Luglio/Agosto 2014 - istitutosangiovannididio.it

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VITAOSPEDALIERA
Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana
POSTE ITALIANE S.p.A. - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 2 - DCB ROMA
ANNO LXIX - N° 07-08
LUGLIO-AGOSTO 2014
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EDITORIALE
S O M M A R I O
RUBRICHE
4
Tre Santi, una riforma:
san Giovanni di Dio, san Camillo de Lellis,
san Vincenzo de’ Paoli
5
Riflessioni etiche-bioetiche nella ricerca
scientifica nel mondo della salute mentale
6
Il timing chirurgico delle fratture
dell’estremo prossimale di femore nel
paziente anziano: un problema dibattuto
7
Attività motoria nei bambini
e negli adolescenti
8
USA e UE a braccetto
9
Imparate da me che sono mite
e umile di cuore!
10
Microbiologica, la più grande
rivoluzione teorica e tecnica della medicina
XLV – Semmelweis, Pasteur, Koch (XIX sec.)
11
Schegge Giandidiane N. 36e
400 anni: scusate se son pochi
15
Una piaga provvidenziale
16
L’incontinenza urinaria
17
Cancro: un approccio metabolico
Recenti aggiornamenti sull’approccio terapeutico
alternativo della dieta chetogenica
DALLE NOSTRE CASE
18-19
Ospedale
Sacro Cuore di Gesù - Benevento
Benevento in festa per il 50° di ordinazione
sacerdotale di S. E. Rev.ma mons. Andrea Mugione
La carità nel silenzio - Testimonianza
20-21
Ospedale
Buon Consiglio - Napoli
Un dolce ritorno a chiusura del mese di maggio
Una giornata particolare all’Ospedale
“Buon Consiglio” Fate Bene Fratelli - Napoli
22
Ospedale
Buccheri La Ferla - Palermo
Prevenzione della mortalità materna e in utero
23
Newsletter - Filippine
VITA OSPEDALIERA
Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana
ANNO LXIX
Sped.abb.postale Gr. III-70%- Reg.Trib. Roma: n. 537/2000 del 13/12/2000
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Redazione: Franco Piredda
Collaboratori: fra Elia Tripaldi, sac. o.h., fra Giuseppe Magliozzi o.h., fra Massimo Scribano o.h.,
Mariangela Roccu, Maria Pinto, Raffaele Sinno,
Pier Angelo Iacobelli, Alfredo Salzano, Cettina
Sorrenti, Simone Bocchetta, Fabio Liguori,
Raffaele Villanacci, Bruno Villari, Antonio Piscopo
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Segreteria di redazione: Marina Stizza, Katia
Di Camillo
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Sostenitore 26,00 Euro
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Finito di stampare: luglio 2014
In copertina: Pergamena simbolica dei 4 secoli
di presenza dei Fatebenefratelli a Benevento
LE LACRIME
DI UNA MADRE
Q
uando il card. Camillo Siciliano di Rende
consacrò il 4 marzo 1897 nel nostro nuovo
Ospedale di Benevento i tre altari della
Chiesa, su di essi vi erano stati collocati, e vi sono
tuttora, tre bei dipinti del pittore Marcello Sozzi: sull’altare centrale era ovviamente quello del Sacro
Cuore di Gesù, cui era intitolato l’Ospedale, e in uno
degli altari laterali quello di san Giovanni di Dio, del
pari ovvio poiché è il Fondatore dei Fatebenefratelli, ma nell’altro altare laterale era quello di sant’Agostino, che riproduciamo qui a lato e che lo raffigura a Ostia mentre ha l’ultimo colloquio con santa Monica, sua madre. Per la verità, è abbastanza raro trovare nelle Chiese dei Fatebenefratelli un altare
dedicato a sant’Agostino, però va detto che egli ben merita averne, poiché il nostro Ordine, come una gran parte degli antichi Istituti Religiosi di vita attiva, osserva la sua
Regola, anche se poi completata dalle nostre specifiche Costituzioni, assai dettagliate
e debitamente avallate dalla Santa Chiesa. Fu il Papa Paolo V che, nell’elevare col Breve Romanus Pontifex del 13 febbraio 1617 la nostra Congregazione a Ordine, ci prescrisse di osservare la Regola di sant’Agostino, ed è proprio per questo che nel calendario liturgico dei Fatebenefratelli è dato particolare rilievo alla festa di sant’Agostino che, com’è noto, cade il 28 agosto, significativamente subito dopo santa Monica,
che ricorre il 27. Visto che il ricordo di questi due Santi è celebrato giusto alla fine di
questo mese, mi pare opportuno dedicare a essi il consueto Editoriale, poiché il rievocare il tormentato rapporto di santa Monica col figlio Agostino, può fornire qualche
prezioso spunto di riflessione a quei lettori della rivista che sperimentano analoghe tensioni nella propria famiglia.
Santa Monica nacque in Algeria nel 331 da una famiglia cattolica e fu soprattutto la
sua nutrice a istillarle serietà di condotta e familiarità con la Bibbia, in cui trovava ispirazione. Sposò un catecumeno poco convinto e che per di più le fu talora infedele, ma
grazie alla sua dolcezza egli finì per convertirsi e ricevette il battesimo nel 371, ma morì l’anno dopo e la lasciò vedova con tre figli, che lei educò nella fede cristiana. Purtroppo il primogenito Agostino, natole nel 354, la fece non poco tribolare: d’ingegno
brillante ma di vita dissoluta, s’unì a 17 anni con una donna da cui ebbe un figlio e inoltre abbandonò a 19 anni la fede cattolica per aderire alla setta dei manichei. Quando
nel 384 egli, assieme alla convivente e al figlio, andò a Roma per insegnarvi Retorica,
Monica decise di seguirlo, ma lui furbamente la lasciò a terra a Cartagine, mentre s’imbarcavano per Roma. Monica trascorse la notte in lacrime, ma l’anno seguente poté
imbarcarsi per Roma, e raggiunse il figlio a Milano, dove aveva ottenuto una cattedra
di retorica. Il suo amore materno e le sue preghiere favorirono la conversione di Agostino, che fu catechizzato da sant’Ambrogio e da lui battezzato il 25 aprile 387 assieme al figlio, decidendo poi di consacrarsi al Signore, sicché rinunciò alla cattedra e rispedì in Africa la convivente. Dopo un tempo di riflessione trascorso in Brianza assieme a sua madre e a suo figlio, vollero tornare tutti e tre in patria e andarono a Ostia,
dove affittarono una casa, in attesa di una nave in partenza per l’Africa. Fu un periodo carico di dialoghi spirituali, che Agostino ci riporta nelle sue Confessioni. Lì si ammalò, forse di malaria, e in nove giorni morì, all’età di 56 anni. In quegli ultimi suoi
giorni ebbe però la gioia di lunghi colloqui col figlio e di sentirsi in piena consonanza
di fede con lui, sicché morì serena, confidandogli: “Una sola cosa era che mi faceva
desiderare di vivere ancora un poco, vederti cristiano cattolico prima di morire. Dio
m’ha fatto più e meglio, dacché ti vedo disprezzare la felicità terrena e servire a lui”.
Senza la costanza di Monica, le sue lacrime, le sue preghiere, la Chiesa e l’umanità oggi non avrebbero quel gran santo e sublime Dottore della Chiesa che divenne Agostino.
Che l’esempio vincente di santa Monica ispiri quanti, pur portando il peso d’infedeltà
coniugali o del traviamento dei figli, non desistono dalla preghiera, fidando in Dio.
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CHIESA E SALUTE
TRE SANTI, UNA RIFORMA:
SAN GIOVANNI DI DIO, SAN CAMILLO DE LELLIS,
SAN VINCENZO DE’ PAOLI
Fra Elia Tripaldi, sac. o.h.
Te r z a p a r t e : s a n V i n c e n z o d e ’ P a o l i
S
i deve alla Chiesa la prima organizzazione dell’assistenza sanitaria
con la creazione di ospedali, ospizi,
luoghi di cura e di assistenza per ammalati e orfani. L’opera preziosa dei vescovi,
dei diaconi e delle diaconesse, delle vedove e delle vergini, dei “fossori”1 in qualità
di amministratori del patrimonio della comunità cristiana, di addetti alla cura delle
sepolture, all’assistenza agli orfani, alle
vedove, al trasporto dei malati, ecc., e quella di personaggi come Fabiola2, Pammachio3, ecc., testimoniano la sollecitudine
dimostrata da Cristo per i malati, i sofferenti e i bisognosi.
La storia della Chiesa è storia di carità
senza la quale non sarebbe la Chiesa di Cristo. Nel cinquecento, caratterizzato dalla
centralità dell’uomo e dalla presa di coscienza da parte dello Stato di assumere le
proprie responsabilità nel settore dell’assistenza, ormai non più vista come dovere e
impegno di carità da parte della Chiesa, si
sviluppa il fenomeno dell’‹inumanità dell’umanesimo› che fa sì che gli ospedali e la
cura degli infermi presentano spesso gravi
fenomeni di disumanizzazione e di emarginazione, con una tecnologia e una scienza
capace di curare e guarire, meno di prendersi cura della persona.
Figure di Santi come Giovanni di Dio e
Camillo de Lellis, grandi riformatori della sanità, promuovono energicamente una
“riforma dell’assistenza” basata sul rispetto della persona e sulla cura globale
del malato. Essi sono i precursori di una
“rivoluzione antropologica che deve essere alla base anche della medicina moderna”4. Questo loro umanesimo – afferma il famoso neuropsichiatra Lombroso “ha radici nella natura dell’uomo, di tutti
gli uomini, a prescindere dalle loro condizioni culturali e sociali. Perché la ma-
4
lattia prescinde da tali condizioni, e perché la cura dovrebbe prescinderne”5.
Vincenzo de’ Paoli (1581-1660) la cui
vastissima opera si può benissimo associare a quella di Giovanni di Dio e di Camillo de Lellis per la sua originalità e il
suo carisma nel saper leggere e discernere i segni dei tempi alla luce della fede.
Egli vedeva nei poveri le membra sofferenti di nostro Signore e i nostri fratelli.
Le sue iniziative sono veramente vulcaniche e anticonformiste per farsi prossimo
ai poveri e ai sofferenti. A Parigi, legato
da fraterna amicizia e dall’ammirazione
per la missione svolta dai “Fratelli della
Carità”, ossia dai Fatebenefratelli, si recava spesso nel loro ospedale per poter visitare i malati. Invece nel grande ospedale di Parigi, l’Hotel-Dieu, vi si ammucchiavano ammalati in stanze gremite di
giacigli, in ciascuno dei quali erano insaccati due, quattro, sei, fino a 12 infermi
di malattie diverse: l’igiene era assente e
il personale non qualificato.
Mentre il clero di allora rischiava di
convertirsi a una vita di privilegio e in un
centro di potere, Vincenzo fu impressionato dal grave problema dei numerosi poveri, dei miserabili e dei più abbandonati,
prediletti di Dio, dei quali si sentì direttamente interpellato nel prestare loro i più
umili servizi. A causa della politica sbagliata di Richelieu prima e poi di Mazzarino, la Francia era calpestata da ogni parte da orde di soldati che creavano povertà e moltiplicavano le malattie contagiose. Vincenzo era un punto di riferimento
con le squadre di soccorso, centri di raccolta e di assistenza ai poveri. Egli fonda
con l’aiuto e la condivisione spirituale di
santa Luisa di Marillac, le Figlie della Carità, prime nella chiesa a consacrarsi a Dio
fuori della clausura, inviandole, oltre che
nelle male odoranti sale dell’Hotel Dieu,
dove difettava l’assistenza medica non
meno di quella religiosa.
Inoltre, per poter provvedere alla missione dei poveri e alla formazione dei sacerdoti a quei tempi molto lacunosa, istituì la Congregazione dei Preti della Missione, i “Lazzaristi” (perché sorta attorno
al priorato parigino di saint-Lazare) che
doveva preparare i sacerdoti a un approccio pastorale con i fedeli. L’instancabile attività di monsieur Vincent si
chiuse nel 1660, a ottant’anni di età, pieno di meriti e con il compianto di tanti poveri e infelici che il Santo considerava
icone di Cristo.
_________________
I fossori (lat. fossores, laborantes) erano operai addetti all’escavazione delle catacombe e all’amministrazione di esse dal
momento che essi regolavano l’assegnazione e la compravendita degli spazi sepolcrali disponibili.
2
Fabiola matrona romana, con due matrimoni infelici alle spalle, dopo la sua conversione al Cristianesimo dedicò il resto
della sua vita alle opere di carità caricandosi sulle spalle poveri e malati, a volte
sgradevoli e ripugnanti.
Ella fondò un ospedale dove raccolse
tutte le persone sofferenti trovate sulle
strade.
3
Pammachio cristiano e senatore romano
allorché la moglie morì di parto, si fece
monaco e iniziò a dedicarsi all’attività caritativa. Insieme a Fabiola fondò lo xenodochio di Porto, presso le foci del Tevere,
per ospitare i poveri e i malati.
