vitaospedaliera vitaospedaliera - Provincia Romana Fatebenefratelli

VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 1
VITAOSPEDALIERA
Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana
POSTE ITALIANE S.p.A. - SPED. IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 2 - DCB ROMA
ANNO LXIX - N° 02
FEBBRAIO 2014
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EDITORIALE
S O M M A R I O
4
La giornata mondiale del malato
5
La seconda navigazione
della bioetica
6
Schiavitù
7
Ma in che mondo viviamo
8
L’alimentazione dei bambini
come stile di vita per prevenire l’obesità
9
La frattura dell’estremo prossimale
del femore nel grande anziano:
anestesia generale o anestesia loco-regionale?
10
Ampollosità, vistoso abbigliamento
e vuoto linguaggio
caratterizzano i dottori nel XVIII secolo
XL – ...ma altri geniali medici imboccano
la strada della moderna patologia d’organo
11
Schegge Giandidiane N. 40b
Fra Giovanni Battista Orsenigo
un gigante dal cuore buono
15
Ora tocca a Lui!
16
Convulsioni da ossigeno iperbarico:
perchè si verificano e come prevenirle
17
Le principali malattie parassitarie
dell’apparato urogenitale: L’Echinococcosi
18
Giovani... vivete in pienezza la
vostra vita!
DALLE NOSTRE CASE
19
Ospedale San Pietro - Roma
Un beneventano al San Pietro di Via Cassia
20-21
Ospedale Sacro Cuore
di Gesù - Benevento
Consegna di una targa per il progetto
di fotodinamica tra la dermatologia
del Fatebenefratelli e lʼInner Wheel di Benevento
Seminario di studio: “standard di organizzazione
e di performance della sala operatoria”
22
Ospedale Buccheri La Ferla - Palermo
Iniziati i lavori di costruzione del centro
di accoglienza “Beato P. Olallo”
Giornata mondiale del malato:
la messa in ospedale”
23
Newsletter - Filippine
VITA OSPEDALIERA
Rivista mensile dei Fatebenefratelli della Provincia Romana
ANNO LXIX
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Redazione: Franco Piredda
Collaboratori: fra Elia Tripaldi sac. o.h., fra Giuseppe Magliozzi o.h., fra Massimo Scribano o.h.,
Mariangela Roccu, Maria Pinto, Raffaele Sinno,
Pier Angelo Iacobelli, Alfredo Salzano, Cettina
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Segreteria di redazione: Marina Stizza, Katia
Di Camillo
Amministrazione: Cinzia Santinelli
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Finito di stampare: febbraio 2014
In copertina: Giovanni Paolo II incontrando nella
visita pastorale del luglio 1990 i malati del nostro
Ospedale di Benevento, dove siamo da 400 anni
MISTERO
DELLA
SOFFERENZA
L
L. Baldi: San Giovanni Grande assistendo un appestato
RUBRICHE
a Chiesa riconosce in voi, cari ammalati, una speciale
presenza di Cristo sofferente.
È così: accanto, anzi, dentro la nostra sofferenza c’è quella di Gesù,
che ne porta insieme a noi il peso e
ne rivela il senso». Sono le parole di
Papa Francesco nel messaggio per la XXII GIORNATA MONDIALE DEL MALATO (11 febbraio 2014), il cui tema era “Fede e carità: ‘Anche noi dobbiamo dare la vita per i
fratelli’ (1 Gv 3,16)”. «Quando il Figlio di Dio è salito sulla croce - scrive il Papa ha distrutto la solitudine della sofferenza e ne ha illuminato l’oscurità. Siamo posti in
tal modo dinanzi al mistero dell’amore di Dio per noi, che ci infonde speranza e coraggio: speranza, perché nel disegno d’amore di Dio anche la notte del dolore si apre
alla luce pasquale; e coraggio, per affrontare ogni avversità in sua compagnia, uniti
a Lui. Il Figlio di Dio fatto uomo non ha tolto dall’esperienza umana la malattia e la
sofferenza, ma, assumendole in sé, le ha trasformate e ridimensionate. Ridimensionate, perché non hanno più l’ultima parola, che invece è la vita nuova in pienezza; trasformate, perché in unione a Cristo da negative possono diventare positive. Gesù è la
via, e con il suo Spirito possiamo seguirlo. Come il Padre ha donato il Figlio per amore, e il Figlio ha donato se stesso per lo stesso amore, anche noi possiamo amare gli
altri come Dio ha amato noi, dando la vita per i fratelli».
«La fede nel Dio buono diventa bontà - afferma Papa Francesco -, la fede nel Cristo
Crocifisso diventa forza di amare fino alla fine e anche i nemici. La prova della fede autentica in Cristo è il dono di sé, il diffondersi dell’amore per il prossimo, specialmente
per chi non lo merita, per chi soffre, per chi è emarginato». Il Papa ricorda che «quando ci accostiamo con tenerezza a coloro che sono bisognosi di cure, portiamo la speranza e il sorriso di Dio nelle contraddizioni del mondo. Quando la dedizione generosa verso gli altri diventa lo stile delle nostre azioni, facciamo spazio al Cuore di Cristo
e ne siamo riscaldati, offrendo così il nostro contributo all’avvento del Regno di Dio».
Papa Francesco prosegue il suo messaggio invitandoci a guardare a Maria come a nostro modello, poiché è «la Madre di Gesù e Madre nostra, attenta alla voce di Dio e
ai bisogni e difficoltà dei suoi figli. Maria, spinta dalla divina misericordia che in lei
si fa carne, dimentica se stessa e si incammina in fretta dalla Galilea alla Giudea per
incontrare e aiutare la cugina Elisabetta; intercede presso il suo Figlio alle nozze di
Cana, quando vede che viene a mancare il vino della festa; porta nel suo cuore, lungo il pellegrinaggio della vita, le parole del vecchio Simeone che le preannunciano
una spada che trafiggerà la sua anima, e con fortezza rimane ai piedi della Croce di
Gesù. Lei sa come si fa questa strada e per questo è la Madre di tutti i malati e i sofferenti. Possiamo ricorrere fiduciosi a lei con filiale devozione, sicuri che ci assisterà,
ci sosterrà e non ci abbandonerà. È la Madre del Crocifisso Risorto: rimane accanto
alle nostre croci e ci accompagna nel cammino verso la risurrezione e la vita piena».
«San Giovanni, il discepolo che stava con Maria ai piedi della Croce, ci fa risalire
alle sorgenti della fede e della carità, al cuore di Dio che ‘è amore’ (1 Gv 4,8.16), e
ci ricorda che non possiamo amare Dio se non amiamo i fratelli. Chi sta sotto la Croce con Maria, impara ad amare come Gesù. La Croce è la certezza dell’amore fedele
di Dio per noi. Un amore così grande che entra nel nostro peccato e lo perdona, entra nella nostra sofferenza e ci dona la forza per portarla, entra anche nella morte per
vincerla e salvarci…La Croce di Cristo invita anche a lasciarci contagiare da questo
amore, ci insegna a guardare sempre l’altro con misericordia e amore, soprattutto chi
soffre, chi ha bisogno di aiuto».
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CHIESA E SALUTE
LA GIORNATA MONDIALE
DEL MALATO
Fra Elia Tripaldi sac. o.h.
L
a “Giornata Mondiale del Malato’’, - istituita dal Pontefice ora
Beato Giovanni Paolo II, dietro
sollecitazione del card. Fiorenzo Angelini, presidente del “Pontificio Consiglio
della Pastorale per gli Operatori Sanitari”,
oggi “Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute” – “ha lo scopo manifesto
di sensibilizzare il Popolo di Dio e, di conseguenza, le molteplici Istituzioni Sanitarie Cattoliche e la stessa società civile,
alla necessità di assicurare la migliore assistenza agli infermi; di aiutare chi è ammalato a valorizzare, sul piano umano e
soprattutto su quello soprannaturale, la
sofferenza; a coinvolgere in maniera particolare le diocesi, le comunità cristiane,
le Famiglie religiose nella pastorale sanitaria; a favorire l’impegno sempre più
prezioso del volontariato; a richiamare
l’importanza della formazione spirituale e
morale degli operatori sanitari e, infine, a
far meglio comprendere l’importanza dell’assistenza religiosa agli infermi da parte dei sacerdoti diocesani e regolari, nonché di quanti vivono e operano accanto a
chi soffre1.
Anche il Pontefice emerito, Benedetto
XVI, nei suoi messaggi inviati a tutti gli
operatori sanitari, pastorali e volontari
nell’avvicinarsi della “Giornata”, richiama l’importanza di questo evento che “offre l’opportunità alle comunità parrocchiali e diocesane di prendere sempre più
coscienza di essere “famiglia di Dio”, e le
incoraggia a rendere percepibile nei villaggi, nei quartieri e nelle città l’amore del
Signore, il quale chiede “che nella Chiesa stessa, in quanto famiglia, nessun
membro soffra perché nel bisogno” (Deus
caritas est, 25). La testimonianza della
carità fa parte della vita stessa di ogni comunità cristiana”(Messaggio, 2.2.2009).
La sua prima celebrazione è avvenuta
l’11 Febbraio 1993, giorno della memo-
4
- sviluppare e animare la pastorale della salute nelle nostre diocesi, parrocchie e strutture sanitarie, coinvolgendo
i diversi soggetti;
ria liturgica della Beata Vergine di Lourdes, riferimento significativo perché, “insieme con Maria, madre di Cristo, che stava sotto la croce, ci fermiamo accanto a
tutte la croci dell’uomo di oggi”2. Infatti
il Sommo Pontefice, il quale ogni anno offre ai fedeli un messaggio con un tema diverso, ne affidava l’efficacia soprannaturale, oltre che alla mediazione di Maria
“Salus Infirmorum”, anche all’intercessione dei santi Giovanni di Dio e Camillo de Lellis, patroni dei luoghi di cura, dei
malati e degli operatori sanitari.
- richiamare la necessità della formazione degli operatori sanitari;
- promuovere l’impegno di un volontariato sanitario associativo e non associativo nel territorio per una vicinanza al sofferente e per offrire quel
“supplemento d’anima” che spesso
manca nelle istituzioni;
Se ogni uomo lo sentiamo come nostro
fratello – ricorda Benedetto XVI – tanto
più coloro che sono deboli, sofferenti, bisognosi di cura e per questo anche dimenticati ed emarginati. Infatti “la misura dell’umanità – specifica il Papa - si determina essenzialmente nel rapporto con
la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una
società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche
interiormente è una società crudele e disumana” (Spe salvi, 38).
Parole molto forti, capaci di scuotere le
società del benessere e di accrescere in
ciascuno di noi la sensibilità e la dedizione verso chi è nella sofferenza e verso la
cultura e il rispetto della vita. A questo
proposito si possono fissare alcune finalità e obiettivi allo scopo di rendere questa
“Giornata” proficua mediante incontri ad
hoc, tavole rotonde, liturgie per sensibilizzare gli operatori socio-sanitari a un generoso e puntuale servizio verso il malato. È importante, quindi, richiamare le finalità di questa “Giornata”:
- sensibilizzare la comunità cristiana e
la società civile per una cura più attenta e più adeguata delle persone;
- aiutare le persone malate a sentirsi
soggetto attivo e responsabile nella comunità cristiana da evangelizzare e da
salvare e metterci in ascolto per individuare sempre meglio i gesti più sananti per essi;
- sviluppare un dialogo interreligioso,
con le varie confessioni religiose presenti nel territorio per affrontare, dal
punto di vista umano, etico e religioso,
alcune grandi tematiche della salute,
come HIV/AIDS, tubercolosi, ecc. soprattutto in Paesi in via di sviluppo3.
L’importanza e l’animazione che saremo in grado di dare a questa “Giornata”
può farci riscrivere con più slancio la
parabola del Buon Samaritano.
_________________
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER GLI OPERATORI SANITARI, Dolentium Hominum, n.20 –
Anno VII (N.2) 1992, p. 3
2
GIOVANNI PAOLO II, Salvifici Doloris, 1996, n. 21
3
Cfr CEI, Ufficio Nazionale per la Pastorale della Salute, Alla scuola del malato,
XIV Giornata Mondiale del Malato, Camilliane 2006, p. 5
1
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BIOETICA
LA SECONDA NAVIGAZIONE
DELLA BIOETICA
Raffaele Sinno
A
partire dal 1970, la bioetica si è
diffusa come un’epidemia, creando un’illusione di una scelta etica in un contesto essenzialmente non etico. Questo contesto è nato dall’estensione dell’ambito della medicina dal momento del concepimento a quello dei prelievi di organi. In questo nuovo campo
operativo, la medicina ha cessato di riguardare la sofferenza di una persona malata: l’oggetto delle sue cure è diventato
qualcosa che si chiama una vita umana...
Etica, istituzioni, programmi e corsi hanno creato un discorso in cui la vita si presenta oggetto di management medico,
professionale e amministrativo. Così,
l’ombrello della razionalizzazione accademica presta ora legittimità a un’impresa essenzialmente scorretta. L’etica medica oscura così la pratica della virtù e della sofferenza”1.
Quest’analisi della nascita, e progressione della bioetica, sicuramente attiene a
una visione profondamente pessimista sui
cambiamenti e nuove potenzialità che si
sono verificate nell’ambito della salute
umana, grazie a un progresso della tecno
medicina che ha sovvertito e velocizzato
dogmi e strutture radicate nel corso dei secoli. Indubbiamente la riflessione della
bioetica, nella sua prima fase, ha determinato un riavvicinamento tra saperi che
si erano drammaticamente separati dopo
la rivoluzione galileiana baconiana avvenuta nel Seicento, e proseguita fino al secolo scorso, con l’intromissione nella vita di una big science manipolativa e sostitutiva del destino umano. In questo incedere, se da un lato è stato possibile un
approfondimento critico delle questioni
etiche all’interno della scienza, dall’altro
è emersa un’importante questione fondativa. Nei nostri tempi si è evidenziata l’irrealizzabilità di un’etica condivisa, e dal
pluralismo si è giunti alla deriva del relativismo morale. Il tentativo di affrontare
le questioni biopolitiche ricorrendo al
proceduralismo minimo condiviso vacilla nei riguardi di complesse questioni
contemporanee. In effetti, l’argomento
del postumano, le intromissioni delle bionanotecnologie nella vita quotidiana, la
possibilità di generare mondi virtuali con
le applicazioni informatiche nel biotech,
evidenziano la fragilità dell’etica minima
che ha abolito dal suo orizzonte la riflessione dell’essere, e la ricerca della verità
come dato esistenziale dell’uomo. Egli rimane inerte di fronte a tali domande: dove finisce la natura dell’umanità, e quali
sono i nuovi modelli d’integrazione con
gli oggetti creati dalla mente umana?
