Avevano raccontato che l’Expo di Milano avrebbe creato 200 milaposti di lavoro. Ora si scopre che occuperà solo 3 milapersone. Pm e poliziotti esclusi Mercoledì 9 luglio 2014 – Anno 6 – n° 187 e 1,30 – Arretrati: e 2,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 RENZI SALVA UN ALTRO CONDANNATO: ERRANI dc IL VERSO E IL VIZIO di Antonio Padellaro asco Errani, governatore V Pd dell’Emilia Romagna al terzo mandato, viene con- dannato in appello a un anno con la condizionale per falso ideologico: secondo l’accusa, dopo aver finanziato con fondi pubblici la coop del fratello con un milione di euro per la creazione di una cantina non completata nei termini previsti dal bando, avrebbe indotto due funzionari regionali a certificare la correttezza dell’operazione. Appresa la sentenza, Errani si dichiara innocente, ma rassegna le dimissioni e dice: “Davanti a tutto, l’onore della Regione”. La vicenda potrebbe chiudersi qui, dimostrando una volta tanto che il nesso tra causa ed effetto e tra condanna e dimissioni vale anche per la casta della politica. Non sia mai. Immediatamente il Pd si scioglie in un coro commosso di solidarietà e calde lacrime vengono versate ricordando le virtù eroiche di Errani, neanche fosse Silvio Pellico tradotto nelle segrete dello Spielberg. Non è finita, perché subito dopo Orfini, novello presidente democrat, dà finalmente un senso al suo incarico e “auspica il ritiro delle dimissioni”. Fassino, sindaco di Torino, lo invita virilmente alla resistenza: “Resta al tuo posto”. Taddei, responsabile economico, lancia un hashtag struggente: “Forza Vasco ripensaci”. Infine scende in campo lo stesso Matteo Renzi che, attraverso la segreteria, ridotta a puro organismo ventriloquo, invita il governatore “a riconsiderare il suo gesto” come se il poveretto fosse stato colto da un momento di follia. C’è poco da ridere: nell’era renziana la questione morale viene sostituita da due semplici regolette. Primo: le dimissioni di Errani possono stabilire un pericoloso precedente, e così come i quattro viceministri e sottosegretari indagati sono rimasti intrepidi avvitati alle loro poltrone, Vasco non fare scherzi. Secondo: Errani resista, resista, resista poiché nel nuovo Senato di Renzi-Berlusconi-Napolitano l’immunità serve proprio a salvare la ghirba all’esercito di indagati e condannati provenienti dalle Regioni. Renzi cambia il verso, ma non perde il vizio. y(7HC0D7*KSTKKQ( +[!z!/!"!; #matteononstarsereno di Marco Travaglio epubblica: “Svolta sulle riforme, sì di M5S al R Pd. Renzi: vicini a un risultato storico”. Il Foglio: “Grillo chi? Umiliato da Renzi, prende a Il governatore Dem dell’Emilia Romagna, ex bersaniano e ora renziano, si dimette dopo la condanna in appello a 1 anno per falso ideologico: “Carte truccate per favorire la coop rossa del fratello”. Tutto il partito, dal premier-segretario in giù, lo assolve politicamente e lo implora di restare al suo posto. Matteo: “Confidiamo nella Cassazione”. I 5Stelle chiedono le elezioni anticipate e lanciano l’hashtag “#arrestanovoi” Liuzzi » pag. 6 GRANDI RIFORME I tagli, le province e la ricerca: niente norme, tutto finto Tecce » pag. 2 Da Venezia a Roma, COSTITUENTI l’affare dell’autostrada La “democrazia autoritaria” che unisce Pd e Ncd e la lezione di Piero Calamandrei Meletti » pag. 11 Viroli » pag. 5 » MAI VISTO » Verdeoro travolti dalla Germania, Paese sull’orlo di una crisi di nervi Catastrofe Mondiale, Brasile kaputt 7-1 Scolari e i suoi tramortiti già nei primi minuti, poi i tedeschi dilagano: risultato più pesante di sempre in una semifinale. Lo stadio di Belo Horizonte sotto choc tra lacrime e fischi. Peggio della storica sconfitta in casa del 1950 contro l’Uruguay, poi ribattezzata “Maracanazo” Va in scena il dramma di un intero popolo, tumulti a San Paolo e Recife Beccantini, Beha e Citati » pag. 18 - 19 15 MORTI A GAZA Missili su Gerusalemme Israele allerta le truppe La disperazione dei tifosi brasiliani LaPresse LA CATTIVERIA Alla festa del Pd, Bersani canta gli AC/DC e poi saluta come Vasco Rossi. Ma lo riconoscono lo stesso » www.forum.spinoza.it Zunini » pag. 17 testate il muro della propria irrilevanza”. Il Giornale: “Grillo si piega al Pd sulle riforme”. L’Unità, fotocopia del Giornale: “I grillini piegano Grillo”. Uno legge gli house organ del Pd & Forza Italia e dice: la premiata ditta Renzusconi ce l’ha fatta, anche Grillo s’è arreso, i dissidenti seguiranno. Il Patto del Nazareno, momentaneamente trasferito a Cesano Boscone, regge. Con la benedizione di Re Giorgio che, mentre precisava di non voler entrare nel merito, entra per l’ennesima volta nel merito della controriforma del Senato, uscendo dai suoi binari costituzionali e dal dovere di garante della Costituzione (quella del 1948, non un’altra). Dunque avremo una bella Camera di nominati per l’eternità e un bel Senato di sindaci e consiglieri regionali per l’immunità. Con tutto quel che ne consegue. Lunga vita ai padri ricostituenti Boschi & Verdini, sono soddisfazioni. Poi uno legge il documento scritto dei 5Stelle e scopre che gli house organ non si accontentano più di rilanciare le balle del premier e del suo alleato-detenuto: modificano direttamente la realtà per farla collimare con i desideri dei due padroni. Alle 10 domande del Pd, i 5Stelle hanno risposto con altrettanti Sì, seguiti però da brevi testi piuttosto comprensibili, a prova di giornalista da riporto. Che significano: “sì, ma a condizione che”, e spesso la condizione equivale a un no: infatti, su tutte le questioni dirimenti dell’Italicum e del nuovo Senato, vanno nella direzione opposta al Patto R&B. Vien da domandarsi che testo abbia letto Claudio Tito di Repubblica quando scrive enfatico che ora Renzi può “modificare la Costituzione e contestualmente la legge elettorale con una maggioranza ampia e trasversale” che “mette insieme la coalizione del governo con le due principali opposizioni: FI e M5S”,“nuovo arco costituzionale dell’eventuale Terza Repubblica” che condanna all’irrilevanza “la dissidenza interna al Pd”, ridotta “a battaglia di testimonianza”, “incapace sia di modificare l’impianto costituzionale, sia di minacciare la vita del governo”. Vediamoli, allora, questi 10 Sì. 1-2) Italicum: Pd e FI vogliono il ballottaggio tra le due coalizioni più votate, poi chi vince prende il 55% dei deputati; M5S accetta il ballottaggio, ma fra i due partiti più votati, poi chi vince prende il 52% dei deputati. Pd e FI insistono sulle liste bloccate tipo Porcellum; M5S vuole la preferenza. 3) Pd e FI vogliono collegi più piccoli, M5S è disponibile. 4) Il Pd vuole far verificare preventivamente la legge elettorale alla Consulta; M5S pure, anche se osserva che Renzi ha detto il contrario. 5) Pd e FI vogliono ridurre i poteri delle Regioni modificando il titolo V della Costituzione; M5S anche, ma fa notare che il nuovo titolo V è un casino che causerà conflitti fra Stato e Regioni. 6) Il Pd vuole ridurre l’indennità dei consiglieri regionali, M5S l’ha già fatto per i suoi restituendo il surplus. 7) Pd e FI vogliono abolire il Cnel; M5S pure, anzi vorrebbe farlo subito, con uno stralcio ad hoc. 8-9) Senato: Pd e FI vogliono un Senato non elettivo senza potere legislativo, formato da sindaci e consiglieri regionali che fanno i senatori part-time; M5S vuole i senatori eletti direttamente dai cittadini, full-time, con funzioni anche legislative (diverse dalla Camera), dimezzando le indennità di deputati e senatori. 10) Pd e FI vogliono mantenere l’autorizzazione a procedere per intercettare, arrestare e perquisire senatori e deputati; M5S vuole abolirla, lasciando solo l’insindacabilità per opinioni e voti. Riassumendo: a parte il Cnel, i collegi e altre quisquilie, il progetto Pd-FI è incompatibile col progetto M5S. Ora tocca a Renzi e al Pd rispondere a una sola domanda semplice semplice: perseverate nella doppia porcata con il frodatore pregiudicato, o preferite una buona riforma elettorale e costituzionale con M5S, Sel, dissidenti Pd e FI e milioni di elettori? Risposta scritta, please. 2 QUALE VERSO MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 Pe succo: enne, Iphone l’autoscatto sulle sudate carte AL LAVORO SU TERZO SETTORE, Ilva, semplificazione amministrativa, millegiorni #palazzochigi. Lo scrive su Twitter il premier Matteo Renzi, rientrato questo pomeriggio a Roma da Venezia. Renzi aggiunge l’hashtag #lavoltabuona e una foto con vari documenti, un succo di frutta e varie penne”. Questo battevano le agenzie di stampa ieri pomeriggio, commentando entusiastiche la fotografia postata dal premier, di nuovo sulle sudate carte nell’ufficio di palazzo Chigi e soltanto una bibita analcolica per ricaricarsi. Non è la prima volta che Renzi utilizza questo metodo per di- il Fatto Quotidiano mostrare il suo essere iper-produttivo e iperattivo. Famosa la foto all’alba del cortile di palazzo Chigi e dei faldoni sulle scrivanie che chiamano sempre l’attenzione del presidente del Consiglio. Che, quando deve annunciare o mediare (vedi M5S), sceglie sempre le dichiarazioni sui social network. PROVINCE E TAGLI, UNO SCHERZO MANCANO ANCORA I DECRETI ATTUATIVI: DAI 200 MILIONI DI EURO CREDITO D’IMPOSTA PER LA RICERCA AI 240 MILIONI DI RISPARMI NEI MINISTERI. E IL PREMIER CAMBIERÀ I DIPARTIMENTI di Carlo Tecce A ddio, Province. Bentornate, Province. Arrivederci, Province. Che me ne faccio di queste Province? Neanche il governo l’ha capito. I testi sfilano in scioltezza in Consiglio dei ministri: senza i decreti attuativi, che non fanno passerella (ma sono sostanza), la legge non viene applicata. E le Province, massa di competenze ancora astruse e dipendenti ancora appesi, muoiono lentamente, dunque con sofferenza. Il dicastero di Maria Carmela Lanzetta (Affari Regionali) non ha risolto la contesa per ricalibrare i poteri nei territori: niente più sagre per le Province, ma la scuola, le strade e poi i trasporti? I soldi non ci sono, e da tempo. I trasferimenti furono eliminati all’impronta dai tecnici di Mario Monti, e l’agonia è cominciata presto. E adesso, attesi invano i regolamenti questa settimana e forse compiuti a fine mese, non c’è denaro per pagare i servizi essenziali. Ma i governi provinciali devono “resistere” sino a settembre. IL SOTTOSEGRETARIO Gra- ziano Delrio, all’epoca ministro agli Affari Regionali, voleva consegnare ai sindaci uno spazio più largo, da gestire assieme, e non più la colletta di prebende che le Province smistavano dai capoluoghi regionali: meccanismi più fluidi, risparmi, anche se il numero di amministratori non scompariva (e non è un particolare da poco). Ma in no- LAVORI LASCIATI A METÀ DIRETTORI ENTI LOCALI La legge per il riordino delle Province è entrata in vigore l’8 di aprile, da ieri si attendono i regolamenti per completare la riforma UNIVERSITÀ Il governo di Enrico Letta aveva deciso di concedere un credito d’imposta dal valore di 200 milioni di euro annui per la Ricerca. Nulla di fatto. Neanche con Renzi SPENDING REVIEW Il decreto Irpef per gli 80 euro prevedeva anche un taglio di spesa di 240 milioni di euro per i ministeri: ancora non sono stati adottati AUTO BLU Mancano i regolamenti di palazzo Chigi per portare a 5 le auto di servizio per ogni ministero. Nel frattempo, i sottosegretari ne usufruiscono ancora vanta giorni – la legge per il riordino è entrata in vigore l’8 aprile – Lanzetta e governo non sono riusciti a plasmare le nuove Province. I dipendenti restano dove sono. I campi d’azione restano come sono. E i soldi da consumare, seppur non esistano, vanno trovati perché, e i sindacati annusano l’immobilismo di un renzismo iperattivo, ci sono le buste paga da riempire. I ritardi s’accumulano. E nel groviglio provinciale, il governo aggiunge la riforma per la Pubblica Amministrazione di Marianna Madia: dovrebbe far traslocare i dipendenti provinciali dagli uffici, ma verso quali destinazioni? I decreti attuativi, che stanno a marcire nei ministeri dove la burocrazia è quel buco nero che inghiotte capi più o meno disinvolti di qualsiasi governo, sono diventati un intralcio, un Mineo o un Chiti inanimato, anche per Matteo Renzi. S’è fatto cupo, il premier: “Una questione molto seria. Ne parliamo giovedì in consiglio Ostellino il grande di via Solferino U n madornale errore compariva nel numero di lunedì del “Corriere della Sera”. In un articolo di Paolo Isotta, critico musicale di nota fama, era sparito un prezioso aggettivo. Così, nella rubrica delle lettere di ieri lo stesso Isotta ha dovuto puntualizzare: “Caro direttore, nel mio articolo di ieri sul Conte Ory di Rossini alla Scala per un errore di trasmissione è caduta una parola. Là ove nominavo ‘il direttore Piero Ostellino’ il testo originale era ‘il grande direttore Piero Ostellino’. E siccome il caro e gentile Ostellino è stato anche un grande direttore, vittima peraltro dell’intolleranza politica di chi allora comandava, ci tengo a ripristinare il mio pensiero memore e grato”. dei ministri. Così non va bene”. Renzi deve mostrare qualcosa e, proprio per giovedì, potrebbe declamare la nuova struttura di palazzo Chigi: meno dipartimenti, in sintesi. IN QUEL LUOGO, in Cdm a pa- lazzo Chigi, vengono licenziati tanti provvedimenti che, nei fatti, non prendono mai vita. Ci sono i 200 milioni di euro annui di credito d’imposta per la Ricerca che rimbalzano da Enrico Letta a Renzi senza soluzione, senza prescrizioni, senza nulla di concreto. E poi dicono che la Ricerca è importante. Come sarà importante la spending review: il 24 aprile viene deliberata la fragile impalcatura che sostiene gli 80 euro mensili, una prima cura di tagli, che dovrà crescere, aumentare, diventare strutturale: per sempre. Il commissario Carlo Cottarelli, il signor spending review, se ne lamenta in pubblico e in privato. Non ci sono neppure le dieci righe che servono a ridurre la auto blu per IN BARCA Matteo Renzi a Venezia con i ministri Marianna Madia e Federica Guidi Ansa sottosegretari e singoli ministeri, che Renzi in conferenza stampa s’è venduto con invidiabile capacità comunicativa. E non ci sono i regolamenti per piallare e (ri)modulare la spesa nei dicasteri: 240 milioni di euro in milioni di rivoli, mica spigolature. Il tempo gioca (ancora) al fianco del premier. Ma le scadenze non sono lontane e i decreti attuativi di sua proprietà che mancano sono più di 50: 14 hanno superato i termini, altri rischiano la stessa sorte. I 50 di Renzi vanno sommati al gruzzolo di Letta-Monti, e s’arriva a 679. Chi ha il coraggio, può scorgere i rottami di Berlusconi in retrovia, e si decolla a 800. I “falchi” a Cinque Stelle volano su Di Maio CRITICHE SUL VICE PRESIDENTE DELLA CAMERA: NON AVEVA IL MANDATO PER APRIRE AI BALLOTTAGGI. BIASIMO ANCHE SULLA PRESENZA TV di Luca De Carolis o stop dei falchi. Furibondi, per lo schiaffo L del Renzi che disdice gli incontri e pretende risposte scritte. “Neri” per il metodo della Di Maio e Danilo Toninelli. Non dobbiamo assolutamente cedere verso questa deriva plebiscitaria che richiede la governabilità a discapito della rappresentatività e democraticità di un sistema elettorale e costituzionale”. Per Colletti, “l’impianto proporzionale della legge elettorale è l’unico modo per preservare la tipica tripartizione del potere”. Tradotto, il Consultellum proporzionale dei 5 Stelle non può essere stravolto in favore dell’Italicum iper-maggioritario di Renzi. trattativa, portata avanti (soprattutto) da Luigi Di Maio con rilanci e controproposte non concordate con l’assemblea, da primus inter pares senza investitura. Preoccupati per il caos sulla linea perfino tra i vertici. Il giorno dopo il lunedì più difficile, quello in cui Grillo alle 15.30 ha rovesciato il tavolo con il Pd e alle 17 lo ha rimesso a posto, i Cinque Stelle ripartono dalla COLLETTI PARE RISPONDERE a Di Maio, che rabbia gelida degli ortodossi. Tracimata nell’as- in mattinata aveva scritto: “Diverse persone mi semblea dei deputati, in serata. I lealisti, già chiedono chi abbia deciso per il doppio turno di contrari alla trattativa con Renzi, non sapevano lista, ma ricordo a tutti che nessuno ha ancora del doppio turno di lista e di deciso niente. Alla fine potremo votare sì o no sul portale altre apertura assortite ai Dem. Non hanno gradito. E ora predell’M5S”. Giustificazione non FACCIA A FACCIA sufficiente, per tanti ortodossi. tendono una verifica nelle commissioni e in assemblea su Fino dalla mattina in tanti cerIn serata tensione cano Grillo. Vogliono sapere come portare avanti la partita con il rottamatore. Nei dettacome sta, perché lunedì si è alla riunione (ri)allineato al pontiere Di gli. Il tamburo della reazione lo dei deputati batte per primo il deputato Maio e quindi a Casaleggio. Avevano esultato al suo post Andrea Colletti, membro della Rizzetto: “Non so commissione Giustizia. Scrive contro “l’ebetone pericolosissimo” e la sua “dittatura di su Facebook: “L’indicazione come usciremo del ‘doppio turno di lista’ è una stampo legale”. Poi l’hanno vida questa situazione” sto precisare che “le porte sono valutazione personale di Luigi Luigi Di Maio assieme a Beppe Grillo Ansa sempre aperte al dialogo”. Il fondatore risponde agli sms sminuendo e rassicurando: “Solo un problema di tempistica degli interventi, la pensiamo tutti allo stesso modo”. Ostenta tranquillità. Dal’aula spunta Toninelli: “Il post di Colletti? Ha tutto il diritto di esprimere un parere tecnico, come io potrei esprimerlo sulla sua materia, la giustizia. Il confronto è normale: guardate Forza Italia, sono spaccati a metà”. Nel frattempo il Pd ha aperto a un nuovo incontro per la prossima settimana. “Noi il nostro compitino l’abbiamo fatto...”sospira Toninelli. Allude alle dieci risposte ai quesiti dei Dem, pubblicate lunedì sera sul blog di Grillo. In quelle righe, anche il doppio turno di lista. Giuseppe D’Ambrosio, membro della commissione Affari Costituzionali, lo spiega con i numeri: “Avevamo stabilito di andare da uno a dieci, ora siamo arrivati a 15. Bisogna ridefinire i paletti. Dobbiamo confrontarci tra commissioni di Camera e Senato, e poi parlarne in un’assemblea, congiunta”. Tradotto, basta fughe in avanti. Di Maio, criticato anche per la sua esposizione mediatica, tira dritto. Interviene a Un Giorno da Pecora su Radio Due. E ridà la linea: “Non ho parlato con Renzi. Si facciano sentire loro adesso, ci facciano sapere loro quello che devono fare. Se il premier si fida solo di Berlusconi, lo dica”. Gli chiedono se lunedì ha telefonato a Casaleggio per far cambiare rotta a Grillo: “No, Beppe si era giustamente arrabbiato. Gianroberto l’ho sentito ma per altri motivi”. Alla Camera tanti sfilano senza parlare. Walter Rizzetto, voce critica, scuote la testa: “Situazione confusa, ora non so come se ne potrà uscire”. Tancredi Turco: “Mi auguro che ai prossimi incontri con il Pd vadano solo i capigruppo, senza figure non indicate dall’assemblea”. In serata, assemblea dei deputati. Sulla carta, non si doveva parlare della trattativa con il Pd. Ma dopo le 22 la discussione parte. A toni alti. Continuerà, eccome. Twitter @lucadecarolis QUALE VERSO il Fatto Quotidiano D on Patriciello: ”Su Terra dei Fuochi basta superficialità” Nella Terra dei fuochi si sta consumando un dramma epocale sotto gli occhi di tutti” ma “manca la volontà politica di mettere la parola fine a questa tragedia”. Lo scrive don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano (Napoli) in una lettera aperta al presidente del Consiglio Matteo Renzi, nella quale lo invita a tornare tra le province di Napoli e Caserta. “Lo scrittore Corrado MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 3 Alvaro - aggiunge don Patriciello - diceva che ‘alle domande serie occorre dare risposte serie’. Per noi non è stato e ancora non è così. Le nostre domande angoscianti vengono tuttora affrontate con una superficialità che fa spavento”. Il premier lo chiama in serata lo rassicura: tornerà di nuovo in loco per prendere visione di persona della situazione della zona. fatto a mano IL CONFRONTO LA PROPOSTA PD L’Italicum (quasi impallinato) nella sua versione originaria MAGGIORITARIO Il sistema prevede liste bloccate corte (da 3 a 6 nomi a seconda dell’ampiezza del collegio) su non più di 120 circoscrizioni (è stato dato mandato al governo di disegnarle). SBARRAMENTI I partiti, se corrono in coalizione, devono superare la soglia del 4,5%. Per quelli non coalizzati lo sbarramento è all’8%. Le coalizioni, infine, arrivano in Parlamento se prendono oltre il 12%. PREMIO DI MAGGIORANZA Il premio di maggioranza va al partito (o alla coalizione) che supera il 37%. Il “premio” porta la sua rappresentanza parlamentare al 53%. IL BALLOTTAGGIO Se nessuno arriva al 37% i primi due arrivati vanno al ballottaggio per contendersi il premio di maggioranza. MULTICANDIDATURE Riforme, il problema di Matteo si chiama Fi SE I DISSIDENTI DEMOCRATICI SONO CONSIDERATI SOTTO CONTROLLO DUBBI SULLA TENUTA DEL GRUPPO DI B. CON GRILLO TRATTATIVA CONGELATA di Wanda Marra U n voto dopo l’altro la Commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama scivola velocemente verso la conclusione dell’esame della riforma del Senato e del Titolo V. Sfilano volti stanchi e variamente perplessi, da quello della relatrice Anna Finocchiaro a quello di Gaetano Quagliariello (Ncd), passando per Doris Lo Moro (Pd). L’ordine di scuderia, da parte del governo, ma anche da parte di Berlusconi ai suoi (quelli che controlla di Forza Italia, che non si capisce bene quanti siano) è chiudere il prima possibile, smussare tutti gli angoli, e poi arrivare in Aula. Il merito conta fino a un certo punto: il patto del Nazareno è più importante, per entrambi i contraenti. Per Renzi garantisce ancora le riforme, per Berlusconi l’esistenza in vita. Sui lavori pesa anche l’assenza di Roberto Calderoli, ricoverato a Milano per un malore, che l’ha fatto cadere e rompersi una mano. Lui dall’ospedale dice di andare avanti e dunque si vota. Atteso per stamattina. Rimandato a oggi l’ ultimo nodo: quello che riguarda la proporzionalità dei membri del Senato: saranno i Consigli regionali ad eleggere i futuri senatori. Dopo un vertice Boschi-Finocchiaro-Romani il testo sarebbe pronto, ma si aspetta la firma di Calderoli. La scelta dovrà rispettare il criterio di proporzionalità sia per quanto riguarda il numero di abitanti, sia il risultato elettorale di ciascuna regione. Questo perché FI aveva chiesto di riequilibrare la rappresentanza, visto che il centrosinistra ha in mano la maggior parte delle Regioni. Passato ieri un emendamento per modificare il meccanismo di elezione del presidente della Repubblica. Prevede che per i primi quattro scrutini occorrano i due terzi degli aventi diritto, e per i secondi quattro, i tre quinti. Questo per evitare che chi vince alla Camera elegga da solo l’inquilino del Colle. Dal nono scrutinio in poi, l'eventuale vincitore avrebbe comunque la possibilità di eleggere da solo il Presidente della repubblica. E IN AULA? Il governo, Boschi in testa, ostenta sicurezza. E dalle parti del Pd questa è abbastanza condivisa. Per ora. In realtà lunedì sera c’è stato un vero momento di panico, prima del gruppo Dem. Tra dissidenti e bersaniani, la situazione sembrava sfuggire di mano. Tanto che al Colle sarebbero arrivate sollecitazioni da parte di alcuni renziani per intervenire, in maniera preventiva. Se un effetto ce l’ha il giorno dopo il monito del Colle è quello di far innervosire il presidente del Senato, Grasso. Starebbe a lui deciderre se rimandare l’approdo in Aula della riforma previsto per oggi, visto che l’esame degli emendamenti non è concluso. Ma lui preferisce evitare: si aspetta che casomai il governo lo chieda. E così la capogruppo di ieri non decide nulla. Ma si arriverà in Aula probabilmente domani, con inizio delle votazioni previsto per martedì. “Il Senato lo votiamo, sulla leg- MALORE Il relatore del testo sulle riforme Roberto Calderoli è stato ricoverato a Milano Ansa LEGGE ELETTORALE Si ragiona su restringere i collegi dell’Italicum e prevedere un sistema misto tra preferenze e liste bloccate (che va bene anche a B.) ge elettorale l’ipotesi che circola ci convince: si tratterebbe di avere collegi più piccoli, con una parte di liste bloccate, e una lasciata alle preferenze”, spiega il bersaniano Miguel Gotor. Dissenso dem in via di rientro. Renzi scommette sul fatto che scatenata la debita pressione mediatica - saranno veramente pochi i Democratici in grado di votare contro. Diverso per Forza Italia. Il gruppo degli oltranzisti lo guida Augusto Minzolini, che non a caso diffonde interpretazioni: “Renzi vuole ap- provare il Senato in via definitiva entro gennaio, fare una legge elettorale e andare al voto in primavera”. I dissidenti di Forza Italia secondo lui sono più di 20. Il gruppo dei senatori con Berlusconi per oggi è in forse? Meglio, così ognuno è libero di far quel che vuole. E insomma, il premier resta appeso a Berlusconi, nel bene e nel male. L’incontro con i Cinque Stelle nel frattempo? Rimandato alla prossima settimana, come annuncia Lorenzo Guerini. Non è proprio il caso di aprire una trattativa vera sulla legge elettorale, fino a che le riforme non sono saldamente approvate. E dunque, meglio temporeggiare. E cercare una soluzione che possa piacere anche a FI, come quella, appunto, di un sistema misto tra liste bloccate e preferenze. E nel frattempo, cerca di andarsi a prendere i voti da tutte le parti. Beppe Grillo lunedì sera ha messo in difficoltà il premier aprendo su una serie di punti. Ma in realtà la discussione deflagrata nel Movimento e la loro stessa disponibilità a questo punto potrebbe favorire il premier. Di Maio ha spiegato che l’eventuale accordo M5s-Pd sarà comunque sottoposto alla rete; al che Roberto Giachetti ha domandato: "E se la rete lo boccia? Certifichiamo che abbiamo scherzato?". Renzi può giocare sulle difficoltà degli altri partiti, e racimolare un po’ di qua, un po’ di là. Il gioco è pericoloso. Ma Renzi non molla: “Noi le riforme le facciamo, è giusto farle perchè l’Italia torni a essere leader. Piaccia o no a chi vuole frenarci, il risultato a casa lo portiamo”. Un solo candidato può correre in otto collegi diversi. Sono vietate le liste civetta. VALIDITÀ La legge varrebbe solo per l’elezione della Camera. LA PROPOSTA M5S Il “Democratellum” che punta su proporzionale e preferenze PROPORZIONALE Il sistema è proporzionale con 42 circoscrizioni di diverse dimensioni (33 maggiori e 11 minori). PREFERENZE Il sistema prevede due schede elettorali, una per il voto di lista e una per il voto di preferenza. IL VOTO SFAVOREVOLE Nella scheda per la lista si può esprimere anche un voto “sfavorevole” nel caso in cui il cittadino decida di penalizzare un candidato presente nel partito che ha deciso di votare. Con la scheda di preferenza si può invece esprimere una preferenza anche diversa rispetto a quella della lista votata. SBARRAMENTO Lo sbarramento, non indicato esplicitamente nella proposta di legge, è però nei fatti grazie al combinato disposto del collegio plurinominale e del numero di eletti che esprime. Nelle circoscrizioni piccole è orientativamente attorno al 10%. Si fissa invece al 7% in quelle medie. È a 3-4% in quelle grandi. MEDIAZIONI Le aperture del Movimento su doppio turno e collegi PROPORZIONALE PURO Al primo turno il sistema proposto dai Cinque Stelle resta un proporzionale puro, senza sbarramenti di sorta. PREMIO DI MAGGIORANZA Il premio per i Cinque Stelle scatta solo in caso di superamento del 50% dei consensi. IL BALLOTTAGGIO Nella lettera di risposta al Pd con i dieci sì “condizionati”, i Cinque Stelle aprono al ballottaggio. Con una differenza non di poco conto: il ballottaggio non dovrà essere tra due coalizioni ma tra le due liste più votate, onde evitare di imbarcare tutti pur di vincere. I COLLEGI I Cinque Stelle aprono anche sull’ampiezza dei collegi. Ma avvertono: “Questo e altri elementi dipendono dall’impianto della legge”. 4 L’APPELLO MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 Ipubblicati 10 punti chiave domenica in prima pagina 1. CAMERA Con Italicum e liste bloccate 630 deputati nominati dai partiti più grandi; i medio-piccoli esclusi dalle soglie. Il primo (anche col 20%) avrà il 55% e potrà governare solo; il potere legislativo coinciderà con l’esecutivo, con decreti e fiducie. 2. SENATO Sarà di 100 senatori non eletti: 95 scelti dai consigli regionali (74 consiglieri e 21 sindaci) e 5 dal Quirinale. Sarà dominato dal primo partito e non potrà più controllare il governo. 3. OPPOSIZIONE I partiti d’opposizione decimati; i dissenzienti dei partiti governativi potranno essere espulsi e sostituiti in commissione. Corsia preferenziale per leggi del governo da approvare in 2 mesi, con divieto di ostruzionismo ed emendamenti. il Fatto Quotidiano 4. CAPO DELLO STATO Lo sceglierà il capo del governo e del primo partito al terzo scrutinio, quando la maggioranza è al 51%. Il Colle avrà enormi poteri d’interferenza in tutti i campi, giustizia in primis. 