Raccolta di testimonianze di vita nelle case di riposo. Gli operatori spiegano che cosa significa prendersi cura degli ospiti e quali sono i gesti che possono fare la differenza. a cura di Silvia Finazzi Prefazione …. Dedicano gran parte del loro tempo ad assistere le persone più bisognose. Eppure, spesso, gli operatori delle case di riposo sono nell’ombra, addirittura sottovalutati. Da questa considerazione è nata rso o c n Un catoo per cdhiic, a pens to, si de li i di so agli altr l’idea de “La passione di assistere”: un concorso per riconoscere, far conoscere e premiare il loro prezioso lavoro. Con quest’iniziativa abbiamo cercato di prenderci cura di chi, per professione, si prende cura degli altri, con l’obiettivo di rendere gli operatori ancora più fieri del loro lavoro, di motivarli, di ricompensarli per gli sforzi compiuti ogni giorno. Perché abbiamo scelto questo titolo? Perché la tecnica, la qualità, l’efficienza da sole non bastano. Per fare la differenza, ci vuole passione: passione per i gesti che si compiono e per le persone con le quali ci si relaziona. Partecipando al concorso, gli operatori hanno potuto raccontare dell’umanità, della sensibilità, dell’empatia che mettono ogni giorno nel loro lavoro. Attraverso racconti, immagini, nuove idee di assistenza hanno mostrato il loro impegno quotidiano, descritto la vita in una casa di riposo, spiegato che cosa significhi assistere con il cuore. Sarah Marinoni SCA Hygiene Products SpA 3 Introduzione …. Quando è stato lanciato il concorso “La passione di assistere”, tutti si aspettavano una buona partecipazione, ma nessuno aveva sperato in un così grande successo. he so c ire r o c Un apear ricostrspuiti e o aiut egli tori d e t le vi li opera deg 4 Invece, la risposta degli operatori è stata sorprendente: in pochi mesi sono state raccolte oltre 200 testimonianze. Numeri che dimostrano quanto effettivamente sia grande la passione di chi si occupa dell’assistenza. I giurati si sono ritrovati a compiere un lavoro non semplice, dovendo scegliere fra racconti, idee e immagini commoventi, emozionanti, di valore. Come il loro ruolo imponeva, hanno selezionato i sei vincitori, riconoscendo la qualità dei loro lavori. Tuttavia, hanno anche sottolineato come tutti i materiali ricevuti fossero meritevoli e degni di nota. Ecco perché SCA Hygiene Products ha deciso di attribuire agli operatori un ulteriore riconoscimento per il loro lavoro e per l’impegno profuso in questo progetto: un libro che raccoglie le testimonianze inviate. Tutte le immagini, le idee e i racconti trattano lo stesso tema e tutte lo fanno in modo diverso. Ci sono, però, alcuni fili conduttori che legano i materiali e permettono di suddividerli in piccoli gruppi. Il libro è stato costruito proprio ispirandosi a questi fili conduttori. I primi tre capitoli sono dedicati alle testimonianze degli operatori che hanno voluto dare voce a chi, di solito, voce ne ha poca: gli ospiti, coloro che la passione di assistere la suscitano e la ricevono. Il quarto e il quinto capitolo sono costituiti dai contributi che descrivono la relazione speciale e unica che unisce operatore e autore e da quelli che raccontano le emozioni e le riflessioni che le parole passione e assistenza evocano. Gli ultimi due capitoli raccolgono racconti, idee e immagini che parlano di chi sta dall’altra parte: gli operatori, coloro che la passione la provano e la trasmettono. Abbiamo scelto di riportare integralmente soltanto le testimonianze dei vincitori, cercando di rimanere il più possibile fedeli all’originale negli altri contributi. Nel cd allegato sono presenti tutte le testimonianze complete. Silvia Finazzi 5 Sommario cap 4 io e te I vincitori del concorso p. cap 1 A TE LA PAROLA come gli ospiti raccontano e si raccontano cap 2 incontri la storia diventa le storie: tanti piccoli frammenti della vita di più ospiti cap 3 chi sei, da dove vieni 6 gli operatori descrivono la storia di un ospite p. 8 11 p. 31 53 la storia degli ospiti diventa uno stimolo per fare considerazioni più ampie cap 6 il mio lavoro con e per te p. gli operatori parlano del rapporto che hanno stretto con uno o più ospiti cap 5 a te che mi hai ispirato riflessioni sui concetti di passione e assistenza cap 7 chi sono, da dove vengo, dove vivo p. 93 p. 117 p. 145 p. 163 l’operatore racconta la sua vita, se stesso e il suo lavoro 7 I vincitori del concorso Lorena Masarati (nella foto al centro) - Prima classificata categoria “Miglior idea nuova di assistenza”. I nostri ricordi ritrovati, pagina 76. Davide Zenaro - Primo classificato categoria “Miglior racconto”. Cinque magliette bianche, pagina 94. Auro Sissa - Primo classificato categoria “Miglior immagine”. Fotografia in bianco e nero, pagina 138. Con le loro testimonianze ci hanno raccontato e spiegato tutti i significati che si possono attribuire alle parole assistenza, presa in carico, accudimento. Idee, racconti e immagini che hanno saputo commuoverci, emozionarci, farci capire quali sono i modi e i mezzi che permettono di assistere con passione. Ora siamo noi a raccontare loro, attraverso i loro volti, i loro sorrisi, i loro sguardi, immortalati nel giorno in cui sono stati gli operatori a essere curati, seguiti, messi in primo piano. Ecco le fotografie scattate ai sei vincitori del concorso, due per ogni categoria, nel giorno della cerimonia di premiazione. I giurati del concorso espongono le motivazioni e i criteri adottati per eleggere i vincitori di ciascuna categoria. “Sono originali, emozionanti, “vivi”: ecco perché abbiamo scelto proprio questi due racconti” Silvia Finazzi. “Abbiamo premiato queste due progettualità perché, più di altre, hanno saputo conferire innovatività all’interno di elementi tradizionali e quotidiani” Antonio Sebastiano. “In uno sguardo e in un gesto tutta la passione di assistere, la premura dello stare accanto” Ermellina Zanetti. 8 Bruno Salvadei - Secondo classificato categoria “Miglior idea nuova di assistenza”. La serenità della signora Giuditta, pagina 79. Silvana Dalle Fratte - Seconda classificata categoria “Miglior racconto”. La storia di Cosimo, un uomo di mare nato a Messina, pagina 98. Massimo Montanaro - Secondo classificato categoria “Miglior immagine”. Ritratto a carboncino, pagina 62. 9 come gli ospiti raccontano e si raccontano L’operatore scende dal palcoscenico, abbandona il ruolo di regista e inverte completamente le parti: colui che solitamente dirige i gesti dell’assistenza diventa spettatore e, allo stesso tempo, “strumento” attraverso il quale l’ospite può essere protagonista. Il narratore è l’anziano: è lui che parla, vive, vede, prova emozioni. È l’occasione per prendere l’iniziativa, per raccontare di sé in prima persona, per abbandonarsi ai ricordi e per parlare a ruota libera. A TE LA PAROLA 11 Susi Ermacora …. Gli ospiti iniziano da molto lontano, raccontando la storia della propria infanzia e adolescenza. Il tuffo nei ricordi diventa un modo per rivivere emozioni sopite e per riportare a galla l’amore e l’affetto ricevuti dalla famiglia. un io hoicordi, ’ h c An o, dei r lo ssat o so ora son non che vedi uello pa q …. I miei genitori avevano paura che, prima o poi, anch’io scappassi per mare, allora continuavano a comprarmi enciclopedie e libri da leggere per distrarmi dall’idea, ma io avevo una grande vera passione: quella per i gatti. Li trovavo per strada, li curavo, li allevavo con molto amore e, da bambina, ci dormivo e ci giocavo come fossero bambole. …. Nel 1941 iniziò la guerra e cominciarono anche i bombardamenti. Residenza Zaffiro, Magnano (Ud) …. Durante tutti questi spostamenti ebbi almeno la fortuna di essere sempre insieme alla mia mamma, fino all’ultimo viaggio, quello per Como, dove ho vissuto e lavorato come segretaria all’Ospedale S. Anna per 35 anni. …. A causa di tutti questi spostamenti, la mia vita da giovane è stata particolarmente difficile: non avere sicurezze, aver vissuto da profuga… Ma posso dire che ho imparato qualcosa di importante: sapersi arrangiare e adattare facilmente a qualsiasi situazione! Silvia Maria Bianchi Opera Don Guanella, Como …. Ho vissuto due mesi al fronte ed è stata veramente una vita dura, ma avevo un cagnolino che è stato con me ben 18 anni e che mi ha aiutata in quei difficili momenti. 12 13 Adriana Teocladi Casa di Riposo Craveri- Oggero, Fossano (Cn) a volt l a m i o pr Per ilsaco cosacvcuolto cap ntirsi a to se dire e protet …. Mi chiamavo Giovanna. La mia è una storia triste, ma ora ve la voglio raccontare. Adesso che è tutto finito, è giusto che sappiate, che tutti sappiano. Ho vissuto 81 anni, non avrei mai creduto di arrivare a questa età. Se ci sono arrivata e se la mia esistenza ha avuto un senso, almeno negli ultimi cinque anni, lo devo a voi, alle “ragazze” – così chiamavamo le assistenti di base e le operatrici socio-sanitarie – agli infermieri, ai medici, alle fisioterapiste, alle responsabili dell’attività assistenziale, alle cuoche, alle signore addette alle pulizie, insomma, a tutto il personale del reparto “B” dell’Istituto “Giovanni XXIII” di via Saliceto a Bologna. Il confronto fra passato e presente può avere un sapore amaro e, a volte, la vita in casa di riposo diventa una ricompensa per le difficoltà e le vicissitudini affrontate in precedenza. Ecco perché nasce spontaneo un ringraziamento: poche parole scritte con il cuore, per far capire agli operatori quanto significhi il loro lavoro. …. Nacqui in una casa povera, in una piccola cittadina del Nord Italia. Presto restai orfana di entrambi i genitori. Imparai a camminare in un orfanotrofio. …. Anni duri di lavoro, senza mai vedere e sapere nulla del mondo, senza mai la possibilità di uscire, di una passeggiata, un vestito, un rossetto, una bicicletta, un’amicizia… …. Soprattutto i primi tempi piangevo sempre. Mi uscivano tutte le lacrime di una vita intera, quelle che non avevo potuto permettermi quando ero a servizio. Ero spaventata, temevo di non essere accolta bene, di non essere voluta bene… …. Dopo il nulla della mia esistenza, voi siete stati il tutto e, anche se era poco, era molto, era tutto per me. Siete stati i miei amici, la mia famiglia, la mia casa, la mia vita. Per questo io vi dico grazie con tutto il cuore e non mi dimenticherò mai di voi. …. Ora ho solo un’ultima preghiera da farvi: anche voi non dimenticatevi del tutto di me! Emanuele Grieco Asp Giovanni XXIII, Bologna 14 15 …. I narratori si soffermano sul presente, raccontando che cosa prova un anziano che si ritrova a vivere in una casa di riposo: quali sono le sue emozioni, i suoi pensieri e le sue impressioni. Emerge il ruolo importantissimo degli operatori: sono loro ad aiutare gli ospiti ad accettare con serenità una nuova fase del loro percorso. o tant ie o t az evu Ho rriec e ora,ngr uo a amo , conti ino qui a te e, perf ern ricev 16 …. Sono un malato di Alzheimer e oggi, in verità, non è un giorno come gli altri, c’è qualcosa di strano nell’aria. Riesco a percepirlo. Nell’entrata di casa vedo delle valigie, forse vado a fare un bel viaggio con mia moglie o forse… chissà… …. Dopo un po’ di tempo, Nadia mi guarda e mi dice: “Vedrai che ti troverai bene!”