È TUTTO UN VOTO DI SCAMBIO

Draghi annuncia che la Bce è pronta a misure straordinarie per sostenere
la ripresa. Per una volta anche Berlino è d’accordo: la crisi spaventa anche loro
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Venerdì 4 aprile 2014 – Anno 6 – n° 93
€ 1,30 – Arretrati: € 2,00
Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma
tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)
Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
È TUTTO UN VOTO DI SCAMBIO
Il Caimano non molla: se il 10 aprile scatterà l’arresto, candiderà uno dei figli. Se ci sarà
un rinvio, farà campagna elettorale. Ieri due incontri ravvicinati: al Colle sale il Guardasigilli,
Verdini dal premier. E la Camera riduce le pene per i politici che trattano con la criminalità
d’Esposito, Fierro, Marra e Nicoli » pag. 2 - 3
NICK O’ MERICANO
Il sistema Cosentino
“Soldi, voti e chi ha
più forza
spara”
Nuovo arresto per l’ex sottosegretario
e leader di Forza Campania:
estorsione per l’affare dei distributori
di carburante nel Casertano
Coinvolti anche due suoi fratelli
e due esponenti del clan Zagaria
Iurillo, Lillo e Postiglione » pag. 4
» LA FRODE DI SILVIO
U di Bruno Tinti
» MARKETING
Il Tribunale
di sorveglianza
e il rebus dei 5 giorni
L’AUTOTUTELA
DI UNA CASTA
DI SCAMBISTI
Via le Province,
ma soltanto un po’
(e i costi restano)
» pag. 18
Mascali » pag. 3
Palombi » pag. 5
» FARNESINA » Piano tagli ai dipendenti
» EMERGENZA » Il sindaco in Procura
I maxi-stipendi
degli ambasciatori
senza ambasciata
“Roma sarà invasa
dai rifiuti”: Marino
chiede aiuto ai pm
Il ministro Mogherini
promette un risparmio
di 108 milioni in tre anni
Carriere, privilegi
e residenze da nababbi
delle feluche
italiane Schiesari » pag. 8
L’ipotesi di riaprire
Malagrotta seguendo
il “modello-Ilva”:
far lavorare la discarica
nonostante sia stata
chiusa per rischio
ambientale Pacelli » pag. 9
GIOCHI PERICOLOSI
Scaroni, da Renzi
l’onore delle armi
ma non la conferma
Di Foggia » pag. 10
VOGLIAMO I COLONNELLI
» PORNOWEB
Caso baby-squillo,
i clienti le votavano
sui siti di annunci
Marce, principi neri, tank
e Serenissimi: la sindrome
del golpe alla Tognazzi
Nel paese dell’ideologo
Flavio Contin si stringono
tutti attorno al loro capo
e agli altri arrestati
E la Regione Veneto
chiede lo Statuto
speciale
Vecchi » pag. 6
di Pino
» pag. 8
Corrias
er quanto inarrivabili
nella loro commovente
demenza, gli eroi veneti della
pala cingolata hanno una intera tradizione di golpe e rivoluzioni.
» pag. 6 - 7
LA CATTIVERIA
P
Elisabetta II incontra
Napolitano.
“Davvero sei re da soli
otto anni?”"
Tognazzi in “Vogliamo i colonnelli” di Monicelli
» www.spinoza.it
Oh, stellino!
di Marco Travaglio
a nostra ben nota ammirazione per Piero
Ostellino si sta trasformando in vero e proL
prio culto della personalità: i suoi ultimi interventi sul Corriere e anche fuori fanno di lui un
mito vivente. Specie la sua adesione al “contromanifesto dei liberali” pubblicato ieri dal Giornale di Sallusti (noto epigono delle scuole crociana ed einaudiana, corrente Santanchè) in polemica con quello di Libertà e Giustizia sottoscritto da Zagrebelsky, Rodotà, Pace, Carlassare
e altri sulla “svolta autoritaria”. Questi autonominati “liberali” – tali Bedeschi, Berti e Cofrancesco – hanno imbarcato, per far numero, il socialista Luciano Pellicani, che tutti ricordano alla
corte molto liberale di Craxi. Sono i liberali alle
vongole che esercitano in Italia la funzione opposta a quella degli intellettuali nelle democrazie
liberali: bastonano qualunque opposizione e difendono chiunque stia al potere. Non propongono mai un’idea, una riforma, una trovata, un
aforisma, una didascalia. Ma trovano “intollerabile”, “ridicolo”, “grottesco” che Zagrebelsky
& C. osino criticare le riforme Renzusconi, “senza averne l’autorità morale né il prestigio intellettuale”. Poteva mancare, nell’allegra brigata,
Ostellino? No che non poteva. Lui del resto di
autorità morale e prestigio intellettuale ne ha da
vendere. Un giorno tuonò contro il malvezzo illiberale di multare i pirati della strada (“il limite
di velocità è diventato una forma di lotta di classe
e l’autovelox l’incrociatore Aurora che dà il via
alla rivoluzione egualitaria”): un vigile comunista doveva averlo multato perché sfrecciava ai
200 all’ora. Un’altra volta svelò l’origine, tutta
morale e intellettuale, della sua atavica avversione per la magistratura: “Mi è bastato di averci
avuto a che fare una sola volta per convincermene”. Fu quando denunciò Dagospia per diffamazione, vinse la causa, incassò un lauto risarcimento, poi però in Cassazione la somma “fu
ridotta a meno di un terzo di ciò che aveva già
fissato la seconda sentenza che aveva già ridotto
d’un terzo l’indennizzo della prima”. E lo sventurato dovette “restituire pressoché tutto ciò che
avevo incassato” e magari speso. Incredulo e inconsolabile dinanzi a tre gradi di giudizio che
non si limitano a fotocopiare i verdetti del grado
precedente (perché “si perviene a sentenze poi
smentite anni dopo”?), Ostellino si dipinse come
un Solgenitsin perseguitato “perché politicamente antipatico” e mise gli eventuali lettori a
parte del suo dramma, forse sperando in una colletta. Ma sempre animato dal più assoluto disinteresse personale, nonché da robuste dosi di
autorità morale e prestigio intellettuale. Infatti
ultimamente è impegnatissimo in una campagna all’arma bianca contro il contributo di solidarietà di qualche spicciolo richiesto da Renzi
ai pensionati da 2.500 euro in su. Tipo lui, per
esempio. Al tema ha già dedicato tre articoli in
nove giorni, e non ha mica finito. Nel primo definisce “il prelievo sulla mia pensione” un atto
illiberale di “confisca” degno del “dirigismo” dei
“sistemi socialisti”, del “giacobinismo”, del “Terrore” e del “totalitarismo”. Seguono le consuete
citazioni col copia-incolla dei soliti “Burke, Constant, Tocqueville”, con preoccupante trascuratezza per Stuart Mill che lui tira sempre in ballo
quando qualcuno gli pesta un callo. Nel secondo,
risponde ai lettori che l’hanno insultato per il
primo e, già che c’è, dà una sistemata alla “cultura
pauperista, a metà (ancora fascista) e per l’altra
metà catto-comunista”. Poi respinge l’accusa di
badare solo al proprio “orticello”: “Io difendo i
diritti e le libertà dell’uomo qualunque che il dispotismo burocratico tiranneggia”, e pazienza se
l’uomo qualunque si chiama Ostellino Piero. Càpita. La chiusa è tipicamente liberale: “Affogate
pure nel vostro sinistrismo parolaio. Io mi sono
scocciato. Andate al diavolo!”. Nel terzo, rimedia
a una dimenticanza degli altri due e accomuna
“la sinistra renziana” (un ossimoro) all’“egualitarismo totalitario comunista”. Ora si spera che
la sua callista giacobina non gli infiammi il durone che ha sull’alluce, sennò chi lo sente.
2
TUTTI D’ACCORDO
VENERDÌ 4 APRILE 2014
Procura spaccata
Il Csm convoca
Bruti e Robledo
IL CONSIGLIO SUPERIORE della
magistratura ha convocato in audizione il procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati, l’aggiunto Alfredo Robledo e il procuratore generale Manlio Minali, nell’ambito del fascicolo aperto a seguito dell’esposto, presentato da
Robledo, che accusa il capo della
Procura di irregolarità nell’assegnazione dei fascicoli.
La prima e la settima commissione
del Consiglio, alle quali è stato assegnata congiuntamente la pratica, avrebbero dovuto ascoltare Minali lunedì prossimo. Poi, su richie-
il Fatto Quotidiano
sta del Pg di Milano di poter disporre di più tempo (oltre alla convocazione, gli è stata chiesta una
relazione sulla situazione alla procura di Milano), i consiglieri di Palazzo dei marescialli hanno aggiornato i due appuntamenti al 14 e al
15 aprile.
IL COSTITUENTE È PREGIUDICATO
IL GUARDASIGILLI SALE AL COLLE
B. TEME I DOMICILIARI MA SPERA CHE LA DECISIONE SUI SERVIZI SOCIALI NON TARDI
di Fabrizio d’Esposito
isperato Condannato no stop. Nei
racconti di chi ha
sentito o visto Silvio Berlusconi in queste ore,
siano essi fedelissimi del cerchio magico oppure ex falchi
adesso colombe filorenziane,
c’è un primo, comune dato che
erompe con forza: “Berlusconi
non si rassegna al fatto che
debba scontare i domiciliari o
fare i servizi sociali. Lo dice da
statista e da uomo innocente,
perché voi giornalisti vi ostinate a non capirlo?”. Detto questo, il percorso dei prossimi
giorni è avvolto nel caos più
completo. Per un semplice motivo, come spiega un parlamentare di rango a microfoni
spenti: “Nel berlusconismo
non esiste mai una sola verità”.
Tutto è relativo, insomma.
D
UNA CERTEZZA però c’è. Ed è
quella data scolpita nel calendario dell’ex Cavaliere: 10 aprile. Udienza del tribunale di sorveglianza di Milano. Servizi sociali o domiciliari? I primi presuppongono un pentimento
che nel carattere del Condannato non è mai stato preso in
considerazione. Di qui la mossa disperata di andare al Quirinale mercoledì pomeriggio.
Tra i berlusconiani le versioni
sul colloquio sono principalmente due. Una, la meno gettonata, è però molto raffinata:
nega che B. abbia chiesto qualcosa e addebita a Napolitano le
voci circolate dall’altro giorno
perché “il capo dello Stato non
ama né Renzi né Berlusconi”.
L’altra è quella più diffusa e credibile. La richiesta della grazia
e, soprattutto, quella della possibilità di differire in un modo o
nell’altro la decisione dei magistrati di sorveglianza e partecipare così alla campagna elettorale delle Europee. Il sogno di
un atto di clemenza da parte del
Quirinale non è mai tramontato a Palazzo Grazioli e quando ieri pomeriggio il capo dello
Stato ha incontrato il Guardasigilli Andrea Orlando sono
stati in molti a fare uno più uno.
rientrato con un dolore al ginocchio, adesso si chiama arresti domiciliari. Anche per
questo, Berlusconi vuole sapere
prima della presentazione delle
liste cosa farà il tribunale di sorveglianza. L’ex Cavaliere è convinto che una misura del genere, i domiciliari, aprirà una voragine nel partito. Non c’è solo
il problema di evitare un tracollo elettorale di Forza Italia
alle Europee (di scendere cioè
sotto quota venti per cento). Il
film del 27 novembre, quando
sulla decadenza si è consumata
la scissione di Alfano, ha insegnato a Berlusconi che nulla è
scontato. E così cominciano a
circolare le liste di quelli che,
tra parlamentari e non, potrebbero lasciare la nave azzurra
che affonda. Alfano ha già lanciato un messaggio in questa
direzione, ma per i fedelissimi
di B. alcuni potrebbero abbracciare direttamente Renzi e il
renzismo.
Scenari foschi, che non aiutano
l’umore. Il Condannato è descritto come “incazzato nero”.
Per il muro che Napolitano ha
eretto alle sue richieste e anche
per l’esito della missione di
Verdini e Letta a Palazzo Chigi
dal premier. Per le colombe fi-
ORE DISPERATE
LA REPLICA
L’incastro
con le Europee
lo preoccupa
Per il ministro Orlando
l’incontro al Quirinale
era fissato da tempo
fatto
a mano
Orlando però smentisce nella
maniera più categorica: “Era
un appuntamento fissato da
tempo. Abbiamo parlato di
carceri e altri temi ma non di
Berlusconi e del 10 aprile. Assolutamente”.
Ma il vero dramma che si sta
profilando tra Palazzo Grazioli,
la residenza romana di B., e Arcore, dove il Condannato è
Silvio Berlusconi teme
per l’esito della decisione
del tribunale di sorveglianza e per le Europee LaPresse
lorenziane di FI sono “Brunetta, Romani e Toti” quelli che
spingono alla rottura totale.
Modello, appunto, 27 novembre. Ma tutto questo non farebbe altro che aumentare l’isolamento del Condannato. Una
tentazione rischiosa. Semmai,
per i berlusconiani moderati,
l’unica strada percorribile è
quella di mantenere il patto con
Renzi e ottenere che si voti prima l’Italicum e poi la Grande
Riforma. Il solito tormentone
che non aiuta ad abbassare la
tensione in vista del 10 aprile.
Tutto ruota attorno alla decisione che arriverà a partire da
giovedì prossimo. Con Berlusconi ai domiciliari, potrebbe
tornare l’ipotesi dinastica in lista, per arginare il temuto crollo causato dal Condannato immobile ad Arcore, residenza
prescelta per la reclusione domestica. Il nome è sempre quello di Barbara, figlia di secondo
letto. Ma per i fedelissimi l’opzione dei figli (non solo Barbara) “non esiste per le Europee”.
La soluzione ereditaria spunterà per le Politiche, quando ci saranno. Non prima. Solo a quel
punto, il Condannato spingerà
in pista un familiare. Qualcuno
sostiene di sapere già il nome
“ma il tema non è attuale ed è
troppo presto”. Per il momento
il quesito principale resta uno
solo: il presunto riformismo
istituzionale dell’ex Cavaliere
reggerà all’urto della misura
che verrà scelta a Milano tra il
10 e il 15 aprile? Sempre che
non ci siano altre sorprese.
#silviostaisereno, Renzi blandisce lo statista
IL PREMIER VEDE VERDINI E LETTA, VA IN TV E USA TONI SOFT SULL’EX CAVALIERE: TUTTO PUR DI ARRIVARE ALLE EUROPEE SENZA DANNI
di Wanda
Marra
pero che Silvio Berlusconi resti nell’accorS
do, ma dovete chiederlo a lui”. Matteo Renzi a Otto e Mezzo la mette così. Dopo la salita al
Colle di Berlusconi per perorare la sua causa,
dopo il suo incontro a Palazzo Chigi con Denis
Verdini e Gianni Letta, il presidente del Consiglio si mostra ottimista. Ma non assertivo. “Il
punto non è cosa fa Fi, ma cosa fa l’Italia”. Ma
soprattutto: “No, non mi preoccupo di quello
che accade il 10 aprile”. Il 10 aprile è il “D-day”,
il giorno in cui il Caimano potrebbe finire ai
domiciliari o ai servizi sociali. Reggerà il patto
del Nazareno, quello sul quale il governo conta
per fare le riforme? Nessuno può esserne certo
fino in fondo. Quello che è piuttosto evidente è
che Renzi va avanti come “un rullo compressore” (espressione sua). Ieri però gli ambasciatori azzurri li ha ricevuti. Hanno parlato di
riforme e legge elettorale, dicono i resoconti
ufficiali di Palazzo Chigi.
“Bene, l’incontro è andato bene”, sono i commenti dei fedelissimi di Renzi. Perché, raccontano, sia Verdini che Letta hanno garantito al
presidente del Consiglio il supporto sulle riforme, pur insistendo sul fatto che i vari passaggi sia dell’Italicum che della riforma del Senato vanno concordati insieme. L’incontro, però, è stato interlocutorio. Perché quel che Ber-
lusconi vorrebbe in cambio (dall’agibilità politica al sogno della grazia) il premier non vuole, né può garantirglielo. Quindi, a qualsiasi
“aggiornamento” del patto, ha detto no. Nessuno sa, davvero, come reagirà Berlusconi dopo il 10 aprile: né Renzi, né Napolitano. Dal
Quirinale ribadiscono che non c’è nulla che il
capo dello Stato possa fare a questo punto per il
leader azzurro. E che la sua posizione resta
quella di agosto: ovvero che nell’attuazione della sentenza si tenga in qualche modo conto che
il condannato è un leader di una grande forza
politica. Peraltro, necessario all’ultimo progetto del presidente: le riforme istituzionali.
MA LA MORAL sua-
sion del Colle è partita
soprattutto sul leader
di Fi: è meglio passare
alla storia come il grande padre riformatore,
piuttosto che come un
corruttore e un evasore. In questo senso,
Renzi ha già fatto moltissimo: l’ha sdoganato
vedendolo al Nazareno, non c’è occasione
in cui non ricordi il suo
accordo con Berlusconi e non c’è passaggio in
cui non vada a mediare con Forza Italia. Ma se
tutto questo a B. non dovesse bastare? Tra i
renziani in pochi ci credono. Perché, poi, sono
i ragionamenti, chi dice che con Berlusconi fuori dai giochi i suoi, allo sbando, non sarebbero
ancora più malleabili? Renzi ha tutte le intenzioni di adottare la strategia che gli è più consona: andare diritto come un treno e sfidare il
Parlamento. Lo diceva già ieri mattina a Omnibus il renziano Matteo Richetti: “Noi sulle riforme andiamo a prenderci i voti”.
Se l’accordo regge, Renzi avrà fatto le riforme,
se salta, potrà sempre addossare la colpa del fallimento a
chi non ha mantenuto la parola data e tentare il varo del
piano con la sua attuale maggioranza. Per questo, anche se
sono giorni che Forza Italia
chiede insistentemente un
nuovo incontro tra Berlusconi
e Renzi (proprio nell’ottica dell’agibilità politica), il premier resiste. Non gli conviene, è pericoloso. Si è già esposto troppo vedendolo una
volta. Però, non si sa mai come gira il vento e
soprattutto Renzi non ha nessuna intenzione di
offendere l’altro. Ecco che allora ieri sera, a domanda specifica su un prossimo incontro, risponde così: “Non avrei alcun problema ma
non è previsto”. Perché “Berlusconi ha fatto una
scelta importante, si è seduto al tavolo delle
riforme anche se pensa tutto il male possibile
del governo”.
TUTTO STA , in realtà, a bypassare il prossimo
mese e mezzo. Nel quale Renzi deve raggiungere soprattutto un obiettivo: mettere i famosi
80 euro nelle buste paga degli italiani. Misura
che dovrebbe entrare nel Cdm del 14 o del 15
aprile (martedì prossimo, invece, si vara il Def).
Poi ci saranno le europee: se davvero il Pd sfiora
il 35% e Forza Italia scende vertiginosamente
tra il 15 e il 18, come dicono i sondaggi, c’è da
aspettarsi che delle sorti di
Berlusconi si disinteresserano
serenamente tutti. E a quel
NUOVO INCONTRO?
punto, le riforme si faranno
con una parte di Forza Italia.
“Non avrei alcun problema a un nuovo
Oppure, approfittando del
colloquio col leader di Forza Italia,
vento in poppa, si andrà rama per ora non è previsto”
pidamente alle elezioni.
TUTTI D’ACCORDO
il Fatto Quotidiano
Simboli elettorali:
il Pd s’affida al Pse,
Fi al nome Berlusconi
ALLA FINE IL NOME di Matteo Renzi – nonostante
le uscite di qualche fedelissimo e dello stesso premier – nel simbolo del Pd per le elezioni europee di
maggio non c’è. Una novità, però, va registrata: dopo un decennio di polemiche sulla “collocazione
europea” del centrosinistra e poi del Pd e la decisione di aderire al Partito socialista europeo, il nome del Pse finisce anche sulla scheda elettorale: in
di Sara Nicoli
oveva diventare
un decreto, per
rendere
subito
operativo lo svuotamento del reato di scambio
politico mafioso (416 ter) riscritto (da Alessia Morani del
Pd su ordine di Renzi) per non
disturbare il garantismo peloso di Forza Italia che minacciava sfracelli alla vigilia delle
Europee. Poi ieri, nel giorno
dell’arresto di Nicola Cosentino, Denis Verdini e Matteo
Renzi si sono trovati d’accordo a Palazzo Chigi anche sul
contenuto di questo provvedimento. E sono giunti subito
applausi e approvazione lampo del ddl con una maggioranza bulgara: 310 sì, solo 61
contrari (i Cinque Stelle). Il
momento di maggiore tensione in aula è stato registrato
quando i grillini hanno lanciato accuse di contiguità con le
mafie ai parlamentari del Pd e
di Forza Italia.
D
ORA IL DDL RIPASSA al Se-
PAURA DELL’UTRI
IL 10 APRILE È QUI
Il 15 aprile la Cassazione
giudicherà Marcello Dell’Utri, condannato in appello a 7
anni per concorso esterno
in associazione mafiosa Ansa
nato dove arriverà blindatissimo (l’accordo prevede l’approvazione definitiva la settimana prossima) perché ieri,
durante il Comitato dei Nove
alla Camera, hanno dato il loro
placet al testo finale Forza Italia, Lega e anche Sel. Unici
contrari quell di M5s.
Il testo è un capolavoro d’ingegneria linguistica, con l’emendamento salvifico (e finale) del relatore Davide Mattiello (Pd), che abbassa le pene del
carcere ed elimina il principio
della punibilità del politico che
si mette a disposizione “dell’organizzazione
mafiosa”.
Mattiello ha anche sottolineato che l’intesa Verdini-Renzi
prevede che il governo possa
intervenire comunque per decreto qualora a Palazzo Madama qualcuno non tenesse fede
ai patti; più che testo blindato,
dunque, un’intesa a prova di
Mascali
ei palazzi della politica romana circola insistente la voce
N
che a Milano il tribunale di Sorveglianza rinvierà a dopo le
elezioni europee di fine maggio la decisione su che tipo di pena
3
basso, bianco, su fondo rosso. Ovviamente del tutto opposta la scelta della rinata Forza Italia: il logo è
più o meno quello classico del partito stile 1994, ma
al nome di Silvio Berlusconi – che secondo alcune
analisi vale il 10 per cento dei voti da soli – non si può
proprio rinunciare. Anche se il fu Cavaliere, il 25
maggio, probabilmente potrà muoversi solo col
permesso del magistrato di sorveglianza.
Voto di scambio, pene
ridotte alla Camera
MONTECITORIO CORREGGE IL TESTO DEL SENATO. CANCELLATA
LA NORMA SUL POLITICO CHE SI METTE “A DISPOSIZIONE” DEL MAFIOSO
ACCORDO BIPARTISAN. SOLO PER IL M5S È UN REGALO A COSA NOSTRA
sabotaggio. Le modifiche più
rilevanti sono l’abbassamento
della pena, come si diceva: per
il reato di scambio politico mafioso il carcere sarà non più,
come previsto dal Senato, da 7
a 12 anni, ma passerà da 4 a 10
anni, articolo che l’aula della
Camera ha approvato con 293
sì, 83 no e 2 astenuti. Quanto al
ruolo del politico, è stato così
riscritto: “Chiunque accetta la
promessa di procurare voti
mediante le modalità di cui al
terzo comma dell’articolo
416-ter in cambio dell’erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra
utilità, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
La stessa pena si applica a chi
promette di procurare voti con
le modalità di cui al primo
comma”. C’è poi una terza
modifica: nel testo Senato si
parlava di “qualunque altra
utilità” mentre ora si torna a
“altra utilità”. Soppresse le parole “ovvero in cambio della
disponibilità a soddisfare gli
interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa”. L’articolo
è stato approvato con 305 sì e
71 no. Anche qui, voto bulgaro, suggellato dalle parole di
giubilo di Donatella Ferranti
del Pd, presidente della Commissione Giustizia della Camera: “È una norma di grande
rigore, che permetterà di
stroncare qualunque patto tra
politica e mafia, le modifiche
approvate tengono conto delle
La scelta (di solito) è rapida
di Antonella
VENERDÌ 4 APRILE 2014
similmente, dovrebbe arrivare non oltre una decina di giorni
dalla fine delle discussione, anche perché da codice andrebbe
presa entro 5 giorni.
QUANDO TOCCÒ AL TRIBUNALE di sorveglianza di Roma dover
decidere su Cesare Previti, impiegò esattamente 5 giorni: udienza
far scontare a Silvio Berlusconi.
È la politica che parla e al momento su questo punto sembra il 14 febbraio del 2007 e sentenza il 19 febbraio. Previti fu affidato
farlo a vanvera, anche se il leader di Forza Italia agogna quel alla Ceis di don Picchi e poteva star fuori dalle 7 alle 23. Che cosa
succederà a Berlusconi, ovviamente non si può prevedere. L’urinvio, tanto da essere andato al Quirinale a battere cassa.
Ma al momento le cose stanno diversamente: c’è un’udienza, nica cosa che sembra impossibile, anche se l’ipotesi di scuola
quella del 10 aprile, e potrebbe essere l’unica prima che il col- rimane, è che finisca in carcere. Non tanto per il fattore età,
legio si ritiri per decidere se affidare Berlusconi ai servizi sociali, quanto per la cosiddetta doppia sospensiva indicata, contro il
quali fargli fare e in che modo. Oppure se mandarlo agli arresti parere dei suoi pm, dal procuratore Edmondo Bruti Liberati, e
domiciliari. Il Cavaliere deve scontare una pena per frode fiscale accolta dal giudice di soverglianza per il direttore del Giornale
Alessandro Sallusti: anche senza domanda del condannato, ara 4 anni ma, come è arcinoto, 3 anni sono stati indultati.
La difesa, per ottenere un rinvio, non può sicuramente giocarsi resti domiciliari e non cella, in base alla legge “svuota carceri”.
Se si dovesse ripetere il copione e se Berlusconi
la carta del ricorso a Strasburgo: è stato prevolesse il dramma mediatico può cercare di
sentato a dicembre ma non è stata ancora fissata
“evadere” per farsi portare in carcere.
una data per la sua discussione e di solito, per
LA PRASSI
Ma può drammatizzare anche in caso gli venquesto tipo di cause, passa un anno.
gano accordati i servizi sociali perché se scatMa gli avvocati di Berlusconi ci hanno abituato
Il tribunale
a conigli tirati fuori dal cilindro pur di guateranno in campagna elettorale per le Europee
dagnare tempo. Potrebbero farlo anche in quenon è difficile immaginare innumerevoli didi Sorveglianza
sto caso, complice Pasqua, il 25 aprile e il primo
chiarazioni sue e dei suoi alleati per dire che i
di norma decide
maggio di mezzo.
giudici gli vogliono impedire di fare politica.
Ma anche alla luce di questa considerazione
Anche se da interdetto dai pubblici uffici per
entro cinque giorni
puramente ipotetica, appare difficile che la dedue anni non può nemmeno votare mentre non
cisione arrivi dopo le elezioni europee del 25-26
è più candidabile per i prossimi 6, in base alla
Così accadde
maggio. Per quanto sia un caso “politico”, la
lege Severino, la stessa che lgli è costata la deper l’amico Previti
sentenza del tribunale di sorveglianza, verocadenza dal Senato.
criticità segnalate dall’Anm e
da diversi pm antimafia”. Furibondi, invece, i 5 Stelle: “Un
politico può essere a disposizione della mafia: non è reato.
Renzi e Verdini hanno ammazzato il 416 ter. Questo è
tutto il punto e non ci resta che
appellarci ai cittadini e lanciare il grido d’allarme su quanto
sta succedendo”.
“È STATO FATTO un grande
regalo alla mafia – si unisce al
coro d’indignazione il senatore Michele Gianrusso dell’M5s
– per il governo Renzusconi
un politico che si mette a disposizione dei mafiosi non
commette reato. Vergogna! I
traditori mentono, i cittadini
traditi non ve lo perdoneranno
mai”. Giubilo, invece, per Cosimo Ferri, sottosegretario
Ncd alla Giustizia: “È pacifico
che sia una norma davvero incisiva nella lotta contro la mafia, mi auguro che venga approvata all'unanimità perché è
una cosa forte e giusta, ma anche giuridicamente forte”. La
mafia ringrazia?
Franco Roberti
Capo della Dna
“La norma è più
utile a contrastare
il fenomeno”
di Enrico
Fierro
rocuratore Franco Roberti, Capo della Direzione NaP
zionale Antimafia, lei ritiene che la decisione della
Camera sul voto di scambio politico-mafiosio abbia costruito una norma “perfetta e veramente utile a contrastare lo scambio tra politica e mafia”. Intanto, però, si
sono abbassate le pene.