5. CORTE COSTITUZIONALE Il governo controllerà 10 dei 15 giudici: i 5 nominati dal Parlamento e i 5 del Colle. Difficile che la Consulta possa bocciare DEMOCRAZIA AUTORITARIA Tutti uniti per protestare davanti al Senato La Rete per la Costituzione, alla quale partecipano tanti cittadini che furono protagonisti del referendum del 2006 e che è attiva in numerose città italiane, sarà presente di fronte al Senato nel giorno del passaggio della “riforma” costituzionale all’esame dell'aula. In quella occasione distribuiremo volantini e materiale informativo sulla reale portata delle modifiche che l’attuale maggioranza Partito democratico-Forza Italia intende approvare. Purtroppo l’attuale Parlamento può ignorare la volontà dei cittadini e delle cittadine, ma questo non ci impedirà di far sentire la nostra voce di dissenso. Migliaia di proposte arrivate in redazione “INFORMATE I CITTADINI”; “COINVOLGERE L’ELETTORATO DEMOCRATICO”; “ANDIAMO A PRESIEDERE PALAZZO MADAMA”, SONO ALCUNE DELLE IDEE GIUNTE AL FATTO Al Fatto quotidiano continuano ad arrivare e-mail dai lettori in risposta all’appello lanciato domenica sulla prima pagina del giornale per chiedere come opporci alla svolta autoritaria del premier Matteo Renzi, Silvio Berlusconi & C. Sono migliaia, e per questo ringraziamo tutti. Molte le idee, le proposte, gli incoraggiamenti ad andare avanti. C’è chi ringrazia. Chi sollecita. Chi si dichiara preoccupato, anche incredulo per il silenzio degli altri organi dei informazione. Chi si appella ai costituzionalisti per sentire la loro voce, e chi ripone grande fiducia nei confronti di parte degli elettori democratici, quegli elettori che nel ventennio berlusconiano si sono opposti duramente alle varie riforme proposte dall’ex Cavaliere. “Vi chiediamo di mettere in atto tutte le iniziative possibili per fare comprendere agli italiani che hanno ancora la capacità di ragionare a quali rischi si sta ora andando incontro”, ci chiede un lettore, mentre una lettrice si dichiara “al vostro fianco”. Aspettiamo ancora le vostre proposte. E grazie, come sempre. Rete per la Costituzione Il “Fatto” come rete di collegamento Noi non possiamo che resistere, resistere. Resistere, aiutati dal “Fatto”. Il gruppo di cui faccio parte (Carovana per la Costituzione sempre) intende dare battaglia a partire da un presidio davanti al Senato in concomitanza con la votazione del Ddl Boschi. Oltre agli appelli ai senatori e ai cittadini occorre esserci fisicamente. Il “Fatto” può favorire il collegamento tra tutte le realtà resistenziali sparse nel Paese, dando rilievo alle mobilitazioni e aiutando nelle operazioni di collegamento. Serve un presidio permanente in modo da essere sempre presenti dimostrando che l’altro 59 per cento dei cittadini italiani questa riforma non la vuole. Cinzia Niccolai RESISTERE E RESISTERE Il gruppo di cui faccio parte (Carovana per la Costituzione sempre) intende dare battaglia a partire da un presidio davanti al Senato durante la votazione del Ddl Boschi Combattere questa follia con ogni forza Premetto che non condivido una H delle cosiddette “riforme istituzionali” di cui si pala da mesi e le reputo le riforme più assurde e pericolose della storia repubblicana. Ma credo che una precisazione vada fatta. Queste riforme, per quanto gravi, non creano una Dittatura, non eliminano la Democrazia. Sono riforme che danneggiano e indeboliscono i sistemi di controllo, riducono gli spazi di rappresentatività e commettono valanghe di altre nefandezze ma non instaurano una Dittatura. Stabilito questo è compito di ognuno di noi combattere questa follia con ogni forza. Marco Scarponi Non dormiamo, o il risveglio sarà traumatico Quello che sta succedendo è gravissimo, ci toglieranno anche quello che resta della nostra democrazia sancita dalla Costituzione. Non lasciamo che accada, mi rivolgo a tutte le persone che amano la giustizia e la libertà in ogni sua forma: non dor- Pancho Pardi: “Sit-in da martedì al Senato” DA MARTEDÌ PROSSIMO chi ha a cuore la Costituzione è invitato a difenderla in piazza. Ci vediamo in un sit-in di fronte al Senato”. L’appello è di Pancho Pardi, protagonista della stagione dei “girotondi” ed ex senatore dell’Italia dei Valori. “Concordo con la definizione di ‘democrazia autoritaria’ coniata da Marco Travaglio – spiega Pardi –. Anzi, secondo me è quasi ‘moderata’: il governo Renzi vuole portare una ferita alla Costituzione molto più profonda di quella proposta da Massimo D’Alema ai tempi della Bicamerale, proprio come la riforma di Berlusconi bocciata dal referendum nel 2006”. L’appuntamento è a Piazza delle Cinque Lune, a pochi passi da Palazzo Madama: “Dobbiamo scendere in piazza, senza paura. Senza pensare che all’inizio rischiamo di essere pochi: sono convinto che l’iniziativa avrà successo. È il momento decisivo, la battaglia va combattuta adesso, anche se siamo alla prima lettura. Il governo vuole forzare i tempi. Il testo che esce dal Senato, nel progetto di Renzi, va approvato alla Camera nella stessa e identica forma: per questo la riforma stravolge il Senato e non sfiora nemmeno i 630 deputati di Montecitorio. Se il testo passa al Senato, i passaggi successivi rischiano di essere delle pure formalità”. miamo ora perché il risveglio dopo sarà traumatico. La storia lo insegna. Francesca Garro Fate i nostri portavoce in tutti i programmi televisivi Sono allarmata, sconfortata e preoccupata dal silenzio e dalla mancanza di dettagli dei tanti giornali e dei tanti intellettuali che in questo momento dovrebbero fare la differenza su questioni importanti come quelle delle riforme. Sono ancora più preoccupata perché queste riforme e l’accelerazione che è stata data alla loro realizzazione stia avvenendo du- La denuncia di eretici Pd e costituzionalisti A ROMA L’APPUNTAMENTO ORGANIZZATO DA “LIBERTÀ E GIUSTIZIA”. TRA I PRESENTI ANCHE PACE, CARLASSARE, MINEO E CASSON di Tommaso Rodano n Piazza Capranica, di fronte a Montecitorio I e a metà strada con Palazzo Madama, si discute di riforme istituzionali. L’incontro è pro- Democrazia Costituzionale”), che apre il dibattito ricordando una vecchia frase di Berlusconi, pronunciata nel 2007 durante la presentazione di un libro di Bruno Vespa: “Tra tutti i primi ministri di cui si parla in questo volume – disse allora l’ex premier – c’è un solo uomo di potere: Benito Mussolini. Tutti gli altri potere non ne hanno avuto. Credo che se non cambiamo l’architettura della Repubblica, non avremo mai un premier in grado di decidere, di dare modernità e sviluppo al Paese”. Come Berlusconi pochi anni fa – secondo Gallo – anche Matteo Renzi insegue lo stesso modello: quello di un solo uomo al comando, capace di mosso da Libertà e Giustizia e da una galassia di associazioni che contestano nel metodo e nel merito la volontà del governo di Matteo Renzi di mettere mano all’architettura costituzionale. Partecipano alcuni senatori “eretici” del Partito democratico (Felice Casson, Vannino Chiti, Corradino Mineo e Walter Tocci) e poi ci sono i giuristi; studiosi, amanti e sentinelle della Costituzione: Lorenza Carlassare, Gaetano Azzariti, Alessandro Pace, Massimo Villone. Non portano solo la conoscenza e l’interpretaIL GIUDICE GALLO zione del diritto, ma la memoria storica. Per capire quanto Come Berlusconi anche profondo possa essere l’impatto del disegno del governo suRenzi insegue il modello gli equilibri costituzionali, indell’uomo solo fatti, si affidano a due citazioni della storia del ‘900 italiano. La al comando, capace prima è nell’introduzione di Domenico Gallo (giudice della di decidere sciolto Corte di Cassazione e presidai condizionamenti dente di “Associazione per la decidere sciolto dai vincoli, i condizionamenti e gli ostacoli che hanno afflitto i capi politici durante la storia della Repubblica. ANCHE Lorenza Carlassare si affida alle parole del passato, “ripetute ossessivamente nel corso della storia del nostro Paese”. Ma torna ancora più indietro e cita direttamente Benito Mussolini, nel discorso pronunciato in occasione dell’approvazione della legge truffa: “Una cosa sola va rigidamente affermata – disse allora il Duce, come ricorda Calrassare – : che la massa dei cittadini intende che l’assemblea eletta sia la più capace a costituire un governo, atto a risolvere nel modo più rapido, fermo e univoco tutte le molteplici questioni che nella vita quotidiana si presentano; non impacciato da preventive compromissioni, non impedito da divieti insormontabili: la rappresentanza è destinata a un ruolo del tutto secondario”. La stessa assenza di freni e di contrappesi al potere dell’esecutivo, secondo i professori di diritto costituzionale che prenCorradino Mineo e Felice Casson Ansa dono la parola, ispira le rifor- me istituzionali di Matteo Renzi. “Quella che è in gioco – sostiene Carlassare – non è solo la democrazia costituzionale, ma forse la democrazia nel suo complesso”. Le riforme di Renzi, sostiene Alessandro Pace, produrrebbero una concentrazione di potere senza precedenti nella storia della Repubblica: “Con l’Italicum – spiega Pace – avremmo come risultato un monocameralismo dominato dal Partito democratico o dall’attuale coalizione di partito, completamente privo di contropoteri. Una maggioranza sufficiente per decidere in totale autonomia sia il Presidente della Repubblica che i cinque i giudici costituzionali di nomina parlamentare”. Per Massimo Villone, ex senatore del Pds e docente di Diritto Costituzionale alla Federico II di Napoli, nella riforma di Matteo Renzi c’è l’idea di un “primo ministro assoluto”: “Un Senato debole, come lo vuole il premier, non è solo sbagliato: è anche pericoloso. Il senatore è sotto ricatto, non ha una voce autonoma rispetto al governo, ma diventa decisivo, nella sua debolezza, nei processi di riforma della Costituzione. Quando un governo ha in mano tutto e ha sotto di sé una maggioranza garantita e inerte in Parlamento, ha accesso ai diritti costituzionali: sono in pericoli i diritti di libertà”. L’APPELLO il Fatto Quotidiano leggi incostituzionali o dar torto al potere politico. Csm a un’Alta Corte per 2/3 politica. 6. CSM E MAGISTRATI Anticipando la pensione delle toghe da 75 a 70 anni, il governo decapita gli uffici giudiziari. I nuovi capi li nominerà il nuovo Csm, con 1/3 di laici vicini al governo e un presidente e un vice fedeli al governo, previo ok del Guardasigilli. Progetto di dirottare i giudizi disciplinari dal 7. PROCURATORI E PM Il procuratore capo diventa padre-padrone dei pm, privati di autonomia e indipendenza “interne”. Per assoggettare Procure e Tribunali, basterà controllare un pugno di capi. 8. IMMUNITÀ Rimane per i senatori non eletti. MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 Consente al governo di salvare i suoi uomini alla Camera e di nominare senatori “scudati” i sindaci e i consiglieri regionali nei guai con la giustizia. 9. INFORMAZIONE Il governo domina la Rai (rapinata di 150 mln e indebolita dall’evasione del canone) e B. controlla Mediaset. I giornali a editori impuri: aziende ricattabili dal governo e bisognose di 5 aiuti pubblici per stati di crisi e prepensionamenti. 10. CITTADINI Espropriati del diritto di scegliere i deputati e di eleggere i senatori, oltreché della sovranità nazionale, non avranno altre armi che i referendum abrogativi (spesso bocciati dalla Consulta) e leggi d’iniziativa popolare: ma la riforma costituzionale alza la soglia da 50 a 250 mila firme. Il contributo Secondo Calamandrei Il significato e il valore della legalità di Maurizio Viroli critto con tutta probabilità nell’estate del 1944, quando S Piero Calamandrei fece ritorno nella sua Firenze liberata, il saggio che Laterza ha pubblicato in questi giorni rante le vacanze estive cioè quando la maggioranza degli italiani è completamente distratta. Allora chiedo a tutti voi Giornalisti Liberi, di farvi nostri portavoce in tutti i programmi televisivi, quei pochi rimasti aperti, e anche nei telegiornali per cercare di svegliare tutti gli italiani che ancora abboccano alle lusinghe di questa classe politica. nuncia fossero firmate da migliaia di cittadini, non potrebbero essere ignorate. Senza premio di maggioranza le larghe intese più Lega Nord avrebbero alla Camera meno del 66% dei seggi. Potrebbero votare la controriforma ma non eviterebbero il referendum. Lo stesso al Senato senza i premi di maggioranza regionali. Angela Livio Giuliani Occupanti abusivi all’attacco della Carta Continuare a informarci come state facendo I parlamentari si sono autonominati con il porcellum. La cassazione dice che sono illegittimi, che secondo la Costituzione non sono mai stati eletti in quanto è stato vietato il diritto di voto per ben tre elezioni ai cittadini. Loro occupanti abusivi del parlamento che fanno? Con il silenzio assordante di Napolitano, invece di dimettersi, si mettono in moto per cambiare la Costituzione. Sono un elettore di Sinistra, pensionato, deluso dalla politica. Incazzato nero con questa strana situazione della classe dirigente. Vi prego di continuare a informarci come state facendo, il resto della stampa e le televisioni stanno tacendo le trame che questo sig. Matteo & B. stanno elaborando. Francesco Degni (un gufo) Uscire dalla rassegnazione e dal menefreghismo Se questo governo, non eletto approverà queste vergognose riforme la nostra democrazia, o almeno quello che ne rimane e la nostra Costituzione, subiranno un cambiamento tale che ci porterà sempre di più sulla strada della dittatura. Se passano queste riforme anche il nostro voto, dove già l’astensione è alta, sarà inutile e i referendum abrogativi non avranno possibilità successo. Questo paese dovrebbe uscire dalla rassegnazione e dal menefreghismo, dovrebbe cominciare a lottare e protestare, pur senza violenza, per impedire questi scempi. Monica Stanghellini Anna Finocchiaro Ansa Raccolta di firme e campagna di informazione Propongo, come fu per l’art. 138, di promuovere una raccolta di firme e una campagna di informazione con i mezzi che riterrete validi. Sarò al vostro fianco. Angelisa Coinvolgere gli elettori del Partito democratico Non sono un elettore del Pd IL SILENZIO GENERALE Sono sconfortata e preoccupata dalla mancanza di dettagli dei tanti giornali e dei tanti intellettuali che in questo momento dovrebbero fare la differenza su questioni importanti Maria Elena Boschi Ansa ma ritengo necessario rivolgersi ai componenti (iscritti, attivisti, inseriti in organi elettivi) della base di quel partito che è l’unico organizzato e radicato dal quale possono nascere e diffondersi iniziative per recuperare una democrazia partecipativa. Nel Pd resiste ancora un buon numero di elettori che si sono formati a suo tempo nei principi della nostra Costituzione, che hanno partecipato alle iniziative per difenderla anche in maniera concreta nelle scelte referendarie. Sono questi ultimi, insieme ai residui della sinistra e ai sindacati, che si devono mobilitare. Paolo Chiarelli Una diffida penale da inviare ai due rami del Parlamento La via è quella della diffida penale da inoltrare ai Presidenti delle due Camere e ai membri delle commissioni per le elezioni. Dopo la diffida la denuncia alla Procura della Repubblica di Roma per omissioni di atti d'ufficio. Se la diffida e la de- Guido Burroni Mettere in atto tutte le iniziative possibili Aderisco con mia moglie al vostro appello contro la dittatura, non tanto strisciante, che stanno imponendo Giorgio Napolitano e Matteo Renzi. Vi chiediamo di mettere in atto tutte le iniziative possibili per fare comprendere agli italiani che hanno ancora la capacità di ragionare a quali rischi si sta ora andando incontro. Giuseppe Dolce e Anita Fagliano Che il “Fatto” raccolga tutte le adesioni Sono sull’iniziativa cui accennava Antonio Padellaro d’accordo, procediamo anche questa volta. Che il “Fatto quotidiano” raccolga tutte le adesioni. Carlo Magaldi nasce dall’esigenza che l’autore ebbe fortissima di spiegare a chi cercava faticosamente di fare nascere un’Italia libera, il significato e il valore della legalità. Lo rivela Calamandrei stesso in una pagina, condita di fine arguzia fiorentina, che Silvia Calamandrei ha ritrovato fra le carte del padre e ha saggiamente riproposto nella sua bella “Nota editoriale”, dove chiarisce che il saggio può essere un esempio del metodo della prova a contrario, consistente nell’illustrare i caratteri della legalità e i suoi benefici trattando di un regime che rappresenta in maniera tipica la sua antitesi: “se in mezzo a tanto dolore fosse ancora lecito sorridere verrebbe a proposito la sbrigativa risposta colla quale un giornalista spiritoso si liberò di quel seccatore che insisteva a chiedergli come è fatta una macchina linotipo: ‘Ora te lo spiego subito: l’hai mai vista una macchina da cucire? Certo. Ecco: la linotipo è tutta differente’. Allo stesso modo si potrebbe rispondere a chi volesse farsi un’idea esatta della legalità: ‘L’hai mai visto il fascismo? Ahimè sì. Ecco: la legalità è tutta differente’. Il regime fascista, spiega Calamandrei, era caratterizzato da una doppiezza o ipocrisia costitutiva. Il potere fascista nasceva infatti dalla combinazione di due ordinamenti giudiziari l’uno dentro l’altro: quello ufficiale, che si esprimeva nelle leggi, e quello ufficioso, che viveva in una pratica politica sistematicamente contraria alle leggi. C’era dunque una burocrazia di Stato e una burocrazia di partito, pagate entrambe dagli stessi contribuenti, e unite al vertice in colui che domina l’una Calamandrei Wikipedia Cc e l’altra. DAL SAGGIO emergono altri due caratteri distintivi della storia del fascismo, sui quali è bene riflettere. Il primo è l’incoerenza e l’eterogeneità dei suoi obiettivi politici, un vero e proprio “accozzo di idee vaghe e generiche accattate alla rinfusa nei campi più disparati e più contrastanti” che tuttavia non indebolirono, ma rafforzarono, il movimento e il regime. Il secondo è la gravità degli errori commessi dagli antifascisti, primo fra tutti quello di ritenere che la lotta dovesse essere condotta, nella stampa e in parlamento, sul terreno della legalità, alimentata “dalla generosa illusione […] della libertà che si difende da sé, come una forza di natura, senza bisogno di guardie armate”. Una volta consolidato grazie al suo potente apparato di coercizione e di propaganda, il regime che si proponeva di “attuare la perfetta fusione del cittadino nella patria ed esaltare nell’individuo il sentimento del dovere e della dedizione al bene pubblico” ha rafforzato nell’animo degli italiani il secolare sentimento di diffidenza e di ostilità verso lo Stato. Imponendo il marchio ‘fascista’ su tutte le istituzioni che erano semplicemente italiane (lo “Stato fascista”, la “patria fascista”, la “scuola fascista”, la “guerra fascista”, quando addirittura non si parlava della “guerra di Mussolini”) il fascismo confermò nel popolo la convinzione che “chi non era fascista non aveva più ragione di sentirsi affezionato a istituzioni e a imprese, diventate, da italiane, proprietà esclusiva di quel solo partito o di quel solo personaggio”. Dare vita a regimi caratterizzati da una doppiezza costitutiva che genera e conferma la diffidenza verso le istituzioni, è specialità italiana. Silvio Berlusconi, con il suo stuolo di cortigiani e cortigiane, per citare un esempio dei giorni nostri, ha potuto per anni fare i propri interessi e affermare la sua volontà serbando le apparenze della Repubblica democratica. Matteo Renzi e i suoi sodali, se riusciranno a realizzare il loro progetto di devastazione costituzionale, creeranno un’autocrazia, vale a dire un governo di pochi senza freni e contrappesi degni del nome, sotto le apparenze, anche in questo caso, di un regime democratico. Ancora una volta istituzioni piegate al potere di un uomo, e non uomini che servono le istituzioni: l’esatto contrario dei principi repubblicani. E poi dicono che la storia non serve. 6 VOSTRO ONORE MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 R enzi contestato a Venezia, sul Mose rimane in silenzio IL RISULTATO lo portiamo a casa sulla legge elettorale, sulla riforma costituzionale, sulla riforma del mercato del lavoro e sulla semplificazione della burocrazia, sullo snellimento della giustizia civile. Dobbiamo smetterla di piangerci addosso: l’occasione per l’Italia è fare l’Italia”. Anche a Venezia Matteo Renzi fa Matteo Renzi. In un intervento di 30 minuti (integralmente in un inglese piuttosto incer- to) il presidente del Consiglio ha parlato in occasione del Digital Venice in Laguna che apre ufficialmente il semestre di presidenza Europea dell’Italia. Dall’Arsenale Renzi ha parlato di tutto. Spingendosi persino a promettere nuovi posti di lavoro ma non ha sfiorato l’argomento Mose né ha risposto ai circa 300 che lo hanno contestato chiedendo di cancellare l’opera e risolvere il problema Grandi Navi. ERRANI CONDANNATO SI VUOLE DIMETTERE MA IL PD LO TRATTIENE A Liuzzi ccadde tutto in un milione di euro. È quella la cifra che un giorno di fine estate la giunta regionale dell’Emilia Romagna elargisce sotto la voce di “aiuto alle imprese” e che oggi scuote il partito di Matteo Renzi (e di governo). Già, perché quel milione finì nelle casse della cooperativa Terremerse, presieduta da Giovanni Errani, fratello del più conosciuto Vasco, presidente della stessa Regione centrale per il potere delle coop, e che ieri è stato condannato a un anno per falso ideologico in relazione a quella vicenda. E, come se non bastasse la condanna, ha anche annunciato le dimissioni dalla carica. IL PRESIDENTE della Regione che fu la più rossa d’Italia – in scadenza del suo terzo mandato e che, tra le altre cariche, è anche portavoce dei presidenti di tutte le Regioni e commissario straordinario per il terremoto – contestualmente alla lettura della sentenza ha lasciato la presidenza. Apriti cielo. Inusuale nel Paese dove neanche chi patteggia (vedi il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni e lo scandalo Mose) molla la seggiola. Tanto inusuale che il Pd, forse preso in contropiede, gli ha chiesto, a tutti i livelli e nei suoi svariati cerchi magici, di ripensarci. Lo ha chiesto, indirettamente, Matteo Renzi, che ha chiamato Errani e gli ha ricordato come “nessuno è colpevole fino al terzo grado di giudizio”. Si sono esposti, in solidarietà e attestati di stima che suonano come siluri ai magistrati, Graziano Delrio, numero due del governo; Angelo Rughetti, sottosegretario; Ste- fano Bonaccini, già collaboratore di Errani (era numero uno del Pd in Emilia Romagna) e oggi uno dei più accaniti renziani di lotta e di segreteria; il presidente dei senatori Pd Luigi Zanda; Gianni Cuperlo, leader di Sinistradem. E ancora: Vannino Chiti, oggi disturbatore di Renzi ma già governatore della Toscana, Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio e quello della Toscana, Enrico Rossi. “BRAVA PERSONA” La sentenza prevede un anno per falso ideologico Ma dal partito tutti si sbracciano per il compagno Al fianco del presidentissimo Errani anche la voce dei sindaci dell’Emilia e della Romagna che furono rosse, quella di Matteo Richetti, oggi influente dirigente del Pd e in passato presidente del Consiglio regionale. E, ovviamente, non per ultimo (è stato il primo a pronunciarsi) Pier Luigi Bersani che, quando era presidente lui della Regione, scelse Errani come vice e che lo volle, in seguito e tempi assolutamente più recenti, anche in quella corsa, poi fallita, alla presidenza del Consiglio dei ministri. Tutti, a gran voce, ripetono che Errani è “una persona perbene”. Cosa che neppure i giudici, probabilmente, mettono in dubbio: gli contestano quel milione di euro di soldi pubblici elargiti al fratello e un chiarimento che, a loro avviso, è falso. Ieri, in appello, è arrivata la condanna. Una condanna che gela il partito di Renzi proprio mentre il cammino verso quelle riforme si fa sempre più difficile, all’interno del Pd stesso, ma anche di quelli guidati dagli alleati Silvio BerIl governatore dimissionario Vasco Errani Ansa lusconi e Angelino il loro mandato tris – l’effettivo diAlfano. Una doccia fredda che ha prodotto vieto di rielezione viene posticipauno scossone non nella sentenza, to al 2015. più o meno prevedibile, ma per la reazione di Errani che aveva an- CONTESTATO, ma richiesto a gran nunciato le dimissioni in caso di voce, Errani si fa rieleggere. E non condanna e che così ha fatto. Rea- solo. Due anni fa si trova in un zione che potrebbe apparire anche colpo solo a essere il responsabile campagna elettorale normale, magari non in Italia dove della le cariche non si mollano. Soprat- dell’aspirante presidente del contutto mentre un agitatissimo Renzi siglio Bersani, il presidente della cerca a destra e a manca, ma so- giunta dell’Emilia Romagna, il reprattutto a destra, di salvare il suo sponsabile della conferenza delle disegno per riscrivere la Costitu- Regioni e, per ultimo, commissario straordinario per l’emergenza zione. del terremoto. Con l’uscita di sceDIMISSIONI che la legge Severino na di Bersani tramonta anche la non prevede: il falso, infatti, non è stella Errani, fiducioso di terminatra quelle accuse che porterebbe re il mandato e in attesa, probaErrani dritto alla decadenza. Che bilmente di altri incarichi. Almeno senso ha andarsene? Soprattutto fino a ieri, quando viene condanlui che è stato il plenipotenziario nato e si dimette. Renzi fa chiedere tra i presidenti delle Regioni, il pri- che rimanga, lui probabilmente mo a essere eletto per tre volte con- non ritirerà le dimissioni. E a quel secutive sollevando un polverone punto, dopo una breve reggenza che arrivò a far litigare i costitu- affidata alla sua vice Simonetta Sazionalisti. La legge, infatti, prevede liera, si andrebbe a elezioni con “la non immediata rieleggibilità al- due candidati probabili: Matteo lo scadere del secondo mandato Richetti o, in alternativa, Stefano consecutivo del presidente della Bonaccini. Questo vorrebbe dire giunta regionale eletto a suffragio per Renzi prendere uno dei feudi universale e diretto”. Ma secondo del partito che, insieme alla Toaltro opinioni – i motivi per cui sia scana guidata da Enrico Rossi, anErrani che Roberto Formigoni in cora non ha perfettamente sotto Lombardia hanno potuto svolgere controllo. MEDIATRADE, PRESCRITTI PER IL 2005 E ASSOLTI (PER IL RESTO) BERLUSCONI JUNIOR E CONFALONIERI Mascali Milano rescritti e assolti. Pier Silvio Berlusconi e P Fedele Confalonieri, imputati al processo Mediatrade di Milano per frode fiscale, se la sono cavata con la prescrizione per quanto riguarda l’anno 2005, ma sono stati assolti “perché il fatto non costituisce reato” per quanto riguarda gli anni 2006, 2007 e 2008. I pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro avevano chiesto rispettivamente 3 anni e 2 mesi e 3 anni e 4 mesi di carcere. La frode fiscale complessiva contestata era di 8 milioni di euro. L’accusa aveva anche chiesto, durante il processo, l’aggravante della trasnazionalità, ma i giudici della seconda sezione penale del tribunale, presieduta da Teresa Ferrari da Pas- sano, non hanno riconosciuto neppure quella. Perché i giudici abbiano deciso “il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione” per l’anno 2005, quindi riconoscendo il reato, e non per i tre anni seguenti, lo sapremo solo con le motivazioni. a Hong-Kong, Paddy Chan Mey-Yu e Chaterine Hsu May-Chun, il tribunale ha derubricato il reato di riciclaggio in appropriazione indebita e ha dichiarato la prescrizione. I pm avevano chiesto rispettivamente 4, 5 e 4 anni. PRESCRIZIONE e assoluzione anche per il pro- che ieri ne ha approfittato per dire che anche Silvio Berlusconi, al processo “madre” Mediaset avrebbe dovuto essere assolto: “È una sentenza molto importante perché è stata riconosciuta la totale estraneità di Pier Silvio Berlusconi rispetto alle accuse (tranne per l’anno 2005, ndr). Sebbene si tratti di due processi diversi – ammette Ghedini – anche Silvio Berlusconi andava assolto per Mediaset”. L’inchiesta Mediatrade-Rti, nata nel 2005, è una costola di quella Mediaset, conclusa con la condanna definitiva duttore Frank Agrama e per gli ex manager di Mediaset Daniele Lorenzano, Gabriella Ballabio e Giorgio Dal Negro. I pm avevano chiesto rispettivamente 3 anni e 8 mesi, 3 anni e 2 mesi, 3 anni e 2 anni di carcere. Per quanto riguarda il banchiere Paolo Del Bue, accusato di riciclaggio, il tribunale ha dichiarato il “difetto di giurisdizione”. Per lui erano stati chiesti 3 anni di pena. Invece, per l’ex dirigente Giovanni Stabilini e per i due presunti prestanomi di Agrama Quel milione alla coop del fratello econdo quanto ricostruito in primo S grado dal pubblico ministero della Procura di Bologna, Antonella Scandel- La vittoria di Pier Silvio & Fedele di Antonella L’INCHIESTA GUAI ANCHE PER LA RELAZIONE FALSA SULLA VICENDA “TERREMERSE” DAL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO (“CONFIDIAMO NELLA CORTE DI CASSAZIONE”) FINO ALLA MINORANZA DEL PARTITO, TUTTI CHIEDONO AL GOVERNATORE DI RESTARE AL SUO POSTO di Emiliano il Fatto Quotidiano MOLTO soddisfatto l’avvocato Niccolò Ghedini lari, Vasco Errani nell’ottobre 2009 avrebbe istigato due funzionari regionali, Filomena Terzini e Valtiero Mazzotti (anche loro assolti in primo grado e in appello condannati ieri insieme al presidente della Regione Emilia Romagna a un anno e due mesi), a compilare una relazione falsa sulla vicenda Terremerse e su una delibera della Regione che tre anni prima aveva assegnato alla piccola cooperativa guidata dal fratello di Errani, un milione di euro. Soldi che restano agli atti, dunque non negabili, ma giustificati in seguito con una relazione (inviata poi anche ai magistrati della stessa Procura e letta al consiglio regionale) che secondo l’accusa sarebbe stata falsa. NON SOLO. Secondo la pm e secondo i giudici, una relazione che viene scritta con l’obiettivo di depistare eventuali indagini che si sarebbero potute aprire (e che infatti partirono subito) sulla vicenda che riguardava il fratello Giovanni. La vicenda, Giovanni Errani Ansa quando emerge, non disturba più di tanto gli assetti delle istituzioni. Errani, che si è sempre