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Lean Thinking: migliorare
l’efficienza mantenendo
strategie «di qualità»
di Alberto Stancari (*)
er recuperare competitività sul mercato le aziende procedono solitamente a riduzioni di
P
costi che hanno come obiettivo una riduzione del prezzo dei propri prodotti. Un’altra
strada sicuramente più lungimirante è invece quella di recupero in termini di efficienza della
produzione aziendale, obiettivo che può essere raggiunto attraverso uno studio ed una
successiva riduzione degli sprechi che avvengono durante tutto il processo produttivo e
manageriale. Questo il concetto alla base del lean tinking qui spiegato ed applicato ad
un’impresa del settore della componentistica industriale.
Il termine snellire, applicato alla gestione aziendale,
sembra a molti un termine negativo, che richiama
alla necessità per molte aziende di ridurre i costi,
soprattutto quelli di struttura, in modi talvolta anche
drastici. Il problema sta nel fatto che tali iniziative
non vengono e non correlate, in modo equilibrato
alla possibilità di rimanere presenti sul mercato con
una strategia che comunque possa fare leva su alcuni fattori critici di successo, aggiungendo elementi
di differenziazione.
Per guardare avanti, occorre prendere atto che il
modello tradizionale d’impresa non regge più. Certamente, l’individuazione di un nuovo modello di
business è un esercizio estremamente difficile, e
spesso l’imprenditore non possiede di tutti gli strumenti necessari per realizzare cambiamenti strategici drastici.
Un deciso cambiamento interno invece, pur se non
semplice, corrisponde a uno scenario decisamente
possibile ma, oggi, poco diffuso. L’approccio lean
thinking risponde in modo più che esauriente alla
volontà di trovare strade che ci permettano di cambiare notevolmente la competitività delle nostre
aziende, senza dover per forza reinventare tutto.
Il lean thinking (2) fonda il suo approccio e la selezione delle sue tecniche sulla base di un assunto: gli
sprechi, intesi come attività che impiegano risorse e
non creano valore, vanno combattuti ed eliminati.
Il concetto di spreco, giunto a noi dalla grande attenzione dei giapponesi verso i muda (appunto, gli
sprechi), può essere definito individuando queste
sei tipologie:
1. sprechi per sovrapproduzione. Ogniqualvolta la
produzione non segue la domanda, e realizza pezzi
non richiesti dal mercato, l’azienda realizza uno
spreco;
2. sprechi per attese. Tutte le volte in cui un operatore, o un macchinario, non svolge alcuna attività in
attesa di ricevere un input per poter cominciare a
produrre, l’azienda incorre in uno spreco;
3. sprechi per trasporto. Tutto il tempo impiegato nel
movimentare materiale o documenti non crea valore
per il mercato, e pertanto corrisponde a spreco;
4. sprechi di processo. Ove i processi, progettati in
modo impreciso o realizzati con tecnologie non ottimali, svolgono fasi che sì trasformano il prodotto,
ma non generano valore apprezzato dal mercato, ci
si trova di fronte a sprechi;
5. sprechi per scorte. Ovunque vi siano scorte, e so-
La filosofia Lean Thinking
e le aree principali di intervento
Il lean thinking è una teoria manageriale che, pur
avendo preso corpo già nei primi anni ’90 (1), rimane ancora oggi piuttosto innovativa. Essa mescola
l’esperienza manageriale delle imprese americane
con le metodologie giapponesi applicate alla produzione, nate in Toyota e note come il Toyota System.
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Note:
(*) Consulente Senior, Mondaini Partners Srl.
(1) Si consiglia la lettura delle due opere di chi ha «inventato» il
Lean Thinking, almeno nella sua accezione: J.P. Womack, D.T. Jones, La macchina che ha cambiato il mondo, Rizzoli, Milano, 1993;
J.P.Womack, D.T. Jones, Lean Thinking, Guerini e Associati, 1997.
(2) Letteralmente «pensare snello».
