LA GRANDE MUSICA VA SEMPRE A SEGNO

Torino . Auditorium Rai . Concerti 2013 •2014
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GIOVEDÌ 16 GEN NAIO 2014 ore 20.30
EN
VENERDÌ 17 G
Andrea Battistoni direttore
Emmanuel Pahud flauto
Musorgskij
Khačaturjan
Dvořák
Rimskij-Korsakov
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GIOVEDÌ 16 GEN
VENERDÌ 17 G NAIO 2014 ore 20.30
ENNAIO 2014
ore 20.30
Andrea Battistoni direttore
Emmanuel Pahud flauto
Modest Musorgskij (1839-1881)
Una notte sul Monte Calvo, quadro sinfonico (1867)
(orchestrazione di Nikolaj Rimskij-Korsakov, 1886)
Durata: 12’ ca.
Ultima esecuzione Rai a Torino: 29 gennaio 2010, Nicola Luisotti.
Aram Khačaturjan (1903-1978)
Concerto in re minore per flauto e orchestra (1967)
(versione di Jean-Pierre Rampal del Concerto per violino e orchestra, 1940)
Allegro con fermezza – Lento ma non troppo – Cadenza – Tempo I
Andante sostenuto – Allegro – Andante
Allegro vivace
Durata: 38’ ca.
Prima esecuzione Rai a Torino della versione per flauto; ultima esecuzione della
versione per violino: 8 ottobre 1982, Vasilij Sinaiskij, Ruben Agaronjan.
Antonín Dvořák (1841-1904)
Vodnik (Lo spirito delle acque), poema sinfonico op. 107 (1896)
(da K.J. Erben)
Durata: 21’ ca.
Ultima esecuzione Rai a Torino: 23 maggio 2008, Oleg Caetani.
Nikolaj Rimskij-Korsakov (1944-1908)
La grande Pasqua russa, ouverture su temi liturgici op. 36 (1888)
Durata: 16’ ca.
Ultima esecuzione Rai a Torino: 14 aprile 1995, Frank Shipway.
Redazione a cura di Irene Sala
Il concerto di venerdì 17 gennaio è trasmesso in collegamento diretto su
Radio3 per il programma “Radio3 Suite”e in streaming audio-video su
www.osn.rai.it
Modest Musorgskij
Una notte sul Monte Calvo, quadro sinfonico
(orchestrazione di Nikolaj Rimskij-Korsakov)
Musica delle streghe
Musorgskij cominciò a pensare a Una notte sul monte calvo nel 1858, in seguito alla
lettura di un testo teatrale firmato dal barone Georgij Mengden. L’informazione
è certa, visto che compare nella corrispondenza dello stesso compositore; ma
è l’unico dato disponibile, perché dell’opera letteraria ci è pervenuto soltanto il
titolo, La strega. Evidentemente per Musorgskij erano anni di grande interesse nei
confronti dei soggetti di natura sinistra e demoniaca: negli stessi mesi sarebbe
nato il progetto, mai portato a termine in realtà, di un’opera sul racconto di Gogol’,
La notte di San Giovanni, con tanto di diavoli, streghe e assassinii cruenti. Pare che
un intero atto della Strega fosse ambientato sul Monte Calvo - probabilmente il
Monte Triglav della Russia meridionale - tra sabba di streghe e riti macabri di ogni
genere. Ma uno stimolo non indifferente venne anche dalla sonorità funesta del
Totentanz di Liszt, che Musorgskij ascoltò per la prima volta con grande interesse
nel marzo del 1866.
Il risultato è una pagina sinfonica che dice probabilmente tutto quello che
avrebbe potuto dire l’opera teatrale. Il primo titolo dato dall’autore fu La notte di
San Giovanni sul Monte Calvo; ma l’opera subì due ulteriori revisioni, prima (1872)
per coro e orchestra, poi (1878) in vista di un ulteriore riadattamento teatrale,
ancora una volta abortito (il soggetto doveva essere tratto da un altro racconto
di Gogol’ intitolato La Fiera di Soročintsy); e così Musorgskij morì nel 1881 senza
aver davvero smesso di lavorare su una delle sue opere migliori. La partitura fu
pubblicata postuma solo nel 1886, con il nuovo titolo, Una notte sul Monte Calvo, e
un’orchestrazione quasi totalmente rivista da Nikolaj Rimskij-Korsakov.
