
questa è la politica, in Italia, nel 2014.
Si rivela una beffa per gli
esodati privi di salvaguardia il prepensionamento
di 85.000 dipendenti pubblici preannunziato dal
ministro Madia. A due
anni dalla riforma Fornero, in luogo di risolvere
prioritariamente il gravissimo problema applicando la legge in vigore al
momento della firma degli accordi, il governo
Renzi sembra intenzionato ad applicare la vecchia
normativa ad un numero
analogo di dipendenti
pubblici. Un’assurdità,
considerato anche il paradosso che agli esodati
continua a essere richiesto il pagamento dei contributi su stipendi che
non percepiscono. Gio-
Pietro Mancini
determinare le dimissioni
di pagatissimi dirigenti
porta senza speranze alla
data in cui la Camera discuterà la proposta di legge sugli esodati appena
approvata dalla sua Commissione Lavoro. Difficilmente, su queste basi, potrà prendere decisioni appropriate. Una vicenda
clamorosa, quella dei prepensionamenti senza la
soluzione della tematica
degli esodati, che potrebbe rivelarsi per Renzi un
boomerang, non solo per
le rimostranze della specifica categoria, ma ancor
più per le discriminazioni
che si introdurrebbero tra
lavoratori su un tema – il
pensionamento – divenuto sensibilissimo dopo
la riforma Fornero.
Piazze piene
e piazze
vuote
CARO COLOMBO, a brevi intervalli (e
spesso nello stesso tempo) vediamo
maree di persone riunirsi in un punto o
in un altro del mondo per reclamare
qualcosa di sacrosanto. A volte durano a
lungo e ottengono l'attenzione del mondo. Sbaglio o quasi sempre falliscono, e
la morale resta che è inutile mobilitarsi?
Rinaldo
HO SEMPRE CREDUTO che sia nobile,
ma anche inevitabile partecipare, quando
sai e credi in coscienza, conoscenza e buona fede, che quella folla stia arginando un
pericolo o tentando di impedire qualcosa
di grave e irreversibile, oppure stia battendosi per un diritto fondamentale negato.
Quando accade, vuol dire che si sta tentando di rompere una catena di decisioni
autoritarie, oppure che la democrazia apparentemente in vigore, in realtà si è bloccata e si è trasformata in arbitrio. Ma non
va sempre così e non è sempre vero. Nel giro di poco tempo abbiamo visto le folle
riempire immense piazze in Egitto, Tunisia, Turchia, Thailandia, Ucraina, Libia,
Siria, Venezuela. In Siria la piazza è diventata spaventosa guerra civile, in Ucraina stava per diventare guerra del mondo,
in Libia è diventata guerra di bande, negli
altri Paesi nessuna folla ha vinto, neppure
nelle “primavere arabe” dove pure, più che
altrove, il protagonismo intelligente della
folla (e il ruolo delle donne) è sembrato sul
punto di cambiare civiltà e storia. A quanto pare il fenomeno del momento sembra
essere che anche la folla più nuova e disinteressata e nobilmente antagonistica (motivata non dal salvarsi ma dal cambiare in
Giulio Pomar
la vignetta
chi di prestigio di governi
nemmeno capaci dalla fine del 2011 di ottenere
dall'Inps il numero degli
esodati ancora privi di
salvaguardia, un dato necessario per la soluzione
del problema. Una tematica che non ha turbato il
governo attuale in occasione delle coperture (ancora dubbie) per il varo di
provvedimenti, non altrettanto indispensabili
per i beneficiari, ma dall'impatto mediatico ed
elettoralistico più rilevante. Questo rimpallo
orchestrato in luogo di
Dalla Lega al Pd: tutti
colpevoli dei nostri mali
Salvini, attuale segretario
della Lega Nord, durante i
suoi interventi televisivi,
non manca mai di sottolineare che Monti e Fornero sono delinquenti e
andrebbero rinchiusi in
galera perché hanno portato ai cittadini soltanto
disperazione e povertà.
Concordo perfettamente
con la tesi di Salvini ma
urge una riflessione. Come in un Collegio dei Docenti (me ne intendo!), il
Consiglio dei Ministri si
siede intorno ad un tavolo
e
discute/approfondisce/modifica le "slide"
presentate dal premier:
dopo la breve o lunga discussione si arriva alla votazione che può essere all'unanimità o a maggioranza. Per questo motivo
tutti sono colpevoli delle
nefande e nefaste situazioni sopra esposte. Pure i
parlamentari di Pd, Pdl,
Udc e altri (non mancherò mai di rimarcarlo) che
hanno votato di tutto,
senza porsi alcun problema. Ma i cittadini hanno
capito come funziona?