Quale valore bisogna attribuire agli impianti biologici non più riparativi, ma sostitutivi di ciò che continuiamo a chiamare homo sapiens?
In tale situazione culturale, la bioetica
davvero è un sapere che interroga criticamente la conoscenza, ponendo in evidenza i pericoli e le possibilità degli scenari
futuri. Per questo la scienza, nella sua logica operativa, è in grado di decifrare ciò
che manipola, tuttavia la riflessione etica
sin da ora dimostra che essa è incapace di
giustificare il senso delle cose e degli
eventi, come insegna la riflessione del filosofo Wittgenstein. La realtà dell’essere
rimane ovviamente un enigma e un mistero, poiché non comprenderemo mai fino in fondo il senso della vita o dell’universo, né potremo illuderci di estendere il
nostro potere di controllo sulla natura che
ci circonda. Difatti, poter decidere i nostri
personali destini, intervenendo sui processi del nascere e del morire, oppure ipotizzare un homo bionico che annulla la
sofferenza e la morte, dimostra che la ragione si è profondamente svincolata dalla ragionevolezza, sia nell’indagine filosofica, sia etica, che scientifica.
Per evitare che dalla fase di manipola-
zione si passi a quella di una nuova catastrofe di grandi proporzioni2, in cui l’uomo scopre di potere tutto ovvero nulla, è
fondamentale riconsiderare un nuovo percorso per la bioetica. Si tratta di una seconda navigazione, in modo da rifondare
gli elementi dell’essenzialità umana, ricondurre l’etica e l’indagine filosofica alle domande denotative di ciò che è vero e
ciò che è falso, a quelle prescrittive di ciò
che è giusto/ingiusto, in un contesto del
fine, piuttosto del solo agire. La novità di
questa disciplina dunque traspare in questo periodo storico: l’obiettivo è rifondare la società moderna che si è affermata su
tre errori fondativi che sono la pretesa di
ironizzare ogni ricerca ontologica, la desublimazione del corpo umano libero da
ogni controllo, e la deoggettivazione secondo cui non vi sono valori in sé, invece
solo esperienze individuali prevaricanti e
giustificabili3.
Il nuovo percorso della bioetica non rappresenta quindi un ritorno al passato, al
contrario spiana le possibilità di un fecondo intreccio che eviti le derive ideologiche, con il fine di proporre una lettura
biofila in contrapposizione alla forza distruttiva dell’uomo. In definitiva, si
schiudono nuovi orizzonti, e altrettante
sfide, che dimostrano la dinamicità e centralità di questa scienza della vita, cerniera e crocevia di un programma che opera
per ottenere un’equilibrata sopravvivenza
delle future generazioni.
_________________
Ivan Illich, Nemesi medica. L’espropriazione della salute, tr.it., Mondadori,
Milano 1977, p.144-46
2
Engelhardt Jr. Viaggi in Italia. Saggi di
bioetica, a cura di R. Rini e M. Mori, Le
lettere, Firenze 2011, p. 54
3
Francesco Bellino, Pensare alla vita,
Cacucci Editore, Bari 2013, p. 33
1
5
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SOLIDARIETÀ TRA I POPOLI
SCHIAVITÙ
Giulio Guarini
L
a schiavitù non è un lontano ricordo, ma fa parte dell’attualità. Non
è storia, ma cronaca. Anche se la
schiavitù è stata bandita attraverso la “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948” e la “Convenzione supplementare sull’abolizione della schiavitù, la tratta degli schiavi e delle istituzioni e pratiche analoghe alla schiavitù” dell’ONU del 1956, oggi
nel mondo vi sono
donne, uomini e bambini ridotti in schiavitù. Purtroppo oggi più
di ieri. A esempio si
calcola che gli schiavi
moderni siano più del
doppio degli africani
vittime della tratta nell’Ottocento. Inoltre il
fenomeno è globale:
nessun continente è risparmiato, paesi poveri e paesi ricchi, se pur
in forme diverse, sono
colpiti da questa piaga.
La Walk Free Foundation (organizzazione
australiana sostenuta tra gli altri dall’ex
segretario di Stato Usa Hillary Clinton e
dal co-fondatore di Microsoft Bill Gates)
ha pubblicato il “Global Slavery Index
2013”, il primo Rapporto sullo stato della schiavitù nel mondo. Per la prima volta si è deciso di misurare tale fenomeno
con la speranza che la sua conoscenza renda le politiche di contrasto più efficaci. Il
dato allarmante è che si stimano circa 30
milioni di schiavi di cui il 76% è concentrato nei seguenti paesi: India, Cina, Pakistan, Nigeria, Etiopia, Russia, Tailandia
Repubblica democratica del Congo,
Myanmar, Bangladesh. I 10 paesi con la
percentuale più alta sono Mauritania, Haiti, Pakistan, India, Nepal, Moldova, Benin, Costa d’Avorio, Gambia, Gabon. Tra
tutti questi paesi spicca l’India con un numero di schiavi stimato intorno ai 14 milioni di persone. Ciò che colpisce è che tra
i dieci paesi più colpiti dalla schiavitù vi
6
siano India, Russia e Cina che rappresentano insieme al Brasile le economie emergenti più importanti al mondo (i famosi
BRIC). C’è quindi da chiedersi se la loro
crescita economica rappresenti l’emersione da tali “miserie umane”, oppure se quest’ultime siano “il prezzo” da pagare per
divenire potenze economiche. Su 162
paesi, l’Italia si posiziona al 132° posto
per prevalenza di schiavi (con circa 8.000
unità). Da una parte il Rapporto elogia il
nostro paese per le norme di contrasto della schiavitù, dall’altra si sottolinea come
l’Italia sia il paese dell’Europa centro occidentale più a rischio. Secondo un Agenzia informativa delle Nazioni Unite, (l’Integrated Regional Information Networks)
le principali forme di schiavitù moderna
sono: il lavoro forzato, la servitù per debiti, la tratta di esseri umani, il matrimonio forzato o combinato, la schiavitù dei
bambini, la schiavitù di possesso. Il lavoro forzato è tipico di settori ad alta intensità di lavoro e poco regolamentati quali
soprattutto agricoltura, pesca, fabbricazione, lavoro domestico e industria del
sesso. Il servizio per debito sembra essere la forma più diffusa di schiavitù: poveri indebitati che pur di avere la possibilità di ripagare il prestito sono disposti a tutto; tale condizione è drammaticamente ot-
timale per il datore di lavoro che sarà libero di sfruttare il lavoratore, senza il rischio di denuncia. La tratta di esseri umani non riguarda solo le migrazioni da paesi poveri verso paesi ricchi, ma sempre di
più le migrazioni interne dalle zone rurali alle zone urbane.
La schiavitù relativa ai matrimoni non si
manifesta solo con il dare in sposa la figlia in cambio di denaro, ma anche nell’ereditare una donna vedova. La forma
peggiore di schiavitù riguarda i bambini;
il paese più colpito da questa piaga è Haiti con circa un bimbo su
10 sfruttato principalmente nei lavori domestici presso le famiglie agiate delle zone urbane. Nel
mondo la dimensione di
tale specifico fenomeno è
significativa anche se
sembra essere in calo nell’ultimo decennio. Infine
la schiavitù tradizionale
detta “di possesso” che
rende una persona “proprietà privata” di un’altra
e che può coinvolgere anche i discendenti della
vittima è la meno diffusa.
Ma il paese in cui è ancora molto presente nonostante il divieto legislativo è la Mauritania con circa 150 mila vittime, che rappresentano circa il 4% della popolazione.
Anche un evento sportivo può essere
causa di schiavitù. Amnesty International,
l’International Trade Union Confederation e altre associazioni internazionali,
hanno denunciato la presenza di nuove
forme di schiavitù in Qatar, (la cosiddetta Svizzera del Medio Oriente). Infatti, i
lavori di costruzione di impianti sportivi
e strutture turistiche in vista dei Mondiali di calcio 2022 stanno causando lo sfruttamento di migliaia di immigrati principalmente nepalesi e indiani, che lavorano
in condizioni igieniche precarie, a ritmi
disumani, con salari da fame. Negli ultimi due anni e mezzo sono morte 700 persone e se non si interverrà seriamente, si
prevedono 9.000 morti fino all’inizio dei
Mondiali.
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AT T U A L I T À
MA IN CHE MONDO
VIVIAMO
Il Sannita
S
ul sito Internet della Presidenza del
Consiglio si legge: “Attraverso il
servizio di assistenza spirituale è
garantita, in particolari condizioni o stati della persona umana, la tutela della libertà religiosa agli appartenenti alle Forze armate e di polizia, ai degenti in luoghi
di cura e ai detenuti”. Ciò in ottemperanza al dettame: Assistenza spirituale nei
luoghi di cura legge 23 dicembre 1978, n.
833 “Istituzione del servizio sanitario
nazionale”. L’articolo 38 sancisce, infatti,
che “presso le strutture di ricovero del
servizio sanitario nazionale è assicurata
l’assistenza religiosa nel rispetto della
volontà e della libertà di coscienza del cittadino”. Le Regioni italiane hanno sottoscritto con i Presidenti delle Conferenze
Episcopali Regionali intese per l’assistenza religiosa negli ospedali. A esempio la
Regione Campania ha emesso un ordinamento del servizio di assistenza religiosa
cattolica nelle strutture di ricovero con deliberazione della GR n. 1744 del 18 marzo
1997 e la Regione Emilia-Romagna ha
deliberato la normativa “Disciplina dell’assistenza religiosa nelle strutture di ricovero delle unità sanitarie locali, Legge
regionale 10 aprile 1989, n. 12”. Anche le
altre religioni sono tutelate nel rispetto
della scelta individuale della libertà di
culto. In un momento storico molto complicato per la vita civile e sociale dell’Italia i cittadini si aspettano che una legge dello stato emanata nel 1978, confermata nelle varie leggi di riforma sanitaria successive, concordata tra le Regioni e le Conferenze Episcopali Regionali, sia talmente
unanimemente condivisa e riconosciuta
valida da non dover essere messa più in
discussione. Tutto tranquillo? Forse.
Ogni giorno, in tutti gli ospedali italiani
pubblici e/o privati tale assistenza è portata al letto degli ammalati, dei sofferenti,
dando conforto religioso, spirituale, spesso anche materiale (basti pensare all’enorme mole di beneficenza fatta dalle Caritas
e/o dagli Istituti religiosi ogni giorno, in
ogni dove e quindi anche negli Ospedali).
Tutto questo può essere messo in discussione? Ebbene sì. Il Consigliere Regionale dell’Emilia Romagna on.
Franco Grillini (ex numero uno dell’Arcigay),
accogliendo le segnalazione dell’Unione Atei e
Agnostici Razionalisti,
ha dichiarato (28 Gennaio 2014 Deborah Dirani sul “Il Sole 24
Ore”): “È una cosa allucinante – spiega Grillini, che ci tiene a precisare di essere un ateo
convinto – come in un
periodo di spending review, per cui la Regione
Emilia Romagna deve
rinunciare a 750 milioni di euro destinati alla
sanità e sia costretta a
tagliare centinaia di posti letto, la sola voce che
non viene limata sia
quella relativa al rimborso per i sacerdoti che fanno assistenza religiosa negli
ospedali e, cosa ancor più agghiacciante,
nelle cliniche private”. San Giovanni di
Dio sicuramente si sarà rivoltato nella tomba in quanto da ben 600 e più anni Lui (come fondatore dell’Ospedale moderno) e i
suoi successori (i Fatebenefratelli) hanno
speso energie inenarrabili per educare i governanti di tutto il Mondo al rispetto e alla dignità dell’uomo sofferente mediante i
dettami della medicina umanizzata fautrice della complessità terapeutica inscindibile a supporto del corpo e dello spirito.
Ma quanto costa tutto ciò alla Regione
Emilia Romagna? 2,2 milioni. Spesa che
Grillini ha definito “Un costo allucinante”. Chi sa come ha definito le spese folli
dei Consiglieri Regionali di tutte le regioni italiane. Tra appannaggi, vitalizi, gruppi consiliari, etc… si spendono circa 1 miliardo di Euro costo equivalente a quello
San Giovanni di Dio
della Camera dei Deputati. Solo per queste due istituzioni siamo già a 2 miliardi
Euro/anno. Ma di tanti problemi proprio a
questo doveva dedicarsi l’on. Grillini? Se
questo è un problema i veri problemi quali sono? L’esperienza mi insegna che ogni
qual volta che non si vuole discutere dei
veri problemi si spara nel mucchio alzando dei polveroni. Se volessimo essere demagogici potremmo dire “Vuoi vedere
che alla fine il dissesto economico delle
regioni è colpa dei religiosi che fanno assistenza spirituale negli Ospedali?” ma
sbaglieremmo ad affermarlo scendendo a
un livello di inutile polemica. Speriamo
che l’on. Grillini utilizzi scale più congrue
sulle priorità della spesa pubblica. Se mettiamo in discussione tale spesa vuol dire
che il buon senso e la misura non sono più
valori che appartengono alla classe politica (o a parte di essa: che ognuno di noi
stabilisca in che percentuale).
7
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SANITÀ
L'ALIMENTAZIONE DEI BAMBINI
COME STILE DI VITA
PER PREVENIRE L’OBESITÀ
Mariangela Roccu
U
n’alimentazione corretta ed equilibrata è essenziale per il mantenimento della salute. Secondo
l’Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS), una nutrizione adeguata e la salute sono diritti umani fondamentali correlati l’uno all’altro. Inoltre, una dieta
corretta è un validissimo strumento di
prevenzione per molte malattie e di trattamento per molte altre.
