Draghi annuncia che la Bce è pronta a misure straordinarie per sostenere la ripresa. Per una volta anche Berlino è d’accordo: la crisi spaventa anche loro y(7HC0D7*KSTKKQ( +&!"!&!z![ Venerdì 4 aprile 2014 – Anno 6 – n° 93 € 1,30 – Arretrati: € 2,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 È TUTTO UN VOTO DI SCAMBIO Il Caimano non molla: se il 10 aprile scatterà l’arresto, candiderà uno dei figli. Se ci sarà un rinvio, farà campagna elettorale. Ieri due incontri ravvicinati: al Colle sale il Guardasigilli, Verdini dal premier. E la Camera riduce le pene per i politici che trattano con la criminalità d’Esposito, Fierro, Marra e Nicoli » pag. 2 - 3 NICK O’ MERICANO Il sistema Cosentino “Soldi, voti e chi ha più forza spara” Nuovo arresto per l’ex sottosegretario e leader di Forza Campania: estorsione per l’affare dei distributori di carburante nel Casertano Coinvolti anche due suoi fratelli e due esponenti del clan Zagaria Iurillo, Lillo e Postiglione » pag. 4 » LA FRODE DI SILVIO U di Bruno Tinti » MARKETING Il Tribunale di sorveglianza e il rebus dei 5 giorni L’AUTOTUTELA DI UNA CASTA DI SCAMBISTI Via le Province, ma soltanto un po’ (e i costi restano) » pag. 18 Mascali » pag. 3 Palombi » pag. 5 » FARNESINA » Piano tagli ai dipendenti » EMERGENZA » Il sindaco in Procura I maxi-stipendi degli ambasciatori senza ambasciata “Roma sarà invasa dai rifiuti”: Marino chiede aiuto ai pm Il ministro Mogherini promette un risparmio di 108 milioni in tre anni Carriere, privilegi e residenze da nababbi delle feluche italiane Schiesari » pag. 8 L’ipotesi di riaprire Malagrotta seguendo il “modello-Ilva”: far lavorare la discarica nonostante sia stata chiusa per rischio ambientale Pacelli » pag. 9 GIOCHI PERICOLOSI Scaroni, da Renzi l’onore delle armi ma non la conferma Di Foggia » pag. 10 VOGLIAMO I COLONNELLI » PORNOWEB Caso baby-squillo, i clienti le votavano sui siti di annunci Marce, principi neri, tank e Serenissimi: la sindrome del golpe alla Tognazzi Nel paese dell’ideologo Flavio Contin si stringono tutti attorno al loro capo e agli altri arrestati E la Regione Veneto chiede lo Statuto speciale Vecchi » pag. 6 di Pino » pag. 8 Corrias er quanto inarrivabili nella loro commovente demenza, gli eroi veneti della pala cingolata hanno una intera tradizione di golpe e rivoluzioni. » pag. 6 - 7 LA CATTIVERIA P Elisabetta II incontra Napolitano. “Davvero sei re da soli otto anni?”" Tognazzi in “Vogliamo i colonnelli” di Monicelli » www.spinoza.it Oh, stellino! di Marco Travaglio a nostra ben nota ammirazione per Piero Ostellino si sta trasformando in vero e proL prio culto della personalità: i suoi ultimi interventi sul Corriere e anche fuori fanno di lui un mito vivente. Specie la sua adesione al “contromanifesto dei liberali” pubblicato ieri dal Giornale di Sallusti (noto epigono delle scuole crociana ed einaudiana, corrente Santanchè) in polemica con quello di Libertà e Giustizia sottoscritto da Zagrebelsky, Rodotà, Pace, Carlassare e altri sulla “svolta autoritaria”. Questi autonominati “liberali” – tali Bedeschi, Berti e Cofrancesco – hanno imbarcato, per far numero, il socialista Luciano Pellicani, che tutti ricordano alla corte molto liberale di Craxi. Sono i liberali alle vongole che esercitano in Italia la funzione opposta a quella degli intellettuali nelle democrazie liberali: bastonano qualunque opposizione e difendono chiunque stia al potere. Non propongono mai un’idea, una riforma, una trovata, un aforisma, una didascalia. Ma trovano “intollerabile”, “ridicolo”, “grottesco” che Zagrebelsky & C. osino criticare le riforme Renzusconi, “senza averne l’autorità morale né il prestigio intellettuale”. Poteva mancare, nell’allegra brigata, Ostellino? No che non poteva. Lui del resto di autorità morale e prestigio intellettuale ne ha da vendere. Un giorno tuonò contro il malvezzo illiberale di multare i pirati della strada (“il limite di velocità è diventato una forma di lotta di classe e l’autovelox l’incrociatore Aurora che dà il via alla rivoluzione egualitaria”): un vigile comunista doveva averlo multato perché sfrecciava ai 200 all’ora. Un’altra volta svelò l’origine, tutta morale e intellettuale, della sua atavica avversione per la magistratura: “Mi è bastato di averci avuto a che fare una sola volta per convincermene”. Fu quando denunciò Dagospia per diffamazione, vinse la causa, incassò un lauto risarcimento, poi però in Cassazione la somma “fu ridotta a meno di un terzo di ciò che aveva già fissato la seconda sentenza che aveva già ridotto d’un terzo l’indennizzo della prima”. E lo sventurato dovette “restituire pressoché tutto ciò che avevo incassato” e magari speso. Incredulo e inconsolabile dinanzi a tre gradi di giudizio che non si limitano a fotocopiare i verdetti del grado precedente (perché “si perviene a sentenze poi smentite anni dopo”?), Ostellino si dipinse come un Solgenitsin perseguitato “perché politicamente antipatico” e mise gli eventuali lettori a parte del suo dramma, forse sperando in una colletta. Ma sempre animato dal più assoluto disinteresse personale, nonché da robuste dosi di autorità morale e prestigio intellettuale. Infatti ultimamente è impegnatissimo in una campagna all’arma bianca contro il contributo di solidarietà di qualche spicciolo richiesto da Renzi ai pensionati da 2.500 euro in su. Tipo lui, per esempio. Al tema ha già dedicato tre articoli in nove giorni, e non ha mica finito. Nel primo definisce “il prelievo sulla mia pensione” un atto illiberale di “confisca” degno del “dirigismo” dei “sistemi socialisti”, del “giacobinismo”, del “Terrore” e del “totalitarismo”. Seguono le consuete citazioni col copia-incolla dei soliti “Burke, Constant, Tocqueville”, con preoccupante trascuratezza per Stuart Mill che lui tira sempre in ballo quando qualcuno gli pesta un callo. Nel secondo, risponde ai lettori che l’hanno insultato per il primo e, già che c’è, dà una sistemata alla “cultura pauperista, a metà (ancora fascista) e per l’altra metà catto-comunista”. Poi respinge l’accusa di badare solo al proprio “orticello”: “Io difendo i diritti e le libertà dell’uomo qualunque che il dispotismo burocratico tiranneggia”, e pazienza se l’uomo qualunque si chiama Ostellino Piero. Càpita. La chiusa è tipicamente liberale: “Affogate pure nel vostro sinistrismo parolaio. Io mi sono scocciato. Andate al diavolo!”. Nel terzo, rimedia a una dimenticanza degli altri due e accomuna “la sinistra renziana” (un ossimoro) all’“egualitarismo totalitario comunista”. Ora si spera che la sua callista giacobina non gli infiammi il durone che ha sull’alluce, sennò chi lo sente. 2 TUTTI D’ACCORDO VENERDÌ 4 APRILE 2014 Procura spaccata Il Csm convoca Bruti e Robledo IL CONSIGLIO SUPERIORE della magistratura ha convocato in audizione il procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati, l’aggiunto Alfredo Robledo e il procuratore generale Manlio Minali, nell’ambito del fascicolo aperto a seguito dell’esposto, presentato da Robledo, che accusa il capo della Procura di irregolarità nell’assegnazione dei fascicoli. La prima e la settima commissione del Consiglio, alle quali è stato assegnata congiuntamente la pratica, avrebbero dovuto ascoltare Minali lunedì prossimo. Poi, su richie- il Fatto Quotidiano sta del Pg di Milano di poter disporre di più tempo (oltre alla convocazione, gli è stata chiesta una relazione sulla situazione alla procura di Milano), i consiglieri di Palazzo dei marescialli hanno aggiornato i due appuntamenti al 14 e al 15 aprile. IL COSTITUENTE È PREGIUDICATO IL GUARDASIGILLI SALE AL COLLE B. TEME I DOMICILIARI MA SPERA CHE LA DECISIONE SUI SERVIZI SOCIALI NON TARDI di Fabrizio d’Esposito isperato Condannato no stop. Nei racconti di chi ha sentito o visto Silvio Berlusconi in queste ore, siano essi fedelissimi del cerchio magico oppure ex falchi adesso colombe filorenziane, c’è un primo, comune dato che erompe con forza: “Berlusconi non si rassegna al fatto che debba scontare i domiciliari o fare i servizi sociali. Lo dice da statista e da uomo innocente, perché voi giornalisti vi ostinate a non capirlo?”. Detto questo, il percorso dei prossimi giorni è avvolto nel caos più completo. Per un semplice motivo, come spiega un parlamentare di rango a microfoni spenti: “Nel berlusconismo non esiste mai una sola verità”. Tutto è relativo, insomma. D UNA CERTEZZA però c’è. Ed è quella data scolpita nel calendario dell’ex Cavaliere: 10 aprile. Udienza del tribunale di sorveglianza di Milano. Servizi sociali o domiciliari? I primi presuppongono un pentimento che nel carattere del Condannato non è mai stato preso in considerazione. Di qui la mossa disperata di andare al Quirinale mercoledì pomeriggio. Tra i berlusconiani le versioni sul colloquio sono principalmente due. Una, la meno gettonata, è però molto raffinata: nega che B. abbia chiesto qualcosa e addebita a Napolitano le voci circolate dall’altro giorno perché “il capo dello Stato non ama né Renzi né Berlusconi”. L’altra è quella più diffusa e credibile. La richiesta della grazia e, soprattutto, quella della possibilità di differire in un modo o nell’altro la decisione dei magistrati di sorveglianza e partecipare così alla campagna elettorale delle Europee. Il sogno di un atto di clemenza da parte del Quirinale non è mai tramontato a Palazzo Grazioli e quando ieri pomeriggio il capo dello Stato ha incontrato il Guardasigilli Andrea Orlando sono stati in molti a fare uno più uno. rientrato con un dolore al ginocchio, adesso si chiama arresti domiciliari. Anche per questo, Berlusconi vuole sapere prima della presentazione delle liste cosa farà il tribunale di sorveglianza. L’ex Cavaliere è convinto che una misura del genere, i domiciliari, aprirà una voragine nel partito. Non c’è solo il problema di evitare un tracollo elettorale di Forza Italia alle Europee (di scendere cioè sotto quota venti per cento). Il film del 27 novembre, quando sulla decadenza si è consumata la scissione di Alfano, ha insegnato a Berlusconi che nulla è scontato. E così cominciano a circolare le liste di quelli che, tra parlamentari e non, potrebbero lasciare la nave azzurra che affonda. Alfano ha già lanciato un messaggio in questa direzione, ma per i fedelissimi di B. alcuni potrebbero abbracciare direttamente Renzi e il renzismo. Scenari foschi, che non aiutano l’umore. Il Condannato è descritto come “incazzato nero”. Per il muro che Napolitano ha eretto alle sue richieste e anche per l’esito della missione di Verdini e Letta a Palazzo Chigi dal premier. Per le colombe fi- ORE DISPERATE LA REPLICA L’incastro con le Europee lo preoccupa Per il ministro Orlando l’incontro al Quirinale era fissato da tempo fatto a mano Orlando però smentisce nella maniera più categorica: “Era un appuntamento fissato da tempo. Abbiamo parlato di carceri e altri temi ma non di Berlusconi e del 10 aprile. Assolutamente”. Ma il vero dramma che si sta profilando tra Palazzo Grazioli, la residenza romana di B., e Arcore, dove il Condannato è Silvio Berlusconi teme per l’esito della decisione del tribunale di sorveglianza e per le Europee LaPresse lorenziane di FI sono “Brunetta, Romani e Toti” quelli che spingono alla rottura totale. Modello, appunto, 27 novembre. Ma tutto questo non farebbe altro che aumentare l’isolamento del Condannato. Una tentazione rischiosa. Semmai, per i berlusconiani moderati, l’unica strada percorribile è quella di mantenere il patto con Renzi e ottenere che si voti prima l’Italicum e poi la Grande Riforma. Il solito tormentone che non aiuta ad abbassare la tensione in vista del 10 aprile. Tutto ruota attorno alla decisione che arriverà a partire da giovedì prossimo. Con Berlusconi ai domiciliari, potrebbe tornare l’ipotesi dinastica in lista, per arginare il temuto crollo causato dal Condannato immobile ad Arcore, residenza prescelta per la reclusione domestica. Il nome è sempre quello di Barbara, figlia di secondo letto. Ma per i fedelissimi l’opzione dei figli (non solo Barbara) “non esiste per le Europee”. La soluzione ereditaria spunterà per le Politiche, quando ci saranno. Non prima. Solo a quel punto, il Condannato spingerà in pista un familiare. Qualcuno sostiene di sapere già il nome “ma il tema non è attuale ed è troppo presto”. Per il momento il quesito principale resta uno solo: il presunto riformismo istituzionale dell’ex Cavaliere reggerà all’urto della misura che verrà scelta a Milano tra il 10 e il 15 aprile? Sempre che non ci siano altre sorprese. #silviostaisereno, Renzi blandisce lo statista IL PREMIER VEDE VERDINI E LETTA, VA IN TV E USA TONI SOFT SULL’EX CAVALIERE: TUTTO PUR DI ARRIVARE ALLE EUROPEE SENZA DANNI di Wanda Marra pero che Silvio Berlusconi resti nell’accorS do, ma dovete chiederlo a lui”. Matteo Renzi a Otto e Mezzo la mette così. Dopo la salita al Colle di Berlusconi per perorare la sua causa, dopo il suo incontro a Palazzo Chigi con Denis Verdini e Gianni Letta, il presidente del Consiglio si mostra ottimista. Ma non assertivo. “Il punto non è cosa fa Fi, ma cosa fa l’Italia”. Ma soprattutto: “No, non mi preoccupo di quello che accade il 10 aprile”. Il 10 aprile è il “D-day”, il giorno in cui il Caimano potrebbe finire ai domiciliari o ai servizi sociali. Reggerà il patto del Nazareno, quello sul quale il governo conta per fare le riforme? Nessuno può esserne certo fino in fondo. Quello che è piuttosto evidente è che Renzi va avanti come “un rullo compressore” (espressione sua). Ieri però gli ambasciatori azzurri li ha ricevuti. Hanno parlato di riforme e legge elettorale, dicono i resoconti ufficiali di Palazzo Chigi. “Bene, l’incontro è andato bene”, sono i commenti dei fedelissimi di Renzi. Perché, raccontano, sia Verdini che Letta hanno garantito al presidente del Consiglio il supporto sulle riforme, pur insistendo sul fatto che i vari passaggi sia dell’Italicum che della riforma del Senato vanno concordati insieme. L’incontro, però, è stato interlocutorio. Perché quel che Ber- lusconi vorrebbe in cambio (dall’agibilità politica al sogno della grazia) il premier non vuole, né può garantirglielo. Quindi, a qualsiasi “aggiornamento” del patto, ha detto no. Nessuno sa, davvero, come reagirà Berlusconi dopo il 10 aprile: né Renzi, né Napolitano. Dal Quirinale ribadiscono che non c’è nulla che il capo dello Stato possa fare a questo punto per il leader azzurro. E che la sua posizione resta quella di agosto: ovvero che nell’attuazione della sentenza si tenga in qualche modo conto che il condannato è un leader di una grande forza politica. Peraltro, necessario all’ultimo progetto del presidente: le riforme istituzionali. MA LA MORAL sua- sion del Colle è partita soprattutto sul leader di Fi: è meglio passare alla storia come il grande padre riformatore, piuttosto che come un corruttore e un evasore. In questo senso, Renzi ha già fatto moltissimo: l’ha sdoganato vedendolo al Nazareno, non c’è occasione in cui non ricordi il suo accordo con Berlusconi e non c’è passaggio in cui non vada a mediare con Forza Italia. Ma se tutto questo a B. non dovesse bastare? Tra i renziani in pochi ci credono. Perché, poi, sono i ragionamenti, chi dice che con Berlusconi fuori dai giochi i suoi, allo sbando, non sarebbero ancora più malleabili? Renzi ha tutte le intenzioni di adottare la strategia che gli è più consona: andare diritto come un treno e sfidare il Parlamento. Lo diceva già ieri mattina a Omnibus il renziano Matteo Richetti: “Noi sulle riforme andiamo a prenderci i voti”. Se l’accordo regge, Renzi avrà fatto le riforme, se salta, potrà sempre addossare la colpa del fallimento a chi non ha mantenuto la parola data e tentare il varo del piano con la sua attuale maggioranza. Per questo, anche se sono giorni che Forza Italia chiede insistentemente un nuovo incontro tra Berlusconi e Renzi (proprio nell’ottica dell’agibilità politica), il premier resiste. Non gli conviene, è pericoloso. Si è già esposto troppo vedendolo una volta. Però, non si sa mai come gira il vento e soprattutto Renzi non ha nessuna intenzione di offendere l’altro. Ecco che allora ieri sera, a domanda specifica su un prossimo incontro, risponde così: “Non avrei alcun problema ma non è previsto”. Perché “Berlusconi ha fatto una scelta importante, si è seduto al tavolo delle riforme anche se pensa tutto il male possibile del governo”. TUTTO STA , in realtà, a bypassare il prossimo mese e mezzo. Nel quale Renzi deve raggiungere soprattutto un obiettivo: mettere i famosi 80 euro nelle buste paga degli italiani. Misura che dovrebbe entrare nel Cdm del 14 o del 15 aprile (martedì prossimo, invece, si vara il Def). Poi ci saranno le europee: se davvero il Pd sfiora il 35% e Forza Italia scende vertiginosamente tra il 15 e il 18, come dicono i sondaggi, c’è da aspettarsi che delle sorti di Berlusconi si disinteresserano serenamente tutti. E a quel NUOVO INCONTRO? punto, le riforme si faranno con una parte di Forza Italia. “Non avrei alcun problema a un nuovo Oppure, approfittando del colloquio col leader di Forza Italia, vento in poppa, si andrà rama per ora non è previsto” pidamente alle elezioni. TUTTI D’ACCORDO il Fatto Quotidiano Simboli elettorali: il Pd s’affida al Pse, Fi al nome Berlusconi ALLA FINE IL NOME di Matteo Renzi – nonostante le uscite di qualche fedelissimo e dello stesso premier – nel simbolo del Pd per le elezioni europee di maggio non c’è. Una novità, però, va registrata: dopo un decennio di polemiche sulla “collocazione europea” del centrosinistra e poi del Pd e la decisione di aderire al Partito socialista europeo, il nome del Pse finisce anche sulla scheda elettorale: in di Sara Nicoli oveva diventare un decreto, per rendere subito operativo lo svuotamento del reato di scambio politico mafioso (416 ter) riscritto (da Alessia Morani del Pd su ordine di Renzi) per non disturbare il garantismo peloso di Forza Italia che minacciava sfracelli alla vigilia delle Europee. Poi ieri, nel giorno dell’arresto di Nicola Cosentino, Denis Verdini e Matteo Renzi si sono trovati d’accordo a Palazzo Chigi anche sul contenuto di questo provvedimento. E sono giunti subito applausi e approvazione lampo del ddl con una maggioranza bulgara: 310 sì, solo 61 contrari (i Cinque Stelle). Il momento di maggiore tensione in aula è stato registrato quando i grillini hanno lanciato accuse di contiguità con le mafie ai parlamentari del Pd e di Forza Italia. D ORA IL DDL RIPASSA al Se- PAURA DELL’UTRI IL 10 APRILE È QUI Il 15 aprile la Cassazione giudicherà Marcello Dell’Utri, condannato in appello a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa Ansa nato dove arriverà blindatissimo (l’accordo prevede l’approvazione definitiva la settimana prossima) perché ieri, durante il Comitato dei Nove alla Camera, hanno dato il loro placet al testo finale Forza Italia, Lega e anche Sel. Unici contrari quell di M5s. Il testo è un capolavoro d’ingegneria linguistica, con l’emendamento salvifico (e finale) del relatore Davide Mattiello (Pd), che abbassa le pene del carcere ed elimina il principio della punibilità del politico che si mette a disposizione “dell’organizzazione mafiosa”. Mattiello ha anche sottolineato che l’intesa Verdini-Renzi prevede che il governo possa intervenire comunque per decreto qualora a Palazzo Madama qualcuno non tenesse fede ai patti; più che testo blindato, dunque, un’intesa a prova di Mascali ei palazzi della politica romana circola insistente la voce N che a Milano il tribunale di Sorveglianza rinvierà a dopo le elezioni europee di fine maggio la decisione su che tipo di pena 3 basso, bianco, su fondo rosso. Ovviamente del tutto opposta la scelta della rinata Forza Italia: il logo è più o meno quello classico del partito stile 1994, ma al nome di Silvio Berlusconi – che secondo alcune analisi vale il 10 per cento dei voti da soli – non si può proprio rinunciare. Anche se il fu Cavaliere, il 25 maggio, probabilmente potrà muoversi solo col permesso del magistrato di sorveglianza. Voto di scambio, pene ridotte alla Camera MONTECITORIO CORREGGE IL TESTO DEL SENATO. CANCELLATA LA NORMA SUL POLITICO CHE SI METTE “A DISPOSIZIONE” DEL MAFIOSO ACCORDO BIPARTISAN. SOLO PER IL M5S È UN REGALO A COSA NOSTRA sabotaggio. Le modifiche più rilevanti sono l’abbassamento della pena, come si diceva: per il reato di scambio politico mafioso il carcere sarà non più, come previsto dal Senato, da 7 a 12 anni, ma passerà da 4 a 10 anni, articolo che l’aula della Camera ha approvato con 293 sì, 83 no e 2 astenuti. Quanto al ruolo del politico, è stato così riscritto: “Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 416-ter in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni. La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma”. C’è poi una terza modifica: nel testo Senato si parlava di “qualunque altra utilità” mentre ora si torna a “altra utilità”. Soppresse le parole “ovvero in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa”. L’articolo è stato approvato con 305 sì e 71 no. Anche qui, voto bulgaro, suggellato dalle parole di giubilo di Donatella Ferranti del Pd, presidente della Commissione Giustizia della Camera: “È una norma di grande rigore, che permetterà di stroncare qualunque patto tra politica e mafia, le modifiche approvate tengono conto delle La scelta (di solito) è rapida di Antonella VENERDÌ 4 APRILE 2014 similmente, dovrebbe arrivare non oltre una decina di giorni dalla fine delle discussione, anche perché da codice andrebbe presa entro 5 giorni. QUANDO TOCCÒ AL TRIBUNALE di sorveglianza di Roma dover decidere su Cesare Previti, impiegò esattamente 5 giorni: udienza far scontare a Silvio Berlusconi. È la politica che parla e al momento su questo punto sembra il 14 febbraio del 2007 e sentenza il 19 febbraio. Previti fu affidato farlo a vanvera, anche se il leader di Forza Italia agogna quel alla Ceis di don Picchi e poteva star fuori dalle 7 alle 23. Che cosa succederà a Berlusconi, ovviamente non si può prevedere. L’urinvio, tanto da essere andato al Quirinale a battere cassa. Ma al momento le cose stanno diversamente: c’è un’udienza, nica cosa che sembra impossibile, anche se l’ipotesi di scuola quella del 10 aprile, e potrebbe essere l’unica prima che il col- rimane, è che finisca in carcere. Non tanto per il fattore età, legio si ritiri per decidere se affidare Berlusconi ai servizi sociali, quanto per la cosiddetta doppia sospensiva indicata, contro il quali fargli fare e in che modo. Oppure se mandarlo agli arresti parere dei suoi pm, dal procuratore Edmondo Bruti Liberati, e domiciliari. Il Cavaliere deve scontare una pena per frode fiscale accolta dal giudice di soverglianza per il direttore del Giornale Alessandro Sallusti: anche senza domanda del condannato, ara 4 anni ma, come è arcinoto, 3 anni sono stati indultati. La difesa, per ottenere un rinvio, non può sicuramente giocarsi resti domiciliari e non cella, in base alla legge “svuota carceri”. Se si dovesse ripetere il copione e se Berlusconi la carta del ricorso a Strasburgo: è stato prevolesse il dramma mediatico può cercare di sentato a dicembre ma non è stata ancora fissata “evadere” per farsi portare in carcere. una data per la sua discussione e di solito, per LA PRASSI Ma può drammatizzare anche in caso gli venquesto tipo di cause, passa un anno. gano accordati i servizi sociali perché se scatMa gli avvocati di Berlusconi ci hanno abituato Il tribunale a conigli tirati fuori dal cilindro pur di guateranno in campagna elettorale per le Europee dagnare tempo. Potrebbero farlo anche in quenon è difficile immaginare innumerevoli didi Sorveglianza sto caso, complice Pasqua, il 25 aprile e il primo chiarazioni sue e dei suoi alleati per dire che i di norma decide maggio di mezzo. giudici gli vogliono impedire di fare politica. Ma anche alla luce di questa considerazione Anche se da interdetto dai pubblici uffici per entro cinque giorni puramente ipotetica, appare difficile che la dedue anni non può nemmeno votare mentre non cisione arrivi dopo le elezioni europee del 25-26 è più candidabile per i prossimi 6, in base alla Così accadde maggio. Per quanto sia un caso “politico”, la lege Severino, la stessa che lgli è costata la deper l’amico Previti sentenza del tribunale di sorveglianza, verocadenza dal Senato. criticità segnalate dall’Anm e da diversi pm antimafia”. Furibondi, invece, i 5 Stelle: “Un politico può essere a disposizione della mafia: non è reato. Renzi e Verdini hanno ammazzato il 416 ter. Questo è tutto il punto e non ci resta che appellarci ai cittadini e lanciare il grido d’allarme su quanto sta succedendo”. “È STATO FATTO un grande regalo alla mafia – si unisce al coro d’indignazione il senatore Michele Gianrusso dell’M5s – per il governo Renzusconi un politico che si mette a disposizione dei mafiosi non commette reato. Vergogna! I traditori mentono, i cittadini traditi non ve lo perdoneranno mai”. Giubilo, invece, per Cosimo Ferri, sottosegretario Ncd alla Giustizia: “È pacifico che sia una norma davvero incisiva nella lotta contro la mafia, mi auguro che venga approvata all'unanimità perché è una cosa forte e giusta, ma anche giuridicamente forte”. La mafia ringrazia? Franco Roberti Capo della Dna “La norma è più utile a contrastare il fenomeno” di Enrico Fierro rocuratore Franco Roberti, Capo della Direzione NaP zionale Antimafia, lei ritiene che la decisione della Camera sul voto di scambio politico-mafiosio abbia costruito una norma “perfetta e veramente utile a contrastare lo scambio tra politica e mafia”. Intanto, però, si sono abbassate le pene. Quest’ultima è stata una decisione del legislatore. Quindi del Parlamento, che non tocca certo a me contestare. E intanto il politico che si mette a “disposizione” la fa franca... Avevo apprezzato lo sforzo definitorio fatto in Senato sul concetto di “disponibilità”, poi giustamente criticato da molti colleghi e giuristi perché vago e con un forte difetto di tassatività della norma. Tutto questo comporta in sé un eccessivo rischio di abbassamento delle garanzie. Per questa ragione preferisco il ritorno allo spirito della norma del ‘92. Quella dopo la strage di Capaci che puniva il voto di scambio? Franco Roberti LaPresse Sì. Perché individuava nel concetto di “altre utilità”, tutte concrete, le cose che il politico può promettere al mafioso in cambio di voti. E sono gli appalti, i lavori, l’aggiustamento dei processi, vale a dire quell’insieme di favori e di scambi che abbiamo trovato in tutti questi anni nelle inchieste sui rapporti tra politica e mafia. E il politico “a disposizione”? La disponibilità è un’aggiunta superflua rispetto al concetto di “qualunque tipo di utilità” che copre tutto un insieme di condotte. Ripeto. La “disponibilità” è un concetto troppo generico e urta contro il principio costituzionale della tassatività della norma. E poi parliamoci chiaro, ai pubblici ministeri interessano norme che ben definiscano la condotta incriminata. Vorrei solo ricordare che il decreto legge del 1992 fu successivamente tagliato proprio sul concetto di “utilità”. Quindi va bene così? Lo ripeto, abbiamo una norma veramente utile a contrastare uno dei punti forza di tutte le mafie, che è il rapporto con la politica. 