A CURA DEL COMITATO PER L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA VIA ARTISTI, 36 - 10124 TORINO TEL. (011) 88.94.84 - FAX (011) 8151189 e-mail: handicapscuola@libero.it http://digilander.libero.it/handicapscuola 176 Anno XXIX - luglio-agosto 2014 EMERGENZE Cambiare le leggi o applicare le leggi? RIPRENDIAMOCI LA PEDAGOGIA MARISA FALOPPA alla pag. 2 OSSERVATORIO Percorsi sperimentali di istruzione e apprendistato (L. 128/13) alla pag. 20 Bes: bisogni educativi speciali? ALAIN GOUSSOT alla pag. 3 ENTI LOCALI a cura di R. GANGI e M. FALOPPA alla pag. 10 Inclusione scolastica: riforme e temi urgenti alla pag. 21 Il Tar del Lazio ribadisce il diritto al massimo delle ore di sostegno e all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione come espressione del diritto allo studio e strumento di uguaglianza alla pag. 21 Sostegno nelle scuole paritarie alla pag. 22 PEDAGOGIA DEI GENITORI Professionalità genitoriale e professionalità docente. Parte seconda: Affettività e apprendimento nell’educazione genitoriale Autismo: esclusa la rivedibilità fino a 18 anni alla pag. 22 Disabile a scuola con mezzi propri: sarà risarcito da Comune e Provincia A. MOLETTO - R. ZUCCHI alla pag. 16 alla pag. 23 Fondatori: Mario Tortello, Piero Rollero Direttore responsabile: Davide Pelanda Redazione: A. Canevaro, M Borla, C. De Pari, M. Faloppa, E. Gramondi, A. Moletto, S. Nocera, L. Pierro, S. Portigliatti, R. Zucchi Registrazione n. 5065 Trib. Torino del 29 settembre 1997 Stampa: Impronta Tipolitografica, Nichelino (To) Spedizione in abbonamento postale, art. 2, comma 20/c, legge 662/96 - Filiale di Torino - n. 4/2014 SEGNALAZIONI Ai lettori Segreteria del Comitato per l’inte gra zione scolastica: giovedì ore 15-17 Torino Via Artisti, 36 tel. 011/88.94.84 Convegno Nazionale: Metodologia Pedagogia dei Genitori “Radici e ali per le nuove generazioni” - Modena, 24-25 ottobre 2014 alla pag. 24 Settembre pedagogico 2014 - Offerte formative delle Associazioni in collegamento con il territorio alla pag. 23 Grazie, Bruna. Benvenuto, Davide. Il 6 luglio scorso ci ha lasciati Bruna Rossetto Giaccherino dal 2001 direttore responsabile di Handicap&Scuola. Bruna, da sempre attenta ai problemi sociali, ha raccolto il testimone lasciato da Mario Tortello, ha assunto la responsabilità della rivista, ci ha dato fiducia e ci ha aiutati a proseguire l’opera di informazione e di promozione dei diritti degli allievi con disabilità e delle loro famiglie che conduciamo da quasi trent’anni. Mentre la ricordiamo con affetto e con rimpianto salutiamo il nuovo Direttore responsabile, Davide Pelanda che si accinge a fare un percorso di impegno con la Redazione, i lettori, il Comitato e tutti gli iscritti. Davide è docente di scuola secondaria di primo grado e giornalista di lunga esperienza. Ha pubblicato numerosi libri tutti impostati sull’impegno sociale e la difesa degli ultimi, tra i quali: Mondo recluso, vivere in carcere oggi edito da Effatà; La Chiesa e i rifiuti. Tra teologia e pastorale dell’immondizia Effatà; La fede nel piatto. Sapori e saperi del cibo dei poveri Paoline editoriale libri. La redazione tutta lo ringrazia e gli invia un affettuoso benvenuto. Il vostro contributo è fondamentale per la sopravvivenza di “Handicap & Scuola”! Adesione ordinaria: € 25 Adesione benemerita: € 40 Adesione benemerita con iscrizione al Comitato per l’Integrazione Scolastica: € 50 Versare l’importo sul c.c.p. n. 28177103 intestato Comitato per l’Integrazione scolastica, via Rivarolo 49/A, 10071 Mappano (To) indicando nella causale “Adesione ad Handicap & Scuola” o con bonifico (IBAN IT 62 Q076 0101 0000 0002 8177 103) EMERGENZE CAMBIARE LE LEGGI O APPLICARE LE LEGGI? MARISA FALOPPA * L’anno scolastico si conclude con proposte di riforme radicali. Il Miur fa trapelare la notizia di un nuovo piano per la scuola che prevede importanti modifiche a cominciare dagli orari degli insegnanti. E’ in atto un dibattito acceso sulla proposta di stravolgere l’impianto organizzativo che ha garantito da quarant’anni a questa parte l’integrazione scolastica degli studenti con disabilità: un grande progetto condiviso fra Scuola, Sanità ed Enti Locali, con tanti aspetti positivi ed alcune criticità legate con grande evidenza alla mancata applicazione di alcune disposizioni legislative. Si propone una riforma radicale a costo zero del ruolo dell’insegnante di sostegno immaginando che abolendo questa figura si risolvano i problemi ancora aperti e gli aspetti problematici. Intanto psicologi, logopedisti e neuropsichiatri dei servizi sanitari territoriali, oberati da un massiccio lavoro di diagnosi dei Disturbi Specifici di Apprendimento, non sono più in grado di trovare nelle loro agende tempi disponibili per condividere con gli insegnanti e con le famiglie la programmazione e la valutazione dei progetti di intervento sugli allievi con disabilità, neppure per le situazioni più complesse. Se entro il 31 agosto non sarà ripristinata la norma che prevede la retribuzione dell’indennità riconosciuta dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro al personale ausiliario della scuola addetto all’assistenza igienica agli alunni con disabilità a settembre riprenderà l’astensione dei collaboratori scolastici da tali mansioni e sarà di fatto messo in discussione il diritto stesso alla frequenza scolastica per gli allievi con gravi disabilità. Si avvia a conclusione l’iter di approvazione del “Patto per la salute” relativo al biennio 2014 -16. Pesanti obiezioni sui contenuti “fortemente discriminatori” presenti nell’ultima bozza del documento sono state espresse dal CSA “Coordinamento Sanità e Assistenza tra i movimenti di base” di Torino a cui aderisce il Comitato per l’Integrazione Scolastica. Le associazioni sottolineano come il nuovo patto subordina le cure alla disponibilità di risorse, negando di fatto il diritto alle prestazioni socio-sanitarie ai malati cronici e ai disabili gravi introducendo nel nostro ordinamento pericolose * Presidente del Comitato per l’Integrazione Scolastica. 2 distinzioni in base alle condizioni personali e sociali dei cittadini. I commi primo e secondo dell’articolo 6 infatti, specificano come gli interventi relativi “alla non autosufficienza, alla disabilità, alla salute mentale adulta e dell’età evolutiva, alle dipendenze, all’assistenza ai minori” sono erogati “nei limiti delle risorse programmate per il sistema sanitario regionale”. Queste indicazioni risultano in pesante contrasto con la legge 833 del 1978 che stabilisce l’uguaglianza dei cittadini nei confronti del servizio, senza distinzioni relative alle condizioni individuali e sociali e che obbliga il Servizio sanitario a provvedere alla diagnosi e alla cura degli eventi morbosi “quali che ne siano le cause, la fenomenologia e la durata”. Sono circolate notizie preoccupanti anche in merito ad una recente delibera della Regione Lombardia che sembrava potesse mettere a rischio il servizio di trasporto gratuito per gli studenti con disabilità che frequentano la scuola superiore. La Delibera X1952 del 13 giugno 2014 “Determinazioni in ordine alla concessione di contributi previsti dal D.M. 184/2014 volti a facilitare l’accesso e la frequenza degli studenti con disabilità ai corsi di istruzione secondaria di secondo grado e di istruzione e formazione in diritto-dovere - Anno scolastico 20132014” è in effetti una disposizione normativa con cui la Regione Lombardia ha regolato le modalità di assegnazione di contributi derivanti dallo stanziamento di un fondo nazionale. Si tratta di un atto amministrativo che introduce la possibilità di ottenere dei contributi rispetto ai costi che le famiglie hanno sostenuto per l’anno scolastico appena concluso, costi che peraltro in base alla Legge 118/71 avrebbero dovuto essere a carico degli Enti Locali e non dalle famiglie. L’utilizzo dell’Isee famigliare con soglia ai 38.000 euro fa riferimento esclusivamente ai contributi concessi in base al D.M. 184/2014 e non scalfisce il diritto al trasporto scolastico gratuito. In questo periodo ogni proposta di cambiamento in ambito sociale rischia di trasformarsi in una controriforma che cerca di fare cassa trascurando i diritti dei più deboli. Meglio sarebbe che le istituzioni vigilassero con rigore sull’applicazione dell’impianto legislativo consolidato nei decenni scorsi che nel settore sanitario e sociale ha garantito, almeno in parte, l’applicazione dei principi della Carta Costituzionale ed il riconoscimento del diritti fondamentali a tutti i cittadini, senza discriminazioni. Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 RIPRENDIAMOCI LA PEDAGOGIA CONVEGNO “BES E DINTORNI - RIPRENDIAMOCI LA PEDAGOGIA” TORINO - 7 DICEMBRE 2013 BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI? ALAIN GOUSSOT * Affronterò la questione con una serie di riflessioni, anche perché questo è un momento di grande confusione e di provvedimenti pasticciati. Dopo la prima Circolare di dicembre e la Direttiva di marzo è arrivata la Nota di chiarimento del 22 novembre 2013; se uno la legge attentamente può affermare come l’amico Iosa ha scritto recentemente: “La morte dei BES nei paesi dei cachi”. Il Ministero ha prodotto una proposta che tenterò di analizzare con voi e di contestualizzare anche in una prospettiva propositiva. L’ha fatto a prescindere da chi è qui oggi: gli insegnanti, le scuole, gli operatori dell’educazione ecc. Questo è un segnale che la dice lunga su quello che sta succedendo anche nel nostro Paese. Il livello istituzionale e politico non dà molto ascolto alle competenze che esistono nella scuola, nel territorio, nella società civile, si pone nella posizione del cattedratico che deve insegnare a chi fa questo mestiere da tanto tempo cosa deve fare. La Nota di chiarimento del 22 novembre è emblematica, sembra dire: “in fondo abbiamo scherzato, fate come volete perché c’è l’art. 4 dell’autonomia dell’Istituto, c’è la libertà dell’insegnamento, vedete voi, siamo a disposizione”. Sarò molto crudo e molto severo. Quello che è successo è grave: sono state messe in difficoltà tantissime scuole, ultimamente giro parecchio, negli ultimi mesi mi sono spostato da Nord a Sud e riscontro lo stesso disagio e lo stesso disorientamento tra gli insegnanti ma anche tra molti genitori. La voce dei pedagogisti Quello che proverò a fare oggi con voi non è tanto darvi delle verità ‘scientifiche’, che magari qualcuno * Università di Bologna. Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 pensa di avere ma che io non ho; ho tanti dubbi, tante domande. Penso sia necessario focalizzarsi su alcune cose, chiarirle sul piano concettuale, culturale, pedagogico, e operativo quello di cui stiamo parlando. Partirei da due frasi, una di Albert Camus e l’altra di Denis Diderot: Camus perché quest’anno sono cinquant’anni dalla sua morte, Diderot perché sono trecento anni della sua nascita. Camus scrive: “dare un nome sbagliato alle cose contribuisce all’infelicità del mondo”, pensiamo alla parola Bes, e il vecchio Diderot in una lettera filosofica sui sordi ad uso di quelli che intendono diceva: “una cosa sono le leggi dei naturalisti, un’altra cosa sono le leggi della natura”. Insomma non bisogna scambiare le nostre categorizzazioni per la realtà, bisogna invece imparare ad osservarla e capirla nella sua complessità e varietà. Permettetemi un’altra citazione prima di sviluppare il mio ragionamento, ma mi servirà a riflettere insieme a voi, è la frase di Lev Vygotskij, psicopedagogista sovietico che è alla base della Pedagogia della mediazione, è lui che ci ha spiegato che ogni alunno, anche quello con deficit, disabilità, ha enormi potenzialità e basta costruire un ambiente, un contesto adattato, per favorirne l’espressione. Vygotskij scrive: “il concetto di norma fa parte delle idee scientifiche più complesse e vaghe della realtà, non esiste nessuna norma. Si incontra una quantità infinita di variazioni, deviazioni che è molto spesso difficile stabilire dove vengano superati i limiti oltre i quali inizia il normale. I confini non esistono da nessuna parte, in questo senso la norma presenta il concetto fortemente astratto in una grandezza media dei casi più frequenti. Effettivamente non si incontra mai nel suo aspetto puro, per questo non esiste confine preciso fra comportamenti normali e anormali”. 3 Si all’accessibilità, no all’adattamento Vi ho portato questa citazione di Vygotskij perché la questione dei BES, e anche quella dei DSA , ha a che fare col concetto di norma e con un’idea del rapporto e della relazione con chi è anomalo in termini normativi e in termini di adattamento. Il concetto centrale nella storia dei DSA e dei BES è quello di adattamento, mentre per me il concetto centrale nel processo educativo e nel processo di apprendimento è quello di accessibilità. Noi non dobbiamo adattare i ragazzi, noi dobbiamo facilitare l’accessibilità o l’accesso ai saperi, alle conoscenze, all’apprendimento per tutti i ragazzi. Affermare questi due concetti non è dire la stessa cosa. Al Congresso Erickson di Rimini, un funzionario del MIUR tentò di spiegare che il Ministero aveva consultato varie comunità scientifiche per affermare: “le categorie che abbiamo messo all’interno della categoria BES hanno un fondamento scientifico”. Io mi sono permesso di dubitare di questo affermando che intorno a questa questione nella comunità scientifica nazionale e internazionale c’è un grande dibattito. Il gruppo delle Disability Studies non usa mai la parola speciale e ragiona in termini di varietà, di molteplicità, in termini di diritti anche dei diritti di cittadinanza nei processi sociali e nei processi di apprendimento. C’è anche tutto il gruppo che fa riferimento alla rete francofona di grandissimi pedagogisti, purtroppo poco tradotti in Italia, (perché l’Italia ha subito negli ultimi vent’anni una colonizzazione culturale partita dal mondo anglosassone e dagli Stati Uniti), che continua a parlare di eguaglianza nell’accesso alle opportunità sociali e educative. La letteratura scientifica in materia psicologica, pedagogica e psicopedagogica in Italia (cosa diversa in Francia e in Germania) all’ottanta per cento è fatta da lavori che provengono da quel mondo anglosassone permeato da un visione clinica. Sembra che l’Italia abbia ormai in quell’ambito pochissimi rapporti col mondo francofono e anche col mondo tedesco che fra l’altro hanno prodotto storicamente e tuttora producono cose pregevoli dal punto di vista dell’educazione e dell’intervento pedagogico. Esistono studiosi, ricercatori, ne cito alcuni Charles Gardou, pedagogista e antropologo francese di Lione che ha scritto due libri bellissimi. L’ultimo l’ho appena tradotto in italiano e il tema è “La società inclusiva” e