Negli Usa il cardinale Pell svela: “In Vaticano nascosti centinaia di milioni di euro”. Ora tocca a Bergoglio dare trasparenza a questi capitali e usarli bene Venerdì 5 dicembre 2014 – Anno 6 – n° 335 e 1,40 – Arretrati: e 2,00 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 LA TESORIERA DI MAFIA CAPITALE “COSÌ PAGAVAMO I POLITICI” Confessa la contabile del manager della cooperativa “29 giugno”, Salvatore Buzzi, compare di Carminati: “Ogni mese preparavo le buste con importi sino a 10 mila euro. Lui passava a prenderle e le consegnava”. Confermati anche i finanziamenti versati alla fondazione di Alemanno. Il prefetto di Roma: “Il sindaco Marino è a rischio, deve avere la scorta” Pacelli e Zanca » pag. 2 e 6 TIPI DI DESTRA TRUCCHI E FATTURE Mancini, l’imprenditore camerata che progettava Nuvole e che il Cecato teneva in pugno Lillo » pag. 7 L’EX 1° CITTADINO L’ex Nar fece assumere la moglie dalla coop rossa per avere il mutuo e comprarsi la villa Rutelli: “Campidoglio infestato da avvocati e bande. Bisogna far entrare M5S in giunta” Massari » pag. 2 Caporale » pag. 8 » AMICI LORO » Arrestato nella maxi-retata, era nella lista del partito Buzzi invitato dal Pd alla cena di Renzi all’Eur IL MINISTRO E L’OMICIDA La ri- vista della Coop 29giugno con Salvatore Buzzi e il ministro Giuliano Poletti È lo stesso personaggio ritratto in una foto con il ministro Poletti e il pregiudicato Casamonica. Il titolare del Lavoro, allora presidente nazionale della Lega Coop, lo aveva frequentato a lungo, partecipando con lui a convegni e comparendo sulle copertine della rivista della struttura che gestisce i campi nomadi IL MOVIMENTO DI GRILLO Cannavò e Marra » pag. 4 - 5 AUTORICICLAGGIO BLUFF LE CARTE INEDITE Capitali evasi: condono fiscale e amnistia penale Le somme illecite detenute all’estero o in Italia potranno essere “pulite” con un’autodenuncia al Fisco in cambio di un super-sconto sulle sanzioni e della cancellazione dei reati tributari Palombi » pag. 9 y(7HC0D7*KSTKKQ( +[!#!$!z!, Casaleggio al Direttorio “Ora basta espulsioni, ma chi vuole se ne vada” De Carolis » pag. 14 » NY, UCCISERO UN NERO Altri agenti killer impuniti. Obama: “Legge non uguale” Vitaliano » pag. 17 L’EURODEPUTATO PD Soru e quella gara con l’89% di ribasso per la banda larga (che però è stretta) Meletti » pag. 10 Schwazer, i verbali: “Carolina, le chiavi e le fiale di Epo nel frigo” Borromeo » pag. 19 LA CATTIVERIA Le forze dell’ordine a casa di Alemanno. Per una volta avrebbe preferito i rom » www.spinoza.it Orfini contro Dracula di Marco Travaglio a scena di Renzi che sguinzaglia il temibile L commissario Orfini per bonificare il Pd romano pilotato dal compagno Carminati rientra a pieno titolo nella commedia poliziottesca all’italiana e rinverdisce i fasti di Lino Banfi - commissario Auricchio in Fracchia la belva umana”. Ma il titolo più appropriato è “Fracchia contro Dracula”. Se fosse un comica, verrebbe da scompisciarsi. Invece è una faccenda terribilmente seria, che la soluzione adottata rende addirittura drammatica. Perché delle due l’una: o il premier crede veramente di potersela cavare così, e c’è da dubitare della sua sanità mentale; oppure ha capito benissimo la posta in gioco, e le cose gli stanno bene così. Nel primo caso, è un farfallone. Nel secondo, è un gattopardo. L’inchiesta Mafia Capitale è la prova su strada dell’evoluzione tridimensionale della criminalità organizzata 2.0, modello Seconda Repubblica, proprio come l’avevano disegnata oltre 20 anni fa Riina, Provenzano e i loro consulenti politico-affaristico-massonico-istituzionali. Basta rileggersi l’inchiesta “Sistemi criminali” aperta nel '93 a Palermo da Gian Carlo Caselli e Roberto Scarpinato, poi condivisa con i pm Lo Forte, Ingroia e Gozzo, attaccata per anni da un fronte politico trasversale (da Cossiga a FI all’allora presidente dell’Antimafia Del Turco) e fatta archiviare nel 2001 dai procuratori Grasso e – ironia della storia – Pignatone. Era una lettura integrata e lungimirante del progetto politico concepito da Cosa Nostra & C. a suon di stragi e di trattative per bloccare il cambiamento e rinnovare-rafforzare il patto fra tutti i poteri che da sempre, sottobanco, impediscono l’evoluzione democratica del nostro Paese a sovranità limitata. Il piano prevedeva l’eliminazione della vecchia classe politica screditata e inaffidabile, e la sua sostituzione non più con politici da infiltrare e addomesticare (col rischio che poi tradissero), ma con criminali di provata fede da inserire direttamente nelle istituzioni con l’aiuto di pezzi di imprenditoria sporca, servizi “deviati” (non si sa poi rispetto a cosa), vecchi arnesi della massoneria e dell’eversione nera. Il piano a più teste e più mani portò alla nascita di una miriade di “leghe meridionali” in tutto il Sud fra il 1991 e il '93. Poi, a fine '93, giunse da Milano2 la notizia di un nuovo partito ideato e realizzato da un mezzo mafioso come Dell’Utri con i soldi e le tv di B. E Provenzano&C. virarono in quella direzione, inviando Vittorio Mangano a Milano2 ad avvertire i nuovi statisti che “anche la sinistra sapeva” della trattativa ed era ricattabile: non avrebbe mosso un dito dinanzi allo smantellamento dell’antimafia, che infatti – come da papello – segnò tutto il ventennio sotto tutti i governi: di destra e di sinistra, politici e tecnici. Gli ingredienti del Sistema Criminale che ha fondato la Seconda Repubblica e ne ha garantito gli equilibri fino a oggi sono tutti nella lista degli indagati di quell’indagine archiviata: oltre ai vertici di Cosa Nostra, c’erano Licio Gelli, gli estremisti neri Delle Chiaie e Cattafi, alcuni avvocati collusi e Mandalari, il commercialista di Riina. Cambiando i nomi, è lo stesso cocktail che emerge dall’inchiesta romana, immortalato dalle parole di Massimo Carminati detto Er Guercio, neofascista dei Nar legato alla mafia della Magliana: “È la teoria del mondo di mezzo compa’... Ce stanno i vivi sopra e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo... un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano e dici: cazzo, come è possibile, che ne so, che un domani io posso stare a cena con Berlusconi? Tu stai lì, ma non per una questione di ceto: per una questione di merito, no? Nel mezzo, anche la persona che sta nel sovramondo ha interesse che qualcuno del sottomondo gli faccia delle cose che non può fare nessuno. E tutto si mischia”. Politici e amministratori multicolori; avvocati, faccendieri e imprenditori; terroristi, assassini, rapinatori, trafficanti di droga e di armi. Il sogno di Riina e Provenzano è divenuto realtà, con buona pace dei fessacchiotti convinti che “la mafia non ha vinto”. E Renzi che fa? Tra un incontro e l’altro con B., scatena Orfini il Terribile. E tutti scappano. 2 ROMANZO CRIMINALE VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 A lfano: “Inchiesta solida, ma Roma non è città marcia” di Valeria Pacelli P reparavo le buste con il denaro, come mi ordinavano, che poi venivano custodite in cassaforte. Ognuna veniva segnata con una B.”. La B. di Salvatore Buzzi, l’uomo delle cooperative e il braccio “sinistro” di Massimo Carminati. Ad ammettere l’esistenza di un “libro nero” con una contabilità delle mazzette che la mafia capitale elargiva a politici e pubblici ufficiali è Nadia Cerrito, classe ’65, romana, due figlie e un marito operaio, arrestata anche lei nella retata che qualche giorno fa si è abbattuta sul presunto sodalizio criminale della capitale. Dopo un primo giorno di interrogatori dove tutti – a eccezione di Franco Panzironi, ex ad di Ama – si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, ieri con Nadia Cerrito si è rotto il silenzio. La donna è accusata di essere la “segretaria personale di Salvatore Buzzi che custodisce la contabilità occulta della attività corruttiva dell’associazione”. Si tratta di un libro mastro che, come scritto nell’ordinanza, “contiene una vera partita doppia del dare e avere illecito, dei destinatari delle tangenti; contiene l’indicazione dei soggetti cui vengono veicolati i profitti”. DAVANTI AL GIP Flavia Co- stantini e al pm Luca Tescaroli – titolare dell’inchiesta con i sostituti Paolo Ielo e Giuseppe Cascini – Nadia Cerruti ha ammesso di “aver gestito la contabilità in nero negli ultimi tre anni”. Inoltre, come gli comandava Buzzi, “ogni mese preparavo le buste paga dei dipendenti delle cooperative”. Infatti la donna era consigliere e vicepresidente dal 2010 del Cda di Formula Sociale Coop Sociale Integrata Srl , ma anche dal 2006 al 2010 consigliere della 29 giugno servizi Società, entrambe cooperative riconducibili al gruppo Buzzi. Ma non preparava solo le buste “ROMA non è una città marcia, Roma non è una città sporca, è una città sana”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, intervistato dal Tg5 sull’inchiesta Mafia Capitale. “Se c’è qualcuno che ha rubato va punito quel qualcuno, senza criminalizzare un’intera comunità e una intera città – ha aggiunto – che è sana e che è forte. Quanto sta emergendo dall’inchiesta di Roma fa emergere uno spaccato davvero drammatico di corruttela e malcostume – ha sottolineato il ministro – Noi dobbiamo continuare a contrastare la corruzione perché rubare è contro il buon senso, contro la morale e contro l’etica pubblica. Non può stare in il Fatto Quotidiano politica chi ruba. Questa è una valutazione che è la premessa per un’aggressione vera alla corruzione. Peraltro la serietà del procuratore di Roma Pignatone, il suo non essere particolarmente incline al palcoscenico mediatico - ha sottolineato Alfano - mi fa ulteriormente pensare che si tratti di un’inchiesta solida”. “FACEVO LE BUSTE PER I POLITICI FINO A 10MILA EURO ALLA VOLTA” PRIME AMMISSIONI DELLA CONTABILE DELLA COOP AL CENTRO DELLA MAXIRETATA: ”LE LASCIAVO IN CASSAFORTE, SEGNATE CON LA B. POI CI PENSAVA IL CAPO BUZZI” STIPENDI MENSILI 5.0 0 0 1.500 1 5 .0 0 0 1 .0 0 0 LUCA MARIO FRANCO ENRICO ODEVAINE SCHINÀ PANZIRONI FIGURELLI paga per i dipendenti. Perché “sotto indicazione di Buzzi” riempiva anche le “buste con altro denaro di importi” che potevano arrivare fino a 10mila euro. Su ogni busta c’era una “B.” con il relativo l’importo e venivano tutte custodite in una cassaforte. Poi, secondo quanto ricostruito dalla donna, le conse- gnava a Buzzi, lo stesso che in una conversazione del 20 aprile 2014 si vanta di “pagare tutti. Anche due cene con il sindaco (Gianni Alemanno, ndr), 75 mila euro ti sembrano pochi? (...) Finanzio giornali, faccio pubblicità, finanzio eventi, pago segretaria, pago cena, pago manifesti.” Dalla cassaforte il denaro passava a pubblici ufficiali e non solo. Nell’ordinanza che ha portato agli arresti 37 persone, tra gli amministratori a libro paga viene menzionato Franco Panzironi, ex ad di Ama, la municipalizzata romana per l’ambiente, anche lui agli arresti. Avrebbe incassato 15 mila euro al mese, come emerge in una conversazione del 2 maggio 2013 dello stesso Buzzi: “L’ho messo a 15 mila euro al mese”. Ma non è l’unico che riceveva denaro secondo le accuse della Procura di Roma, tutte da riscontrare. L’ordinanza cita anche Luca Odevaine, già vice capo di gabinetto con Walter Veltroni e capo della polizia provinciale con Nicola Zingaretti, al quale Buzzi “dava cinquemila euro al mese, a Mario Schina (ex dirigente del comune, ndr) dava millecinquecento euro al mese”. Poi c’è anche Franco “Figurelli, che veniva retribuito con 1.000 euro mensili, oltre a 10.000 euro pagati per poter incontrare il Presidente Coratti, (Mirko, presidente del consiglio comunale capitolino, dimissionario a seguito dell’inchiesta, ndr)”. Altri invece avrebbero ricevuto buste “una tantum”. “In questo senso – scrivono i pm – assume rilievo la figura di Patanè, consigliere regionale pd. In relazione a tale figura istituzionale, Buzzi a più riprese afferma di aver ricevuto imponenti richieste di denaro” e in un altro passaggio, i magistrati aggiungono che Buzzi “aveva già provveduto alla dazione di 10.000”. Poi ci sono i soldi alle fondazioni. “Significativo, in questo senso – è scritto nell’ordinanza – è il pagamento alla Nuova Italia (fondazione di cui Panzironi è socio e Alemanno presidente, ndr) del 6.12.12, per un valore di 30.000 euro, proveniente da società di Buzzi”. Anche la disposizione delle erogazioni a favore della fondazione presieduta dall’ex sindaco di Roma e indagato, viene attribuite a Cerrito che “dispone materialmente le erogazioni a favore della Fondazione Nuova Italia”. L’INDAGINE Dalle intercettazioni contenute nell’ordinanza emergono 75 mila euro di cene per il sindaco Alemanno e funzionari a libro paga La donna si difende spiegando che faceva solo il suo lavoro di ragioniera, anche perché non poteva negare l’esistenza delle buste, più volte citate nelle conversazioni intercettate. COME QUELLA del 29 gennaio, quando “Paolo Di Ninno (ritenuto il commercialista di fiducia di Buzzi, ndr), alla presenza della Cerrito, faceva un resoconto al Buzzi ed al Carminati della contabilità, ufficiale e parallela, delle cooperative dagli stessi gestite, interloquendo con il Carminati, circa il modo per fargli pervenire un flusso economico”. Intanto Cerrito, tramite l’avvocato Bruno Andreozzi, ha fatto richiesta di andare ai domiciliari, ma il gip si è riservato di decidere nei prossimi giorni. Ieri è stato sentito anche Clau- La signora Carminati assunta per il mutuo ALESSIA MARINI TROVÒ LAVORO NELL‘IMPRESA SOTTO INCHIESTA. OBIETTIVO: ACQUISTARE LA VILLA DI SACROFANO di Antonio Massari e cooperative rosse che lo aiutaL no per ottenere il mutuo, l’uomo dell’Acea che promette d’interrargli un traliccio dell’alta tensione, persino il campo nomadi che – senza immaginarlo – gli paga la ristrutturazione: parliamo della trattativa che Massimo Carminati conduce per acquistare la villa di via Monte Cappelletto a Sacrofano. Tutto deve convergere verso il suo obiettivo. E tutto converge. Per giustificare l’esborso di soldi ha bisogno di un mutuo, che dev’essere intestato alla sua convivente, ma Alessia Marini da tempo ha smesso però di lavorare. NESSUN problema. Una cooperativa rossa del compare Salvatore Buzzi la assume. E solo perché possa avere il mutuo dalla banca. È il 7 gennaio di quest’anno quando Alessandra Garrone, moglie di Buzzi, spiega a Carminati che “per poter dare una veste di liceità all’assunzione – annota il gip – avrebbe dovuto incrementare di 25mila euro le entrate della cooperativa che deve assumerla”. Carminati replica: “Però a me me serve per 3 o 4 mesi...” perché in fondo, scrive il Ros, “l’assunzione è meramente funzionale all’erogazione del mutuo da parte della banca”. Un mese dopo il desiderio di Carminati si trasforma in realtà: il primo febbraio 2014 la signora Marini viene assunta. E Carminati commenta: “Adesso mi prendo una busta paga alta per il mutuo... ”. E già, il mutuo: riuscirà a ottenerlo? “Lui è un fenomeno, è un boss, è tutto – commenta un suo amico – però... le banche so stronze”. Ma Carminati ha già pianificato tutto dal novembre 2013, quando dice all’imprenditore Agostino Gaglianone: “Ma quella... del traliccio, a quanto se la vendeva casa?”. Parlano di Cristina De Cataldo, che è proprietaria di una villa che ha un solo difetto: un traliccio dell’alta tensione che, spiega Carminati, “chi entra là e vede quel traliccio e sente quel rumore dice ‘è stato un piacere’... Io me so spaventato”. Ma non c’è problema neanche per il traliccio: “Forse c’ho la mossa per leva’ il traliccio”, dice Carminati al suo amico, “c’ho l’uomo in Acea... senti quanto vuole”. Qualche giorno dopo Gaglianone chiama la signora Cristina e le spiega che un suo amico vuole farle un’offerta. La signora non immagina di trattare con il boss. E infatti Carminati ammette: “Se sapeva chi ero, je pijava un infarto, moriva lì”. La trattativa va avanti con un mediatore e si chiude a 500mila euro ma, quando salta l’appuntamento per il contatto preliminare, Carminati s’innervosisce parecchio: “Que- BALLO DEL MATTONE La donna poi perfezionò l’acquisto: 500 mila euro, dei quali 147 mila arrivati dal finanziamento, il resto da contanti e in nero sta ce sta a fa perde tempo... io a lei non la posso vede, lei me fa schifo, me fa schifo come donna... je menerei come a un uomo... me la lavorerei proprio con un rasoietto, cioè la pio con una lametta... con lo scava zucchine me la lavoravo …” . La trattativa comunque procede e Carminati fa consegnare alla signora De Cataldo un anticipo di 20mila euro in contanti. DOPO averli ricevuti, lei lo incalza, per chiudere il contratto dinanzi al notaio, ma siccome il mutuo non è ancora stato firmato, Carminati ha bisogno di qualche altra settimana, e s’innervosisce sempre di più: “ ...non mi cacasse il cazzo, me... me piglio il tempo mio, non mi rompesse il cazzo che gli faccio un bucio di culo... che fa, mo che ha preso i venti sacchi vuole... gliela faccio crollà la casa, gli metto una bomba... gli piglio i figli stasera a Vigna Clara... che tanto stanno tutti e due al baretto... gli mando i ragazzini lì di zona, gli faccio fa... stasera li mando a casa così! Come zamponi... se li magna a Pasqua se li magna...”. Quando l’af- fare va in porto tocca a Gaglianone portare i soldi in contanti in pezzi da 20 e 50 euro: “Ho spicciato settantamila euro.... ho detto troviamo un marsupio qualcosa... cinquanta è un pacco così”. Il 13 maggio avviene il trasferimento formale della proprietà alla signora Marini: 500mila euro, dei quali 147mila arrivano dal mutuo, il resto da contanti e in nero. C’è però da ristrutturare la villa. E Carminati “utilizza risorse drenate dalle cooperative riconducibili Buzzi”. Per la precisione: il tutto avviene emettendo “fatture” che vengono sì giustificate come “prestazioni lavorative”, ma per “il campo nomadi di Castel Romano”. ROMANZO CRIMINALE il Fatto Quotidiano O rlando: “Duro colpo a credibilità della politica” L’INCHIESTA sulle infiltrazioni mafiose a Roma “infligge un ulteriore colpo alla credibilità della politica”. Lo afferma il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, al termine del Consiglio Ue Giustizia a Bruxelles. “Mi pare che il Pd abbia reagito prontamente – ha continuato – tuttavia credo che ci sia l’esigenza di in- VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 terrogarsi sulle modalità di funzionamento delle forze politiche”. Per il ministro è “urgente affrontare il tema dell’attuazione delle indicazioni costituzionali contenute nell’articolo 49. Penso che ci sia bisogno di disciplinare l’attività dei partiti, di renderli più impermeabili agli interessi di carattere particolare e di 3 costruire anche le condizioni di una trasparenza nella selezione delle classi dirigenti. Credo che questo sia il terreno sul quale reagire”. Da ministro della Giustizia, ha continuato, “non posso che compiacermi con il lavoro importantissimo che è stato svolto dalla Procura di Roma”. “Eccolo, sta guidando” Così hanno preso il Nero NEL FILMATO DIFFUSO DAL ROS L’ARRESTO DEL PRESUNTO BOSS DI MAFIA CAPITALE HA DETTO: “NON TOCCATE MIO FIGLIO”. E AI PM: “PRIMA O POI DOVEVA SUCCEDERE” Q IL VIDEO L’arresto di Massimo Carminati domenica scorsa a Sacrofano nel filmato diffuso ieri dai carabinieri del Ros dio Turella, funzionario del Comune di Roma, responsabile del Verde pubblico, arrestato con l’accusa di aver aiutato l’organizzazione “facendo pressioni sugli organi della giunta comunale o anche a proposito della determinazione dell’ammontare del corrispettivo per la manutenzione delle piste ciclabili”. A casa di Turella durante le perquisizioni sono stati trovati 570 mila euro in contanti. Ma interrogato il funzionario ha detto di non sapere di avere quel denaro in casa, senza convincere i pm. Oggi nuovi interrogatori, dopo questa prima ed importante ammissione che rafforza l’inchiesta. uando ha visto i mitra degli uomini del Ros puntati contro il finestrino della propria auto, Massimo Carminati, l’ultimo Re di Roma, si è arreso subito. Non aveva via di scampo: dietro un’altra macchina bloccava la sua Smart, mentre percorreva via Monte Cappelletto, la stradina di campagna a Sacrofano, a nord di Roma, poco lontano dalla villa che ha comprato proprio lo scorso maggio. L’UNICA FRASE che ha detto è stata: “Lasciate stare Andrea”, riferendosi al figlio, che si trovava sul sedile del passeggero della Smart. Così il Cecato – che non ha conti aperti con i precedenti guai giudiziari – sente il freddo metallico delle manette. È arrivato il momento decisivo, per il presunto boss della mafia capitale, l’operazione messa a segno dai pm romani Paolo Ielo, Giuseppe Cascini e Luca Te- scaroli. Questa volta non è un falso allarme. Non è come nel marzo del 2013. Anche quella volta era con suo figlio Andrea, ma si trovava a Londra, e ricevette una telefonata dalla compagna che lo avvertiva: era in arrivo un provvedimento. “È meglio stare un po’ fuori, attendere qualche giorno”, diceva Alessia nel marzo 2013. Alla fine il provvedimento è arrivato davvero. Domenica pomeriggio, una telecamera montata su un auto degli uomini del Ros guidati dal generale Mario Parente, ha ripreso la scena dell’arresto. Una squadra ha comunicato all’altra che Carminati stava uscendo di casa con la sua smart. Un carabiniere dice di andare piano. All’inizio non riescono a vederlo: “Non lo vedo, non lo vedo”, urla un militare, ma il collega è più veloce: “Sta guidando”, dice. Ed eccolo l’uomo che per quattro anni è stato seguito, intercettato quasi mai, perché lui sa IN CAMPAGNA Per prevenire la fuga a Londra i militari sono entrati in azione domenica e l’hanno bloccato mentre viaggiava su una Smart che al telefono non bisogna parlare. Per poter registrare la sua voce, gli investigatori hanno dovuto mettere le cimici nelle auto e nei luoghi che frequentava. “Scendi, scendi da questa cazzo di macchina!” urlano i carabinieri, e Carminati esce, alza le mani e rivolge un pensiero al figlio. “Lo hanno bloccato, lo hanno bloccato”, dicono i militari. Così finisce la corsa dell’ultimo re di Roma. Da cinque giorni si trova a Regina Coeli, cinque giorni durante i quali sembra che non abbia parlato quasi per niente. L’unica cosa che ha fatto, dinanzi agli inquirenti, è allargare le mani: “Prima o poi doveva succedere”, ha detto. E infatti è successo. Si è riservato di rispondere alle domande dei magistrati che volevano sentirlo nei giorni scorsi. Altre due parole con il pm Ielo: “Lei è stato a Milano, non tifava mica per il Milan?”. L’ACCUSA è pesante: per i pm è il capo della mafia capitale, l’organizzazione che tiene sotto scacco Roma da anni, che ha contatti con il mondo politico, con pubblici ufficiali, imprenditori collusi e anche con i servizi segreti. Personaggi che si incontravano nel “mondo di mezzo”, come teorizza Carminati. “Sopra ci stanno i vivi e i morti sotto e noi stiamo nel mezzo. Un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano”. E che adesso si è trasferito a Regina Coeli. Twitter @PacelliValeria In carcere “Giovannone”, il volto nuovo DE CARLO SI È COSTITUITO A FIUMICINO. DIOTALLEVI, LEGATO ALLA MAGLIANA: “TEORICAMENTE IL BOSS SONO IO, MATERIALMENTE LUI“ di Marco Lillo educazione ‘sentimentale’ di ErL’ nesto Diotallevi al figlio ci permette di conoscere meglio Giovanni De Carlo, per tutti a Roma “Giovannone”. Non è indagato per mafia nell’inchiesta “Mondo di mezzo” ma sarebbe un boss a Roma, secondo uno che se ne intende: Ernesto Diotallevi, a lungo ritenuto il trait d’union tra la Banda della Magliana e Cosa Nostra e infine assolto. “Il 21 dicembre 2012, alle ore 17:14, nell’autovettura Fiat Panda in uso a Diotallevi”, scrivono i pm romani Paolo Ielo, Michele Prestipino e Luca Tescaroli, “veniva registrata una conversazione tra questi e il figlio Leonardo”. Il trentenne voleva sapere chi fosse il boss dei boss a Roma e sognava di farsi vedere con lui. Da ieri, comunque, anche De Carlo, romano, 39 anni, è in carcere: si è costituito all’aeroporto di Fiumicino, dove è sbarcato da Doha (Qatar) rinunciando alla latitanza. QUEL 21 DICEMBRE Leonardo Diotal- levi, scrivono i pm, “chiedeva al padre chi fosse il ‘super boss dei boss... quello che conta più di tutti’. Il padre, credendo che il figlio facesse riferimento al territorio della capitale rispondeva: ‘Teoricamente so’ io... teoricamente… materialmente conta Giovanni’”. E il figlio: “‘No a Roma... ho capito... non dico a Roma... in generale... in Italia...’, ricevendo come immediata risposta: ‘Ma per me ... rimane Riina.. chi vuoi che sia?...Riina’. La conversazione – proseguono i pm – induce a ipotizzare che gli interlocutori abbiano fatto ri- ferimento all’organizzazione criminale ‘Cosa Nostra’, che ancora vede a capo, benché detenuto, Salvatore Riina (...). Diotallevi riconduce a se stesso la carica più importante, che assume di aver conservato formalmente, ma evidenzia che ‘materialmente conta Giovanni’”. Gli investigatori gli danno credito per via del curriculum, riportato nell’ordinanza. Diotallevi secondo i pm romani è in contatto con Massimo Carminati, con il quale “appariva coinvolto, attraverso il suo uomo di fiducia, Riccardo Brugia, in un affare immobiliare a Riano” e in passato era legato al boss della Magliana degli anni 70, quel Danilo Abbruciati che teneva i rapporti con i siciliani e troverà la morte mentre sparava su una moto a Milano al vicepresidente del Banco Ambrosiano Roberto Rosone. Diotallevi è stato imputato e assolto nel processo per l’omicidio di Roberto Calvi a Londra. L’altro figlio di Diotallevi, Mario, secondo un pentito è stato “battezzato” dal cassiere della mafia a Roma, quel Pippo Calò, condannato a vari ergastoli, processato e assolto sempre sia con Carminati per l’omicidio Pecorelli sia con Diotallevi per l’omicidio Calvi, ma ritenuto il cassiere della mafia e arrestato a Roma con un boss in casa. La moglie di Mario Diotallevi lo definisce in un’intercettazione “il padrino” di suo marito. Insomma, secondo i pm Diotallevi non parla a vanvera. “Ciò faceva presupporre – scrivono – un’evoluzione dell’originario gruppo romano di Cosa Nostra, rappresentato evidentemente da Diotallevi, il quale, se da una parte non poteva far decadere le cariche ricoperte in passato, dall’altra non pote- va non prendere atto del nuovo equilibrio di potere, a prescindere dall’effettiva appartenenza a Cosa Nostra. Tornando alla conversazione, Leonardo insisteva col padre: ‘No, chi sta libero? Chi c’ha il comando di tutto... chi può decide’ tutto... chi ci può avere una squadra di cento uomini dietro?’”. Diotallevi senior ha un’idea del nuovo capo di Cosa Nostra a Roma ma non dice il nome, fa solo l’identikit: “‘Ci potrebbe essere uno... non so se sta carcerato... se sta libero... potrebbe essere quello che ha preso il posto del Compare... è un bravo ragazzo... ma quello se è quello che dico io... non lo conosce nessuno’, dove per ‘compare’, verosimilmente, ci si riferisce al famigerato Giuseppe Calò, capo mandamento di Porta Nuova, membro della commissione provinciale di Palermo, stabilmente insediatosi a Roma sin dal 1973, ove veniva tratto in arresto il 30 marzo 1985”. A questo punto il figlio dice che gli piacerebbe tanto mostrare a tutti i suoi rapporti con il boss innominato. Ecco il dialogo, sembra una fiction di Sky. Ernesto: è un bravo ragazzo... BELLA VITA Gli hanno sequestrato case, società e uno stabilimento balneare. L’avvocato ora indagato gli diceva: “Non tocca’ la Ferrari” Leonardo: eh... questa è una cosa che mi piacerebbe... per divertirmi... fammi vedere con quello in giro...