proclamato innocente, assume l’avvocato Alessandro Gamberini, già avvocato di fiducia di Adriano Sofri nel processo per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi, e promette: “In caso di condanna mi dimetterò”. LE STRADE degli indagati (in tutto cinque) si separano quando il giudice per le indagini preliminari chiede il rinvio a giudizio. Errani fratello e un altro dirigente della cooperativa scelgono la strada del dibattimento ordinario, il presidente della Regione e i suoi due funzionari chiedono il rito abbreviato. Il processo viene celebrato nel 2012: tutti assolti. Ma quando il pubblico ministero legge le motivazioni della sentenza, depositate il 5 gennaio del 2013, fa ricorso. Anche perché la sentenza appare quantomeno contestabile. Nelle 43 pagine il giudice Bruno Giangiacomo non nega che ci sia stato il passaggio del milione di euro, non nega neanche una totale estraneità del presidente della Regione, ma non ci fu da parte di Vasco Errani istigazione a scrivere il falso. Inoltre, anche la parentela tra Vasco e Giovanni, sarebbe rimasta, secondo lo stesso giudice, solo “uno spunto d’indagine”, “al più un indizio”. Insomma le imprecisioni scritte in quella relazione del 2009 non erano state dolose e non intendevano sviare eventuali indagini. e.liu. Il figlio dell’ex Cavaliere, Pier Silvio Berlusconi Ansa di Silvio Berlusconi e degli altri imputati. Secondo la procura, l’acquisto in Usa di prodotti tv, avveniva con una serie di passaggi intermedi che hanno gonfiato i costi finali per costituire fondi neri all’estero fino al 2005 e hanno realizzato una maxi frode fiscale fino al 2009. Ieri, però, la gran parte della tesi dei pm è stata respinta. Da questo processo era già uscito Silvio Berlusconi, prosciolto in udienza preliminare. Era accusato di frode fiscale a appropriazione indebita. La sentenza di ieri è stata emessa dopo 5 giorni di camera di consiglio. La procura farà ricorso. BEATI NUMERI il Fatto Quotidiano Lilleumpompe funebri ineranno il ponte di Fano L’ILLUMINAZIONE del nuovo ponte tra Lido e Sassonia a quanto pare sarà affidata a un impresa funebre. Per ora la “Onoranze Funebri Riunite” è stata l’unica azienda di Fano, che ha partecipato al bando di gara indetto dal Comune e che partiva da un importo di 30 mila euro. Bando — ha dichiarato, forse tirando un sospiro di sollievo, l’assessore ai Lavori pubblici Marco Paolini — che sarà ripetuto in quanto l’impresa funebre ha presentato un’offerta inferiore di 10 mila euro rispetto alla cifra richiesta nel documento dell’amministrazione. L’innovativa struttura che l’attuale amministrazione si è ritrovata in bilancio senza esserne entusiasta, voluta in particolare dall’ex assessore ai Lavori pubblici, Mauro Falcioni e costata ben 300 mila euro, secondo la giunta del MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 7 neo sindaco Seri, avrebbe esaurito tutte le risorse del bilancio 2014 destinate alla manutenzione delle strade, del verde e alla chiusura delle buche. Problemi per i quali ora non si trova più un euro. Purtroppo però quel ponte, nonostante le polemiche, resta un’opera necessaria, il vecchio passaggio per attraversare il porto non rappresentava più una valida opzione. IOR, IL BILANCIO SMENTISCE GLI ANNUNCI: CHIUSI 396 CONTI DIFFUSA NEI MESI SCORSI LA NOTIZIA DELL’ESTINZIONE DI 1200 RAPPORTI BANCARI I NUMERI PERÒ SONO MOLTO DIVERSI, PER UN AMMONTARE DI 44 MILIONI DI EURO di Marco Lillo A lla fine la montagna, anzi il promontorio, ha partorito il topolino. Ieri è stato anticipato alla stampa e oggi sarà presentato ufficialmente il bilancio dello IOR, l’Istituto per le Opere di Religione, per il 2013. Dopo tanto parlare di trasparenza e dopo l’arrivo dei grandi consulenti delle multinazionali americane, Promontory in testa, (costati circa 8 milioni di euro nel 2013) allo IOR sono stati chiusi non 1200 conti come si era letto mesi fa sulla stampa ma solo 396 conti per un ammontare di 44 milioni di euro. Oggi alle 12 lo IOR volterà pagina.il cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia, insieme al suo uomo di fiducia, il consulente maltese Joseph Zahra, vice coordinatore del Consiglio per l’Economia, presenterà (a scanso di sorprese dell’ultima ora) il nuovo presidente dello IOR: il francese Jean-Baptsite de Franssu. Sembra che il nuovo arrivato prenderà il posto del presidente del Consiglio di sovrintendenza attuale, Ernst von Freyberg, senza traumi con una sorta di affiancamento per qualche settimana. Nonostante l’Espresso avesse svelato nelle scorse settimane i legami societari, nella società maltese Misco Directors Net- work , fondata da Zahra e della quale De Franssu è stato manager, il cardinale Pell è andato avanti per la sua strada. Il tema della conferenza di domani è "Nuovo quadro economico nella Santa Sede". Nel nuovo quadro lo IOR presieduto da De Franssu dovrebbe lasciare la gestione dei patrimoni (come farà anche l’APSA, l’altro ente finanziario vaticano) al nuovo Vatican Asset Management che opererà sotto la direzione della Segreteria, cioé dello stesso cardinale Pell. La gestione del presidente Ernst Von Freyberg si chiuderà oggi con un utile netto molto risicato di 2,8 milioni di euro contro gli 86,6 milioni dell’anno passato. Lo IOR contribuirà comunque al bilancio della Santa Sede del 2013 per 54 milioni di euro. La perdita di valore dell’oro e la pulizia nell’attivo del bilancio avviata dal presidente tedesco sono le due cause . Von Freyberg ha svalutato a zero il valore di 15 milioni della partecipazione nella società televisiva Lux Vide, donata alla Fondazione Scienza e Fede - STOQ. Altre svalutazioni ci sono state per il crack della diocesi di Terni, allora guidata da monsignor Vincenzo Paglia (3,2 milioni) e anche per le perdite sugli investimenti in fondi (28,5 milioni di euro) dovuti in buona parte all’operazione Ad Maiora, voluta sempre dall’allora Segretario di Stato Bertone. De Franssu Ansa VACCHE MAGRE Il 2013 per la banca Vaticana c’è stato un netto di 2,8 milioni. Ma contribuirà al bilancio della Santa Sede del 2013 per 54 milioni di euro Da oggi si volta pagina. Il comunicato diffuso ieri fornisce i risultati del grande lavoro di Promontoryla società di consulenza americana alla quale il presidente dello IOR nominato nel 2012, Ernst Von Freyberg, ha affidato la verifica dei conti correnti dello IOR ai fini del rispetto delle normative antiriciclaggio. Quando questo lavoro era agli inizi si era parlato di 1200 cor- rentisti a rischio chiusura, su un totale di 18.900 mila correntisti nel 2012. In realtà finora lo IOR ha chiuso i conti solo a 396 clienti. Nel comunicato dello IOR si legge: “A seguito del processo di verifica e a far data dal 30 giugno 2014, lo IOR ha chiuso i rapporti con circa 3.000 clienti. Si tratta di circa 2.600 clienti con conti da tempo non operativi e sui quali sono stati riscontrati saldi di minima entità (“conti dormienti”). Inoltre, sono cessati rapporti con 396 clienti a seguito della decisione del Consiglio di Sovrintendenza del 4 luglio 2013 di restringere le categorie di clienti dell'Istituto. Nel 2013 e nella prima metà del 2014, la cessazione dei rapporti con questi 396 clienti ha determinato un deflusso di fondi per un totale di 44 milioni di euro circa”. In pratica in media i correntisti non rispondenti alle nuove politiche dello IOR e costretti a sloggiare possedevano una giacenza media di poco superiore ai 110 mila euro a testa. Per dire solo i certificati di deposito transitati allo IOR nel 1992 per la mazzetta Enimont superavano i 100 miliardi di vecchie lire. Come sono stati trasferiti i soldi fuori dallo IOR? “37,1 milioni sono stati trasferiti a mezzo bonifico a istituzioni finanziarie con sede in giurisdizioni che garantiscono la tracciabilità dei fondi (88 per cento verso istituti La sede dello Ior LaPresse italiani) mentre 5,7 milioni sono stati trasferiti a titolo di donazione attraverso circuiti interni all'Istituto”. Niente a che vedere con quelle belle borse piene di contanti che uscivano dalla porta di Sant’Anna negli anni novanta per planare sulla scrivania dei politici italiani. Spiega la nota dello IOR: solo una cifra pari a “1,2 milioni di euro è stata liquidato in contanti”. Ovviamente la storia dei conti ‘non in linea’ con le nuove regole interne dello IOR ai tempi di Papa Francesco non si esaurisce con la chiusura di poco meno di 400 conti con giacenze degne di una qualsiasi agenzia bancaria ordinaria italiana. “Ulteriori 359 rapporti - spiega sempre lo IOR - che non rispondono ai criteri stabiliti nel luglio 2013 dal Consiglio di Sovrintendenza, per un saldo complessivo di 183 milioni a fi- Ue, la flessibilità è solo nelle poltrone PER PADOAN PROMESSE VAGHE, MA JUNCKER VUOLE UN SOCIALISTA COME SUCCESSORE DI OLLI REHN di Stefano Feltri presa. Juncker vuole un socialista. E non è un mistero chi siano i candidati: il favorito è Pierre uel poco di flessibilità che l’Italia riuscirà a Moscovici, già ministro dell’Economia di Franottenere sui conti pubblici dipende molto çois Hollande che ha accettato di lasciare l’esepiù dalle poltrone che dalle dichiarazioni di cutivo francese proprio con la promessa di un principio. Ieri si è tenuta a prima riunione posto di rilievo a Bruxelles. L’alternativa è l’atdell’Ecofin, cioè dei ministri economici tuale capo dell’Eurogruppo (il coordinamento dell’Unione, presieduta dall’Italia, quindi da dei Paesi della moneta unica) Jeroen DijsselPier Carlo Padoan, titolare del Tesoro. Ma la bloem, che viene da un Paese rigorista come notizia più importante è arrivata dall’Europar- l’Olanda ma è pur sempre un socialista, negli lamento: Jean Claude Juncker, indicato dai go- schemi europei. Comunque vada, il quadro che verni nazionali come prossimo presidente della si delinea è questo: alla Commissione Juncker, Commissione, ha incontrato il gruppo dei So- uno che voleva gli Eurobond e che ha un rapcialisti & Democratici (ex Pse). E ha promesso porto non sempre sereno con la Merkel, all’Ecoche nella sua squadra il commissario agli Affari nomia un francese come Moscovici (con la Franeconomici e monetari sarà un socialista. E que- cia che ha il deficit al 3,9 per cento e che rischia sta è una svolta. una procedura d’infrazione Il favorito: Pierre Moscovici Ansa l’anno prossimo) e, di conseNON ERA AFFATTO scontato guenza, all’Eurogruppo uno tra che dopo il liberale Olli Rehn, Dijsselbloem e lo spagnolo Luis diventato l’uomo simbolo degli de Guindos, popolare ma ananni dell’austerità assoluta, arche lui espressione di un Paese rivasse un più morbido sociaad alto debito. lista. Angela Merkel spingeva È questo incastro di poltrone un altro finlandese, Jirki Kataiche permette all’Italia e a Matnen, che aveva prenotato la polteo Renzi di sperare che dietro trona succedendo ora a Rehn le fumose dichiarazioni di fles(eletto in Parlamento) nella sibilità si possa intravedere Commissione Barroso che va a un’interpretazione morbida scadenza a ottobre. Invece sordelle regole esistenti. Sul Corrie- Q re della Sera di ieri l’ex ministro per gli Affari europei Enzo Moavero ha chiarito che nell’ultimo Consiglio europeo Renzi non ha ottenuto nulla di concreto. E lo dimostra la dichiarazione dell’Ecofin di ieri: i ministri dell’Unione “sostengono gli obiettivi della presidenza italiana per rilanciare crescita e occupazione” e dunque uno “sforzo comune per le riforme, in particolare completando il mercato unico, implementando più riforme strutturali e aumentando il potenziale di crescita”. Niente di nuovo, tanto che il ministro Padoan, molto meno roboante di Renzi, spiega: “Abbiamo già del margini di flessibilità” nei trattati attuali e “abbiamo iniziato a discutere di cosa significa e capire quali misure dobbiamo prendere”. E, giusto per chiarire che le regole non sono state archiviate, il commissario Siim Kallas (reggente degli Affari economici nella transizione tra Rehn e Katainen) ribadisce a beneficio del pubblico italiano: “Tutta la spesa deve essere calcolata nel deficit, le spese non possono essere escluse dal calcolo del deficit”. L’obiettivo minimo dell’Italia è evitare una procedura di infrazione per debito eccessivo e fare una legge di stabilità in autunno che non preveda stangate tra 2014 e 2015 (al momento qualche intervento sembra inevitabile, anche soltanto perché la crescita sarà molto più bassa di quanto stimato dall’esecutivo, 0,2 invece che 0,8 nel 2014). ne 2013, sono stati segnalati come rapporti in eventuale chiusura e sono attualmente sottoposti a relativa procedura”. Insomma la patata bollente sta lì. Tra questi 359 conti ‘eventualmente’ da chiudere, con una media giacenza che supera il mezzo milione di euro. Tra questi conti più sostanziosi si trovano nomi sensibili: vip, politici e personaggi legati alla Curia romana. Personaggi ai quali non è facile, nemmeno per il nuovo corso vaticano, dire dalla sera alla mattina: sloggiate. Non basta. Oltre ai conti chiusi e sotto esame ci sono altri duemila e 100 bloccati. “A oggi lo IOR ha bloccato i conti di 1.329 clienti individuali e di 762 clienti istituzionali in attesa che vengano forniti tutti i dati richiesti”. Alla fine la cura dimagrante ha fatto calare solo del 5,9 per cento i patrimoni gestiti dallo IOR. MILANO Bruti riscriva Area Expo occiata all’unanimità l’Area OmoB genea Expo. Ieri il consiglio giudiziario di Milano (una sorta di piccolo Csm locale di cui fanno parte magistrati e avvocati eletti, oltre al presidente della corte d’appello e al procuratore generale) ha rimandato al procuratore delle Repubblica Edmondo Bruti Liberati, perché la riscriva, la sua circolare che istituisce l’Area Omogenea su tutte le indagini che riguardano l’Expo, sottratte ai procuratori aggiunti (sostanzialmente all’aggiunto Alfredo Robledo) e poste direttamente sotto il suo coordinamento. Ora Bruti dovrà riformulare la sua proposta organizzativa. Intanto Robledo è intento a rifinire il suo terzo esposto che invierà al Csm romano, contro la sua esclusione dalle indagini sul filone milanese dell’inchiesta veneziana sul Mose. Bruti nei giorni scorsi ha anche chiesto a Robledo di “procedere a un riesame di vari aspetti dell’indagine” sui derivati piazzati al Comune di Milano da quattro banche estere: processo vinto da Robledo in primo grado, ma poi perso in appello. Robledo risponde: è “un atto vagamente ritorsivo”. 8 È LA STAMPA, BELLEZZA MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 R oma, la procura indaga sul concorso di magistratura LA PROCURA di Roma apre un’indagine sulle presunte irregolarità al concorso di magistratura, avvenuto tra il 25 e il 27 giugno scorso nella Capitale. Al momento non ci sono indagati e ipotesi di reato. Ma numerose sono le irregolarità denunciate dai candidati, riportate nell’esposto in procura, e segnalate nell’ interrogazione parlamentare di cui è primo firmatario il senatore Aldo di Biagio: prima fra tutte il ritrovamento su un banco nel terzo padiglione di tre codici commentati, vidimati e timbrati dalla commissione nonostante il regolamento ne vie- il Fatto Quotidiano tasse espressamente l’utilizzo. Inoltre, sempre nel terzo padiglione, sarebbe stata scoperta una candidata che aveva iniziato a scrivere sui fogli protocollati lo schema di un tema sul giudizio di ottemperanza, molto prima della dettatura della traccia, malgrado la prova non fosse cominciata ufficialmente e malgrado non fossero ancora presenti i membri della Commissione. Nei giorni scorsi anche il Codacons aveva presentato un esposto sui 365 posti da magistrato in cui si evidenziano dubbi e presunte irregolarità emerse durante le prove. L’UNITÀ FRA UN MESE FALLISCE “RENZI, ADESSO SALVACI TU” APPELLO AL PREMIER E ALL’EDITORE FAGO: A RISCHIO 57 GIORNALISTI E 15 POLIGRAFICI TRA DEBITI E PERDITE IL PASSIVO SUPERA I 30 MILIONI. E SPUNTA LA SANTANCHÈ di Alessio L Schiesari a crisi aziendale si è trasformata in un conto alla rovescia: “Se entro fine mese non arriva un’offerta seria per rilevare il giornale, i liquidatori rimetteranno il mandato e l’Unità fallirà”. La notizia – già circolata nelle scorse settimane – è stata confermata ieri da Bianca Di Giovanni e dagli altri membri del comitato di redazione del quotidiano. La sede romana ha aperto le porte agli altri giornali, ai simpatizzanti, agli amici. È l’ennesimo tentativo di attirare l’attenzione su una situazione che appare compromessa. In questi mesi ne sono stati fatti tanti: lo sciopero delle firme (durato due mesi), cinque giornate di sciopero vero e proprio, l’hashtag (#iostoconlunita) e, ieri mattina, anche un appello video rivolto “ai due Mattei –, come spiegato in apertura dall’art director Loredana Toppi, – l’editore Fago e il premier Renzi”. A pochi mesi dal novantesimo compleanno del giornale fondato da Antonio Gramsci, cinquantasette giornalisti e 15 poligrafici rischiano di perdere il posto di lavoro. I conti del giornale sono in rosso profondo: gli ultimi dati ufficiali risalgono al 2012, quando tra perdite e debiti il passivo era di 30 milioni di euro. E il buco, una volta che sarà approvato il bilancio del 2013, dovrebbe aggravarsi. C’è chi prova a tirare fuori numeri confortanti: “A 26 mila copie raggiungiamo la parità di bilancio. Grazie agli inserti, negli ultimi mesi, siamo riusciti ad attestarci a quota 23 mila”. Il debito accumulato però pesa come un macigno sul futuro. LO SCENARIO attuale ricorda quanto accaduto quattordici anni fa, quando un’altra grande crisi investì l’Unità (anche allora il partito di riferimento, i Ds, erano al governo). “Stessa situazione drammatica e stesso mese, luglio”, spiega Di Giovanni. Allora la crisi, che comportò lo stop alle pubblicazioni per cinque mesi, si risolse a gennaio, quando il quotidiano tornò in edicola con una buona risposta dei lettori. Ma ora “le casse sono quasi vuote”. Gli sforzi fatti per rimettere in piedi il giornale sono stati affossati da una gestione che il cdr definisce “scellerata”: la penuria di investimenti, lo stop alla distribuzione nelle isole e in Calabria e una gestione opaca della crisi (“Abbiamo appreso dei cambi di proprietà dagli altri giornali”). Sul banco degli imputati, più degli attuali proprietari, c’è Renato Soru, dal 2008 azionista quasi unico. L’Unità doveva essere il trampolino da cui spiccare il volo verso la segreteria nazionale, invece un anno dopo perse le elezioni Regionali in Sardegna e la sua carriera politica ad alto livello – e conseguentemente il suo interesse per l’editoria – finì lì. IL RISCHIO è che, quando e se qualcuno si farà avanti per rilevare i resti del giornale, lo faccia solo per acquisire il brand, e sfrutti l’eventuale fallimento per alleggerire oltremodo la redazione: “Sarebbe uno speculatore, non un salvatore”, attacca il cdr. Già, il brand. Venti giorni fa, Renzi ha deciso di tornare all’antico: gli appuntamenti estivi del Pd tornano a chiamarsi Feste dell’Unità. “Un paradosso, se prima farà la festa all’Unità”, è il commento dei giornalisti. E proprio il premier, assieme a tutto il Partito democratico, è stato il vero convitato di pietra dell’incontro di ieri mattina. Erano stati invitati in tanti, a partire dal sottosegretario all’editoria Luca Lotti. Non si è presentato nessuno “a causa di un voto in Parlamento”, era la giustificazione un po’ imbarazzata che circolava tra i redattori. In un giorno così importante dal partito sono arrivati solo sms. In tanti hanno ringraziato Renzi per “le belle parole”, un modo per sottolineare che non stanno seguendo impegni concreti. Una speranza si è riaccesa nel pomeriggio, quando è intervenuto il tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi: “Non rimaniamo indifferenti. Il Pd intende continuare ad impegnarsi con forza al fine di individuare un percorso condiviso da tutti che consenta di giungere ad una soluzione positiva”. Un impegno un po’ vago, cui però il cdr del PD LATITANTE La redazione aveva fatto tanti inviti sollecitando pure il sottosegretario all’editoria Lotti Non è andato nessuno giornale prova ad aggrapparsi: “Speriamo queste parole siano il preludio alla ricerca di un imprenditore vicino al Partito democratico”. Tutt’altra reazione è stata riservata alla notizia dell’interessamento all’acquisto della testata di Daniela Santanché. “È vero, un contatto c’è stato”, ammette il cdr, che però in un nota rimanda al mittente l’offerta: “Si tratta di un’ipotesi che non avrà alcun futuro. La sola idea che questa testata possa andare a finire nelle mani di una esponente di Forza Italia è incompatibile con la storia del giornale e quindi con la sua valorizzazione”. Al telefono, un membro del cdr rincara la dose: “Santanché sta solo cercando un modo per farsi pubblicità. Abbiamo risposto in tre righe, perché questa roba di più non merita”. C’è anche chi punta il dito contro “il partner politico principale”, cioé il Pd. Beppe Sebaste, firma storica del giornale denuncia “i veri affossatori del giornale, quelli che dalla direzione di Furio Colombo in poi hanno fatto stalking politico” al giornale. Cioè gli stessi che, ieri mattina, non si sono fatti vedere. IL VIDEO APPELLO La redazione dell’Unità. Sotto, i giornalisti che hanno chiesto aiuto con un video appello pubblicato sulla pagina web Eidon FORZA ITALIA Le tre muse del Calippato di B. re donne per il crepuscolo renziaT no del Condannato. La Fidanzata, la Pitonessa, la Badante. Francesca Pa- l’imprenditrice Santanchè, editore tra l’altro di Ciak, sta monitorando i conti del quotidiano e la trattativa sarebbe già uscita dai semplici contatti telefonici. Che cosa c’è di scritto e quali sono le reali sponde politiche dell’operazione? Per saperlo non bisognerà aspettare molto. La data limite dell’operazione è la fine di luglio e solo allora, raccontano, si potrà conoscere l’eventuale cifra offerta. stata anche l’unica, di fatto, a criticare la sceneggiata napoletana di Pascale all’Arcigay: “È un segnale personale e una scelta individuale. Io non mi iscriscale, Daniela Santanchè, Mariarosaria verei all’Arcigay perché è come se doRossi. Con la prima e la terza, pilastri vessi iscrivermi alla Fiom o alla Cgil per del bunker magico di B., coalizzate difendere i lavoratori o come se dovessi contro la seconda. È il Calippato di Siliscrivermi a Magistratura democratica vio, dall’immortale Calippo leccato ambiguamente da Pascale in Telecafoper avere una giustizia libera. Ma ognune, trasmissione partenopea. Le tre no è libero. La mia non è una critica”. muse berlusconiane danno il ritmo allo La dichiarazione di Santanché poteva spartito azzurro quotidianamente. Che aprire la strada agli altri numerosi mal giorno ieri: la Fidanzata che nella natìa A QUALCHE amico che le ha riassunto di pancia azzurri per la svolta pascaliaNapoli concretizza la tanto strombaz- le enormi difficoltà della trattativa, na, ma non è successo. Questo però non zata iscrizione all’Arcigay, la Pitonessa “Daniela non ti faranno mai prendere esclude che possa avvenire nei prossimi che inizia un clamoroso arrembaggio quel giornale”, lei avrebbe risposto così: giorni. I nemici del cerchio magico riall’Unità, quotidiano fondato da Anto- “Io faccio l’imprenditrice e non mi so- velano che il Condannato avrebbe conio Gramsci, la Badante che annuncia gnerei mai di cambiare il target del pro- minciato a provare fastidio per le uscite tre cene da mille euro a cranio per ar- dotto. Eppoi non vedo in giro tanti im- della sua Fidanzata modello Evita Peginare il profondo rosso delle casse di prenditori di sinistra che vogliono sal- rón e di conseguenza profetizzano claForza Italia. vare il giornale fondato da Antonio morosi eventi entro l’estate. Un altro A rivelare l’interessamento di Santan- Gramsci”. Non solo. La Pitonessa, ieri, è terremoto nella telenovela privata chè per l’Unità è stato il sodell’ex Cavaliere, che lito Dagospia. Poi l’Huffinmagari ripudia politicagton Post ha sviluppato il temente la Fidanzata? FAIDA ROSA ma e ha insinuato un inFantapolitica o realtà? quietante scenario inciuceIn ogni caso la guerra L’obiettivo di Francesca sco: dietro la pasionaria aztra clan nella Salò berzurra, compagna di Aleslusconiana non è destie Mariarosaria: sandro Sallusti, direttore nata a placarsi. E stasera escludere la Pitonessa del Giornale, ci sarebbe il soandrà in scena il primo lido asse tra il premier Mataudace colpo della bandal cerchio magico teo Renzi e lo sherpa berluda dei quattro del cersconiano per le riforme, Dechio magico, Pascale e E stasera cena a Roma nis Verdini. Veleni, illazioRossi, Dudù e Toti. Osper raccogliere fondi Daniela Santanchè Ansa sia la gigantesca cena ni? Quello che è certo è che organizzata a Roma, in una villa storica alle pendici di Monte Mario, la Casina di Macchia Madama, per raccogliere fondi per il partito. A occuparsi di tutto Mariarosaria Rossi, la Badante tuttofare dell’ex Cavaliere. La donna che ha spodestato Santanchè nella ricerca dei soldi. Chissà perché. Cinquanta tavoli da dieci posti per un totale di cinquecento commensali a mille euro ciascuno. Si comincerà che il sole ancora non sarà tramontato: alle diciannove e trenta. Un orario insolito per i ritmi estivi della Capitale ma gli obblighi del Condannato ai servizi sociali non ammettono deroghe e ritardi. E quindi tutti a tavola all’ora dell’aperitivo. Tantissimi i parlamentari (tranne Santanchè) che si sono impegnati sulla parola a coinvolgere almeno nove finanziatori a testa, per un incasso teorico di 500mila euro. Una catena che dovrebbe assicurare, appunto, cinquecento partecipanti smaniosi di sorbirsi le barzellette e gli sfoghi dell’anziano leader del centrodestra. Altre due cene sono poi in programma il 30 luglio, sempre a Roma, e il 24 settembre, stavolta a Milano. Da poco tesoriere di Forza Italia, la Badante Rossi è un’altra portatrice sana di conflitto d’interessi. Le sue aziende si occupano di recupero crediti e indagini di mercato. Un profilo ideale per la crisi irreversibile del centrodestra berlusconiano. fd’e È LA STAMPA, BELLEZZA MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 il Fatto Quotidiano M are Nostrum, 1350 migranti arrivano a Taranto È ARRIVATA IERI al molo San Cataldo del porto di Taranto la nave Etna della Marina militare con a bordo circa 1350 migranti salvati nel Mediterraneo nell’ambito dell’operazione ‘Mare Nostrum’. A bordo anche un centinaio di minorenni, “molti dei quali non accompagnati”, riferisce all’Adnkronos il sindaco del capoluogo jonico Ippazio Stefano, pediatra, che ha visitato alcuni di loro. C’era persino una bimba di quattro giorni. Sull’assistenza fornita ai migranti il sindaco non ha sollevato polemiche, anzi: “Sulla nave militare ci sono medici bravi e molto pre- 9 parati e una ostetrica che ha assistito diverse donne in attesa. La macchina di accoglienza a terra e di intervento sanitario non ha avuto sbavature”, prosegue. L’ennesima emergenza ha sollecitato un coordinamento fra prefettura e associazioni di volontariato. Il consiglio regionale ha tenuto una riunione sull’emergenza profughi”. Precari contro sindacato “Svenduti agli editori” “ASSALTO” DEI FREELANCE NELLA SEDE DELLA FNSI: “ALTRO CHE EQUO COMPENSO, IL SEGRETARIO SIDDI SE NE DEVE ANDARE”. LUI REPLICA: “RESTO AL MIO POSTO” di Chiara I L’ILLUMINAZIONE Pascale pro gay: “Le battute di Silvio? Non mi fanno ridere” LA NUOVA PALADINA DEGLI OMOSESSUALI PRENDE LE TESSERE DI DUE ASSOCIAZIONI Daina eri un centinaio di giornalisti precari hanno chiesto le dimissioni immediate del segretario della Federazione nazionale della stampa (Fnsi), Franco Siddi e di tutti i componenti della giunta esecutiva per aver siglato, assieme alla Fieg (gli editori) e Ordine dei giornalisti, una legge sull’equo compenso che prevede 250 euro lordi al mese. Davanti alla sede della Fnsi, in Corso Vittorio Emanuele a Roma, la tensione era scolpita sui volti e la rabbia si leggeva negli occhi. Freelance sottopagati, cassintegrati e disoccupati agitavano cartelli con su scritto: “Nessun giornalista è libero con 20 euro al pezzo!”, oppure “Il giornalismo non è un hobby” e “Il giornalista non è uno schiavo”. Poi una delegazione di manifestanti ha fatto irruzione nel palazzo ed è scoppiato un putiferio. Sono volati spintoni e Ciro Pellegrino, giornalista di Fanpage, promotore della protesta, si è portato a casa un livido sul braccio sinistro. “Non puoi parlare, tu hai un contratto, non sei un precario”: ha rinfacciato il se- Il segretario Fnsi Franco Siddi e il giornalista Ciro Pellegrino LaPresse gretario Fnsi al giornalista durante lo scontro. “Ho fatto tre anni di cassa integrazione, un anno da disoccupato e oggi difendo la mia professione” replica Pellegrino. Siddi difende il contratto: “Non sono uno RICORSO AL TAR L’Ordine rincara la dose: “Avevamo proposto 60 euro lordi a pezzo poi ci sono stati accordi sottobanco con gli editori” stipendio 250 euro, ma un minimo che l’editore per la prima volta deve riconoscere a chi scrive almeno 12 articoli al mese da 1600 battute. Alcuni giornali oggi per la stessa lunghezza pagano appena 5 euro”. Per chi scrive sul web? “Denari non ce ne sono!” sbotta il segretario, che alla fine assicura: “Io di certo non mi dimetto. Fra quattro mesi scadrà il mandato e allora sarò lieto di cedere la palla a qualcun altro”. A giochi fatti l’Ordine dei giornalisti tenta di prendere le distanze dall’“iniquo compenso” - così l’hanno ribattezzato i precari- e decide con la maggioranza dei voti (55 favore- voli, 27 astenuti e uno contrario) di ricorrere al Tar. “A dicembre avevamo proposto 60 euro lordi a pezzo ma poi la Fieg e il sindacato hanno fatto accordi sottobanco” si sfoga Pietro Eremita