Una genesi così complessa, e così densa di fonti divergenti, difficilmente ci
consente di individuare nella musica di Musorgskij un preciso filone narrativo;
potrebbe trattarsi della vicenda raccontata da Gogol’ nella Notte di San Giovanni,
quando il giovane Pëtr perde la memoria di un assassinio efferato e, solo grazie
all’intervento di una fattucchiera, riprende la tragica coscienza dell’accaduto;
potrebbe trattarsi del rito oscuro celebrato tra le sinistre alture del Monte Calvo
nella Strega di Mengden; o ancora del sogno descritto da Gogol’ nella Fiera di
Soročintsy, quando il protagonista immagina l’apparizione del diavolo, sotto
forma di porco, tra la gente rubiconda di un tranquillo villaggio rurale. L’unica
cosa certa è che Musorgskij cerca di dar vita al tema del grottesco satanico,
immergendo le mani in quelle sonorità demoniache e torbide che Berlioz e Liszt
avevano insegnato a tanti compositori dell’Ottocento. I quattro titoli inizialmente
assegnati ai vari episodi della composizione alludono chiaramente a un’adunata
di streghe, a un corteo di diavoli, a una messa nera e a un sabba. Tutti temi che
ritornano in ognuno dei soggetti letterari passati per le mani di Musorgskij nel
corso della stesura del brano orchestrale.
I brividi dei violini che aprono la composizione, assieme alle fiammeggianti
scintille dell’ottavino, ricordano l’atmosfera delle riunioni tra streghe ideate da
Verdi, quasi negli stessi anni, per il Macbeth (1847-1865). Ma i movimenti pesanti
dei contrabbassi hanno un sapore ben più spaventoso e tellurico. Il tema che prende
forma tra fagotti e tromboni ha i tratti di una danza agghiacciante, al cospetto di
un’entità che predilige festeggiare odorando il profumo della morte. Il grottesco
battito di violini e viole “col legno” (sonorità già sperimentata da Berlioz, nella
Symphonie fantastique, proprio per alludere a un mondo altro, complementare
alla realtà degli uomini in carne e ossa) sembra quasi una furente cavalcata sulle
scope. E poi c’è la messa nera, il culmine del rito oscuro, con il suo accenno di
canto liturgico, rovesciato nella sonorità sinistra di un corale che stride nel registro
dei legni. L’incubo svanisce solo in chiusura, quando lontani rintocchi di campane
portano la voce confortante di una collettività umana che crede ancora in qualche
valore spirituale. Clarinetto e flauto accolgono il nuovo giorno con un tema dolce,
come può essere solo una parola amica successiva a una tragedia agghiacciante. E
nel tremolante tintinnio dell’arpa si intravedono le prime luci dell’alba.
Andrea Malvano
(dagli archivi Rai)
Aram Khačaturjan
Concerto in re minore per flauto e orchestra
Antonín Dvořák
Vodnik (Lo spirito delle acque), poema sinfonico op. 107
(versione di Jean-Pierre Rampal del Concerto per violino e orchestra, 1940)
(da K.J. Erben)
Tra i concerti scritti dal compositore armeno Aram Khačaturjan, nemmeno uno è dedicato
al flauto. E neanche il più celebre flautista del suo tempo, il francese Jean-Pierre Rampal,
da lui stimato e apprezzato per l’evidente talento, riuscì a convincerlo a comporre un brano
su misura per le sue doti (cosa che invece fecero, tra gli altri, Francis Poulenc, André Jolivet
e Leonard Bernstein). Anzi: nel 1967 Rampal accettò la controproposta di Khačaturjan
di arrangiare per flauto il suo più riuscito concerto per violino, composto nel 1940.
Quell’estate Khačaturjan la trascorse in un rifugio in mezzo alla foresta fuori da Mosca, città
in cui si era stabilito inizialmente per studiare in conservatorio con Nikolaj Mjaskovskij e
successivamente per lavorarvi. Un periodo proficuo per il compositore:
«Lavorai senza nessuna fatica», scrisse, «Spesso i miei pensieri e la mia immaginazione
superavano la mano che stava ricoprendo il pentagramma di note. I temi mi venivano in
mente con tanta abbondanza che fu difficile per me ordinarli in qualche modo».