. Dove mi troverò bene? In un posto mai visto, insieme ad altre persone, lontano dalla mia famiglia, dai miei oggetti personali e… da tutti i miei ricordi!! E poi tutta questa gente io proprio non la conosco, già faccio fatica a farmi capire da voi che mi conoscete da una vita. Come faranno loro a capire quali sono le mie esigenze e i miei bisogni??? Purtroppo la realtà è questa, da oggi, io qui ci dovrò proprio vivere e trascorrere gli ultimi giorni della mia nuova vita… una vita da malato di Alzheimer. …. Camminare mi fa star bene, camminerei per ore. Mia moglie, invece, quando ero a casa mi sgridava e mi chiamava sempre dicendomi: “Paolo dove sei? Cosa stai facendo? Sono qui, vieni in cucina!”. Qui nessuno mi dice niente e di questo sono molto contento. …. Ma con i giorni le cose sono migliorate. Di giorno mi portano al bagno, la notte ho una spondina alzata solo da una parte del letto, quindi posso scendere, comincio a distinguere dei volti e li riconosco come familiari, mangio da solo, mi lasciano camminare ore e ore, anche se, a volte, combino dei guai. Laura Boscolo Istituto per Anziani, Chioggia (Ve) Sono stata ospite per 50 giorni al 6˚ piano del nucleo Venere di Casa Serena IRAS, a causa di una brutta caduta che mi aveva resa handicappata, bisognosa del massimo aiuto. È stata un’esperienza che mi ha fatto capire quanto sia necessaria, utile e confortevole la presenza del personale operativo. …. avevo l’impressione che il corridoio si trasformasse in un alveare, dove le api operaie entravano e uscivano, qui però le api non portavano il nettare, ma queste sollecite api entravano e uscivano (lo fanno sempre) dalle stanze, portando un saluto, una parola a tutti, un sollievo, per l’igiene, trasformandosi talvolta in barbieri, estetiste e parrucchieri. no qualcu o d n a qu i apire; nza volerm e c e s s ote , se am o mi p o di essere ra attorno n u c l a s he qu nto e pen le atmosfe momento. c i e r r “Vo me se ento una ta ola in quel o c ità. e c uman capis re, allora s n essere s a u t o , la a eresse in grado di giudic o certa di n t n i o n più i il tu sola, che so stram cca non è mi sentire o m , bo far me la mia ano, non nati a i e c i h v c v m e …A mia arol e ta le p prendi la l o c s A sazion … n e r e s a i c a l … n ho pronu i cura di me rdo e arole mute ra a u t g i s d mb tuo le p pren ntro il i a leggere gera; mi se o c n i ue he eg scit vata, l he le t ecco c oso. no riu … ed oi occhi sia i sento solle o i miei… c logo silenzi u a rs che i t i pensieri, m no attrave re il mio di a a t ie d dei m oi occhi ve ite ad ascol i capisci. u c m t s to che i e siano riu ma so che mi sen , i n h e o l c n o c , r la ore no pa a pelle a, mi conso a… o u s s i c a l cas Non cald rezzi , acca uore, mi ris tire come a o n a m n c ndi la i fa se il tuo Mi pre , ma sento nsazione m e la più so sa, questa s i) eto (V s o Ven n a mi rila s s o ina, R sa!” a illa Ald c V i a n ia ono o Anz … sì s Centr ilani Lisa M …. Sento il dovere di ringraziare perché, oltre al dovere, ci mettono l’amore. Ilaria Petruzziello I.R.A.S., Rovigo 17 Adriana Belotti Casa di Riposo Caprotti Zavaritt, Gorle (Bg) …. Ti ricordi la mamma con il tuo fratellino piccolo? Lo imboccava, lo lavava, lo portava in passeggino, gli insegnava a camminare e a parlare. Faceva tutto con amore. Le stesse cose il personale della casa di riposo le fa a noi. Il ciclo della vita è questo: si impara, si dà e si riceve. Ogni giorno che viviamo in questa casa, che non è la nostra di origine, ma che è pur sempre accogliente e costruita intorno alle nostre esigenze, ogni attenzione che riceviamo, ogni difficoltà che riusciamo a superare diventano motivo di gratitudine per chi ci dona affetto, tempo, attenzione e passione per il lavoro che svolge. Cara Alice, la vita è un disegno per ciascuno di noi e anche adesso, con le mie compagne, con il personale sanitario, con le infermiere e con i dottori, posso fare cose belle!”… Vincenzina Iadarola Stoim Srl, Torino 18 …. Sono felice quando le persone che si prendono cura di me parlano di mio marito Marcello, dei nostri figli Alessio e Samuele o dei nipotini Andrea e Giada; mi piange il cuore quando penso che ho lasciato da soli i miei figli quando erano ancora adolescenti e bisognosi della mia presenza. Marcello ha dovuto sobbarcarsi il duplice ruolo di padre e di madre, perché la malattia mi ha costretto in un letto... sono n o o, n , ma mi t r e C asa mia nque u ac com lia o t sen mig in fa …. All’inizio molte persone, parenti e amici venivano a trovarmi poi, poco alla volta, le visite si sono diradate; ora ho solo il piacere della compagnia Per fortuna ci sono gli operatori di mio marito e dei miei figli. e gli infermieri che comprendono il mio stato: sanno che capisco i loro discorsi, vengono vicini a me e mi raccontano barzellette, parlano tra di loro e mi coinvolgono, facendomi ridere, si inventano storie su di me con finale catastrofico –ilare. Ciò mi aiuta a trascorrere le ore e i giorni… …. Quando si è impotenti in un letto, i sentimenti sono più intensi e dolorosi e le ore non passano mai, anche la percezione del dolore aumenta quando non c’è la distrazione di una piacevole conversazione o di un massaggio rilassante… Daniela Quaggiotto Opere Pie D’Onigo, Pederobba (Tv) 19 È una lettura scritta da Maria, un’anziana che non era capace di parlare e che fu vista per caso scrivere. Dopo la sua morte, il suo armadio fu vuotato e fu trovata questa lettera. oprio r p , i qu e, Sonoavanti a tro a d p vi o? n o én ver percharmi dav d guar …. …. ”Che cosa vedete infermieri, cosa vedete? Pensate, quando mi guardate: è una vecchia signora bisbetica non molto saggia, insicura nei suoi gesti quotidiani, con occhi persi che sciupa il cibo e non dà mai una risposta quando, con voce grossa, dite “voglio che provate”, che sembra non apprezzare le cose che voi fate e sta sempre per perdere una calza o una scarpa, che, sottomessa o no, lascia che voi facciate come volete per il bagno o il mangiare, Gli ospiti diventano scrittori e narratori per rivolgere direttamente un messaggio di ringraziamento o, al contrario, un accorato appello, agli operatori. L’anziano cerca di arrivare al cuore e agli occhi del professionista che lo assiste, per indurlo a cambiare prospettiva e a pensare attraverso un altro punto di vista: il suo. tanto da riempire la lunga giornata, è questo che state pensando? …. E allora apri gli occhi infermiere, tu non stai guardando me. Ti dirò io chi sono mentre sono seduta qui, così, ferma mentre rispondo ai tuoi ordini, mentre mangio quando vuoi tu. Io sono una bambina di 10 anni con un padre e una madre, fratelli e sorelle che si amano; una ragazza di 16 anni con le ali ai piedi, che sogna che presto incontrerà il suo uomo; una sposa giovane, a 20 anni; a 25 anni ho un figlio che ha bisogno di me per costruire una tranquilla casa felice…. …. Il corpo si sbriciola, la grazia e il vigore se ne vanno, c’è una pietra adesso dove una volta c’era il cuore; ma dentro questa vecchia carcassa continua ad abitare una ragazzina e ora è ancora il mio cuore ammaccato che si gonfia, ricordo le gioie, ricordo i dolori, sto amando e vivendo la vita sopra tutto, penso che gli anni, in tutto troppo pochi, sono passati troppo in fretta... …. Allora aprite gli occhi infermieri, aprite e guardate, non una signora bisbetica, guardate più da vicino, cercate di vedere ME…”. Giuseppina Palmieri Casa Protetta per Anziani Vignolese , Modena 20 Da anziano a operatore …. Il mio passato, un ricordo lontano. E se vorrai ascoltare cosa dico sarà per me non esser qui invano, perché avrò trovato un amico... …. Quello che ho visto non puoi immaginare, le mie conoscenze potrai dispensare, Guarda i miei occhi, stammi ad ascoltare, per me è importante anche ricordare. Sarai per me la mano che guiderà lontano, Sarai per me la voce che porterà alla luce, dal viaggio senza giorno, io non farò ritorno. Lì ti aspetterò, quando arriverai ti ringrazierò. E quello che mi hai fatto… ti renderò... Maurizio Bambini I Pitti Srl, Signa (Fi) Sono la vostra Maddy e voglio esprimere un cordiale ringraziamento a tutto il personale di questa struttura per avermi fatto ripercorrere a ritroso nel tempo quella che è stata la mia vita: è stata una bellissima esperienza, il mio cuore, quando penso a voi e alle vostre attenzioni nei nostri confronti, si riempie di gioia e commozione. È da molto tempo che conosco questa casa, da oltre 10 anni, nel passato vi trascorrevo un paio di pomeriggi alla settimana, per le consuete visite alla mia cara sorella. E oggi, chi l’avrebbe mai detto, sono qui da quasi due anni e mi sento parte inscindibile di essa, tanto da non distinguere più queste mura da quelle della mia precedente casa. Ritrovo la stessa bella sensazione di calore, di presenza, l’ordine e lo stesso buon odore di pulizia che sono stati i basamenti della mia vita. Il calore di un abbraccio quando capita un momento di sconforto e, in più, le cure alle quali oggi sono costretta, all’inizio un po’ difficili da accettare per come sono fatta io, attiva, pudica e orgogliosa ma che, grazie al tanto amore e alla dolcezza che si respira in questa casa, ora ho accettato. Qui ho imparato a vivere senza ansie e le mie sofferenze sono alleviate dalla vostra opera di continua assistenza. Se mi sento così bene, il merito è di questo bell’insieme, diretto magistralmente dalla Signora I. alla quale vanno i miei più sentiti ringraziamenti. E grazie anche alle amorevoli cure prestatemi da quella fatina giocosa e preziosissima di S. e a tutto lo staff di questa struttura. Grazie perché mi avete accolta con grande disponibilità, facendomi sentire sempre importante, malgrado l’anzianità e i miei tanti acciacchi, grazie alle vostre cure che riescono a fare di me una persona attiva che può svolgere ancora molte cose. Francesca Foietta Residenza Serena, Sanfrè (Cn) 21 …. Anche l’operatore sente il bisogno di rivolgersi e di n o i s s la pa in maniera diretta agli assistiti, per far capire loro il significato del suo lavoro e dei suoi gesti. …. con il tuo bagaglio di conoscenza hai saputo darmi tanto, insegnarmi cose che non sapevo, farmi conoscere tradizioni che ignoravo, ma che fanno parte di me, della mia terra, della mia vita. Grazie di tutto piccolo uccellino!... Ma adesso vola vola come sai fare tu vola come da tanto tempo non facevi più! Vola piccolo uccellino, grazie per la tua saggezza, ora devo gridarla al mondo come hai fatto con me! Cristina Secco Centro Anziani Villa Aldina, Rossano Veneto (Vi) 22 ”, rarti t n o inc ltarti: “ o i l g Vo apirti, ascosei e che i c che c o da me o s t lo ques vuoi Caro ospite, sono qui, in un momento di pausa, e sto riflettendo su quello che il mio lavoro rappresenta. Questa attività la svolgo ormai da molto tempo, incontrando gioie e dolori, soddisfazioni e fallimenti. Ogni volta ho cercato di trarne insegnamento, ho raccolto confidenze personali. La durezza della vita passata ti ha messo alla prova. Molte volte la famiglia ha rappresentato il tuo punto di forza, ora è meno presente. Sei qui in questa casa di riposo, luogo caldo, accogliente e famigliare, dove la mia esperienza e la tua ricerca di calore umano e rispetto si uniscono in un’unica cosa, dando vita a un’intesa speciale. Tutto questo mi fa capire che il mio lavoro non è fatto solo di schemi e tabelle, ma di reciproci