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prattutto ove queste vi siano senza una logica di gestione che intenda crearle appositamente, vi sono
anche sprechi;
6. sprechi per difetti. Se i processi produttivi realizzano output difettosi, che a volte è necessario scartare e altre volte è comunque necessario controllare
ed eventualmente rilavorare, quei difetti corrispondono a sprechi per l’azienda;
I concetti sopra riportati, dunque, rappresentano
una vasta area di attenzione in azienda, ed enormi
possibilità di miglioramento.
Tali concetti non valgono solamente per i processi
produttivi, ma possono essere applicati in qualsiasi
area aziendale. Si riporta in Tavola 1 un esempio di
come i sei sprechi (o sei muda) possono essere riferiti anche agli uffici.
Detto cosa si intende per sprechi in azienda, e intuito l’approccio pratico e allo stesso tempo assai sfidante del lean thinking, ricordiamo che tale approccio manageriale si basa sostanzialmente su 5 principi cardine (3):
• definire il valore. Il primo principio, o anche fase
di un programma lean, si basa sulla definizione di
quali attività «creano valore» e quali invece, sulla
base del concetto di sprechi sopra illustrato, devono
essere ridotte o eliminate;
• identificare il flusso di valore. Attraverso la definizione dei prodotti/servizi offerti, e dei relativi
flussi di informazioni e flussi di trasformazione fisica, è possibile comprendere il funzionamento dei
processi (sviluppo prodotto, gestione ordini e produzione) e individuare tutti i punti ove si vengono a
creare gli sprechi;
• fare scorrere il flusso. Questo terzo principio si
propone, di fatto, di introdurre l’ormai noto approccio all’organizzazione «per processi», al fine di
snellire le attività e sincronizzare il lavoro di aree
aziendali diverse;
• fare in modo che il flusso sia «tirato» dal cliente.
Una volta individuata la corretta modalità di funzionamento dei processi, con i giusti flussi fisici ed
informativi, occorre impostare la gestione di talin
processi al fine di farli operare «con il ritmo richiesto
dal mercato» Tutto ciò che non è sincronizzato con la
domanda, infatti, genererà scorte o sovrapproduzione;
• ricercare la perfezione. Una volta superati i primi
quattro passi, l’approccio lean propone l’implementazione di un sistema manageriale orientato al miglioramento continuo, così da permettere all’azienda il consolidamento dei risultati ottenuti, e la continua tensione a ridurre altri sprechi.
Per ognuno di questi principi, sono state nel tempo
messe a punto tecniche di analisi e di riorganizzazione specifiche. L’esposizione di tali metodologie
non vuole essere oggetto del presente articolo, e
pertanto ci limitiamo solo ad osservare come il valore del lean thinking sta principalmente nell’avere
integrato tecniche provenienti da esperienze diverse, in un’ottica di approccio sistemico.
Le 5 S
Una delle principali tecniche, non troppo specifiche, che costituiscono le fondamenta del lean
thinking è quella delle «5 S».
Questo titolo richiama cinque parole giapponesi
(poi tradotte sia in inglese sia in italiano in coerenza
con la consonante richiamata) che di fatto definiNota:
(3) Si rimanda alla lettura dell’altro libro-cardine di questa filosofia: T.Ohno, The Toyota production system: beyond large-scale production, Portland, Productivity Press, 1988
Tavola 1 – I sei muda
Spreco
Esempio negli uffici
Eccessiva produzione
Fare copie di un modulo che non sarà mai utilizzato; lavorare grandi quantità di documenti che poi
attenderanno ore prima di essere letti.