4
COSMACINI G., La salute, la cura, la
storia, “Missione Salute”, Velar, Gorle
(BG), p. 153
5
Ivi, p. 165
1
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BIOETICA
RIFLESSIONI ETICHE - BIOETICHE NELLA
RICERCA SCIENTIFICA NEL MONDO DELLA
SALUTE MENTALE
Raffaele Sinno
L
a ricerca nel settore della neuropsichiatria, in questa nostra epoca
caratterizzata da rilevanti trasformazioni tecnologiche, ha modificato i
suoi ambiti e procedure, con il passaggio
da una fase prevalentemente di controllo
farmacologico dei sintomi, a una definita
di tipo multimodale, con l’obiettivo di un
possibile recupero del danno neuro funzionale in modo da reinserire il soggetto
nel suo ambiente di vita. Tale cambiamento è evidente negli studi sperimentali
dei disordini mentali che prevedono, per
ottenere risultati più aderenti alle complessità cliniche e terapeutiche, l’introduzione di item valutativi socioeconomici,
psicologici, relazionali. Questi modelli,
definiti d’implementazione, consentono
di superare i risultati acquisiti con il confronto delle tradizionali casistiche per patologie, e definiscono meglio il complesso status delle persone con disabilità psico-cognitive e comportamentali, nei confronti delle dinamiche antropologiche familiari e sociali.1 Questo rinnovato impianto della ricerca ha reso possibile l’esecuzione di procedure personalizzate,
grazie a una costante verifica etica del
planning congiunta a un imprescindibile
dovere giuridico del rispetto dei diritti
delle persone coinvolte nella sperimentazione, in modo da prevenire i rischi e ridurre gli eventi avversi.2 Tale adattabilità
si è resa possibile in ragione di un’innovazione scientifico-tecnologica nei settori della genetica molecolare, della farmaco genomica, e della radiologia funzionale che hanno fatto emergere l’importanza
delle variazioni epigenetiche, delle influenze educative comportamentali, e
delle reciprocità e difformità culturali.
Questi cambiamenti procedurali hanno
evidenziato che l’assistenza alle persone
con disagio mentale deve “far emergere la
capacità del dialogo con la narrazione individuale, una crescita concentrica ed ec-
centrica di un individuo con disturbo
mentale”.3 Per ottenere ciò, è fondamentale che l’accoglienza di un soggetto con
disturbi mentali non riguardi esclusivamente il versante operativo, ma coinvolga la ricerca di base che dovrà essere guidata, con maggiore attitudine, dai principi bioetici della beneficialità, dignità, della qualità ottenibile, e della tutela della vita di tali persone vulnerabili. Saper accogliere il progetto scientifico e clinico, rappresenta il primo step di una dinamica e
rinnovata ospitalità, che integra, sorregge
e affianca le osservazioni delle neuroscienze nei modelli della salute mentale.
Da queste considerazioni scaturisce che la
difficile cura delle persone con fragilità
psichica, potrà trovare risposte se il carisma dell’Ospitalità sia recepito come modello personale e comunitario, attraverso
un costante impegno che testimoni:
1) Il rispetto della vita umana e la difesa dei diritti delle persone;
2) L’accoglienza come accompagnamento;
3) La capacità di dialogo e ascolto;
4) La pazienza e la semplicità;
5) Il servizio e la disponibilità verso la
persona accolta;
6) L’umanizzazione dell’assistenza;
7) La qualità professionale e la responsabilità;
8) La compassione verso gli emarginati;
9) L’animazione e l’occupazione del
tempo libero;
10) I comportamenti etici validi;
11) La coscienza storica e l’appartenenza;
12) La solidarietà e la condivisione.
Per realizzare tale progetto è indispensabile che la persona con disturbi mentali sia curata con efficienza e professionalità, un saper agire rivolto al saper essere,
mettendo la conoscenza al servizio di
ogni uomo e per tutto l’uomo.4 Vigilare
con amore sui risultati della ricerca non
vuol dire bloccarne le attese, oppure l’intrinseca libertà d’indagine, piuttosto far
valere la sua insostituibile peculiarità a
sostegno del sofferente, poiché la scienza
si esegue con una coscienza che discerne
secondo una carità operativa attraverso la
fede. In conclusione “si avverte la necessità di meglio integrare il binomio tra
scienza e sensibilità nuova di fronte al disagio, cosi da permettere agli operatori
del settore di andare incontro più efficacemente alle persone con disturbi psichici e alle loro famiglie, le quali da sole non
sarebbero in grado di seguire adeguatamente i loro congiunti in difficoltà. Tale
sofferenza si può definire come un dolore disabitato, nel senso che tali soggetti
devono uscire dai ghetti socio-affettivi in
cui sono rinchiusi per essere accolti con
quella dignità che è propria a ogni essere
umano” 5 .
_________________
Cfr ENOLA K. PROCTOR, JOHN LANDSVERK
e al., Implementation research in Mental
Health services: on emerging science
with conceptual, methodological and
training challenges,“J. Administration
and Policy in Mental Health and Mental
Services Research”, (2009), Vol.36, 1,
pp.24-34
2
Cfr Y. COLLINS, VIKRAM PATEL e al.,
Grand Challenges to Global Mental
Health, “Nature”, 2011; 475: 27-30
3
RAFFAELE SINNO, Corso di formazione
agli operatori sanitari, Bari 2013
4
Cfr RAFFAELE SINNO, Confronti fondativi in Bioetica. La vita tra sacralità e qualità, Levante, Bari 2002
5
CARITAS ITALIANA, Un dolore disabitato.
Sofferenza mentale e comunità cristiana,
EDB, Bologna 2003, p.16
1
5
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SANITÀ
IL TIMING CHIRURGICO DELLE FRATTURE
DELL’ESTREMO PROSSIMALE DI FEMORE NEL
PAZIENTE ANZIANO: UN PROBLEMA DIBATTUTO
Antonio Piscopo
L
’incremento esponenziale delle
fratture del femore prossimale, sia
per quel che riguarda la regione
cervicale (frattura sottocapitata, transcervicale e basicervicale) Fig.1, sia per quel
Fig. 1- fr. pertrocanterica
che riguarda la regione trocanterica (fratture pertrocanteriche e sottotrocanteriche) Fig.2, è legato all’invecchiamento
della popolazione. Studi statistici calcolano una proiezione del 25% della popolazione di ultra settantacinquenni nel 2020
e del 37,2% nel 2040. Il depauperamento
progressivo della massa ossea inesorabilmente aumenta con l’andare degli anni sia
per effetto delle modifiche ormonali, sia
Fig. 2- fr. sottocapitata
6
per la sensibile riduzione dell’attività fisica: in altri termini sono queste le cause
principali delle fratture da osteoporosi. Le
fratture dell’estremo prossimale del femore, in tutte le sue varietà anatomiche,
sono seconde solo a quelle vertebrali. Il
sesso femminile è più colpito rispetto a
quello maschile con rapporto di tre a uno.
Le fratture in esame rappresentano un’importante causa di morbidità e mortalità in
tutte le fasce di età, in particolare, nei soggetti più anziani, le percentuali di mortalità a un anno dall’evento traumatico sono del 15-20% e crescono esponenzialmente e parallelamente all’aumento dell’età stessa. Il momento ideale in cui realizzare l’intervento chirurgico è un argomento topico di discussione molto dibattuto in letteratura medica. Le linee guida
internazionali concordano nell’indicare
che le fratture di femore vanno preferibilmente trattate chirurgicamente entro le
quarantotto ore, ma dall’analisi della letteratura si nota come i dati non siano concordanti. Comorbidità associate rendono
spesso impossibile eseguire il trattamento entro le 48 ore, patologie prioritarie
(metaboliche, cardiache ed emocoagulative) rendono necessario valutare, trattare
e stabilizzare il paziente prima dell’intervento chirurgico. La presenza di comorbidità porta a un rischio di mortalità di 2,5
volte superiore rispetto al paziente stabile e suscettibile di intervento precoce. Se
ne deduce, di conseguenza, che la più elevata mortalità nei pazienti operati con ritardo (dopo 48 ore) non può essere imputata al ritardo stesso ma alla presenza di
comorbidità.
Alcuni autori evidenziano come pazienti con comorbidità, operati entro 48
ore, abbiano un tasso di mortalità più elevato rispetto a pazienti operati entro 3-5
giorni dall’evento fratturativo. Numerosi
studi clinici hanno rilevato, altresì, che i
tassi di mortalità e disabilità post opera-
toria aumentano in maniera rilevante ed
esponenziale per ogni giorno di ritardo
dopo le prime 48 ore. Se ne deduce, quindi, che il trattamento chirurgico precoce è
possibile e necessario nei pazienti in buono stato di compenso in cui le eventuali
comorbidità siano in fase di corretto trattamento medico e non vi siano controindicazioni all’intervento chirurgico stesso.
Nei pazienti con comorbidità e in fase
di non compenso, è necessario un corretto inquadramento clinico atto a stabilire le
priorità di trattamento al fine di diminuire, quanto più possibile, i rischi operatori, in quanto, procedure chirurgiche precoci (entro le 24-48 ore) aumenterebbero
esponenzialmente i tassi di mortalità.
Affinché sia possibile effettuare l’intervento chirurgico entro le 48 ore è fondamentale che questa patologia non rappresenti l’urgenza solo per l’ortopedico ma
rappresenti l’urgenza per un gruppo di
specialisti consapevoli dell’importanza di
portare il paziente nelle migliori condizioni possibili ad affrontare un intervento chirurgico e nel più breve tempo possibile.
Presso la U.O.C. (Unità Operativa Complessa) di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Sacro Cuore di Gesù – Fatebenefratelli di Benevento, un team di professionisti (neck femoral fracture team)
coordinato dal chirurgo ortopedico e dall’anestesista, prende in carico il paziente
dall’ingresso in ospedale, ne valuta le condizioni generali e i rischi operatori anche
in relazione alla tipologia di trattamento
chirurgico (endoprotesi, artroprotesi, impianti, protesici vincolati, sintesi laterali
varie), coinvolge o meno ulteriori figure
professionali tanto da intraprendere eventuali ulteriori accertamenti diagnostici e
trattamenti terapeutici atti a ridurre i rischi
operatori e i tempi di attesa così da arruolare questi pazienti alla chirurgia nel più
breve tempo possibile.
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ATTIVITÀ MOTORIA NEI
BAMBINI E NEGLI ADOLESCENTI
Mariangela Roccu
L
’uomo, originariamente creato per
il movimento, è passato da una vita “energeticamente dispendiosa”
a una più agevole e comoda, ma ben poco dinamica: un cambiamento importante, avvenuto in un intervallo relativamente breve. L’impiego di devices portatili ha
inoltre fatto nascere il fenomeno della
“sedentarietà multitasking”, attraverso
cui è possibile svolgere più attività statiche contemporaneamente.
Tutto intorno a noi è stato concepito allo scopo di contenere al massimo la fatica e il lavoro muscolare.
Dati emersi da recenti studi e da rapporti dell’Istituto Nazionale di Statistica
(ISTAT) descrivono una realtà giovanile
preoccupante, la stessa che ha spinto i
membri della La Società Italiana di Pediatria (SIP) ad agire concretamente, promuovendo il movimento e l’attività fisica
nella popolazione pediatrica.
Il tasso di sedentarietà negli adolescenti italiani è più che triplo rispetto a quello
dei coetanei europei e questo determina
costi sociali molto elevati.
Alcuni studi recenti suggeriscono che le
conseguenze a lungo termine del sedentarismo sono distinte da quelle associate alla mancanza di attività fisica che richieda
un dispendio energetico moderato-intenso; la sedentarietà diviene così un nuovo
fattore di rischio soprattutto per patologie
cardiometaboliche.
L’inattività fisica e lo stile di vita sedentario sono un rilevante problema per
la salute pubblica globale, la cui soluzione richiede un profondo cambiamento
delle abitudini quotidiane individuali e
l’introduzione di una corretta educazione
al movimento sin dalla più tenera età.
Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della sanità), 1.9 milioni di morti nel
mondo sono ascrivibili all’inattività fisica
e circa 2.6 milioni a sovrappeso e obesità.
Un’indagine della SIP evidenzia che gli
adolescenti trascorrono circa quattro ore
al giorno davanti a uno schermo. Le nuove tecnologie ricoprono un ruolo importante nell’allontanamento dei giovani dallo sport. In alcune città italiane sono stati
condotti dei sondaggi volti a comprendere i fattori che influiscono maggiormente
sull’abbandono di una pratica sportiva regolare. L’eccessivo impegno scolastico e
la noia avvertita nel praticare lo sport
scelto, figurano tra le principali giustificazioni sostenute dai partecipanti.
In occasione della Giornata mondiale
del bambino e dell’adolescente (20 novembre u.s.), lo sport e l’attività motoria
sono stati messi al centro della discussione su prevenzione e lotta all’obesità.
Alberto Cei, psicologo dello sport, sul
suo blog ha affrontato il tema della poca
consapevolezza che nel nostro paese si ha
su queste questioni. In Italia si pratica poca attività fisica a scuola e non vi è un progetto globale per risolvere questo problema. Spesso la soluzione del problema grava solo sulle famiglie che spesso non hanno una consuetudine con lo sport attivo e
con il movimento. L’unione di queste due
difficoltà determina un abbandono precoce dello sport da parte delle bambine già
a partire dalla scuola media, che nei maschi si sposta due/tre anni più avanti. Di
fatto a 15 anni meno del 50% dei giovani
pratica sport in modo continuativo.