(ride) Ernesto: ma quello, se è quello che dico io, non lo conosce nessuno eh Leonardo: eh... ma chi è dentro... e può informarsi... e può sape’... Ernesto: no... Leonardo: tipo ’ sti avvocati... Ernesto: eh.. ormai so rima... no, no Leonardo: no, perché questo hai sentito? ... voleva cerca’ Giovanni da Met (un ristorante romano frequentato anche da calciatori in piazzale di Ponte Milvio, ndr) uno abita ai Parioli no?... pensa questo viene da Met con Giovanni... eh... poi... (incomprensibile)... ciao eh...ma lo sai chi è quello? Giovanni così... uhmhh... Ernesto: Giovanni dopo un minuto gli lecca il culo... INSOMMA, LA MAFIA siciliana conta sempre più di tutti. De Carlo, va precisato, non è indagato per associazione mafiosa ma solo per trasferimento fraudolento di beni. I pm gli contestano l’aggravante mafiosa ma il gip non l’ha CON BELEN Giovanni De Carlo (con la barba al centro) a una festa con Belen Rodriguez Facebook recepita nel provvedimento di arresto. Gli hanno sequestrato un patrimonio che comprende beni intestati a terzi: lo stabilimento Il Miraggio di Fregene (Roma), un centro estetica in viale Liegi nella capitale, un distributore a Cisterna di Latina, società immobiliari anche londinesi e molte case a Roma. Si presenta come un ricco imprenditore: si fa fotografare al ristorante Assunta Madre mentre festeggia un compleanno con Belen Rodriguez al ristorante Assunta Madre e gira in Ferrari, facendo impazzire il suo avvocato, Pierpaolo Dell’Anno, ora indagato anche lui. “Giova’ non è che sei uno non noto! Sei notissimo! Questi qua... rosicano come matti perché .. perché tu non esisti!! Allora tu... per esempio perdonami... la Ferrari non la devi tocca’!”. I pm aggiungono che Dell’Anno “lo esortava a fare in modo che le proprie disponibilità potessero essere ricondotte a una lecita attività lavorativa”: “Cominci a lavora’ e finisce la questione!” e aggiungeva “perché dopo ce stanno altre conseguenze giuridiche (...) pensano che tu sarai... non lo so... il referente de Totò Riina”. De Carlo, comunque, aiuta gli amici. In un’altra conversazione Ernesto Diotallevi racconta al figlio Leonardo, riferendosi a recenti difficoltà economiche, che “l’unico che mi ha domandato se c’avevamo bisogno di soldi è stato Giovanni! ”. E il figlio: “Giovanni la cosa più importante che c’ha nella vita so’ i soldi”. De Carlo è indagato anche per favoreggiamento perché avrebbe trovato, grazie all’indicazione di Carminati, la microspia nello studio dell’avvocato. 4 ROMANZO CRIMINALE VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 F”Sciacallo eroci (Caritas): chi specula sugli ultimi” MONSIGNOR Enrico Feroci, direttore della Caritas romana, li definisce “sciacalli”. E parla della rete criminale, scoperta dall’inchiesta “Mafia Capitale”, che non ha esitato a speculare anche sulla condizione degli immigrati. A proposito della frase intercettata dalle forze dell’or- dine “Si fanno più soldi con gli immigrati che con la droga” mons. Feroci commenta ai microfoni di Tg2000: “Sentendo queste parole mi è venuta in mente un’altra intercettazione; quella legata agli affari sul terremoto dell’Aquila. Muoiono le persone, tanto dolore, cadono le case, sconcerto, ma quello che ci ha sconcertato di più è stato sentire le risate delle persone; si parlavano e dicevano: adesso noi ci faremo il guadagno sopra... oppure vedere persone che andavano nelle case a rubare. Li chiamavamo sciacalli”. Oggi, prosegue il sacerdote il Fatto Quotidiano direttore della Caritas di Roma “credo che la parola che si debba utilizzare per queste persone che utilizzano gli ultimi, i poveri per fare interessi, sia la parola sciacallaggio. Purtroppo, la dobbiamo dire e quanto accaduto ci deve spingere ad un esame di coscienza”. di Salvatore Cannavò S to male nel vedere il mio nome messo vicino alle schifezze che ci sono. Sono indignato”. La reazione di Giuliano Poletti di fronte alla foto che lo vede a tavola con una parte dei componenti di “Mafia Capitale”, è netta. L’immagine ha fatto il giro di giornali e tv e raffigura il ministro, all’epoca (2010) presidente di Legacoop, insieme a Salvatore Buzzi, Gianni Alemanno, Franco Panzironi, Daniele Ozzimo e altri protagonisti di que- sta storia criminale. “È intollerabile”, dice il ministro, vedersi associato a certe persone e a certe “schifezze”, “è ovvio che chi ha un ruolo pubblico incontri tante persone. Ero convinto che Buzzi fosse una persona perbene”. La reazione è comprensibile, soprattutto dopo la lettura, ieri mattina, dell’articolo di Roberto Saviano, su Repubblica, con cui lo scrittore chiede al ministro di “spiegare quella cena”. EPPURE, DI FOTO CON SALVATORE BUZZI, Po- L’AMICO IN PRIMA PAGINA La copertina del “magazine” della cooperativa “29 giugno” con Salvatore Buzzi e Giuliano Poletti, l’uno accanto all’altro UNA COPPIA DI FERRO Il giornale della “29 giugno” esibisce la foto di Poletti anche nel numero dedicato al bilancio del 2012. Nel quale figura anche un’intervista “esclusiva” del ministro letti ne ha fatte altre. Più volte. Basta prendere il Magazine della cooperativa “29 giugno”, la creatura dell’uomo del Pd che, secondo l’accusa, “si occupa della gestione della contabilità occulta della associazione e dei pagamenti ai pubblici ufficiali corrotti”. La foto di Poletti campeggia proprio accanto a quella di Buzzi nel numero dedicato all’approvazione del bilancio 2013. Nell’editoriale di apertura, Buzzi spiega la scelta di dedicare la copertina a Poletti non è casuale, e “all’amico ministro” invia un caloroso saluto. Giuliano Poletti, all’epoca della NEGLI ANNI HA FREQUENTATO PIÙ VOLTE LA “29 GIUGNO”. OGGI SI DICE “INDIGNATO DELL’ACCOSTAMENTO” cena, era ancora il presidente della Legacoop e quindi, come spiegano anche nella potente associazione na- to il sistema delle cooperative. Il rapporto con assemblee; al governo Renzi affinché possa rea- “29 giugno” ha, a quella data, linee di credito già zionale, era piuttosto normale che presenziasse Buzzi è così solido che ancora, nel 2014, in oc- lizzare tutte le riforme che si è posto come obiet- aperte per 18,8 milioni. Buzzi invia la lettera “per alle assemblee delle strutture associate. La cosa casione dell’approvazione del bilancio 2013, tivo, l’unico modo per salvare il nostro Paese conoscenza” a due persone: al presidente della Repubblica (niente di meno) ma anche al precuriosa, però, è che anche l’anno precedente, Po- l’uomo, già in cella per omicidio (uscito dal car- dalla stagnazione e dall’antipolitica”. sidente di Legacoop, Giuliano Poletti. Per far caletti abbia trovato il tempo di andare alla “29 cere e in grado di creare la nuova attività) non giugno”. La Legacoop conta 12.234 cooperative, dimentica l’amico, ormai ministro, e conclude la POLETTI NON È INDAGATO e non ha compiuto pire l’importanza della propria situazione, poi, ma nella struttura romana, che si è rivelata uno sua relazione con un “augurio di buon lavoro: al nessun illecito. Buzzi, probabilmente, lo ha uti- invia a Cimbri la relazione di approvazione del dei pilastri del sistema della banda Carminati, i ministro Giuliano Poletti, nostro ex Presidente lizzato come fiore all’occhiello da esibire in pub- bilancio, sottolineando che questa “si è tenuta rapporti sono più che buoni. E infatti, la sua foto nazionale che più volte ha partecipato alle nostre blico. Particolare che si può desumere da un al- alla presenza del presidente nazionale di Legatro particolare. Nell’ottobre del 2013 il presiden- coop Giuliano Poletti e dell’ad di Banca Prossi ritrova nella prima pagina te della “29 giugno” scrive all’amministratore del sima, Marco Morganti”. Sarà proprio Banca della rivista, ancora accanto a gruppo finanziario Ugf (Unipol), Carlo Cimbri Prossima, del gruppo Intesa Sanpaolo, speciaBuzzi. Questa volta, inoltre, nel per lamentare il mancato ottenimento di un fi- lizzata in progetti “no profit”, a mettere a dinumero del Magazine, trovia- OBIETTIVI nanziamento. “Troppo esposti” risponde l’Uni- sposizione la propria piattaforma Terzo valore, mo anche una sua intervista Il socio occulto di Carminati, che gestiva l’associazione pol alla richiesta di un prestito a medio termine per un progetto di raccolta fondi da 900 mila “esclusiva” in cui indica nel sidi 800 mila euro. I debiti della cooperativa, in euro avviato dopo il rifiuto di Unipol. stema delle cooperative sociali no profit, usava il presidente di Legacoop da sponsor effetti, ammontano a 18 milioni e con Unipol la Per Poletti non c’è nulla da sospettare, le cose gli un orizzonte obbligato per tut- con la Unipol e per farsi pubblicità all’esterno POLETTI, ROVINATO DA UNA COOP RITORNI Frodo Orfini nella Terra di Mezzo democratica di Fabrizio d’Esposito a Via prosegue senza fine / Lungi “L dall’uscio dal quale parte. / Ora la Via è fuggita avanti, / Devo inseguirla ad ogni costo / Rincorrendola con piedi alati / Sin all’incrocio con una più larga / Dove si uniscono piste e sentieri. / E poi dove andrò? Nessuno lo sa”. LA CITAZIONE è del tolkeniano Signo- re degli Anelli e sembra perfetta per la nuova, ignota missione di Matteo Orfini. Anche perché è presa alla lettera da un pezzo di una decina d’anni fa del sito Left Wing, di cui Orfini è animatore sin dagli ormai lontanissimi tempi dalemiani. E furono proprio gli attuali Giovani Turchi diversamente renziani e capitanati dal barbudo Matteo a riscoprire da sinistra quel Tolkien adorato dai rautiani missini e da tutto l’universo neofascista. Adesso Orfini è cresciuto, è maturo, da segretario della sezione Mazzini (quella di D’Alema nel quartiere Prati a Roma) è diventato presidente nazionale del Pd, e in questo tardo autunno romano gli tocca pure fare il novello Frodo Baggins di un partito finito nel mondo di mezzo fascio- mafioso, trasfigurazione affaristica della terra di mezzo tolkeniana. Sublime il tweet di ieri dello stesso Orfini: “Mercoledì con @ignaziomarino e con nostri circoli ci vediamo al Laurentino 38, dove il Pd deve stare: fuori dal mondo di mezzo, nel mondo reale”. Sulla missione di Frodo Orfini, ennesimo Matteo che ha quarant’anni e fa politica, però gravano numerose incognite. La prima è decisiva. Chi è l’oscuro signore di Mordor, Sauron, che vuole riprendersi l’anello del potere e contro cui dovrà combattere? Il sospetto che serpeggia dall’altro giorno, quando Renzi ha investito Orfini come commissario del Pd romano, è che l’ex dalemiano della sezione Mazzini sia alquanto isolato. Attenzione: isolato ma non alieno in senso flaianesco come il vi- tuperato sindaco Marino. Per un semplice motivo: Orfini è dentro la storia del Partito della Capitale e alcuni deputati sottovoce s’interrogano in maniera perfida: “Questa scelta non la capiamo. Cosa succederebbe qualora gli schizzi di fango dovessero sporcare quelli più vicini a Orfini in consiglio comunale o alla Regione?”. si è corretto, ma l’esordio è stato disastroso”. Le armate antiorfiniane schierate in difesa del loro potere sono note e la più nota di tutta è quella che fa capo a Goffredo Bettini, al quale il ruolo di Sauron calza in modo naturale. Bettini è stato il fine inventore del modello Roma rutellian-veltroniano, sfociato infine nel mortale abbraccio cameratesco con il Carminati del mondo di mezzo. UN MODO DIRETTO, questo, per minare sin dall’inizio il cammino Oggi il Pd romano è una federazione di dell’hobbit di sinistra. Racconta potentati, dove spicca un altro capoun esponente romano del Pd: corrente inguaiato, Marco Di Stefano, “Matteo si è presentato male, ha per una tangente milionaria su due padetto che era tutto da buttare. Poi lazzi affittati dalla Regione. Un’altra inchiesta devastante per il Pd ma incassata con un grande silenLA MISSIONE zio di paura nelle settimane scorse. ChioIl viaggio tra le tribù sa un parlamentare democratico, sempre ostili, rese nervose della Capitale: “Se dalle inchieste sommiamo le presunte tangenti rosse di un politico dell’ordinanza su Carminati non arrinato e cresciuto viamo a un centesimo nel partitone capitolino di quella di Di Stefa- no”. Questione di proporzioni, vero. Ma l’impatto di Mafia Capitale va oltre il romanzo e l’immaginazione. Bettini è stato il grande elettore del sessantenne Lionello Cosentino a segretario del Pd di Roma, dimessosi per fare posto al commissario Orfini. Cosentino venne eletto in una competizione strana, terzo incomodo tra un giovane turco, Tommaso Giuntella, e un renziano, Tobia Zevi. Quando lo seppe, a Massimo D’Alema scappò una battuta delle sue: “Cosentino? È un po’ come se io mi candidassi al circolo Mazzini, diciamo...”. Bettiniani, il caso Di Stefano e poi la frastagliata area centrista, da Gasbarra a Franceschini. Sono in molti quelli che rischiano di pagare la rottamazione coatta (nel senso di forzata) di Frodo Orfini. E insieme a Bettini, un altro arrabbiato sarebbe il governatore Nicola Zingaretti, da una vita indicato come potenziale leader nazionale. La missione catartica nel mondo di mezzo è al via e il 10 dicembre debutterà in pubblico. Il giorno dopo, però, anche Pippo Civati terrà una manifestazione sulla questione morale. Con Giancarlo De Cataldo e Walter Tocci. “E poi dove andrò? Nessuno lo sa”. il Fatto Quotidiano ROMANZO CRIMINALE RAPINA NELLA CAPITALE LADRI CON LA MASCHERA DI D’ALEMA È il segno dei tempi. Due ladri, già conosciuti alle forze dell’ordine, hanno provato l’altra mattina a rapinare l’ufficio delle poste di via Carlo Sereni, nel quartiere Marconi di Roma. Con il volto travisato si sono fatti consegnare 6.000 euro. Uno portava una parrucca di- screta, capelli neri lunghi. L’altro aveva la maschera di Massimo D’Alema, l’ex presidente del Consiglio e ministro degli Esteri. In verità i due soggetti erano sotto controllo da qualche tempo. Il primo, un 47enne era ai domiciliari per una rapina in una clinica romana. Il secondo è una vecchia conoscenza delle forze dell'ordine. Non sono stati presi per caso. I VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 due erano infatti monitorati da settimane. Tanto che per localizzarli era stato installato un Gps sul loro scooter. L’ultima volta che era stata usata una maschera di Massimo D’Alema per una rapina, c’era anche quella di Gianfranco Fini. Oggi l’ex presidente della Camera non tira più nemmeno tra i rapinatori di vecchia data. Buzzi era alla cena del premier all’Eur Portato dal Pd di Roma PAURA PER UNA PROSSIMA VALANGA DI INDAGATI. IL SISTEMA APPARE TROPPO PERMEABILE. A CHI TOCCHERÀ ADESSO? di Wanda Marra S alvatore Buzzi, il gestore degli affari della cupola, colui che aveva il libro paga di ‘mafia capitale’, alla cena di fundraising del Pd di Roma c’era. Portato dal partito cittadino. Magari da Mirko Coratti, allora presidente dell’assemblea capitolina, e ora dimissionario, perché tra gli indagati. Anche lui seduto a uno dei tavoli del serata. Controllo su chi entrava? Sostanzialmente, nessuno. Organizzazione a cura del tesoriere, Francesco Bonifazi e della responsabile Comunicazione del Pd, Alessia Rotta. Con gli elenchi che si aggiornavano ora dopo ora e nessun filtro particolare. “Ci sarà di tutto. Meglio restare fermi al proprio posto e non muoversi. Non sai mai chi ti avvicina, con chi rischi di farti fotografare”, confidavano i dem, prima dell’appunta- Matteo Renzi e Giuliano Poletti Ansa accadono intorno “a sua insaputa”. Il ministro, del resto, nella sua presidenza di Legacoop era sembrato sonnecchioso anche nel caso del coinvolgimento di Manuntecoop, e del suo presidente, Claudio Levorato, nelle inchieste relative a Expo 2015. Anche in quel caso, la casa-madre non riusciva a capire cosa avveniva nella, corposa, periferia del sistema cooperativo. AD ATTACCARE POLETTI non c’è solo la destra ma, soprattutto, il sindacato una volta parte integrante del mondo delle coop. La Cgil sta conducendo da tempo una campagna contro “una progressiva opacità, un’assenza di legislazione sulle cooperative spurie, sul terzo settore” che caratterizza il sistema degli appalti pubblici. In tutti gli incontri sono avanzate richieste in tal senso “ma finora non è accaduto nulla” fanno sapere da Corso Italia. Ieri Susanna Camusso ha ventilato anche la possibilità che Poletti risponda in Parlamento di quanto avvenuto. Anche perché, secondo l’ex assessore della giunta Alemanno, Umberto Croppi, in quella cena si festeggiava “un trucco contabile” tramite il quale il Comune stanziò finanziamenti per le cooperative sociali. Anche di questo Poletti non si è accorto. A ROMA Alfano punta Alemanno È istituzionale il ministro dell’Interno Angelino Alfano: “Quanto sta emergendo dall’inchiesta di Roma - dice al Tg5 - fa emergere uno spaccato davvero drammatico di corruttela e malcostume. Noi dobbiamo continuare a contrastare la corruzione perché rubare è contro il buon senso, contro la morale e contro l’etica pubblica. Non può stare in politica chi ruba”. Ora, stiamo parlando pur sempre di Angelino Alfano, quello eletto per anni in un partito ad alta concentrazione di gente con una certa familiarità con malcostume, ruberie e corruzioni. Ma Alfano adesso parla di Roma, e dice: “Peraltro la serietà del Procuratore di Roma, il suo non essere particolarmente incline al palcoscenico mediatico, mi fa ulteriormente pensare che si tratti di un’inchiesta solida”. Gli auguri finali ad Alemanno suonano come un “in bocca al lupo per il suo elettorato che proveremo a prenderci”. I tavoli al Salone delle Tre Fontane Ansa 7 NOVEMBRE LA KERMESSE Il partito democratico riunisce 1200 persone per una cena di autofinanziamento Salone delle Tre Fontane di Roma. “UN PARLAMENTARE magari por- tava due o tre ospiti. I quali a loro volta ne portavano altri. La segreteria nazionale aveva un elenco parziale, dei primi ‘invitati’. Non di tutti”. Classico sistema di scatole cinesi per le cene di fundraising del Pd, organizzate una a Milano, l’altra a Roma, il 6 e il 7 novembre. Evento in grande, con comizio del premier e 1000 euro minimo di sottoscrizione per i partecipanti. Un migliaio e più a 5 3 DICEMBRE IL PREMIER IN TV A Bersaglio Mobile Renzi garantisce che gli invitati sono stati tutti registrati 4 DICEMBRE ECCO ALCUNI NOMI Buzzi era presente, con Coratti e Ozzimo, Odevaine non ha partecipato mento. Soprattutto quello romano, dove ci si aspettava in blocco l’arrivo di palazzinari e personaggi dubbi. A Roma, il misto affari-politica è sempre stato molto presente e molto scivoloso. Timori e preoccupazioni un mese dopo sembrano più che giustificati. “Non ne ho la più pallida idea”, rispondeva Matteo Renzi a Bersaglio Mobile alla domanda se ci fossero alla cena dell’Eur personaggi coinvolti nell’inchiesta “Mondo di mezzo”. Dallo stesso Salvatore Buzzi, in poi. Ma poi assicurava: “Ci sono gli elenchi. È tutto trasparente”. Ecco, tutto trasparente non è. Il giorno dopo trovare la lista completa è sostanzialmente impossibile. I vertici dem in blocco fanno muro. La lista non si può dare perché serve la liberatoria dei contribuenti, secondo la legge della privacy. Ma gli organizzatori stessi ce l’hanno? Loro provano a dire di sì. Ma per deduzione: perché, i bonifici devono essere stati fatti. “Tutti prima? E davvero da tutti? L’elenco completo non ce l’avrai mai. Se qualcuno si è comprato tutto il tavolo, il tavolo è a nome di un altro. E chi c’era non si sa”, confessavano ieri i renziani. “Buzzi c’era? Non lo so, non so neanche com’è fatto”, la risposta standard a metà giornata. Qualcuno la buttava in politica: “In realtà, essendo il capo delle Cooperative non ci sarebbe neanche stato motivo di tenerlo fuori”. Renzi, per parte sua, ha difeso la necessità e l’opportunità del fundraising: perché, ha spiegato in diretta tv, le cene servivano a evitare la cassa integrazione per i dipendenti democratici. Ma a bubbone scoppiato, dimostrano sostanzialmente una cosa: che il segretario e i suoi non avevano il controllo di chi entrava. E di chi pagava. Non c’erano Luca Odevaine e Eugenio Patanè, assicurano adesso dal Pd. Altre presenze scomode, note e ignote, non si possono escludere. Riccardo Mancini? “Non lo so - dicono dai vertici cittadini - chiedete al Pd Roma”. Un modo per sottolineare la distanza, per marcare la differenza. Renzi e i suoi erano consapevoli che lì in mezzo c’erano tante cose che non tornavano. Ma sono arrivati prima i magistrati. Per esempio, in extremis fu cancellato un tavolo di Marco Di Stefano, indagato dell’ultima ora. Che infatti alla Leopolda moderava un tavolo.Il nervosismo ieri serpeggiava tra dem di vario ordine e grado. Perché - peraltro - l’inchiesta non è finita qui. E tutti si aspettano, che arrivino nuovi indagati e nuovi arrrestati. Dopo il Commissariamento del Pd Roma, si ragiona anche su quello del Pd Lazio. POLITICAMENTE, c’è un filo rosso che unisce la mancanza di rinnovamento e il mancato controllo del partito a livello locale, che va da nord a sud. E mette insieme varie storie e varie questioni. Dall’Emilia Romagna, dove è rimasto in piedi il sistema politico di Errani, al Pd romano, alla Campania, dove trovare un candidato per le primarie spendibile, diverso da personaggi come Andrea Cozzolino e Vincenzo De Luca è molto difficile. Intanto i Dem salvano Azzollini IL SENATO VIETA L’USO DELLE INTERCETTAZIONI. VENDOLA: “ORA RENZI AZZERA IL PD DI PALAZZO MADAMA?” di Sara Nicoli alla discussione della nuova legge elettorale; chiaro, dunque, che nessuno voglia farselo “nel Senato, con il voto di Pd, Lega Nord, Forza mico” in un momento così delicato, soprattutto Italia e Ncd, ha salvato ancora una volta il con l’accelerazione che ha intenzione di imprisenatore Antonio Azzollini, alfaniano, presi- mere Renzi alla manovra che senza l’aiuto del dente della strategica commissione Bilancio di presidente non potrebbe concretizzarsi. In più Palazzo Madama, negando alla Procura di Trani c’era la ferma volontà renziana di non inasprire i (che lo ha indagato per truffa allo Stato, asso- rapporti con gli alfaniani, già tesi sul fronte della ciazione a delinquere, abuso d’ufficio, frode in riforma della prescrizione e sull’Italicum. Eppupubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei re, a sentire gli uomini del Pd che hanno votato a trasporti marittimi e reati ambientali) la pos- favore di Azzollini al Senato, le ragioni sono ben sibilità di utilizzare le intercettazioni che lo ri- altre. E assai più “nobili”: “Abbiamo sempliceguardano nell’indagine sullo scandalo del porto mente richiamato l’applicazione del principio di di Molfetta. Solo Sel e il Movimento 5 Stelle han- legalità - commenta Giuseppe Cucca, capogrupno votato a favore dei magistrati e quindi po Pd in Giunta delle Immunità - perché non si dell’utilizzazione delle intercettazioni, mentre la può chiedere l’utilizzo delle intercettazioni non maggioranza ha tenuto lo stesavendone chiesto, a suo tempo, so asse che si era formato in la preventiva autorizzazione in Giunta per le Immunità, quanragione della conoscenza della do le pressioni di Alfano sul gocarica ricoperta dal parlamenverno avevano indotto anche il tare”. Insomma, una questione Pd a votare per il sostanziale di “regole” che, però, diventano blocco delle indagini. più o meno stringenti a seconda della necessità del momento. I MOTIVI? Azzollini, come si Nichi Vendola l’ha commentadiceva, è il presidente della ta così: “Che farà ora Renzi: azcommissione Bilancio da dove zera il Pd di Palazzo Madama?”. sta per passare la legge di StaTanto per ricordare, su Azzolbilità. E dove ieri sera doveva lini pende un’indagine per preAntonio Azzollini (Ncd) LaPresse sunta maxi-frode da 150 milioarrivare un via libera definitivo I ni di euro legata alla costruzione del nuovo porto di Molfetta (Bari), città in cui Azzollini è stato per molti anni sindaco. Sempre Azzollini, nell’ottobre 2013 ricevette un avviso di garanzia per associazione per delinquere, abuso d’ufficio, reati ambientali, truffa e falso. Disse subito che avrebbe chiarito tutto ai magistrati ma, il mese successivo, convocato in Procura per l’interrogatorio, si avvalse della facoltà di non rispondere. L’INCHIESTA a quanto si apprende è vicina alla conclusione. Secondo la Procura di Trani, il Comune di Molfetta, guidato da Azzollini, sapeva dal 2005 che sui fondali del nuovo porto c’erano decine di migliaia di ordigni bellici inesplosi. Nonostante questo fece finta di nulla: nel 2007 appaltò i lavori per la costruzione della diga foranea e del nuovo porto commerciale, opere finora non realizzate e forse irrealizzabili. Un intervento dal costo iniziale di 72 milioni che col tempo è lievitato a 147 milioni perché era necessario bonificare l’area da proiettili, bombe e fusti contenenti cianuro, iprite, acido clorosolfonico, fosforo e fosgene. Gran parte dei finanziamenti pubblici, col passare del tempo, sono stati distratti dal Comune che li ha utilizzati secondo i pm - per fare un’operazione di maquillage del bilancio cittadino per dimostrare il rispetto del patto di stabilità ed evitare un ipotetico rischio di default. 