Attese
Attendere la firma di approvazione per un documento; aspettare un’informazione cruciale per poter iniziare un lavoro; attendere altre persone per poter cominciare una riunione
Scorte
Tenere scorte di cancelleria, fatture non lavorate, ordini in atesa di essere rilasciati alla produzione
Movimenti
e Trasporto
Spostarsi da un ufficio ad un altro per prendere un documento; cercare documenti che dovrebbero
essere sulla propria scrivania
Spostare documenti da un posto ad un altro, spostare cancelleria in un’area di immagazzinamento
Difettosità
Correggere errori nei documenti; spendere molto tempo a controllare e valicare rapporti dei propri sottoposti; gestire reclami dei clienti per errori di fornitura
Processo
Richiedere firme di approvazione multiple; registrare due o più volte gli stessi dati; gestire manualmente attività che potrebbero essere automatizzate col computer
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scono i cinque ambiti di intervento su cui, a tutti i
livelli, l’azienda può indirizzare i propri sforzi per
ridurre gli sprechi:
• Seiri (Sistemazione)
• Seiton (Ordine)
• Seiso (Pulizia)
• Seikestsu (Standardizzazione)
• Shitsuke (Sostenere il miglioramento continuo)
In Tavola 2 vengono presentati alcuni esempi di cosa può voler dire, dal punto di vista pratico, affrontare ed implementare il metodo delle «5 S».
Attraverso l’azione sui cinque punti della tecnica, è
possibile introdurre immediatamente in azienda un
nuovo modo di pensare, e i benefici, anche se a volte ritenuti «banali», permettono al programma di dimostrare la propria efficacia e velocità di storno in
termini di risultati.
Il visual management
Altro pilastro del lean thinking consiste nella determinazione a rendere diffusa, in azienda, la tensione
al miglioramento e alla riduzione degli sprechi.
Tavola 2 – I passi necessari per le «5 S»
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Le pratiche usualmente adottate nei programmi lean
thinking mostrano una comune adozione di modalità finalizzate a «portare direttamente alle macchine» tutti gli elementi di valutazione utili per individuare possibilità di riduzione degli sprechi.
In sostanza, una volta individuate le informazioni
cruciali per misurare e monitorare la quantità di
sprechi presenti in azienda, tali informazioni vengono poi formalizzate anche all’interno della fabbrica,
innescando un processo che porta tutti gli addetti a
comprendere i problemi, i risultati delle azioni di
miglioramento, le priorità.
Si riporta in Tavola 3 la rappresentazione di un ciclo di visual management, suddiviso tra i suoi diversi livelli di dettaglio e «profondità nell’organizzazione».
Sulla base di un processo come quello illustrato, è
chiaro che il legame tra «controllo» e «gestione»
diventa indissolubile, e l’efficacia estremamente alta. Si vedrà più avanti un caso pratico di realizzazione di un sistema di condivisione di indicatori di
performances, semplice ma assai «dirompente».
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Il percorso di implementazione
del lean thinking
L’aspetto veramente importante dell’approccio lean
è il fatto di poter sfruttare le linee guida del «pensiero snello» per giungere ad identificare una logica
aziendale snella. Infatti, molto spesso i manager
adottano sì alcune delle tecniche richiamate nell’ambito della letteratura e maturate dalle poche
esperienze e relative al lean thinking, ma non colgono appieno l’opportunità, ed il conseguente grande beneficio, di integrare le diverse tecniche in un
approccio aziendale globale.
L’implementazione del lean thinking può peraltro
essere sviluppata per gradi (Tavola 4), seguendo
tutti i principi già esposti ed «amalgamandoli» nel
modo più consono all’azienda che li vuole attuare,
in funzione dei punti di debolezza principali, della
facilità a rimuovere certe inefficienze e della preparazione del personale ad affrontare un percorso di
miglioramento così invasivo.
zione degli stampi e stampaggio ad iniezione di materie plastiche. (4)
L’impresa si pone da anni come uno dei più qualificati produttori di componenti industriali, destinati
principalmente alle grandi aziende del settore dell’automobile, dell’arredo, dell’office automation,
dell’utensileria e dell’elettrodomestico.
La mission di Magic Plastic consiste nell’operare su
base internazionale, fornendo una vasta gamma di
tecnologie nel settore della trasformazione di materiali termoplastici e differenziandosi dagli altri competitors per la capacità di collaborare ed interagire
con il cliente, al fine di soddisfare al meglio le sue
richieste.