La SIP, per dare una risposta fattiva e
propositiva, ha proposto uno schema da
seguire: la piramide dell’attività motoria.
Lo strumento realizzato dalla SIP è di
intuitiva consultazione per capire quali
siano le esigenze motorie soprattutto dei
bambini e degli adolescenti. Quindi, sulla falsariga della piramade dei “bisogni
umani” di Maslow (da quelli fisiologici
all’autorealizzazione) e della “piramide
alimentare” con alla base frutta, verdura e
cereali (da mangiare quotidianamente) e
in cima (dagli insaccati ai dolci) da mangiare con parsimonia, è stata costruita la
piramide dell’attività motoria.
Alla base di questo nuovo strumento sono indicate le attività da svolgere quotidianamente; man mano che si sale verso i
gradini più alti della piramide si incontrano le attività da svolgere con minore frequenza. L’obiettivo primario, per uno stile di vita salutare, al pari di una corretta
nutrizione, è quello di sapersi muovere
nella giusta misura.
Occorre dare più valore all’attività motoria, anche se non strutturata in uno sport
vero e proprio, in quanto elemento fondamentale della crescita psico-fisica dei più
piccoli, oltre che strumento vitale per la
tutela della salute di tutti.
Ai professionisti dell’ambito sanitario,
in particolar modo gli infermieri che lavorano con genitori e bambini nel territorio, spetta dare impulso a una campagna
di sensibilizzazione tra la popolazione,
così che a questo tema sia oggi riconosciuta l’importanza che merita. La presentazione della piramide dell’attività
motoria è un segnale positivo; tuttavia, è
necessario un impegno ancora più grande
per realizzare un’operazione culturale
tanto complessa e ambiziosa qual è la promozione di un’adeguata qualità della vita
a partire dai bambini.
7
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MONDIALITÀ
USA E UE
A BRACCETTO
Giulio Guarini
U
nione europea e Stati Uniti d’America stanno negoziando il
Transatlanic Trade and Investment Partneship (TTIP), la cui stipula dovrebbe avvenire entro maggio 2015. Si
tratta di un accordo volto da una parte a
rendere omogenei i due sistemi giuridicoeconomici e a rafforzare i loro legami
commerciali, e dall’altra a sostenere nel
mondo gli scambi commerciali e gli investimenti delle multinazionali americane ed europee. Proprio quest’ultimo
aspetto, rende il trattato di interesse generale. Il TTIP comporterebbe la costituzione di una sorta di “Nato commerciale”
con un potere non indifferente dato che le
due economie insieme rappresentano il 50
per cento degli scambi mondiali.
Molte associazioni criticano il TTIP,
perché lo considerano uno strumento che
rafforzerebbe la deregulation del mercato
globale, comportando uno sbilanciamento del potere “politico-economico” a favore delle multinazionali e a discapito degli Stati nazionali, soprattutto se deboli e
poveri, in quest’ottica si sta costituendo
una campagna internazionale (http: / /
stop-ttip-italia.net/) per far luce sugli elementi critici dei negoziati e per portarli
agli onori del dibattito politico europeo.
L’obiettivo è ridurre al minimo il costo
sociale del trattato, che appunto non avrà
solo ripercussioni in Europa e negli USA,
ma di fatto impatterà su tutto il mondo; il
principale pericolo riguarda la possibile
introduzione dell’ISDS (Investor-State
Dispute Settlement), che prevede la costituzione di “un tribunale sovra-nazionale cui le imprese potranno appellarsi per
proteggere i propri investimenti”, tale tribunale andrebbe a risolvere diatribe giudiziarie tra multinazionali e Stato.
Le multinazionali potrebbero contestare politiche pubbliche a favore a esempio
dell’ambiente, del lavoro, della salute
pubblica, della difesa del suolo, perché re-
8
putate vincolanti per gli investimenti privati in termini della loro fattibilità e profittabilità. I diritti dei cittadini sarebbero
quindi valutati anche in base ai diritti delle multinazionali.
Il pericolo è reale, perché spesso le
multinazionali si oppongono alle politiche pubbliche, attraverso le vie giudiziarie ordinarie e politiche, attraverso le vie
giudiziarie ordinarie e la “pressione politica”, alcuni esempi sono molto illuminati: in Egitto investitori europei hanno
combattuto l’aumento del salario minimo, in Perù investitori americani hanno
accusato lo Stato per interventi contro la
tossicità di alcuni processi produttivi.
La Philip Morris ha contrastato le politiche antifumo in Uruguay e Australia; in
riferimento al TTIP, in ambito sanitario vi
è il timore che si possano replicare i termini dell’intesa Usa-Corea (Korus), secondo cui una multinazionale può contestare qualsiasi decisione del sistema sanitario nazionale sui propri farmaci.
Secondo il negoziatore Ue, Ignacio
Garcia Bercero “la deregulation non è e
non sarà l’obiettivo del TTIP” che “non
limiterà il campo d’azione dei governi”,
perché “questi negoziati non consisteranno nell’abbassare o rinnegare le norme
più elevate di protezione dei consumatori, dell’ambiente, della vita privata, della
salute e del diritto del lavoro”.
Secondo la campagna internazionale, la
poca fiducia nelle parole sopramenzionate deriva dal fatto che il processo di negoziazione è poco “democratico”: le parti dell’accordo sono istituzioni tecniche e
non politiche, più vicine alle lobby che ai
cittadini. Infatti, l’Unione europea è rappresentata dalla Commissione Europea (e
non dal Parlamento europeo), e gli USA
del Ministero del Commercio (e non dal
Congresso).
L’allarme sociale è elevato se pensiamo
allo strapotere delle multinazionali americane ed europee: il 96% dell’export degli USA in mano a 10 imprese, e le prime
10 imprese europee controllano l’85%
delle esportazioni europee; a conferma
del peso economico delle imprese multinazionali occidentali, è bene evidenziare
come molte di queste abbiano fatturati superiori alle entrate pubbliche di Stati anche occidentali.
La rivista Forbes annualmente stila una
classifica degli operatori economici (imprese private e Stati) in base al volume
delle entrate (entrate pubbliche per gli
Stati e ricavi per le imprese).
Ebbene secondo l’ultimo aggiornamento, nei primi undici posti vi sono gli Stati,
dal dodicesimo al centesimo posto vi sono esclusivamente multinazionali (a eccezione di quattro paesi), di cui la stragrande maggioranza è americana o europea.
VO n° 07 luglio 2014_VO n° 07 luglio 2014 21/07/14 11.04 Pagina 9
ANIMAZIONE GIOVANILE
IMPARATE DA ME CHE SONO
MITE E UMILE DI CUORE!
“Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e
io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e
imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita .Il mio giogo infatti è
dolce e il mio peso leggero” (Mt 11,28-30).
Fra Massimo Scribano o.h.
C
ari lettori, in occasione del periodo estivo ho pensato per il nostro
appuntamento mensile di dedicarci al sano riposo. Come ben sapete durante l’anno tra studio e lavoro ci affatichiamo alla ricerca di un qualcosa che non
realizzerà la vera felicità del cuore. L’uomo, una particella del tuo creato, vuole
lodarti. Sei tu che lo stimoli a dilettarsi
delle tue lodi, perché ci hai fatti per te, e
il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te (Confessioni, 1,1,1).
Sant’Agostino ci invita a non separarci
mai da Dio perché se lo facciamo è come
una pianta a cui si tagliano le radici e ben
presto seccherà e morirà. Dio ci ha creati
per essere piante vive che respirano e godono della vitalità che Lui ci ha donato.
L’estate, è sicuramente un periodo di riposo dalle attività quotidiane, e deve servire da ricarica per il prossimo anno seguente. Solo con Dio possiamo riposare
sicuri e certi che questo riposo risulta funzionale. Viviamo in una società oppressa
e stanca, perché ci nutriamo di cose non
utili per la vita. Dobbiamo convincerci
che Dio ci ama di un amore infinito e che
ci ha creati per essere felici, ma per ottenere questa felicità dobbiamo alleggerirci
di molte cose inutili. Lo zaino che portiamo in spalla deve contenere l’essenziale
delle cose, per evitare di appesantire il carico. Cristo col suo esempio ci ha indicato la via per poter fare la strada con lui come compagno di viaggio come nel racconto dei discepoli di Emmaus. Se decidiamo nel nostro cuore di farci accompagnare da Cristo il nostro viaggio sarà meno pesante e avrà una svolta decisiva per
la nostra vita.
Carissimo lettore, giovane o meno giovane, quale atteggiamento vuoi assumere
per la tua esistenza? Cosa cerchi realmente nella tua vita? Come invocare Dio?
Ma come invocare il mio Dio, il Dio mio
Signore? Invocarlo sarà comunque invitarlo dentro di me; ma esiste dentro di me
un luogo, ove il mio Dio possa venire dentro di me, ove possa venire dentro di me
Dio, Dio, che creò il cielo e la terra? Non
sono ancora negli inferi sebbene tu sei
anche là, e quando pure sarò disceso all’inferno, tu sei là. Dunque io non sarei,
Dio mio, non sarei affatto, se tu non fossi in me; o meglio, non sarei, se non fossi in te, poiché tutto da te, tutto per te, tutto in te. Sì, è così, Signore, è così (Confessioni, 1,1,1).
Invocare Dio, è dialogare con Dio. Dio
aspetta con trepida ansia che tu lo invochi
e apri un dialogo con Lui. Solo così possiamo essere soddisfatti in pienezza e la
nostra vita riacquisterà valore.
Riposare bene è l’obiettivo che bisogna
porsi, sostare, fermarsi per osservare e
ammirare le meraviglie che Dio ha creato
per noi. Quante volte ci capita, sovente di
fermarci e guardare la natura, i paesaggi e
le bellezze che ci circondano? Con il tram
tram quotidiano è impossibile fare tutto
ciò. Allora il periodo estivo può servire
per stare di più in famiglia, con gli amici,
qualche viaggio istruttivo, pregare e riposare.
Carissimi l’augurio che mi permetto di
fare a voi e a me è quello di un riposo vero, con la consapevolezza di essere nati
solo per Dio e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te.
Per qualsiasi informazione di carattere
vocazionale o di discernimento la Comunità Formativa di Genzano di Roma è disponibile per qualsiasi incontro. Per contattarci puoi telefonare allo 06.93738200
(centralino) e chiedere di fra Massimo, fra
Lorenzo, fra Benedetto; o inviare una
mail all’indirizzo vocazioni@fbfgz.it o
consultate il sito www.pastoralegiovanilefbf.it.
Buona Estate a tutti! E buon cammino!
9
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IL CAMMINO DELLA MEDICINA
MICROBIOLOGICA, LA PIÙ
GRANDE RIVOLUZIONE TEORICA
E TECNICA DELLA MEDICINA
XLV – Semmelweis, Pasteur, Koch (XIX sec.)
Fabio Liguori
A
ncora nella metà dell’800, oltre
l’emorragie le infezioni postoperatorie rendevano vani molti interventi chirurgici: nelle amputazioni
la mortalità era del 45% (tetano, erisipela, setticemia, cancrena), e a pochi giorni
dal parto molte puerpere venivano inesorabilmente mietute dalla febbre puerperale. Monotona risposta al “perché” di così
elevati insuccessi, era: “invisibili miasmi
venefici” presenti nell’aria!
Nel reparto di maternità dell’ospedale
di Vienna, il giovane ostetrico ungherese
Ignazio Semmelweis (1818-1865) regolarmente iniziava l’attività giornaliera in
sala mortuaria a compiere autopsie, recandosi soltanto dopo in reparto per la visita alle puerpere.
Di fronte alla morte di un medico (1834)
per una setticemia seguita a un taglio da
bisturi procuratosi nell’eseguire un’autopsia, Semmelweiss notò che la salma del
collega presentava segni simili a quelli
delle donne colpite da febbre puerperale.
Doveva quindi esserci una relazione fra la
sala autoptica e le morti in reparto delle
puerpere, poiché con certezza era stato il
bisturi a trasmettere l’invisibile causa
mortale dal cadavere al corpo del medico!
Lui stesso e i suoi allievi potevano dunque
trasferire con le proprie mani il “veleno assassino” nel grembo delle puerpere? Da
subito Semmelweiss obbligò medici e personale tutto a costanti lavacri delle mani e
alla disinfezione dei locali con cloruro di
calcio: la mortalità per febbre puerperale
crollò improvvisamente, quasi scomparendo entro due anni!
L’esistenza di microrganismi era nota
fin dal 1674 quando, utilizzando il microscopio di sua invenzione, l’olandese Antoni van Leeuwenhoek aveva descritto alcuni protozoi osservati in acqua che aveva definito animaluncoli; mentre l’inglese Hocke (1665) e l’italiano Malpighi
(1675) avevano osservato microscopiche
strutture vegetali (muffe) all’origine di
malattie delle piante.
Sarà Louis Pasteur (chimico e biologo
francese, 1822-1885) a dimostrare che i
microbi erano la causa (1854) e non il prodotto delle infezioni responsabili di metà
delle morti per patologie: si realizzava la
più grande rivoluzione teorica e tecnica
della medicina.