In Italia, come in ogni parte del mondo,
il sovrappeso e l’obesità sono in crescita,
tanto che è stato coniato il termine “globesity” per indicare un rilevante problema di salute e di sanità pubblica dato dalla globale e crescente epidemia di sovrappeso e obesità che minaccia la salute
della popolazione mondiale. Questo fenomeno non è più circoscritto ai Paesi industrializzati, ma si sta estendendo anche
a quelli in via di sviluppo.
Gli ultimi dati ufficiali nel nostro Paese
stimano che il 25% dei bambini è in sovrappeso, con un picco che si registra nella fascia d’età 9-11 anni, mentre il 13% è
obeso.
Recenti studi si indirizzano verso la valutazione delle modificazioni epigenetiche del DNA indotte dalla dieta materna,
che possono in parte spiegare la trasmissione dell’obesità da una generazione all’altra e l’aumento dell’incidenza di obesità e complicanze cardiovascolari in età
pediatrica, tra cui il diabete mellito e il fegato grasso.
I ricercatori partono dall’ipotesi che un
bambino nato da una madre che si è mal
alimentata durante la gravidanza, possa
nascere maggiormente resistente all’azione dell’insulina. Si ipotizza, che i grassi
assunti con la dieta dalla mamma in gravidanza, possano influire sul feto, inducendo delle modificazioni permanenti
8
dell’espressione dei suoi geni che potrebbero, pertanto, predisporre il feto a diventare obeso. L’ambiente, la dieta, nonché l’esercizio fisico possono modulare
tale rischio, influendo sull’espressione
dei geni stessi, soprattutto in periodi particolari come la vita intra-uterina.
Da uno studio pubblicato su Journal of
the American Medical Association (JAMA) è emerso che l’allattamento esclusivo nei primi mesi di vita non è in grado,
da solo, di proteggere dal sovrappeso o
dall’obesità.
L’allattamento materno esclusivo ha numerosi benefici per la mamma e il bambino, ma non serve anche a prevenire l’obesità e il sovrappeso durante l’adolescenza, che deve quindi essere prevenuto
attraverso l’attività fisica e un’educazione alla buona alimentazione. Ciò non toglie che l’allattamento al seno vada sempre raccomandato per i primi sei mesi di
vita per i notevoli benefici in termini di riduzione delle infezioni e sviluppo cognitivo del bambino.
Per prevenire l’obesità nei bambini è importante, quindi, insegnare fin da piccoli
abitudini alimentari sane, in particolare:
consumare la prima colazione, consumare il maggior numero di pasti in famiglia;
utilizzare piatti di piccole dimensioni e
porzioni moderate; evitare di utilizzare il
cibo come premio o castigo, la proibizione di alcuni alimenti, l’uso di bevande
dolcificate al posto dell’acqua e ai pasti,
l’uso dei succhi di frutta come sostituti
della frutta; incrementare l’uso di frutta,
verdura, ortaggi e legumi nell’alimentazione abituale della famiglia.
Bisognerebbe limitare l’uso della televisione, spegnendola durante i pasti, incrementando, inoltre, l’attività fisica ogni
giorno. Abitudini alimentari non corrette
sono associate frequentemente al basso livello socioeconomico e di istruzione delle famiglie. É stato dimostrato che di fronte a una diminuzione del reddito si tende a
tagliare sulla spesa domestica, rinunciando ad alimenti salutari, ma relativamente
costosi (pesce fresco, frutta e verdura fresche) a favore di altri più economici con
alto contenuto di grassi saturi e sale.
La situazione italiana viene monitorata
da una serie di sistemi di sorveglianza che
forniscono informazioni utili per adottare
interventi di prevenzione e di promozione della salute da parte delle autorità socio-sanitarie e delle istituzioni. Tra questi
va segnalato “Okkio alla salute” che è un
sistema di sorveglianza biennale che stima la prevalenza di soprappeso e obesità,
attraverso la rilevazione diretta dei valori
antropometrici e di alcuni comportamenti nei bambini della classe terza della
scuola primaria.
Bambini e adolescenti risultano, pertanto, una sottopopolazione particolarmente
a rischio non solo di errori alimentari, ma
anche di sedentarietà. Il risultato finale è
rappresentato da un aumento della frequenza di obesità e sovrappeso in età pediatrica e giovanile e da una marcata predisposizione al mantenimento di questa
condizione in età adulta, con il conseguente incremento del rischio di malattie
cardiovascolari e del metabolismo.
Per i bambini e gli adolescenti, la famiglia e la scuola rappresentano il luogo privilegiato dove si sviluppano i modelli sugli stili di vita alimentari e non. È in questo contesto che l’infermiere di famiglia e
l’infermiere scolastico, potranno, attraverso la comunicazione e il coinvolgimento della scuola e della famiglia, aumentare la conoscenza e la consapevolezza per la prevenzione e il trattamento del
sovrappeso e dell’obesità infantile.
VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 9
LA FRATTURA DELL’ESTREMO
PROSSIMALE DEL FEMORE
NEL GRANDE ANZIANO:
ANESTESIA GENERALE O
ANESTESIA LOCO-REGIONALE?
A. Piscopo; C. Abate
L
a frattura dell’estremo prossimale
del femore cade spesso in pazienti in una fascia di età superiore agli
anni ottanta, pazienti definiti “grandi anziani“ (GA) con comorbilità importanti.
La frattura può interessare la regione del
collo femorale (fig.1) e la regione trocanterica (fig.2). Molto spesso la rima di frattura è complessa tanto da interessare più
regioni dell’estremo prossimale del femore dando origine alle fratture cervicotrocanteriche.
Il trattamento chirurgico prevede una
duplice opzione: la protesizzazione, la
sintesi con device chirurgici vari. L’indicazione a una delle due opzioni è oggetto
di molte discussioni in letteratura, ma un
dato emergente è che l’atto chirurgico, a
cui deve essere sottoposto il paziente, deve essere il meno invasivo possibile sia
dal punto di vista strettamente operatorio,
sia dal punto di vista anestesiologico.
Al chirurgo ortopedico spetta la scelta
della tecnica chirurgica più idonea, meno
invasiva possibile ma che sia mirata al più
veloce ritorno alle condizioni di base
preoperatorie.
All’anestesista spetta la scelta della tecnica anestesiologica altrettanto più idonea
in un paziente con un quadro fisiopatologico scaduto, con equilibri omeostatici
fragili e facilmente alterabili: è proprio in
base a questi elementi che la scelta del tipo di anestesia cui sottoporre il GA assume una rilevanza importante.
Un altro elemento di fondamentale importanza nella gestione del GA affetto da
fratture del collo del femore, elemento
che deve accomunare chirurgo e anestesista, è la precocità dell’intervento chirurgico stesso, particolare questo in grado di
assicurare rapida ripresa dell’autonomia
motoria del paziente e ridurre al minimo
i tempi di allettamento che rappresentano
i veri nemici per l’anziano.
dei diversi organi legate all’invecchiamento e utilizzando farmaci a rapida metabolizzazione che abbiano un minimo
impatto sull’organismo.
Grazie alle molteplici possibilità di approccio, a una attenta valutazione preoperatoria, a un adeguato monitoraggio intra e post operatorio e, a una prevenzione
delle complicanze, oggi è possibile consentire una accettabile qualità di vita a pazienti che in altri tempi sarebbero stati costretti all’inabilità permanente fino all’exitus più o meno precoce.
Quale, quindi, la scelta più idonea: anestesia generale o anestesia loco-regionale?
L’anestesia loco-regionale è sicuramente la procedura anestesiologica di prima
scelta nel GA per il minore impatto sull’apparato respiratorio, cardiovascolare e
renale.
Tutte le procedure neuro assiali: anestesia sub aracnoidea, anestesia peridurale e
anestesia combinata spino-peridurale si
associano a una minore incidenza di trombo-embolia e di perdite ematiche; sono di
facile esecuzione, mostrano una elevata
sicurezza, danno una ottima qualità dell’analgesia, un buon miorilassamento, un
breve tempo di latenza e, una buona stabilità cardiovascolare che consente di evitare l’ipotensione legata all’esecuzione
del blocco stesso.
Tuttavia spesso i pazienti anziani fanno
uso di farmaci anticoagulanti e antiaggreganti piastrinici e sono esposti a un maggiore rischio di sanguinamento intervertebrale, ciò rende meno sicura l’esecuzione del blocco neuro assiale. In tali casi,
poiché il gold standard del trattamento
delle fratture del collo del femore è l’intervento chirurgico precoce, si può ricorrere all’anestesia generale con il posizionamento di una maschera laringea, tenendo conto delle modificazioni fisiologiche
Fig 1: fr. sottocapitata
Fig.2: fr. pertrocanterica
9
VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 10
IL CAMMINO DELLA MEDICINA
AMPOLLOSITÀ,
VISTOSO ABBIGLIAMENTO
E VUOTO LINGUAGGIO
CARATTERIZZANO
I DOTTORI NEL XVIII SECOLO
XL – ... ma altri geniali medici imboccano la strada della
moderna patologia d’organo
Fabio Liguori
T
appe importanti della medicina,
nel XVII secolo, erano state: l’introduzione del forcipe per il parto
(francese Mauriceau, 1637-1709); la descrizione dei sintomi del diabete (inglese T.
Willis, 1670); e il decisivo apporto al concetto di contagio del livornese Giovan Cosimo Bonomo, che dimostrò (1687) essere
la scabbia dovuta ad acari (sarcoptes scabiei) non prodotti dalla “generazione spontanea,” ma trasmessi da malato a sano.
Il XVIII secolo si apre sulla scena mondiale con la guerra di successione in Spagna (1702), vede l’ingresso degli Stati
Uniti d’America che si staccano dall’Inghilterra (Costituzione del 1778), e si conclude con la Rivoluzione francese del
1789: un secolo di radicali sconvolgimenti politici e un idealismo rivoluziona-
“Differenze anatomiche”, G.B. Morgagni 1762
10
Abbigliamento del XVIII sec.
rio teso a liberare i popoli da dogmatismo
scolastico e dal potere dominante.
A furia di stare in laboratorio tra ricerche ed esperimenti, i dottori finivano però per “dimenticare” gli ammalati, limitandosi a prescrivere clisteri, salassi, purganti! Diventano così oggetto di feroci caricature (Goldoni 1707-93, Casanova
1725-98) che ne evidenziano l’ampollosità, il vuoto linguaggio e il vistoso abbigliamento cui ricorrevano per impressionare gli ignoranti. Ma altri medici imboccano la strada del sostituire i fatti all’apparenza e le dimostrazioni alle impressioni. Ecco allora un geniale medico e botanico svedese (Carlo Linneo, 1707-1778)
riordinare il multiforme mondo biologico
che andava svelandosi all’osservazione,
classificando piante e animali e inserendo
l’uomo nell’ordine dei primati con l’appellativo di “homo sapiens”.
A una radicale riforma dello studio della medicina dà l’avvio il grande clinico
Giovanni M. Lancisi (1654-1720) attraverso la fondazione (1714) di una Istituzione che ancora oggi (tricentenaria) porta il suo nome (Accademia Lancisiana).
Ipotizzando che la malaria fosse trasmessa da zanzare, Lancisi confuta l’antica
credenza che la malattia dipendesse da veleni “presenti” nell’aria (mala aria), primo igienista in senso moderno a battersi
per la bonifica di terreni paludosi. Caposcuola di una fondamentale branca della
medicina (l’anatomia patologica), il romagnolo Giambattista Morgagni (16821771) sarà il primo ad analizzare le diffe-
renze anatomiche fra organo sano e organo malato. Iscritto già a 16 anni all’Università di Bologna, Morgagni passerà alla storia per essere un moderno e acuto
scienziato del tempo. Userà il modello
sperimentale in ricerche che gli daranno
fama mondiale, sì da farlo proclamare
Anatomicorum totius Europae Princeps
(“Natio Germanica”, 1769). E dimostrerà
che a ogni alterazione anatomica corrisponde alterazione della funzione, quindi
una malattia: come il ritrovamento di calcoli nella cistifellea di soggetti con coliche epatiche, o l’indurimento delle pareti
dell’intestino (evidente cancro) in individui con coliche addominali e stitichezza.
Il parallelismo tra lesione anatomica e
sintomo clinico segnerà il definitivo tramonto della “teoria degli umori” (che
aveva dominato dai tempi di Ippocrate e
Galeno), e l’avvento della patologia d’organo. E sarà merito della scienza italiana
(scuole di Padova, Bologna, Venezia) se,
con l’anatomia patologica, prenderà avvio la moderna medicina.
Tra le conquiste del XVIII secolo si evidenziano: l’invenzione del termometro
(1709 tedesco Fahrenheit, anche se l’idea
apparteneva a Galileo); la pubblicazione
del primo testo di odontoiatria (francese
Pierre Fauchard, 1728) e la misurazione
della pressione sanguigna (inglese S. Hales, 1733). La comprensione del concepimento, e le prime fecondazioni artificiali su
anfibi (Lazzaro Spallanzani, 1777), daranno infine impulso alla ginecologia, mentre
il toscano Vincenzo Chiarugi pubblicherà
nel 1793 il primo trattato di psichiatria.
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Schegge Giandidiane N. 40b
Fra Giovanni Battista Orsenigo
un gigante dal cuore buono
Dato che l’8 marzo di quest’anno
ricorrono giusto 150 anni da quando fra Orsenigo ricevette l’abito da
frate, l’Associazione a lui intitolata ha preso l’iniziativa di organizzare a Nettuno, nel cinquecentesco Forte Sangallo, messo a disposizione dal Comune, un Convegno
che aiutasse a conoscere la figura
Penultimo di ben dodici fratelli,
fra Orsenigo nacque il 24 gennaio
1837 in Brianza a Pusiano (Como)
e ricevette al battesimo il nome di
Innocente. I suoi genitori erano
fornai e poterono garantirgli un’adeguata alimentazione, il che ne
facilitò la crescita staturale e lo sviluppo di una soda muscolatura,
tanto che poi lo paragoneranno a
un corazziere. Alle Scuole Comunali, pur essendo sveglio e intelligente, incontrò difficoltà perché
dislessico, ossia non riusciva a distinguere tra loro le lettere con
qualche similarità, quali la p e la b,
e faticava ad assemblare le sillabe
in parole, sicché era impacciato a
L’urna di S. Maria Goretti quando visitò
nel 2008 la Chiesa dell’Ospedale in cui
s’erano svolte le sue esequie nel 1904
leggere e nello scrivere spostava le
sillabe da una parola a quella contigua. Abbiamo di lui un centinaio
di lettere e si nota come dopo alcuni decenni il problema fu infine
totalmente superato, ma per intanto gli rese impossibile prendere
titoli di studio e gli ostacolò perfino la vocazione religiosa.