Quest’ultima è stata una decisione del legislatore. Quindi
del Parlamento, che non tocca certo a me contestare.
E intanto il politico che si mette a “disposizione” la fa
franca...
Avevo apprezzato lo sforzo definitorio fatto in Senato sul
concetto di “disponibilità”, poi giustamente criticato da molti colleghi e
giuristi perché vago e con
un forte difetto di tassatività della norma. Tutto
questo comporta in sé un
eccessivo rischio di abbassamento delle garanzie. Per questa ragione
preferisco il ritorno allo
spirito della norma del
‘92.
Quella dopo la strage di
Capaci che puniva il voto
di scambio?
Franco Roberti LaPresse
Sì. Perché individuava nel concetto di “altre utilità”, tutte
concrete, le cose che il politico può promettere al mafioso
in cambio di voti. E sono gli appalti, i lavori, l’aggiustamento dei processi, vale a dire quell’insieme di favori e
di scambi che abbiamo trovato in tutti questi anni nelle
inchieste sui rapporti tra politica e mafia.
E il politico “a disposizione”?
La disponibilità è un’aggiunta superflua rispetto al concetto di “qualunque tipo di utilità” che copre tutto un
insieme di condotte. Ripeto. La “disponibilità” è un concetto troppo generico e urta contro il principio costituzionale della tassatività della norma. E poi parliamoci
chiaro, ai pubblici ministeri interessano norme che ben
definiscano la condotta incriminata. Vorrei solo ricordare che il decreto legge del 1992 fu successivamente
tagliato proprio sul concetto di “utilità”.
Quindi va bene così?
Lo ripeto, abbiamo una norma veramente utile a contrastare uno dei punti forza di tutte le mafie, che è il
rapporto con la politica.
4
O’ MERICANO
VENERDÌ 4 APRILE 2014
Solidarietà di Forza
Campania al fondatore:
”Non ti rinneghiamo”
“NICOLA, SIAMO CON TE”. Forza Campania
esprime solidarietà e amicizia all’ex parlamentare
azzurro e fondatore del gruppo. “Siamo vicini a
Nicola Cosentino e gli ribadiamo, oggi più di ieri, la
nostra amicizia e la nostra solidarietà. Sentimenti
che non si azzerano per una inchiesta giudiziaria,
ma che si rafforzano semmai in un momento così
difficile nella consapevolezza che noi tutti abbia-
il Fatto Quotidiano
mo dell’uomo e del politico che abbiamo conosciuto e apprezzato in questi anni di militanza e di
comune passione politica”. “Non abbiamo mai
rinnegato il rapporto umano e personale che ci
lega a lui”, assicura il gruppo consiliare nella Regione Campania, che aggiunge: “E siamo convinti
che la verità sarà presto accertata, anche se resta
il dolore per il prezzo da pagare per ottenerla”.
NELLA TERRA DEI CASALESI
di Marco
Lillo
inviato a Napoli
AFFARI & BENZINA
LA LEGGE DEI COSENTINO:
“CHI HA PIÙ FORZA SPARA”
a frase che spiega
perché a Casal di
Principe e dintorni
è meglio non mettersi contro i Cosentino è stata
pronunciata secondo i magistrati in un bar d Aversa nel
settembre del 2002, da Giovanni, fratello dell’ex sottose- L’EX SOTTOSEGRETARIO DI NUOVO ARRESTATO. STAVOLTA CON DUE FRATELLI
gretario all’economia del GoE CON DUE ESPONENTI DEL CLAN ZAGARIA: ESTORSIONE E CONCORRENZA SLEALE
verno Berlusconi, e vera mente finanziaria della famiglia: AGGRAVATA DA FINALITÀ CAMORRISTICA SULLA VENDITA DI CARBURANTI
“Chi ha più forza quello spara.
Dove ci vuole la politica c’è
mio fratello Nicola; dove ci vogliono i soldi ci custodia in carcere unisce i fratelli Cosentino e
sto io e dove ci vuole la forza c’è pure la forza”. i fratelli del boss Michele Zagaria: Pasquale e IL SISTEMA
Così Luigi Gallo, il piccolo gestore di una pom- Antonio, peraltro già in carcere. Secondo i pm “Dove ci vuole la politica c’è mio fratello Nicola;
pa di benzina che aveva osato sfidare l’impero il gestore della pompa di benzina era stato
dei fratelli dell’ex sottosegretario con le sue 300 estorto dai due Zagaria per i lavori della sua dove ci vogliono i soldi ci sto io e dove ci vuole
aree di servizio, per più di 100 milioni di fat- area di servizio. Tra le accuse ai fratelli Co- la forza c’è pure la forza”
turato ogni anno, comprese che il suo sogno sentino spicca invece l’estorsione e la concorimprenditoriale era finito. Voleva aprire una renza sleale aggravata dalla finalità camorripompa di benzina e aveva ottenuto l’autoriz- stica. La Aversana Petroli, fondata da papà Sil- e a ottobre del 2001 scopre l’amara sorpresa:
zazione prima dei concorrenti. I Cosentino la- vio O’mericano (soprannome poi ereditato dal “sulla stessa direttrice di marcia, a distanza di
voravano sotto l’insegna Agip, lui sotto quella figlio come l’abitudine ai guai con la giustizia) poche centinaia di metri, nel Comune di Casal
della Q8 anche se un giorno Giovanni Co- nel 1975 nei primi bilanci degli anni ottanta si di Principe, avevano avuto inizio lavori di sbansentino gli disse: “la Q8 sono io”. Quando fu vantava di una “forte capacità di penetrazione camento per la realizzazione di una stazione di
servizio dei fratelli Cosentino. A questo punto chiamato a un incontro negli uffici della Aver- nel territorio”. Parole sante. A Natale del ‘99
prosegue il racconto di Gallo - inizia “l’azione
sana Petroli nell’agosto 2009 capì cosa voleva Gallo brinda con Giovanni Cosendi contrasto, insistente e pesante, nei miei
dire: un dirigente della Q8, finito ai domiciliari tino alla prossima apertura della sua
confronti dai fratelli Cosentino, da tale
ieri, chiedeva favori al sottosegretario all’eco- pompa e firma la sua condanna,
Giannino che, all’epoca dei fatti, era il rapnomia per la figlia e una presentazione al mi- dice oggi col senno di poi. Ad apripresentante d’area dell’Agip Petroli e da
nistro del petrolio dello Stato del Kuwait che le del 2000 ottiene l’autorizzazione
Cosentino avrebbe incontrato
di lì a poco al posto di TreLA DINASTIA
monti.
L
GALLO con la sua denuncia ha
sfidato i Cosentino e ha dato il
via all’operazione di ieri eseguita dai Carabinieri di Caserta e coordinata dai pm Francesco Curcio, Antonello Ardituro e Fabrizio Vanorio. Un
vero terremoto: Nicola Cosentino il politico, e i fratelli Giovanni l’amministratore delle
società familiari e Antonio,
l’uomo che curava i rapporti
con la Regione Campania, sono finiti tutti e tre in carcere
insieme ad altre sei persone.
L’imprenditore agrario e socio
di fatto di Giovanni Cosentino
nell’operazione Hera Comm
Mediterranea, Enrico Reccia, è
finito agli arresti domiciliari
insieme ad altre tre persone,
compreso il dirigente della
Kuwait petroleum Italia, Bruno Sorrentino. L’ordinanza di
“PERFETTI PER I BOSS”
Il loro identikit è perfetto
per il clan, perché racchiudono
i tre fattori che interessano
per controllare la distribuzione
idrocarburi: posizione finanziaria
solida, intraprendenza nel mondo
politico, disponibilità a usare ogni
mezzo per ottenere maggiori spazi
nel settore. Tutti temono il potere dei
Cosentino, potendo contare su amicizie
imprenditoriali, politiche (grazie ai rapporti
intrecciati dal Cosentino Nicola e non ancora
esauriti), criminali (in particolare con le
famiglie Schiavone e Zagaria secondo quanto
concordemente affermato dai collaboratori)
“
Luigi Letizia il quale, all’epoca dei fatti, era un
funzionario del Genio Civile di Caserta ma, di
fatto, a seguito dell’elezione al Consiglio Regionale della Campania di Nicola Cosentino nel
1995, venne nominato quale dirigente di un
Servizio dell’Ufficio Carburanti della Giunta
regionale della Campania”.
Nel settembre 2002 il comune cede alle pressioni di Cosentino e sospende l’autorizzazione
a costruire rilasciata al Gallo. L’architetto Tornincasa che firmò la revoca poi è morto ma
raccontò al sindaco: “Sono stufo di questa situazione, oltre alle pressioni della Regione ho
ricevuto pressioni anche dai miei paesani,
quindi ho deciso di sospendere l’autorizzazione”.
DECISIVO IL RUOLO del viceprefetto di allora
Maria Elena Stasi, poi divenuto prefetto e poi
eletta deputato nel Pdl alla Camera, con soddisfazione di Nicola Cosentino. Il sindaco di
Villa Di Briano, Raffaele Zippo ha raccontato
un incontro con la Stasi che “era in compagnia
di Cosentino Nicola, noto politico di Casal di
Principe. La donna rimase in silenzio, ma parlò
il Cosentino il quale testualmente gli disse “Tu
devi allontanare il tecnico comunale, Nicola
Magliulo, perché è indiziato di reati di concussione. Questo Magliulo mi sta dando fastidio. Se mi fai questo piacere ti sarò riconoscente, posso anche darti una mano politicamente, ti sto vicino, se ti serve qualcosa
vieni quà”. Gallo vince il ricorso al Tar ma la Q8
per i suoi debiti blocca tutto. Nel 2008 arriva la
liberalizzazione delle pompe di benzina e ci
riprova, stavolta alleandosi con quello che considera il suo carnefice. Nel
gennaio 2010 Giovanni Cosentino però getta la maschera:
“mi disse chiaramente e teAURELIO COSENTINO
stualmente: ‘Se vuoi che io
Fratello di Nicola, coniugato con
partecipo a questa operazione
Diana Giuseppina, figlia di Emiinsieme a te il GPL è una cosa
lio arrestato nell’ambito della
solo mia e per i debiti che tu
operazione “Spartacus 2 AIMA”
contrai con la Q8 attraverso la
mia garanzia mi devi intestare
GIOVANNI COSENTINO
il terreno”. A quel punto maFratello di Nicola e coniugato
tura l’idea della denuncia. Per i
con Diana Maria, figlia di Copm Nicola Cosentino deve stastantino arrestato nell’ambito
re in carcere anche perché non
dell’operazione “Spartacus 1”
ha affatto mollato la presa sul
territorio: “nel periodo 21 giuMARIO COSENTINO
gno 2013 – 8 gennaio 2014 in
Fratello di Nicola, coniugato con
cui il Cosentino non era sotRusso Mirella, sorella di Giuseptoposto alla custodia cautelare
pe e Massimo, esponenti di riliein carcere ha avuto ben 6147
vo del clan dei casalesi
telefonate e 4656 SMS, tra gli
altri con amministratori locali
e politici coinvolti in altra paGIOVANNI PALMIRO
rallela indagine che ha condot(Cugino dei Cosentino) È coniuto all’arresto del consigliere regato con Schiavone Alfonsina,
gionale Angelo Polverino e
figlia di Francesco detto “Cicdell’ex direttore dell’asl di Caciariello”
serta Bottino”.
L’IMPERO
I 300 distributori della Nick Family
di Vincenzo Iurillo
e Andrea Postiglione
a buccia di banana del gruppo Cosentino è
una pompa di benzina Agip mezza scassata a
L
poche centinaia di metri in linea d’aria dallo stadio di Casal di Principe. Si trova sulla Nola-Villa
Literno, uno stradone in mezzo al nulla di questa
specie di Arizona del casertano, tra i campi e gli
scheletri di fabbricati non ultimati come la pompa
del ‘rivale’ Luigi Gallo, quattrocento metri più
avanti, mai aperta e soffocata dalle erbacce. Per far
aprire questo impianto con lo stemma del cane a
sei zampe, secondo la Dda attraverso tecniche ai
limiti del camorristico, i Cosentino rischiano di
farsi sequestrare, confiscare e perdere un impero
che macina cifre impressionanti e che si identifica
in un’azienda conosciuta in tutta Italia nel settore
dei carburanti: la Aversana Petroli srl, amministratore Giovanni Cosentino, il fratello di Nick,
83 milioni e 634.440 euro di fatturato nel 2012, 85
milioni e 630.584 euro nel 2011, un picco di oltre
103 milioni di euro nel 2008, l’anno del massimo
potere di Nicola Cosentino, deputato e sottosegretario all’Economia del governo Berlusconi,
coordinatore regionale del Pdl, pronto a diventare Governatore della Campania prima che
un’ordinanza di custodia cautelare per camorra
gli sbarrasse il passo.
IL GRUPPO COSENTINO, dicevamo. I quattro fratelli (Giovanni possiede il 34 per cento; Mario 32
per cento; Palmiro e Aurelio il 16,6 per cento) sono
proprietari non solo dell’Aversana Petroli ma anche dell’Aversana Gas srl, miscelazione di gas petroliferi e liquefatti, 10 milioni e 650.000 euro di
fatturato, e poi anche del 100% di Sotraco srl, ditta
del trasporto di merci su strada, fatturato da
1.150.000 euro, e il 100% di una onlus, la Fondazione Carpe Diem. C’è poi la Ip Service srl, progettazione e realizzazione di impianti di carburante, 3 milioni di euro di capitale sociale, anch’essa
amministrata da Giovanni Cosentino, il manager
di famiglia. É l’azienda che ha costruito circa 300
pompe di benzina, che ha fatto la fortuna dei Cosentino. Tutte società nelle quali Cosentino non
compare. Non detiene azioni. Ai familiari il controllo del business. A lui la carriera in politica. Ed
ora tutto rischia di andare in fumo per una pompa
sperduta di periferia. Il Fatto è andato a parlare con
uno dei gestori della famiglia Zaccariello. Nell’area dell’impianto non c’è un bar, non c’è il Gpl: “Li
avevamo progettati 10 anni fa – spiegano – erano
state fatte pure le prove per il gas, e il gas non è più
Uno degli impianti dell’impero Cosentino
venuto. Ci volevamo mettere in competizione con
gli altri.. perché gli altri ce l’hanno, e noi invece
no”. E cosa è questo segno enorme davanti ai distributori? “Qui è stato fatto un rappezzo, per tre
mesi siamo stati con un buco nell’asfalto perché
aveva ceduto il terreno. Le persone rischiavano di
rompevano i parafanghi e la coppa dell’olio delle
loro auto”. All’American Bar di Casal di Principe,
accanto ad una sede dell’Aversana Petroli, ci sono
tre ragazzi con poca voglia di commentare l’accaduto. “Sì, abbiamo saputo dai telegiornali”.
MARKETING
il Fatto Quotidiano
Tsipras a Palermo
incontra Di Matteo:
“Solidale coi pm”
SBARCA IN SICILIA Alexis Tsipras
per la campagna della sua lista “L’altra Europa”. Il politico greco – che un
bel pezzo della sinistra continentale
candida alla guida della Commissione Ue – ha evidentemente ben presente la situazione siciliana se ha inserito nella sua agenda due appun-
tamenti dalla natura evidentemente
simbolica: il primo, più scontato forse, la visita in serata all’albero che
porta il nome di Giovanni Falcone in
via Notarbartolo, a Palermo; il secondo assai meno è l’incontro di mezz’ora in Procura col pm Nino Di Matteo, titolare del processo sulla trat-
VENERDÌ 4 APRILE 2014
tativa Stato-mafia (Tsipras gli ha
esplicitamente portato la solidarietà
sua e della sua lista).
Per il resto s’è trattato di un classico
tour elettorale, in cui il leader del partito greco Syriza è tornato ad attaccare le politiche di austerità sponsorizzate da Bruxelles e Berlino: “Se
5
Merkel vuole un’Europa tedesca, noi
vogliamo un’Europa dei popoli” e non
“accettiamo il ricatto” che altrimenti
“i nostri paesi dovranno uscire dall’euro”. Nel mirino di Tsipras è finito
anche il presidente Hollande: “Ha dato forza alla destra e per rispondere
ora deve andare a destra anche lui”.
Via le Province (o quasi)
Anatomia di un pasticcio
IL DDL DELRIO È LEGGE: PER QUESTI ENTI NON SI VOTA PIÙ, MA ESISTONO ANCORA
SOLO CHE NON SI CAPISCE COSA FARANNO, NÉ COME. E I COSTI POTREBBERO SALIRE
di Marco Palombi
agari non è “un
golpe”, come urlava Renato Brunetta ieri nell’aula
della Camera, ma il ddl Delrio
che - approvato definitivamente ieri - punta a svuotare le Province trasformandole in un bizzarro ircocervo è almeno un pasticcio, uno di quegli incredibili
pasticci italiani in cui il riformismo diventa approssimazione e
l’attività legislativa una branca
della comunicazione. Dietro le
frasi altisonanti dell’articolato,
infatti, non c’è niente: i contenuti di questa legge, c’è scritto,
“valgono come principi di grande riforma economica e sociale”. È vero? Mah. Parecchi costituzionalisti e la Corte dei
Conti, per dire, hanno sottolineato che in questa legge non si
capisce niente e questo non potrà che peggiorare le cose, aumentare i costi e i ricorsi giudiziari e costituzionali (visto
che la Consulta ha già bocciato
l’antecedente di questa norma,
lo svuota-Province di Mario
Monti). Ecco perché questo
riassunto per capire come cambiano le istituzioni italiane.
LA NON ABOLIZIONE. Le
Province sono ancora lì: questa
legge non le abolisce, anzi le
perpetua anche per quando (e
se) arriverà la riforma costituzionale che le cancella dalla
Carta. Solo che da oggi saranno
istituzioni, per così dire, semidemocratiche: presidente e
consiglieri provinciali - non retribuiti - verranno eletti da consiglieri comunali e sindaci con
un complicato meccanismo di
ponderazione che terrà conto
della popolazione dei comuni di
provenienza di ciascun voto.
L’assenza di stipendio (ma
qualche rimborso ci sarà) è
quello che permette a Matteo
Renzi di sostenere che vengono
abolite tremila poltrone.
LE CITTÀ METROPOLITANE. Saranno dieci - Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova,
Bologna, Firenze, Napoli, Bari e
Reggio Calabria, anche se con
qualche mese di ritardo rispetto
alle altre - e dovrebbero essere
in vigore dal 1 gennaio. Saranno
in tutto e per tutto come le attuali Province e il presidente sarà il sindaco (detto “sindaco
metropolitano”) del capoluogo.
Governerà sul suo territorio
grazie al “consiglio metropolitano” (l’elezione è di secondo livello, come per le Province) e da
una “conferenza metropolitana” (i sindaci della zona). Tutti,
renzianamente, senza stipendio. Tutto qui? Magari. In realtà, esiste la possibilità teorica
che un terzo dei comuni della
zona decida di staccarsi con apposito referendum. A quel punto sarà il governo a dover tro-
M
vare una soluzione.
IL NUOVO POTESTÀ. La legge Delrio divide l’Italia in due: le
città comandano e i piccoli comuni subiscono. Grazie al sistema di voto ponderato per popolazione, infatti, nella conferenza metropolitana di Genova,
per dire, il voto del sindaco del
capoluogo ligure varrà di più di
quelli di tutti i 67 sindaci dei comuni limitrofi; stessa cosa a Livorno (uno contro venti); a Torino al sindaco del capoluogo
basterà allearsi con sei colleghi
per scavalcarne altri 315.
A-DEMOCRATICA. È una legge che non ha un gran rapporto
con la rappresentanza: basti dire
che arriva ad abolire alcuni consigli provinciali che erano ancora
in carica e che sarebbero scaduti
tra due mesi (e per le elezioni se
ne parla poi): la democrazia abolita per legge. Pure l’applicazione
delle quote rosa è bizzarra: ci sono (al 60%), ma saranno applicate solo tra cinque anni.
IL MISTERO DELLE FUNZIONI. Cosa faranno le nuove
Province? Ancora non si sa: devono fare “un piano strategico
si può ordinare alla carta: decideranno Regioni e Comuni
quali funzioni lasciare alle Province e quali prendersi loro (col
relativo personale). Serve una
scelta in 90 giorni con tanto di
decreto del governo, poi entro
RISPARMIO BALLERINO
Per la Corte dei conti il testo è così confuso
che comporterà un aumento delle spese
Brunetta urla alla Camera: “È un golpe”
Sindaci al potere: Graziano Delrio, Piero Fassino (Anci) e Matteo Renzi Ansa
triennale del loro territorio”;
occuparsi di “sviluppo economico e sociale, anche assicurando sostegno e supporto alle attività economiche e di ricerca
innovative e coerenti”; “pari
opportunità”; “edilizia scolastica”. Il menù è lunghissimo, ma
La polemica
altri sei mesi serve un accordo
coi sindacati per trasferire i dipendenti con altro decreto.
IL MISTERO DEI COSTI. Il governo prevede un risparmio, ma
non lo quantifica e nessuno,
d’altronde, può farlo: per la Corte dei Conti probabilmente la
confusione farà aumentare i costi; l’Unione delle Province ha
prodotto un dossier in cui si calcola in due miliardi l’aggravio.
IL MISTERO DEI CONSIGLIERI. Non prenderanno stipendio, ma solo gettoni di presenza - dice il governo - resta il
fatto che le potrone proliferano:
tra un ente di secondo livello e
l’altro (ci sono pure le assai consigliate ai più piccoli Unioni dei
Comuni), più un aumento di
consiglieri e assessori nei comuni piccoli e piccolissimi, si
parla di 31mila posti in più.
Salvatore Settis
“Renzi? Solo democrazia spot
e neoliberismo. Così il Pd muore”
di Beatrice
Borromeo
a riforma di Renzi è contraria alle
L
regole più elementari della democrazia”. Per Salvatore Settis, ex direttore della Scuola Normale di Pisa e
firmatario dell’appello di Libertà e
Giustizia contro la “svolta autoritaria”
di questo governo, il progetto di riforma costituzionale tanto voluto dal
premier è “affrettato, disordinato e assolutamente eccessivo”.
Perché, professor Settis?
Non si può accettare che a incidere
così profondamente sulla Carta sia un
Parlamento di nominati e non di eletti, con un presidente del Consiglio
nominato e non eletto.
I giuristi sono divisi: c’è chi dice che la
sentenza della Consulta delegittima il Parlamento e chi sostiene
il contrario.
Vero. Ma se possono esserci
dubbi dal punto di vista giuridico, non ce ne sono dal
punto di vista morale: questo
Parlamento non può fare una
riforma di questa portata, né
tantomeno anteporla alla riforma elettorale, che è la vera urgenza.
Come si spiega il cambio di
priorità?
Il problema è che queste decisioni, prese in stanze segrete,
non ci sono mai state spiegate.
Non ne sappiamo nulla: non mi
pare che queste manovre corrispondano alla democrazia
parlamentare così com’è prevista dalla nostra Costituzione.
A cosa pensa?
Per esempio al famoso rapporto di J.P. Morgan del
2013, che è stato riportato quasi alla
lettera nel progetto di riforma del governo Letta, e ora è citato come un
testo sacro da Marzio Breda sul Corriere della Sera.
Anche Renzi secondo lei subisce pressioni esterne?
Non penso mai alle grandi congiure.
Però di certo c’è una vulgata neoliberista secondo la quale il mercato è
tutto, l’eguaglianza è poco significativa e la libertà è quella dei mercati,
non delle persone. E a questa vulgata
si sono piegati in molti. Solo
che finché si adeguano Berlusconi e Monti mi stupisco
ben poco. Ma che ceda il
Pd, che dovrebbe rappresentare la sinistra italiana, è incredibile. E
porterà a un’ulteriore degrado del partito, e dunque a una
nuova emorragia
di votanti.
era già in agonia.
Ora però la sinistra sta proprio perdendo la sua anima. Si sta consegnando a un neoliberismo sfrenato, presentato come se fosse l’unica teoria
economica possibile, l’unica interpretazione possibile del mondo. Come se
non fosse possibile, per esempio, mettere l’eguaglianza dei cittadini prima
della libertà dei mercati. E poi Renzi
sta patteggiando questa riforma con
Berlusconi.
L’ex Cavaliere è stato anche ricevuto
dal capo dello Stato.
Se Berlusconi ha proposto di appoggiare le riforme in cambio di qualcosa
e Napolitano l’ha mandato al diavolo,
allora l’incontro è stato positivo. Altrimenti ci sarebbe da preoccuparsi.
Renzi sarà il cavallo di Troia di questo
neoliberismo nella sinistra?
Non so quanto ne sia consapevole.
Certamente l’unico elemento chiaro
del suo stile di governo è la fretta. Dovrebbe prima spiegarci quale è il suo
Per la verità, pritraguardo e poi come vuole arrivarci.
ma di Renzi il Pd
Non basta solo la parola “riforma”,
che può contenere tutto.
Anche abolire la democrazia sarebbe una riforQUESTIONE ma. E non credo che il Pd
voglia questo.
MORALE
Non si può accettare
che a incidere così
profondamente
sulla Carta
siano un Parlamento
e un premier
nominati e non eletti
Il nostro sistema bicamerale però è farraginoso e
costa parecchio, lo lascerebbe inalterato?
Credo che vada mantenuto, ma con delle correzioni. Che non sono
certo quelle delineate da
questo governo. Il Senato
deve essere elettivo, ma il
numero dei suoi membri
si può notevolmente ridurre. Se gli Stati Uniti
hanno solo 100 senatori possiamo tagliare anche noi, no? Usano questa
foglia di fico dei costi, che è popolare,
per coprire manovre più gravi. Quanto alle competenze, non è affatto difficile immaginare un bicameralismo
meno perfetto di quello odierno.
In più il Senato, come ci spiega il giurista Gianluigi Pellegrino, manterrebbe in realtà un peso significativo, rendendo ancora più confuso l’iter legislativo.
Giudizio che conferma la mia impressione: questa è una riforma pretestuosa, disordinata, superficiale. Quello
che cerca il premier è l’effetto annuncio, il titolone sui giornali: “Renzi rottama il Senato”. Lui punta a una democrazia spot, a una democrazia degli
slogan. Se il premier sostiene che la
Camera alta non è più elettiva, ma
doppiamente nominata, allora significa che ha veramente perso il senso di
che cosa voglia dire “democrazia”.
La infastidisce che i nuovi membri saranno presidenti di Regione e sindaci?
Mi pare una concessione volgare agli
slogan leghisti secondo i quali il Senato dev’essere la Camera delle autonomie, cioè l’anticamera dei secessionismi. È inutile festeggiare i 150
anni dell’Unità d’Italia se poi i nostri
figli rischiano di non celebrare il
200esimo compleanno.
Renzi le risponderebbe: ho giurato sulla Costituzione, non sui professoroni.
Mi auguro che l’abbia anche letta, la
Costituzione, oltre che giurarci sopra.
Perché, per esempio, ha detto che il
suo è un “governo costituente”. Nella
Carta non esiste nulla di simile. Eviti
le battute sugli intellettuali, e soprattutto le bestemmie contro la Costituzione.
Twitter: @BorromeoBea
6
STATE SERENISSIMI
VENERDÌ 4 APRILE 2014
Il Carroccio difende
il Fatto Quotidiano
BOSSI “CI VEDO I SERVIZI”
”È un errore, uno sbaglio. La gente
si incazzerà ancora di più”. Così
Umberto Bossi a Repubblica: “Dietro
queste operazioni c’è quasi sempre
l’intervento dei Servizi. Stanno bluffando per bloccare l’indipendentismo, ma non funzionerà”.
i 24, la Chiesa
non li perdona
I CATTOLICI “ZAIA GOVERNI”
”A Zaia un invito: non si lasci tirare
sul tanko, ma continui ad amministrare con responsabilità cercando
le riforme. I veneti saranno con lui”.
È l’editoriale del nuovo numero di
Gente Veneta, il settimanale del Patriarcato di Venezia.
Rabbia nel paese del tank
“Ce ne fossero di ribelli”
TUTTI CON L’ARRESTATO CONTIN. IL VENETO CHIEDE A RENZI LO STATUTO SPECIALE:
IN CONSIGLIO REGIONALE IL PD ESCE DALL’AULA, SOLO LA SINISTRA VOTA CONTRO
di Davide Vecchi
inviato a Casale di Scodosia (Pd)
ppena dieci parole:
“Le sia riconosciuto
lo status di Regione
a statuto speciale”. Il
telegramma è stato recapitato
ieri al governo. Mittente il Veneto che dopo due giorni di discussione in aula ha votato sì.