Gli ultimi poemi sinfonici
Nel 1895 Dvořák tornava a Praga, dopo aver trascorso tre anni alla direzione del
Conservatorio di New York. L’esperienza era stata davvero costruttiva: Dvořák era
stato letteralmente assalito da fama, successo e benessere economico. Ma l’aria di
casa gli era mancata incredibilmente. Dopo l’entusiasmo iniziale per le tradizioni
musicali scoperte al di là dell’Oceano, testimoniato dal Quartetto “americano”
e dalla Sinfonia “dal nuovo mondo”, la nostalgia della cultura esteuropea era
riemersa con straordinaria intensità già a partire dal Concerto per violoncello e
orchestra. Dvořák non sapeva vivere lontano dalla sua terra. Se non fosse stato
estremamente dotato per la musica, probabilmente avrebbe rilevato la trattoria
del padre, in un piccolo villaggio della Boemia. I suoi primi maestri erano stati quei
musicisti ambulanti, che passavano tra gli avventori del locale, suonando melodie
popolari, radicate nel cuore di quella cultura. Solo in un secondo momento era
arrivato l’amore per i grandi monumenti della musica occidentale. Qualcosa di
autenticamente boemo era destinato a rimanere sempre in ogni sua esperienza
musicale. E così, dopo quei tre anni di dolorosa lontananza dalla patria, per Dvořák
era giunto il momento di immergersi completamente nella cultura delle sue parti,
riprendendo in mano i racconti dello scrittore boemo Karel Jaromìr Erben. Fino a
quel momento i contatti con il genere del poema sinfonico erano stati piuttosto
sporadici. Alcune ouvertures composte prima del periodo americano vi erano
andate molto vicino (La mia patria, Nel regno della natura, Othello). Ma solo allora,
a otto anni dalla morte, Dvořák si sentiva pronto per affrontare uno dei generi più
frequentati dai compositori della seconda metà dell’Ottocento. Nacquero così, tra
il 1896 e il 1897, i 4 poemi sinfonici ispirati alle ballate di Erben: Lo spirito delle
acque, La strega di mezzodì, L’arcolaio d’oro e La colomba del bosco.
Rampal si trovò davanti un lavoro fortemente caratterizzato dal punto di vista stilistico. Tutta
la produzione musicale di Khačaturjan, infatti, sprigiona la passione per il folklore musicale
della sua terra e le sue radici armene, mai abbandonate nonostante il trasferimento in Russia:
«Sono cresciuto in un’atmosfera immersa nel folklore musicale; la vita delle persone, i
loro costumi e celebrazioni, le loro gioie e sofferenze, le pittoresche melodie armene,
azerbaigiane e georgiane, cantate e suonate dai musicisti popolari, tutto questo ebbe un
grande effetto su di me.»
Ma il concerto funziona benissimo anche per flauto. Partitura alla mano, Rampal lasciò
praticamente intatto il materiale orchestrale e, oltre a trascrivere e adattare la parte
solistica del violino alle caratteristiche espressive e tecniche del flauto, aggiunse alla fine
dello sviluppo del primo movimento Allegro con fermezza una nuova cadenza. La melodia
del flauto del secondo movimento (Andante sostenuto) sembra ricordare l’atmosfera
intima e introspettiva dalla ninna nanna del balletto Gajaneh, composto da Khačaturjan
nel 1942. Ha un aspetto improvvisativo ed energico la parte solistica del movimento
finale Allegro vivace, che si chiude sulle veloci “volatine” del flauto. La prima esecuzione
del concerto per flauto di Khačaturjan, nella versione di Jean-Pierre Rampal, avvenne
nell’interpretazione del flautista francese con l’Orchestra Filarmonica di Toledo diretta da
Serge Fournier il 3 novembre 1967. Il concerto trovò numerose successive esecuzioni ed
entrò stabilmente nel repertorio dei flautisti: storica quella del gennaio 1982, sempre ad
opera di Rampal, in occasione della celebrazione del suo sessantesimo compleanno, con la
National Symphony Orchestra di Washington diretta dall’amico Mstislav Rostropovič.