La sua risposta alla chiamata di
Dio fu facilitata sia dalla soda fede
trasmessagli dalla famiglia, sia dai
fitti contatti con delle veggenti
che ai suoi tempi vissero in Pusiano e godettero sempre il pieno appoggio del Parroco, che usava raccoglierne i messaggi. Tali contatti
non si troncarono quando egli andò a lavorare a Milano come commesso in una Pizzicheria fuori Porta Ticinese, dove si fece presto apprezzare per la sua indole buona e
il carattere franco, espansivo e gioviale, oltre che per la non comune
forza e destrezza nelle manualità
del mestiere. Incoraggiato dalle
veggenti, un giorno bussò al Noviziato dei Fatebenefratelli nel loro
Ospedale milanese di Porta Nuova, ma il Maestro gli obiettò che
doveva prima migliorare la propria
modesta preparazione culturale,
così da essere in grado di frequentare nel futuro un corso biennale
di Chirurgia Minore, per la quale
si sentiva così portato. Egli decise
allora di tornare a Pusiano per farsi dare lezioni private dal Parroco,
però i risultati furono scoraggianti
e il Parroco, vedendone le buone
doti morali, provò ad avvalersi di
una sua conoscenza, un sacerdote
diocesano che era fratello del Prio-
F.G.M. : Schegge Giandidiane. N. 40b – Fra Giovanni Battista Orsenigo, un gigante dal cuore buono
D
di questo fatebenefratello e i legami che ebbe con Nettuno, che qui
proveremo a sintetizzare.
209
a quasi un decennio nel litorale di Nettuno, Anzio e
Ostia è assai attiva un’Associazione Culturale, formata prevalentemente da medici, che ha
voluto intitolarsi al famoso dentista fra Giovanni Battista Orsenigo, che giusto 25 lustri or sono, l’11
giugno 1889, acquistò un terreno a
mezza strada tra Anzio e Nettuno,
facendovi sorgere un Ospedale,
che portò il suo nome e che svolse
un ruolo di notevole rilievo nella
storia sanitaria della zona, avendo
avuto tra l’altro l’onore di ricoverare Santa Maria Goretti, operatavi d’urgenza per suturare le lacerazioni interne infertele con un punteruolo dal suo aggressore, ma che
purtroppo non sopravvisse alle
complicazioni infettive, che in
quel tempo non c’era modo di
bloccare con gli antibiotici; durante il suo ricovero il cappellano,
fra Martino Guijarro, la incoraggiò
a coronare la sua eroica difesa della purezza con un ancor più eroico
perdono al suo assalitore e la iscrisse nell’Associazione delle Figlie di
Maria, della cui divisa la vediamo
perciò rivestita quando ne veneriamo il corpo, oggi esposto nella
cripta del Santuario della Madonna delle Grazie a Nettuno.
210
F.G.M. : Schegge Giandidiane. N. 40b – Fra Giovanni Battista Orsenigo, un gigante dal cuore buono
VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 12
fu dato fu di assistere
fra Ambrogio Maria
Testa, che per una
spaventosa elefantiasi
agli arti inferiori non
era più in grado di
camminare. Anche
lui era un esperto dentista, che per tanti anni s’era prodigato nell’Ambulatorio gratuito per i poveri e recandosi nei Conventi
Fra Orsenigo e l’Ospedale che fondò a Nettuno (dipinto
di Contemplative per
di Eladio S. Santos per la Curia Provinciale Romana)
curare quante vi s’erare del nostro Ospedale di Firenze, no rinchiuse a vita. Divenuto faperché lo accettassero in tale Co- moso per la sua estrema bravura,
munità, anche se solo come Obla- anche i ricchi ne divennero fedeli
to, ma confidando che poco a po- clienti e quando seppero della sua
co sarebbe riuscito a migliorare invalidante infermità, fecero a gasufficientemente da poter essere ra per offrirgli le loro carrozze peraccolto in Noviziato.
ché di tanto in tanto potesse uscire un poco di Convento; e, ogni
Da Firenze venne l’assenso ed egli volta, era Orsenigo a portarlo sulv’arrivò il 18 giugno 1863, ri- le braccia dal Convento alla carrozuscendo a guadagnarsi la benevo- za. Parimenti era Orsenigo ad aplenza dei frati, poiché, anche per plicargli gli impacchi per lenire il
l’amore che nutriva agli infermi, gonfiore delle gambe e ad assolvenon incontrò problemi nel tiroci- re ogni incombenza per lui, che poi
nio pratico per apprendere come morì il 26 aprile 1870 per un’inarassisterli. Pertanto, dopo meno di restabile cancrena; in cambio ebun anno di prova, gli fu concesso be da lui molti suggerimenti per
l’abito di Oblato l’8 marzo 1864, migliorare le proprie conoscenze
ossia giusto 150 anni or sono. Re- odontoiatriche e perfino la solustò a Firenze altri tre anni, profit- zione di un problema di coscienza,
tandone per divenire un esperto cui accenneremo più avanti.
dentista, dato che in Comunità
c’era fra Bartolomeo Pezzatini, che Orsenigo iniziò il Noviziato il 24
era davvero bravo, tanto che pub- giugno 1867 e, com’era allora d’ublicò nel 1877 un bel manuale di so, gli fu assegnato un nuovo nome,
Odontologia con accurate illustra- che fu quello del santo del giorno,
zioni dei ferri che utilizzava.
ossia Giovanni Battista. Al termine di esso fu ammesso alla profesFinalmente nel 1867 fu inviato a sione dei Voti Semplici, che emise
Roma per prepararsi ai Voti e di- il 9 agosto 1868 e, dopo il prescritto
venire membro a pieno titolo del- intervallo minimo di tre anni, a
l’Ordine. Nel lasciare Firenze, por- quella dei Voti Solenni, che emise il
tò con sé, tra i pochi oggetti per- 28 agosto 1871. Durante il Noviziasonali, una borsetta con 12 “ferri to non solo aveva avuto modo di fada denti” che ormai ben sapeva re ampia pratica in corsia, ma aveva
maneggiare. Giunse all’Isola Tibe- anche continuato a prendersi cura
rina il 29 marzo e, vista la sua cor- di fra Testa e più volte fu da lui inporatura, il primo incarico che gli caricato d’andare a estrarre al suo
posto i denti delle Contemplative,
ricevendone tali elogi che i Superiori gli affidarono nel 1870 l’Ambulatorio Dentistico, di cui rimase
responsabile fino alla morte. In esso, come già accadeva con fra Testa,
cominciarono ad affluire anche delle persone agiate, che ovviamente
desideravano poi disobbligarsi con
delle offerte, che però fra Orsenigo
esitava ad accettare, avendo fatto
Voto di Povertà. Ne parlò con fra
Testa, che gli disse d’essersi anche
lui posto il problema, ma di aver risolto di mai accettare denaro per se
stesso, ma solo per usarlo per la festa della Madonna del Buon Consiglio. A fra Orsenigo parve una buona idea e ne parlò col Superiore, che
decise di aprire uno speciale deposito in cui far confluire le offerte per
organizzare in modo solennissimo
tale festa ogni 26 d’aprile.
Sfogliando i giornali dell’epoca, vi
troviamo minute descrizioni della
festa che si celebrava all’Isola il 26
aprile, con gran numero di Messe,
animate da valenti gruppi musicali, nonché con la distribuzione di
alimenti ai poveri. Ma presto le offerte divennero molto più alte delle spese, sicché fu deciso di usare
l’eccesso per la costruzione di un
nuovo Ospedale, da intitolare alla
Madonna del Buon Consiglio, il
che si concretizzerà a Nettuno,
giusto dopo 25 anni da quando fra
Orsenigo aveva indossato a Firenze l’abito da frate.
Prima d’arrivare a Nettuno ci sono
alcuni eventi che merita rievocare,
a cominciare dalla presa di Roma
del 20 settembre 1870, che segnò il
passaggio dell’Urbe sotto il dominio Sabaudo e poi la sua designazione quale capitale d’Italia, il che
tra l’altro comportò la crescita della popolazione dai 100.000 che erano all’arrivo di fra Orsenigo ai
450.000 del tempo della sua morte
e la parallela bolla edilizia, che si
VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 13
Foto forse scattata per i Voti Solenni di fra
Orsenigo, emessi a Roma il 28 agosto 1871
Oltre ad essere privati dei diritti civili, i Frati erano spesso oggetto di
attacchi denigrativi sui giornali e
un giorno apparve un articolo, intitolato “Il maniscalco dell’Isola Tiberina”, che accusava fra Orsenigo
d’esser un praticone senza titoli di
studio. In realtà all’epoca non c’era l’obbligo, istituito solo nel 1927,
di una laurea in Medicina per poter estrarre i denti, ma esistevano
dei corsi biennali che abilitavano
ad esercitare la chirurgia minore: i
suoi istruttori fra Pezzatini e fra Testa avevano tale diploma, che lo
Stato Pontificio era stato il primo
ad istituire fin dal 1826, ma la dislessia aveva scoraggiato fra Orsenigo dal provare a frequentare tali
corsi, anche perché alcune semplici interventi, quali i salassi o le
estrazioni di denti, erano consentiti anche senza diploma; e permaneva la possibilità, sancita già dalle Costituzioni Sanitarie sabaude
del 1729 e del 1772, di essere abilitato alla chirurgia minore anche
senza corsi ma solo col superare un
esame di accertamento culturale
di fronte a docenti universitari di
chirurgia, cosa che fra Orsenigo fu
in grado di fare con gran successo
nel febbraio 1882, sicché già dal
1883 la Guida Monaci prese a segnalarlo in Roma col titolo di “chirurgo dentista”.
Fra Orsenigo in una foto del 1871 con
la borsetta dei ferri e il quadro appena
finito della Madonna del Buon Consiglio
Tornando all’argomento Nettuno,
già nel settembre 1885 il parroco,
don Temistocle Signori, essendo
anche il Presidente della locale
Congregazione Comunale di Carità, che gestiva il Venerabile Ospedale de’ Poveri, andò a chiedere ai
Fatebenefratelli di venire a riorganizzarne l’attività e, avutane la disponibilità, ne informò il vescovo,
che il 2 ottobre dette il suo assenso al loro ingresso in Diocesi. Seguì un lungo iter burocratico per
ottenere il consenso delle Autorità Civili, finché l’11 giugno 1889
fra Orsenigo, a titolo personale
non potendo figurare l’Ente Religioso, poté firmare la convenzione
col Comune e Congregazione di
Carità per costruire un nuovo
ospedale e già all’indomani formalizzò l’acquisto di un terreno lungo
la strada per Anzio, subito prima
della Villa Borghese, e ceduto per
38.000 lire dalla Società delle Ferrovie Secondarie Romane.
Nel frattempo, dal gennaio 1890 i
frati, dopo averlo rimesso in sesto,
s’insediarono nel vecchio edificio e
dal marzo fra Orsenigo vi aprì a suo
nome una Farmacia, dapprima solo
interna, ma poi anche esterna e che
fu in seguito trasferita nel nuovo
edificio, di cui fu posta la prima pie-
F.G.M. : Schegge Giandidiane. N. 40b – Fra Giovanni Battista Orsenigo, un gigante dal cuore buono
Nel 1873 furono estese anche a
Roma le leggi sabaude miranti a far
scomparire gli Istituti Religiosi col
negare loro la personalità giuridica e col confiscare ogni loro proprietà. In Italia i Fatebenefratelli
persero ben 42 Ospedali, ma i Comuni lasciarono in funzione quelli più ampi, quale quello dell’Isola
Tiberina, prendendoli sotto la propria gestione, sicché vari frati ottennero di seguire a lavorarvi a ti-
tolo personale, così da restare uniti, anche se non ufficialmente, come Comunità. Col passare degli
anni i rapporti con i nuovi gestori
andarono logorandosi, obbligando
i Fatebenefratelli ad andar via man
mano da essi ma non, come si vedrà, da Roma, però tale soluzione
dette modo all’Istituto di sopravvivere e di trovar ripieghi giuridici per aprire Ospedali, intestandoli a prestanomi o a società per azioni, finché nel 1929 con i Patti Lateranensi fu restituita dal Governo
Italiano la personalità giuridica
agli Istituti Religiosi.
211
concluse con la bancarotta dei palazzinari e una crisi economica generale, che avrebbe inciso pesantemente sullo sviluppo dell’Ospedale di Nettuno. Gran parte dei nuovi cittadini romani era formata da
modesti impiegati degli imponenti
Ministeri fatti costruire dai Savoia
e che non godevano di adeguati
servizi assistenziali, sicché, non
avendo modo d’affrontare le tariffe
odontoiatriche degli studi professionali, venivano in massa nell’Ambulatorio gratuito di fra Orsenigo, il quale usava conservare i
denti che estraeva e risulta che nel
1903 erano già 2.000.744, cifra che
non solo è finita nel Guinness dei
primati, ma ci fa capire che davvero tutta Roma passò a farsi curare
da lui, proprio come gli aveva predetto fin dal maggio 1870 una veggente di Pusiano.
VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 14
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F.G.M. : Schegge Giandidiane. N. 40b – Fra Giovanni Battista Orsenigo, un gigante dal cuore buono
tra il 15 ottobre 1890. Già dal 12 novembre 1892 fu lasciato il vecchio
Ospedale e iniziò a funzionare il
nuovo, intitolato alla Madonna del
Buon Consiglio, la cui immagine,
postavi da fra Orsenigo nel 1893, è
ancor oggi venerata in Chiesa, dopo essere stata restaurata nel 2001
dal Parroco di Santa Barbara.
Fin dall’inizio e finché visse, fu fra
Orsenigo a gestire l’amministrazione dell’Ospedale, ma mai ne fu nominato Priore e mai vi risiedette, per
la sua necessità di restare a lavorare
a Roma poiché era con le offerte che
riceveva come dentista che mandava avanti il progetto di Nettuno, dove era libero d’andare solo a fine settimana. Ma le spese lievitarono tanto che dovette far debiti, contando
di poterli poi pagare con le rette di
degenza concordate col Comune.