Nonostante questa impostazione strategica, negli
ultimi anni anche il settore di riferimento di Magic
Plastic ha visto un fortissimo aumento della competizione, soprattutto a causa delle realtà produttive
dei Paesi dell’Est Europa, ed una conseguente contrazione dei margini.
Il caso Magic Plastic S.p.A.
Al fine di illustrare dal punto di vista pratico quanto
detto finora, viene presentato un caso concreto di
successo, esponendo in questo contributo i primi
passi affrontati relativamente a «5 S» e Visual Management.
Magic Plastic S.p.A. è un’azienda situata a Padova,
di circa 200 dipendenti, e svolge attività di costru-
Nota:
(4) Di questa azienda abbiamo già parlato, riferendoci alle metodologie di analisi dei processi gestionali, in altri due nostri contributi. Si veda: M.T. Speziale, «Una matrice «criticità-gap», uno strumento per migliorare i processi aziendali», in Amministrazione &
Finanza n. 22/2001, pagg. 23-29; D. Mondaini, M.T. Speziale, «Riorganizzare i processi aziendali: la definizione degli obiettivi», Amministrazione & Finanza n. 24/2001, pagg.27-31.
Tavola 3 – Il processo di visual management
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L’imperativo per la Direzione Generale, quindi, è
diventato quello di aggredire la competitività dell’azienda dal punto di vista dei costi, al fine di lanciarne un programma di riduzione.
Alla luce delle diverse strade disponibili, l’azienda
scelse non tanto la via del cost cutting nudo e crudo,
quanto invece quella del lean thinking, convinta che
attraverso un programma che ponesse di più il focus
sull’efficienza, e sulla riduzione degli sprechi, non ci
si sarebbe allontanati troppo dalla vision aziendale,
comunque incentrata sul mantenimento di un’alta
competitività anche dal punto di vista qualitativo, sia
di prodotto che di «capacità organizzativa» globale.
I principali obiettivi del programma erano:
• aumentare la self-confidence e l’appropriazione
da parte dei partecipanti al team dei metodi e degli
strumenti per aumentare le prestazioni dei processi
produttivi;
• interiorizzare nelle persone della fabbrica e del
team lean thinking che l’aumento della competitività delle operations è una condizione necessaria
per rimanere sul mercato;
• definire il percorso più efficace per incrementare
le prestazioni di processo ed il livello di qualità dei
processi produttivi e dei prodotti;
• supportare il team operativo nell’implementazione delle attività di incremento della competitività;
• coinvolgere il personale di operativo di fabbrica
nel miglioramento continuo delle prestazioni.
Al di là della filosofia generale dell’approccio lean
che ne determina la bontà, e quindi della possibilità di
diffondere i concetti di «azienda snella» a tutti i comparti aziendali, nel caso specifico si voleva concentrare in particolar modo l’attenzione sulle performances
di fabbrica, certi che sul processo core di trasformazione vi fossero importanti margini di miglioramento.
Ecco pertanto che l’impostazione organizzativa del
programma di miglioramento fu definita in modo
che il Responsabile di Produzione fosse l’attore
principale, e l’unico responsabile dei risultati conseguiti, mentre un team lean thinking (interfunzionale, composto dallo stesso Responsabile di Produzione, dal Responsabile della Logistica, dal Responsabile Qualità e dal Responsabile Commerciale) svolgeva il ruolo di comitato per la definizione
delle priorità di intervento, per l’analisi di problematiche particolarmente critiche e, soprattutto, per
le valutazioni di raggiungimento del miglior risultato complessivo aziendale, al di là dei singoli interessi di funzione.