4 O’ MERICANO VENERDÌ 4 APRILE 2014 Solidarietà di Forza Campania al fondatore: ”Non ti rinneghiamo” “NICOLA, SIAMO CON TE”. Forza Campania esprime solidarietà e amicizia all’ex parlamentare azzurro e fondatore del gruppo. “Siamo vicini a Nicola Cosentino e gli ribadiamo, oggi più di ieri, la nostra amicizia e la nostra solidarietà. Sentimenti che non si azzerano per una inchiesta giudiziaria, ma che si rafforzano semmai in un momento così difficile nella consapevolezza che noi tutti abbia- il Fatto Quotidiano mo dell’uomo e del politico che abbiamo conosciuto e apprezzato in questi anni di militanza e di comune passione politica”. “Non abbiamo mai rinnegato il rapporto umano e personale che ci lega a lui”, assicura il gruppo consiliare nella Regione Campania, che aggiunge: “E siamo convinti che la verità sarà presto accertata, anche se resta il dolore per il prezzo da pagare per ottenerla”. NELLA TERRA DEI CASALESI di Marco Lillo inviato a Napoli AFFARI & BENZINA LA LEGGE DEI COSENTINO: “CHI HA PIÙ FORZA SPARA” a frase che spiega perché a Casal di Principe e dintorni è meglio non mettersi contro i Cosentino è stata pronunciata secondo i magistrati in un bar d Aversa nel settembre del 2002, da Giovanni, fratello dell’ex sottose- L’EX SOTTOSEGRETARIO DI NUOVO ARRESTATO. STAVOLTA CON DUE FRATELLI gretario all’economia del GoE CON DUE ESPONENTI DEL CLAN ZAGARIA: ESTORSIONE E CONCORRENZA SLEALE verno Berlusconi, e vera mente finanziaria della famiglia: AGGRAVATA DA FINALITÀ CAMORRISTICA SULLA VENDITA DI CARBURANTI “Chi ha più forza quello spara. Dove ci vuole la politica c’è mio fratello Nicola; dove ci vogliono i soldi ci custodia in carcere unisce i fratelli Cosentino e sto io e dove ci vuole la forza c’è pure la forza”. i fratelli del boss Michele Zagaria: Pasquale e IL SISTEMA Così Luigi Gallo, il piccolo gestore di una pom- Antonio, peraltro già in carcere. Secondo i pm “Dove ci vuole la politica c’è mio fratello Nicola; pa di benzina che aveva osato sfidare l’impero il gestore della pompa di benzina era stato dei fratelli dell’ex sottosegretario con le sue 300 estorto dai due Zagaria per i lavori della sua dove ci vogliono i soldi ci sto io e dove ci vuole aree di servizio, per più di 100 milioni di fat- area di servizio. Tra le accuse ai fratelli Co- la forza c’è pure la forza” turato ogni anno, comprese che il suo sogno sentino spicca invece l’estorsione e la concorimprenditoriale era finito. Voleva aprire una renza sleale aggravata dalla finalità camorripompa di benzina e aveva ottenuto l’autoriz- stica. La Aversana Petroli, fondata da papà Sil- e a ottobre del 2001 scopre l’amara sorpresa: zazione prima dei concorrenti. I Cosentino la- vio O’mericano (soprannome poi ereditato dal “sulla stessa direttrice di marcia, a distanza di voravano sotto l’insegna Agip, lui sotto quella figlio come l’abitudine ai guai con la giustizia) poche centinaia di metri, nel Comune di Casal della Q8 anche se un giorno Giovanni Co- nel 1975 nei primi bilanci degli anni ottanta si di Principe, avevano avuto inizio lavori di sbansentino gli disse: “la Q8 sono io”. Quando fu vantava di una “forte capacità di penetrazione camento per la realizzazione di una stazione di servizio dei fratelli Cosentino. A questo punto chiamato a un incontro negli uffici della Aver- nel territorio”. Parole sante. A Natale del ‘99 prosegue il racconto di Gallo - inizia “l’azione sana Petroli nell’agosto 2009 capì cosa voleva Gallo brinda con Giovanni Cosendi contrasto, insistente e pesante, nei miei dire: un dirigente della Q8, finito ai domiciliari tino alla prossima apertura della sua confronti dai fratelli Cosentino, da tale ieri, chiedeva favori al sottosegretario all’eco- pompa e firma la sua condanna, Giannino che, all’epoca dei fatti, era il rapnomia per la figlia e una presentazione al mi- dice oggi col senno di poi. Ad apripresentante d’area dell’Agip Petroli e da nistro del petrolio dello Stato del Kuwait che le del 2000 ottiene l’autorizzazione Cosentino avrebbe incontrato di lì a poco al posto di TreLA DINASTIA monti. L GALLO con la sua denuncia ha sfidato i Cosentino e ha dato il via all’operazione di ieri eseguita dai Carabinieri di Caserta e coordinata dai pm Francesco Curcio, Antonello Ardituro e Fabrizio Vanorio. Un vero terremoto: Nicola Cosentino il politico, e i fratelli Giovanni l’amministratore delle società familiari e Antonio, l’uomo che curava i rapporti con la Regione Campania, sono finiti tutti e tre in carcere insieme ad altre sei persone. L’imprenditore agrario e socio di fatto di Giovanni Cosentino nell’operazione Hera Comm Mediterranea, Enrico Reccia, è finito agli arresti domiciliari insieme ad altre tre persone, compreso il dirigente della Kuwait petroleum Italia, Bruno Sorrentino. L’ordinanza di “PERFETTI PER I BOSS” Il loro identikit è perfetto per il clan, perché racchiudono i tre fattori che interessano per controllare la distribuzione idrocarburi: posizione finanziaria solida, intraprendenza nel mondo politico, disponibilità a usare ogni mezzo per ottenere maggiori spazi nel settore. Tutti temono il potere dei Cosentino, potendo contare su amicizie imprenditoriali, politiche (grazie ai rapporti intrecciati dal Cosentino Nicola e non ancora esauriti), criminali (in particolare con le famiglie Schiavone e Zagaria secondo quanto concordemente affermato dai collaboratori) “ Luigi Letizia il quale, all’epoca dei fatti, era un funzionario del Genio Civile di Caserta ma, di fatto, a seguito dell’elezione al Consiglio Regionale della Campania di Nicola Cosentino nel 1995, venne nominato quale dirigente di un Servizio dell’Ufficio Carburanti della Giunta regionale della Campania”. Nel settembre 2002 il comune cede alle pressioni di Cosentino e sospende l’autorizzazione a costruire rilasciata al Gallo. L’architetto Tornincasa che firmò la revoca poi è morto ma raccontò al sindaco: “Sono stufo di questa situazione, oltre alle pressioni della Regione ho ricevuto pressioni anche dai miei paesani, quindi ho deciso di sospendere l’autorizzazione”. DECISIVO IL RUOLO del viceprefetto di allora Maria Elena Stasi, poi divenuto prefetto e poi eletta deputato nel Pdl alla Camera, con soddisfazione di Nicola Cosentino. Il sindaco di Villa Di Briano, Raffaele Zippo ha raccontato un incontro con la Stasi che “era in compagnia di Cosentino Nicola, noto politico di Casal di Principe. La donna rimase in silenzio, ma parlò il Cosentino il quale testualmente gli disse “Tu devi allontanare il tecnico comunale, Nicola Magliulo, perché è indiziato di reati di concussione. Questo Magliulo mi sta dando fastidio. Se mi fai questo piacere ti sarò riconoscente, posso anche darti una mano politicamente, ti sto vicino, se ti serve qualcosa vieni quà”. Gallo vince il ricorso al Tar ma la Q8 per i suoi debiti blocca tutto. Nel 2008 arriva la liberalizzazione delle pompe di benzina e ci riprova, stavolta alleandosi con quello che considera il suo carnefice. Nel gennaio 2010 Giovanni Cosentino però getta la maschera: “mi disse chiaramente e teAURELIO COSENTINO stualmente: ‘Se vuoi che io Fratello di Nicola, coniugato con partecipo a questa operazione Diana Giuseppina, figlia di Emiinsieme a te il GPL è una cosa lio arrestato nell’ambito della solo mia e per i debiti che tu operazione “Spartacus 2 AIMA” contrai con la Q8 attraverso la mia garanzia mi devi intestare GIOVANNI COSENTINO il terreno”. A quel punto maFratello di Nicola e coniugato tura l’idea della denuncia. Per i con Diana Maria, figlia di Copm Nicola Cosentino deve stastantino arrestato nell’ambito re in carcere anche perché non dell’operazione “Spartacus 1” ha affatto mollato la presa sul territorio: “nel periodo 21 giuMARIO COSENTINO gno 2013 – 8 gennaio 2014 in Fratello di Nicola, coniugato con cui il Cosentino non era sotRusso Mirella, sorella di Giuseptoposto alla custodia cautelare pe e Massimo, esponenti di riliein carcere ha avuto ben 6147 vo del clan dei casalesi telefonate e 4656 SMS, tra gli altri con amministratori locali e politici coinvolti in altra paGIOVANNI PALMIRO rallela indagine che ha condot(Cugino dei Cosentino) È coniuto all’arresto del consigliere regato con Schiavone Alfonsina, gionale Angelo Polverino e figlia di Francesco detto “Cicdell’ex direttore dell’asl di Caciariello” serta Bottino”. L’IMPERO I 300 distributori della Nick Family di Vincenzo Iurillo e Andrea Postiglione a buccia di banana del gruppo Cosentino è una pompa di benzina Agip mezza scassata a L poche centinaia di metri in linea d’aria dallo stadio di Casal di Principe. Si trova sulla Nola-Villa Literno, uno stradone in mezzo al nulla di questa specie di Arizona del casertano, tra i campi e gli scheletri di fabbricati non ultimati come la pompa del ‘rivale’ Luigi Gallo, quattrocento metri più avanti, mai aperta e soffocata dalle erbacce. Per far aprire questo impianto con lo stemma del cane a sei zampe, secondo la Dda attraverso tecniche ai limiti del camorristico, i Cosentino rischiano di farsi sequestrare, confiscare e perdere un impero che macina cifre impressionanti e che si identifica in un’azienda conosciuta in tutta Italia nel settore dei carburanti: la Aversana Petroli srl, amministratore Giovanni Cosentino, il fratello di Nick, 83 milioni e 634.440 euro di fatturato nel 2012, 85 milioni e 630.584 euro nel 2011, un picco di oltre 103 milioni di euro nel 2008, l’anno del massimo potere di Nicola Cosentino, deputato e sottosegretario all’Economia del governo Berlusconi, coordinatore regionale del Pdl, pronto a diventare Governatore della Campania prima che un’ordinanza di custodia cautelare per camorra gli sbarrasse il passo. IL GRUPPO COSENTINO, dicevamo. I quattro fratelli (Giovanni possiede il 34 per cento; Mario 32 per cento; Palmiro e Aurelio il 16,6 per cento) sono proprietari non solo dell’Aversana Petroli ma anche dell’Aversana Gas srl, miscelazione di gas petroliferi e liquefatti, 10 milioni e 650.000 euro di fatturato, e poi anche del 100% di Sotraco srl, ditta del trasporto di merci su strada, fatturato da 1.150.000 euro, e il 100% di una onlus, la Fondazione Carpe Diem. C’è poi la Ip Service srl, progettazione e realizzazione di impianti di carburante, 3 milioni di euro di capitale sociale, anch’essa amministrata da Giovanni Cosentino, il manager di famiglia. É l’azienda che ha costruito circa 300 pompe di benzina, che ha fatto la fortuna dei Cosentino. Tutte società nelle quali Cosentino non compare. Non detiene azioni. Ai familiari il controllo del business. A lui la carriera in politica. Ed ora tutto rischia di andare in fumo per una pompa sperduta di periferia. Il Fatto è andato a parlare con uno dei gestori della famiglia Zaccariello. Nell’area dell’impianto non c’è un bar, non c’è il Gpl: “Li avevamo progettati 10 anni fa – spiegano – erano state fatte pure le prove per il gas, e il gas non è più Uno degli impianti dell’impero Cosentino venuto. Ci volevamo mettere in competizione con gli altri.. perché gli altri ce l’hanno, e noi invece no”. E cosa è questo segno enorme davanti ai distributori? “Qui è stato fatto un rappezzo, per tre mesi siamo stati con un buco nell’asfalto perché aveva ceduto il terreno. Le persone rischiavano di rompevano i parafanghi e la coppa dell’olio delle loro auto”. All’American Bar di Casal di Principe, accanto ad una sede dell’Aversana Petroli, ci sono tre ragazzi con poca voglia di commentare l’accaduto. “Sì, abbiamo saputo dai telegiornali”. MARKETING il Fatto Quotidiano Tsipras a Palermo incontra Di Matteo: “Solidale coi pm” SBARCA IN SICILIA Alexis Tsipras per la campagna della sua lista “L’altra Europa”. Il politico greco – che un bel pezzo della sinistra continentale candida alla guida della Commissione Ue – ha evidentemente ben presente la situazione siciliana se ha inserito nella sua agenda due appun- tamenti dalla natura evidentemente simbolica: il primo, più scontato forse, la visita in serata all’albero che porta il nome di Giovanni Falcone in via Notarbartolo, a Palermo; il secondo assai meno è l’incontro di mezz’ora in Procura col pm Nino Di Matteo, titolare del processo sulla trat- VENERDÌ 4 APRILE 2014 tativa Stato-mafia (Tsipras gli ha esplicitamente portato la solidarietà sua e della sua lista). Per il resto s’è trattato di un classico tour elettorale, in cui il leader del partito greco Syriza è tornato ad attaccare le politiche di austerità sponsorizzate da Bruxelles e Berlino: “Se 5 Merkel vuole un’Europa tedesca, noi vogliamo un’Europa dei popoli” e non “accettiamo il ricatto” che altrimenti “i nostri paesi dovranno uscire dall’euro”. Nel mirino di Tsipras è finito anche il presidente Hollande: “Ha dato forza alla destra e per rispondere ora deve andare a destra anche lui”. Via le Province (o quasi) Anatomia di un pasticcio IL DDL DELRIO È LEGGE: PER QUESTI ENTI NON SI VOTA PIÙ, MA ESISTONO ANCORA SOLO CHE NON SI CAPISCE COSA FARANNO, NÉ COME. E I COSTI POTREBBERO SALIRE di Marco Palombi agari non è “un golpe”, come urlava Renato Brunetta ieri nell’aula della Camera, ma il ddl Delrio che - approvato definitivamente ieri - punta a svuotare le Province trasformandole in un bizzarro ircocervo è almeno un pasticcio, uno di quegli incredibili pasticci italiani in cui il riformismo diventa approssimazione e l’attività legislativa una branca della comunicazione. Dietro le frasi altisonanti dell’articolato, infatti, non c’è niente: i contenuti di questa legge, c’è scritto, “valgono come principi di grande riforma economica e sociale”. È vero? Mah. Parecchi costituzionalisti e la Corte dei Conti, per dire, hanno sottolineato che in questa legge non si capisce niente e questo non potrà che peggiorare le cose, aumentare i costi e i ricorsi giudiziari e costituzionali (visto che la Consulta ha già bocciato l’antecedente di questa norma, lo svuota-Province di Mario Monti). Ecco perché questo riassunto per capire come cambiano le istituzioni italiane. LA NON ABOLIZIONE. Le Province sono ancora lì: questa legge non le abolisce, anzi le perpetua anche per quando (e se) arriverà la riforma costituzionale che le cancella dalla Carta. Solo che da oggi saranno istituzioni, per così dire, semidemocratiche: presidente e consiglieri provinciali - non retribuiti - verranno eletti da consiglieri comunali e sindaci con un complicato meccanismo di ponderazione che terrà conto della popolazione dei comuni di provenienza di ciascun voto. L’assenza di stipendio (ma qualche rimborso ci sarà) è quello che permette a Matteo Renzi di sostenere che vengono abolite tremila poltrone. LE CITTÀ METROPOLITANE. Saranno dieci - Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Napoli, Bari e Reggio Calabria, anche se con qualche mese di ritardo rispetto alle altre - e dovrebbero essere in vigore dal 1 gennaio. Saranno in tutto e per tutto come le attuali Province e il presidente sarà il sindaco (detto “sindaco metropolitano”) del capoluogo. Governerà sul suo territorio grazie al “consiglio metropolitano” (l’elezione è di secondo livello, come per le Province) e da una “conferenza metropolitana” (i sindaci della zona). Tutti, renzianamente, senza stipendio. Tutto qui? Magari. In realtà, esiste la possibilità teorica che un terzo dei comuni della zona decida di staccarsi con apposito referendum. A quel punto sarà il governo a dover tro- M vare una soluzione. IL NUOVO POTESTÀ. La legge Delrio divide l’Italia in due: le città comandano e i piccoli comuni subiscono. Grazie al sistema di voto ponderato per popolazione, infatti, nella conferenza metropolitana di Genova, per dire, il voto del sindaco del capoluogo ligure varrà di più di quelli di tutti i 67 sindaci dei comuni limitrofi; stessa cosa a Livorno (uno contro venti); a Torino al sindaco del capoluogo basterà allearsi con sei colleghi per scavalcarne altri 315. A-DEMOCRATICA. È una legge che non ha un gran rapporto con la rappresentanza: basti dire che arriva ad abolire alcuni consigli provinciali che erano ancora in carica e che sarebbero scaduti tra due mesi (e per le elezioni se ne parla poi): la democrazia abolita per legge. Pure l’applicazione delle quote rosa è bizzarra: ci sono (al 60%), ma saranno applicate solo tra cinque anni. IL MISTERO DELLE FUNZIONI. Cosa faranno le nuove Province? Ancora non si sa: devono fare “un piano strategico si può ordinare alla carta: decideranno Regioni e Comuni quali funzioni lasciare alle Province e quali prendersi loro (col relativo personale). Serve una scelta in 90 giorni con tanto di decreto del governo, poi entro RISPARMIO BALLERINO Per la Corte dei conti il testo è così confuso che comporterà un aumento delle spese Brunetta urla alla Camera: “È un golpe” Sindaci al potere: Graziano Delrio, Piero Fassino (Anci) e Matteo Renzi Ansa triennale del loro territorio”; occuparsi di “sviluppo economico e sociale, anche assicurando sostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca innovative e coerenti”; “pari opportunità”; “edilizia scolastica”. Il menù è lunghissimo, ma La polemica altri sei mesi serve un accordo coi sindacati per trasferire i dipendenti con altro decreto. IL MISTERO DEI COSTI. Il governo prevede un risparmio, ma non lo quantifica e nessuno, d’altronde, può farlo: per la Corte dei Conti probabilmente la confusione farà aumentare i costi; l’Unione delle Province ha prodotto un dossier in cui si calcola in due miliardi l’aggravio. IL MISTERO DEI CONSIGLIERI. Non prenderanno stipendio, ma solo gettoni di presenza - dice il governo - resta il fatto che le potrone proliferano: tra un ente di secondo livello e l’altro (ci sono pure le assai consigliate ai più piccoli Unioni dei Comuni), più un aumento di consiglieri e assessori nei comuni piccoli e piccolissimi, si parla di 31mila posti in più. Salvatore Settis “Renzi? Solo democrazia spot e neoliberismo. Così il Pd muore” di Beatrice Borromeo a riforma di Renzi è contraria alle L regole più elementari della democrazia”. Per Salvatore Settis, ex direttore della Scuola Normale di Pisa e firmatario dell’appello di Libertà e Giustizia contro la “svolta autoritaria” di questo governo, il progetto di riforma costituzionale tanto voluto dal premier è “affrettato, disordinato e assolutamente eccessivo”. Perché, professor Settis? Non si può accettare che a incidere così profondamente sulla Carta sia un Parlamento di nominati e non di eletti, con un presidente del Consiglio nominato e non eletto. I giuristi sono divisi: c’è chi dice che la sentenza della Consulta delegittima il Parlamento e chi sostiene il contrario. Vero. Ma se possono esserci dubbi dal punto di vista giuridico, non ce ne sono dal punto di vista morale: questo Parlamento non può fare una riforma di questa portata, né tantomeno anteporla alla riforma elettorale, che è la vera urgenza. Come si spiega il cambio di priorità? Il problema è che queste decisioni, prese in stanze segrete, non ci sono mai state spiegate. Non ne sappiamo nulla: non mi pare che queste manovre corrispondano alla democrazia parlamentare così com’è prevista dalla nostra Costituzione. A cosa pensa? Per esempio al famoso rapporto di J.P. Morgan del 2013, che è stato riportato quasi alla lettera nel progetto di riforma del governo Letta, e ora è citato come un testo sacro da Marzio Breda sul Corriere della Sera. Anche Renzi secondo lei subisce pressioni esterne? Non penso mai alle grandi congiure. Però di certo c’è una vulgata neoliberista secondo la quale il mercato è tutto, l’eguaglianza è poco significativa e la libertà è quella dei mercati, non delle persone. E a questa vulgata si sono piegati in molti. Solo che finché si adeguano Berlusconi e Monti mi stupisco ben poco. Ma che ceda il Pd, che dovrebbe rappresentare la sinistra italiana, è incredibile. E porterà a un’ulteriore degrado del partito, e dunque a una nuova emorragia di votanti. era già in agonia. Ora però la sinistra sta proprio perdendo la sua anima. Si sta consegnando a un neoliberismo sfrenato, presentato come se fosse l’unica teoria economica possibile, l’unica interpretazione possibile del mondo. Come se non fosse possibile, per esempio, mettere l’eguaglianza dei cittadini prima della libertà dei mercati. E poi Renzi sta patteggiando questa riforma con Berlusconi. L’ex Cavaliere è stato anche ricevuto dal capo dello Stato. Se Berlusconi ha proposto di appoggiare le riforme in cambio di qualcosa e Napolitano l’ha mandato al diavolo, allora l’incontro è stato positivo. Altrimenti ci sarebbe da preoccuparsi. Renzi sarà il cavallo di Troia di questo neoliberismo nella sinistra? Non so quanto ne sia consapevole. Certamente l’unico elemento chiaro del suo stile di governo è la fretta. Dovrebbe prima spiegarci quale è il suo Per la verità, pritraguardo e poi come vuole arrivarci. ma di Renzi il Pd Non basta solo la parola “riforma”, che può contenere tutto. Anche abolire la democrazia sarebbe una riforQUESTIONE ma. E non credo che il Pd voglia questo. MORALE Non si può accettare che a incidere così profondamente sulla Carta siano un Parlamento e un premier nominati e non eletti Il nostro sistema bicamerale però è farraginoso e costa parecchio, lo lascerebbe inalterato? Credo che vada mantenuto, ma con delle correzioni. Che non sono certo quelle delineate da questo governo. Il Senato deve essere elettivo, ma il numero dei suoi membri si può notevolmente ridurre. Se gli Stati Uniti hanno solo 100 senatori possiamo tagliare anche noi, no? Usano questa foglia di fico dei costi, che è popolare, per coprire manovre più gravi. Quanto alle competenze, non è affatto difficile immaginare un bicameralismo meno perfetto di quello odierno. In più il Senato, come ci spiega il giurista Gianluigi Pellegrino, manterrebbe in realtà un peso significativo, rendendo ancora più confuso l’iter legislativo. Giudizio che conferma la mia impressione: questa è una riforma pretestuosa, disordinata, superficiale. Quello che cerca il premier è l’effetto annuncio, il titolone sui giornali: “Renzi rottama il Senato”. Lui punta a una democrazia spot, a una democrazia degli slogan. Se il premier sostiene che la Camera alta non è più elettiva, ma doppiamente nominata, allora significa che ha veramente perso il senso di che cosa voglia dire “democrazia”. La infastidisce che i nuovi membri saranno presidenti di Regione e sindaci? Mi pare una concessione volgare agli slogan leghisti secondo i quali il Senato dev’essere la Camera delle autonomie, cioè l’anticamera dei secessionismi. È inutile festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia se poi i nostri figli rischiano di non celebrare il 200esimo compleanno. Renzi le risponderebbe: ho giurato sulla Costituzione, non sui professoroni. Mi auguro che l’abbia anche letta, la Costituzione, oltre che giurarci sopra. Perché, per esempio, ha detto che il suo è un “governo costituente”. Nella Carta non esiste nulla di simile. Eviti le battute sugli intellettuali, e soprattutto le bestemmie contro la Costituzione. Twitter: @BorromeoBea 6 STATE SERENISSIMI VENERDÌ 4 APRILE 2014 Il Carroccio difende il Fatto Quotidiano BOSSI “CI VEDO I SERVIZI” ”È un errore, uno sbaglio. La gente si incazzerà ancora di più”. Così Umberto Bossi a Repubblica: “Dietro queste operazioni c’è quasi sempre l’intervento dei Servizi. Stanno bluffando per bloccare l’indipendentismo, ma non funzionerà”. i 24, la Chiesa non li perdona I CATTOLICI “ZAIA GOVERNI” ”A Zaia un invito: non si lasci tirare sul tanko, ma continui ad amministrare con responsabilità cercando le riforme. I veneti saranno con lui”. È l’editoriale del nuovo numero di Gente Veneta, il settimanale del Patriarcato di Venezia. Rabbia nel paese