valori e sentimenti che, non sempre, si colgono in altre attività. Termino con l’augurio che tu possa trascorrere in serenità i giorni in mia compagnia. . .. è e r e t assis lletto Clara Ga Giorgio, iposo San Casa di R d) odosia (P Casale Sc . za.. z e c l o ... d Tiziana Odasso Opera Pia Garelli, Garessio (Cn) Elisabetta Coccioli Casa di Riposo S. Maria della Misericordia, Montespertoli (Fi) 23 i o tutt n o s ne lpetto ontenta, o p l i c ’è ndo c è sempre rbamento, a u q he tu dia nno c solo Clau ristezza o lla voce a s i t t “E tu vo umore: otivo di t e con que orridente, s m ti di cat lei nulla è col sorriso , è sempre bbe molti r e e o a r e s ma p a il mattin o va a ca se non av dicono ch r i v d i t o lei arr te e, quan nso che f to che tut o, ma e s n s i a p v l l o squi se a volte ontenta, non l bellezza o t s c e anche per essere utta! Io qu Per me la ontaneità ne r ? p o i motiv ero tanto b a che cos’è uore, è la s ne le pers o, d e c z v n b è dav o la bellez ti scalda il i far star i sta arriva d d e in fon sorriso che la capacità o so che l d l è n e a!” qua è qu bbraccio, (Mi) to e, è bellissim n a a c n c u co S/N a s e u di o n r m e ! Per bbiam lina, C a Paro che a contento L d s o oco R io son a Imp nn Giova Valentina Molteni Istituti Riuniti Airoldi e Muzzi Onlus, Lecco Ti sento A volte basta un sorriso per destarti, anche solo per un attimo, dal tuo torpore e per offrirti un po’ di calore. A volte basta uno sguardo, occhi diretti l’uno nell’altro, e Tu mi guardi come se mi dicessi: “Allora mi vedi? Ci sono… esisto ancora!” A volte basta una carezza, un piccolo gesto d’amore per risvegliare il tuo corpo e per darti conforto. A volte basta una parola per strapparti un sorriso. A volte basta poco per farti sentire importante. A volte basta poco per starti vicino. Vivi. Vivo. Barbara Azzali Azienda Sociale Sud Est, Langhirano (Pr) …. Ogni giorno è una lotta, ogni giorno si impara: dalla persona più semplice a quella più istruita. Ogni dì hai davanti a te i loro visi, i loro corpi, le loro angosce, le loro paure, il loro dolore. Tu sei lì, sei un piccolo supporto, però ogni giorno sei lì. …. Quanti volti ho incontrato in questi anni! Ogni volto una storia, un insegnamento: da ricordare e da testimoniare. Riconoscenza verso persone che hanno fatto la storia, la guerra, vissuto in povertà. Sapevano cosa era l’umiltà! Sapevano cosa era la preghiera. ei un s n no ti, Per mereo fra tnan a da m o u s n er na p e amare u i e s dire accu Testimoni della tradizione… Ogni giorno nonnino sei sempre presente nello stesso spazio nello stesso tempo! Forse mi aspetti ricevi le mie cure i miei malumori la mia stanchezza. In certi giorni però, la tua anima si ribella al mio tocco: vuole la sua intimità! Io divento invisibile: aspetto, aspetto, forse sbaglio e forse ci capiamo! Chiudo gli occhi: vedo tante persone, si prendono per mano e formano una lunghissima catena. Mani che diventano Barche: barche arrivate al loro porto! Emanuela Gambirasio Centro Don Orione, Bergamo 24 25 …. Gli operatori non lavorano solo nelle case di Milena Maddii Asp Martelli, Figline Valdarno (Fi) riposo e chi ha bisogno delle loro cure e attenzioni non è solo l’anziano. Che cosa succede se a essere malato e ricoverato in una struttura è un bambino? …. Sono un bambino di soli otto anni ma, nonostante questo, finora non ho vissuto giorni allegri e spensierati, come hanno fatto i miei coetanei. Un incidente, al momento della mia nascita, ha leso qualcosa dentro di me, frantumando così i miei possibili sogni di vita. ssere e o v le n vo a sono ci Noq ui, m di esser ento e a te t n o c m insie …. Un giorno, la mia mamma ha preso una decisione… Quando ne parlava alle sue amiche piangeva… e io mi sentivo perso e irrequieto. Non capivo bene cosa sarebbe successo da lì a poco, ma presto lo scoprii... …. Tommy ti piacerebbe provare a stare un po’ con loro?!! Incerto, annuii, perché, stranamente, non avevo paura. La casa era allegra e molto simile alla mia realtà interiore. La mamma mi salutò piangendo. 26 …. La signorina Chiara mi prese sotto la sua responsabilità e mi accompagnò, passo a passo, verso quel mondo tutto nuovo, fatto di colori, di giochi, di apprendimento. La signorina Chiara era una personcina molto esile, con grandi occhi chiari che mi infondevano serenità. …. Alle volte, Chiara c’è quando vado a letto e allora il rito del sonno diventa per me un fantastico momento. Le sue carezze sul mio viso, il rimboccarmi le coperte, un bicchiere di latte zuccherato mi fanno fare sogni bellissimi. Chiara è solo un’operatrice di questa casa dove vivo, ma per me, l’ho capito… ugualmente è parte di me! Lei sa cosa sento quando sto male e mi rassicura, riportandomi a ritrovare la mia pace interiore. Chiara è solo un’assistente alla mia persona, ma per me le sue cure, i suoi gesti, espressi nell’amore, nella comprensione, nel rispetto della mia persona… fanno di lei la mia preziosa guida interiore e di vita. Ora accanto a lei non mi sento più un bambino disabile, diverso. Mi sento un bambino fiducioso e finalmente amato. Simona Giraldo Piccola Casa Divina Provvidenza, Biella 27 ” … A R U IC PAROLEDERS nte LE icame r e n “… EL PREN e na g , desig e di sesso ra in i D s i u nc ete ion z c ine co distin o, ente ec : term no, senza u d divi Persona o uma ra, ogni in ri u d i v i e ra, pe u t a un ind ione eccet i diritto. n a d z per su a h condi soggetto o om o he l’u c quant à t l i b tà: no . Digni egi. al radire g , r riva d . e r e p a i d t t o e e u s : acc za ch lcosa liere icurez uno o qua s g i d o Acco ualc ento e vers r a entim iserve, in q l s o : c rti r do pa Fiduciarsi, senza r a u ti g i a r timen n ione, confid z e s n i e t at zza d ura: osa. licate discreta, e d Prem no o qualc a ot e, u o den ne, gentil a h qualc i fi h a :c ona niente ilezza ti. Di pers e v t n o a Gen garba i, c pri i i mod della pro e n , o o e mod te. ett ent n ell’asp to. Sentim n prude à t i : dign o il suo sta d on ecoro D secon dire c u o n a u c o olt cias nale v . à. o t i i z n n g e i t re d tto in ta, esaudi a : o lt ret Asco one, dare zi atten 28 e esser r e t o il p abile; si delle s n o p re res fetti danno e s s e : ef bilità ere degli d n ire un u po g s i e Responsa r s . a ell’e ato zioni losa n chiam o altrui a o p u r ie sc a. propr tezza emur r p : esat n , a, co enza o… diritti i ntezz e o Dilig un incaric r r e p , nosc con lavoro a rico : fare e c u dine ind ecitu di o che alcosa. t n e Soll acoltà f i qu ntim ; e d a s z o : den uno tto a; pru r Rispe ità di qualc u s i n tizie o di m la dig i e no t a : sens d are . divulg azioniamo rio. t n i o b Discrezione r n a y: i rel iere, ea uali c privac q scegl a e l l nzion ioni l n e t o t c de a ia az tto sone propr preoccup a l Rispe anti le per e r i e d te l offr riguar ine a do da par d u t i t n t e, mette tia: a erson p e Empa persona, ali. u ad n ra nte tr ffari. e r un’alt sieri perso r o c d’a ter n me in cizia, e i pe : lega tto, d’ami o (Vi) ’affe Venet d o e n Relazione t a s os almen ina, R speci illa Ald V i n zia Sabri rvo na Ne o An Centr 29 la storia diventa le storie: tanti piccoli frammenti della vita di più ospiti incontri Le testimonianze danno spazio alla moltitudine: l’operatore parla degli ospiti che ha incontrato lungo il suo cammino e si fa portavoce della loro vita presente o passata. Il racconto diventa una sorta di “carrellata”: attraversa momenti e luoghi differenti, descrivendo la storia di più anziani. Ogni singola persona è ricordata in modo speciale, per una caratteristica o un episodio che hanno richiamato l’attenzione dell’operatore. 31 …. Un vero e proprio omaggio: ecco quello che Maurizio Sanci Casa Protetta, S. Giovanni in Persiceto (Bo) molti operatori dedicano alle persone che hanno prima incontrato, poi assistito, infine ammirato. Tutti i racconti sono un inno: una raccolta di ricordi preziosi, evocativi di persone speciali. , i Ines , d o ord berto , Mi rviacnni, GilE lvira , o a i G ria, Tin o... Ma Giorgi 32 una scusa plausibile perché gli dia una caramella, lamentandosi pure se questa è senza zucchero. Maria mi sorprende, ha più di novant’anni e dei lunghissimi capelli bianchi che vuole siano sempre raccolti e in ordine, come se dovesse andare a un ballo. Tina è sempre a lamentarsi di essere stanca di vivere, che ha poca fame e poca voglia di alzarsi, ma solo di mattina; perché ancora si emoziona quando il figlio arriva al pomeriggio a trovarla. Fernando è un buono, lo ha scritto in faccia, sempre gentile con tutti, composto nei modi, da buon ex Avevo 19 anni il primo giorno in cui presi colonnello dell’arma, ogni sera, come se servizio come operatore socio sanitario in fosse in caserma, mi chiede chi fa la notte casa di riposo, avevo 19 anni quando mi e a che ora si mangia la colazione. Elvira misero in mano una caraffa e cominciai ancora adesso mi chiama Giorgio, come suo il mio giro delle alzate, avevo 19 anni il figlio, e ha pudore quando vado a lavarla, giorno in cui Ines morì di leucemia: 89 mangia solo se le dico che le patate sono anni, rantolava con la faccia tesa, nascosta del mio orto e il pollo cucinato da me, ogni dalla maschera di ossigeno. Questo fu il sera mi ripete che alle sette arriverà sua mio primo giorno di lavoro. Sono passati figlia a portarla a casa, ma chiede di me sei anni da quel giorno, sei anni che ripeto quando non ci sono e vuole la spiegazione mille volte a Teresa che sono alto un metro della mia assenza, offendendosi se non e novanta, ma ancora oggi mi fa ridere vado a salutarla subito. Flora e Luigia sono quando me lo chiede, centinaia di volte ho le nonne che non ho mai avuto, sempre a pregato Giovanni di non salutarmi gridando chiedermi se sto bene, se sono stanco o se per il corridoio ma, appena apro la porta, sono andato a letto tardi, mi riempiono di ad altissima voce esclama: “Ciao beo!!!”