Tavola 4 – La piramide del Lean Thinking e i passi per raggiungere l’eccellenza
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Le tematiche cruciali affrontate
L’intervento di implementazione del lean fu costruito sostanzialmente su due pilastri:
• implementazione in fabbrica delle «5 S»;
• costruzione di un sistema di controllo delle
performances produttive, e diffusione del miglioramento mediante il visual management.
Le «5 S» in Magic Plastic
Prima attività del programma di lancio del lean
thinking è stata quella di introduzione in fabbrica
della metodologia «5 S».
Tale scelta fu dettata dalla necessità, da parte di
Magic Plastic, di mandare un messaggio forte al
personale di fabbrica, Responsabile di Produzione
compreso.
Pur essendo un’azienda dotata di un capitale umano
di livello medio-alto, la resistenza al cambiamento
rappresentava un ostacolo importante e ben radicato
nei comportamenti. Pertanto, col lancio di un programma «5 S» che andava apparentemente a spostare il focus dall’obietivo di produttività, la Direzione fece capire a tutti l’intenzione di voler portare
un cambiamento radicale all’organizzazione.
In particolare, delle cinque voci riferibili alle «5 S»
(sistemazione, ordine, pulizia, standardizzazione,
miglioramento continuo), si decise di affrontarne
immediatamente due aspetti: l’ordine e la pulizia.
Obiettivo di questa fase fu quello di definire e
diffondere alcune regole di base, con l’obiettivo di
creare le migliori condizioni possibili di lavoro e
permettere così agli operatori (soprattutto a quelli
dei servizi, come gli addetti ai set-up e quelli alla
manutenzione) di agire velocemente, senza perdite
di tempo dovute alla sistemazione ed approntamento del posto di lavoro.
Si decise di promuovere tale innovazione situando
nei pressi delle stazioni di lavoro le informazioni
necessarie per fissare le regole fondamentali a cui
attenersi. Queste informazioni, che data la loro diffusione in fabbrica devono essere riportate in modo
sintetico ma chiaro, furono strutturate mediante la
formalizzazione di moduli One Point Lesson, cioè
su singoli fogli A4, uno per ognuno dei temi che si
intende trattare e trasmettere agli addetti di produzione.
Furono realizzati altri due moduli, dedicati al tema
delle operazioni standard fondamentali per l’avviamento di una macchina e alle regole di pulizia da
mantenere alla macchina.
Una volta, distribuiti tutti gli OPL alle stazioni di
lavoro, fu lanciata l’attività di audit periodico del
rispetto delle regole «5 S» comunicate.
In Tavola 5, si riporta la scheda dell’audit utilizzata alle macchine per verificare il rispetto delle
«5 S».
Dopo un primo periodo di difficile accettazione di
nuove regole, vissute in primis come imposizioni, il
personale si adattò alle disposizioni su ordine e pulizia. Oltre a un ovvio miglioramento del comfort sul
posto di lavoro, si stimò un recupero sul tempo impiegato a ricercare materiale del 40%. Questo, ovviamente, determinò una notevole miglioramento di
efficienza, dovuto alla riduzione del tempo dedicato
ad attività a scarso valore aggiunto.
Gli strumenti per il miglioramento
Altro fondamentale passaggio per la piena implementazione dell’approccio lean thinking è consistito nella costruzione di un sistema di monitoraggio
delle performances di produzione, e nella conseguente fase di diffusione di tali informazioni all’interno della fabbrica.
Gli indicatori principali selezionati per il monitoraggio del sistema produttivo sono:
1. incidenza degli scarti di produzione;
2. efficienze produttive e rendimenti, attraverso il
calcolo dell’OEE (Overall Equipment Efficiency
(5)) puntuale e del trend;
3. analisi di Pareto delle cause di fermo-macchina;
4; trend della valutazione dall’Audit «5 S».
Nelle Tavole da 6 a 9 i grafici relativi alle analisi
sopra indicate.
Osservando le Tavole, è facile intuire come tali analisi siano ben rappresentative dei principali fenomeni produttivi, e come l’attenzione sia tutta finalizzata alla riduzione degli sprechi.