del tank “Ce ne fossero di ribelli” TUTTI CON L’ARRESTATO CONTIN. IL VENETO CHIEDE A RENZI LO STATUTO SPECIALE: IN CONSIGLIO REGIONALE IL PD ESCE DALL’AULA, SOLO LA SINISTRA VOTA CONTRO di Davide Vecchi inviato a Casale di Scodosia (Pd) ppena dieci parole: “Le sia riconosciuto lo status di Regione a statuto speciale”. Il telegramma è stato recapitato ieri al governo. Mittente il Veneto che dopo due giorni di discussione in aula ha votato sì. Contrario solo il consigliere della Federazione della Sinistra veneta, mentre il Pd ha preferito far finta di nulla: uscire dall’aula e non partecipare al voto. Il giorno dopo l’arresto di ventiquattro indipendentisti la politica tenta di dare una risposta A istituzionale al malcontento alimentato anche dall’operazione del Ros dei carabinieri. Già pochi giorni fa il Palazzo guidato da Luca Zaia aveva avviato l’iter per realizzare un referendum per l’autonomia territoriale. TROPPO poco? Tra le province di Verona, Padova, Treviso e fin su a Belluno, ovunque cresce la rabbia e la consapevolezza che “un popolo non dovrebbe chiedere l’indipendenza ma dovrebbe prendersela”. L’ha detto nel 1997 Flavio Contin, l’ideatore dei Serenissimi, dopo aver assaltato il campanile e lo ha ripetuto in ogni intervista concessa fino a GUIDE Prendi la Panda e fatti un carrarmato on c’è solo il tanko degli improvvisati separatisti veneti N . La bizzarra passione per il carrarmato fai da te, a quanto pare, è un genere piutde’ noantri tosto diffuso. Zoro, nel suo Gazebo su Rai3, mercoledì sera, ci ha scherzato su e ha fatto disegnare a Makkox le istruzioni per fabbricare comodamente il proprio cingolato in casa: prendi una Fiat Panda nuova, taglia il tetto con una motosega, costruisci il telaio con il cartoncino bristol, metti insieme le ruote dentate con migliaia di bigodini. Infine aggiungi un canale per acque scure, a mo’ di cannone, e colora tutto a tinte militari, con i pennarelli. Più facile che montare un letto Ikea. Ma la realtà può superare fantasia e ironia. Il tanko sequestrato mercoledì dai carabinieri al- Diego Bianchi “Zoro” Ansa tro non è che un trattore corazzato, con tanto di cannoncino da 12 millimetri di diametro che avrebbe dovuto sparare biglie d’acciaio. E sul web si trova davvero di tutto. Non poteva mancare, quindi, qualcuno che si prendesse la briga di spiegare per filo e per segno come costruire un carrarmato in garage. Un signore australiano, dall’aria paffuta e gioviale, ha pubblicato su YouTube una serie di video (il primo supera un milione di visualizzazioni) dal titolo eloquente: “Come fabbricare un tank Sherman in scala 1:2,5”. Una riproduzione fedele del mezzo utilizzato dagli Usa dalla Seconda guerra mondiale. All’inizio del filmato si può seguire l’anziano, elmetto in testa, mentre gira con il suo blindato in giardino. Poi prova il cannone, sparando cartucce ad aria compressa. Molto realistico: le ruote dentate con un nastro cingolato da 5,2 metri, la torretta girevole a 360 gradi, la trasmissione montata a mano, pezzo per pezzo (“Semplice, robusta, economica e molto efficace”, si vanta il costruttore), persino un monitor a infrarossi all’interno e una lente telescopica allineata al cannoncino. L’australiano Tankman101 non è solo: c’è una cospicua comunità di amanti dei carrarmati. Il loro forum si chiama Scaledtanks.com. Per poterlo leggere bisogna essere utenti registrati, ma i “neofiti” non vengono ammessi prima di 48 ore: meglio scoraggiare i curiosi, anche se non si prepara l’indipendenza del Veneto. Tommaso Rodano mercoledì scorso, quando è stato arrestato seppur lasciato ai domiciliari. L’ultima volta l’ha ripetuto appena tre settimane fa al Corriere del Veneto commentando il risultato del referendum on line cui hanno partecipato oltre due milioni di cittadini invocando l’addio a Roma. “Tutto inutile”, disse Contin. “Quello che serve oggi non sono i referendum ma il coraggio”. Nel garage a casa sua in via Amadio a Casale di Scodosia mercoledì mattina i carabinieri hanno sequestrato il tank che venne usato per l’assalto al Campanile San Marco 17 anni fa e ne hanno portato via anche un altro gemello trovato in un capannone abbandonato, ma hanno alimentato e lasciato tra queste zone un tempo ricche e oggi uccise dalla crisi, ancora più rabbia e voglia di indipendenza. “Da uno Stato che vien qui solo a batter cassa e portar via i nostri uomini migliori”, bofonchia tra una sigaretta e un’altra Antonio Balbo. Lui abita davanti a Contin. Dopo pranzo si sposta al bar. Trecento metri da via Amadio. La caffetteria di piazza Aldo Moro è il luogo di ritrovo, dove anche Contin passava del tempo. E Zaia, la Lega, il Movimento 5 Stelle: potrebbero inventarsi qualunque cosa ma tanto quaggiù, tra i quartieri desertificati dalla crisi e un Comune commissariato che non riesce a rattoppare neanche le strade, non ci credono più alla poTRAGEDIE E FARSE di Pino Corrias er quanto inarrivabili nella loro commovente deP menza gli eroi veneti della pala cingolata dell’altro giorno e ancora prima quelli del tanko, anno 1997, che occuparono il campanile di San Marco con un fucile funzionante, una provvista di acqua e una di grappa, hanno una intera tradizione di golpe e rivoluzioni che si compiono secondo i canoni della commedia, se non della farsa. A cominciare dall’atto fondativo di questa Italia cialtrona che finirà sempre per sopravviverci. Il quale atto non fu il degno (e sanguinoso) Risorgimento, culla di stragi e di eroi. Semmai la Marcia su Roma che fu epopea di ragazzi impolverati e reduci delusi e analfabeti appena indottrinati da un Benito Mussolini nascente che prometteva la terra ai contadini, la guerra alla corruzione, più tutto il resto del campionario. E che in quei giorni – siamo alla fine di ottobre del 1922 – se ne stava prudentemente alla larga dalla litica. “Tutte balle”, commentano. “Ce ne fossero di Contin varda, un eroe”. E l’operazione del Ros diventa “l’invasione da parte dello Stato”, gli arresti, come quelli seguiti all’assalto del Campanile del 1997, son “una presa in giro, hanno paura questi qui: da retta a mi”, suggerisce convinto Balbo. L’altro giorno, racconta, “sembrava fossero venuti per far la guerra”. I VOLTI CHIUSI e diffidenti del mercoledì si sciolgono, gli stessi che appena 24 ore prima hanno evitato i giornalisti ora parlano tranquillamente. Perché? Perché hanno sentito i tg, letto i quotidiani. “Ci siamo informati ecco, sai come si dice qui da noi no? Per saver la verità bisogna sentir do busiari”. Ridono. Qualcuno al telefonino si fa sentire: “Ah non venir col trattore che t’arrestano sa”. Poi mette giù e annuncia: “Mi vado a Treviso dal Busato”. Cioè Gianluca Busato, promotore del referendum su plebiscito.eu che ieri in piazza dei Signori ha indetto una manifestazione cui ha partecipato Marilena Marin, la moglie di Franco Rocchetta, fondatore della Liga Veneta, ex parlamentare e sottosegretario, arrestato mercoledì assieme agli altri. Ricordati, ribatte Toni, “i popoli se mazza e i re se abraza” (i popoli si ammazzano e i re si abbracciano). “Ricordati ti: io mi non son sior né conte, io son Togno”. In Veneto c’è un detto secondo cui Tonio FLAVIO CONTIN Un popolo non dovrebbe chiedere l’indipendenza, ma prendersela Serve coraggio, non un referendum FLAVIO TOSI È stata una farsa da Repubblica delle banane Sono più pericoloso io con i miei quattro fucili da caccia Serenissimi Sindaco di Verona fa la roba, il signore la gode e il conte la mangia. Dialoghi come questo si ripetono qui in provincia, a Padova città. Ovunque. La rabbia è tanta. Gilberto Buson, componente del nucleo storico dei Serenissimi insieme a Contin e Faccia, inquadra così quanto sta accadendo: “El sciapo de piegore ora va da se” (Il gregge di più, c’è un popolo. Siam tutti terroristi? Fidate de no o comunque non lo siamo per tutti, anzi”. Lo scorso luglio a Rosà, un paesino fuori Vicenza, il sindaco leghista ha intitolato una via a Bepin Segato, arrestato dopo l’assalto in San Marco e morto nel 2006, dopo il carcere, a soli 52 anni. Contin commentò: “Il Carroccio non è degno neppure di pronunciare il nome di Bepin”. E lo diceva anche a Bossi, quando il leader della Lega Lombarda arrivava quaggiù nei primi anni ’90 a tentar di parlare con la Liga e unirla, come poi fece, nella Lega nord. Ma Contin è sempre stato contrario: “Ti pensa pecore, non inteso in questo detto in senso dispregiativo, ora è in grado di andare da solo). Buson era ed è uno dei capi dei Serenissimi, tra i primi ad aver giurato fedeltà alla Repubblica Veneta e a parlare d’indipendenza e separatismo quando, prima del 1997, era un reato anche solo dirlo. Che significa? Toni spiega: “Che c’è una massa ora, un gruppone... capito? Lui dice che non serve a Milano e la tu regione, qui lassa far a noaltri”. Indipendentisti in tut- to. E sempre. Marce, principi neri, lady golpe, bergamaschi in armi e Tognazzi città fatale, un po’ a Napoli, un po’ a Milano, a vedere come andavano le cose. E se le 28 mila camicie nere radunate a Tivoli, Santa Marinella e Monterotondo sarebbero davvero riuscite a mettere nel sacco Roma, il re, la Storia. Ci riuscirono. In un modo così scombiccherato che ancora oggi, a quasi cent’anni di distanza, non si è capito del tutto. Se per ignavia, stupidità o complicità di tanti poteri, a cominciare da quello della Massoneria. FATTO STA che bastando qualche drappello di carabinieri a disperdere i facinorosi, e a cambiare (forse) la storia, nessuno si mosse. Il povero Facta, presidente del Consiglio, era corso dal sovrano per farsi firmare lo stato di assedio e dunque la mobilitazione dei 30 mila soldati a guardia di Roma. Ma Vittorio Emanuele III, non per nulla chiamato Sciaboletta, cogitò a lungo e infine non firmò. Fece di meglio. Convocò Mussolini per affidargli l’incarico di governo. E la farsa – dopo un anno e mezzo di spallate e il sangue di Giacomo Matteotti – si raddrizzò in tragedia. Ma sono questi decenni di pace a bassa intensità che annoverano i migliori golpe da commedia. Cominciando da quello architettato dal “principe nero”, Julio Valerio Borghese, che nella notte dell’Immacolata, tra il 7 e l’8 dicembre 1970, lanciò una colonna di guardie forestali di Cittàducale alla conquista del Viminale, uscendone con il bottino di un mitra. Per poi disperdersi nella notte romana poiché un misterioso contrordine era arrivato a fermare tutto. Da chi? Da Andreotti, si disse. No, da Kissinger, anzi da Richard Nixon. E che ebbe come suo vero narratore non uno storico, né un investigatore, ma il grande Mario Monicelli con il suo Vogliamo i colonnelli, protagonista uno strepitoso Ugo Tognazzi. Indimenticabile fu lady golpe. In arte Donatella Di Rosa, 37 anni, che aveva una relazione con un generalone dei parà: tra una svenevolezza e l’altra le parlò di certe riunioni d’alti ufficiali che progettavano l’occupazione della Rai a Saxa Rubra e forse il suo bombardamento. UN SEGRETO che lei rivelò in una conferenza stampa, con ressa di telecamere, un 7 ottobre del 1993, annunciando il pericolo alla nazione. Ma in realtà illuminando il tutto con i suoi “occhioni azzurri da Dalila Di Lazzaro in miniatura” (Filippo Ceccarelli) di cui si invaghirono tutti, giornalisti e telespettatori. E che a un certo punto, dopo 23 giorni di carcere, e un centinaio di interviste, si inabissò, per ricomparire un anno dopo reggicalze e poi senza neanche quelle, su Playmen, sotto a un bellissimo titolo che recitava: “La mia nuda verità”. Di lì a poco Umberto Bossi minacciò Roma ladrona con “l’urlo dei 300 mila bergamaschi in armi che rimbomba di valle in valle”. Toccò dunque ai primi Serenissimi che finiro- STATE SERENISSIMI il Fatto Quotidiano MARONI “IN CELLA LE IDEE” “Mi sembra – sostiene il governatore della Lombardia, Roberto Maroni – che stiano mettendo in galera le idee e le opinioni: questa è una prova di debolezza e non farà altro che rinfocolare lo spirito separatista dei veneti”. BAGNASCO “L’ITALIA È UNA” ”Ogni forma di violenza è sempre da ripudiare” e “le difficoltà ci sono per tutti, non solo per una parte del Paese e sono anche gravi. L’Italia è una sola”, così il cardinal Angelo Bagnasco, presidente della Cei. Profondo nord-est di Silvia Truzzi l telefono dell’eretico Bepi Covre – imprenditore veneto, leghista della prima ora, ex parlamentare, ex sindaco di Oderzo, fondatore con Massimo Cacciari e Giorgio Lago del movimento dei sindaci negli anni Novanta – in queste ore suona spesso. I Che idea si è fatto di quanto sta emergendo dall’inchiesta di Brescia? Un’idea parziale: sui giornali c’è quello che ai giornali è stato dato. Sapremo molte cose più avanti, credo. Se gli arrestati hanno parlato di dinamite e fucili, allora qualche mona – devo dirlo in veneto – si è lasciato sfuggire parole che non doveva. Parlare di armi non ha nessun senso. Anche perché noi che quei personaggi li conosciamo, sappiamo che sono assolutamente innocui. Ci metto la firma: non sono persone pericolose. La violenza non è nell’animo dei veneti. Nel ’97 c’ero, ero sindaco e parlamentare, sono stato il primo ad andarli a trovare gli arrestati in carcere. Tra adesso e allora la differenza è che il gruppo si è allargato, la situazione economico sociale è molto peggiorata. Nel ’97 eravamo nel pieno boom, il miracolo del Nord-Est. Non c’era crisi, non c’era disoccupazione. La situazione è molto peggiorata, questi sentimenti si sono propagati. E sono sentimenti che hanno radici storiche profonde, non sono infatuazioni. Quali sono le radici storiche? di Gianni Barbacetto hissà se aveva già idee secessioniste, Franco RocC chetta, quando nell’aprile REALTÀ E FANTASIA La Marcia su Roma, 1922. Sopra, Ugo Tognazzi in “Vogliamo i colonnelli” di Mario Monicelli LaPresse no tutti sotto processo. E poi in quella nebbia di nostalgie della grande impresa che li indusse, dieci anni dopo, a ricomprarsi il tanko messo all’asta, per la bella cifra di 6770 euro. E che da allora ronfava nel garage di Flavio Contin, che di quella roboante ferraglia non ne aveva ancora abbastanza. 1968 salì sul pullman che lo portò nella Grecia fascista dei colonnelli. “Viaggio premio” con incontri di Stato, in compagnia di personaggi come Pino Rauti, Mario Merlino, Stefano Delle Chiaie, tutta gente che negli anni successivi ebbe qualche ruolo, nell’Italia di piazza Fontana e dei tentati golpe neri. Ormai è storia: quel viaggio “per patrioti” fu organizzato (e pagato) dai servizi segreti di Italia e Grecia. Anni dopo, lo spiegò così: “In quella occasione, lo studente Rocchetta si trovò semplicemente ad approfittare di un pullman pasquale diretto in Grecia, con molti altri studenti, quasi tutti greci di Padova, per quella passione ai viaggi che mi porto ancor oggi intatta addosso, ed elettrizzato dall’idea di visitare la terra della classicità, con cui del resto il mio Veneto ha un’osmo- 7 GRILLO “LOTTA A SPRECHI” ”Per combattere la secessione occorrono esempi istituzionali e leggi contro la corruzione, il conflitto di interessi, contro gli sprechi della politica. La secessione si annulla con una buona politica”, scrive Grillo. Il leghista eretico Bepi Covre “Macché terroristi, son solo dei mona” Da almeno 25 anni si sta diffondendo una sensazione, cioè che si sia voluto mettere la nostra Storia in sordina: la Storia del Veneto non è quella della Lombardia o del Piemonte. Una Storia negata: però la Storia qualche volta si prende anche delle rivincite. Tanti veneti dicono “perché non abbiamo diritto di conoscere la nostra Storia”? Conoscere per il piacere di sapere, per una questione di giustizia calmerebbero molti animi. Questo è l’aspetto culturale, poi c’è quello sociale. La nostra Regione ha un avanzo primario verso lo Stato – la differenza tra quello che diamo e quello che riceviamo – di 20 miliardi di euro l’anno. Se ne tenessimo anche una minima parte qui, la situazione sarebbe meno grave. Il confronto con il Campidoglio è emblematico: 62 mila dipendenti, tra Comune di Roma e municipalizzate, e un buco di 16 miliardi di euro. Questo paragone ci dice che mentre noi veneti licenziamo i nostri dipendenti dalle aziende private, a Roma lo Stato assume con soldi anche nostri. E fanno perfino leggi ad hoc per finanziare Roma capitale. Qual è la Storia negata del Ve- ROMA LADRONA Il Campidoglio ha 62 mila dipendenti e un buco di 16 miliardi di euro. Assumono con soldi nostri, basta Che differenze ci sono tra oggi e il 1997? ARRESTATI ILLUSTRI VENERDÌ 4 APRILE 2014 culturale: più ci si globalizza, più c’è bisogno di recuperare le radici. Questa voglia di identità non è “contro”, ma è “per”. Se si partisse dal riconoscere che la Storia ha la sua importanza, si neto? Soprattutto la Storia della Serenissima Repubblica di Venezia, che è stata particolare rispetto a tante altre realtà italiane, senza mancare di rispetto a nessuno. Anche al Meridione, per esempio, è stata negata una prospettiva propria sul Risorgimento. Questo accade perché si applica il vecchio motto latino vae victis, guai ai vinti. La Serenissima ha subìto molto meno le angherie dello Stato pontificio e c’è stata, in quel periodo, una grande libertà negli scambi commerciali. Sono solo piccoli esempi, ma il punto è: perché non possiamo valorizzare la Storia? È fatto divieto di insegnarla nelle scuole, bisogna far passare il messaggio dell’Italia unita, del Risorgimento. E il referendum? Che cosa pensa dell’abbraccio della Lega agli indipendentisti? Io sono federalista, mai stato secessionista. E per questo ho sempre avuto problemi con il partito, tanto che Giorgio Lago mi definì l’eretico. Ma sono ancora militante. Oggi, su questa vicenda degli arresti, dico: lasciamo lavorare la magistratura. Ma sono certo che tutto questo è vento sulle ali della Lega per le prossime europee. Però attenzione: criminalizzare chi criminale non è, è un errore. Hanno assemblato un carro armato, rudimentale ma... ...Definire quel vecchio trattore cingolato un carro armato vuol dire dar ragione alla Lega: i carabinieri per metterlo in moto ci hanno impiegato mezzora! Con questo non giustifico nulla: ribadisco che questi hanno parlato troppo e forse hanno pensato anche male. Ma noi che abbiamo una certa età, ci ricordiamo bene cos’era il terrorismo. Il fan dei colonnelli greci e il capo dei pensionati padani si plurimillenaria”. Spiegazione molto simile a quella fornita al giudice istruttore che indagava sulla strage di piazza Fontana, Ernesto Cudillo, da Mario Merlino, fascista infiltrato tra gli anarchici di Pietro Valpreda: “Ci andai perché era un viaggio gratuito”. Del resto, Rocchetta ha il dono di trovarsi nel posto giusto al momento giusto: il 21 agosto 1968, appena tornato dalla Grecia, varca la frontiera della Cecoslovacchia. È il giorno in cui i carri armati sovietici (non proprio serenissimi tanko) invadono il Paese. Poi non si cura di essere stato inserito in un elenco di estremisti antisemiti, in un rapporto del Congresso ebraico mondiale. In pochi anni, diventa invece il massimo teorico dell’autonomia veneta. Fonda la “madre di tutte le leghe”, la Liga Veneta, poi si affianca al movimento di Umberto Bossi, infine rompe con lui e torna al mito dei Sere- nissimi. Fino all’arresto di due giorni fa. Nel ’94 è addirittura nel governo Berlusconi, sottosegretario agli esteri. IL MESTIERE di Roberto Bernardelli, invece, è quello di al- bergatore. Ma la sua passione è sempre stata la politica. È suo l’Hotel dei Cavalieri, un quattro stelle in pieno centro di Milano. Nordista convinto, ha però investito anche al sud, perché è suo anche l’Hotel dei Cavalieri a Caserta, a un passo STRANE STORIE Rocchetta, nel ’94 al governo, era a Praga nel 1968 durante l’invasione sovietica Bernardelli è un leghista campione di liste civetta dalla reggia dei Borboni. All’inizio degli anni Ottanta la sua storia s’incrocia con quella di Umberto Bossi. Nel 1983 si candida per la prima volta alle elezioni, sotto il simbolo della Lista per Trieste, nella Lega Autonomista Lombarda, da cui poi nascerà la Lega nord. Bocciato nelle urne, fonda un suo gruppo, il Partito Pensionati, con il quale diventa consigliere comunale a Treviglio e a Milano e poi, a Milano, anche assessore. Negli anni successivi galleggia in politica, smontando e rimontando formazioni Franco politiche che Rocchetta non sempre Ansa gli fanno ottenere qualche poltrona. La Lega Casalinghe-Pensionati, per esempio, non gli porta fortuna alle elezioni del 1992. Riallaccia allora i rapporti con Bossi e la Lega nord lo fa entrare in Parlamento nel 1994. Due anni dopo, con la Lega che corre da sola, senza l’appoggio di Silvio Berlusconi, perde il seggio. Fonda allora il movimento Padania Pensione Sicura, che poi trasforma in Pensionati Padani e Pensionati Nord. Con la Lega entra nel 2000 nel Consiglio regionale della Lombardia, ma l’anno dopo litiga con Bossi e riprende a forgiare il suo caleidoscopio di sigle: fonda la Lega Padana Lombardia, che si allea con i No Euro e il Fronte Cristiano, raccogliendo percentuali da prefisso telefonico come candidato presidente della Provincia di Milano. Collabora poi con movimenti più radicali, come Progetto Lombardia e Fronte Indipendentista della Lombardia. S’inventa la lista Pensioni & Lavoro. Infine l’Unione Padana. Ultimo atto, anche per lui: l’arresto. 8 BELPAESE VENERDÌ 4 APRILE 2014 Di Battista contro Napolitano, censurato in aula CENSURATO per aver criticato in aula Napolitano, quasi fosse un atto di lesa maestà. È accaduto ieri alla Camera al deputato di M5S Alessandro Di Battista. Dure le sue parole nei confronti di Giorgio Napolitano, reo di aver ricevuto in privato Silvio Berlusconi. Un incontro che per Di Battista rappresenta “l’ennesimo scempio della credibilità delle istituzioni com- il Fatto Quotidiano piuto dal capo dello Stato ieri sera. Napolitano ha ricevuto al Quirinale un condannato”. Poi ha rincarato la dose accusando Napolitano di aver “ostacolato in ogni modo il processo sulla trattativa Stato-mafia”. A quel punto, l’intervento del presidente di turno dell’aula Roberto Giachetti (Pd), che ha tolto la parola al deputato Cinque Stelle. 