il sottotitolo: “Non esistono vite minime” ed è estremamente interessante perché Gardou ragiona sul tema delle differenze in termine socio-antropologico per affrontare le questioni dell’apprendimento e dell’educazione inclusiva. Vi è tutto il gruppo intorno a Philippe Meirieu, professore di pedagogia anche lui a Lione, recentemente ho tradotto e pubblicato un suo libro con un’introduzione: “Pedagogia: il dovere di resistere”. Anche Philippe Meirieu è pochissimo tradotto in Italia, eppure è uno degli esponenti più importanti oggi della cosiddetta pedagogia attiva in Francia e in Europa, la stessa cosa si può dire di Jean Houssaye, docente di pedagogia dell’Università di Rouen, che ha scritto cosa molte interessanti sul ‘triangolo pedagogico’ e il rapporto tra autorità ed educazione. A questo aggiun4 go il recente contributo del pedagogista belga Jean Pierre Pourtois e le sue tesi sulla co-educazione e la resilienza. Il dibattito scientifico In ambito scientifico su questi temi c’è un grande dibattito e non tutti la pensano nel medesimo modo. Il fatto è che il Ministero ha scelto determinati orientamenti, determinati indirizzi, questo bisogna avere l’onestà di dirlo! Ma proviamo a vedere cosa hanno messo nella categoria dei BES? Hanno usato una serie di etichette e di categorie, oltre agli alunni con disabilità certificata, chiara dal 1977. Poi c’è tutta una storia, già più problematica, quella dei DSA, io mi permetto di parlarne perché me ne occupo insegnando ai miei studenti universitari. Non è così semplice fare diagnosi quando si parla di dislessia ecc., anche i protocolli sono molte volte estremamente discutibili perché vanno contestualizzati, non esiste una dislessia uguale a un’altra, esistono delle dislessie congenite, evolutive o acquisite e non è la stessa cosa. Provate a pensare cosa significa questa classificazione, questa etichetta quando si parla di figli di migranti che arrivano in Italia, che non parlano e devono apprendere l’Italiano e hanno nella traduzione culturale e linguistica delle difficoltà di apprendimento della seconda lingua. E’ estremamente pericoloso, rischioso arrivare alla identificazione tra difficoltà e disturbi. Ma anche nel momento in cui un bambino viene diagnosticato dislessico, l’insegnante che se lo ritrova nella classe, qualcosa deve fare, deve entrare in relazione col bimbo, deve costruire delle situazioni di apprendimento che gli permettano di imparare ecc. Questo ha a che fare con la pedagogia e non con la clinica. Hanno fatto diagnosticare gli alunni con difficoltà di apprendimento? Ma su che base? Su quale tipo di osservazione? Eppure la storia della pedagogia ci ha insegnato alcune cose. Talvolta mi chiedo se abbiano sentito parlare della Montessori, sentivo prima parlare di Freinet e dell’apprendimento cooperativo, potremo riprendere il nostro Jean Jacques Rousseau e l’Emile. Quando mai le difficoltà hanno rappresentato negli apprendimenti un problema? Io ho sempre pensato come educatore, insegnante, ricercatore sul campo che le difficoltà sono un’opportunità, una possibilità per l’alunno di crescere e un’opportunità per l’insegnante di inventare la relazione con l’alunno, di innovare pedagogicamente nella relazione con lui. Perché improvvisamente le difficoltà di apprendimento diventano un problema? Ci sono alunni con disagio o svantaggio sociale? Nessuno lo nega; è chiaro che la povertà è un grandissimo problema, che fra l’altro comincia a colpire massicciamente nel senso che sono in atto processi di disuguaglianza sociale che non vedevamo più da anni. Va allora affrontato politicamente, socialmente, economicamente. Ma chi l’ha detto che se io vengo da una famiglia delle classi popolari, da un quartiere periferico con genitori poco scolarizzati, con un padre diventato disoccupato, questo blocca i miei Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 apprendimenti e fa si che abbia meno potenzialità degli altri? Assolutamente no! Parlando di pedagogia vorrei ricordare che il primo a essersi occupato di alunni con svantaggio sociale è Pestalozzi, l’educatore svizzero dell’ottocento che raccolse i bambini della sua scuola e creò un centro collettivo educativo tutti i bambini sbandati dopo il passaggio delle truppe napoleoniche. Ci sono suoi testi straordinari con tutto il travaglio dell’educatore che si sente anche impotente di fronte alle problematiche, alla miseria, al disagio, alla sofferenza di questi alunni. Egli non perde mai questa grande fiducia che ha nella capacità di questi ragazzi di portare un proprio potenziale, partendo dal loro linguaggio, non dal linguaggio che l’educatore può pensare essere quello corretto. Oppure essere figli di migranti è diventato un problema o quasi un disturbo? Devo confessare che tutto ciò ci deve fare riflettere su dove stiamo andando. Un’esperienza significativa Permettete una nota autobiografica, per farvi capire concretamente la situazione. Sono figlio di un francese e di un’italiana, nato in Belgio. Mia mamma è arrivata da Treviso nel 1949 perché mio zio lavorava in miniera, ha imparato il francese sui miei libri di scuola elementare. Ricordo benissimo il primo anno alle elementari quando dissi alla maestra: ”perché devo dire ou e non u”, dato che il mio cognome è francese la maestra non capiva. La maestra non sapeva che avevo una mamma italiana che non parlava il francese. Chiamarono i miei, perché all’epoca c’erano già gli psicologi scolastici a scuola, dicendo: “Questo bambino ha dei problemi”. Ovviamente la maestra capì subito quando incontrò i miei, sentì da mia mamma cosa stava succedendo. Per fortuna all’epoca nessuno si era messo in testa in Belgio di fare una Circolare sui BES e quindi io sarei stato un BES e probabilmente non sarei qui oggi. Quello che vi posso dire è il fatto che io funzionavo già da piccolo con due codici linguistici, neanche con quello italiano, ma il dialetto trevigiano perché mia mamma mi parlava in dialetto trevigiano. Capivo benissimo quando lei mi parlava in dialetto, io rispondevo in francese. Per molti figli di migranti oggi nelle nostre scuole, succede esattamente lo stesso meccanismo. Avevo delle difficoltà effettivamente ma oggi la neuropsicologia, la neurolinguistica ci hanno spiegato bene queste cose. Funzionavo con due lessici, perché uso due codici per pensare, in questi casi c’è sempre uno dei due lessici che è più povero dell’altro. In effetti io sul momento usavo due vocabolari mentali, ma allora, ragazzino di sei, sette anni non vivevo molto bene questa situazione. L’ho capito dopo e ho compreso che era stata una grande fortuna per me, una grande risorsa. Poi sulla mia strada ho incontrato un maestro straordinario dalla quinta alla sesta elementare (in Belgio le elementari durano sei anni). Egli aveva colto che ero un allievo con un grande potenziale nel senso che passavo tutti gli esami con la media del sessantotto sessantasette Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 per cento. L’ultimo anno delle elementari passo gli esami, prendo il sessantotto per cento in media, il maestro ci comunicò i voti, uscendo dalla classe mi disse: “Senti Goussot fermati un attimo che ti devo parlare. Sei un ragazzo estremamente intelligente con delle grandissime capacità, ma non hai fiducia in te stesso perché questo risultato non corrisponde a quello che sei. Io ti faccio una proposta. Io non ti posso impedire di andare in prima media, ma ti consiglio di rimanere un anno con me. Decidi tu, parlane con i tuoi genitori, vedrai che dopo non avrai più problemi nei tuoi studi” Questo maestro mi parlò in un modo che, quando uscii dalla classe, non mi sentii umiliato: mi aveva considerato come qualcuno in grado di assumere delle responsabilità e di fare delle scelte. Poi lo amavo perché in classe stavo bene con lui, organizzava gruppi di lavoro, in Belgio c’erano già classi multietniche, pluriculturali con l’avvento dell’emigrazione. Questo maestro era anche lui emigrato, di origine polacca, veniva in classe con libroni di pittori fiamminghi e tutte le sue lezioni, quelle di storia, di geografia, di matematica, partivano dal racconto e dalla descrizione delle pitture fiamminghe che ci faceva vedere. E io ero innamorato di quest’uomo, faceva pedagogia, azione pedagogica, didattica viva all’interno del gruppo classe, aveva trasformato la classe in un laboratorio permanente, non era un uditorio. Io sono rimasto un anno con lui, ed effettivamente nel mio percorso di studio non ho mai più avuto problemi perché avevo recuperato quella fiducia che mi mancava e questo maestro l’aveva capito per me e per altri nella classe. Ma non si era messo in mente di classificarmi, etichettarmi come BES, come si dice oggi alunno con disturbi del comportamento e borderline. Non ho mai capito chi sono i borderline, io lo sono stato e lo sono ancora molte volte nella mia vita. Ma vi è di peggio: pensate agli alunni con ADHD, c’è qualcuno che spaccia quella classificazione come assolutamente scientifica e anche su questo io mi permetto di dire che non ho la certezza di alcuni dei miei colleghi, poi c’è a livello mondiale un dibattito scientifico acceso su questa questione. Il rischio della categorizzazione Personalmente sono arrivato anche all’idea che non si tratta affatto di un disturbo, invece ci possono essere degli elementi di sofferenza che vive il bambino, che hanno tante cause, ci sono tanti fattori che possono essere di tipo emotivo, relazionale, socioculturali, piccoli traumi vissuti nello sviluppo, insomma sono tantissimi fattori che possono intervenire. E poi l’ultima, questa è la ciliegina sulla torta, sono i F.I.L., gli alunni con funzione intellettiva limite. Lavoro da vent’anni con la disabilità, in particolare con le disabilità intellettive mentali, quando ho chiesto: “Scusatemi, mi volete spiegare cosa sono gli alunni con funzione intellettuale limite? Io non l’ho capito, mi occupo di questo ma è probabile che mi sfugge qualcosa”. Mi è stato detto: “Quelli del Q.I”. Io ho detto “Scusate, ma lo sapete almeno che il Q.I. è 5 fortemente criticato ormai da cent’anni, da quando Vygotskij, la Montessori e Decroly, il grande medico inventore belga del metodo globale di apprendimento, misero in discussione le scale di misurazione metriche del quoziente d’intelligenza inventate da Binet e Simon. Provarono ad applicare questi protocolli, questi dispositivi con i ragazzini con deficit intellettivi, la conclusione fu che non funzionavano”. Vi è una letteratura scientifica, abbiamo autori come Jerome Bruner, come Howard Gardner che ci parlano d’intelligenza pluridimensionale e di intelligenze multiple, delle varie modalità di comprensione e di decodificazione del mondo, del processo cognitivo e metacognitivo multilaterale. Vi è quindi, come vedete, un problema molto serio legato al rischio di categorizzare la popolazione scolastica: quello di negare la logica variegata dell’accesso agli apprendimenti, all’istruzione, il riconoscimento delle differenze perché riguarda l’uguaglianza delle opportunità di fronte all’educazione. Noi assistiamo allo sviluppo di una logica che io chiamo differenzialistica e che alla base ha il principio della disuguaglianza. Non dimentichiamo che siamo contemporaneamente simili e diversi, ed è proprio il fatto che siamo anche simili, non solo diversi che garantisce l’uguaglianza delle opportunità. Ognuno di noi ha un repertorio potenziale straordinario che deve trovare la condizione per potersi esprimere, questa è la funzione dell’insegnante, del docente cioè essere un facilitatore dell’apprendimento e un mediatore attivo. Freinet eliminò la cattedra, divenne il consulente pedagogico del gruppo classe, dei ragazzini. Per Freinet come per don Milani la valutazione deve essere parte integrante del percorso formativo e il primo soggetto attore - autore della valutazione deve essere l’alunno stesso. Io ho a che fare con studenti dell’università, quando faccio gli esami, all’orale la prima cosa che faccio è condividere con loro gli indicatori e le modalità di valutazione e le discuto con loro. Questa è pedagogia attiva. Io lo faccio in aula, alla specialistica ho una trentina di studenti, poi arrivano all’esame e prima di dare qualsiasi valutazione chiedo a loro come valutano l’esame. 8 volte su 10 non solo gli studenti ci azzeccano, ma sono a volte anche molto più severi di me. Questo accade perché ho attivato un processo di compartecipazione, la costruzione di uno strumento di conoscenza che diventa uno strumento formativo e autoformativo e questo si può fare dalla scuola primaria alla scuola secondaria superiore ovviamente con modalità e linguaggi diversi, non lo faccio nel medesimo modo con un bambino di sette anni e con un ragazzo di quindici anni. Riprendiamoci la pedagogia La sfida è nel motto di Mario Tortello: Riprendiamoci la pedagogia, negli ultimi vent’anni in questo Paese la scuola è stata letteralmente colonizzata dallo sguardo clinico – terapeutico, dalla psicologia clinica. La scuola è stata letteralmente colonizzata da questi dispositivi, lo sguardo che è pene6 trato è lo sguardo terapeutico-clinico: per esempio dire che il bambino ha un deficit di attenzione e iperattività non significa nulla sul piano dell’azione pedagogica. Io dico piuttosto, come faceva il grande psicopedagogista francese, molto legato alla scuola delle pedagogie attive, Henri Wallon che si tratta di “un bambino turbolento”. Il linguaggio ha la sua importanza, non è lo stesso sguardo perché se dico che un bambino è turbolento, individuo un disagio, dico che il disagio è legato a uno questione che ha a che fare con l’educazione, se dico che un bambino è iperattivo ho già spostato la condotta del bambino, il suo modo di essere, nella sfera del disturbo e della cura, non del prendersi cura che ha a che fare con la pedagogia. Riprendiamoci la pedagogia vuol dire ridare dignità agli insegnanti perché questa colonizzazione ha fatto sì che gli insegnanti abbiano perso dignità. Vivono un enorme complesso di inferiorità nel rapporto con gli altri esperti, psicologi, psichiatri, come se la pedagogia non fosse altrettanto degna dal punto di vista scientifico della neuropsichiatria e della psicologia. Lo dico come docente universitario, come studioso, bisogna smetterla di fare formazioni agli insegnanti basate sui ricettari, sui manuali standardizzati, sui protocolli. Non se ne può più, gli insegnanti devono imparare a pensare alla propria esperienza con i loro alunni, gli insegnanti devono riattivarsi, ‘rinfrescarsi alle fonti chiare’ della storia dell’educazione attiva, rileggere Rousseau, Pestalozzi, Freinet, Montessori, Decroly, Piaget, Vygotskij, Frobel. Farlo non per guardare il passato ma per ispirarsi e cercare le risposte nel loro agire pedagogico, agire che deve essere riflessivo. La pedagogia è la scienza che appartiene alla scuola, che radica la sua dignità nella professionalità dei docenti, nel sapere della loro esperienza concreta. In tantissime scuole c’è stata una reazione, la gente ha incominciato a interrogarsi a porre problemi, partendo dalla propria esperienza concreta, tenta di capire di cosa stiamo parlando, di quale società o progetto di scuola stiamo discutendo. E’ giusto quello che sosteneva Franco Floris quando parlava del controllo, del non riuscire più a ricostruire legami, a vivere insieme. Se io continuo in una logica di separazione, di categorizzazione, di iperspecializzazione, svuoto dal di dentro addirittura la parola inclusione. Stanno facendo con la parola inclusione quello che in questo Paese si è fatto con la Costituzione repubblicana e la democrazia, cioè la stanno svuotando. Gli insegnanti se riescono, partendo dalla loro esperienza, a riappropriarsi della propria identità e della propria dignità professionale, culturale, scientifica ridiventano dei cittadini attivi in grado anche di modificare degli atteggiamenti. La modifica della Nota del Ministero non è arrivata casualmente, ma perché in tutta Italia, in tante scuole ci si è interrogati. Io sono membro della Società Italiana di Pedagogia Speciale, (SIPES) e quando è arrivata questa questione abbiamo pensato che la scuola e il mondo della ricerca scientifica e sociale dovevano interrogarsi e interagire, cosa che in questi ultimi anni non accadeva più. Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 Quando ci siamo trovati al congresso di Roma nel luglio 2013 questa Circolare è stata presentata dal collega Dario Ianes. Non nascondo che siamo su fronti e posizioni diverse, la divergenza, il confronto è il sale della democrazia, non può esistere un pensiero unico al quale ci dobbiamo adattare tutti. In ambito SIPES e non solo c’è stato un dibattito serrato tra i colleghi docenti e ricercatori. Come diceva la collega la professoressa Roberta Caldin di Bologna: il compito della ricerca scientifica non è andare a rimorchio delle circolari ministeriali ma di produrre conoscenza. Come ricercatore mi sono anche sentito offeso: il Ministero mi dice come io devo pensare, quali categorie devo utilizzare nel mio lavoro di ricerca! La scienza produce innovazione dove c’è libertà di sperimentazione e di pensiero. Mi preoccupa per la salute di una democrazia se un Ministero cala dall’alto delle definizioni e addirittura pretende imporre delle sue classificazioni ‘scientifiche’. Eppure dall’epoca di Galileo ne è passata dell’acqua sotto i ponti. C’è stata una reazione molto corretta dei colleghi pedagogisti che erano presenti, che potete leggere sui siti on line, nel sito della SIPES vi è tutto il dibattito aperto con una pluralità di orientamenti che è anche il riflesso del dibattito internazionale. E’ uscito un numero speciale della rivista Integrazione scolastica e sociale edita della Erickson, un numero monografico in cui si esprimono le varie posizioni cioè il pluralismo. E’ importante che gli insegnanti siano informati della posta in gioco, di quello che si sta proponendo in prospettiva per il futuro della scuola, il tipo di scuola che vogliamo il che vuol dire il tipo di società che vogliamo. Ripartire dalla scuola Stiamo promuovendo una proposta concreta che è stata fatta a Rimini e in varie parti di Italia, con vari amici e colleghi. Basta con le ricerche che partono Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 dall’alto: spesso vengono somministrati questionari compilati passivamente. Pensiamo qui a Torino, a Brindisi, a Bari a Foggia, a Roma, a Napoli, nel bolognese, a Cesena e a Palermo di attivare nel territorio con le scuole disponibili e gli insegnanti disponibili ricerche - azioni partecipate sulla questione dell’inclusione dal punto di vista pedagogico e della didattica viva. La didattica spesso proposta all’insegnante non è didattica ma didatticismo, come la chiamava un vecchio pedagogista italiano Giuseppe Lombardo Radice, è procedura tecnica; la didattica viva è una cosa ben diversa. Promuoviamo una ricerca - azione partecipata nelle scuole dove gli insegnanti sono i ricercatori che partono dalla propria esperienza concreta. Dove è possibile ci si collega con le sfere del sociale e delle università disponibili ad accompagnare questi percorsi; prendiamoci un anno e mezzo. Facciamolo da nord a sud, costruiamo una rete di realtà scolastiche che si confrontano da Palermo a Torino sulla loro esperienze e pratiche pedagogiche inclusive. Il punto d’arrivo sarà una conferenza nazionale in cui si va a deliberare quelle che potrebbero essere concretamente la definizione di linee guida pedagogiche sulla base di quello che è emerso da questo lavoro di ricerca, si tratta quindi di un processo che parte dal basso, non dall’alto, un processo partecipato che fa dell’insegnante ma anche dell’alunno e dei genitori dei ricercatori in azione in grado di produrre conoscenze e di strutturare nella pratiche dei nuovi saperi. Qualcosa sta succedendo perché il Ministero non avrebbe fatto marcia indietro con questa circolare. Mi auguro che a Roma ci siano anche persone di buon senso e che soprattutto abbiano a cuore la scuola della Repubblica, la scuola di tutti, la dignità degli insegnanti, il futuro degli alunni, la preparazione degli operatori che ci lavorano e la dignità delle famiglie che spesso sono disorientate. La scuola è un bene comune. 7 ENTI LOCALI Legge 170/2010 “Nuove norme in materia di disturbi specifici dell’apprendimento in ambito scolastico”; recepimento dell’accordo Stato/Regioni del 25 luglio 2012; approvazione schema di protocollo di intesa con l’Ufficio Scolastico regionale. Attuazione DGR 25-6992 del 30.12.2013, Azione 14.4.6 recante “Assistenza territoriale a soggetti minori” (DGR Piemonte 4 febbraio 2014, n. 16-7072) a cura di ROSANNA GANGI e MARISA FALOPPA Con Deliberazione n. 16-7072 del 4 febbraio 2014 la Giunta Regionale del Piemonte ha approvato uno schema di protocollo di intesa con l’Ufficio Scolastico Regionale con l’obiettivo di definire un percorso che individui modalità uniformi su tutto il territorio regionale relative al processo di diagnosi e certificazione diagnostica dei soggetti con disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche (DSA). La delibera si colloca nel solco delle disposizioni collegate alla Legge 170/2010 “Nuove norme in materia di disturbi specifici dell’apprendimento in ambito scolastico” che ha posto in enorme evidenza problematiche attinenti alla sfera educativa trasferendole in parte in ambito sanitario-certificatorio. Nel gennaio 2013 è stato costituito presso l’Ufficio Scolastico Regionale un gruppo di lavoro composto di rappresentanti dell’Ufficio Scolastico Regionale e della Regione, Direzioni Sanità, Istruzione, Formazione Professionale e Lavoro ed Università degli Studi di Torino che ha provveduto a predisporre due scheda di collaborazione scuola – famiglia allegate alla delibera che riportiamo di seguito, una riferita agli alunni che frequentano la scuola primaria (dal secondo al quinto anno), l’altra per la scuola secondaria di primo e secondo grado e per le istituzioni formative del sistema Istruzione e Formazione Professionale. La presentazione all’ASL della scheda di collaborazione scuola-famiglia garantisce la conclusione entro sei mesi dell’iter certificatorio. La delibera prevede che presso ogni ASL si istituisca il Gruppo Disturbi Specifici di Apprendimento (GDSAp), composto da: neuropsichiatra infantile, psicologo, logopedista, terapista della neuropsicomotricità dell’età evolutiva che dovranno lavorare secondo il principio dell’integrazione multi-professionale e concorrere alla formulazione della diagnosi ciascuno per quanto di competenza. Vengono attribuiti alle ASL nuovi impegni ad organico invariato ed è prevedibile un notevole aumento di richieste di certificazioni. In queste condizioni c’è il rischio concreto che le situazioni di disabilità vengano ulteriormente marginalizzate. Già ora le scuole riscontrano grandi difficoltà a convocare i gruppi di lavoro operativi con la presenza dei professionisti delle ASL per definire e verificare con le famiglie i progetti di intervento per gli studenti disabili. Spesso i professionisti dei servizi sanitari si rendono disponibili per tempi brevi presso il loro ambulatorio dove risulta impossibile convocare l’intero consiglio di classe , di conseguenza ci si riduce ad uno scambio di firme a carico esclusivo dell’insegnate di sostegno. In molti 8 casi si confrontano elementi di conoscenza riferiti ad allievi con disabilità complesse che da parecchi anni non sono stati più “visti” dai curanti. Non è infondato temere che questi problemi oggettivi vengano resi più acuti dalle priorità sui tempi di certificazione dei DSA previsti dalla nuova delibera regionale. Un elemento positivo contenuto nella DGR16 è l’incitamento ad un percorso di osservazione del ragazzo e la richiesta di rendere conto in modo formale e documentato delle attività di recupero didattico mirato. E’ un’indicazione fondamentale per la professionalità dell’insegnante perché gli viene chiesto di adoperare tutti gli strumenti didattici e relazionali in suo possesso prima di richiedere una diagnosi. Gli viene inoltre chiesto di documentare e ciò presuppone un processo metacognitivo del docente stesso “obbligato” a riflettere sulla sua pratica. Interessante il continuo rimando alla famiglia anche se le attività di recupero e potenziamento, attività didattiche per eccellenza, sono di competenza dell’insegnante, devono essere comunicate alla famiglia ma non necessariamente concordate con essa. E’ bene confrontare i punti di vista di chi si occupa dei bambini, mantenendo però distinte le competenze e i ruoli per operare delle reali collaborazioni. In merito poi alla scheda per le scuole secondarie è necessario chiarire che spetta alla famiglia consegnare diagnosi e documentazione, non è lecito un passaggio diretto di informazioni tra ordini di scuola diversi. Si tratta di una procedura chiarita in modo esplicito per gli allievi con disabilità, fondamentale precisarlo anche per gli studenti con difficoltà di apprendimento.. Molti genitori nel passaggio da un ordine scolastico e l’altro preferiscono,in caso di DSA, conoscere meglio i docenti prima di dichiarare le difficoltà dei figli. E a volte questa decisione è vincente: molti ragazzi con DSA nelle superiori procedono come i loro compagni senza aver dichiarato nulla, con immensa soddisfazione e crescita di autostima. La “scheda di collaborazione scuola- famiglia” che si configura come uno strumento didattico prevede inoltre esclusivamente un trasferimento di notizie da parte della scuola alla famiglia, mentre non c’è alcun accenno al passaggio di informazioni dalla famiglia alla scuola, scambio altrettanto importante al fine di avviare una vera collaborazione. Collaborare significa lavorare insieme, non basta trasferire notizie una tantum, è necessario monitorare il percorso, scambiarsi idee, obiezioni, perplessità e opinioni nel merito. La famiglia va coinvolta nel procesHandicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 so verso la massima autonomia e responsabilità possibili da raggiungere da parte dell’alunno. E questo non vale solo per gli allievi con difficoltà negli apprendimenti Nello schema di protocollo d’intesa allegato alla delibera si prevede inoltre, in modo a nostro parere inopportuno, che la famiglia possa consegnare la scheda all’ASL anche per il tramite dell’istituzione scolastica e formativa. E’ responsabilità esclusiva della famiglia decidere se consegnare la scheda ai servizi competenti e far seguire al figlio un percorso diagnostico. Non abbiamo dubbi che l’intenzione sia quella di sollevare i genitori da un impegno, ma non riteniamo corretto che la scuola possa assumere tale delega indebolendo di fatto il diritto della famiglia a decidere. ALLEGATO 2 (PER LA SCUOLA PRIMARIA ) Regione Piemonte - Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte SCHEDA DI COLLABORAZIONE SCUOLA E FAMIGLIA DESCRITTIVA DELLE ABILITA’ SCOLASTICHE La scheda di collaborazione costituisce uno strumento didattico-pedagogico per favorire i processi di apprendimento e di partecipazione per gli alunni con difficoltà scolastiche e per rendere maggiormente funzionale la comunicazione tra la scuola e la famiglia ... In particolare, la scheda consente le seguenti azioni didattico-pedagogiche: 1) l’ osservazione per facilitare la riflessione sui tipi di “difficoltà scolastiche” che può incontrare un singolo alunno/a; 2) l’attivazione, in accordo con la famiglia, di azioni di recupero e potenziamento delle abilità scolastiche strumentali e la descrizione degli esiti del potenziamento attivato (parte A); 3) la compilazione della parte B “Descrizione delle significative difficoltà persistenti dopo l’intervento di potenziamento effettuato” (selezionando gli ambiti ritenuti specifici per l’alunno) La scheda compilata sarà condivisa e consegnata alla famiglia. Si rammenta che la compilazione della presente scheda “non costituisce attività di screening” (Legge n. 21/07 Regione Piemonte;.) DATA DI COMPILAZIONE DA PARTE DEGLI INSEGNANTI: ___/___ /______ ALUNNO/A: NOME: ______________________________________ COGNOME: _____________________________________ NATO/A A __________________________________ IL _________________________(età__________) NAZIONALITA’: _____________________________ LINGUA MADRE: ____________________________ EVENTUALE BILINGUISMO: _____________________________________________________________ PERCORSO SCOLASTICO FREQUENTA: SCUOLA: ___________________________________ CLASSE: ______________________ Ha frequentato l’asilo nido? K sì K no Ha frequentato la scuola dell’infanzia? K sì K no Può indicare eventuali cambiamenti di scuola? ______________________________________ Vi sono stati eventuali significativi cambi di insegnanti? K sì K no Indicare eventuali ripetenze: __________________________________________________________ PARTE A 1. INDICARE PRIORITARIAMENTE LE ATTIVITÀ DIDATTICHE GIÀ SVOLTE PER IL POTENZIAMENTO DELLE ABILITÀ SCOLASTICHE (vedi Linee Guida DSA del MIUR) AMBITI DI OSSERVAZIONE LINGUA: POTENZIAMENTO (effettuato a scuola) NO SI ESITI Descrizione delle performance raggiunte (Che cosa l’allievo è capace di fare dopo l’esperienza facilitante di potenziamento) corrispondenza biunivoca segno/suono sintesi sillabica, riconoscimento di sillabe/fonemi consapevolezza fonologica rafforzamento dei prerequisiti esecutivi (capacità grafo-motorie) e dei prerequisiti costruttivi della lingua scritta (fasi di concettualizzazione: dal concreto all’astratto) correttezza