6 ROMANZO CRIMINALE VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 Z ingaretti blocca tutte le gare in Regione LA DECISIONE arriva due giorni dopo l’inchiesta Mondo di Mezzo: alla Regione Lazio bisogna bloccare tutto, congelare le gare pubbliche per verificare se Carminati e la sua banda sono arrivati anche lì, visto che nelle carte compaiono due nomi di consiglieri regionali: il pdl Luca Gramazio e il pd Eugenio Patanè. Il governatore Nicola Zingaretti ha disposto "un’indagine conoscitiva presso tutte le principali centrali appaltanti della Regione quali Asl, Ater, Centrale Unica e Dipartimenti per conoscere se società legate all’inchiesta abbiano partecipato a gare e a bandi pubblici, e il loro esito”. Nel frattempo, il presidente della Regione ha ordinato "la sospensione il Fatto Quotidiano dell’assegnazione delle gare in corso". "Vista la gravità e l’eccezionalità della situazione - ha spiegato - occorre senza indugio portare alla luce qualsiasi tentativo di aggressione o infiltrazione possibile e nel caso fare chiarezza, mettendo a disposizione della Procura tutte le informazioni acquisite”. Marino “risorge” Dal Pd al prefetto tutti col Marziano DOPO LA BUFERA IN CAMPIDOGLIO, CI SI AGGRAPPA AL CARRO. PECORARO PRIMA LO AFFOSSA, POI DICE: “GLI SERVE LA SCORTA” di Paola Zanca A bbiamo subìto un’aggressione. Ora mi spiego anche tanti attacchi degli ultimi mesi”. È mercoledì pomeriggio e Ignazio Marino ha davanti il gruppo del Pd in Campidoglio. Non esattamente una platea amica, visto che da tempo i rapporti tra il marziano della Panda rossa e la maggioranza che lo ha eletto sono sfilacciati e velenosi. Ma ora fuori c’è la bufera. E chi è rimasto in piedi può solo stringersi e sperare che il vento si calmi. Così, di fronte ai consiglieri democratici, il sindaco di Roma adesso alza la testa. È “molto carico”, racconta chi ha partecipato all’incontro, e “convintissimo di uscire rafforzato da questa storia”. Il suo staff è stato solo sfiorato dal mondo di mezzo, visto che Mattia Stella, unico dei suoi a essere avvicinato dal gruppo criminale, non è indagato. Il sindaco ha chiesto e ottenuto la sponda del commissario anticorruzione Raffaele Cantone. Nelle intercettazioni, i sodali di Carminati lo descrivono come quello di cui nun se fida nessuno, e in serata è arrivata pure la medaglia del prefetto Giuseppe Pecoraro: “È preoccupato per la mia incolumità personale – fa sapere Marino – e mi ha chiesto di rinunciare ad andare in bicicletta e ad accettare la protezione che ho sempre rifiutato”. LA GIORNATA, per la verità, era cominciata maluccio. Lo stesso prefetto che adesso si preoccupa per la sicurezza del sindaco, di prima mattina gettava benzina sul fuoco. In un’intervista con titolo a sei colonne sul Tempo, Pecoraro diceva: “Sciogliere il Comune per mafia? Credo che ci siano i presupposti”. E il borbottio in Campidoglio non si era riuscito a trattenere. Non solo perché – come ha notato il capogruppo di Sel alla Camera Arturo Scotto – Pecoraro affida le sue riflessioni “a un quotidiano il cui direttore, apprendiamo da notizie di stampa, si incontrava con il boss Carminati”. Ma soprattutto perché il prefetto, di responsabilità, a Roma ne ha avute parecchie. Alemanno gli affidò pezzi di città importanti. Tanto che il deputato Pd Marco Miccoli, all’epoca segretario romano del partito, lo chiamava “il vero sindaco”, visto che si occupava di “sicurezza, rifiuti, piano rom e decoro”. Per due anni – tra il 2009 e il 2011 – è stato commissario straordinario per l'emergenza nomadi. Lui aveva messo a punto il Piano, mentre il “soggetto attuatore” era il direttore del V Dipartimento, Angelo Scozzafava. Nelle carte dell’inchiesta, il nome di Scozzafava ricorre parecchio: per Buzzi e Carminati è punto di riferimento costante – almeno dal 2012 – per conoscere le mosse del Comune e fare pressioni per i loro affari. Sarà pure un Comune da commissariare, questo il ragionamento che monta nel Pd romano, ma nemmeno il prefetto in quegli anni si è mai accorto di nulla. Ora, i nomi Il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro con il sindaco Ignazio Marino Ansa IL PASSATO Il prefetto parla di “scioglimento” per mafia, ma per almeno due anni ha guidato l’emergenza nomadi coinvolti nell’inchiesta sono fuori dal Campidoglio, visto che anche Walter Politano – a capo dell’anticorruzione, ma in rapporti con la banda – è stato rimosso l’altro ieri da Marino. Dopodiché, al Don Chisciotte del Campidoglio, per ora, è stato consigliato di fermarsi un attimo. A cominciare dal rimpasto. ERA PRONTO a sfornare la nuova giunta, chiesta a gran voce dopo la rivolta anti-immigrati di Tor Sapienza, ma di questi tempi non sai mai chi ti metti in casa. Per dire, alle Politiche Sociali al posto di Rita Cutini doveva arrivare Daniele Ozzimo: le carte dell’inchiesta Mondo di Mezzo, però, nel frattempo hanno svelato che la prima era considerata dalla banda un ostacolo agli affari criminali, mentre il secondo era indicato dal braccio sinistro di Carminati, Salvatore Buzzi, come un referente utile agli interessi dei malavitosi. Per Ozzimo, nella riunione di ieri, si sono levati gli scudi di tutti i consiglieri Pd, e anche il sindaco si sarebbe detto convinto che la sua posizione verrà stralciata. Diverso l’atteggiamento nei confronti di Mirko Coratti, fino all’altro ieri presidente dell’assemblea capitolina ora indagato perché a libro paga del sodalizio. Nella riunione di ieri, Marino ha già fatto il nome del suo candidato per occupare quel posto: Valeria Baglio, consigliera del Pd indicata come filo-renziana. Il sindaco l’ha messa giù dura: prendere o lasciare, non mettetemi i bastoni tra le ruote, altrimenti vi mollo. LEGAMI DI FAMIGLIA Buzzi, da trent’anni a casa Marroni o sono incazzato nero con Salvatore Buzzi. I Ora chiuderanno tutti i rubinetti perché lui e quegli altri gozzovigliavano sui poveri cristi. Io sono incazzato nero perché ci ha traditi tutti. A cominciare da quella straordinaria donna che era Leda Colombini. E voglio sperare che nessuno della famiglia Marroni sia coinvolto in questa storia”. La furia di Lillo Di Mauro è difficile da mettere nero su bianco. Nella cupola del mondo di mezzo, ci sono persone che conosce da trent’anni e pensava che fossero a braccetto con lui, quando lavoravano dentro e fuori dai penitenziari del Lazio. La “madre” di tutti loro era Leda Colombini: staffetta partigiana, comunista, ogni giorno – anche l’ultimo – volontaria nelle carceri. Salvatore Buzzi, però, prima di lei conosce suo marito, Angiolo Marroni. All’inizio degli anni Ottanta è vicepresidente della provincia di Roma e il detenuto Buzzi gli scrive per spiegargli che ha in mente un progetto: delle cooperative che diano lavoro a chi sconta una pena e vuole rifarsi una vita. La 29 giugno nasce così. E finisce al servizio di Massimo Carminati. Siamo tornati a trent’anni fa, e a Leda Colombini, perché è lì che a Salvatore Buzzi viene aperta la porta di casa di una delle fa- miglie storiche della sinistra romana. È lì che il detenuto che non è “portatore di proposte politiche” si affaccia al mondo che gli ha portato una fortuna. Dall’incontro con Marroni, nascono i rapporti con Mario Di Carlo, con Loredana De Petris, con Giusy Gabriele e poi con tutta la squadra di Francesco Rutelli: “Il fatto di conoscerci prima - ricorda Buzzi semplificò molto il dopo”. E ancora oggi, a sei lustri di distanza da quell’incontro del 1984, è a casa Marroni che Buzzi bussa per i suoi affari. Stavolta, c’è la nuova generazione. Umberto è il figlio di Leda e Angiolo, e per lui la 29 giugno è roba di famiglia. Niente di strano, dunque, nel fatto che Salvatore Buzzi gli porti voti, spinga per la sua candidatura alle primarie, solleciti emendamenti e dica: co’ Umberto ce posso parla’ io. NEL FRATTEMPO , infatti, anche Umberto si è buttato in politica: consigliere comunale dai tempi di Rutelli, il figlio di Angiolo – in linea con il padre – è considerato esponente di spicco dei dalemiani romani. Di amici, nel Pd dei giorni nostri, ne ha davvero pochi. Dicono che le correnti, a Roma, se l’è inventate lui. Fu il primo, raccontano, a farsi il manifesto elet- ANGIOLO MARRONI Oggi è il Garante dei detenuti del Lazio. Nel 1984 conobbe Salvatore Buzzi nel carcere di Rebibbia, fu lui ad aprirgli le porte della politica torale con il suo nome e sotto l’elenco dei candidati circoscrizionali che facevano tandem con lui (oggi è la norma). “Un sistema di rapporti pericoloso, che prima usavano solo i democristiani – insistono – perchè in quella struttura di voti a piramide è ovvio che a un certo punto non sai più chi ti porti dietro: sono portatori d’acqua, e non solo d’acqua”. Da sempre, raccontano ancora i compagni di viaggio, ha “rapporti importanti” e “fa lobby”. Alle elezioni comunali del 2008 fa il pieno di voti: 7636 preferenze. E il più votato di tutti, diventa capogruppo quasi in automatico. È lui - restato nell’ombra per tutti gli anni di Veltroni, con cui non ha mai avuto un buon rapporto - che guida il Pd nell’era Alemanno. Ottima strada per attirarsi nuove antipatie. Lo chiamano “il delegato del Sindaco all’opposizione”, per intendere che in aula Giulio Cesare fa grandi sceneggiate, ma dietro le quinte ha un dialogo costante con i vertici del centrodestra capitolino. I rapporti con il gruppo si rompono definitivamente sulla nomina del consigliere di minoranza nel cda di Acea: Marroni sceglie Andrea Peruzy, il gruppo lo affronta in una riunione drammatica e lo sfiducia. Ma lui resta capogruppo, “congelato” ma sempre capogruppo. SALVATORE BUZZI Ex detenuto, fondatore della cooperativa 29 giugno. Nell’inchiesta è il braccio sinistro di Massimo Carminati A TAVOLA Salvatore Buzzi, Angiolo e Umberto Marroni: tutti e tre alla cena che ha messo in imbarazzo il ministro Poletti Oggi è diventato deputato ed è Buzzi a decretare al telefono che “colle cose del Comune non c’entrerà più niente, eh!”. Deve essersi convinto anche lui, che il passato era una porta chiusa: “Mi sembra assolutamente evidente - dice a proposito dell’inchiesta Mondo di mezzo - che ci troviamo di fronte ad affermazioni fantasiose o come purtroppo avviene in alcuni casi di millantato credito . Se qualcuno in quegli anni ha approfittato delle nostre battaglie politiche e della nostra buonafede - insiste Marroni - è bene che la magistratura accerti tutte le responsabilità e faccia il suo corso”. pa.za. UMBERTO MARRONI Figlio di Angiolo e di Leda Colombini, anche lei storica attivista per le carceri. Deputato Pd, Buzzi lo considera suo referente ROMANZO CRIMINALE il Fatto Quotidiano A nna M. Denaro: “Non sento mio fratello da 20 anni” “NON VEDO E NON SENTO mio fratello Matteo da più di vent’anni. Non faccio parte di Cosa Nostra. Non ho commesso estorsione in danno di Girolama La Cascia: era stata la mia madrina Caterina Bonagiuso a dirle di darmi una parte dell’eredità, 70 mila euro, che ricevetti con tre assegni che depositai in banca. Se questa è un’estorsione, l’ho proprio fatta male”. È così che davanti al Tribunale di Marsala (presidente Gioacchino Natoli) si è difesa Anna Patrizia Messina Denaro, sorella del boss latitante, imputata, con le accuse di associazione mafiosa ed estorsione, nel processo scaturito dall’operazione “Eden” del 13 dicembre 2013. “La mia madrina – ha proseguito la sorella del boss, ancora detenuta – non mi citò nel testamento perché aveva il timore che la donazione potesse essere confiscata dalla magi- VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 7 stratura. Io pago per il cognome che porto, ma di cui sono orgogliosa”. Sposata da vent’anni con Vincenzo Panicola, condannato in primo grado per mafia, la sorella del boss di Castelvetrano ha accusato il cugino acquisito, Lorenzo Cimarosa, e Giuseppe Grigoli (ex “re” dei supermercati Despar) di lanciare accuse contro i Messina Denaro “solo per salvarsi dal carcere”. MANCINI, QUEL “MAIALOTTO” CHE VOLEVA LA FORMULA1 ALL’EUR ANNUNCIAVA PIANI DEGNI DI ROOSEVELT. CARMINATI: “CE STÀ A PASSÀ I LAVORI BUONI” di Marco Lillo P er misurare il fallimento della destra romana di Gianni Alemanno, bisogna mettere a fuoco la figura di Riccardo Mancini, nominato amministratore delegato di Eur Spa, una società per azioni al 90 per cento del Ministero dell’economia e al 10 per cento del Comune di Roma che vanta un patrimonio di 800 milioni di euro. L’8 dicembre del 2010 in un’intervista al Sole 24 ore Mancini annunciava un piano di opere che oggi fa venire i brividi: “L’Eur ha bisogno di un grande progetto di riqualificazione anche in considerazione dei progetti in cantiere, dalla Nuvola di Fuksas al secondo polo turistico alla Formula 1” e poi giù un piano degno di Roosevelt: ponte delle tre fontane, ponte dei Congressi, svincolo degli Oceani e poi interramento della Colombo, il tutto con il coinvolgimento dei privati. ALLORA Mancini sembrava l’uomo forte del sindaco forte, in grado di portare i bolidi della Formula 1 a sfrecciare sotto i cristalli del nuovo Palazzo dei Congressi. Le intercettazioni del Ros dei Carabinieri guidato dal generale Mario Parente ci svelano come funzionava davvero l’Eur nell’era di Alemanno. Emblematica la storia del credito del consorzio Eriches 29, quello di Salvatore Buzzi, socio in affari di Carminati. Il 7 dicembre del 2012 era da poco uscito l’Espresso con in copertina la foto di Carminati e questo ritratto firmato da Lirio Abbate: “Tutti hanno paura di lui. Ed è grazie a questo terrore che oggi Massimo Carminati è considerato l’ultimo re di Roma”. Ecco cosa gli chiede il presidente della cooperativa rossa Buzzi dopo aver commentato l’articolo. Salvatore Buzzi (S): Io guarda ho sentito, ho sentito l’amministratore (di Eur, Mancini, ndr) proprio poco fa al telefono e ho detto ‘aho te ricordi sti pagamenti’, ‘ahhhh’ e me fa’ ‘ahhh’... eh va be’. Massimo Carminati (M): E mo mo o famo strilla’ come un’aquila sgozzata. S: Ho sentito Carlo Pucci (manager di Eur Spa) pure anche perché ce devono pagà ancora la fattura di 152. M: No, e certo e quella ma che aspettano? Quella è robba vecchia. L’11 DICEMBRE 2012 Buzzi ri- chiama Carminati dopo avere parlato con Mancini, che viene fatto oggetto di insulti relativi alla sua stazza. S: Ieri ho sentito il nostro amico por- cone... quello che tu dici il maialotto no? Eh... per pagarci la fattura che mancava all’appello vuole lo sconto anche su quella gli ho detto: ‘scusa ma agli altri non glielo chiedi lo sconto a me me lo devi chiede lo sconto?’ M: No va be’ ma lo sconto... non scherziamo... gliel’hai detto? A QUEL PUNTO Carminati va a parlare con il manager del marketing di Eur Spa, (il tabaccaio di viale Europa) Carlo Pucci, arrestato martedì, il quale si schiera subito con il più forte. Il boss chiama Buzzi con al fianco Pucci e dice: “Eh.. .dice che ha parlato con l’ad (Mancini, ndr) ieri che gli ha detto di no gli ha detto i sette e mezzo il porco”. Allora si sente la voce di Pucci in sottofondo che sembra un agnello che imita il lupo: “Ma che... non rompesse il cazzo” e Carminati gli fa eco: “Ma non rompesse il cazzo... eh... PARLA IL BOSS Sennò viene qua il Re di Roma... tu sei un sottoposto... è il Re di Roma che viene qua, io vado... entro dalla porta principale... vede io che gli combino... tu... tu adesso dopo ti chiama lui e ti dice (...) non famo sconti a nessuno qua”. L’ad di Eur Spa tenta di resistere e il 14 dicembre 2012 Carminati allora chiama Pucci e gli intima di dire a Mancini di pagare tutto e subito: “Sennò viene qua il Re Di Roma... tu sei un sottoposto... è il Re di Roma che viene qua, io vado... entro dalla porta principale... vede io che gli combino... a me non mi rompesse il cazzo... a me chiudesse subito la pratica là”. I pm chiosano: “Il riferirsi al Mancini come ‘sottoposto’ non lasciava dubbi sul fatto che il Carminati confermasse con l’interlocutore le conclusioni operate in quell’articolo dalla stampa”. IL GIORNO PRIMA al suo brac- cio destro Riccardo Brugia, Carminati aveva raccontato il ruolo di Mancini (“Er ciccione, è lui che ce sta a passa’ i lavori buoni perché funzioni questa cosa”) e poi di averlo picchiato per riportarlo agli ordini: “Ma io poi... io... gli ho menato eh?”. Non tanto un pestaggio ma uno sfregio, l’ennesimo, per l’ex uomo forte della Roma di Alemanno, come lo definivano i giornali. Buzzi aveva un credito verso una Spa pubblica, come migliaia di imprenditori. Ma lui ottiene il pagamento il 19 dicembre 2012 “nel pomeriggio, dopo vari contatti di Buzzi con Antonio Lucarelli, capo segreteria del sindaco di Roma, arrivava la notizia che era stata reperita la somma di euro 390 mila. La circostanza veniva comunicata direttamente a Buzzi da Mancini”. E da Buzzi a Carminati. Altro che sblocca Italia. Carminati ha ormai Mancini in pugno. Il boss sceglie l’avvocato e la linea difensiva di Mancini per lo scandalo filobus nel 2012-2013. Dopo l’ar- PALERMO Cani impiccati a casa di Pino Maniaci uove intimidazioni ai danni del giornalista di N Telejato Pino Maniaci: dopo l’auto bruciata, qualche giorno fa, nella notte di giovedì sono stati impiccati i suoi cani. A darne notizia è il deputato del Partito democratico e componente della Commissione parlamentare Antimafia Davide Mattiello, che dice: “Non sono bravate. Temo che queste violenze siano collegate alle più recenti richieste giornalistiche di Maniaci che da tempo si concentrano su rapporti poco chiari nella gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia, nel palermitano”. Il giornalista è stato recentemente ascoltato in commissione Antimafia nell’ambito dell’inchiesta sui giornalisti minacciati, coordinata dal deputato Claudio Fava, ed è entrato nel merito delle sue inchieste giornalistiche, collegate anche al lavoro che la commissione sta portando avanti sulla amministrazione giudiziaria di Italgas. In serata il premier Matteo Renzi ha telefonato a Maniaci e ha espresso “solidarietà, vicinanza e apprezzamento per l’impegno coraggioso contro la mafia e la criminalità organizzata”. resto per le mazzette teme che parli di lui: “Ce la fa a tenersi il cecio al culo secondo te? No! Non ce la fa”. Tanto che, prima dell’arresto lo vanno a intimidire, come dice Buzzi a un amico: “Prima che se l’annavano a piglià, gli avemo detto: ‘Cioè o stai zitto e sei riverito o se parli poi non c’è posto do’ te poi andà a nasconne’. Semo annati a pijà na settimana prima che succedea per ricordarglie” . L’amico completa: “Com’è la vita”. Dopo quell’arre- sto Mancini non ha parlato di Carminati. Il boss raccontava a Buzzi che in carcere lo aveva aiutato con le sue amicizie: “Là dentro gli ho fatto trovà un poco di calore”. Ora Mancini è di nuovo dentro, per ora non parla, ma Carminati sta come lui. Riccardo Mancini. Sotto, Massimo Carminati Ansa LO “STROZZO” Botte da Urbe: “Me devi da’ li sordi o te spezzo il collo” di Enrico Fierro afia Capitale, mafia M vera. Un’organizzazione che ha poco o nulla da invidiare alle consorelle presenti in Sicilia, Calabria e Campania. Una struttura che ha un capo, Massimo Carminati, capace di vivere sulla strada (“Perché nella strada comandiamo sempre noi, nella strada tu avrai sempre bisogno di noi”), ma anche di frequentare i salotti della politica romana. Quelli che contano. UN BIG-BOSS che ha nel suo dna criminale la capacità di navigare anche nelle acque più torbide degli apparati dello Stato, e che oggi sa come salire e scendere le scale del Campidoglio. “Bisogna bussacchiare al Comune”, consiglia ai suoi, perché lì c’è Luca Gramazio, il figlio der Pinguino, solidissime radici fasciste pure lui, “un amico mio”. Bussacchiare, ma alzare la voce quando serve per farsi capire. “Teneteci presente per i progetti che avete. Che te serve? Che posso fare? Come posso guadagnare? Te serve il movimento terra? Che ti attacchi i manifesti? Te lo faccio…”. Ma stia attento l’amico politico perché “se poi vengo a sapere che te lo fa un altro, allora è una cosa sgradevole”. Mai minacce esplicite, Mafia Capitale i politici preferiva stipendiarli, addolcirli, accarezzarli, come nella migliore tradizione delle mafie italiane. Carminati, però, aveva fatto un passo in avanti: i politici bisognava prenderseli. Come Mancini, il braccio destro di Alemanno piazzato all’Ente Eur, che quando lo arrestarono l’organizzazione gli affiancò un avvocato di fiducia per controllarlo meglio. Massimo Carminati, un “pirata” vero, aveva la capacità di muoversi in mondi diversi. La strada e gli affari più sporchi. “Lo strozzo”. L’usura a Roma si chiama così e copre un giro di affari di 3,3 milioni di euro ogni anno. Guai a chi capitava sotto le grinfie A DISPOSIZIONE ”Teneteci presente per i progetti che avete. Che te serve? Che posso fare? Te serve il movimento terra? Che ti attacchi i manifesti?“ dei suoi esattori. “Me devi porta’ i sordi, me devi da’ 1.500 euro, so’ sei mesi... vengo lì e te stacco il collo”. Il clan non aveva pietà. Sentite come risponde Roberto Lacopo a un creditore che gli dice di essersi rivolto a un suo amico ispettore di polizia: “Nun me ne frega un cazzo. Io so solo che me devi da’ i soldi e basta... fai venì chi cazzo te pare poi ti faccio vedé io chi so. Manda ‘sto cazzo, me fa ‘na pippa. Portame i sordi, te conviene”. Riccardo Manattini, imprenditore, anche lui è finito nella morsa dei cravattari. Lo aspettano sotto casa e lo massacrano. Inutile il suo lamento con Lacopo. “Mi hanno massacrato ieri sera in via Cola... avevi detto che nun me toccavano”. Lacopo, l’esattore, ascolta e sentenzia impietoso: “Quando uno picchia qualcuno è perché se vede che ha fatto quarcosa, sennò uno nun lo picchiano”. RECUPERO crediti fatto di minacce (“il dieci me porti i soldi, nun sgarrà che t’am- mazzo a te e a tutti i figli tuoi, pezzo de merda”), ma anche di ammiccamenti: “Nun me fa venì a casa, nun me fa scomodà”. Il “romanista”, Massimo Perazza, è uno che non ha pagato le tante “strisciate” (debiti) lasciate in giro, lo corcano e lui si lamenta. “Ma è normale una reazione come quella? Ho una gamba massacrata, dietro al collo è tutto un taglio”. Un certo Saccaroni resiste e non vuole vendere un terreno a Carminati e soci. Si sfoga con un amico: “Mi hanno detto vendi, tanto lì tu non farai mai niente, perché come apri te armiamo un casino… tu sai che hai un nemico. Preparati”. Non solo strozzo, la Mafia Capitale puntava a diventare mafia spa. La filosofia di Carminati non si fermava alla semplice “protezione”. Gli imprenditori avvicinati “devono essere nostri esecutori, devono lavorare per noi”. 8 ROMANZO CRIMINALE VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 P“Gizzo per produrre omorra”: condannato boss L’ex sindaco di Roma AVEVANO CHIESTO il pizzo alla società di produzione della famosa Gomorra - la serie. Per questo il boss di Torre Annunziata Francesco Gallo, il padre, Raffaele, e la madre, Annunziata De Simone, sono stati condannati a otto anni di reclusione per estorsione aggravata dal metodo mafioso. La società intimata di pagare è la Cattleya che al processo non si è costituita parte il Fatto Quotidiano civile. La sentenza è stata emessa ieri dal gup Paola Piccirillo. Il pm Pierpaolo Filippelli aveva chiesto una condanna a nove anni. I tre imposero alla società, che stava girando la fiction nella villa del boss, il pagamento di un importo maggiore rispetto a quello pattuito. La produzione aveva firmato un vero e proprio contratto da 30 mila euro per sei mesi. Francesco Rutelli Ora una giunta straordinaria senza macchia né paura di Antonello Caporale cattive. C Nessuno ha mai potuto corrompermi, e oggi sono più povero di ieri. Questo è un fatto. om'è Roma e come sono i romani? Riapriamo i libri, prendiamo Marziale o Giovenale. Oppure saltando per secoli arriviamo ai sonetti di Belli, o anche a Pasolini. Se siamo rattristati dai libri fermiamoci davanti alla tv e rivediamoci la serie sui Borgia. Roma è quella. Eterna plebe che solo in casi straordinari si fa popolo, diviene cittadinanza attiva. Diceva Maurizio Ferrara che questa città ha un eterno, imperforabile fondo limaccioso. Francesco Rutelli entrò in Campidoglio da sindaco nel 1993. Ne uscì nel 2001. Conosce le tribù, le origini degli abiti di sartoria, le virtù dei palazzinari, le connessioni e le distrazioni della città eterna. Leggendo i nomi degli indagati di qualcuno prevedevo l'esito, di qualche altro purtroppo no. Ho conosciuto molti fetenti. Le elezioni che vinsi furono precedute da una grande retata. Metà giunta Carraro era finita agli arresti e si scoprì il tariffario del 5% sugli appalti. Un cinque secco a favore del ceto politico dominato da Dc e Psi. Non c'era azienda municipalizzata che non subisse questo taglieggiamento e non c'era vertice che non provvedesse a intascare buste. Erano gli anni del democristiano Sbardella, detto lo Squalo, dei socialisti di Paris dell'Unto. Era una città suddita e corrotta. Perfino le occupazioni abusive delle case popolari erano gestite nelle segreterie degli assessorati. Il patrimonio immobiliare pubblico non era censito. Io non trovai non dico un compu- Il Giubileo, che lei gestì, fu l'età dell'oro per gruppi affluenti, divenuti ancora più ricchi e ancora più potenti. Il Giubileo è costato 3.000 miliardi di lire e non c'è stato un arresto né un avviso di garanzia. Le opere si vedono: terza corsia della Roma-Fiumicino, sottopasso di Castel Sant'Angelo, la linea ferroviaria urbana Roma-La Storta e centinaia di cantieri chiusi nei tempi previsti. Nessun arresto non equivale a nessuna mazzetta. PRIMO CITTADINO della Capitale dall’8 dicembre 1993 all’8 gennaio del 2001 ter, ma uno straccio di documento che mi certificasse dove fossero i nostri immobili, quale valore avessero. Per farle capire: nessun telefono del Campidoglio era attivo. Nessun funzionario rispondeva al telefono. Avevi bisogno di un mediatore che gestisse le tue relazioni, un conoscente, un amico, un cugino, oppure a te cittadino era precluso ogni diritto. Lei dunque trovò un manipolo di sfaccendati, alcuni tra essi con pericolose inclinazioni criminali. C'erano naturalmente persone perbene. Mi sono salvato perché ho potuto godere di uno staff meraviglioso. E mi sono salvato anche perché sono incorruttibile. Avvistava i ladri? Arrivavano periodicamente segnalazioni di manomissioni, di frodi pubbliche, di inghippi vari. Il mio capo della segreteria, Roberto Giachetti, prendeva tutte le missive, attraversava Piazza Venezia e le consegnava alla stazione dei Carabinieri, quella che fa angolo con via del Corso. Roma è irredimibile. Se vuoi fare da solo ti scortica vivo. Nessun uomo al comando ce la può fare. Marino deve dare vita a una giunta straordinaria. Lei dice uomo solo al comando? Matteo Renzi, il cui talento ha certificato prima di tutti cos'è? E non si salva nemmeno lui se immagina di cambiare il mondo da solo Figurarsi Marino. Vieni stritolato da una macchina mastodontica nella quale è impossibile scorgere la truffa prima che si realizzi. Roma è così grande, esposta al sentimento del piacere e alla logica della furbizia, così vogliosa di affari e generosa nei traffici, che riflette la sua indole nelle strizzatine d'occhio, nelle distrazioni decisive, nelle manipolazioni e nelle vere e proprie furfanterie. Devo ricordarle che anche lei ha avuto defaillance significative. A Lusi, il tesoriere della Margherita, consegnò la cassa del suo partito, poi amabilmente fatta sparire. È stata una cattiva scelta di cui mi sono fatto carico e ho dato conto. Ho pagato a caro prezzo, ma era mio dovere portare quella responsabilità. Posso dire di aver documentato la pulizia dei miei comportamenti. È stato condannato per calunnia nei miei confronti, tutto il maltolto sequestrato e 6 milioni e mezzo di euro già destinati allo Stato. Resta ancora parecchio da riprendergli. E sarà fatto. Solo per dirle che avrà fatto tante cose buone, ma alcune anche Altro che mazzette. Quella squadra, da Gentiloni a Tocci, da Lanzillotta a Giachetti a Sensi è al vertice di governo e Parlamento. Finora nessuno che abbia dimostrato fatti significativi di rilevanza penale. E non c'è stato un morto nei cantieri, anche questo è un dato non trascurabile. E tutte le altre opere? E le 150 piazze restaurate o fatte ex novo? E l'Auditorium di Renzo Piano? E il Maxxi? Restiamo al Giubileo: ha significato anche la dittatura del cemento. Posso dirle con cognizione di causa che da me Caltagirone, il più noto degli imprenditori, ha subìto una decurtazione della sua imponente capacità edificatoria. Con l'adozione della clausola di salvaguardia le previsioni sono state ridotte di 60 milioni di metri cubi. Una curiosità: ma i Casamonica erano vivi e vegeti anche con lei? Anche con me. Molti negli anni sono stati arrestati, la tribù è grande. E i Tredicine, il loro monopolio ATTRAZIONI FATALI Nella Capitale impossibile scorgere la truffa prima che si realizzi: è così esposta al sentimento del piacere e alla logica della furbizia dei banchetti di frutta sparsi nel centro storico? Ogni mio provvedimento fu rigettato dal Tar. I Tredicine godono di avvocati stellari e, presumo, di una costruzione burocratica eccellente sulla quale campano i loro baretti su gomma. Tutte le carte a posto, una perfezione che sa di qualcos'altro. Di collusione? È figlia di un sistema di relazioni. È figlia della corruzione, forse. Com'è Roma ce l'ha ricordato Marziale prima e Giovenale poi. Non la scopriamo questa sera. Roma è però inquisita per mafia. C'è stato un golpe dolce della criminalità organizzata. Lei alza troppo l'asticella. Si può parlare di golpe se i rami alti della amministrazione vengono coinvolti. Per rami alti cosa intende? Sindaco e giunta. Oggi c'è il fondo limaccioso che sale e rompe gli argini. Per difendersi bisogna contrattaccare. Bisogna che il sindaco componga una giunta straordinaria, di salute pubblica. E coinvolga tutti: dai grillini alle individualità oneste e significative della destra come Croppi, di gente come Marchini, di una società civile senza macchia e senza paura. PARITÀ CRIMINALE Le donne violente del mondo di mezzo di Antonio Massari nomici e decisionali della pubblica amministrazione”. a “burocrazia illecita” – scrivono È una donna, Nadia Cerrito, diretta gli inquirenti descrivendo la ma- collaboratrice di Buzzi, che custodisce fia romana - è costituita da quel “ca- il “libro nero”, ovvero “le scritture pitale umano” a disposizione degli or- contabili illecite”. È lei che “tiene la gani apicali”. A disposizione di Sal- contabilità dei flussi finanziari esterni vatore Buzzi e Massimo Carminati, e interni all’organizzazione”. Alesprecisa la procura, e questo “capitale sandra Garrone “condivide i progetti umano” è prevalentemente femmini- criminali” del suo compagno, Salvale. È questo il ruolo tore Buzzi. Esistono delle donne di Mafia altre donne, come capitale. A loro, nella Martina Sonni, ex FALSARIE maggior parte dei camoglie di Angelo si, viene affidato il Angelucci che nei riNell’organizzazione compito di redigere guardi di Mafia capifalse fatturazioni, tale nutrono ben alredigono false d'occuparsi del tro atteggiamento: fatturazioni, “transito e della con“La Sonni – si legge segna di flussi finannegli atti - già amante e controllano “i flussi ziari illegali”, di predi Michele Senese (aldisporre “documenfinanziari illegali”. Senza tro boss, non cointazione falsa per altevolto in questa indarinunciare alle minacce gine, ndr) aveva usurare i processi eco- L fruito del sostegno fornitole da quest’ultimo per minacciare l’ex marito Angelucci Alessandro, e la famiglia di questi, in merito a questioni giudiziarie inerenti alla causa di separazione. A seguito dell’arresto di Senese – continua il gip - la donna aveva riferito di aver intrapreso una relazione sentimentale con Carminati, elemento che aveva notevolmente spaventato il coniuge”. E DELLA VICENDA Gennaro Trinchillo, parla con Alessia Marini, conviven- te di Carminati spiegando di averla appresa da “un amico imprenditore di altissimo livello”. Trinchillo spiega che “l’ex marito di una donna si era mostrato molto preoccupato delle minacce rivoltegli dall’ex moglie utilizzando il nome di Carminati”. Ma si tratta di una bufala – spiega Trinchillo – e , a sua volta, la Marini spiega a un amico: “Questa va a dì in giro che... lei sta insieme a Massimo ...al marito gli dice ‘o mi dai i soldi o ti faccio rompe il culo dal mio fidanzato... la gente si atteggia...'io sò figlio de quà... io sò il figlio de là’ ...una che va a dire in giro che è la.... che è la fidanzata e che fa le interviste... per di ‘te rompo il culo’ all'ex marito...