310 mila STIPENDIO Costosi e per sempre Gli ambasciatori sono come diamanti MASSIMO 900 DIPLOMATICI LA CASTA DELLA DIPLOMAZIA: CONTRATTI DA 100 MILA EURO IN SU, CARICA GARANTITA ANCHE SENZA SEDE ALL’ESTERO di Alessio Schiesari n ambasciatore è per sempre. Un po’ come un diamante, solo che costa di più. Può venire soppressa la sede di rappresentanza che dirige o essere richiamato a Roma; può perfino capitare che il Paese nel quale aveva ottenuto l’incarico sparisca dalla carta geografica, ma il suo stipendio (da favola) resiste all’usura del tempo. Ieri il ministro degli Esteri Federica Mogherini ha promesso un piano di tagli da 108 milioni spalmati sul prossimo triennio, parte dei quali saranno recuperati dagli emolumenti dei diploma- U tici. Non è molto, considerando che parte di questo denaro verrà recuperato attraverso una “razionalizzazione del patrimonio immobiliare all’estero” (quindi, presumibilmente, la vendita di edifici del ministero) e un’altra quo- CONTROSENSI Per le feluche meglio restare in Italia: stessi guadagni. Mogherini: tagli da 108 milioni in tre anni. Ma alla Farnesina 1 su 4 è dirigente ta riducendo i contributi che la Farnesina paga alle organizzazioni internazionali come l’Onu. Ma è ancora meno se si va ad analizzare la selva di emolumenti e maxi-stipendi che si potrebbero falciare. Come il sindacato Filp denuncia da tempo, si potrebbe partire da quei diplomatici (e sono la maggioranza) che hanno terminato la loro missione e ora lavorano in un ufficio della Farnesina. In questo caso la strada per un ambasciatore si biforca: o viene confermato il grado e, pur senza un’ambasciata da guidare, mantiene gli stessi emolumenti di prima, o viene ricollocato come “ministro plenipotenziario”. Nel primo NEL MONDO Il ministro degli Affari Esteri, Federica Mogherini Ansa caso il compenso lordo annuale può arrivare a più di 300 mila euro (sparisce l’indennità all’estero ma la busta paga vera e propria viene quasi raddoppiata). Nel secondo, il malcapitato ambasciatore senza ambasciata deve accontentarsi di uno stipendio tra i 100 mila e i 268 mila euro annui. Queste centinaia di carriere senza retromarcia non sono un problema da poco. La Farnesina si lamenta, e a buona ragione, PORTFOLIO Tutti in posa: la politica rincorre la moda del web anno saputo che sul web impazzano i selfie, gli autoscatti con i cellulari. E ovviaH mente si sono scatenati. I politici italiani non si tirano indietro, soprattutto oltre frontiera. Si spazia dal Renzi “londinese” a Giorgia Meloni e Matteo Salvini, grondanti felicità per l’immagine scattata con Marine Le Pen: un’icona a unire Fratelli d’Italia e Lega Nord. DESTRA BIONDA Meloni gioisce accanto alla Le Pen MOGHERINI sembra inten- MATTEI DIVERSI A sinistra, un Renzi un po’ stanco con Dolce e Gabbana e Franca Sozzani (Vogue Italia): accanto Salvini con l’icona Le Pen dei pochi fondi che vengono destinati agli affari esteri (appena lo 0,2 per cento del Pil). Il problema però è che vengono impiegati malissimo: mentre negli ultimi anni i contributi alla cooperazione internazionale sono stati falcidiati, alla Farnesina si vive una situazione kafkiana in cui il rapporto tra impiegati e dirigenti è di uno a tre. In molti uffici c’ quindi un capo senza però nessuno sul quale esercitare il proprio ruolo. Per questo si è costretti ad inventare posizioni assurde: c’è il coordinatore delle posizioni orizzontali dell’Italia presso le organizzazioni internazionali; quello per il mar Adriatico, i rifugiati e gli esuli italiani; quello per l’Antartide; e perfino il roboante coordinatore delle questione ecologiche, dello sviluppo economico e della crescita mondiale. Uno che, stando ai titoli e alle competenze, dovrebbe trattare Ban Ki Moon come uno impiegatuccio di second’ordine. COM’ERANO Certo, Internet, i cellulari, la rapidità della comunicazione. Ma vuoi mettere con le foto vecchio stile? Ecco il Fini pre-Fiuggi con Le Pen padre, l’ex parà che non era a destra: di più Fotogramma zionata a tagliare soprattutto i compensi dei diplomatici della rete estera. In totale gli ambasciatori italiani lontani da Roma sono 123, ovviamente uno per ambasciata. Anche loro, come i loro colleghi della Farnesina, non hanno nessuna difficoltà a superare la quarta settimana del mese. Tanto per fare un esempio, il Baby squillo, i voti dei clienti in Rete I FREQUENTATORI DELLE DUE MINORENNI DEI PARIOLI PUBBLICAVANO I GIUDIZI. SEI VERSO IL PROCESSO di Valeria Pacelli enivano recensite, come si fa con i ristoranti o gli alberghi. In questo caso però si V tratta di donne, o meglio di due ragazzine di 14 e 15 anni. Perché tra gli aspetti terribili dell’inchiesta sulle baby escort dei Parioli c’è anche questo: i clienti che frequentavano l’appartamento di Viale Parioli, poi avrebbero anche scritto dei commenti sulle due minori sul sito bachekaincontri.it, dove le ragazze avevano pubblicato il proprio annuncio. Molti i voti positivi per le giovani: i clienti rassicuravano sul fatto che la descrizione sul web corrispondeva alla realtà. Ma avevano mentito sull’età, perché nessuna delle due aveva 19 anni come scrivevano. Un aspetto, quello dei commenti, che viene raccontato anche da un cliente, la cui testimonian- za è stata pubblicata ieri dal Fatto. “Sono uno stupido” dice a se stesso l’uomo e aggiunge, riferendosi all’età delle ragazze: “Me la sono bevuta... Poi cerco su internet e cerco, cerco incessantemente. Che trovo? Trovo le testimonianze di un sacco di clienti, postate ben prima dell’intervento dei carabinieri che recensiscono le fattezze e servigi delle ragazze, con tanto di indirizzo e numero di telefono. I RECENSORI DISCUTONO e descrivono ogni aspetto dei loro incontri. Danno voti. Ma nessuno pone mai un dubbio sulla loro età”. Su questi siti, la valutazione dei clienti è tutto. Perché chiunque potrebbe trovarsi davanti una donna completamente diversa da come si descrive nell’annuncio. E così i clienti, come se parlassero di un ristorante, si consigliano a vicenda questa o quella donna. A volte ci sono anche valutazioni negative, tanto che scorrendo le recensioni ancora on line che non riguardano le due baby escort dei Parioli, ma altre donne, si leggono commenti come: “Foto assolutamente false, bruttina, con almeno quarant’anni e molto incazzata. Da evitare” scrive qualcuno coperto da anonimato. L’aspetto dei commenti emerge anche da alcune testimonianze dei clienti, come pure dagli atti dell’inchiesta che ormai è agli sgoccioli. L’indagine della Procura di Roma infatti è stata chiusa, atto questo che di norma prelude ad una richiesta di rinvio a giudizio. E così in sei rischiano il processo: ossia Mirko Ieni e Nunzio Pizzacalla, accusati di sfruttamento della prostituzione minorile; Mario De Quattro, accusato di tentata estorsione per aver cercato di farsi dare 1.500 euro dopo aver video-registrato massimo diplomatico a Ottawa (in Canada) percepisce un fisso mensile che – tra stipendio vero e proprio e indennità (esentasse) – supera i 20 mila euro netti al mese. Quello di stanza a Mosca manca di un soffio i 27 mila euro mensili. A questi stipendi bisogna aggiungere alloggi principeschi interamente a carico dello Stato (talvolta di proprietà del ministero, altre volte in affitto a prezzi che – si vocifera – per certe sedi superano il mezzo milione di euro l’anno) e un contributo dell’80 per cento sulle bollette. Spesso con quei soldi l’ambasciatore deve mantenere una famiglia, per questo è prevista una maggiorazione del 20 per cento per la moglie e un contributo di qualche migliaio di euro per ogni figlio. La mini spending review annunciata da Mogherini non è certo l’unico tavolo su cui verrà misurata l’attitudine al risparmio del nuovo ministro. La partita più importante è quella della nomine esterne (ad esempio, funzionari di gabinetto del ministro ed esperti di cultura). Pur di contenere i costi Bonino aveva scelto quasi esclusivamente personale interno. Altri suoi predecessori, come Fini, avevano approvato delle infornate da oltre cento collaboratori. Per capire la serietà della spending review di Mogherini bisognerà aspettare di vedere a quale dei predecessori vorrà ispirarsi. Nei commenti online, bugie sull’età delle ragazze Ansa un incontro; la madre di una delle ragazzine; il cliente Riccardo Sbarra e Marco Galluzzo sotto inchiesta per aver ceduto cocaina in cambio delle prestazioni sessuali. Alcuni sceglieranno i riti alternativi, come l’abbreviato o il patteggiamento. Altre posizioni, come quella del fidanzatino 19enne di una delle due minori finito nel registro degli indagati, sarà archiviata. Secondo indiscrezioni, verrà archiviata anche la posizione della 15enne, finita sotto inchiesta del tribunale dei minori per aver indotto la sua amica, di appena un anno più piccola, a iniziare questa brutta esperienza. MALITALIA il Fatto Quotidiano Mediaset vende un pezzo di torri: 300 milioni in cassa MEDIASET VENDE il 25% di Ei Towers, il gruppo delle torri televisive e delle telecomunicazioni, uno dei gioiellini di famiglia costituito nel tempo, con un incasso che si avvicinerà di molto ai 300 milioni. Il Biscione, che manterrà una quota di controllo del 40%, utilizzerà la liquidità soprattut- to per rafforzare i contenuti televisivi. Si tratta comunque di una nuova “cassa” importante, che potrebbe servire per acquisizioni o per “ogni opportunità industriale” che si dovesse presentare. Tradotto: è una cessione strategica a prezzi interessanti (il titolo Ei towers da metà ottobre è cresciuto di VENERDÌ 4 APRILE 2014 oltre il 50%) che non dovrebbe servire per ridurre il debito e solo in parte potrebbe essere destinato al recente esborso per i diritti della Champions League, già indirettamente coperti da un recente finanziamento bancario. Più facilmente Mediaset guarda alla pay-tv: è in corso di definizione la nuo- 9 va società che raggruppi le attività nel settore, così come sono in corso i colloqui con Telefonica per definire il futuro della spagnola Digital plus. È una fase nella quale tutto può succedere, ma possono servire soldi per costruire contenuti utili a una piattaforma internazionale. I CASSONETTI PIENI DI MARINO: “ROMA SARÀ INVASA DAI RIFIUTI” IL SINDACO VA IN PROCURA A CHIEDERE AIUTO: IL 26 MAGGIO SCADE LA PROROGA CHE CONSENTE DI USARE I VECCHI SITI. IPOTESI MALAGROTTA Malagrotta, il sito di stoccaggio più grande d’Europa LaPresse di Valeria Pacelli ncora pochi mesi e non si saprà più dove smaltire i rifiuti di Roma. E che i cassonetti, dal centro alla periferia, sono tutti stracolmi: se ne è accorto anche Ignazio Marino. Lo stesso che solo il 24 febbraio scorso in un’intervista a TeleRadioStereo aveva dichiarato: “Per la Capitale non c’è nessun rischio legato a una nuova emergenza rifiuti”. Ma a distanza di poco più di un mese si è dovuto ricredere. Ieri, in sella alla propria bici, seguito dagli uomini della scorta anche loro su due ruote, ha bussato alla porta del procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, esprimendo la propria preoccupazione sulla futura A gestione dei rifiuti a Roma. Il 26 maggio scadrà l’ordinanza con la quale il sindaco ha conferito ai due tmb (trattamento meccanico biologico) di Co.La.Ri (un consorzio) lo smaltimento dei rifiuti. Questo vuol dire che non ci saranno più posti dove smaltire carta, vetro, plastica e umido. to, insieme ad altri, di associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti. Con l’esplosione di questa inchiesta è finito anche il regno di quello che veniva chiamato il “Supremo” e Roma si ritrova dopo decenni con una gestione nuova. La chiusura degli impianti, ad oggi attivi, sarà un problema per Marino. E RISPETTO A UN MESE fa Ignazio Marino adesso è molto più allarmato: “Tra qualche giorno – ha detto dopo l’incontro di ieri con Pignatone – non saprò dove mettere i rifiuti. Due sono le soluzioni: o Roma coperta di rifiuti o conferire in impianti di Cerroni”. Il riferimento è a Manlio Cerroni, l’avvocato ultraottantenne, patron dell’ex megadiscarica di Malagrotta, accusa- L’SOS DEL CHIRURGO Il primo cittadino s’arrende : “Sono dotato di un’intelligenza media, datemi un’idea” Un mese fa dichiarava: l’emergenza non esiste ALFANO E IMMIGRATI Le cifre da sbarco di Angelino Q uando Angelino Alfano, ministro degli Interni non molto attento a quel che accade nei suoi uffici (ricordate il caso Shalabayeva?), comincia una frase con “secondo le nostre informazioni”, bisogna munirsi di un’espressione un pochino ilare. Va compreso. Ieri da Palermo ha lanciato un allarme: “Secondo le nostre informazioni tra 300 mila e 600 mila persone sono dall’altra parte del Mediterraneo ad aspettare, in attesa di partire”. Dall’inizio del 2014, sulle coste italiane sono sbarcati in 11.000. Lo stesso Consiglio dei Rifugiati parla di cifre inverosimili. Ma Alfano fa i conti in maniera alfaniana. Ha appena stretto un’alleanza con l’Udc per dare una spinta all’immobile Ncd: s’aspettano un buon risultato alle Europee. Anche queste sono cifre inverosimili. Ignazio Marino LaPresse riaprire Malagrotta significherebbe trovarsi nella stessa situazione pugliese dell’Ilva: ossia continuare a utilizzare un luogo, finito sotto sequestro, con la minaccia di un grave danno ambientale. Infatti lo scorso novembre a Malagrotta – dopo anni di proteste – sono stati messi i sigilli. Si trova infatti in un’area dove c’è anche una raffineria, un impianto per rifiuti tossici ospedalieri, un deposito di carburanti e una gigantesca cava. Marino sa che adesso si trova in una situazione di “stallo totale”. “Ho esternato le mie preoccupazioni al procuratore – spiega il sindaco – affinché mi venga indicata una strada da percorrere per uscire da questo scacco matto perfetto. Da un lato la magistratura ha portato alla luce, con l’arresto di Cerroni e di altri, una serie di reati che io non potevo immaginare; dall’altro poi c’è il prefetto che mi dice di non poter pagare le aziende coinvolte e continuare a conferire i rifiuti. Non voglio arrivare a fine maggio con il problema ancora sul tavolo”. OLTRE IL PROBLEMA del disastro ambientale e dello smaltimento, c’è anche quello relativo ai lavoratori che perderanno il proprio salario con la chiusura dei siti di smaltimento. E come nel caso del crac imminente di Roma, con un debito di 800 milioni di euro, anche stavolta Marino si rivolge al governo: “Siccome io ho un’intelligenza media – ha sottolineato – non riesco a trovare da solo la soluzione, ma sono certo che c’è una soluzione a cui tutti avranno pensato, il governo e il prefetto, e basta che me la indichino e io la seguo”. PESCARA “Discarica al veleno: mercurio e piombo c’erano già nell’81” RELAZIONE DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ: IL SITO DI BUSSI È INQUINATO DA 30 ANNI di Manuel Zeno n vero e proprio disastro ambientale che si è protratto per almeno trent’anni con lo sversamento di rifiuti U altamente tossici: è questo il resoconto che emerge dalla relazione dell’Istituto Superiore di Sanità, depositato oggi a Chieti nell’ambito del processo in Assise sulla megadiscarica di Bussi sul Tirino (Pescara), una delle più grandi d’Italia e d’Europa. Prevista oggi la seconda udienza, tra gli imputati venti funzionari e dirigenti della ex Montedison, l’azienda principalmente responsabile dell’inquinamento. La notizia dei danni provocati dalla discarica non è recente ma questa relazione conferma che, nonostante lo sversamento sia cessato negli anni ‘90, gli effetti provocati da metalli altamente velenosi come piombo e mercurio potrebbero continuare a rappresentare un pericolo per la salute umana. L’Iss ha ricordato alcuni studi fatti nel 1972 e nel 1981: nel priLa discarica di Bussi Ansa mo analizzando i pesci del fiume Pescara e i capelli di alcuni pescatori, consumatori abituali, venivano rinvenute tracce di mercurio per valori 4,5 volte superiori alla legge negli animali e 14 volte superiori negli esseri umani; nel secondo studio, relativo al piombo, si è riusciti, incrociando le tecniche moderne con i dati dell’epoca, a rinvenire una presenza di metallo nei germogli di grano superiore ai livelli abituali dalle 300 alle 560 volte. Il presidente dell’Abruzzo e Commissario straordinario alla Sanità, Gianni Chiodi, ha chiesto al ministro della Salute Beatrice Lorenzin di verificare “se e in quale misura l’accertato inquinamento delle acque ha causato danni alla salute”. Chiodi comunica che sarà approntato un Registro Tumori per valutare le aree maggiormente a rischio ed eventualmente effettuare una bonifica ambientale. Grillo show a Pompei: “Ci prendiamo le macerie” L’EX COMICO CONSIGLIA A UNA PROSTITUTA DI TRASFERIRE LA PROFESSIONE SUL WEB. OGGI MANIFESTAZIONE M5S PER L’IMMONDIZIA NELLA CAPITALE di Luca De Carolis inceremo e le macerie ce le prenderemo noi”. Abbracciato a una V colonna di Pompei, Grillo gioca di metafora, in un video da campagna elettorale. Ottimista, in un altro giorno agitato per 5 Stelle tra polemiche e dissidi interni sulle Europarlamentarie. Ieri era l’artista era a Napoli, per la seconda tappa del suo “Te la do io l’Europa tour”. In mattinata, visita gli scavi di Pompei. Tra tanti Grillo incontra anche una prostituta. “Qualcosa per noi non esce? Vorrei lavorare al sicuro e pagare le tasse” chiede la donna. L’artista replica: “Ho visto che Internet può sopperire molto, lei deve essere più cu- riosa e la sua professione può essere trasformata. Noi dell’M5S saremo più aperti alle soluzione più avanzate”. Dentro la città perduta gira il video elettorale: “Pompei è emozionante, enorme, non ce la fai a girarla neanche in due giorni. Ho parlato coi custodi, e c’è da dire che il problema Pompei è il problema Italia: se non hai una manutenzione ordinaria si scrosta un muro e devi fare un appalto e tutto il resto”. Quindi conclude con uno slogan: “Vinceremo noi, sicuro, non abbiate dubbi! E poi le macerie ce le prendiamo noi”. Nel frattempo dal suo blog picchia contro l’incontro Napolitano-Berlusconi: “Un condannato in via definitiva ha chiesto e ottenuto di es- sere ricevuto dal presidente della Repubblica. Che messaggio viene dato al Paese?”. E parla di secessione: “Gli arresti in Veneto dimostrano come parti dello Stato non trovino più ragioni per farne parte. Per evitare la secessione bisognerebbe dare motivi ai cittadini italiani per sentirsi orgogliosi di esserlo”. In serata tensione davanti al teatro Partenope tra manifestanti del Sistema consorzi bacini e polizia. Una manifestante ferma per qualche momento l’auto di Grillo, ma l’artista poi entra regolarmente. A Roma problemi vari. Il secondo turno delle Europarlamentarie, per definire i candidati di 5 Stelle alle Europee si è concluso alla mezzanotte di ieri, con due ore di ritardo. Il voto sul web era stato sospeso: pare alcuni candidati fossero stati presentati per errore in più circoscrizioni. Un gruppo di senatori e deputati ha chiesto un’assemblea congiunta sul caso dell’ortodosso Riccardo Nuti, a cui rimproverano di aver appoggiato ufficialmente Paola Sobbrio, prima degli eletti in Sicilia. La stessa Sobbrio che nel 2012 era stata “candidata” come assessore comunale a Marsala da una lista civica. Possibile una richiesta di sfiducia per Nuti, presidente del Gruppo a Montecitorio. Mauri- Grillo con la prostituta a Pompei Ansa zio Buccarella ed Elisa Bulgarelli sono i candidati al posto di capogruppo in Senato: voto finale giovedì prossimo. Oggi alle 18.30 manifestazione di M5S all’ex discarica di Malagrotta, a Roma. C’è l’ipotesi della presenza di Grillo. 10 CATTIVI AFFARI VENERDÌ 4 APRILE 2014 Sigaretta elettronica, il Tar cancella la tassa DOPO UN BATTAGLIA a colpi di ricorsi, l’ultima parola sulla contestata imposta al 58,5 per cento (la stessa dei tabacchi) sul prezzo di vendita delle sigarette elettroniche è arrivata ieri dal Tar del Lazio. Nei giorni scorsi Il Fatto ha raccontato la battaglia della federazione dei ta- baccai per far passare la norma, che secondo le associazioni del settore porterebbe alla chiusura delle attività antro giugno (nel 2013 il fatturato del fumo elettronico è stato di 400 milioni di euro). Il tribunale amministrativo ha confermato la sospensione cautelare dell’imposta che colpisce anche i prodotti accessori (come il cavo Usb per ricaricare le batterie) e rimesso all’esame della Corte Costituzionale i contenuti del decreto attuativo della norma (prevista in un decreto del governo Letta), arrivato nel dicembre scorso. In quelle disposizioni, il Tar ha Il Senato contro Scaroni Renzi gli chiude la porta NOMINE, IL PREMIER: “HO PRANZATO CON LUI. MA IL CRITERIO DI ONORABILITÀ C’È E VA BENE”. DOMANDE A RAFFICA IN COMMISSIONE ALL’AD SU MAZZETTE E CONTI ENI è questo l’orientamento del premier. Anche perché c’è un altro requisito, stavolta interno a Eni, che preoccupa Scaroni, ed è quello dell’“indipendenza” del presidente, che il cda ha deciso di inserire nello statuto (servirà l’ok dell’assemblea). Difficile per Scaroni, dopo nove anni come amministratore delegato (quindi espressione dell’azionista di maggioranza, lo Stato), vestire il panni dell’uomo di garanzia per tutto l’azionariato. di Carlo Di Foggia na difesa pubblica, che sa di onore delle armi, il congedo onorevole a un super manager che è stato nove anni al vertice della prima azienda italiana, l’Eni. Per conoscere il futuro dell’ad del colosso energetico controllato dal Tesoro, Paolo Scaroni, bisogna interpretare le parole di Matteo Renzi, ieri sera a Otto e Mezzo di Lilli Gruber su La7. “Ho pranzato con Scaroni”, esordisce il premier parlando di Eni. Hanno discusso anche dei nuovi requisiti di onorabilità imposti da una direttiva del ministero (e che saranno recepiti a maggio dall’assemblea degli azionisti che modificherà lo statuto): “È vero quello che dice Scaroni, il criterio c'è negli altri paesi ma noi siamo contenti che ci sia”. La norma si applica ai reati di corruzione, sia in caso di condanna che di rinvio a giudizio. Il condannato o l’imputato è ineleggibile o decade immediatamente, salvo intervento del cda che chiede all’assemblea dei soci di confermarlo. U IL NUMERO uno dell’Eni spera nel quarto mandato, ma è in una posizione delicata. Renzi conferma che la condanna in primo grado di Scaroni per reati ambientali per la vicenda della centrale Enel di Porto Tolle non è rilevante ai fini dei requisiti di L’Ad dell’Eni, Paolo Scaroni, punta alla riconferma all’Eni Ansa onorabilità, ma da febbraio dello scorso anno l’ad è indagato dalla Procura di Milano per corruzione nell’inchiesta sulle presunte tangenti Saipem in Algeria. Il piano B di Scaroni è quello di trasferirsi dalla guida operativa alla presidenza, con la nomina dello stretto collaboratore Claudio Descalzi (trent’anni di carriera a San Donato) al vertice della società. Renzi non si sbilancia, ma chi ha parlato con lui in questi giorni assicura che non BOTTA E RISPOSTA Mucchetti (Pd): “Con lei i numeri dell’azienda sono peggiorati, ma non il suo stipendio” Il manager: “Vuole fare l’analista finanziario?” IERI SCARONI è stato sottoposto al fuoco di fila della commissione Industria del Senato, guidata da Massimo Mucchetti (Pd). I senatori, M5S in testa, gli elencano le grane della sua gestione: le tangenti Saipem in Algeria; i presunti contatti con il faccendiere Bisignani nell’affare per le concessioni petrolifere in Nigeria (cosiddetto Opl 245); e i conti peggiorati. Scaroni cerca di schivare i colpi. La tensione arriva quando Mucchetti gli ricorda il requisito di “indipendenza” del presidente (“pensa di garantirlo?”). S’indispettisce: “Non devo rispondervi”. Poi Andrea Cioffi (M5S), malignamente confronta il 2013 con il 2005 (inizio dell’era Scaroni): capitalizzazione a 65 miliardi di euro (erano 103 nel 2005); valore delle azioni a 17,3 euro (erano 25,5); utile netto a 5,2 miliardi (erano 8,8); indebitamento a 16,5 miliardi (erano 10,5). “È un confronto sbagliato”, spiega il Fatto Quotidiano riscontrato "profili di irragionevolezza". Con l’ordinanza è stato anche sospeso il restrittivo regime autorizzativo di produzione e distribuzione delle e-cig, di fatto equiparato alle sigarette normali per quanto riguarda adempimenti e sicurezza. LECC LECCAA LCdM, profumo maschio e scorzette di limone È SEDUTTIVO ma diffidente. Mentre cammina tra ingegneri e operai, addetti alla fonderia e alla tornitura, uomini della mensa e collaudatori, il suo orecchio non sente, ma è levato in alto per chiunque voglia versarvi le sue parole; la sua bocca non si muove ma custodisce un sorriso per tutti coloro che hanno bisogno d'approvazione”. Dopo aver letto l'incipit (ma non solo) della “conversazione” di Salvatore Merlo con Luca Cordero di Montezemolo dal titolo evocativo “Charme” pubblicata ieri sul Foglio, questa rubrica riservata agli specialisti del ramo è lieta di annunciare l'immediata assegnazione dell'Oscar 2014 alla carriera ritenendo che nei restanti otto mesi nessuno potrà raggiungere (e forse neanche sfiorare) le vette sublimi di cotanta prosa. Naturalmente, come si conviene ai capolavori, numerose sono le nomination a cui “Charme” concorre. A LCdM per il migliore autosoffietto: “Finito il mio impegno da presidente di Confindustria ero sempre tra le cinque personalità più apprezzate del paese”. Per gli effetti speciali: “Montezemolo è avvolto in un leggero profumo maschio al limone”. Per il trucco e parrucco: “Montezemolo è chiuso in una curata eleganza. Le sue mani sottili, delicate e nervose fanno pensare al poker e alla roulette ma anche a sapienti contatti con porcellane, pergamene, morbide automobili; e con calze femminili, con sete e pizzi e ardui fermagli di collane”. E inoltre nomination per il miglior catering: “C'è un cameriere in livrea bianca, il cibo ha una sua raffinata semplicità: petto di pollo con scorzette di limone, uno spezzatino con julienne di verdure. Niente vino”. Per i migliori servizi igienici: “In un corridoio Montezemolo chiude persino le porte dei bagni riservati ai dipendenti”. Infine nomination per la migliore colonna sonora: “In sua presenza ci si sente come sulla soglia di un pantheon definitivo nel quale basta in fondo poco per venire ammessi”. E qui l'Oscar non glielo toglie nessuno. Scaroni, “c’è stata la crisi, e anche i nostri concorrenti sono andati male”. Ancora più malignamente, interviene Mucchetti. “Ho fatto un confronto con la Total: nel 2007, l’anno migliore di Eni, ha fatto 13 miliardi di utile, voi solo 10”. E chiude con lo stipendio. Nel 2013 Scaroni ha portato a casa 5,8 milioni di euro. “Una remunerazione alta rispetto ai risultati, a cui pure è agganciata”. “Si mette a fare l’analista finanziario”, sbotta l’ad. Il senatore Pd rincara: “Avete sempre detto che l’obiettivo sono due milioni di barili al giorno. Ad oggi siamo a 1,6; erano 1,7 nel 2005”. Risposta: “Non è l’indice di un accidenti di niente”. Prima del battibecco, Vito Petrocelli (M5S) gli aveva chiesto conto della vicenda Saipem, e dei contatti con Bisignani per l’affare nigeriano (citati nell’inchiesta P4). Risposta: “Non ho parlato con Bisignani di quella vicenda”. Da Cir in giù: l’impero De Benedetti scricchiola IL GRUPPO ESPRESSO EMETTE UN BOND DA 100 MILIONI PER PAGARE I DEBITI. LE BANCHE CREDITRICI VOGLIONO PRENDERSI L’INDEBITATA SORGENIA di Andrea Pacini all’energia all’editoria, l’impero dell’Ingegnere comincia a D scricchiolare. È questione di ore e poi si conoscerà il destino di Sorgenia che ha accumulato quasi 2 miliardi di debiti. E soprattutto si saprà se Cir, la cassaforte della famiglia di Carlo De Benedetti gestita dal figlio Rodolfo, ne perderà il controllo mentre l'altro socio, l'austriaca Verbund, ha già abbandonato il campo. La holding approverà i risultati del 2013 nel prossimo consiglio di amministrazione del 14 aprile. INTANTO anche il business edito- riale non gira: all’assemblea del 6 aprile il gruppo Espresso chiederà di approvare un 2013 chiuso con un utile netto pari a 3,7 milioni, in calo rispetto ai 21,8 milioni dello scorso anno. Anche il fatturato è sceso del 12,4% su base annua attestandosi a 711,6 milioni mentre il risultato operativo che si è attestato a 31,3 milioni dai 60,4 milioni del 2012. Conti che lasciano a secco di di- videndi gli azionisti. Non solo. Il prestito convertibile o convertendo energetico sono Mps (sulle cui casse gruppo editoriale è stato costretto a oltre a rifinanziamento delle con- gravano 600 milioni, ovvero un terchiedere soldi al mercato con un un trollate Sorgenia Power e Sorgenia zo dell'indebitamento totale dell'aprestito convertibile di 100 milioni Puglia e allo sblocco delle linee di zienda energetica), Unicredit, Inteper rimborsare parzialmente l’ob- credito. Come conseguenza, le par- sa, Ubi, Bpm e il Banco Popolare. bligazione da 227 milioni che