Lavacri delle mani (Semmelweiss, 1834)
10
Pasteur aveva intuito anche che germi
erano presenti e propagati dall’aria. E dimostrò che un liquido soggetto a putrefazione non si alterava se ermeticamente
chiuso in bottiglia e riscaldato per un certo tempo: a riapertura del contenitore, infatti, il liquido si decomponeva. I microrganismi erano dunque incapaci di svilupparsi in un ambiente sterilizzato e isolato
Louis Pasteur (1822-1885)
da contaminazioni esterne. Assieme a
Claude Bernard, Pasteur realizzerà (1862)
la pastorizzazione (dal suo nome) che,
mediante il calore, elimina da alimenti liquidi alcuni microrganismi (colibacilli,
micobatteri, brucelle) e ne riduce altri in
modo che la bevanda non abbia effetti patogeni. Per questo il chimico francese è
considerato fondatore della moderna microbiologia e moderna industria di trasformazione delle derrate alimentari.
Frattanto conseguenza della rivoluzione industriale, negli agglomerati urbani
cresceva la mortalità con il diffondersi di
tifo esantematico, febbre tifoide e tubercolosi; ma passando dai quartieri più poveri a quelli più ricchi, il tasso di mortalità diminuiva. Scaturiscono da queste osservazioni i movimenti a sostegno dell’igiene pubblica e privata e la profilassi delle malattie infettive.
A Pasteur va abbinato un altro pioniere
della microbiologia: il medico e batteriologo tedesco Robert Koch (1843-1910),
che svilupperà tecniche per la visibilità di
microrganismi sino allora invisibili al microscopio (utilizzando colori all’anilina,
verso i quali i batteri dimostrano affinità),
e particolari terreni per la coltivazione di
microrganismi: passerà alla Storia della
microbiologia il postulato di Koch.
VO n° 07 luglio 2014_VO n° 07 luglio 2014 21/07/14 11.04 Pagina 11
Schegge Giandidiane N. 36e
400 anni:
scusate se son pochi
Chi può annoverare una storia di
400 anni, nella città di Benevento o
in Italia, che si ripropone come attuale, valida e la cui funzione osmotica con la realtà del quotidiano la fa
parte integrante del tessuto sociale cittadino ancora oggi?” C’è una sola
risposta: I Fatebenefratelli.
Il fondatore dell’Ordine, san
Giovanni di Dio, persona fuori dal
comune al punto tale da essere
scambiato per pazzo e internato,
dimostrò come si poteva tradurre in
opere il comandamento dell’amore
dando esempio di vera vita cristiana,
dedicandosi agli ammalati e creando le condizioni dello sviluppo dell’ospedale moderno e della umanizzazione della medicina.
C’è da chiedersi come mai solo
da pochi anni altri hanno scoperto questi valori inserendoli nelle
linee guida dell’assistenza sanitaria. Adesso sembra che tutti diventino seguaci della dottrina di
san Giovanni di Dio ma se non ci
fosse stato l’Ordine dei Fatebenefratelli (Benevento, 1614-2014)
chi avrebbe custodito, messo in
pratica e tramandato tali insegnamenti? Pertanto giusto spazio è sta-
avuto vasta risonanza sulle cronache locali e nazionali dando il giusto risalto alle celebrazioni.
Degli eventi già celebrati abbiamo avuto occasione di illustrarli e
descriverli, con dovizia di particolari, negli articoli già pubblicati su
“Vita Ospedaliera” ove i lettori potranno consultarli. Focalizziamo,
adesso, la nostra attenzione sulle
manifestazioni di questi ultimi
giorni in quanto per rilevanza e
spessore storico/culturale hanno
Il giorno 19 giugno, il superiore
provinciale fra Gerardo D’Auria,
presenti i superiori degli Ospedali di
Roma San Pietro (fra Michele Montemurri), di Napoli (fra Alberto Angeletti), di Benevento (fra Angelico
Bellino) ha presentato (da provetto
anchorman) il coro “Le Note del
Melograno del San Pietro - FBF”
dei Collaboratori del Centro Dire-
Ebbene si. Cari lettori, volendo
mutuare dal linguaggio calcistico
la definizione dei “fuoriclasse”
(siamo in tema di mondiali), possiamo affermare senza timore di
smentita, che “la classe non è acqua” e questa caratteristica è posseduta in pieno da san Giovanni di
Dio e dai suoi successori: i Fatebenefratelli. La giusta cornice al riconoscimento di questi meriti è
stata posta dalle ultime manifestazioni tra il mese di giugno e Luglio.
Il dott. Failla presenta il coro “Le Note del Melograno del San Pietro - FBF”
Il Sannita : Schegge Giandidiane. N. 36e – 400 anni: scusate se son pochi
A
to dato ai festeggiamenti della presenza dei 400 anni dell’Ordine di
san Giovanni di Dio a Benevento
con una serie di eventi (sotto la sapiente regia di fra Angelico Bellino, superiore dell’Ospedale “Sacro
Cuore di Gesù” di Benevento) che
con un filo conduttore ci ha portato per mano in un percorso che
è iniziato a marzo 2014 e si concluderà il 28 novembre 2014, con
la Concelebrazione dell’Eucarestia
presieduta dal Rev. mo superiore
generale dell’Ordine, fra Jesús Etayo Arrondo, nella Chiesa parrocchiale di santa Maria di Costantinopoli di Benevento.
229
ccadde a Granada (1539).
… si irradiò a Benevento.
Giovanni di Dio, l’inizio di
una nuova vita». La conoscenza
della storia permette di acquisire
insegnamenti per il futuro e tramandare le tradizioni o gli eventi
radicati nella memoria per comprendere chi siamo e da dove veniamo.
VO n° 07 luglio 2014_VO n° 07 luglio 2014 21/07/14 11.04 Pagina 12
zionale e dell’Ospedale San Pietro,
che, sotto la direzione di Giuseppe
D’Uva e del dott. Failla, hanno regalato ai convenuti, nella sala conferenza dell’Ospedale, canti e racconti sui messaggi francescani tra i
quali il più significativo è stato: “Ora
sono uomo perché libero sarò. Ora
sono ricco perché nulla ho”.
230
Il Sannita : Schegge Giandidiane. N. 36e – 400 anni: scusate se son pochi
C’è, in questo passaggio musicale tutta la dottrina odierna di Papa
Francesco e l’insegnamento del
Santo di Assisi alla preghiera con
due semplici parole “Mio Dio” al
fine di abbracciare, condividere e
curare la sofferenza fine eccelso
dell’insegnamento di san Giovanni di Dio. Il 23 Giugno, sempre nella Sala Conferenza dell’Ospedale
Fatebenefratelli, si è svolto l’interessante convegno sul tema “I Fatebenefratelli a Benevento: una
presenza secolare” moderato dal
dott. Francesco Sgambato e dal
dott. Giovanni Carozza. Hanno
portato il loro saluto preliminare
fra Gerado D’Auria, che ha illustrato le pitture del maestro Michelini (ha dipinto la vita e le opere di san Giovanni di Dio: è possibile apprezzarle nelle lunette del
chiostro dell’Ospedale) ricordando, nel contempo, la presenza del
solo Ospedale dei Fatebenefratelli
nel Sannio (l’Azienda Rummo è
sorta solo dopo la guerra mondiale)
e dell’importanza dell’Ospedale
Fatebenefratelli anche come azienda produttiva che occupa oltre 500
dipendenti. A tale dichiarazione è
seguita quella dell’assessore comunale di Benevento, dott. Pietro Iadanza, in sostituzione del sindaco
Fausto Pepe, che ha ricordato i suoi
trascorsi professionali proprio al
Fatebenefratelli di Benevento ringraziando, a nome della comunità
cittadina e sannita, l’Ordine di san
Giovanni di Dio per quanto ha fatto nel passato e per quanto farà nel
futuro. Ha portato il suo saluto anche il nuovo Prefetto di Benevento, dott.ssa Paola Galeone che ha
ringraziato per l’invito permettendogli di conoscere una realtà a lei
non nota e ha auspicato un regime
collaborativo tra pubblico e privato. Non poteva mancare la presenza dell’arcivescovo metropolita di
Benevento, Andrea Mugione, che
ha raccomandato ai presenti a farsi guidare nel quotidiano dalla memoria, dal ricordo, dal futuro nella
Comunione e di continuare l’opera di san Giovanni di Dio. Interessanti le relazioni della prof.ssa Marcella Campanelli, Università Federico II di Napoli, che a grandi linee
ha ripercorso la storia dell’assisten-
Da sinistra: fra Gerardo, assessore Iadanza, dott.ssa Galeone, mons. Mugione, fra Giuseppe
za ospedaliera nel Regno di Napoli rimarcando la presenza e l’opera
svolta dai Fatebenefratelli. L’intervento successivo è stato svolto dal
fatebenefratello fra Giuseppe Magliozzi, medico e storico dell’Ordine che da 26 anni svolge la sua opera assistenziale nelle Filippine. A
lui il non semplice compito di illustrare il carisma ospedaliero di san
Giovanni di Dio e la storia della
fondazione dell’Ospedale san Diodato a Benevento (antecedente sede assistenziale dei Fatebenefratelli rispetto a quella attuale).
È stato un percorso ricco di riferimenti documentati oltre che una
esposizione lucida che ha “rapito
l’attenzione dei presenti” con le
sue ricostruzioni dei fatti storici.
Arduo compito è spettato al direttore generale della Provincia religiosa di san Pietro, fra Pietro dott.
Cicinelli, che ha dovuto essere
“profeta” rispetto alla storia futura
da scrivere. Indispensabile è stata
la ricostruzione della storia recente dell’Ospedale dei Fatebenefratelli, i riconoscimenti legislativi
all’attività assistenziale delle strutture religiose, la classificazione e
l’equiparazione dei titoli, le proiezioni assistenziali con l’adeguamento tecnologico e normativo.
Non poteva non trasparire, nel
suo intervento, vista la sua infaticabile e continua opera di relazione con la pubblica amministrazione e con le ASL e Regioni in particolare, il rammarico sul giusto e
corretto riconoscimento del ruolo
e della funzione assistenziale dell’Ospedalità religiosa e dei Fatebenefratelli in particolare. Ha concluso con l’auspicio futuro di un
miglioramento delle condizioni
gestionali/relazionali con le Regioni e rassicurando tutti che i Fatebenefratelli saranno sempre presenti e operativi in funzione assistenziale. Ha completato i lavori il
VO n° 07 luglio 2014_VO n° 07 luglio 2014 21/07/14 11.04 Pagina 13
prof. Mario Iadanza dell’Università “Suor Orsola Benincasa di Napoli”, peraltro sacerdote e custode
del patrimonio storico-ecclesiastico della Diocesi di Benevento, che
ha relazionato sulla figura del fondatore dell’Ospedale Fatebenefratelli attuale fra Pietro Maria de
Giovanni, al secolo Angelo. Ha ricostruito l’evoluzione sanitaria
cittadina alla luce degli eventi che
videro come attori personaggi come il vescovo Carafa di Trento, dei
meriti del vescovo Arrigoni che
tanto supporto diede ai Fatebenefratelli e tanto influì sulla loro presenza nel Sannio. La sua relazione
è stata ricca di puntuali riferimenti storici come quelli della istitu-
Madonna delle Grazie
Fra Giuseppe Magliozzi
zione dell’attuale moderna pubblica amministrazione da parte di Papa Orsini e delle difficoltà derivanti dalle leggi dell’on. Rattazzi
che espropriò i beni dei religiosi in
Italia alla unificazione del regno. Il
culmine dei festeggiamenti lo si è
avuto, però, con la preparazione
con un triduo alla basilica della
Madonna delle Grazie della solennità del Sacro Cuore di Gesù, titolare dell’Ospedale, con la partecipazione del nostro arcivescovo, il
vescovo di Cerreto Sannita, mons.
Michele De Rosa e l’emerito
mons. Serafino Sprovieri. Il 27
giugno, giorno della festa, ha visto
la partecipazione di S.Em. Rev.ma,
il cardinale Raffaele Farina, del
nostro arcivescovo, mons. Andrea
Mugione, dell’emerito mons. Serafino Sprovieri che insieme al vicario generale e parroco mons.
Pompilio Cristino, al superiore
Mons. Mario Iadanza
dell’Ospedale, fra Angelico, il provinciale dei Frati Minori, P. Sabino Iannuzzi e una quindicina di sacerdoti hanno concelebrato con il
cardinale Farina nella Sala Conferenza dell’Ospedale. Presenti le
massime autorità civili, come il
Sindaco e il Prefetto, e militari cittadine e tanti ma tanti fedeli.
La Santa messa è stata animata
dal Coro dell’Ospedale. Durante
l’omelia il cardinale Farina, sannita originario di Buonalbergo, presidente della Pontificia commissione referente sull’Istituto per le
Opere di Religione, nonché archivista e bibliotecario emerito di santa Romana Chiesa, ha fatto riferimento all’Ospedale Fatebenefratelli in quanto più volte da lui frequentato per visitare i suoi congiunti. La sua omelia è stata costellata di riferimenti sul significato re-
Da sinistra: fra Angelico, mons. Michele De Rosa,
don Domenico De Santis, padre Lino Barelli e fra Massimiliano O.F.M.
Il Sannita : Schegge Giandidiane. N. 36e – 400 anni: scusate se son pochi
Fra Pietro Cicinelli
231
Prof.ssa Marcella Campanelli
VO n° 07 luglio 2014_VO n° 07 luglio 2014 21/07/14 11.04 Pagina 14
speranza di amore in comunione.