Contrario solo il consigliere
della Federazione della Sinistra
veneta, mentre il Pd ha preferito
far finta di nulla: uscire dall’aula
e non partecipare al voto. Il
giorno dopo l’arresto di ventiquattro indipendentisti la politica tenta di dare una risposta
A
istituzionale al malcontento alimentato anche dall’operazione
del Ros dei carabinieri. Già pochi giorni fa il Palazzo guidato
da Luca Zaia aveva avviato l’iter
per realizzare un referendum
per l’autonomia territoriale.
TROPPO poco? Tra le province
di Verona, Padova, Treviso e fin
su a Belluno, ovunque cresce la
rabbia e la consapevolezza che
“un popolo non dovrebbe chiedere l’indipendenza ma dovrebbe prendersela”. L’ha detto nel
1997 Flavio Contin, l’ideatore
dei Serenissimi, dopo aver assaltato il campanile e lo ha ripetuto
in ogni intervista concessa fino a
GUIDE Prendi la Panda
e fatti un carrarmato
on c’è solo il tanko degli improvvisati separatisti veneti
N
. La bizzarra passione per il
carrarmato fai da te, a quanto pare, è un genere piutde’ noantri
tosto diffuso. Zoro, nel suo Gazebo su Rai3, mercoledì sera, ci ha scherzato su e ha fatto disegnare a
Makkox le istruzioni per fabbricare comodamente il
proprio cingolato in casa: prendi una Fiat Panda
nuova, taglia il tetto con
una motosega, costruisci il telaio con il cartoncino bristol, metti insieme le ruote dentate con
migliaia di bigodini. Infine aggiungi un canale
per acque scure, a mo’ di
cannone, e colora tutto a
tinte militari, con i pennarelli. Più facile che
montare un letto Ikea.
Ma la realtà può superare fantasia e ironia. Il
tanko sequestrato mercoledì dai carabinieri al- Diego Bianchi “Zoro” Ansa
tro non è che un trattore
corazzato, con tanto di cannoncino da 12 millimetri
di diametro che avrebbe dovuto sparare biglie d’acciaio. E sul web si trova davvero di tutto. Non poteva
mancare, quindi, qualcuno che si prendesse la briga
di spiegare per filo e per segno come costruire un
carrarmato in garage. Un signore australiano, dall’aria paffuta e gioviale, ha pubblicato su YouTube
una serie di video (il primo supera un milione di
visualizzazioni) dal titolo eloquente: “Come fabbricare un tank Sherman in scala 1:2,5”. Una riproduzione fedele del mezzo utilizzato dagli Usa dalla Seconda guerra mondiale. All’inizio del filmato si può
seguire l’anziano, elmetto in testa, mentre gira con il
suo blindato in giardino. Poi prova il cannone, sparando cartucce ad aria compressa. Molto realistico:
le ruote dentate con un nastro cingolato da 5,2 metri,
la torretta girevole a 360 gradi, la trasmissione montata a mano, pezzo per pezzo (“Semplice, robusta,
economica e molto efficace”, si vanta il costruttore),
persino un monitor a infrarossi all’interno e una lente telescopica allineata al cannoncino. L’australiano
Tankman101 non è solo: c’è una cospicua comunità
di amanti dei carrarmati. Il loro forum si chiama
Scaledtanks.com. Per poterlo leggere bisogna essere
utenti registrati, ma i “neofiti” non vengono ammessi prima di 48 ore: meglio scoraggiare i curiosi, anche
se non si prepara l’indipendenza del Veneto.
Tommaso Rodano
mercoledì scorso, quando è stato arrestato seppur lasciato ai
domiciliari. L’ultima volta l’ha
ripetuto appena tre settimane fa
al Corriere del Veneto commentando il risultato del referendum on line cui hanno partecipato oltre due milioni di cittadini invocando l’addio a Roma.
“Tutto inutile”, disse Contin.
“Quello che serve oggi non sono
i referendum ma il coraggio”.
Nel garage a casa sua in via
Amadio a Casale di Scodosia
mercoledì mattina i carabinieri
hanno sequestrato il tank che
venne usato per l’assalto al
Campanile San Marco 17 anni
fa e ne hanno portato via anche
un altro gemello trovato in un
capannone abbandonato, ma
hanno alimentato e lasciato tra
queste zone un tempo ricche e
oggi uccise dalla crisi, ancora
più rabbia e voglia di indipendenza. “Da uno Stato che vien
qui solo a batter cassa e portar
via i nostri uomini migliori”,
bofonchia tra una sigaretta e
un’altra Antonio Balbo. Lui abita davanti a Contin. Dopo pranzo si sposta al bar. Trecento metri da via Amadio. La caffetteria
di piazza Aldo Moro è il luogo di
ritrovo, dove anche Contin passava del tempo. E Zaia, la Lega, il
Movimento 5 Stelle: potrebbero
inventarsi qualunque cosa ma
tanto quaggiù, tra i quartieri desertificati dalla crisi e un Comune commissariato che non riesce a rattoppare neanche le strade, non ci credono più alla poTRAGEDIE E FARSE
di Pino Corrias
er quanto inarrivabili nella loro commovente deP
menza gli eroi veneti della pala
cingolata dell’altro giorno e ancora prima quelli del tanko, anno 1997, che occuparono il
campanile di San Marco con un
fucile funzionante, una provvista di acqua e una di grappa,
hanno una intera tradizione di
golpe e rivoluzioni che si compiono secondo i canoni della
commedia, se non della farsa.
A cominciare dall’atto fondativo di questa Italia cialtrona che
finirà sempre per sopravviverci. Il quale atto non fu il degno
(e sanguinoso) Risorgimento,
culla di stragi e di eroi. Semmai
la Marcia su Roma che fu epopea di ragazzi impolverati e reduci delusi e analfabeti appena
indottrinati da un Benito Mussolini nascente che prometteva
la terra ai contadini, la guerra
alla corruzione, più tutto il resto del campionario. E che in
quei giorni – siamo alla fine di
ottobre del 1922 – se ne stava
prudentemente alla larga dalla
litica. “Tutte balle”, commentano. “Ce ne fossero di Contin varda, un eroe”. E l’operazione del
Ros diventa “l’invasione da parte dello Stato”, gli arresti, come
quelli seguiti all’assalto del
Campanile del 1997, son “una
presa in giro, hanno paura questi qui: da retta a mi”, suggerisce
convinto Balbo. L’altro giorno,
racconta, “sembrava fossero venuti per far la guerra”.
I VOLTI CHIUSI e diffidenti del
mercoledì si sciolgono, gli stessi
che appena 24 ore prima hanno
evitato i giornalisti ora parlano
tranquillamente. Perché? Perché hanno sentito i tg, letto i
quotidiani. “Ci siamo informati
ecco, sai come si dice qui da noi
no? Per saver la verità bisogna sentir do busiari”. Ridono. Qualcuno
al telefonino si fa sentire: “Ah
non venir col trattore che t’arrestano sa”. Poi mette giù e annuncia: “Mi vado a Treviso dal
Busato”. Cioè Gianluca Busato,
promotore del referendum su
plebiscito.eu che ieri in piazza dei
Signori ha indetto una manifestazione cui ha partecipato Marilena Marin, la moglie di Franco Rocchetta, fondatore della
Liga Veneta, ex parlamentare e
sottosegretario, arrestato mercoledì assieme agli altri. Ricordati, ribatte Toni, “i popoli se
mazza e i re se abraza” (i popoli si
ammazzano e i re si abbracciano). “Ricordati ti: io mi non son sior
né conte, io son Togno”. In Veneto
c’è un detto secondo cui Tonio
FLAVIO
CONTIN
Un popolo non
dovrebbe chiedere
l’indipendenza,
ma prendersela
Serve coraggio,
non un referendum
FLAVIO
TOSI
È stata una farsa
da Repubblica
delle banane
Sono più pericoloso
io con i miei
quattro fucili da caccia
Serenissimi
Sindaco di Verona
fa la roba, il signore la gode e il
conte la mangia. Dialoghi come
questo si ripetono qui in provincia, a Padova città. Ovunque. La
rabbia è tanta. Gilberto Buson,
componente del nucleo storico
dei Serenissimi insieme a Contin e Faccia, inquadra così quanto sta accadendo: “El sciapo de
piegore ora va da se” (Il gregge di
più, c’è un popolo. Siam tutti
terroristi? Fidate de no o comunque non lo siamo per tutti, anzi”.
Lo scorso luglio a Rosà, un paesino fuori Vicenza, il sindaco leghista ha intitolato una via a Bepin Segato, arrestato dopo l’assalto in San Marco e morto nel
2006, dopo il carcere, a soli 52
anni. Contin commentò: “Il
Carroccio non è degno neppure
di pronunciare il nome di Bepin”. E lo diceva anche a Bossi,
quando il leader della Lega
Lombarda arrivava quaggiù nei
primi anni ’90 a tentar di parlare
con la Liga e unirla, come poi fece, nella Lega nord. Ma Contin è
sempre stato contrario: “Ti pensa
pecore, non inteso in questo detto in
senso dispregiativo, ora è in grado di
andare da solo). Buson era ed è
uno dei capi dei Serenissimi, tra
i primi ad aver giurato fedeltà alla Repubblica Veneta e a parlare
d’indipendenza e separatismo
quando, prima del 1997, era un
reato anche solo dirlo. Che significa? Toni spiega: “Che c’è
una massa ora, un gruppone...
capito? Lui dice che non serve
a Milano e la tu regione, qui lassa far
a noaltri”. Indipendentisti in tut-
to. E sempre.
Marce, principi neri, lady golpe,
bergamaschi in armi e Tognazzi
città fatale, un po’ a Napoli, un
po’ a Milano, a vedere come andavano le cose. E se le 28 mila
camicie nere radunate a Tivoli,
Santa Marinella e Monterotondo sarebbero davvero riuscite a
mettere nel sacco Roma, il re, la
Storia. Ci riuscirono. In un
modo così scombiccherato che
ancora oggi, a quasi cent’anni
di distanza, non si è capito del
tutto. Se per ignavia, stupidità
o complicità di tanti poteri, a
cominciare da quello della
Massoneria.
FATTO STA che bastando qualche drappello di carabinieri a disperdere i facinorosi, e a cambiare (forse) la storia, nessuno si
mosse. Il povero Facta, presidente del Consiglio, era corso
dal sovrano per farsi firmare lo
stato di assedio e dunque la mobilitazione dei 30 mila soldati a
guardia di Roma. Ma Vittorio
Emanuele III, non per nulla
chiamato Sciaboletta, cogitò a
lungo e infine non firmò. Fece di
meglio. Convocò Mussolini per
affidargli l’incarico di governo.
E la farsa – dopo un anno e mezzo di spallate e il sangue di Giacomo Matteotti – si raddrizzò in
tragedia. Ma sono questi decenni di pace a bassa intensità che
annoverano i migliori golpe da
commedia. Cominciando da
quello architettato dal “principe
nero”, Julio Valerio Borghese,
che nella notte dell’Immacolata,
tra il 7 e l’8 dicembre 1970, lanciò una colonna di guardie forestali di Cittàducale alla conquista del Viminale, uscendone
con il bottino di un mitra. Per
poi disperdersi nella notte romana poiché un misterioso contrordine era arrivato a fermare
tutto. Da chi? Da Andreotti, si
disse. No, da Kissinger, anzi da
Richard Nixon. E che ebbe come
suo vero narratore non uno storico, né un investigatore, ma il
grande Mario Monicelli con il
suo Vogliamo i colonnelli, protagonista uno strepitoso Ugo Tognazzi. Indimenticabile fu lady
golpe. In arte Donatella Di Rosa,
37 anni, che aveva una relazione
con un generalone dei parà: tra
una svenevolezza e l’altra le parlò di certe riunioni d’alti ufficiali
che progettavano l’occupazione
della Rai a Saxa Rubra e forse il
suo bombardamento.
UN SEGRETO che lei rivelò in
una conferenza stampa, con ressa di telecamere, un 7 ottobre del
1993, annunciando il pericolo
alla nazione. Ma in realtà illuminando il tutto con i suoi “occhioni azzurri da Dalila Di Lazzaro in miniatura” (Filippo Ceccarelli) di cui si invaghirono tutti, giornalisti e telespettatori. E
che a un certo punto, dopo 23
giorni di carcere, e un centinaio
di interviste, si inabissò, per ricomparire un anno dopo reggicalze e poi senza neanche quelle,
su Playmen, sotto a un bellissimo
titolo che recitava: “La mia nuda
verità”. Di lì a poco Umberto
Bossi minacciò Roma ladrona
con “l’urlo dei 300 mila bergamaschi in armi che rimbomba
di valle in valle”. Toccò dunque
ai primi Serenissimi che finiro-
STATE SERENISSIMI
il Fatto Quotidiano
MARONI “IN CELLA LE IDEE”
“Mi sembra – sostiene il governatore della Lombardia, Roberto Maroni – che stiano mettendo in galera le idee e le opinioni:
questa è una prova di debolezza
e non farà altro che rinfocolare
lo spirito separatista dei veneti”.
BAGNASCO “L’ITALIA È UNA”
”Ogni forma di violenza è sempre da ripudiare” e “le difficoltà
ci sono per tutti, non solo per
una parte del Paese e sono anche gravi. L’Italia è una sola”, così il cardinal Angelo Bagnasco,
presidente della Cei.
Profondo nord-est
di Silvia Truzzi
l telefono dell’eretico Bepi Covre – imprenditore
veneto, leghista della
prima ora, ex parlamentare, ex sindaco di Oderzo, fondatore con Massimo Cacciari e
Giorgio Lago del movimento
dei sindaci negli anni Novanta –
in queste ore suona spesso.
I
Che idea si è fatto di quanto sta
emergendo dall’inchiesta di Brescia?
Un’idea parziale: sui giornali c’è
quello che ai giornali è stato dato. Sapremo molte cose più
avanti, credo. Se gli arrestati
hanno parlato di dinamite e fucili, allora qualche mona – devo
dirlo in veneto – si è lasciato
sfuggire parole che non doveva.
Parlare di armi non ha nessun
senso. Anche perché noi che
quei personaggi li conosciamo,
sappiamo che sono assolutamente innocui. Ci metto la firma: non sono persone pericolose. La violenza non è nell’animo dei veneti.
Nel ’97 c’ero, ero sindaco e parlamentare, sono stato il primo
ad andarli a trovare gli arrestati
in carcere. Tra adesso e allora la
differenza è che il gruppo si è
allargato, la situazione economico sociale è molto peggiorata. Nel ’97 eravamo nel pieno
boom, il miracolo del Nord-Est.
Non c’era crisi, non c’era disoccupazione. La situazione è molto peggiorata, questi sentimenti
si sono propagati. E sono sentimenti che hanno radici storiche profonde, non sono infatuazioni.
Quali sono le radici storiche?
di Gianni
Barbacetto
hissà se aveva già idee secessioniste, Franco RocC
chetta, quando nell’aprile
REALTÀ E FANTASIA
La Marcia su Roma, 1922.
Sopra, Ugo Tognazzi in “Vogliamo
i colonnelli” di Mario Monicelli
LaPresse
no tutti sotto processo. E poi in
quella nebbia di nostalgie della
grande impresa che li indusse,
dieci anni dopo, a ricomprarsi il
tanko messo all’asta, per la bella
cifra di 6770 euro. E che da allora ronfava nel garage di Flavio
Contin, che di quella roboante
ferraglia non ne aveva ancora
abbastanza.
1968 salì sul pullman che lo
portò nella Grecia fascista dei
colonnelli. “Viaggio premio”
con incontri di Stato, in compagnia di personaggi come
Pino Rauti, Mario Merlino,
Stefano Delle Chiaie, tutta
gente che negli anni successivi
ebbe qualche ruolo, nell’Italia
di piazza Fontana e dei tentati
golpe neri. Ormai è storia:
quel viaggio “per patrioti” fu
organizzato (e pagato) dai
servizi segreti di Italia e Grecia. Anni dopo, lo spiegò così:
“In quella occasione, lo studente Rocchetta si trovò semplicemente ad approfittare di
un pullman pasquale diretto
in Grecia, con molti altri studenti, quasi tutti greci di Padova, per quella passione ai
viaggi che mi porto ancor oggi
intatta addosso, ed elettrizzato dall’idea di visitare la terra
della classicità, con cui del resto il mio Veneto ha un’osmo-
7
GRILLO “LOTTA A SPRECHI”
”Per combattere la secessione
occorrono esempi istituzionali
e leggi contro la corruzione, il
conflitto di interessi, contro gli
sprechi della politica. La secessione si annulla con una
buona politica”, scrive Grillo.
Il leghista eretico Bepi Covre
“Macché terroristi,
son solo dei mona”
Da almeno 25 anni si sta diffondendo una sensazione, cioè che
si sia voluto mettere la nostra
Storia in sordina: la Storia del
Veneto non è quella della Lombardia o del Piemonte. Una Storia negata: però la Storia qualche volta si prende anche delle
rivincite. Tanti veneti dicono
“perché non abbiamo diritto di
conoscere la nostra Storia”? Conoscere per il piacere di sapere,
per una questione di giustizia
calmerebbero molti animi.
Questo è l’aspetto culturale, poi
c’è quello sociale.
La nostra Regione ha un avanzo
primario verso lo Stato – la differenza tra quello che diamo e
quello che riceviamo – di 20 miliardi di euro l’anno. Se ne tenessimo anche una minima
parte qui, la situazione sarebbe
meno grave. Il confronto con il
Campidoglio è emblematico:
62 mila dipendenti, tra Comune di Roma e municipalizzate, e
un buco di 16 miliardi di euro.
Questo paragone ci dice che
mentre noi veneti licenziamo i
nostri dipendenti dalle aziende
private, a Roma lo Stato assume
con soldi anche nostri. E fanno
perfino leggi ad hoc per finanziare Roma capitale.
Qual è la Storia negata del Ve-
ROMA
LADRONA
Il Campidoglio
ha 62 mila dipendenti
e un buco
di 16 miliardi
di euro. Assumono
con soldi nostri, basta
Che differenze ci sono tra oggi e
il 1997?
ARRESTATI ILLUSTRI
VENERDÌ 4 APRILE 2014
culturale: più ci si globalizza,
più c’è bisogno di recuperare le
radici. Questa voglia di identità
non è “contro”, ma è “per”. Se si
partisse dal riconoscere che la
Storia ha la sua importanza, si
neto?
Soprattutto la Storia della Serenissima Repubblica di Venezia,
che è stata particolare rispetto a
tante altre realtà italiane, senza
mancare di rispetto a nessuno.
Anche al Meridione, per esempio, è stata negata una prospettiva propria sul Risorgimento.
Questo accade perché si applica
il vecchio motto latino vae victis,
guai ai vinti. La Serenissima ha
subìto molto meno le angherie
dello Stato pontificio e c’è stata,
in quel periodo, una grande libertà negli scambi commerciali. Sono solo piccoli esempi, ma
il punto è: perché non possiamo
valorizzare la Storia? È fatto divieto di insegnarla nelle scuole,
bisogna far passare il messaggio
dell’Italia unita, del Risorgimento.
E il referendum? Che cosa pensa
dell’abbraccio della Lega agli indipendentisti?
Io sono federalista, mai stato secessionista. E per questo ho
sempre avuto problemi con il
partito, tanto che Giorgio Lago
mi definì l’eretico. Ma sono ancora militante. Oggi, su questa
vicenda degli arresti, dico: lasciamo lavorare la magistratura. Ma sono certo che tutto questo è vento sulle ali della Lega
per le prossime europee. Però
attenzione: criminalizzare chi
criminale non è, è un errore.
Hanno assemblato un carro armato, rudimentale ma...
...Definire quel vecchio trattore
cingolato un carro armato vuol
dire dar ragione alla Lega: i carabinieri per metterlo in moto
ci hanno impiegato mezzora!
Con questo non giustifico nulla: ribadisco che questi hanno
parlato troppo e forse hanno
pensato anche male. Ma noi che
abbiamo una certa età, ci ricordiamo bene cos’era il terrorismo.
Il fan dei colonnelli greci
e il capo dei pensionati padani
si plurimillenaria”. Spiegazione molto simile a quella fornita al giudice istruttore che
indagava sulla strage di piazza
Fontana, Ernesto Cudillo, da
Mario Merlino, fascista infiltrato tra gli anarchici di Pietro
Valpreda: “Ci andai perché
era un viaggio gratuito”. Del
resto, Rocchetta ha il dono di
trovarsi nel posto giusto al
momento giusto: il 21 agosto
1968, appena tornato dalla
Grecia, varca la frontiera della
Cecoslovacchia. È il giorno in
cui i carri armati sovietici
(non proprio serenissimi tanko) invadono il Paese. Poi
non si cura di essere stato inserito in un elenco di estremisti antisemiti, in un rapporto del Congresso ebraico
mondiale. In pochi anni, diventa invece il massimo teorico dell’autonomia veneta.
Fonda la “madre di tutte le leghe”, la Liga Veneta, poi si affianca al movimento di Umberto Bossi, infine rompe con
lui e torna al mito dei Sere-
nissimi. Fino all’arresto di
due giorni fa. Nel ’94 è addirittura nel governo Berlusconi, sottosegretario agli
esteri.
IL MESTIERE di Roberto Bernardelli, invece, è quello di al-
bergatore. Ma la sua passione
è sempre stata la politica. È
suo l’Hotel dei Cavalieri, un
quattro stelle in pieno centro
di Milano. Nordista convinto,
ha però investito anche al sud,
perché è suo anche l’Hotel dei
Cavalieri a Caserta, a un passo
STRANE STORIE
Rocchetta, nel ’94
al governo, era a Praga
nel 1968 durante
l’invasione sovietica
Bernardelli è un leghista
campione di liste civetta
dalla reggia dei Borboni. All’inizio degli anni Ottanta la
sua storia s’incrocia con quella
di Umberto Bossi. Nel 1983 si
candida per la prima volta alle
elezioni, sotto il simbolo della
Lista per Trieste, nella Lega
Autonomista Lombarda, da
cui poi nascerà la Lega nord.
Bocciato nelle urne, fonda un
suo gruppo, il Partito Pensionati, con il quale diventa consigliere comunale a Treviglio e
a Milano e
poi, a Milano,
anche assessore. Negli
anni successivi galleggia
in politica,
smontando e
rimontando
formazioni
Franco politiche che
Rocchetta non sempre
Ansa
gli fanno ottenere qualche poltrona. La Lega Casalinghe-Pensionati, per esempio, non gli porta fortuna alle
elezioni del 1992. Riallaccia allora i rapporti con Bossi e la
Lega nord lo fa entrare in Parlamento nel 1994. Due anni
dopo, con la Lega che corre da
sola, senza l’appoggio di Silvio
Berlusconi, perde il seggio.
Fonda allora il movimento
Padania Pensione Sicura, che
poi trasforma in Pensionati
Padani e Pensionati Nord.
Con la Lega entra nel 2000 nel
Consiglio regionale della
Lombardia, ma l’anno dopo
litiga con Bossi e riprende a
forgiare il suo caleidoscopio di
sigle: fonda la Lega Padana
Lombardia, che si allea con i
No Euro e il Fronte Cristiano,
raccogliendo percentuali da
prefisso telefonico come candidato presidente della Provincia di Milano. Collabora
poi con movimenti più radicali, come Progetto Lombardia e Fronte Indipendentista
della Lombardia. S’inventa la
lista Pensioni & Lavoro. Infine
l’Unione Padana. Ultimo atto,
anche per lui: l’arresto.
8
BELPAESE
VENERDÌ 4 APRILE 2014
Di Battista
contro Napolitano,
censurato in aula
CENSURATO per aver criticato in aula Napolitano, quasi fosse un atto di lesa maestà. È
accaduto ieri alla Camera al deputato di M5S
Alessandro Di Battista. Dure le sue parole nei
confronti di Giorgio Napolitano, reo di aver ricevuto in privato Silvio Berlusconi. Un incontro
che per Di Battista rappresenta “l’ennesimo
scempio della credibilità delle istituzioni com-
il Fatto Quotidiano
piuto dal capo dello Stato ieri sera. Napolitano
ha ricevuto al Quirinale un condannato”. Poi ha
rincarato la dose accusando Napolitano di aver
“ostacolato in ogni modo il processo sulla trattativa Stato-mafia”. A quel punto, l’intervento
del presidente di turno dell’aula Roberto Giachetti (Pd), che ha tolto la parola al deputato
Cinque Stelle.
310
mila
STIPENDIO
Costosi e per sempre
Gli ambasciatori
sono come diamanti
MASSIMO
900
DIPLOMATICI
LA CASTA DELLA DIPLOMAZIA: CONTRATTI DA 100 MILA EURO
IN SU, CARICA GARANTITA ANCHE SENZA SEDE ALL’ESTERO
di Alessio
Schiesari
n ambasciatore è
per sempre. Un
po’ come un diamante, solo che
costa di più. Può venire soppressa la sede di rappresentanza che dirige o essere richiamato a Roma; può perfino capitare che il Paese nel
quale aveva ottenuto l’incarico sparisca dalla carta geografica, ma il suo stipendio
(da favola) resiste all’usura
del tempo. Ieri il ministro degli Esteri Federica Mogherini
ha promesso un piano di tagli
da 108 milioni spalmati sul
prossimo triennio, parte dei
quali saranno recuperati dagli emolumenti dei diploma-
U
tici. Non è molto, considerando che parte di questo denaro verrà recuperato attraverso una “razionalizzazione
del patrimonio immobiliare
all’estero” (quindi, presumibilmente, la vendita di edifici
del ministero) e un’altra quo-
CONTROSENSI
Per le feluche meglio
restare in Italia: stessi
guadagni. Mogherini:
tagli da 108 milioni in tre
anni. Ma alla Farnesina
1 su 4 è dirigente
ta riducendo i contributi che
la Farnesina paga alle organizzazioni internazionali come l’Onu. Ma è ancora meno
se si va ad analizzare la selva
di emolumenti e maxi-stipendi che si potrebbero falciare. Come il sindacato Filp
denuncia da tempo, si potrebbe partire da quei diplomatici (e sono la maggioranza) che hanno terminato la
loro missione e ora lavorano
in un ufficio della Farnesina.
In questo caso la strada per
un ambasciatore si biforca: o
viene confermato il grado e,
pur senza un’ambasciata da
guidare, mantiene gli stessi
emolumenti di prima, o viene
ricollocato come “ministro
plenipotenziario”. Nel primo
NEL MONDO
Il ministro degli Affari Esteri, Federica Mogherini Ansa
caso il compenso lordo annuale può arrivare a più di
300 mila euro (sparisce l’indennità all’estero ma la busta
paga vera e propria viene
quasi raddoppiata). Nel secondo, il malcapitato ambasciatore senza ambasciata deve accontentarsi di uno stipendio tra i 100 mila e i 268
mila euro annui. Queste centinaia di carriere senza retromarcia non sono un problema da poco. La Farnesina si
lamenta, e a buona ragione,
PORTFOLIO
Tutti in posa: la politica
rincorre la moda del web
anno saputo che sul web impazzano i selfie, gli autoscatti con i cellulari. E ovviaH
mente si sono scatenati. I politici italiani non si
tirano indietro, soprattutto oltre frontiera. Si
spazia dal Renzi “londinese” a Giorgia Meloni
e Matteo Salvini, grondanti felicità per l’immagine scattata con Marine Le Pen: un’icona a
unire Fratelli d’Italia e Lega Nord.
DESTRA BIONDA Meloni
gioisce accanto alla Le Pen
MOGHERINI sembra inten-
MATTEI
DIVERSI
A sinistra, un Renzi un po’ stanco
con Dolce e Gabbana e Franca Sozzani (Vogue Italia):
accanto Salvini
con l’icona Le Pen
dei pochi fondi che vengono
destinati agli affari esteri (appena lo 0,2 per cento del Pil).
Il problema però è che vengono impiegati malissimo:
mentre negli ultimi anni i
contributi alla cooperazione
internazionale sono stati falcidiati, alla Farnesina si vive
una situazione kafkiana in cui
il rapporto tra impiegati e dirigenti è di uno a tre. In molti
uffici c’ quindi un capo senza
però nessuno sul quale esercitare il proprio ruolo. Per
questo si è costretti ad inventare posizioni assurde: c’è il
coordinatore delle posizioni
orizzontali dell’Italia presso
le organizzazioni internazionali; quello per il mar Adriatico, i rifugiati e gli esuli italiani; quello per l’Antartide; e
perfino il roboante coordinatore delle questione ecologiche, dello sviluppo economico e della crescita mondiale.
Uno che, stando ai titoli e alle
competenze, dovrebbe trattare Ban Ki Moon come uno
impiegatuccio di second’ordine.