del Consiglio nazionale dell’Ordine. “È un contratto bidone, è un regalo agli editori, il sindacato ha legalizzato lo sfruttamento” gridano in coro i freelance di tutte le età. “Non è solo una lotta di categoria - spiega Valeria Calicchio, 33 anni, un lavoro negli uffici stampa visto che coi giornali non ci campava -, qui c’è in ballo la qualità dell’informazione e la democrazia del nostro Paese”. Mariella Magazu, 38 anni, del Coordinamento giornalisti precari e freelance di Roma mette in guardia da un altro problema: “Se un freelance costa così poco, l’editore sarà invogliato a fare meno contratti, mettendo a rischio chi oggi è assunto con articolo 1 e 2”. In tanti, per sbarcare il lunario, sono costretti a un secondo lavoro: “Non ho sabati, né domeniche libere - confida uno dei precari - lavoro sempre: di giorno faccio il giornalista, di notte sistemo gli scaffali al supermercato”. COSE CALABRESI di Andrea Postiglione Napoli na tessera di Gaylib, associazione di centrodestra, e una di U Arcigay, storicamente vicina alla sinistra. La svolta sui diritti Lgbt di Francesca Pascale, compagna dell’ex premier Silvio Berlusconi, è bipartisan, così da non scontentare nessuno. E passa da Napoli, dove ieri sera la fondatrice del fu comitato “Silvio ci manchi” ha ricevuto le tessere delle due associazioni in difesa dei diritti dei gay davanti a decine di curiosi e altrettanti giornalisti. Accanto a lei Antonello Sannino, presidente Arcigay Napoli, Daniele Priori, presidente di Gaylib, e Alessandro Cecchi Paone, lui sì paladino da tempo dei diritti degli omosessuali in Italia. “Non è una iniziativa politica, né voglio cominciare così la campagna elettorale – ha esordito la Pascale – Anzi, se dovessi mai candidarmi in futuro, venite a prendermi a casa e menatemi. Quella dei diritti Lgbt è una battaglia civile e umana e la mia è una scelta personale”. Poi, dopo aver indossato una maglia arcobaleno con la scritta “Siamo tutti sotto lo stesso cielo” (“L’ha disegnata lei!”, sottolinea Cecchi Paone), assicura che anche il suo compagno è sulla stessa linea d’onda: “Per me non è stato necessario convincerlo sulla necessità di riconoscere gli stessi diritti alle coppie omosessuali, lui è sempre stato convinto. Magari le larghe intese in Parlamento le faranno pure su questo tema”. E le sue storiche battute sui gay? “Sono battute, goliardiche che non hanno niente a che vedere con le sensazioni personali e l’azione politica. E comunque, non mi hanno fatto ridere”. “A noi l’appartenenza politica in questo momento poco importa – taglia corto Antonello Sannino, presidente dell’Arcigay Napoli – vogliamo essere cinici e lasciare da parte l’ideologia. Ora a noi servono quelle leggi sull’uguaglianza e siamo pronti ad averle da tutti i partiti. L’importante è il risultato”. Ma non tutti la pensano così. In molti hanno criticato la scelta di far tesserare la Pascale: chi sui social network e chi, come Carlo Cremona, presidente dell’associazione I-Ken, organizzando una petizione sul web per boicottare l’evento. Reggio, le primarie di famiglia di Enrico Fierro uindicimila elettori alle primarie, un risultato che neppure nel Pd si Q aspettavano. Una partecipazione altis- sima. Come alte sono ora le polemiche sul voto che domenica scorsa ha impegnato militanti del Pd e semplici cittadini nella scelta del candidato a sindaco per le prossime elezioni di Reggio Calabria. In campo due giovani, due figli di ex sindaci della città, Giuseppe Falcomatà e Mimmo Battaglia. Il primo è pronto a raccogliere l'eredità del padre Italo, certamente il sindaco più amato dai reggini, il secondo è l'erede di Pietro Battaglia, che fu primo cittadino ai tempi della Rivolta di Reggio. ha giustamente festeggiato ma senza fare una telefonata a Battaglia, e alla domanda sulla presenza in lista del suo diretto competitor ha glissato. Se ne parlerà al momento opportuno. POLEMICHE che non offuscano il risultato delle primarie, soprattutto per l'alta partecipazione. Un dato che fa ben sperare il centrosinistra. In città il centrodestra è in crisi, ancora sotto choc per lo scioglimento del Comune e il commissariamento per mafia. Uno schiaffo pesante al sistema di potere di Peppe Scopelliti e dei suoi. Il governatore della Calabria, condannato per il caso Fallara e il buco alle casse del Comune di Reggio ai tempi della sua sindacatura, costretto alle dimissioni e bocciato dagli elettori alle DUE FIGURE contrapposte, due epoche scorse elezioni europee, cerca la rivindiverse, due figli che domenica si sono cita. Rilanciare la città, ripartire da zero, battuti per contendere al centrodestra la sono questi i primi obiettivi del giovane poltrona più importante di Falcomatà. Il suo Palazzo San Giorgio. Ha vinvolto e la storia di to Giuseppe Falcomatà, avvosuo padre sono cato e già consigliere comul'immagine del nale del Pd con 6258 voti, rinnovamento, diduecento in più del suo avscorso difficile in versario Mimmo Battaglia. una città dove i Che ora denuncia il clima vipoteri si intrecciaziato delle primarie e le acno e gli interessi cuse rivoltegli dal suo avversono spesso biparsario durante le elezioni sultisan. Vinte le pril'appoggio di settori del cenmarie, Giuseppe trodestra alla sua candidatuFalcomatà dovrà Giuseppe Falcomatà Facebook ora fare i conti con ra. Dopo la vittoria Falcomatà i vari potentati interni al Pd e alla coalizione di centrosinistra, rinnovare liste e smontare posizioni consolidate. Il cognome Falcomatà suscita ancora speranze in tanta parte dei reggini, il papà Italo fu sindaco nel periodo più buio della città. Reggio era scossa dalla tangentopoli che cancellò la classe politica democristiana, i fondi del decreto bloccati per le divisioni interne ai potentati politici, la guerra di mafia lasciava decine di morti a terra, eppure la gestione Falcomatà fu subito definita "Primavera di Reggio". Altra storia quella di Pietro Battaglia, il papà di Mimmo, il candidato sconfitto alle primarie. Eletto sindaco nel 1966 a 36 anni, Battaglia, democristiano della sinistra del partito, viene ricordato come il sindaco della Rivolta di Reggio. Siamo agli albori degli anni Settanta e la città è in subbuglio per la scelta di Catanzaro come capoluogo e sede della Regione. Uno schiaffo che Pietro Battaglia contestò duramente nel famoso “Rapporto alla città” nel quale si scagiò contro “la mafia del potere e le scelte verticistiche dei poteri romani”. La rivolta poi passò nelle mani dell’estrema destra, e furono barricate e morti. Altri tempi, altri periodi storici. Ora è il momento dei figli e soprattutto del giovane vincitore Falcomatà che in autunno dovrà affrontare la battaglia più difficile, trionfare nelle elezioni in una città che alle scorse comunali ha dato il 70% al centrodestra. 10 UN GIORNO IN ITALIA MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 Cal oncordia, i tecnici lavoro sott’acqua per spostare la nave LE MANOVRE per spostare la Costa Concordia e condurla al porto di Genova, dove sarà smantellata, vanno avanti. Anche se dall’esterno non si può vedere nulla e la carcassa d’acciaio giace immobile ai piedi dell’isola, sott’acqua si sta giocando la partita decisiva per la riuscita dell’operazione. Più di 300 tecnici sono impegnati nei test sulle maxi-zavorre galleggianti che formano la cintura del relitto. I cassoni ora sono pieni di acqua, ma da lunedì – meteo permettendo – dovranno essere svuotati e riempiti d’aria. In tutto sono 30; 15 per lato. L’aria vi viene pompata con compressori a una forza di molte atmosfere e l’acqua esce. L’operazione dovrebbe permettere alla nave di galleggiare, rialzandosi di circa 12 metri e lasciando sotto il livello dell’acqua circa 18 metri. Baby squillo, preso il fotografo dei vip CAPITALE NERA Omicidio Fanella, un altro sequestro e tre arresti NUOVO FILONE DELL’INCHIESTA, ARRESTATO FURIO FUSCO STAVOLTA LE MINORENNI COINVOLTE SONO 50. ROMA TREMA di Rita B TRA I FERMATI C’È ROBERTO MACORI, FEDELISSIMO DI MOKBEL COINVOLTO NELLA TRUFFA A FASTWEB l primo a finire in manette, dopo il tentativo di sequestro I finito nel sangue alla Camilluccia, è Roberto Macori, ex fedelissimo di Gennaro Mokbel, l’uomo che in Germania SCAMBI ONLINE Di Giovacchino Roma aby squillo, atto secondo. L’eco dello scandalo, che per mesi ha scosso la Roma bene per la vicenda delle due ragazzine che si prostituivano ai Parioli, si è appena attutito ed ecco che ne esplode un secondo di dimensioni ancora maggiori. I carabinieri hanno bussato ieri mattina allo studio di piazza Bologna di Furio Fusco, il fotografo dei vip notissimo nel mondo della moda e dello spettacolo, e lo hanno arrestato con accuse di adescamento di minori, pornografia minorile aggravata e prostituzione in danno di decine di minorenni. Tutte tra i 14 e i 17 anni, ragazzine attratte dai vestiti griffati, dalle borsette Gucci, dalla speranza di trovare un lavoro facile che procuri in fretta molti soldi. EPPURE appartengono a fa- miglie agiate, frequentano i migliori licei di Roma, abitano nei quartieri eleganti di Roma Nord. Cosa sta succedendo? Anche le pm, Maria Monteleone e Cristina Macchiusi, sono le stesse delle baby squillo e questa inchiesta può considerarsi una costola della prima perché sulle tracce del fotografo si è arrivati attraverso le testimonianze di alcune amiche delle due quattordicenni dei Parioli. Ieri sono state sentite come testimoni le prime ragazzine già identificate, finora una decina, ma il numero è destinato a cre- Foto e video hard venivano diffusi su internet all’insaputa delle ragazzine Ansa scere a dismisura. Dalla perquisizione compiuta nello studio Fusco sono emerse centinaia di foto compromettenti, ma anche in numero minore filmini pornografici, oltre a una collezione di sex toys. È immenso il materiale digitale trovato, si parla di migliaia e migliaia di scatti. Quelli hard sono raccolti in un dischetto che il fotografo mostravo soltanto alle ragazze più disponibili. A conti fatti sono almeno 50 le ragazzine che avrebbero accettato di farsi fotografare completamente nude, di queste un terzo FAMIGLIE AGIATE Le ragazzine hanno tutte tra i 14 e i 17 anni Adescate su Facebook o Bacheca promettendo vestiti e soldi facili “Genitori ignari di tutto” avrebbe partecipato a filmini pornografici che le rendeva oggetto spesso inconsapevole di scambi su internet di materiale sessualmente esplicito. Dal capo di imputazione appare chiaro che il fotografo era il primo ad abusare di loro il Fatto Quotidiano promettendo benefici; dalle testimonianze emerge un quadro pesantissimo sul ruolo di Fusco che usava adescarle su Facebook o attraverso l’ormai notissima Bakeca incontri. Molestie e pressioni psicologiche, palpeggiamenti e ricatti. C’è di tutto nella testimonianze delle “ragazze di Furio Fusco”, come venivano definite in alcuni servizi su Internet. ELENA (il nome è di fantasia) avrebbe già raccontato ai carabinieri le tecniche con cui venivano convinte le più timide o titubanti. “Non sai quante ragazze mi chiedono cose porche per arrivare da qualche parte”, diceva Fusco. E ancora: “Non essere in ansia, anche le tue amiche hanno fatto foto così”. Basti dire che la maggior parte delle ragazze fotografate è nata a cavallo del nuovo millennio. “Lui le toccava tutte fin dal primo incontro”, dice un’altra. I genitori? “Non sanno niente”. Nel quadrilatero che va da via Tagliamento a corso Trieste ci sono almeno tre agenzie che selezionano ragazze molto giovani contese a colpi di casting, servizi fotografici e promesse di successo. Che spesso non arriva e allora si bussava allo studio di piazza Bologna dove Fusco era capace di consolarle: “Ma sei bellissima, devi imparare soltanto a essere più sexy”. conquistò i voti per il senatore Di Girolamo bussando porta a porta alle case degli immigrati. Poi qualcosa si è rotto tra i due. Soldi mal spesi, investimenti falliti, contrasti sulla spartizione del “cucuzzaro”. Macori, detto anche il Capoccione, non è stato arrestato per l’uccisione di Silvio Fanella ma per un precedente tentativo di sequestro, anche questo fallito, sempre ai danni del “pupillo” (Fanella, ndr), che risale al 29 agosto 2012. Insieme a Macori sono stati arrestati per lo stesso episodio anche Aniello Barbetta e Giovanni Plastino, quest’ultimo già in prigione per altri reati. Il sequestro del 2012 era stato studiato nei minimi dettagli, Macori lo aveva progettato nel carcere di Frosinone con l’appoggio del clan Cassotta. In dieci erano saliti a Roma e si erano appostati attorno al bar, sotto casa della madre di Fanella. L’azione fallì perché il brocker quel giorno uscì dal garage con la Bmw e non con la moto come era solito. Quel che stupisce è che L’omicidio della Camilluccia Ansa l’inchiesta dei carabinieri di Potenza, durata quasi due anni e approdata a Roma lo scorso dicembre, conteneva molte informazioni sullo caccia al tesoro scomparso e sul luogo dove poteva essere detenuto: una villetta fuori Roma dove poi è stato in effetti recuperato, a Pofi, nella casa della madre di Fanella. All’origine della rottura tra Mokbel e Macori ha pesato soprattutto l’affare fallito della Digint, la società di Finmeccanica che Lorenzo Cola fece pagare al faccendiere sette milioni di euro, praticamente un terzo dei proventi della truffa alla Fastweb-Telecom Sparkle, mai più rientrati. Vicenda per la quale Mokbel è stato assolto la scorsa settimana. Ma anche l’elezione di Di Girolamo era costata troppo, soldi finiti nelle casse del clan Arena della ‘ndragheta. Macori è dietro anche il secondo tentativo di sequestro finito nel sangue? Troppo presto per dirlo, anche se le modalità sono le stesse: anche nel 2012 i rapitori avevano portato con sé fascette per immobilizzare l’ostaggio e usato tesserini della Finanza. Interrogato ieri Giovanni Battista Ceniti, l’attivista di Casa Pound ferito nella colluttazione con Fanella, ha detto: “Non sono stato io a sparare, non ero armato”. Per ora resta agli arresti con l’accusa di omicidio. Rdg Oppido, l’oro dei boss e il cadavere ai maiali PORTÒ LA VARA DELLA MADONNA IN PROCESSIONE, POI FU ARRESTATO PER AVER DATO IN PASTO AI PORCI UN UOMO di Lucio Musolino Oppido Mamertina oro dei boss va alla Madonna e chi lo L’ tocca muore. Il confine tra ’ndrangheta e Chiesa a Oppido Mamertina non esiste. In questo pezzo di Calabria, sperduto tra le campagne della Piana di Gioia, l’uomo d’onore è anche un uomo devoto. Un filo rosso lega i clan sanguinari della provincia di Reggio all’ipocrisia di alcune tonache che fanno finta di non vedere chi porta in spalla la statua della Madonna delle Grazie. LE POLEMICHE nate dopo l’inchino della vara davanti alla casa del boss Giuseppe Mazzagatti sono solo l’ultimo esempio, forse il più banale, di questo rapporto perverso. Il comandante della stazione dei carabinieri Andrea Marino ha fatto saltare un tappo di una situazione esplosiva che si trascinava da anni. Il militare, che ieri ha ricevuto i vertici dell’Arma giunti a Oppido per complimentarsi con lui, ha addirittura tentato di non arrivare a gesti ecla- tanti avvertendo il parroco don Benedetto Ru- sessantina. Tutti i portatori della vara. Ancora stico, i portatori della vara e l’amministrazione non ci sono indagati. Sono in corso gli accomunale di non fare girare la statua in di- certamenti e presto una decina di loro porezione dell’anziano padrino. L’inchino c’è trebbero essere iscritti nel registro della Distato lo stesso. Il sindaco, Domenico Gian- rezione distrettuale antimafia. netta, sarebbe stato informato in anticipo dal Tra questi anche alcuni soggetti imparentati maresciallo che, da lì a poco, avrebbe abban- con gli uomini della cosca. Come Francesco donato la processione invitandolo a defilarsi. Bonina, fratello di Rocco Bonina arrestato “Non posso farlo – sarebbe stata la risposta del nell’operazione “Erinni”. Non è il solo. Molti primo cittadino, tessera del Nuovo Centro- dei sessanta portatori della vara hanno precedenti penali. Alcuni per madestra – Come faccio ad allontanarmi?”. Il carabiniere fia altri per reati minori. I più devoti però quest’anno non non ha battuto ciglio. Ha lasciato la processione dando c’erano. Sono in carcere perché arrestati nel novembre l’ordine ai suoi uomini di filmare cosa stava succedendo. scorso. Erano i figli e i nipoti La Madonna ha omaggiato la del boss omaggiato dalla Ma’ndrangheta come è sempre donna. Negli anni scorsi, inavvenuto. fatti, tra i portatori della vara c’erano Francesco e Giuseppe Ci sono tre pagine sulla scrivania del procuratore di RegMazzagatti. Ma anche Frangio Calabria Federico Cafiero cesco Raccosta, dato in pasto De Raho. In due di queste c’è ai maiali, dopo i contrasti con La vara di Oppido Ansa la famiglia mafiosa di Oppido un elenco di nomi, circa una Mamertina. Sotto la statua della Madonna, prima di essere arrestati, c’erano pure i suoi carnefici, Pasquale Rustico (cugino del parroco) e Simone Pepe. Quest’ultimo, dopo aver massacrato Raccosta a sprangate, ancora morente lo ha fatto divorare da una scrofa di oltre 200 chili. PROPRIO NELLE PIEGHE dell’inchiesta Erinni, la “devozione” del clan alla Madonna si percepisce con tutta la sua crudezza. È lo stesso Simone Pepe che spiega cosa è successo ai ladri che, una volta, si sono intrufolati nella chiesa di don Benedetto Rustico: “Calcola che a questa Madonna delle Grazie gli hanno rubato l’oro. Calcola che alla Madonna delle Grazie gli avevo dato l’oro mio quando ho fatto il voto no? Tutti quelli che gli hanno rubato l’oro, erano in tre, sono morti tutti, ammazzati”. L’ordine era del suo patrigno Domenico Bonarrigo che gli disse: “Vediamo chi cazzo è stato, ammazziamolo e ce lo leviamo dal cazzo”. L’oro dei boss va alla Madonna e chi lo tocca muore. 9 LUGLIO 2014 PROJECT FINANCING il FATTO ECONOMICO » Il grande favore fatto ai privati: lo Stato mette 1,9 miliardi, regala la concessione per 49 anni e copre i rischi d’impresa 11 ENTUSIASMO SOSPETTO UN VERO DREAM TEAM » La Orte-Mestre è guidata da Giovanni Berneschi (agli arresti) e dall’ex piduista Gioacchino Albanese » Minutillo: “I politici si giustificheranno dicendo che il loro unico interesse è fare l’opera. Lo dicono sempre” LARGHE INTESE SUGLI AFFARI Nei verbali di Venezia ombre sulla grande opera da 10 miliardi con cui Bonsignore (Ncd) ha messo d’accordo destra e sinistra DAL MOSE A ROMA IL FANTASMA DELL’AUTOSTRADA ORTE-MESTRE PRIORITÀ Perché non parliamo di Singapore? di Giorgio Meletti di Stefano Feltri n fantasma si aggira per l’inchiesta sul Mose: è l’affare della nuova autostrada Orte-Mestre, nota anche come Nuova Romea. Costerà quasi dieci miliardi di euro, e dagli interrogatori si capisce che è il vero affare che calamita le attenzioni. Claudia Minutillo, ex segretaria del governatore veneto Giancarlo Galan, passata come manager al gruppo Mantovani, racconta che il suo nuovo capo, Piergiorgio Baita, non pensava ad altro. Quando li arrestano, nella primavera 2013, non c’è ancora il sospirato via libera del governo, che arriverà l’8 novembre 2013, in una riunione del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) presieduta dal premier Enrico Letta. Il 24 aprile 2012 Minutillo chiama Baita per parlare della riunione Cipe di tre giorni dopo. Sintesi giudiziaria della chiamata: “Baita voleva sapere se ci fosse la Romea e comunque chiederà ad Albanese... omissis...”. LA VUOTA NOIA della tv d’estate a volte riserva momenti indimenticabili. Rai3, Agorà: nel salotto della politica mattutina entra Piero Angela, deve promuovere la nuova edizione di SuperQuark. La conduttrice prova a chiedere l’opinione dell’86enne giornalista sul tema del giorno, le solite grandi riforme istituzionali. Beppe Grillo e il Pd dialogano davvero? Che succede se slitta l’incontro sulla riforma del Senato? A 86 anni Piero Angela, pianista jazz, cronista, divulgatore, autore di best seller, unico campione del giornalismo scientifico (che i colleghi italiani snobbano più attratti dai fumi della politica), può permettersi di ostentare un fastidio che di solito gli ospiti dei talk show nascondono. E risponde: “Non capisco perché parliamo di queste cose. Dovremmo parlare di Singapore”. Sguardo di terrore della conduttrice che non trova l’argomento in scaletta. Approfittando dello sconcerto in studio, Piero Angela riassume il contenuto di un servizio che ha trasmesso a SuperQuark: Singapore è una nazione (autoritaria) grande la metà di Roma ma ha un Pil di 340 miliardi di dollari, più di Finlandia e Nuova Zelanda, cresce del 4 per cento all’anno. Non ha risorse naturali e conta soltanto sul capitale umano, cioè sulle persone che riesce ad attirare. All’inizio dello scorso decennio, temendo la competizione di India e Corea su elettronica e ingegneria di precisione, il governo di Singapore decide di puntare sulle biotecnologie. Oggi ci sono 6 ricercatori ogni 1000 abitanti, più del triplo che in Italia (e se conoscete qualche italiano abbastanza bravo da avere un’opportunità a Singapore, saprete anche che gli stipendi non sono neppure confrontabili). Gli investimenti solo per la ricerca sono di 9 miliardi tra 2011 e 2015. Ovviamente nel salotto di Agorà, superato lo sconcerto, il dibattito torna subito sulle mosse tattiche di Augusto Minzolini e Corradino Mineo, sulla percentuale dei senatori da eleggere e altre amenità. Nessuno rimprovera Piero Angela solo per rispetto alla sua carriera. Con l’estate anche chi viaggia soltanto per turismo si rende conto che tutto il mondo si muove e pensa a organizzarsi un futuro, tutto tranne l’Italia. Qui ci raccontiamo che il nostro modo per stare nella competizione globale è tutelare le tradizioni (il made in Italy, bassa tecnologia e marchi facilmente imitabili), che si può vivere di turismo e lardo di Colonnata. Le uniche volte che si discute di istruzione nel dibattito pubblico gli argomenti sono solo due: i tagli ai fondi e la riduzione di quelle minime soglie meritocratiche che, un po’ per caso, ancora resistono (i test d’ingresso all’università, le bocciature, la valutazione dei professori con criteri oggettivi, bibliometrici). Il governo Renzi quando parla di scuole si riferisce agli edifici, mai ai programmi. Ma forse è giusto così. Perché se davvero parlassimo di più di Singapore, come suggerisce Piero Angela, saremmo sopraffatti dal pessimismo. U TUTTI D’ACCORDO In alto e in senso orario Giovanni Berneschi, Pietro Lunardi, Vasco Errani Maurizio Lupi, Piergiorgio Baita e Vito Bonsignore Ansa, Dlm BISOGNA TIRARE IL FILO per vedere dove porta. Gioacchino Albanese, detto Nino, era già famoso negli anni 70 come braccio destro di Eugenio Cefis, poi è stato manager dell’Eni, coinvolto nello scandalo Eni-Petromin (1980), e nel 1981 è risultato iscritto alla loggia P2 con la tessera numero 913. Oggi ha 82 anni e ricopre ancora un ruolo decisivo: è amministratore delegato della Ilia Spa di Genova, promotrice della Orte-Mestre. Si tratta di un project financing, il modo più moderno di scavare buche nei conti dello Stato: in apparenza il privato costruisce un’opera pubblica a sue spese e recupera l'investimento incassando i pedaggi, in questo caso per 49 anni. Per spiegare ai pm i rapporti corruttivi tra Baita e Galan, Minutillo tiene una lezione sul project financing degna del più radicale dei No-Tav. Conferma infatti che è la miglior maniera di evitare il fastidio di una gara d’appalto, ma che ovviamente prima di avanzare una proposta bisogna essere certi che il politico la inserisca nelle opere di “interesse pubblico”: “La presentazione di un project financing ha un costo significativo per non dire rilevante, motivo per cui se non si ha la sicurezza di avere dei contraddittori disponibili si rischia solo di gettare i costi dello stesso”. I politici spiega Minutillo, giustificheranno l’entusiasmo un po’ sospetto “dicendo che a loro l’unico interesse vero era comunque fare l’opera, questa è la cosa che dicono sempre”. Il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli (indagato per corruzione nello scandalo Mose) il 23 febbraio 2010 ha benedetto la Orte-Mestre come “fondamentale per la piccola e media imprenditoria”, mentre Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture, a novembre 2013 saluta il via libera del Cipe a “un asse viario fondamentale per l’Italia, completamente coperto da capitali privati”. In verità, dei 9,8 miliardi lo Stato ce ne metterà 1,9 sotto forma di sconti fiscali alle imprese costruttrici, grazie ad apposita legge del governo Monti. Il ministro dell’Economia dell’epoca, Fabrizio Saccomanni, era contrario. Baita soffriva. Minutillo spiega: “L’Economia, il Tesoro, si opponeva a questa cosa qua, quindi veniva... è stata rinviata più volte. Baita teneva i contatti con il dottor Albanese del gruppo di Bonsignore, e poi avevano dentro al ministero le persone”. Il capo di Albanese è Vito Bonsignore, ex andreottia- getto unico, da Orte a Mestre, passando per Cesena e Ravenna, che il ministro no diventato imprenditore dell’epoca, Pietro Lunardi, subito accocon la liquidazione da 2-300 glie. Il governatore dell’Emilia-Romagna, milioni che gli dette Marcellino Gavio per farlo fuori dall’Autostrada Vasco Errani, che è di Ravenna, attacca: “La scelta Milano-Torino e legatissimo all’ex senatore Luigi delle opere da fare non è compito dei privatii”. Ma Grillo e a Sergio Cattozzo i due uomini dell’Ncd poco tempo dopo lo stesso Errani si batterà come arrestati a Milano nell’inchiesta Expo. Europarla- un leone per chiedere al governo lo sblocco del mentare fino allo scorso 25 maggio, Bonsignore è project financing della Ilia. Come mai? stato insignito, durante Mani pulite, di una condanna definitiva a due anni per corruzione. Oggi è NELLA RISSA BONSIGNORE e Lunardi sfoderano tra i fondatori del partito di Angelino Alfano e so- la loro abilità. Racconta Minutillo: “Furono braprattutto di Lupi. Bonsignore ha buone amicizie. Il vissimi, misero subito d’accordo cinque presidenti presidente della Ilia a cui il governo sta affidando di Regione”. L’intesa arriva nel 2005 e prevede lal’autostrada da 10 miliardi è Giovanni Berneschi, voro per tutti: per la Mantovani nelle tratte venete, momentaneamente agli arresti per lo scandalo per le coop rosse in Emilia e via spartendo. Il 27 della Carige, banca che supporta Bonsignore nella luglio 2005 l’Anas dà il via libera al progetto di Orte-Mestre. Bonsignore. Due settimane prima il regista della Ma nessuno batte ciglio. Anzi. La delibera Cipe Orte-Mestre aveva discusso con il suo amico Masdell’8 novembre scorso è ancora segreta. Non è dato conoscere il piano economico-finanziario I RICORDI DELL’EX SEGRETARIA DI GALAN su cui si basa la previsione che i proventi del traffico ripaghe“Bonsignore e Lunardi furono bravissimi, misero ranno l’opera. Sicuramente c’è una clausola secondo la quale d’accordo cinque presidenti di Regione” ricavi inferiori al previsto com“Baita teneva i contatti con il dottor Albanese, e poi porteranno l’impegno dello Stato a pagare la differenza. Inavevano dentro al ministero le persone” somma, il rischio d’impresa è tutto a carico dei contribuenti, ed è per questo che delibere, piani e contratti con cui si impegnano miliardi simo D’Alema le modalità di partecipazione alla scalata alla Bnl della Unipol di Gianni Consorte. pubblici non vengono pubblicati. D’altra parte l’opera piace a tutti. All’inizio c’era L’ex premier riferisce al manager presunto rosso: un’Associazione Nuova Romea, presieduta da Pier “Voleva dirmi... voleva sapere se io gli chiedevo di Luigi Bersani, che si batteva per una nuova arteria fare quello che tu gli hai chiesto di fare, oppure no tra Ravenna e Mestre, visto che la Romea era ob- [ridacchia]... Che voleva altre cose, diciamo... a lasoleta e pericolosissima. C’era anche una società, tere su un tavolo politico. [...] Ti volevo informare che girava intorno alle coop rosse (Cmc di Raven- che io ho... ho regolato da parte mia”. na e Ccc di Bologna su tutte) e alla Mantovani di I magistrati di Venezia stanno portando alla luce i Baita, pronta a proporre il suo project financing. Fin- contesti trasversali e opachi con cui la politica ché nel 2003 Bonsignore spiazza tutti con un pro- spartisce denaro pubblico tra le imprese amiche. 12 di Virginia S MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 il FATTO ECONOMICO della Sala i chiama Cineblog01.net ed è uno dei siti pirata italiani per guardare e scaricare film e telefilm. Su Mustat.com, un portale che fornisce le caratteristiche dei domini, si scopre che in un solo anno di vita Cineblog01 avrebbe incassato circa 312.000 euro, 26.000 euro al mese, grazie alle pubblicità. Ha 250 mila visitatori al giorno, 91 milioni all’anno. Ogni volta che ci si collega, si cerca il video, si sceglie se scaricarlo sul proprio computer oppure guardarlo in rete e si preme play, si aprono almeno tre pagine pubblicitarie. Fastidiose per chi vuole guardare i film ma pagate a peso d’oro ai gestori per la frequenza con cui risultano cliccate. Secondo lo studio statunitense Medialink, il fatturato di un campione di 596 siti americani è pari a circa 167 milioni di euro all’anno. A livello mondiale, i siti più grandi realizzano circa 2 milioni di euro all’anno, i più piccoli non meno di 73.000 euro. Bastano soltanto 30 centesimi Secondo la Guardia di Finanza, queste piattaforme generano tanto traffico che anche con soli 30 centesimi per ogni clic su una pubblicità o un banner, si raggiungono cifre enormi. Cineblog01 è un intermediario, mostra solo i collegamenti a piattaforme più grandi che contengono i file, ma è comunque nella lista dei 46 siti oscurati a marzo in Italia dalla Finanza nel corso dell’operazione Publifilm per violazione di copyright. Oggi, come tutti gli altri coinvolti, risulta ancora attivo e visibile e affaccia le ultime novità cinematografiche italiane e internazionali. E tante pubblicità. C’è chi si occupa del reperimento della copia illecita mixando il video proveniente dall’estero con l’audio registrato illegalmente durante le proiezioni nelle sale cinematografiche, chi si occupa di diffonderlo sul web e nei vari circuiti, chi si occupa della realizzazione di quei siti che facilitano agli utenti il reperimento e l’indicizzazione del contenuto illecito, chi si interessa del marketing. “Dietro i siti e le piattaforme pirata si nascondono criminali – spiega Federico Bagnoli Rossi, segretario generale Fapav (Federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi e multimediali) una filiera alternativa di distribuzione del contenuto pirata”. AFFARI D’ORO CLIC MILIONARI Portali come Cineblog01 riescono a incassare centinaia di migliaia di euro soltanto offrendo link a download o streaming illeciti PUBBLICITÀ PIRATA: CHE BUSINESS GLI SPOT NEI SITI DI FILM ILLEGALI listica in filologia moderna e la passione per le serie tv. Lo contattiamo in un pomeriggio di maggio. Fuori c’è il sole ma lui è nella sua camera, davanti al computer. Si scusa: “Non risponderò istantaneamente perché sto lavorando su una puntata: la decima della seconda stagione di Da Vinci's Demons, lo segui?”