Però la crisi economica cui s’è accennato, impedì al Comune di pagare le rette, sicché nel settembre
1893 il Tribunale rescisse per mora
1a Convenzione e fra Orsenigo provò a rimediarvi, ma senza molto successo, stabilendo convenzioni col
vicino Poligono di Tiro e col Comune di Anzio, nonché destinando
alle donne un villino al margine della proprietà, ed inoltre aprendo alcuni ambienti a Casa di Salute, come segnalato fin dal 1895 nella Guida Monaci di Roma. Si aggiunse poi
anche un Sanatorium per convalescenti bisognosi di clima marino,
come già segnalò il medico Norberto Perotti in un opuscolo su Nettuno del 1899, ma che solamente il 9
marzo 1903 ebbe l’autorizzazione ufficiale della Prefettura con il nome
di Sanatorio Orsenigo.
Un altro motivo che aumentò le
spese di costruzione a Nettuno fu lo
stato di tensione in cui vivevano i
frati all’Isola Tiberina, specie dopo
che nel 1883 la gestione dell’Ospedale che gli era stato confiscato, passò dal Comune alla Commissione
Assistenza Sanitaria, che il 29 gennaio 1921 lo comprò per un milione di lire e v’aprì la “Casa della Divina Provvidenza”, affidandola alle
Suore del Piccolo Cottolengo. Col
ricavato i frati furono infine in grado d’estinguere il debito, ammontante a ben 900.000 lire.
Foto di San Benedetto Menni nel 1912
degli Ospedali di Roma, che vi destinò medici massoni, che scatenarono una guerra fredda per indurre i
frati ad andarsene. Temendo il peggio, i frati ampliarono il progetto di
Nettuno con un’ala parallela in cui
trasferire la Curia Generalizia che
era all’Isola, nonché il Noviziato
della Provincia Romana. Però nel
1891 il crac finanziario della Commissione provocò la nomina di un
Commissario Regio, che bilanciò i
debiti ponendo in vendita l’Ospedale dell’Isola, che fu ricomprato dai
frati nel 1892, usando ovviamente
dei prestanomi e con il denaro offerto da tutte le Province dell’Ordine; ciò bloccò la costruzione a Nettuno dell’ala parallela, di cui però
erano stati terminati gli scantinati,
con una spesa non indifferente.
Nell’estate del 1904 fra Orsenigo,
sofferente per un’ulcera gastrica,
forse divenuta maligna, cercò invano di ristabilirsi in salute nel suo
Ospedale di Nettuno, chiudendovi i suoi giorni il 15 luglio 1904. Fu
sepolto nel cimitero di Nettuno e
nel centenario della morte la salma fu trasferita nella Chiesa del
suo Ospedale.
I frati non riuscirono a estinguere
i debiti gravanti sull’Ospedale e il
23 giugno 1920 l’offersero alla
Santa Sede, che istituì un apposito Comitato Romano di Previdenza e
Se terminò così la presenza dei Fatebenefratelli a Nettuno, non terminò invece la presenza del loro
carisma, grazie a un’iniziativa che
prese San Benedetto Menni, e che
merita rievocare, sia perché a lui è
intitolata la strada che corre lungo l’Ospedale dal lato della Chiesa, sul cui altare celebrò più volte,
sia perché ricorre quest’anno il
centenario della sua morte. Menni non solo riuscì a far rifiorire
l’Ordine dei Fatebenefratelli in
Spagna, dov’era stato soppresso
dalla legislazione massonica del
1835, ma fondò anche le Suore
Ospedaliere del Sacro Cuore di
Gesù, affinché affiancassero i frati dedicandosi con identico spirito ai Reparti femminili degli
Ospedali che fondò. Nel 1909 fu
nominato Visitatore Apostolico
dei Fatebenefratelli e il 13 aprile
1910 ricevette una lettera dal Vaticano, che suggeriva d’affidare a
delle suore la Sezione del Sanatorio di Nettuno che era stata aperta per le donne; egli si recò a Nettuno dal 4 all’8 maggio e si convinse che la soluzione migliore era
d’affidare il Reparto femminile alle sue Suore, che vi giunsero l’8 luglio e vi si prodigarono fino al
marzo 1915 quando, essendo impossibile ampliare il Reparto, decisero di trasferire l’attività nel
villino Girelli Masini, da loro fittato sul litorale verso Anzio e che
poterono inaugurare l’8 aprile.
Dal 7 gennaio 1922 si trasferirono
nella più ampia sede di Villa Miramare, che acquistarono sul litorale prospiciente l’Ospedale Orsenigo e vi sono tuttora.
VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 15
“I L M E L O G R A N O ”
ORA TOCCA A LUI!
Fra Giuseppe Magliozzi o.h.
D
omenica 27 aprile due Papi Beati saranno proclamati insieme
Santi in San Pietro: Giovanni
XXIII e Giovanni Paolo II. Iniziamo col
parlare un po’ di quest’ultimo, cui noi Fatebenefratelli siamo particolarmente grati perché innalzò agli onori degli altari ben
74 confratelli del nostro Ordine.
pa nell’omelia pose in risalto che “egli
penetrò il messaggio della carità evangelica alla luce della meditazione e della
preghiera, trascorrendo intensi tempi di
contemplazione accanto all’Eucaristia, e
dedicandosi poi, con una sensibilità particolarmente acuta, ai sofferenti in ogni
circostanza”.
Per la verità, Giovanni Paolo II di Santi
ne ha fatti assai più di qualunque altro Papa prima di lui, sicché senza dubbio ben
meritava che ora toccasse a lui! Quando
se ne celebrarono l’8 aprile 2005 i funerali in Piazza San Pietro, molti scandirono col grido “Santo subito!” l’omelia del
card. Ratzinger, che poi da Papa già il 28
aprile decise di dispensare dai prescritti
cinque anni d’attesa prima di poterne iniziare la Causa di Beatificazione, aperta
perciò subito il 28 giugno 2005 e lietamente conclusasi il 1° maggio 2011 con
la proclamazione a Beato, fissandone la
memoria liturgica al 22 ottobre, giorno
d’inizio del suo papato.
Secondo fu fra Benedetto Menni, che
proclamò Beato il 23 giugno 1985 e di lui
annotò che “non sfuggì a incomprensioni
e sofferenze, perfino da parte di gente che
gli era assai vicino. Però il Padre Menni,
convinto della bontà della propria causa
ed animato dalla sua profonda comunione con Cristo e con la Chiesa, seppe resistere agli attacchi e proseguire nella sua
feconda attività di servizio alla società ed
al Regno di Dio”.
Impossibile riassumere qui i suoi oltre
26 anni di papato, il terzo per durata dopo San Pietro e il Beato Pio IX, ma ho
scelto di riportare brevi brani delle omelie che pronunciò al proclamare Santi o
Beati dei nostri confratelli, poiché non è
da tutti il saper cogliere il fascino dei Santi e forse solo chi è Santo sa ben riuscirci.
Primo nostro frate da lui proclamato
Beato fu il 4 ottobre 1981 fra Riccardo
Pampuri ed ebbi la grazia non solamente
d’esser presente al Rito, ma di recare all’Offertorio un cesto di melagrane al Papa. “In fra Riccardo, disse il Papa, ammiriamo il giovane laico cristiano, impegnato a rendere testimonianza nell’ambiente studentesco, e il dinamico medico,
animato da una intensa e concreta carità
verso i malati, nei quali scorge il volto del
Cristo sofferente”.
Quando poi il primo novembre 1989 il
Beato Pampuri fu proclamato Santo, il Pa-
Quando il 21 novembre 1999 anche per
Menni arrivò il momento d’essere proclamato Santo, il Papa nell’omelia volle porre in evidenza che “il suo spirito di preghiera lo portò ad approfondire il mistero pasquale di Cristo, fonte di comprensione della sofferenza umana e cammino
per la risurrezione. In questo giorno di
Cristo Re, San Benedetto Menni illumina
con l’esempio della sua vita coloro che
desiderano seguire le orme del Maestro
lungo le vie dell’accoglienza e dell’ospitalità”.
Ci fu poi la Beatificazione il 25 ottobre
1992 di ben 71 nostri frati, caduti Martiri
della Fede tra il luglio e il dicembre del
1936, durante la Guerra Civile Spagnola.
Di loro il Papa disse: “Tutti questi fratelli, perseverando nella loro consacrazione
a Dio e nella dedizione al servizio dei malati e nella fedeltà ai valori del carisma e
della missione ospedaliera che praticavano, hanno dato la loro vita per la fede
e come prova suprema di amore. Il loro
martirio segue i passi di Cristo, misericordioso e buon samaritano, così vicino
all’uomo che soffre dando la vita per la
salvezza del genere umano. Non vi è dub-
bio che avessero ben presente un’esortazione del loro fondatore, San Giovanni di
Dio: «Se vedessimo quanto è grande la
misericordia di Dio, non smetteremmo
mai di fare il bene finché potessimo» (1ª
Lettera alla Duchessa di Sessa)”.
Infine, il Papa proclamò Santo il 2 giugno 1996 il nostro Beato Giovanni Grande e di lui disse che “alimentava la sua
spiritualità nella pratica costante della
preghiera. Era una preghiera affettiva,
con la quale esprimeva il suo amore verso Dio senza stancarsi di ripetergli quanto lo amava. La sua preghiera mostrava
che Dio era l’amore del suo cuore, il centro della sua vita, la vera base sulla quale riposavano la sua volontà e la sua azione, il principio e il fondamento della sua
coscienza e delle sue decisioni”.
Mi piace pensare che in Cielo, dove è facile ricordare tutto quello che si è detto in
terra poiché non esiste più il tempo e tutto è presente, i citati Santi e Beati dei Fatebenefratelli, all’incrociare lo sguardo
con Giovanni Paolo II, gli sorridano alludendo a quel che disse di loro durante il
Rito in San Pietro, e il Papa, con un sorriso affettuoso replichi che le sue parole
scandagliarono solo una minima parte
della loro santità.
Se la misericordia di Dio m’aprirà un
giorno le porte del Cielo e darà modo anche a me d’incrociare lo sguardo col Papa, penso che egli affettuosamente mi dirà che nel cesto, che gli offersi durante il
Rito in Piazza San Pietro, c’erano più foglie che frutti; al che io penso che replicherò sorridendo che anche nella mia vita ci furono molte più foglie che frutti, ma
la misericordia del Signore è stata così
spropositata da considerare abbondanti e
succulenti le mie striminzite melagrane.
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VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 16
PAGINE DI MEDICINA
CONVULSIONI DA OSSIGENO
IPERBARICO: PERCHÉ
SI VERIFICANO
E COME PREVENIRLE
Raffaele Pilla
R
espirare miscele di gas arricchite di
ossigeno a pressioni elevate determina un aumento del rischio di
convulsioni da tossicità dell’ossigeno sul
sistema nervoso centrale, sindrome nota
come malattia da decompressione. Analogamente, respirare ossigeno puro oltre le
2.4 atmosfere assolute aumenta il rischio di
convulsioni. Tale fenomeno si manifesta
con spasmi tonico-clonici, in associazione
a perdita di coscienza, molto simili ai sintomi delle convulsioni epilettiche di Grande Male. La buona notizia è che le convulsioni generalmente terminano quando la
concentrazione di ossigeno inspirato scende a livelli normali (21%). Le crisi, che si
verificano di solito durante l’ossigeno-terapia in camera iperbarica per il trattamento di lesioni traumatiche, oppure durante
un’immersione militare in mare a 30-50
piedi di profondità, possono essere talvolta letali. Allo stato attuale, il rischio di sviluppare queste convulsioni costituisce un
fattore limitante nell’uso dell’ossigeno
iperbarico in medicina iperbarica, nelle immersioni tecniche, commerciali (compagnie petrolifere), e militari (missioni).
Circa una decade fa, Dean e colleghi
hanno dimostrato che respirando ossigeno puro (iperossia) si stimoli l’aumento
spontaneo della respirazione nell’uomo e
in diversi modelli animali. Tale fenomeno
va sotto il nome di “iperventilazione iperossica”. Diversi studi hanno inoltre dimo-
strato che l’iperossia favorisce l’eliminazione dell’anidride carbonica (ipocapnia). Inoltre, è stato osservato che alcuni
neuroni coinvolti nel controllo della respirazione sono molto sensibili agli stimoli ossidativi come l’ossigeno iperbarico, fenomeno dovuto alla presenza di enzimi specifici, attivati durante esposizioni protratte a miscele di gas contenenti
molto ossigeno.
Recentemente (Pilla e Altri, 2013) è stato dimostrato che l’iperossia stimola la respirazione spontanea prima dell’insorgenza delle convulsioni, conferendo così
a questo parametro un valore di valido indicatore fisiologico predittivo, per convulsioni che stanno per verificarsi. In particolare, è stato dimostrato che l’iperossia
attivi una cascata di fenomeni cardio-respiratori prevedibili che precedono le
convulsioni, che una volta noti possono
aiutare a evitare fatalità durante l’immersione. Al fine di verificare questa ipotesi,
Pilla e colleghi (Pilla e Altri, 2013) hanno
innestato chirurgicamente alcuni dispositivi di radio-telemetria in ratti adulti, e ne
hanno misurato in maniera continua cardio-respirazione ed elettroencefalogramma durante l’esposizione a ossigeno a elevata pressione, all’interno di una camera
iperbarica che simulava le immersioni dei
sub della Marina Militare, mentre gli animali erano liberi di muoversi all’interno
dei loro compartimenti, scoprendo un au-
mento spontaneo del volume tidalico
(profondità di respiro) e della frequenza
respiratoria (respiri al minuto), in un periodo compreso tra 5 e 8 minuti prima dell’insorgere delle convulsioni. Si crede
pertanto che tale sistema possa rappresentare un valido indicatore fisiologico
per predire un attacco di convulsioni. Al
contrario, si è osservato che la frequenza
cardiaca diminuisce durante l’iperossia,
ma non è significativa di alcun cambiamento che preceda le convulsioni. Da non
trascurare è, tuttavia, la variabilità individuale, cioè quanto le risposte fisiologiche possano variare da individuo a individuo, e quindi quanto un soggetto possa
avere una resistenza neurologica alle
convulsioni maggiore rispetto a un altro.