ortografica riconoscimento della parola letta altro ARITMETICA: ambiti di potenziamento POTENZIAMENTO (effettuato a scuola) NO SI ESITI Descrizione delle performance raggiunte (Che cosa l’allievo è capace di fare dopo l’esperienza facilitante di potenziamento) potenziamento dei processi di conteggio corrispondenza quantità/numero valore posizionale delle cifre strategie del calcolo a mente procedure calcolo scritto altro Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 9 2. INDICARE SE SONO STATI UTILIZZATI STRUMENTI DIDATTICI E TECNOLOGICI FUNZIONALI ALL’APPRENDIMENTO tabelline mappe personal computer formulari calcolatrice etc. ___________________________________ Indicare quali si sono rivelati funzionali: _________________________________________________________________________ 3. INDICARE SE SONO STATI SPERIMENTATI ACCORGIMENTI FUNZIONALI ALL’APPRENDIMENTO dare più tempo per l’esecuzione dei lavori alleggerire il carico di lavoro (ad esempio suddividendolo in unità di apprendimento più piccole) evitare alcune prestazioni (es: lettura a voce alta) attivare strategie di apprendimento cooperativo, lavori di gruppo, supporto tra pari, altro __________________________________________________________________________________________________ Indicare quali si sono rivelati funzionali: ________________________________________________________________________ PARTE B DESCRIZIONE DELLE SIGNIFICATIVE DIFFICOLTA’ SCOLASTICHE CHE SI SONO RIVELATE PERSISTENTI DOPO GLI INTERVENTI DI POTENZIAMENTO EFFETTUATI 1. DESCRIZIONE DEL LINGUAGGIO ORALE (compilare se significativo per l’alunno/a): Presenta difetti nella pronuncia delle parole? sì no Esempi: _________________________________________________________________________________________________ Quando parla presenta evidenti errori nella strutturazione delle frasi? sì no Esempi: _________________________________________________________________________________________________ 2. DESCRIZIONE LIVELLO DI APPRENDIMENTO DELLA LETTO-SCRITTURA (compilare ciò che è significativo per l’età): SCRITTURA: ESEMPI TIPO DI ERRORI FREQUENTI (cerchiare) AMBITO FONOLOGICO omissioni sostituzioni inversioni aggiunte AMBITO NON FONOLOGICO sc, gn, gli uso maiuscola ch, gh cu, qu, cqu, qqu... ci, gi apostrofo divisioni e fusioni illegali essere/avere AMBITO FONETICO accentazione raddoppiamento Descrivere errori: _______________________________________________________________________________ LETTURA: ESEMPI TIPO DI ERRORI FREQUENTI (cerchiare) inesatta lettura della sillaba spostamento di accento omissione di sillaba, parola o riga grossa esitazione aggiunta di sillaba, parola e rilettura di una stessa riga autocorrezione per errore grave pausa per più di 5 secondi Descrivere errori: _______________________________________________________________________________ COMPILARE LA SEGUENTE TABELLA, INDICANDO IL PARAMETRO DELLA VELOCITA’ SECONDO LA PROPRIA ESPERIENZA: TEMPI DI LETTURA TEMPI DI SCRITTURA molto lento lento scorrevole veloce molto lento lento scorrevole veloce Comprende ciò che gli è stato letto? Comprende ciò che legge? E’ in grado di riassumere ciò che ha letto: • oralmente • per iscritto E’ in grado di raccontare le sue esperienze: • oralmente • per iscritto molto lento lento scorrevole veloce molto lento lento scorrevole veloce sì abbastanza poco no sì abbastanza poco no sì abbastanza poco no sì abbastanza poco no sì abbastanza poco no sì abbastanza poco no 3. DESCRIZIONE PRODUZIONE TESTO SCRITTO (compilare se significativo per l’età): Aderenza consegna sì abbastanza poco no Corretta struttura morfosintattica sì abbastanza poco no Corretta struttura testuale (narrativo, descrittivo, regolativo ) sì abbastanza poco no adattamento lessicale sì abbastanza poco no utilizzo della punteggiatura sì abbastanza poco no concordanza genere/numero sì abbastanza poco no concordanza tempi verbali sì abbastanza poco no lunghezza testo adeguata sì abbastanza poco no 10 Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 4. GRAFIA DELLA SCRITTURA Descrivere come impugna lo strumento per scrivere /disegnare (matita, penna, pennarelli) ______________________________ La scrittura risulta leggibile? sì abbastanza poco no La forma delle lettere presenta deformazioni particolari? sempre talvolta raramente mai ESEMPI _________________________________________________________ (Eventualmente allegare copia produzione scritta) Di preferenza quale tipologia di carattere utilizza nella scrittura? (Indicare l’eventuale ordine di preferenza): corsivo stampatello maiuscolo stampatello minuscolo Alternanza di caratteri nello stesso testo: sì no 5. DESCRIZIONE APPRENDIMENTO LINGUA STRANIERA (compilare se significativo per l’età): Indicare quali lingue: L2 ____________________________ L3 __________________________________ SEMPRE TALVOLTA RARAMENTE MAI Esempi errori nello spelling errori nella scrittura errori nella lettura difficoltà persistenti nella pronuncia difficoltà persistenti nella trascrizione delle parole difficoltà di acquisizione degli automatismi grammaticali di base evidenti differenze tra la comprensione del testo scritto e del testo orale differenze tra le produzioni orali e quelle scritte 6. DESCRIZIONE DELL’APPRENDIMENTO DELLE ABILITA’ ARITMETICHE (compilare se significativo per l’età) Riconosce e denomina i numeri: 0-5 0-10 0-20 0-100 oltre 100 Possiede il concetto di quantità: 0-5 0-10 0-20 0-100 oltre 100 Sa contare: - con le dita sì no (tipologia di errori _____________________________________) - in avanti sì no (tipologia di errori _____________________________________) - all’indietro sì no (tipologia di errori _____________________________________) SA OPERARE CON: ADDIZIONE SOTTRAZIONE MOLTIPLICAZIONE DIVISIONE ENTRO IL NUMERO 10 sì, con materiale si, per iscritto sì, a mente no sì, con materiale si, per iscritto sì, a mente no sì, con materiale si, per iscritto sì, a mente no sì, con materiale si, per iscritto sì, a mente no 0 - 20, sì, con materiale si, per iscritto sì, a mente no sì, con materiale si, per iscritto sì, a mente no sì, con materiale si, per iscritto sì, a mente no sì, con materiale si, per iscritto sì, a mente no 0 - 100, sì, con materiale si, per iscritto sì, a mente no sì, con materiale si, per iscritto sì, a mente no sì, con materiale si, per iscritto sì, a mente no sì, con materiale si, per iscritto sì, a mente no OLTRE 100 sì, con materiale si, per iscritto sì, a mente no sì, con materiale si, per iscritto sì, a mente no sì, con materiale si, per iscritto sì, a mente no sì, con materiale si, per iscritto sì, a mente no DIFFICOLTÀ DI AUTOMATIZZAZIONE DELL’ALGORITMO PROCEDURALE (compilare se significativo per l’età): Operazioni scritte con: • riporto sì spesso talvolta no • equivalenze sì spesso talvolta no • prestito sì spesso talvolta no • equazioni sì spesso talvolta no no • inclusione sì spesso talvolta • espressioni sì spesso talvolta no Esempi (eventualmente allegare copia produzione scritta): _________________________________________________________ NELLA TRASCRIZIONE DEI NUMERI VI SONO ERRORI LEGATI AL VALORE POSIZIONALE DELLE CIFRE? si no Se sì, indicare eventuali tipologie di errore ____________________________________________________ RISPETTO AI PROBLEMI ARITMETICI PRESENTA (compilare se significativo per l’alunno/a): Difficoltà a comprendere la consegna: sì spesso talvolta no Difficoltà ad individuare l’operazione necessaria allo svolgimento: sì spesso talvolta no INDICARE LE STRATEGIE DI SOLUZIONE (es: necessità di materiale concreto o rappresentazione grafica) _________________ 7. DESCRIZIONE APPRENDIMENTO DELLA GEOMETRIA (compilare se significativo per l’età): DIFFICOLTA’ NEL RICONOSCIMENTO DELLE FIGURE si no Esempi: _________________________ DIFFICOLTA’ NELL’ ESECUZIONE GRAFICA DELLE FIGURE si no Esempi: _________________________ MEMORIZZAZIONE DELLE FORMULE si no Esempi: _________________________ RISOLUZIONE PROBLEMI GEOMETRICI si no Esempi: _________________________ 8. DESCRIZIONE DELL’UTILIZZO DELLE MEMORIE (compilare se significativo per l’alunno/a): Ricorda ciò che ha ascoltato di una breve comunicazione orale dell’insegnante? sì abbastanza poco no Lo racconta in modo: chiaro un po’ confuso, ma comprensibile confuso In generale ricorda ciò che ha guardato? sì abbastanza poco no Lo descrive in modo: chiaro un po’ confuso, ma comprensibile confuso In generale ricorda sequenze motorie di ciò che ha fatto? - motricità fine sì abbastanza poco no sì abbastanza poco no - grosso motorie Le descrive in modo: chiaro un po’ confuso, ma comprensibile confuso In generale riproduce sequenze motorie proposte? - motricità fine sì abbastanza poco no - grosso motorie sì abbastanza poco no Esempi:______________________________________________________________________________________ Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 11 9. DESCRIZIONE ORIENTAMENTO SPAZIO-TEMPORALE (compilare se significativo per l’alunno/a): Riconosce la destra e la sinistra sì spesso talvolta no Usa prevalentemente: - mano destra sinistra entrambe - piede destro sinistro entrambi Sa individuare prima /ora /dopo sì spesso talvolta no Sa individuare ieri /oggi /domani sì spesso talvolta no Riconosce e denomina i giorni della settimana sì spesso talvolta no Riconosce e denomina i mesi dell’anno sì spesso talvolta no Sa leggere l’orologio analogico sì spesso talvolta no Sa organizzare lo spazio foglio: - nel disegno sì abbastanza poco no - nella scrittura sì abbastanza poco no - nel calcolo (incolonnamento) sì abbastanza poco no 10. DESCRIZIONE DELL’ABILITA’ E DELLA MOTIVAZIONE ALLO STUDIO (compilare se significativo per l’alunno/a): SEMPRE TALVOLTA RARAMENTE MAI MOTIVAZIONE ALLO STUDIO: (Esempio) Mi piace studiare per imparare cose nuove ORGANIZZAZIONE: (Esempio) All’inizio del pomeriggio passo in rassegna tutte le cose che devo fare ELABORAZIONE STRATEGICA: (Esempio) Durante lo studio cerco di usare parole mie nel ripetere quello che ho studiato FLESSIBILITA’: (Esempio) Leggo in maniera diversa quando leggo per studiare o quando leggo per divertimento CONCENTRAZIONE: (Esempio) Quando studio allontano le cose che potrebbero distrarmi ANSIA: (Esempio) Quando sono interrogato dal posto mi sento agitato ATTEGGIAMENTO VERSO LA SCUOLA: (Esempio) Per me la scuola è un piacevole posto dove stare con gli altri 11. DESCRIZIONE DI ATTIVITA’ E CONTESTI CHE FACILITANO LA CONCENTRAZIONE E L’APPRENDIMENTO: lezione frontale sì abbastanza poco no lezione piccolo gruppo sì abbastanza poco no lezione individuale sì abbastanza poco no lettura silenziosa sì abbastanza poco no lettura a voce alta sì abbastanza poco no scrittura spontanea sì abbastanza poco no dettatura sì abbastanza poco no calcolo scritto sì abbastanza poco no calcolo a mente sì abbastanza poco no risoluzione di problemi sì abbastanza poco no disegno sì abbastanza poco no attività manuali sì abbastanza poco no visione filmati sì abbastanza poco no La sua concentrazione varia significativamente nella mattinata? sì no Se sì, indicare in che modo: _________________________________________________________________________________ 12. COMPORTAMENTI RISCONTRABILI A SCUOLA (compilare se significativo per l’alunno/a): • giocherella con oggetti quasi mai talvolta spesso • si estranea quasi mai talvolta spesso • parla con i compagni durante la lezione quasi mai talvolta spesso • si alza dal proprio posto quasi mai talvolta spesso • tende ad imporsi con prepotenza quasi mai talvolta spesso • tende a chiudersi quasi mai talvolta spesso • i suoi quaderni e il suo materiale sono tenuti in ordine quasi mai talvolta spesso • altro_______________________________________ quasi mai talvolta spesso molto molto molto molto molto molto molto molto spesso spesso spesso spesso spesso spesso spesso spesso Nel tempo scuola meno strutturato (intervallo, mensa, ecc.): sta con gli altri si isola partecipa alle attività dei gruppi spontanei A SUO GIUDIZIO, la disponibilità all’apprendimento si differenzia • nel gruppo classe: migliora peggiora • nel piccolo gruppo: migliora peggiora • nel rapporto individuale: migliora peggiora • con l’ aiuto dei compagni: migliora peggiora (compilare se significativo per l’alunno/a): non cambia non cambia non cambia non cambia 13. IN CLASSE COME SI RIESCE A MOTIVARE MAGGIORMENTE LO STUDENTE? (eventualmente indicare ordine) vicinanza fisica dell’insegnante minaccia di punizione (note) richiamo all’attenzione da parte dell’insegnante alleggerimento del lavoro gratificazione con voto-giudizio altro _________________________ promessa di gioco 14. QUALI SONO LE ABILITÀ EVIDENZIABILI DELLO STUDENTE? (i suoi punti di forza, i suoi PRINCIPALI interessi scolastici ed extrascolastici) ______________________________________________ EVENTUALI OSSERVAZIONI AGGIUNTIVE: ___________________________________________________________________________ FIRMA INSEGNANTI ............................................................................................................................................................................. FIRMA GENITORI (per presa visione) .................................................................................................................................................. 