Irene Sala
Lo spirito delle acque
Rannicchiato al bordo di un lago, un folletto acquatico è intento a cucire il suo
abito nuziale. Come sposa ha scelto una ragazza del villaggio: una vittima da
irretire magicamente nel suo mondo, per poi impedirle di ritornare tra gli uomini.
E infatti, proprio in quel giorno, una forza irresistibile spinge la giovane fanciulla al
lago, con un cesto di panni sporchi da lavare. Ma il solo contatto con l’acqua provoca
un sinistro scricchiolio nella passerella, e in un attimo la ragazza viene fagocitata
dalle onde. Il folletto, soddisfatto per la piena riuscita del suo stratagemma,
applaude allegramente e scende sul fondo del lago per congiungersi con la
vittima. Per la ragazza e per il suo bambino neonato è l’inizio di un periodo di
grave tristezza; il folletto non riesce a sopportare l’atmosfera plumbea che pesa
sul suo matrimonio; e così scaglia addosso alla fanciulla terrificanti minacce. Ma
la novella sposa non ha più niente da perdere: chiede di vedere un’ultima volta
sua madre; il folletto acconsente: le concede di tornare per un giorno sulla terra,
ma tiene il bambino in ostaggio. L’incontro con il mondo degli umani è straziante;
madre e figlia si attardano a commiserare il proprio dolore, e non si avvedono del
crepuscolo avanzante. A tarda sera sentono bussare alla porta: è il folletto, venuto
a reclamare la sua sposa. La mamma lo caccia brutalmente; ma dopo pochi minuti
dal lago si leva una roboante tempesta, che scaglia con violenza un oggetto contro
la porta della casupola: è il cadavere decapitato del bimbo.
Sei sezioni compongono il percorso musicale ideato da Dvořák a partire dal testo
di Erben. Lo spirito delle acque è ritratto da un tema sinuoso, che risuona come
un sinistro presagio di morte. Mentre una melodia ingenua affidata ai clarinetti
dipinge la spontanea superficialità della ragazza. La madre, invece, avverte fin
da subito un terrificante presentimento; e il suo tema avanza con una mestizia
penosa, che preannuncia la tragedia imminente. La tristezza che opprime il fondo
del lago è punteggiata da un cromatismo discendente di clarinetti e viole, che
sembra scivolare sempre più in basso: un’idea che si lascia sprofondare, senza
nemmeno cercare di riemergere a contemplare la luce del sole. Ma la tragedia
non tarda a esplodere, abbattendosi definitivamente su un tonfo di tromboni,
timpani e contrabbassi: è l’apparizione di una tempesta, che passa e si porta via
anche la forza di reagire. All’orchestra non resta che contemplare la tragedia,
materializzando un clima di lamentoso sbigottimento lunare pennellato dai
timbri di corno inglese, clarinetto basso e oboi.
Andrea Malvano
(dagli archivi Rai)
Nikolaj Rimskij-Korsakov
La grande Pasqua russa, ouverture su temi liturgici op. 36
Negli anni ’50-’60 del XIX secolo, a San Pietroburgo si formava il cosiddetto
“Gruppo dei Cinque”, unito dalla passione per la musica russa più vera e popolare
e dal rifiuto per la formazione musicale accademica e occidentale. Tranne Milij
Balakirev, che era musicista, gli altri componenti del gruppo provenivano da
mondi che con la musica avevano poco da spartire: Cérar Cui era esperto e
insegnante in materia di fortificazioni militari, Modest Musorgskij aveva seguito
la carriera militare e ministeriale, Nikolaj Rimskij-Korsakov era un ufficiale di
marina e Aleksandr Borodin era medico e professore di chimica. Sulla scia di
quel nazionalismo e quella voglia di affermare il patrimonio musicale etnico
russo, inaugurato da Michail Glinka, i “Cinque” studiarono teoria e composizione
privatamente, raggiungendo livelli di preparazione all’altezza di chi aveva
sostenuto il percorso di studi canonico.
Tra tutti, Rimskij-Korsakov fu il più aperto alla musica occidentale: scrisse un
trattato di armonia e un manuale di orchestrazione, fu maestro di composizione
e strumentazione al conservatorio di San Pietroburgo e tramandò una solida
tradizione didattica russa. Tra i suoi allievi si annoverano, infatti, Igor Stravinskij,
Sergej Prokof’ev e Aleksandr Glazunov.