scade tecipazioni di De Benedetti e degli nel 2014 e per sostenere le attività di austriaci verrebbero azzerate e i SE LE BANCHE andassero fino in sviluppo dell’azienda. nuovi padroni sarebbero 19 banche. fondo l'azionariato di Sorgenia verLa partita più calda è comunque Qualcuno sospetta che le banche rebbe completamente ridisegnato, quella che si sta giocando sull’ener- stiano forzando la mano per sbloc- le banche trasformerebbero i loro gia di Sorgenia dove il braccio di care il negoziato. E che alla fine tro- crediti in azioni. Un modello rodato ferro fra De Benedetti, disposto a vino il modo di lasciare un’opzione che imporrà anche la revisione del mettere sul piatto solo 100 milioni, e a Cir per prendere parte all’aumen- governo societario. Non solo. L’acle banche (che ne chiedono almeno to con un importo dal quale dipen- cordo sulla ristrutturazione del de150) è arrivato all’ultimo round. derà la quota futura. Di certo gli bito di Sorgenia avrà un impatto sul Il vertice di mercoledì tra i prin- istituti più esposti con il gruppo salvataggio della partecipata Tirreno Power cipali creditori, a fronte delCarlo De Benedetti LaPresse appesa in lo stallo nel negoziato con queste settiCir, sarebbe servito ad affiNUOVI ORIZZONTI mane alla nare la proposta, che condecisione templa una parziale converCon l’ingresso degli del tribunasione in azioni dei 600 mile di Savona lioni di debito in eccesso, e a istituti anche il destino di sospenfare il punto sulla raccolta di Tirreno Power è dere l'attividelle adesioni delle 21 bantà della cenche creditrici. Lo schema a rischio. La dirigente trale di Vaprevedrebbe 400 milioni do Ligure. con un aumento di capitale Mondardini in uscita Per il sistetramite la conversione di dedal gruppo ma bancabiti e per i restanti 200 un rio che si è accorto tardivamente del tracollo, e in particolare per la già acciaccata Mps, non sarebbe di certo un buon affare. I De Benedetti (come è successo nel caso della Carlo Tassara di Romain Zaleski) potrebbero invece evitare il fallimento senza pagare gli errori commessi in passato con investimenti sbagliati e piani industriali troppo ambiziosi. Del resto, dei circa 2 miliardi di euro di valore di Borsa dell’impero (nelle quotate Cofide, Cir, Espresso e Sogefi) solo 200 milioni (un euro su dieci) sono capitali rischiati dal cosiddetto padrone, il resto è messo dagli azionisti di minoranza. L’esito della partita su Sorgenia è ancora imprevedibile. Ma di certo il capitano della nave ha già la scialuppa di salvataggio. Mentre il suo comandante in seconda è già pronto per saltare a bordo di vascelli più solidi: Monica Mondardini, amministratore delegato di Cir e del gruppo Espresso, si starebbe scaldando da settimane a bordo pista per partecipare al valzer di poltrone che sta per suonare alle Poste o all’Enel. ECONOMIA il Fatto Quotidiano Consumi, dal 2007 persi 80 milioni di euro CONSUMI “CONGELATI” in attesa della ripresa. È quanto emerge dai dati della Confcommercio, che a febbraio registra un calo dello 0,7% su base annua e una variazione nulla rispetto a gennaio. Crollano i consumi nei trasporti (-23%), nell’abbigliamento (-17%) e nei mobili ed elettrodomestici (-14%). Il dato più eclatante è che dal 2007 a oggi i consumi di beni sono diminuiti di 80 oltre VENERDÌ 4 APRILE 2014 miliardi. Con questa premessa ci potrebbero volere 33 anni per tornare ai livelli di consumo precedenti alla crisi. Confcommercio spiega come, con una variazione annua dell’1%, si dovrà aspettare il 2046 per migliorare. Meglio per gli alimentari, per i quali basterebbero 12,5 anni. Con una crescita del 3% servirebbero 12 anni per i beni e 4 per il cibo. DEFLAZIONE, DRAGHI FA L’AMERICANO: BCE COMPRERÀ TITOLI Il numero uno della Banca centrale europea, Mario Draghi LaPresse ANNUNCIO STORICO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA CONTRO LA STAGNAZIONE. PRONTO UN PROGRAMMA DI ACQUISTI COME LA FED PER AIUTARE I PAESI PIÙ DEBOLI. SARÀ RIVOLTO AL CREDITO 165 0,25% LO SPREAD BTP-BUND IL TASSO D’INTERESSE I MERCATI ESULTANO Lo Spread al minimo dal 2005. La Borsa brinda: +1,38% INFLAZIONE SOTTO TERRA L’inflazione Ue è allo 0,5%, dovrebbe essere vicina al 2 ragionevolmente sicuri che tra sei mesi il prezzo sarà uguale a quello di oggi o più basso, ve la prenderete con calma. Anche le imprese avranno poca voglia di fare investimenti, visto che i prezzi restano piatti. Pochi consumi e pochi investimenti, addio ripresa. E senza inflazione, i debitori non possono beneficiare di quello sconto che è il passare del tempo: se salgono i prezzi, il debitore alla scadenza restituirà al creditore una somma con un valore reale inferiore a quando l'ha ricevuta. Inoltre l'inflazione tropo bassa complica l'aggiustamento dei prezzi relativi nei Paesi che stanno uscendo dalla crisi, spiega Draghi. Tradotto: se un Paese è molto competitivo nella meccanica ma poco nella chimica, dovrebbe succedere che i prezzi dei prodotti meccanici salgono (perché sale la domanda) più di quelli della chimica (che restano piatti o scendono finché il basso costo non compensa la scarsa qualità). Se i prezzi nel complesso salgono del 2 per cento, i rapporti di forza tra settori competitivi e poco competitivi si riflettono in fretta su differenze di prezzo e di costo, e l'economia nel complesso ne beneficia. Ma se i prezzi sono piatti, questo aggiustamento richiede anni inve- di Stefano Feltri i sono solo due o tre persone al mondo che possono cambiare l'umore dei mercati con una manciata di parole: il presidente della Bce Mario Draghi è il più efficace. Il Consiglio dei governatori che si è riunito ieri a Francoforte è stato “unanime nel suo impegno a usare anche misure non convenzionali” e fra queste è “incluso il quantitative easing”, queste le parole di Draghi che segnano per la Bce una svolta paragonabile a quella del 2012, quando l'ex governatore della Banca d'Italia annunciò le Operazioni monetarie definitive (Omt), la promessa di acquisti illimitati di titoli di Stato dei Paesi a rischio default che ha salvato l'euro. C NELLA ZONA euro l'inflazione è molto bassa: il tasso di crescita annuale rilevato a marzo è stato solo dello 0,5 per cento, ancora più basso dello 0,7 di febbraio, molto lontano da quel 2 per cento che la Bce considera il proprio obiettivo. Draghi è consapevole dei problemi che l'inflazione troppo bassa può causare in un momento delicato come questo: se volete cambiare l'auto e siete LECC LECCAA Tutto ok, Elkann legge la Guida Michelin CON LA CONSUETA obiettività, La Stampa ci ha descritto ieri l’acume del suo padrone, John Elkann. Reduce dal successo di “I giovani non lavorano perché pigri”, Elkann ha individuato nelle Langhe – ospite di un altro genio, Oscar Farinetti di Eataly, che vuole fare del Sud un grande villaggio turistico – un “esempio di trasformazione”. Elkann ha messo a confronto La Malora di Beppe Fenoglio, romanzo “che descrive una terra disperata”, con la Guida Michelin di oggi “che documenta l’eccellenza della ristorazione”. Il giornalista-dipendente, non pago di un confronto così privo di senso, insiste nel peana: lo sproloquio “ha voluto essere un antidoto contro il pessimismo, il disfattismo, il conservatorismo cieco”. Parole sante. Solo che se Elkann fosse meno rivoluzionario e leggesse l’annuario Istat anziché la Guida ai ristoranti di lusso, scoprirebbe che dall’inizio della crisi a oggi, in cinque anni, il tasso di disoccupazione nella provincia di Cuneo è triplicato. Nonostante Farinetti. Fiom sfonda nella base, ma è alla porta IL 35% È CON LANDINI, MA I DELEGATI CHE CONTERANNO AL CONGRESSO PER LA NOMINA DEL VERTICE CGIL LI DECIDE CAMUSSO di Salvatore Cannavò n queste condizioni il congresso non c’è più, cambia natura”. Maurizio I Landini opera l’ennesimo rilancio nello scontro interno alla Cgil alla vigilia del congresso nazionale. Lo fa insieme ad altri dirigenti, Domenico Moccia del credito, Nicola Nicolosi della segreteria nazionale, Gianni Rinaldini, ex segretario Fiom, puntando il dito contro una “crisi democratica preoccupante”. L’accusa alla Cgil è quella di non rispettare il voto degli iscritti e, in particolare, di non far corrispondere agli emendamenti presentati, l’effettiva rappresen- tanza negli organismi dirigenti. Al congresso che si concluderà a maggio, infatti, Landini e Camusso hanno presentato lo stesso documento. Ma il segretario della Fiom e altri esponenti critici della Cgil hanno presentato una serie di emendamenti: per riportare l’età pensionabile a 60 anni, per il reddito minimo, per la difesa della contrattazione (anti-Fiat) o sulla democrazia e la rappresentanza. Lo scontro verte sulle modalità di calcolo dei voti. Landini, Moccia e Nicolosi ritengono che il calcolo vada fatto su coloro che effettivamente li hanno votati, circa 900 mila iscritti. Su questa base rivendicano ri- Maurizio Landini e Susanna Camusso LaPresse CRISI DI FIDUCIA Su 5,7 milioni di iscritti vota solo uno su tre Affluenza record al Sud dove spicca Crotone con l’82% di partecipanti al voto 11 sultati notevoli: 46% sulle pensioni, 34% sulla contrattazione “modello Landini”, 38% sul reddito minimo. La Cgil, invece, basa i suoi calcoli sull’insieme dei votanti che si sono recati alle urne dopo la conclusione delle assemblee di base e dopo lo svolgimento del voto sugli emendamenti. In questo caso la platea sfiora 1,7 milioni di iscritti molti dei quali si sono presentati solo al momento specifico del voto. In questo caso, la percentuale degli emendamenti scende sensibilmente. “Ho presentato un emendamento che ha ottenuto 235 mila voti - dice Moccia - e avrò 3 delegati su mille”. “L’organizzazione della Cgil rincara Rinaldini - sta formando una platea congressuale scandalosa. C’è il sospetto che vogliano lasciarsi le mani libere per fare chissà cosa ma così si mette a rischio la Cgil”. PER CONTO DELLA SEGRETERIA repli- ca Vincenzo Scudiere, responsabile organizzativo, che parla di “un metodo strano e insolito di calcolo soprattutto perché esclude i partecipanti al voto congressuale ed è irrispettoso degli iscritti all'organizzazione”. Scudiere, poi, ricorda che “non c’è un automati- smo tra voti sugli emendamenti e platea congressuale” e se la prende in particolare con Nicolosi il cui comportamento “è giustificabile solo in presenza della volontà di candidarsi a leader di una minoranza”. Nessuna mediazione, quindi. Gli “emendatari” però si sentono forti. Le loro posizioni hanno avuto risultati notevoli vincendo in Fiom e nella Fisac, ma con esiti importanti nella Flc o nella Funzione pubblica. L’emendamento sulle pensioni, ad esempio, vince in 11 regioni ma viene complessivamente battuto grazie al voto dello Spi e del Sud. L’emendamento più spinoso, quello sulla contrattazione di Landini, vince in Abruzzo, Emilia Romagna, Friuli, Lazio, Trentino, supera il 40% in Lombardia, Piemonte e Toscana. Dai numeri emerge anche il problema dell’affluenza. Che si ferma al 29,6% degli iscritti (5,7 milioni). Dove il tessuto produttivo è più forte si verifica l’affluenza più bassa. In Emilia ha votato il 20%, in Lombardia il 28. Gli exploit si hanno, invece, al Sud: 51% in Puglia, 45% in Campania, 40% in Calabria. Boom, invece, a Crotone dove ha votato l’82,7% mentre a Reggio Emilia solo il 24,5. ce che mesi, a danno sia dei settori (e dei Paesi) più competitivi che di quelli più deboli. Che fare? In condizioni normali, la Bce taglierebbe i tassi di interesse per rendere il credito più economico, incentivare prestiti e quindi investimenti. Ma il costo del denaro è già allo 0,25 per cento, il minimo storico. Portarlo a zero non cambierebbe nulla. Una settimana fa il presidente della Bundesbank, la Banca centrale tedesca, Jens Weidmann ha detto che “misure non convenzionali come il quantitative easing non erano escluse”. Dichiarazione sorprendente, perché Weidmann si è sempre opposto a ogni novità nelle politiche della Bce, temendo che finissero per far perdere il controllo sull'inflazione. Adesso di misure non convenzionali e di quantitative easing ne parla tutto il Consiglio dei governatori. Finora la Bce ha sempre dato soldi alle banche (liquidità) con il sistema dei pronti contro termine, cioè presta una somma in cambio di un titolo fornito come garanzia, alla scadenza i soldi tornano alla Bce e i titoli alla banca. Ora invece è pronta la quantitative easing, l'allentamento quantitativo usato dalla Federal Reserve americana: comprare direttamente i titoli dalle banche, cosa che comporta assumersi molti più rischi – visto che se il prezzo dei titoli poi scende la Bce ci rimette – e che alle banche darebbe soldi freschi più facilmente spendibili, perché non sono più un prestito ma un pagamento. È quello che da anni chiedono tanti critici della Bce, che faccia come la Fed e “stampi moneta”. Draghi parla e le Borse europee cominciano a correre, il tasso di cambio dell'euro col dollaro si indebolisce, due buone notizie. MA È SOLO un annuncio, anche se dagli effetti pesanti: Draghi resta cauto. Il sistema europeo ruota intorno al sistema bancari, quello Usa non al mercato dei capitali. Morale: c'è il rischio che con il quantitative easing europeo i soldi vadano alle banche e lì si fermino, mentre negli Usa il beneficio per il resto dell'economia è immediato. Quindi bisogna studiare bene cosa comprare: titoli di Stato? Crediti verso le piccole e medie imprese? Derivati dal valore incerto? Si vedrà. Seconda ragione di cautela: Draghi sa che gran parte della bassa inflazione è dovuta al calo dei prezzi dell'energia e agli effetti inevitabili e prevedibili dell'austerità in Europa (scendono salari e prezzi), quindi niente panico. Ma bisogna evitare che gli europei si convincano di essere vittima della “sindrome giapponese” e si vedano condannati a un decennio di stagnazione, soffocati dal debito. Per ora basta l'annuncio, per scuotere dal torpore e allontanare l'incubo della deflazione. Nei prossimi mesi la Bce valuterà come agire. 12 ALTRI MONDI VENERDÌ 4 APRILE 2014 Pianeta terra il Fatto Quotidiano MADRID LEADER PP SFUGGE ALLA MULTA La presidente regionale del Partito Popolare, Esperanza Aguirre, è fuggita scaraventando a terra la moto di un agente della Municipale che stava facendo la multa alla sua auto parcheggiata nella corsia degli autobus al centro di Madrid, mentre lei stava prelevando denaro da un bancomat. Ansa USA STRAGE NELLA BASE MILITARE: 4 MORTI, 16 FERITI Quattro morti e 16 feriti a Fort Hood, in Texas, la più grande base militare al mondo già teatro di una strage nel 2009 in cui morirono 13 persone. Lo sparatore-suicida, Ivan Lopez, 24 anni, era un veterano dell’Iraq, con gravi disturbi mentali. Ansa AL DI LÀ DEL FIUME Il posto di confine di Ganghwa da dove si osserva l’altra sponda dell’Han. Sotto, ex voto per le vittime sudcoreane foto Mattia Eccheli di Mattia Eccheli Ganghwa (frontiera Corea del Sud) rrivano col treno, in auto ma soprattutto in pullman. Sono i “guardoni del conflitto”, la nuova frontiera del turismo della Corea del Sud. Un'attività fiorente alimentata dalle saltuarie provocazioni del dittatore bambino della Corea del Nord, Kim Jong-un, che è tornato a minacciare un nuovo esperimento nucleare. Gli echi degli spari oceanici dei giorni in scorsi non hanno frenato l'afflusso dei turisti. Né, del resto, le autorità del paese sembrano aver deciso di limitare i movimenti. Lungo il sonnacchioso fiume Han, che traccia in parte il confine tra i due stati, si intravvedono chilometri di filo spinato. E guardiole almeno apparentemente non sempre presidiate. “Credo che il governo non voglia che abbiamo paura”, sorride la giovane Minjun. Una delle molte persone che vive grazie all'indotto della guerra: una calamita più che una calamità. A LA COREA DEL SUD, che ha no- bilmente incassato perdite gravi negli ultimi anni (nel 2010 46 uomini a bordo di una nave della Marina militare rimasti uccisi in mare nel corso di un attacco ed altri 4 erano stati ammazzati a cannonate sull'arcipelago di Yeonpyeong) quasi senza reagire, ha trasformato il potenziale conflitto in una risorsa. Ci sono itinerari quotidiani sui luoghi della memoria, consacrati al consumismo turistico di massa. Tanto da far diventare l'esplorazione visiva in una sorta di “North Korean watching”, grazie ad appositi telescopi, naturalmente a pagamento, piazzati in posizioni strategiche. Specifici filmati, come al Ganghwa Peace Observation Deck inaugurato nel 2008, precisano IL LUNA PARK DELLA GUERRA ALLA FRONTIERA TRA COREA DEL SUD E DEL NORD, IL MURO CHE DIVIDE LA PENISOLA DAL 1953 È DIVENUTO ATTRAZIONE TURISTICA TRA SCHERMAGLIE, PROVOCAZIONI E RICORDI DELLE VITTIME con l'ausilio di indicatori le attività svolte dagli uomini al di là del fiume: coltivano, pescano, vanno a scuola e via dicendo. Dal Peace Osbervatory – che si raggiunge oltrepassando il presidiatissimo check-point sul ponte dell'Unificazione – si gode la vista migliore sul paesaggio della Corea del Nord. Per una sorta di capitalistica indul- genza, un soldato ripete (anche in inglese) che è vietato fotografare oltre la linea gialla. Che si trova ad alcuni metri di distanza dal parapetto panoramico. La sorveglianza è blanda, ma la curiosità è enorme. Come al museo o allo zoo, sopra le teste dei curiosi c'è una cartina che illustra cosa si vede dall'altra: la torre delle telecomunicazioni, il TOUR GUIDATI Una calamita più che una calamità: la tensione tra i due Stati ‘fratelli’ porta valuta nelle casse di Seul. Anche i binocoli sono a pagamento pennone della bandiera, la cima. Come lungo le escursioni marittime alla ricerca dei delfini, l'eccitazione sale quando qualcosa si muove nella radura. Poco sotto si trova il museo dedicato al leggendario “terzo tunnel”, un cunicolo scavato dai nordcoreani che i sudcoreani hanno scoperto il 17 ottobre del 1978. In totale ne hanno individuati quattro, ma la ben recitata propaganda ripete che si teme l'esistenza di un'altra ventina di gallerie. Il terzo – visitabile dopo una passeggiata di 500 metri fino a 73 di profondità – è il più temuto per- ché sbocca a soli 52 chilometri da Seul. Con il suo miglio di lunghezza ma soprattutto la sua larghezza di 2 metri (altrettanti in altezza) avrebbe consentito il passaggio di 30.000 uomini armati l'ora. Un incubo. TUTTO SI TROVA all'interno della cosiddetta “zona demilitarizzata”, una fascia protetta di due chilometri per parte. Una zona cuscinetto sulla quali i due stati nemici si sono accordati. Niente, dopo i cannoneggiamenti dei giorni scorsi, sembra aver intaccato la ripetitività delle operazioni. A Dorasan si trova l'ultima fermata di un treno che, secondo i cartelli indicatori, dovrebbe arrivare fino a Pyongyang, la lontana capitale della Corea del Nord. Ogni cosa è pronta, perfino il settore dei controlli, come in un qualsiasi aeroporto, solo che non ci sono treni: “Prima o poi uno partirà. Ogni giorno. Per andare e tornare”, spiega l'uomo del banco informazioni. Lo dice come un mantra, esattamente come ogni filmato e documento ricorda che la Corea del Sud sogna l'unificazione. A che condizioni non viene spiegato. Mette i brividi il nome del ponte del Non Ritorno, per arrivare al quale i controlli sono ancora più scrupolosi. Anche perché il confine con la Corea del Nord è visibile e si presenta con le divise dei soldati di Pyongyang. È l'avamposto dello smembramento di migliaia di famiglie che fino a 60 anni fa vivevano assieme. È il monumento alla disumanità della civilizzazione che, paradossalmente, si chiama Joint Security Area, area della sicurezza congiunta. Gangs of New York: minorenni padroni della città UN TERZO DELLE SPARATORIE NELLA GRANDE MELA RIGUARDANO TEEN AGERS CHE SI COMBATTONO PER IL PREDOMINIO NEI QUARTIERI DI PERIFERIA di Angela Vitaliano New York n autobus, il solito, quello che attraversa la zona nord di Brooklyn e che per Angel Rojas U è la connessione tra la sua casa e quei due lavori fra i quali si divide, per mantenere la sua famiglia. Una conversazione al telefono, ignorando completamente i tre ragazzini che salgono, facce uguali a tanti altri ragazzini, che, forse, si sono incontrati per finire un progetto per la scuola o per una partita di basket. Tutto normale, tutto quotidiano. Tanto che Angel non nota nemmeno, come poi dimostreranno le telecamere, l’agitazione di un altro 14enne, seduto un po’ piu dietro, da solo con i suoi pensieri. Non c’è tempo per capire l’allarme, né quello per cogliere l’orrore di quella pistola 357 che uno dei 3 teen ager appena saliti a bordo, tira fuori all’improvviso, con freddezza, come in un film. Una manciata di secondi e poi uno sparo, diretto a quel coetaneo impaurito, che ha capito tutto, che sa tutto. Una pallottola, però, che spezza la vita all’obiettivo sbagliato: a un 39enne che sta andando al lavoro e che non ha avuto nemmeno il tempo di preoccuparsi di quei ragazzini che potrebbero essere suoi figli, quelli che a casa non abbraccerà mai più. Saury, infatti, il figlio di Angel di anni ne ha 12, solo 2 in meno del killer che lo ha reso orfano. Difficile farsene una ragione: difficile anche per Maria Lopez, sua madre, arrivata qui, dalla Repubblica domenicana, con Angel e la loro figlia più piccola, April di 8 anni, solo 4 anni fa. E a vedere le foto di Kathon Anderson, il killer, pantaloni mimetici e maglietta di cotone a maniche lunghe, sembra davvero di stare in un film di quelli della New York degli anni Settanta, falcidiata dal crimine e dalla violenza. DA ANNI, TUTTAVIA, la città ha cambiato volto grazie ad un processo di “bonifica” iniziato dal sindaco Giuliani, proseguito da Bloomberg e che De Blasio è intenzionato a mantenere. Tanto che per “allontanare” l’allarme di chi teme che il suo mandato possa significare un ritorno della città ai suoi periodi cupi, ha scelto come capo della polizia Bill Bratton, già “uomo” di Rudolf Giuliani e famoso proprio per aver iniziato quel processo di “ripulitura”, anche usando metodi non sempre condi- ratorie riguarda proprio minori - che rendono pericolosa la vita in quartieri dell’estrema periferia, quella più povera e, ovviamente, con tassi altissimi di evasione scolastica e di disoccupazione. Il killer di Rojas, a esempio, fa parte di una banda chiamata Twan Family che ha la sua base a Marcy Houses, mentre la vittima apparteneva agli Stack Money Goons, localizzata a TomIl film di Scorsese Ansa Un arresto della polizia LaPresse pkins Houses. Marcy e Tompkins Houses sono due “projecvisibili. Bratton, solo qualche settimana fa, in con- ts”, palazzoni di edilizia popolari costruiti, a breve ferenza stampa con il sindaco, aveva confermato il distanza uno dall’altro, nel quartiere di Bedbuon trend che, da tempo, caratterizza New York, ford-Stuyvesant, uno dei più pericolosi di Broocon una riduzione del 2% dei crimini maggiori klyn. A Marcy è cresciuto il rapper Jay-Z negli anni rispetto allo scorso anno e un calo del 21% degli ’80 e i ragazzini di queste parti sono da sempre in omicidi e del 14% delle sparatorie. Numeri che guerra con quelli di Tompkins. “La stupidità di fanno di New York, e non solo di Manhattan, una queste bande – ha dichiarato Bratton – è che si delle metropoli più sicure degli Usa. Resta, tut- ammazzano fra di loro per niente e, purtroppo, tavia, vivo e spaventoso nelle sue conseguenze, il spesso ci vanno di mezzo degli innocenti proprio fenomeno delle “baby gang” - Un terzo delle spa- come in questo caso”. il Fatto Quotidiano ALTRI MONDI AUSTRALIA SESSO NEUTRO PER NORRIE L’Alta corte australiana ha riconosciuto l’esistenza di un ‘terzo sesso’, accogliendo il ricorso di Norrie (che vuol dire ‘neutro’) May Welby, 53 anni che si batte da anni per non essere identificata sui documenti ufficiali né come maschio, né come femmina. Ansa PARIGI LIBÉRATION IN RIVOLTA Faida nello storico quotidiano Libération tra la redazione e il nuovo direttore operativo Pierre Fraidenraich, accusato di non esser all’altezza e voler stravolgere la testata di gauche. Il direttore Rousselot ha presentato le dimissioni, Fraidenraich ha ringraziato per l’“accoglienza pestilenziale” LaPresse Il whisky di Elisabetta e il brindisi con il Papa ANCHE UN DONO ALCOLICO NELLA VISITA-LAMPO DELLA REGINA D’INGHILTERRA PRIMA PRANZO AL QUIRINALE POI L’INCONTRO CON IL NUOVO PONTEFICE di Caterina Soffici V isita lampo, copertura mediatica al minimo, senza fanfare né lunghe dirette che di solito accompagnano gli spostamenti dei reali britannici, sebbene fosse il primo viaggio all’estero dal 2011. L’understatement, il basso profilo, è stato la parola d’ordine della visita della regina Elisabetta ieri a Roma per incontrare papa Francesco e per una breve colazione con il presidente Napolitano e la moglie Clio. Atterrata a Ciampino alle 12 e 30, ripartita alle 16 e 30. Una meteora. Tutta l’attenzione dei media britannici è ovviamente per il papa, mentre la visita al Quiri- CAPI RELIGIOSI La sovrana, leader degli anglicani, mancava a Roma da 14 anni Francesco ha ribadito neutralità sulla questione delle Falkland-Malvinas nale viene trattata in una riga (in pratica perché la regina si è scusata per l’attesa: “Stavamo pranzando con il presidente”). Accompagnata dal principe consorte Filippo, 92 anni, per questa visita metà privata e metà ufficiale la regina sembra essersi adattata al nuovo corso di papa Francesco. Quindi, fanno notare i corrispondenti delle Bbc, sempre molto attenti al protocollo reale, la sovrana si è presentata