12 Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 ALLEGATO 3 (PER LA SCUOLA SECONDARIA DI PRIMO/SECONDO GRADO, PER LE ISTITUZIONI FORMATIVE DEL SISTEMA IeFP) Regione Piemonte - Ufficio Scolastico Regionale Per il Piemonte SCHEDA DI COLLABORAZIONE TRA ISTITUZIONI SCOLASTICHE, ISTITUZIONI FORMATIVE DEL SISTEMA IeFP E FAMIGLIA, DESCRITTIVA DELLE AZIONI DIDATTICO-PEDAGOGICHE E DELLE ABILITA’ SCOLASTICHE La scheda può costituire: a) nel caso di un allievo/a già certificato con Disturbo Evolutivo delle Abilità Scolastiche (DSA): - uno strumento di condivisione sull’andamento scolastico, da utilizzarsi per il passaggio da un ordine di scuola all’altro (ad esempio, gli insegnanti dell’ultimo anno della scuola primaria potranno compilarla a favore dei futuri docenti della scuola secondaria di primo grado ed i docenti della scuola secondaria di I grado la compileranno a favore dei colleghi della scuola secondaria di II grado o delle istituzioni formative del sistema IeFP), finalizzata ad evidenziare gli interventi pedagogico-didattici della scuola di provenienza e le abilità scolastiche acquisite dall’allievo/a con Disturbi evolutivi delle abilità scolastiche (DSA); - uno strumento per evidenziare gli interventi pedagogico-didattici della scuola di provenienza e le abilità scolastiche acquisite dall’allievo/a con Disturbi evolutivi delle abilità scolastiche (DSA) al fine di richiedere il rinnovo della certificazione diagnostica di DSA (non prima di tre anni dalla precedente). b) nel caso di un allievo con difficoltà scolastiche, frequentante la scuola secondaria o le Istituzioni Formative del Sistema IeFP, la scheda costituisce uno strumento didattico-pedagogico per favorire i processi di apprendimento e di partecipazione e per rendere maggiormente funzionale la comunicazione tra la scuola e la famiglia (come indicato dall’ Art. 2 comma 1 del DM 5669/2011 e D.M. 297 del 17/04/2013). In particolare, la scheda consente di documentare il percorso personalizzato attivato dalla scuola (PARTE A) e di descrivere le abilità scolastiche (PARTE B). La scheda compilata sarà condivisa e consegnata alla famiglia. Si rammenta che la compilazione della presente scheda “non costituisce attività di screening” (Legge n. 21/07 Regione Piemonte; . ) DATA DI COMPILAZIONE DA PARTE DEGLI INSEGNANTI: ___/___ /______ NOME E COGNOME____________________________________________________________________________ NATO A ________________________________________________________ DATA di NASCITA: ___/___ /______ Eventuale DATA DIAGNOSI: ___/___ /______ FREQUENTA: SCUOLA: __________________________________________ CLASSE : ______________________ Indicare eventuali ripetenze: ___________________________________________________________ PARTE A 1. DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI EDUCATIVO-DIDATTICI ATTIVATI DALLA SCUOLA Quadro riassuntivo degli strumenti compensativi, delle misure dispensative, delle strategie metodologiche e didattiche attivate per l’allievo/a. Selezionare e barrare le azioni svolte per favorire l’apprendimento dell’allievo/a nelle diverse materie scolastiche, indicandone l’esito: (F) FACILITANTE/ (O) OSTACOLANTE STRUMENTI COMPENSATIVI/MISURE DISPENSATIVE ITALIANO STORIA INGLESE FRANCESE GEOGRAFIA MATEMATICA . ESITO Limitare o evitare la lettura ad alta voce all’alunno Fornire la lettura ad alta voce del testo da parte del tutor, le consegne degli esercizi anche durante le verifiche Utilizzare testi ridotti non per contenuto, ma per quantità di pagine Consentire un tempo maggiore per gli elaborati. Utilizzare carattere del testo delle verifiche ingrandito (preferibilmente ARIAL 12-14). Dispensare dal prendere appunti Far utilizzare schemi riassuntivi, mappe tematiche. Integrare libri di testo con appunti su supporto digitalizzato o su supporto cartaceo stampato (preferibilmente ARIAL 12-14). Far utilizzare il PC (per videoscrittura correttore ortografico, audiolibri, sintesi vocale). Far utilizzare la calcolatrice. Evitare la copiatura dalla lavagna Evitare la lettura/scrittura delle note musicali Far utilizzare vocabolari elettronici Ridurre la richiesta di memorizzazione di sequenze / lessico / poesie / dialoghi / formule Dispensare dalle prove/verifiche a tempo Fornire l’esempio dello svolgimento dell’esercizio e/o l’indicazione dell’argomento cui l’esercizio è riferito STATEGIE METODOLOGICHE E DIDATTICHE ITALIANO STORIA INGLESE FRANCESE GEOGRAFIA MATEMATICA . ESITO Favorire il linguaggio iconico. Evitare l’approccio globale. Prediligere il metodo fonologico, ortografico, lessicale. Consentire l’uso del carattere stampato maiuscolo. Evitare la scrittura sotto dettatura, anche durante le verifiche. Proporre contenuti essenziali e fornire chiare tracce degli argomenti di studio oggetto delle verifiche. Consentire l’uso del registratore MP3 o altri dispositivi per la registrazione delle lezioni. Concordare un carico di lavoro domestico personalizzato. Utilizzo mediatori didattici (schemi, formulari, tabelle, mappe, glossari) sia in verifica che durante le lezioni. Ripetere le consegne. Fornire fotocopie adattate per tipologia di carattere e spaziatura. Incentivare/ avviare all’uso della videoscrittura, soprattutto per la produzione testuale o nei momenti di particolare stanchezza/il leggibilità del tratto grafico. Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 13 Nell’analisi: fornire la suddivisione del periodo in sintagmi, laddove si presenti la necessità Fornire l’articolazione della struttura del testo (nominazione) nelle produzioni scritte e nella comprensione del testo Privilegiare l’utilizzo corretto delle forme grammaticali rispetto alle acquisizioni teoriche delle stesse Utilizzare la regola delle 5 W per i testi che lo consentono Garantire l’approccio visivo e comunicativo alle Lingue Favorire l’apprendimento orale Privilegiare l’apprendimento esperienziale e laboratoriale Consentire tempi più lunghi per consolidare gli apprendimenti Curare la pianificazione della produzione scritta, con relativa argomentazione da parte del docente, finalizzata ad organizzare e contestualizzare il testo Fornire, in tempi utili, copia delle verifiche affinché possa prendere atto dei suoi errori Accettare una traduzione fornita “a senso” Controllare direttamente / indirettamente la gestione delle comunicazioni sul diario e/o libretto personale MODALITÀ DI VERIFICA E VALUTAZIONE ITALIANO STORIA INGLESE FRANCESE GEOGRAFIA MATEMATICA . ESITO Privilegiare nelle verifiche scritte ed orali concetti e terminologie utilizzate nelle spiegazioni Concordare Interrogazioni orali programmate, senza spostare le date Evitare la sovrapposizione di interrogazioni e verifiche (una sola interrogazione o verifica al giorno) Concordare la tipologia prevalente delle verifiche scritte (scelta multipla, V o F/, aperte,) Valutare nelle prove scritte il contenuto e non la forma (punteggiatura, lessico, errori ortografici, di calcolo in matematica) Stimolare e supportare l’allievo, nelle verifiche orali, aiutandolo ad argomentare e senza penalizzare la povertà lessicale. PARTE B DESCRIZIONE DELLE ABILITA’ SCOLASTICHE DELL’ALUNNO/STUDENTE Quando parla presenta errori nella strutturazione delle frasi? sì no LETTURA: ESEMPI DI ERRORI FREQUENTI (cerchiare) (compilare se significativo per l’allievo/a) inesatta lettura della sillaba spostamento di accento omissione di sillaba, parola o riga grossa esitazione aggiunta di sillaba, parola e rilettura di una stessa riga autocorrezione per errore grave FRASI molto lento scorrevole TEMPI DI LETTURA Comprende ciò che legge? Comprende ciò che gli viene letto? E’ in grado di riassumere ciò che ha letto: • oralmente • per iscritto pausa per più di 5 secondi (fonemi ripetuti) TESTO molto lento scorrevole lento veloce sì sì abbastanza abbastanza poco poco no no sì sì abbastanza abbastanza poco poco no no lento veloce SCRITTURA: ESEMPI DI ERRORI FREQUENTI (cerchiare) ) (compilare se significativo per l’allievo/a) Omissioni lettere Sostituzioni lettere Inversioni lettere Aggiunte lettere sc, gn, gli ch, gh ci, gi uso maiuscola cu, qu, cqu, qqu.. apostrofo separazioni e fusioni illegali essere/avere accentazione raddoppiamento Altro: DETTATO TEMPI DI SCRITTURA La SCRITTURA risulta leggibile? Preferisce scrivere: Sa organizzare lo spazio foglio: molto lento scorrevole sì corsivo sì TESTO lento veloce abbastanza poco stampatello maiuscolo abbastanza poco COMPOSIZIONE DEL TESTO (compilare se significativo per l’allievo/a) Aderenza consegna sì Corretta struttura morfo-sintattica sì Corretta struttura testuale (narrativo, descrittivo regolativo) sì Adattamento lessicale sì Utilizzo della punteggiatura sì Concordanza, genere/numero sì Concordanza tempi verbali sì Lunghezza testo adeguata sì 14 molto lento scorrevole lento veloce no stampatello minuscolo no abbastanza abbastanza abbastanza abbastanza abbastanza abbastanza abbastanza abbastanza poco poco poco poco poco poco poco poco no no no no no no no no Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 DESCRIZIONE APPRENDIMENTO LINGUA STRANIERA (compilare se significativo per l’allievo/a) Indicare quali lingue: L2 _____________________________________ L3 _______________________________________ SEMPRE TALVOLTA RARAMENTE MAI Esempi errori nello spelling errori nella scrittura errori nella lettura difficoltà persistenti nella pronuncia difficoltà persistenti nella trascrizione delle parole difficoltà di acquisizione degli automatismi grammaticali di base evidenti differenze tra la comprensione del testo scritto e del testo orale differenze tra le produzioni orali e quelle scritte DESCRIZIONE DELL’APPRENDIMENTO DELLE ABILITA’ ARITMETICHE (compilare se significativo per l’allievo/a) Riconosce e denomina i numeri: 0-1000 oltre 1000 Sa operare con: ADDIZIONE SOTTRAZIONE MOLTIPLICAZIONE DIVISIONE numeri si si si si interi no no no no numeri si si si si decimali no no no no Nella trascrizione dei numeri vi sono errori legati al valore posizionale delle cifre? con frazioni si no si no si no si no sì no DIFFICOLTÀ DI AUTOMATIZZAZIONE DELL’ALGORITMO PROCEDURALE (compilare se significativo per l’allievo/a) Operazioni scritte con: • riporto sì spesso talvolta no • prestito sì spesso talvolta no • inclusione sì spesso talvolta no Equazioni: sì spesso talvolta no Equivalenze: sì spesso talvolta no Espressioni: sì spesso talvolta no RISPETTO AI PROBLEMI PRESENTA (compilare se significativo per l’allievo/a): Difficoltà a capire la consegna sì Difficoltà ad individuare l’operazione necessaria allo svolgimento: sì Difficoltà nel riconoscimento delle figure geometriche sì Difficoltà nell’ esecuzione grafica delle figure sì Difficoltà nella memorizzazione delle formule sì Difficoltà nella risoluzione problemi geometrici sì spesso spesso spesso spesso spesso spesso talvolta talvolta talvolta talvolta talvolta talvolta no no no no no no DESCRIZIONE DELL’ABILITA’ E DELLA MOTIVAZIONE ALLO STUDIO (compilare se significativo per l’allievo/a) SEMPRE TALVOLTA RARAMENTE MAI MOTIVAZIONE ALLO STUDIO: (Esempio) Gli piace studiare per imparare cose nuove ORGANIZZAZIONE: (Esempio) E’ capace di identificare gli obiettivi di studio e i mezzi strategici per raggiungerli ELABORAZIONE STRATEGICA: (Esempio) Durante lo studio cerca di usare parole sue nel ripetere quello che ha studiato CONCENTRAZIONE: (Esempio) E’ in grado di seguire le lezioni o svolgere compiti ignorando elementi di disturbo. ANSIA: (Esempio) E’ ansioso/agitato durante verifiche e interrogazioni. COMPORTAMENTI RISCONTRABILI A SCUOLA (compilare se significativo per l’allievo/a) Si estranea e tende a chiudersi quasi mai talvolta pesso molto Parla con i compagni durante la lezione quasi mai talvolta pesso molto Si alza dal proprio posto quasi mai talvolta pesso molto Tende ad imporsi con prepotenza quasi mai talvolta pesso molto altro________________________________________ quasi mai talvolta pesso molto Nel tempo scuola meno strutturato (intervallo, mensa, ecc.): sta con gli altri si isola partecipa alle attività dei gruppi spontanei Quali sono le abilità evidenziabili dello studente?_____________________________________________ spesso spesso spesso spesso spesso FIRMA DOCENTI ......................................................... FIRMA GENITORI (per presa visione) ............................................................. Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 15 PEDAGOGIA DEI GENITORI a cura di AUGUSTA MOLETTO e RIZIERO ZUCCHI PROFESSIONALITÀ GENITORIALE E PROFESSIONALITÀ DOCENTE Parte seconda: Affettività e apprendimento nell’educazione genitoriale AUGUSTA MOLETTO - RIZIERO ZUCCHI Unità di razionalità ed emozione Il modello genitoriale di apprendimento si caratterizza per il collegamento tra la parte emotiva e quella cognitiva della persona. L. S. Vygotskij sottolinea il valore di questa connessione nel primo capitolo di Pensiero e linguaggio dove mette a fuoco i principi base dell’educazione e della formazione dell’uomo (Vygotskij 1990, 19-20). La separazione dell’aspetto intellettivo della nostra coscienza dall’aspetto affettivo e volitivo è uno dei difetti fondamentali e principali di tutta la psicologia tradizionale. Il pensiero si trasforma inevitabilmente in una corrente autonoma di pensieri che pensano loro stessi, è staccato da tutta la pienezza della vita vivente, dagli impulsi vivi, dagli interessi, dalle inclinazioni dell’uomo che pensa, per questo è apparso come epifenomeno del tutto inutile che non può cambiare nulla nella vita e nel comportamento dell’uomo e si trasforma in qualche forza autonoma e originale che, intervenendo nella vita della coscienza e nella vita della personalità di un uomo, esercita su di esse una influenza in modo inspiegabile. Chi ha separato fin dall’inizio il pensiero dall’affetto si è precluso la strada per spiegare le cause del pensiero stesso, perché un’analisi del pensiero suppone necessariamente la scoperta dei motivi motori del pensiero, dei bisogni, degli interessi, degli impulsi e delle tendenze che dirigono il movimento del pensiero. Ha reso subito impossibile lo studio dell’influenza di ritorno del pensiero sull’aspetto affettivo e volitivo della vita mentale, poiché l’analisi della vita psichica esclude sia l’attribuzione del pensiero a una forza magica per definire il comportamento dell’uomo attraverso il suo solo sistema, sia la trasformazione del pensiero in un’appendice inutile del pensiero, nella sua ombra impotente e vana. Interdipendenza dei processi base della responsività in campo affettivo e cognitivo Le strategie tutoriali praticate dai genitori sono inseparabili dai processi affettivi che avvengono durante l’interazione. I bimbi non hanno solo bisogno di tutto il sostegno cognitivo che possono ricavare, ottengono benefici dall’incoraggiamento e dalle lodi (Kozulin 2003, 21). 