Nel 1888, Rimskij-Korsakov dedicò «alla memoria di Musorgskij e Borodin»,
scomparsi prematuramente, La grande Pasqua russa (in origine Svetliy prazdnik
ovvero Giorno di festa splendente), eseguita per la prima volta sotto la sua
direzione a San Pietroburgo il 3 dicembre di quell’anno. La composizione fu
sottotitolata ouverture di Pasqua su temi dell'Obikhod, rimandando alla raccolta
di canti russi ortodossi pubblicata da Aleksej Födorovič L’vov, da cui sono tratti
i motivi principali: l’inizio del Salmo 68 "Sorga Iddio, si sperdano i suoi nemici"
e i versetti del Vangelo di Marco che raccontano la gioiosa Resurrezione di Cristo.
Ciò che più interessa al compositore, è mettere in luce l’aspetto pagano della nota
funzione religiosa, come annotato nell’autobiografia:
«Nella composizione, reminiscenze di profezie vetero-testamentarie e dell'annuncio della
Buona Novella si uniscono ad una rappresentazione generale della messa di Pasqua e di
tutta la sua "allegrezza pagana". Dico ciò in piena consapevolezza; infatti nelle danze di
Giubilo del re David alla vista della Terra Promessa, di cui ci parla la Bibbia, non si esprime
in fondo la stessa situazione emotiva di una danza pagana di fronte agli idoli degli dei?
E tutto quello scampanio che si fa in Russia la mattina di Pasqua non sembra forse voler
accompagnare un'immaginaria danza religiosa? Erano proprio questi tratti leggendari e
pagani della festa pasquale che volevo esprimere nella mia Ouverture, questo passaggio
repentino dall'atmosfera cupa e misteriosa del Venerdì Santo alla gaia sfrenatezza, pagana
e religiosa allo stesso tempo, del giorno di Pasqua».
Melodie e ritmi della composizione lasciano assaporare il gusto per il folklore russo,
che affonda le sue radici nei canti, nelle danze popolari e nelle liturgie religiose.
La mistica e lugubre melodia del Venerdì Santo (affidata in successione ai legni,
ai tromboni e agli archi, e infine ai fagotti e alla tuba), contrasta con il carattere
di danza festosa dell’Allegro agitato, che conduce alla tanto attesa Resurrezione
domenicale, accompagnata da scampanio e squillo di trombe celesti: “Resurrexit,
cantavano i cori degli angeli nel cielo al suono delle trombe degli arcangeli e al
fruscio delle ali dei serafini”.
La grande Pasqua russa offre una preziosa istantanea “sociale” di chi, come RimskijKorsakov, ha vissuto in prima persona l’evento russo ortodosso; «[…] una messa
mattutina di Pasqua, in una grande chiesa stipata fino all'inverosimile di uomini
di tutte le classi sociali, mentre numerosi pope celebrano contemporaneamente
l'ufficio divino».
Irene Sala
Andrea Battistoni
Nato a Verona nel 1987 Andrea Battistoni è uno dei giovani emergenti del
panorama musicale internazionale.
Consegue nel 2006 il diploma in violoncello. Nella direzione d'orchestra si
perfeziona con Gabriele Ferro e ha preso parte a masterclass di Alberto Zedda
e Gianandrea Noseda.
Dal Marzo 2013 è Primo Direttore Ospite del Teatro Carlo Felice di Genova.
Dal 2010 al 2013 ricopre lo stesso incarico per il Teatro Regio di Parma.
In pochissime stagioni è già stato ospite dei più prestigiosi Teatri e Festival
internazionali, dirigendo un repertorio molto eterogeneo come La bohème, Il
viaggio a Reims, Il matrimonio segreto, Attila, La traviata, Nabucco, Macbeth,
Falstaff. Notevole impressione hanno suscitato i suoi debutti con la Filarmonica
della Scala, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, la Tokyo Philharmonic
Orchestra, il Maggio Musicale Fiorentino. Al Teatro alla Scala di Milano ha
debuttato con una produzione storica delle Nozze di Figaro e al Teatro Regio di
Parma con Stiffelio. Fra gli altri impegni ha diretto Trovatore alla Deutsche Oper
di Berlino, Bohème a Napoli e Valencia e Macbeth a Genova.