. caramelle quando sono arrabbiato e stanno E quante risate con Monica, me ne dice di aspettando per festeggiare il giorno in cui parole ma a suo modo, me le dice cantando; diventerò infermiere... insulterà tutta la sua famiglia, ma sa ancora Giacomo De Biasi farmi ridere a crepapelle. Gilberto invece Opera S. Maria della Carità, Pellestrina (Ve) è un diritto, ha il diabete, ma trova sempre 33 …. L’ho voluto, comunque, questo lavoro, dopo un inizio che mi aveva sconvolto per la realtà inaspettata, così diversa da tutto Un saluto a Luigi: mi sembra più stanco quello che avevo vissuto fino ad allora. Lo del solito oggi, non vuole neppure aprire voglio ancora, dopo tutto questo tempo, per gli occhi quando lo chiamo. quello che mi dà, per le situazioni e i gesti nei La vita è rotolata via quali riesco ancora, e sempre, a riconfermare come la palla di stracci l’umanità delle persone che curo. che rincorrevi nella strada polverosa. Hai corso tanti anni per riuscire a prenderla Uno sguardo a Mario, così indisponente, e adesso ce l’hai tra le mani scontroso, che litiga con tutti, pur preziosa, unica, tua. rischiando di rimanere solo, anche i figli, a Ma non sai cosa farne. volte, sembrano fuggire da quel padre così L’unica cosa che non si è consumata burbero… è il cuore. Tra il caotico andirivieni di cicalecci sempre uguali, tra la banalità di risate Ecco Marco, lo prendo per mano, non facili e scontate riconosce nessuno, neppure se stesso, a volte accade, nello specchio scruta quello sconosciuto come stille di rugiada, che pur gli ricorda qualcuno. È calmo e mi la perla rara del tuo sorriso. segue… Appare d’improvviso, Frammenti d’anima senza scalfirti il cuore, cerchi disperatamente dietro al dolore del tuo vivere di ricomporre e mi graffia l’anima. nel caos delle tue giornate. Il tuo sguardo incerto, che vaga in questo spazio sconosciuto, m’incanta il cuore. Vieni, dammi la mano. T’aiuto io a ritrovare una scheggia di quel che eri. 34 per Maria, invece, è quasi finito il tempo, mi chiedo, passandole il corpo con olio profumato, se abbia capito e provi paura… Quel che resta di te incerto s’affaccia, vorrebbe spiccare il volo ma ancora teme il nulla. Il calore della mano conforta e avvolge. È leggero come ali di farfalla e t’accompagna sulla soglia del rimpianto. Attende ancora, senza fretta che il tempo non esista. E tu voli, finalmente, nella luce. i di vo : o n ia scu poes A ciicao una e colui ded le, com ata ir ia spec l’ha isp che .. . è e r iste ss a di e n o i s s a pa l tto , Galle iorgio Clara San G o s o i Rip ) Casa d sia (Pd Scodo le a s a C Angelo è triste, stasera, non parla da tempo, sembra capire quando gli asciugo quella lacrima che scende, chissà a cosa starà pensando… I più chiudono la luce frettolosi. Buonanotte nonno. Una carezza sul viso, a volte, come un bimbo. Son pochi davvero quelli che vedono la vita che è stata impigliata tra le rughe. In punta di piedi ti scoprono il cuore, tirando la tenda dei ricordi. Ma è troppa la luce che entra, o troppo il buio che c’era e tu taci. . .. e l i t o fer en r r e t ... o ni son a i z n a la i, gli lla cris se non si ha asmesso, a d i t ra tr a pi divo o inutile, m he ci hanno e m e t i s t ques r ciò c mai ch un pe “….In visti come rati loro pe imenticare isogni, b g d o spess à di essere meno non lezze, i loro e persone lt it o lo capac rebbe per le loro deb no” per mo sogni, i e che , a n b i à bisog oro fragilit ane quotid per i loro er tutto ciò l o p p con la entano il “ ro, per loro to rispetto o…”. s i n o e n l r a rapp o con are loro infi rappresent n a r (Cn) o v t aressio G che la rebbe por o e ancora i, ll re t ne ia Ga pera P bisog appresenta O o e r a Ros hanno Silvan Cristina Moro I.S.R.A.A., Treviso 35 Emilia e Lanfranco Bruno Salvadei 36 Casa di Riposo S. Vigilio, Spiazzo (Tn) Emilia ha 86 anni ed è vedova da molto tempo. In struttura ha conosciuto Lanfranco, di 92 anni, molto arzillo, e si sono innamorati. Lei è in sedia a rotelle e lui tutti i giorni si reca nella sua stanza a farle compagnia… Quando il tempo è bello, la porta a fare un giro in giardino e le raccoglie fiori. Ne approfittano anche per scambiarsi qualche bacio e qualche carezza. Il loro tempo è scandito dai loro appuntamenti nel corso della giornata. Una mattina, purtroppo, lui muore d’infarto. È compito della suora dirlo a Emilia. Lei piange e si dispera, continua a ripetere che lui le manca molto. Dopo un po’ di tempo, quando sembrava quasi rassegnata, anche Emilia muore all’improvviso, serenamente: sul suo viso si può quasi vedere un sorriso… Elide Giustina Tutti i giorni, dopo il pranzo, dice di avere mangiato molto bene e chiede il conto, noi le diciamo che è già stato saldato. Aldo e la sua “Giulia” Aldo è un bel vecchietto di 90 anni, rimasto vedovo e senza figli. Si è perdutamente innamorato di una infermiera, Elena. Lei lo sa e scherza su questa cosa. Ogni mattina, quando lei sale al piano, lui le dedica una poesia o un pensiero carino, chiamandola Giulia… “Giulia, quando arrivi tu è come se arrivasse il sole!”. E ancora: “Giulia, quando ti vedo il sole non brilla più, perché tu sei più bella, anche di una stella!”. In verità “Giulia” è una suora, suor Elena appunto! Non è questa gran bellezza ed è piuttosto avanti con gli anni ma, si sa, l’amore è cieco! Elide è stata un po’ di tempo in ospedale ma è tornata più arzilla che mai, nonostante i suoi 98 anni. “Sono molto felice di essere tornata a casa, assieme alle mie ragazze che mi vogliono tanto bene! Vi voglio baciare tutte!”. Ma la sua contentezza aumenta anche perché questa mattina a lavarla e alzarla c’era una suora molto gentile, carina a tal punto che Elide non riesce a spiegarsi come mai si sia fatta suora. Questa “suora” non è che un’operatrice di un’altra religione, che indossa un velo bianco e che, comunque, vedendola così contenta, le lascia credere di essere una religiosa. Lucia Pellegri Azienda Sociale Sud Est, Langhirano (Pr) 37 …. Raccontare tanti pezzetti di vita, mettere insieme emozioni e ricostruire vicende è un punto di partenza. Le storie degli ospiti diventano uno stimolo e un pretesto per riflettere, per capire che cosa significhi assistere una persona bisognosa e quali meravigliose, ma anche impegnative, implicazioni può avere la professione di operatore. lo te so he e i s c Non a an ui m , i ospit one da c pers parare im Era quella un’altra notte insonne per Luigi, spesso dormiva poco e girava su e giù per il corridoio, come sempre, molto disorientato. Così io e la mia collega del turno di notte, dopo aver cercato, invano, di convincerlo a coricarsi, lo avevamo portato con noi in guardiola, a fare due chiacchiere, nell’intento di fargli venire sonno. Anche quella notte la sua mente è andata al passato di giovane militare. …. Se mi fermo a pensare a quanti episodi veramente particolari ho vissuto, mi sfilano davanti tanti volti, tante espressioni, a volte buffe, originali, tristi o allegre e ricordo tante voci in modo distinto, che so ancora, a distanza di anni, attribuire esattamente alle persone a cui appartenevano. 38 Ricordo Saturna (era proprio il suo nome), che leggeva le carte (anche se diceva a tutti le stesse cose); Anna (detta Annina) “affetta” da nanismo. Era così piccola che, a fatica, arrivava a premere il bottone dell’ascensore. Di Annina ricordo la voce bassa e roca. Era convinta che, chiudendo gli occhi, si potesse morire, così, a suo dire, non dormiva mai! …. Carlo invece aveva una voce pacata e rassicurante, ma era una persona tenera, anche se, a volte, era un po’ testardo. Aveva un’aria distinta. Era emigrato in Francia dove aveva esercitato molti mestieri, era stato anche croupier al casinò di Montecarlo (nel Principato di Monaco). …. è il mio lavoro, mi piace, pur tra le tante difficoltà e la fatica di far combaciare tutti i miei impegni con i turni; amo le piccole e tante soddisfazioni che provo ogni giorno e le fragilità che incontro nelle persone che curo: a volte sono simili alle mie. Mi piace far star bene qualcuno che, senza il mio aiuto, o quello di una mia collega, continuerebbe a soffrire un disagio. …. In un mondo così povero di valori come spesso, purtroppo, è il nostro, gli anziani con i loro racconti, la loro esperienza, il loro buonsenso, riescono ancora (se ascoltati), a trasmetterci ciò che è veramente importante, come il rispetto, l’onore, il valore degli affetti e la gioia di vivere! Pietro e Adelina rappresentavano tutto questo. Si erano conosciuti proprio in Casa Protetta e si erano innamorati. Uscivano da soli per fare lunghe passeggiate pomeridiane tenendosi per mano. Quando non poterono più farlo, perché Adelina ormai era sulla carrozzina e Pietro camminava a fatica col bastone, li accompagnavamo noi l’una dall’altro e viceversa perché potessero stare un po’ insieme. …. Il nostro lavoro non è fatto soltanto di regole comportamentali o di protocolli predefiniti da mettere in pratica, ma è anche attingere alle nostre risorse personali, talvolta alla nostra creatività, per relazionarsi con empatia e cogliere le diverse sensibilità, le singole individualità. Forse non basterebbe neanche un libro per scrivere tutto ciò che comporta… Halima El Quartassi Azienda Sociale Sud Est, Langhirano (Pr) riaddormentava. Ricordo GIUSEPPINA, che quando è arrivata era costretta a letto, con PEG, affetta da una grave forma di afasia e non si capiva nulla di quello che dicesse, unica parola comprensibile era “signora”, …. Ricordo che era poco tempo che ma con tanta buona volontà da parte delle lavoravo qui che arrivò MINO, affetto da operatrici si riusciva a capire quello di cui demenza senile, ma con un carattere solare, aveva bisogno, inoltre era sorridente ed era allegro, gli piaceva ballare il liscio e cantare sempre pronta a scherzare: a volte, quando canti popolari e, in particolare, “Sveglia era a letto, facevo finta di voler salire sul Molinaio!”, una canzone un po’ “spinta”; alle letto e lei iniziava a ridere fino alle lacrime. suore non piaceva affatto, mai lui era felice e noi gli mettevamo la cravatta e se gli si …. I mesi sono passati e Anna si è diceva “Mino, come sei bello, come figuri ambientata tra alti e bassi e al mattino, bene!” i suoi occhi si illuminavano, quasi quando la vado a salutare, mi dice: “Ciao! piangevano dalla commozione. Ven chi cat daga un bes” (cioè vieni qua, che ti do un bacio!). Recentemente è …. Difficile spiegare che cosa si prova per andata in ospedale per accertamenti e la le persone che vivono gli ultimi anni della nuora ci ha riferito che là era molto agitata: loro vita in casa protetta perché queste sono non mangiava ed era quasi inavvicinabile. cose che vengono dal cuore e che si vivono Quando è rientrata era mezzogiorno e le quotidianamente. Penso che, a volte, non sono andata incontro, prima mi ha baciato, sia nemmeno necessario l’uso di farmaci poi ha detto: “Adesso sono a casa”. per togliere loro l’ansia, forse basta sedersi vicino a loro e cercare di capirli e ascoltarli, …. Ci sarebbero tante storie da raccontare, magari dando loro un abbraccio oppure una ognuna diversa dall’altra, ma con un unico carezza. Ricordo, per esempio, GINA, che comun denominatore: anche se anziane, era affetta dal morbo di Alzheimer e spesso “sono persone” che, comunque, al di là si agitava chiamando la figlia: di notte delle patologie di cui soffrono, provano capitava che chiamasse ad alta voce perché ancora delle emozioni, hanno tanto da dare. diceva di aver fame. Allora le scaldavo un Basta solo ascoltare. po’ di latte con i biscotti, mi sedevo sul letto mentre mangiava, quando aveva finito Mariangela Ravanetti Azienda Sociale Sud Est, Langhirano (Pr) diceva “grazie cara adesso sto meglio” e si 39 …. Sono trascorsi ventuno lunghi anni, ma pare ieri quando, timorosa, ho varcato per la prima volta la soglia di una residenza per anziani in qualità di operatrice. Quanti uomini e donne ho avuto la fortuna di conoscere, aiutare, confortare, sostenere nei momenti difficili, ma anche sorridere con loro e gioire dei loro piccoli progressi. Quanti di loro ricordo con affetto e hanno lasciato un segno indelebile nel mio cuore. La mia professione non è certo facile, è un lavoro pesante, ti costringe a lavorare di notte e durante le festività, nulla può essere lasciato al caso o rimandato a domani. Non vi è cosa più gratificante, per me, di sapere di aver fatto del mio meglio e quanto mi è possibile per fare stare bene le persone che mi sono affidate, curandone l’igiene, l’abbigliamento, l’alimentazione e facendole sentire amate. 