16 La fiducia necessaria ai bambini per esplorare l’ambiente in modo indipendente ottiene benefici dal collegamento col genitore. Secondo la teoria dell’attaccamento tale legame sicuro si sviluppa quando il genitore controlla il comportamento del bambino e reagisce prontamente ai suoi stimoli, in altre parole quando il genitore è sensibile emozionalmente. (Ainsworth M. D. 1967, 11) Nel campo cognitivo e affettivo è indispensabile un accurato monitoraggio delle abilità presenti nel bambino, dei segnali e degli stati mentali. Il genitore si sintonizza col punto di vista del figlio per raggiungere una comprensione comune. In ambedue gli ambiti il caregivers si pone la domanda se il bambino è pronto o meno per il compito, la regola della contingenza. Da questo punto di vista la relazione tra adulto e bambino deve esser considerata asimmetrica, nonostante il ruolo attivo e spesso creativo del bambino. E’ l’adulto che ha la responsabilità della relazione; è il genitore che gradatamente e con cura introduce il bambino nel mondo della cultura e rende possibile il suo sviluppo cognitivo (Van der Veer J. Van Ijzendorn 1988, 230). L’attuale ricerca ha convalidato il punto di vista vygotskiano che i processi cognitivi del bambino si sviluppano nell’interazione con gli adulti o con pari più competenti. Contemporaneamente è apparso un quadro di grande complessità. L’interazione sociale può assumere un’infinita varietà di forme e questo dura dalla nascita fin oltre l’adolescenza. In questa relazione il bambino viene introdotto agli strumenti culturali della società cui appartiene. I teorici dell’attaccamento hanno indicato che una relazione affettiva e sicura con uno o più adulti si propone come precondizione affinché si realizzi lo sviluppo cognitivo (Meins 1999, 120). Valori in azione nella formazione cognitiva e affettiva del genitore Pedagogia dell’identità La sapienza popolare esprime con una potente metafora una verità oggettiva: Ogni scarrafone è bello a mamma sua. Per ogni genitore il figlio è il più bello del mondo, questa concezione ha una profonHandicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 da ragione evolutiva: la necessità di ognuno di sentirsi unico. Esser riconosciuti nella propria specificità, non in modo astratto ma con atteggiamenti e azioni che si imprimono nella mente e nel cuore e formano la personalità. Questo concetto prima di essere verità scientifica è verità umana relazionale che conferma l’unicità biologica dell’uomo. L’identità è la base, il motore dell’agire umano, viene attribuita attraverso la relazionalità genitoriale, poi verrà riconosciuta dalla persona stessa. La costruzione dell’unicità di ciascuno è un campo poco esplorato. Stanno iniziando alcune ricerche riguardanti l’individuazione primaria del bambino operata dalla madre (De Monticelli 2009). Identità ricevuta ed identità riconosciuta. Identità nella ricerca dell’attenzione nella relazione. Il genitore individua le caratteristiche cognitive del figlio, le isola e le utilizza. Mette in atto un repertorio fatto di gesti, espressioni, suoni, specifici per le caratteristiche del figlio. Sono frutto di una strategia fatta di tentativi e errori per costruire la relazione che attua l’etica del riconoscimento: la mamma riconosce il figlio nella sua identità e contemporaneamente contribuisce a costruirla. Il presupposto è la reciprocità, fa sì che il bambino sentendosi riconosciuto, riconosca la madre. Inizia un cammino che, partendo dal rapporto affettivo, manifestandosi nella comunicazione, porta alla fase cognitiva vera e propria, quella dell’apprendimento degli strumenti prelinguistici. Il dialogo contribuisce alla costruzione delle strutture mentali funzionali al linguaggio e all’entrata nella cultura. Le impalcature relazionali vengono adattate secondo il progetto genitoriale e la specificità del figlio. Prefigurano la struttura cognitiva della persona e via via che si creano le basi per le funzioni mentali superiori del bambino si modificano in funzione dei progressi futuri. Lo scaffolding è funzione del progetto di vita che dalla prefigurazione iniziale si realizza nell’azione congiunta genitore figlio. Per costruire tale situazione si parte dalla relazionalità definita diade genitoriale, funzionale alla progettazione/costruzione delle azioni che determinano lo scaffolding. Un rapporto così intenso permette modifiche in corso d’opera, aggiustamenti, dipendenti dalla specificità della persona. Specificità dal verbo latino specto: l’etimologia richiama l’azione del guardare: l’attenzione reciproca permette l’individuazione/individualizzazione. La relazione diadica fa emergere caratteristiche/ qualità che solo uno sguardo attento ed esclusivo può individuare. Ogni madre applica strategie uniche, derivanti dalla sua personalità, adattate continuamente alle reazioni del figlio. Il modellamento umano causato da una relazione così intensa è unico. L’efficacia deriva dalla consapevolezza del bambino che quel teatro di movimenti, gesti, suoni è per lui, appartiene a un tempo e a una situazione di cui, assieme alla madre è protagonista assoluto. I termini sintonizzazione e accordo rivelano l’essenza del rapporto emotivo cognitivo madre e figlio. Sintonia da tono, tensione tra due poli e accordo, collegamento tra due cuori. L’accordo esprime inoltre una relazione che va al di là di quella fisica, è più profonda, intensamente umana. Due cuori che battono insieme: è quello che per più mesi si è realizzaHandicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 to nel ventre materno e viene riprodotto nella consonanza funzionale alla costruzione di strutture mentali e funzioni prelinguistiche. In latino cor esprime le qualità idella persona: intelligenza e amore; in Cicerone egregie cordatus homo ha il senso di persona profondamente umana. Accordo, concordia, tuning sono la base del dialogo madre figlio: Io ti interpello riconoscendoti nella tua individualità. In questa relazione si ripropone l’atto della nascita, del venire al mondo. Nel rapporto biunivoco si libera la persona, il genitore diventa tramite tra l’individuo e gli altri. E’ come proporre alla vita sociale, relazionale, la soggettività, dotandola della sua specificità. Mi identifico perché sono identificato, prendo il mio posto nel mondo, dalla diade alla pluralità. Non è azione univoca: il bambino non è mai passivo, reclama continuamente il suo esser al mondo che si realizza nel dialogo, chiede attenzione, la desidera, piange e si placa solo quando viene preso in considerazione. Pedagogia della speranza E’ il prerequisito più alto nell’azione di scaffolding. Predispone l’atteggiamento del genitore e collega la sua azione ad un orizzonte sociale. Speranza è consapevolezza del proprio ruolo e della dimensione più vasta al quale si collega. E’ la base per la progettazione e la costruzione umana, del pensami adulto, inserire il proprio impegno nella costruzione di sé e degli altri. La speranza proposta nella strutturazione dello scaffolding è la stessa che si manifesta nel desiderio di genitorialità, nella scelta di creare una nuova individualità, è connessione tra un atto individuale ad un atto sociale. La speranza illumina la strada nell’interazione col figlio. E’ uno stato d’animo, una situazione spirituale che sottende l’azione del genitore. Richiama e focalizza energie educative, si traduce in progettualità condivisa. E’ alla base di uno strumento educativo consegnato da Vygotskij all’educazione: la valutazione dinamica (Haywood, Lidz 2007). Presuppone una visione non limitata nello spazio e nel tempo, al qui ed ora, scollegata dalla comparazione tra le persone, finalizzata alle capacità in divenire dell’individuo. Offre la possibilità sia di considerare l’individuo in movimento che una visione delle sue capacità della sua forza, l’energia che ciascuno possiede e deve esser valutata in termini positivi. La struttura che sovrintende a questa funzione è la speranza. La sua funzione cognitiva viene individuata dal metodo storico culturale che contribuisce al riconoscimento della validità cognitiva dell’azione genitoriale. Ogni persona possiede una cultura, una personalità frutto di una storia. La speranza non è solo virtù, azione verso il futuro, ma ha solide basi fondate sulla storia, sul passato. Quando una madre interagisce col figlio, lo progetta e lo immagina adulto, ha dietro di sé la maternità del mondo, la genitorialità collettiva, frutto di un’esperienza millenaria. Il principio speranza come lo definisce Ernst Bloch non è elemento soggettivo ma un aspetto reale dello sviluppo. L’individuo non può esser definito nella sua staticità, il vero vitale essere è il non essere ancora: la tensione verso la realizzazione del futuro (Bloch 1994). Pedagogia della fiducia Se la speranza è uno sfondo, l’orizzonte all’interno 17 del quale si svolge l’azione del genitore, la fiducia si inserisce nella quotidianità, è speranza concreta che agisce nello spazio e nel tempo ed è vestita sull’individualità. La fiducia agisce nelle relazioni quotidiane, in particolare in quelle ad alta valenza formativa e ne è la molla costante. E’ il terreno solido sul quale si svolge la crescita del bimbo nella sua relazione con l’adulto. Fiducia ha senso e valore relazionale, la fides è alla base del foedus il patto educativo tra genitore e figlio che presuppone l’apertura reciproca, il considerarsi, il vedersi, l’ascoltarsi, la disponibilità che, partendo dai sensi, richiama l’animo, l’atteggiamento umano. La fiducia del genitore si basa sulla positività dei suoi atti, nell’efficacia delle sue realizzazioni, prima di esercitarla sul figlio la esercita su di sè. Fiducia è il terreno solido sul quale si imposta l’impalcatura cognitiva messa in opera dal genitore. Ha valore attivo di conduzione, di proposta, è strumento di relazione, apre la strada ai rapporti. Il figlio avverte che vi è una strada pronta, spianata, da percorrere. Il genitore crede nel figlio, viene messo in gioco il sentimento, motore dell’azione e del pensiero: ho fiducia, credo da cor cordis. L’azione del figlio e del genitore si congiunge diventa azione sociale il convenire di due soggettività. Nell’azione formativa sono presenti le volontà di ambedue i partners: il genitore crede che il figlio ce la possa fare e il figlio avverte la forza dell’intenzionalità genitoriale. La fiducia determina l’azione delle due volontà funzionali alla costruzione delle strutture mentali. L’azione reciproca si basa su una coprogettazione in cui la responsabilità dell’adulto è prevalente, è lui che induce la relazione, la guida. La fiducia è nutrimento dell’azione e non si esaurisce, se il bimbo sbaglia o esegue male un compito, vi è la consapevolezza che non si tratta di un fallimento. Fallire riacquista il significato originario di caduta dopo la quale ci si rialza. Pedagogia della responsabilità Etimologicamente responsabilità ha duplice significato: dare risposte e portare pesi, entrambi prospettano le azioni in cui si impegna la famiglia nello scaffolding cognitivo. Nella relazione il dialogo ha valore formativo e la struttura viene costruita dalle azioni dei genitori e dalle reazioni del figlio che cresce cognitivamente nell’interazione con loro. Responsabilità, nel senso di dare risposte, si realizza nella funzione di specchio attuata dai genitori che restituiscono al figlio l’immagine del sé e delle sue azioni. La responsabilità genitoriale non si esaurisce, si estende nel tempo a breve e a lungo termine: non ci si dimette da genitori. La continuità è caratteristica che incide nel processo di formazione. Il bambino avverte che la genitorialità è punto di riferimento, il legame non è episodico, questo alimenta la sua sicurezza e il desiderio di partecipazione. Il genitore conduce un’attività formativa continuativa e stabile. Bruner indica che l’attività genitoriale di scaffolding si struttura in Format: situazioni che si ripetono e gradatamente diventano standard, momenti di interazione reciproca, quasi microcosmi all’interno dei quali genitore e figlio comunicano. Sono momenti interattivi che vengono ritualizzati, 18 diventando occasioni di scambio comunicativo. Alla continuità si aggiunge la contiguità spazio temporale che crea abitudini e permette di costruire situazioni fisse e sicure la cui ripetitività diventa possibilità di interiorizzare relazioni che diventano strutture mentali e comportamentali. Nell’interazione genitore figlio avviene quanto indica Vygotskij nella legge della sociogenesi: le strutture mentali prima sono relazioni e poi procedimenti interiorizzati che diventeranno funzioni mentali superiori. Da millenni i genitori compiono questi giochi interattivi cognitivi, in Occidente come in Oriente, nella preistoria come nel XXI secolo, ma non ne è mai stata avvertita la pregnanza formativa. Solo da pochi anni gli esperti parlano di responsività genitoriale nell’interazione madre bambino, concetto legato alla pedagogia della responsabilità. Gli studiosi hanno collegato la responsività al contenimento materno, alla funzione specchio, alla sintonizzazione affettiva senza mai farne una sintesi ed approfondirlo nella sua dimensione cognitivo emozionale. Pedagogia della crescita La genitorialità si realizza nel contributo alla crescita del figlio, in quest’attività i genitori mettono in gioco il loro stesso sviluppo, una situazione determina l’altra. Partecipare al dispiegarsi della personalità di un individuo produce una visione in senso evolutivo che nessun altro possiede. Il genitore è contemporaneamente coautore e spettatore dei progressi del figlio. La formazione della persona ha caratteristiche specifiche, diverse in ciascuno. Non sono ritmi omogenei, stadi prefissati in anticipo. In quest’ambito sapere della scienza e sapere dell’esperienza si incontrano. Spesso il professionista utilizza modelli legati al positivismo come riduzionismo, spiegazione causale e predizione (Bruner, 1992, 16). Deriva da questa impostazione un modello metodologico che potremmo definire fenomenologico comparativo. Le persone vengono considerate oggettivamente, nel loro comportamento esterno, che viene paragonato a quello di altre persone. Si perde l’unicità dell’individuo, viene negata la possibilità dello sviluppo. Per salvaguardare la persona e soprattutto il diritto alla crescita interviene il metodo storico culturale che prende in considerazione la specificità culturale di ciascuno, frutto della sua evoluzione storica. L’uomo viene considerato in crescita continua, determinata dall’integrazione con le persone che gli stanno più vicine: i genitori e i familiari, il suo ambito ecologico di crescita. Spesso questa visione evolutiva non viene presa in considerazione, la persona viene inserita in classificazioni rigide, i cui parametri si riferiscono a modelli astratti. Questo può valere per le scienze della natura, ma non per quelle dell’uomo. Ogni individuo ha una specificità di cui il genitore, all’inizio del percorso di vita, possiede il segreto. Nel corso dello scaffolding il genitore sminuzza i compiti, li mette alla portata del figlio, invitandolo all’impegno tramite una serie di performances, controllando sempre che sia costantemente all’altezza. E’ all’interno della pedagogia della crescita che lo scaffolding produce i risultati più alti nella dialettica tra eteronomia e autonomia: dipendenza dall’adulto Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 e realizzazione personale. E’ un’alchimia difficile e impegnativa favorita dall’incontro tra le rispettive emozioni, dall’attenzione reciproca, dall’incontro tra le menti, dall’intenzionalità dei partners. Non è un tracciato lineare come teorizzerebbero gli esperti, pronti a etichettare come anomalo uno scostamento dal modello standard; è fatto di conquiste e di disfatte, di avanzate e di ritorni all’indietro, successi e insuccessi. Non va turbato con interventi esterni ma assecondato ed è in questa situazione che si inserisce il patto educativo tra esperti e genitori, tra l’azione specifica e quella a carattere generale. Il professionista deve seguire il genitore, valorizzarlo, indicargli situazioni generali, ma non in modo