. Da anni “Diffondo video, ma non per soldi” Grazie agli strumenti del web, riescono a nascondersi e a vivere di questa attività. Non si procurano da soli il materiale. Non registrano materialmente i film nelle sale cinematografiche, magari accordandosi con gli operatori, o che collegano il computer ai canali tv esteri per rubare le serie in prima visione. “Paghiamo un euro per ogni post con un film o un episodio di una serie tv inserito nel sito – spiega Papystreaming.tv, 247.000 euro di guadagni all’anno per 72 milioni di visitatori e 5 euro per chi diffonde il link al nostro sito”. La lista dei siti pirata italiani va oltre quelli bloccati dalla Finanza. Navigando se ne possono contare centinaia. Proviamo a tracciare la provenienza di www.piratestreaming.it, “Il vero streaming italiano”. Cercando di risalire al proprietario del dominio, si scopre che ha nascosto le informazioni di contatto attraverso un servizio online di privacy a pagamento. Gli indicatori della “posizione fisica” del sito mostrano diverse localizzazioni, dalla Moldavia alla Francia, da New York a Londra. Nessuna è autentica e cambiano in continuazione grazie all’utilizzo di semplici programmi informatici. Lungo questa filiera pirata, incon- GRATIS NON PER TUTTI Ci sono i volontari che per passione divulgano e traducono serie tv e kolossal, loro rifiutano di essere pagati ma una volta che i contenuti sono in circolo è facile usarli per arricchirsi triamo Alberto. È un releaser, uno degli utenti che immettono in rete i file pirata di film e telefilm subito dopo la loro trasmissione. Nei suoi archivi ci sono 8.645 video, tra film, serie, anime e cartoon. Registra i telefilm dai canali satellitari e poi condivide sui forum di scambio libero dove gli utenti mettono a disposizione i propri file. “Una volta, un sito mi ha chiesto di caricare sui loro server i miei file – racconta Alberto – promettendomi versamenti sulla carta di credito. Ho declinato perché ciò che faccio segue un principio di libero scambio su Internet, di libero accesso ai contenuti per tutti senza dover aspettare anni per veder in Italia un film o una serie tv americana o dover comprare un abbonamento alla pay tv”. Però c’è chi lucra sulle “release” fatte con intenti democratici. “Una volta immesso un file in rete, è difficile controllarne la diffusione. Lo stesso sito che mi aveva chiesto le anteprime probabilmente le prende altrove senza neanche pagarle e le diffonde guadagnando con tantissime pubblicità”, dice Alberto. Stefano ha 26 anni, il suo nickname è Williamlolle. Ha una laurea specia- Stefano si dedica alla traduzione e all’apposizione di sottotitoli di film e serie tv per il sito Italiansubs.net. “Una comunità di 300 utenti con la passione per i telefilm o i film in lingua originale nata nel 2006 – spiega Stefano - Abbiamo tradotto una quantità sconfinata di girato, principalmente prodotti britannici e americani. Sono un divoratore di telefilm e amo tradurre”. I siti di sottotitoli ammettono traduttori solo dopo un esame di lingua e di conoscenza di film e telefilm. Si deve inviare una mail chiedendo di fare il test e aspettare esito e cor- La pubblicità sui siti pirata vale 167 milioni di euro l’anno. Sotto un’immagine del frequentatissimo sito Cineblog01 Infografica Pierpaolo Balani BANCARI A PICCO Multa a Commerzbank, crolla Piazza Affari Le Borse europee ieri hanno chiuso in negativo, con Piazza Affari che ha fatto registrare il tonfo peggiore (-2,7%, e spread salito a quota 162). Il caso Commerzbank ha trascinato giù tutto il comparto bancario e i listini del continente. La banca tedesca potrebbe essere la prossima banca europea dopo Bnp Paribas a dover risolvere con una mega-multa le proprie controversie legali con le autorità americane per operazioni in Paesi messi nella lista nera di Washington, come l’Iran. Il secondo istituto tedesco ieri ha ceduto in borsa oltre il 4%, e secondo l’agenzia di stampa Bloomberg - potrebbe presto trovarsi a dover pagare una sanzione di almeno 500 milioni di euro. Ad appesantire Piazza Affari sono state soprattutto le banche. Fra i titoli crollati: Intesa Sanpaolo (-4,12%), Unicredit (-3,28%), Mediobanca (-3,56%), Mps (-6,54%) e Generali (-3,12%). rezioni. “Si viene sottoposti a una prova con una porzione di girato. L’ho ripetuta due volte: la prima sono stato bocciato”, racconta Stefano. Ci sono i traduttori, i revisori, i sincronizzatori audio-video, gli utenti che coordinano le varie fasi e che stabiliscono le scadenze. “Per ogni episodio si creano team coordinati da un revisore - dice Stefano - che organizza la traduzione, unisce le parti tradotte, le uniforma. Poi ricontrolla grammatica, forma e ortografia. Infine, verifica la sincronizzazione”. Una catena produttiva 9 LUGLIO 2014 virtuale in cui nessuno dei collaboratori è pagato. “Lo facciamo per passione – continua Stefano - i video li prendiamo da fonti esterne, soprattutto Torrent e server americani, e quello che facciamo è assolutamente gratuito. Forniamo i file di testo da applicare al lettore video, non la puntata in sé e il sito si regge esclusivamente sulle donazioni”. Multe che pesano per pochi spiccioli “La vera azione di contrasto alla pirateria online sarebbe colpire il guadagno e applicare il cosiddetto Follow the money – spiega Gennaro Vecchione, comandante delle Unità speciali della Guardia di Finanza bloccare il flusso economico che arriva ai siti e risalire, attraverso i pagamenti per le pubblicità, all’origine della pirateria”. I siti che mettono illecitamente a disposizione del pubblico contenuti coperti da copyright violano la Legge Autore “per la quale – continua Vecchione - è prevista la reclusione da uno a quattro anni e una multa che va da 2.500 a 15.000 euro. La distinzione principale è il fine di lucro. Se i siti pubblicano materiale pirata ma senza guadagnarci, resta la natura penale ma la sanzione è solo pecuniaria. Lo stesso vale per i siti intermediari: quei siti che contengono i collegamenti necessari a raggiungere contenuti pirata non sono legali. Si tratta di concorso nel reato”. Negli ultimi mesi, la Finanza ha identificato almeno 40 marchi pubblicizzati su siti pirata . “Quasi sempre le aziende non erano al corrente di questa pratica perché tutto passava attraverso le agenzie pubblicitarie a cui affidavano la gestione dell’area marketing”, spiega Vecchione. “Intanto procediamo con la fase istruttoria, continuiamo i nostri monitoraggi e quando avremo concluso con le agenzie pubblicitarie sottoporremo tutto all’autorità giudiziaria per capire se esistono i termini penali”. Gli spot pirata di aziende nazionali e internazionali arrivano sui siti tramite le agenzie di raccolta pubblicitaria: acquistano gli spazi su grandi piazze online e aste telematiche che si concludono in qualche secondo. Non sempre, quindi, l’agenzia riesce a controllare la legalità delle piattaforme. Gli spot all’insaputa delle aziende “Negare di aver vissuto questo genere di esperienze - racconta Gian Mario Infelici, titolare dell’agenzia di pubblicità online A.D. Spray - sarebbe impossibile. Ci è capitato di vedere le campagne di alcuni nostri clienti su siti web con contenuti pirata. Per fortuna siamo in grado di ricevere allarmi interattivi nel caso in cui messaggi dei nostri clienti finiscono in siti con contenuti illegali”. Il fatto che una agenzia pubblicitaria sia o meno consapevole della destinazione della pubblicità va accertato caso per caso: “Noi dobbiamo presumere che chi opera sul mercato lo faccia in buona fede– chiarisce Federico Bagnoli Rossi, Segretario Generale Fapav - nel caso in cui siano consapevoli della destinazione dei messaggi pubblicitari sui siti illegali, i gestori delle concessionarie rischiano le stesse sanzioni dei soggetti che amministrano i siti web, per concorso nel reato”. Proprio la Fapav ha siglato, il 12 maggio, un Protocollo d’Intesa con Iab Italia, associazione per la comunicazione digitale, per collaborare al contrasto delle inserzioni sulle piattaforme illegali e creare una piattaforma che raccolga le segnalazioni dei soggetti coinvolti. Tra i firmatari, anche Google. SENZA ENERGIA L’accordo è pronto: al primo creditore Monte Paschi andrà il 22 per cento della società COSÌ LE BANCHE SALVANO SORGENIA DEI DE BENEDETTI di Marco Franchi O gni energia all’impresa italiana”, è lo slogan della nuova campagna pubblicitaria di Sorgenia lanciata a fine giugno sulla carta stampata, in radio e in tv. I protagonisti del nuovo spot sono veri imprenditori, ripresi al lavoro, che chiedono ascolto, soluzioni e un contributo concreto “per far tornare a correre questo Paese”. CHISSÀ cosa pensano dello spot quelle imprese che negli ultimi mesi si sono viste negare un fido da alcune delle banche coinvolte nel salvataggio della società energetica della famiglia De Benedetti. Perché entro venerdì Sorgenia finirà sotto il controllo delle banche creditrici. Con un nuovo primo azionista: il Monte dei Paschi, che avrà circa il 22 per cento. Seguiranno Ubi al 18, Banco Popolare all’11,5, UniCredit al 9,8, Intesa Sanpaolo al 9,7 e Bpm al 9. Pare sia stato trovato l’accordo sulla ristrutturazione del debito (1,8 miliardi) di Sorgenia e la firma degli azionisti (la cassaforte Cir e gli austriaci di Verbund) con gli istituti di credito è attesa a giorni dopo oltre sei mesi di trattative. L’accordo raggiunto con le banche, spiega Cir nel bilancio, “prevederebbe un aumento di capitale di 400 milioni senza sovrapprezzo, in opzione ai soci o in alternativa con conversione di debito in equity oltre a un prestito convertendo dell’ammontare di 200 milioni. Su tale proposta il consiglio di amministrazione di Cir ha condiviso lo schema generale prospettato, escludendo una propria partecipazione all’au- di Marco Palombi 13 BAZOLI La fede non basta, in rosso l’editrice La Scuola B isognerà avere molta fede per il rilancio dei libri della Editrice La Scuola, società bresciana di cui è vicepresidente, nonché consigliere, il banchiere Giovanni Bazoli. La famiglia del banchiere di Intesa Sanpaolo ha infatti contribuito alla fondazione nel 1904 della casa editrice oggi controllata dall’Ente Morale Opera per l’Educazione Cristiana. La produzione scolastica relativa ai testi adottati negli istituti di ogni ordine e grado sfiora l’80 per cento del fatturato. Il rimanente 20 è dato da sussidi parascolastici, manuali per la preparazione di concorsi, volumi per le università, opere di narrativa e saggi diffusi nelle migliori librerie. La concorrenza però incalza e anche le partecipazioni (come la finanziaria Mittel, di cui la Scuola possiede il 3,7 per cento) non hanno dato molte soddisfazioni, anzi. E così il 2013 per la società bresciana che sta a cuore al professor Bazoli si è chiuso con 14,1 milioni di fatturato rispetto ai 15,5 milioni del 2012 e con quasi 4 milioni di euro di perdite coperti attraverso il ricorso alle riserve della società. All’assemblea di maggio che ha approvato il bilancio, ha partecipato anche monsignor Gianfranco Mascher, vicario generale della diocesi di Brescia. Salutando gli azionisti a nome del vescovo, il monsignore ha richiamato il passato dell’editrice e le difficoltà che sono maturate, spronando gli azionisti e gli amministratori “a guardare al futuro con responsabilità e spirito di servizio”. Perché le vie del Signore sono infinite, le riserve no. Rodolfo De Benedetti, qui col padre Carlo, si è preso la responsabilità del flop Sorgenia Ansa 400 MLN DA TROVARE 1,8 MLD IL DEBITO I PROBLEMI Il gruppo energetico ha bisogno di un aumento di capitale o di una conversione in azioni di parte dell’indebitamento mento di capitale sociale”. La holding ha intanto chiuso il primo trimestre di quest’anno con una perdita netta di 2,6 milioni rispetto all’utile di 6,4 milioni del primo trimestre 2013. Un rosso dovuto anche all’impatto degli oneri straordinari da ristrutturazione della controllata Sogefi e dai minori proventi finanziari della capogruppo. Quanto a Sorgenia, nel primo trimestre ha visto i ricavi scendere del 25,4% con una perdita netta pari a 14,6 milioni. L’indebitamento finanziario netto della società al 31 marzo è aumentato a 1,85 milioni rispetto agli 1,79 milioni di fine 2013 per effetto dell’aumento del capitale circolante dovuto alla riduzione dei programmi di factoring e cartolarizzazione. L’effetto-Sorgenia ha dunque pesato sui ricavi della holding Cir che sono scesi del 13,8% a poco meno di 1,1 miliardi mentre l’indebitamento è salito a quota 1,94 miliardi. Per questo il negoziato con le banche va chiuso il prima possibile. Obiettivo: depositare entro luglio il piano di ristrutturazione in bonis della società presso il Tribunale di Milano e poi convocare l’assemblea dei soci per deliberare l’aumento di capitale a servizio della conversione del debito. Una volta conclusa l’intera operazione, le banche avranno il 98% del gruppo mentre Cir e Verbund resteranno con poco meno del 2%, anche se c’è l’ipotesi che possano mantenere solo i “diritti” sull’identica quota, da far valere in caso di cessione. L’intesa prevede inoltre la concessione di un “earn out” del 10 per cento a Cir e Verbund con durata illimitata. Se cioè le banche in futuro, rimborsato il debito, rivenderanno la società realizzando una plusvalenza al netto dei 400 milioni immessi oggi (e valorizzati al tasso del 10% annuo), i due soci storici parteciperanno alla plusvalenza stessa nella misura del 10 per cento. “SIAMO ALLA FASE finale di una trattativa che darà vita a una soluzione equilibrata”, aveva sottolineato lo scorso 12 giugno Fabrizio Viola, l’amministratore delegato del Monte dei Paschi. L’istituto senese, primo creditore nonché azionista della società elettrica dai tempi della gestione Mussari, ha da poco aumentato il suo di capitale chiedendo al mercato 5 miliardi di euro. Nello stesso prospetto informativo sulla ricapitalizzazione del Monte erano emersi i dettagli dell’esposizione verso Sorgenia: 710,6 milioni che nel bilancio del 2013 sono stati passati a incaglio, ovvero l’anticamera delle sofferenze. Prestiti che non verranno rimborsati. Ora il Monte è obbligato a partecipare al salvataggio e a diventare il primo socio, di una società in crisi a causa dell’elevato indebitamento e del crollo del mercato energetico. “Ogni energia all’impresa italiana”, recita lo spot in tv. Soprattutto se quell’impresa è della famiglia De Benedetti. GIAN MARIO SPACCA Il comma di Renzi salva le centrali a biogas del governatore G ian Mario Spacca, governatore delle Marche, è un twittatore di livello: nelle ultime settimane ha edotto i suoi quasi 19mila followers sugli argomenti più vari. Da Leopardi al suo sostegno alla Grecia ai mondiali, dal fare impresa al Coni fino - ossessivamente - alla macroregione Adriatico-Jonica. Non manca l’hashtag turistico: #marchebellezza. Il 27 di giugno, però, ha mancato di ringraziare il ministro dell’Ambiente Galletti, Udc, per il suo decreto. Perché? Perché il dl 91/2014 oltre al regalo alle banche chiamato anatocismo e altre cosette - contiene anche un piccolo comma (per la precisione il 4 dell’articolo 15) che nelle Marche già chiamano “Salva-Spacca”: il presidente piddino, nato a Fabriano 61 anni fa, cresciuto come manager alla Merloni (che per le Marche è un po’ quel che la Fiat è a Torino) entra così nel ristretto circolo dei Berlusconi e dei Previti. Il decreto del governo Renzi, infatti, sana la più scottante delle grane che coinvolgono la Giunta marchigiana: quella delle autorizzazioni per le centrali a biogas, che si portano dietro incentivi per circa due milioni e mezzo l’anno ciascuna. Ne sono state concesse a decine, spesso a imprenditori vicini al potere regionale, e tutte senza alcuna Valutazione di impatto ambientale (VIA). Risultato: la Corte costituzionale le ha annullate. Spacca, a quel punto, s’è inventato una delibera che consentiva la “VIA postuma”, ovvero realizzata su impianti già autorizzati o, peggio, funzionanti. Anche stavolta gli è andata male: il Consiglio di Stato, a febbraio, ha bocciato pure questo escamotage. La Giunta traballava, la Procura di Ancona indaga su alcune di queste operazioni (coinvolti imprenditori e alcuni funzionari regionali) e l’opposizione alle centrali a biogas continua a essere massiccia tra la popolazione e nello stesso Pd. Fortuna che c’è il governo Renzi e il suo decreto Ambiente, che consente la VIA postuma entro sei mesi e senza nemmeno spegnere gli impianti. E tanti saluti alla Consulta e al Consiglio di Stato. Qualcuno potrà pensare che si tratti di una descrizione esagerata, ma di sicuro coincide con quella del senatore democratico Mario Morgoni da Macerata: “Questo è un avallare in modo inaccettabile atti illegittimi e politiche speculative”. 14 il FATTO ECONOMICO 9 LUGLIO 2014 COVIP Che belli i fondi pensione per l’authority di Beppe Scienza LA PRIMA STORTURA della previdenza integrativa italiana è nella stessa legge istitutiva, che la dà in appannaggio al risparmio gestito. Ma anche l’organo di vigilanza, la Covip, ci mette del suo, contribuendo a ridurne la trasparenza e aumentarne i costi. Alla Covip non compete spingere le vendite. Invece recentemente ha diffuso una pubblicità di otto pagine, ridondante di affermazioni tenden- ziose, se non false: “Previdenza complementare: 8 passi verso il futuro”. I pochi elementi positivi sono enfatizzati, i tanti negativi occultati: l’assenza di trasparenza e di protezione dall’inflazione, l’irreversibilità dell’adesione ecc... Viene sbandierata la tassazione all’11 per cento “rispetto all’aliquota del 20 per cento applicata alla maggior parte delle forme di risparmio finanziario”. Una presa in giro, perché in prevalenza i risparmiatori italiani pa- gano solo il 12,5 per cento sui buoni postali, titoli di Stato italiani, tedeschi ecc... Il prospetto, benché firmato dalla Covip, riporta in terza persona che “il sistema è vigilato da un’Autorità dedicata: la Covip”, il che avvalora l’impressione che l’opuscolo provenga da un’agenzia di pubblicità. Ma soprattutto è grave la circolare 3904 del 13 giugno 2014, che mira a facilitare l’impiego dei soldi dei fondi pensione in investimenti quali i fondi immobiliari, il peggio del peggio per assenza di trasparenza e rischi di malversazioni. In essa la Covip indica anche come comportarsi qualora “i costi di detti strumenti siano superiori alle commissioni applicate ai fondi pensione” e consente “fin d’ora di prevedere un superamento del divieto di cumulo dei costi”. I risparmiatori pagano, l’industria del risparmio gestito ringrazia (e incassa). Rincara la dose il presidente di Assoprevidenza, Sergio Corbello, che spaccia per “ragionevole considerare omogenei con i mandati obbligazionari i fondi che investono nelle energie rinnovabili”. Sono fondi immobiliari, ma i gestori vorrebbero carta bianca per metterli impunemente al posto di Btp e obbligazioni. Conclusione: un risparmiatore prudente eviterà di versare soldi nella previdenza integrativa e tanto meno il proprio TFR. Twitter @beppescienza www.beppescienza.it FILM & LIBRI L’economia dove meno te l’aspetti di Salvatore Cannavò Q uasi un romanzo ovvero “l’economia raccontata a chi non la capisce”. Il giornalista Leonardo Martinelli dopo aver realizzato un programma su Radio3 per divulgare nel modo più efficace possibile i temi dell’economia finanziaria, adesso passa al libro. Per farlo utilizza la letteratura e il cinema partendo da brani di romanzi, più o meno famosi, o da scene di film da cui descrivere concetti più complessi come short leverage, mortgage backed securities, bond o hedge fund. Ne viene fuori un volume godibile anche per chi di economia ne sa un po’ di più. Vengono riassunti 30 tra libri e film, da Pinocchio alle Mosche del capitale, da Il Denaro di Zola a Mary Poppins. Aprono il volume le vicende di Sherman McCoy-Tom Cruise, nel Falò delle vanità tratto dal libro di QUASI UN ROMANZO di Leonardo Martinelli Longanesi, 288 pag. 14,90¤ di Alberto Bagnai L a gazzarra scatenatasi attorno alla nomina di Giorgio Alleva a presidente dell’Istat lascia amareggiati. L’appello pubblicato su lavoce.info contro il “presidente senza qualità” Giorgio Alleva appare inopportuno, anche a prescindere dal merito tecnico della questione. Quest’ultimo è stato valutato dal sito Roars, che ha parlato senza mezzi termini di metodo Boffo, facendo notare ad esempio come le valutazioni critiche espresse dai firmatari dell’appello omettano, chissà perché, le pubblicazioni più rilevanti dell’interessato. Ma il punto non è tanto questo. Prendiamo anzi per buone critiche e metodo: par di capire che per essere buoni manager pubblici bisogna essere buoni scienziati, e per essere buoni scienziati bisogna avere buoni indicatori bibliometrici. Bene. Partendo dalla fine, ai firmatari dell’appello quest’ultima RIGORISTI L’appello degli economisti della voce.info contro la nomina di Giorgio Alleva è l’ennesimo tentativo di nascondere gli errori politici frutto di teorie sbagliate Cari fan dell’austerità, giù le mani dall’Istat virtù non fa difetto, ma questo pone un problema di non poco conto. Perché, salvo eccezioni da dimostrare, i firmatari, da Tito Boeri a Luigi Zingales, da Riccardo Puglisi a Boldrin, hanno compattamente aderito all’interpretazione ortodossa della crisi, articolata su due pilastri: che l’euro non c’entrava nulla, e che il problema nasceva a causa di una finanza pubblica corrotta e sregolata che ci esponeva alle giuste reprimende dei mercati. Dalla diagnosi RACCONTANO BALLE 7 L’AUSTERITÀ E I SUICIDI, GRILLO ESAGERA I NUMERI IN VISITA A STRASBURGO per l’inaugurazione del semestre europeo a guida italiana, Beppe Grillo ha attaccato le politiche di austerità spiegando che “in Grecia, negli ultimi due anni, si sono suicidate oltre 7 mila persone a causa della crisi”. A supporto della tesi, il leader M5s cita uno studio realizzato da Nikolaos Antonakakis, ricercatore all’università di Vienna, dove però i dati si ferma- MILA CASI IN GRECIA DAL 2012? no al 2011, quando si sono registrati 511 suicidi “economici”, che l’autore collega proprio all’austerità. L’Istituto di statistica nazionale, però, non specifica i moventi dei casi. I dati provengono infatti dall’Organizzazione mondiale della sanità e dai rapporti di polizia riportati dal quotidiano greco Kathimerini. Ma anche così, il dato è sette volte più baso dei 3500 suicidi annui citati da Grillo. scaturiva una precisa terapia: la necessità assoluta e imprescindibile di mettere l’Italia urgentemente in mano a un governo tecnico che praticasse la dovuta austerità (ricorderete il famoso FATE PRESTO del Sole 24 Ore). Per pura coincidenza, si trattava di un governo espressione dello stesso humus accademico di chi questa diagnosi condivideva e diffondeva. Eppure tutto era già stato scritto La terapia si è rivelata drammaticamente errata, e questo perché era errata la diagnosi: l’euro era ed è un problema, la finanza pubblica lo era molto meno, ma lo è diventata grazie all’austerità. Che proprio per questo l’austerità abbia fallito ormai lo ammette anche il Fondo Monetario Internazionale. Che il problema, soprattutto in Italia, non fosse la finanza pubblica l’hanno detto, nell’ordine: la Commissione Europea nel settembre 2012, il vicepresidente della Bce nel maggio 2013, e il ministro Pier Carlo Padoan nel luglio 2014. Che l’euro sia un problema lo dice oggi perfino Zingales, giungendo buon ultimo alla conclusione dalla quale tanti altri sono partiti, cioè che forse sarebbe meglio pensare a come smantellarlo, anziché a come difenderlo. Uno potrebbe pensare che una certa flessibilità di giudizio sia indizio di mente fertile e non vada stigmatizzata. Tom Wolfe. McCoy suda letteralmente freddo quando la figlioletta gli chiede che mestiere fa e lui non riesce a spiegare in parole semplici cosa significhi vendere e acquistare bond. Lo trarrà di impaccio la moglie e l’immagine di una torta dalla quale migliaia di “bricioline”, cioè commissioni, si riversano silenziose nelle tasche del marito. Leggendo Se questo è un uomo di Primo Levi, Martinelli offre una descrizione ancestrale e disumana della “Borsa”, luogo di normalità apparente “dove tutto è stupida follia”. Ma è il cinema d’azione su sfondo finanziario a rendere meglio l’idea. Wall Street è il film che ha reso celebre Oliver Stone ma, più di lui, il suo eroe negativo, Gordon Gekko. Interpretato da Michael Douglas sdogana “l’avidità” come motore dell’economia e dei guadagni borsistici e, contrariamente alle previsioni di Stone, e sancirà la popolarità di Gekko. Più boccaccesca, invece, la storia del Lupo di Wall Street in cui, tra sesso e droghe, si mette in scena il meccanismo del pump and dump, il “pompa e sgonfia” con cui si fanno salire artificialmente le penny stock per poi farle crollare miseramente. Guadagnandoci un sacco di soldi fino all’arrivo del Fbi e la galera. Molto più cerebrale, e spietato, è invece Margin Call, il racconto di un fallimento avvenuto nel corso di una sola notte. Quella in cui i dirigenti della banca scoprono che gli investimenti sui mutui immobiliari sono falliti per un errato calcolo di probabilità. I film o i libri sono tanti, corredati dalle parole chiave. Ognuno potrà scegliere quello più gradito. Ma le cose non stanno così: non stiamo parlando di mere opinioni. Che in recessione le politiche restrittive siano pericolose è un dato assodato della teoria e della prassi economica: è stato Guido Tabellini a parlare nel 2011 del “mito” dell’austerità espansiva. Che l’euro avrebbe messo l’Italia in una seria crisi di competitività lo aveva detto Dornbusch (Mit) nel 1996. Che la Bce avrebbe condotto l’Europa sull’orlo della deflazione lo aveva anticipato Paul Krugman nel 1998. Che l’euro avrebbe causato crisi da utilizzare come “finestre di opportunità” per accelerare l’integrazione politica lo aveva detto, fra gli altri, Romano Prodi nel 2001, e per questo Zingales, nel 2012, parlava di crisi criminalmente premeditata. Sintesi: l’eccellenza della professione economica italiana ha propugnato diagnosi e terapie economiche che non erano nei fatti (lo certificano le istituzioni internazionali), non erano nella letteratura scientifica, e non erano nemmeno nei libri con i quali si insegna in classe: qualsiasi testo del primo anno vi dirà che in recessione i tagli sono pericolosi. Ora, se un medico oggi mi proponesse di curare la mia calvizie col salasso, penserei che la sua laurea valga poco o, in alternativa, che è interessato alla mia compagna e vuole togliermi di mezzo. Magari nel 1614 ci sarebbe riuscito. Fuor di metafora, qui i casi sono due: o la misurazione dell’eccellenza in ter- mini bibliometrici lascia a desiderare (e allora meglio non usarla per attacchi personali), o negli ultimi anni abbiamo assistito a un non trascurabile conflitto d’interessi. Insomma: o tanta eccellenza non è servita alla professione accademica a capire cosa stava succedendo, o se invece una consapevolezza esisteva, bisognerebbe chiedersi se è stata esercitata nell’interesse del Paese. I risultati dicono di no, e notate un dettaglio: nei prossimi mesi il principale lavoro del presidente dell’Istat sarà, purtroppo, quello di certificare la situazione disastrosa nella quale i “tecnici” già acclamati dai nostri accademici hanno lasciato il paese. Com’è noto, a pensar male si fa peccato, ma... Così, dopo che gli “austeriani”, come li chiama Krugman, l’hanno compromessa, gli “appellisti” intervengono a dare il colpo di grazia alla credibilità della scienza economica. I comportamenti opportunistici di alcuni possono far sorridere (scoprire dopo le elezioni che l’euro è un problema!). Tuttavia essi hanno una conseguenza grave: diffondendo nell’opinione pubblica l’idea che la teoria economica sia capace solo di registrare e mai di prevedere l’accaduto, ci mettono in balìa di comportamenti irrazionali nel momento in cui più avremmo bisogno di una riflessione ancorata alla realtà. Inutile lagnarsi poi del “populismo”, se chi ha il compito di portare argomenti nel dibattito non si assume la responsabilità dei propri errori. UN GIORNO IN ITALIA il Fatto Quotidiano Pla ensionati, metà prende meno di mille euro CI SONO OLTRE due milioni di pensionati