40 …. Anni fa fu accolta Norma, ultranovantenne con demenza senile. La famiglia non era più in grado di gestirla a casa e lei trascorreva le sue giornate a letto e al buio. I primi tempi furono difficili perché, anche con noi, si rifiutava di alzarsi dal letto ma, gradatamente, con costanza, senza mai desistere, riuscimmo a farle riacquistare la voglia di stare a tavola e in mezzo alla gente, tanto che poi protestava quando arrivava l’ora di coricarsi. Ricordo Angela, quasi centenaria, che all’accoglienza si era presentata assopita e non collaborante. Per questo suo stato doveva essere imboccata e non parlava. Il lavoro d’equipe, anche in questo caso, fu prezioso. Grazie a una terapia mirata, alla fisioterapia e all’assistenza, la signora si riprese, tanto da riuscire talvolta a mangiare da sola e a lavarsi le mani e il viso. Ci ringraziava sempre per il nostro operato, ci baciava le mani e ci dava la sua benedizione, con il segno della croce, come fanno i sacerdoti. …. Quante altre persone potrei citare, tutte con il proprio carattere, il proprio vissuto, le proprie caratteristiche che le rendono speciali e uniche: Amalia, che leggeva in continuazione le lettere inviatele dal marito quando erano ancora fidanzati; Elvia che aveva una collezione di santini e pregava tutto il giorno; Bruno, che si spacciava per un agente segreto della CIA; Enrico, sempre in giacca, gilet e papillon, che era stato il macchinista del treno del Duce; Giulia, che sapeva interpretare i sogni; Ida, sempre serena anche se cieca e quasi completamente sorda… Quanti sorrisi, carezze, baci ricevo e dispenso a mia volta ai miei “tesori”: non costano nulla, ma scaldano il cuore. Marilena Rinaldi Fondazione Visconti Venosta, Grosio (So) Antonella Alberti Istituto Assistenza Anziani, Verona 41 Ho 23 anni e faccio questo lavoro da quando ne avevo appena 19… diciamo che è iniziato tutto quasi per caso… …. QUESTO LAVORO VA FATTO SOPRATTUTTO CON IL CUORE, non è una professione come tutte le altre: o piace o non piace, non puoi svolgere questo lavoro solo per lo stipendio, non ha alcun senso… …. loro non hanno bisogno solo di cure mediche o infermieristiche assistenziali: HANNO SOPRATTUTTO BISOGNO DI UN SORRISO E DI RASSICURAZIONE, cerchiamo di far capire loro che siamo una grande famiglia allargata e che noi siamo a tutti gli effetti lì per loro. Cerchiamo di distrarli dal loro mondo triste, a volte ricco di sfortune e malattie gravi, organizzando per ogni ricorrenza festiva una festicciola tutta per loro e facendoli partecipare vivamente… …. Io penso che comunque è impossibile non affezionarsi a ogni singolo paziente, il vedere ogni loro piccolo miglioramento mi rende felice, vedere entrare in struttura un paziente che magari piange giorno e notte e, piano piano, riuscire a strappargli un sorriso per me è una grande soddisfazione. …. Ogni paziente ha un posto speciale nel mio cuore: Corradino (un uomo forte, dolcissimo, molto disponibile con gli altri pazienti, un uomo dolce e buono), Maria (una signora molto simpatica che passa da uno stato d’animo all’altro, Maria è “forte” è fantastica, vive in un mondo tutto suo… …. Maria Rosa (una signora con molta sfortuna e sofferenza sulle spalle, ma sempre pronta a giocare e scherzare con noi), Pedru (il nostro Puffetto, un omino simpatico, vispo allegro e goffo), Zio Andrea (una persona meravigliosa, il nonnino dolce che tutti vorremmo avere. È un paziente comatoso, ma i suoi occhietti vispi e il suo sguardo sono pieni di voglia di vivere, stimolandolo costantemente siamo riusciti a fargli suonare una trombetta, è stata un’emozione unica)… Francesca Mazzone Smeralda Rsa, Padru (Ot) 42 Alberto Emanuelli Azienda Servizi Ubaldo Campagnola, Avio (Tn) un zza, la e r a Unaoc, una paruotto baci e: dopot olto dolc hiedete m c non Cosa ho fatto per loro… e cosa ho ricevuto. Adelina e la lattina di tè .… Settimanalmente si recava in segreteria a prelevare cinque euro per caricare la sua chiavetta del caffè, e iniziava ad acquistare lattine di tè da regalare al personale. Ci diceva: “Bevi che ti fa sangue…”. Rifiutare il regalo voleva dire offenderla, di conseguenza, nei nostri carrelli, tra pannoloni, salviette e pomate, comparivano sempre lattine di tè... …. Ci lasciò in punta di piedi, senza tanto disturbo. Passò dal sonno alla morte all’improvviso e, pensandoci, ricordo ancora quella mattina, il suo viso pallido ma sereno... E una lattina di tè sul comodino. Angiolina e il freddo …. I complimenti erano l’argomento che più gradiva ma, se qualcuno le faceva notare che il maglioncino che indossava era fuori stagione, lei ribadiva che aveva freddo. Ebbene sì, la signora anche in agosto indossava abiti invernali e teneva sul letto, oltre alla coperta, anche un plaid di lana. …. Ricordo con tenerezza quando mi diceva che la mia presenza la rallegrava e che il saluto di ogni mattina le trasmetteva buon umore. Un giorno mi disse: “Lei entra nella mia stanza come il sole illumina l’ambiente”. …. Continuai fino alla fine dei suoi giorni a salutarla allegramente ogni mattina, avendo cura di sistemarle il caldo plaid di lana come a lei piaceva tanto. Anna e il dialetto impossibile …. Di lei ricordo in particolare la difficoltà a farsi capire, in quanto si esprimeva unicamente in dialetto siculo. Io, che ho le sue stesse origini, le facevo da interprete, quando aveva bisogno di comunicare, sempre animatamente, per qualunque cosa. …. con me si sentiva libera di esprimersi serenamente senza andare alla ricerca di vocaboli particolari. …. Nei miei ricordi ci sono un’infinità di nomi, visi e persone che rimarranno indelebili nella mia mente. Ognuno di loro mi ha dato qualcosa che solo chi ha vissuto una vita intera ti può dare. Quel qualcosa che ti insegna a crescere e a superare gli ostacoli che possono apparirci insormontabili. Lezioni di vita che meritano ascolto e comprensione. Rosetta Grimaldi Casa Protetta S. Giovanni Bosco, Modena 43 …. I racconti hanno più autori perché gli operatori Eugenio Pilutti Centro per l’Anziano Gregoretti, Trieste hanno lavorato a più mani, esattamente come Aiutare con il cuore nella vita di tutti i giorni e nella loro professione: A casa avevo ripensato a quegli occhi ciascuno ha contribuito, descrivendo la vita degli ospiti …. azzurri, che un tempo erano gioiosi e e riflettendo sull’attività svolta. ora erano spenti, ma nei quali si leggeva comunque il desiderio di essere aiutata. In quel momento avevo capito che dovevo fare qualcosa di particolare per lei. Ma non era così facile. Tutti in acqua L’attività in piscina è nata nell’autunno del 2003 come ulteriore intervento riabilitativo e non solo, rivolto ad alcuni ospiti residenti presso la nostra struttura, la A.P.S.P. Rosa di Venti di Condino. …. Vederli tranquilli e rilassati in acqua, divertiti, fare esercizi fisici per le articolazioni, lasciarsi trasportare dalle braccia e fidarsi di fisioterapisti, O.S.S. e bagnini è stato utile per rafforzare ancor più il nostro rapporto ospite e operatore e quello ospite e persona esterna. 44 …. Tale esperienza ha fatto sì che gli ospiti svolgessero una nuova attività fuori dalla struttura, avessero maggiori e più profondi contatti con l’esterno, mantenessero vive le proprie passioni. …. Per tutti noi operatori che svolgiamo questa professione non è importante COSA si fa, ma soprattutto COME, è meglio un’azione fatta con il cuore che dieci fatte “così per fare” oppure per routine. Graziella Altini A.P.S.P. Rosa dei Venti, Condino (Tn) …. Nel corso del tempo avevo conosciuto le sue doti artistiche e, di comune accordo con le mie colleghe del servizio animazione, l’avevo coinvolta nei vari lavori manuali come “opinionista”. Lei esprimeva le sue opinioni, suggeriva i colori da abbinare o i soggetti da ritrarre e criticava quando ce n’era bisogno! Scherzando, la chiamavo, e la chiamo tuttora... “il mio braccio destro”, anche se lei spesso si lamentava per non aver aiutato manualmente durante l’attività. Io continuavo e continuo a spiegarle che anche i suggerimenti e le osservazioni aiutano a migliorare un lavoro. …. La Rita di oggi partecipa alla vita quotidiana con soddisfazione, si applica molto durante le attività di ginnastica e i suoi occhi color azzurro cielo sono diventati di nuovo vivi, il suo sguardo luminoso. Laura Bagozzi A.P.S.P. Rosa dei Venti, Condino (Tn) 45 IO: Ore 07:15 Comincio dalla stanza numero 10, entro e il signor M.M. è già seduto sul letto: “Buongiorno, come sta? Ha dormito bene?”. Lui mi guarda con un grande sorriso, rivolgendosi a me con il nome di sua figlia. È di buon umore perché si sente in famiglia. Lo aiuto nelle pratiche dell’igiene e nella vestizione. Lo accompagno per la colazione. Il magico mondo del signor M.M. M.M. “Eccomi qui, mi sono svegliato anche questa mattina. Apro gli occhi: ma dove sono? Ma nella mia amata fattoria; guarda è una bellissima giornata di sole”. IO: Ore 07.00: Come tutte le mattine mi reco sul mio luogo di lavoro e splende il sole. M.M. “Sento le galline, mi stanno chiamando, devo alzarmi!”. IO: Ore 07.10: La mia collega mi ha riferito che il signor M.M. è sveglio e vuole alzarsi; appare inquieto. M.M. “Ma dove sono i miei vestiti? Devo andare dalle mie galline che stanno starnazzando… Hanno fame”. “Forse sta arrivando qualcuno… È mia nipote“. 46 …. Da un punto di vista superficiale il signor M.M. può sembrare un folle, ma è proprio questa follia che lo rende speciale perché “tutti i migliori sono… un po’ matti”. La passione di assistere possiamo ritrovarla nelle varie azioni della vita quotidiana, come per esempio nel…. Ballare, Condividere, Pregare, Consigliare, Dedicarsi, Cantare, Sorridere, Brindare, Giocare. Assistere con il cuore significa dedicare un po’ di tempo PER loro E CON loro Perché anche noi saremo Rispecchiati nel futuro! Marcella Bonenti A.P.S.P. Rosa dei Venti, Condino (Tn) Frammenti di storia Incontri d’estate …. Il giorno si accende e si spegne sulla battigia in un groviglio di voci e di suoni. Voci e scoppi di risa anche dietro di noi, sotto gli ombrelloni. Ci avviciniamo e scopriamo un gruppo di anziani, dall’accento trentino che, insieme a due giovani, inventano giochi, raccontano aneddoti del loro passato, ricordi di una giovinezza ormai lontana. …. Credevamo che i due giovani fossero i loro figli, per una volta non distratti da impegni o preoccupazioni, tanto era attraente l’atmosfera che riuscivano a creare. …. La felicità dei nonni è palpabile in una vacanza così gratificante e serena. E, a questo punto, ci viene da pensare che se ciascuno di noi, senza grossi sacrifici e particolari rinunce, rendesse meno avara e piatta la propria vita, donando briciole di felicità all’altro, non si lascerebbe sfuggire la stimolante esperienza e l’opportunità di condividere con l’anziano momenti di alta spiritualità e amore. Anna Parmigiani A.P.S.P. Rosa dei Venti, Condino (Tn) Nella mia esperienza lavorativa mi capita quasi quotidianamente di leggere, ascoltare le storie di vita, i ricordi, le memorie di altre persone. Persone che, per un attimo, consegnano nelle mie mani pezzetti della loro identità raccontati, rivisitati in un tempo e in un luogo diverso da quello in cui i fatti sono realmente accaduti. Racconti di vita vissuta …. Nata senza un progetto vero e proprio, questa esperienza d’incontro, ascolto, ritorno di storie vissute, la