invasivo. All’interno di questa dinamica Vygotskij ha proposto la Zona di sviluppo prossimale, la crescita potenziale che va tenuta presente in ogni relazione formativa. Pedagogia dell’inadeguatezza Nella sua funzione di promozione della crescita il genitore incontra il limite proprio e del figlio, fa parte di quella che viene definita sintonizzazione affettiva. Si rende conto che non può superare la soglia di capacità del minore e contemporaneamente deve proporre obiettivi gradatamente sempre più alti. Avverte la necessità di rispettare il percorso di crescita che il figlio fa autonomamente con progressi talvolta inaspettati. Di fronte a questi cambiamenti repentini, la crescita non è mai lineare, il genitore tende a sentirsi inadeguato. Adaequatus significa uniforme, senza differenze, senza asperità o cime come la superficie dell’acqua (aequor) quando non è increspata dal vento. Adeguato è colui che si uniforma a una norma, non avverte la specificità, si adegua si uniforma. Paradossalmente un genitore adeguato è un cattivo genitore perché non segue la specificità e la diversità del figlio, ma dipende da generalizzazioni, agisce secondo ricette, indicazioni ricevute, non create in base alla propria esperienza e soprattutto fondate sull’unicità del figlio. Format Dal punto di vista evolutivo tra l’adulto e il bambino si crea un rapporto strutturato con suddivisione di compiti, alternanza di turni, complementarità di ruoli regole e convenzioni, un sistema comunicativo che costituisce l’ossatura relazionale che sarà seguita anche dalle interazioni linguistiche successive. Bruner chiama questa unità di comunicazione Format che definisce: “struttura di interazione standardizzata, inizialmente microcosmica tra un adulto e un bambino che contiene ruoli delimitati che alla fine diventano reversibili” (Bruner 1983). Un Format nasce nel momento in cui un contesto naturale viene convenzionalizzato, ritualizzato, con procedure ripetitive, permettendo al bambino di fare emergere dallo sfondo del flusso fenomenico segnali significativi e stabili. Le azioni di ciascuno dei due partecipanti sono contemporaneamente risposta e stimolo successivo in un processo di influenzamento reciproco che permette di creare forme sempre più evolute di cooperazione. Costituiscono il principale veicolo attraverso cui è possibile rendere chiare le proprie intenzioni comunicative e cogliere quelle altrui. I Format sono strumenti fondamentali, dalla comunicazione alla verbalizzazione, poiché possiedono una struttura sequenziale, una storia, implicano l’elaborazione di un’intenzione e un’attività interpretativa. (Marco Taddeo 2007) Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 Come la famiglia assicura la continuità dalla comunicazione prelinguistica a quella linguistica La strutturazione prelinguistica e linguistica del bambino viene proposta in modo decontestualizzato in cui non appare l’azione del genitore. Presentiamo un brano in cui uno studioso riassume l’essenza del testo bruneriano sullo scaffolding. Quando appare la voce adulto è stata messa tra parentesi la voce genitore. Attraverso i format di transazione familiare diventa possibile per il partner adulto (genitore) metter in rilievo tratti del mondo già rilevati per l’infante (figlio) che sono traducibili in forme grammaticali semplici. Vi è una corrispondenza categoriale fra i concetti del mondo reale e forme linguistiche. L’adulto (genitore) presenta sostituti grammaticali e sintagmatici dei mezzi gestuali e orali familiari atti a svolgere funzioni comunicative. Grice afferma che oltre all’intenzione comunicativa per un uso maturo del linguaggio è fondamentale anche una capacità di usare mezzi non naturali o convenzionalizzati. E’singolare che, nonostante nel bambino non esista ancora tale capacità la madre agisce proprio come se egli fosse consapevole di ciò, fornendo una struttura anticipatoria che guida il bambino. Con l’esercizio e l‘aumento delle abilità vari processi linguistici e psicologici si generalizzano da un tipo di Format ad altri: ad es. l’attribuzione di nomi appare all’inizio nei Format dell’indicare e si trasferisce in seguito ai Format del richiedere. Con l’uso dei Format di giochi specificatamente linguistici, che col tempo assumono il carattere di vere e proprie ‘simulate’ e costituiscono un laboratorio linguistico, Bruner dà una brillante e sistematica descrizione del gioco del cucù frutto di un anno e mezzo di osservazioni dove mostra come queste categorie di giochi, dove le parole svolgono un ruolo fondamentale, siano dei ‘sistemi di vita’ simili al linguaggio e mostrino svariate analogie con esso. (Marco Taddeo 2007) Bibliografia Ainsworth M. D. 1967, Infancy in Uganda. Infant Care and the Growth of Love, Johns Hopkins, Baltimore. Bloch E. 1994, Il principio speranza, Garzanti Milano. Bruner J. S. 1983, Il linguaggio del bambino. Come il bambino impara ad usare il linguaggio, Armando, Roma. Bruner J. S, 1992, La ricerca del significato, Bollati Boringhieri, Torino. De Monticelli R. 2009, La novità di ognuno, Garzanti, Milano. Haywood H. Lidz C. 2007, Dynamic Assessment in Practice, Cambridge University Press, Cambridge Kozulin A. 2003, Psychological Tools and Mediated Learning, in: Kozulin A. Gindis B. Ageyev V. S. Miller S. M., Vygotsky’s Educational Theory in Cultural Context, Cambridge University Press, Cambridge. Meins E. 1999, Security of Attachment and Maternal Tutoring Strategies. Interaction within the Zone of Proximal Development 1999 Lev Vygotsky: Critical Assessment Vol 3 The Zone of Proximal Development, Routledge London pagg. 113-31. Van der Veer J. Van Ijzendorn 1988, Early Childhood Attachment and Later Problem Solving. A Vygotskian Perspective in J. Valsiner, Child Development within Culturally Structured Environments: Parental and Adult Interaction. Vol I Norwood N J Ablex Publishing Corporation pagg. 215-46. 19 OSSERVATORIO SULLA LEGGE-QUADRO SULL’HANDICAP a cura di Salvatore Nocera * e Marisa Faloppa con una lettura pedagogica della normativa PERCORSI SPERIMENTALI DI ISTRUZIONE E APPRENDISTATO (L. 128/14) In applicazione dell’art. 8 bis della Legge. n° 128/13 è stato emanato il Decreto Interministeriale Istruzione, Lavoro ed Economia (con Nota del ministero del lavoro il 5/6/2014) sulla possibilità per gli alunni degli ultimi due anni di scuola secondaria di secondo grado, in particolare istituti tecnici e professionali, di effettuare nel triennio 2014-2016 un percorso misto di istruzione e formazione in azienda conseguendo il diploma di scuola superiore con la certificazione delle competenze acquisite e il credito didattico per il periodo trascorso in azienda. Il percorso misto deve essere preceduto da un’intesa tra Ministero del Lavoro, dell’Istruzione (anche tramite i loro organi regionali), la Regione e l’azienda interessata. Sulla base di tale intesa la singola scuola stipula una convenzione con l’impresa interessata contenente tra l’altro i dettagli del piano formativo personalizzato, l’obbligo per la scuola di nominare un tutor interno, per l’azienda di nominare un tutor aziendale, l’orario di lavoro dello studente in azienda. A seguito della convenzione il singolo studente stipula un contratto di apprendistato con l’azienda e ha diritto al riconoscimento dei crediti didattici maturati anche in caso di cessazione anticipata della sperimentazione ed a rientrare nei percorsi normali di istruzione. Inoltre l’azienda organizza a proprie spese corsi di formazione obbligatori in servizio per il tutor scolastico e quello aziendale. Il percorso sperimentale di svolge utilizzando fino ad un massimo del 35% dell’orario scolastico. Al termine del percorso misto la scuola valuta anche i risultati dell’attività svolta in azienda sulla base del rapporto effettuato dal tutor aziendale che si avvale anche del parere del tutor scolastico. E previsto che tutte le attività debbano svolgersi senza oneri aggiuntivi per lo Stato. * Si ringraziano l’Associazione Italiana Persone Down per l’autorizzazione a pubblicare le schede redatte da Salvatore Nocera, e Rolando Alberto Borzetti per i suoi contributi su “Educazione & Scuola”. 20 Importante il fatto che sia prevista espressamente la possibile partecipazione di alunni con disabilità a tali percorsi negli art. 7 comma 6 e art. 9 comma 5 del DI, rispettivamente per la promozione della loro autonomia e per la valutazione dei risultati sulla base della specifica normativa di riferimento. OSSERVAZIONI Si suggerisce alle famiglie all’inizio di settembre di contattare il coordinatore della 3 o 4 classe frequentata dal proprio figlio con disabilità o l’insegnante per le attività di sostegno, per verificare l’opportunità di una sua eventuale frequenza del percorso misto sperimentale. Il DI a proposito della frequenza dei corsi da parte di alunni con disabilità, non distingue tra alunni che seguono un PEI semplificato e quelli che seguono un PSI differenziato, pertanto questa possibilità è offerta tutti, purché risulti utile per il percorso del singolo studente. (S.N.) Si possono rilevare anche alcuni elementi di criticità: Se si impegna fino al 35% dell’orario scolastico in azienda e se il percorso misto è riferito a singoli allievi o a gruppi di allievi come si fa a seguire proficuamente il programma scolastico nell’ottica del Partecipare per apprendere cara a Mario Tortello? E’ fattibile in tali situazioni conciliare l’organizzazione dell’orario delle discipline con i tempi dei percorsi di formazione in azienda? Non c’è rischio che tali percorsi possano essere discriminanti: i più bravi continuano le lezioni normali mentre gli allievi con disabilità o con qualche difficoltà vengono dirottati verso percorsi misti’? Poiché si tratta di opportunità indubbiamente efficaci e costruttive, si potrebbe ovviare a tali rischi estendendo i percorsi misti ai gruppi classe , non ai singoli allievi o attuando i progetti in orario extrascolastico. (M.F.) Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 INCLUSIONE SCOLASTICA: RIFORME E TEMI URGENTI Molti i temi relativi al diritto allo studio sul tavolo dello specifico Comitato tecnico dell’Osservatorio del Ministero dell’Istruzione sull’inclusione degli alunni con disabilità. Presieduto dal sottosegretario Reggi, il Comitato, l’11 giugno, ha visto la partecipazione di esperti universitari, dirigenti ministeriali e di FAND e FISH, le federazioni maggiormente rappresentative delle associazioni di persone ed alunni con disabilità. Si è discusso della proposta di legge predisposta da tempo dalle associazioni per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica e già presentata all’Osservatorio. Le disposizioni che la proposta prevede potrebbero favorire la continuità didattica, oggi frenata dal diffuso precariato, creando degli appositi ruoli per i docenti per il sostegno. Vi si ribadisce anche l’obbligo di riduzione del numero di alunni per classe e del numero di alunni con disabilità nella stessa classe. Ed ancora: l’obbligo di formazione iniziale ed in servizio dei docenti sulle didattiche inclusive. La proposta – già presentata – in Parlamento sarà esaminata entro luglio dal Ministero insieme con i parlamentari firmatari e le associazione per accelerarne l’approvazione. Le associazioni hanno poi richiesto il ripristino dei fondi ministeriali per l’inclusione scolastica, fortemente ridotti sino quasi all’eliminazione negli ultimi anni. A tal proposito ci saranno a breve incontri col Ministero dell’Economia. Inoltre, entro giugno, in attuazione di disposizioni già vigenti, verrà emanata una circolare che, a partire dall’inizio di settembre, avvierà la formazione dei docenti di classe dei singoli alunni con disabilità ed altri bisogni educativi speciali anche per evitare la delega didattica ai soli docenti per il sostegno. Assai dibattuti problemi urgenti come la garanzia di “accessibilità” dei “prodotti informatici” (registri elettronici, portale MIUR ecc.), quello del controllo sull’adeguatezza degli attuali corsi di specializzazione per il sostegno, su cui sono state presentate interrogazioni parlamentari, e quello dello sciopero del personale ATA. A partire dal 1° settembre sarà infatti loro revocata l’indennità per l’assistenza igienica agli alunni con disabilità più gravi. Ciò comprime fortemente il diritto allo studio di tali alunni e le associazioni si sono dichiarate intenzionate a sostenere lo sciopero, se non si troveranno soluzioni adeguate e urgenti. Su quest’ultimo aspetto il Sottosegretario Reggi, in chiusura, ha dichiarato che una soluzione andrà certamente trovata. Un ultimo aspetto riguarda la sensibilizzazione: la celebrazione del 3 dicembre – Giornata mondiale delle persone con disabilità – quest’anno si svolgerà per la prima volta d’intesa tra Ministero ed associazioni. IL TAR DEL LAZIO RIBADISCE IL DIRITTO AL MASSIMO DELLE ORE DI SOSTEGNO E ALL’ASSISTENZA PER L’AUTONOMIA E LA COMUNICAZIONE COME ESPRESSIONE DEL DIRITTO ALLO STUDIO E STRUMENTO DI UGUAGLIANZA La Sentenza n. 5913/14 del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha accolto il ricorso collettivo di numerose famiglie di alunni con disabilità, che avevano lamentato la mancata assegnazione del massimo delle ore di sostegno e di assistenza per l’autonomia e la comunicazione ai propri figli. Il provvedimento obbliga la scuola e il comune ad assegnare il massimo delle ore di sostegno e le ore richieste per assistenza per l’autonomia e la comunicazione agli alunni certificati con disabilità grave (come stabilito dall’articolo 3, comma 3 della Legge 104/92) la cui documentazione sanitaria e scolastica dimostri la necessità del rapporto di 1 a 1, sia per il sostegno che per l’assistenza. Viene però negato il risarcimento dei danni pecuniari se non documentato e che l’esito delle Sentenze debba automaticamente riguardare anche gli anni successivi. “Questa Sentenza- commenta Salvatore Nocera in Superando.it del 27 giugno scorso- si colloca nel solco della giurisprudenza consolidata e anche per questo sembra assai strano che il TAR del Lazio abbia deciso nel senso della compensazione delle spese, in quanto il numero di decisioni favorevoli alle famiglie è ormai tale che il comportamento omissivo dell’Amministrazione Scolastica e dei Comuni sembrerebbe potersi addirittura inquadrare in quello di ‘lite temeraria’ Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 È invece assai interessante- rileva ancora Salvatore Nocera- che sia stata rimarcata la differenza di ruoli tra sostegno e assistenza per l’autonomia e ancor più l’avere distinto tra assistenza per l’autonomia e la comunicazione come «supporto organizzativo all’inclusione scolastica» (articolo 139 del Decreto Legislativo 112/98) e «servizi sociali integrati», anch’essi