Alla fine della cerimonia religiosa
c’è stato un rinfresco che ha visto
partecipare tutti i presenti.
Nei due giorni successivi, infine,
segno della provvidenza del Signore di una ulteriore festa nella
festa dei 400 anni, si sono svolti i
festeggiamenti in onore di Mons.
Mugione per i suoi 50 anni di sacerdozio. La giornata si è conclusa
con la benedizione eucaristica per
tutti i malati, visitatori, collaboratori e la celebrazione della messa
della Comunità parrocchiale nel
cortile dell’Ospedale.
Cardinale Farina
232
Il Sannita : Schegge Giandidiane. N. 36e – 400 anni: scusate se son pochi
ligioso della festività, sulla adorazione del Sacro Cuore “latria” il
più alto culto reso solo a Dio, sulle
origini (1672) dei festeggiamenti
del Sacro Cuore di Gesù da parte
della santa Margherita Maria Alacoque in Francia, sugli insegnamenti di don Bosco, sulla necessità ad agire nella vita con mitezza,
senza violenza e arroganza. Il suo
pensiero è andato agli ammalati
che sono l’espressione della sofferenza e di come attraverso l’assistenza a essi si svolge la missione
dell’amare Gesù. Alla fine dell’omelia ha letto una missiva della
Segreteria di Stato del Vaticano
ove era riportato il messaggio del
Santo Padre, Papa Francesco, di
ringraziamento alle opere dei Fa-
tebenefratelli, la benedizione ai
convenuti alla celebrazione dell’Eucaristia e una particolare benedizione agli ammalati.
Il Cardinale ha profondamente
colpito con le sue parole, la sua semplicità, il suo sguardo profondo. Tutti i convenuti sono rimasti ammaliati dal suo verbo e dai suoi messaggi
di amore e di pace. Ha ricambiato le
parole di affetto e di stima fra Angelico a nome della Famiglia ospedaliera dei Fatebenefratelli e a nome di
tutti i convenuti, rimarcando come la
festa del Sacro Cuore di Gesù si inserisce nelle celebrazioni per i 400
anni di presenza dei Fatebenefratelli a Benevento. Egli ha dato un messaggio di amore per i sofferenti e di
Da sinistra: fra Angelico, mons. Mugione, cardinale Farina,
don Marco, mons. Sprovieri, mons. Pompilio
È difficile chiudere un articolo
con qualche espressione “ad effetto” che sintetizzi tante egregie cose fatte e dette. Credo che la cosa
migliore da fare, in questo momento congiunturale non favorevole sotto tutti i punti di vista, è
rimboccarsi le maniche e mettere
in atto gli insegnamenti dell’amore in comunione raccogliendo le
indicazioni date da due pilastri
educativi: san Francesco d’Assisi e
san Giovanni di Dio.
Questo è il solo modo per non
disperdere i loro insegnamenti che
hanno come comune denominatore “amare a prescindere, amare
nella sofferenza, amare nel nome
del Signore”.
Da sinistra: Gabriella Mongillo (Com. pol. prov.le),
dott. Carozza, dott.ssa Sorrentino,
ing. Fausto Pepe (sindaco), dott.ssa Paola Galeone (prefetto)
VO n° 07 luglio 2014_VO n° 07 luglio 2014 21/07/14 11.04 Pagina 15
“I L M E L O G R A N O ”
UNA PIAGA PROVVIDENZIALE
Fra Giuseppe Magliozzi o.h.
I
n luglio è stato solennemente celebrato il IV Centenario della morte di San
Camillo de Lellis, avvenuta a Roma il
14 luglio 1614. Egli fu proclamato dalla
Chiesa, insieme a San Giovanni di Dio,
Patrono Universale dei malati, degli
Ospedali e degli operatori sanitari. Credo
che quasi tutti sappiano di questa duplicità di Patronato, che propose alla speciale
devozione di tutti i fedeli, che orbitano nel
vasto mondo della Sanità, tanto il Fondatore dei Camilliani, quanto il Fondatore
dei Fatebenefratelli. Credo che invece
ben pochi sappiano che San Camillo, poco prima di dar inizio formale alla sua
Congregazione, ebbe un momento di scoraggiamento e, rinunciando ai suoi propositi fondazionali ma non all’amore per
i malati, chiese di prendere l’abito dei Fatebenefratelli, che provvidenzialmente gli
fu però negato.
Già da adolescente, ma soprattutto dopo la sua conversione interiore del febbraio 1575, Camillo più volte tentò di divenire frate cappuccino, ma ogni volta fu
dimesso a causa di una fastidiosa piaga al
piede destro, che non gli guarì mai e che
lo indusse a venire a Roma per curarsi nell’Ospedale San Giacomo: entrandovi come infermo, finì per restarvi a lavorare,
dapprima come ausiliare, poi come infermiere e infine, dall’ottobre 1579 all’agosto 1584, come Maestro di Casa, cioè di
responsabile di tutto il personale e della
tenuta dei libri contabili. Al San Giacomo
lavoravano allora al servizio immediato
dei ricoverati solo due capisala e una dozzina di ausiliari, ed erano questi ultimi che
angustiavano maggiormente Camillo, co-
me ci narra il suo primo biografo, p. Sanzio Cicatelli,: “Haveva grandissima compassione del patir delli infermi per conto
de’ serventi mercenarij, particolarmente
quando, chiamati la notte non rispondevano, né correvano ad aiutargli, pensando non esser visti da nessuno. Ma lui più
delle volte vigilando à posta si metteva
nascostamente fra i letti d’essi infermi,
ovvero sentendogli dal suo camerino
chiamare, vi correva lui, riprendendo poi
aspramente i serventi”.
Una sera, intorno alla festa dell’Assunta nell’anno 1582, Camillo stava riflettendo sulla neghittosità di questi ausiliari, quando gli venne in mente che “a tale
inconveniente non si poteva meglio rimediare che con liberare essi infermi da mano di quei mercenarij et in cambio loro instituire una Compagnia d’huomini pij, e
da bene, che non per mercede, ma volontariamente e per amor d’Iddio gli servissero con quella charità et amorevolezza
che sogliono far le madri verso i lor proprij figliuoli infermi. Ritornato poi in se
dalla sudetta consideratione, propose col
divino aiuto di voler esser lui quello
c’haveva da dar principio alla detta opera, volendo impiegarci tutte le sue forze
per farla riuscire”.
Qualcuno però sobillò i Responsabili
del San Giacomo, insinuando che Camillo e il suo gruppetto volessero impadronirsi dell’Ospedale: fu pertanto proibito
loro d’usare l’Oratorio e ne fu rimosso il
Crocefisso, che Camillo corse a riporre
nella sua stanza. Narra il Cicatelli che di
questa “prohibitione non si può dire
I francobolli commemorativi di Vaticano, Italia e Ordine di Malta
quanto se ne affliggesse Camillo, sapendo benissimo che lui non haveva mai macchinato cosa alcuna contra l’hospidale,
onde fù aspramente tentato quella volta
d’abbandonar detto luogo et andare à
servir in un altro”. Di codesta aspra tentazione il Cicatelli non riferisce dettagli,
ma è tradizione che in tale occasione il
Santo chiese d’entrare tra i Fatebenefratelli, che fin dal 25 marzo 1581 avevano
aperto a Roma il loro primo Ospedale in
Piazza di Pietra, ma ricevette da essi risposta negativa sia per la piaga, sia per non
volerlo distogliere dalla santa ispirazione,
dettatagli dal Signore.
L’incontro di San Camillo col Priore dei
Fatebenefratelli, che era allora fra Pietro
Soriano, è così descritto in una cronaca del
1721, che redasse fra Francesco Maria Angrisani: “È tradizione inveterata da noi,
che desiderò vivere col nostro Fra Pietro
Soriano il P. Camillo de Lellis fondatore
de’ Chierici Regolari, Ministri degl’Infermi, prima che desse principio a sì santo
Instituto; che però fattane istanza al nostro Fra Pietro Soriano, questi, come illuminato da Dio, lo consolò per quei travagli che l’affligeano in quel tempo, che li
Governatori dell’ospedale di San Giacomo l’aveano interdetto l’oratorio con altri ministri; e fu da esso animato alla pazienza dicendogli che, dimandando l’abito della Religione Ospitaliera, non li pareva conveniente darcelo, sia perché lui
era infermo, sia anche che non pareva ben
fatto che s’allontanasse dall’impresa per
la quale il Signore l’aveva sin da principio chiamato per giornaliero nella sua vigna; laonde Camillo per sì santi ricordi e
modesta repulsa stabilì eseguire sopra ciò
quanto dal P. Pietro li fu raccordato, ed infatti così fece, se indi a poco poi diede
principio al suo Instituto”.
Merita accennare che nell’ambito delle
manifestazioni per il IV Centenario della
morte di San Camillo, i Fatebenefratelli
dell’Isola Tiberina hanno lasciato a disposizione la Sala Assunta, nella quale sabato 12 luglio alle ore 20,30 è stato proiettato gratis il documentario “Ti servirò”,
prodotto dalla Cristiana Video, che approfondisce la figura del Santo e il periodo storico in cui visse.
15
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PA G I N E D I M E D I C I N A
L’INCONTINENZA URINARIA
Franco Luigi Spampinato
L
a continenza urinaria è la capacità
di attuare l’atto minzionale nel
momento e nel luogo ritenuti più
idonei. Tale capacità è la risultante di
complesse interazioni tra sistemi neurologici e anatomofisiologici; quando questi sistemi non funzionano correttamente
si verifica l’incontinenza urinaria, caratterizzata dalla perdita involontaria di urina in momenti e luoghi non idonei, di grado tale da configurare un importante problema igienico-sociale. La perdita di urina può aversi dall’uretra e da fuori dell’uretra. Le perdite di urina al di fuori dell’uretra si verificano in presenza di alterazioni anatomopatologiche in cui è presente una comunicazione tra le vie urinarie e l’esterno per patologie malformative
o per danneggiamento da patologie acquisite, eludendo i sistemi sfinterici vescicouretrali.
Un capitolo a parte è costituito dall’incontinenza urinaria conseguente a interventi chirurgici e/o trattamenti radioterapici addominopelvici e perineali.
La letteratura più recente ha proposto
una classificazione di fattori clinici che
interferiscono sulla funzione vescicosfinerica che può provocare l’incontinenza
urinaria dall’uretra dividendoli nei seguenti gruppi:
- fattori neurologici: morbo di Parkinson, sclerosi multipla, mielopatie,
ernie discali, vasculopatie cerebrali,
disturbi psichici, traumi e tumori coinvolgenti il sistema nervoso centrale
e periferico.
- fattori ostetrico-ginecologici: vaginiti, endometriosi, masse ovarico-uterine, menopausa, attività sessuale, parità, macrosomia, espletamento e durata travaglio del parto, gravidanza,
post-partum, prolassi genitali.
- fattori medico-internistici: diabete
mellito, ipertensione arteriosa, scompenso cardiaco, broncopneumopatie
croniche, stipsi.
16
- fattori urologici: infezioni urinarie, enuresi, neoplasie prostatiche e vescicali,
iperattività
detrusoriale,
iperplasia prostatica benigna, ipoattività sfinteriale.
La diagnosi del tipo di incontinenza urinaria è ovviamente fondamentale per programmare il successivo trattamento. Oltre a un’accurata indagine anamnesticoclinica con esami ematochimici di routine è opportuno uno studio completo con
diagnostica d’immagine comprendente
ecografia e, se del caso, urotac e urormn.
A queste procedure seguiranno esami più invasivi, quali la fibrouretrocistoscopia per acquisire elementi più
precisi dell’anatomia
vescica-uretrale e l’esame urodinamico, eventualmente eseguito anche sotto controllo radiologico con amplificatore di brillanza, necessario per la valutazione funzionale del
complesso vescica-uretrale.
Dal punto di vista clinico l’incontinenza urinaria può essere distinta nel tipo da
sforzo, da urgenza, mista, da rigurgito,
continua, enuresi. Tuttavia è bene precisare che spesso i tipi di incontinenza si
combinano in maniera più o meno evidente tra loro, rendendone più difficoltoso il relativo trattamento.
Dal punto di vista pratico, le possibilità terapeutiche sono migliori nei casi di
incontinenza urinaria da sforzo e da urgenza.
L’incontinenza urinaria da sforzo è legata a un’incompetenza del sistema sfinterico vescicouretrale, causato generalmente da un indebolimento del sistema
muscolare e tendineo-pelviperineale. In
tali casi, nelle pazienti esiste spesso un
prolasso uterovescicale. Nelle forme iniziali si ottengono buoni risultati con la fisioterapia riabilitativa pelviperineale, che
è consigliabile eseguire anche in fase pre
e postoperatoria se è indicato intervento
chirurgico correttivo.
L’incontinenza urinaria da urgenza è
spesso secondaria ad altre patologie. Nell’uomo, a esempio, può essere causata da
una iperplasia prostatica benigna ostruente che altera l’anatomia e la funzione del
detrusore rendendolo più attivo.