Tale applicazione trova immediato riscontro clinico in camera iperbarica per la
terapia dell’ossigeno a elevata pressione,
utilizzato per trattare lesioni cutanee,
ustioni, fratture ossee e persino alcune patologie neurologiche come il trauma cranico e l’autismo. Di solito, in terapia, si
sottopone il paziente a 90 minuti di ossigeno iperbarico, divisi in tre periodi da 30
minuti e intervallati da periodi di 10 minuti di aria, al fine di evitare l’insorgere
delle convulsioni.
Un’altra applicazione dell’ossigeno iperbarico la si osserva nelle normali procedure di eliminazione dell’azoto nei sub
della Marina Militare, in seguito a una rapida ascesa (a esempio, dopo una missione di salvataggio dell’equipaggio di un
sommergibile bloccato sul fondo). Anche
questa procedura costituisce un elevato rischio per le convulsioni da ossigeno iperbarico, e anche in questo caso l’identificazione di un metodo standardizzato per
identificare i sintomi di un attacco convulsivo è di grande utilità.
Pazienti durante una seduta di terapia con ossigeno iperbarico
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PA G I N E D I M E D I C I N A
LE PRINCIPALI MALATTIE
PARASSITARIE DELL’APPARATO
UROGENITALE:
L’ECHINOCOCCOSI
Franco Luigi Spampinato
L
e Malattie Parassitarie dell’Apparato Urogenitale, peraltro di
non frequente osservazione nel
nostro Paese, per le gravi lesioni anatomopatologiche e conseguentemente funzionali che possono provocare, rivestono indubbiamente un’importante rilevanza clinica. L’Echinococcosi è diffusa
prevalentemente in Australia, Nuova Zelanda, Sud America, Africa, Asia, Medio
Oriente ed Europa. In Italia sembra essere più frequente nelle regioni ove esistono importanti allevamenti di Ovini,
come la Sardegna e l’Abruzzo-Molise. Il
Parassita è un Organismo Vermiforme,
l’Echinococcus Granulosus. Il Bestiame
è l’Ospite Intermedio, i Canini, soprattutto i Cani, l’Ospite Finale. In Italia si
è osservato una maggiore incidenza totale di questa malattia, come avviene per
altre Patologie a genesi Infettivoparassitaria, dovuto all’aumento delle Popolazioni provenienti da Paesi con basso livello igienicosanitario. Il Verme Adulto
abita il tratto intestinale degli Animali
Carnivori. Le sue uova sono eliminate
con le feci e possono essere ingerite da
diversi animali, come Ovini, Bovini,
Equini, Suini e occasionalmente dall’Uomo. Da queste uova la Larva passa
attraverso la parete intestinale dell’Ospite Intermedio e si diffonde soprattutto negli organi bersaglio, soprattutto
Polmoni, Fegato, Reni. Nell’Uomo il
Fegato sembra essere l’organo più colpito e il 3% dei pazienti presenta un’Echinococcosi Renale. La Lesione Parassitaria è di tipo cistico, denominata pertanto Idatide, con contenuto generalmente limpido e con al suo interno gli
Scolici, forma vivente e infettante del
Parassita. L’ingresso del Parassita avviene per via orale, per scarsa igiene o
per assunzione di alimenti contaminati.
Se l’Idatide non comunica con la pelvi,
generalmente è asintomatica finché non
causa disturbi dovuti a compressione e infiltrazione delle strutture circostanti. Se la
lesione comunica con le vie escretrici, calici, pelvi, uretere, possono insorgere coliche renali, disturbi cistitici, accompagnati o meno da febbre, astenia, dimagrimento, malessere generale. Una Cisti Retroperitoneale può causare disturbi minzionali.
La Diagnostica per Immagini prevede
l’Ecografia e la Radiologia tradizionale in
prima istanza, seguite quindi dalla TAC o
RMN. Il vecchio test della reazione intracutanea di Casoni è stato sostituito dall’Immunoelettroforesi e dall’Emoagglutinazione.
Le localizzazioni renali sono generalmente di dimensioni rilevanti al momento della diagnosi, tenendo presente che tale malattia colpisce in prevalenza Lavoratori Agricoli e Pastori, che per la tipologia e la locazione delle proprie attività
a volte non hanno facile accesso alle
Strutture Sanitarie.
Antiparassitari come l’Albendazolo e il
Praziquantel, dotati di non trascurabili
tossicità, pertanto deve essere eseguita
solamente in Centri Specialistici.
Il trattamento da evitare è la puntura e
aspirazione della Lesione Cistica, in
quanto tale manovra può provocare rottura della Cisti, disseminazione del suo contenuto infettante, shock anafilattico.
L’Echinococcosi comunque, se correttamente trattata, può essere considerata una
malattia con buona prognosi.
Come tutte le Patologie non frequenti,
bisogna vigilare soprattutto quando ci si
trovi di fronte a Lesioni Cistiche di difficile definizione in Lavoratori addetti all’allevamento del Bestiame, in Persone
che hanno stretti contatti con Cani, in Persone provenienti da aree a basso tenore
igienicosanitario, in quanto il suo tempestivo trattamento permette una migliore
terapia e conseguentemente una migliore
prognosi.
La terapia è spesso
chirurgica, con esecuzione della asportazione parziale o
più spesso totale del
rene. Le Lesioni
Idatidee Retroperitoneali rimangono
tuttavia impegnative dal punto di vista
del trattamento chirurgico.
La terapia medica
utilizza
Farmaci
17
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ANIMAZIONE GIOVANILE
GIOVANI … VIVETE
IN PIENEZZA LA VOSTRA VITA!
Fra Massimo Scribano, o.h.
C
arissimi amici lettori, con l’articolo di questo mese voglio portare alla vostra attenzione un tema
particolarmente caro a me ma anche al nostro Santo Padre Francesco. Prendiamo
spunto dal messaggio per la XXIX Giornata mondiale della Gioventù che ha come tema centrale le Beatitudini e nello
specifico: “Beati i poveri in Spirito, perché di essi è il Regno dei cieli”(Mt 5,3).
Gesù nel grande discorso che tiene ai Discepoli ma oggi anche a noi, vuole indicare la via per realizzare la vera felicità:
Lui stesso, la Sua persona, ciò che Egli ha
fatto e realizzato solo per amore e obbedienza al Padre. Credo fermamente che ne
vale la pena provare a scegliere Cristo
nella propria vita.
Mi capita sovente di incontrare volti tristi e cupi, in ragazzi adolescenti, ma anche in giovani e adulti. Rifletto sul perché
tutto questo avviene, e non trovo risposta
perché ci hai fatti per te, e il nostro cuore
non ha posa finché non riposa in te, dice-
va sant’Agostino in una sua preghiera
contenuta nelle sue Confessioni. La risposta è Cristo e senza Lui non possiamo
incamminarci verso la felicità di cui ci
parla il Signore nelle Beatitudini.
Ma che cosa significa “beati” (in greco
makarioi)? Beati vuol dire felici. Ditemi:
voi aspirate davvero alla felicità? In un
tempo in cui si è attratti da tante parvenze di felicità, si rischia di accontentarsi di
poco, di avere un’idea “in piccolo” della
vita. Aspirate invece a cose grandi! Allargate i vostri cuori! Come diceva il beato
Piergiorgio Frassati, «vivere senza una fede, senza un patrimonio da difendere,
senza sostenere in una lotta continua la
verità, non è vivere ma vivacchiare. Noi
non dobbiamo mai vivacchiare, ma vivere» (dal Messaggio del Santo Padre Francesco per la Giornata Mondiale della Gioventù).
Dal profondo del nostro cuore bisogna
fare emergere i valori e le scelte per la felicità, poiché questo ci permetterà di sma-
scherare e allontanare le offerte a “basso
prezzo”: è molto triste vedere giovani “sazi” ma “deboli”.
Ci domandiamo allora come possiamo
far si che la beatitudine dei poveri in spirito possa diventare stile di vita? Il nostro
Pontefice ci aiuta a comprenderne l’essenza elaborando tre punti essenziali:
Liberi nei confronti delle cose
Conversione nei confronti dei poveri
I poveri hanno tanto da offrirci e da
insegnarci
Poveri in spirito… vuol dire seguire gli
stessi sentimenti di Cristo, che ricco che
era, si è fatto povero per arricchirci per
mezzo della sua povertà (2 Cor 8,9): mistero che contempliamo nel presepio e ha
il suo culmine nella morte in Croce. Inoltre vuol dire non cedere alla cultura del
consumismo e vivere in sobrietà, liberandosi delle cose superflue che ci soffocano; di fronte a vecchie e nuove forme di
povertà come la disoccupazione, l’emigrazione, tante dipendenze di vario tipo,
abbiamo il dovere di essere vigilanti e
consapevoli, vincendo la tentazione dell’indifferenza; e infine il terzo punto ci fa
riflettere sul fatto che i poveri non sono
solo persone a cui dobbiamo dare qualcosa ma da loro abbiamo tanto da imparare
tanto da essere maestri della vita.
Ecco perché Gesù li preferiva, per darci
a noi un insegnamento sulla sapienza dei
poveri.
Carissimi lettori con voi mi unisco a
questi insegnamenti profondi che il nostro
Papa Francesco ci mette in evidenza e accogliamo la Parola di Dio come vera maestra e via per la nostra felicità.
Papa Francesco
18
Il Centro Pastorale Giovanile è a vostra
completa disposizione per qualsiasi informazione riguardo alle Esperienze di
Servizio o orientamento vocazionale. Per
contattarci
scrivete
a
vocazioni@fbfgz.it; oppure consultate il
sito www.pastoralegiovanilefbf.it o pagina facebook Centro Giovanile Vocazionale Fatebenefratelli. A presto e buon
cammino!
VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.29 Pagina 19
OSPEDALE SAN PIETRO - ROMA
UN BENEVENTANO
AL SAN PIETRO DI VIA CASSIA
Lorenzo Daniele
1953: tutti episodi che ho vissuto in prima
persona e per i quali posso essere un testimone attendibile della capacità dei Fatebenefratelli di essere parte integrante
della società, del suo esserle vicino e di
partecipare alla sua sofferenza.
Prima dell’intervento ho avuto la
gioia di rincontrare fra Fabiano, ormai più che novantenne, conosciuto quando ero
ragazzo a Benevento e sono rimasto piacevolmente
colpito nell'accorgermi che si ricordasse ancora del
mio nome.
A
lla fine di luglio sono stato ricoverato d’urgenza per una neoplasia dello stomaco nell'Ospedale
S.Pietro sulla Cassia dei Fatebenefratelli.
Prima di entrare al reparto san Vincenzo
del 3° piano, ho chiesto ai miei accompagnatori di fare una sosta nella bella chiesa del complesso ospedaliero.
Mentre pregavo il Signore di proteggermi, mi sono ricordato delle tante volte in
cui il Padre Priore del tempo (tramite fra
Vito Mongelli) ha invitato me e mia moglie a partecipare proprio in tale chiesa a
cerimonie belle e suggestive, come quella del 1980 della sua consacrazione da
parte di S.E.Rev. Ugo Poletti e quella del
1981- appena dopo la beatificazione di fra
Riccardo Pampuri - alla fine della quale
mi fu consegnata la medaglia ricordo qui
riportata.
mato la mia attenzione su un quadro (sopra riportato), posto nel grande spazio riservato al bar e all'edicola (...e che secondo me andrebbe collocato anche in una sala del Comune di Benevento!!!) dedicato
all'Ospedale Sacro Cuore di Gesù-Fatebenefratelli di Benevento e ad alcuni significativi episodi nei quali i Fratelli sono stati attivi protagonisti: *Terremoto del
1930, *Bombardamenti del 1943, *Alluvione del 1949, *Disastro ferroviario del
Alla fine di questa riflessione voglio esprimere la
mia gratitudine
per l'ottima assistenza
ricevuta
durante la mia
lunga degenza in
ospedale dall'équipe medica, coordinata
dal prof. Vita, dagli infermieri e dallo
staff dei servizi, di cui ho apprezzato l'elevata competenza e umanità.
Grazie ai miei familiari, ai parenti e agli
amici che mi hanno dato forza, coraggio
e fiducia: mi hanno aiutato a portare la
croce che Iddio, possiamo dire nei suoi
misteriosi disegni, ha voluto porre sulle
mie spalle nel caldo agosto scorso.
All’uscita dalla chiesa e prima di salire
al reparto, mia nipote Beatrice ha richia-
19
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OSPEDALE SACRO CUORE DI GESÙ - BENEVENTO
CONSEGNA DI UNA TARGA PER
IL PROGETTO DI FOTODINAMICA
TRA LA DERMATOLOGIA
DEL FATEBENEFRATELLI E
L’INNER WHEEL DI BENEVENTO
Antonia G. Galluccio
A
conclusione del Progetto “Accendiamo una Luce: un malato
per amico” tra la Dermatologia
dell’Ospedale Fatebenfratelli, diretta dalla d.ssa Antonia G. Galluccio, e l’Associazione Inner Wheel si è tenuta il 20 febbraio una cerimonia con l’apposizione di
una targa sull’apparecchio di Fotodinamica, acquistato con il contributo delle socie
del Club di Benevento.
Si è concluso così un importante percorso iniziato con un Convegno scientifico tenutosi al Fatebenefratelli, nei giorni 6,7 e
30 settembre 2013, in collaborazione con
l’Associazione Samnium di Benevento, su
“Precancerous and benign skin tumors.
What’s new”, e con il ricordo della cara
amica, premio nobel per la Medicina,
prof.ssa Rita Levi Montalcini, ospite nella
nostra città per ben tre volte nell’anno
2004, ricevendo prima la nomina ad Ambasciatrice del Sannio, e, a seguire, la cittadinanza onoraria e la Laurea Honoris
Causa in Economia, e ritornando per firmare un Progetto di collaborazione con i
Fatebenefratelli, per l’alfabetizzazione
delle donne africane, e per presiedere il
Congresso di Dermatologia nell’Ospedale
“S. Cuore di Gesù”, sulla Psoriasi e Vitili-
Dott.ssa A. Galluccio
20
gine, cementando così il legame di amicizia con la Dermatologia dell’Ospedale Fatebenefratelli e la città di Benevento.