COM’ERANO
Certo, Internet, i cellulari, la rapidità della comunicazione. Ma vuoi mettere con
le foto vecchio stile? Ecco il Fini pre-Fiuggi con Le Pen
padre, l’ex parà che non era a destra: di più Fotogramma
zionata a tagliare soprattutto i
compensi dei diplomatici della rete estera. In totale gli ambasciatori italiani lontani da
Roma sono 123, ovviamente
uno per ambasciata. Anche
loro, come i loro colleghi della
Farnesina, non hanno nessuna difficoltà a superare la
quarta settimana del mese.
Tanto per fare un esempio, il
Baby squillo, i voti dei clienti in Rete
I FREQUENTATORI DELLE DUE MINORENNI DEI PARIOLI PUBBLICAVANO I GIUDIZI. SEI VERSO IL PROCESSO
di Valeria Pacelli
enivano recensite, come si fa con i ristoranti o gli alberghi. In questo caso però si
V
tratta di donne, o meglio di due ragazzine di 14 e
15 anni. Perché tra gli aspetti terribili dell’inchiesta sulle baby escort dei Parioli c’è anche
questo: i clienti che frequentavano l’appartamento di Viale Parioli, poi avrebbero anche
scritto dei commenti sulle due minori sul sito
bachekaincontri.it, dove le ragazze avevano pubblicato il proprio annuncio. Molti i voti positivi
per le giovani: i clienti rassicuravano sul fatto
che la descrizione sul web corrispondeva alla
realtà. Ma avevano mentito sull’età, perché nessuna delle due aveva 19 anni come scrivevano.
Un aspetto, quello dei commenti, che viene raccontato anche da un cliente, la cui testimonian-
za è stata pubblicata ieri dal Fatto. “Sono uno
stupido” dice a se stesso l’uomo e aggiunge, riferendosi all’età delle ragazze: “Me la sono bevuta... Poi cerco su internet e cerco, cerco incessantemente. Che trovo? Trovo le testimonianze di un sacco di clienti, postate ben prima
dell’intervento dei carabinieri che recensiscono
le fattezze e servigi delle ragazze, con tanto di
indirizzo e numero di telefono.
I RECENSORI DISCUTONO e descrivono ogni
aspetto dei loro incontri. Danno voti. Ma nessuno pone mai un dubbio sulla loro età”. Su questi siti, la valutazione dei clienti è tutto. Perché
chiunque potrebbe trovarsi davanti una donna
completamente diversa da come si descrive nell’annuncio. E così i clienti, come se parlassero di
un ristorante, si consigliano a vicenda questa o
quella donna. A volte ci sono anche valutazioni
negative, tanto che scorrendo le recensioni ancora on line che non riguardano le due baby
escort dei Parioli, ma altre donne, si leggono
commenti come: “Foto assolutamente false,
bruttina, con almeno quarant’anni e molto incazzata. Da evitare” scrive qualcuno coperto da
anonimato. L’aspetto dei commenti emerge anche da alcune testimonianze dei clienti, come
pure dagli atti dell’inchiesta che ormai è agli
sgoccioli. L’indagine della Procura di Roma infatti è stata chiusa, atto questo che di norma prelude ad una richiesta di rinvio a giudizio. E così
in sei rischiano il processo: ossia Mirko Ieni e
Nunzio Pizzacalla, accusati di sfruttamento della
prostituzione minorile; Mario De Quattro, accusato di tentata estorsione per aver cercato di
farsi dare 1.500 euro dopo aver video-registrato
massimo diplomatico a Ottawa (in Canada) percepisce un
fisso mensile che – tra stipendio vero e proprio e indennità
(esentasse) – supera i 20 mila
euro netti al mese. Quello di
stanza a Mosca manca di un
soffio i 27 mila euro mensili.
A questi stipendi bisogna aggiungere alloggi principeschi
interamente a carico dello
Stato (talvolta di proprietà del
ministero, altre volte in affitto
a prezzi che – si vocifera – per
certe sedi superano il mezzo
milione di euro l’anno) e un
contributo dell’80 per cento
sulle bollette. Spesso con quei
soldi l’ambasciatore deve
mantenere una famiglia, per
questo è prevista una maggiorazione del 20 per cento per la
moglie e un contributo di
qualche migliaio di euro per
ogni figlio.
La mini spending review annunciata da Mogherini non è
certo l’unico tavolo su cui verrà misurata l’attitudine al risparmio del nuovo ministro.
La partita più importante è
quella della nomine esterne
(ad esempio, funzionari di gabinetto del ministro ed esperti
di cultura). Pur di contenere i
costi Bonino aveva scelto quasi esclusivamente personale
interno. Altri suoi predecessori, come Fini, avevano approvato delle infornate da oltre cento collaboratori. Per
capire la serietà della spending
review di Mogherini bisognerà
aspettare di vedere a quale dei
predecessori vorrà ispirarsi.
Nei commenti
online, bugie
sull’età
delle ragazze Ansa
un incontro; la
madre di una delle
ragazzine; il cliente
Riccardo Sbarra e
Marco Galluzzo
sotto inchiesta per
aver ceduto cocaina in cambio delle
prestazioni sessuali. Alcuni sceglieranno i riti alternativi, come l’abbreviato o il patteggiamento.
Altre posizioni, come quella del fidanzatino
19enne di una delle due minori finito nel registro
degli indagati, sarà archiviata.
Secondo indiscrezioni, verrà archiviata anche la
posizione della 15enne, finita sotto inchiesta del
tribunale dei minori per aver indotto la sua amica, di appena un anno più piccola, a iniziare questa brutta esperienza.
MALITALIA
il Fatto Quotidiano
Mediaset vende
un pezzo di torri:
300 milioni in cassa
MEDIASET VENDE il 25% di Ei Towers, il gruppo delle torri televisive e
delle telecomunicazioni, uno dei
gioiellini di famiglia costituito nel tempo, con un incasso che si avvicinerà di
molto ai 300 milioni. Il Biscione, che
manterrà una quota di controllo del
40%, utilizzerà la liquidità soprattut-
to per rafforzare i contenuti televisivi.
Si tratta comunque di una nuova “cassa” importante, che potrebbe servire
per acquisizioni o per “ogni opportunità industriale” che si dovesse presentare. Tradotto: è una cessione strategica a prezzi interessanti (il titolo Ei
towers da metà ottobre è cresciuto di
VENERDÌ 4 APRILE 2014
oltre il 50%) che non dovrebbe servire
per ridurre il debito e solo in parte potrebbe essere destinato al recente
esborso per i diritti della Champions
League, già indirettamente coperti da
un recente finanziamento bancario.
Più facilmente Mediaset guarda alla
pay-tv: è in corso di definizione la nuo-
9
va società che raggruppi le attività nel
settore, così come sono in corso i colloqui con Telefonica per definire il futuro della spagnola Digital plus. È una
fase nella quale tutto può succedere,
ma possono servire soldi per costruire
contenuti utili a una piattaforma internazionale.
I CASSONETTI PIENI DI MARINO:
“ROMA SARÀ INVASA DAI RIFIUTI”
IL SINDACO VA IN PROCURA A CHIEDERE AIUTO: IL 26 MAGGIO SCADE
LA PROROGA CHE CONSENTE DI USARE I VECCHI SITI. IPOTESI MALAGROTTA
Malagrotta, il sito di stoccaggio più grande d’Europa LaPresse
di Valeria
Pacelli
ncora pochi mesi e
non si saprà più
dove smaltire i rifiuti di Roma. E
che i cassonetti, dal centro alla periferia, sono tutti stracolmi: se ne è accorto anche
Ignazio Marino. Lo stesso che
solo il 24 febbraio scorso in
un’intervista a TeleRadioStereo
aveva dichiarato: “Per la Capitale non c’è nessun rischio
legato a una nuova emergenza rifiuti”. Ma a distanza di
poco più di un mese si è dovuto ricredere. Ieri, in sella alla propria bici, seguito dagli
uomini della scorta anche loro su due ruote, ha bussato
alla porta del procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone, esprimendo la propria
preoccupazione sulla futura
A
gestione dei rifiuti a Roma. Il
26 maggio scadrà l’ordinanza
con la quale il sindaco ha conferito ai due tmb (trattamento
meccanico biologico) di
Co.La.Ri (un consorzio) lo
smaltimento dei rifiuti. Questo vuol dire che non ci saranno più posti dove smaltire
carta, vetro, plastica e umido.
to, insieme ad altri, di associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti. Con
l’esplosione di questa inchiesta è finito anche il regno di
quello che veniva chiamato il
“Supremo” e Roma si ritrova
dopo decenni con una gestione nuova. La chiusura degli
impianti, ad oggi attivi, sarà
un problema per Marino. E
RISPETTO A UN MESE fa
Ignazio Marino adesso è molto più allarmato: “Tra qualche
giorno – ha detto dopo l’incontro di ieri con Pignatone –
non saprò dove mettere i rifiuti. Due sono le soluzioni: o
Roma coperta di rifiuti o conferire in impianti di Cerroni”.
Il riferimento è a Manlio Cerroni, l’avvocato ultraottantenne, patron dell’ex megadiscarica di Malagrotta, accusa-
L’SOS DEL CHIRURGO
Il primo cittadino
s’arrende : “Sono dotato
di un’intelligenza media,
datemi un’idea”
Un mese fa dichiarava:
l’emergenza non esiste
ALFANO E IMMIGRATI
Le cifre da sbarco
di Angelino
Q
uando Angelino Alfano, ministro degli Interni non molto attento a quel che accade
nei suoi uffici (ricordate il caso Shalabayeva?), comincia una frase con “secondo le nostre informazioni”, bisogna munirsi di un’espressione un pochino ilare. Va compreso. Ieri da Palermo ha lanciato un allarme: “Secondo le nostre informazioni
tra 300 mila e 600 mila persone sono dall’altra
parte del Mediterraneo ad aspettare, in attesa di
partire”. Dall’inizio del 2014, sulle coste italiane
sono sbarcati in 11.000. Lo stesso Consiglio dei
Rifugiati parla di cifre inverosimili. Ma Alfano fa
i conti in maniera alfaniana. Ha appena stretto
un’alleanza con l’Udc per dare una spinta all’immobile Ncd: s’aspettano un buon risultato alle Europee. Anche queste sono cifre inverosimili.
Ignazio Marino LaPresse
riaprire Malagrotta significherebbe trovarsi nella stessa
situazione pugliese dell’Ilva:
ossia continuare a utilizzare
un luogo, finito sotto sequestro, con la minaccia di un
grave danno ambientale. Infatti lo scorso novembre a
Malagrotta – dopo anni di
proteste – sono stati messi i
sigilli. Si trova infatti in un’area dove c’è anche una raffineria, un impianto per rifiuti
tossici ospedalieri, un deposito di carburanti e una gigantesca cava. Marino sa che
adesso si trova in una situazione di “stallo totale”. “Ho
esternato le mie preoccupazioni al procuratore – spiega il
sindaco – affinché mi venga
indicata una strada da percorrere per uscire da questo scacco matto perfetto. Da un lato
la magistratura ha portato alla
luce, con l’arresto di Cerroni e
di altri, una serie di reati che io
non potevo immaginare; dall’altro poi c’è il prefetto che mi
dice di non poter pagare le
aziende coinvolte e continuare a conferire i rifiuti. Non voglio arrivare a fine maggio con
il problema ancora sul tavolo”.
OLTRE IL PROBLEMA del disastro ambientale e dello
smaltimento, c’è anche quello
relativo ai lavoratori che perderanno il proprio salario con
la chiusura dei siti di smaltimento. E come nel caso del
crac imminente di Roma, con
un debito di 800 milioni di euro, anche stavolta Marino si
rivolge al governo: “Siccome
io ho un’intelligenza media –
ha sottolineato – non riesco a
trovare da solo la soluzione,
ma sono certo che c’è una soluzione a cui tutti avranno
pensato, il governo e il prefetto, e basta che me la indichino e io la seguo”.
PESCARA
“Discarica al veleno:
mercurio e piombo
c’erano già nell’81”
RELAZIONE DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ:
IL SITO DI BUSSI È INQUINATO DA 30 ANNI
di Manuel
Zeno
n vero e proprio disastro ambientale che si è protratto
per almeno trent’anni con lo sversamento di rifiuti
U
altamente tossici: è questo il resoconto che emerge dalla
relazione dell’Istituto Superiore di Sanità, depositato oggi a
Chieti nell’ambito del processo in Assise sulla megadiscarica di Bussi sul Tirino (Pescara), una delle più grandi d’Italia e d’Europa. Prevista oggi la seconda udienza, tra gli
imputati venti funzionari e dirigenti della ex Montedison,
l’azienda principalmente responsabile dell’inquinamento.
La notizia dei danni provocati dalla discarica non è recente ma questa relazione
conferma che, nonostante
lo sversamento sia cessato
negli anni ‘90, gli effetti
provocati da metalli altamente
velenosi
come
piombo e mercurio potrebbero continuare a rappresentare un pericolo per la
salute umana. L’Iss ha ricordato alcuni studi fatti
nel 1972 e nel 1981: nel priLa discarica di Bussi Ansa
mo analizzando i pesci del
fiume Pescara e i capelli di
alcuni pescatori, consumatori abituali, venivano rinvenute
tracce di mercurio per valori 4,5 volte superiori alla legge
negli animali e 14 volte superiori negli esseri umani; nel
secondo studio, relativo al piombo, si è riusciti, incrociando
le tecniche moderne con i dati dell’epoca, a rinvenire una
presenza di metallo nei germogli di grano superiore ai livelli
abituali dalle 300 alle 560 volte. Il presidente dell’Abruzzo e
Commissario straordinario alla Sanità, Gianni Chiodi, ha
chiesto al ministro della Salute Beatrice Lorenzin di verificare “se e in quale misura l’accertato inquinamento delle
acque ha causato danni alla salute”. Chiodi comunica che
sarà approntato un Registro Tumori per valutare le aree
maggiormente a rischio ed eventualmente effettuare una
bonifica ambientale.
Grillo show a Pompei: “Ci prendiamo le macerie”
L’EX COMICO CONSIGLIA A UNA PROSTITUTA DI TRASFERIRE LA PROFESSIONE SUL WEB. OGGI MANIFESTAZIONE M5S PER L’IMMONDIZIA NELLA CAPITALE
di Luca De Carolis
inceremo e le macerie ce le prenderemo noi”. Abbracciato a una
V
colonna di Pompei, Grillo gioca di metafora, in un video da campagna elettorale. Ottimista, in un altro giorno
agitato per 5 Stelle tra polemiche e dissidi interni sulle Europarlamentarie.
Ieri era l’artista era a Napoli, per la seconda tappa del suo “Te la do io l’Europa tour”. In mattinata, visita gli scavi
di Pompei. Tra tanti Grillo incontra
anche una prostituta. “Qualcosa per
noi non esce? Vorrei lavorare al sicuro
e pagare le tasse” chiede la donna. L’artista replica: “Ho visto che Internet può
sopperire molto, lei deve essere più cu-
riosa e la sua professione può essere
trasformata. Noi dell’M5S saremo più
aperti alle soluzione più avanzate”.
Dentro la città perduta gira il video
elettorale: “Pompei è emozionante,
enorme, non ce la fai a girarla neanche
in due giorni. Ho parlato coi custodi, e
c’è da dire che il problema Pompei è il
problema Italia: se non hai una manutenzione ordinaria si scrosta un muro e
devi fare un appalto e tutto il resto”.
Quindi conclude con uno slogan:
“Vinceremo noi, sicuro, non abbiate
dubbi! E poi le macerie ce le prendiamo
noi”. Nel frattempo dal suo blog picchia contro l’incontro Napolitano-Berlusconi: “Un condannato in via
definitiva ha chiesto e ottenuto di es-
sere ricevuto dal presidente della Repubblica. Che messaggio viene dato al
Paese?”. E parla di secessione: “Gli arresti in Veneto dimostrano come parti
dello Stato non trovino più ragioni per
farne parte. Per evitare la secessione bisognerebbe dare motivi ai cittadini italiani per sentirsi orgogliosi di esserlo”.
In serata tensione davanti al teatro Partenope tra manifestanti del Sistema
consorzi bacini e polizia. Una manifestante ferma per qualche momento
l’auto di Grillo, ma l’artista poi entra
regolarmente. A Roma problemi vari.
Il secondo turno delle Europarlamentarie, per definire i candidati di 5 Stelle
alle Europee si è concluso alla mezzanotte di ieri, con due ore di ritardo. Il
voto sul web era stato sospeso: pare alcuni candidati fossero stati presentati per errore in più circoscrizioni. Un gruppo
di senatori e deputati ha
chiesto
un’assemblea
congiunta sul caso dell’ortodosso
Riccardo
Nuti, a cui rimproverano
di aver appoggiato ufficialmente Paola Sobbrio,
prima degli eletti in Sicilia. La stessa
Sobbrio che nel 2012 era stata “candidata” come assessore comunale a Marsala da una lista civica. Possibile una
richiesta di sfiducia per Nuti, presidente del Gruppo a Montecitorio. Mauri-
Grillo con la prostituta a Pompei Ansa
zio Buccarella ed Elisa Bulgarelli sono i
candidati al posto di capogruppo in Senato: voto finale giovedì prossimo. Oggi alle 18.30 manifestazione di M5S all’ex discarica di Malagrotta, a Roma.
C’è l’ipotesi della presenza di Grillo.
10
CATTIVI AFFARI
VENERDÌ 4 APRILE 2014
Sigaretta
elettronica, il Tar
cancella la tassa
DOPO UN BATTAGLIA a colpi di
ricorsi, l’ultima parola sulla contestata imposta al 58,5 per cento (la
stessa dei tabacchi) sul prezzo di
vendita delle sigarette elettroniche
è arrivata ieri dal Tar del Lazio. Nei
giorni scorsi Il Fatto ha raccontato la
battaglia della federazione dei ta-
baccai per far passare la norma, che
secondo le associazioni del settore
porterebbe alla chiusura delle attività antro giugno (nel 2013 il fatturato del fumo elettronico è stato
di 400 milioni di euro). Il tribunale
amministrativo ha confermato la
sospensione cautelare dell’imposta
che colpisce anche i prodotti accessori (come il cavo Usb per ricaricare
le batterie) e rimesso all’esame della Corte Costituzionale i contenuti
del decreto attuativo della norma
(prevista in un decreto del governo
Letta), arrivato nel dicembre scorso. In quelle disposizioni, il Tar ha
Il Senato contro Scaroni
Renzi gli chiude la porta
NOMINE, IL PREMIER: “HO PRANZATO CON LUI. MA IL CRITERIO DI ONORABILITÀ C’È
E VA BENE”. DOMANDE A RAFFICA IN COMMISSIONE ALL’AD SU MAZZETTE E CONTI ENI
è questo l’orientamento del premier. Anche perché c’è un altro
requisito, stavolta interno a Eni,
che preoccupa Scaroni, ed è
quello dell’“indipendenza” del
presidente, che il cda ha deciso
di inserire nello statuto (servirà
l’ok dell’assemblea). Difficile
per Scaroni, dopo nove anni come amministratore delegato
(quindi espressione dell’azionista di maggioranza, lo Stato), vestire il panni dell’uomo di garanzia per tutto l’azionariato.
di Carlo Di Foggia
na difesa pubblica,
che sa di onore delle armi, il congedo
onorevole a un super manager che è stato nove
anni al vertice della prima
azienda italiana, l’Eni. Per conoscere il futuro dell’ad del colosso energetico controllato dal
Tesoro, Paolo Scaroni, bisogna
interpretare le parole di Matteo
Renzi, ieri sera a Otto e Mezzo di
Lilli Gruber su La7. “Ho pranzato con Scaroni”, esordisce il
premier parlando di Eni. Hanno discusso anche dei nuovi requisiti di onorabilità imposti da
una direttiva del ministero (e
che saranno recepiti a maggio
dall’assemblea degli azionisti
che modificherà lo statuto): “È
vero quello che dice Scaroni, il
criterio c'è negli altri paesi ma
noi siamo contenti che ci sia”.
La norma si applica ai reati di
corruzione, sia in caso di condanna che di rinvio a giudizio. Il
condannato o l’imputato è ineleggibile o decade immediatamente, salvo intervento del cda
che chiede all’assemblea dei soci di confermarlo.
U
IL NUMERO uno dell’Eni spera
nel quarto mandato, ma è in una
posizione delicata. Renzi conferma che la condanna in primo
grado di Scaroni per reati ambientali per la vicenda della centrale Enel di Porto Tolle non è
rilevante ai fini dei requisiti di
L’Ad dell’Eni, Paolo Scaroni, punta
alla riconferma all’Eni Ansa
onorabilità, ma da febbraio dello scorso anno l’ad è indagato
dalla Procura di Milano per corruzione nell’inchiesta sulle presunte tangenti Saipem in Algeria. Il piano B di Scaroni è quello
di trasferirsi dalla guida operativa alla presidenza, con la nomina dello stretto collaboratore
Claudio Descalzi (trent’anni di
carriera a San Donato) al vertice
della società. Renzi non si sbilancia, ma chi ha parlato con lui
in questi giorni assicura che non
BOTTA E RISPOSTA
Mucchetti (Pd): “Con lei
i numeri dell’azienda
sono peggiorati, ma
non il suo stipendio”
Il manager: “Vuole fare
l’analista finanziario?”
IERI SCARONI è stato sottoposto al fuoco di fila della commissione Industria del Senato, guidata da Massimo Mucchetti
(Pd). I senatori, M5S in testa, gli
elencano le grane della sua gestione: le tangenti Saipem in Algeria; i presunti contatti con il
faccendiere Bisignani nell’affare
per le concessioni petrolifere in
Nigeria (cosiddetto Opl 245); e i
conti peggiorati. Scaroni cerca
di schivare i colpi. La tensione
arriva quando Mucchetti gli ricorda il requisito di “indipendenza” del presidente (“pensa di
garantirlo?”). S’indispettisce:
“Non devo rispondervi”. Poi
Andrea Cioffi (M5S), malignamente confronta il 2013 con il
2005 (inizio dell’era Scaroni):
capitalizzazione a 65 miliardi di
euro (erano 103 nel 2005); valore delle azioni a 17,3 euro (erano 25,5); utile netto a 5,2 miliardi (erano 8,8); indebitamento a
16,5 miliardi (erano 10,5). “È un
confronto sbagliato”, spiega
il Fatto Quotidiano
riscontrato "profili di irragionevolezza". Con l’ordinanza è stato anche sospeso il restrittivo regime autorizzativo di produzione e distribuzione delle e-cig, di fatto equiparato alle sigarette normali per
quanto riguarda adempimenti e sicurezza.
LECC
LECCAA
LCdM, profumo maschio
e scorzette di limone
È SEDUTTIVO ma diffidente. Mentre cammina
tra ingegneri e operai, addetti alla fonderia e alla
tornitura, uomini della mensa e collaudatori, il
suo orecchio non sente, ma è levato in alto per
chiunque voglia versarvi le sue parole; la sua bocca non si muove ma custodisce un sorriso per tutti coloro che
hanno bisogno d'approvazione”. Dopo aver letto l'incipit (ma
non solo) della “conversazione” di Salvatore Merlo con Luca
Cordero di Montezemolo dal titolo evocativo “Charme” pubblicata ieri sul Foglio, questa rubrica riservata agli specialisti
del ramo è lieta di annunciare l'immediata assegnazione dell'Oscar 2014 alla carriera ritenendo che nei restanti otto mesi
nessuno potrà raggiungere (e forse neanche sfiorare) le vette
sublimi di cotanta prosa. Naturalmente, come si conviene ai
capolavori, numerose sono le nomination a cui “Charme”
concorre. A LCdM per il migliore autosoffietto: “Finito il mio
impegno da presidente di Confindustria ero sempre tra le cinque personalità più apprezzate del paese”. Per gli effetti speciali: “Montezemolo è avvolto in un leggero profumo maschio
al limone”. Per il trucco e parrucco: “Montezemolo è chiuso in
una curata eleganza. Le sue mani sottili, delicate e nervose
fanno pensare al poker e alla roulette ma anche a sapienti
contatti con porcellane, pergamene, morbide automobili; e
con calze femminili, con sete e pizzi e ardui fermagli di collane”. E inoltre nomination per il miglior catering: “C'è un cameriere in livrea bianca, il cibo ha una sua raffinata semplicità: petto di pollo con scorzette di limone, uno spezzatino
con julienne di verdure. Niente vino”. Per i migliori servizi igienici: “In un corridoio Montezemolo chiude persino le porte
dei bagni riservati ai dipendenti”. Infine nomination per la migliore colonna sonora: “In sua presenza ci si sente come sulla
soglia di un pantheon definitivo nel quale basta in fondo poco
per venire ammessi”. E qui l'Oscar non glielo toglie nessuno.
Scaroni, “c’è stata la crisi, e anche i nostri concorrenti sono
andati male”. Ancora più malignamente, interviene Mucchetti. “Ho fatto un confronto con la
Total: nel 2007, l’anno migliore
di Eni, ha fatto 13 miliardi di utile, voi solo 10”. E chiude con lo
stipendio. Nel 2013 Scaroni ha
portato a casa 5,8 milioni di euro. “Una remunerazione alta rispetto ai risultati, a cui pure è agganciata”. “Si mette a fare l’analista finanziario”, sbotta l’ad. Il
senatore Pd rincara: “Avete
sempre detto che l’obiettivo sono due milioni di barili al giorno. Ad oggi siamo a 1,6; erano
1,7 nel 2005”. Risposta: “Non è
l’indice di un accidenti di niente”. Prima del battibecco, Vito
Petrocelli (M5S) gli aveva chiesto conto della vicenda Saipem,
e dei contatti con Bisignani per
l’affare nigeriano (citati nell’inchiesta P4). Risposta: “Non ho
parlato con Bisignani di quella
vicenda”.
Da Cir in giù: l’impero De Benedetti scricchiola
IL GRUPPO ESPRESSO EMETTE UN BOND DA 100 MILIONI PER PAGARE I DEBITI. LE BANCHE CREDITRICI VOGLIONO PRENDERSI L’INDEBITATA SORGENIA
di Andrea
Pacini
all’energia all’editoria, l’impero dell’Ingegnere comincia a
D
scricchiolare. È questione di ore e
poi si conoscerà il destino di Sorgenia che ha accumulato quasi 2
miliardi di debiti. E soprattutto si
saprà se Cir, la cassaforte della famiglia di Carlo De Benedetti gestita
dal figlio Rodolfo, ne perderà il
controllo mentre l'altro socio, l'austriaca Verbund, ha già abbandonato il campo. La holding approverà i risultati del 2013 nel prossimo consiglio di amministrazione
del 14 aprile.
INTANTO anche il business edito-
riale non gira: all’assemblea del 6
aprile il gruppo Espresso chiederà
di approvare un 2013 chiuso con un
utile netto pari a 3,7 milioni, in calo
rispetto ai 21,8 milioni dello scorso
anno. Anche il fatturato è sceso del
12,4% su base annua attestandosi a
711,6 milioni mentre il risultato
operativo che si è attestato a 31,3
milioni dai 60,4 milioni del 2012.
Conti che lasciano a secco di di-
videndi gli azionisti. Non solo. Il prestito convertibile o convertendo energetico sono Mps (sulle cui casse
gruppo editoriale è stato costretto a oltre a rifinanziamento delle con- gravano 600 milioni, ovvero un terchiedere soldi al mercato con un un trollate Sorgenia Power e Sorgenia zo dell'indebitamento totale dell'aprestito convertibile di 100 milioni Puglia e allo sblocco delle linee di zienda energetica), Unicredit, Inteper rimborsare parzialmente l’ob- credito. Come conseguenza, le par- sa, Ubi, Bpm e il Banco Popolare.
bligazione da 227 milioni che scade tecipazioni di De Benedetti e degli
nel 2014 e per sostenere le attività di austriaci verrebbero azzerate e i SE LE BANCHE andassero fino in
sviluppo dell’azienda.
nuovi padroni sarebbero 19 banche. fondo l'azionariato di Sorgenia verLa partita più calda è comunque Qualcuno sospetta che le banche rebbe completamente ridisegnato,
quella che si sta giocando sull’ener- stiano forzando la mano per sbloc- le banche trasformerebbero i loro
gia di Sorgenia dove il braccio di care il negoziato. E che alla fine tro- crediti in azioni. Un modello rodato
ferro fra De Benedetti, disposto a vino il modo di lasciare un’opzione che imporrà anche la revisione del
mettere sul piatto solo 100 milioni, e a Cir per prendere parte all’aumen- governo societario. Non solo. L’acle banche (che ne chiedono almeno to con un importo dal quale dipen- cordo sulla ristrutturazione del de150) è arrivato all’ultimo round.
derà la quota futura. Di certo gli bito di Sorgenia avrà un impatto sul
Il vertice di mercoledì tra i prin- istituti più esposti con il gruppo salvataggio della partecipata Tirreno Power
cipali creditori, a fronte delCarlo De Benedetti LaPresse appesa
in
lo stallo nel negoziato con
queste settiCir, sarebbe servito ad affiNUOVI ORIZZONTI
mane alla
nare la proposta, che condecisione
templa una parziale converCon l’ingresso degli
del tribunasione in azioni dei 600 mile di Savona
lioni di debito in eccesso, e a
istituti anche il destino
di sospenfare il punto sulla raccolta
di Tirreno Power è
dere l'attividelle adesioni delle 21 bantà della cenche creditrici. Lo schema
a rischio. La dirigente
trale di Vaprevedrebbe 400 milioni
do Ligure.
con un aumento di capitale
Mondardini in uscita
Per il sistetramite la conversione di dedal gruppo
ma bancabiti e per i restanti 200 un
rio che si è accorto tardivamente del
tracollo, e in particolare per la già
acciaccata Mps, non sarebbe di certo un buon affare. I De Benedetti
(come è successo nel caso della Carlo Tassara di Romain Zaleski) potrebbero invece evitare il fallimento
senza pagare gli errori commessi in
passato con investimenti sbagliati e
piani industriali troppo ambiziosi.