[…] anziché dì ‘vado dall'avvocato’ ...no! ‘..io chiamo Massimo Carminati’”. proprio in Carminati – concludono veniva chiarito dalla successiva espressione della Cerrito: ‘Carminati ce sta tutti pezzi grossi c'ho, mo’ gli do quelli... da venti non ce ne ho manco uno lo sai?'”. Il “capitale umano”, la “burocrazia illecita”, le donne coinvolte nell'inchiesta, come “Rossana Calistri che, in qualità La collaboratrice di Buzzi, invece, gestisce la cassa per chiunque ne ha bi- di addetta alla Commissione, si adoperava sogno: tocca a Nadia Cerrito predi- per favorire l'aggiudicazione, in data 14 sporre le buste di demaggio 2013, in favore naro “annotando, di cooperative ricondusulle stesse, le iniziali cibili a Salvatore Buzzi, IL TRIANGOLO delle persone alle di una nuova gara per la quali sarebbero state sistemazione del verde “Lei sta insieme poi consegnate”. I pubblico del Comune di carabinieri del Ros a Massimo ...al marito Roma, a discapito della intercettano Buzzi cooperativa ‘Il Solco’, gli dice ‘o mi dai mentre dice che una nonostante quest'ultidelle buste è destinama, a dire degli stessi i soldi o ti faccio ta “a Massimo, indipubblici ufficiali intecando come iniziale ressati, avesse tutti i rerompe il culo dal mio ‘C’, e che Massimo quisiti per vincere la gafidanzato...” ‘C’ s’identificasse ra sopra indicata”. RENZISMI il Fatto Quotidiano Sla aipem: è ufficiale, Russia ha sospeso South Stream IL PROGETTO South Stream - il gasdotto che doveva arrivare all’Europa continentale attraverso il Mar Nero “dribblando” l’Ucraina - è ufficialmente congelato. Vladimir Putin lo aveva annunciato qualche giorno fa, ma ieri la notizia è diventata ufficiale. Saipem infatti, società controllata dell’Eni, ieri ha annunciato di aver ricevuto la notifica ufficiale di sospensione dal consorzio fondato da Gazprom ed Eni nel 2007 e che vede impegnati in prima linea colossi come la francese Edf e la tedesca Wintershall. In particolare, ha precisato Saipem, “la notifica riguarda tutti i mezzi navali ad oggi impegnati nelle attività relative alla posa delle tubazioni”. Risultato: “Allo stato attuale non è possibile determinare gli impatti economici della sospensione in quanto non è nota la durata né è pre- MEZZO CONDONO, AMNISTIA PIENA VIA AL “RIENTRO DEI CAPITALI” APPROVATA LA LEGGE CHE CONSENTE DI AUTODENUNCIARE AL FISCO I SOLDI IN NERO NASCOSTI IN ITALIA O FUORI IN CAMBIO DI SANZIONI MINIME E REATI CANCELLATI di Marco Palombi C entoundici voti a favore. Tanti ne sono bastati ad un’Aula del Senato particolarmente disabitata per approvare la legge sul rientro dei capitali illecitamente detenuti tanto all’estero che in Italia e sancire che per il governo Renzi (come a quello Letta, che propose per primo la norma) è lecito proporre ai cittadini uno scambio tra legalità e gettito erariale. Sei miliardi e mezzo, per la precisione, tanto secondo il governo entrerà nelle casse dello Stato. All’approvazione della legge sono seguiti feste e complimenti per tutti: “Non è un condono, si paga tutto”, ha twittato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan; “è proprio #lavoltabuona”, ha buttato lì Renzi; “da oggi l’autoriciclaggio è legge dello Stato: è un importantissimo risultato, per nulla scontato”, ha esultato il ministro Orlando. TANTA GIOIA andrebbe con- temperata con le facce lunghe dell’Agenzia delle Entrate, i cui vertici non sono contenti del modo in cui la legge è uscita dal Parlamento. Anche un esperto come Vincenzo Visco - tra i maestri dell’attuale direttore del Fisco Rossella Orlandi - l’ha messa giù dura in questi mesi: “Il tema del ‘rientro’ dei capitali illegalmente depositati all’estero è un tormentone che caratterizza il dibattito politico italiano da una decina d’anni. Gli argomenti a favore sono noti e sono sempre gli stessi, una volta (pudicamente) espunto quello reale, vale a dire la tutela degli interessi degli evasori”. Vediamo come funziona. Chi abbia evaso il fisco accumulando soldi in nero all’estero o anche in Italia (aggiunta che rende bizzarra l’espressione “rientro dei capitali”) può autodenunciarsi all’Agenzia delle Entrate entro il 30 settembre 2015 approfittando della procedura di volontary disclosure: si dice da dove provengono i soldi, dove sono, si forniscono tutti i materiali utili a tracciarli e si paga il dovuto subito o in tre rate mensili. Sotto i due milioni per deposito, ad esempio, l’aliquota è il 27 per cento (più bassa di quella che sarebbe stata pagando le tasse), DATECI I SOLDI Il governo rinuncia al principio di legalità per incassare 6 miliardi. Ok all’autoriciclaggio, ma il nuovo reato sarà inapplicabile nella pratica cui si aggiungono l’assenza di more per i ritardi e il quasi azzeramento delle sanzioni (ridotte fino al 3 per cento della somma evasa) per chi ha i soldi in Italia o in Paesi che hanno accordi fiscali col nostro (la Svizzera, per dire). Insomma, non si paga proprio tutto come dice il ministro dell’Economia, ma la parte più fastidiosa è senz’altro quella penale, che realizza una sorta di amnistia mascherata: l’autode- 9 VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 vedibile la decisione finale del cliente”. La diplomazia europea e russa è comunque già al lavoro per trovare una situazione: “South Stream può essere costruito”, ha detto ieri il presidente della Commissione Ue, Jean-Cluade Juncker, dopo un incontro col governo bulgaro. Anche il rappresentante russo in Ue, Vladimir Cizhov, non ha chiuso del tutto alla possibilità che il gasdotto sia realizzato. PROMEMORIA PER MATTEO di Ma. Pa. Jobs Act copiato, le bugie le dice Renzi P artiamo dalla fine: Matteo Renzi - come dirlo? - ha una certa tendenza a distorcere o omettere la verità nei suoi interventi pubblici. Non diremo che è un bugiardo, ma non ci opporremmo se qualcuno volesse chiamarlo così. Mercoledì sera su La7, per contestare un pezzo del Fatto Quotidiano che individuava inquietanti parentele (al limite del copia e incolla) tra il Jobs Act e le Proposte messe nero su bianco da Confindustria a maggio, ha risposto così a Marco Travaglio: “Il testo della delega sul lavoro è stato presentato dal governo ad aprile: se lei ha un documento di maggio è arrivato tardi”. Renzi omette di dire che la delega di aprile era una scatola vuota, mentre gli emendamenti del governo “copiati” dal testo di Confindustria sono stati presentati rispettivamente in Senato a settembre (demansionamento, controlli a distanza sui lavoratori, estensione dei contratti di solidarietà) e alla Camera a ottobre (addio all’articolo 18). Tutte cose di cui non si parlava nel Jobs Act presentato da Renzi a gennaio ed entrate in ballo solo dopo la pubblicazione dei desiderata degli industriali. Già che ci siamo, il premier farebbe bene a rendersi conto che i dati destagionalizzati sugli occupati tra febbraio e ottobre raccontano di un aumento di 51 mila unità - non centomila o 150 mila - e peraltro in andamento altalenante (in sostanza, trattandosi di stime su 22 milioni e dispari di unità, statisticamente il numero degli occupati è fermo). Pure sui dossier del commissario Carlo Cottarelli sulla spending review Renzi è stato diversamente veritiero: Palazzo Chigi non li ha pubblicati, anzi ne ha impedito la divulgazione. Questo è quanto, presidente, lo tenga a mente per la prossima volta. L’autodenuncia è vietata se la Finanza ha già contestato l’evasione Ansa nuncia, infatti, esclude la punibilità per i delitti di dichiarazione infedele e omessa dichiarazione, per quelli di omesso versamento di ritenute certificate e di omesso versamento di Iva e pure per la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e per la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici. Questi ultimi sono i classici reati fiscali legati al falso in bilancio (che Renzi ad agosto aveva promesso pure di far tornare reato com’era prima della “riforma” di Berlusconi). Se la passano liscia, ovviamente, anche bancari, commercialisti e altri intermediari che hanno aiutato l’evasore. UNA PARZIALE buona notizia è l’inserimento nel codice italiano del reato di autoriciclaggio. La formulazione finale però, anche se non è pessima come quella che aveva presentato il gover- no Renzi, sembra pensata comunque per rendere il nuovo strumento di fatto inapplicabile. Una soglia, infatti, divide in due il nuovo reato: pena da 2 a 8 anni per chi reimpiega i soldi o i beni frutto di un reato da lui stesso commesso, nel caso questo sia punibile nel massimo con 5 anni. Sotto la soglia, pene risibili - da 1 a 4 anni - e relativa impossibilità di chiedere intercettazioni o effettuare arresti. Peccato, a questo punto, che sotto la soglia ci siano cosette come l’appropriazione indebita e la dichiarazione fiscale infedele, reati che sarebbe assai utile perseguire in questo contesto. Depotenziato, invece, un pezzo dell’emendamento del governo che sosteneva che non si dà autoriciclaggio “quando il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla utilizzazione o al godimento personale”. Come dire: autoricicla solo chi lo fa per altri. SPESA DA 5,4 MILIARDI Sì (con paletti) alle nuove navi da guerra di Daniele Martini a commissione Difesa delL la Camera ha approvato l’acquisto delle navi da guerra per quasi 5 miliardi e mezzo di euro di cui ha dato notizia il Fatto Quotidiano di ieri. L’assenso non è stato però fornito a scatola chiusa, senza condizioni. Anzi, forse anche in seguito alle segnalazioni del nostro giornale, i parlamentari hanno posto al governo di Matteo Renzi una serie di condizioni stringenti. Cinque, per la precisione, una più precisa dell’altra. A cominciare da quella che impone tagli per nuove spese militari. NON È POCA cosa nella storia non sempre esemplare degli onerosissimi - e spesso opacissimi e arbitrari - stanziamenti per nuovi sistemi d’arma (aerei, navi, carri armati, sommergibili, missili, ecc). Finora i parlamentari non potevano far altro che acconciarsi a svolgere un ruolo passivo di passacarte, più o meno convinti delle scelte governative o al contrario di contestatori inutilmente riottosi. Ieri pomeriggio questo andazzo è stato per la prima volta superato. Esaminando la faccenda dell’ammodernamento della flotta, i parlamentari hanno applicato in pratica la legge 244 di 2 anni fa, in particolare il famoso - almeno nell’ambiente militare - “lodo Scanu” (da Gian Piero Scanu, ascoltato deputato Pd della commissione Difesa) che rappresenta una svolta positiva nei rapporti tra governo, Parlamento, stati maggiori e imprese fornitrici di armi. Il più importante dei cinque paletti di contenimento posti dai deputati è quello che riguarda gli stanziamenti militari futuri. Siccome, sempre in base alla legge di 2 anni fa, per l’acquisto di armi non può essere utilizzato più del 25% dello stanziamento annuale per la Difesa, e siccome IERI ALLA CAMERA Dopo l’articolo del Fatto, il Parlamento dà il via libera alla spesa, ma costringe la Difesa a tagliare l’acquisto di altri sistemi d’arma con la spesa per le navi questo plafond è già ampiamente superato, nel parere approvato ieri i deputati hanno invitato il governo a chiarire “in che modo intenda garantire tale obiettivo all’interno del prossimo documento programmatico pluriennale”. IL DOCUMENTO dovrà essere presentato entro marzo e se il governo non vorrà ingaggiare un braccio di ferro con i deputati della sua stessa maggioranza in commissione Difesa, sarà costretto ad indicare i tagli su altri acquisti futuri, presumibilmente dell’Aeronautica e dell’Esercito. Provocando, è facile prevederlo, le rimostranze degli stati maggiori interessati. L’altro vincolo riguarda le navi da rottamare. La scheda pre- sentata ai deputati dal governo a sostegno della necessità di ammodernare la flotta si basa sul presupposto che il naviglio attuale è vecchio e da dismettere. E allora i deputati hanno imposto al ministro della Difesa di “trasmettere l’elenco delle singole unità navali precisando per ognuna di esse la data di entrata in linea operativa e la data della prevista cessazione”. Un modo esplicito per evitare giochetti delle tre carte spesso usati in passato per giustificare le spese per nuove armi. I deputati hanno voluto mettere i puntini sulle i anche a proposito delle manutenzioni, voce di spesa sovente considerata con sufficienza come secondaria, ma che a conti fatti si mangia pezzi enormi degli stanziamenti pubblici. L’esperienza ha Roberta Pinotti Dlm insegnato che le aziende, dopo essersi assicurate commesse militari a prezzi apparentemente vantaggiosi, si sono poi rifatte pigiando l’acceleratore proprio sulla manutenzione. Per questo i deputati hanno vincolato il governo a sottoscrivere contratti in cui i lavori di manutenzione siano prevalentemente svolti in house, nel caso specifico nei cantieri della Marina. Infine i parlamentari hanno imposto al governo la trasmissione dei contratti di acquisto delle navi e chiesto che la flotta sia integrabile nei sistemi di difesa alleati. 10 ECONOMIA VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 M ucchetti (Pd): “All’Ilva vada Andrea Guerra” di Giorgio Meletti I l fatto più appariscente è che il governo, attraverso la Consip – la società che cura gli acquisti centralizzati per lo Stato – sta per affidare i servizi telefonici e Internet di tutta la pubblica amministrazione per i prossimi sette anni al segretario del Pd della Sardegna, Renato Soru. Eppure non è questo l'aspetto più assurdo della gara per il cosiddetto Spc (servizio pubblico di connettività) che sarà chiusa nelle prossime settimane. La vicenda illumina una singolare concezione della spending review: anziché puntare a comprare meglio spendendo meno, la gara Consip darà a molte pubbliche amministrazioni una connessione alla rete Internet peggiore di quella avuta finora. E paradossalmente si è deciso di destinare il risparmio ottenuto (1,5-2 miliardi di euro) agli investimenti pubblici sulla banda larga: due passi indietro subito per farne uno avanti fra sette anni. VOGLIAMO CHIEDERE al manager, che Renzi considera un fuoriclasse, un impegno all'altezza della sua reputazione? Perché non affidare l'Ilva a Guerra? Per lui sarebbe una grande sfida dopo i successi di Luxottica. Per i mercati sarebbe una bella garanzia. Magari in vista di una quotazione in Borsa dell'Ilva risanata o dell'Ilva più Ar- vedi. Per il governo sarebbe un salto di qualità nel segno della competenza”. Questa è la proposta che il senatore del Pd Massimo Mucchetti, presidente della Commissione industria. Mucchetti segue da mesi il dossier Ilva: considera un errore aver sostituito il commissario Enrico Bondi con il consulente del governo Piero Gnudi. Ma soprat- LO STATO RISPARMIA CON INTERNET A PEDALI: CI GUADAGNA SOLO SORU IMPRENDITORE, SEGRETARIO DEL PD SARDO E PARLAMENTARE EUROPEO RENZIANO: CON UN RIBASSO DELL’89% È IN TESTA NELLA GARA CONSIP PER LA CONNESSIONE DEGLI ENTI PUBBLICI La Borsa ha capito che la politica conta A questo punto il contribuente avrebbe tutto il diritto di pensare che nel mercato telefonico costi e prezzi si calcolino tirando i dadi. Il meccanismo di gara prevede che al vincitore vada il 52 per cento della fornitura, e ai tre che lo seguono in graduatoria tre lotti pari al 16 per cento ciascuno. Al secondo posto c'è British Telecom Italia che ha offerto 423 milioni, al terzo Fastweb con 715 milioni. Ciò significa che Fastweb e Telecom, se vincesse Tiscali, dovrebbero fornire il servizio a un terzo del miglior prezzo che avevano ritenuto di sostenere. Oppure rinunciare e mandare la gara deserta, perché il regolamento esclude il vincitore unico. Chi ha l'occhio più lungo su questi intrecci tra politica e af- tutto ha chiaro che, qualunque sia il ruolo dello Stato, nell’attesa di un compratore per l’Ilva bisogna risolvere i problemi finanziari e attuare un coraggioso piano industriale. Un commercialista come Gnudi non basta, serve un manager come Guerra, ex ad di Luxottica e da pochi giorni nella squadra dei consulenti del premier. Qui sotto Renato Soru, classe 1957, europarlamentare del Pd e azionista di controllo di Tiscali Sopra l’ad della Consip, Domenico Casalino Ansa LaPresse AZIONI IN RIALZO La Borsa scommette sul successo dell’operazione, grazie anche al doppio ruolo politico del proprietario di Tiscali La banda poco larga, nei requisiti del bando La Consip ha lanciato l'anno scorso la gara per dare telefonia e Internet a tutte le amministrazioni pubbliche centrali e locali. Il bando è stato scritto in modo generoso. Per esempio si chiede banda larga su fibra ottica solo per i 20 capoluoghi di regione, nel resto d'Italia ci sarà la connessione a 4 megabit, che ormai farebbe schifo a un liceale, figurarsi a un ospedale. “Ma se avessimo chiesto 30 mega per tutto il Paese non ci sarebbe stato nessun operatore in grado di partecipare”, si difende il numero uno di Consip Domenico Casalino. Il criterio di gara è la migliore offerta economica. Il 13 maggio scorso sono state aperte le buste e la migliore offerta è risultata quella di Tiscali, la società cagliaritana di Soru. Cifre da sogno, direbbe Briatore: 265 milioni per dare telefonia e Internet a tutta la pubblica amministrazione centrale e locale per sette anni. La base d'asta era 2,4 miliardi, il ribasso dunque dell'89 per cento. L’offerta di Telecom Italia, quarta classificata, è stata di 746 milioni, il triplo di Tiscali. il Fatto Quotidiano fari è la Borsa. Dopo l'apertura delle buste, il 13 maggio, il titolo Tiscali è crollato, perdendo in due giorni circa il 7 per cento. L’azienda di Soru naviga da sempre in cattive acque. Il Quantitative easing suo fatturato è 72 volte inferiore a quello che Telecom Italia fa nel solo mercato domestico, e nel 2013 ha investito 25 milioni di euro, un centoventesimo dei 3 miliardi messi in campo da Telecom Italia, ma anche un ventiduesimo dei 565 milioni spesi da Fastweb. La sua offerta stracciata somiglia troppo all’attacco agli Stati Uniti del ducato di Grand Fenwick (“Il ruggito del topo”, 1959) per essere presa sul serio. Scommettendo sulla esclusione di Tiscali dalla gara come “offerta anomala” gli investitori corrono a vendere le azioni che avevano comprato poco prima. Infatti nella settimana di febbraio che ha portato Matteo Renzi a palazzo Chigi, la pur zoppicante Tiscali del suo capocorrente in Sardegna ha messo a segno una crescita dell'80 per cento, con volumi scambiati 10-12 volte la media. Dal picco di 0,795 euro toccato il 25 febbraio, giorno in cui Renzi ha ottenuto la fiducia dal Parlamento, il titolo è così tornato a vegetare intorno a quota 0,4 euro. Poi, lo scorso 24 novembre, il nuovo sussulto. Di colpo, senza motivo apparente, Tiscali guadagna in Bor- sa in pochi giorni il 30 per cento. E ancora ieri la società di Soru è volta, chiudendo la giornata con un +3,17 per cento. Dopo l'apertura delle buste del 13 maggio e conseguente crollo in Borsa, Soru ha messo a segno due colpacci. Il primo è stata l’elezione all’europarlamento, il 25 maggio, festeggiata con l'annuncio “adesso sono Merkel e Renzi i due leader d'Europa”. Il secondo, il 26 ottobre scorso, è stata l'incoronazione a segretario regionale del Pd, per la quale non è stato d'ostacolo il processo in corso per evasione fiscale (ma per i renziani sardi, come insegna il caso del sottosegretario Francesca Barracciu, le disavventure giudiziarie non intralciano bensì agevolano la carriera politica). La riunione per convincere che l’offerta è sostenibile Soru, che negli anni in cui fu governatore della Sardegna (2004-2009) ha formalmente lasciato la guida di Tiscali, non trova imbarazzante concorrere a pubblici appalti da europarlamentare e segretario regionale del partito di governo. E così adesso l’imbarazzo è tutto della Consip e di Casalino, che dovrebbe escludere dalla gara Spc l’amico del premier mentre è in scadenza e alla ricerca di una nuova poltrona. Finora ha preso tempo, spendendo sei mesi in richieste di documentazione a Tiscali per verificare la sostenibilità economica dell'offerta. La prossima settimana ci sarà la riunione decisiva con la società di Soru. Tiscali dovrà convincerlo di poter offrire telefonia e Internet a tutta la pubblica amministrazione a un terzo del prezzo proposto da Telecom Italia. Purtroppo per Casalino, e per tutti gli italiani, la strada della spending review è lastricata di buone relazioni. Twitter @giorgiomeletti La Bce non si muove I mercati perdono la pazienza con Draghi di Stefano Feltri sbank tedesca che continua a opporsi. Draghi ha anche ribadito che l’obiettivo l sentimento di ieri sui mercati fi- è riportare il bilancio della Bce sui livelli nanziari era la delusione: la Banca di marzo 2012. Che equivale alla procentrale europea di Mario Draghi non messa di comprare fino a 1.000 miliardi annuncerà a breve l'atteso Quantitative di titoli di Stato e altri asset per immeteasing, l'acquisto massiccio di titoli di tere liquidità nell'economia europea, Stato, e se mai lo farà, il programma alleggerire i bilanci delle banche, spinnon sarà all'altezza delle attese. gere la ripresa, lasciar correre un po' l'inflazione e quindi ridurre il peso del LE BORSE HANNO REAGITO male alla debito per chi deve pagare gli interessi conferenza stampa mensile di Draghi, (erosi dall'inflazione). E allora perché i anche se, in apparenza, avrebbero do- mercati hanno reagito così male? Piazza vuto festeggiare: “L’acquisto di titoli di Affari ha fatto -1,97, il contagio è arStato rientra chiaramente nel mandato rivato anche a Wall Street. della Bce”, ha detto il presidente ag- La spiegazione è nei toni e nella prugiungendo due dettagli. Primo: con la denza: Draghi ha chiarito che il Quanbassa inflazione, nelle nuove stime sarà titative easing, dato ormai per certo, non 0,5 per cento nel 2015, sarà il miracolo che in Il presidente della Bce Ansa tanti attendono. Sarà attuare misure straordinarie non è un'opsemplicemente zione ma quasi un doun’operazione di polivere, perché non agire tica monetaria – visto che non si possono equivale a una stretta più tagliare i tassi di di politica monetaria. interesse nominali, Secondo: la decisione può essere presa anfermi allo 0,05 per cento, si usa la leva deche a maggioranza, cioè senza il parere gli acquisti di titoli per smuovere le cose – e positivo della Bunde- I non sarà un sostegno ai governi. Nessuna “monetizzazione del debito”, vietata dai trattati e dallo Statuto Bce: i soldi, par di capire, andranno a chi ha titoli di Stato in portafoglio, non ai governi che emettono nuovo debito, come è successo con i Quantitative easing degli Stati Uniti attuati dalla Federal Reserve negli ultimi cinque anni. La Bce ha un problema monetario, ma non si sta caricando i destini dell'intera area euro, come fece nel 2012 lanciando le operazioni Omt (la promessa di acquisti illimitati del debito di un Paese che facesse richiesta di aiuto). Questa volta gli interventi non saranno mirati, ma erga omnes, per tutta la zona euro. “Non siamo politici, abbiamo un mandato molto preciso”, ha sottolineato Draghi per spiegare che non può essere lui a risolvere i problemi dei governi alle prese con la stagnazione e la disoccupazione a due cifre. Anche i tempi sono incerti: se mai il Quantitative easing sarà annunciato, bisognerà