La terapia Fotodinamica è un trattamento che aggredisce le lesioni precancerose e
i tumori della pelle, in maniera poco invasiva e con scarsissimi effetti secondari, per
mezzo di tre fondamentali elementi: una
sostanza fotosensibile, l’ossigeno tissutale,
normalmente presente all’interno delle cellule che costituiscono i tessuti, e la luce.
Si basa sulla scoperta che una sostanza
fotosensibilizzante applicata sulla cute, in
grado di penetrare selettivamente nelle
cellule malate o degenerate e non in quelle sane e che, dopo illuminazione con apposita lampada, le cellule che hanno inglobato la sostanza siano eliminate per
reazione fotochimica. La sostanza che si
applica sulla cute è l’acido 5-aminolevulinico(5-ALA).
La sostanza fotosensibile viene applicata sulla zona da trattare e passa attraverso
la cute, venendo poi assorbita dalle cellule tumorali. Quindi, la stessa zona viene
esposta alla luce, che ha lo scopo di attivare la sostanza fotosensibile.La sostanza
fotosensibile, attivandosi, libera energia, che viene trasmessa all’ossigeno tissutale,
che si attiva, a sua volta, distruggendo la cellula tumorale
che lo conteneva. Il vantaggio
della terapia fotodinamica è
che si tratta di una metodica
con minima invasività del
trattamento, che permette di
utilizzarla indipendentemente
dallo stato generale del paziente, dall’età o dalla presen-
za di malattie concomitanti. La terapia
può essere ripetuta, in quanto non comporta alcun danno per i tessuti sani circostanti, perché la sostanza fotosensibile è
assorbita dalle sole cellule tumorali, senza lasciare esiti cicatriziali.
Oggi grazie alla ricerca di nuove sostanze fotosensibilizzanti topiche e ai dati in
letteratura in merito alle percentuali di risposta a lungo termine per i tumori cutanei dopo terapia fotodinamica si è verificato un notevole interesse in campo dermatologico per tale terapia e un suo utilizzo anche in altri quadri cutanei quali la
Psoriasi, la Sclerodermia localizzata, il Lichen ruber planus, il Lichen scleroatrofico, l’Idrosadenite, che saranno oggetto di
trattamento futuro da parte della Dermatologia del Fatebenefratelli. Grazie al contributo dell’Inner Wheel di Benevento,
fondato il 30 aprile 1981, all’idea della
Past President, prof.ssa Gemma Splendiani, alla realizzazione della presidente
prof.ssa Maria Cristina Donnarumma e alla illuminata lungimiranza di tutte le Socie
del Club, si è attuato il Progetto “Accendiamo una luce” nell’ambito del Presidential Theme “Costruiamo azioni di speranza per educare alla speranza, un malato per
amico”, per l’acquisto di una apparecchiatura per la Fotodinamica, dedicato ai pazienti della Dermatologia dell’Ospedale
“Sacro Cuore di Gesù” di Benevento.
Un ringraziamento va fatto, e non solo
per vincoli di parentela fra le Associazioni, al Rotary Club di Benevento e Rotaract, e all’Ospedale Fatebenefratelli che
quest’anno festeggia i suoi 400 anni dall’insediamento nella città e i suoi 140 anni nell’attuale Struttura.
Sala laser
VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.30 Pagina 21
SEMINARIO DI STUDIO:
“STANDARD DI ORGANIZZAZIONE
E DI PERFORMANCE DELLA
SALA OPERATORIA”
Adriana Sorrentino
V
enerdì 24 e sabato 25 gennaio, la
Direzione Sanitaria dell’Ospedale Sacro Cuore di Gesù di Benevento, ha organizzato un importante seminario di studio: “Standard di organizzazione e di performance della sala operatoria”. L’incontro si è tenuto nella sala conferenza del Centro Congressi fra Pietro
Maria de Giovanni e ha visto a confronto
direttori sanitari e direttori di dipartimenti
di emergenza di prestigiose Aziende Ospedaliere quali l’Ospedale Centrale Bolzano,
Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Gemelli, Ospedale Regionale Aosta, Ospedale Federico II di Napoli, Lucca Campo di Marte e Presidio Valle del
Serchio, Ospedale di Merano, Ospedale
San Bortolo di Vicenza, Azienda Ospedaliera Sant’Orsola Malpighi BO, La Spezia
ASL 5, Empoli ASL 11, Livorno ASL 6,
Azienda Ospedaliera Pisana, Acquaviva
delle Fonti Ospedale Miulli, Azienda
Ospedaliera Treviso e lo stesso Ospedale
Fatebenefratelli di Benevento.
Il tema affrontato è fondamentale per una
gestione ottimale della sala operatoria che
ha come scopo finale la massimizzazione
dell’efficienza dell’impianto ospedaliero,
ovvero l’aumento dei casi clinici che possono essere affrontati giornalmente con la
contemporanea minimizzazione delle risorse richieste e dei relativi costi.
Tutti i sistemi sanitari danno sempre più
rilevanza a questi aspetti, in quanto rientrano nel processo di aziendalizzazione
iniziato alla fine degli anni ’90 pertanto
stanno avendo sempre più rilevanza le decisioni prese in ambito organizzativo e
operativo: l’attività operatoria viene razionalizzata utilizzando al massimo le risorse umane e strutturali al fine di aumentare l’efficienza e mantenere bassi i costi.
operatorie ai fini di confronto e di benchmarking.
Gli indicatori standardizzati permetteranno, quindi, di analizzare soprattutto gli
aspetti gestionali del percorso chirurgico
dipendenti da scelte organizzative dei singoli ospedali.
Parallelamente a questo obiettivo ci si
propone di sviluppare anche altre iniziative tra le quali un glossario della terminologia del percorso chirurgico e un’ipotesi
di documento di accreditamento dei reparti operatori.
L’utilizzazione della sala operatoria è
condizionata principalmente da quattro
fattori: la disponibilità delle sale, gli interventi pianificati, i chirurghi e gli infermieri. Le maggiori difficoltà sorgono proA conclusione dei lavori si è deciso di
prio qui, ovvero nella necessità di organizzare le fasi pre/post-operatorie, l’im- procedere all’apertura di un sito internet
prevedibilità dei tempi operatori stessi, il per le attività del gruppo al fine di facilicoordinamento di professionalità diverse, tare il confronto e l’analisi dei dati e darla pianificazione degli interventi a fronte ne visibilità in rete.
di molteplici esigenze.
Inoltre si deve tenere conto della progressiva crescita della severità clinica
dei pazienti, i quali sono
sempre più attenti al livello della prestazione sanitaria che gli viene offerta
a fronte di una maggiore
consapevolezza maturata
attraverso i mezzi di comunicazione di massa che
con sempre maggiore fre°
quenza e intensità affronSEMINARIO di STUDI
tano queste tematiche.
2
Per questo motivo nell’ambito della gestione
dei processi sanitari si deve sempre tenere presente
che l’obbiettivo primario
è la cura del paziente, a cui
deve essere garantito un
livello di servizio adeguato, e da qui partire con le
successive analisi per migliorare l’efficienza della
struttura sanitaria.
L’obiettivo prioritario
del gruppo di lavoro è stato la definizione di indicatori standardizzati e lo
scambio di dati sulle sale
DATI e STANDARD di
ORGANIZZAZIONE e di
PERFORMANCE in SALA OPERATORIA
24/25 Gennaio 2014
Centro Congressi
Fra Pietro Maria de Giovanni o.h.
Ospedale Fatebenefratelli
Sacro Cuore di Gesù
Viale Principe di Napoli 14/A
BENEVENTO
VENERDÌ 24 GENNAIO
Docenti: Flavio GIRARDI - Adriana SORRENTINO
14.00 Registrazione dei presenti
Saluti e presentazione dei partecipanti
14.30 Raccordo con il seminario precedente ed approvazione
documento/verbale
15.30 Prosecuzione della discussione degli indicatori di organizzazione
17.00 Esperienza concreta:
il registro operatorio informatizzato (Cambieri e coll.)
18.00 Chiusura della prima sessione
20.00 Cena sociale
SABATO 25 GENNAIO
Docenti: Flavio GIRARDI - Adriana SORRENTINO
SEGRETERIA SCIENTIFICA
Dr. Flavio GIRARDI flavio.girardi@asbz
SEGRETERIA ORGANIZZATIVA
Dr.ssa Adriana SORRENTINO
Dr.ssa Tiziana GIURIOLI
Dr.ssa Beatrix POMELLA
09.00 Prosecuzione della discussione degli indicatori di organizzazione
11.00 Coffee break
11.20 Prosecuzione della discussione degli indicatori di organizzazione
12.00 Esperienza concreta: integrazione informatizzata tra
documentazione operatoria e multimedia in HD (Girardi e coll.)
13.00 Pausa
Docenti: Flavio GIRARDI - Adriana SORRENTINO
PROVIDER ECM
Centro Studi San Giovanni di Dio – Roma
È in corso la procedura per il riconoscimento
dei crediti ECM.
L’iscrizione è gratuita e dovrà pervenire
via mail all’indirizzo flavio.girardi@asbz.it
oppure tiziana.giurioli@asbz.it.
Info 0471 908504
14.30 Prosecuzione della discussione degli indicatori di organizzazione
16.00 Esperienza concreta
16.30 Coffee break
16.50 Sintesi della giornata e programma della prima rilevazione dati
17.30 Chiusura dei lavori
21
VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.30 Pagina 22
O S P E D A L E B U C C H E R I L A F E R L A - PA L E R M O
INIZIATI I LAVORI
DI COSTRUZIONE DEL CENTRO
DI ACCOGLIENZA
“BEATO P. OLALLO”
Cettina Sorrenti
I
l 7 febbraio, in un clima di emozione
e gioia, il presidente della sezione locale AFMaL, fra Luigi Gagliardotto
o.h., alla presenza del presidente nazionale fra Pietro Cicinelli o.h., ha benedetto la
prima pietra della costruzione del Centro
di Accoglienza “Beato Padre Olallo”.
“Siamo molto contenti di cominciare i
lavori di realizzazione del Centro di Accoglienza – ha spiegato fra Luigi - La nostra Opera andrà ad aggiungersi a quelle già esistenti a Palermo. Purtroppo l’offerta di questo tipo di servizi non è mai
sufficiente per accogliere i bisognosi che
sono sempre più numerosi. Il nostro sforzo si aggiunge a quanti in questi anni si
sono impegnati per offrire un contributo
per la realizzazione del Centro di Accoglienza. Ci auguriamo di trovare ancora
tanti benefattori che ci diano la possibili-
tà di potere concludere la ristrutturazione e di potere aprire le porte del Centro ai
bisognosi”. Questa missione ha rafforzato la Famiglia ospedaliera di san Giovanni di Dio, unita e compatta a realizzare quest’opera. La nostra forza è stata lo
spirito di squadra e la condivisione del
progetto: “uno per tutti e tutti per uno”.
Quello che oggi abbiamo iniziato non è
opera nostra, noi siamo i Collaboratori di
Dio. Ci siamo presi a cuore una causa giusta: avere cura di chi in questa terra è meno fortunato di noi”.
La Sezione locale AFMaL di Palermo,
dal 1 dicembre 2009, sta attuando, attraverso una campagna di raccolta fondi da
privati, un servizio di accoglienza ai poveri senza discriminazioni di carattere politico, partitico, religioso o etnico, nel riconoscimento della dignità umana come
GIORNATA MONDIALE DEL
MALATO: LA MESSA IN OSPEDALE
L
’11 febbraio, si celebra la memoria
della Beata Vergine di Lourdes e la
Giornata Mondiale del Malato. È
l’occasione propizia per mettere al centro
della comunità le persone malate. Pregare
per loro e con loro, stare loro vicini. Il
Messaggio del Papa per questa Giornata è
stato ispirato a una espressione di san Giovanni: Fede e carità: «Anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli» (1 Gv 3,16).
“In particolare, possiamo imitare l’atteggiamento di Gesù – ha detto Papa Francesco nel suo messaggio - verso i malati, malati di ogni genere: il Signore si prende cura di tutti, condivide la loro sofferenza e
apre il cuore alla speranza. Penso anche
22
a tutti gli operatori sanitari: che lavoro
prezioso fanno! Grazie tante per il vostro
lavoro prezioso. Essi incontrano ogni
giorno nei malati non solo dei corpi segnati dalla fragilità, ma delle persone, alle quali offrire attenzione e risposte adeguate. La dignità della persona non si riduce mai alle sue facoltà o capacità, e non
viene meno quando la persona stessa è debole, invalida e bisognosa di aiuto. Penso
anche alle famiglie, dove è normale prendersi cura di chi è malato; ma a volte le situazioni possono essere più pesanti… Tanti mi scrivono, e oggi vorrei assicurare una
preghiera per tutte queste famiglie, e dico
loro: non abbiate paura della fragilità!
valore imprescindibile, nel rispetto del carisma di san Giovanni di Dio. Attualmente, ogni mercoledì pomeriggio, offriamo
un servizio docce nel quale soggetti in condizione di disagio soddisfano esigenze di
base come: lavarsi e ritirare biancheria e
indumenti puliti dai Volontari del Centro.
Inoltre, una volta al mese vengono consegnati sacchetti di spesa con beni di prima
necessità a 130 famiglie bisognose.
“Con l’Opera che già svolgiamo - ha
detto fra Pietro Cicinelli o.h. nel suo discorso iniziale – sulle orme del nostro fondatore san Giovanni di Dio, si attua il carisma dell’ospitalità. Il Santo, infatti, nel
suo ospedale accoglieva tutte le persone,
non solo i malati ma anche i pellegrini, i
soldati sbandati, ecc.”.
L’obiettivo è quello di realizzare un Centro di Accoglienza notturno (in una proprietà attigua l’Ospedale) a favore di ogni
persona bisognosa, senza fissa dimora: anziani, famiglie in difficoltà, ecc. Il progetto mira a offrire un rifugio temporaneo a
chi vive in strada. Il Centro ogni sera potrà
essere aperto per ricevere i senza fissa dimora per offrire loro un ambiente confortevole dove dormire, al riparo dagli agenti
atmosferici e dai pericoli della strada.