Nel complesso, l’incontinenza urinaria,
in tutte le sue forme, è un insieme di quadri clinici di complesso trattamento, reso
ancora più difficoltoso dal fatto che i pazienti spesso si vergognano di essere affetti da tale patologia e si presentano a visita quando la situazione è già avanzata.
Non ultima considerazione, i costi, in tema di danni morali e materiali, per invalidità, morbilità e ausili terapeutici, come
per esempio gli assorbenti, sono stati evidenziati essere molto alti.
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CANCRO: UN APPROCCIO
METABOLICO
no la vita dei pazienti, ma consentono di
tenerli “sotto controllo”. Di contro, la dieta chetogenica può prevenire il gonfiore e
contenere l’accrescimento del tumore.
Recenti aggiornamenti sull’approccio terapeutico
alternativo della dieta chetogenica
Raffaele Pilla
U
na dieta a basso apporto glucidico ed elevato contenuto di grassi, nota come dieta chetogenica,
può sostituire la chemioterapia e la radioterapia persino per il più letale dei tumori”, sostiene il dr. Thomas Seyfried, professore presso il Boston College e ricercatore leader in oncologia negli USA.
Seguire una dieta chetogenica genera
un rapido aumento di corpi chetonici (o
chetoni) nel sangue. Ma cosa sono i corpi chetonici? È una fonte di energia alternativa che il nostro organismo produce al
fine di nutrire il cervello durante il digiuno o dopo il riposo notturno. Lo zucchero nel sangue fornisce una modesta quantità di energia, così come proteine e grassi. Quando lo zucchero manca, l’organismo inizia a produrre chetoni per nutrire
cervello e altri organi. Con il digiuno e l’eliminazione di carboidrati è possibile aumentare la concentrazione di chetoni.
Non soltanto questo fenomeno è un metodo approvato per la perdita di peso, ma
ha proprietà antitumorali: le cellule sane
posseggono la flessibilità metabolica di
utilizzare carboidrati e lipidi (e quindi
chetoni) per sopravvivere, mentre le cellule tumorali richiedono ingenti quantità
di glucosio, non potendo utilizzare l’energia dei corpi chetonici (ricavati dalla
degradazione dei grassi). Innalzando la
chetonemia si possono ridurre glucosio e
insulina nel sangue, diminuendo drasticamente il carburante primario per lo sviluppo della neoplasia.
Sin dalla nascita siamo in chetosi. Il latte materno contiene circa il 60% di grassi,
e questo spiega come anche da un punto di
vista naturale siamo stati “progettati” a consumare lipidi, piuttosto che carboidrati.
Seyfried sostiene che non venga prestata la dovuta attenzione all’argomento: “Il
motivo per il quale in America la dieta
chetogenica non viene prescritta è economico”, afferma Seyfried, autore del libro
Cancer as a Metabolic Disease. “L’oncologia è un business. C’é più gente che vive grazie ai tumori di quella che vi muore. La chemio e la radioterapia costituiscono un guadagno irrinunciabile per
ospedali e cliniche”.
Oltre al sostentamento, al calo ponderale e agli effetti antitumorali, è stato dimostrato che la chetosi aiuta a prevenire e curare patologie neurodegenerative quali
epilessia, alzheimer, parkinson e sclerosi
laterale amiotrofica. Tuttavia la dieta chetogenica è una terapia medica e va somministrata da professionale qualificato,
poiché potrebbe causare effetti collaterali
sul metabolismo se prescritta in maniera
scorretta. Anche il dr. Moss, nel suo libro
pioneristico Questioning Chemotherapy,
sostiene che l’efficacia della chemio e radioterapia contro il tumore non siano mai
state dimostrate. Moss, licenziato in seguito alla pubblicazione del libro, ha riportato alcuni dati shock in Doctored Results, tra cui un memorandum occultato
nel Centro di Tumori Sloan-Kettering, e i
risultati positivi di un trattamento oncologico alternativo (Laetrile).
Secondo Moss e Seyfried, la radioterapia danneggia anche le cellule sane intorno al tumore e il paziente potrebbe avere
una “ricaduta” in un altro distretto dell’organismo anni dopo. In pazienti con tumori al cervello, la radioterapia spesso
causa edemi, potenzialmente letali. Inoltre, la chemio e la radioterapia non curano integralmente i tumori e non estendo-
Seyfried, come tanti suoi colleghi, ritiene che il tumore sia una malattia metabolica e non genetica, e il modo migliore
di trattarlo è tramite una dieta, non iniettando cocktail di farmaci chemioterapici
o radiazioni, come pubblicato sul Medical Journal of Carcinogenesis. Questo
concetto è noto dal 1931, quando il fisiologo tedesco Otto Warburg vinse il premio Nobel per aver scoperto che le cellule tumorali possiedono importanti difetti
nei mitocondri e proliferano grazie agli
zuccheri.
Il dr. D’Agostino (University of South
Florida) sostiene: “La maggior parte degli specialisti ha sempre creduto che il tumore fosse una patologia genetica, ma solo il 5-10% dei tumori sono ereditari”. Nel
2012, l’urologo dr. Fine condusse uno studio pilota su 10 pazienti presso il Montefiore Medical Center nel Bronx, New
York, in cui sottopose per 28 giorni i partecipanti, affetti da tumori allo stadio
avanzato, a una rigida dieta chetogenica:
6 dei 10 pazienti risposero positivamente.
La d.ssa Scheck (Barrow Brain Tumor
Research Center) sostiene che la dieta
chetogenica possa contrastare alcuni tra i
tumori cerebrali più letali. Ecco qui riportati alcuni casi clinici di successo: Joe
Mancaruso (USA), tratta un tumore terminale ai polmoni con la chetogenesi e
senza chemioterapia; Alix Hayden (Canada), controlla il suo tumore cerebrale
con la dieta; Elaine Cantin (Canada) controlla il diabete di tipo I di suo figlio e il
suo tumore aggressivo al seno (Elaine ha
pubblicato The Cantin Ketogenic Diet);
Fred Hartfield (USA), dopo una prognosi di 3 mesi di vita, riesce ad avere una riduzione di massa e metastasi con la sola
chetogenica.
Secondo Seyfried è ormai giunto il momento per la comunità medico-scientifica
americana e mondiale di considerare la
dieta chetogenica come trattamento antitumorale alternativo.
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OSPEDALE SACRO CUORE DI GESÙ - BENEVENTO
BENEVENTO IN FESTA PER IL 50°
DI ORDINAZIONE SACERDOTALE
DI S. E. REV.MA MONS. ANDREA MUGIONE
Sabino Cubelli
N
el salone “Leone XIII” del palazzo arcivescovile, in Benevento, il
27 giugno scorso, è stato presentato il volume Antiquitatis flosculi, per omaggiare l’arcivescovo mons. Andrea Mugione, in occasione del 25° di episcopato e 50°
di sacerdozio alla sequela del Signore.
Ha introdotto e coordinato il curatore
del volume, mons. Mario Iadanza, vicario
episcopale per la Cultura e i Beni Culturali, che ha sottolineato: «L’opera vuole
essere un segno di gratitudine verso l’arcivescovo mons. Mugione per l’opera da
lui svolta nell’ambito della valorizzazione del patrimonio librario e documentario,
custodito dalla Chiesa beneventana e a favore della Cattedrale.
Gli studi pubblicati in Antiquitatis flosculi seguono infatti, il filo rosso segnato
dagli Istituti culturali centrali di questa
Chiesa e afferiscono tutti a particolari
aspetti riconducibili alle testimonianze
storico-artistiche e culturali, conservate
nell’archivio storico diocesano “Benedetto XIII”, nella Biblioteca capitolare, nella
Pubblica Biblioteca Arcivescovile “Francesco Pacca”, nel Museo diocesano, ai
quali si è aggiunta la Basilica Cattedrale,
oggetto tra il 2005 e il 2012 di una serie
di interventi di consolidamento e di restauro». Illuminante ed esauriente la re-
censione del decano della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia meridionale,
prof. Gaetano Di Palma, che ha illustrato
i singoli studi: gli scritti esaltano le competenze e le professionalità diverse, per
rendere gloria a Dio.
Il professore Di Palma con il piglio dello studioso, attento lettore del corposo testo, ha particolarmente evidenziato il ruolo imprescindibile della Chiesa locale, che
custodisce le memorie del passato e testimonia la Buona Novella nelle pieghe della storia, alle soglie del terzo millennio.
A concludere il cardinale Raffaele Farina, presidente della Pontificia commissione referente sull’Istituto per le Opere di
Religione, nonché Archivista e Bibliotecario emerito di Santa Romana Chiesa,
originario di Buonalbergo. Il porporato ha
definito la miscellanea: «Un lavoro scientifico di alta qualità». Con una “Lectio
magistralis”, ha trattato il tema della lettura con le sue differenti accezioni, considerando i variegati aspetti non trascurabili, per cogliere i contenuti proposti, al fine di interiorizzare il sapere, il vasto mondo delle conoscenze.
La Famiglia ospedaliera dell’Ospedale Fatebenefratelli di Benevento e la Redazione di Vita Ospedaliera porgono a
Sua Eccellenza i migliori auguri per il
servizio di pastore e guida dell’arcidiocesi beneventana.
Non sono mancati gli indirizzi di saluto
della dott.ssa Maria Rita Circelli, in rappresentanza del Prefetto di Benevento
dott.ssa Paola Galeone; del sindaco della città capoluogo, ing.
Fausto Pepe. Il vicario generale, mons. Pompilio Cristino, ha
donato il volume prestigioso
all’arcivescovo Mugione.
Da sinistra: Cardinale Farina e Mons. Mugione
18
faele Farina, circondato dai sacerdoti. Numerosi fedeli hanno assistito alla funzione
religiosa oranti, manifestando la gioia per
la vocazione sacerdotale del loro Pastore,
che a distanza di 50 anni continua a rinsaldare il legame indissolubile al Cristo
“Via, Verità e Vita”, nonché il “Maestro
ineguagliabile” a cui si è affidato senza alcuna incertezza, per assolvere degnamente al ministero presbiterale ed episcopale.
Il cardinale Farina ha ricordato nell’omelia le tre grandi funzioni del ministero sacerdotale: la preghiera, la predicazione,
l’amministrazione dei sacramenti. Hanno
concelebrato anche l’arcivescovo di
Amalfi, mons. Orazio Soricelli; l’arcivescovo emerito di Benevento mons. Serafino Sprovieri (predecessore di mon. Mugione) e il vescovo emerito di Troia-Lucera, mons. Francesco Zerrillo.
Il giorno seguente, 28 giugno nella Cattedrale, l’arcivescovo ha ricordato la sua ordinazione presbiterale nella concelebrazione eucaristica, presieduta da S. E.ma il Card. Raf-
Mons. Iadanza presenta il volume
Antiquitatis flosculi
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LA CARITÀ
NEL SILENZIO
TESTIMONIANZA
P. Raffaele Di Muro O.F.M.Conv.
I
n un tempo in cui i media sono attratti da situazioni di malasanità e da fatti davvero paradossali nei luoghi in
cui l’uomo sofferente dovrebbe essere al
primo posto, esistono isole felici nelle
quali è possibile ammirare l’opera encomiabile di quanti si prodigano a favore del
malato: è il caso dell’Ospedale “Sacro
Cuore” fondato e custodito dall’Ordine
ospedaliero di san Giovanni di Dio in Benevento.
Oggi vivo in una comunità in Roma, ma
durante la mia permanenza nel centro sannita per oltre nove anni, in molte occasioni ho avuto modo di frequentare detto nosocomio, a esempio in casi in cui la mia
salute o quella dei miei confratelli lo richiedeva e ho sempre trovato cura e accoglienza. In modo particolare, ricordo
che con il personale medico ho assistito fino al decesso l’indimenticato frate minore conventuale, P. Antonio Di Monda, che
fino all’ultimo è stato amorevolmente accompagnato dai medici.
Inoltre, per molti anni ho frequentato le
comunità dei religiosi e delle religiose, che
lì effettuano sapientemente un prezioso
servizio, in qualità di confessore o conferenziere, e devo dare atto a questi consacrati che sono autentici angeli. Non è un
modo di dire, non si tratta di una “frase fatta”, bensì è quanto ho sempre percepito.
A esempio, tra me, i Fatebenefratelli e le
suore vi era uno speciale accordo: mi
avrebbero chiamato in casi particolari riguardanti ammalati in fin di vita che desideravano riconciliarsi con il Signore, oppure quando vi erano familiari per quali era
necessaria una particolare assistenza spirituale. Non ero il cappellano dell’ospedale,
ma un semplice amico da chiamare in
emergenze che richiedevano un supporto
spirituale. In questo modo, unitamente alle suore,
ai religiosi e ai
medici ho avuto
la possibilità di
accompagnare
alla guarigione o
alla morte tante
persone che hanno in ogni caso
avuto modo di
sperimentare,
per il nostro tramite, la presenza
consolatoria di
Cristo.
Mons. Mugione, padre Di Muro, Gabriella Mongillo (Com. pol. prov.le)
Posso davvero attestare, e con gioia lo
sottolineo nel tempo in cui si ricorda il IV
centenario della presenza dell’ospedale
retto dai Fatebenefratelli in Benevento,
che quanti si curano in questa struttura trovano professionisti carichi di umanità e
consacrati pronti all’assistenza spirituale
pur nelle situazioni più difficili.
quali la latitanza dei cappellani, la maleducazione verso i familiari e – peggio ancora – verso il malato. Si tratta di nosocomi famosi su scala nazionale nei quali non
si respira aria evangelica, pur con fondatori santi. Queste esperienze negative mi
hanno fatto apprezzare ancor di più quanto ho vissuto a Benevento.