chiamerei “relazioni che curano” perché niente fa più piacere all’anziano come l’essere ascoltato, condiviso, supportato nell’affrontare le difficoltà del presente così carico d’incertezze, oltre a lasciare attraverso il racconto di sé, tracce indelebili del suo passaggio. …. Ma il miracolo è avvenuto quando, attraverso il racconto e l’ascolto, si è creata una relazione quasi intima che ha visto crescere il rapporto di fiducia tra chi narrava e chi ascoltava, quasi da diventare, intervistato e intervistatore, risorsa l’uno per l’altro. …. Ogni vita racchiude e offre un prezioso insegnamento: quello di restituire, con la distanza della scrittura, l’unicità e l’armonia di queste storie, è un atto doveroso da parte di tutti noi. Loredana Milani Casa di Riposo Gallazzi Vismara, Arese (Mi)) ieme, s n i ando ro team, r o v La e un ve e molto com mo far ia oi poss per v …. Mentre ascolto ti incontro, entro in punta di piedi nella tua storia e, per un attimo, penso che mi appartiene: mi sembra di toccare con mano gli odori, i sapori, le voci, i colori che le situazioni descritte evocano. …. Sono racconti di padri, di madri, di figli… Sono storie di vita, storie di famiglia. Sono racconti che danno senso alla Storia, perché ne rappresentano l’anima vitale. La rendono più vicina… Non posso non ricordare le voci e i volti che hanno accompagnato questi racconti, offrendomi ciò che le parole non possono comunicare. E raccontare, scrivere, far scrivere, forse un giorno pubblicare queste storie è un atto di profondo riconoscimento per l’uomo e la sua storia. Lilia Andreoli Casa di Riposo Gallazzi Vismara, Arese (Mi) 47 Un ricordo di panni e di sole Ho un ricordo di panni e di sole, un flash di luce nel cortile. La mamma faceva la balia alla figlia di un gran pasticcere di Milano. Il pezzo di cioccolato era per me. …. Mi ritrovai a vent’anni in casa con tre uomini e il papà. Per l’acqua c’era la pompa fuori. Uno spazzino, un sarto zoppo, un muratore. …. Mi si è consumata l’anca per l’artrosi alle articolazioni. Non la si può operare. Sto male …. Ho risalito ottantatre anni facendo tutto da me. Poi, ecco un sacchetto delle feci per tre mesi. Ho avuto tifo e broncopolmonite -insieme- prima della guerra. L’artrosi è un tormento. Sento fitte pulsanti nella schiena: pensare che, dentro, mi sentirei uguale. 48 Ci sono cose ”: r voi e p i u o mo q essaggi a i S “ co il m iamo ec ogl rvi v e h c ette m s a tr Storia triste Si scriveva poco dalle suore. Una compagna mi bucò la coscia -per sbaglio- con i ferri da calza: stavo per perdere la gamba. Il nonno chiamò un bravo professore che mi salvò. …. Adesso sono qui e, sebbene faccia una gran fatica, cerco di non chiedere e chiamare. Stamattina mettevo il vestito e mi sbagliavo. Non finivo mai. Ci sono cose belle e cose brutte. La cena, il pranzo, il parrucchiere, la visita dei figli – soprattutto!la lettura e la fisioterapia, la compagnia, a casa si è più soli. Pier Paolo Perutto Opera S. Maria della Carità, Pellestrina (Ve) Le carrozzine che aspettano in colonna, non essere in salute – soprattutto!essere vecchi, non essere più a casa e non importa se là io sarei sola. Non posso guardare la tv: disturba la compagna. Andare via da casa m’ha strappato l’anima dopo quarant’anni nello stesso cortile. …. Il “futuro” è così incerto anche per chi la vecchiaia ancora la scruta da lontano, ma dare esperienza, guardare avanti, accogliere un anziano in C.d.R. con entusiasmo, trasmettendogli con la nostra vicinanza il messaggio “siamo qui per te”. È e dovrebbe essere un dovere per tutti noi operatori. Milena Tavaglini Casa di Riposo Gallazzi Vismara, Arese (Mi) …. Ora sto qui e continuo a pensare a quando finisco, a quando Qualcuno mi viene a chiamare. 49 Insieme per te Siamo un gruppo di colleghe, arrivate da mille strade diverse e in mille modi diversi, con uno scopo preciso: il lavoro. Le motivazioni? Per alcune una vera e propria missione, per altre ancora “non c’era un’altra via di uscita che questo lavoro”. …. “Io, personalmente, ho fatto il corso in Italia e il lavoro dell’OSS non mi ispirava così tanto. Primo, perché mi sembrava impossibile che in un paese come questo, ricco di tante cose, non ci fosse spazio per i “vecchi” della famiglia (come da noi, dove la famiglia è patriarcale e l’anziano è riconosciuto come il perno di tutto). Secondo, perché ritenevo sbagliato avere un guadagno compiendo qualcosa che si dovrebbe fare come dovere e diritto verso i nostri cari. Ma poi mi sono detta che le mie motivazioni e i miei principi erano validi e, quindi, ho intrapreso questa strada. Penso che l’anziano, più che delle medicine, abbia bisogno di essere ascoltato nelle storie che racconta ogni giorno”. …. “L’anziano, secondo me, ha bisogno di una gratificazione liberatoria: gode se capisce che qualcuno ha bisogno di lui. Non vede l’ora che qualcuno gli chieda un parere o un consiglio ed è subito pronto a elargire la sua conoscenza, dettata dall’esperienza di vita, gratuitamente. 50 …. ho imparato che tutte le volte che non ascolto un anziano o che questo viene a mancare, per la sua malattia o per solitudine, è veramente come se un libro della biblioteca venisse bruciato. La moltitudine di esperienze e il bagaglio di testimonianze che l’anziano si porta dietro entrando in una struttura residenziale sono densi di risvolti. Sta a noi operatrici dar loro la possibilità di poterci consegnare tutto questo come un dono prezioso perché per loro tale è”. …. “Io ritengo l’anziano un soggetto cosiddetto “fragile” perché affetto da due, tre o più patologie croniche, spesso incurabili e ad andamento progressivo, in situazioni di disagio... .... Per aiutare un anziano, secondo me, è necessario prima di tutto capire i suoi bisogni, che variano in relazione alla sua condizione”. …. “Per me l’anziano non è una persona fragile e mi spiego: per me, una persona fragile è una persona alla quale non ti puoi appoggiare per nessun motivo perché è insicura o incompleta. Ora, l’anziano, se da una parte decade nel fisico e in altre componenti, dall’altra è forte della sua esperienza di vita. Diventa fragile, secondo me, in tutta la sua completezza, soltanto quando si mette a confronto con la vita che sta per finire. .... Invece l’anziano, per potere star “bene” deve potersi sentire ancora importante e capace di fare qualcosa. .... per questo il compito dell’ OSS non è solo quello di intervenire a livello fisico sulla persona.” …. ”Fin da piccola i miei amici non erano tanto i compagni della mia età. Vicino a dove abitavo io c’era un ospizio (una volta si chiamavano così) dove “chiudevano” le persone di cui ci si vergognava… Io ero diventata amica di due persone in particolare, che andavo a trovare tutti i giorni: una signora alla quale mancava una mano (l’altra, a causa di un’artrosi, era tutta storta), che mi aspettava sull’uscio. Se arrivavo in ritardo, rimaneva in pensiero sino a che non mi vedeva arrivare; io ero una bambina e lei mi aspettava per darmi che cosa? Una brioche di una marca famosa. Io impazzivo per quella brioche e per lei che me la dava! Me l’apriva con la mano menomata e me la dava e, sino a che non la mangiavo, non mi lasciava andare via...”. …. “Perché accettare di essere anziani non è così semplice: vedi le forze che ti mancano, ti trovi colto alla sprovvista dalla malattia di cui non conosci i risvolti e, a volte, nemmeno il nome. Ti prendono, ti portano via da casa tua, a volte senza preavviso, e ti ritrovi in un luogo grande, sterile che non è più casa tua e, se capisci qualcosa, preferiresti non capire. Perciò la figura dell’OSS è importante: è necessario che l’anziano non senta tutto questo grande distacco, deve socializzare col nuovo ambiente e con chi lo abita e, per farlo, deve capire di essere lì non perché a casa sua non era più utile a nessuno, tantomeno a se stesso, ma perché lì può trovare persone simili a lui, che ragionano come lui, che hanno le sue stesse esperienze oppure vissuti diversi da mettere a confronto“. …. “Se si guarda dall’esterno che cosa succede quando arriva l’ora di andare in Chiesa, si rimane sbigottiti: è una corsa generale a chi arriva prima all’ascensore... e giù in Chiesa in rispettoso silenzio, ognuno al suo posto”. di i r o c i atori d r c s i e p il ,“ id r o t mente sono come l i a b a c t i mo inev Pes amo, che assistia i s i r o t . ra ze ne oi ope é le perso e di bellez ione d’aiuto , ogni N . … h à “ re rc az fondit pesca i”, pe na rel ricord icche di pro , il filo di u mana), per r ridare e r o u ano mare: ettare l’am ssionale e enza età. P o di una m g … n is fe Basta entura pro i emozion re il sosteg un incontro v a id (un’av framment er fotograf r realizzare , e p o p dove giorn e unicità, ce amica, posti ani, à i o t t i v s t e n a qu iov ide i un hanno i non più g alle ono d u e s h l i c , e tte rò i de ini, pe i confront e, mani stre di m o u e i arezz ati gl chi, n ssioni …. Be n i miei oc to, baci e c rrisi, espre ento: cibo o m co iu vedo ncreti di a uardi e di s incoraggia o i g c gesti bbracci di s rensione, d p a , altre zza, di com ore! o Milan u e ugio, if R l gentil rio per il c ”. e d Casa sa Piccola neces idia, miao… a ll o s v ia Sta Che in Rosar …. Per loro noi siamo diventate la loro famiglia; con noi si sentono liberi di esporsi in ogni manifestazione. …. Grazie a tutti gli anziani di esistere e grazie a voi per averci permesso di dare questa testimonianza. Siamo felici del nostro lavoro ed entusiaste di poterlo dire. Gruppo di O.S.S. Piccola Casa della Divina Provvidenza S. Giuseppe Benedetto Bra (Cn) 51 gli operatori descrivono la storia di un ospite chi sei, da dove vieni Gli operatori partecipano in prima persona all’esperienza della narrazione. Descrivere dettagli della vita di un ospite è un modo per condividere con lui emozioni e racconti, per avvicinare due mondi all’apparenza così diversi. L’operatore narra vicende accadute all’interno della struttura, trasforma il resoconto in un punto di partenza per commenti generali e si concentra sul rapporto che ha instaurato con l’anziano, diventando così protagonista. Ci sono tanti modi per narrare la vita di un altro che non è semplice altro, ma una persona debole, bisognosa di attenzioni, cliente e amica allo stesso tempo. Ecco perché le testimonianze sono così uniche, preziose e particolari. 