che prendono meno di 500 euro al mese, mentre il 43% percepisce un assegno inferiore ai mille euro. Il rapporto annuale dell’Inps diffuso ieri ha fotografato non solo le difficoltà dei conti dell’Istituto previdenziale (con un rosso di 10 miliardi di euro), ma anche le difficoltà economiche che vivono molte persone ritirate dal lavoro. Il 2013 segna un crollo delle pensioni liquidate, anche a seguito della stretta prevista dalla riforma Fornero. Guardando alla gestione privata, le liquidazioni mostrano per i dipendenti un calo del 32% per le pensioni di anzianità/anticipate e del 57% per la vecchiaia sul 2012. Quasi 500mila posti di lavoro sono andati persi lo scorso anno. Nel periodo 2009-2013 le ore di Cassa integrazione hanno superato il miliardo all’anno, mentre erano attorno ai 184 milioni MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 15 nel 2007. Quanto ai conti, l’Istituto è in rosso di 9,9 miliardi, soprattutto a causa dell’ex Inpdap, l’Istituto previdenziale dei dipendenti pubblici poi accorpato nell’Inps. Nel 2012, primo anno di aggregazione, il disavanzo del superInps era arrivato a 9,7 miliardi. Il patrimonio netto è invece pari a 7,5 miliardi. Quindi, rassicura l’Istituto, non è a rischio la “sostenibilità del sistema pensionistico”. Bufala Expo: 3mila posti di lavoro su 200mila promessi DOPO GLI ANNUNCI, LA REALTÀ: POCHE MIGLIAIA DI ASSUNTI CON CONTRATTI A TERMINE E POCO SPECIALIZZATI di Marco Maroni D au international des expositions) nel Milano ai 70 mila ai 200 mila occupati: erano le stime sull’occupazione sbandierate dagli organizzatori dell’Expo. Ma il festival di cifre comincia a essere smentito dalla realtà. Secondo l’Osservatorio sul mercato del lavoro della provincia di Milano, i posti di lavoro reali, attivati dall’Expo, sono 3.442. La rilevazione si basa sulle dichiarazioni delle aziende, che dal 2012 nei documenti sulle assunzioni devono indicare se si tratta di attività legata alla realizzazione di Expo 2015. VISTO IL PERIODO DI CRISI occu- pazionale, il dato potrebbe sembrare buono. Ma se confrontato con le aspettative create intorno all’evento e con il fiume di denaro pubblico investito, fornisce un quadro desolante sullo scollamento tra le mirabolanti promesse e la realtà dei fatti. Stando alle dichiarazioni dei politici e dei dirigenti Expo, basate per lo più su studi commissionati all’Università Bocconi, l’impatto sul lavoro avrebbe dovuto essere tutt’altro. Il dossier di candidatura di Milano, consegnato al Bie (Bure- 2007, parlava di 70 mila lavoratori aggiuntivi. Un dato che la fanfara propagandistica, funzionale a giustificare gli investimenti e ben amplificata dai media, avrebbe in seguito aumentato. In uno studio della Bocconi del novembre 2010 preparato su richiesta di Expo 2015 spa, per esempio, si afferma che “la distribuzione temporale dei posti di lavoro prevede un picco nel triennio 2013-2015 di circa 130 mila occupati anno, tra diretti, indiretti e indotto”. Un altro studio, del 2013, commissionato dalla Camera di commercio (azionista al 10 per cento di Expo), stimava che i posti creati tra il 2012 e il 2020 sarebbero stati addirittura 199 mila. Cifra che il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, il commissario straordinario di Expo Giuseppe Sala e la presidente Diana Bracco, trascinati dall’entusiasmo hanno in diverse dichiarazioni arrotondato alla cifra di 200 mila. Anche le cifre dell’Osservatorio provinciale vanno prese con le pinze. Spiega Antonio Lareno, responsabile della Cgil per il progetto Expo: “Le aziende devono segnalare se l’Expo è uno dei motivi per cui sono state fatte le nuove assunzioni. Il dato, quindi, non è molto attendibile per stabilire se si tratta di nuovo lavoro effettivamente creato dall’Expo”. INSOMMA, POTREBBE essere per- CIFRE GONFIATE Adesso si temono numeri molto più bassi anche per i visitatori annunciati (20 milioni), i ricavi (500 milioni) e l’‘indotto’: 25 miliardi fino meno. In realtà il sindacato una sua stima ce l’ha: tra i 12 e i 15 mila lavoratori nel periodo dell’apertura dell’esposizione, da maggio a novembre 2015. Contratti a termine, con un profilo di specializzazione piuttosto basso (per lo più manovali, camerieri, carpentieri, telefonisti di call center, magazzinieri, parrucchieri, lavapiatti e aiuti cuoco) che si sommano ai circa 6 mila volontari che si avvicenderanno I lavori lungo il Decumano, asse centrale della fiera dell’Expo Ansa durante i 6 mesi dell’evento. Se questo sarà il divario tra la realtà e le promesse, a destare perplessità, in chi punta sull’evento per il rilancio dell’economia, dovrebbero essere le altre stime sbandierate dagli organizzatori: innanzitutto quelle sui visitatori. Annunciati: 20 milioni, con un ricavo stimato di 500 milioni e 25 miliardi di produzione aggiuntiva per il Paese come effetto dell’aumento dei consumi, dell’apertura di nuove attività, dei maggiori ricavi nel settore turistico e alberghiero e della rivalutazione immobiliare. Un festival di stime il cui ottimismo è inversamente proporzionale al rigore della metodologia usata, come ha evidenziato un recente studio pubblicato su lavoce.info da un altro economista della Bocconi, Roberto Perotti. A 300 giorni dall’apertura dei cancelli, la cifra più attendibile è quella del denaro investito nell’avventura: 3 miliardi di euro. La cricca e il Pg amico di Verdini SARÀ MILLER A SOSTENERE L’ACCUSA CONTRO BALDUCCI & C. PER L’APPALTO IRREGOLARE IN TOSCANA di Valeria Pacelli rocuratore non ritiene che sia poco opporP tuno che lei sostenga l’accusa contro 4 persone imputate in un processo che coinvolge an- che Denis Verdini, con il quale lei andava a cena?” Dall’altra parte della cornetta c’è il procuratore generale Arcibaldo Miller che non prova alcun imbarazzo, anzi sicuro di sè sostiene che si “tratta di due processi diversi”. È il gran ritorno del giudice Miller dopo lo scandalo che lo portò alle dimissioni da ispettore del ministero della Giustizia, (per poi tornare ad indossare la toga e diventare procuratore generale di Roma nel 2012) per una cena a casa di Denis Verdini emersa durante le indagini sulla loggia P3. MILLER SOSTERRÀ L’ACCUSA nel processo in appello contro l’ex presidente del provveditorato alle opere pubbliche, Angelo Balducci, Fabio De Santis, ex provveditore delle opere pubbliche della Toscana e gli imprenditori Francesco De Vito Piscicelli e Riccardo Fusi, tutti condannati, con pene diverse, in primo grado. La condanna riguarda la vicenda dell’appalto irregolare per la scuola dei marescialli di Firenze che doveva essere dato alla società di Riccardo Fusi, imprenditore al quale, è scritto nella rinvio a giudizio, “Verdini era legato da interessi economici”. Infatti proprio per questo, l’onorevole avrebbe fatto conseguire a Fabio De Santis la nomina a provveditore della Toscana, che a sua volta, con Balducci, secondo l’accusa “si impegnavano ad affidare ad impresa riferibile a Fusi e De Vito Piscitelli appalti”, che poi sono diventati oggetto di vari processi e tra questi anche quello della scuola dei marescialli. La posizione di Verdini, a causa del lungo tempo necessario per autorizzare l’uso delle intercettazioni, sarà discussa il prossimo 16 luglio davanti al gup di Roma. Pochi mesi dopo, toccherà agli altri e ad accusarli sarà proprio il giudice Miller, il cui nome emerge dalle carte P3, anche se non è mai stato indagato. A rivelare la presenza di Miller a una cena del 2009 a casa di Verdini, è Pasquale Lombardi in un interrogatorio del 3 ottobre del 2010. “Ricordo che nel corso dell’incontro avvenuto a casa di Verdini - racconta Lombardi - al quale oltre me parteciparono anche Caliendo, Dell’Utri, Miller, Martone, Marino e Carboni si affrontò tra l’altro anche la questione del Lodo Alfano. In particolare dell’Utri ricorse a me prospettandomi l’esigenza di avvicinare alcuni giudici della corte costituzionale”. Quando viene sentito in procura, il 3 agosto 2010, Miller spiega ai pm di aver conosciuto Carboni quella sera per la prima volta e aggiunge “Né di Carboni, né di Dell’Utri, mi era stata preannunciata la presenza”. “Verso la fine - INTRECCI Il nome del procuratore emerge dalle carte sulla P3 per una cena nel 2009 con il coordinatore dei Fi continua il verbale di Miller - Verdini e Dell’Utri mi dissero che c’erano problemi per la candidatura di Cosentino e mi proposero di valutare la possibilità di una mia candidatura alla presidenza della Regione Campania. lo però lasciai cadere il discorso. Parlando in particolare con Verdini, feci intendere, anche se non in modo perentorio, la mia indisponibilità (..). Escludo assolutamente che, almeno in mia presenza, si sia discusso di un intervento da fare sui Giudici Costituzionali che di lì a poco dovevano occuparsi del Lodo Alfano. Se si fosse parlato di una cosa del genere, che io trovo assolutamente fuori luogo, me ne ricorderei. Non posso invece escludere che si sia parlato in termini generici del Lodo Alfano”. Miller non è mai stato indagato e anche il Csm ha archiviato il fascicolo aperto nei suoi confronti. A gennaio del 2012 Arcibaldo Miller è diventato sostituto Pg presso la Corte d’appello di Roma. Ruolo che rivestirà anche il prossimo ottobre, quando dovrà accusare chi con Verdini aveva in comune qualche interesse economico. Denis Verdini e Arcibaldo Miller LaPresse/Ansa SOTTO TORCHIO Bossetti ripete: ‘Mai vista Yara’ ma non fa nomi IL MURATORE DÀ LA SUA VERSIONE SULLE TRACCE DI DNA VICINO AL CORPO di Davide Milosa inviato a Bergamo iente secondo uomo, niente complici. MasN simo Giuseppe Bossetti ribadisce la sua innocenza senza aggiungere ricostruzioni chiare del come il suo Dna sia finito sugli slip di Yara Gambirasio. Sul punto Bossetti ha fatto cenno al furto di materiale edile e al suo problema di perdita di sangue dal naso. Nulla più. Dopodiché ha detto: “Io non so dare una risposta”. Rilanciando così e per la seconda volta, dopo l’interrogatorio davanti al gip del 19 giugno, la palla nel campo dell’accusa. Questo il senso, tutto interlocutorio, dell’interrogatorio reso dal muratore di Mapello davanti al pubblico ministero Letizia Ruggeri che lo accusa di essere l’assassino della 13enne di Brembate, scomparsa e morta il 26 novembre 2010. G. M. Bossetti Ansa IL VERBALE si è aperto alle 11 e si è chiuso 3 ore dopo. A far da contorno alcune indiscrezioni che attribuivano a Bossetti la volontà di svelare il nome di un secondo uomo. Circostanza smentita sia dagli avvocati che dalla Procura di Bergamo. Il resto è la cronaca di un interrogatorio chiesto direttamente dall’indagato che ha così potuto spiegare diversi punti. Bossetti è apparso tranquillo, sicuro di sé e soprattutto collaborativo colmando, in alcuni casi, i non detto lasciati in sospeso dalle domande del pm. “Non ho mai conosciuto né visto Yara”, ha iniziato il 43enne muratore di Mapello. Il nocciolo del verbale, durante il quale Bossetti avrebbe abbozzato una sua versione sul tema Dna, resta top secret. L’obiettivo della difesa, fatta salva la prova del Dna, è quello di smontare il castello indiziario che sta costruendo la Procura. In tal senso appare illuminante il fatto, confermato dai legali, che Bossetti, quel 26 novembre 2010, non spense il cellulare per poi riaccenderlo solo il mattino dopo. 16 LA TERRA DEI CACHI MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 Iel faSeveso esonda litigare Pisapia e Regione L’ESONDAZIONE del Seveso, che ieri mattina ha completamente paralizzato la zona Nord di Milano, è diventata motivo di polemica tra Palazzo Marino e la Regione Lombardia, dopo che il Comune ha fatto sapere che “non era stato emanato alcun avviso di criticità” da parte del Centro Funzionale Monitoraggio Rischi della Regione Lombardia. “Il Comune farà tutto quello che è necessario per risarcire i cittadini dai danni provocati – ha detto il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, intervenendo nel pomeriggio in Consiglio comunale – Abbiamo fatto tutto il possibile, chiedo scusa ai il Fatto Quotidiano cittadini ma se fossimo stati avvisati in tempo avremmo potuto evitare questa situazione”. Il Comune è comunque intervenuto “rapidamente” aprendo le chiuse a Palazzolo ma, non essendoci stato un avviso di criticità, “non c'è stato il tempo” di aprire i tombini prima dell’esondazione. L’ITALIA DEGLI APPALTI TRUCCATI SVELATA DAGLI ARCHITETTI 007 LA FONDAZIONE INARCASSA PUBBLICA SUL SUO SITO L’ELENCO DEI BANDI ILLEGALI di Giampiero Calapà B andi pubblici illegali. L’Italia dei cantieri eterni è disseminata di gare d’appalto quanto meno stravaganti che pretendono di salvare scuole e ospedali spendendo solo un euro o anche niente. Qualcuno, però, ha deciso di denunciare questi casi: non si tratta di 007 o inviati ministeriali, ma di un gruppo di architetti e ingegneri della Fondazione Inarcassa (fondazionearching.it), decisi a difendere la professione “e non solo – spiega il presidente Andrea Tomasi – perché quei bandi sono un danno per la pubblica amministrazione stessa”. Fantasia sicula Scuole e beni storico-artistici Partiamo dal Sud e dal primo caso definito “vergogna” dalla Fondazione architetti e ingegneri. Si tratta di 53 incarichi professionali per manutenzione straordinaria di scuole elementari di Bagheria: sostituzione di controsoffitti, ristrutturazione edilizia e lavori agli impianti elettrici. “Opere per un compenso professionale di almeno 12 mila euro”, afferma Tomasi. Nel bando, datato settembre 2013, invece, facendo ricorso a fondi europei per l’attività di contrasto dell’abbandono scolastico – certo se una scuola crolla tendenzialmente viene abbandonata – viene prospettato il compenso di un solo euro per il lavoro. Il termine per la presentazione delle candidature fissato in appena 48 ore. Alla fine Bagheria, dopo il ricorso al Tar degli architetti 007, ritira il bando. Ma l’estro e la fantasia siciliana trovano perfetta sintesi in un altro bando, di novembre, dei Comuni del comprensorio Madonita per la direzione lavori di beni storico-artistici vincolati. Un bando pubblico destinato, in quel caso, udite udite, esclusivamente a dipendenti pubblici. Noti criteri di concorrenza regolati dalla legge non lo consentono, ma che importa se nessuno se ne accorge. In questo caso se ne accorge la Fondazione architetti e ingegneri e il bando è annullato dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (ora soppressa dal governo, ma questa è un’altra storia). Serietà nordica Assistenza per anziani Al Nord comunque non sono da meno. Per dei lavori di ampliamento di una casa di riposo, Villa Terzaghi Vittadini, a Casalpusterlengo un bando, quattro mesi fa, pone a base d’asta per la progettazione esecutiva 8 mila euro. Dopo la segnalazione della Fondazione, “cifra ridicola”, il Rup (responsabile uni- co del procedimento) ammette l’errore e cambia la base d’asta con una valutazione di spesa più consona: 70 mila euro, una bella differenza. Perfezione lombarda Ospedali e poliambulatori L’azienda sanitaria di Cremona e Brescia bandisce ad aprile una gara per la certificazione di impianti elettrici in due ospedali e 12 poliambulatori a Cremona e di un ospedale e 15 poliambulatori a Desenzano. Nel bando la base d’asta non è stabilita, forse una dimenticanza? No, perché è richiesto di fare un’offerta a chi fosse interessato. E di offerte ne arrivano una novantina. Per Cremona la più bassa è di 950 euro e la più alta di 110 mila euro. Qualcosa non quadra. Per Desenzano la più bassa è di 1340 euro e la più alta di 320 mila euro. La forbice è enorme, quanto costano davvero questi lavori? “Ha idea di cosa significhi sistemare gli impianti elettrici di un solo ospedale?”, risponde Tomasi della Fondazione architetti. Ovviamente i lavori vengono assegnati a chi ha fatto l’offerta più bassa, un geometra di Milano. La Fondazione procede con una diffida, ma gli incarichi vengono assegnati lo stesso: “Offerta congrua”. Non resta, agli architetti 007, che ricorrere alle vie legali. Estro irpino Discariche e altre scuole Ritorniamo a Sud, perché non potevano certo mancare i campani in questa carrellata di fantasia applicata ai bandi. Il Comune di Altavilla Irpina, ad esempio, ha bisogno di un progetto preliminare esecutivo per la ristrutturazione di una scuola. Quanto sarebbe pagato l’incarico? Il progettista potrà finanche godere, pensate un po’, della pubblicità al suo studio professionale in formato 21 per 31 sull’albo pretorio del Comu- PORTFOLIO La rinascita di Franca Ansa ne di Altavilla. Lire zero, euro idem, a meno di ricevere fondi europei, ma non è certo. E i soldi per l’edilizia scolastica promessi dal premier Matteo Renzi? Magari verranno presi in considerazione, dal momento che il bando si è auto-estinto per mancanza di partecipanti. Invece, la Provincia di Avellino deve bonificare e mettere in sicurezza idrogeologica una discarica e dintorni. I soldi, 100 mila euro, ci sarebbero anche nel bando di un mese fa. Ma il a cura di fd’e foto di Umberto Pizzi UN LIBRO UNICO Franca Chiaromonte, già parlamentare di sinistra, ha scritto un bellissimo libro sulla malattia che la colpì nel 2004, bloccandole il linguaggio e la scrittura. Alla presentazione a Roma anche l’ex dalemiano Velardi progetto deve essere presentato in 21 giorni (perché la Fondazione protesta, in un primo momento ne bastavano 10). Ma per Tomasi non bastano ancora: “Ci prendono in giro? Ventuno giorni per il progetto di bonifica sono pochi. Il sospetto che il progetto ci sia già, che sappiano a chi assegnare i lavori, è forte. E allora facessero la chiamata diretta per emergenza, invece di prenderci in giro con gare finte”. Twitter @viabrancaleone SORRISI Chiaromonte abbraccia Veltroni. L’opera è stata scritta con Antonia Tomassini, che ha aiutato la parlamentare nella sua riabilitazione W IL PCI Anche Aldo Tortorella, antico esponente del Pci, alla presentazione. Franca è figlia di Gerardo, storico migliorista insieme con Giorgio Napolitano MALGRADO GIOVANNA Veltroni è stato l’ospite d’onore, malgrado Giovanna Melandri padrona di casa al Maxxi. Il libro si chiama “Il Parlamento non è un pranzo di gala” (Rubbettino) ALLA RIBALTA Teatro Valle, in scena l’autogol di Marino di Lorenzo Galeazzi “dell’esperienza di gestione informale” degli occupanti e di quanto di buono “ha prodotto in terome è triste la prudenza” recita lo striscione mini di innovazione teatrale, culturale, gestionaappeso nella sala settecentesca occupata tre le e sociale”. Nello studio, che il Fatto ha letto in anni fa da un collettivo di artisti e lavoratori dello esclusiva, c’è scritto: “È importante consentire ai spettacolo. Ed è quello che deve aver pensato valori e all’esperienza che Tvbc (Teatro Valle BeIgnazio Marino quando, dopo mesi di silenzio, ha ne comune, il soggetto giuridico elaborato dagli annunciato che il tempo è scaduto: “Il teatro Valle occupanti, ndr) ha prodotto, di essere parte del deve tornare libero”. Nessuna codice genetico della futura soluzione gestionale”. forma di mediazione e, una volSarà anche a causa delle dimista sloggiati gli attivisti, semafoA CARTE COPERTE sioni di chi aveva commissionaro verde a una gara per assegnato il rapporto, l’ex assessore alla re il prestigioso palco nel centro Il sindaco di Roma Cultura Flavia Barca (che se n’è della Capitale. andata a fine maggio senza esEppure da metà giugno negli ufnasconde il dossier della sere stata ancora sostituita), ma fici del Comune di Roma c’è un sua giunta che prevede corposo dossier, commissionaper il momento Marino ha deciso di tenere il rapporto in un to dall’amministrazione a un la partecipazione cassetto. Così, venerdì scorso, gruppo di esperti, che suggerisce delle soluzioni molto diverannunciando l’indizione di una degli occupanti se: qualsiasi ipotesi sulla futura gara pubblica d’intesa col minialla gestione futura stero delle Attività culturali, il governance deve tener conto C primo cittadino ha intimato agli occupanti di “rendere al più presto disponibile la struttura per favorire il processo di rilancio del prezioso spazio culturale”. Parole che non sono piaciute al gruppo che autogestisce la sala: “Marino si assuma la responsabilità politica di sgomberarci con la forza pubblica”. IL DOSSIER è stato commissionato lo scorso mar- zo dall’ex titolare della Cultura dopo l’impasse istituzionale generata dal rifiuto del Prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, di riconoscere la Fondazione Teatro Valle Bene comune come soggetto giuridico accreditato alla gestione della struttura. Assieme alla Barca, cinque esperti, Franca Faccioli (docente di Comunicazione pubblica), Mimma Gallina (consulente e organizzatrice teatrale), Christian Iaione (professore di Diritto pubblico), Alessandro Leon (presidente del Centro ricerche Problemi del Lavoro), Marxiano Melotti (docente di Sociologia della cultura) hanno fatto una serie di incontri con le principali istituzioni culturali della città fra cui Teatro di Roma, Filarmonica romana, Agis oltre che gli occupanti. Il risultato sono 97 pagine in cui si delineano soluzioni gestionali per il futuro dello spazio prevedendo un coinvolgimento degli attuali occupanti alla luce dei loro risultati. Quali? Per i “saggi”, il merito principale è di avere portato nuova gente a teatro, bilanciando così “l’illegalità determinata dall’occupazione” e “l’evasione dei diritti d’autore Siae”. Le ipotesi di gestione delineate sono tre: affidamento del palcoscenico al Teatro di Roma con “successivo finanziamento di progetti di valorizzazione triennali a soggetti nonprofit”; affidamento della sala a un “singolo ente nonprofit per un congruo numero di anni, a seguito di un bando di evidenza pubblica”; concessione della struttura a un “consorzio che includa le principali organizzazioni teatrali non riconosciute della città”. Peccato che Marino voglia un bando di gara puro e semplice, neanche rivolto a realtà del terzo settore, che, secondo fonti qualificate del Comune, ha tutte le sembianze di una privatizzazione. ALTRI MONDI il Fatto Quotidiano Pianeta terra MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 17 EBOLA I MORTI SONO OLTRE 500 Cinquanta nuovi casi di Ebola sono stati registrati dal 3 luglio in Sierra Leone e Liberia. Finora ci sono stati 844 casi di contagio nell’epidemia e 518 persone sono morte. Ebola provoca emorragie interne e al momento non esiste una cura contro la malattia. Ansa SOMALIA ASSALTO DEGLI SHABAAB AL PARLAMENTO Il Palazzo presidenziale a Mogadiscio è stato attaccato dagli Shabaab: un’autobomba sarebbe esplosa all’ingresso permettendo ai miliziani di entrare ingaggiando scontri a fuoco; il presidente Hassan Sheikh Mohamud era asserragliato nella sua residenza. Ansa OBAMA 4 miliardi di $ per l’immigrazione uattro miliardi di dollari. Questa la cifra chiesta Q da Obama al Congresso per far fronte all’emergenza immigrazione, soprattutto quella legata ai bambini che arrivano sul territorio americano senza genitori. Alla cura di questi ultimi andrebbe indirizzata almeno metà della somma, mentre l’altra metà servirebbe a potenziare l’attività di controllo lungo la frontiera grazie all’utilizzo di più poliziotti, giudici esperti in immigrazione, reparti di sorveglianza aerea e nuove strutture per la detenzione dei clandestini. Da un lato, dunque, un approccio più “aggressivo” per affrontare la crisi, dall’altro, la necessaria attenzione ai tanti minori. L’annuncio della Casa Bianca è arrivato prima della partenza del presidente per il Texas dove incontrerà, in forma privata il governatore Rick Perry, che aveva rifiutato di accoglierlo all’arrivo dell’Air Force One per una foto con stretta di mano. Angela Vitaliano AZIONE E REAZIONE L’esplosione di una bomba lanciata nella zona sud della Striscia e una batteria anti-missile Iron Dome. Ansa/LaPresse GUERRA DI RAZZI E SANGUE GLI ISRAELIANI RISPONDONO AI MISSILI CHE PIOVONO SU GERUSALEMME E TEL AVIV: ALMENO 16 MORTI SEGNANO L’INIZIO DELL’OFFENSIVA DELL’ESERCITO Farage e Grillo Ansa di Roberta Zunini I bagnanti che affollano le spiagge di Tel Aviv hanno dovuto lasciare di corsa i loro asciugamani e cercare i rifugi più vicini. Che, nella capitale commerciale e della movida israeliana, sono pochi. Nessuno, nemmeno gli strateghi delle forze di sicurezza, fino a un anno e mezzo fa, avevano creduto all’ipotesi che Hamas potesse essere in grado di lanciare anche un solo razzo sulla città più internazionale e turistica di Israele. Poi, il 14 novembre del 2012, durante l’operazione “Pillar of Defence”, i responsabili militari del movimento che governa la Striscia, decisero di innalzare il livello di scontro e lanciarono per la prima volta razzi Fajr-5 di provenienza iraniana sulle due “capitali”: Tel Aviv e Gerusalemme. MISSILI che vennero intercettati dal sistema Iron Dome. Oggi la storia si ripete: le sirene hanno suonato ancora a Tel Aviv e nell'area di Gerusalemme e il sistema antimissilistico ha fatto il suo dovere. Una storia di sangue e ritorsioni che si sta ripetendo con cadenza sempre più ravvicinata, anche per quanto riguarda la risposta israeliana che, per volere del premier Netanyahu, inizialmente sarebbe dovuta essere più sobria che in passato. Hamas però è entrata da circa un anno, a causa dell'indebolimento del suo sponsor principale, cioè il regime siriano, e dell'impegno sul fronte iracheno dell'altro mentore, l’Iran, nella fase del “non abbiamo più nulla da perdere”. Né politicamente, né economicamente, a causa dell'assedio navale, terrestre e marino da parte di Israele e di quello egiziano sulla frontiera meridionale della Striscia al confine con il Sinai dove, grazie ai tunnel scavati sotto il valico di Rafah, è sempre passato di tutto: dal cibo alle armi. Ma ora che l'uomo forte del Cairo, il generale Al Sisi, ha dichiarato guerra alla fratellanza musulmana, di cui Hamas è una costola, la situazione è diventata sempre più critica per i radicali islamici, in termini di consenso interno. L’operazione lanciata da Israele si chiama “Edge of defence”, limite di sicurezza, ma il risultato è sempre lo stesso: morti e feriti SIRENE SPIEGATE Per la prima volta l’allarme è risuonato anche nella città sacra alle 3 religioni monoteiste. Si prepara l’invasione di terra anche tra i civili. Finora i morti sarebbero 17, la maggior parte militanti di Hamas. Mentre si attende che Netanyahu annunci l'ingresso dell'esercito nella Striscia, dal cielo per tutta la giornata sono piovute bombe: “Non hanno smesso mai di bombardare ogni angolo della Striscia”, ha detto al Fatto il corrispondente palestinese del Guardian a Gaza, Hazem Balousha. Sarkozy, l’Ump e il riflesso berlusconiano anti-giudici di Laetitia Méchaly uello che non voglio è la berlusconisation del Q nostro paese, che i valori principali della Repubblica, della giustizia e dello stato di diritto sian messi in discussione. Così il premier francese Manuel Valls ha commentato gli affari giudiziari che ruotano attorno all’ex-presidente Nicolas Sarkozy. Paragone indovinato dato che la campagna di vittimizzazione del leader dell’Ump, cominciata da qualche giorno, è piena di temi non originali e molto simili a quelli dell’ex premier italiano: politicizzazione della magistratura, accanimento contro la sua persona, violazione della privacy con ascolto delle sue conversazioni più intime, “i giudici sono dei petits pois (riferimento alla grandezza del loro cervello, ndr), faccio tutto per il popolo perché amo il mio paese, ecc... (non parla della famiglia e dei figli perché in Francia questi argomenti non fanno presa, ndr)”. Ma Sarkozy non possiede l’impero mediatico Sarkozy e Berlusconi Ansa che invece il suo alter ego Berlusconi ha. È ovvio quindi per lui utilizzare ogni mezzo per coinvolgere il popolo francese, facendolo sentire vittima come lui, o un malato da curare, come quando i suoi sostenitori avevano lanciato una campagna di raccolta fondi per salvare il partito in rovina, chiamandola infelicemente “Sarkothon” con riferimento a “Telethon”, associazione che ogni anno raccoglie fondi per la ricerca scientifica (avevano ottenuto 11 milioni di euro in 8 settimane). O in occasione di una festa di partito organizzata per chiedere il suo ritorno in politica, dove gli invitati gridavano il suo nome e “La Francia ha bisogno di un vero uomo di stato. Sarkozy è l’unico che ci può salvare, perché è un uomo che non rinuncia mai”. CHE SARKOZY sia una versione in scala ridotta di Silvio Berlusconi è evidente, ma l’ex presidente non potrà, almeno per ora, cambiare le mentalità, per farlo dovrà avere una potenza mediatica che non sarà mai compatibile con l’attività politica. E se mai l’avrà, forse non basterà nemmeno, in un paese coma la Francia, dove il caporedattore del giornale satirico Le Canard Enchaîné, che ha portato alla luce parte degli scandali dell’ex presidente, afferma che “è difficile sostenere l’esistenza d’una cospirazione quando hai accumulato tanti processi”, ‘trucco’ che Berlusconi ha utilizzato tante volte per confermare la sua innocenza. Tanto più che i problemi della Francia non ruotano intorno a quelli di Sarkozy;, bensì di Marine Le Pen, leader del Front National, che utilizza i guai del rivale per attirare voti dei delusi del centrodestra. Ragione in più per Sarkozy di mettersi da parte se, come dice, ama veramente la Francia. Ma lo farà? TRUCCHI CONTINENTALI La rabbia dei 5Stelle rimasti a mani vuote all’Europarlamento ESCLUSI DA TUTTE LE COMMISSIONI, PROMETTONO BATTAGLIA, MA “DEMOCRATICA” di Andrea Valdambrini ono durissime le reazioni degli eurodeputati 5 Stelle il giorno S dopo l’esclusione da tutte le cariche istituzionali al Parlamento europeo. Niente presidenza della commissione Petizioni per Eleonora Evi, niente vice-presidenza per Dario Tamburrano all’Industria, Giulia Moi all’Agricoltura, Marco Affronte alla Pesca. Altro che cordone sanitario contro gli euroscettici di Farage, protesta il capodelegazione a Strasburgo Ignazio Corrao. Popolari, Socialisti e Liberali “sembrano aver scambiato la democrazia con l’oligarchia”, dice, e “andrebbero rispediti alla scuola elementare a studiare il significato delle parole”. “In questo modello di Europa non è consentita la legittima critica, e le minoranze vengono escluse dalle cariche istituzionali”, ha sottolineato il 5 Stelle eletto a Roma Dario Tamburrano intervenendo di fronte ai colleghi eurodeputati durante la riunione di commissione a Bruxelles. “Stiamo parlando del Movimento 5 Stelle, che è pur sempre il secondo soggetto politico italiano”. Anche la milanese Eleonora Evi, vittima illustre dell’alleanza tra i maggiori partiti, ha denunciato dopo la bocciatura della sua candidatura la violazione della prassi che ha sempre garantito quote alla minoranza. “La nostra esclusione tradisce una certa confusione da parte dei colleghi”, ci spiega Evi a fine giornata. La sua candidatura è stata in realtà sostenuta dai voti Verdi e Ecr - gruppo che fa capo ai Tories inglesi - in commissione Petizioni. “Poi, una volta bocciata, quando il collega Tim Aker (Ukip, partito alleato con i 5 Stelle nel gruppo Efdd) ha fatto il mio nome per le vice-presidenza, i voti sul mio nome sono perfino aumentati”. Un segno che non tutti hanno approvato la prova di forza della maggioranza. E che questa mossa inconsueta potrebbe rivelarsi un boomerang. Cosa si fa adesso? Cambierà l’atteggiamento dei grillini a Strasburgo? “Stiamo discutendo, non abbiamo ancora deciso”, dicono gli europarlamentari. “Abbiamo preso atto di un modo di fare totalmente antidemocratico. Quindi starà a noi rispondere proprio con la democrazia”, taglia corto Ignazio Corrao. Intanto l’alleato Nigel Farage ha detto che vorrebbe aumentare lo stipendio dei parlamentari inglesi (aumentandolo del 30% dalle attuali 67mila sterline, circa 80mila euro), ma solo se la Gran Bretagna uscirà dall’Unione: “Se avessimo un Parlamento sovrano che davvero governasse il paese non avrei problemi a pagare di più i parlamentari. Ma poiché il 75 % delle nostre leggi vengono fatte a Bruxelles, per ora niente aumento”. 