Del resto, dei circa 2 miliardi di euro
di valore di Borsa dell’impero (nelle
quotate Cofide, Cir, Espresso e Sogefi) solo 200 milioni (un euro su
dieci) sono capitali rischiati dal cosiddetto padrone, il resto è messo
dagli azionisti di minoranza.
L’esito della partita su Sorgenia è
ancora imprevedibile. Ma di certo il
capitano della nave ha già la scialuppa di salvataggio. Mentre il suo
comandante in seconda è già pronto per saltare a bordo di vascelli più
solidi: Monica Mondardini, amministratore delegato di Cir e del
gruppo Espresso, si starebbe scaldando da settimane a bordo pista
per partecipare al valzer di poltrone
che sta per suonare alle Poste o all’Enel.
ECONOMIA
il Fatto Quotidiano
Consumi,
dal 2007 persi 80
milioni di euro
CONSUMI “CONGELATI” in attesa della ripresa.
È quanto emerge dai dati della Confcommercio,
che a febbraio registra un calo dello 0,7% su base
annua e una variazione nulla rispetto a gennaio.
Crollano i consumi nei trasporti (-23%), nell’abbigliamento (-17%) e nei mobili ed elettrodomestici (-14%). Il dato più eclatante è che dal 2007
a oggi i consumi di beni sono diminuiti di 80 oltre
VENERDÌ 4 APRILE 2014
miliardi. Con questa premessa ci potrebbero volere 33 anni per tornare ai livelli di consumo precedenti alla crisi. Confcommercio spiega come,
con una variazione annua dell’1%, si dovrà aspettare il 2046 per migliorare. Meglio per gli alimentari, per i quali basterebbero 12,5 anni. Con
una crescita del 3% servirebbero 12 anni per i
beni e 4 per il cibo.
DEFLAZIONE, DRAGHI
FA L’AMERICANO:
BCE COMPRERÀ TITOLI
Il numero uno
della Banca
centrale europea,
Mario Draghi
LaPresse
ANNUNCIO STORICO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA CONTRO
LA STAGNAZIONE. PRONTO UN PROGRAMMA DI ACQUISTI COME
LA FED PER AIUTARE I PAESI PIÙ DEBOLI. SARÀ RIVOLTO AL CREDITO
165
0,25%
LO SPREAD
BTP-BUND
IL TASSO
D’INTERESSE
I MERCATI
ESULTANO
Lo Spread al minimo
dal 2005. La Borsa
brinda: +1,38%
INFLAZIONE
SOTTO TERRA
L’inflazione Ue è
allo 0,5%, dovrebbe
essere vicina al 2
ragionevolmente sicuri che tra
sei mesi il prezzo sarà uguale a
quello di oggi o più basso, ve la
prenderete con calma. Anche le
imprese avranno poca voglia di
fare investimenti, visto che i
prezzi restano piatti. Pochi consumi e pochi investimenti, addio ripresa. E senza inflazione, i
debitori non possono beneficiare di quello sconto che è il passare del tempo: se salgono i
prezzi, il debitore alla scadenza
restituirà al creditore una somma con un valore reale inferiore
a quando l'ha ricevuta. Inoltre
l'inflazione tropo bassa complica l'aggiustamento dei prezzi relativi nei Paesi che stanno
uscendo dalla crisi, spiega Draghi. Tradotto: se un Paese è molto competitivo nella meccanica
ma poco nella chimica, dovrebbe succedere che i prezzi dei
prodotti meccanici salgono
(perché sale la domanda) più di
quelli della chimica (che restano
piatti o scendono finché il basso
costo non compensa la scarsa
qualità). Se i prezzi nel complesso salgono del 2 per cento, i rapporti di forza tra settori competitivi e poco competitivi si riflettono in fretta su differenze di
prezzo e di costo, e l'economia
nel complesso ne beneficia. Ma
se i prezzi sono piatti, questo aggiustamento richiede anni inve-
di Stefano Feltri
i sono solo due o tre
persone al mondo che
possono cambiare l'umore dei mercati con
una manciata di parole: il presidente della Bce Mario Draghi
è il più efficace. Il Consiglio dei
governatori che si è riunito ieri a
Francoforte è stato “unanime
nel suo impegno a usare anche
misure non convenzionali” e fra
queste è “incluso il quantitative
easing”, queste le parole di Draghi che segnano per la Bce una
svolta paragonabile a quella del
2012, quando l'ex governatore
della Banca d'Italia annunciò le
Operazioni monetarie definitive (Omt), la promessa di acquisti illimitati di titoli di Stato dei
Paesi a rischio default che ha
salvato l'euro.
C
NELLA ZONA euro l'inflazione è
molto bassa: il tasso di crescita
annuale rilevato a marzo è stato
solo dello 0,5 per cento, ancora
più basso dello 0,7 di febbraio,
molto lontano da quel 2 per cento che la Bce considera il proprio
obiettivo. Draghi è consapevole
dei problemi che l'inflazione
troppo bassa può causare in un
momento delicato come questo:
se volete cambiare l'auto e siete
LECC
LECCAA
Tutto ok, Elkann
legge la Guida Michelin
CON LA CONSUETA obiettività, La Stampa ci ha
descritto ieri l’acume del suo padrone, John Elkann. Reduce dal successo di “I giovani non lavorano perché pigri”, Elkann ha individuato nelle
Langhe – ospite di un altro genio, Oscar Farinetti di
Eataly, che vuole fare del Sud un grande villaggio turistico – un
“esempio di trasformazione”. Elkann ha messo a confronto La
Malora di Beppe Fenoglio, romanzo “che descrive una terra disperata”, con la Guida Michelin di oggi “che documenta l’eccellenza della ristorazione”. Il giornalista-dipendente, non pago di un confronto così privo di senso, insiste nel peana: lo
sproloquio “ha voluto essere un antidoto contro il pessimismo,
il disfattismo, il conservatorismo cieco”. Parole sante. Solo che
se Elkann fosse meno rivoluzionario e leggesse l’annuario Istat
anziché la Guida ai ristoranti di lusso, scoprirebbe che dall’inizio della crisi a oggi, in cinque anni, il tasso di disoccupazione nella provincia di Cuneo è triplicato. Nonostante Farinetti.
Fiom sfonda nella base, ma è alla porta
IL 35% È CON LANDINI, MA I DELEGATI CHE CONTERANNO AL CONGRESSO PER LA NOMINA DEL VERTICE CGIL LI DECIDE CAMUSSO
di Salvatore Cannavò
n queste condizioni il congresso non
c’è più, cambia natura”. Maurizio
I
Landini opera l’ennesimo rilancio nello
scontro interno alla Cgil alla vigilia del
congresso nazionale. Lo fa insieme ad
altri dirigenti, Domenico Moccia del
credito, Nicola Nicolosi della segreteria
nazionale, Gianni Rinaldini, ex segretario Fiom, puntando il dito contro una
“crisi democratica preoccupante”. L’accusa alla Cgil è quella di non rispettare il
voto degli iscritti e, in particolare, di
non far corrispondere agli emendamenti presentati, l’effettiva rappresen-
tanza negli organismi dirigenti.
Al congresso che si concluderà a maggio, infatti, Landini e Camusso hanno
presentato lo stesso documento. Ma il
segretario della Fiom e altri esponenti
critici della Cgil hanno presentato una
serie di emendamenti: per riportare l’età pensionabile a 60 anni, per il reddito
minimo, per la difesa della contrattazione (anti-Fiat) o sulla democrazia e la
rappresentanza. Lo scontro verte sulle
modalità di calcolo dei voti. Landini,
Moccia e Nicolosi ritengono che il calcolo vada fatto su coloro che effettivamente li hanno votati, circa 900 mila
iscritti. Su questa base rivendicano ri-
Maurizio Landini e Susanna Camusso LaPresse
CRISI DI FIDUCIA
Su 5,7 milioni di iscritti
vota solo uno su tre
Affluenza record
al Sud dove spicca
Crotone con l’82%
di partecipanti al voto
11
sultati notevoli: 46% sulle pensioni,
34% sulla contrattazione “modello Landini”, 38% sul reddito minimo. La Cgil,
invece, basa i suoi calcoli sull’insieme
dei votanti che si sono recati alle urne
dopo la conclusione delle assemblee di
base e dopo lo svolgimento del voto sugli emendamenti. In questo caso la platea sfiora 1,7 milioni di iscritti molti dei
quali si sono presentati solo al momento specifico del voto. In questo caso, la
percentuale degli emendamenti scende
sensibilmente. “Ho presentato un
emendamento che ha ottenuto 235 mila
voti - dice Moccia - e avrò 3 delegati su
mille”. “L’organizzazione della Cgil rincara Rinaldini - sta formando una
platea congressuale scandalosa. C’è il
sospetto che vogliano lasciarsi le mani
libere per fare chissà cosa ma così si
mette a rischio la Cgil”.
PER CONTO DELLA SEGRETERIA repli-
ca Vincenzo Scudiere, responsabile organizzativo, che parla di “un metodo
strano e insolito di calcolo soprattutto
perché esclude i partecipanti al voto
congressuale ed è irrispettoso degli
iscritti all'organizzazione”. Scudiere,
poi, ricorda che “non c’è un automati-
smo tra voti sugli emendamenti e platea
congressuale” e se la prende in particolare con Nicolosi il cui comportamento
“è giustificabile solo in presenza della
volontà di candidarsi a leader di una minoranza”. Nessuna mediazione, quindi.
Gli “emendatari” però si sentono forti.
Le loro posizioni hanno avuto risultati
notevoli vincendo in Fiom e nella Fisac,
ma con esiti importanti nella Flc o nella
Funzione pubblica. L’emendamento
sulle pensioni, ad esempio, vince in 11
regioni ma viene complessivamente
battuto grazie al voto dello Spi e del Sud.
L’emendamento più spinoso, quello
sulla contrattazione di Landini, vince in
Abruzzo, Emilia Romagna, Friuli, Lazio, Trentino, supera il 40% in Lombardia, Piemonte e Toscana.
Dai numeri emerge anche il problema
dell’affluenza. Che si ferma al 29,6% degli iscritti (5,7 milioni). Dove il tessuto
produttivo è più forte si verifica l’affluenza più bassa. In Emilia ha votato il
20%, in Lombardia il 28. Gli exploit si
hanno, invece, al Sud: 51% in Puglia,
45% in Campania, 40% in Calabria.
Boom, invece, a Crotone dove ha votato
l’82,7% mentre a Reggio Emilia solo il
24,5.
ce che mesi, a danno sia dei settori (e dei Paesi) più competitivi
che di quelli più deboli.
Che fare? In condizioni normali, la Bce taglierebbe i tassi di interesse per rendere il credito più
economico, incentivare prestiti
e quindi investimenti. Ma il costo del denaro è già allo 0,25 per
cento, il minimo storico. Portarlo a zero non cambierebbe nulla.
Una settimana fa il presidente
della Bundesbank, la Banca centrale tedesca, Jens Weidmann
ha detto che “misure non convenzionali come il quantitative
easing non erano escluse”. Dichiarazione sorprendente, perché Weidmann si è sempre opposto a ogni novità nelle politiche della Bce, temendo che finissero per far perdere il controllo sull'inflazione. Adesso di
misure non convenzionali e di
quantitative easing ne parla tutto
il Consiglio dei governatori. Finora la Bce ha sempre dato soldi
alle banche (liquidità) con il sistema dei pronti contro termine, cioè presta una somma in
cambio di un titolo fornito come garanzia, alla scadenza i soldi tornano alla Bce e i titoli alla
banca. Ora invece è pronta la
quantitative easing, l'allentamento quantitativo usato dalla Federal Reserve americana: comprare direttamente i titoli dalle banche, cosa che comporta assumersi molti più rischi – visto che
se il prezzo dei titoli poi scende
la Bce ci rimette – e che alle banche darebbe soldi freschi più facilmente spendibili, perché non
sono più un prestito ma un pagamento. È quello che da anni
chiedono tanti critici della Bce,
che faccia come la Fed e “stampi
moneta”. Draghi parla e le Borse
europee cominciano a correre, il
tasso di cambio dell'euro col
dollaro si indebolisce, due buone notizie.
MA È SOLO un annuncio, anche
se dagli effetti pesanti: Draghi
resta cauto. Il sistema europeo
ruota intorno al sistema bancari, quello Usa non al mercato dei
capitali. Morale: c'è il rischio che
con il quantitative easing europeo
i soldi vadano alle banche e lì si
fermino, mentre negli Usa il beneficio per il resto dell'economia è immediato. Quindi bisogna studiare bene cosa comprare: titoli di Stato? Crediti verso le
piccole e medie imprese? Derivati dal valore incerto? Si vedrà.
Seconda ragione di cautela:
Draghi sa che gran parte della
bassa inflazione è dovuta al calo
dei prezzi dell'energia e agli effetti inevitabili e prevedibili dell'austerità in Europa (scendono
salari e prezzi), quindi niente
panico. Ma bisogna evitare che
gli europei si convincano di essere vittima della “sindrome
giapponese” e si vedano condannati a un decennio di stagnazione, soffocati dal debito.
Per ora basta l'annuncio, per
scuotere dal torpore e allontanare l'incubo della deflazione.
Nei prossimi mesi la Bce valuterà come agire.
12
ALTRI MONDI
VENERDÌ 4 APRILE 2014
Pianeta terra
il Fatto Quotidiano
MADRID LEADER PP SFUGGE ALLA MULTA
La presidente regionale del Partito Popolare,
Esperanza Aguirre, è fuggita scaraventando a terra la moto di un agente della Municipale che stava
facendo la multa alla sua auto parcheggiata nella
corsia degli autobus al centro di Madrid, mentre
lei stava prelevando denaro da un bancomat. Ansa
USA STRAGE NELLA BASE MILITARE: 4 MORTI, 16 FERITI
Quattro morti e 16 feriti a Fort Hood, in Texas, la più grande base
militare al mondo già teatro di una strage nel 2009 in cui morirono 13 persone. Lo sparatore-suicida, Ivan Lopez, 24 anni, era
un veterano dell’Iraq, con gravi disturbi mentali. Ansa
AL DI LÀ DEL FIUME
Il posto di
confine di Ganghwa da dove si osserva l’altra sponda dell’Han. Sotto, ex voto per le
vittime sudcoreane foto Mattia Eccheli
di Mattia Eccheli
Ganghwa (frontiera Corea del Sud)
rrivano col treno, in
auto ma soprattutto
in pullman. Sono i
“guardoni del conflitto”, la nuova frontiera del turismo della Corea del Sud.
Un'attività fiorente alimentata
dalle saltuarie provocazioni del
dittatore bambino della Corea
del Nord, Kim Jong-un, che è
tornato a minacciare un nuovo
esperimento nucleare. Gli echi
degli spari oceanici dei giorni
in scorsi non hanno frenato
l'afflusso dei turisti. Né, del resto, le autorità del paese sembrano aver deciso di limitare i
movimenti.
Lungo il sonnacchioso fiume
Han, che traccia in parte il confine tra i due stati, si intravvedono chilometri di filo spinato.
E guardiole almeno apparentemente non sempre presidiate.
“Credo che il governo non voglia che abbiamo paura”, sorride la giovane Minjun. Una delle
molte persone che vive grazie
all'indotto della guerra: una calamita più che una calamità.
A
LA COREA DEL SUD, che ha no-
bilmente incassato perdite gravi negli ultimi anni (nel 2010 46
uomini a bordo di una nave della Marina militare rimasti uccisi
in mare nel corso di un attacco
ed altri 4 erano stati ammazzati
a cannonate sull'arcipelago di
Yeonpyeong) quasi senza reagire, ha trasformato il potenziale
conflitto in una risorsa.
Ci sono itinerari quotidiani sui
luoghi della memoria, consacrati al consumismo turistico di
massa. Tanto da far diventare
l'esplorazione visiva in una sorta di “North Korean watching”,
grazie ad appositi telescopi, naturalmente a pagamento, piazzati in posizioni strategiche.
Specifici filmati, come al Ganghwa Peace Observation Deck
inaugurato nel 2008, precisano
IL LUNA PARK DELLA GUERRA
ALLA FRONTIERA TRA COREA DEL SUD E DEL NORD, IL MURO CHE DIVIDE LA PENISOLA DAL 1953
È DIVENUTO ATTRAZIONE TURISTICA TRA SCHERMAGLIE, PROVOCAZIONI E RICORDI DELLE VITTIME
con l'ausilio di indicatori le attività svolte dagli uomini al di là
del fiume: coltivano, pescano,
vanno a scuola e via dicendo.
Dal Peace Osbervatory – che si
raggiunge oltrepassando il presidiatissimo check-point sul
ponte dell'Unificazione – si gode la vista migliore sul paesaggio della Corea del Nord. Per
una sorta di capitalistica indul-
genza, un soldato ripete (anche
in inglese) che è vietato fotografare oltre la linea gialla. Che si
trova ad alcuni metri di distanza
dal parapetto panoramico. La
sorveglianza è blanda, ma la curiosità è enorme. Come al museo o allo zoo, sopra le teste dei
curiosi c'è una cartina che illustra cosa si vede dall'altra: la torre delle telecomunicazioni, il
TOUR GUIDATI
Una calamita più che
una calamità: la tensione
tra i due Stati ‘fratelli’
porta valuta nelle casse
di Seul. Anche i binocoli
sono a pagamento
pennone della bandiera, la cima. Come lungo le escursioni
marittime alla ricerca dei delfini, l'eccitazione sale quando
qualcosa si muove nella radura.
Poco sotto si trova il museo dedicato al leggendario “terzo
tunnel”, un cunicolo scavato
dai nordcoreani che i sudcoreani hanno scoperto il 17 ottobre
del 1978. In totale
ne hanno individuati quattro, ma
la ben recitata
propaganda ripete che si teme l'esistenza di un'altra ventina di gallerie. Il terzo – visitabile dopo una
passeggiata di 500
metri fino a 73 di
profondità – è il
più temuto per-
ché sbocca a soli 52 chilometri
da Seul. Con il suo miglio di
lunghezza ma soprattutto la sua
larghezza di 2 metri (altrettanti
in altezza) avrebbe consentito il
passaggio di 30.000 uomini armati l'ora. Un incubo.
TUTTO SI TROVA all'interno
della cosiddetta “zona demilitarizzata”, una fascia protetta di
due chilometri per parte. Una
zona cuscinetto sulla quali i due
stati nemici si sono accordati.
Niente, dopo i cannoneggiamenti dei giorni scorsi, sembra
aver intaccato la ripetitività delle operazioni. A Dorasan si trova l'ultima fermata di un treno
che, secondo i cartelli indicatori, dovrebbe arrivare fino a
Pyongyang, la lontana capitale
della Corea del Nord. Ogni cosa
è pronta, perfino il settore dei
controlli, come in un qualsiasi
aeroporto, solo che non ci sono
treni: “Prima o poi uno partirà.
Ogni giorno. Per andare e tornare”, spiega l'uomo del banco
informazioni. Lo dice come un
mantra, esattamente come ogni
filmato e documento ricorda
che la Corea del Sud sogna l'unificazione. A che condizioni
non viene spiegato.
Mette i brividi il nome del ponte
del Non Ritorno, per arrivare al
quale i controlli sono ancora
più scrupolosi. Anche perché il
confine con la Corea del Nord è
visibile e si presenta con le divise dei soldati di Pyongyang. È
l'avamposto dello smembramento di migliaia di famiglie
che fino a 60 anni fa vivevano
assieme. È il monumento alla
disumanità della civilizzazione
che, paradossalmente, si chiama Joint Security Area, area
della sicurezza congiunta.
Gangs of New York: minorenni padroni della città
UN TERZO DELLE SPARATORIE NELLA GRANDE MELA RIGUARDANO TEEN AGERS CHE SI COMBATTONO PER IL PREDOMINIO NEI QUARTIERI DI PERIFERIA
di Angela Vitaliano
New York
n autobus, il solito, quello che attraversa la
zona nord di Brooklyn e che per Angel Rojas
U
è la connessione tra la sua casa e quei due lavori fra
i quali si divide, per mantenere la sua famiglia.
Una conversazione al telefono, ignorando completamente i tre ragazzini che salgono, facce
uguali a tanti altri ragazzini, che, forse, si sono
incontrati per finire un progetto per la scuola o
per una partita di basket. Tutto normale, tutto
quotidiano. Tanto che Angel non nota nemmeno,
come poi dimostreranno le telecamere, l’agitazione di un altro 14enne, seduto un po’ piu dietro, da
solo con i suoi pensieri. Non c’è tempo per capire
l’allarme, né quello per cogliere l’orrore di quella
pistola 357 che uno dei 3 teen ager appena saliti a
bordo, tira fuori all’improvviso, con freddezza,
come in un film. Una manciata di secondi e poi
uno sparo, diretto a quel coetaneo impaurito, che
ha capito tutto, che sa tutto. Una pallottola, però,
che spezza la vita all’obiettivo sbagliato: a un
39enne che sta andando al lavoro e che non ha
avuto nemmeno il tempo di preoccuparsi di quei
ragazzini che potrebbero essere suoi figli, quelli
che a casa non abbraccerà mai più. Saury, infatti, il
figlio di Angel di anni ne ha 12, solo 2 in meno del
killer che lo ha reso orfano. Difficile farsene una
ragione: difficile anche per Maria Lopez, sua madre, arrivata qui, dalla Repubblica domenicana,
con Angel e la loro figlia più piccola, April di 8
anni, solo 4 anni fa. E a vedere le foto di Kathon
Anderson, il killer, pantaloni mimetici e maglietta
di cotone a maniche lunghe, sembra davvero di
stare in un film di quelli della New York degli anni
Settanta, falcidiata dal crimine e dalla violenza.
DA ANNI, TUTTAVIA, la città ha cambiato volto
grazie ad un processo di “bonifica” iniziato dal sindaco Giuliani, proseguito da Bloomberg e che De
Blasio è intenzionato a mantenere. Tanto che per
“allontanare” l’allarme di chi teme che il suo mandato possa significare un ritorno della città ai suoi
periodi cupi, ha scelto come capo della polizia Bill
Bratton, già “uomo” di Rudolf Giuliani e famoso
proprio per aver iniziato quel processo di “ripulitura”, anche usando metodi non sempre condi-
ratorie riguarda proprio minori
- che rendono pericolosa la vita
in quartieri dell’estrema periferia, quella più povera e, ovviamente, con tassi altissimi di evasione scolastica e di disoccupazione. Il killer di Rojas, a esempio, fa parte di una banda chiamata Twan Family che ha la sua
base a Marcy Houses, mentre la
vittima apparteneva agli Stack
Money Goons, localizzata a TomIl film di Scorsese Ansa
Un arresto della polizia LaPresse pkins Houses. Marcy e Tompkins Houses sono due “projecvisibili. Bratton, solo qualche settimana fa, in con- ts”, palazzoni di edilizia popolari costruiti, a breve
ferenza stampa con il sindaco, aveva confermato il distanza uno dall’altro, nel quartiere di Bedbuon trend che, da tempo, caratterizza New York, ford-Stuyvesant, uno dei più pericolosi di Broocon una riduzione del 2% dei crimini maggiori klyn. A Marcy è cresciuto il rapper Jay-Z negli anni
rispetto allo scorso anno e un calo del 21% degli ’80 e i ragazzini di queste parti sono da sempre in
omicidi e del 14% delle sparatorie. Numeri che guerra con quelli di Tompkins. “La stupidità di
fanno di New York, e non solo di Manhattan, una queste bande – ha dichiarato Bratton – è che si
delle metropoli più sicure degli Usa. Resta, tut- ammazzano fra di loro per niente e, purtroppo,
tavia, vivo e spaventoso nelle sue conseguenze, il spesso ci vanno di mezzo degli innocenti proprio
fenomeno delle “baby gang” - Un terzo delle spa- come in questo caso”.
il Fatto Quotidiano
ALTRI MONDI
AUSTRALIA SESSO NEUTRO PER NORRIE
L’Alta corte australiana ha riconosciuto l’esistenza di un ‘terzo sesso’, accogliendo il ricorso
di Norrie (che vuol dire ‘neutro’) May Welby, 53
anni che si batte da anni per non essere identificata sui documenti ufficiali né come maschio, né come femmina. Ansa
PARIGI LIBÉRATION IN RIVOLTA
Faida nello storico quotidiano Libération tra la redazione e il nuovo direttore operativo Pierre Fraidenraich, accusato di non esser all’altezza e voler
stravolgere la testata di gauche. Il direttore Rousselot ha presentato le dimissioni, Fraidenraich ha
ringraziato per l’“accoglienza pestilenziale” LaPresse
Il whisky di Elisabetta
e il brindisi con il Papa
ANCHE UN DONO ALCOLICO NELLA VISITA-LAMPO DELLA REGINA D’INGHILTERRA
PRIMA PRANZO AL QUIRINALE POI L’INCONTRO CON IL NUOVO PONTEFICE
di Caterina Soffici
V
isita lampo, copertura mediatica al
minimo, senza fanfare né lunghe dirette che di solito accompagnano
gli spostamenti dei reali britannici, sebbene fosse il primo
viaggio all’estero dal 2011. L’understatement, il basso profilo, è
stato la parola d’ordine della visita della regina Elisabetta ieri a
Roma per incontrare papa
Francesco e per una breve colazione con il presidente Napolitano e la moglie Clio. Atterrata
a Ciampino alle 12 e 30, ripartita alle 16 e 30. Una meteora.
Tutta l’attenzione dei media
britannici è ovviamente per il
papa, mentre la visita al Quiri-
CAPI RELIGIOSI
La sovrana, leader
degli anglicani, mancava
a Roma da 14 anni
Francesco ha ribadito
neutralità sulla questione
delle Falkland-Malvinas
nale viene trattata in una riga
(in pratica perché la regina si è
scusata per l’attesa: “Stavamo
pranzando con il presidente”).
Accompagnata dal principe
consorte Filippo, 92 anni, per
questa visita metà privata e metà ufficiale la regina sembra essersi adattata al nuovo corso di
papa Francesco. Quindi, fanno
notare i corrispondenti delle
Bbc, sempre molto attenti al
protocollo reale, la sovrana si è
presentata con un vestito lilla e
cappellino coordinato (quello
non manca mai), che rompe la
convenzione del vestito nero
con la veletta. Elisabetta e il marito hanno preso il te con il papa
in una piccola stanza dell’Aula
Paolo VI, vicino alla Casa di
Santa Marta, il convento dove il
papa ha scelto di dimorare. Un
luogo insolito, per gli incontri
formali, scelto pare per evitare
le scale alla regina (88 anni il
prossimo 21 aprile). Un incontro più da Francesco e Elisabetta, che da papa e regina. E i due
si sono scambiati doni alquanto
bizzarri. Francesco le ha dato
una vecchia pergamena e una
sfera di lapislazzuli con sopra
montata una croce di argento. Il
logo è l’emblema
del potere reale
che gli antichi romani usavano
per rappresentare l’universo, poi
adattato dai cristiani a rappresentare il mondo
sotto la cristianità (con l’aggiunta
appunto della
croce nella parte
superiore). Il regalo è per il pronipote, il principino George, figlio di Kate e
William e terzo nella linea di
successione al trono britannico.
La regina ha risposto: “Sarà entusiasta” e ha aggiunto “quando
sarà un po’ più grande” immaginandosi forse la fine della preziosa palla nelle mani del pupone di 8 mesi. Dal canto suo la
regina ha portato a Francesco
13
EFFETTO PECHINO
NEBBIA, GOVERNO
LADRO Critiche al governo inglese dai deputati dell’opposizione.