aspettare almeno febbraio, o magari marzo, chissà. La Bce prende tempo. La spiegazione di questa tattica all'apparenza dilatoria la offriva il Financial Times di ieri: i Quantitative easing fun- zionano soltanto prima di essere lanciati per davvero, perché gli investitori comprano titoli di Stato sapendo che un domani potranno rivenderli alla Banca centrale. E così i rendimenti scendono, assieme al costo per i governi di emettere nuovo debito: sul mercato i Btp italiani a dieci anni hanno un rendimento bassissimo, sotto il 2 per cento. MA QUANDO il Quantitative easing parte davvero e la Bce comincia a comprare, i rendimenti possono salire, cioè andare nella direzione opposta a quanto sperato. “L’unica cosa sensata da fare quando una Banca centrale stampa denaro è vendere bond. Il fatto che loro li comprino non importa”, spiegava al Financial Times Laurence Mutkin di Bnp Paribas. E se tutti vendono, il rendimento richiesto per detenere l'obbligazione in portafoglio aumenta. Morale: il Quantitative easing di Draghi sta già funzionando, il debito costa sempre meno e in sei mesi l'euro è passato da 1,36 dollari a 1,21. Quando la Bce comprerà davvero, ci potrebbe essere il contraccolpo. A Draghi conviene tenere i mercati col fiato sospeso. Twitter @stefanofeltri MALITALIA il Fatto Quotidiano È ufficiale: Ansaldo Energia va ai cinesi I CINESI AVANZANO ancora nelle aziende più strategiche del capitalismo italiano. Il Fondo Strategico Italiano, braccio industriale della Cassa depositi e prestiti (controllata dal Tesoro), ha annunciato ieri la cessione del 40 per cento di Ansaldo Energia a Shanghai Electric Corporation (SEC), La vendita era stata annunciata già l’8 maggio, ma bisognava aspettare le autorizzazioni governative e di Antitrust. Al Fondo strategico resta in capo il 44,8 per cento di una delle aziende chiave della parte civile del business di Finmeccanica. Ansaldo Energia e SEC collaboreranno per la produzione di turbine a gas de- VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 11 stinate ai mercati asiatici e nello sviluppo di un centro di ricerca a Shanghai. Ancora incerto il destino dell’altra Ansaldo, Sts (e Breda), è invece contesa tra i giapponesi di Hitachi e un’altra azienda cinese, Cnr. Il 40 per cento di Sts è in mano a Finmeccanica. Scandalo del sangue infetto, il processo dopo vent’anni SONO OLTRE 500 I MORTI PER IL PLASMA CONTENENTE EPATITE C E HIV IMPORTATO DALLA MARCUCCI NEL 1993. MA SOLO ORA L’EX CAPO DEL SERVIZIO SANITARIO ANDRÀ IN TRIBUNALE di Vincenzo Iurillo U Napoli na strage che ha avuto bisogno di 21 anni di indagini preliminari per sfociare in un rinvio a giudizio. Una strage silenziosa e dolorosa. Più di 500 morti, e la lista si ingrossa di anno in anno: l’ultimo caso risale a luglio. È una storia finita nel dimenticatoio mediatico e giudiziario: quella di Duilio Poggiolini, direttore per 20 anni e fino al 1993 del Servizio Sanitario Nazionale, e degli speculatori del sangue infetto. È la storia di come, per negligenza, superficialità e voglia di profitto, un paio di aziende farmaceutiche del gruppo Marcucci importarono dall’estero plasma di donatori mercenari contagiati da Hiv ed epatite C, chi doveva controllare non controllò, 650 emofilici che avevano bisogno di continue trasfusioni furono infettati da plasmaderivati non sicuri e si ammalarono di Aids. Sono morti a centinaia. Continuano a morire, al ritmo di circa cinque casi all’anno. VENTUNO ANNI sono trascorsi dall’esplosione dello scandalo, dall’iscrizione di Poggiolini nel registro degli indagati, dagli interrogatori dei pm di Mani Pulite, in primis Antonio Di Pietro, dalla scoperta delle sue clamorose ricchezze ottenute grazie alle mazzette, tra quelle esibite nell’arredo della casa e quelle nascoste nell’ovatta dei divani e nei conti svizzeri intestati alla moglie. Scandalo nello scandalo, la colpa di aver lasciato circolare sangue infetto, sporco di virus. Che aveva già ucciso e avrebbe continuato a uccidere. Secondo i dati dell’Associazione politrasfusi, tra il 1985 e il 2008 sono state 2605 le vittime di trasfusioni con plasma infetto, compresi quelli contagiati da epatite C. Sono 66 mila le richieste di risarcimento giunte dai pazienti al ministero della Salute; a dicembre 2008 circa 49 mila persone hanno ottenuto un assegno di 1080 euro a bimestre. Il risarcimento che lo Stato Italiano ha chiesto a Duilio Poggiolini è di 60 milioni di euro. Eppure, mentre sul versante delle tangenti nella sanità Poggiolini è stato condannato con sentenza definitiva, il processo penale per i plasmaderivati è avanzato a passo di lumaca. Nato a Trento, rimbalzato tra Roma e Napoli, sarebbe già estinto STRAGE INFINITA Dopo le condanne per Tangentopoli, Poggiolini sperava nella prescrizione: che non arriva perché le vittime continuano a morire se nel 2007 un Gup di Napoli, Maria Teresa De Simone, non avesse accolto l’opposizione dei legali delle parti offese, cestinando la richiesta di archiviazione per prescrizione avanzata dalla Procura. Rideterminando il reato da “epidemia colposa”, prescritta, a “omicidio colposo plurimo”. “La prescrizione ora non scatterà più – afferma sicu- Una protesta di malati emofiliaci da sangue infetto Ansa ro l’avvocato Stefano Bertone, che insieme a Ermanno Zancla assiste i familiari di chi non c’è più – perché purtroppo gli ultimi decessi sono recenti. Vite rubate che stanno cercando il loro colpevole”. MA CI SONO VOLUTI sei anni e mezzo tra la richiesta di rinvio a giudizio del 2008 e il decreto che lo ha disposto. Un vizio di notifica, la restituzione degli atti. Il fascicolo che è rimasto a sonnecchiare quasi cinque anni nel cassetto di un pm. Poi una nuova richiesta di rinvio a giudizio, anzi due: una per Poggiolini, stralciato per un vizio di notifica, e una per Guelfo Marcucci e 8 dirigenti di Farmabiagini e Aimaderivati. Per il re della sanità, il processo inizierà il 5 gennaio. Per gli altri, il 29 dicembre. I dibattimenti saranno quasi certamente accorpati: stessi fatti, stesse parti offese, i congiunti di nove persone decedute tra il 2000 e il 2011 su tutto il territorio nazionale. Si costituiranno parti civili le associazioni degli emofiliaci Lagev, Comitato 210/92, Ate, Arlafe. E ovviamente i familiari delle vittime. Giustizia tartaruga. Ma forse siamo ancora in tempo. 14 CINQUE STELLE VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 BNome erlusconi: “Colle? condiviso e non di sinistra” DOPO AVER LANCIATO il nome di Giuliano Amato, Berlusconi torna sul tema della successione a Giorgio Napolitano parlando con l’Huffington Post: ”Mi aspetto un percorso di condivisione che consenta di avere un presidente della Repubblica che non sia solo espressione della sinistra, come è stato con gli ultimi, ma il Fatto Quotidiano che sia una figura di massima garanzia e di rappresentanza per tutti gli italiani”. L’ex presidente del Consiglio sostiene che il prossimo inquilino del Colle dovrà mostrare una maggiore “sensibilità” riguardo alla sua agibilità politica, di quella avuta fino a oggi da Napolitano: “Non pongo condizioni, non tratto su quello che con- sidero un mio, un nostro ineludibile diritto. Sono tuttavia convinto che l'Europa risolverà il problema prima del nuovo capo dello Stato”. Ma sul raggiungimento di un nome “condiviso” si mostra ottimista: "Sono convinto che ci arriveremo, nel quadro di quella collaborazione istituzionale che si è già avviata con il Pd sulle riforme.” CASALEGGIO: “STOP ESPULSIONI” MA NEL M5S È ARIA DI SCISSIONE IL GURU INCONTRA A ROMA IL DIRETTORIO: “NON CACCIAMO NESSUNO, CHI VUOLE ANDARSENE FACCIA PURE”. VIA LIBERA AL RITORNO IN TV, VOTI CERTIFICATI SUL BLOG di Luca De Carolis S e i dissidenti vogliono andarsene facciano pure, liberissimi. Noi non faremo nulla per cacciarli: piuttosto torneremo sui territori, faremo rete. E cambieremo il blog, con un ente terzo che certificherà le votazioni”. Camera dei deputati, ufficio del vicepresidente Luigi Di Maio, primo pomeriggio. In un piovoso giovedì dove tira forte aria di scissione, Gianroberto Casaleggio ratifica al direttorio la linea del M5S sui critici: e quindi su Pizzarotti, primo degli avversari. Stop alle espulsioni, sperando che i malpancisti tolgano il disturbo da soli, come raccontano le voci che parlano di nuovi gruppi parlamentari quasi pronti. Contrattacco sui territori, il grande bacino di consenso del sindaco di Parma, con iniziative e la “condivisione delle informazioni” con gli amministratori locali. Ci sarà il riordino dei meet up, spesso terra di nessuno, e più trasparenza sul blog di Grillo, per togliere un eterno argomento ai critici. “Serve una rete a 5Stelle” ripete più volte Casaleggio. Una piattaforma informatica e una messe di eventi per riprendere il controllo sugli L’attrice eletti. Quegli amministratori che domenica prossima affolleranno l’assemblea convocata a Parma da Pizzarotti assieme a parecchi dei parlamentari dissidenti. Così parlò Casaleggio nel giorno del suo ritorno a Roma, dove in serata si tiene un’assemblea congiunta (senza il guru). Ed è innanzitutto la vittoria di Di Maio: sempre più il numero tre del M5S, primus inter pares nel direttorio. È lui, assieme a Roberto Fico, a spingere da giorni per la linea della cautela, così da non dare pretesti ai ribelli e trasmettere l’idea di una nuova fase del Movimento. Soprattutto in queste ore complicate. Roma, atteso da un paio di giorni. Il guru entra alla Camera in tarda mattinata, su un minivan nero. Elegante nel suo completo con cappotto scuro, coppola sul grigio e valigetta nera, va subito nell’ufficio di Di Maio al primo piano. Un membro dello staff gli porta un panino con verdure IL LUNGO giovedì a 5 Stelle co- mincia proprio con il tam tam dalle due Camere su una prossima scissione nel Movimento. Ne parlano da vari partiti: “Fuoriusciti e dissidenti stanno mettendo assieme nuovi gruppi a Montecitorio e in Senato”. Girano numeri: 20 in Senato, addirittura 27 alla Camera. Critici di peso negano: “Idiozie, veleni per provocarci”. Ma qualcuno ammette: “Ci sono colleghi che non ne possono più, pronti a dimettersi”. Si discute tra i dissidenti, mentre affiorano conferme sull’arrivo di Casaleggio a RISCHIO STRAPPO “Dobbiamo fare rete sui territori e riordinare i meet up” dice il guru. Mentre i dissidenti pensano a nuovi gruppi dalla buvette, in linea con quel gusto vegano che pare diffuso tra i 5Stelle di Montecitorio. Poi è riunione. “Torneremo in tv, sceglieremo le persone a seconda dei programmi e delle competenze” spiega Casaleggio. SI DISCUTE delle deleghe per i cinque. Filtra qualche dettaglio. Fico si occuperà del riordino dei meet up, Di Battista di comunicazione, e in particolare di ripensare a una nuova veste per le agorà. Sibilia dovrebbe gestire iniziative nelle università, Carla Ruocco si dedicherà a piccole e medie imprese. “Daremo deleghe specifiche anche ad alcuni senatori, ma senza allargare il coordinamento” spiega Casaleggio. Previste riunioni settimanali con il cofondatore. Che accenna a Pizzarotti. “Non è un problema” avrebbe detto. Attorno alle 17 se ne va, senza dire una parola ai cronisti. Se ne vanno anche tanti dissidenti con i loro trolley, ufficialmente per motivi personali. Ma in realtà vogliono snobbare l’assemblea congiunta della Camera, in serata. Un modo per confermare il no al direttorio, ma forse pure per organizzarsi. Nell’aula dei gruppi di Montecitorio alla fine sono quasi un centinaio. La de- Gianroberto Casaleggio. A sinistra, Federico Pizzarotti Ansa putata Silvia Benedetti entra duro. “Voglio un mandato a termine per il direttorio” dice secondo l’Adn Kronos. Giulia Sarti, vicina a Pizzarotti, invita i cinque a recarsi a Parma domenica. Ma Fico schiva: “Non andremo per evitare strumentalizzazioni. scriverebbero che siamo contro Grillo e Casaleggio”. Poi promette: “Saremo un fluidificante per i rapporti tra noi, Beppe e il territorio. Certo, non avrei voluto che questo passaggio fosse fatto così...” Ovvero, senza far scegliere i nomi dall’assemblea. Quindi, il blog: “A certificare le votazioni da gennaio dovrebbe essere una società norvegese. Ma il direttorio non avrà potere sui post”. A fine riunione, il dissidente Cristian Iannuzzi: “Sono pronto a dimettermi”. Perché il disagio non si placa. Valentina Nappi “Per capire la finanza studiate il porno ” di Camilla Conti Milano alentina Nappi è nata ventiquattro anni V fa a Scafati, in provincia di Salerno. Ha frequentato il liceo artistico e un corso di lau- rea in Design. Poi ha capito che la sua strada era un’altra. Oggi di lavoro fa l’attrice porno, l’ha scoperta Rocco Siffredi. Lei però dice: “Non faccio la pornoattrice. Lo sono”. Valentina è una stella dell’hard ma scrive anche sul blog di Micromega dove espone le sue teorie sul sesso: “In Italia se ne fa poco e male, ed è colpa soprattutto delle donne”. Sulla filosofia: citando il giudizio morale kantiano, “essere troia è giusto, ma soprattutto non esserlo è sbagliato”. E sulla politica: “CasaPound, leghisti e grillini sono reazionari, parlano alla pancia della gente e non alle teste”. Quanto al fascismo, “non si tratta di essere antifascisti in assenza di fascismo, bensì di essere radicalmente antifascisti in presenza del concreto rischio di derive fasciste”. Mancava la finanza. Eppure, le “contaminazioni” non mancano. Prendiamo The Wolf of Wall Street, il film di Martini Scorsese interpretato da Leonardo DiCaprio, in cui si raccontano gli eccessi vissuti (veramente) da un broker e dai suoi colleghi. Anche Christian Grey, protagonista della trilogia delle 50 sfumature, di lavoro fa l’amministratore delegato della Grey Enterprises. Il sesso incrocia spesso la strada della finanza, almeno al cinema o sui libri. Perché? La finanza, nella percezione comune, ha a che fare col potere. Commercialmente è un mix vincente. Il sesso però funziona solo quando viene introdotto in contesti altri rispetto a quello meramente sessuale. Infatti il porno va, dal punto di vista dei fatturati, malissimo. Ma l’uso del sesso in contesti non pornografici va benissimo. È così perché quello che vende è il sesso come aspirazione, il sesso che ha lo stesso valore delle immagini di Capri nella pubblicità di una casa di moda. Sesso quindi come bene scarso, come status da conquistare. La pornografia è il contrario: è democratizzazione dell'accesso al sesso, abbattimento del valore aspirational del sesso. Ecco perché quello che funziona è un certo uso del sesso, mentre la pornografia è in crisi. La “Nappi-filosofia” è che se tutti facessi- PORNOSTAR FILOSOFA Quello che vende è il sesso come aspirazione, come status da conquistare. La pornografia invece è democratizzazione mo sesso con chi ci pare, e in ogni modo, saremmo più contenti. Seguendo questa logica, ha senso imporre un senso morale ed etico alla finanza? O vale tutto, come nel sesso? No, attenzione. Quando dico che non essere troie è sbagliato, non dico affatto che l'etica in ambito sessuale non ci debba essere. Al contrario, adotto una precisa posizione normativa. Tu stai dando per scontato che l’unica posizione normativa possibile in ambito sessuale sia quella della tradizione e che l’unica eventuale alternativa plausibile sia la rinuncia alla normatività. Io non sono di questo avviso: io condanno moralmente le “fighe di legno”. Quelle consapevoli di esercitare un potere sui maschi, esattamente come condanno l’usura. E quelle inconsapevoli, che pensano di essere nel giusto, perché per me l’adesione acritica ai valori della tradizione, ad esempio quelli tramandati dai genitori o dalla comunità, è un peccato mortale. Se poi qualcuna ritiene che, indipendentemente dalla morale tradizionale, dagli interessi pratici, dal rapporto con il giudizio della comunità, dall'inerzia dei costumi, dalle pulsioni come la gelosia spiegabili in termini di psicologia evoluzionistica, sia eticamente giusto essere fighe di legno, allora ne possiamo parlare. E ci porta lontani dalla finanza. Torniamoci. Quale economia è più rivoluzionaria, quella di Keynes o di Hayek? È rivoluzionario abbattere i valori piccoloborghesi. Quindi l'economia rivoluzionaria è quella che annienta la piccola borghesia”. Un giudizio sulla politica monetaria della Banca centrale europea? Penso che la sola politica monetaria non sia sufficiente per uscire dalla crisi e penso sia necessario procedere verso un’Europa federale. Il mio sogno è che l'Italia, la Francia, la Germania eccetera divengano stati della Federazione Europea proprio come il Nevada, la California, la Florida sono stati della Federazione degli Stati Uniti d'America. Valentina Nappi, pornostar, 24 anni, ha un blog su Micromega Andiamo all’economia reale: la porno-tax è stata un flop? È un'imposta che non produce gettito perché il porno fattura pochissimo e in Italia praticamente non esiste. Forse era un modo per colpire un settore già in crisi di suo. GIUSTIZIE il Fatto Quotidiano O perazione Farfalla Il Copasir convoca ancora Mario Mori CON IL DIRETTORE dell’Aisi, Arturo Esposito e il sottosegretario del Dis, Marco Minniti, ascoltati ieri, si è chiuso il ciclo di audizioni dedicato dal Copasir alle operazioni “Farfalla” e “Rientro”, decise da Sisde e Dap per avvicinare alcuni boss reclusi in carcere. Ma il Comitato spera ancora di riuscire a sentire il grande protagonista della vicenda, l’ex direttore del Sisde, Mario Mori, che fino ad oggi si è negato al confronto. Una lettera è stata inviata ieri dal Comitato per convocarlo al più presto – alla luce della sua recente interista televisiva – e si attende ora la risposta del generale. Nei prossimi giorni il vicepresidente del Copasir presenterà una relazione sulla vi- VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 15 cenda che sarà poi girata ai presidenti delle Camere. L’obiettivo è quello di arrivare ad una valutazione condivisa sull’operato dei servizi all’epoca delle operazioni – metà anni 2000 – ed anche in anni più recenti, quando è emerso il rapporto del’Aisi con il mafioso Sergio Flamia, che forniva informazioni all’Agenzia. Procura di Palermo: la politica spacca il Csm, decide il Plenum NESSUN ACCORDO SUL NUOVO CAPO: 2 VOTI PER SERGIO LARI, 2 PER FRANCESCO LO VOI E UNO PER GUIDO LO FORTE. IL VERDETTO DEFINITIVO DOVREBBE ARRIVARE IL 17 DICEMBRE di Antonella Mascali E ra nell’aria la spaccatura avvenuta ieri al Csm sulla nomina del procuratore di Palermo. Quella poltrona non appartiene a un ufficio giudiziario qualsiasi. E il processo sulla trattativa Stato-mafia pesa come un macigno, così come il conflitto di attribuzione contro la procura sollevato dal presidente Giorgio Napolitano davanti alla Corte costituzionale, sulle intercettazioni con l’ex ministro Nicola Mancino. La Quinta commissione si è divisa in tre sul candidato da proporre al Plenum. Il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari, ha avuto i due voti dei consiglieri di Area, la corrente di sinistra, Fabio Napoleone e Lucio Aschettino; altri due voti li ha ottenuti Franco Lo Voi di Eurojust. È stato votato dal togato di Magistratura Indipendente (corrente di destra) Claudio Galoppi e dalla consigliera laica di Forza Italia, Elisabetta Casellati. Il procuratore di Messina, Guido Lo Forte, ha avuto un solo voto, quello della presidente della Commissione, Maria Rosaria Sangiorgio, di Unicost (corrente centrista). Significativa l’astensione del laico del Pd, Giuseppe Fanfani. È la conferma che il dado non è tratto. Sul voto, probabilmente il 17 dicembre, peserà molto quello dei laici e potrebbe non rispecchiare, almeno in parte, l’appartenenza di partito ma la volontà, espressa nei corridoi dal vicepresidente Giovanni Legnini, che ricalca quella del presidente Giorgio Napolitano, di avere a Palermo un procura- tore che sia prudente. Riflessione che sembra incarnare il ritratto di Lo Voi. L’ex pm di Palermo, però, non ha mai diretto un ufficio giudiziario. Se prevarranno alcuni giochi politici, nonostante debba guidare una procura ad alto rischio come quella Palermo, questa sua inesperienza non conterà. LEGNINI in questi giorni medierà fra i gruppi perché ci sia un procuratore con più consensi possibili. Può farcela anche Lari, ex procuratore aggiunto di Palermo. Oltreché su Area potrebbe contare su una parte di Unicost e di laici. Proprio gli otto laici, Legnini, il presidente e il procuratore generale della Cassazione, Giorgio Santacroce e Gianfranco Ciani saranno determinanti. Infatti, tra i togati la maggioranza ce l’ha Area, sette LA CORSA Sulla nomina sarà determinante la posizione dei consiglieri “laici”. Ieri Giuseppe Fanfani del Pd si è astenuto consiglieri, a seguire Unicost, cinque, e Magistratura Indipendente quattro. Ma la partita di Palermo si incrocia anche con quella di Milano. Bruti è un esponente di spicco di Magistratura democratica e se dovesse rimanere al suo posto, secondo la logica correntizia, Palermo, che ha anche il procuratore generale Roberto Scarpinato, espressio- Guido Lo Forte, Francesco Lo Voi e Sergio Lari Ansa - LaPresse ne della sinistra, non potrebbe avere anche un procuratore della stessa area. Un vantaggio, in astratto, per Lo Voi, anche se diversi togati, non solo di Area, non sarebbero disposti a votarlo. NEL PRECEDENTE Csm la com- missione aveva attribuito tre voti a Lo Forte, due a Lari e uno a Lo Voi. Dunque, la nomina di Lo Forte sembrava quasi fatta. Ma è stata fermata da una lettera del Quirinale che ha chiesto di occuparsi delle nomine in ordine cronologico. In questi giochi ancora aperti non si può esclu- dere l’effetto sorpresa Lo Forte, ma al momento appare improbabile. Il padre dell’inchiesta sulla trattativa, l’ex magistrato Antonio Ingroia ha espresso la preoccupazione che possa prevalere una volontà di normalizzazione e perché questo non accada ha auspicato la nomina di Lo Forte, ex aggiunto a Palermo, che fu tra i pm del processo Andreotti, oppure di Lari, nonostante Ingroia da procuratore aggiunto palermitano abbia avuto con lui dei contrasti in merito alla gestione di Massimo Ciancimino e alla trattativa Stato-mafia. 16 ITALIE VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 Ianfermiera morta Ragusa, aperto un fascicolo LA PROCURA di Ragusa ha aperto un fascicolo di indagine per il reato di omicidio colposo per la morte dell’infermiera Daniela Dinatale, 51 anni, trovata morta dal figlio, all’interno del suo appartamento di Corso Italia la mattina del 28 novembre scorso. La donna non era andata a lavorare in il Fatto Quotidiano Ospedale, dove invece era attesa in sala operatoria. Le circostanze del ritrovamento dell’infermiera che era vestita e truccata ma adagiata sul letto non ha convinto i carabinieri che hanno avviato le indagini. L’esame autoptico eseguito dal medico legale Giuseppe Iuvara non ha chiarito le cause del decesso perché si aspettano i risultati dell’esame tossicologico eseguito dal professore Guido Romano dell’Università di Catania. Una delle ipotesi di morte che viene valutata è l’eventuale reazione all’assunzione del vaccino antinfluenzale ed è per questo ch’è sta- LORIS È STATO UCCISO CON UN LACCIO CRESCONO I SOSPETTI SULLA MAMMA IL BAMBINO STRANGOLATO CON UNA FASCETTA DA ELETTRICISTA di Giuseppe Lo Bianco T roppe bugie, troppe incongruenze, troppe contraddizioni: e troppi gesti strani. Formalmente non è ancora indagata, ma il cerchio delle indagini si è stretto attorno a Veronica Panarello, 25 anni, la mamma di Andrea Loris, e la sensazione e’ quella di una svolta imminente: “Non posso dire nulla”, dice il procuratore di Ragusa Carmelo Petralia, e il legale della donna, l’avvocato Francesco Villardita, non ha voluto rispondere al telefono ed è rimasto sino a tarda sera con i suoi collaboratori nel suo studio di Vizzini dopo avere abbandonato in serata la Questura con la sua assistita, interrogata a lungo per l’intero pomeriggio dopo avere trascorso tutta la giornata con gli investigatori. Nel giorno in cui dall’autopsia si è scoperto che il bimbo è stato soffocato con una fascetta di plastica, di quelle utilizzate dagli elettricisti (che ha lasciato sul collo evidenti segni di strangolamento) il gruppo di super esperti dello Sco di Roma, insieme con i funzionari della Mobile di Dottor Di Perri Il canaletto dove è stato ritrovato il corpo di Loris, il bambino di 8 anni Ragusa nsaA L’INCHIESTA Indagini sull’auto della madre, si valuta l’ipotesi che la mattina della scomparsa sia andata sul luogo del ritrovamento Ragusa l’hanno caricata ieri pomeriggio su due auto della polizia, un’Opel Astra e una Giulietta, che hanno rifatto più volte, avanti e indietro, il percorso da casa alla scuola del piccolo Andrea, per poi tornare di nuovo verso casa e verificare, passo dopo passo, tutte le tappe di quella mattina. Con la donna che fino a tarda sera è rimasta ferma nella sua versione, appesa solo alle sue parole: sabato scorso ha accompagnato Andrea a scuola, l’ha lasciato poco lontano dal cancello e poi è andata a lasciare il fratellino alla ludoteca. Ma a smentirla sono le immagini delle telecamere che riprendono altri gesti singolari della donna ripresa mentre usciva da casa, a distanza di un’ora circa, con due sacchi dell’immondizia gettati in cassonetti distanti, rispettivamente, uno e due chilometri dalla sua abitazione. IERI È EMERSO anche il so- spetto che la sua auto, ora sequestrata, la Polo nera con cui ha accompagnato i due figli la mattina di sabato, possa essere andata quello stesso giorno nella zona del Mulino Vecchio, a Scoglitti, dov’è stato ritrovato il corpo di Andrea. È un’ipotesi che il procuratore di Ragusa non conferma né smentisce, ma che offre la dimensione dei sospetti nei confronti della donna, sulla quale la procura avrebbe disposto (e anche questo non è confermato) una consulenza psicologica per verificare le voci raccolte in paese dagli investigatori sulla sua fragilità caratteriale e, soprattutto, su un presunto uso di droga. Il contesto familiare, e tutto ciò che gli ruota attorno, insomma, èfinito al centro delle indagini che potrebbero subire un’ac- to eseguito l'esame tossicologico. Ma i carabinieri di Ragusa hanno appurato che l’infermiera non avrebbe preso il vaccino nè dall’Asp, dove era dipendente, nè dal medico curante; tutt'al più avrebbe dovuto somministrarselo da sola, ipotesi che appare remota. SULCIS le 37 donne continuano protesta oraggio e voglia di non arrendersi. Non molC lano le 37 lavoratrici dell’Igea asserragliate già da una settimana nella galleria di Villamarina, un tunnel buio e umido di circa cinquanta metri. Ma già da queste ore potrebbero optare per un presidio più “leggero” : meno donne dietro il cancello e turni per consentire di tornare a casa, riposare e vedere i propri cari. La decisione non è definitiva, ma la tensione di questi ultimi giorni si è notevolmente allentata, grazie anche alle rassicurarazioni arrivate ieri dal sottosegretario Graziano Delrio, secondo cui “Il Sulcis è un pezzo importante della sfida dell’Italia”. Il sottosegretario del Governo Renzi ha assicurato lo sblocco di 127 milioni di euro per il “Piano Sulcis”. Ma per le