con un vestito lilla e cappellino coordinato (quello non manca mai), che rompe la convenzione del vestito nero con la veletta. Elisabetta e il marito hanno preso il te con il papa in una piccola stanza dell’Aula Paolo VI, vicino alla Casa di Santa Marta, il convento dove il papa ha scelto di dimorare. Un luogo insolito, per gli incontri formali, scelto pare per evitare le scale alla regina (88 anni il prossimo 21 aprile). Un incontro più da Francesco e Elisabetta, che da papa e regina. E i due si sono scambiati doni alquanto bizzarri. Francesco le ha dato una vecchia pergamena e una sfera di lapislazzuli con sopra montata una croce di argento. Il logo è l’emblema del potere reale che gli antichi romani usavano per rappresentare l’universo, poi adattato dai cristiani a rappresentare il mondo sotto la cristianità (con l’aggiunta appunto della croce nella parte superiore). Il regalo è per il pronipote, il principino George, figlio di Kate e William e terzo nella linea di successione al trono britannico. La regina ha risposto: “Sarà entusiasta” e ha aggiunto “quando sarà un po’ più grande” immaginandosi forse la fine della preziosa palla nelle mani del pupone di 8 mesi. Dal canto suo la regina ha portato a Francesco 13 EFFETTO PECHINO NEBBIA, GOVERNO LADRO Critiche al governo inglese dai deputati dell’opposizione. Sopra, Londra come Pechino (a destra) LaPresse ‘Fumo di Londra’ gli inglesi incolpano il continente LO SMOG CHE INTRAPPOLA LA CAPITALE VERREBBE DALLE COSTE EUROPEE. ALLARMI E MASCHERINE Londra e chiamate al 999 (il locale 118) sono salite del L 14 % e i servizi di ambulanze COLOR GLICINE Elisabetta con Francesco e Napolitano Ansa / Dlm un cesto di prodotti tipici britannici, compresi prodotti biologici delle sue proprietà e una bottiglia di whisky. La visita è durata una mezz’ora e niente è trapelato del colloquio, ma non pare si siano trattati temi politici. La regina Elisabetta è il capo supremo della Chiesa Anglicana e su alcuni temi le relazioni con la Chiesa Cattolica sono ab- Israele non libera i palestinesi Gli Usa: “È una sfida alla pace” notte fonda sulle trattative di pace tra israeliani e paÈ lestinesi. La riunione di merco- VENERDÌ 4 APRILE 2014 tare, possono spingere, possono dare un piccolo colpo di coda, ma sono le parti stesse che devono prendere le decisioni cruledì sera a Gerusalemme tra le ciali in vista di un compromesparti, con l’inviato Usa, Martin so”. E per fotografare la situazioIndyk (dopo l’annullamento del ne ha citato un vecchio proverviaggio del segretario di Stato bio: “Si può portare un cavallo Usa John Kerry), è stata un comall’abbeveratoio, ma non lo si pleto insuccesso e l’annuncio di può costringere a bere. Ora è il Israele di aver annullato il rilascio degli ultimi detenuti palestiAbu Mazen LaPresse momento di bere e i leader sanno cosa devono fare”. nesi pattuiti è stato definito dalla Sul campo la situazione è già addirittura pegCasa Bianca “una sfida al processo di pace”. Quella che doveva essere un tentativo in extre- giorata: nella “accalorata” riunione di Gerusamis di riannodare il colloquio tra le parti si è lemme, durata circa 7 ore, il capo negoziatore trasformata, secondo fonti concordanti, in una israeliano, l’ex premier Tizpi Livni, ha chiesto il “feroce battaglia politica”. Anche se la Casa ritiro della decisione del presidente palestinese, Bianca ha detto che il dialogo “resta aperto”, Abu Mazen, di aderire a 15 trattati internaziol'impressione, a meno di ulteriori sorprese, è che nali, ricordando che gli accordi sul rilascio dei sia alle battute finali. Lo stesso Kerry, da Algeri detenuti “erano soggetti all’adempimento della ha ammesso, prima degli sviluppi della serata, promessa palestinese di non ricorrere all’Onu che i negoziati sono in uno “stato critico. Esiste fino alla fine di aprile”. Poi ha ipotizzato, nel ancora un fossato che deve essere colmato mol- caso i palestinesi persistano nelle loro posizioni, to rapidamente”. I mediatori, “possono facili- il ricorso a possibili sanzioni. bastanza spinose, per esempio sulle mosse del Vaticano per accogliere i preti dissenzienti rispetto alla linea della chiesa d’Inghilterra di apertura sull’ordinazione delle donne. Altri temi delicati, come la controversia tra la Gran Bretagna e l’Argentina per le isole Falkland (ieri era il 32° anniversario dell’inizio della guerra) non erano in agenda e l’ambasciatore britannico presso la Santa Sede Nigel Baker ha confermato alla Bbc: “Il Vaticano è stato chiaro con noi, anche la scorsa settimana e a un livello molto alto, ribadendo la sua posizione di neutralità sulla questione”. Quindi il corteo di auto blu (niente a che vedere con i mostri di Obama) ha raggiunto Ciampino e l’aereo reale è ripartito per Londra in tempo per il gin tonic delle 7. e pronto soccorso hanno registrato un picco di ricoveri per insufficienze respiratorie. Amazon riferisce che la vendita di mascherine è salita del 15 % rispetto alla settimana scorsa. Ad anziani, asmatici e persone con problemi respiratori e di cuore è stato consigliato di rimanere chiusi in casa. Le scuole hanno annullato le attività sportive all’aperto. E IERI MATTINA il premier David Cameron ha addirittura rinunciato al suo jogging nel parco: probabilmente per dare il buon esempio alla cittadinanza, visto che l’agenzia governativa per l’ambiente consiglia ai cittadini di evitare sforzi fisici nelle aree di inquinamento elevato, soprattutto se si verificano sintomi come tosse, mal di gola o lacrimazione degli occhi. Cronache di una Londra anomala, avvolta in una nube di smog misto a TWITTER segreto Usa per la primavera cubana Amministrazione Obama per anni ha segretamente finanziato un social network, sulla falsa L’ riga di Twitter, con l’intento di alimentare a Cuba il malcontento verso il governo. Obiettivo: creare una ‘massa critica’ pronta a essere mobilitata nel caso di una ‘primavera cubana’. A rivelarlo l’agenzia Associated Press, venuta in possesso di un migliaio di pagine di documenti che sarebbero dovuti rimanere segreti. Rivelazione che imbarazza la Casa Bianca, nel momento in cui si parla di prove di disgelo tra Washington e L’Avana, dopo la storica stretta di mano tra Barack Obama e Raul Castro ai funerali di Mandela. A scatenare la polemica soprattutto il fatto che a gestire il piano - nome in codice ‘ZunZeneo’, come viene chiamato nello slang cubano il cinguettio del colibrì non sono la Cia o la Nsa, ma i vertici dell’agenzia federale per lo sviluppo internazionale e il controllo sull'utilizzo degli aiuti umanitari Usa. E i programmi dell’Usaid - che ieri ha smentito che ‘ZunZeneo’ fosse un programma sotto copertura - per essere legali devono ricevere l'autorizzazione dal presidente in persona. sabbia sahariana che ne fa un paesaggio cinese. Non si riesce a vedere la cima della Shard, la scheggia di cristallo puntata nel cielo da Renzo Piano e la coltre di inquinamento è tale che sembrano immagini prese a Pechino più che a Londra. E così il tradizionale interesse britannico per i fenomeni atmosferici si è trasformata negli ultimi due giorni in vera e propria ossesione. La Bbc manda in onda inquietanti cartine con variazioni di colori che dal verde della Scozia e del Galles diventano sempre più gialle e poi arancioni, rosse e viola scuro proprio su Londra: in una scala da 1 a 10, l’allerta inquinamento registrato mercoledì e giovedì sulla capitale britannica è 10. La vicenda si risolverà appena la bassa pressione si sposta e torna il vento e piove un po’ (cosa che è facile prevedere accadrà entro il week end), ma è interessante registrare le reazioni. Pare che la nube tossica sia causata da un mix di fattori (inquinamento di Londra, smog dal continente e sabbia dal Sahara), ma David Cameron ha parlato di un “naturale fenomeno meteorologico” e quindi è finito sotto accusa per aver cercato di sottrarsi alle responsabilità. L’europarlamentare verde Keith Taylor dice che il primo ministro ha avuto un atteggiamento “assolutamente vergognoso”, perché “ignorare volontariamente questa minaccia per la nostra salute è imperdonabile”. Ma la cosa più divertente è che tutti i media (radio, tv, giornali) sono concordi in una diagnosi: i gas nocivi provengono dal Continente. Alla fine è solo il vecchio adagio ribaltato: “Nebbia sulla Manica, il continente isolato”. C. S. 14 VENERDÌ 4 APRILE 2014 il Fatto Quotidiano BRASILE 2014, LA FIFA AMMETTE: “NON SIAMO PRONTI” FESTIVAL DELLA LETTERATURA IN LINGUA SPAGNOLA A PERUGIA MESSICO, GARCIA MARQUEZ RICOVERATO PER UNA POLMONITE Il segretario generale della Fifa Valcke ha ammesso che a 70 giorni dall’inaugurazione del Mondiale di calcio del 2014 i preparativi non sono ultimati. “Non siamo pronti” Si apre oggi a Perugia “Encuentro” il primo festival italiano delle letterature in lingua spagnola. Ospite d’onore, lo scrittore cileno Luis Sepulveda Gabriel Garcìa Marquez è stato ricoverato in un ospedale di Città del Messico per una polmonite. Lo scrittore colombiano, Premio Nobel, ha compiuto 87 anni il 6 marzo SECONDO TEMPO SPETTACOLI.SPORT.IDEE L’era Pompei del nostro calcio LE PARTITE DI CHAMPIONS LEAGUE SEMBRANO UN ALTRO SPORT RISPETTO A QUELLO CHE VEDIAMO OGNI SETTIMANA SUI NOSTRI CAMPI. CI MANCA QUASI TUTTO: VELOCITÀ, MENTALITÀ, AUDACIA, MODULI E, OVVIAMENTE, I CAMPIONI Un missile terra-aria d’incomparabile arditezza. Finisce 1-1. Ma l’Atletico, a sorpresa, è vicino alla semifinale. I RECORD. Noi l’abbiamo fatto mezzo secolo fa: con Altafini che nella Coppa Campioni 1962-63, la prima vinta dal Milan, segnò 14 gol, primato tuttora imbattuto. Ce ne vantiamo ancora e giustamente: fingendo di dimenticare che 8 di quei 14 gol José li segnò, tenetevi forte, all’Union Luxembourg, come dire l’Asilo Mariuccia. Ebbene: proprio due sere fa Cristiano Ronaldo ha firmato, contro il Dortmund, il 14° gol di questa sua Champions. Dove di squadre di Lussemburgo non c’è traccia. Se esiste un dio, CR7 demolirà anche il muro dei 14 gol. E i suoi 15 o 16 saranno tutti veri. I MODULI. C’è chi impazziva per il tiqui taca del Barcellona di Guardiola (football bailado), c’è chi impazzisce per il calcio-flipper del Real by Carletto (stile play station). Il giorno e la notte, il polo e l’equatore: ma due stili, nella loro diversità, inconfondibili e difficilmente imitabili. Noi? Una volta avevamo il catenaccio, poi arrivò il Milan tutto pressing di Sacchi di Paolo Ziliani L a Champions come Avatar: dove tutto è illuminato e abbagliante, amplificato ed emozionante. Dove ti sembra di toccare con mano tutto quel che si muove davanti ai tuoi occhi, corpi e gesti, goccioline di sudore e fili d’erba divelti, persino suoni e persino odori, in un tripudio di sensi mai assaporato prima. Unica differenza: per godere di questo spettacolo, gli occhiali 3D non servono, la tv di casa basta e avanza. E insomma diciamolo: la Champions sta al campionato italiano come Mina sta a Emma; con tutto il rispetto per Emma, naturalmente, che ha vinto Amici e Sanremo. Ma se ascoltate Mina, capite che stiamo parlando di due mondi diversi. Così, resta da capire cos’è diventato quello sportucolo che continuiamo a praticare nell’orticello di casa nostra, che ci fa litigare più che divertire, chiamato “campionato di Serie A”. Uno sport che un tempo radunava qui i migliori interpreti d’Europa e del mondo e non foss’altro per questo era una goduria. Poi qualcosa è cambiato. E il calcio è scappato altrove: in campionati diversi, ma soprattutto in Champions League. Chi ha assistito, martedì e mercoledì, ai match d’andata dei quarti di finale si sarà accorto che in Italia, da anni, stiamo buttando giù la sbobba. E ci manca tutto. Sette cose in particolare. LA VELOCITÀ. Assistere a una partita del Real Madrid, che pure nel campionato spagnolo è terzo (l’Atletico è a +3, il Barcellona è a +2), è come sbarcare su Marte. Per tutti i 90 minuti le merengues giocano a una velocità, di gambe e di testa, impressionante: passaggi di prima, scambi e inserimenti ficcanti e corse a precipizio verso la porta avversaria sono il Pensiero Unico di CR7 e Bale, Di Maria e Benzema, Isco e Marcelo, Modric e Morata. Mai il Real aveva pigiato tanto sull’acceleratore come lo fa oggi con un italiano (Ancelotti) in panchina. LA DISTANZA Il meglio è scappato altrove. Chi ha visto i quarti di Coppa si è accorto che in Italia, da anni, stiamo buttando giù la sbobba e ora siamo all’era-Pompei: con le antiche vestigia che cadono in pezzi. Post scriptum: evitiamo per favore di parlare di modulo-Juve: in Turchia – e in Danimarca – potrebbero mettersi a ridere. LA PROFESSIONALITÀ. Che si vede anche nelle piccole cose, quelle che sembrerebbero poco importanti. Come la mania, tutta italiana, di buttare la palla fuori e interrompere il gioco a ogni ruzzolone di un giocatore, amico o avversario non importa. Uno stillicidio stucchevole che trasforma la partita, già moscia di suo, in un coitus interruptus continuato. Come se in F1 ci si fermasse ai box un giro sì e uno no. Sai che pizza! IL DISINTERESSE PER GLI ARBITRI. Che all’estero non sanno nemmeno chi siano, mentre in Italia diventano protagonisti già 48 ore prima delle partite con giornali e tivù che vivisezionano i precedenti di Gervasoni e Banti, Massa e Peruzzo con Juventus e Milan, Sampdoria e Sassuolo. Come direbbe quello: sticazzi! Gareth Bale (il primo da destra) esulta dopo aver siglato il gol contro il Borussia Dortmund LaPresse LA MENTALITÀ. Provare sempre a fare un gol in più. Anche quando vinci contro un avversario-monstre. E se per spagnoli, inglesi e tedeschi è la normalità, non lo è per i francesi: che in Europa, nella storia, hanno vinto la miseria di una Coppa Campioni (Marsiglia 1993) e addirittura zero Uefa (o Europa League). Ebbene, il Psg sta vincendo 2-1 contro il Chelsea di Mourinho e Blanc, l’allenatore, toglie lo stanco Lavezzi; ma non lo sostituisce con Marquinhos – un difensore, per tenere il 2-1 – lo cambia con Pastore: genietto incompreso che al 93’ s’inventa un gol da urlo cha vale il 3-1 e l’ipoteca sulla semifinale. Chapeau! L’AUDACIA. Di provarci sempre. Come Diego dell’Atletico che sul campo del Barcellona, a fine primo tempo, viene catapultato in campo perché Diego Costa, l’Incredibile Hulk dei colchoneros, si è fatto male. Che fa il brasiliano triste (ma solo ai tempi della Juve)? Invece di farsela sotto, s’inventa un numero che nemmeno Diego Costa: saetta da 30 metri e palla che s’infila all’incrocio per l’1-0 dell’Atletico. IL FILM “Piccola Patria”, il “tanko” del Nord-Est era già al cinema di Anna Maria Pasetti ria di Nord-Est secessionista anche al cinema. Che, profetico, ha quasi A anticipato la cronaca odierna avendo da tempo programmato l’uscita del film veneto Piccola patria per il 10 aprile con Istituto Luce Cinecittà. Ieri la presentazione alla stampa, attirata dall’attualità verso la notevole pellicola del padovano Alessandro Rossetto, che – suo malgrado – sta godendo di vento in poppa. Una storia di finzione già presentata alla Mostra di Venezia (sezione Orizzonti) che sembra più vera del reale, anche per l’approccio documentaristico del cineasta Rossetto, qui al suo esordio in un film con attori. Piccola patria è sinonimo di un piccolo borgo veneto della provincia profonda, radicale e radicata nell’etica di un lavoro che ormai scarseggia, ferita a morte da una crisi endemica che corrode gli individui e i loro nuclei famigliari. I protagonisti parlano il dialetto veneto, i più vecchi sono xenofobi e razzisti, i più giovani fanno carte false pur di fuggire. Tra loro si evidenzia la vicenda di Luisa Il film diretto da Alessandro Rossetto e Renata, due teenager vivaci e ribelli che lavorano da cameriere in un gigantesco hotel sulla pianura, cattedrale nelle fabbriche deserte. Luisa è figlia di un convinto secessionista, tra i membri di un gruppo affiliato alla Liga Veneta (anche se nel film non vengono esplicitate etichette) e che tanto assomiglia al folle Serenissimo del “Tanko”. Il problema nasce quando la ragazza s’innamora di un clandestino albanese, “residente” in un camper abbandonato. È inevitabile scontro generazionale e culturale, mentre attorno trionfa il degrado umano, sociale e dunque politico. Rossetto, classe 1963 con studi di antropologia anche a Parigi, conosce la situazione del Nord-Est non solo per esserci nato, ma per averla indagata in profondità fin dagli Anni 80 e documentata dai 90. “L’ansia secessionista del Triveneto è antica, ma la crisi sta intensificando la cultura ‘leghistoide’ ormai insediata trasversalmente”, spiega Rossetto. “L’etica del lavoro è quasi religiosa nel Nord-Est, e questa è stata ferita a sangue, producendo aberranti legami con le crescenti pulsioni xenofobe e razziste. A questo va aggiunta la delusione da parte della Lega, percepita come non più genuina, che di questi tempi si sta anche impossessando della propaganda referendaria veneta. Gli episodi del Tanko fanno sorridere, il vero pericolo deriva dal pensiero di odio e distanza che gli abitanti del Nord-Est – un territorio di circa 9 milioni di persone e quello col maggior flusso immigratorio durante gli anni 70 – stanno nutrendo sempre più verso lo Stato italiano, percepito anch’esso come straniero. Ogni fenomeno di follia secessionista a cui assistiamo è tristemente iscritto in questo malessere preoccupante, aggravato dall’ignoranza e dallo spettro della miseria, su più livelli”. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano La primavera a spicchi della Milano del basket VENERDÌ 4 APRILE 2014 15 PORTFOLIO foto di Umberto Pizzi DOPO DIECI ANNI DI MAGRA LA SQUADRA DI ARMANI RACCOGLIE I PRIMI FRUTTI di Alessio Schiesari inalmente il soprannome ha un senso: re Giorgio (Armani), come viene chiamato dai tifosi della basket milanese, ha trono su cui regnare. La sua Olimpia giovedì sera ha demolito il Barcellona: 91 a 63 con un Gentile in formato Nba (24 punti, 7 rimbalzi e 6 assist). Per la sfida contro i blaugrana il Forum di Assago sembrava una bolgia: da quando l’Olimpia gioca lì (su per giù un quarto di secolo) un palazzetto come quello di quest’anno non si era mai visto. Contro il Barcellona erano oltre 12 mila i tifosi in festa, uno spettacolo che, fino a qualche mese fa, si vedeva solo ad Atene o Istanbul. Merito della striscia di 14 vittorie di fila tra campionato ed Eurolega, oltre che dell’importanza dell’avversario. La partita di giovedì, va detto, non contava nulla ai fini della classifica: il Barcellona si era già assicurato il primo posto nel girone, Milano il secondo. La qualificazione quindi era cosa fatta per entrambe, ma vuoi mettere la soddisfazione di prendere a ceffoni lo squadrone catalano reduce da sedici vittorie di fila? Da quando c’è re Giorgio, anzi, da quando è caduto il muro di Berlino, non era mai successo. F il sogno si infrange. “Ci rifaremo l’anno prossimo”, pensano i tifosi. Se ne convinceranno ancora di più di lì a pochi mesi, quando l’imprenditore tessile, oltre che sponsor, diventa proprietario della squadra. Invece è l’inizio di una delle ere più buie della storia del basket milanese. BARCELLONA KO Il segreto è stato il collasso Mps. L’Olimpia ne ha approfittato portando in Lombardia mezza Siena, preparatore compreso Armani spende, ma vince sempre Siena. Per trovare qualche trofeo Armani le prova tutte: fa tornare dalla Spagna coach Scariolo, uno che ha vinto l’argento olimpico. Poi prova la via dei compagni greci, Fotsis e Borussis, quasi 4 milioni di ingaggio annuo in due. Cambiano gli interpreti, ma la musica rimane la stessa: sette scudetti di fila per i toscani, di cui tre in finale proprio contro Milano. I tifosi al palazzetto vanno sempre di meno ma, quando ci sono, contestano tutti: Lega, dirigenza, squadra e allenatore. Tutti meno uno, perché sanno che, se Armani se ne va, il basket a Milano rischia di morire. Per ritrovare la via della vittoria bisogna aspettare la ca- LA STORIA DI ARMANI con la pallacanestro sembrava quella di un amore mai sbocciato. La prima volta che lo sponsor dello stilista arriva sulle canotte milanesi è la stagione 2004/05. Contro ogni previsione, la squadra disputa una stagione di primo livello e arriva in finale scudetto contro la Fortitudo Bologna. Il sogno di celebrare il matrimonio tra Olimpia e Armani con un trionfo si infrange in gara 4. Quando l’arbitro Lamonica alza le tre dita al cielo e assegna tripla, partita e scudetto a Bologna, duta degli dei. Anzi, quella dei banchieri. L’occasione arriva l’estate scorsa quando, tra derivati Alexandria e la banda del 5 per cento, a Rocca Salimbeni finiscono i soldi per la palla a spicchi. L’Olimpia ne approfitta e porta in Lombardia mezza Siena: l’allenatore Luca Banchi, le ali David Moss e Kristjan Kangur e perfino il preparatore atletico Giustino Danesi. In Toscana rimangono giusto il ragazzo che stacca i biglietti e il playmaker azzurro, Daniel Hackett. EPPURE l’Olimpia comincia la stagione zoppicando un’altra volta. Le finali di Coppa Italia dello scorso gennaio le vince Sassari in finale con Siena, mentre Milano viene eliminata al primo turno. Si gioca ad Assago e per i tifosi dell’Olimpia è l’ennesimo schiaffo. Sono però le prime partite con la maglia dell’Olimpia per l’ultimo arrivato sul pendolino Siena-Milano. Appena prima di Natale infatti era arrivato alla corte di Armani anche Daniel Hackett. La storia della nuova Milano inizia lì, dall’ultimo scalpo di mercato agli arcirivali. Con l’ex Siena in regia l’Olimpia diventa un’altra squadra e comincia a vincerle tutte: prima una Siena ormai ridimensionata in campionato, poi Malaga, Panathinaikos, Olimpiakos, Fenerbahce e, appunto, la notte magica contro Barcellona. Ora che Milano nel calcio è in crisi, il basket potrebbe diventare lo sport cittadino del momento. Playoff scudetto e spareggi per le finali di Eurolega sembrano obiettivi alla portata dell’Olimpia e le finali della massima competizione continentale quest’anno si giocheranno proprio ad Assago. La nuova Milano, che assomiglia tanto alla vecchia Siena, sogna di arrivare lassù dove i toscani non sono mai arrivati: in cima all’Europa. Samardo Samuels a canestro. In alto, Giorgio Armani LaPresse CANALE ATLANTIC SCAMBIO DI STATUETTE Il marchese Giuseppe Ferrajoli Dani e alcune delle ospiti premiate con l’Oscar di Piazza Colonna La Grande Bellezza: così è se vi pare PIAZZA COLONNA L’aristocrazia romana celebra se stessa in chiave sorrentiniana. A fianco, l’immancabile buffet MEGLIO IN CALESSE TORTA CELEBRATIVA L’arrivo della marchesa Dani del Sacco d’Aragona Laura Nuccitelli e la torta “La Grande Bellezza di Roma 2014” Altro che moribonda: film in serie, per la televisione è l’età dell’oro di Nanni Delbecchi ualcuno si chiedeva perQ ché Sky abbia scelto Sergio Castellitto come protago- nista della campagna di lancio del nuovo canale Atlantic, dedicato alle punte di diamante della fiction mondiale, alla partenza il 9 aprile con il thriller politico House of cards. Domanda legittima: per quanto sofisticato, Sky Atlantic resta un canale televisivo e Castellitto è un attore simbolo del cinema italiano. Appunto. La risposta l’ha data il diretto interessato nel corso della presentazione ufficiale: “Il cinema italiano è appiattito sulla commedia. Oggi chi vuole raccontare una storia drammatica deve rivolgersi alla televisione”. Detto, e fatto. A partire dal 15 aprile Sky Atlantic si prepara a trasmettere Venuto al mondo, non il film tratto dal romanzo di Margaret Mazzantini arrivato nelle sale due anni fa, ma la cosiddetta “versione estesa”, ossia serializzata in cinque puntate, “che ingloba tutto quel materiale ancora vivo, che pretendeva di essere raccontato”. CHISSÀ se due ore sono po- che, o se dieci non rischiano di essere troppe; e chissà se questa è davvero “l’età dell’oro della televisione”, come giura lo stato maggiore della Pay-tv di Murdoch, annunciando tra l’altro che su Atlantic le interruzioni pubblicitarie saranno di soli 60 secondi, record assoluto di brevità. Di sicuro, le ambizioni produttive non sono mai state tanto ricche, e un canale come questo fa parte di un’evoluzione in corso in tutto il mondo: l’attacco della Tv alla supposta supremazia qualitativa del cinema, un attacco portato attraverso il virtuosi- collaborazione con Roberto Saviano per la regia di Sergio Sollima, ma anche di Francesca Comencini. A novembre sarà la volta di 1992 con Stefano Accorsi, dieci puntate in cui si racconta la nascita di Tangentopoli; ai blocchi di partenza anche una megaproduzione incentrata su un supereroe di casa nostra, Diabolik. Non si è ancora scelto chi interpreterà l’inafferrabile ladro, ma è già stata confezionata la calzamaglia da 300 mila euro, che dopotutto sarà la vera protagonista. smo della scrittura e del plot narrativo. È un fatto che certi best-seller trovano nella lunga serialità la trasposizione ideale. Ecco quindi House of cards, tratto dall’omonimo romanzo di Michael Dobbs, 13 puntate già di culto negli Stati Uniti che raccontano l’ascesa alla Casa Bianca di Frank Underwood (Kevin Spacey), tra complotti, omicidi, tradimenti e relazioni pericolose. Sempre il 9 aprile, PER IL FUTURO, nessun limite House Of Cards, su Sky Atlantic TESTIMONIAL SKY Sergio Castellitto lancia l’ultimo nato in casa Murdoch: “Il cinema italiano è appiattito sulla commedia. Chi vuol fare altro va in televisione” parte la nuova serie del fantasy da 50 milioni di dollari Il trono di spade; a seguire, i