Sopra, Londra come Pechino
(a destra) LaPresse
‘Fumo di Londra’
gli inglesi incolpano
il continente
LO SMOG CHE INTRAPPOLA LA CAPITALE VERREBBE
DALLE COSTE EUROPEE. ALLARMI E MASCHERINE
Londra
e chiamate al 999 (il locale 118) sono salite del
L
14 % e i servizi di ambulanze
COLOR GLICINE
Elisabetta con Francesco e Napolitano Ansa / Dlm
un cesto di prodotti tipici britannici, compresi prodotti biologici delle sue proprietà e una
bottiglia di whisky. La visita è
durata una mezz’ora e niente è
trapelato del colloquio, ma non
pare si siano trattati temi politici. La regina Elisabetta è il capo supremo della Chiesa Anglicana e su alcuni temi le relazioni
con la Chiesa Cattolica sono ab-
Israele non libera i palestinesi
Gli Usa: “È una sfida alla pace”
notte fonda sulle trattative
di pace tra israeliani e paÈ
lestinesi. La riunione di merco-
VENERDÌ 4 APRILE 2014
tare, possono spingere, possono
dare un piccolo colpo di coda,
ma sono le parti stesse che devono prendere le decisioni cruledì sera a Gerusalemme tra le
ciali in vista di un compromesparti, con l’inviato Usa, Martin
so”. E per fotografare la situazioIndyk (dopo l’annullamento del
ne ha citato un vecchio proverviaggio del segretario di Stato
bio: “Si può portare un cavallo
Usa John Kerry), è stata un comall’abbeveratoio, ma non lo si
pleto insuccesso e l’annuncio di
può costringere a bere. Ora è il
Israele di aver annullato il rilascio degli ultimi detenuti palestiAbu Mazen LaPresse momento di bere e i leader sanno
cosa devono fare”.
nesi pattuiti è stato definito dalla
Sul campo la situazione è già addirittura pegCasa Bianca “una sfida al processo di pace”.
Quella che doveva essere un tentativo in extre- giorata: nella “accalorata” riunione di Gerusamis di riannodare il colloquio tra le parti si è lemme, durata circa 7 ore, il capo negoziatore
trasformata, secondo fonti concordanti, in una israeliano, l’ex premier Tizpi Livni, ha chiesto il
“feroce battaglia politica”. Anche se la Casa ritiro della decisione del presidente palestinese,
Bianca ha detto che il dialogo “resta aperto”, Abu Mazen, di aderire a 15 trattati internaziol'impressione, a meno di ulteriori sorprese, è che nali, ricordando che gli accordi sul rilascio dei
sia alle battute finali. Lo stesso Kerry, da Algeri detenuti “erano soggetti all’adempimento della
ha ammesso, prima degli sviluppi della serata, promessa palestinese di non ricorrere all’Onu
che i negoziati sono in uno “stato critico. Esiste fino alla fine di aprile”. Poi ha ipotizzato, nel
ancora un fossato che deve essere colmato mol- caso i palestinesi persistano nelle loro posizioni,
to rapidamente”. I mediatori, “possono facili- il ricorso a possibili sanzioni.
bastanza spinose, per esempio
sulle mosse del Vaticano per accogliere i preti dissenzienti rispetto alla linea della chiesa
d’Inghilterra di apertura sull’ordinazione delle donne. Altri
temi delicati, come la controversia tra la Gran Bretagna e
l’Argentina per le isole Falkland
(ieri era il 32° anniversario dell’inizio della guerra) non erano
in agenda e l’ambasciatore britannico presso la Santa Sede Nigel Baker ha confermato alla
Bbc: “Il Vaticano è stato chiaro
con noi, anche la scorsa settimana e a un livello molto alto,
ribadendo la sua posizione di
neutralità sulla questione”.
Quindi il corteo di auto blu
(niente a che vedere con i mostri di Obama) ha raggiunto
Ciampino e l’aereo reale è ripartito per Londra in tempo per il
gin tonic delle 7.
e pronto soccorso hanno registrato un picco di ricoveri
per insufficienze respiratorie. Amazon riferisce che la
vendita di mascherine è salita del 15 % rispetto alla settimana scorsa. Ad anziani,
asmatici e persone con problemi respiratori e di cuore è
stato consigliato di rimanere
chiusi in casa. Le scuole hanno annullato le attività sportive all’aperto.
E IERI MATTINA il premier
David Cameron ha addirittura rinunciato al suo jogging nel parco: probabilmente per dare il buon esempio
alla cittadinanza, visto che
l’agenzia governativa per
l’ambiente consiglia ai cittadini di evitare sforzi fisici
nelle aree di inquinamento
elevato, soprattutto se si verificano sintomi come tosse,
mal di gola o lacrimazione
degli occhi. Cronache di una
Londra anomala, avvolta in
una nube di smog misto a
TWITTER segreto Usa
per la primavera cubana
Amministrazione Obama per anni ha segretamente finanziato un social network, sulla falsa
L’
riga di Twitter, con l’intento di alimentare a Cuba il
malcontento verso il governo. Obiettivo: creare una
‘massa critica’ pronta a essere mobilitata nel caso di
una ‘primavera cubana’. A rivelarlo l’agenzia Associated Press, venuta in possesso di un migliaio di pagine di documenti che sarebbero dovuti rimanere segreti. Rivelazione che imbarazza la Casa Bianca, nel
momento in cui si parla di prove di disgelo tra Washington e L’Avana, dopo la storica stretta di mano tra
Barack Obama e Raul Castro ai funerali di Mandela.
A scatenare la polemica soprattutto il fatto che a gestire il piano - nome in codice ‘ZunZeneo’, come viene
chiamato nello slang cubano il cinguettio del colibrì non sono la Cia o la Nsa, ma i vertici dell’agenzia federale per lo sviluppo internazionale e il controllo
sull'utilizzo degli aiuti umanitari Usa. E i programmi
dell’Usaid - che ieri ha smentito che ‘ZunZeneo’ fosse
un programma sotto copertura - per essere legali devono ricevere l'autorizzazione dal presidente in persona.
sabbia sahariana che ne fa un
paesaggio cinese. Non si riesce a vedere la cima della
Shard, la scheggia di cristallo
puntata nel cielo da Renzo
Piano e la coltre di inquinamento è tale che sembrano
immagini prese a Pechino
più che a Londra. E così il
tradizionale interesse britannico per i fenomeni atmosferici si è trasformata negli ultimi due giorni in vera e propria ossesione.
La Bbc manda in onda inquietanti cartine con variazioni di colori che dal verde
della Scozia e del Galles diventano sempre più gialle e
poi arancioni, rosse e viola
scuro proprio su Londra: in
una scala da 1 a 10, l’allerta
inquinamento
registrato
mercoledì e giovedì sulla capitale britannica è 10. La vicenda si risolverà appena la
bassa pressione si sposta e
torna il vento e piove un po’
(cosa che è facile prevedere
accadrà entro il week end),
ma è interessante registrare
le reazioni.
Pare che la nube tossica sia
causata da un mix di fattori
(inquinamento di Londra,
smog dal continente e sabbia
dal Sahara), ma David Cameron ha parlato di un “naturale fenomeno meteorologico” e quindi è finito sotto accusa per aver cercato di sottrarsi alle responsabilità.
L’europarlamentare verde
Keith Taylor dice che il primo ministro ha avuto un atteggiamento “assolutamente
vergognoso”, perché “ignorare volontariamente questa
minaccia per la nostra salute
è imperdonabile”. Ma la cosa
più divertente è che tutti i
media (radio, tv, giornali) sono concordi in una diagnosi:
i gas nocivi provengono dal
Continente. Alla fine è solo il
vecchio adagio ribaltato:
“Nebbia sulla Manica, il continente isolato”.
C. S.
14
VENERDÌ 4 APRILE 2014
il Fatto Quotidiano
BRASILE 2014, LA FIFA AMMETTE:
“NON SIAMO PRONTI”
FESTIVAL DELLA LETTERATURA
IN LINGUA SPAGNOLA A PERUGIA
MESSICO, GARCIA MARQUEZ
RICOVERATO PER UNA POLMONITE
Il segretario generale della Fifa Valcke ha
ammesso che a 70 giorni dall’inaugurazione
del Mondiale di calcio del 2014 i preparativi
non sono ultimati. “Non siamo pronti”
Si apre oggi a Perugia “Encuentro”
il primo festival italiano delle letterature
in lingua spagnola. Ospite d’onore,
lo scrittore cileno Luis Sepulveda
Gabriel Garcìa Marquez è stato ricoverato
in un ospedale di Città del Messico per una
polmonite. Lo scrittore colombiano, Premio
Nobel, ha compiuto 87 anni il 6 marzo
SECONDO
TEMPO
SPETTACOLI.SPORT.IDEE
L’era Pompei del nostro calcio
LE PARTITE DI CHAMPIONS LEAGUE SEMBRANO UN ALTRO SPORT RISPETTO A QUELLO CHE VEDIAMO OGNI SETTIMANA
SUI NOSTRI CAMPI. CI MANCA QUASI TUTTO: VELOCITÀ, MENTALITÀ, AUDACIA, MODULI E, OVVIAMENTE, I CAMPIONI
Un missile terra-aria d’incomparabile arditezza. Finisce 1-1.
Ma l’Atletico, a sorpresa, è vicino alla semifinale.
I RECORD. Noi l’abbiamo fatto mezzo secolo fa: con Altafini
che nella Coppa Campioni
1962-63, la prima vinta dal Milan, segnò 14 gol, primato tuttora imbattuto. Ce ne vantiamo ancora e giustamente: fingendo di dimenticare che 8 di
quei 14 gol José li segnò, tenetevi forte, all’Union Luxembourg, come dire l’Asilo Mariuccia. Ebbene: proprio due
sere fa Cristiano Ronaldo ha
firmato, contro il Dortmund, il
14° gol di questa sua Champions. Dove di squadre di Lussemburgo non c’è traccia. Se
esiste un dio, CR7 demolirà
anche il muro dei 14 gol. E i
suoi 15 o 16 saranno tutti veri.
I MODULI. C’è chi impazziva
per il tiqui taca del Barcellona di
Guardiola (football bailado), c’è
chi impazzisce per il calcio-flipper del Real by Carletto
(stile play station). Il giorno e
la notte, il polo e l’equatore: ma
due stili, nella loro diversità,
inconfondibili e difficilmente
imitabili. Noi? Una volta avevamo il catenaccio, poi arrivò il
Milan tutto pressing di Sacchi
di Paolo Ziliani
L
a Champions come Avatar:
dove tutto è illuminato e abbagliante, amplificato ed emozionante. Dove ti sembra di
toccare con mano tutto quel
che si muove davanti ai tuoi
occhi, corpi e gesti, goccioline
di sudore e fili d’erba divelti,
persino suoni e persino odori,
in un tripudio di sensi mai assaporato prima. Unica differenza: per godere di questo
spettacolo, gli occhiali 3D non
servono, la tv di casa basta e
avanza. E insomma diciamolo:
la Champions sta al campionato italiano come Mina sta a
Emma; con tutto il rispetto per
Emma, naturalmente, che ha
vinto Amici e Sanremo. Ma se
ascoltate Mina, capite che stiamo parlando di due mondi diversi.
Così, resta da capire cos’è diventato quello sportucolo che
continuiamo a praticare nell’orticello di casa nostra, che ci
fa litigare più che divertire,
chiamato “campionato di Serie
A”. Uno sport che un tempo
radunava qui i migliori interpreti d’Europa e del mondo e
non foss’altro per questo era
una goduria. Poi qualcosa è
cambiato. E il calcio è scappato
altrove: in campionati diversi,
ma soprattutto in Champions
League. Chi ha assistito, martedì e mercoledì, ai match
d’andata dei quarti di finale si
sarà accorto che in Italia, da
anni, stiamo buttando giù la
sbobba. E ci manca tutto. Sette
cose in particolare.
LA VELOCITÀ. Assistere a
una partita del Real Madrid,
che pure nel campionato spagnolo è terzo (l’Atletico è a +3,
il Barcellona è a +2), è come
sbarcare su Marte. Per tutti i 90
minuti le merengues giocano a
una velocità, di gambe e di testa, impressionante: passaggi
di prima, scambi e inserimenti
ficcanti e corse a precipizio
verso la porta avversaria sono
il Pensiero Unico di CR7 e Bale, Di Maria e Benzema, Isco e
Marcelo, Modric e Morata.
Mai il Real aveva pigiato tanto
sull’acceleratore come lo fa oggi con un italiano (Ancelotti)
in panchina.
LA DISTANZA
Il meglio è scappato
altrove. Chi ha visto
i quarti di Coppa
si è accorto che in Italia,
da anni, stiamo buttando
giù la sbobba
e ora siamo all’era-Pompei:
con le antiche vestigia che cadono in pezzi. Post scriptum:
evitiamo per favore di parlare
di modulo-Juve: in Turchia – e
in Danimarca – potrebbero
mettersi a ridere.
LA PROFESSIONALITÀ. Che si
vede anche nelle piccole cose,
quelle che sembrerebbero poco importanti. Come la mania,
tutta italiana, di buttare la palla
fuori e interrompere il gioco a
ogni ruzzolone di un giocatore, amico o avversario non importa. Uno stillicidio stucchevole che trasforma la partita,
già moscia di suo, in un coitus
interruptus continuato. Come
se in F1 ci si fermasse ai box un
giro sì e uno no. Sai che pizza!
IL DISINTERESSE PER GLI
ARBITRI. Che all’estero non
sanno nemmeno chi siano,
mentre in Italia diventano protagonisti già 48 ore prima delle
partite con giornali e tivù che
vivisezionano i precedenti di
Gervasoni e Banti, Massa e Peruzzo con Juventus e Milan,
Sampdoria e Sassuolo. Come
direbbe quello: sticazzi!
Gareth Bale (il primo da destra) esulta dopo aver siglato il gol contro il Borussia Dortmund LaPresse
LA MENTALITÀ. Provare
sempre a fare un gol in più. Anche quando vinci contro un avversario-monstre. E se per spagnoli, inglesi e tedeschi è la
normalità, non lo è per i francesi: che in Europa, nella storia, hanno vinto la miseria di
una Coppa Campioni (Marsiglia 1993) e addirittura zero
Uefa (o Europa League). Ebbene, il Psg sta vincendo 2-1 contro il Chelsea di Mourinho e
Blanc, l’allenatore, toglie lo
stanco Lavezzi; ma non lo sostituisce con Marquinhos – un
difensore, per tenere il 2-1 – lo
cambia con Pastore: genietto
incompreso che al 93’ s’inventa un gol da urlo cha vale il 3-1
e l’ipoteca sulla semifinale.
Chapeau!
L’AUDACIA. Di provarci
sempre. Come Diego dell’Atletico che sul campo del Barcellona, a fine primo tempo,
viene catapultato in campo
perché Diego Costa, l’Incredibile Hulk dei colchoneros, si è
fatto male. Che fa il brasiliano
triste (ma solo ai tempi della
Juve)? Invece di farsela sotto,
s’inventa un numero che nemmeno Diego Costa: saetta da 30
metri e palla che s’infila all’incrocio per l’1-0 dell’Atletico.
IL FILM
“Piccola Patria”, il “tanko”
del Nord-Est era già al cinema
di Anna
Maria Pasetti
ria di Nord-Est secessionista anche
al cinema. Che, profetico, ha quasi
A
anticipato la cronaca odierna avendo da
tempo programmato l’uscita del film
veneto Piccola patria per il 10 aprile con
Istituto Luce Cinecittà. Ieri la presentazione alla stampa, attirata dall’attualità verso la notevole pellicola del padovano Alessandro Rossetto, che – suo
malgrado – sta godendo di vento in
poppa. Una storia di finzione già presentata alla Mostra di Venezia (sezione
Orizzonti) che sembra più vera del reale, anche per l’approccio documentaristico del cineasta Rossetto, qui al suo
esordio in un film con attori. Piccola patria è sinonimo di un piccolo borgo veneto della provincia profonda, radicale
e radicata nell’etica di un lavoro che
ormai scarseggia, ferita a morte da una
crisi endemica che corrode gli individui
e i loro nuclei famigliari. I protagonisti
parlano il dialetto veneto, i più vecchi
sono xenofobi e razzisti, i più giovani
fanno carte false pur di fuggire.
Tra loro si evidenzia la vicenda di Luisa
Il film diretto da Alessandro Rossetto
e Renata, due teenager vivaci e ribelli che
lavorano da cameriere in un gigantesco
hotel sulla pianura, cattedrale nelle fabbriche deserte. Luisa è figlia di un convinto secessionista, tra i membri di un
gruppo affiliato alla Liga Veneta (anche
se nel film non vengono esplicitate etichette) e che tanto assomiglia al folle Serenissimo del “Tanko”.
Il problema nasce quando la ragazza
s’innamora di un clandestino albanese,
“residente” in un camper abbandonato.
È inevitabile scontro generazionale e
culturale, mentre attorno trionfa il degrado umano, sociale e dunque politico.
Rossetto, classe 1963 con studi di antropologia anche a Parigi, conosce la situazione del Nord-Est non solo per esserci nato, ma per averla indagata in profondità fin dagli Anni 80 e documentata
dai 90. “L’ansia secessionista del Triveneto è antica, ma la crisi sta intensificando la cultura ‘leghistoide’ ormai insediata trasversalmente”, spiega Rossetto. “L’etica del lavoro è quasi religiosa nel
Nord-Est, e questa è stata ferita a sangue,
producendo aberranti legami con le crescenti pulsioni xenofobe e razziste. A
questo va aggiunta la delusione da parte
della Lega, percepita come non più genuina, che di questi tempi si sta anche
impossessando della propaganda referendaria veneta. Gli episodi del Tanko
fanno sorridere, il vero pericolo deriva
dal pensiero di odio e distanza che gli
abitanti del Nord-Est – un territorio di
circa 9 milioni di persone e quello col
maggior flusso immigratorio durante gli
anni 70 – stanno nutrendo sempre più
verso lo Stato italiano, percepito anch’esso come straniero. Ogni fenomeno
di follia secessionista a cui assistiamo è
tristemente iscritto in questo malessere
preoccupante, aggravato dall’ignoranza
e dallo spettro della miseria, su più livelli”.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
La primavera a spicchi
della Milano del basket
VENERDÌ 4 APRILE 2014
15
PORTFOLIO
foto di Umberto
Pizzi
DOPO DIECI ANNI DI MAGRA LA SQUADRA DI ARMANI RACCOGLIE I PRIMI FRUTTI
di Alessio Schiesari
inalmente il soprannome ha un senso: re
Giorgio (Armani),
come viene chiamato
dai tifosi della basket milanese,
ha trono su cui regnare. La sua
Olimpia giovedì sera ha demolito il Barcellona: 91 a 63 con un
Gentile in formato Nba (24
punti, 7 rimbalzi e 6 assist). Per
la sfida contro i blaugrana il Forum di Assago sembrava una
bolgia: da quando l’Olimpia
gioca lì (su per giù un quarto di
secolo) un palazzetto come
quello di quest’anno non si era
mai visto. Contro il Barcellona
erano oltre 12 mila i tifosi in festa, uno spettacolo che, fino a
qualche mese fa, si vedeva solo
ad Atene o Istanbul. Merito della striscia di 14 vittorie di fila tra
campionato ed Eurolega, oltre
che dell’importanza dell’avversario. La partita di giovedì, va
detto, non contava nulla ai fini
della classifica: il Barcellona si
era già assicurato il primo posto
nel girone, Milano il secondo.
La qualificazione quindi era cosa fatta per entrambe, ma vuoi
mettere la soddisfazione di
prendere a ceffoni lo squadrone
catalano reduce da sedici vittorie di fila? Da quando c’è re
Giorgio, anzi, da quando è caduto il muro di Berlino, non era
mai successo.
F
il sogno si infrange. “Ci rifaremo l’anno prossimo”, pensano i
tifosi. Se ne convinceranno ancora di più di lì a pochi mesi,
quando l’imprenditore tessile,
oltre che sponsor, diventa proprietario della squadra. Invece è
l’inizio di una delle ere più buie
della storia del basket milanese.
BARCELLONA KO
Il segreto è stato
il collasso Mps. L’Olimpia
ne ha approfittato
portando in Lombardia
mezza Siena,
preparatore compreso
Armani spende, ma vince sempre Siena. Per trovare qualche
trofeo Armani le prova tutte: fa
tornare dalla Spagna coach Scariolo, uno che ha vinto l’argento
olimpico. Poi prova la via dei
compagni greci, Fotsis e Borussis, quasi 4 milioni di ingaggio
annuo in due. Cambiano gli interpreti, ma la musica rimane la
stessa: sette scudetti di fila per i
toscani, di cui tre in finale proprio contro Milano. I tifosi al
palazzetto vanno sempre di meno ma, quando ci sono, contestano tutti: Lega, dirigenza,
squadra e allenatore. Tutti meno uno, perché sanno che, se Armani se ne va, il basket a Milano
rischia di morire.
Per ritrovare la via
della vittoria bisogna aspettare la ca-
LA STORIA DI ARMANI con la
pallacanestro sembrava quella
di un amore mai sbocciato. La
prima volta che lo sponsor dello
stilista arriva sulle canotte milanesi è la stagione 2004/05. Contro ogni previsione, la squadra
disputa una stagione di primo
livello e arriva in finale scudetto
contro la Fortitudo Bologna. Il
sogno di celebrare il matrimonio tra Olimpia e Armani con
un trionfo si infrange in gara 4.
Quando l’arbitro Lamonica alza
le tre dita al cielo e assegna tripla, partita e scudetto a Bologna,
duta degli dei. Anzi, quella dei
banchieri. L’occasione arriva
l’estate scorsa quando, tra derivati Alexandria e la banda del 5
per cento, a Rocca Salimbeni finiscono i soldi per la palla a spicchi. L’Olimpia ne approfitta e
porta in Lombardia mezza Siena: l’allenatore Luca Banchi, le
ali David Moss e Kristjan Kangur e perfino il preparatore atletico Giustino Danesi. In Toscana rimangono giusto il ragazzo
che stacca i biglietti e il playmaker azzurro, Daniel Hackett.
EPPURE l’Olimpia comincia la
stagione zoppicando un’altra
volta. Le finali di Coppa Italia
dello scorso gennaio le vince
Sassari in finale con Siena,
mentre Milano viene eliminata al primo turno. Si
gioca ad Assago e per i tifosi dell’Olimpia è l’ennesimo schiaffo. Sono però le
prime partite con la maglia
dell’Olimpia per l’ultimo arrivato sul pendolino Siena-Milano. Appena prima di Natale infatti era arrivato alla corte di Armani anche Daniel Hackett. La
storia della nuova Milano inizia
lì, dall’ultimo scalpo di mercato
agli arcirivali. Con l’ex Siena in
regia l’Olimpia diventa un’altra
squadra e comincia a vincerle
tutte: prima una Siena ormai ridimensionata in campionato,
poi Malaga, Panathinaikos,
Olimpiakos, Fenerbahce e, appunto, la notte magica contro
Barcellona. Ora che Milano nel
calcio è in crisi, il basket potrebbe diventare lo sport cittadino
del momento. Playoff scudetto e
spareggi per le finali di Eurolega
sembrano obiettivi alla portata
dell’Olimpia e le finali della
massima competizione continentale quest’anno si giocheranno proprio ad Assago. La
nuova Milano, che assomiglia
tanto alla vecchia Siena, sogna
di arrivare lassù dove i toscani
non sono mai arrivati: in cima
all’Europa.
Samardo Samuels a canestro.
In alto, Giorgio Armani LaPresse
CANALE ATLANTIC
SCAMBIO DI STATUETTE
Il marchese Giuseppe Ferrajoli Dani e alcune
delle ospiti premiate con l’Oscar di Piazza Colonna
La Grande
Bellezza: così
è se vi pare
PIAZZA
COLONNA
L’aristocrazia
romana celebra
se stessa in
chiave sorrentiniana. A fianco, l’immancabile buffet
MEGLIO IN CALESSE
TORTA CELEBRATIVA
L’arrivo della marchesa
Dani del Sacco d’Aragona
Laura Nuccitelli e la torta “La
Grande Bellezza di Roma 2014”
Altro che moribonda: film in serie,
per la televisione è l’età dell’oro
di Nanni
Delbecchi
ualcuno si chiedeva perQ
ché Sky abbia scelto Sergio Castellitto come protago-
nista della campagna di lancio del nuovo canale Atlantic,
dedicato alle punte di diamante della fiction mondiale,
alla partenza il 9 aprile con il
thriller politico House of cards.
Domanda legittima: per
quanto sofisticato, Sky Atlantic resta un canale televisivo e
Castellitto è un attore simbolo del cinema italiano. Appunto. La risposta l’ha data il
diretto interessato nel corso
della presentazione ufficiale:
“Il cinema italiano è appiattito sulla commedia. Oggi chi
vuole raccontare una storia
drammatica deve rivolgersi
alla televisione”. Detto, e fatto. A partire dal 15 aprile Sky
Atlantic si prepara a trasmettere Venuto al mondo, non il
film tratto dal romanzo di
Margaret Mazzantini arrivato
nelle sale due anni fa, ma la
cosiddetta “versione estesa”,
ossia serializzata in cinque
puntate, “che ingloba tutto
quel materiale ancora vivo,
che pretendeva di essere raccontato”.
CHISSÀ se due ore sono po-
che, o se dieci non rischiano di
essere troppe; e chissà se questa è davvero “l’età dell’oro
della televisione”, come giura
lo stato maggiore della Pay-tv
di Murdoch, annunciando tra
l’altro che su Atlantic le interruzioni pubblicitarie saranno
di soli 60 secondi, record assoluto di brevità. Di sicuro, le
ambizioni produttive non sono mai state tanto ricche, e un
canale come questo fa parte di
un’evoluzione in corso in tutto
il mondo: l’attacco della Tv alla supposta supremazia qualitativa del cinema, un attacco
portato attraverso il virtuosi-
collaborazione con Roberto
Saviano per la regia di Sergio
Sollima, ma anche di Francesca Comencini. A novembre
sarà la volta di 1992 con Stefano Accorsi, dieci puntate in
cui si racconta la nascita di
Tangentopoli; ai blocchi di
partenza anche una megaproduzione incentrata su un supereroe di casa nostra, Diabolik.
Non si è ancora scelto chi interpreterà l’inafferrabile ladro,
ma è già stata confezionata la
calzamaglia da 300 mila euro,
che dopotutto sarà la vera protagonista.
smo della scrittura e del plot
narrativo.
È un fatto che certi best-seller
trovano nella lunga serialità la
trasposizione ideale. Ecco
quindi House of cards, tratto
dall’omonimo romanzo di Michael Dobbs, 13 puntate già di
culto negli Stati Uniti che raccontano l’ascesa alla Casa
Bianca di Frank Underwood
(Kevin Spacey), tra complotti,
omicidi, tradimenti e relazioni
pericolose. Sempre il 9 aprile,
PER IL FUTURO, nessun limite
House Of Cards, su Sky Atlantic
TESTIMONIAL SKY
Sergio Castellitto lancia
l’ultimo nato in casa
Murdoch: “Il cinema
italiano è appiattito sulla
commedia. Chi vuol fare
altro va in televisione”
parte la nuova serie del fantasy
da 50 milioni di dollari Il trono
di spade; a seguire, i debutti di
True Detective con Mahhew
McConaughey e di Boardwalk
Empire con Steve Buscemi,
grazie all’accordo che garantisce a Sky l’esclusiva su tutte le
produzioni della HBO, la tv via
cavo più decorata al mondo.
Poi c’è la via italiana alla serie
di qualità. Lasciando volentie-
ri a Rai1 le riunioni di famiglia
di nonno Libero e a Canale 5 i
tenebrosi amori di Gabriel
Garko, esportabili al massimo
a San Marino, Sky Italia punta
a proseguire con altri mezzi la
strada tracciata dal cinema.
Dopo la versione extra-large di
Venuto al mondo, in maggio su
Atlantic vedremo Gomorra, il
discusso serial-verità girato in
parte a Scampia, e scritto in
alla provvidenza: magari una
House of cards in chiave europea, capace di fare concorrenza al vero serial di casa nostra,
i quotidiani talk show politici.
Ma interrogato in proposito,
Michael Dobbs dice di non
sentirsi all’altezza di personaggi superiori alla fantasia di
chiunque, come Berlusconi o
Hollande: “Chi avrebbe potuto immaginare che il premier
francese sarebbe stato colto in
flagrante in groppa al sellino di
uno scooter? Io no”.