è già stato ospite dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, in occasione del
concerto per la Festa della Repubblica nel 2011 e del concerto di chiusura del
Prix Italia nel 2013.
Emmanuel Pahud
partecipano al concerto
VIOLINI PRIMI
*Alessandro Milani (di spalla), °Marco Lamberti, °Giuseppe Lercara, Antonio Bassi, Irene Cardo,
Claudio Cavalli, Patricia Greer, Valerio Iaccio, Martina Mazzon, Fulvia Petruzzelli, Matteo Ruffo,
Lynn Westerberg, Valerio D’Ercole, Alessandra Génot, Efix Puleo, Laura Vignato.
VIOLINI SECONDI
Nato a Ginevra nel 1970, il flautista svizzero-francese ha cominciato a studiare
all’età di sei anni. Ha vinto il “Premier Prix” del Conservatorio di Parigi e
ha proseguito i suoi studi con Aurele Nicolet, vincendo molti primi premi
internazionali. A ventidue anni è stato nominato primo flauto dei Berliner
Philharmoniker, ruolo che ricopre tuttora.
Svolge un’intensa attività solistica e ha suonato con le maggiori orchestre al
mondo, quali London Philharmonic, Tonhalle di Zurigo, Bayerischer Rundfunk,
Orchestra del Mariinskij, Camerata Salzburg, Deutsche Kammerphilharmonie,
Washington National Symphony e NHK Symphony di Tokyo. Tra i maggiori
direttori con cui ha lavorato spiccano Claudio Abbado, Sir Simon Rattle, David
Zinman, Lorin Maazel, Valery Gergiev, Pierre Boulez, John Eliot Gardiner, Daniel
Harding, Paavo Järvi e Mstislav Rostropovič.
Nella stagione 2013/14 Pahud sarà solista con le orchestre: Berliner
Philharmoniker, Orchestre de Chambre de Paris, Potsdam Kammerorchester,
Filarmonica Nazionale Ungherese e altre. Suonerà in concerti da camera con
vari artisti, tra cui Trevor Pinnock, e con il suo gruppo “Les vents francais”.
Nel 1993 Pahud, insieme a Eric Le Sage e a Paul Meyer, ha fondato il Festival
cameristico “Musique à l’Empéri” di Salon de Provence, del quale è stato
celebrato il 20° anniversario.
Nel 1996 ha firmato il contratto in esclusiva con EMI Classics, una collaborazione
che si sta rivelando come il contributo più significativo alla musica per flauto
finora registrata. Ha all'attivo più di venti registrazioni che hanno ricevuto
eccellenti recensioni e vinto numerosi premi discografici, quali Diapason d’Or,
Radio France “Recording of the Year”, Echo Klassik, Fono-Forum e TV-Echo.
Nel 2009 ha ricevuto il titolo di “Chevalier dans l’Ordre des Arts et des Lettres”.
è per la prima volta ospite dell'OSN Rai.
*Paolo Giolo, Enrichetta Martellono, Valentina Busso, Carmine Evangelista, Jeffrey Fabisiak,
Rodolfo Girelli, Alessandro Mancuso, Antonello Molteni, Enxhi Nini, Vincenzo Prota,
Francesco Sanna, Elisa Schack, Isabella Tarchetti.
VIOLE
*Luca Ranieri, Geri Brown, Matilde Scarponi, Massimo De Franceschi, Rossana Dindo,
Federico Maria Fabbris, Alberto Giolo, Margherita Sarchini, Marco Nason, Elena Saccomandi,
Maurizio Redegoso Kharitian, Silvia Vannucci.
VIOLONCELLI
*Massimo Macrì, Giuseppe Ghisalberti, Ermanno Franco, Giacomo Berutti, Stefano Blanc,
Pietro Di Somma, Michelangiolo Mafucci, Carlo Pezzati, Stefano Pezzi, Fabio Storino.
CONTRABBASSI
*Cesare Maghenzani, Gabriele Carpani, Silvio Albesiano, Luigi Defonte, Antonello Labanca,
Maurizio Pasculli, Virgilio Sarro, Roberto Bevilacqua.