debutti di True Detective con Mahhew McConaughey e di Boardwalk Empire con Steve Buscemi, grazie all’accordo che garantisce a Sky l’esclusiva su tutte le produzioni della HBO, la tv via cavo più decorata al mondo. Poi c’è la via italiana alla serie di qualità. Lasciando volentie- ri a Rai1 le riunioni di famiglia di nonno Libero e a Canale 5 i tenebrosi amori di Gabriel Garko, esportabili al massimo a San Marino, Sky Italia punta a proseguire con altri mezzi la strada tracciata dal cinema. Dopo la versione extra-large di Venuto al mondo, in maggio su Atlantic vedremo Gomorra, il discusso serial-verità girato in parte a Scampia, e scritto in alla provvidenza: magari una House of cards in chiave europea, capace di fare concorrenza al vero serial di casa nostra, i quotidiani talk show politici. Ma interrogato in proposito, Michael Dobbs dice di non sentirsi all’altezza di personaggi superiori alla fantasia di chiunque, come Berlusconi o Hollande: “Chi avrebbe potuto immaginare che il premier francese sarebbe stato colto in flagrante in groppa al sellino di uno scooter? Io no”. SECONDO TEMPO VENERDÌ 4 APRILE 2014 il Fatto Quotidiano MASTERIZZATI 16 QUESTIONE DI STILE Rissa continua a colpi di hip-hop GLI EX AMICI FABRI FIBRA E VACCA SE NE DICONO DI TUTTI I COLORI. COLPA DEL “DISSING” di Guido Biondi rapper – che alcuni critici hanno denominato i nuovi cantautori – stanno vivendo un momento d’oro nel nostro paese: spesso entrano direttamente al primo posto nelle classifiche di vendita e riempiono i palazzetti nei concerti. Hanno un seguito impressionante di fan, soprattutto giovanissimi, che alimentano un dibattito (se così si può chiamare) tra quale artista funziona meglio, quale non si è ancora “venduto” firmando un contratto con una multinazionale e cose di questo tipo. Ma c’è anche un’altra faccia della medaglia, i testi, spesso ostici per chi non mastica hip hop, talvolta brutali ma – di fatto – specchio della nostra società. E in quei testi molti ragazzi ritrovano I problemi vissuti sulla loro pelle: nelle canzoni emergono brandelli di precariato, di opportunità di lavoro inesistenti, di rapporti familiari precipitati nell’incomunicabilità, storie di sesso malvissute e – spesso – consigli per sopravvivere. Alessio è un ragazzo come tanti, anche lui folgorato dalla scena hip hop italiana. Quella 2.0, iniziata da J-Ax e proseguita con i nuovi cantori della vita di strada, quella eternamente a caccia del rapper più puro e meno commerciale. Alessio era uno dei tanti presenti a un recente concerto di Fabri Fibra; ha postato sul suo profilo facebook tutti i dissing relativi al nuovo album del produttore Deleterio (della crew Rocciamusic), tra gli artefici del successo di Marracash e tra le principali hit rap italiane degli ultimi anni. Diss si- JAZZ, LA RISTAMPA Pieranunzi, recital per piano solo gnifica mancare di rispetto, usare la sfacciataggine e in gergo si usa lo slang dissare ogni qualvolta un rapper prende di mira un “collega” insultandolo per le rime, ottenendo poco tempo dopo una risposta piena di insulti per il mittente. Come in un ring si va avanti a oltranza come nel caso di Dadaismo, l’album di Deleterio contenente il singolo Zombie cantato da Fabri Fibra. NELLA TRACCIA l’obiettivo è l’ex pupillo Vacca, per molto tempo “spalla” fissa ai concerti di Fibra nonché ex amico. In Zombie l’attacco è così composto: “Non sei mai cresciuto sei un cartone animato; o la roba spacca o l’artista scappa via da qui e sparisce tipo in CecosloVacca”. A parte il gioco di parole della Cecoslovacchia tramutato in un improbabile di Pasquale Rinaldis Fabri Fibra e Vacca nuovo paese, la rima si riferisce alla scelta di Vacca di andare a vivere in Jamaica. Non appena il brano è stato pubblicato è arrivata la pronta risposta del rapper chiamata “Il diavolo non esiste”, con queste rime: “di date ne fai poche, ormai la gente non se ne vede… non sono cresciuto se parliamo di statura, eppure giro in strada a Kingston, tu a Milano c’hai paura”. Ma non è finita, Fibra sferza un nuovo brano di oltre dieci minuti intitolato ironicamente “Niente di per- LA BAND Poco originali E allora? sonale” e siamo alla faida: “su Rolling Stone quando mi hanno chiesto se mi piace la tua musica ho detto che sono più il tuo amico che tuo fan e tu ti sei offeso. Però non è che puoi andare in giro a parlare male di me in ogni intervista a farmi il dissing; hai il mio numero, chiamami”. Vedremo se la questione si chiuderà – finalmente – qui o se ci sarà un altro brano di sfida; noi preferiremo davvero che si concludesse con un colpo di telefono, sarebbe tutto più semplice. Sipario. RAP Le buone radici di Kento THE DAY AFTER THE SILENCE © RADICI© Enrico Pieranunzi Alfa Music / Egea Kento & The Voodoo Bros Relief PUR FIGLIO del suo tempo The Day After The Silence (1976), oggi in prima uscita su cd, è un disco attuale. Un esordio in piano solo, allora molto in voga, in linea con l’esuberanza del jazz europeo di quegli anni di contestazioni politiche (cui in realtà erano avulsi tanto il Pieranunzi uomo quanto il musicista), ma soprattutto in cui, da questa parte dell’oceano, maturava la convinzione di non dover più dipendere dalle matrici (afro)americane. La formula del recital, inaugurata dall’euro-americano Jarrett per la tedesca Ecm, si prestava bene allo scopo. E nel disco di Pieranunzi lo si sente sin dalla Prolusion in apertura. Eurocentrica sin dal titolo nel suo svilupparsi nel contrasto tra accordi cupi e una melodia brillante. O dalla Trichromatic Line che segue. Ovviamente non poteva mancare una soffiata di blues, che cerca di fare capolino in un paio di titoli prima di emergere più chiaramente in Blues Up. Come a dire, europei sì ma suoniamo comunque jazz. Gli echi di Chick Corea sono evidenti nelle fitte costruzioni armoniche dei brani. Forse Pieranunzi non aveva ancora scoperto Bill Evans, Andrea Di Gennaro NON HO FATTO un nuovo disco, ho fatto un disco nuovo”: e ha pure ragione, Kento, a cantarsela e a suonarsela nel brano “Voodoo”. Il suo ultimo lavoro, “Radici” ha buoni testi, che resistono a quell’odiosa pratica dell’hip hop dell’“io sono figo-tu fai schifo” e dimostra che si può parlare di tutto senza dover ricorre a schemi precostituiti che sanno di muffa. Il rap come canto parlato, in cui infilare tutto quello che si vuole. In questi viaggi, geografici e non, Kento, è accompagnato dai “The Voodoo Brothers”, cioè tutti quelli che hanno preso parte al disco (pensandolo, e suonandolo). Una serie di musicisti che innalzano non di poco la qualità della produzione: sbluesano una meraviglia Assuntino, Lipari, Petulicchio, Magliocchetti (e sono solo alcuni degli special guest). Kento ha buone Radici. Diletta Parlangeli SOUL R&B Gibson Les Paul e fascino retro HOLLY © Nick Waterhouse Innovative Leisure/Goodfellas SPRIGIONA un irresistibile fascino retrò il nuovo album di Nick Waterhouse, giovane talento californiano, che attinge a piene mani nella storia del soul e del rhythm’n’blues, reinterpretati con gusto elegante e raffinato. “Holly” è il secondo lavoro dopo l’acclamato debutto del 2012 “Time’s All Gone”, rispetto al quale rappresenta un ulteriore passo avanti dal punto di vista degli arrangiamenti e della varietà stilistica. Il cantante, chitarrista e produttore di Los Angeles, classe 1986 e look alla Buddy Holly – con abiti eleganti, una Gibson Les Paul in braccio e una stilosa montatura d’occhiali – si inserisce nel solco di artisti che recuperano la tradizione black, da Sharon Jones agli Excitements. La sua musica non è semplice revival, ma riaggiorna i due ingredienti principali, il soul e l’r’n’b, con altri elementi: l’incedere blues di “Let It Come Down”, le percussioni afro di “Sleeping Pills”, il jazz di “Dead Room” e lo swing di “Well It’s Fine”. Disco di classe, per palati fini. Gabriele Barone Mugshots, da Brescia nel nome di Alice Cooper SUN STRUCTURES © Temples Heavenly ALL’ASCOLTO dei Temples ti chiedi se questi ragazzi inglesi hanno passato più tempo sui dischi dei primi Pink Floyd, su quelli dei Byrds o quelli dei loro quasi coetanei Tame Impala. Detta così non sembra esattamente un complimento, ma se non è certo l’originalità l’asso nella manica della band ci sono altri motivi per far girare ad libitum il cd nel lettore (o il vinile sul piatto, vista l’atmosfera d’epoca). Per esempio la capacità di scrivere canzoni belle e dal suono corposo, nonostante la targhetta di riconoscimento su di esse reciti inequivocabilmente “1967-68”. Persino il look del gruppo è in stile con le vibrazioni acid-pop che pervadono l’album. La storia del rock inglese del resto è ricca di giovanissimi nostalgici che hanno ammodernato gli adorati stilemi anni ’60, dai Jam ai Supergrass ai Kula Shaker. I Temples ricordano in particolare questi ultimi, anche nell’appeal sul pubblico indie-alternativo. Esercizio di stile, dunque, eppure godibilissimo. Carlo Bordone CI FOSSE in Italia uno come Frank Zappa, con la sua stessa dose di sensibilità e follia, probabilmente una band come i bresciani Mugshots avrebbe maggior fortuna e considerazione. Già, perché, così come Alice Cooper – a cui i nostri si ispirano – prima d’incontrare il benevolo responso di FZ veniva considerato come uno dei componenti della “peggior rock band del mondo”, anche sui Mugshots ci sarebbe una opinione diversa dall’esser visti come “un incrocio tra i Damned e le colonne sonore dei film di Eddie Murphy!”. Il loro “problema”, come racconta il frontman della band Mickey E. Vil “si può evincere dalla nostra rassegna stampa: non rientriamo in nessuna categoria o genere prestabiliti. Una strepitosa recensione che vorrebbe stroncarci ci descrive addirittura come un mix tra i Cramps ed Emerson, Lake & Palmer!”. Il loro genere è il Dark Rock, ma inizialmente doveva trattarsi di un progetto Garage Punk, perdipiù con voce femminile. Poi ha prevalso l’idea di coniugare gli europei Stranglers, fra i primi a mettersi in luce nella scena punk che andava formandosi a Londra, con l’americano Alice Cooper: “Col tempo – afferma il cantante – abbiamo accolto una moltitudine di influenze provenienti dagli ambiti più disparati: il Punk, la New Wave, il Progressive Rock”. La somma delle parti, diverse tra loro, hanno portato a un’unità omogenea e originale, un mostro à la Frankenstein pronto a far sentire la sua voce. Oggi i Mugshots possono vantarsi di essere la prima band europea a esser prodotta dal braccio destro di Alice Cooper e Lou Reed, Dick Wagner, e il loro nuovo disco Love, Lust and Revenge è distribuito in tutto il mondo dalla prestigiosa label Black Widow Records. VENT’ANNI DOPO Premiata scialuppa Fratelli di Soledad SALVIAMO IL SALVABILE ATTO II © Fratelli di Soledad Frank Family/Goodfellas TEMPO di auto-celebrazione, per la musica alternativa italiana degli anni Novanta. Dopo Afterhours e 99 Posse, che hanno rivisitato album come Hai paura del buio e Curre curre guagliò, tocca ora ai Fratelli di Soledad tornare sul “luogo del crimine”. In questo caso però la nostalgia c’entra poco, e l’operazione suona più fresca e creativa di altre analoghe. Salviamo il salvabile nel 1994 rappresentò per la combat-band torinese un ispirato momento di riflessione, grazie al quale il retaggio ska, rocksteady e clashiano si aprì ad orizzonti più ampi andando a confrontarsi con la tradizione della musica d’autore italiana. Questo secondo capitolo ne è prosecuzione degnissima: undici cover scelte dal cantante “Bobo” Boggio e dal chitarrista “Zorro” Silvestri rifuggendo dall’ovvio, reinterpretate con l’aiuto di svariati compagni di strada (da Max Casacci a Mao, da Bunna a Tommaso Cerasuolo) e in qualche caso degli stessi autori dei brani, come il membro del Clan celentaniano Gino Santercole in Svalutation e Goran Kuzminac nella sua indimenticabile Stasera l’aria è fresca. L’energia è quella di vent’anni fa, i risultati a tratti persino migliori: piacciono in particolare la versione da frontiera western di Stranamore di Vecchioni, il glam-rock’n’roll di Cimici e bromuro (scritta da Sergio Caputo) e la splendida rilettura reggae de Il tuffatore di Flavio Giurato. Cose rare, cose da salvare. C. Bord. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano VENERDÌ 4 APRILE 2014 17 UOMINI E DONNE Il programma “per giovani” di Maria De Filippi LaPresse SU MTV IL PEGGIO DELLA DIRETTA I fratelli per caso figli di papà Mr. 1096 di Patrizia Simonetti reeanna, 17 anni, paffutella, chioma corvina e orecchino al B naso vive a Reno, in Nevada, e ha due mamme, Debra e Sherry, che quando erano innamorate vollero un figlio e si rivolsero alla banca del seme per comprarne un po’, purché proveniente da un maschio alto, atletico e intelligente. Ora lei vuole trovare “quell’uomo misterioso” che le ha dato la vita con il suo sperma congelato arrivato per posta che in una serata romantica tra candele e musica soft, una mamma ha infilato nell’altra con una pompetta da sugo, “che schifo”, dice lei. Scopre che ogni donatore ha un numero che se lo inserisci online nel Donor Sibling Registry ti rivela quanti figli ha sparsi per l’America: Mr.1096 ne ha altri 15 (pochi più di Delrio) e lei vuole conoscerli tutti, a cominciare da Jonah e Hilit cui intanto mostra i piercing in videochat, così riunisce le madri, separate da quando lei compì tre anni e Debra scoprì gli uomini, e annuncia la sua partenza per Atlanta. Prima però videocamera su rec: “Questo è il primo filmato del mio videodiario – declama – ed è tutto per te, il mio donatore di sperma.” Il suo viaggio lo racconta Generation Cryo: Fratelli Per Caso, nuovo factual americano in 6 puntate sbarcato su MTV, sta- sera alle 22 la seconda puntata, che in patria ha fatto discutere non poco su anonimato e limite riproduttivo e del quale non avremmo una versione italiana visto che la fecondazione eterologa da noi è vietata dal 2004. “Incontrarsi è fico” le dicono i fratellastri e la portano a una festa col falò, Breeanna rivela che è lesbica pure lei e che cerca “la ragazza perfetta” e intanto dorme nel letto con Hilit ma “terrò le mani a posto” promette alla sua amica al telefono. CON JONAH poi ha “tanto in comune”, stesso “labbro carnoso che piace” e anche lui di una ragazza guarda “più il culo che le tette”, così a colazione trova il coraggio di chiedergli un po’ di DNA perché per il test ci vuole un maschio con il cromosoma Y: “Non voglio incontrarlo, ma ti aiuto” risponde lui e si strofina in bocca il tampone del kit, proprio come fanno a CSI. L’unico turbato è il padre dei due “per non aver potuto fare – dice piangendo – l’unica cosa da uomo che un uomo può fare: riprodursi”, ma firma comunque il consenso all’utilizzo del DNA del figlio minorenne. Breeanna passerà l’estate a cercare tutti gli altri fratellastri: “Sono pezzi di un puzzle – spiega in videocamera rivolta al padre provetta – e se lo risolverò e arriverò a te, sarà stato il destino”. Non è un Paese per ventenni nemmeno in televisione di Luigi Galella he tv guardano i giovani? Nessuna, come prima opzione. Se si prova a C chiederglielo rispondono seccati, come se lo stesso accostarli al piccolo schermo – giudicato uno strumento antico – fosse inadeguato. Se insisti, rispondono che sì, può capitare di vedere delle serie americane sui canali satellitari, oppure Amici o Uomini e Donne (non però nei giorni dei vecchietti), e naturalmente il Grande Fratello – sempre meno – i cui sciatti ospiti della casa apprendono l’arte del nullafare, e si rappresentano nella quotidianità del nullaessere. È sconcertante notare quanta poca e svilente attenzione si riservi al pubblico dei ventenni, nella pur ridondante offerta televisiva delle reti generaliste. Espulsi dal mondo del lavoro, poco accolti nelle università, i giovanissimi fanno fatica a conquistare uno spazio che li valorizzi come attori sociali e perfino che li legittimi come utenti televisivi. Ed è oltremodo strano, perché ciò che incontra il loro gusto, di solito piace anche al resto della popolazione. Si veda ad esempio il grande successo dei film che li riguarda, an- amoroso a comando delle altre due, che il povero re tuttavia non comprende nella sua profondità. Le tre che si rivolgono al tronista, invece, portano in dono all'ambito oggetto del desiderio rose e parole amorose, come un gioco fra bambini un po’ idioti che si rincorrono l'un l'altro. Una scena imbarazzante, radicalmente lontana da una rappresentazione del mondo giovanile di una qualche verosimiglianza, qui ridotto a una comica corte in cui il sovrano contempla e soppesa la qualità formale ed estetica delle donne che gli si propongono, come se dovesse valutarne la mercanzia offerta. È così difficile pensare a un programma in cui i giovani diventino realmente parlanti? E visto che le prime serate sono così dense di talk, perché non esporre i politici in studio al giudizio di un pubblico di ragazzi – veri e non figuranti – che sappiano tornare al centro del dibattito politico e culturale del Paese? Siamo sicuri che siano tutti dei “Lorenzo” alla Corrado Guzzanti? E che sappiano solo biascicare, per giustificare così la loro rimozione? che quando non si tratta di capolavori. L'inspiegabile rimozione potrebbe avere una responsabilità banale: chi decide dei palinsesti televisivi è anagraficamente lontano dalla loro età: semplicemente, non li conosce, se non attraverso luoghi comuni. E quando vi si accosta o lo fa per blandirli o per bastonarli. Si vedano, fra i politici, i ridicoli neologismi dei “bamboccioni” o dei “choosy”. Chi ne parla non sa chi siano e nemmeno li ama, perché li percepisce come alieni. TUTTAVIA il ridicolo riguarda anche gli stessi programmi che di loro si occupano. Come l’agenzia di incontri sentimentali di Uomini e Donne di Maria De Filippi, in cui un assorto e ansioso tronista ascolta dalle sue corteggiatrici – alla maniera di un Re Lear di fronte alle figlie – chi sappia fra loro esprimere meglio l’amore che prova per lui. Nel dramma di Shakespeare, com’è noto, Cordelia – la preferita dal padre – dopo che le sorelle s'erano espresse nella forma più raffinata e ridondante, porgerà allo stolido e vanaglorioso padre ciò che merita: un semplice e laconico “Nulla”. Denunciando la natura artefatta della parola e del gesto Gli ascolti di mercoledì luigalel@gmail.com SEGRETO Spettatori 3,84 mln Share 15,2% LE IENE SHOW Spettatori 2,17 mln Share 10,56% THE VOICE OF ITALY Spettatori 3,46 mln Share 14,3% PSG-CHELSEA Spettatori 2,52 mln Share 8,92% LA TV DI OGGI 6.45 Unomattina Attualità 10.00 Unomattina Storie Vere Rubrica 10.30 Unomattina Verde Rubrica 10.50 Che tempo fa Informazione 10.55 Rai Player Rubrica 11.00 TG1 Informazione 11.25 Unomattina Magazine Rubrica 12.00 La prova del cuoco Varietà Condotto da Antonella Clerici 13.30 TG1 Informazione 14.00 TG1 Economia Informazione 14.10 Verdetto Finale “Nobili decaduti” Attualità 15.20 La vita in diretta Attualità Rai Parlamento Telegiornale Previsioni sulla viabilità - TG1 - Che tempo fa Informazione (all’ interno) 18.50 L’ eredità Gioco 20.00 TG1 Informazione 20.30 Affari tuoi Gioco 21.10 Carosello Reloaded Documenti 21.15 La pista “Seconda puntata” Reality show 23.45 TV7 “Il comizio e lo show” Attualità 0.50 TG1 Notte - Che tempo fa Informazione 1.25 Cinematografo Rubrica 2.15 Sottovoce Rubrica 8.15 Due uomini e mezzo Telefilm 8.35 Desperate Housewives Telefilm 10.00 TG2 Insieme Attualità 11.00 I Fatti Vostri Attualità 13.00 TG2 Giorno Informazione 13.30 TG2 Eat Parade Rubrica 13.50 TG2 Sì , Viaggiare Rubrica 14.00 Detto fatto Attualità 16.15 Cold Case “E’ nata una stella” “Pin-up Girl” Telefilm 17.45 TG2 Flash L.I.S. 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Di Wayne Rose, Keoni Waxman, Lauro Chartrand, con Steven Seagal 6.10 Mediashopping 6.25 Chips “La ragazza del carro attrezzi” Telefilm 7.20 Miami Vice “Storie di ragazzi” Telefilm 8.15 Hunter “Violenza a domicilio - seconda parte” Telefilm 9.40 Carabinieri “Un collega da aiutare” Telefilm 10.45 Ricette all’ italiana Rubrica 11.30 TG4 - Meteo.it Informazione 12.00 Un detective in corsia “Un crimine quasi perfetto” Telefilm 12.55 La signora in giallo “Per sempre” Telefilm 14.00 Lo sportello di Forum Real Tv 15.35 Ieri e oggi in tv Speciale Varietà 15.45 Intrigo internazionale Spionaggio (Usa 1959). Di Alfred Hitchcock, con Cary Grant, Eva Marie Saint 18.55 TG4 - Meteo.it Informazione 19.35 Il segreto Soap 20.30 Tempesta d’ amore Soap 21.15 Quarto Grado “Il giallo di Garlasco” Attualità (Diretta) 0.05 Basic Instinct - Thriller (Usa/Fra 1992). Di Paul Verhoeven, con Michael Douglas 6.00 TGLa7 - Meteo Oroscopo - Traffico Informazione Informazione 6.55 Movie flash Rubrica 7.00 Omnibus - Rassegna Stampa Attualità 7.30 TG La7 Informazione 7.50 Omnibus meteo Informazione 7.55 Omnibus Attualità 9.45 Coffee Break Attualità 11.00 L’ aria che tira Attualità 13.30 TG La7 Informazione 14.00 TG La7 Cronache Attualità 14.40 Le strade di San Francisco “Una possibilità di vivere” “La guerra è finita” Telefilm 16.40 Il Commissario Cordier “Spari oltre la porta” Telefilm 18.10 L’ ispettore Barnaby “Il club della lettura” Telefilm 20.00 TG La7 Informazione 20.30 Otto e mezzo Attualità 21.10 Crozza nel paese delle meraviglie Varietà Condotto da Maurizio Crozza (Diretta) 22.40 Bersaglio Mobile Attualità (Diretta) 0.30 TG La7 Night Desk Attualità 1.35 Movie flash Rubrica LA RADIO I film Afghanistan, voto per la democrazia Tredici anni dopo l’ inizio della guerra che portò alla fine del regime dei talebani, l’ Afghanistan è pronto per elezioni presidenziali decisive per il proprio futuro. Gli otto candidati che aspirano a succedere al presidente Hamid Karzai hanno tenuto i loro comizi finali sullo sfondo dell'attacco di un kamikaze al ministero dell'Interno che ha causato la morte di sei agenti di polizia. Imponenti misure di sicurezza (quasi 200.000 uomini mobilitati) segneranno l’ appuntamento elettorale previsto per il 5 aprile. Le elezioni di sabato sono determinanti per la stabilità del Paese mentre le forze della Nato lasceranno il Paese da qui alla fine dell'anno. Sul voto si stende l’ ombra lunga del presidente uscente che rimprovera all’ alleato americano di non essere stato abbastanza esigente nei confronti del vicino Pakistan nella lotta al terrorismo. Qual è la reale posta in gioco, quali gli attori in campo, con quali prospettive per il paese e per la regione? Dario Fabbri ne parla con Alberto Negri, inviato di guerra del Sole24Ore, e con Shelly Kittleson, giornalista freelance, che ha realizzato un radio documentario per il ciclo Tre Soldi, “Cosa serve all’ Afghanistan” RADIO3 11.00 SC1 Cinema 1 SCH Cinema Hits SCP Cinema Passion SCF Cinema Family SCC Cinema Comedy SCM Cinema Max SCU Cinema Cult SC1 Sport 1 SC2 Sport 2 SC3 Sport 3 SCP 17.20 Magic Mike 17.25 Noi siamo infinito SC1 17.35 Sex Crimes Giochi Pericolosi SCM 17.40 Madagascar 3: ricercati in Europa SCH 17.45 Ricky & Barabba SCC 17.50 Ferro 3 (La casa vuota) SCU 18.00 Minouche la gatta SCF 19.15 Inkheart La leggenda di Cuore d’ inchiostro SC1 19.15 La mia vita SCP fino ad oggi 19.20 Il pescatore di sogni SCH 19.20 Senti chi parla SCC 19.25 Monsieur Lazhar SCU 19.25 Furia cieca SCM Lo sport 19.30 Il primo amore di Anne SCF 21.00 In Darkness SCU 21.00 Venerdì 13 SCM 21.00 Prima tv Giustizia imperfetta SCP 21.00 Hook SCF Capitan Uncino 21.00 Mia moglie è una bestia SCC 21.10 Kill Bill - Volume 1 SC1 21.10 Una bugia di troppo SCH 22.40 Cooper: un angelo inaspettato SCP 22.45 Red Lights SCM 22.45 La fredda luce SCH del giorno 22.45 Head of State SCC 23.05 Facciamola finita SC1 16.30 Calcio, UEFA Europa League 2013/2014 AZ Alkmaar - Benfica (Sintesi) SP1 16.30 Basket, NBA 2013/2014 Oklahoma City Thunder - San Antonio Spurs (Replica) SP3 16.30 Automobilismo, Indycar 2014 St. Petersburg (Sintesi) SP2 17.00 Calcio, UEFA Europa League 2013/2014 Porto - Siviglia SP1 (Sintesi) 17.30 Calcio, UEFA Europa League 2013/2014 Olympique Lione Juventus (Sintesi) SP1 17.30 Boxe, World Series of Boxing 2013/2014 Azerbaijan - Italia (Sintesi) SP2 18.45 Rugby, Super 15 2014 Brumbies - Blues (Replica) SP3 19.00 WWE NXT SP2 20.00 WWE Superstars SP2 20.30 Calcio, Serie B 2013/2014 Palermo Avellino (Diretta) SP1 21.00 Golf, US PGA Tour 2014 Shell Houston Open: 2a giornata (Diretta) SP3 22.45 Basket, NBA 2013/2014 Oklahoma City Thunder - San Antonio Spurs (R) SP2 18 SECONDO TEMPO VENERDÌ 4 APRILE 2014 il Fatto Quotidiano GIUSTAMENTE L’ANTICIPAZIONE Boff, il “nemico” di Ratzinger di Luigi Zoja e Leonardo Boff Z OJA: Nel 1981, dopo la pubblicazione del tuo libro Chiesa: carisma e potere sono cominciati i guai con il Vaticano. Ratzinger, diventato nel frattempo prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ti ha convocato a Roma il 7 settembre 1984 per un colloquio chiarificatore su “alcuni problemi sorti dalla lettura del libro”. I punti controversi riguardavano essenzialmente la struttura della Chiesa, la concezione del dogma e l’esercizio del potere sacro. Nel marzo del 1985 la Congregazione rende noto che le idee espresse nel volume “sono tali da mettere in pericolo la sana dottrina della fede” (...). Un inasprimento dovuto all’ascesa al soglio pontificio di Karol Wojtyla? BOFF: Ratzinger era molto amico di Wojtyla (...) Quando Wojtyla e diventato papa, lo ha fatto subito cardinale e alla fine del 1981 lo ha chiamato a Roma per assumere la presidenza della Congregazione per la dottrina della fede. In