lavoratrici servono più garanzie: per esempio una delibera che garantisca l’affidamento delle bonifiche alla stessa Igea. In attesa che venga tutto ufficializzato, la protesta va avanti e quella appena trascorsa nella galleria è l’ottava notte consecutiva di protesta per le 37 lavoratrici. celerazione nelle prossime ore: fino a ieri gli investigatori hanno perquisito la casa di Andrea, a caccia di un diario o del tablet che il bambino, trovato senza slip, aveva in uso per rintracciare appunti e pensieri utili alle indagini. Perché Veronica ha mentito sostenendo di avere accompagnato Loris a scuola? Lo ha fatto per paura dei rimproveri del marito o vuole coprire qualcuno? Di certo c’è solo che quella mattina, dopo essere rientrata a casa e avere gettato, a distanza di tempo, due sacchi neri dell’immondizia lontano da casa, si è recata al castello di Donnafugata a una dimostrazione del Bimby, l’attrezzo domestico tuttofare in cucina. L’ORGANIZZATORE non ri- corda la sua presenza, ma le altre donne sarebbero già state sentite dagli investigatori. E se l’esame delle ruote della Polo nera dovesse confermare tracce recenti di terriccio della zona del Mulino Vecchio, la posizione della mamma si farebbe improvvisamente molto più complicata. Il caso Fluad “I vaccini influenzali non sono pericolosi” di Bruno Tinti a è vero che di vaccino si muore? O è M un’altra di quelle leggende metropolitane come le scie chimiche e i complotti planetari? Ne ho parlato con Gianni Di Perri, ordinario all'Università di Torino, direttore della clinica di malattie infettive all'ospedale Amedeo di Savoia. Professore, i vaccini sono davvero pericolosi? No, non lo sono più. Una volta si utilizzavano virus attenuati, quindi ancora vivi, che conservavano la capacità di moltiplicarsi; poteva capitare che ci si ammalasse di quella stessa malattia contro la quale ci si vaccinava, seppure in forma più lieve. Ma oggi si usano prevalentemente due tecniche: i vaccini con adiuvanti, che aiutano la stimolazione del sistema immunitario; e i vaccini che contengono solo una parte del virus (che dunque non si moltiplica), quella che maggiormente stimola gli anticorpi. Questi vaccini non presentano nessuna pericolosità. Ma allora le 12 persone morte dopo aver assunto il Fluad (vaccino antinfluenzale prodotto da Novartis, multinazionale farmaceutica con sede in Svizzera)? Appunto: morti dopo aver assunto. Non è detto che siano morti per aver assunto. Il problema è che il vaccino antinfluenzale si prescrive a persone appartenenti a categorie a rischio, in particolare a malati cronici con patologie cardiovascolari e respiratorie che sono in gran parte persone di età avanzata. Queste patologie possono essere aggravate, fino a cagionare la morte, da un’infezione acuta come l’influenza. Ecco perché gli si prescrive il vaccino. Naturalmente la morte, in questa categoria, è evento statisticamente più frequente rispetto alla restante popolazione, soprattutto nella stagione invernale che aggrava le patologie preesistenti. Per questo motivo è errato considerare statisticamente significativo un certo numero di morti avvenute qualche giorno dopo aver assunto il vaccino; potrebbero anche avere altre cause. Però sembra che tutti i morti avessero assunto il Fluad. Questo non incrementa la probabilità di un nesso causale tra la morte e il vaccino? Potrebbe essere. Ma, prima di tutto, bisognerebbe sapere qual è la percentuale di vendite di Fluad rispetto agli altri vaccini; fosse elevata, 70-80%, il dato sarebbe scarsamente significativo. E poi bisognerebbe conoscere le cause della morte di queste 12 persone. Se alcune fossero morte per infarto, altre per insufficienza respiratoria, altre per qualche diversa malattia, è evidente che il nesso di causalità tra il vaccino e la morte sarebbe inesistente. Se, al contrario, si accertasse che tutte le morti (o una parte significativa di esse) fossero riconducibili a un’unica causa, la cosa cambierebbe. Resta il fatto che tutte le persone decedute erano affette da gravi malattie croniche che ben potrebbero aver cagionato la morte in maniera autonoma. Ma come potrebbe essere eseguito un simile accertamento? Naturalmente attraverso autopsie o indagini sul quadro clinico presentato da queste persone nel periodo immediatamente precedente il decesso. Supponendo che la causa delle morti sia il vaccino, cosa potrebbe essere successo a suo parere? Le complicanze che possono derivare da un vaccino possono essere di tipo tossico, derivante da una sostanza inquinante; o anche consistere in una contaminazione da batteri che, una volta somministrato il vaccino, possono provocare un’infezione letale. Può anche capitare che il vaccino inneschi una reazione auto-immunitaria, in sostanza un’allergia, nel tessuto cerebrale centrale o periferico; in que- PERCHÉ SONO SICURI Una volta si usavano virus attenuati, potevano moltiplicarsi; oggi quegli adiuvanti, che stimolano il rafforzamento del sistema immunitario sto caso però gli effetti diverrebbero palesi non prima di 2 o 3 settimane, e dunque non sembra che sia questo il caso. Tra l’altro, i soggetti a rischio, abituali fruitori del vaccino antinfluenzale, proprio in quanto portatori di malattie croniche, sono monitorati da moltissimo tempo e dunque le eventuali allergie sono ben conosciute. Bisogna anche considerare che queste eventualità non sono esclusive dei vaccini. Contaminazioni o allergie possono comunque verificarsi anche a seguito dell’assunzione di qualsiasi farmaco. Insomma, da questo quadro, sembra che una causa comune a tutte le morti e di conseguenza l’esistenza di un nesso causale tra l’assunzione del vaccino e la morte sia poco probabile. In effetti c’è un certo scetticismo e prudenza nell’ammettere questa relazione causale. Professore, ma lei consiglierebbe di vaccinarsi? Assolutamente sì. Le persone cui abitualmente si prescrive questo vaccino sarebbero sicuramente più a rischio se non lo assumessero. Le conseguenze di una malattia influenzale su persone già sofferenti per patologie croniche possono essere molto gravi; e, senza vaccino, esserne contagiati è molto probabile. In una situazione di incertezza sulla effettiva rilevanza causale del vaccino sui pochi decessi avvenuti, è molto imprudente non vaccinarsi. Si consideri anche che il bilancio sull’efficacia di un vaccino non si traduce soltanto nell’aver scongiurato o meno la malattia, ma anche negli eventuali effetti in termini di riduzione della gravità dell’episodio influenzale, minor durata della malattia, minori necessità di ricovero in ospedale. ALTRI MONDI il Fatto Quotidiano Pianeta terra VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 17 YEMEN FALLITO RAID PER L’OSTAGGIO “La mia vita è in pericolo, aiutatemi”: è l’appello di Luke Somers, fotoreporter Usa rapito un anno fa nella capitale yemenita Sanaa. Gli Stati Uniti hanno fatto sapere di aver tentato un blitz - fallito - per la liberazione. Il gruppo di al Qaeda che lo detiene ha dato un ultimatum di tre giorni a Obama. LaPresse USA-UE UN MILIONE FIRME CONTRO TRATTATO ATLANTICO Più di un milione di persone in Europa, di cui 180 mila nel Regno Unito, hanno firmato la petizione in cui esprimono l’opposizione al Trattato transatlantico su commercio e investimenti (Ttip), l’accordo di libero scambio tra Ue e Usa. Sotto accusa la trasparenza delle trattative.LaPresse “Non respiro”, l’urlo di rabbia dei neri Usa Orion, la navicella post-Shuttle DOPO LA DECISIONE DI NON INCRIMINARE GLI AGENTI CHE SOFFOCARONO UN RAGAZZO DI COLORE, MANIFESTAZIONI IN TUTTO IL PAESE. AGENTE UCCIDE GIOVANE A PHOENIX di Angela Vitaliano I can't breath, I can't breath”. “Non posso respira- re, non posso respirare”: è diventato lo slogan della protesta che da mercoledì sera, partito a New York si è propagato in tutto il paese, dopo la decisione del Grand Giurì di non incriminare Daniel Pantaleo, il poliziotto che il 17 luglio, a Staten Island, aveva bloccato, stringendolo al collo, un uomo fino a farlo morire per soffocamento. Eric Garner, che i giornali definirono il “gigante”, era nero, e disarmato. L’agente Pantaleo ne ha causato la morte, perché riteneva stesse vendendo sigarette di contrabbando, usando una manovra, la “presa al collo”, vietata dalla legge dello Stato di New York. Intanto a Phoenix viene rivelato un altro caso: un poliziotto ha ucciso martedì un 34enne per sospetto spaccio di droga, ma si trattava solo di medicine. UN VIDEO girato da un testimo- ne mostra la sequenza in cui Garner viene preso alle spalle e stretto alla gola mentre con sguardo disperato ripete “non posso respirare” fino a cadere a terra privo di vita: 43enne padre TUTTI GIÙ PER TERRA Studenti in protesta ad Atlanta e la sequenza del soffocamento di Eric Garner Ansa INGIUSTIZIE Terzo caso in poche settimane. Il presidente Obama stavolta ammette: “Talvolta la legge non è uguale per tutti” VATICANO “Centinaia di milioni di fondi neri” essun pericolo di fallimento per il Vaticano. N Anche se la Santa Sede ha chiuso il bilancio del 2013 in rosso per 24,5 milioni di euro. Il pericolo è stato scongiurato dal cardinale George Pell in persona, il “ministro dell’economia” di Papa Francesco. Secondo il cardinale australiano, infatti, sarebbero state ritrovate alcune centinaia di milioni di euro nascosti in particolari conti settoriali, e che non apparivano nei fogli ufficiali di bilancio. I “fondi neri”, come spiegato da Pell al settimanale britannico Catholic Herald, sono emersi dopo il lavoro di riforma delle finanze vaticane, avviato da Papa Bergoglio. Le casse della Santa Sede dunque sono più in salute di quanto apparissero. Il cardinale Pell si è mostrato inoltre molto critico con la cattiva gestione dei conti vaticani dei secoli scorsi. Lo stesso cardinale ha ammesso che molti dicasteri così come la Segreteria di stato troppo spesso “hanno goduto e difeso una sana indipendenza”. Secondo il cardinale, infatti, “i problemi erano tenuti spesso ‘in casa’, come si usava nella maggior parte delle istituzioni, laiche e religiose, fino a poco tempo fa”. Il “ranger australiano”, soprannominato così dallo stesso papa che lo ha voluto a Roma da Sydney, ha anche dichiarato quanto difficile è stato tentare l’attuazione di una riforma finanziaria. Molte perplessità e critiche anche per la recente vicenda Vatileaks che ha gravato molto sulla reputazione della Santa Sede e ha rappresentato un grosso peso per Papa Francesco. Antonio Migliore RIPRENDE LA CORSA ALLO SPAZIO La capsula americana progettata per portare l’uomo sulla Luna e su Marte, si prepara al lancio: dopo i quattro rinvii di ieri a causa del vento, la Nasa ci riprova oggi Ansa di 6 figli e già nonno, l'uomo che soffriva anche d'asma, aveva avuto diversi trascorsi con la giustizia ma quel giorno non stava commettendo nessun reato e soprattutto era disarmato ed è stato fermato in maniera illegale. Il video riprende in maniera chiara e inequivocabile lo svolgimento dei fatti. Eppure non abbastanza per incriminare Pantaleo. “Non ho parole”, commenta, Jon Stewart, nel suo Daily Show, esprimendo infinita indignazione per una decisione che non ha giustificazioni. La condanna è per una volta univoca. Il giudice Andrew Napolitano, volto della Fox in qualità di esperto legale, lo definisce un “crimine”. “Qui non è il Missouri, non un posto dove o sparo io o spari tu. Qui si tratta di un agente che attacca una persona con problemi mentali”. Senza diritto di replica anche le prime pagine del N.Y. Daily News e del N.Y. Post: il primo titola “Noi non possiamo respirare” rimarcando il senso di indignazione generale rispetto alla notizia; il secondo riporta la sequenza delle foto dell'episodio in cui si distinguono i vari protagonisti e scrive, in maniera cruda, “questo non è un crimine”. Per una volta Obama entra apertamente nel merito e dice: “Quando un qualsiasi americano non viene trattato egualmente di fronte alla legge, que- sto è un problema di tutto l'America e, come presidente di questo paese io devo risolverlo”. Sono già 83 gli arrestati a New York per resistenza alla polizia durante le dimostrazioni che non hanno fatto registrare incidenti come, invece, è accaduto a Ferguson. Un appello alla calma è arrivato, come nel caso di Michael Brown, proprio dai familiari di Eric Garner che hanno chiesto di non creare disordini. Putin (quasi) solo contro tutti IL CREMLINO EVOCA LA NUOVA CORTINA DI FERRO. IN CECENIA I JIHADISTI TORNANO ALL’ATTACCO di Giampiero Gramaglia oliticamente isolato sulla P scena internazionale dalla crisi ucraina, economicamente accerchiato dalle sanzioni occidentali e dal calo dei prezzi dell’energia, Vladimir Putin non batte in ritirata e anzi riparte all’attacco: la Crimea è russa e sacra come il monte del tempio per gli ebrei; non vogliamo una corsa al riarmo, ma siamo pronti a difenderci; e la banca centrale russa usi il pugno di ferro contro gli speculatori del rublo, che lo spingono al ribasso sul dollaro e l’euro. Il presidente parla al Cremlino al gotha della Nazione, parlamentari, ministri, leader religiosi: per un’ora, accusa l’Occi- dente, che vuole mettere le pastoie alla Russia e non aiuta l’Ucraina; e promette una serie di riforme per rilanciare un’economia sull’orlo della recessione. Nell’ ‘arsenale’, c’è pure un’amnistia per coloro che riporteranno in patria i capitali, oltre a misure a sostegno del rublo e delle imprese. PAROLE FORTI, persino trop- po, che tradiscono la preoccupazione per la situazione: Putin tiene sempre il pallino in mano, ma il deterioramento della crescita e dell’inflazione non lo lasciano tranquillo. E a Mosca si riaccende l’allarme anti-terrorismo: il Califfato fa proseliti anche in Cecenia, dove, vent’anni dopo lo scoppio del conflitto, FACCIA FEROCE Nel “discorso alla nazione” lo zar fa appello al rientro di capitali per fronteggiare la crisi. E non rompe del tutto con Usa e Ue integralisti islamici uccidono 10 poliziotti – muoiono ammazzati pure 9 guerriglieri. In Ucraina, però, qualcosa si muove. Martedì, nell’Est del Paese, scatterà una vera tregua, 3 mesi dopo il cessate-il-fuoco deciso a Minsk il 5 settembre e ripetutamente violato da entrambe le parti. Il presidente ucraino Petro Poroshenko e i separatisti filo-russi confermano: “Il 9 dicembre, smetteremo di sparare”. E il 10 Kiev avvierà il ritiro delle armi pesanti dalle regioni di Donetsk e Lugansk, a patto che i separatisti stiano ai patti. A Basilea, dove si riuniscono i rappresentanti dei 57 Paesi Osce, il ministro degli Esteri russo Lavrov e il segretario di Stato Usa Kerry si rivedono, senza risultati. Kerry risponde a Putin: “Non vogliamo che Mosca si isoli con le sue stesse mani”; e aggiunge che “quanti sostengono la sovranità e i diritti dell'Ucraina non cercano lo scontro”. L'Osce, che già deve verificare il rispetto del cessate il fuoco di Minsk, dovrà pure controllare la tenuta della tregua. I rapporti verbali con gli Stati Uniti e l’Unione europea restano su livelli da Guerra Fredda. Putin prova a farsi beffa delle sanzioni: sono – dice con ironia - “uno stimolo ad accelerare lo sviluppo” della Russia, una nazione “sana” che gli Occidentali, “cinici”, cercano di minare ogni volta che si mostra “troppo forte e indipendente”. È LA RETORICA ricorrente della “fortezza assediata”. Ma, evidentemente, il presidente patisce l’impatto delle misure finanziarie e commerciali. Ed afferra la mano che gli viene tesa: a Basilea, Lavrov conferma al ministro italiano Gentiloni che Putin sarà a Milano all’Expo 2015. La Russia non vuole interrompere la cooperazione con Usa e Ue, che, dal suo canto, tiene aperta la pratica SouthStream: “Si può ancora fare”, dice il presidente della Commissione di Bruxelles Juncker. E Washington nega di mirare al confronto con Mosca. @ggramaglia 18 il Fatto Quotidiano VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 NUOTO, MONDIALI VASCA CORTA: ARGENTO ITALIA NELLA 4X200 SL ARGENTINA, CALCIATORE UCCISO DAGLI ULTRÀ AVVERSARI Prima medaglia azzurra: D’Arrigo, Belotti, Di Fabio e Magnini battuti solo dagli Stati Uniti grazie a una strepitosa rimonta finale di Filippo Magnini FORBES: BALE È IL PIÙ RICCO DELLO SPORT BRITANNICO Assalito a calci, pugni e bastonate dopo la partita Tiro Federal-Chacarita (torneo regionale di Aimogasta), il 33enne Franco Nieto (Tiro Federal) è deceduto ieri notte SECONDO Il gallese del Real incassa 30 milioni di euro l’anno. Al secondo posto il campione del Mondo di F1Hamilton, subito dietro il golfista McIlroy. Seguono Rooney e Gerrard TEMPO SPETTACOLI.SPORT.IDEE La scomparsa, che passione “THE LEFTLOVERS”, SERIE USA DI SUCCESSO IMPORTATA DA SKY ATLANTIC: IMPROVVISAMENTE IL 2% DELLA POPOLAZIONE SVANISCE NEL NULLA SENZA UN PERCHÉ. L’IDEATORE È DAMON LINDELOF, NON A CASO UNO DEI PADRI DEL CULT “LOST” L PRODUZIONE HBO di Andrea Scanzi a creatività pare essersi ormai trasferita, in pianta pressoché stabile, dal cinema alla serie tivù. Una delle ultime prove è The Leftlovers. In Italia la prima stagione è andata in onda su Sky Atlantic ogni giovedì sera, a partire dal 3 luglio (sottotitolata) e poi 17 luglio (doppiata). Il sottotitolo, Svaniti nel nulla, è fastidiosamente didascalico. Da un giorno all’altro, di colpo e senza spiegazioni, il 2% della popolazione scompare. Punizione divina? Casualità? E perché proprio il due per cento? Non si sa. La storia scatta tre anni dopo le sparizioni. La serie, di dieci episodi, è un adattamento del romanzo The Leftlovers di Tom Perrotta. Ha avuto successo e la seconda stagione è in lavorazione. L’ideatore è Damon Lindelof e anche questo aiuta a fotografare il prodotto. Lindelof era uno dei padri di Lost, che affrontava il tema della scomparsa sin dal nome. Il talento di Lindelof è noto, anche se gli amanti di Lost gli imputano il progressivo incasinamento della trama: flashback, flashforward, salti temporali, parentesi misticheggianti e voragini narrative. Lo stesso rischio, sin qui sostanzialmente controllato, che corre The Leftlovers, infarcito com’è di “colpevoli sopravvissuti”, scettici e il guru Wayne. Il chiodo fisso per la scomparsa, con derive apocalittiche, non è un’esclusiva di Lindelof. Quasi tutte le serie nascono da una scomparsa, che è però spesso una “banale” morte brutale: un omicidio da risolvere. QUELL’OMICIDIO, e la sua ri- soluzione, faranno puntualmente emergere colpe che non riguardano mai solo chi ha ucciso ma anche chi si è limitato a guardare: i parenti, gli amici, la comunità tutta. Così si dipanava Twin Peaks. Da una scomparsa iniziale partono le puntate ormai decennali delle varie CSI. La scomparsa era la scintilla di Senza traccia, sorta di Chi l’ha visto? seriale sorretto per sette stagioni dal burbero Jack Malone. Con Lost la scomparsa di- Amy Brenneman in una scena di “The Leftlovers” LaPresse STAGIONE N. 2 Il chiodo fisso per la sparizione, con derive apocalittiche, non è certo un’esclusiva. Quasi tutte le trame nascono da un evento simile venta – o ritorna – qualcosa di mistico, di insondabile, di ineffabile. La razionalità cede il passo al trascendentale: all’onirico, al fantascientifico. Personaggi scomparsi in un mondo ricompaiono, vivi e vegeti, in un altro: accadeva in Fringe, nata pure quella (anche) da uno dei padri di Lost, stavolta il più noto J. J. Abrams. The Leftlovers non si discosta molto da questo filone e può contare sulla produzione della HBO, una delle più note emittenti via cavo statunitensi. Garantirsi l’appoggio della HBO è quasi sempre un marchio di qualità, basta guardare l’albo d’oro: I Soprano, Six Feet Under, Big Love, The Wire, Il Trono di Spade, Boardwalk Empire e il magistrale True Detective. Pure quello trascendentale, pu- re quello legato a molte scomparse: quelle fisiche di chi è stato ucciso dal serial killer e quelle interiori che stravolgono l’esistenza dei due protagonisti. The Leftlovers, per nulla adatta ai feticisti di logica e verosimile, ha il merito di non sfociare nel mero apocalittismo americanista (non si può purtroppo dire lo stesso di The Last Ship, decisamente iper-patriottica). Lindelof è stato sinora bravo a complicare la storia al punto giusto: abbastanza, ma non troppo. La sfida, anche per lui, sarà mantenere alto lo standard qualitativo nella seconda stagione, che verosimilmente non sarà l’ultima. Ci sono riusciti altri due prodotti che girano attorno alla scomparsa: Homeland, laddove è il sergente Nicholas Brody a sparire, prima perché lo tengono in ostaggio e poi perché gli sceneggiatori hanno oltremodo sadicamente deciso così; e Rectify, il cui protagonista Daniel Holden viene inghiottito per vent’anni dal braccio della PARATA DI STAR Anche qui attori noti, felicissimi di rilanciarsi nel piccolo schermo. Si rivede Liv Tyler, sensuale oggi come ieri, quando ballava da sola per Bertolucci morte e conseguentemente dai demoni (è innocente? È colpevole? Non si sa. Non importa). Curiosamente, ma significativamente, in contemporanea con The Leftlovers va in onda una serie francese (Revenants) in cui le persone non scompaiono ma riappaiono: non sono zombie, quanto piuttosto ridestati. UN’IDEA non lontanissima da Lukas, il nuovo fumetto della Bonelli. A conferma del maggiore appeal delle serie tivù rispetto al cinema, anche The Leftlovers vanta la presenza di attori noti, felicissimi di cimentarsi e rilanciarsi nel piccolo schermo. Si rivede così Liv Tyler, sensuale oggi come ieri, quando ballava da sola per Bernardo Bertolucci. Scritta bene e recitata meglio, The Leftlovers deve poi buona parte della sua fortuna alla resa interpretativa di Justin Theroux. Estimatrici ed estimatori sostengono che abbia “le sopracciglia più espressive del cinema”. Esagerano, ma neanche tanto. BAD SEX AWARD Peggior scena di sesso, il premio letterario più temuto a Londra di Caterina Soffici l Premio alla Peggiore Scena di I Sesso in Letteratura è stato assegnato mercoledì sera a Londra dalla prestigiosa rivista Literary Review al nigeriano Ben Okri per un brano tratto dal suo decimo e ultimo romanzo, The Age of Magic. Ben Okri, ex Booker Prize, maestro del realismo magico africano, precipita dalle stelle alle stalle: il Bad Sex Award è il più temuto dei premi. Chi lo riceve fa buon viso a cattivo gioco, ci scherza su o commenta con imbarazzate risatine. Ma sotto sotto rosica e mastica amaro. Giunto alla 22esima edizione, se lo sono aggiudicato grandi nomi della letteratura, da Tom Wolfe a Sebastian Faulks. Il Bad Sex è nato nel 1992 da un’idea di Auberon Waugh (figlio del grande Evelyn Waugh, con l’intento di mettere alla berlina le peggiori scene di sesso. Non è un premio al cattivo sesso, ma alla cattiva letteratura. Nella motivazione Waugh era stato chiaro: “Serve a richiamare l’attenzione degli autori e degli editori su scene di sesso prive di gusto, scritte male, superficiali e ridondanti”. Per questo sono esclusi i romanzi esplicitamente erotici e la letteratura pornografica. Ben Okri ha vinto per questo non memorabile passo: “Quando la sua mano strofinò il suo capezzolo, fece scattare un interruttore e lei si accese. Lui le tocco la pancia e la sua mano sembrò prendere fuoco. Poi profuse il suo corpo di carezze e sensazioni agrodolci allagarono il suo cervello. Alla deriva su calde correnti, non più in questo mondo, lei si rese conto che lui stava scivolando dentro di lei. Lui l’amo con gentilezza e forza, mentre accarezzava il suo collo, finché lei non ruppe in un gemito ritmico e basso. Ormai era certa che ci fosse un paradiso e che fosse qui nel suo corpo. L’universo era in lei e con ogni movimento si svelava. Da qualche parte nella notte un razzo decollò”. Nella lista dei finalisti anche que- IL VINCITORE Lo scrittore nigeriano Ben Okri, vincitore dell’edizione 2014 del “Bad Sex Award”. Ha battuto Murakami e Wilbur Smith LaPresse st’anno comparivano grandi nomi. Da Haruki Murakami al Pulitzer Michael Cunningham, dal Booker Prize Richard Flanagan al bestsellerista Wilbur Smith, che secondo la giuria popolare meritava di vincere. La votazione online del Guardian aveva scelto Wilbur Smith (28%) come il peggiore. Il missile di Ben Okri è stato scelto solo dal 3% di lettori. Ma la giuria è insindacabile. WAUGH ci aveva visto lungo: nelle scene di sesso gli scrittori danno il peggio. Più usano giri di parole e metafore, più si attorcigliano in descrizioni grottesche. Wilbur Smith, è finito il lista per questo aulico brano (da Desert God): “Il suo corpo era gla- bro. Anche il suo pube era depilato. Le estremità delle piccole labbra sporgevano timidamente dalla fessura verticale. E su loro brillava una rugiada di eccitazione femminile”. Mentre Cunningham racconta una sveltina, Flanagan esagera: “Le sue mani avevano trovato carne, carne e ancora carne. Lui baciò la striscia rosata che sbucava dall’elastico delle mutande e girava intorno al suo ventre come la linea dell’equatore intorno alla terra. Come si persero nella circumnavigazione l’uno dell’altro, arrivarono grida acute che finivano in un ululato più profondo”. Niente paura, non l’ha strozzata. È solo un grosso cane che sbuca da dietro una duna e interrompe l’idillio. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 19 I russi mi dicevano: dopati IL VERBALE DELL’ULTIMO INTERROGATORIO DI SCHWAZER: “MENTIVO A CAROLINA”. MA LA PROCURA NON GLI HA CREDUTO di Beatrice Borromeo C arolina usciva di casa verso le 8:30 di mattina, poi io mi facevo le iniezioni mentre ero da solo”: si nascondeva dalla fidanzata, Alex Schwazer. Lo racconta al procuratore Tammaro Maiello che, dopo questo interrogatorio, deciderà però di deferire Carolina Kostner e di chiedere per lei una squalifica più severa di quella del marciatore dopato. Nelle risposte di Schwazer sarebbero emerse prove sufficienti per considerare la pattinatrice “complice”. Martedì scorso lei, in un’intervista esclusiva al nostro giornale, ha risposto così: “Non ho mai coperto Alex, non sapevo che si dopasse”. Il Fatto Quotidiano è entrato in possesso del verbale di quell’audizione (del 20 novembre) in cui Schwazer, oro olimpico a Pechino, ricostruisce i passaggi che l’hanno portato alla squalifica: dettagli inediti, discrepanze (per la verità su aspetti che appaiono marginali) tra le due testimonianze e il racconto di una caduta. Che parte dal viaggio in Turchia alla ricerca dell’Epo. Russi e turchi Il tarlo del doping s’insinua nella testa di Schwazer dopo i Mondiali in Corea, quando “a una cena, i miei colleghi Borchin, Kamaykin e Morozov mi dissero che facevano uso di sostanze dopanti. (…) A quella cena mi dissero di diventare russo (...) per avere un’assistenza a 360 gradi, incluso il doping. Io raccontai la cosa alla mia fidanzata (...). Carolina mi disse di lasciar perdere quello che facevano gli altri e di concentrarmi su me stesso”. Ma partì lo stesso per la Turchia: “Cercavo sempre di chiamare io e di non ricevere telefonate. Non spensi mai il telefono per evitare che scattasse la segreteria telefonica turca. (...) Alla mia fidanzata avevo detto che ero a Bologna”. Su richiesta dei procuratori, Schwazer spiega poi dove na- EX FIDANZATI scose l’eritropoietina: “Misi l’Epo dentro una scatola di fermenti lattici dentro il frigo di casa a Racines (...). Misi la confezione nello sportello del frigo con uno scotch per non farlo aprire. Li tenni lì fino a luglio 2012, quando poi li portai ad Oberstdorf. Mia madre non mi chiese mai notizie (...). Non li ho mai usati fino a luglio 2012”. Nella foto grande, Alex Schwazer, 29 anni, oro olimpico nella marcia a Pechino 2008. A fianco, Carolina Kostner, 27 anni LaPresse consulenza con questo dottore per questi fatti. Lei non mi chiese informazioni, sia perché ci siamo sempre rispettati nelle scelte professionali, sia perché lei è proprio al di fuori del doping, quindi non credo ebbe proprio il sospetto. Secondo me non sapeva nemmeno cos’erano concetti come inibizione dal Coni”. L’Epo in frigo Il marciatore spiega così la sua decisione di portare le sostanze dopanti in Germania, a casa della compagna, dove andò per allenarsi: “Io cercavo un posto non in altura e in pianura (…). Decisi di andare a Oberstdorf perché era a 800 metri, c’erano i percorsi e c’era la mia fidanzata”. Ma poteva la Kostner non realizzare che nel suo frigo c’era Epo? “Prima di prendere le sostanze dal frigo (della madre, ndr) cambiai la scatola da fermenti lattici a Vitamina B12. Schwazer nascose la scatola “dai LE TAPPE Nell’audizione del 20 novembre il marciatore, oro olimpico a Pechino, ricostruisce i passaggi che l’hanno portato alla squalifica primi di luglio al 6 agosto, quando buttai tutto ciò che rimaneva”. Circa un mese, dunque. In quel periodo la Kostner si allenava in vista del mondiale: “Ero esausta, in piena stagione. Aprivo il frigo per prendere da mangiare, in automatico, non per controllarlo, anche perché non ne avevo motivo”. Le chiavi e le bugie “Non ricordo se Carolina fosse presente quando arrivai quel giorno. Io comunque avevo le mie chiavi”. È questo uno dei passaggi che ha attratto mag- MILANO Rigoldi, Colmegna e Ciotti, i “preti laureati” “Alex non c’è” I due ricordano diversamente cosa accadde la mattina del 30 luglio 2012, quando un ispettore suonò a casa della Kostner per cercare Schwazer e lei mentì, sostenendo che si trovava a Racines. Dice lui che “potevano essere le nove. In quel momento dormivamo entrambi”. Secongiormente l’attenzione degli investigatori. “Per esemplificare la palese diversità delle versioni tra Kostner e Schwazer – appuntano i procuratori – basti evidenziare come i due non siano d’accordo su elementi in punto di fatto di particolare importanza: la Kostner dice che Schwazer non ha mai avuto le chiavi di casa sua a Oberstdorf. Schwazer afferma il contrario”. Qui le spiegazioni dei due campioni divergono. Secondo Kostner, “Alex aveva le mie chiavi solo nei periodi in cui stava da me. Ma non le portava mai dietro quando ripartiva”. Schwazer dà un’altra spiegazione, che non contrasta necessariamente con l’altra: le chiavi “me le aveva date lei e io non le ho più ridate perché le ho perse nel 2013”. Continua Schwazer: “Misi il tutto nel frigo sopra il cassetto della frutta. C’erano varie cose nel frigorifero. Carolina non mi pare vide questa scena. (…) Cominciai a utilizzare le fiale dopo il controllo del 13 luglio per al- cuni giorni. Di solito lo facevo nello spazio temporale tra quando Carolina usciva per i suoi allenamenti, circa alle 8 di mattina, e quando io uscivo per il mio primo, circa alle 9:30”. E la Kostner non si insospettì? “Non chiese nulla, io dissi però una bugia da subito dicendo che questa vitamina BI 2, che lei non conosceva, doveva essere conservata in frigo. Lei si fidò di quello che avevo detto”. Ferrari e l’incontro nel parcheggio La versione dei due coincide anche per quanto riguarda Michele Ferrari, il preparatore inibito che per un anno seguì Schwazer. Dice il marciatore: “L’incontro fu un po’ casuale. (…) Carolina sapeva che era il mio allenatore dal 2009, ma escludo che sapesse la sua fama. Era la prima volta che lo incontrava. Lei seppe chi era Ferrari solo quando nell’aprile 2011 uscirono delle notizie sulla Gazzetta dello Sport su Ferrari e Scarponi. Io le dissi che avrei interrotto la do Carolina invece erano le sette e i due si trovavano in cucina (nell’intervista lei spiega: “La prima volta che mi hanno fatto questa domanda è stato un anno dopo i fatti in discussione. Di certo era mattina presto”). Dichiara il marciatore: “Io le dissi che se fosse stato il DCO doveva dirgli che io avevo dato la reperibilità a Racines e che non sono in casa. Lei non disse niente, secondo me capì che io glielo stavo chiedendo perché il DCO stava facendo un errore a venire a Oberstdorf. (…) Carolina “Sapevo che sarei risultato positivo” “Mi ero già reso conto di stare chiedendo a Carolina di mentire al DCO”, dice lui. Ma quella sera, come conferma la Kostner, Schwazer la chiamò: “Dissi che avevo fatto il controllo a Racines e lei mi sembrò contenta e tranquilla”. Kostner ricorda che “per me era finita lì”. Alex Schwazer, invece, quel giorno si era arreso: “Quando ho fatto il controllo sapevo bene che sarei risultato positivo perché avevo fatto una dose importante e non si sarebbe smaltita prima di 5 giorni”. “Credo non riuscisse ad ammettere nulla perché si vergognava troppo”, riflette oggi Carolina. Che, fino al ritorno del test, continuò a pattinare tranquilla. Twitter: @BorromeoBea Epo, stop al team di Nibali TROPPE SQUALIFICHE: ASTANA, LA SQUADRA DEL VINCITORE DEL TOUR, ESCLUSA DALLE COMPETIZIONI di Caterina Minnucci di Luca Pisapia anno usato il potere della parola per H costruire una realtà sociale più avanzata e più giusta, per educare, difendere, er come stanno le cose ora, Vincenzo P Nibali non potrà difendere la maglia gialla del Tour de France conquistata lo costruire cultura e senso comune”. È con questa motivazione espressa nella delibera del senato accademico dell’Università Statale di Milano che ieri è stata conferita, in occasione dell’inaugurazione del nuovo Anno Accademico, la laurea magistrale honoris causa in Comunicazione pubblica e d’impresa a Don Luigi Ciotti fondatore del Gruppo Abele e di Libera contro le mafie, a Don Virgilio Colmegna presidente della Casa della carità e a Don Gino Rigoldi, storico cappellano del carcere Beccaria. Aula Magna gremita per la lectio magistralis tenuta dai tre preti che hanno ricordato il ruolo centrale dell’etica nella comunicazione, e testimoniato come nella loro vita sulle barricate al fianco agli ultimi hanno sperimentato che “la strada è incontro con Dio e incontro con le persone, saldatura di terra e cielo”. Don Ciotti ha precisato: “Ma non chiamateci preti di strada, siamo preti e basta. Ogni ulteriore qualifica è di troppo”. Ha concluso Don Gino Rigoldi con un appello a Papa Francesco: “Il sacramento della confessione va cambiato. Se un giovane mi dice che domenica non è andato a messa o ha fatto sesso fuori dalle regole - ha spiegato il cappellano - questi sono comportamenti cattivi ma non peccati che tradiscono il Vangelo. Dio non si incazza per queste piccolezze. E a volte anche noi preti facciamo queste cose”. L’ORA E LE CHIAVI Tra la sua versione e quella della pattinatrice ex fidanzata emergono alcune discrepanze, ritenute evidentemente non decisive rientrò dopo pochi minuti e mi guardò strana, forse un po’ turbata ma non arrabbiata. Io le dissi di star tranquilla e che aveva detto la cosa giusta perché la mia reperibilità era a Racines. Forse parlai anche della tutela della privacy”. Nell’ufficio della procura antidoping notano che “la Kostner sostiene di essersi molto arrabbiata e di aver intimato a Schwazer di andare subito a Racines, mentre Schwazer sostiene che la Kostner era semmai un po’ turbata dopo la conversazione con il DCO”. Al Fatto, la Kostner spiega: “Non sono il tipo che fa scenate. Non sbraitare però non significa non essere arrabbiati”. scorso 27 luglio sugli Champs-Elysées. La sua squadra, la kazaka Astana Pro Team, non ha ricevuto dall’Uci la licenza World Tour che permette (e obbliga) le grandi squadre a partecipare alle più importanti corse della prossima stagione. La notizia era nell’aria da ottobre, quando sono stati fermati per assunzione di Epo i fratelli Valentin e Maxim Iglinskiy: il primo è stato squalificato per 4 anni, il secondo, che ha fato da gregario a Nibali al Tour, è invece ancora in attesa di giudizio. Già allora l’Uci chiese alla Commissione Licenze di valutare la situazione dell’Astana, e a nulla è servita la decisione del team di licenziare in tronco i due fratelli. Anche perché poi il 26 novembre è stato fermato per positività agli steroidi anabolizzanti anche il giovane Artur Fedosseyev: il quinto caso di doping nell’Astana nel giro di pochi mesi. Ecco perché la decisione dell’Uci appare oggi Aleksandr Vinokurov: il kazako allora corridore e oggi team manager dell’Astana, ancora sotto inchiesta a Padova per i suoi rapporti con il dottor Ferrari (quello dei casi Armstrong e Schwazer, tra gli altri). Parlando poche settimane fa in occasione del suo trentesimo compleanno Vincenzo Nibali, secondo italiano dopo ALBERTO CONTADOR nel 2007 vinse il Gimondi e sesto corridore in assoluto a Tour, ma l’anno successivo passò proprio vincere tutti le tre grandi corse a tappe (Giall’Astana e non fu invitato in Francia dagli ro d’Italia, Tour de France e Vuelta di Spaorganizzatori, perché nel Tour del 2007 – il gna), a proposito dei casi doping dell’Astaprimo per la squadra kazaka, nata sulle ce- na aveva detto: “Sono molto arrabbiato e neri della Once-Liberty Seguros decimata ribadisco quanto detto, la mamma degli dal clamoroso caso doping Operaciòn imbecilli è sempre incinta, chi nel ciclismo Puerto – fu trovato positivo tra gli altri si dopa oggi è destinato a essere scoperto”. Poi Nibali aveva assicurato che intendeva restare sotto contratto con l’Astana fino a scaSOTTO ACCUSA denza nel 2016. Ma dopo la decisione della Commissione LiCinque casi in pochi cenze dell’Uci, se il Tas dovesse respingere il ricorso e di conmesi: a ottobre fermati seguenza gli inviti non arrivare, i fratelli Iglinskiy; il 26 potrebbe esserci il liberi tutti da parte del team kazako. E Nibali novembre (per steroidi allora potrebbe tornare ad arrampicarsi sui Pirenei anche anabolizzanti) quest’estate, solo con una maArtur Fedosseyev Vincenzo Nibali LaPresse glia diversa. doverosa quanto scontata. Il team kazako ha già annunciato ricorso al Tas (il tribunale arbitrale sportivo di Losanna) e se questo dovesse rigettare l’appello ecco che l’Astana potrebbe solo sperare negli inviti, ma c’è un precedente che non depone a favore. 20 SECONDO TEMPO VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 il Fatto Quotidiano MASTERIZZATI IL COFANETTO Björk, ambiziosa e monumentale “BIOPHILIA” , IL FILM DEL COLOSSALE LIVE TOUR DELL’ARTISTA ISLANDESE ENTRA DI DIRITTO NEI GRANDI EVENTI DEL POP di Guido Biondi S e è vero che ogni artista ha una parabola ascendente e discendente, c’è da chiedersi cos’altro potrà fare Björk dopo la realizzazione di Biophilia: uscito nel 2011 come cd, portato in tutto il globo con un poderoso e ambizioso live tour e infine translato e prodotto in un opera cinematografica senza precedenti. Tutto il mondo di Biophilia – scenografie, coreografie, effetti speciali e, soprattutto, grande musica – è racchiuso in un cofanetto appena pubblicato dall’artista islandese in dvd e cd (e vinile), contenente il film diretto da Nick Fenton e Peter Strickland presentato in anteprima al Tribeca Film Festival di New York (in Italia è stato proiettato in 36 sale). Nel lungometraggio il concerto diven- ta un canovaccio onirico con immagini tratte dagli archivi storici di scienza e natura; colpisce l’impegno monotematico e l’interesse ossessivo verso la terra, le piante, l’interazione tra le strutture musicali e i fenomeni naturali degli atomi e del cosmo. Il dvd contiene anche extra registrati al Miraikan Museum di Tokyo. Il disco, inizialmente registrato su iPad, è il frutto delle collaborazioni con sviluppatori delle applicazioni (c’è anche una app in merito per la gioia degli smanettoni), scienziati, scrittori, inventori, musicisti e fabbricatori di strumenti. Il faraonico tour è partito dal Campfield Market Hall di Manchester ed è terminato all’Alexandra Palace di Londra, location ove il tutto è stato registrato per essere immortalato in film, dvd e cd live. Va sottolineato come l’iperbole stili- DAN SNAITH Concept d’amore e di elettronica stica di Björk sia un punto di arrivo di una carriera e un percorso sempre in salita, lontano dalle sirene del pop, nonostante il successo degli esordi. Pochissimi artisti si sono arrampicati così in alto per rappresentare un concetto frutto di un complicato equlibrio tra filosofia, musica, tecnologia ed ecologia. IL RISULTATO finale potrebbe essere interpretato come una precisa scelta esistenziale e di conseguenza, atto politico. Per onestà intellettuale la poliedrica artista dovrebbe inserire nei crediti del progetto quella che a tutti gli effetti è la sua vera fonte d’ispirazione nonché il suo mentore: Kate Bush; a sua volta la cantante inglese potrebbe essere stata convinta a tornare sulle scene con i recenti sold out dal di Pasquale Rinaldis La cantante islandese Björk vivo proprio grazie alla spinta propulsiva di Biophilia. Nel dvd osserviamo Björk in un costume futuristico perfettamente integrata con tutti gli elementi della natura, con indosso una parrucca anacronistica raffigurante un soffio, una brezza, un folletto, quasi a mimetizzarsi con le note e le immagini. Isobel, One Day, Hidden Place e Sacrifice sono le performance più intense e riuscite; accompagnano l’artista un coro di 24 persone, le percussioni dal vivo e una serie di strumenti costruiti apposita- ONE MAN BAND Billy Corgan cammina solo mente per lo spettacolo: un’arpa pendente dal soffitto, un organo digitale a canne, due generatori magnetici di note musicali, un piano chiamato The Gameleste e un’arpa chiamata Sharpsichord. Uno spettacolo mozzafiato entrato di diritto nei grandi eventi del pop musicale: andrà sistemato vicino a The Wall dei Pink Floyd, Sgt. Pepper’s dei Beatles e all’intera produzione artistica di Bowie. Ma Björk è l’unica che rappresenta la nuova generazione, dettaglio da non sottovalutare. REVIVAL Il ritorno degli Avvoltoi beat OUR LOVE © AMAGAMA © UN CONCEPT album sull’amore? Non esattamente una novità, in ambito pop. Più raro che sia un disco di elettronica a sviluppare il tema. Ma da uno con la sensibilità e il talento di Dan Snaith, in arte Caribou (il suo alias più famoso, ma ha inciso anche come “Daphni” e “Manitoba”), ci si può aspettare anche questo. Our Love tratta degli alti e bassi di una relazione di coppia, dell’euforia e della tristezza che riversiamo a fasi alterne sull’altra metà della nostra vita, dell’abbandono emotivo e del raffreddarsi progressivo dei sentimenti. Un ciclo di “canzoni” la cui destinazione apparente è la pista da ballo, ma il pulsare sintetico della musica non riesce a nascondere il pathos riflessivo e la palpabile malinconia delle parole, il tutto sottolineato dalla voce insicura e fragile ma proprio per questo ancora più umana di Snaith. Rispetto ad altre prove discografiche passate firmate Caribou, il suono si presta meno a rifrazioni colorate e psichedeliche, mantenendo un rigore digitale comunque non alieno alla melodia. Musica da dancefloor, indubbiamente: ma da ballare in due. Carlo Bordone LA BAND più importante del movimento neo-beat Anni 80, guidata da Moreno Spirogi, torna con un nuovo energico album, “Amagama”, dopo quasi trent’anni dall’esordio “Il nostro è solo un mondo beat”. Una carriera intercalata da numerosi cambi di formazione (nell’ultima line-up alla chitarra l’ex Not Moving Dome La Muerte), che ha visto lo storico gruppo bolognese esplorare diversi stili musicali, dal garage al beat, dal prog alla psichedelia. Una musica che attinge a piene mani nel suono Anni 60 e 70 e si caratterizza per i ritornelli immediati e di grande impatto melodico, come quelli di “Storia di una notte”, “Solo un nome”, la cover di “Eh eh ah ah” del Balletto di Bronzo, “Come puoi” e “Federica”. Una vera boccata d’aria fresca per la musica italiana. Bentornati, Avvoltoi. Gabriele Barone Caribou City Slang LA BAND ROMAGNOLA Nove corpi e i loro strumenti GEOGRAFIA DI UN CORPO © Santo Barbaro diNotte Records NON È MATERIALE per un ascolto disimpegnato, il nuovo disco dei romagnoli Santo Barbaro. Geografia di un corpo va assimilato lentamente, concentrandosi sulle parole –a volte scandite con enfasi quasi sloganistica, altre volte sussurrate minacciosamente – e inquadrando l’orizzonte concettuale del lavoro. Che nelle parole degli autori è così riassunto: “Nove musicisti. Nove corpi e i loro strumenti. Chiusi per tre giorni in uno studio. Per vedere cosa accade se ciascun corpo è libero di muoversi artisticamente, senza particolari vincoli, se non la presenza di uno spazio occupato da un altro corpo a fianco”. Come si può dedurre da queste parole e dallo stesso titolo, si tratta di un disco cerebrale e fisico allo stesso tempo. Atmosfere che guardano al post-punk degli anni Ottanta, con le chitarre e i bassi che ricordano Birthday Party e Echo & The Bunnymen, e frasi come “non ho mai amato e me ne guardo bene” declamate in perfetto stile Giovanni Lindo Ferretti. C. Bord. C’è un divano viaggiante sul Lago di Como Avvoltoi Go Down/Audioglobe MONUMENTS TO AN ELEGY © Smashimg Pumpkins Bmg /Self YOU KNOW I'm not dead”, cantava Billy Corgan in “Everlasting Gaze”. In effetti il leader degli Smashing Pumpkins è vivo e attivo, sebbene secondo alcuni non abbia tutte le rotelle ancora al posto giusto. Unico superstite degli Smashing Pumpkins creati, distrutti, rinnegati e in qualche modo recuperati, il crapa pelata torna in scena con “Monuments to an Elegy”, in uscita il 9/12. E c'è già materiale pronto per “Day for Night”, che uscirà nel '15. Che dire di “Monuments To An Elegy”, registrato a Chicago con Jeff Schroeder e con Tommy Lee (batterista dei Mötley Crüe)? “Come tutte le buone 'falci' del rock, siamo tornati per tagliare in avanti “, spiega Corgan, che propone 9 pezzi. Prevale la vena melodica; non c'è nulla di innovativo, a parte qualche suono non chitarristico tipo in “Anaise” e “Run2me”. Il distorsore fa il suo lavoro in “One and All”, “Monuments” e “Antihero”. La buona notizia è che da “Oceania” il rocker si è affrancato dal passato: sa camminare da solo, anche se non lascia all'umanità perle del valore di “Siamese Dream”. Valerio Venturi CON QUEL NOME, Sulutumana, uno pensa che si tratti di un gruppo africano, sardo o di chissà quale altra landa sperduta nel mondo, invece in dialetto comasco significa sull’”ottomana”, ovvero sul divano. “Ci è piaciuta l'idea di trovare un nome che rivelasse le nostre radici e al contempo instillasse il dubbio sulla nostra provenienza – racconta il cantante della band comasca, Gian Battista Galli –. Lo abbiamo scelto per un fatto sonoro e per l’esotismo che richiama. Ciò detto, riteniamo che il divano sia un mezzo di trasporto portentoso che ti permette di partire per viaggi magnifici attraverso la lettura, la visione di un film, l’ascolto della musica, il sogno, il sesso...”. Il progetto Sulutumana nasce nel 1998 quando Gian Battista Galli e Michele Bosisio incontrano Francesco Andreotti e Nadir. A loro, in seguito, si aggiungono altri tre compagni di palco a completare la formazione. Da circa un mese è uscito il loro nuovo disco intitolato Dove tutto ricomincerà: ”Siamo andati alla ricerca di un’identità sonora più omogenea rispetto al passato – racconta Galli –, è un album folk-pop di forte matrice cantautorale con influenze che spaziano da Leonard Cohen a Stevie Wonder”. Riguardo al titolo, Galli spiega che “è una sorta di diario di viaggio nel deserto e le fotografie che lo accompagnano sono divenute la metafora della vita e del senso che vogliamo dare alle cose. Ribaltando il punto di vista comune, il deserto non è più il luogo in cui tutto sembra finire ma, al contrario, il luogo simbolo in cui tutto può ricominciare”. Il disco è composto da undici brani ben confezionati: basterebbe loro qualche piccolo compromesso per uscire dalla “nicchia”, ma non sembrano o probabilmente non saranno mai concilianti. JAZZ Allegria per tromba trombone e tuba BRASS BANG! © Bernstein, Fresu, Petrella, Rojas Tuk Music / Ducale SE È VERO che una band di ottoni mette allegria al suo solo apparire, poi bisogna che suoni bene. Soprattutto in tempi inflazionati come questi, in cui omaggi, tributi rievocazioni e paraculate di marketing vario hanno preso possesso di molta produzione discografica. Brass Bang! sfugge a tutti questi rischi e non solo. Rimanda, rievoca, omaggia e tributa senz’altro un’ampia fetta di storia (del jazz e non solo) ma soprattutto dimostra come quattro eccellenti musicisti possano mettersi insieme, scegliere un repertorio variegato (il disco contiene ben 18 tracce) che va da Ellington a Palestrina, da Hendrix agli Stones fino a Buscaglione e a una manciata di brani originali – tutti sotto la famosa epigrafe di Frank Zappa secondo cui “Il jazz non è morto, ha solo un odore un po’ curioso” – e divertire. In maniera intelligente. Certo Fresu, Bernstein, Petrella e Rojas sono quattro stelle di prima grandezza, ma qui è successo quello che quasi mai si verifica: la sommatoria del valori in campo ha davvero fatto il totale (Totò dixit), o forse più. Due trombe, un trombone e una tuba molto spesso impiegata nel suo ruolo originario di antesignana del contrabbasso, amalgamati da qualche percussione e variegati da una spruzzata di elettronica, rendono intrigante lo spettro timbrico di tutto l’album. Ricorrendo a qualche bizzarria come il linguaggio jazzistico e la famiglia d’appartenenza consentono ma senza gigionismi e facilonerie di sorta. Andrea Di Gennaro SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 21 PAOLO RUFFINI Direttore editoriale di Sat 2000, la “tv dei Vescovi” Ansa SU RAIUNO IL PEGGIO DELLA DIRETTA San Francesco atto III per Liliana Cavani di Patrizia Simonetti an Francesco atto III. Dopo S quasi cinquant’anni Liliana Cavani torna alle origini, alla storia con la quale nel 1966 esordì alla regia di un lungometraggio e la Rai alla produzione di un film, quel Francesco d’Assisi con Lou Castel visto da 20 milioni di persone e seguito 23 anni dopo dal Francesco cinematografico con Mickey Rourke. Ed ora ancora Francesco, lunedì e martedì su Rai1, miniserie prodotta dalla “Ciao Ragazzi!” di Claudia Mori, protagonista il polacco Mateusz Kosciukiewicz, musiche di Mauro Pagani: “La Einaudi mi aveva chiesto un libro su San Francesco, ma io faccio film, ho risposto, per cui meglio farci un altro film” racconta la regista, una necessità per lei tornare a quella “storia bellissima che va riproposta di generazione in generazione – dice – e di un’attualità sconcertante se si pensa che negli ultimi anni la diseguaglianza economica è aumentata in tutto l’Occidente”. Lui invece, Francesco, “il più grande intellettuale che l’Italia abbia mai avuto – continua la Cavani – odiava il denaro capace solo di procurare odio, distruggere famiglie e causare guerre e aveva capito che alla base di tutto c'è la pacificazione”. Lo rivediamo allora applicare alla lettera le parole del Vangelo rinun- ciando anche malato a una casa, un letto, un tavolo e rifiutando rendite contro tutto e tutti, e tentare di fermare in Egitto l'ennesima crociata perché “la parola uccidete non appare mai nel Vangelo” ricorda al cardinal Pelagio, ma quello niente, e poi al sultano Malik-Al Kamil che “cristiani e musulmani sono figli dello stesso Dio” e se la sua gente non lo ascolta lui deve farlo, gli dice, perché “deve farlo chi crede in Dio”. E POI NEL BOSCO a cercare l’ispirazione per quella “regola” che la sua Fraternitas e la Chiesa gli chiedono per poi tradirla: “Non possedete denaro o case perché possiamo vivere in semplici ripari, lavorate per mangiare e nessuno sia padrone o capo”, troppo severa anche per Elia (Vinicio Marchioni), mantello in stoffa francese e profumo al gelsomino, “un PR per il suo gruppo, poi consigliere di Federico II da beccarsi due scomuniche” dice la Cavani, ma non per Chiara (Sara Serraiocco), “un’intellettuale fantastica ignorata per secoli”, che digiuna per ottenere dalla Chiesa il privilegio della povertà e ci muore con quella pergamena tra le mani. Sono loro due a raccontarsi e a ricordare Francesco che si è spento con le stigmate ringraziando loro e Sorella Morte su un lenzuolo in mezzo al bosco. Sat 2000, l’emittente della porta accanto di Elisabetta Ambrosi n cappuccetto rosso stilizzato che U cavalca il lupo cattivo, tenendogli la bocca ben serrata con il guinzaglio: è la sigla disegnata – tutta stile (ex) Ballarò – di Attenti al lupo, il programma in onda dal martedì e venerdì alle diciannove su Tv2000 (la tv dei vescovi – visibile sul canale 28 del digitale terrestre e sul 140 di Sky – che con la nuova direzione editoriale di Paolo Ruffini sta cambiando volto e ascolti). Sobrio ibrido tra DiMartedì e Mi manda RaiTre, il programma condotto da Giuseppe Caporaso parla, manco a dirlo, di pensioni, fisco, sanità, tasse. Ma la differenza col classico talk show sta tutta nel numero verde gratuito al quale chi guarda – per ora più vicino alla signora che segue la messa da casa che al professionista filogrillino inviperito – può chiamare per avere lumi sulle rogne quotidiane. Niente politica, niente variopinti opinionisti, qui ci sono solo pallidi esperti sconosciuti ai più, che svolgono il loro lavoro senza le luci della ribalta. E invece dell’enfasi sui ficcanti tweet da parte di spettatori ormai divenuti mezzi autori dei programmi, una classica cassetta postale raccoglie le lettere (o al massimo le email) degli spettatori-spettatori che cercano una soluzione ai loro spinosi problemi. Prendi la puntata “Case al ribasso”, sulla svalutazione degli immobili. Il signor Giuseppe da casa chiede perché quella casetta che aveva pagato così tanto ora viene valutata centomila euro in meno, la signora Paola domanda invece che succede quando non si riesce a pagare la rata del muto. RISPONDONO in studio, pacati e un po’ grigi, il dott. Angelo Peppetti dell’Ufficio crediti Abi e il signor Lupidii della Federazione italiana agenti immobiliari. Si cerca però di dare un’aria più glamour sia con il collegamento con il super esperto (che tuttavia, a causa della connessione via skype causa probabile spending review sembra quasi un sequestrato nell’oscurità del suo nascondiglio), sia con le immancabili tabelle con le cifre (ormai un dogma metafisico). Non manca poi il servizio accattivante: in questo caso l’intervista al migliore portiere di stabile premiato dalla Uil, il Gli ascolti di mercoledì CHI L'HA VISTO? Spettatori 3,89 mln Share 16,8% BERSAGLIO MOBILE Spettatori 1,42 mln Share 5,53% signor Vincenzo Zaccaria di (“Ai giovani che trovano il lavoro di portiere dico: accettarlo subito, hai una casa, un mensile e fai un’esperienza”). E poi ci sono le domande del conduttore, un po’ stile Gabbia (“L’aumento della rendita catastale