SECONDO TEMPO
VENERDÌ 4 APRILE 2014
il Fatto Quotidiano
MASTERIZZATI
16
QUESTIONE DI STILE
Rissa continua
a colpi di hip-hop
GLI EX AMICI FABRI FIBRA E VACCA SE NE DICONO
DI TUTTI I COLORI. COLPA DEL “DISSING”
di Guido Biondi
rapper – che alcuni critici hanno denominato
i nuovi cantautori –
stanno vivendo un momento d’oro nel nostro paese:
spesso entrano direttamente
al primo posto nelle classifiche
di vendita e riempiono i palazzetti nei concerti. Hanno
un seguito impressionante di
fan, soprattutto giovanissimi,
che alimentano un dibattito
(se così si può chiamare) tra
quale artista funziona meglio,
quale non si è ancora “venduto” firmando un contratto con
una multinazionale e cose di
questo tipo. Ma c’è anche
un’altra faccia della medaglia,
i testi, spesso ostici per chi non
mastica hip hop, talvolta brutali ma – di fatto – specchio
della nostra società. E in quei
testi molti ragazzi ritrovano
I
problemi vissuti sulla loro pelle: nelle canzoni emergono
brandelli di precariato, di opportunità di lavoro inesistenti,
di rapporti familiari precipitati nell’incomunicabilità, storie
di sesso malvissute e – spesso –
consigli per sopravvivere.
Alessio è un ragazzo come
tanti, anche lui folgorato dalla
scena hip hop italiana. Quella
2.0, iniziata da J-Ax e proseguita con i nuovi cantori della
vita di strada, quella eternamente a caccia del rapper più
puro e meno commerciale.
Alessio era uno dei tanti presenti a un recente concerto di
Fabri Fibra; ha postato sul suo
profilo facebook tutti i dissing
relativi al nuovo album del
produttore Deleterio (della
crew Rocciamusic), tra gli artefici del successo di Marracash e tra le principali hit rap italiane degli ultimi anni. Diss si-
JAZZ, LA RISTAMPA
Pieranunzi, recital
per piano solo
gnifica mancare di rispetto,
usare la sfacciataggine e in gergo si usa lo slang dissare ogni
qualvolta un rapper prende di
mira un “collega” insultandolo per le rime, ottenendo poco
tempo dopo una risposta piena di insulti per il mittente.
Come in un ring si va avanti a
oltranza come nel caso di Dadaismo, l’album di Deleterio
contenente il singolo Zombie
cantato da Fabri Fibra.
NELLA TRACCIA l’obiettivo è
l’ex pupillo Vacca, per molto
tempo “spalla” fissa ai concerti
di Fibra nonché ex amico. In
Zombie l’attacco è così composto: “Non sei mai cresciuto sei
un cartone animato; o la roba
spacca o l’artista scappa via da
qui e sparisce tipo in CecosloVacca”. A parte il gioco di parole della Cecoslovacchia tramutato in un improbabile
di Pasquale Rinaldis
Fabri Fibra e Vacca
nuovo paese, la rima si riferisce alla scelta di Vacca di andare a vivere in Jamaica. Non
appena il brano è stato pubblicato è arrivata la pronta risposta del rapper chiamata “Il
diavolo non esiste”, con queste
rime: “di date ne fai poche, ormai la gente non se ne vede…
non sono cresciuto se parliamo di statura, eppure giro in
strada a Kingston, tu a Milano
c’hai paura”. Ma non è finita,
Fibra sferza un nuovo brano di
oltre dieci minuti intitolato
ironicamente “Niente di per-
LA BAND
Poco originali
E allora?
sonale” e siamo alla faida: “su
Rolling Stone quando mi hanno
chiesto se mi piace la tua musica ho detto che sono più il
tuo amico che tuo fan e tu ti sei
offeso. Però non è che puoi andare in giro a parlare male di
me in ogni intervista a farmi il
dissing; hai il mio numero,
chiamami”. Vedremo se la
questione si chiuderà – finalmente – qui o se ci sarà un altro
brano di sfida; noi preferiremo
davvero che si concludesse con
un colpo di telefono, sarebbe
tutto più semplice. Sipario.
RAP
Le buone
radici di Kento
THE DAY AFTER THE SILENCE ©
RADICI©
Enrico Pieranunzi
Alfa Music / Egea
Kento & The Voodoo Bros
Relief
PUR FIGLIO del suo tempo The Day After The
Silence (1976), oggi in prima uscita su cd, è un
disco attuale. Un esordio in piano solo, allora
molto in voga, in linea con l’esuberanza del jazz europeo di quegli anni
di contestazioni politiche (cui in realtà erano avulsi tanto il Pieranunzi
uomo quanto il musicista), ma soprattutto in cui, da questa parte dell’oceano, maturava la convinzione di non dover più dipendere dalle
matrici (afro)americane. La formula del recital, inaugurata dall’euro-americano Jarrett per la tedesca Ecm, si prestava bene allo scopo. E
nel disco di Pieranunzi lo si sente sin dalla Prolusion in apertura. Eurocentrica sin dal titolo nel suo svilupparsi nel contrasto tra accordi
cupi e una melodia brillante. O dalla Trichromatic Line che segue. Ovviamente non poteva mancare una soffiata di blues, che cerca di fare
capolino in un paio di titoli prima di emergere più chiaramente in Blues
Up. Come a dire, europei sì ma suoniamo comunque jazz. Gli echi di
Chick Corea sono evidenti nelle fitte costruzioni armoniche dei brani.
Forse Pieranunzi non aveva ancora scoperto Bill Evans,
Andrea Di Gennaro
NON HO FATTO un nuovo
disco, ho fatto un disco nuovo”: e ha pure ragione, Kento,
a cantarsela e a suonarsela nel brano “Voodoo”. Il
suo ultimo lavoro, “Radici” ha buoni testi, che resistono a quell’odiosa pratica dell’hip hop dell’“io
sono figo-tu fai schifo” e dimostra che si può parlare
di tutto senza dover ricorre a schemi precostituiti
che sanno di muffa. Il rap come canto parlato, in cui
infilare tutto quello che si vuole. In questi viaggi,
geografici e non, Kento, è accompagnato dai “The
Voodoo Brothers”, cioè tutti quelli che hanno preso
parte al disco (pensandolo, e suonandolo). Una serie di musicisti che innalzano non di poco la qualità
della produzione: sbluesano una meraviglia Assuntino, Lipari, Petulicchio, Magliocchetti (e sono solo
alcuni degli special guest). Kento ha buone Radici.
Diletta Parlangeli
SOUL R&B
Gibson Les Paul
e fascino retro
HOLLY ©
Nick Waterhouse
Innovative Leisure/Goodfellas
SPRIGIONA un irresistibile fascino retrò il nuovo album di Nick Waterhouse, giovane talento
californiano, che attinge a piene mani nella storia del soul e del rhythm’n’blues, reinterpretati con gusto elegante e
raffinato. “Holly” è il secondo lavoro dopo l’acclamato debutto del 2012
“Time’s All Gone”, rispetto al quale rappresenta un ulteriore passo
avanti dal punto di vista degli arrangiamenti e della varietà stilistica. Il
cantante, chitarrista e produttore di Los Angeles, classe 1986 e look
alla Buddy Holly – con abiti eleganti, una Gibson Les Paul in braccio e
una stilosa montatura d’occhiali – si inserisce nel solco di artisti che
recuperano la tradizione black, da Sharon Jones agli Excitements. La
sua musica non è semplice revival, ma riaggiorna i due ingredienti
principali, il soul e l’r’n’b, con altri elementi: l’incedere blues di “Let It
Come Down”, le percussioni afro di “Sleeping Pills”, il jazz di “Dead
Room” e lo swing di “Well It’s Fine”. Disco di classe, per palati fini.
Gabriele Barone
Mugshots,
da Brescia
nel nome
di Alice
Cooper
SUN STRUCTURES ©
Temples
Heavenly
ALL’ASCOLTO dei Temples ti chiedi se questi ragazzi inglesi hanno passato più tempo sui dischi dei primi Pink Floyd, su
quelli dei Byrds o quelli dei loro quasi coetanei
Tame Impala. Detta così non sembra esattamente un complimento, ma se non è certo l’originalità l’asso nella manica della band ci sono
altri motivi per far girare ad libitum il cd nel
lettore (o il vinile sul piatto, vista l’atmosfera
d’epoca). Per esempio la capacità di scrivere
canzoni belle e dal suono corposo, nonostante
la targhetta di riconoscimento su di esse reciti
inequivocabilmente “1967-68”. Persino il look
del gruppo è in stile con le vibrazioni acid-pop
che pervadono l’album. La storia del rock inglese del resto è ricca di giovanissimi nostalgici
che hanno ammodernato gli adorati stilemi anni
’60, dai Jam ai Supergrass ai Kula Shaker. I Temples ricordano in particolare questi ultimi, anche nell’appeal sul pubblico indie-alternativo.
Esercizio di stile, dunque, eppure godibilissimo.
Carlo Bordone
CI FOSSE in Italia uno come
Frank Zappa, con la sua stessa
dose di sensibilità e follia, probabilmente una band come i
bresciani Mugshots avrebbe
maggior fortuna e considerazione. Già, perché, così come Alice
Cooper – a cui i nostri si ispirano
– prima d’incontrare il benevolo
responso di FZ veniva considerato come uno dei componenti
della “peggior rock band del
mondo”, anche sui Mugshots ci
sarebbe una opinione diversa
dall’esser visti come “un incrocio tra i Damned e le colonne
sonore dei film di Eddie Murphy!”. Il loro “problema”, come
racconta il frontman della band
Mickey E. Vil “si può evincere
dalla nostra rassegna stampa:
non rientriamo in nessuna categoria o genere prestabiliti. Una
strepitosa recensione che vorrebbe stroncarci ci descrive addirittura come un mix tra i
Cramps ed Emerson, Lake &
Palmer!”. Il loro genere è il Dark
Rock, ma inizialmente doveva
trattarsi di un progetto Garage
Punk, perdipiù con voce femminile. Poi ha prevalso l’idea di coniugare gli europei Stranglers,
fra i primi a mettersi in luce nella
scena punk che andava formandosi a Londra, con l’americano
Alice Cooper: “Col tempo – afferma il cantante – abbiamo accolto una moltitudine di influenze provenienti dagli ambiti più
disparati: il Punk, la New Wave,
il Progressive Rock”. La somma
delle parti, diverse tra loro, hanno portato a un’unità omogenea
e originale, un mostro à la Frankenstein pronto a far sentire la
sua voce. Oggi i Mugshots possono vantarsi di essere la prima
band europea a esser prodotta
dal braccio destro di Alice Cooper e Lou Reed, Dick Wagner, e
il loro nuovo disco Love, Lust and
Revenge è distribuito in tutto il
mondo dalla prestigiosa label
Black Widow Records.
VENT’ANNI DOPO
Premiata scialuppa
Fratelli di Soledad
SALVIAMO IL SALVABILE
ATTO II ©
Fratelli di Soledad
Frank Family/Goodfellas
TEMPO di auto-celebrazione, per la musica alternativa italiana degli anni Novanta. Dopo Afterhours e 99 Posse, che hanno rivisitato album come Hai paura del
buio e Curre curre guagliò, tocca ora ai
Fratelli di Soledad tornare sul “luogo del
crimine”. In questo caso però la nostalgia
c’entra poco, e l’operazione suona più fresca e creativa di altre analoghe. Salviamo il
salvabile nel 1994 rappresentò per la combat-band torinese un ispirato momento di
riflessione, grazie al quale il retaggio ska,
rocksteady e clashiano si aprì ad orizzonti
più ampi andando a confrontarsi con la
tradizione della musica d’autore italiana.
Questo secondo capitolo ne è prosecuzione degnissima: undici cover scelte dal
cantante “Bobo” Boggio e dal chitarrista
“Zorro” Silvestri rifuggendo dall’ovvio,
reinterpretate con l’aiuto di svariati compagni di strada (da Max Casacci a Mao, da
Bunna a Tommaso Cerasuolo) e in qualche caso degli stessi autori dei brani, come
il membro del Clan celentaniano Gino
Santercole in Svalutation e Goran Kuzminac nella sua indimenticabile Stasera l’aria
è fresca. L’energia è quella di vent’anni fa, i
risultati a tratti persino migliori: piacciono
in particolare la versione da frontiera western di Stranamore di Vecchioni, il
glam-rock’n’roll di Cimici e bromuro
(scritta da Sergio Caputo) e la splendida
rilettura reggae de Il tuffatore di Flavio
Giurato. Cose rare, cose da salvare.
C. Bord.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
VENERDÌ 4 APRILE 2014
17
UOMINI E DONNE Il programma
“per giovani” di Maria De Filippi LaPresse
SU MTV
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
I fratelli per caso
figli di papà Mr. 1096
di Patrizia Simonetti
reeanna, 17 anni, paffutella,
chioma corvina e orecchino al
B
naso vive a Reno, in Nevada, e ha
due mamme, Debra e Sherry, che
quando erano innamorate vollero
un figlio e si rivolsero alla banca del
seme per comprarne un po’, purché
proveniente da un maschio alto,
atletico e intelligente. Ora lei vuole
trovare “quell’uomo misterioso”
che le ha dato la vita con il suo sperma congelato arrivato per posta che
in una serata romantica tra candele
e musica soft, una mamma ha infilato nell’altra con una pompetta
da sugo, “che schifo”, dice lei. Scopre che ogni donatore ha un numero che se lo inserisci online nel Donor Sibling Registry ti rivela quanti figli ha sparsi per l’America: Mr.1096
ne ha altri 15 (pochi più di Delrio) e
lei vuole conoscerli tutti, a cominciare da Jonah e Hilit cui intanto
mostra i piercing in videochat, così
riunisce le madri, separate da quando lei compì tre anni e Debra scoprì
gli uomini, e annuncia la sua partenza per Atlanta. Prima però videocamera su rec: “Questo è il primo filmato del mio videodiario –
declama – ed è tutto per te, il mio
donatore di sperma.” Il suo viaggio
lo racconta Generation Cryo: Fratelli
Per Caso, nuovo factual americano
in 6 puntate sbarcato su MTV, sta-
sera alle 22 la seconda puntata, che
in patria ha fatto discutere non poco su anonimato e limite riproduttivo e del quale non avremmo una
versione italiana visto che la fecondazione eterologa da noi è vietata
dal 2004. “Incontrarsi è fico” le dicono i fratellastri e la portano a una
festa col falò, Breeanna rivela che è
lesbica pure lei e che cerca “la ragazza perfetta” e intanto dorme nel
letto con Hilit ma “terrò le mani a
posto” promette alla sua amica al
telefono.
CON JONAH poi ha “tanto in comune”, stesso “labbro carnoso che piace” e anche lui di una ragazza guarda “più il culo che le tette”, così a
colazione trova il coraggio di chiedergli un po’ di DNA perché per il
test ci vuole un maschio con il cromosoma Y: “Non voglio incontrarlo, ma ti aiuto” risponde lui e si strofina in bocca il tampone del kit, proprio come fanno a CSI. L’unico turbato è il padre dei due “per non aver
potuto fare – dice piangendo – l’unica cosa da uomo che un uomo può
fare: riprodursi”, ma firma comunque il consenso all’utilizzo del DNA
del figlio minorenne. Breeanna passerà l’estate a cercare tutti gli altri
fratellastri: “Sono pezzi di un puzzle
– spiega in videocamera rivolta al
padre provetta – e se lo risolverò e
arriverò a te, sarà stato il destino”.
Non è un Paese per ventenni
nemmeno in televisione
di Luigi Galella
he tv guardano i giovani? Nessuna,
come prima opzione. Se si prova a
C
chiederglielo rispondono seccati, come
se lo stesso accostarli al piccolo schermo
– giudicato uno strumento antico – fosse
inadeguato. Se insisti, rispondono che sì,
può capitare di vedere delle serie americane sui canali satellitari, oppure Amici
o Uomini e Donne (non però nei giorni dei
vecchietti), e naturalmente il Grande Fratello – sempre meno – i cui sciatti ospiti
della casa apprendono l’arte del nullafare, e si rappresentano nella quotidianità del nullaessere.
È sconcertante notare quanta poca e svilente attenzione si riservi al pubblico dei
ventenni, nella pur ridondante offerta
televisiva delle reti generaliste. Espulsi
dal mondo del lavoro, poco accolti nelle
università, i giovanissimi fanno fatica a
conquistare uno spazio che li valorizzi
come attori sociali e perfino che li legittimi come utenti televisivi. Ed è oltremodo strano, perché ciò che incontra il loro
gusto, di solito piace anche al resto della
popolazione. Si veda ad esempio il grande successo dei film che li riguarda, an-
amoroso a comando delle altre due, che il
povero re tuttavia non comprende nella
sua profondità.
Le tre che si rivolgono al tronista, invece,
portano in dono all'ambito oggetto del
desiderio rose e parole amorose, come un
gioco fra bambini un po’ idioti che si rincorrono l'un l'altro. Una scena imbarazzante, radicalmente lontana da una rappresentazione del mondo giovanile di
una qualche verosimiglianza, qui ridotto
a una comica corte in cui il sovrano contempla e soppesa la qualità formale ed
estetica delle donne che gli si propongono, come se dovesse valutarne la mercanzia offerta.
È così difficile pensare a un programma
in cui i giovani diventino realmente parlanti? E visto che le prime serate sono così
dense di talk, perché non esporre i politici in studio al giudizio di un pubblico
di ragazzi – veri e non figuranti – che sappiano tornare al centro del dibattito politico e culturale del Paese? Siamo sicuri
che siano tutti dei “Lorenzo” alla Corrado Guzzanti? E che sappiano solo biascicare, per giustificare così la loro rimozione?
che quando non si tratta di capolavori.
L'inspiegabile rimozione potrebbe avere
una responsabilità banale: chi decide dei
palinsesti televisivi è anagraficamente
lontano dalla loro età: semplicemente,
non li conosce, se non attraverso luoghi
comuni. E quando vi si accosta o lo fa per
blandirli o per bastonarli. Si vedano, fra i
politici, i ridicoli neologismi dei “bamboccioni” o dei “choosy”. Chi ne parla
non sa chi siano e nemmeno li ama, perché li percepisce come alieni.
TUTTAVIA il ridicolo riguarda anche gli
stessi programmi che di loro si occupano. Come l’agenzia di incontri sentimentali di Uomini e Donne di Maria De Filippi,
in cui un assorto e ansioso tronista ascolta dalle sue corteggiatrici – alla maniera
di un Re Lear di fronte alle figlie – chi
sappia fra loro esprimere meglio l’amore
che prova per lui. Nel dramma di Shakespeare, com’è noto, Cordelia – la preferita dal padre – dopo che le sorelle s'erano espresse nella forma più raffinata e
ridondante, porgerà allo stolido e vanaglorioso padre ciò che merita: un semplice e laconico “Nulla”. Denunciando la
natura artefatta della parola e del gesto
Gli ascolti
di mercoledì
luigalel@gmail.com
SEGRETO
Spettatori 3,84 mln Share 15,2%
LE IENE SHOW
Spettatori 2,17 mln Share 10,56%
THE VOICE OF ITALY
Spettatori 3,46 mln Share 14,3%
PSG-CHELSEA
Spettatori 2,52 mln Share 8,92%
LA TV DI OGGI
6.45 Unomattina Attualità
10.00 Unomattina Storie Vere
Rubrica
10.30 Unomattina Verde
Rubrica
10.50 Che tempo fa
Informazione
10.55 Rai Player Rubrica
11.00 TG1 Informazione
11.25 Unomattina Magazine
Rubrica
12.00 La prova del cuoco
Varietà Condotto da
Antonella Clerici
13.30 TG1 Informazione
14.00 TG1 Economia
Informazione
14.10 Verdetto Finale “Nobili
decaduti” Attualità
15.20 La vita in diretta
Attualità
Rai Parlamento
Telegiornale Previsioni sulla viabilità
- TG1 - Che tempo fa
Informazione
(all’ interno)
18.50 L’ eredità Gioco
20.00 TG1 Informazione
20.30 Affari tuoi Gioco
21.10 Carosello Reloaded
Documenti
21.15 La pista “Seconda
puntata” Reality show
23.45 TV7 “Il comizio e lo
show” Attualità
0.50 TG1 Notte - Che tempo
fa Informazione
1.25 Cinematografo Rubrica
2.15 Sottovoce Rubrica
8.15 Due uomini e mezzo
Telefilm
8.35 Desperate
Housewives Telefilm
10.00 TG2 Insieme Attualità
11.00 I Fatti Vostri Attualità
13.00 TG2 Giorno
Informazione
13.30 TG2 Eat Parade
Rubrica
13.50 TG2 Sì , Viaggiare
Rubrica
14.00 Detto fatto
Attualità
16.15 Cold Case
“E’ nata una stella”
“Pin-up Girl” Telefilm
17.45 TG2 Flash L.I.S. Meteo 2 Informazione
17.50 Rai Player Rubrica
17.55 Rai TG Sport
Notiziario sportivo
18.15 TG2 Informazione
18.45 Squadra Speciale
Cobra 11 “Gli ostaggi”
“L’ ora della verità”
Telefilm
20.30 TG2 - 20.30
Informazione
21.00 Lol:-) Sit com
21.10 Virus - Il contagio delle
idee “L’ Italia tra
resistenze e
cambiamento”
Attualità
23.20 TG2 - TG2 Punto di
vista Informazione
23.35 The Voice of Italy 2
Real Tv
2.05 Meteo 2 Informazione
8.00 Agorà Attualità
10.00 Mi manda Raitre
Attualità
11.15 Elisir Attualità
12.00 TG3 Informazione
12.25 TG3 Fuori TG Attualità
12.45 Kilimangiaro Album
Documentario
13.00 Cerimonia finale
dell’ iniziativa
formativa “Testimoni
dei diritti” Evento
14.00 TG Regione - Meteo
Informazione
14.20 TG3 - Meteo 3 Infor.
14.50 TGR Leonardo Rubrica
15.05 TGR Piazza Affari
Rubrica
15.15 Terra nostra Soap
16.05 Aspettando Geo
Documentario
16.40 Geo Documentario
19.00 TG3 Informazione
19.30 TG Regione - Meteo
Informazione
20.00 Blob Varietà
20.10 Sconosciuti Rubrica
20.35 Un posto al sole Soap
21.05 Ultima puntata
Amore criminale
“La storia di Noemi
Ciceri” Attualità
È stata lei
(Cortometraggio, 2013)
(a seguire)
23.10 I Dieci Comandamenti
Rubrica
0.00 TG3 Linea notte Att.
TG Regione Infor.
(all’ interno)
18.30 Transatlantico Attual.
19.00 News Notiziario
19.25 Sera Sport Notiziario
sportivo
19.30 Il Caffé: il punto
Attualità
20.00 Il Punto alle 20.00
Attualità
Meteo Previsioni del
tempo (all’ interno)
20.58 Meteo Previsioni del
tempo
21.00 News lunghe
Notiziario
21.26 Meteo Previsioni del
tempo
21.30 Visioni di futuro
Attualità
21.56 Meteo Previsioni del
tempo
22.00 Visioni di futuro
Attualità
22.26 Meteo Previsioni del
tempo
22.30 News lunghe
Notiziario
22.56 Meteo Previsioni del
tempo
23.00 Il Punto + Rassegna
Stampa Attualità
23.27 Meteo Previsioni del
tempo
23.30 Il Punto + Rassegna
Stampa Attualità
23.57 Meteo Previsioni
tempo
0.00 News + Rassegna
Stampa Attualità
0.27 Meteo Previsioni del
tempo
6.00 Prima Pagina Infor.
7.55 Traffico - Borsa e
Monete - Meteo.it
Informazione
8.00 TG5 Mattina Infor.
8.45 Mattino Cinque
Attualità
TG5 - Ore 10 - Meteo.it
Informazione
(all’ interno)
11.00 Forum Real Tv
13.00 TG5 - Meteo.it
Informazione
13.40 Beautiful Soap
14.05 Grande Fratello
Reality show
14.10 CentoVetrine Soap
14.45 Uomini e Donne
Talk show
16.05 Grande Fratello
Reality show
16.15 Il segreto Soap
17.10 Pomeriggio Cinque
Attualità
TG5 Minuti
Informazione
(all’ interno)
18.50 Avanti un altro Gioco
20.00 TG5 - Meteo.it
Informazione
20.40 Striscia la Notizia
Attualità
21.10 Prima tv Le mani
dentro la città
“Quarta puntata”
Miniserie
23.30 SuperCinema Rubrica
0.00 TG5 Notte - Rassegna
Stampa - Meteo 5
Informazione
7.50 Le regole dell’ amore
Telefilm
8.45 Una mamma per
amica Telefilm
10.30 Dr. House Telefilm
12.25 Studio Aperto Meteo.it Informazione
13.00 Sport Mediaset
Notiziario sportivo
13.40 Grande Fratello Reality
14.10 I Simpson Cartoni
14.35 Dragon Ball GT
Cartoni animati
15.00 The Big Bang Theory
“Nel covo del nemico”
“L’ eccitazione lunare”
Telefilm
15.50 Due uomini e mezzo
“Buona notte
paperina!” “Lezione di
balletto” Telefilm
16.35 How I Met Your
Mother “Sinfonia di
luminarie” “Grigliata al
cimitero” Telefilm
17.25 Nikita “Operazione
Looking Glass” Tf
18.30 Studio Aperto Meteo.it Informazione
19.20 C.S.I. “Il narcisista”
“Raptus violento” Tf
21.10 Colorado “Ospite:
Rossella Brescia”
Varietà
0.00 True Justice La Vendetta - Azione
(Usa 2011). Di Wayne
Rose, Keoni Waxman,
Lauro Chartrand, con
Steven Seagal
6.10 Mediashopping
6.25 Chips “La ragazza del
carro attrezzi” Telefilm
7.20 Miami Vice “Storie di
ragazzi” Telefilm
8.15 Hunter “Violenza a
domicilio - seconda
parte” Telefilm
9.40 Carabinieri “Un collega
da aiutare” Telefilm
10.45 Ricette all’ italiana
Rubrica
11.30 TG4 - Meteo.it
Informazione
12.00 Un detective in corsia
“Un crimine quasi
perfetto” Telefilm
12.55 La signora in giallo
“Per sempre” Telefilm
14.00 Lo sportello di Forum
Real Tv
15.35 Ieri e oggi in tv Speciale
Varietà
15.45 Intrigo internazionale Spionaggio (Usa 1959).
Di Alfred Hitchcock,
con Cary Grant, Eva
Marie Saint
18.55 TG4 - Meteo.it
Informazione
19.35 Il segreto Soap
20.30 Tempesta d’ amore
Soap
21.15 Quarto Grado
“Il giallo di Garlasco”
Attualità (Diretta)
0.05 Basic Instinct - Thriller
(Usa/Fra 1992).