quell’occasione gli avevo scritto una lettera per esprimergli la mia gioia, perché anni prima, in Germania, lo avevo apprezzato per le sue idee progressiste (...) Qualche tempo dopo mi ha scritto per dirmi che c’era un processo pendente contro Chiesa: carisma e potere. Allora ho pensato: “E cambiato totalmente”. La lettera aveva un tono imperioso: Ratzinger voleva che andassi a Roma a difendere il mio libro, che era stato tradotto in svariate lingue. Gli ho chiesto se era un incontro informale o ufficiale, e lui: “No, e un processo dottrinale”, e mi ha mandato il testo della convocazione. Dovevo rispondere punto per punto per iscritto e poi preparare una difesa orale. L’incontro a Roma era fissato per il 5 settembre 1984, ma quel giorno io avevo già un impegno con l’associazione delle prostitute, che avevano ricevuto l’appoggio della Conferenza episcopale brasiliana in quanto vittime dello sfruttamento. Ho scritto a Ratzinger che non potevo, lui mi ha mandato un telegramma per dirmi che la Chiesa doveva venire prima di tutto, e io ho risposto che, secondo le parole di Gesù, le prostitute hanno la precedenza nel Regno dei cieli. Allora abbiamo spostato la data dell’incontro al 7 settembre. La convocazione non era casuale: una settimana prima del “dialogo” (lo chiamano cosi, ma e un processo) Ratzinger aveva pubblicato il documento Libertatis Nuntius contro la teologia della liberazione. La condanna del mio libro era un pretesto per colpire la Conferenza episcopale brasiliana (...) i vescovi facevano fronte comune contro la dittatura militare e collaborava- Leonardo Boff LaPresse L’ERA WOJTYLA Nel 1984 il teologo della Liberazione fu processato dall’allora Prefetto per la congregazione della Fede. Il racconto in un libro-intervista TRA ERESIA E VERITÀ Leonardo Boff, Luigi Zoja Chiarelettere pag. 160, € 10,00 no con i teologi. Ho assistito a una discussione durissima fra due cardinali brasiliani e Ratzinger, il quale era contrariato nel vederli al fianco di un teologo sospettato di relativismo dottrinale. Li chiamò Castore e Polluce, i due gemelli della mitologia greca, e loro replicarono: “Noi invece siamo cristiani, come Cosimo e Damiano, i gemelli martiri venerati dalla Chiesa. Siamo qui per testimoniare che la teologia della liberazione e un bene per le comunità dell’America latina. Se ci sono degli errori li correggeremo, però vogliamo stare con il nostro teologo, perche non si tratta solo di Boff, ma di un movimento che comprende moltissime comunità di base” (...) Ratzinger disse che una delle sue funzioni come prefetto della Congregazione era quella di interrogare, e non voleva che i due cardinali fossero presenti perché avrebbero preso le mie difese (...) A un certo punto eravamo tre contro uno, il povero Ratzinger tremava perche Arns gli disse schiettamente: “Signor cardinale, questo documento non rappresenta la teologia della liberazione che noi conosciamo. Avete ascoltato soltanto la versione della borghesia conservatrice e dei militari dell’America latina, che ci accusano di marxismo”. Ratzinger rispose: “«Abbiamo consultato molti vescovi che erano contrari, siamo tenuti a fornire loro una risposta”, e Arns replico: “Sono vescovi che non hanno nessun rapporto con le comunità e nessun senso di giustizia sociale. Per noi e importante schierarci con i poveri contro la povertà e a favore della giustizia”. ZOJA: Siete stati accusati di essere marxisti... BOFF: Siamo stati accusati di utilizzare la teologia della liberazione come un cavallo di Troia per diffondere il marxismo fra il popolo e scardinare la fede. Giovanni Paolo II diceva sempre: “Io il marxismo lo conosco”. In quanto polacco era profondamente anticomunista. (...) Per rafforzare la sua svolta conservatrice, Wojtyla favori anche in America latina l’ascesa dell’Opus Dei, trasformata nel 1982 in prelatura personale, (...) un progetto in linea con le aspirazioni degli Stati Uniti, che appoggiavano i regimi di destra in funzione anticomunista. ZOJA: Dopo la condanna del tuo libro, nel 1985 sei stato costretto a osservare un anno di «silenzio ossequioso». Hai accettato (...) Nonostante questo, non ho mai sentito nelle tue parole alcuna avversione per Ratzinger... BOFF: È vero, perché è una persona finissima, elegante, molto gentile. Non alza mai la voce ZOJA: È difficile conciliare quest’immagine di cordialità personale con la durezza disciplinare di Ratzinger e di Wojtyla. BOFF:La mia esperienza mi ha portato a concludere che il potere dottrinale è crudele e senza pietà. Non dimentica niente, non perdona niente, esige tutto. E per raggiungere il suo fine – l’inquadramento dell’intelligenza teologica – si prende il tempo necessario e sceglie i mezzi opportuni. L’aspetto divertente è che, nel periodo in cui ero tenuto a rispettare il “silenzio ossequioso”, Fidel Castro mi invitò a passare quindici giorni con lui (...) Un Parlamento di scambisti del voto di Bruno Tinti n TANTO TEMPO fa scrissi di una studentessa di Giurisprudenza che voleva diventare magistrato e fare il pm. Mi aveva chiesto un parere sulla sua tesi: “Cause dell’inefficienza della giustizia italiana; possibili rimedi”, straordinariamente ben fatta. Un anno dopo mi scrisse una lettera: dalla Svizzera. Aveva trovato un lavoro da cameriera, studiava il francese e si preparava a lavorare in qualche banca (cosa che poi ha fatto davvero: è diventata una funzionaria importante). Ricordo una frase: “Che dei delinquenti potessero emanare leggi che avrebbero avuto l’effetto di portarli in prigione era cosa che nemmeno un’ingenua come me poteva credere. Così ho abbandonato i miei sogni e me ne sono andata: l’Italia non è un Paese in cui una persona onesta può vivere”. Credo che Paola (si chiama così) oggi sarà di nuovo tristissima (e contenta): ha avuto ragione quando ha deciso di fare la “fuoriuscita”. La Camera (tutti d’accordo meno M5S) ha fatto proprie le richieste di B&C in materia di voto di scambio. Il politico che promette di mettersi a disposizione di un’associazione mafiosa in cambio di voti non è punibile se poi i voti non gli vengono dati. Questi protettori di scambisti dunque hanno stabilito che: 1) Se uno scambista promette ai mafiosi di darsi da fare nel loro interesse è una persona indegna se i mafiosi lo remunerano con il voto; mentre, se gli preferiscono qualcun altro, allora è una brava persona. Il problema quindi non sta nel rappresentante del popolo, un bieco individuo disposto a vendersi; sta nel delinquente che, per ragioni sue, non si fida di lui. Insomma chi va in uno switch club è un pervertito se la donna di qualcun altro gli si concede; ma, se va in bianco, è un morigerato padre di famiglia. 2) Lo scambista mancato che arriva comunque in Parlamento ha una moralità garantita dal fatto di essere stato schifato dai mafiosi: mai più proporrà scambi di sorta poiché il rifiuto lo ha certamente vaccinato. Ora, è vero che le donne più one- ALLA CAMERA L’ultimo capolavoro: il politico che promette fedeltà alla mafia in cambio di voti non è punibile se poi i voti non gli arrivano L’aula di Montecitorio Ansa ste sono le puttane ravvedute (per restare in tema). Ma, secondo quanto prevede il testo elaborato dalla commissione Giustizia della Camera, lo scambista non deve ravvedersi per essere non punibile; è sufficiente che la sua offerta non sia accettata. Insomma, la puttana che si offre ma è rifiutata cessa di essere puttana. n LA COMMISSIONE si è fatta carico anche di un altro problema che angosciava gli scambisti. Il fatto è che, come avevo suggerito su questo giornale nel dicembre 2012 al tempo della legge Severino, la nuova legge prevede che il voto di scambio sia reato anche se lo scambista lo ripaga non con denaro (caso ovviamente inesistente) ma con qualsiasi tipo di prestazione (la norma parla di “utilità”). Il che rende effettivo il pericolo di essere acchiappati e condannati. La pena prevista va da 7 a 12 anni, tale da assicurare in concreto la prigione. Ma i protettori degli scambisti hanno proposto di modificarla: da 4 a 10. Ragioni di equità? Macché: come tutti sanno, con pene fino a 4 anni non si va in prigione: affidamento in prova al servizio sociale. E siccome le attenuanti generiche non si negano a uno scambista incensurato (sono sempre incensurati, li salva la prescrizione), questo vuol dire che gli si possono ficcare anche 6 anni; meno un terzo per via delle attenuanti, uguale 4: nix galera. Paoletta mia, quanto avevi ragione! CORSI E RICORSI La nostra civiltà rischia il collasso Ce lo dice un modello matematico di Marco Vitale stato pubblicato il 19 marzo da Human and Nature È Dynamics, un rapporto di gran- de interesse sul collasso delle civiltà, in presenza di elevate differenze economico-sociali e di un uso non sostenibile di risorse naturali. Parte della stampa attribuisce il rapporto alla Nasa, maè impreciso. Lo studio è stato, in parte, finanziato dal Goddard Space Flight Center della Nasa e ciò aggiunge credibilità, ma si tratta di uno studio indipendente, di altissimo livello, condotto da un gruppo di studiosi di diverse discipline guidato dall’insigne matematico dell’Università del Maryland Safa Motesharrey. Lo studio parte dall’esame dei maggiori collassi di civiltà del passato. Apprendiamo così che, contrariamente alla convinzione comune, i collassi di civiltà, negli ultimi 5.000 anni, oltre ai classici collassi che tutti conosciamo, Impero Romano e Maya, sono stati numerosi e distribuiti in tutto il pianeta, dalla Mesopotamia all’Egitto all’India, al continente ameri- cano, alle civiltà cinesi. In generale questi collassi comportano un drammatico impoverimento della popolazione, una fortissima riduzione del numero degli abitanti, un regresso delle conoscenze e delle capacità tecniche e mediamente il ciclo regressivo dura dai 300 ai 500 anni. In alcuni casi ha portato alla scomparsa totale della relativa civiltà. LO STUDIO cerca di individuare alcune cause comuni di questi collassi e di razionalizzarle in un modello matematico sofisticato formato da un certo numero di equazioni (chiamato modello Handy o Human and Nature Dynamics). Oltre alle varie cause specifiche e contingenti, lo studio ne identifica due che sono presenti nella maggioranza dei casi esaminati: lo stress ecologico dovuto a uno sfruttamento non sostenibile delle risorse naturali e la concentrazione della ricchezza in un numero ristretto di élite (i ricchi) che si contrappongono alla massa impoverita (o commoners, i poveri). L’esasperazione di una di queste due cause può anche da sola portare al collasso ma, di solito, si presentano insieme e l’una alimenta l’altra. Forte di questa strumentazione storica, concettuale e matematica lo studio applica il modello alla nostra civiltà, sviluppando e arricchendo il modello “predatore, preda” sviluppato nel 1925 e 1926 da due matematici, Alfred Lotka e Vito Volterra. Le elaborazioni del modello, applicato a diversi scenari, portano alla conclusione che, nella nostra situazione attuale, caratterizzata da un super sfruttamento della natura e una crescente concentrazione della ricchezza, il collasso è difficile da evitare. Come è successo in passato, le élite non affrontano il problema perché la ricchezza accumulata permette loro di non percepire i pericoli mentre montano: “La protezione della ricchezza accumulata permette alle élite di continuare business as usual nonostante la catastrofe incombente”. La catastrofe è incombente, ma per evitarla sarebbe necessario: (a) ridurre lo sfruttamento della natura a un livello sostenibile; (b) distribuire le risorse econo- LO STUDIO USA La storia insegna che lo sfruttamento non sostenibile delle risorse naturali e la concentrazione della ricchezza sono letali miche in modo molto più equo; (c) diminuire la crescita della popolazione mondiale. Poiché nessuno di questi obiettivi è facilmente realizzabile con le buone maniere e con la forza della sola ragione, il collasso, se non inevitabile, è probabile. Credo che gli specialisti di questi modelli matematici potranno criticare e contestare certi passaggi di questo studio, e sono anche convinto che lo studio, pur sofisticato, non tiene conto di variabili imprevedibili e non riconducibili al modello stesso, ma esso rimane di grande stimolo a riflettere sui problemi veri della nostra epoca e sulle sfide che dobbiamo affrontare per non soccombere come è successo a tante civiltà del passato. Esso ci fa così riflettere anche su quante energie spendiamo in relazione a delle autentiche banalità. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano 19 VENERDÌ 4 APRILE 2014 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo DIRITTO DI REPLICA / 1 Nell'articolo di Marco Travaglio “Che fai, li cacci?”, pubblicato il 3 aprile marzo scorso, mi si attribuisce la paternità della riforma del Titolo V della Costituzione (“le follie della Bassanini del 2001”). Stupisce che anche Travaglio, che conosco come persona seria e documentata, confonda la riforma Bassanini del 1997 con la riforma del titolo V del 2001. Di quest'ultima non ho alcuna responsabilità: altri la firmarono e la seguirono in Parlamento (il ministro delle Riforme istituzionali dell'epoca), anzi io fui l'unico, insieme a Vincenzo Visco, a sostenere, in Consiglio dei ministri che era meglio lasciarla cadere, dopo che era risultato evidente che sarebbe stata approvata con una ristretta maggioranza e che sarebbe stato impossibile correggere al Senato le diverse disposizioni stravaganti introdotte in prima lettura alla Camera: sottolineai anche che si creava così un precedente pericoloso, quello di riforme costituzionali adottate a colpi di maggioranza. La riforma Bassanini del 1997, viceversa, non modificava nessuna disposizione della Costituzione del 1948: ma conteneva numerose disposizioni di riassetto del sistema amministrativo (autocertificazione, firma elettronica, semplificazioni normative e burocratiche, decentramento amministrativo), compreso un trasferimento alle Regioni e agli enti locali di una serie di funzioni amministrative, nell’ambito e nel rispetto delle disposizioni della Carta costituzionale del 1948. Di essa ho ovviamente la paternità; ma nulla ha a che fare con la riforma del titolo V, che ha invece riformato profondamente la ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni. Aggiungo che, negli anni immediatamente successivi, ho più volte proposto, insie- me al collega Massimo Villone, disegni di legge di revisione del nuovo titolo V, simili a quello oggi proposto dal Governo Renzi. Sono stato poi uno dei principali promotori del referendum popolare del 2006 (ero il portavoce del Comitato promotore, presieduto da Scalfaro), che ha bocciato la riforma costituzionale (cosiddetta “Devolution”) sostenuta dal governo Berlusconi: referendum che, mi par di capire , Travaglio apprezza. La proposta del Governo, a parte dettagli che lo stesso Governo dichiara correggibili, è – a mio sommesso avviso – coerente con quel referendum. Che non poteva e non può essere interpretato come arroccamento in una acritica difesa della DIRITTO DI REPLICA / 2 Egregio Dott. Barbacetto, ho letto con interesse e con metà labbra sollevate in un mezzo sorriso il Suo articolo. Mi permetto di fare delle precisazioni che secondo me sono importanti, soprattutto quelle che non riguardano me direttamente. La prima è che il primo comunicato Tod's è stato il Sole 24 Ore a diffonderlo e non Il Giornale e la Reuters. Le altre precisazioni riguardano il fatto che Lei dica che il mio nome non apparirà mai nella finanza italiana. Devo smentirLa perché è già apparso, proprio come ha scritto Lei, centinaia e centinaia di volte. Altra precisazione riguarda le varie ville dei personaggi che ha citato. In alcuni di questi articoli, Le sgridate di Renzi e di Grillo CARO FURIO COLOMBO, non le sembra una dichiarazione molto rivelatrice quella della Serracchiani, sul vago concetto di democrazia nelle nuove menti dirigenti, quando lei dice prima che il presidente del Senato non può intervenire in un dibattito “perché di garanzia”, e poi che dovrebbe ricordarsi, quando parla, di essere stato eletto dal Pd? Offuscamento da troppo, improvviso potere? Giampiero INFATTI LA SGRIDATA di Debora Serracchiani al presidente del Senato è sembrata a molti fuori posto, per le due ragioni sbagliate e contrapposte: il dover tacere per rispetto al ruolo di garante e il dover parlare con il linguaggio del partito che ti ha eletto nel ruolo di garante. Senza dubbio un errore, ma non un errore solitario. Matteo Renzi forse può essere scusato perché più giovane persino della Serracchiani, ma aveva appena dedicato ad alcuni personaggi noti e celebri della vita culturale italiana e internazionale la definizione di “professoroni” (completata dal dubbio che poi lo siano davvero) perché colpevoli dell'inaudito intento di dargli torto. E anche nella conferenza stampa da Londra aveva inserito una frase che molti prendono per determinazione e (finalmente!) risolutezza, ma che è certamente poco democratica: “Noi lasciamo che si discuta finché si vuole. Ma poi state sicuri che si farà esattamente ciò che abbiamo detto e deciso. Indietro non si torna”. E ha concluso con il nuovo slogan. Tutto ciò che sta accadendo non lo chiede più l'Europa, pallida scusa di Monti e di Letta. “Ce lo chiedono gli italiani”. Qui il mini insulto della Serracchiani al presidente del Senato, il dare le spalle ai più ap- la vignetta Carta del 1948 così come è (non a caso il Comitato promotore aveva come nome “Salviamo la Costituzione, aggiornarla non demolirla”). Il modo migliore di difendere la Costituzione è infatti di tenerne fermi i valori e i principi, ma ammodernare gli strumenti istituzionali, legislativi e amministrativi che consentono di dare a quei valori e a quei principi concreta traduzione nella realtà del nostro Paese. Franco Bassanini come potrà vedere dal web, ci sono le dichiarazioni dei vari protagonisti (Friedman, Veronesi, Berlusconi, ecc.). Altre precisazioni sono.... secondo Lei come facevo a fare uscire tutti quegli articoli? Lasciando stare i nomi dei vip che possono suscitare curiosità fra i giornalisti, ma parlando di finanza, perché giornali importanti come Il sole 24 ore, MilanoFinanza, e altri giornali economici hanno supportato la mia ascesa mediatica? Ultima cosa. la scommessa sulla Presidenza Unicredit. I collaboratori che hanno perso la scommessa erano circa una sessantina. Alessandro Proto Proto non ha mai compiuto operazioni finanziarie, ma è riuscito a farsi pubblicare molti comunicati dai giornali. I dati sulle aziende citate e sui giornali che li hanno ripresi li abbiamo fedelmente ricavati dalla delibera Consob. il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Antonio Padellaro Vicedirettore Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Caporedattore centrale Ettore Boffano Caporedattore Edoardo Novella Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: segreteria@ilfattoquotidiano.it - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente: Antonio Padellaro Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Luca D’Aprile, Peter Gomez, Marco Tarò, Marco Travaglio (gb) prezzati costituzionalisti italiani da parte di Renzi, e il suo avvertimento che tanto nulla e nessuno potrà cambiare il destino (perché gli italiani, tranne quelli chiusi fuori dalle fabbriche e preoccupati per la cassa integrazione, stanno chiedendo le sue riforme) si salda con la fiducia che Grillo fa sapere di nutrire per i prossimi eletti nella sua lista, destinazione Strasburgo. Fa sapere che se sgarrano rispetto agli ordini del capo, non solo vengono espulsi all'istante, perché devono intendersi come personale politico teleguidato, ma sono anche tenuti, con contratto privato notarile, a pagare una multa di 250 mila euro a Grillo e Casaleggio. Il doppio fenomeno (da una parte e dall'altra dei due principali schieramenti contrapposti) è nuovo. Ha in comune la minaccia di punizione in caso di indisciplina anche lieve (“Alla prima che mi fai ti licenzio e te ne vai”) ma è rovesciata. Da un lato il capo promette di punire anche duramente il reietto e, presumendo che entri in politica solo per guadagnare, lo obbliga a versare, prima di andarsene, una notevole cifra. Dall'altra la minaccia è: “Se è così, me ne vado dalla politica. La mia vita politica finisce qui”. “O mangiate la mia minestra o salto io dalla finestra”. Ovvero sul lato Renzi la punizione è che se ne va lui. Ripete la frase drammatica ma un po' ovvia “io ci metto la faccia”. Ovvia perché si sono visti gli “occupy” mascherati, ma non ancora i politici mascherati. Domina comunque la sgridata come diffuso strumento di comunicazione politica. Forse sono sacchetti di sabbia contro l'esondare dell'antipolitica. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 lettere@ilfattoquotidiano.it Una casta minore con la stessa rapacità Indagini e avvisi di garanzia si susseguono, e il tintinnio di manette fa da colonna sonora alle attività di quasi tutte le assemblee regionali. Quella che emerge è una casta, meno importante di quella nazionale, ma non meno avida e spregiudicata. A leggere i capi di accusa, oltre a peculato, falso e truffe, le somme sottratte da questi galantuomini sono spesso spiccioli. Di questo passo, se non si vorranno azzerare i vari Consigli, sarà bene fissare una soglia di tolleranza per le piccole ruberie generalizzate. Con i soldi pubblici comprano mutande, aperitivi, cravatte. I più audaci si fanno rimborsare le notti d'amore con l'amante. Sembrano istinti compulsivi da cleptomani ricchi, o una sorta di pulsione al taccheggio nel supermercato che il potere mette a disposizione. È una gozzoviglia vergognosa, ma anche ridicola, che dà la misura del livello di squallore raggiunto dalla "casta" minore. L'impressione è che questi abbiano perso ogni freno, sopraffatti dall'euforia come ladruncoli in un self-service incustodito, con licenza di arraffare impunemente ciò che vogliono. Si sono assegnati lauti compensi e privilegi, eppure sembrano solo poveracci. Generano rabbia e disgusto per come vivono il ruolo nelle istituzioni, ma anche tristezza e incredulità, per il livello di miserabile abiezione che hanno raggiunto. È bene ricordarlo alle prossime elezioni. Mario Frattarelli Bagnasco e Giannini, giusto il no agli opuscoli Sul “Fatto” leggo una lettera di Renato Pierri concernente gli opuscoli diffusi dall'Unar, tra i docenti delle scuole, senza l'approvazione del ministero dell'Istruzione. Quegli opuscoli in teoria avrebbero dovuto educare alla diversità per combattere le discriminazioni, ma in realtà davano una lettura ideologica della famiglia. Si consigliavano le fiabe gay alle materne, problemini di aritmetica con personaggi omosessuali alle elementari, film transgender alle superiori, le parole padre e madre cancellate, via le fiabe dove il principe sposa la principessa per non favorire lo stereotipo della famiglia etero ecc. Per non parlare delle religioni, considerate omofobe. In realtà il ministro Stefania Giannini non si è opposta alla distribuzione degli opuscoli per le proteste del Cardinal Bagnasco, caso mai ha recepito quelle di decine di migliaia di famiglie che minacciavano di ritirare i figli dalla scuola. L'educazione alla diversità va bene, ma deve essere concordata anche con le associazioni dei genitori e non solo con quelle gay o con "esperti" come Luxuria. Ivan Devilno Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 lettere@ilfattoquotidiano.it Abbonamenti COME ABBONARSI FORME DI ABBONAMENTO • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 290,00 € Prezzo 220,00 € Prezzo 200,00 € • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 170,00 € Prezzo 135,00 € Prezzo 120,00 € • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 € Prezzo 320,00 € • 7 giorni • 6 giorni • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 € Prezzo 180,00 € • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 305,00 € Prezzo 290,00 € • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 185,00 € Prezzo 170,00 € • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento digitale settimanale Prezzo 4,00 € • 7 giorni • Abbonamento digitale mensile Prezzo 12,00 € • 7 giorni • Abbonamento digitale semestrale Prezzo 70,00 € • Abbonamento digitale annuale Prezzo 130,00 € Oppure rivolgendosi all’ufficio abbonati tel. +39 0521 1687687, fax +39 06 92912167 o all’indirizzo mail: abbonamenti@ilfattoquotidiano.it • Servizio clienti assistenza@ilfattoquotidiano.it MODALITÀ DI PAGAMENTO • 7 giorni • 7 giorni * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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Les. 196/2003): Antonio Padellaro Chiusura in redazione: ore 22.00 Certificato ADS n° 7617 del 18/12/2013 Iscr. al Registro degli Operatori di Comunicazione al numero 18599 • Bonifico bancario intestato a: Editoriale Il Fatto S.p.A., BCC Banca di Credito Cooperativo Ag. 105, 00187 Roma, Via Sardegna n° 129 Iban IT 94J0832703239000000001739 • Versamento su c. c. postale: 97092209 intestato a Editoriale Il Fatto S.p.A. 00193 Roma , Via Valadier n° 42, Dopo aver fatto il versamento inviare un fax al numero +39 06 92912167, con ricevuta di pagamento, nome, cognome, indirizzo, telefono e tipo di abbonamento scelto • Pagamento direttamente online con carta di credito e PayPal.
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