FLAUTI
*Giampaolo Pretto, Fiorella Andriani, Carlo Bosticco.
OTTAVINO
Carlo Bosticco
OBOI
*Carlo Romano, Sandro Mastrangeli.
CORNO INGLESE
Franco Tangari
CLARINETTI
*Cesare Coggi, Franco Da Ronco.
CLARINETTO BASSO
Salvatore Passalacqua
FAGOTTI
*Andrea Corsi, Cristian Crevena, Mauro Monguzzi, Bruno Giudice.
CONTROFAGOTTO
Bruno Giudice
CORNI
*Stefano Aprile, Marco Panella, Bruno Tornato, Marco Tosello.
TROMBE
*Roberto Rossi, Daniele Greco D’Alceo, Roberto Rivellini.
TROMBONI
*Enzo Turriziani, Devid Ceste.
TROMBONE BASSO
Gianfranco Marchesi
TUBA
Daryl Smith
TIMPANI
*Claudio Romano
PERCUSSIONI
Maurizio Bianchini, Carmelo Gullotto, Massimiliano Francese, Andrea Vigliocco.
ARPA
*Donata Mattei
*prime parti ° concertini
Ascoltare, conoscere, incontrare, ricevere inviti per concerti fuori
abbonamento, scoprire pezzi d’archivio, seguire le tournée dell’Orchestra,
avere sconti e facilitazioni. In una parola, diventare AMICI.
Sono molti i vantaggi offerti dall’associazione Amici dell’Orchestra
Sinfonica Nazionale della Rai: scegliete la quota associativa che preferite
e iscrivetevi subito!
Tutte le informazioni e gli appuntamenti sono disponibili sul sito
www.amiciosnrai.it o scrivendo a informazioni@amiciosnrai.it.
La Segreteria degli AMICI dell’OSN Rai è attiva mezz’ora prima di ogni
concerto presso la Biglietteria dell’Auditorium Rai, oppure il martedì e il
giovedì dalle 10 alle 12, telefonando al 335 6944539.
20°
Si informa il gentile pubblico che a causa di sopravvenuti impegni fuori sede
dell'Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, il concerto di mercoledì 16 aprile
2014 (turno blu), sarà spostato a venerdì 18 aprile 2014. L'orario resta invariato.
CONVENZIONE OSN RAI - VITTORIO PARK
Tutti gli Abbonati, i possessori di Carnet e gli acquirenti dei singoli Concerti
per la Stagione Sinfonica OSN Rai 2013/14 che utilizzeranno il VITTORIO
PARK DI PIAZZA VITTORIO VENETO nelle serate previste dal cartellone,
vidimando il biglietto di sosta nell’apposita macchinetta installata nel
foyer dell’Auditorium Toscanini, avranno diritto allo sconto del 25% sulla
tariffa oraria ordinaria.
PER INFORMAZIONI RIVOLGERSI AL PERSONALE DI SALA O IN BIGLIETTERIA.
Alessandro Milani suona un violino “Francesco Gobetti” del 1711, messo
gentilmente a disposizione dalla Fondazione Pro Canale di Milano.
Le varie convenzioni sono consultabili sul sito www.osn.rai.it alla
sezione "riduzioni".
12
°
GIOVEDÌ 23 GEN
VENERDÌ 24 G NAIO 2014 ore 20.30
ENNAIO 2014
ore 20.30
Juraj Valčuha direttore
Arcadi Volodos pianoforte
Ferruccio Busoni
Nocturne Symphonique op. 43
(Elegia n. 2)
Béla Bartók
Quattro pezzi per orchestra op. 12
Pëtr Il'ič Čajkovskij
Concerto n. 1 in si bemolle minore op. 23
per pianoforte e orchestra
CARNET
da un minimo di 6 concerti scelti fra i due turni e in tutti i settori
Adulti: 24,00 euro a concerto Giovani: 5,00 euro a concerto
SINGOLO CONCERTO
Poltrona numerata: da 30,00 a 15,00 euro (ridotto giovani)
INGRESSO
Posto non assegnato: da 20,00 a 9,00 euro (ridotto giovani)
BIGLIETTERIA
Tel. 011/8104653 - 8104961 - Fax 011/8170861
biglietteria.osn@rai.it - www.osn.rai.it