18 MERCOLEDÌ9LUGLIO 2014 I MONDIALI DEL FATTO SPORT.SPETTACOLI.IDEE SAN PAOLO, STASERA SFIDA OLANDA-ARGENTINA MESSI CONTRO VAN GAAL PER UN POSTO IN FINALE IL CLAMOROSO TRACOLLO DEI PADRONI DI CASA FA SCATENARE TWITTER IN TUTTO IL MONDO Gli orange e i biancocelesti si contendono l’altro posto per la finalissima (ore 22, Sky e Rai): l’Argentina non vince il trofeo dal 1986, l’Olanda è arrivata seconda ben tre volte L’ironia sul web: “Ok, ora mischiamo le squadre”,“Blatter sul 7 a 1: chi segna questo vince”,“Il Maracanazo adesso è come la favola della buonanotte”,“Germania: soluzione semifinale” A pezzi il dio del Brasile La Germania lo demolisce INCREDIBILE UMILIAZIONE. I TEDESCHI ANNIENTANO LA SELEÇÃO DAVANTI AL SUO PUBBLICO CON UN PUNTEGGIO MAI VISTO FINISCE 7 A 1, CON CINQUE RETI TRA L’UNDICESIMO E LA MEZZ’ORA DEL PRIMO TEMPO. MOLTO PEGGIO DEL “MARACANAZO” A di Roberto Beccantini ltro che Maracanzo. È stato peggio, infinitamente peggio. Un bombardamento a tappeto, ecco cos’è stato. La gente ha abbandonato le macerie del Brasile dopo mezz’ora. C’era solo la Germania, in campo. E il risultato era questo: Brasile zero Germania cinque. E alla fine, per la cronaca e per la storia – soprattutto per la storia – Brasile uno Germania sette. Robe dell’altro mondo. La squadra di Scolari è esplosa addosso ai propri limiti, alle proprie tensioni, alle proprie lacrime. Mai vista una resa del genere. Assoluta, mortificante. D’accordo, Thiago Silva era squalificato e mancava Neymar, rotto da Zuniga. Il perno della difesa e la scintilla d’attacco. Dante e Bernard, i sostituti, sono stati spazzati via: letteralmente. Fanno sorridere, alla luce dello scarto, i sospetti e le malizie che avevano accompagnato la designazione dell’arbitro, quel Rodriguez Moreno che aveva cacciato Marchisio in Italia-Uruguay. Che Germania, ragazzi. Ha lasciato agli avversari cinque minuti di briciole e poi se li è mangiati. Così: 11’, angolo di Kroos, blocco di Klose su David Luiz, Thomas Muller, libero, non perdona, 0-1; 23’, azione “alla mano”, Klose tira su Julio Cesar, cattura, il rimbalzo e infila, 0-2; 25’, Lahm scende sulla sinistra, Muller svirgola il controllo, Kroos, liberissimo, non può esimersi, 0-3; 26’, ancora Brasile allo sbando, ancora Kroos nel burro, 0-4; 29’, Ozil scarica su Khedira, l’area è spalancata, la mira diventa una formalità, 0-5. Non è facile spiegare, razionalmente, la mattanza di Belo Horizonte. Si pensava che le assenze avrebbero spinto la seleçao a dare il massimo. Di solito, l’abbraccio Nazione-Nazionale funziona. Di solito. Non questa volta. I tedeschi sono all’ottava finale: ne hanno vinte tre e perse quattro. Ai Mondiali del 2006, Loew era il vice di Klinsmann. Ha portato avanti l’evoluzione tattica, mentre la Federazione ricostruiva vivai e accademie. Largo ai giovani. Se il Brasile si è europeizzato fin troppo, la Germania ha scelto la strada del palleggio già prima che Guardiola sbarIL NUOVO KAISER casse al Bayern. Non ha fuoriclasse, A 36 anni, con 16 gol ma ottimi elementi: come Muller, punta Miroslav Klose mobile e multi-uso, stacca anche Ronaldo: come Kross, marcato stretto dal Real. A è il miglior marcatore 36 anni, e con 16 gol, Klose ha staccain assoluto nella storia to Ronaldo (15): è della Coppa del Mondo tutto suo, e solo suo, il trono dei cannonieri mondiali. La ripresa conta solo per i topi d’archivio. Ramires e Paulinho avvicendano Hulk e Fernandinho. Loew, da parte sua, richiama Hummels e sguinzaglia Mertesacker. Sono proprio i nuovi, Ramires e Paulinho, a stuzzicare i riflessi felini di Neuer. AL NETTO dell’enfasi, non ricordo un disastro così mortificante, così totale. Del resto, per issarsi in cima al mondo il Brasile ha avuto bisogno di Pelé e Garrincha (1958, 1962), di Pelé, Rivelino e Tostao (1970), di Ronaldo, Ronaldinho e Rivaldo (2002), e di una manciata di rigori (1994, con l’Italia). Nel suo corpo hanno sempre convissuto e combattuto due anime: l’allegria del superfluo, l’allergia al concreto. Scolari è stato colui che, come e più di Carlos Alberto Parreira negli Stati Uniti, ha cercato di «militarizzarne» l’approccio, la filosofia, venendone stritolato. Brasile kaputt, dunque. Era già successo, ma non in maniera così feroce, così atroce. I poveri di spirito la chiameranno fatalità, sordi alla saggezza dei vecchi: «Puoi anche alzarti molto presto, ma il tuo destino s'è alzato un'ora prima». Non sarà semplice sopravvivere alla baraonda emotiva di un simile macello. Dopo il “Maracanazo” del 16 luglio 1950, quando l’Uruguay di Schiaffino e Ghiggia ne punì l’arroganza tattica, visto che un pareggio avrebbe garantito comunque la coppa, il Brasile pianse se stesso e, come bersaglio contro cui sfogarsi, scelse il portiere: Moacir Barbosa. Quel Brasile peccò di superbia. Questo, viceversa, ha pagato la modestia delle idee e del gruppo. La traversa di Pinilla, agli sgoccioli dell’ottavo con il Cile, fu un segnale che le parate di Julio Cesar e l’esuberanza di David Luiz hanno poi nascosto all’euforia di massa, e pure al nostro pronostico. Penso a Fred, e mi viene in mente il Serginho del 1982, ma è stato tutto il palazzo a crollare: non solo un inquilino, non solo un reparto. Tutto. Tutti. La Germania aveva patito l’Algeria fino ai supplementari, e con la Francia si era imposta di testa, un classico, e di misura. La doppietta di Schurrle, sostituito di Klose, e il golletto di Oscar appartengono ai risultati che resteranno tatuati, nei secoli, sulla pelle dei protagonisti, e non solo. DISFATTE Brasile kaputt. Era già L successo, e in maniera Dal disastro del 1950 alle beffe dell’82 e del ’90 ancora più feroce, più atro- ce. Come l’Uruguay a Rio, la Germania di Belo Horizonte ha strangolato il sogno della Nazionale-Nazione. I poveri di spirito la chiamano fatalità, sordi alla saggezza dei vecchi: «Puoi anche alzarti molto presto, ma il tuo destino s'è alzato un'ora prima». NON SARÀ facile sopravvi- vere alla baraonda emotiva. Dopo il «Maracanazo» del 16 luglio 1950, quando Schiaffino e Ghiggia ne punirono l’arroganza tattica, visto che un pareggio avrebbe garantito comunque la coppa, il Breve storia delle cadute dei “verdeoro” Brasile pianse se stesso e, come bersaglio contro cui sfogarsi, scelse il portiere: Moacir Barbosa. Quel Brasile peccò di superbia. Questo, se mai, di modestia. La traversa di Pinilla, agli sgoccioli dell’ottavo con il Cile, fu un segnale che le parate di Julio Cesar e l’esuberanza di David Luiz hanno poi nascosto all’euforia di massa. Neymar non c’era, rotto da Zuniga. Thiago Silva era squalificato. L’idea blasfema che la Fifa potesse cancellare la sentenza, altro non è stata che un’arma di distrazione. Funzionò a Santiago, nel 1962, dopo la semifinale con il Cile. Garrincha, espulso, venne miracolosamente e scandalosamente riqualificato per la finale con la Cecoslovacchia. C’era Amarildo al posto di Pelè, infortunato, il Brasile vinse 3-1. Con “Mané” migliore in campo. Ecco: per issarsi in cima al mondo il Brasile ha avuto bisogno di Pelé e Garrincha (1958, 1962), di Pelé, Rivelino e Tostao (1970), di Ronaldo, Ronaldinho e Rivaldo (2002), e di una manciata di rigori (1994, con l’Italia). NEL SUO CORPO hanno sempre convissuto e combattuto due anime: l’allegria del superfluo, l’allergia al concreto. Fiutato il pericolo, Scolari è stato colui che, come e più di Carlos Alberto Parreira negli Stati Uniti, ha cercato di «militarizzarne» l’approccio, la filosofia. Il sacco uruguagio incarna e riassume la romanzesca tendenza del Brasile al suicidio. Nel 1982, al Sarrià, sarebbe bastato un pareggio per eliminare l’Italia di Bearzot. Nel 1990, a Torino, la Nazionale di Lazaroni dominò l’Argentina per 90 minuti meno un episodio: il gol di Caniggia su assist di Maradona. Assist di destro, addirittura. Nel 1996, all’Olimpiade di Atlanta, non fu sufficiente portarsi sul 3-1 per guadagnare la finale: quando mancavano dodici minuti, e sembrava fatta, la Nigeria di Kanu s’inventò una rimonta impossibile fino al 4-3. BRASILE-GERMANIA fu la «bella» di Yokohama. Il ct era Scolari, proprio lui. I tedeschi dovettero rinunciare al loro leader, Ballack, squalificato: corsi e ricorsi. Risolse una doppietta di Ronaldo. Pianti e rimpianti. Bisognerebbe essere Kipling per uscirne in bellezza, “Se saprai confrontarti con Trionfo e Rovina e trattare allo stesso modo questi due impostori”, ma temo che, in questo momento, i brasiliani stiano pensando a tutt’altro. R. Bec il Fatto Quotidiano MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 19 COPPA CABANA DAY AFTER L’incanto svanisce torna la rabbia di Stefano Citati pastavano la sabbia davanti ai megaschermi sulla spiaggia simbolo di Copacabana. Bandiere dopo soli 45 minuti sgorgarono la- venivano bruciate a San Paolo insieme a cascrime da 400 milioni di occhi, da sonetti e tafferugli con le forze dell’ordine (così quelli di Neymar sugli spalti a quelli come a Recife), ironie feroci correvano sul web, dei compagni di squadra negli spo- attraverso gli stessi strumenti che l'anno scorso gliatoi, a quelli di tutto un popolo. E tanto si- durante la Confederations cup, prova generale lenzio, attonito, di un’intera nazione. È il Mi- del Mondiale, aveva chiamato all'adunata mineirãzo 64 anni dopo l'Uruguay al Maracanà. È la lioni di giovani che protestavano contro i rincari sera della debacle verdeoro nello stadio Minei- dei mezzi pubblici e i pochi sussidi dati ai meno rão di Belo Horizonte, che non è stato affatto abbienti, e contro lo spreco di miliardi di reais bello e si è trasformato in un muro invalicabile buttati nei faraonici impianti per il campionato che ha cancellato il futuro e la finale attesa da del Mondo e le Olimpiadi del 2016. E poi lo tutti i brasiliani. Si è consumato ieri un evento sgombero di intere favelas, per togliere alla vista meno tragico, ma ancor più dei turisti le miserie disordinaumiliante sul campo dello te delle metropoli come Rio, e shock nazionale della sconfitta ancor più per favorire specuRISVEGLIO AMARO lazioni edilizie a nove zeri. inattesa del 1950. Fu chiamato il giorno dei suicidi, delle morti Come già un anno IL BRASILE RISCHIA OGGI di per infarto, per l'incredibile risvegliarsi più povero di sogni, che era accaduto. fa il tifo lascia orgoglio e di soldi e di vedere Oggi invece potrebbe essere il il posto alla protesta tutto insieme l'altra faccia della giorno del ritorno della rabbia, medaglia che non sarà d’oro, il dell’esplosione del vaso di Panper il caro-vita bicchiere improvvisamente dora delle proteste, delle frumezzo vuoto e pieno di lacrime strazioni, delle magagne che e gli sprechi miliardari anche di rabbia. Tanto più a veera stato tappato dall'avvio vitdi Mondiali e Olimpiadi der giocare stasera i cugini artorioso della nazionale e dalla gentini che potrebbero battere cavalcata seppur non trionfale l'altra europea, l'Olanda, e ardi Neymar e compagni e che rivare alla finale alla quale sono non doveva aver fine. ormai esclusi gli ospiti di casa. Cancellate per oltre tre setti“Il Brasile prende la batosta mane le manifestazioni di piazpeggiore della sua storia”, titola za che avevano avuto la loro ulla Folha di San Paolo, uno dei tima fiammata nel giorno principali quotidiani dell'Ameinaugurale. Poi più niente. Sorica latina. Ma è uno dei titoli lo cori allo stadio, folle che più morbidi. “Vessazione”, la sciamano per le città ‘mondiadefinisce Estadao. “Vergogna”, li’, tutte le energie concentrate è invece il titolo del Globo, altro nel seguire e tifare i colori della quotidiano tra i più importanti maglia. Un miracolo ipnotico dell'intero Continente. che potrebbe essersi infranto Anche se ieri sera non tutto era ieri sera, prima con l'ammutodolore, e l’incredulità limento generale e dopo, al ridell’uno-due-tre-quattro-cinsveglio, con il constatare che Una tifosa a San Paolo LaPresse que del 1° tempo si era trasforsenza il tricolore magnetico mata in ironia, in un tifo al converde-oro-blu la realtà è tornata quella affatto bella di prima, di tutti i giorni trario per i tedeschi, uno sfogo d’allegria nervosa nelle piazze del quartiere di Lapa, quello della prima. La partita non era ancora finita che già i siti dei samba, dei localini, ma anche quello dove più giornali titolavano sulla disfatta: “La vergogna”. intense e continue erano state le proteste contro La vergogna di 200 milioni di persone che in il governo, dove la presidentessa ex guerrigliera pochi minuti hanno visto sfumare il sogno di Dilma Rousseff era stata deposta dal piedistallo una finale e tornano a casa con la più grande della popolarità con raffiche di slogan e salve di sconfitta della loro storia. Sulle facce dei tifosi critiche per la gestione di un gigante economico sono disegnate le lacrime là dove si è fermata la dove le sperequazioni sociali restano evidenti. E leggenda del loro calcio. Ma già ieri sera non era da oggi il tifo si potrebbe trasformare ancora una solo tristezza e dolore, con le lacrime che im- volta in protesta. E SOMMERSI La disperazione dei giocatori brasiliani dopo uno dei gol della disfatta. In alto, la gioia di Toni Kroos e Miroslav Klose autori di tre delle sette reti che hanno sommerso il Brasile. L’attaccante della Lazio, al sedicesimo centro, è il miglior marcatore della storia dei Mondiali Ansa/LaPresse di Oliviero Beha Il Re denudato dai panzer IN POCHI minuti vengono fuori tutti i meriti della Germania e tutti i demeriti del Brasile, e si incontrano in una famosa favola di Andersen, “I vestiti nuovi dell’Imperatore”, quella del bambino che vede il re come è davvero, cioè nudo. Difesa sconclusionata, centrocampo misero, attacco inesistente con il povero fischiatissimo Fred sfigato manovale nel ruolo che fu dei grandi nellaleggenda. Di contro la Germania com’era attesa, almeno da coloro che si intendono un minimo di scienza rotonda, pronta a occupare tecnicamente,tatticamente e atleticamente ogni zona del campo. Di qui un “massacro” immediato, questo sì al di là delle previsioni.E adesso vai con il lutto nazionale, perché perdere a Belo Horizonte una semifinale per 7-1 non fa statistica bensì tragicommedia. Figuriamoci tutti i problemi socio-politico-economici che simile cappotto evidenzierà: mi chiedo se la Rousseff domenica rischierà di consegnare la Coppa ad altri che non siano i suoi connazionali, e se da questo ricaverà una maledizione elettorale.Tra i pianti e le incazzature di uno stadio e di un Paese intero stravince la logica, quella che sembra così distante dalla magica formula di “la palla è rotonda”, verissima ma ahimè insufficiente a spiegare davvero la maggior parte delle partite. Come neve al sole si sono sciolti i timori nei confronti dell’arbitro messicano, semplicemente un arbitro assai modesto e adatto più al livello mediocre del Brasile che all’eccellenza odierna della Germania. Così come pienamente all’altezza della situazione, ma in negativo, cioè dei brasiliani, sono stati i nostri esperti, commentatori e telecronisti: quello che ad esempio han saputo sciorinare durante il primo tempo il duo Caressa-Bergomi dovrebbe trionfare nelle scuole di giornalismo, come un valore aggiunto spettacolare che schiaffeggia ogni genere di cronaca e di competenza. CHAPEAU ai nostri “brasiliani d’Italia”. E certo se pensiamo a come sacrosantamente sono stati spernacchiati gli italiani di Prandelli che pure ancora ha il coraggio di straparlare, adesso a Scolari e ai suoi li aspetta un Carnevale di Rio al contrario. Forse il fatto di dover vincere per forza ha insieme illuso e tradito, e dopo qualche mezza partita intorno alla decenza e a Neymar e a Thiago Silva, ieri fuori, la Germania ha davvero soltanto fatto il lavoro così ben descritto da Hans Christian Andersen. In fondo non è una fiaba anche il calcio? E allora di che cosa stiamo parlando? www.olivierobeha.it 20 SECONDO TEMPO MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 il Fatto Quotidiano SICILIA MONDO F. Scianna. Palazzo Taverna, Roma, fino al 18 luglio FOTOGRAFIA Potenza della fede Richiamo di Sicilia IN MOSTRA GLI SCATTI DI FERDINANDO SCIANNA: FESTE RELIGIOSE, RITI COLLETTIVI E IPNOSI di Claudia Colasanti D ue anni fa, durante un’intervista, Ferdinando Scianna rivelò di non sapere in cosa consistesse la ‘presunta’ originalità delle sue fotografie. E aggiunse, generosamente: “L’originalità è sempre negli occhi di chi guarda”. Eccessivamente modesto, nato a BagheIL FUMETTO ria nel ’43, tra i fotografi italiani più celebri nel mondo, il primo a entrare all’agenzia Magnum Photos e a vincere il Premio Nadar. Tanto discreto da nascondere anche a se stesso le infinite combinazioni di lucidità e tecnica figurativa di cui è capace e, soprattutto, la spiccata intuizione antropologica, due requisiti che insieme disegnano la potenza visiva di ogni scatto, sin dall’inizio della sua carriera (che i genitori speravano fosse un’altra), negli anni Sessanta. Un sussulto nella bellezza e nella definizione dei riti collettivi – di Sicilia Mondo (e del mondo) – visibile in circa trenta fotografie in bianco e nero - fino al 18 luglio, presso la Galleria Emmeotto – nelle sale della dimora storica di Palazzo Taverna, a Roma. GLI SCATTI di quel periodo, e di di Stefano Feltri I supereroi Marvel e il libero arbitrio LA CROCIATA DELL’INFINITO di Jim Starlin, Ron Lim e Al Milgrom, Panini Comics, 256 pag., 20 euro CHISSÀ CHE FACCIA hanno fatto i dirigenti della Marvel Comics quando Jim Starlin ha proposto qualcosa come: “Voglio fare una grande saga cosmica sul libero arbitrio”. Erano gli anni Novanta, qualunque obbrobrio a fumetti che arrivasse in edicola vendeva come un best seller. Questo ha spinto la Marvel a sommergerci di prodotti dozzinali ma ha anche creato le premesse per la nascita di opere che in un contesto diverso forse non avrebbero mai avuto il placet come, appunto, la Crociata dell’infinito. È il terzo episodio di un affresco con cui Jim Starlin ha preso alcuni personaggi minori degli anni Settanta (del genere che gli autori inventavano sotto effetto di Lsd) e li ha trasformati in divinità, ha declinato un universo alla Flash Gordon nello sfondo per gli unici fumetti filosofici mai prodotti dalla Marvel. Al centro c’è Adam Warlock, uno strano dio biondo – una specie di Cristo dell’universo Marvel – che ha sconfitto il suo lato oscuro (il Magus) in una precedente saga. Ora prende il sopravvento la sua parte migliore, la quella Sicilia, rientrano nella narrazione, nel genere reportage, non lo stesso che ritraeva direttamente i fatti mafiosi, come i tanti corpi palermitani crivellati, della conterranea illustre Letizia Battaglia. La sua Sicilia riguarda l’impressionante, teatrale da sempre, aspetto devozionale: quelle feste religiose radicate nella tradizione dell’isola, dove chiunque si trova coinvol- to in un’ipnosi collettiva, dentro scie di affollati pellegrinaggi notturni, come quello per i santi Alfio, Cirino e Filadelfo al santuario di Tre Castagni o a Baucina dove si celebra un’interminabile processione, per la miracolosa Santa Fortunata. Scianna ha ritratto i molti volti di quell’umanità incerta, gruppi di uomini e donne felici o disperati, bimbi lanciati verso forcoli TEATRO di Camilla barocchi, con all’interno busti d’oro e gemme preziose e reliquie di sante per ottenere grazie, durante le feste religiose. Scatti non solo documentativi – e senza tempo – poiché bloccano con astuzia, in un soggetto o nello sguardo, quella stratificazione di credenze, speranze e rigide convinzioni sociali. Lo rivelò nel ’65 Leonardo Sciascia, che corredò con le immagini di Scianna IN MOSTRA c’è anche la Sicily costruita su misura per alcune campagne pubblicitarie di Dolce&Gabbana. Una scelta indovinata: anche in tale contesto, Scianna assembla e inventa, con gli ingredienti che ben conosce, l’immagine più efficace sia per i committenti, che per la contemporanea Trinacria. Tagliabue Giorgio Ambrosoli tra musica e ricordo © Giorgio Ambrosoli Milano, piazza Affari, 11 luglio GIORGIO Ambrosoli è entrato, a buon diritto, nel pantheon dei martiri civili del “teatro-canzone”: è, infatti, il protagonista del “monologo strimpellato” di Luca Maciacchini, scritto da Serenella Hugony Bonzano e da Michela Marelli, che firma pure la regia. Sul palco nudo, oltre all’interprete, due chitarre discordi: l’una per le ballate dedicate all’avvocato milanese; l’altra per i contrappunti del suo assassino, il banchiere siciliano Michele Sindona. Già ospite dell’Ariberto, lo spettacolo chiuderà venerdì la prima edizione di “Milano e la Memoria”, in occasione del 35esimo anniversario della morte dell’allora commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, freddato da un killer che si scusava mentre gli sparava. Tra narrazione e agiografia, storia privata PATRIMONIO ALL’ITALIANA e pubblica, testimonianze dei familiari e saggi storiografici, piglio didattico e accompagnamenti musicali, la pièce ripercorre la tragica vicenda dell’“eroe borghese”, dall’infanzia diligente alla militanza monarchica, dalla carriera professionale all’indagine sulla Bpi che gli costò la vita. Nel testo abbondano le metafore evangeliche e le “morali della favola”, con il rischio che la “retorica del senno di poi” inzuccheri o inzaccheri la caratura dell’uomo, prima ancora che del politico. L’arte, diceva Carmelo Bene, dovrebbe interessarsi degli individui, non dei cittadini: “Il giorno in cui i cittadini spariranno per lasciare il posto agli individui, io antropologicamente sarò il santo di queste battaglie”. Così, il momento più commovente della recita è la lettura della lettera alla moglie, scritta con la lucidità del condannato a morte e il pudico coraggio dei giusti: “Pagherò a molto caro di Tomaso prezzo l’incarico: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il paese. Ho fatto politica in nome dello Stato e non per un partito”. Montanari La cascina ci ricorda chi siamo Dea, una sua versione femminile che incarna quanto di più puro ed elevato c’è nello spirito di Warlock. La Dea comincia la sua creazione (avete presente “Tree of Life” di Terrence Malick?) e porta nel suo Paradiso Omega tutti gli eroi Marvel più propensi alla fede: dal bigotto Devil al patriottico Capitan America al divino Thor, mentre sulla Terra gli scettici come Iron Man o Wolverine si macerano nel tormento di non essere tra i prescelti. Tra battaglie planetarie e nascite di universi, Starlin e il disegnatore molto anni Novanta Ron Lim accompagnano gli eroi Marvel alla consapevolezza che il bene assoluto non può esistere, che la rinuncia al libero arbitrio in favore della cieca obbedienza (non importa a che fede) sono le premesse per abbrutimento e violenza, l’esistenza del male è necessaria perché il bene risalti per contrasto, altrimenti anche gli slanci più nobili portano oppressione e oscurità. Un fumetto geniale, che ricorda quelli di Alejandro Jodorowsky, ma molto più divertente. il libro Feste religiose in Sicilia, in cosa consistesse la sua bravura: “È il suo fotografare, quasi una rapida, fulminea organizzazione della realtà: quasi che tutto quello su cui il suo occhio si posa e il suo obiettivo si leva obbedisce proprio in quel momento, né prima né dopo, per istantaneo magnetismo, al suo sentimento, alla sua volontà e al suo stile.” Quella Sicilia che anche per Scianna diventa faticosa e la lascia: “La mia storia mi ha portato, da quasi mezzo secolo, a vivere fuori dalla Sicilia. Sapevo, anzi, con un oscuro fondo di vergogna, di essere fuggito dalla Sicilia, da quella Sicilia [...] Poi, a poco a poco, ho scoperto con gli anni che non si va mai via completamente dalla Sicilia, non si distrugge dentro di sé un’appartenenza così drammaticamente forte”. © Cascine di Mondonico Olgiate Molgora DA SECOLI agli italiani capita di dire che un paesaggio è tanto bello da sembrare dipinto. Ma anche di dire che un paesaggio dipinto è tanto bello da sembrare vero. E non (solo) nelle disimpegnate conversazioni familiari: anche nella letteratura artistica più ricca e nobile che l’occidente conosca. L’arte e la natura (il patrimonio artistico e il paesaggio, se vogliamo usare le parole della Costituzione) si sono rispecchiate per secoli a vicenda, in una rincorsa di immaginazione e realismo che innerva la nostra Pinin Carpi, Il cortile di casa Carpi a Mondonico storia culturale. È possibile riconoscere e ritrovare nella realtà i luoghi dipinti mezzo millennio fa da Piero della Francesca o Leonardo, è possibile riconoscere l’impronta che la conoscenza dell’opera di Claude Lorrain ha lasciato su alcuni tratti del nostro paese. Ecco, se tra qualche tempo qualcuno vorrà provare a riconoscere il paesaggio protagonista di molti quadri dei lombardi Emilio Gola, Ennio Morlotti o Aldo Carpi, o delle illustrazioni del figlio di quest’ultimo, Pinin, potrebbe non riuscire a ritrovarlo, anche se è passato solo qualche decennio. Già, perché l’amministrazione comunale (Pd) di Olgiate Molgora lascia andare tranquillamente in rovina le umili case di contadini della frazione di Mondonico, dove tutti questi artisti hanno vissuto e lavorato. Il problema – come ha ben scritto Marco Belpoliti – non riguarda certo solo Mondonico, e non è recente: la gravità del genocidio dell’edilizia rurale italiana è stata colta una volta per tutte da Pasolini. E basta attraversare l’Emilia per vedere che l’ultimo terremoto ha fatto strage di queste bellissime cascine, già abbandonate: e ora condannate a morte certa, e all’oblio. Se la sorte del nostro patrimonio culturale è decisa in base alla sua eccellenza mediatico-commerciale è chiaro che per queste costruzioni non c’è scampo: Mondonico risorgerà in cemento, le cascine emiliane in capannoni tutti uguali. Ma dobbiamo sapere che c’è un prezzo da pagare: con quelle vecchie, umili case perderemo la nostra misura umana, la trama diversa del tessuto di ogni giorno, la possibilità di un futuro accogliente. Basta saperlo. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 21 ALESSIA MARCUZZI Presentatrice di “Summer Festival 2014”, su Canale 5 LaPresse ONDA SU ONDA IL PEGGIO DELLA DIRETTA L’accordo Sky-Mediaset E i cocci sono della Rai di Loris Mazzetti ky e Mediaset si sono spartiti S i diritti del calcio, e insieme hanno trovato un accordo con la Le- ga, che incassa 140 milioni in meno, ma evita di essere portata in tribunale. I tifosi possono stare tranquilli, tra pay e satellite, vedranno la squadra del cuore sin dalla prima di campionato, ma non solo, si ipotizza, per l’edizione 2015/16 della Champions League, i cui diritti sono di Mediaset, un altro scambio tra le due società. Pier Silvio, dopo l’accordo con Sky e con una Rai che è obbligata a pensare ai tagli per recuperare i 150 milioni imposti da Renzi, sta rilanciando Mediaset: ha ceduto l’11% di Premium alla Telefónica spagnola, incassando 100 milioni, e sta per far entrare nella tv a pagamento altri importanti partner come Al Jazeera e Vivendi Universal. La Rai è sulla difensiva, ha il ciclismo, la replica della Formula Uno, la pallacanestro e poco altro, non si può permettere di concorrere per il calcio, il motomondiale e il tennis delle super campionesse Errani e Vinci, per le Olimpiadi e i Mondiali 2018 si vedrà, prima bisogna che lo Stato rinnovi la Concessione, solo allora la Rai potrà tentare di recuperare il terreno perduto. Il divorzio con Sky nel 2009 durante la gestione Masi è stato un disastro, non solo per le casse della tv pubblica, perché senza un partner internazionale oggi non si va da nessuna parte. Quando Garimberti fu nominato presidente e incontrò il premier Berlusconi, confidò ai più stretti collaboratori che il colloquio lo lasciò molto perplesso perché lui gli parlò solo di Sky e del rapporto con Rai che doveva interrompersi. CON I FATTI di questi giorni Garim- berti avrà capito il perché. Come si fa ancora oggi a sostenere che il conflitto d’interessi non è una priorità per il Paese, Berlusconi ha pensato solo al bene delle sue società. Gubitosi che, contrariamente a Masi, rispetta il contratto di servizio: la Rai deve essere presente su tutte le piattaforme trasmissive, ha trovato un accordo con ad di Sky Zappia, nel quale la Rai ha rinunciato a oscurare i programmi e Sky ha ritirato la richiesta di danni per 138 milioni per la decisione dell’ex dg di non rinnovare l’accordo e di oscurare i programmi sul satellite. Un’altra priorità è sostituire Giovanni Floris a Rai 3. Credo che la sua perdita, come fu per Santoro, rappresenti un danno per il servizio pubblico, ma attenzione di non commettere gli errori di Rai 1 con il Fatto di Enzo Biagi: i surrogati, non solo fecero flop, devastarono l’immagine della Rai. Il confronto tra conduttori è inevitabile. Summer Festival, il gioco è non confondere le band di Valerio Venturi a così. I giorni che non ci sono partite dei Mondiali (ps: L’Italia V è uno dei pochissimi Paesi-tapini che non hanno trasmesso tutte le partite sulle reti del servizio pubblico) tocca accendere la tv, se non si ha di meglio da fare, e vedere cosa passa il convento: tra ispaniche, improbabilissime serie Tv e film decotti con attori muscolosi ora pensionati, qualcuno può avere deciso, lunedì sera, di dare una possibilità al “nuovo” talent musicale di Alessia Marcuzzi – ex ragazzina scalpitante ai tempi di Colpo di fulmine, lustri fa; poi protagonista di calendari testosteronici, quindi starlette di prima punta per Mediaset. Questa volta ha presentato Summer Festival, un talent, ma per artisti affermati, sponsorizzato da nota bevanda analcolica, tenutosi in una grande piazza di Roma straboccante di marmocchie. Tra minicosce e macrozanzare, sono andati in scena tutti i gli artisti italiani più amati dal grande pubblico, come Gigi d’Alessio e sua signora Anna Tatangelo; il cespuglio- so Renga, Zampaglione coi suoi Tiromancino; la “madonnadeglitaliani” Laura Pausini, premiata alla carriera con cartonato celebrativo; i rappettari jo men che fanno brutto ma cantano di bagatelle piccoline... C’ERANO anche le Vibrazioni. Ah no, erano i Negramaro. Anzi, erano i Modà di Kekko. Cioè no, erano i Dear Jack: insomma, gli esecutori del ciclico tormentone estivo belato, pieno di passione e di finto rock’n’roll elettrico (e pensare che, in principio, gli imitati erano i Radiohead), rinnovati giro per giro nell’estetica e meno nei testi. E poi i giovani Ginta Biku, Timoty Cavicchini (finalista della prima edizione di The Voice Of Italy), Santa Margaret, Raige, Marco Sbarbati e Violetta di X Factor: meritano una possibilità, non vogliono diventare le prossime meteore. Chi non si è addormentato, e cioè gli amanti del pop italiano mainstream e gli insonni, ha potuto votare i beniamini appicciando tasti su mezzi telematici. I preferiti beneficeranno del- Gli ascolti di lunedì COCA-COLA SUM. FESTIVAL Spettatori 3,96 mln Share 19,8% PERSON OF INTEREST Spettatori 1,87 mln Share 8,41% la migliore posizione in classifica, di passaggi radiofonici e di promozione. È in testa Emma Marrone, quella che pare abbia fatto figura marrone per qualche capriccio e l’accento british di borgata all’ultimo Eurofestival: quello in cui vinse la donna barbuta austriaca Conchita Wurst; lei, che si sentiva il vento in poppa, ci restò male. Guardando questo Summer Festival sembrava di essere tornati all’epoca del Festivalbar. Tempi di relativa, minore crisi economica ma non ancora illuminati dall’astro nascente del caro-leader Matteo Renzi; tempi antichi, quelli originari, in cui non si usavano parole ammorbanti come “talent, award, backstage, room, icon”, abusate lunedì perché si sa che l’inglese sprovincializza. Tempi con altri protagonisti. Nel 2006, per esempio, Cannavaro alzava la Coppa del Mondo e facevano apparizioni in tv Ligabue, Skin, i Muse e Piero Pelù orfano di Ghigo Renzulli. Ora chi trionferà? Il Summer Festival va avanti per altre tre puntate, fino al 28 luglio. Poi ci toccherà andare al mare, senza scusanti. VOYAGER Spettatori 1,72 mln Share 8,03% IL PATRIOTA Spettatori 1,15 mln Share 6,51% 22 SECONDO TEMPO MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 il Fatto Quotidiano IL BADANTE IL LIBRO Ignobili figuracce in cerca di editore di Elisabetta P Ambrosi overo Giacinto Pullone, l’immaginario poeta farlocco arrivato alla fama grazie al ricorso a libretti stampati nella tipografia di un cugino e usati per concorrere a premi da lui stesso inventati insieme alle pittoresche giurie. È COSTUI, l’uomo dalla “ra- gnatela di rapporti con una piccola schiera di frustrati e folli di provincia”, l’antieroe che viene messo alla berlina “un cazzone ambulante vestito da professore” - in una raccolta di racconti di alcuni scrittori italiani, Figuracce, uscita ieri per Einaudi. Dove Pullone compare, unica, vera tragica figura del libro (insieme a una burina dalle tette pushappate che rovina un convivio di scrittori a Courmayeur dove siede Diego De Silva) nel racconto di Emanuele Trevi. Quest’ultimo, salito a bordo di una fantomatica Crociera degli artisti organizzata proprio dal Pullone, e ritrovatosi a parlare di Conrad in mezzo a salumi e culatelli, decide in un breve lampo di coscienza “che in futuro sarei stato più attento a questi inviti” - come poteva d’altronde il suo libro fare mostra di sé insieme a Ricette Zodiacali e al Grande Libro dell’età dell’oro del Napoli? -, ma solo fino al prossimo invito, o premio, s’intende. NERO SU BIANCO Otto scrittori famosi si mettono in gioco e raccontano il loro mestiere. Dove la scrittura è ormai solo un antefatto Perché sotto sotto, il grande, anzi l’unico, dilemma, che affligge gli autori della raccolta riunitisi l’estate scorsa a Campo dei Fiori in vista del libro - oltre a Trevi e De Silva, Niccolò Ammaniti, Paolo Giordano, Elena Stancanelli, Francesco Piccolo, Christian Raimo, Antonio Pascale - sta tutto qui: non tanto raccontare le peggiori figuracce della loro carriera, visto che, nota l’ex autore cannibale che cura il volume, “il mestiere dello scrittore per essere tale deve essere cosparso, come un wurstel di senape, di figure di merda”. E neanche mostrare al grande pubblico il loro volto umano, strizzargli l’occhiolino, io sono gaffeur come lo sei tu che mi compri, visto che - sempre Ammaniti - “la stessa vita è uno slalom di figure di merda”. No, il vero dramma di questi Lo scrittore Niccolò Ammaniti LaPresse dilaniati maitre à penser di un’epoca in cui impera, loro malgrado, una cultura del selfie e dell’autotolleranza spinta e in cui lo scrittore, sempre loro malgrado, non è più “un orso che vive in una grotta e dove quello che conta non sono i suoi scritti”, è là dove meno te l’aspetti: provare ad accettare fino in fondo il Pullone che è in loro, accogliere senza opporre resistenza, come Maria di fronte all’Annunciazione, il crollo verticale dell’etica a favore della partecipazione tv, nonostante i loro immani sforzi nel reintrodurre un pensiero verticale (d’altronde faceva bene Heidegger, nota Trevi, ad “andare alle parate e alle inaugurazioni, lo andavano a prendere in macchina”). E allora più che una raccolta di racconti sulle piccole grezze dei grandi, sugli scivoloni degli immortali, il libro diventa uno specchio della nostra letteratura: non solo “un mondo parallelo fatto di treni, aerei, alberghi, file di sedie, microfoni, pubblici più o meno folti”, dove la scrittura del libro appare ormai quasi uno sgradevole antefatto. Ma soprattutto una sorta di autoconfessionale collettivo in cui i romanzi diventano industriali flussi di coscienza delle paure più grandi - come quella del fallimento, unita al fastidioso retropensiero di aver scritto una cagata - insieme ai più grandi desideri: essere proprio come tutti, magari scrivere proprio come tutti e scoprire però che, a differenza di tutti, si viene celebrati, si viene intervistati, si vincono i premi letterari. Di qui il sentimento di “gratitudine immensa” di cui parla Piccolo, quella sensazione di “essere scampati a un tumore, a un incidente aereo”. A QUESTO PUNTO non c’è più nulla da temere: anche i grandi traumi infantili, come i brufoli del neovincitore dello Strega, sono superati, e con loro il fantasma di non meritare nulla di tutto ciò che poi è accaduto. Si possono allora liberare le viscere, come accade alla Stancanelli a Uno Mattina, o a Christian Raimo, aiutato a liberare il water intasato da uno stronzo gigante dallo stesso David Foster Wallace; e si può, perché no, anche immedesimarsi con i grandi o addirittura viversi oltre, perché Conrad esagera a usare tutti quei termini tecnici, in fondo “cos’è un trinchetto e chi l’ha mai usato?” (Trevi). Proprio vero che l’Italia è il paese dei miracoli. Dove ci si può ritrovare finalmente liberi non solo dall’unica vergogna che uno scrittore dovrebbe avere, scrivere un brutto libro, ma anche, come insegna il libro stregato, da quella di essere l’opposto di ciò che si voleva essere, come scrive Giordano: “Sono un uomo volgare e disprezzabile a bordo di un Suv e mi sento vergognosamente felice. E allora?”. La Calabria che muore in lenta processione di Oliviero Beha n NEL PAESE più “inchinato” del mondo, si passa da un transatlantico a una Madonna Mamertina come se niente fosse. E se la Costa Crociere affonda (l’immagine dell’Italia, la processione che a Oppido, sulla punta dell’ormai famigerato Stivale, si ferma, si inchina (forse), comunque si gira di fronte alla casa di un boss della ‘ndrangheta contagia la sensibilità di tutto il Paese. Contagia? Sicuri? Casomai la sensibilità mediatica, naturalmente, perché normalmente quella comune se ne fotte. Con la crisi del mezzogiorno, dell’occupazione femminile, delle pensioni, dove si rigiri la processione parrebbe francamente un dettaglio. Ma ovviamente non lo è. E non lo è non perché tutto ciò sia un fatto inedito, che davvero simboleggi la piccola risposta simbolica e molto stracciona della mafia a papa Bergoglio, come risulta oggettivamente invece la reazione dei carcerati a Larino che da “scomunicati” rifuggono dalla messa. Che cosa c’è infatti di realmente particolare in una processione che in un paesino dal nome famoso di città fortificata ammicca alla casa di un boss, se davvero ha ammiccato? La notizia da prima pagina sarebbe stata casomai che la processione avesse individuato - magari dopo ricerche approfondite ed estenuanti - la casa di un non-boss, di un disgraziato normalissimo e per bene assediato dalla criminalità organizzata e comune che lo fa sentire diverso, “sbagliato” secondo una statistica che tutti conoscono ma fingono di ignorare. È bastata l’orgia di servizi tv su parenti e vicini di casa, a caldo, a tiepido, a gelido, quelle interviste a ragazzi qualunque che non sanno mai niente di nulla, per rendere un clima e un paesaggio che da lontano possiamo facilmente immaginare ma non percepire affatto interiormente. Tra le viuzze di Oppido Mamertina come di tante cittadine analoghe c’è come un tacito piano regolatore antropico che non prevede devianze da quella norma che ha consegnato lo Stato alla mafia giacché non si è riusciti a ottenere il contrario. Così è bastato che il parroco in testa alla ormai “famosa” processione di domenica dicesse quello che sentiva e pensava davvero e che è localmente di dominio pubblico anche se rigorosa- L’INCHINO Se il Pontefice è contro le mafie, lo Stato da che parte sta? Forse è questo l’unico nodo da sciogliere per cercare una guarigione Nicola Gratteri Ansa RITI ARCAICI La sofferenza inutile degli esami e la scuola che non vuole cambiare di Angelo Cannatà esame di Stato è ormai da L’ troppo tempo un rito stanco e costoso. Soprattutto, inutile. Abbiamo chiuso il “grande pacco” con le prove scritte, i verbali, le tracce, i voti, alle ore 18,10 di venerdì 4 luglio. Dentro c’è anche la nostra noia, il senso d’impotenza, la consapevolezza che non si può – ancora – nel 2014 perpetuare qualcosa che, negli ultimi decenni del Novecento, mostrava già tutti i suoi limiti. L’esame è scandito da ritmi, situazioni e stati d’animo che sembrano confermare Nietzsche e l’eterno ritorno dell’uguale: l’ansia dei giovani, il toto-tema, gli alunni fragili che puntualmente copiano, il compito di matematica che genera angoscia (“è difficile Prof”), la terza prova che risulta di fatto la più complicata. Chiudiamo “il pacco” con un senso di frustrazione, ogni anno. Lo spago, i nodi (“ben stretti mi raccomando”), la ceralacca, le firme dei docenti interni ed esterni sulla ruvida carta che avvolge le speranze e le attese – Ansa spesso esagerate – dei genitori. Gli studenti sono più realisti, consapevoli delle loro capacità e dei loro limiti. Molti i dubbi, tra i docenti. Al momento dei saluti, strette di mano, abbracci, qualche bacio, ma nessuno si muove. C’è come un senso d’inquietudine. Ci fermiamo a parlare. Discuto col Presidente di Commissione. È davvero così che si valuta un diciottenne, oggi? È normale? È giusto? È nato col cellulare in mano, fa ricerche su internet, comunica su Facebook, dialoga su WhatsApp e invia tweet, e noi siamo fermi a prove che - nonostante tutti gli aggiornamenti - sanno di arcaico. È tutto sbagliato. La mente va ai primi giorni. L’organizzazione del calendario, i turni di assistenza, la visione dei documenti e dei locali della scuola. Eccetera. Grandi preparativi. Poi, dopo le prove scritte, ecco gli orali: due minuti per parlare di Pascoli, tre di Pirandello. “Basta così, è scaduto il tempo a disposizione”. Si fa in tempo a citare i titoli delle opere. Ridicolo. Non si entra nel merito, non si valuta – davvero – nulla. Solo apparenza. Bisogna abolirli gli esami. I commissari esterni non hanno il tempo, in pochi minuti, di conoscere davvero gli studenti; i professori interni è inutile che ascoltino, per l’ennesima volta, un alunno che conoscono da anni. Senza scomodare la logica, è ragionevole dire che il rito degli esami di Stato è ormai qualcosa che appartiene al passato. E tuttavia si procede stancamente, come se nulla fosse. La politica ha i suoi tempi. Avverrà prima o poi che qualcuno, nel Palazzo, avvii una seria Riforma della scuola. Sarà l’iper-veloce Renzi? Se si trattasse di un annuncio, senz’altro. Quanto a farla davvero, la Riforma, e vederla sulla Gaz- mente privato , e cioè “che in ogni casa di Oppido c’è un arrestato” o giù di lì, per smontare tutto l’ambaradan dell’inchino o facente funzione. E allora perché se ne parla come di un fatto nuovo, perché ci si scandalizza nel solito debordante recitativo italiota per qualcosa che è ben dentro il sangue e il suolo di un Sud prima martoriato e poi abbandonato? Il motivo credo vada ricercato nel salto di qualità che di recente esplicitamente Papa Francesco ha fatto fare alla conoscenza e alla coscienza della situazione. A Cassano Ionio è stato un “Basta: o con i mafiosi o contro di loro!” che ha elevato a potenza qualsiasi anteriore scomunica dei suoi predecessori sul soglio di Pietro. L’ha colto benissimo come sempre un uomo che non fa il Ministro della Giustizia appunto solo perché questo è un Paese mafioso, il Procuratore Aggiunto Nicola Gratteri, analizzando la situazione. E IN DUE PAROLE smontando tutta la retorica di Alfano e del Viminale sugli agenti che dovrebbero presidiare il territorio. Chiunque, ma proprio chiunque nella classe politica come nella sua cinghia di trasmissione giornalistica, sa bene che le auto dei poliziotti, al contrario di quelle blu di scorta o di omaggio, sono senza benzina per manifesta bancarotta da spending review a capocchia. E Gratteri, da sempre in prima fila per “riformare la giustizia e il suo braccio operativo”, ma per davvero, ha approfittato anche di questa occasione per ribadirlo. Ma se il Pontefice è contro le mafie, lo Stato da che parte sta? www.olivierobeha.it n zetta Ufficiale è un’altra cosa. Capita nei colloqui d’esame che il discorso incroci la politica. Ascolto la collega: “C’è bisogno di ottimismo, ragazzi?” Fabio, con ironia: “Non c’è nel programma, prof., siamo pessimisti e - se così si può dire - leopardiani…”. I giovani e l’arido vero. Potrebbe essere la traccia per un tema alla maturità, il prossimo anno, se proprio ci deve essere (ancora) un esame di Stato. La verità è che la scuola è allo sbando, lo specchio - crudele, ma vero - del Paese: sono vecchi gli edifici, carenti i laboratori, superati i programmi, obsoleti i criteri di valutazione, miseri gli stipendi dei docenti, antidiluviani gli esami finali. Una frana assoluta. Occorre riformarla - la nostra vecchia scuola - e finanziarla adeguatamente, ecco un obiettivo. Intanto, la confusione regna sovrana. Scrive Furio Colombo: tra le “idee nuove” c’è anche il principio che è possibile compensare i docenti che lavorano di più: “Si dice però che la decisione spetta ai dirigenti scolastici. Diventano, in tal modo, depositari di un arbitrio che promette tempesta”. È così. Saprà il Premier passare dagli interventi “a caso”, a una meditata, organica e condivisa Riforma? Il nodo della scuola è, insieme a pochi altri, tra i più delicati. I docenti attendono fatti. E giudicheranno dai fatti. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano 23 MERCOLEDÌ 9 LUGLIO 2014 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo Pedofilia, la Chiesa dia l’esempio Papa Francesco ha ribadito con forza la scomunica per i mafiosi. La Chiesa, che ormai ha capito, cerca di cambiare una condizione secolare, ma la politica locale sembra meno decisa ad affrontare il tema della criminalità organizzata. I media, intanto, hanno dato risalto all’incontro del Papa con alcune delle vittime di abusi da parte di membri del clero. Il Pontefice ha chiesto loro perdono e promesso tolleranza zero nei confronti di chi commette questi gravi atti. Già con Benedetto XVI era stata avviata un’azione di pulizia nella Chiesa, che ha portato alla riduzione allo stato laicale di circa 400 preti in ogni parte del mondo. Ma se è vero, come è vero, che la pedofilia è una patologia presente in tutte le componenti della società, perché in molte altre istituzioni non si fa nulla per combatterla? collettiva, dove lo Stato abdica di fronte alle proprie responsabilità e ai propri doveri. Qui c’è un’altra crescita che sgomenta. Quella dei tumori raddoppiati in trent’anni, solo in Basilicata. Esiste un asse ben definito e funzionante tra società civile e poteri forti, poiché costoro sono anche l’economia del territorio. Salvatore Loviso Calvello A metà strada tra riforme e democrazia Premettendo che non condivido nulla delle cosiddette riforme istituzionali, di cui si parla da mesi. Piuttosto le reputo le ri- te questa contro-riforma, non rappresenti una diretta minaccia a tali principi, sebbene questo non assolva dal dovere di contrastarla. Marco Scarponi La scomunica rivoluzionaria di Francesco L’appello de L’Unità a San Matteo CARO FURIO COLOMBO come mai i “picciotti” della ‘ndrangheta trovano all’improvviso il coraggio di sfidare il Papa e dichiarano che, essendo scomunicati, non andranno più a messa? Sono stato lettore de l’“Unità” per decenni, senza mai essere stato comunista. Ho smesso di esserlo con l’esaurimento della direzione di Concita De Gregorio. Leggo Alberto Leiss che si augura sostanzialmente che l’“Unità” continui a vivere e ne condivido l’augurio, anche se venato di CREDO CHE non si tratti di coraggio, ma di ordini ricevuti. Così come sono ordini ricevuti quelli che hanno provocato l’inchino della Madonna di Oppido Mamertino davanti alla casa del boss assassino. Mi sembra di capire, però, che la vera domanda sia: come mai osano adesso, fare e dire ciò che non hanno mai osato in passato? Qui si incrociano due percorsi. Diciamo che lungo un percorso la Chiesa era più silenziosa e tollerante (con molte e anche eroiche eccezioni) e preferiva la presenza in chiesa e alle processioni piuttosto che la verifica e la condanna di certe vite e di certi gesti, per quanto spaventosi. E ha evitato a lungo, salvo il comportamento coraggioso di pochi parroci e di pochi vescovi (e fino al grido di Giovanni Paolo Secondo) di entrare direttamente nell’argomento “criminalità organizzata” con immagine religiosa. Quanto ai mafiosi di tutte le diverse organizzazioni, il rapporto con la religione è sempre stato un modo di “regolarizzare” o compensare lo scontro violento con la legge. E poiché aveva il suo effetto sulla immediata cerchia della opinione pubblica di sostegno, è stata a lungo una pratica molto seguita e molto curata. All’improvviso Papa Francesco, come in molti altri aspetti del rapporto fra vita e fe- Jacopo Cabild Quante vittime miete il silenzio Il senza lavoro e senza reddito non è altro che una lenta e progressiva consunzione per inedia indotta. Il Paese delle negligenze, dell’approssimazione, dei ritardi, delle omissioni, sembrerebbe un dettaglio, ma uccide più l’indifferenza che una critica feroce. All’origine delle asimmetrie, dei gap e delle forbici socio-economiche, ci sono mostruose leggerezze di chi non controlla, d’amministratori ciechi o corrotti, se non collusi. Quindi non solo un’èlite che si arricchisce sui favoritismi, ma anche piccola manovalanza che ha i suoi tornaconti. Tutti sanno e tutti zitti, godendosi piccoli o grandi privilegi. Siamo un popolo vittima del silenzio di questi “innocenti”. C’è un deficit di responsabilità civile da parte di tutti. Come esiste un inferno d’infiltrazioni, che inquina la coscienza Alessandro Dessy Cosa c’è dietro lo scudo delle quote rosa de, ha rotto esitazioni, argini, abitudini, protocolli e ha detto “scomunica”. È una parola che viene dai secoli. Non è una generica condanna. È la condanna senza ritorno, a meno di uscire dalla condizione della scomunica. Dunque il caso creato da Francesco è pesante e spezza definitivamente un legame che, voluto o non voluto, accettato o ignorato, legava davvero e con forza le organizzazioni criminali storiche italiane alla Chiesa cattolica. Ora la domanda è: come mai, colpiti in modo così duro, i mafiosi scelgono di combattere apertamente, di spingere a fondo lo scontro, ordinando alle loro persone in carcere di non di andare alla messa? Evidentemente devono essersi persuasi che Francesco non solo è diverso ma è anche di passaggio, e che la sua diversità può essere combattuta perché è un incidente, non il normale percorso della Chiesa. “Abbiamo dovuto aspettare un secolo e mezzo per avere un Papa che ha scomunicato la ndrangheta” , ha detto il Procuratore di Reggio Calabria Gratteri. A quanto pare i protagonisti e i capo clan come quelli delle vicenda della Madonna che si inchina all’assassino, non credono a una svolta ma solo a un incidente contro cui bisogna resistere. I vescovi hanno detto “sospendiamo le processioni”. Purtroppo la proposta è ambigua. Potrebbe rafforzare la persuasione che Francesco è un disturbo che passa. Nora la vignetta ghiamo più un euro. Che ve ne sembra? Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 lettere@ilfattoquotidiano.it Continuo a sentir dire dalla maggioranza dei politici che la scelta delle persone per posti importanti e di potere deve basarsi sul merito e non sul genere. La cosa è di un’ovvietà disarmante. La questione delle cosiddette “quote rosa” ha messo in disordine le priorità di tutti, della politica e della classe dirigente in genere, perché fino’ora la nomina veniva effettuata in base a due parametri. Innanzitutto il genere maschile è stato preferito nel 99 percento dei casi. In secondo luogo, a sostituire il merito c’è sempre stato il nepotismo, lo scambio di favori, i vantaggi politici, l’arricchimento personale. Basta vedere lo stato di putrefazione in cui versano l’etica, la professionalità e la giustizia di ogni genere in questo Paese. Forse è la breve memoria che porta giornalisti, opinionisti, politici e purtroppo anche i grandi professoroni a dire molto spesso tutto e il contrario di tutto e a dare giudizi su capacità personali con più pesi e più misure. E, cioè, sempre e solo secondo interessi personali o di appartenenza. Ivo Eleodori forme più assurde e pericolose della storia repubblicana. Allo stesso modo credo che una precisazione importante vada fatta. Queste riforme, per quanto gravi, non creano una dittatura, non eliminano totalmente la democrazia. Ciò non toglie che danneggiano e indeboliscono i sistemi di controllo, riducono gli spazi di rappresentatività e commettono valanghe di altre nefandezze. La democrazia si fonda su un insieme di regole e principi. Elezioni, separazione dei poteri, laicità, diritti umani, eguaglianza sociale. A mio avviso, ritengo che per quanto destabilizzan- tanta amarezza per il ricordo della intelligente proposta di Pintor a suo tempo naufragata proprio nella sua intelligenza. Perché se anche non ho più la ‘forza’ di leggerlo, la chiusura di un giornale che continua a portare nella sua testata “fondato da Antonio Gramsci”, è da reputarsi comunque un dispiacere. Confesso, però, che leggere l’appello dei giornalisti che ancora tengono in vita il giornale, “Matteo credi in noi”, fa vacillare le mie profonde convinzioni. Matteo chi? L’evangelista a cui chiedere un miracolo di riserva da aggiungere a quelli che il giovane fiorentino si è impegnato a fare qua e là per il mondo occidentale? Forse le ragioni della possibile chiusura stanno proprio iscritte in quell’impudico Matteo credi in noi, a testimonianza che il passaggio dal centralismo democratico di Palmiro al centralismo e basta di Matteo sembra ormai tristemente compiuto. Vittorio Melandri Aspettiamo con ansia le dimissioni di Ferri Il sottosegretario alla giustizia, Cosimo Ferri, non poteva, né doveva, interferire durante le elezioni per il Csm. Non si può parlar bene e, contempo- il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Antonio Padellaro Condirettore Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Caporedattore centrale Ettore Boffano Caporedattore Edoardo Novella Caporedattore (Inchieste) Marco Lillo Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: segreteria@ilfattoquotidiano.it - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente:Antonio Padellaro Amministratore delegato: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Luca D’Aprile, Peter Gomez, Marco Tarò, Marco Travaglio, Lorenzo Fazio raneamente, razzolare male. Ferri ha sbagliato di grosso, specie in questo momento. Deve dimettersi subito, anche per non creare difficoltà a Renzi, che coerentemente dovrà destituirlo. Le giustificazioni di Ferri offendono la intelligenza degli italiani e degli stessi aderenti al Pd che, invece, lo stanno condannando. Altri, per molto meno, si sono dovuti dimettere. Perché lui perde tempo? Mario De Florio Scuola, obbligo di contributo volontario Anche quest’anno mi tocca compilare il bollettino postale per l’iscrizione al primo liceo di mio figlio. La dicitura è “contributo volontario per l’iscrizione alla scuola secondaria”. L’importo è 100 euro. Secondo me con le parole non si può scherzare, sono delle pietre. Volontario vuol dire fatto per libera scelta ed è contrario di obbligatorio. Ed è inutile andare sul dizionario, perché è così e non stiamo a menarcela troppo. Allora mi chiedo: perché ci costringono a scrivere sui bollettini parole che non hanno senso o meglio hanno senso opposto e contrario? Genitori di tutta Italia ribelliamoci. O utilizziamo le parole per quel che sono o non pa- DIRITTO DI REPLICA In riferimento all’articolo di martedì 8 luglio dal titolo “Taglio alle sedi, Authority in rivolta’’, occorre fare alcune precisazioni. L’Autorità Antitrust ha 274 dipendenti e costa all’anno 57 milioni di euro tutti finanziari dal mercato e non dallo Stato. Il costo dell’immobile è invece pari a 3,78 milioni di euro. Roberto Sommella Direttore Relazioni Esterne e Rapporti Istituzionali Autorità Antitrust Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 lettere@ilfattoquotidiano.it Abbonamenti FORME DI ABBONAMENTO COME ABBONARSI • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 290,00 e Prezzo 220,00 e Prezzo 200,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 170,00 e Prezzo 135,00 e Prezzo 120,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 e Prezzo 320,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 e Prezzo 180,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 305,00 e Prezzo 290,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 185,00 e Prezzo 170,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento digitale settimanale Prezzo 4,00 e • 7 giorni • Abbonamento digitale mensile Prezzo 12,00 e • 7 giorni • Abbonamento digitale semestrale Prezzo 70,00 e • Abbonamento digitale annuale Prezzo 130,00 e Oppure rivolgendosi all’ufficio abbonati tel. +39 0521 1687687, fax +39 06 92912167 o all’indirizzo mail: abbonamenti@ilfattoquotidiano.it • Servizio clienti assistenza@ilfattoquotidiano.it MODALITÀ DI PAGAMENTO • 7 giorni • 7 giorni * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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