53 Il tuo percorso fino a noi …. Gli operatori, nel cercare di capire meglio chi e scriv e d e r rato ppe e p o ’ L le ta ali della t amen ’ospite d n o f ell vita d è l’ospite e da dove viene, ricostruiscono la sua storia: partono dalle origini e ripercorrono i momenti salienti. Solo alla fine si ritorna in struttura, con un pizzico di consapevolezza in più: si può comprendere che cosa significhi per una persona che ha un passato e una vita vissuta alle spalle arrivare in una casa di riposo e adattarsi a una nuova realtà. La storia di Vittorio Vittorio nacque nell’agosto del 1915 da una famiglia di origine contadina: il padre Giovanni lavorava la terra a chiamata, per conto terzi, e la madre Margherita si occupava della casa e dei figli Vittorio, Giuseppe, Antonio e Maria. …. Per Vittorio e Clementina galeotto fu l’incontro presso la sala d’attesa del dentista, dove vennero presentati l’uno all’altra da un’amica comune. …. Dalla fine della grande guerra agli anni ’50 Vittorio fu il protagonista della Filodrammatica di Castelgomberto: un gruppo di amici amanti del teatro e del buon vino che si incontrava, ogni sera, dopo il lavoro per mettere in scena operette e commedie, che andavano poi a recitare in bicicletta nei comuni di Malo, Trissino, Valdagno e nei paesi limitrofi. ra r e u g di i d r lla o ite de p Ric s o ima è un …. Una serie di circostanze, tra le quali un grande desiderio di “gironzolare” senza meta, che in modo poco poetico viene chiamato wondering, una crescente confusione, un carattere talvolta assai irritabile e l’instabile salute della moglie, hanno promosso Vittorio alla carica di “ospite” presso l’I.P.A.B. La Pieve di Montecchio Maggiore (VI). …. Ed ecco che tutti - educatori, operatori, fisioterapista e lavoratori socialmente utili – fanno i turni per accompagnare Vittorio a passeggio per i corridoi della struttura, dove si sentono riecheggiare le romanze d’amore cantate dal nostro protagonista, che esprime così la sua gratitudine all’accompagnatore. …. Vittorio, uomo dal carattere testardo, ci chiede a modo suo di condividere con lui i ricordi più belli della sua vita ed è nostro dovere permettergli di rivivere il più frequentemente possibile il bello che ha nel cuore. r i stinell vissuto in p da O o i n “Ermi asa che ha della Secon c a nostra a la tragedi n perso Mondiale. a r r no Gue veniva rnimenti i n a i l ita rifo e altri tare i ... Lui ti a traspor r molti t e costre i a spalla p h c tedes tri. a e m iò: un b chilo m a to c no tut io, vennero r o i g in un in ... Poi , fra cui Erm n e portati a . o ventin su un cami ale Polonia ti tu carica alità dell’at c za una lo ragaz a n u e e anch era bella e e la b b o n ... Co : Olga, che i passavano e a n pr polacc a. Ma i gior aceva sem t if raffina ia di casa s g l nosta tente”. i resch is Guer a r a più ins o arb om B a, C uanell G n o pera D O Dania Ruffoni I.P.A.B. La Pieve, Montecchio (Vi) 54 55 Il “rompi scatole” e non solo… Lorenzo Rigamonti è nato a Mandello Lario, una cittadina ai piedi della Girgna, in una gradevole posizione affacciata sul ramo di Lecco del lago di Como, il 25 giugno del 1929. Ha vissuto a Mandello fino a 24 anni. Ha lavorato per parecchi anni alla Moto Guzzi, una delle più grandi ditte della zona che dava lavoro a gran parte della gente del paese. A 24 anni ha deciso di fare il pastore, ha comprato delle pecore e ha girato gran parte dell’Italia per parecchi anni... …. Dopo qualche tempo ha avuto dei problemi di salute, che lo hanno costretto a frequentare per parecchi mesi i vari ospedali della zona, fino a quando è giunto al Don Guanella. Ad oggi conta 15 anni di permanenza nella Casa, ma non è mai riuscito a rimanere con le mani in mano. …. All’interno della Casa, oltre che delle varie commissioni che gli vengono richieste dai dipendenti, si occupa della raccolta differenziata, in particolare dell’imballaggio e dello stoccaggio di carta e cartone… da qui il soprannome datogli dalle ragazze della cucina “il rompi scatole”. Petronilla Emilia Bellamoli Don Michele Garonzi, Grezzana (Vr) ; riposo i e d h a s c ca o e m nostra ativi per la t l o a l l o e u ’ d v r L e stano nei prepa u e r d c i, a s ro ann t t visscoemo Spini èoilspesso intento a u q venti ellina, alt va olt “Gia o ave sciato la V o mo m sa. a m i o d c e din lo v igio va la , Gia ne rel anno 1949 o e lui ave come conta omo o i z n c c fu l’ da po rreva o, Gia vorare cco .… Co ra era finita andare a la se di giugn quando e e r r o, la gue ra nato, pe ca. Era il m rico di fien ò; lui scese , s a e ci dove izzera tede un carro c o si roves liere il fieno a v tt g en su nella S iaggiando e tutto il fi iziò a racco motocicle a v n ò n stava arro sband al carro e i omento u a strada, ll d m c una che il tosamente ro; in quel ggiunse su urandogli i ra oc ar precip dolo sul c locità sop amba e pr o e n v a una g imess ributt a grande d e t e n t e n ta em rsa lme lancia gli violent . e fina nza, trasco n n e o v a e urtand ima frattur i cure, egli convalesc s d a s i i g t s n t con e bru tre m opo una lu tamente. bile storia e o p o al ple edi …. D edale e d ilì com questa incr sa più norm oveva b p a s t o s ’ i l co si r to dal e, d ellina, a racconta se fosse la olosament t l a V e in tt ih to fre a, com mo m Giaco naturalezz a congeda o e ih a, Com uanell grand ndo, poi m sa”. G n o D s o Opera del m re la S. Me stini o g A a r De Olga prepa Angelo Cassaro Opera Don Guanella, Como 56 57 …. Gli operatori raccontano il presente, con uno sguardo al passato: la narrazione della vita in casa di riposo diventa un’occasione per scoprire Vi racconterò una storia d’amore. Io adoro le storie d’amore e me le faccio raccontare da tutti. Questa è una bella storia d’amore e me l’ha raccontata Guerrino, per vincere l’imbarazzo quando gli ho fatto il bagno per la prima volta. qualcosa in più dell’ospite e del rapporto speciale che si crea fra lui, il suo vissuto e l’ambiente che lo accoglie. aggi s s a p uni ora” In alilcq e li “ cuci ia con iiafi r re si int lla memo de 58 Frammenti del tuo passato …. “Sai” mi dice “mi sono innamorato di una bella ragazza, Marcella, ma non osavo dichiararmi a causa del mio orecchio”. …. Con il cuore che mi batteva forte forte le dissi: <Cosa fai tu qui?>. Lei, sorridendo, mi rispose: <Se mi sposi, io ti sposo>. Le donne sono speciali!!! Pensai. Ma subito mi ricordai… <Ma hai visto il mio orecchio?>. E lei: <Certo che l’ho visto, ma non m’importa!> e mi baciò proprio lì! Naturalmente l’ho sposata e siamo stati felici”. …. Dolce e tenero Guerrino, dal grande sorriso burlone, gentiluomo amante delle donne e sempre in cerca di quadrifogli da regalare. Grazie Guerrino, per aver condiviso con me la tua bella storia d’amore, grazie per la tua sensibilità e gentilezza. Paola Sperotto Residenza Anziani, Ponderano (Bi) …. Maria ha i capelli bianchi e la schiena curvata da una vita di lavoro; passeggia nel cortile della residenza con la sua amica Emma e mi racconta la sua storia. Era bella Maria, lo è ancora, i lineamenti del volto sono delicati e gli occhi di un azzurro limpido, era bello anche Giovanni, il grande amore della sua vita, ed era ancora un giovane uomo quando una brutta malattia se lo portò via. Paola e Giulio, i loro due figli, vivaci e intelligenti, all’epoca erano ancora bambini, perciò Maria iniziò a lavorare come sarta in casa, per stare con loro e guadagnare da vivere allo stesso tempo… …. Maria negli ultimi anni ha iniziato a sentire sulle spalle il peso enorme di questa vita di lavoro e sacrifici, le gambe la tradivano, non poteva più occuparsi della casa, cominciava a non ricordare più le commissioni che doveva fare e, talvolta, dimenticava pure la strada per tornare a casa. È perciò che, in una mattina di primavera, è venuta a vivere nella residenza per anziani “Antica scuola dei Battuti”. …. Emma, la sua compagna di stanza, è sempre con lei, insieme condividono la quotidianità nella residenza: la colazione, la cyclette e gli esercizi in palestra, le feste di compleanno, la musica, la pedicure, la piega con i bigodini, ma insieme condividono anche i momenti di vuoto e di tristezza, i momenti in cui ricordano, con nostalgia, i loro enormi sacrifici, ricordano i primi passi dei loro bambini, i baci del loro grande amore, e accettano insieme che il tempo trascorra. Daniela Boschian Antica Scuola dei Battuti, Mestre (Ve) 59 Una musicista vera Elga Rizzon A.P.S.P. Borgo Valsugana, Trento ino m o c Gia lla so ne s e r p im ni , resta rridere og o r t n nco i so di rimo i monello, d lche volta p l a o ua o’ ns , un p iare, q e ripe “…. S viso tondo di passegg te!! da : r u a stra l l mente con l’ardo e sconosci a d rarlo e, et r sott o’ ribelle! istant re verso m e p , a a un p Cas emigr uesta olto solo e confidenti ti!”. q n i iche limen ccolto llo, m nne a olo orfane , le sue am enti comp e V u c .… no n) sio (C un pic uo sosteg re con freq e m Gares o s i, a c ll l z i e z r i Ga ppre n no a Pia Vide i onne da a Oper o c c a d a Bar e ... le Chiar …. Rimango subito colpita da questa signora ancora relativamente giovane che mi scruta con uno sguardo attento e curioso, dai suoi occhi traspare come un velo di tristezza mascherata da una serenità apparente e da un parlare disinvolto. …. Si rivela un inserimento facile: è collaborante, disponibile, non ha pretese particolari e si adatta alle regole senza alcuna difficoltà. Rassicura il figlio che le domanda come sta: “Mi vogliono tutti bene, mi sento come a casa”. …. Ha subito la malattia del marito, deceduto da qualche anno, e del fratello, conosce bene la gravità della sua condizione e ha deciso di non fare soffrire troppo i suoi famigliari, evitando loro il più possibile il disagio di chi accompagna il malato terminale verso la morte. …. Bisogna riuscire ad aiutare Angela in questo momento di grande dolore. Ogni operatore cerca di far emergere la propria sensibilità, tutti hanno qualcosa da donare, che va a unirsi e a correggere i limiti dell’altro, riuscendo così a formare quasi una catena di supporto per la malattia di Angela. Beatrice Nota Residenza Il Mughetto, Ceresole d’Alba (Cn) 60 …. Negli anni anteriori all’ultima guerra, la signora Teresa era riuscita a far frequentare il conservatorio di Torino a quella figlia che disegnava la tastiera di un pianoforte su una striscia di carta e poi l’appoggiava sul tavolo della cucina in via Lagrange. Contro il parere di molti scettici, le aveva noleggiato un pianoforte, pagato un primo insegnante e quindi, assicuratasi delle sue doti, addirittura fatto sacrifici per comprarle un discreto strumento e permetterle di iscriversi al conservatorio. …. ”Mi è stato detto che suonava in chiesa” disse Paolo a Vera, per coinvolgerla in un dialogo che voleva testarne le capacità mnemoniche e logiche. “Certo. Suonavo alle messe, anche ai matrimoni e ai funerali con Don…, come si chiamava il parroco della chiesa qui di Gaveglio? Però, un giorno che ero all’organo ho sentito come uno scoppio qui nella testa e, da allora, ho avuto paura di non riuscire più a suonare. Dirigevo anche con Don Masino: ha anche lui una bella voce”. …. Restavo sempre affascinato nel sentire di quando, in compagnia di mamma Teresa, non si perdeva un concerto o un’opera al conservatorio o al Regio. “Avevamo l’abbonamento” diceva con orgoglio. Raccontava che era felice di essere riuscita a scoprire dei veri talenti tra i suoi studenti, ragazzi che erano diventati musicisti di professione, concertisti addirittura. …. Paolo pensò che era sempre contento quando i vecchi della casa di riposo gli si rivolgevano dandogli del tu. Vera, poi, era una musicista, la sentiva ancora più vicina e provava sempre un moto di tenerezza verso quella “signorina che era stata insegnante di musica e dell’insegnante sembrava mantenere ancora figura e atteggiamenti. Un che di premuroso, di incoraggiante, di candido anche, si irraggiava da quella figura”. Paolo Romano Casa di Riposo G. Vada, Verzuolo (Cn) 61 Il generale Alzheimer Massimo Montanaro Opera Don Guanella, Castano Primo (Mi). Secondo classificato categoria “Miglior immagine” …. Francesco mi guardava con l’immancabile rivolo di saliva che gocciolava su un