sarà la mazzata finale?”, “I grandi con tante case fanno giochi e giochini ma chi ne ha una?”). Insomma, un onesto programma di servizio, un po’ “vorrei ma non posso” e con leggere tentazioni, per fortuna sedate, di ambire al talk show-aula parlamentare. Ma che, appunto, evita l’usurante esposizione ai Salvini di turno o al sindacalista con la dipendenza da salotto e magari ti risolve anche un problema pratico. Il tutto prima di cena, così, guardando le puntate “Condiminio”, che stress, o “Gas e Luce: come chiedere il bonus sociali”, non si rischia il sopore. E dopo il pasto, ben informati, si può decidere di evitare l’angoscia da programma dove le parole dei politici di turno sono inversamente proporzionali ai problemi esposti, e magari seguire, sempre su Tv2000, dopo le 23, il Rosario dal Santuario di Pompei. Tutto sommato, non ci resta – davvero – che pregare. VELVET Spettatori 3,53 mln Share 13,2% LE IENE SHOW Spettatori 2,49 mln Share 13,17% 22 SECONDO TEMPO VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 il Fatto Quotidiano GIUSTAMENTE MAFIA CAPITALE La linea nera, una storia sporca di Gianni Barbacetto E rano esclusi dal potere. Ed erano puliti. Adesso, invece, li troviamo neri e sporchi, alla guida del “mondo di mezzo” di Mafia Capitale. Sono gli eredi della destra, un tempo duri e puri, beccati oggi a manovrare un sistema criminale pervasivo e trasversale. Ma siamo proprio sicuri che ci sia stata una svolta, una rottura? “Vivevano nel mito delle mani pulite, che potevano esibire anche per mancanza di occasioni. Vent’anni dopo, il fallimento è spettacolare, verrebbe da dire wagneriano”: così Mattia Feltri. Ancor più forte la nostalgia di Marcello Veneziani, per “una destra che per anni si è vantata della sua diversità, che propugnava l’alternativa al sistema e ripeteva con Almirante che dalle tasche di Mussolini appeso in piazzale Loreto non è caduto un soldo”. Ma esisteva davvero la “diversità” nera? O non c’è piuttosto una sotterranea continuità criminale? IL MITO della destra esclusa & pulita (e anche antimafia) si nutre delle storie di tanti militanti onesti, ancorché fascisti, e anche di figure limpide come quella di Paolo Borsellino. Ma non fa i conti con una realtà ben più articolata. Intanto il “polo escluso” (così il politologo Pietro Ignazi ha definito l’area politica che ruotava attorno al Msi) era in realtà un “polo occulto”. Quasi del tutto fuori dai circuiti del potere visibile, la destra di fede fascista ha in realtà sempre cogestito una larga fetta di “potere invisibile”. Il Msi è stato infatti coinvolto fin dalla sua nascita nella gestione dello Stato, dentro i suoi apparati più segreti e le sue operazioni più sotterranee. Forze armate, ministero dell’Interno, servizi segreti hanno sempre avuto rapporti stretti con il Movimento sociale e i suoi uomini. È esistito dunque in Italia anche un invisibile consociativismo di destra, in cui i “neri” hanno gestito una parte importante di delicatissimi apparati dello Stato, assumendosi spesso il compito di fare i “lavori sporchi” del sistema. Guardavano al Msi i generali più importanti delle Forze armate negli anni Sessanta, a cominciare da Giuseppe Aloja, il capo di Stato maggiore che istituisce i “corsi d’ardimento” per formare “migliaia di uomini particolarmente addestrati contro la guerra sovversiva”, secondo la testimonianza di due personaggi coinvolti in quell’operazione, Pino Rauti e Guido Giannettini. Un uomo-chiave dei servizi segreti, Vito Miceli, termina la sua carriera in Parlamento, nei seggi del Movimento sociale, dopo essere stato capo del Sid, il servizio segreto militare, negli anni cruciali della strage di piazza Fontana (1969) e dei tentati golpe Borghese (1970) e Rosa Licio Gelli, maestro venerabile della Loggia P2, 95 anni Ansa COSE GIÀ VISTE Altro che duri e puri: dalla commistione coi servizi segreti ai rapporti con le mafie alla P2, il “mondo di mezzo” c’è sempre stato dei venti (1973). Approdano nelle file del Msi molti altissimi ufficiali: dal generale Giovanni De Lorenzo (quello del Piano Solo, 1964) all’ammiraglio Gino Birindelli. E quanti uomini della destra lavorano, apertamente o in maniera “coperta”, per i servizi segreti, da Miceli a Rauti, da Giannettini a Stefano Delle Chiaie, da Giano Accame a Piero Buscaroli. I militanti neri, sempre in bilico tra Msi e gruppi extraparlamentari (principalmente Ordine nuovo e Avanguardia nazionale), sono per decenni il serbatoio da cui attingere personale, sotto lo sguardo attento dei servizi di sicurezza, da impiegare nelle operazioni della “guerra non ortodossa”, teorizzata nel 1965 nel convegno al Parco dei Principi e passata attraverso il fuoco delle stragi, da piazza Fontana a Bologna. Solo militanza politica (o politico-militare)? No. L’incrocio con gli affari, la politica e la corruzione (e anche con la mafia) è una costante di questa storia nera. Licio Gelli era già un perno della “terra di mezzo”, in contatto, sopra, con i Sindona, i Calvi, i Berlusconi e, sotto, con le bande dei neri toscani e i gruppi romani in cui s’incontravano eversione, servizi, malavita e mafia. La banda della Magliana era già Mafia Capitale, commistione “perfetta” di affari, politica e criminalità. Altro che “cuori neri”, altro che destra dura e pura. A parole proclamava ideali alti, ancorché fascisti; in pratica li tradiva ogni giorno in un balletto di spioni, informatori, infiltrati e traditori sempre pronti a vendere i camerati. A parole era antimassonica; ma molti esponenti di primo piano del Msi erano in segreto iscritti alla P2: Birindelli, ex presidente del partito (tessera numero 1670), i deputati Giulio Caradonna (2192) e Sandro Saccucci, il senatore Mario Te- deschi (2127), oltre a Vito Miceli (1605). A parole erano anche antimafiosi; ma la pratica, nel Paese dei patti sotterranei e delle alleanze inconfessabili, è diversa dalla teoria. Così la destra non ha esitato a trattare e collaborare con le mafie. Con Cosa Nostra in occasione del golpe Borghese; con la ’ndrangheta durante e dopo la rivolta di Reggio; con entrambe durante la trattativa del 1992-93. P2 E MAGLIANA restano gli eterni modelli di una commistione affari/politica/criminalità/mafia che ha attraversato tutta la storia d’Italia dal dopoguerra a oggi. Il “mondo di mezzo” di Massimo Carminati, milanese, detto “er Cecato”, ora è una versione di certo innovativa di quel modello, ma dentro una tenace continuità che non riescono a vedere soltanto i nostalgici di un mitico fascismo duro e puro che in Italia non è mai esistito. L’eccessiva severità della giustizia sportiva di Bruno Tinti n PUÒ SEMBRARE strano ma la storia di Carolina Kostner può servire per far capire che la giustizia è una cosa e la legge un’altra; che ai giudici tocca applicare la legge e alla politica fare leggi giuste; e che, quando le leggi non sono giuste, la responsabilità dell’ingiustizia è della politica e non dei giudici. Carolina ha mentito a un ispettore antidoping: “Alex Schwazer, il mio fidanzato, non è qui a Oberstdorf ma a Racines”; invece era proprio lì. La giustizia sportiva se l’è presa con lei: ha mentito all’ispettore (favoreggiamento) e ha omesso di denunciare che si dopava. La vogliono squalificare per più di 4 anni che, per un’atleta della sua età, significa a vita. Non è importante se Carolina sapeva che Alex si dopava; e nemmeno se la sua impacciata difesa sulla menzogna all’ispettore sia fondata o no. Quello che è importante è la discriminazione della giustizia sportiva e di quella penale nei confronti delle coppie di fatto rispetto alle coppie di diritto; e anche l’inspiegabile maggiore severità della giustizia sportiva rispetto a quella penale in materia di obbligo di denuncia. Cominciamo da qui. Il codice penale obbliga alla denuncia di un reato solo i pubblici ufficiali; i privati cittadini devono denunciare (nel caso ne abbiano conoscenza) solo i reati contro la personalità dello Stato, i sequestri di persona e la detenzione di armi e di esplosivi; non, per esem- pio, chi fa uso di droghe e nemmeno chi le spaccia. Se, per analogia, parifichiamo l’uso di sostanze stupefacenti al doping, proprio non si capisce perché la povera Carolina, che potrebbe benissimo tacere se l’universo mondo intorno a lei facesse uso di droga, avrebbe dovuto denunciare il suo fidanzato che si dopava. Ma, ammessa la ragionevolezza di una maggiore severità della giustizia sportiva (il doping è una brutta cosa e tutti gli atleti dovrebbero collaborare per scongiurarlo), resta il fatto che Carolina e Alex si amavano e vivevano insieme. E qui giustizia sportiva e penale sono accomunate nella stessa perfidia. DURA LEX La Kostner rischia la carriera per non aver denunciato il doping del suo convivente. Un Tribunale penale non la potrebbe condannare Carolina Kostner Ansa L’art. 199 del codice di procedura prevede che i prossimi congiunti dell’imputato possano astenersi dal testimoniare; nonni, genitori, figli, coniuge, fratelli, affini, zii e nipoti dell'imputato possono dire: no, non voglio; e, se non li avvertono di questa facoltà e loro testimoniano, la deposizione è inutilizzabile. Anche il convivente more uxorio, insomma la coppia di fatto, gode di questa facoltà. La Corte di Assise di Torino (1993) dette una bellissima definizione di questo tipo di relazione: “Ogni legame affettivo stabile che includa la reciproca disponibilità a intrattenere rapporti sessuali, il tutto ricompreso in una situazione relazionale in cui siano presenti atteggiamenti di reciproca assistenza e solidarietà”. PERÒ questa parificazione della coppia di fatto viene meno in materia di favoreggiamento (art. 378 codice penale): l’art. 384 (non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare un proprio congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore) a loro non si applica. Insomma una moglie, un papà, una mamma, un figlio, anche uno zio o un nipote, se la polizia cerca il loro parente, possono ospitarlo senza essere perseguiti. Una fidanzata, se la persona amata le chiede “non dire che sono qui con te, ti prego”, lo deve tradire per legge. La Corte costituzionale ha detto che va bene così (ord. 121/2004). Ma a me continua a sembrare una carognata. n PARADIGMI Il Tartufo di Molière, ritratto perfetto della politica italiana di Nanni Delbecchi é Marx né Nietzsche, né N De Gasperi né Berlinguer. Se vogliamo guardare negli occhi i politici che ci assediano da ogni possibile pulpito, giorno dopo giorno, e ci assicurano che usciremo dal tunnel se solo li ascolteremo, dobbiamo chiedere a Molière. Le risposte arrivano da un libro appena uscito, Tartufo, che raccoglie gli scritti dedicati a questa autentica ossessione da Cesare Garboli, convinto com’era il grande critico e traduttore che la vera natura di Tartufo fosse la sola idea originale di tutta la vita. La sola, no di certo; la più attuale è assai probabile, a giudicare dalla piega filodrammatica presa dalla politica italiana con l'amorevole contributo delle televisioni. Chi è, dunque, Tartufo? Nella visione di Garboli è, insieme al suo contrario Don Giovanni, il luogo in cui il teatro di Molière diventa cosciente di se stesso, visto che “entrambi sono consapevoli che il mondo è una mascherata e si reg- ge sulla malafede”. Per tutti e due la menzogna non mina la realtà, ma la crea; e se Don Giovanni esprime il declino inesorabile dell’aristocrazia, Tartufo, servo che vuole farsi padrone, è invece la maschera rivoluzionaria per eccellenza, “campione non già dell’ipocrisia, come per lo più si ritiene, ma del potere intellettuale e spirituale quando nasce dal risentimento e dalla frustrazione”. NELLA COMMEDIA moliè- riana Tartufo è prete, né potrebbe essere altrimenti. Ma dall’Ottocento le strade attraverso cui insinuarsi nel cuore I GUARITORI Davvero non ci sono dubbi: il personaggio della commedia è tra noi, ovunque ci si volti, e tra gli interpreti la concorrenza è spietata e nell’inconscio del prossimo sono molte di più. “Basta sostituire l’ideologia alla religione, da un secolo, il nostro, all'altro, quello di Molière, ossia la santità di una causa all’altra, e vedrai in quanti politici e intellettuali si riproduce”. Così Garboli nel ricordo di Carlo Cecchi, curatore di questo libro. Davvero non ci sono dubbi: Tartufo è tra noi, ovunque ci si volti, e tra gli interpreti la concorrenza è spietata. Se Tartufo è il perfetto guaritore, non importa quanto in malafede, quale miglior provvidenza della peste globale di una crisi? E quale miglior veicolo di una politica divenuta spettacolo, comunicazione e poco altro? La contingenza è un’illusione ottica, leggi, patti e chiarimenti vanno e vengono come le trovate di un canovaccio. Quello che conta è la maschera, il tipo, il carattere. Meglio se con l’inseparabile costume, si tratti di un doppiopetto di sartoria o di una rustica felpa. Tartufo non si disperde in visioni del mondo, o anche solo del quartiere. Gli interessa solo spiegarci come guariremo, grazie a lui. E da cosa. Per vent'anni un certo dottor B. ha giurato (sui figli) che ci avrebbe guarito dal comunismo, il male del secolo. Nel frattempo, altri dottori giuravano che ci avrebbero guariti dal dottor B. Oggi un professorone di Firenze ci assicura che ci guarirà dalla crisi, il male del secolo, con una nuovissima cura omeopatica: l’ideologia del postideologico. MA UN ALTRO chirurgo, di scuola padana, scuote la testa; qui bisogna intervenire d’urgenza sterminando con il bisturi l’invasore e, se necessario, asportando d’urgenza l’Unione Europea. Un altro primario a cinque stelle è ancora più drastico: lui promette proprio di guarirci dai guaritori. Tra le tante interpretazioni possibili dell’astensionismo montante (con annesse ricette per curarlo), suggeriamo anche questa. Forse i pazienti cominciano ad averne le tasche piene di questi guaritori; forse si chiedono se questo viavai di ricette miracolose abbia come vero fine non la guarigione di chi è curato, ma il potere di chi cura. SECONDO TEMPO il Fatto Quotidiano VENERDÌ 5 DICEMBRE 2014 23 A DOMANDA RISPONDO Furio Colombo Noi, prigionieri dell’idolo di turno The Millionaire (Slumdog Millionaire) è un film del 2008 diretto da Danny Boyle che nel 2009 ha ottenuto 10 nomination al premio Oscar e ha vinto 8 statuette fra cui quella di miglior film e miglior regia. La sinossi è lunga e articolata e qui la risparmio, salvo precisare che è la storia di due fratelli Jamal e Salik e di una ragazza Latika. Mi è tornato alla mente alla luce dei titoli di giornale di ieri mattina 4 dicembre, per una delle scene iniziali proposta anche nel trailer ufficiale in cui si scorge Jamal che è rimasto imprigionato proprio nel momento in cui arriva il suo idolo che vuole assolutamente vedere da vicino. Il piccolo Jamal è imprigionato in un bugigattolo a cielo aperto a uso latrina, se vuole raggiungere la sua meta non ha altra via d’uscita se non quella di lasciarsi cadere nella merda. E Jamal si lascia cadere nella merda consapevole di quello che fa. Anche il popolo italiano nel suo complesso si è da tempo lasciato cadere nella merda, ma sembra inconsapevole della cosa, o forse ci si auto-convince (con il trattino) per sopravvivere alla puzza che emana da noi, che quello di cui siamo ricoperti non sia merda, e che l’idolo di turno sarà comunque lui a fare pulizia di tutto. Il lieto fine però non è alle viste, ed anzi, a forza di illudersi che basti un “commissario” ad acta o ad abundatiam, longa manu dell’uomo solo al comando di turno, puntualmente capace di spalare la merda, che è ovviamente sempre quella degli altri, non resta che rassegnarci a quella condizione endemica ben racchiusa in un aneddoto caro ai pragmatici piacentini. Si narra che ad una prima della stagione operistica al Teatro Municipale, un noto imprenditore nel campo degli “spurghi” si presentasse accompagnato dalla mo- glie impellicciata. Dal loggione una voce sarcastica levò un grido: Xxxxxx t’é fat i sod co’ la merda! Leggenda vuole che la risposta si levasse altrettanto stentorea lapidaria e in tempo reale. E resta purtroppo una fotografia dell’Italia di ieri di oggi e di domani. Vittorio Melandri La fondamentale inversione di rotta Egregio Direttore, le scrivo pensando a questa nostra Italia sempre più in difficoltà, in piena crisi di valori e di identità, dove corruzione, clientelismo, affarismo, mafia e politica sono diventati un Senza una buona e sana politica questo processo di risanamento non è certo percorribile. Un’inversione di rotta fondamentale, imperdibile è lì a venire. Mi riferisco alla prossima nomina del nuovo presidente della Repubblica italiana. Perché il vostro giornale non lancia la candidatura dell’avvocato Umberto Ambrosoli? Una nomina del genere costringerebbe il Parlamento a delibere l’abbassamento o l’eliminazione della clausola che impedisce agli under 50 di essere eletti, ma non penso sia un problema insormontabile. Sarebbe interessante avere il ri- La strana Cisl: sciopero no, sciopero sì CARO COLOMBO, come fa la Furlan, nuova segretaria della Cisl, cioè uno dei tre grandi sindacati italiani, a dire no allo sciopero generale Camusso- Barbagallo, ma sì allo sciopero generale del pubblico impiego (che, tra l’altro, coinvolge molto di più i cittadini)? Maria Grazia L’ATTIVISMO spacca-sindacato di Marchionne, prima della grande operazione di sgombero che ha portato definitivamente la Fiat negli Usa, ci ha insegnato che dividere i sindacati è molto importante per chi se ne vuole liberare, ed è un gioco che, purtroppo, a volte riesce. Bisogna riconoscere alla nuova segretaria Cisl di avere esordito in un momento in cui il suo sindacato era tra l’incudine e il martello. I suoi iscritti, all’unanimità, volevano una protesta, la più efficace possibile, contro la doppia campagna di cui gli impiegati pubblici sono stati e sono il target prediletto. Da un lato infatti vengono disprezzati e viene loro dedicata una “riforma” che (dispiace per Marianna Madia, che è una brava persona) tra le più malfatte tecnicamente e le più indecenti moralmente che questo e altri governi abbiano mai prodotto. Dall’altro si nega loro ogni minima possibilità di revisione delle basse paghe e lo si fa sventolando la proibizione di minimi aumenti come una vittoria morale su profittatori e fannulloni, e fingendo di dimenticare che “pubblico impiego” sono anche le scuole, la sicurezza e gli ospedali. Ma gli ordini ricevuti erano di la vignetta tutt’uno ormai insopportabile che sta irrimediabilmente distruggendo il Paese. La gente, quella per bene, è arrivata al limite della “pazienza democratica”. Nelle difficoltà in cui si trova, a ragione, si sente vittima di questa “macchina del fango” che deve essere smontata pezzo per pezzo e distrutta senza esclusione di colpi. Il popolo è esasperato, sfiduciato. L’assenteismo al voto, sempre più evidente, ne è la prova tangibile. Il popolo ha bisogno di segnali chiari. Ha la necessità di capire che in quei Palazzi si vuole e si deve cambiare qualcosa. scontro della gente. Se fosse positivo, potremmo dimenticare finalmente quei soliti nomi di cui non se ne può più. Ritengo Umberto Ambrosoli una figura nuova, positiva. Una persona preparata, irreprensibile e incorruttibile, degna di suo padre e di cui ci sarebbe tanto bisogno. Luciano Daina Soldi, la bellezza e la cooperazione Mi sono battuto molto sia in sede della regione Friuli Venezia Giulia e del suo capoluogo Trieste sia a livello di Bruxelles, in quanto presidente di un’associazione di volontariato sociale e culturale, contro la norma folle che impone il cofinanziamento dei progetti come elemento essenziale per l’accesso all’esame della bontà progettuale. Una norma che per il volontariato onesto è semplicemente discriminatoria. Ne ho sentite di tutti i colori. Hanno sprecato le parole e sono arrivati persino a dire che la cultura non ha niente a che fare con la bellezza bensì con la cooperazione. Avevo molti dubbi. Ora passo alle certezze. Leggo che l’associazione “Libertà e sviluppo” (sviluppo senza il Fatto Quotidiano Direttore responsabile Antonio Padellaro Condirettore Marco Travaglio Direttore de ilfattoquotidiano.it Peter Gomez Caporedattore centrale Ettore Boffano Caporedattore Edoardo Novella Caporedattore (Inchieste) Marco Lillo Art director Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n° 42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 mail: segreteria@ilfattoquotidiano.it - sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n° 42 Presidente: Cinzia Monteverdi Consiglio di Amministrazione: Lucia Calvosa, Luca D’Aprile, Peter Gomez, Antonio Padellaro, Layla Pavone, Marco Tarò, Marco Travaglio rigorosa e vistosa separazione dai sindacati “comunisti”. Nessuno si aspettava in quel momento che il nuovo segretario Uil non fosse in vena di cedere ai Marchionne di governo, lasciando sola la Camusso nel lazzaretto degli estremisti. E così è stata la Furlan a trovarsi sola e in una situazione imbarazzante. Infatti è portatrice, ma anche involontaria rivelatrice di un piano (isolare subito ciò che è o sembra di sinistra) che è andato male. E le sue affermazioni (“le fabbriche non possono restare vuote e ferme in un momento così difficile”) sono apparse in perfetto contrasto con ciò che stava facendo per forza (data la situazione): fermare e svuotare gli uffici e organi pubblici da cui dipende anche il funzionamento delle fabbriche, e dunque raddoppiando lo sciopero generale. Ma gli ordini sono ordini e un bravo ufficiale non se li fa ripetere. Gli ordini di chi? Diciamo che conta l’umore di ambiente Pd-Boy Scout che la Furlan ha subito respirato nei piani alti in cui l’hanno portata. Lei sa che stiamo vivendo una finta liberazione delle donne (che al massimo possono diventare “ministro degli Esteri” d’Europa) in cui gli ordini li danno più che mai gli uomini. Solo la Camusso non ha capito. O finge di non capire a costo, a volte, di apparire un po’ rude, di dire cose che la Moretti non permetterebbe mai, benché sia la più bella (come dice e ripete). Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 lettere@ilfattoquotidiano.it aggettivi) promuove iniziative culturali italiane e straniere. Socio fondatore Carminati. Ohibò! Facile togliersi la concorrenza con un bel cofinanziamento impositivo e ad escludendum, specie per chi le parole “volontariato e onestà” non sa nemmeno come si scrivono! Da Roma ad Udine e su su fino a Bruxelles il lavoro burocratico diventa assai così ancor più semplice (si fa a meno di criteri sensati di valutazioni) e si sta tranquilli dalla parte dei più forti. L’ideologia aziendalistica, del controllo, dell’impresa ad oltranza è salva e la sussidia- rietà vera va fuori dalle balle. E pure parte della cooperazione sociale. Augusto Debernardi L’Ucraina europea poco democratica A proposito dell’articolo di Vauro sulla situazione in Ucraina, vorrei aggiungere alcune notizie. Testimonianze dirette ed attendibili mi riferiscono che in Ucraina occidentale, l'appartamento di proprietà da due generazioni di una famiglia ucraina, è stato visitato da uomini armati in tuta mimetica che hanno intimato il proprietario di lasciare l’appartamento al più presto, avendo costui sposato una donna russa. Il locale è stato “svenduto” e la famiglia è dovuta emigrare ad Est. Ho notizia anche di primari ospedalieri di origine russa che sono stati costretti a lasciare il posto a medici ucraini puri. Se questo è il nuovo corso per un’Ucraina democratica e in odore di Unione europea, auguri, a me pare semplicemente pulizia etnica. Mauro Stagni La sincerità di Renzi sull’articolo 18 Nella trasmissione “Bersaglio mobile” condotta da Enrico Mentana, il presidente del Consiglio Renzi ha detto - per giustificare l’abolizione dell’articolo 18 - che l’imprenditore deve avere la certezza di quanto costa un licenziamento e, naturalmente, di poter licenziare, perché, ha proseguito, non possiamo far pagare agli imprenditori la lungaggine della giustizia italiana. Questa spiegazione della “riforma” è così sinceramente sbilanciata da sembrare quasi un lapsus. Intanto si suppone che la lunga durata di una causa di lavoro (che ha per oggetto un licenziamento) sia fonte di disagio solo per una parte, l’imprenditore, e non anche per l’altra, il lavoratore. Ma non basta. Siccome ci vuole troppo tempo per stabilire se siamo in presenza di licenziamento per giustificato motivo o giusta causa, rinunciando a fare ciò che si dovrebbe per migliorare l’amministrazione della giustizia e non potendo farne pagare le pecche all’imprenditore, scarichiamo tutto sul soggetto più debole abolendo il reintegro in servizio, rinunciando così ad arrivare ad una verità giudiziaria e quindi, in sostanza, alla giustizia stessa. Piero Pistolesi Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 lettere@ilfattoquotidiano.it Abbonamenti FORME DI ABBONAMENTO COME ABBONARSI • Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 290,00 e Prezzo 220,00 e Prezzo 200,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 170,00 e Prezzo 135,00 e Prezzo 120,00 e • 6 giorni • 5 giorni • 4 giorni • Modalità Coupon annuale * (Italia) Prezzo 370,00 e Prezzo 320,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Modalità Coupon semestrale * (Italia) Prezzo 190,00 e Prezzo 180,00 e • 7 giorni • 6 giorni • Abbonamento in edicola annuale (Italia) Prezzo 305,00 e • 7 giorni Prezzo 290,00 e • 6 giorni È possibile sottoscrivere l’abbonamento su: https://shop.ilfattoquotidiano.it/abbonamenti/ • Abbonamento in edicola semestrale (Italia) Prezzo 185,00 e • 7 giorni Prezzo 170,00 e • 6 giorni Oppure rivolgendosi all’ufficio abbonati tel. +39 0521 1687687, fax +39 06 92912167 o all’indirizzo mail: abbonamenti@ilfattoquotidiano.it ABBONAMENTO DIGITALE • Mia - Il Fatto Quotidiano (su tablet e smartphone) Abbonamento settimanale 5,49 e Abbonamento mensile 17,99 e Abbonamento semestrale 94,99 e Abbonamento annuale 179,99 e • il Fatto Quotidiano - Pdf (su Pc) Abbonamento settimanale Abbonamento mensile Abbonamento semestrale Abbonamento annuale 4,00 e 15,00 e 80,00 e 150,00 e * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago, via Aldo Moro n° 4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. 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Les. 196/2003): Antonio Padellaro Chiusura in redazione: ore 22.00 Certificato ADS n° 7617 del 18/12/2013 Iscr. al Registro degli Operatori di Comunicazione al numero 18599 • Servizio clienti assistenza@ilfattoquotidiano.it MODALITÀ DI PAGAMENTO • Bonifico bancario intestato a: Editoriale Il Fatto S.p.A., BCC Banca di Credito Cooperativo Ag. 105, 00187 Roma, Via Sardegna n° 129 Iban IT 94J0832703239000000001739 • Versamento su c. c. postale: 97092209 intestato a Editoriale Il Fatto S.p.A. 00193 Roma , Via Valadier n° 42, Dopo aver fatto il versamento inviare un fax al numero +39 06 92912167, con ricevuta di pagamento, nome, cognome, indirizzo, telefono e tipo di abbonamento scelto • Pagamento direttamente online con carta di credito e PayPal.
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