Di Paul Verhoeven,
con Michael Douglas
6.00 TGLa7 - Meteo Oroscopo - Traffico Informazione
Informazione
6.55 Movie flash Rubrica
7.00 Omnibus - Rassegna
Stampa Attualità
7.30 TG La7 Informazione
7.50 Omnibus meteo
Informazione
7.55 Omnibus Attualità
9.45 Coffee Break Attualità
11.00 L’ aria che tira
Attualità
13.30 TG La7 Informazione
14.00 TG La7 Cronache
Attualità
14.40 Le strade
di San Francisco
“Una possibilità di
vivere” “La guerra è
finita” Telefilm
16.40 Il Commissario
Cordier “Spari oltre la
porta” Telefilm
18.10 L’ ispettore Barnaby
“Il club della lettura”
Telefilm
20.00 TG La7 Informazione
20.30 Otto e mezzo Attualità
21.10 Crozza nel paese
delle meraviglie
Varietà Condotto da
Maurizio Crozza
(Diretta)
22.40 Bersaglio Mobile
Attualità (Diretta)
0.30 TG La7 Night Desk
Attualità
1.35 Movie flash Rubrica
LA RADIO
I film
Afghanistan, voto per la democrazia
Tredici anni dopo l’ inizio della guerra che portò alla fine del regime dei talebani, l’ Afghanistan è
pronto per elezioni presidenziali decisive per il proprio futuro. Gli otto candidati che aspirano a
succedere al presidente Hamid Karzai hanno tenuto i loro comizi finali sullo sfondo dell'attacco di
un kamikaze al ministero dell'Interno che ha causato la morte di sei agenti di polizia. Imponenti
misure di sicurezza (quasi 200.000 uomini mobilitati) segneranno l’ appuntamento elettorale
previsto per il 5 aprile. Le elezioni di sabato sono determinanti per la stabilità del Paese mentre le
forze della Nato lasceranno il Paese da qui alla fine dell'anno. Sul voto si stende l’ ombra lunga del
presidente uscente che rimprovera all’ alleato americano di non essere stato abbastanza esigente
nei confronti del vicino Pakistan nella lotta al terrorismo. Qual è la reale posta in gioco, quali gli
attori in campo, con quali prospettive per il paese e per la regione? Dario Fabbri ne parla con
Alberto Negri, inviato di guerra del Sole24Ore, e con Shelly Kittleson, giornalista freelance, che ha
realizzato un radio documentario per il ciclo Tre Soldi, “Cosa serve all’ Afghanistan”
RADIO3 11.00
SC1 Cinema 1
SCH Cinema Hits
SCP Cinema
Passion
SCF Cinema
Family
SCC Cinema
Comedy
SCM Cinema Max
SCU Cinema Cult
SC1 Sport 1
SC2 Sport 2
SC3 Sport 3
SCP
17.20 Magic Mike
17.25 Noi siamo infinito SC1
17.35 Sex Crimes Giochi Pericolosi SCM
17.40 Madagascar 3:
ricercati in Europa SCH
17.45 Ricky & Barabba SCC
17.50 Ferro 3
(La casa vuota) SCU
18.00 Minouche la gatta SCF
19.15 Inkheart La leggenda di Cuore
d’ inchiostro
SC1
19.15 La mia vita
SCP
fino ad oggi
19.20 Il pescatore
di sogni
SCH
19.20 Senti chi parla
SCC
19.25 Monsieur Lazhar SCU
19.25 Furia cieca
SCM
Lo sport
19.30 Il primo amore
di Anne
SCF
21.00 In Darkness
SCU
21.00 Venerdì 13
SCM
21.00 Prima tv Giustizia
imperfetta
SCP
21.00 Hook SCF
Capitan Uncino
21.00 Mia moglie è una
bestia
SCC
21.10 Kill Bill - Volume 1 SC1
21.10 Una bugia
di troppo
SCH
22.40 Cooper: un angelo
inaspettato
SCP
22.45 Red Lights
SCM
22.45 La fredda luce
SCH
del giorno
22.45 Head of State
SCC
23.05 Facciamola finita SC1
16.30 Calcio, UEFA Europa
League 2013/2014
AZ Alkmaar - Benfica
(Sintesi)
SP1
16.30 Basket, NBA 2013/2014
Oklahoma City
Thunder - San Antonio
Spurs (Replica)
SP3
16.30 Automobilismo,
Indycar 2014
St. Petersburg
(Sintesi)
SP2
17.00 Calcio, UEFA Europa
League 2013/2014
Porto - Siviglia
SP1
(Sintesi)
17.30 Calcio, UEFA Europa
League 2013/2014
Olympique Lione Juventus (Sintesi) SP1
17.30 Boxe, World Series of
Boxing 2013/2014
Azerbaijan - Italia
(Sintesi)
SP2
18.45 Rugby, Super 15 2014
Brumbies - Blues
(Replica)
SP3
19.00 WWE NXT
SP2
20.00 WWE Superstars SP2
20.30 Calcio, Serie B
2013/2014 Palermo Avellino (Diretta) SP1
21.00 Golf, US PGA Tour
2014 Shell Houston
Open: 2a giornata
(Diretta)
SP3
22.45 Basket, NBA
2013/2014 Oklahoma
City Thunder - San
Antonio Spurs (R) SP2
18
SECONDO TEMPO
VENERDÌ 4 APRILE 2014
il Fatto Quotidiano
GIUSTAMENTE
L’ANTICIPAZIONE
Boff, il “nemico”
di Ratzinger
di Luigi Zoja e Leonardo Boff
Z
OJA: Nel 1981, dopo
la pubblicazione del
tuo libro Chiesa: carisma e potere sono cominciati i guai con il Vaticano.
Ratzinger, diventato nel frattempo prefetto della Congregazione per la dottrina della fede,
ti ha convocato a Roma il 7 settembre 1984 per un colloquio
chiarificatore su “alcuni problemi sorti dalla lettura del libro”. I
punti controversi riguardavano
essenzialmente la struttura della Chiesa, la concezione del
dogma e l’esercizio del potere
sacro. Nel marzo del 1985 la
Congregazione rende noto che
le idee espresse nel volume “sono tali da mettere in pericolo la
sana dottrina della fede” (...).
Un inasprimento dovuto all’ascesa al soglio pontificio di Karol Wojtyla?
BOFF: Ratzinger era molto amico di Wojtyla (...) Quando Wojtyla e diventato papa, lo ha fatto
subito cardinale e alla fine del
1981 lo ha
chiamato a
Roma per assumere la presidenza della
Congregazione per la dottrina della fede. In quell’occasione gli
avevo scritto
una lettera per esprimergli la
mia gioia, perché anni prima, in
Germania, lo avevo apprezzato
per le sue idee progressiste (...)
Qualche tempo dopo mi ha
scritto per dirmi che c’era un
processo pendente contro Chiesa: carisma e potere. Allora ho
pensato: “E cambiato totalmente”. La lettera aveva un tono imperioso: Ratzinger voleva che
andassi a Roma a difendere il
mio libro, che era stato tradotto
in svariate lingue. Gli ho chiesto
se era un incontro informale o
ufficiale, e lui: “No, e un processo dottrinale”, e mi ha mandato
il testo della convocazione. Dovevo rispondere punto per punto per iscritto e poi preparare
una difesa orale. L’incontro a
Roma era fissato per il 5 settembre 1984, ma quel giorno io avevo già un impegno con l’associazione delle prostitute, che
avevano ricevuto l’appoggio
della Conferenza episcopale
brasiliana in quanto vittime
dello sfruttamento. Ho scritto a
Ratzinger che non potevo, lui
mi ha mandato un telegramma
per dirmi che la Chiesa doveva
venire prima di tutto, e io ho risposto che, secondo le parole di
Gesù, le prostitute hanno la precedenza nel Regno dei cieli. Allora abbiamo spostato la data
dell’incontro al 7 settembre.
La convocazione non era casuale: una settimana prima del
“dialogo” (lo chiamano cosi, ma
e un processo) Ratzinger aveva
pubblicato il documento Libertatis Nuntius contro la teologia
della liberazione. La condanna
del mio libro era un pretesto per
colpire la Conferenza episcopale brasiliana (...) i vescovi facevano fronte comune contro la
dittatura militare e collaborava-
Leonardo Boff LaPresse
L’ERA WOJTYLA
Nel 1984 il teologo della
Liberazione fu processato
dall’allora Prefetto
per la congregazione
della Fede. Il racconto
in un libro-intervista
TRA ERESIA E VERITÀ
Leonardo Boff, Luigi Zoja
Chiarelettere
pag. 160, € 10,00
no con i teologi. Ho assistito a
una discussione durissima fra
due cardinali brasiliani e Ratzinger, il quale era contrariato
nel vederli al fianco di un teologo sospettato di relativismo
dottrinale. Li chiamò Castore e
Polluce, i due gemelli della mitologia greca, e loro replicarono: “Noi invece siamo cristiani,
come Cosimo e Damiano, i gemelli martiri venerati dalla
Chiesa. Siamo qui per testimoniare che la teologia della liberazione e un bene per le comunità dell’America latina. Se ci
sono degli errori li correggeremo, però vogliamo stare con il
nostro teologo, perche non si
tratta solo di Boff, ma di un movimento che comprende moltissime comunità di base” (...)
Ratzinger disse che una delle
sue funzioni come prefetto della
Congregazione era quella di interrogare, e non voleva che i due
cardinali fossero presenti perché avrebbero preso le mie difese (...) A un certo punto eravamo tre contro uno, il povero
Ratzinger tremava perche Arns
gli disse schiettamente: “Signor
cardinale, questo documento
non rappresenta la teologia della liberazione che noi conosciamo. Avete ascoltato soltanto la
versione della borghesia conservatrice e dei militari dell’America latina, che ci accusano di
marxismo”. Ratzinger rispose:
“«Abbiamo consultato molti
vescovi che erano contrari, siamo tenuti a fornire loro una risposta”, e Arns replico: “Sono
vescovi che non hanno nessun
rapporto con le comunità e nessun senso di giustizia sociale.
Per noi e importante schierarci
con i poveri contro la povertà e a
favore della giustizia”.
ZOJA: Siete stati accusati di essere marxisti...
BOFF: Siamo stati accusati di
utilizzare la teologia della liberazione come un cavallo di
Troia per diffondere il marxismo fra il popolo e scardinare la
fede. Giovanni Paolo II diceva
sempre: “Io il marxismo lo conosco”. In quanto polacco era
profondamente anticomunista.
(...) Per rafforzare la sua svolta
conservatrice, Wojtyla favori
anche in America latina l’ascesa
dell’Opus Dei, trasformata nel
1982 in prelatura personale, (...)
un progetto in linea con le aspirazioni degli Stati Uniti, che appoggiavano i regimi di destra in
funzione anticomunista.
ZOJA: Dopo la condanna del
tuo libro, nel 1985 sei stato costretto a osservare un anno di
«silenzio ossequioso». Hai accettato (...) Nonostante questo,
non ho mai sentito nelle tue parole alcuna avversione per Ratzinger...
BOFF: È vero, perché è una persona finissima, elegante, molto
gentile. Non alza mai la voce
ZOJA: È difficile conciliare quest’immagine di cordialità personale con la durezza disciplinare di Ratzinger e di Wojtyla.
BOFF:La mia esperienza mi ha
portato a concludere che il potere dottrinale è crudele e senza
pietà. Non dimentica niente,
non perdona niente, esige tutto.
E per raggiungere il suo fine –
l’inquadramento dell’intelligenza teologica – si prende il
tempo necessario e sceglie i
mezzi opportuni. L’aspetto divertente è che, nel periodo in cui
ero tenuto a rispettare il “silenzio ossequioso”, Fidel Castro mi
invitò a passare quindici giorni
con lui (...)
Un Parlamento
di scambisti del voto
di Bruno
Tinti
n TANTO TEMPO fa scrissi
di una studentessa di Giurisprudenza che voleva diventare magistrato e fare il
pm. Mi aveva chiesto un parere sulla sua tesi: “Cause
dell’inefficienza della giustizia italiana; possibili rimedi”,
straordinariamente ben fatta. Un anno dopo mi scrisse
una lettera: dalla Svizzera.
Aveva trovato un lavoro da
cameriera, studiava il francese e si preparava a lavorare in qualche banca (cosa
che poi ha fatto davvero: è
diventata una funzionaria
importante). Ricordo una
frase: “Che dei delinquenti
potessero emanare leggi che
avrebbero avuto l’effetto di
portarli in prigione era cosa
che nemmeno un’ingenua
come me poteva credere.
Così ho abbandonato i miei
sogni e me ne sono andata:
l’Italia non è un Paese in cui
una persona onesta può vivere”.
Credo che Paola (si chiama
così) oggi sarà di nuovo tristissima (e contenta): ha
avuto ragione quando ha deciso di fare la “fuoriuscita”.
La Camera (tutti d’accordo
meno M5S) ha fatto proprie
le richieste di B&C in materia di voto di scambio. Il politico che promette di mettersi a disposizione di un’associazione mafiosa in cambio di voti non è punibile se
poi i voti non gli vengono dati. Questi protettori di scambisti dunque hanno stabilito
che:
1) Se uno scambista promette ai mafiosi di darsi da fare
nel loro interesse è una persona indegna se i mafiosi lo
remunerano con il voto;
mentre, se gli preferiscono
qualcun altro, allora è una
brava persona. Il problema
quindi non sta nel rappresentante del popolo, un bieco individuo disposto a vendersi; sta nel delinquente
che, per ragioni sue, non si
fida di lui. Insomma chi va in
uno switch club è un pervertito se la donna di qualcun
altro gli si concede; ma, se va
in bianco, è un morigerato
padre di famiglia.
2) Lo scambista mancato
che arriva comunque in Parlamento ha una moralità garantita dal fatto di essere
stato schifato dai mafiosi:
mai più proporrà scambi di
sorta poiché il rifiuto lo ha
certamente vaccinato. Ora,
è vero che le donne più one-
ALLA CAMERA
L’ultimo capolavoro:
il politico che promette
fedeltà alla mafia
in cambio di voti
non è punibile se poi
i voti non gli arrivano
L’aula di Montecitorio Ansa
ste sono le puttane ravvedute (per restare in tema). Ma,
secondo quanto prevede il
testo elaborato dalla commissione Giustizia della Camera, lo scambista non deve
ravvedersi per essere non
punibile; è sufficiente che la
sua offerta non sia accettata. Insomma, la puttana che
si offre ma è rifiutata cessa
di essere puttana.
n LA COMMISSIONE si è
fatta carico anche di un altro
problema che angosciava gli
scambisti. Il fatto è che, come avevo suggerito su questo giornale nel dicembre
2012 al tempo della legge
Severino, la nuova legge prevede che il voto di scambio
sia reato anche se lo scambista lo ripaga non con denaro (caso ovviamente inesistente) ma con qualsiasi
tipo di prestazione (la norma parla di “utilità”). Il che
rende effettivo il pericolo di
essere acchiappati e condannati. La pena prevista va
da 7 a 12 anni, tale da assicurare in concreto la prigione.
Ma i protettori degli scambisti hanno proposto di modificarla: da 4 a 10. Ragioni di
equità? Macché: come tutti
sanno, con pene fino a 4 anni
non si va in prigione: affidamento in prova al servizio
sociale. E siccome le attenuanti generiche non si negano a uno scambista incensurato (sono sempre incensurati, li salva la prescrizione), questo vuol dire che gli
si possono ficcare anche 6
anni; meno un terzo per via
delle attenuanti, uguale 4:
nix galera.
Paoletta mia, quanto avevi
ragione!
CORSI E RICORSI
La nostra civiltà rischia il collasso
Ce lo dice un modello matematico
di Marco Vitale
stato pubblicato il 19 marzo da Human and Nature
È
Dynamics, un rapporto di gran-
de interesse sul collasso delle
civiltà, in presenza di elevate
differenze economico-sociali e
di un uso non sostenibile di risorse naturali. Parte della
stampa attribuisce il rapporto
alla Nasa, maè impreciso. Lo
studio è stato, in parte, finanziato dal Goddard Space Flight
Center della Nasa e ciò aggiunge
credibilità, ma si tratta di uno
studio indipendente, di altissimo livello, condotto da un
gruppo di studiosi di diverse
discipline guidato dall’insigne
matematico dell’Università del
Maryland Safa Motesharrey.
Lo studio parte dall’esame dei
maggiori collassi di civiltà del
passato. Apprendiamo così
che, contrariamente alla convinzione comune, i collassi di
civiltà, negli ultimi 5.000 anni,
oltre ai classici collassi che tutti
conosciamo, Impero Romano
e Maya, sono stati numerosi e
distribuiti in tutto il pianeta,
dalla Mesopotamia all’Egitto
all’India, al continente ameri-
cano, alle civiltà cinesi.
In generale questi collassi comportano un drammatico impoverimento della popolazione,
una fortissima riduzione del
numero degli abitanti, un regresso delle conoscenze e delle
capacità tecniche e mediamente il ciclo regressivo dura dai
300 ai 500 anni. In alcuni casi
ha portato alla scomparsa totale della relativa civiltà.
LO STUDIO cerca di individuare alcune cause comuni di questi collassi e di razionalizzarle in
un modello matematico sofisticato formato da un certo numero di equazioni (chiamato modello Handy o Human and Nature
Dynamics). Oltre alle varie cause
specifiche e contingenti, lo studio ne identifica due che sono
presenti nella maggioranza dei
casi esaminati: lo stress ecologico dovuto a uno sfruttamento
non sostenibile delle risorse naturali e la concentrazione della
ricchezza in un numero ristretto di élite (i ricchi) che si contrappongono alla massa impoverita (o commoners, i poveri).
L’esasperazione di una di queste due cause può anche da sola
portare al collasso ma, di solito,
si presentano insieme e l’una
alimenta l’altra.
Forte di questa strumentazione
storica, concettuale e matematica lo studio applica il modello
alla nostra civiltà, sviluppando
e arricchendo il modello “predatore, preda” sviluppato nel
1925 e 1926 da due matematici,
Alfred Lotka e Vito Volterra. Le
elaborazioni del modello, applicato a diversi scenari, portano alla conclusione che, nella
nostra situazione attuale, caratterizzata da un super sfruttamento della natura e una crescente concentrazione della
ricchezza, il collasso è difficile
da evitare. Come è successo in
passato, le élite non affrontano
il problema perché la ricchezza
accumulata permette loro di
non percepire i pericoli mentre
montano: “La protezione della
ricchezza accumulata permette
alle élite di continuare business
as usual nonostante la catastrofe
incombente”.
La catastrofe è incombente, ma
per evitarla sarebbe necessario:
(a) ridurre lo sfruttamento della natura a un livello sostenibile;
(b) distribuire le risorse econo-
LO STUDIO USA
La storia insegna
che lo sfruttamento
non sostenibile
delle risorse naturali
e la concentrazione
della ricchezza sono letali
miche in modo molto più equo;
(c) diminuire la crescita della
popolazione mondiale. Poiché
nessuno di questi obiettivi è facilmente realizzabile con le
buone maniere e con la forza
della sola ragione, il collasso, se
non inevitabile, è probabile.
Credo che gli specialisti di questi modelli matematici potranno criticare e contestare certi
passaggi di questo studio, e sono anche convinto che lo studio, pur sofisticato, non tiene
conto di variabili imprevedibili
e non riconducibili al modello
stesso, ma esso rimane di grande stimolo a riflettere sui problemi veri della nostra epoca e
sulle sfide che dobbiamo affrontare per non soccombere
come è successo a tante civiltà
del passato. Esso ci fa così riflettere anche su quante energie
spendiamo in relazione a delle
autentiche banalità.
SECONDO TEMPO
il Fatto Quotidiano
19
VENERDÌ 4 APRILE 2014
A DOMANDA RISPONDO
Furio Colombo
DIRITTO DI REPLICA / 1
Nell'articolo di Marco
Travaglio “Che fai, li cacci?”, pubblicato il 3 aprile
marzo scorso, mi si attribuisce la paternità della
riforma del Titolo V della
Costituzione (“le follie
della
Bassanini
del
2001”). Stupisce che anche Travaglio, che conosco come persona seria e
documentata, confonda
la riforma Bassanini del
1997 con la riforma del titolo V del 2001. Di quest'ultima non ho alcuna
responsabilità: altri la firmarono e la seguirono in
Parlamento (il ministro
delle Riforme istituzionali dell'epoca), anzi io fui
l'unico, insieme a Vincenzo Visco, a sostenere,
in Consiglio dei ministri
che era meglio lasciarla
cadere, dopo che era risultato evidente che sarebbe stata approvata con
una ristretta maggioranza
e che sarebbe stato impossibile correggere al Senato le diverse disposizioni stravaganti introdotte
in prima lettura alla Camera: sottolineai anche
che si creava così un precedente pericoloso, quello di riforme costituzionali adottate a colpi di
maggioranza. La riforma
Bassanini del 1997, viceversa, non modificava
nessuna disposizione della Costituzione del 1948:
ma conteneva numerose
disposizioni di riassetto
del sistema amministrativo (autocertificazione,
firma elettronica, semplificazioni normative e burocratiche, decentramento amministrativo), compreso un trasferimento
alle Regioni e agli enti locali di una serie di funzioni amministrative, nell’ambito e nel rispetto delle disposizioni della Carta
costituzionale del 1948.
Di essa ho ovviamente la
paternità; ma nulla ha a
che fare con la riforma del
titolo V, che ha invece riformato profondamente
la ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni. Aggiungo
che, negli anni immediatamente successivi, ho
più volte proposto, insie-
me al collega Massimo
Villone, disegni di legge
di revisione del nuovo titolo V, simili a quello oggi
proposto dal Governo
Renzi. Sono stato poi uno
dei principali promotori
del referendum popolare
del 2006 (ero il portavoce
del Comitato promotore,
presieduto da Scalfaro),
che ha bocciato la riforma
costituzionale (cosiddetta
“Devolution”) sostenuta
dal governo Berlusconi:
referendum che, mi par di
capire , Travaglio apprezza. La proposta del Governo, a parte dettagli che
lo stesso Governo dichiara correggibili, è – a mio
sommesso avviso – coerente con quel referendum. Che non poteva e
non può essere interpretato come arroccamento
in una acritica difesa della
DIRITTO DI REPLICA / 2
Egregio Dott. Barbacetto,
ho letto con interesse e
con metà labbra sollevate
in un mezzo sorriso il Suo
articolo. Mi permetto di
fare delle precisazioni che
secondo me sono importanti, soprattutto quelle
che non riguardano me
direttamente. La prima è
che il primo comunicato
Tod's è stato il Sole 24 Ore
a diffonderlo e non Il
Giornale e la Reuters. Le
altre precisazioni riguardano il fatto che Lei dica
che il mio nome non apparirà mai nella finanza
italiana. Devo smentirLa
perché è già apparso, proprio come ha scritto Lei,
centinaia e centinaia di
volte. Altra precisazione
riguarda le varie ville dei
personaggi che ha citato.
In alcuni di questi articoli,
Le sgridate
di Renzi
e di Grillo
CARO FURIO COLOMBO, non le sembra una dichiarazione molto rivelatrice
quella della Serracchiani, sul vago concetto di democrazia nelle nuove menti
dirigenti, quando lei dice prima che il
presidente del Senato non può intervenire in un dibattito “perché di garanzia”, e
poi che dovrebbe ricordarsi, quando parla, di essere stato eletto dal Pd? Offuscamento da troppo, improvviso potere?
Giampiero
INFATTI LA SGRIDATA di Debora Serracchiani al presidente del Senato è sembrata a molti fuori posto, per le due ragioni
sbagliate e contrapposte: il dover tacere per
rispetto al ruolo di garante e il dover parlare con il linguaggio del partito che ti ha eletto nel ruolo di garante. Senza dubbio un errore, ma non un errore solitario. Matteo
Renzi forse può essere scusato perché più
giovane persino della Serracchiani, ma
aveva appena dedicato ad alcuni personaggi noti e celebri della vita culturale italiana e internazionale la definizione di
“professoroni” (completata dal dubbio che
poi lo siano davvero) perché colpevoli dell'inaudito intento di dargli torto. E anche
nella conferenza stampa da Londra aveva
inserito una frase che molti prendono per
determinazione e (finalmente!) risolutezza, ma che è certamente poco democratica:
“Noi lasciamo che si discuta finché si vuole.
Ma poi state sicuri che si farà esattamente
ciò che abbiamo detto e deciso. Indietro
non si torna”. E ha concluso con il nuovo
slogan. Tutto ciò che sta accadendo non lo
chiede più l'Europa, pallida scusa di Monti
e di Letta. “Ce lo chiedono gli italiani”. Qui
il mini insulto della Serracchiani al presidente del Senato, il dare le spalle ai più ap-
la vignetta
Carta del 1948 così come
è (non a caso il Comitato
promotore aveva come
nome “Salviamo la Costituzione, aggiornarla non
demolirla”). Il modo migliore di difendere la Costituzione è infatti di tenerne fermi i valori e i
principi, ma ammodernare gli strumenti istituzionali, legislativi e amministrativi che consentono di dare a quei valori
e a quei principi concreta
traduzione nella realtà del
nostro Paese.
Franco Bassanini
come potrà vedere dal
web, ci sono le dichiarazioni dei vari protagonisti
(Friedman,
Veronesi,
Berlusconi, ecc.). Altre
precisazioni sono.... secondo Lei come facevo a
fare uscire tutti quegli articoli? Lasciando stare i
nomi dei vip che possono
suscitare curiosità fra i
giornalisti, ma parlando
di finanza, perché giornali importanti come Il sole
24 ore, MilanoFinanza, e
altri giornali economici
hanno supportato la mia
ascesa mediatica? Ultima
cosa. la scommessa sulla
Presidenza Unicredit. I
collaboratori che hanno
perso la scommessa erano
circa una sessantina.
Alessandro Proto
Proto non ha mai compiuto operazioni finanziarie,
ma è riuscito a farsi pubblicare molti comunicati
dai giornali. I dati sulle
aziende citate e sui giornali che li hanno ripresi li
abbiamo fedelmente ricavati dalla delibera Consob.
il Fatto Quotidiano
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Presidente: Antonio Padellaro
Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi
Consiglio di Amministrazione:
Luca D’Aprile, Peter Gomez,
Marco Tarò, Marco Travaglio
(gb)
prezzati costituzionalisti italiani da parte
di Renzi, e il suo avvertimento che tanto
nulla e nessuno potrà cambiare il destino
(perché gli italiani, tranne quelli chiusi
fuori dalle fabbriche e preoccupati per la
cassa integrazione, stanno chiedendo le sue
riforme) si salda con la fiducia che Grillo fa
sapere di nutrire per i prossimi eletti nella
sua lista, destinazione Strasburgo. Fa sapere che se sgarrano rispetto agli ordini del
capo, non solo vengono espulsi all'istante,
perché devono intendersi come personale
politico teleguidato, ma sono anche tenuti,
con contratto privato notarile, a pagare
una multa di 250 mila euro a Grillo e Casaleggio. Il doppio fenomeno (da una parte
e dall'altra dei due principali schieramenti
contrapposti) è nuovo. Ha in comune la
minaccia di punizione in caso di indisciplina anche lieve (“Alla prima che mi fai ti licenzio e te ne vai”) ma è rovesciata. Da un
lato il capo promette di punire anche duramente il reietto e, presumendo che entri in
politica solo per guadagnare, lo obbliga a
versare, prima di andarsene, una notevole
cifra. Dall'altra la minaccia è: “Se è così, me
ne vado dalla politica. La mia vita politica
finisce qui”. “O mangiate la mia minestra o
salto io dalla finestra”. Ovvero sul lato
Renzi la punizione è che se ne va lui. Ripete
la frase drammatica ma un po' ovvia “io ci
metto la faccia”. Ovvia perché si sono visti
gli “occupy” mascherati, ma non ancora i
politici mascherati. Domina comunque la
sgridata come diffuso strumento di comunicazione politica. Forse sono sacchetti di
sabbia contro l'esondare dell'antipolitica.
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano
00193 Roma, via Valadier n. 42
lettere@ilfattoquotidiano.it
Una casta minore
con la stessa rapacità
Indagini e avvisi di garanzia si susseguono, e il tintinnio di manette fa da colonna sonora alle attività
di quasi tutte le assemblee
regionali. Quella che
emerge è una casta, meno
importante di quella nazionale, ma non meno
avida e spregiudicata. A
leggere i capi di accusa, oltre a peculato, falso e truffe, le somme sottratte da
questi galantuomini sono
spesso spiccioli. Di questo
passo, se non si vorranno
azzerare i vari Consigli,
sarà bene fissare una soglia di tolleranza per le
piccole ruberie generalizzate. Con i soldi pubblici
comprano mutande, aperitivi, cravatte. I più audaci si fanno rimborsare le
notti d'amore con l'amante. Sembrano istinti compulsivi da cleptomani ricchi, o una sorta di pulsione al taccheggio nel supermercato che il potere mette a disposizione. È una
gozzoviglia vergognosa,
ma anche ridicola, che dà
la misura del livello di
squallore raggiunto dalla
"casta" minore. L'impressione è che questi abbiano
perso ogni freno, sopraffatti dall'euforia come ladruncoli in un self-service
incustodito, con licenza di
arraffare impunemente
ciò che vogliono. Si sono
assegnati lauti compensi e
privilegi, eppure sembrano solo poveracci. Generano rabbia e disgusto per
come vivono il ruolo nelle
istituzioni, ma anche tristezza e incredulità, per il
livello di miserabile abiezione che hanno raggiunto. È bene ricordarlo alle
prossime elezioni.
Mario Frattarelli
Bagnasco e Giannini,
giusto il no agli opuscoli
Sul “Fatto” leggo una lettera di Renato Pierri concernente gli opuscoli diffusi dall'Unar, tra i docenti delle scuole, senza l'approvazione del ministero
dell'Istruzione.
Quegli
opuscoli in teoria avrebbero dovuto educare alla
diversità per combattere
le discriminazioni, ma in
realtà davano una lettura
ideologica della famiglia.
Si consigliavano le fiabe
gay alle materne, problemini di aritmetica con
personaggi omosessuali
alle elementari, film transgender alle superiori, le
parole padre e madre cancellate, via le fiabe dove il
principe sposa la principessa per non favorire lo
stereotipo della famiglia
etero ecc. Per non parlare
delle religioni, considerate omofobe. In realtà il ministro Stefania Giannini
non si è opposta alla distribuzione degli opuscoli
per le proteste del Cardinal Bagnasco, caso mai ha
recepito quelle di decine
di migliaia di famiglie che
minacciavano di ritirare i
figli dalla scuola. L'educazione alla diversità va bene, ma deve essere concordata anche con le associazioni dei genitori e non
solo con quelle gay o con
"esperti" come Luxuria.
Ivan Devilno
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