Questa è la mia testimonianza, anche alla luce del fatto che sovente in questi anni ho frequentato realtà sanitarie di estrazione cattolica nelle quali non ho trovato
la stessa cura per l’ammalato, lo stesso calore per i familiari, la stessa partecipazione alla sofferenza.
L’Ospedale “Sacro Cuore” senza fare
troppo chiasso e senza autoesaltazioni di
sorta, passo dopo passo, nel solco della
tradizione, pone in essere le condizioni
più favorevoli per chi ha bisogno di cure
e per i parenti, in un’armonia che coinvolge al meglio la dimensione fisica e spirituale.
Infatti, quando si chiede al padre superiore di Benevento, fra Angelico Bellino,
una notizia su un degente, è sempre disponibile a soddisfare le richieste. Altrove,
invece, ho sperimentato che spesso l’ammalato è un numero, lasciato al proprio destino e trattato con approssimazione.
Spesso mi è capitato di constatare in altri ospedali cattolici fenomeni gravissimi
Plaudo, dunque, al lavoro encomiabile
svolto in questa realtà ospedaliera che, come ovvio, avrà pure difetti, ma nella quale vi è comunque, da parte di ogni operatore, dei religiosi e delle religiose, la volontà di rispondere a una precisa vocazione: donare carità a chi soffre. L’Ospedale
“Fatebenefratelli” è una perla preziosa da
tenersi ben stretta.
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OSPEDALE BUON CONSIGLIO - NAPOLI
UN DOLCE RITORNO
A CHIUSURA
DEL MESE DI MAGGIO
Fr. Giacinto M. Caronia o.f.m.
I
l 28 maggio 2014 c’è stato qui a Napoli un avvenimento particolare presso il nostro Ospedale, sul terrazzo
prospiciente la struttura, un tempo Aspirantato della Provincia Romana dei Fatebenefratelli.
Davanti a un panorama mozzafiato del
golfo di Napoli con la visuale del Vesuvio,
della penisola sorrentina fino all’isola di
Capri. Lo sguardo non si appaga di fronte a tanta bellezza, del resto, non può essere diversamente, data la circostanza del
ritorno e la benedizione della statua della
Beata Vergine Maria nel suo tempietto ristrutturato che domina il grande terrazzo.
La sua presenza fin dall’anno 1962, nel 1°
decennale dell’inaugurazione dell’Aspirantato, è stata di materna protezione a tutti gli
aspiranti che si sono susseguiti negli anni.
Quante volte i diversi frati - ora di una
certa età - hanno raccontato durante la lo-
Tempietto della Madonna ristrutturato
20
ro permanenza in aspirantato, in questo
luogo, la presenza della statua della Santa Vergine. Ognuno la sentiva come sua
madre, protetto e incoraggiato nei diversi
stati d’animo o avvenimenti nella crescita umana e vocazionale in una fascia così
delicata dell’adolescenza e gioventù, dove avviene la trasformazione psicofisica,
dove si vivono i diversi turbamenti che lo
sviluppo comporta: gioia, tristezza - dove
si passa da uno stato all’altro di vedere la
vita e la vocazione religiosa in una luce
chiara o nel più grande buio. Allora bastava dare uno sguardo alla cara immagine e magari, ritornava il sereno e la luce
con una preghiera o semplicemente uno
sguardo di aiuto.
le la funzione - dall’altare sotto un gazebo, ai canti liturgici e all’accoglienza. È
stata celebrata la Liturgia Votiva della
Vergine del “Buon Consiglio” titolare del
nostro ospedale. Abbiamo affidato a Lei
tutto il nostro Ospedale con i suoi ammalati di tutti i giorni e tutti noi a loro servizio, chiedendo la grazia di essere sempre
pieni di fede e di amore come ci insegna
il cuore di san Giovanni di Dio. Tutto si è
svolto con tanta serenità e gioia.
Alla fine, ha preso la parola il P. Provinciale fra Gerardo: ringraziando tutti i
presenti per la gentile partecipazione e
augurando per ognuno di saper guardare
e invocare Maria nella nostra missione di
servizio a quelli che sono i più cari al cuore di Gesù e Maria. Al termine della funzione, il P. Superiore ha voluto offrire un
ricevimento per la gioia di stare insieme,
il quale è stato molto gradito dato il motivo e il luogo tanto caro e bello.
Si è voluto ricordare questo avvenimento con una celebrazione Eucaristica.
Prima della benedizione e celebrazione fra Alberto - il superiore, ha preso la parola per dare la spiegazione e il significato di tale avvenimento e il benvenuto al P.
Un ringraziamento, prima al Signore,
Provinciale fra Gerardo, fra Pietro, fra
Bartolomeo e fra Celestino, insieme a me- poi a fra Alberto che è stato ispirato per
dici e personale da Roma, -nonché i nostri un tale avvenimento. Il Signore e la Sanoperatori sanitari, medici, infermieri e ta Vergine nonché il Padre san Giovanni
quanti servono il nostro ospedale. Ci ha il- gli diano forza, zelo e dono di fede e di
lustrato un po’ l’iter della presenza della amore.
Immagine della
santa
Vergine.
Poi, come si dice:
“il tempo cambia
uomini e cose”.
Dei diversi cambiamenti e finalità delle strutture
hanno portato il
tramonto anche
della
presenza
della statua della
santa Vergine. Le
nostre Suore hanno preparato in
Celebrazione eucaristica
modo ineccepibi-
VO n° 07 luglio 2014_VO n° 07 luglio 2014 21/07/14 11.05 Pagina 21
UNA GIORNATA PARTICOLARE ALL’OSPEDALE
“BUON CONSIGLIO” FATE BENE FRATELLI - NAPOLI
La celebrazione del 50° anniversario di sacerdozio di P. Giacinto Caronia
Don Vincenzo Pelella, SDV
I
l 28 giugno u.s., festa liturgica del
Cuore Immacolato della B.V. Maria,
la Comunità Religiosa e l’Ospedale
Buon Consiglio hanno vissuto in fraternità ospedaliera e francescana una giornata
veramente memorabile, celebrando l’evento significativo: l’anniversario di vita sacerdotale del cappellano, P. Giacinto Caronia O.F.M.
L’Ospedale “Fate Bene Fratelli” a Napoli è considerato una struttura di eccellenza, non solo per l’alta professionalità e
l’efficienza di alcuni reparti (cardiologia,
ortopedia, ginecologia, ecc.) ma soprattutto per tante iniziative di ricaduta morale e sociale. (La banca del latte per le puerpere che non possono allattare...). Attualmente, sotto il profilo pastorale e spirituale, oltre ad avvalersi della presenza e guida religiosa del superiore, fra Alberto Angeletti, le stanze dell’ospedale vedono avvicendarsi le buone suore samaritane delle due comunità, polacche e indiane, che
affiancano il prezioso e insostituibile lavoro del personale specializzato.
Tornando all’evento che è al centro di
queste modeste note, le comunità menzionate, con tutto il personale ospedaliero, si sono strette intorno all’umile e laborioso cappellano per condividerne il
traguardo mirabile della sua vita apostolica, avendo egli già ricoperto diversi uffici di responsabilità pastorali e religiose all’interno delle “fraternità” (comunità)
francescane, tra i quali il più delicato,
quello di maestro dei novizi. Da 20 anni
ormai P. Giacinto si è fatto compagno di
strada e prossimo della varia umanità sofferente tra le corsie dell’ospedale, di cui è
ritenuto un’icona.
Il momento clou della festa è giunto con
la solenne concelebrazione eucaristica,
presieduta dallo stesso P. Giacinto nella
cappella dell’ospedale. Erano presenti all’altare accanto ai due concelebranti, P.
Agostino Esposito, il Padre Provinciale
O.F.M., fra Domenico Capasso, guardiano
di san Pasquale a Chiaia e mons. Antonio
Tredicini, Cancelliere della Curia di Napoli, che celebrava anch’egli il suo 45° an-
niversario di sacerdozio (e non era poco),
i rappresentanti di diversi Istituti religiosi.
Per i Padri Vocazionisti, d. Raffaele Castiglione (Superiore Generale Emerito), don
Vincenzo Pelella, attualmente parroco di
santa Maria Assunta di Costantinopoli a
Posillipo, P. Calexto Peligrino, I Padri Barnabiti, P. Giuseppe Montesano.
Ad animare la santa messa il coro della
cappella formato da suore e laici con fra
Alessandro, o.f.m. alla pianola. Tra i banchi, in prima fila, fra Alberto, il regista.
La cappella era gremita di fedeli, all’inverosimile. Confusi tra la folla, nell’assemblea, i due direttori, il dott. Alberto
Carbone e il collega del reparto amministrativo, il dott. Antonio Capuano, e poi
tanti medici, infermieri, assistenti. Insomma, l’ospedale in miniatura.
L’omelia, essenziale e diretta, del Padre
Provinciale ha esaltato lo spirito di dedizione, di umiltà e carità concreta, che ha
contrassegnato l’azione del festeggiato, il
quale nel ringraziamento finale, in perfetta sintonia con il suo stile di vita e di pensiero, ha lodato Dio per la bontà manifestatagli nei suoi percorsi esistenziali, attribuendo poi il merito a tutto il chiasso intorno alla sua persona al “serafico” priore: onore a entrambi.
L’agape fraterna offerta con il cuore, da
fra Alberto, arbiter elegantium, e servita
magistralmente, ha chiuso la prima parte
della giornata.
P. Giacinto -occhiali scuri- e Concelebranti, fr Alberto e dr Capuano
Dimenticavo… a scoppio ritardato, ma
sempre puntualissimo… è arrivato lo
“stornellatore” P. Vittorio Messori Pallottino, che tra un boccone e l’altro preso in
fretta (colpa dell’apostolato), ha allietato
dulcis in fundo la tavola con la sua “chicca” poetica.
21
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O S P E D A L E B U C C H E R I L A F E R L A - PA L E R M O
PREVENZIONE DELLA
MORTALITÀ MATERNA
E IN UTERO
Congresso Internazionale organizzato dall’Ospedale
Buccheri La Ferla
Cettina Sorrenti
N
el mondo, il numero di donne che
ogni anno muoiono per complicazioni legate alla gravidanza e
al parto negli ultimi 18 anni è diminuito
del 34%. Lo rileva, il nuovo rapporto
“Trends in maternal mortality: 1990 to
2008” presentato a maggio del 2014 da
UNICEF, OMS, UNFPA e Banca Mondiale. Si è passati da 546.000 decessi del
1990 ai 358.000 casi l’anno nel 2008.
Esiste una forte discrepanza nella distribuzione dei decessi. La maggior parte
di essi è concentrata nell’Africa Sub-Sahariana e in Asia Meridionale. Il tasso di
mortalità calcolato su 100.000 parti è mediamente 12 nei Paesi Industrializzati e
500 nelle suddette aree. Le cause principali di decesso sono: gravi emorragie dopo il parto, infezioni, crisi ipertensive,
aborti effettuati in condizioni non sicure.
Per l’Organizzazione Mondiale della
Sanità (OMS) la salute materno-infantile
rappresentando una componente fonda-
mentale della salute, è un tema di enorme
importanza sanitaria e richiede investimenti, progetti, energie e impegno.
Per quanto riguarda l’Italia, il tasso si
aggira intorno all’11.8 per 100.000 nati
vivi, con notevoli differenze interregionali. I dati più bassi sono stati registrati al
Nord e in Toscana con 8 morti ogni
100.000 nati vivi, mentre in Sicilia si arriva a 22 morti per 100.000 nati vivi, preceduti dal Lazio con 13.
Occorre individuare strategie e procedure idonee a prevenire la mortalità materna e in utero soprattutto nelle regioni in
cui l’incidenza di tale problematica è superiore rispetto alle altre regioni d’Italia.
Per tali motivi l’Unità Operativa Complessa di Ostetricia e Ginecologia del nostro Ospedale, diretta dalla dott.ssa Maria
Rosa D’Anna ha organizzato un Congresso Internazionale dal titolo: “Highlights
on Stillbirth and Maternal Mortality”.
I lavori hanno avuto inizio il 29 maggio al
teatro “Massimo” di Palermo. Il congresso, promosso dal Ministero della Salute, è
proseguito il 30 e 31 maggio al Teatro
“Massimo”. Hanno partecipato esperti
nazionali e internazionali provenienti dagli Stati Uniti, dall’Inghilterra, dall’Olanda e dalla Spagna.
“Per la mortalità materna e in utero sono stati identificati diversi fattori di rischio, alcuni incomprimibili (l’etnia, i fattori socioeconomici e l’età materna avanzata) e altri su cui è possibile un intervento migliorativo, come le infezioni, l’esposizione a tossici e alcune patologie
materne. Migliorando l’approccio e l’accesso alle cure, e rendendo più disponibili assistenza qualificata, trattamenti farmacologici e formazione degli operatori
– ha spiegato la dott.ssa D’Anna - ma anche la prevenzione nel corso della gravidanza, del parto e dei primi anni di vita
del bambino è possibile, infatti, prevenire
le morti evitabili. L’attenzione alla salute
materno–infantile riguarda le pratiche
preventive e quelle postnatali”.