Oltre alla loro validità come strumenti di valutazione per il Responsabile di Produzione, essi rappresentano anche un ottimo mezzo per sensibilizzare
tutti gli addetti di produzione al miglioramento. Dopo un primo periodo di analisi dei dati «in ufficio»,
al fine di prendere confidenza con metodi di gestione più strutturati, il Responsabile di Produzione decise di affiggere i report qui illustrati ad ogni macchina, e di lanciare così una seconda fase di «condivisione dei dati e discussione», possibile direttamente in reparto.
Dopo un primo periodo di rodaggio, il sistema congiunto «5 S - Visual Management» ha portato a un
aumento considerevole dell’attenzione delle princiNota:
(5) Per la spiegazione dell’OEE, si rimanda a: A.Stancari, «Migliorare l’efficienza produttiva comprimento i costi», Amministrazione
& Finanza n. 17/2004.
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Tavola 5 – Scheda per l’audit «5 S»
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Tavola 6 – OEE settimanale di una macchina
Tavola 7 – OEE puntuale e trend
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pali funzioni coinvolte, con i risultati assai importanti (Tavola 10).
Conclusioni
La ricerca di competitività è oggi certamente una
priorità per molte aziende italiane, sia piccole che
medie.
Al di là di una ovvia necessità al controllo dei costi,
e di un drastico taglio ove la spesa sia sproporzionata
rispetto all’equilibrio economico dell’azienda, è necessario seguire percorsi che non portino, come contraltare, ad un impoverimento della competitività. In
altre parole, il problema non è solo ridurre i costi, ma
bensì consiste nel migliorare drasticamente l’efficienza, riducendo di conseguenza i costi unitari.
Come già riscontrato, l’esperienza maturata sui temi della misurazione dell’efficienza dice che molte
aziende apparentemente «tirate» presentano, alla
Tavola 8 – Trend degli scarti
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prima misurazione dell’OEE, performances che si
aggirano attorno al 50%.
Ecco perché, oltre a focalizzarsi sull’aumento della produttività mediante investimenti e pretesa di
velocità nei confronti della manodopera, è necessario focalizzarsi anche, anzi soprattutto, sugli
sprechi produttivi, al fine di liberare capacità produttiva. Starà poi all’azienda decidere, in un secondo momento, se utilizzare tale nuova capacità
per soddisfare altra domanda, o se privarsi della
capacità in esubero, attuando quindi un’azione di
taglio dei costi.
Si rimanda ad un secondo contributo di prossima
pubblicazione su quest’argomento, per la trattazione delle principali tecniche innovative, utilizzabili
in affiancamento all’esperienza tecnica degli addetti
produttivi, al fine di massimizzare la riduzione degli sprechi.
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Tavola 9 – Analisi di Pareto dei fermi-macchina
Tavola 10 – I risultati conseguiti in Magic Plastic dopo 6 mesi di lean
Tema
Principale innovazione apportata
dal Lean Thinking
Risultato conseguito (1° semestre)
Scarti
Approccio globale al problema degli scarti, con
Riduzione dell’incidenza degli scarti: dal 4,5% al 3%
Efficienza
Introduzione di un sistema di misurazione delle per- Aumento dell’OEE (misurato sulle prime 10 presdite
se): dal 74% al 81%
Avviamento del coinvolgimento dei capi-turno nell’analisi delle cause e nella definizione delle azioni
correttive
Programmazione
della produzione
Definizione di una nuova soluzione organizzativa, Aumento del Livello di Servizio (n° di consegne efmirata a non permettere alle campionature di per- fettuate entro la dta richiesta): dal 71% al 83%
turbare continuamente la programmazione delle
produzioni standard
Riduzione delle
scorte nei reparti
Avviamento di una gestione dei materiali più «tirata» Riduzione delle scorte work in progress: - 22%
Sensibilizzazione degli addetti ai reparti ad un veloce
indirizzamento dei pezzi già lavorati verso le attività
a valle
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