Non abbiate paura della fragilità! Aiutatevi gli uni gli altri con amore, e sentirete
la presenza consolante di Dio. L’atteggiamento generoso e cristiano verso i malati
è sale della terra e luce del mondo. La Vergine Maria ci aiuti a praticarlo, e ottenga
pace e conforto per tutti i sofferenti”. Anche in Ospedale, l’11 febbraio è stata celebrata la Santa Messa dal superiore, fra
Luigi Gagliardotto. Il Celebrante, nell’omelia, rifacendosi al messaggio del Papa
ha sottolineato che: “la Chiesa nei malati
riconosce la presenza di Gesù sofferente.
Le professionalità che si prendono cura
dei malati devono fare sentire ai pazienti
che loro sono lì “con loro e per loro”, non
solo per le cure mediche ma per prendersi cura di tutta la persona. Devono fare
sentire la vicinanza. Questo attua il carisma che san Giovanni di Dio ci ha trasmesso, il dono dell’Ospitalità”.
VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.30 Pagina 23
MISSIONI FILIPPINE
NEWSLETTER
UN ANNO IN CIFRE
Durante il 2013 nel Poliambulatorio
di Manila abbiamo assistito gratis
12.406 malati. In testa per afflusso di
pazienti il Servizio d’Odontoiatria, con
complessive 3.117 prestazioni, tra cui
1.653 estrazioni dentarie e 571 sedute
laser; i beneficiati sono stati 3.020, di
cui 1.587 venuti per la prima volta. Secondo è stato il Servizio di Medicina
Generale, con 1.859 pazienti, di cui 534
per affezioni polmonari. Terzo è stato il
Dispensario Antitubercolare, con 1.822
pazienti, di cui 193 venuti per la prima
volta; 167 sono risultati con processi in
atto; 82 hanno iniziato la terapia durante l’anno, 999 l’hanno proseguita e 59
conclusa. Segue quarto il Servizio di
Ostetricia e Ginecologia, con 1.529 pazienti, delle quali 408 venute per la prima volta; in 21 casi è stata anche eseguita un’ecografia.
Al quinto posto il Laboratorio Analisi,
con 1.089 pazienti e 1.607 esami, di cui
224 per ricerca nell’escreato di bacilli
della tubercolosi, evidenziati in 53 casi.
Sesto il Servizio di Oculistica, con 905
pazienti di cui 342 venuti per la prima
volta; è stata rimossa ambulatorialmente la cataratta a 40 pazienti. Settimo è il
Servizio di Radiologia, con 767 pazienti, di cui 486 con lesioni tubercolari nei
polmoni. Ottavo il Consultorio Familiare, con 658 persone assistite. Nono il
Servizio di Pediatria, con 591 pazienti,
di cui 359 nuovi. Ultimo, ma che diventerebbe uno dei primi se riuscissimo
ad assicurargli spazi e personale, il Settore della Riabilitazione, con 154 pazienti, di cui 41 in Fisioterapia, per complessive 403 sedute; 40 in Logoterapia,
con 704 sedute; 49 in Terapia Occupazionale, con 1.889 sedute; e 24 quali
alunni nella nostra Scuola per l’Infanzia
Disabile.
Da menzionare, inoltre, le numerose
attività sociali svolte dal nostro Club
della Terza Età, che ha 170 soci, resi-
denti nel nostro quartiere di Quiapo, ma
che già da un anno organizza ogni fine
mese una giornata di festa, aperta agli
anziani dei contigui quartieri di Tondo,
Santa Mesa e San Miguel, e animata non
solamente dai Confratelli, ma anche
dalle Suore Ospedaliere del Sacro Cuore di Gesù e da diversi giovani volontari, reclutati specialmente tra gli studenti inviati in tirocinio nel nostro Poliambulatorio da alcune Scuole Professionali di Quiapo.
Ad Amadeo sono stati 21 gli alunni
della Scuola per l’Infanzia Disabile,
con 2.927 presenze; 16 quelli della
Scuola Elementare per Disabili con
2.334 presenze; e 7 gli ospiti permanenti nella Residenza per Orfani Disabili. Nel campo della Riabilitazione i
pazienti sono stati 60, dei quali 23 in
Terapia Occupazionale, con 584 sedute; 20 in Fisioterapia, per complessive
718 sedute; 10 in Logoterapia, con 166
sedute; e 7 autistici, che hanno avuto un
approccio individuale col metodo ABA
(Applied Behavioral Analysis = Analisi Comportamentale Applicata) con
215 sedute.
PER LE VITTIME DEL TIFONE
Dopo il cataclisma causato nelle Filippine l’8 novembre da un tifone d’inaudita violenza, l’AFMAL ha ricevuto in
Italia offerte per le vittime, 10.000 euro
in tutto, consegnati il 24 gennaio a
mons. Edgardo Juanich, Vicario Apostolico di Taytay nell’isola di Palawan,
affinché li utilizzi per ridare casa e lavoro alle migliaia di vittime nella piccola isola di Coron, che è stata la più
danneggiata nell’area di Palawan. Inoltre l’AFMAL ha organizzato una Missione Medica nelle Filippine, guidata da
fra Gerardo D’Auria e formata da quattro professionisti dell’Ospedale San
Pietro, che si sono prodigati in due tandem: da un lato la dott.ssa Elena Galli e
la dott.ssa Sara Rotunno, per i pazienti
con problemi dermatologi o cardio-polmonari; e dall’altro il dott. Angelo Clarici e il dott. Michele Iembo, per i pazienti con problemi di udito, venendo
coadiuvati dal confratello filippino fra
Gianmarco L. Languez, che ha eseguito gli esami audiometrici con l’audiometro donato a suo tempo dall’AFMAL
alla nostra Scuola per Audiolesi.
Giunta a Manila, la Missione Medica
ha dapprima visitato il 13 gennaio dei
pazienti nel nostro Poliambulatorio di
Manila: 45 per le dottoresse e 29 per gli
audiologi. Assieme a fra Gianmarco son
poi partiti in aereo per Palawan, dove il
15 gennaio a Taytay le dottoresse hanno
visitato 198 pazienti e gli audiologi 95
pazienti; e il 16 gennaio a El Nido, dove
i pazienti sono stati rispettivamente 92 e
31, senza contare un caso d’emergenza
per un affogato, giunto quasi in fin di vita, ma che la dott.ssa Rotunno è riuscita
giusto in tempo a rianimare.
La Missione Medica dell’AFMAL accolta dal presule di Taytay, mons. Juanich
23
VO n° 02 febbraio 2014_Febbraio 2014 21/02/14 14.30 Pagina 24
I FATEBENEFRATELLI
ITALIANI NEL MONDO
I Fatebenefratelli d'ogni lingua sono oggi presenti in 52 nazioni con circa 290 opere.
I Religiosi italiani realizzano il loro apostolato nei seguenti centri:
CURIA GENERALIZIA
www.ohsjd.org
• ROMA
Centro Internazionale Fatebenefratelli
Curia Generale
Via della Nocetta 263 - Cap 00164
Tel 06.6604981 - Fax 06.6637102
E-mail: segretario@ohsjd.org
Ospedale San Giovanni Calibita
Isola Tiberina 39 - Cap 00186
Tel 06.68371 - Fax 06.6834001
E-mail: frfabell@tin.it
Sede della Scuola Infermieri
Professionali “Fatebenefratelli”
Fondazione Internazionale Fatebenefratelli
Via della Luce 15 - Cap 00153
Tel 06.5818895 - Fax 06.5818308
E-mail: fbfisola@tin.it
Ufficio Stampa Fatebenefratelli
Lungotevere de' Cenci, 5 - 00186 Roma
Tel.: 06.6837301 - Fax: 06.68370924
E-mail: ufficiostampafbf@gmail.com
• CITTÀ DEL VATICANO
Farmacia Vaticana
Cap 00120
Tel 06.69883422
Fax 06.69885361
• PALERMO
Ospedale Buccheri-La Ferla
Via M. Marine 197 - Cap 90123
Tel 091.479111 - Fax 091.477625
www.ospedalebuccherilaferla.it
• MONGUZZO (CO)
Centro Studi Fatebenefratelli
Cap 22046
Tel 031.650118 - Fax 031.617948
E-mail: monguzzo@fatebenefratelli.it
• ALGHERO (SS)
Soggiorno San Raffaele
Via Asfodelo 55/b - Cap 07041
• ROMANO D’EZZELINO (VI)
Casa di Riposo San Pio X
Via Cà Cornaro 5 - Cap 36060
Tel 042.433705 - Fax 042.4512153
E-mail: s.piodecimo@fatebenefratelli.it
MISSIONI
• FILIPPINE
San Juan de Dios Charity Polyclinic
1126 R. Hidalgo Street - Quiapo 1001 Manila
Tel 0063.2.7362935 - Fax 0063.2.7339918
E-mail: ohmanila@yahoo.com
http://ohpinoy.wix.com/phils
Sede dello Scolasticato e Postulantato
della Delegazione Provinciale Filippina
San Ricardo Pampuri Center
26 Bo. Salaban
Amadeo 4119 Cavite
Tel 0063.46.4835191 - Fax 0063.46.4131737
E-mail: fpj026@yahoo.com
http://bahaysanrafael.weebly.com
Sede del Noviziato della Delegazione
PROVINCIA ROMANA
PROVINCIA LOMBARDO-VENETA
www.provinciaromanafbf.it
www.fatebenefratelli.it
• ROMA
Curia Provinciale
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33553570 - Fax 06.33269794
E-mail: curia@fbfrm.it
Centro Studi e Scuola Infermieri Professionali “San Giovanni di Dio”
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33553535 - Fax 06.33553536
E-mail: centrostudi@fbfrm.it
Sede dello Scolasticato della Provincia
Centro Direzionale
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.3355906 - Fax 06.33253520
Ospedale San Pietro
Via Cassia 600 - Cap 00189
Tel 06.33581 - Fax 06.33251424
www.ospedalesanpietro.it
• GENZANO DI ROMA
Istituto San Giovanni di Dio
Via Fatebenefratelli 3 - Cap 00045
Tel 06.937381 - Fax 06.9390052
www.istitutosangiovannididio.it
E-mail: vocazioni@fbfgz.it
Sede del Noviziato Interprovinciale
• BRESCIA
Centro San Giovanni di Dio
Via Pilastroni 4 - Cap 25125
Tel 030.35011 - Fax 030.348255
centro.sangiovanni.di.dio@fatebenefratelli.it
Sede del Centro Pastorale Provinciale
Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico San Giovanni di Dio
Via Pilastroni 4 - Cap 25125
Tel 030.3533511 - Fax 030.3533513
E-mail: irccs@fatebenefratelli.it
Asilo Notturno San Riccardo Pampuri
Fatebenefratelli onlus
Via Corsica 341 - Cap 25123
Tel 030.3501436 - Fax 030.3530386
E-mail: asilonotturnopampuri@libero.it
• CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MI)
Curia Provinciale
Via Cavour 2 - Cap 20063
Tel 02.92761 - Fax 02.9241285
Sede del Centro Studi e Formazione
Sede Legale
Milano: Via San Vittore 12 - Cap 20123
e-mail: prcu.lom@fatebenefratelli.org
Centro Sant’Ambrogio
Via Cavour 22 - Cap 20063
Tel 02.924161 - Fax 02.92416332
E-mail:a s.ambrogio@fatebenefratelli.it
• SAN COLOMBANO AL LAMBRO (MI)
Centro Sacro Cuore di Gesù
Viale San Giovanni di Dio 54 - Cap 20078
Tel 037.12071 - Fax 037.1897384
E-mail: scolombano@fatebenefratelli.it
• SAN MAURIZIO CANAVESE (TO)
Beata Vergine della Consolata
Via Fatebenetratelli 70 - Cap 10077
Tel 011.9263811 - Fax 011.9278175
E-mail: sanmaurizio@fatebenefratelli.it
Comunità di accoglienza vocazionale
• SOLBIATE (CO)
Residenza Sanitaria Assistenziale
San Carlo Borromeo
Via Como 2 - Cap 22070
Tel 031.802211 - Fax 031.800434
E-mail: s.carlo@fatebenefratelli.it
Sede dello Scolasticato
• TRIVOLZIO (PV)
Residenza Sanitaria Assistenziale
San Riccardo Pampuri
Via Sesia 23 - Cap 27020
Tel 038.293671 - Fax 038.2920088
E-mail: s.r.pampuri@fatebenefratelli.it
• VARAZZE (SV)
Casa Religiosa di Ospitalità
Beata Vergine della Guardia
Largo Fatebenefratelli - Cap 17019
Tel 019.93511 - Fax 019.98735
E-mail: bvg@fatebenefratelli.it
• VENEZIA
Ospedale San Raffaele Arcangelo
Madonna dellʼOrto 3458 - Cap 30121
Tel 041.783111 - Fax 041.718063
E-mail: s.raffaele@fatebenefratelli.it
Sede del Postulantato e dello Scolasticato
della Provincia
• CROAZIA
Bolnica Sv. Rafael
Milosrdna Braca Sv. Ivana od Boga
Sumetlica 87 - 35404 Cernik
E-mail: frakristijan@fatebenefratelli.it
MISSIONI
• NAPOLI
Ospedale Madonna del Buon Consiglio
Via A. Manzoni 220 - Cap 80123
Tel 081.5981111 - Fax 081.5757643
www.ospedalebuonconsiglio.it
• ERBA (CO)
Ospedale Sacra Famiglia
Via Fatebenefratelli 20 - Cap 22036
Tel 031.638111 - Fax 031.640316
E-mail: sfamiglia@fatebenefratelli.it
• ISRAELE - Holy Family Hospital
P.O. Box 8 - 16100 Nazareth
Tel 00972.4.6508900 - Fax 00972.4.6576101
• BENEVENTO
Ospedale Sacro Cuore di Gesù
Viale Principe di Napoli 14/a - Cap 82100
Tel 0824.771111 - Fax 0824.47935
www.ospedalesacrocuore.it
• GORIZIA
Casa di Riposo Villa San Giusto
Corso Italia 244 - Cap 34170
Tel 0481.596911 - Fax 0481.596988
E-mail: s.giusto@fatebenefratelli.it
• TOGO - Hôpital Saint Jean de Dieu
Afagnan - B.P. 1170 - Lomé
Altri Fatebenefratelli italiani sono presenti in:
• BENIN - Hôpital Saint Jean de Dieu
Tanguiéta - B.P. 7