a carico dei Comuni, cui però i cittadini possono accedere con una contribuzione economica graduata sulla base dell’ISEE. La Sentenza chiarisce infatti che il «supporto organizzativo all’inclusione scolastica» è espressione del diritto allo studio, ai sensi dell’articolo 34 della Costituzione e, per gli alunni con disabilità, è strumento di uguaglianza e di non discriminazione, garantita ai sensi dell’articolo 3, commi 1 e 2 della Costituzione stessa e degli articoli 3 e 24 della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, ratificata dall’Italia con la Legge 18/09. Se ne deduce, pertanto, che tale servizio deve essere fornito gratuitamente dagli Enti Locali – il Comune per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo, la Provincia per la scuola superiore – poiché se dovesse essere pagato, sia pure sulla base dell’ISEE, si verrebbe a creare una discriminazione ai danni degli alunni con disabilità, censurabile ai sensi della Legge 67/06.” (M.F.) 21 SOSTEGNO NELLE SCUOLE PARITARIE La Corte di Cassazione a sezioni unite, il 16 maggio 2014, ha emesso la Sentenza n. 10821 che nega alle scuole paritarie il diritto ai fondi statali per pagare gli insegnanti di sostegno assegnati alle classi con alunni disabili in base all’articolo 33 della Costituzione, comma 3, che recita: “ Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.” In merito alla sentenza Salvatore Nocera, vicepresidente della Fish, ha commentato :”Le scuole paritarie quando chiedono ed accettano la parità scolastica assumono, come condizione pregiudiziale, l’obbligo di accogliere alunni con disabilità. Pertanto esse sono consapevoli che tutte le spese di inclusione di tali alunni debbono essere a loro carico, poiché debbono rientrare nei loro costi di gestione.” Questa sentenza è molto importante in quanto finora alcune decisioni dei tribunali in favore delle scuole paritarie si erano basate sul comma 4 dello stesso articolo 33: “La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà ed ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali”. La legge 62/2000 stanzia comunque un finanziamento statale per gli alunni con disabilità nelle scuole paritarie, anche se inferiore allo stipendio annuale di un docente. La richiesta della scuola, negata dalla Sentenza della Corte di Cassazione, era rivolta all’erogazione di una somma pari a due anni di stipendio arretrato di due insegnanti di sostegno. AUTISMO: ESCLUSA LA RIVEDIBILITA’ FINO A 18 ANNI La Commissione medica superiore dell’INPS ha reso pubblico un documento tecnico-scientifico intitolato “Autismo: linee guida medico-legali” in cui si stabilisce che, sia per il riconoscimento dell’invalidità civile sia per quello dell’handicap, i medici dell’Inps dovranno evitare di prevedere il requisito della “rivedibilità” entro il compimento del 18esimo anno di età. Il direttore generale Inps Mauro Nori precisa che tale decisione ha carattere vincolante “ai fini delle valutazioni medico-legali di competenza delle strutture territoriali dell’Area sanitaria dell’Istituto”. E’ molto soddisfatta Rosi Pennino, vicepresidente dell’associazione “L’autismo parla”, che la definisce una”svolta rivoluzionaria” “che cambia la vita delle famiglie con un figlio artistico”. “E’ stato un lavoro a più mani e fatto bene, che risponde ad un’istanza dal basso, ad un obiettivo alto che è quello di riconoscere i diritti di chi è disabile. Siamo stati ricevuti come famiglie dal direttore generale dell’Inps che si è mostrato disponibile ad ascoltarci”. “Si tratta di un risultato che rappresenta un lavoro che parte dal basso perché è il risultato concreto di una vera democrazia partecipativa fatta dall’incontro tra le famiglie, i rappresentanti istituzionali di Inps, Asp e i politici. Tutto questo è il chiaro esempio di come l’impegno dal basso a favore di cause importanti viene alla fine ripagato se si incontrano persone competenti, responsabili e soprattutto sensibili al problema”. “La direttiva ha naturalmente un valore immediato e, adesso, occorrerà vigilare attentamente che, chi di dovere, possa applicare quanto sottoscritto ufficialmente dalle autorità nazionali. Nel caso in cui le 22 famiglie accertino la sua mancata applicazione potranno fare un ricorso perché, adesso, c’è un documento che ha una chiara valenza legale come tutti gli atti amministrativi.” Ma non tutti i pareri sono così entusiasticamente positivi. Carlo Giacobini, direttore di HandyLex ed esperto di normativa sulla disabilità, dice:” Noi come Fish stiamo chiedendo da anni che sia eliminato anche l’obbligo della visita al 18° anno di età, che comporta gravi disagi per tante famiglie, trattandosi sempre di casi gravi”. Gianluca Nicoletti, giornalista, papà di Tommy e fondatore di Insettopia, afferma: “E’ sempre la solita storia: in Italia si è autistici fino a 18 anni, poi si smette di essere riconosciuti: spero che, dietro questa indicazione dell’Inps, non si nasconda questo”. Per il resto, “da un certo punto di vista l’Inps, con questa comunicazione, mostra di voler evitare l’inutile e dolorosa forca caudina della valutazione, a cui la persona autistica deve sottoporsi. Già la diagnosi è una trafila lunghissima: perché, in assenza di possibilità di guarigione, si devono fare tutte queste visite?” Roberto Speziale, presidente dell’Anffas è perplesso: “Questa comunicazione dell’Inps non risolve il problema vero, che è quello della classificazione definitiva dei disturbi dello spettro autistico all’interno dei Lea. Certo, nella situazione attuale e nel vuoto normativo, l’Inps tenta di alleviare il disagio almeno per chi ha una conclamata gravità. Ma non ha certo affrontato il problema in maniera risolutiva”. Noi apprezziamo comunque il fatto che sia stato compiuto un passo “al fine di evitare ripetuti disagi” a bambini e ragazzi e alle loro famiglie. Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 DISABILE A SCUOLA CON MEZZI PROPRI: SARÀ RISARCITO DA COMUNE E PROVINCIA Il giudice ha riconosciuto alla famiglia di un ragazzo con disabilità di Villa del Conte il pieno diritto a chiedere e ottenere da parte degli enti pubblici un adeguato trasporto scolastico, ovviamente gratuito. Il tribunale di Padova ha dato ragione alla famiglia del giovane che, dal 2005 al 2009, ha frequentato l’Itis Meucci di Cittadella. La Provincia di Padova e il Comune di Villa del Conte sono stati quindi condannati a rifondere alla famiglia del ragazzo circa 20mila euro complessivamente, oltre le spese legali. «Il ragazzo», spiega l’avvocato Paola Miotti, «per raggiungere l’istituto scolastico necessitava di particolari modalità di trasporto. Nel 2005 il Comune di Villa del Conte aveva in realtà predisposto il servizio, salvo poi richiedere alla famiglia il rimborso di circa 2.000 euro per l’anno scolastico 2005-2006. A fronte dell’inaspettata richiesta del Comune, e sentendosi anticipare dall’assistente sociale che anche per gli anni scolastici successivi il servizio di trasporto sarebbe stato organizzato con le stesse modalità, per tre anni, ovvero da settembre 2006 a giugno 2009, il padre dello studente ha ritenuto più adatto alle esigenze della propria famiglia provvede- re personalmente al trasporto da casa a scuola del figlio. Abbiamo interessato anche la Provincia, dal momento che il Comune aveva stipulato con essa un accordo programmatico proprio per la gestione del trasporto scolastico. Ma qualsiasi contatto non è andato a buon fine». La famiglia del disabile ha quindi avviato la causa nei confronti dei due enti. «L’obiettivo era quello di ottenere una pronuncia che riconoscesse in modo inequivocabile agli studenti diversamente abili un vero e pieno diritto allo studio, sollevando le loro famiglie da quelle spese che in realtà devono rimanere a carico dello Stato», continua Miotti, «la stessa Corte Costituzionale ha sottolineato che l’esigenza di tutela dei soggetti deboli si concretizza non solo attraverso le cure e la riabilitazione, ma anche con il pieno ed effettivo inserimento nel mondo scolastico», conclude il legale della famiglia. «La nostra maggiore soddisfazione non è il rimborso che otterremo, ma il fatto che molte famiglie che stanno subendo le stesse ingiustizie sappiano che è un loro diritto ottenere questo tipo di servizi dagli enti pubblici», conclude il padre. (Silvia Bergamin, Il Mattino di Padova 29-06-2014) SETTEMBRE PEDAGOGICO 2014 Offerte formative delle Associazioni in collegamento con il territorio Settembre, è tempo di riflessioni educative. Le forze di insegnanti, genitori e allievi, restaurate dalla pausa estiva, permettono un atteggiamento positivo e di speranza per il nuovo anno. Da più parti vi sono occasioni che propongono momenti e situazioni condivise per fare il punto sulla professionalità docente, ascoltando gli esperti, ma soprattutto sfruttando occasioni collettive per ragionare sul fare scuola quotidiano, discutere la situazione scolastica a livello nazionale, inserire la propria azione educativa in una prospettiva più ampia. Le iniziative di aggiornamento in Piemonte sono molte, indichiamo alcune tra le più significative. 3 – 4 – 11 Settembre 2014 Ore 9.00 – 13.00 Bra. Centro polifunzionale G. Arpino. Il Comune e le Scuole del territorio promuovono tre mattine di formazione e di confronto tra gli insegnanti di tutti gli ordini scolastici. Mercoledì 3 settembre l’argomento riguarda la costruzione del curricolo verticale per lo sviluppo delle competenze matematiche, giovedì 4 settembre si parlerà delle competenze scientifiche nelle indicazioni nazionali. La mattinata conclusiva riguarderà l’alleanza di città e scuola come laboratorio per educare alla diversità attraverso la valorizzazione delle differenze. Pedagogisti e amministratori interverranno sull’argomento La scuola e la città alleate per la cittadinanza attiva. 9 Settembre 2014 Torino. Il Forum regionale per l’educazione e la scuola organizza nei locali dell’Università presso il Campus Luigi Einaudi (CLE) di Lungo Dora Siena la Quinta Conferenza regionale della scuola dal titolo LA BUONA SCUOLA. La giornata sarà articolata in due sessioni di lavoro: dalle 9 alle 13 seduta plenaria. Interverranno Massimo Baldacci, Domenico Chiesa, Manuela Olagnero e Gianni Giardiello. Al pomeriggio dalle 14.30 alle 17.30 incontri di discussione denominati Tavoli di responsabilità, con rappresentanti di istituzioni e servizi ai quali verranno rivolte domande attinenti le problematiche e le competenze di cui hanno onere. 12 – 14 Settembre 2014 Cantalupa (CN). Stage annuale promosso da La Casa degli insegnanti. L’incontro, dal titolo Dall’abc al 2.0, 3.0 Perché oggi non si può insegnare come ieri, si propone come occasione di informazione – progettazione – confronto tra esperti, docenti, dirigenti scolastici, genitori e formatori per discutere assieme le nuove prospettive dell’insegnamento apprendimento. Venerdì 12 al pomeriggio viene attivato un Laboratorio sull’utilizzo delle nuove tecnologie nella formazione docenti e una rassegna sui Laboratori creativi delle classi quinte di scuole di Torino e Bosconero. Sabato 13 al mattino la plenaria vedrà gli interventi di Giuseppe Rossi su Complessità, tecnologia e didattica inclusiva e di Domenico Chiesa su La buona scuola. Al pomeriggio i corsisti si divideranno i due laboratori, uno coordinato da Riziero Zucchi all’interno del quale verrà proposto un Gruppo di narrazione secondo la Metodologia Pedagogia dei Genitori, mentre D. Merlo coordinerà un Laboratorio sull’utilizzo dell’ipad nelle classi 2.0. La domenica 14 è dedicata all’esposizione di esperienze nelle scuole condotte da docenti, alunni e dirigenti. Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014 23 USR-E.R. FORAGS CONVEGNO NAZIONALE MODENA 24-25 Ottobre Orientamento come educazione alla scelta METODOLOGIA PEDAGOGIA DEI GENITORI Obiettivi • Valorizzare le narrazioni genitoriali nell’ambito dell’orientamento come educazione alla scelta dei figli - alunni • Costruire una cultura del riconoscimento e della valorizzazione delle conoscenze e delle competenze della famiglia • Promuovere l’alleanza scuola famiglia nel rispetto delle reciproche competenze • Proporre l’educazione come priorità sociale Venerdì 24 ottobre ore 15.00 - 19.00 “INCONTRIAMOCI” Le realtà istituzionali in cui è presente e attiva la Metodologia Pedagogia dei Genitori si radunano per illustrare le attività in corso, farne un bilancio, prospettare nuove iniziative e collegamenti a livello nazionale e locale. Vengono presentate le pubblicazioni, i video e le principali realizzazioni. • Torino - Comitato per l'integrazione scolastica, Gruppo Abele, Università di Torino, Casa degli Insegnanti, Scuola dell'Infanzia Via Bardonecchia, Asili nido comunali, IC di via Ricasoli, Gruppo Pedagogia dei genitori Ciriè, IIS Albert Lanzo, IIS Natta Rivoli • Bolzano - Intendenza scolastica lingua italiano, AEB (Associazione Genitori con figli disabili), Scuole di Merano e Bolzano • Cuneo - Consorzio Monviso solidale, Oratorio S.G. Bosco (Saluzzo), IIS Soleri Saluzzo • Cinisello Balsamo GAD (Associazione accoglienza diversamente abili) • Modena - Fondazione San Filippo Neri. - Scuola dell'Infanzia Regina della Pace, Scuola dell'Infanzia Sant'Agnese, Scuola dell'Infanzia Santa Caterina, Scuola Elementare Giovanni XXIII, Scuola Paritaria Madonna Pellegrina, Scuola Media Cavour, Scuola Media Carducci, Liceo Scientifico Wiligelmo, Istituto Cattaneo Deledda, Istituto comprensivo di Castelfranco, Istituto Comprensivo di Serramazzoni • Castagneto Carducci(LI) Associazione in viaggio con noi • Siena - ASL Val di Chiana, Associazione Sesto senso • Lugano - ATGABBES • Domodossola, Istituto comprensivo Sabato 25 ottobre ore 9.00 - 13.00 c/o Fondazione San Filippo Neri CONVEGNO Patrizio Bianchi - Regione Emilia Romagna Domenico Chiesa - Forum regionale del Piemonte per l'educazione e la scuola Marisa Faloppa - Comitato per l'integrazione scolastica Torino Lucia Morgillo - Agesc Emilia Romagna Beppe Stefani - Coordinamento Presidenti Consigli d'Istituto e Presidenti Comitati Genitori ErmannoTarracchini - Metodologia Pedagogia dei Genitori Modena Stefano Versari - Ufficio Scolastico Regionale ER Maddalena Zan - Casa degli insegnanti - Torino Giorgio Zanetti - Università di Modena - Reggio Riziero Zucchi - Università di Torino Narrazioni di genitori sul loro percorso scolastico e lavorativo Esperienze su Orientamento come educazione alla scelta: Cattaneo Deledda - Modena, I C A. Negri - Bolzano, Oratorio S. G. Bosco - Saluzzo (CN), Cavour - Modena, SMS - Pianezza ( TO) Per informazioni ed Iscrizioni: info@fondazionesanfilipponeri.it www.fondazionesanfilipponeri.it- Tel. 059 217149 24 Handicap & Scuola, n. 176, luglio-agosto 2014
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