BUON ONOMASTICO FRA LUIGI
I
lontà di suo padre e seguire Dio. Ha avuto la forza di rinunciare al mondo, e al suo
titolo di Marchese (ha abdicato in favore
del fratello Rodolfo).
ricchezza di questo mondo. Scegliere Dio
significa anche accettare le nostre debolezze e miserie. Dio sa sempre quando tirarci fuori dalle stesse.
È stato lo stesso fra Luigi a celebrare la
messa nella nostra Chiesa. Durante l’omelia ha ricordato il coraggio e la forza
del giovane Luigi, che con il sostegno della mamma ha saputo andare contro la vo-
Il giovane santo ha trovato il suo vero
“Io” in Gesù. Con la sua scelta, è stato un
vittorioso. Luigi sapeva che il Padre celeste si prende cura di tutto e di tutti. La Parola di Dio deve essere la nostra luce che
ci infonde fiducia nel nostro cammino.
L’uomo deve scegliere, o servire Dio o la
Per noi che operiamo in Ospedale, la
nostra missione è servire Cristo nei malati. Dobbiamo svolgere il nostro servizio
con amore. Dobbiamo vivere sull’esempio di Luigi Gonzaga e Giovanni di Dio.
Alla fine della Messa si è tenuto un piccolo brindisi di auguri.
l 21 giugno, in un caldo sabato di inizio estate, si è svolta la celebrazione
eucaristica in onore di san Luigi Gonzaga. È stata l’occasione per festeggiare
l’onomastico del superiore dell’Ospedale,
fra Luigi Gagliardotto.
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MISSIONI FILIPPINE
NEWSLETTER
SAN GIOVANNI GRANDE
Le due Comunità delle Filippine si sono riunite la mattina del tre giugno a
Manila per celebrare congiuntamente la
festa di San Giovanni Grande. Ha presieduto la Concelebrazione mons. Edgardo S. Juanich, presule di Taytay e affiliato al nostro Ordine, e durante il Rito lo Scolastico fra Pio A. Troyo ha rinnovato i Voti annuali nelle mani di fra
Firmino O. Paniza, a ciò Delegato dal
Superiore Provinciale, fungendo da testimoni il Priore di Manila e fra Raffaele L. Benemerito.
VISITA DEL P. PROVINCIALE
Dal 7 al 12 giugno abbiamo avuto la
visita del nostro nuovo Provinciale, fra
Gerardo D’Auria, reduce dall’Incontro
a Los Angeles per la Regione dell’Asia
Pacifico, dove s’è deciso istituire nelle
Filippine sia un Centro di Formazione
per futuri Maestri di Formazione, cui è
già stata assicurata una sede autonoma
provvisoria in Quezon City, sia un Noviziato Interprovinciale da noi ad Amadeo, in cui ricevere i Novizi che siano
già fluenti in inglese.
FINITE LE VACANZE
Lunedì 9 giugno è iniziato il nuovo
anno scolastico nei nostri due Centri per
Manila: La rinnovazione di Voti di fra Pio
la Gioventù Disabile di Manila, che ha
65 alunni, e di Amadeo, che ne ha 70, di
cui 8 in prima Elementare e 7 in seconda Elementare, avviata ora.
In giugno sono tornati sui banchi anche due nostri Confratelli, impegnati a
conseguire il diploma di Assistente Sociale: fra Giovanni di Dio C. Acosta, che
è ora al secondo anno, e fra Ramiele A.
Guinandam, che è già al terzo anno.
A BENEVENTO E A NETTUNO
Dal venti giugno il Priore di Manila
ha trascorso alcuni giorni in Italia per tenere una delle relazioni al Convegno
Storico con cui a Benevento sono stati
ricordati il 23 giugno i quattro secoli di
presenza dell’Ordine in tale città.
Ha poi preso parte a Nettuno ai Riti,
dal pomeriggio del 5 luglio alla notte del
6, con cui nella Parrocchia di Santa Barbara sono stati celebrati sia Santa Maria
Goretti, di cui ricorreva la festa, sia San
Benedetto Menni, nell’anno del centenario della sua morte, ed ha rievocato
per cinque volte a successivi folti gruppi di fedeli i legami che i due Santi ebbero con l’Ospedale, fondatovi nel 1892
dal nostro celebre dentista fra Giovanni
Battista Orsenigo, e la cui Cappella è
utilizzata ora come Chiesa Parrocchiale. Per l’occasione sono stati introniz-
Nettuno: il nuovo quadro della Madonna
zati due dipinti a olio su tela, eseguiti dal
pittore filippino Eladio S. Santos: in un
altare laterale, quello di San Benedetto
Menni; nell’altare centrale quello della
Madonna del Buon Consiglio, cui fra
Orsenigo dedicò la Chiesa. Egli è ora sepolto nel pilastro dell’ingresso della
Chiesa, in modo che abbia di fronte a sé
l’effigie della “sua” Madonna, il cui titolo di Madre del Buon Consiglio nel
1903 zelò fosse inserito da Leone XIII
nelle Litanie Lauretane che recitiamo al
termine del Rosario. Quando la Cappella andò in disuso, la tela postavi
nel 1893 da fra Orsenigo fu rubata e
fu poi sostituita con una foto a colori, sicché ora il parroco ha preferito
mettervi un dipinto.
Amadeo: il padre Provinciale con l’équipe del Centro di Riabilitazione
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I FATEBENEFRATELLI
ITALIANI NEL MONDO
I Fatebenefratelli d'ogni lingua sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 290 opere.
I Religiosi italiani realizzano il loro apostolato nei seguenti centri:
CURIA GENERALIZIA
www.ohsjd.org
• ROMA
Centro Internazionale Fatebenefratelli
Curia Generale
Via della Nocetta 263 - Cap 00164
Tel 06.6604981 - Fax 06.6637102
E-mail: segretario@ohsjd.org
Ospedale San Giovanni Calibita
Isola Tiberina 39 - Cap 00186
Tel 06.68371 - Fax 06.6834001
E-mail: frfabell@tin.it
Sede della Scuola Infermieri
Professionali “Fatebenefratelli”
Fondazione Internazionale Fatebenefratelli
Via della Luce 15 - Cap 00153
Tel 06.5818895 - Fax 06.5818308
E-mail: fbfisola@tin.it
Ufficio Stampa Fatebenefratelli
Lungotevere de' Cenci, 5 - 00186 Roma
Tel.: 06.6837301 - Fax: 06.68370924
E-mail: ufficiostampafbf@gmail.com
• CITTÀ DEL VATICANO
Farmacia Vaticana
Cap 00120
Tel 06.69883422
Fax 06.69885361
• PALERMO
Ospedale Buccheri-La Ferla
Via M. Marine 197 - Cap 90123
Tel 091.479111 - Fax 091.477625
www.ospedalebuccherilaferla.it
• MONGUZZO (CO)
Centro Studi Fatebenefratelli
Cap 22046
Tel 031.650118 - Fax 031.617948
E-mail: monguzzo@fatebenefratelli.it
• ALGHERO (SS)
Soggiorno San Raffaele
Via Asfodelo 55/b - Cap 07041
• ROMANO D’EZZELINO (VI)
Casa di Riposo San Pio X
Via Cà Cornaro 5 - Cap 36060
Tel 042.433705 - Fax 042.4512153
E-mail: s.piodecimo@fatebenefratelli.it
MISSIONI
• FILIPPINE
San Juan de Dios Charity Polyclinic
1126 R. Hidalgo Street - Quiapo 1001 Manila
Tel 0063.2.7362935 - Fax 0063.2.7339918
E-mail: ohmanila@yahoo.com
http://ohpinoy.wix.com/phils
Sede dello Scolasticato e Postulantato
della Delegazione Provinciale Filippina
San Ricardo Pampuri Center
26 Bo. Salaban
Amadeo 4119 Cavite
Tel 0063.46.4835191 - Fax 0063.46.4131737
E-mail: fpj026@yahoo.com
http://bahaysanrafael.weebly.com
Sede del Noviziato della Delegazione
PROVINCIA ROMANA
PROVINCIA LOMBARDO-VENETA
www.provinciaromanafbf.it
www.fatebenefratelli.it
• ROMA
Curia Provinciale
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33553570 - Fax 06.33269794
E-mail: curia@fbfrm.it
Centro Studi e Scuola Infermieri Professionali “San Giovanni di Dio”
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33553535 - Fax 06.33553536
E-mail: centrostudi@fbfrm.it
Sede dello Scolasticato della Provincia
Centro Direzionale
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.3355906 - Fax 06.33253520
Ospedale San Pietro
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33581 - Fax 06.33251424
www.ospedalesanpietro.it
• GENZANO DI ROMA
Istituto San Giovanni di Dio
Via Fatebenefratelli 3 - Cap 00045
Tel 06.937381 - Fax 06.9390052
www.istitutosangiovannididio.it
E-mail: vocazioni@fbfgz.it
Sede del Noviziato Interprovinciale
• BRESCIA
Centro San Giovanni di Dio
Via Pilastroni 4 - Cap 25125
Tel 030.35011 - Fax 030.348255
centro.sangiovanni.di.dio@fatebenefratelli.it
Sede del Centro Pastorale Provinciale
Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico San Giovanni di Dio
Via Pilastroni 4 - Cap 25125
Tel 030.3533511 - Fax 030.3533513
E-mail: irccs@fatebenefratelli.it
Asilo Notturno San Riccardo Pampuri
Fatebenefratelli onlus
Via Corsica 341 - Cap 25123
Tel 030.3501436 - Fax 030.3530386
E-mail: asilonotturnopampuri@libero.it
• CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MI)
Curia Provinciale
Via Cavour 2 - Cap 20063
Tel 02.92761 - Fax 02.9241285
Sede del Centro Studi e Formazione
Sede Legale
Milano: Via San Vittore 12 - Cap 20123
e-mail: prcu.lom@fatebenefratelli.org
Centro Sant’Ambrogio
Via Cavour 22 - Cap 20063
Tel 02.924161 - Fax 02.92416332
E-mail:a s.ambrogio@fatebenefratelli.it
• SAN COLOMBANO AL LAMBRO (MI)
Centro Sacro Cuore di Gesù
Viale San Giovanni di Dio 54 - Cap 20078
Tel 037.12071 - Fax 037.1897384
E-mail: scolombano@fatebenefratelli.it
• SAN MAURIZIO CANAVESE (TO)
Beata Vergine della Consolata
Via Fatebenetratelli 70 - Cap 10077
Tel 011.9263811 - Fax 011.9278175
E-mail: sanmaurizio@fatebenefratelli.it
Comunità di accoglienza vocazionale
• SOLBIATE (CO)
Residenza Sanitaria Assistenziale
San Carlo Borromeo
Via Como 2 - Cap 22070
Tel 031.802211 - Fax 031.800434
E-mail: s.carlo@fatebenefratelli.it
Sede dello Scolasticato
• TRIVOLZIO (PV)
Residenza Sanitaria Assistenziale
San Riccardo Pampuri
Via Sesia 23 - Cap 27020
Tel 038.293671 - Fax 038.2920088
E-mail: s.r.pampuri@fatebenefratelli.it
• VARAZZE (SV)
Casa Religiosa di Ospitalità
Beata Vergine della Guardia
Largo Fatebenefratelli - Cap 17019
Tel 019.93511 - Fax 019.98735
E-mail: bvg@fatebenefratelli.it
• VENEZIA
Ospedale San Raffaele Arcangelo
Madonna dellʼOrto 3458 - Cap 30121
Tel 041.783111 - Fax 041.718063
E-mail: s.raffaele@fatebenefratelli.it
Sede del Postulantato e dello Scolasticato
della Provincia
• CROAZIA
Bolnica Sv. Rafael
Milosrdna Braca Sv. Ivana od Boga
Sumetlica 87 - 35404 Cernik
E-mail: frakristijan@fatebenefratelli.it
MISSIONI
• NAPOLI
Ospedale Madonna del Buon Consiglio
Via A. Manzoni 220 - Cap 80123
Tel 081.5981111 - Fax 081.5757643
www.ospedalebuonconsiglio.it
• ERBA (CO)
Ospedale Sacra Famiglia
Via Fatebenefratelli 20 - Cap 22036
Tel 031.638111 - Fax 031.640316
E-mail: sfamiglia@fatebenefratelli.it
• ISRAELE - Holy Family Hospital
P.O. Box 8 - 16100 Nazareth
Tel 00972.4.6508900 - Fax 00972.4.6576101
• BENEVENTO
Ospedale Sacro Cuore di Gesù
Viale Principe di Napoli 14/a - Cap 82100
Tel 0824.771111 - Fax 0824.47935
www.ospedalesacrocuore.it
• GORIZIA
Casa di Riposo Villa San Giusto
Corso Italia 244 - Cap 34170
Tel 0481.596911 - Fax 0481.596988
E-mail: s.giusto@fatebenefratelli.it
• TOGO - Hôpital Saint Jean de Dieu
Afagnan - B.P. 1170 - Lomé
Altri Fatebenefratelli italiani sono presenti in:
• BENIN - Hôpital Saint Jean de Dieu
Tanguiéta - B.P. 7