Non mi pare, visti i son-
il Fatto Quotidiano
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Luca D’Aprile, Peter Gomez,
Marco Tarò, Marco Travaglio
modo profondo) non ha un leader, non lo
chiede e non lo propone. A questo punto si
profilano due cambiamenti. Uno è l'abbandono. I reduci tornano sconfortati
dalla piazza che a mano a mano si vuota,
con la persuasione (che qualcuno di loro a
volte ha pagato a caro prezzo) che “non
serve a niente”. L'altro è il presentarsi del
leader senza folla. Si offre, di solito con un
espediente di spettacolo, inventa qualcosa
e chiede di seguirlo. Entra in gioco la Rete,
non solo per Grillo. Molto avviene, anche
senza la forte celebrazione che ne fa il Movimento 5 Stelle, in Rete e attraverso la Rete. Crea un militantismo solitario, ognuno
con il leader e immaginando una folla di
compagni di avventura politica che, anche
quando si materializza in una piazza, è
molte volte più piccola di quella che in
realtà esiste o si presume in Rete. Grillo ha
certamente affrontato con inaspettato
successo (inaspettato anche per lui) la prima prova nella storia. Per sapere bisognerà aspettare questa seconda, delle elezioni
europee. Sapere cosa? Sapere se una piazza vale l'altra. O meglio se è ormai vero che
la piazza in Rete è la vera piazza e che l'altra, per quanto colorita e appassionata e
disperata (penso al Venezuela in questi
giorni) prima o poi finisce, e tornano conformismo e silenzio. Della prima piazza
sappiamo tutto, dai suoi trionfi ai suoi fallimenti. Della seconda non sappiamo
niente. Accade qualcosa di profondamente diverso. Ma che cosa c'è dall'altra parte?
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n. 42
lettere@ilfattoquotidiano.it
daggi: sempre se gli stessi
sono veritieri!
Roberto Mangoni
Un’economia fatta
di scelte sbagliate
Il primo e più mostruoso
difetto della nostra dirigenza politico-economica sta nel fatto che la maggior parte di quelli che ne
fanno parte non si intende di "economia". Il secondo, ancora peggio, è
che anche quelli che conoscono la materia credono che fare economia
consista solo nel tenere
sotto controllo l'anda-
mento del Pil senza giudicarne la qualità. E siccome dentro ci sta solo ciò
che con mille sotterfugi ,
inganni e corruttele - detti
di "mercato" - ci hanno infilato le lobby, quel Pil più
che un Prodotto idoneo a
soddisfare le reali esigenze del Paese è un intruglio
buono solo a sfamare gli
appetiti delle più parassitarie scatole cinesi. Per
convincersene basterebbe considerare che di questi tempi stiamo investendo circa 35 miliardi di
pubbliche risorse in nuove autostrade, pur aven-
done già quasi il doppio di
quelle del Regno Unito. E'
una scelta che nell'immediato e nel medio e lungo
termine reca vantaggi soprattutto ai costruttori di
grandi opere, agli interessi delle case automobilistiche, nonchè ai bilanci
dei Concessionari dei caselli. Con assai meno, invece, si potrebbero realizzare progetti a breve, medio e lungo termine volti a
riqualificare e formare
professionalmente centinaia di migliaia (se non
milioni) di pubblici dipendenti e di disoccupati
al fine di potenziare i settori che ne hanno più bisogno, dalla giustizia alla
sanità.
Fernando Santantonio
Renzi, prima fare i tagli
e poi le riforme
Un riconoscimento a
Renzi va fatto. Ha sollevato problemi reali di cui
soffre il paese dandogli rilevanza in tv e sulla carta
stampata. Finalmente c’è
un politico che riconosce
l’esistenza di una classe
privilegiata e parassita,
ma non quantifica il danno fatto al Paese. Pensa di
risolvere il problema con
qualche intervento dal sapore di campagna elettorale per le europee. L’entità del danno la misurò
Passera che nel 2011 disse: “in dieci anni ci siamo
mangiati mille miliardi”.
Gli sprechi e i prelievi indebiti, in ordine decrescente: consulenze, auto
blu, palazzi della politica,enti inutili, doppi e tripli incarichi, doppie e triple pensioni. Questo è il
problema del Paese, l’unico che se risolto può permetterci di rispettare il fiscal compact del 2015. Il
premier non perda tempo
ad inseguire cervellotiche
modifiche della costituzione o leggi elettorali già
bocciate dalla consulta e
che rafforzerebbero il potere dei parassiti: si concentri sull’eliminazione
di privilegi e sprechi.
Francesco Degni
Il Fatto Quotidiano
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