bavaglino giallo, imbarazzato nel non poter serrare la bocca come ai vecchi tempi; sì, i tempi in cui, partigiano, spezzava fili di ferro con le “ganasce”, che disegnano ancora oggi i lineamenti di un volto duro e apparentemente minaccioso. …. Forse le feste paesane ricordano a Francesco i tempi in cui, a ogni momento ludico e ricreativo, corrispondeva sistematicamente l’irruzione di quei tedeschi che hanno decimato il gruppo di compagni, trucidando anche la sua unica figlia. …. Sono passati pochi mesi dall’ingresso in struttura di quest’uomo, che rimane aggrappato a una dignità diventata troppo sgusciante per essere afferrata e vissuta come un tempo. …. l’empatia è il passepartout che mi permette di sbattere contro il disagio che prova per la sua incontinenza… 62 …. Un nipote racconta le numerose occasioni che hanno visto Francesco protagonista di sketch tragicomici, alimentati dalla gelosia per la moglie e degenerati in liti furibonde. La sua stazza, in effetti, incute timore, anche se ormai è confinata in una carrozzina a culla, che quasi scompare all’ombra della sua mole e che traballa pericolosamente a ogni suo movimento; il sol pensiero di veder volteggiare in modo violento quelle grandi mani fa rabbrividire. …. Tra le armi di Francesco oggi c’è il design emozionale, una nuova terapia fatta di luci, colori, profumi, suoni e stimolazioni tattili disegnate su misura per coloro che si immergono in una nuova dimensione. Quando è entrato per la prima volta in questo spazio, i suoi occhi pieni di diffidenza alimentavano la nostra incertezza, ma eravamo convinti che qualcosa sarebbe accaduto. Il linguaggio multisensoriale stava forzando le barriere del suo disagio, che faceva sembrare la sua demenza …. A proposito di armi, la sua insonnia più grave di quello che in realtà era; le ostinata era stata sconfitta da una pistola campane tibetane e l’atmosfera soffusa giocattolo: proprio così, a niente sono alimentarono quasi simultaneamente servite le terapie di quel geriatra che, l’espressione distensiva in un volto così attento nell’indagare la sua mente, perennemente corrucciato e Francesco, non aveva pensato al fatto che in passato lasciando scivolare una lacrima tra le riusciva a dormire solo vicino a una rivoltella, rughe, quasi come il primo getto d’acqua oggetto detestato e, al tempo stesso, di un corso di montagna all’inizio della irrinunciabile nella sua “latitanza partigiana”. stagione delle piogge, sorrise. Assistere una persona con demenza Franco Bernardo significa negare la standardizzazione e Asp Martelli, Figline Valdarno (Fi) abbracciare una situazionalità strutturata in cui capire le necessità e soddisfarle è l’unico modo possibile per diventare terapeutici. L’ultima battaglia di Francesco è quella contro una malattia incurabile, contro l’ufficiale più astuto e subdolo mai conosciuto… 63 …. I signori L. formavano una coppia anziana …. Giulia riprese così a mangiare con più affiatatissima e molto simpatica. gusto e, in collaborazione con la dietologa, le fu fatta seguire una dieta personalizzata …. La signora Giulia all’epoca aveva che le permise, dopo trent’anni di insulino ottantaquattro anni, il marito Carlo –dipendenza, di curare il suo diabete con ottantasei, ma era arzillo, molto attivo ipoglicemizzanti orali. nonostante l’età, lucido, con una memoria Carlo e Giulia si erano affezionati sempre di ferro e dotato di pazienza e rispetto nei più a noi, lo facevano capire in mille confronti degli altri e della moglie. modi. Lei, in particolare, come messaggio in codice usava indicare l’orologio alla …. Carlo si riprese e aggiunse che gli unici parete, per esprimere il suo piacere a parenti rimasti erano lontani cugini della trascorrere con noi il primo momento a moglie perché lui era stato abbandonato alla noi disponibile. In quei momenti, Carlo nascita e affidato, nel corso della sua infanzia, ci raccontava dei tempi difficili della sua a diverse famiglie con le quali, però, non infanzia, che lo vide crescere in famiglie aveva mantenuto alcun contatto, in quanto approfittatrici, le quali lo accoglievano gli ricordavano solo botte e umiliazioni. solo per avere il sussidio dello stato finché, grazie all’interesse di una maestra fu, in età scolare, messo in un istituto dove la sua vita divenne migliore. Raccontava: “È duro da piccolo vedere che nessuno ti sorride mai, che nessuno si interessa a te, che il tuo letto non differisce dal giaciglio del cane, che nessuno ha cura di te, né della tua pulizia, né del tuo tori e a r e mangiare”. tar i op No mo diven olo ia im poss e uno st per t alla vita …. Carlo e Giulia avevano trovato nella nostra casa di riposo la famiglia perduta troppo prematuramente e nelle operatrici sempre disponibili uno stimolo alla vita. Angela Amerio Casa di Riposo V. Ravone, S. Stefano Belbo (Cn) 64 Erika Morettin Casa di riposo E. De Gressi, Fogliano Redipuglia (Go) Un’amicizia speciale …. Lo scrittore prese in simpatia Dino perché era stato l’unico con cui aveva parlato quella sera che non gli avesse chiesto del suo altipiano. I due continuarono a discorrere, trovandosi in grande sintonia, fino a quando Rigoni Stern invitò Dino ad andare a caccia con lui la mattina seguente sull’altopiano di Asiago. …. La giornata di caccia portò due coturnici nel loro carniere, ma soprattutto formò un’amicizia. Dino ricorda come lo scrittore gli chiese di non parlare del suo altipiano, egli ne era gelosissimo e temeva l’invasione dei cacciatori. Al termine della giornata, Rigoni Stern gli regalò un suo libro con una dedica per il figlio. …. Dino mi confessa quanto sia stato doloroso apprendere della morte dello scrittore che, però, se ne è andato lasciando a noi tutti i suoi capolavori e a lui il ricordo di un’amicizia speciale. Antonella Remotti Opera Don Guanella, Como 65 La tua vita con noi …. Le testimonianze descrivono ciò che avviene quotidianamente o straordinariamente in una casa e o, che n n a f m cosa ano, co di e h C sa prov i ospiti co ono gl iposo agisc casa di r una di riposo. Leggendole, si coglie il rapporto fra ospite e ambiente in cui vive. Gli episodi sono come i pezzi di un puzzle: singolarmente offrono una visione parziale della vita in struttura, nell’insieme danno un quadro completo e vivo della situazione. Un momento davvero speciale …. ricordo ancora molto volentieri il sorriso pieno di gioia che ho ricevuto, nel giorno successivo all’Epifania, da un’ospite, per un gesto di per sé semplicissimo, ma che per Lei è risultato molto importante. …. La signora Nerina, questo è il suo nome, si è integrata molto bene e siamo per lei una seconda famiglia. Le piace informarsi su come stiamo e partecipare alle nostre gioie e ai nostri dolori, come una vera amica. Il 6 gennaio sembrava un giorno normale, invece è diventato un giorno speciale. Verso le 13:45, dopo essermi cambiata, sono scesa per riporre la borsa in sala pausa e andare a leggere le consegne; appena arrivata in corridoio, le colleghe del turno di mattina hanno radunato tutto il personale, dicendoci di andare nella stanza della signora Nerina, la quale ci attendeva con una sorpresa. Arrivate in camera, siamo rimaste piacevolmente colpite quando abbiamo visto come si era, di sua iniziativa, travestita da “Befana”, in un modo molto originale e simpatico, tutto questo è stato strabiliante per me perché mi ha fatto capire che, nonostante le sue condizioni, ha uno spirito energico e tanta voglia di vivere. Rita Sarti Casa di Riposo S. Giorgio, Casale Scodosia (Pd) 66 Norina e il suo papà …. Faceva ogni sera una piccola valigia improvvisata, annodando le federe e le lenzuola, e dentro metteva alcuni oggetti, l’indispensabile per un piccolo viaggio: una mela, il pettine, un po’ di biancheria, il messale, una coroncina per dire il rosario. Diceva, con una vocina infantile “Ho due belle notizie da darti” disse che stupiva di veder uscire da quel corpo Tiziana, mentre si accingeva a dare lo stanco e rugoso: “Aspetto mio papà, che smalto alle unghie di Lorena; “la prima, la una di queste sere verrà a prendermi. Io più incredibile, è che mi sposo; la seconda, lo so, lo aspetto”. Parole senza senso. Gli tieniti forte, è che avrei piacere di averti fra operatori, con affetto dicevano: gli invitati”. “Poverina… pensa di essere piccola… Subito Lorena scoppiò in una delle sue sono ricordi dell’infanzia”. fragorose risate, contagiando anche Una sera era particolarmente agitata e l’operatrice, famosa per il suo modo di diceva: “Stasera viene il babbo, stasera ridere; e così tutto il reparto venne in un viene…”. attimo a conoscenza della notizia... Lorena Al mattino salgo in reparto per la consueta non disse una parola, ma del resto non lettura delle consegne e una operatrice mi parla da anni! raggiunge e, con voce sommessa, mi dice: Da quando una trombosi cerebrale l’ha “Stanotte il Babbo di Norina è venuto a resa muta e tetraplegica. prenderla”. Invito a nozze …. Dopo tante, doverose prove, Lorena si è vestita in bianco! Sta dispettosa! Riassumendo: la sposa indossava un vestito rosso e un tena lady. Lorena un vestito bianco e bianco era pure il pannolone! (Foto delle nozze a pagina 41). Barbara Stefanini Azienda Sociale Sud Est, Langhirano (Pr) Marilena Rinaldi Fondazione Visconti Venosta, Grosio (So) 67 Aldo e sua moglie Colomba Da molti anni, Aldo e sua moglie vivevano insieme in una piccola stanza a due letti, presso la nostra Casa Protetta. Aldo era un uomo alto, distinto, fiero, nonostante la grave malattia: era “all’antica”, deciso, determinato, autoritario con tutti, anche con la moglie, ciò da sempre. Neanche la demenza, che stava cercando di erodere giorno dopo giorno la sua fierezza, lo aveva potuto cambiare. La moglie gli era sempre accanto e voleva occuparsene personalmente. Ma una brutta notte, senza nessun segnale, lei, improvvisamente, se ne andò nel sonno. Che dire ad Aldo? Si decise di non dire nulla, con il pensiero che non si sarebbe neanche reso conto dell’accaduto. Così avvengono i funerali e la vita, per così dire, continua. La sera stessa Aldo viene trovato sdraiato nel letto che, fino a pochi giorni prima, aveva occupato la moglie. Le operatrici gli chiedono: “Cosa fa, Aldo?”. Lui, serissimo, risponde: “Quando la mia Colomba torna, mi trova qua. Prima o poi dovrà ben tornare”. Veronica Tomozei Azienda Sociale Sud Est, Langhirano (Pr) o arat p m i o i, Abbdiaamccettarrcci, a a orta ne p p o e as rci b vole Dina è scontrosa Dina è con noi da qualche anno, è molto taciturna e, a volte, un po’ scorbutica. Un sabato pomeriggio l’ho accompagnata insieme con altri ospiti alla Messa che si svolgeva in struttura. Lì le si è avvicinata una persona del suo paese che le ha detto: “Dina! Sono venuto a trovarla, ma soprattutto a ringraziarla per tutto il bene che ha fatto a me e a tante altre persone”. Sono rimasta molto colpita e, da allora, dentro di me la chiamo “Dina dal cuore D’oro”. …. Quello che mi ha colpito in particolare è stata la reazione di due persone: Carlo e Carolina. Entrambi, nella prima fase della loro permanenza presso di noi, rifiutavano spesso di mangiare: con naturalezza e dignità dicevano di non avere i soldi per pagare. Sicuramente queste persone hanno conosciuto, forse in gioventù, una grande povertà e il duro lavoro. Forse ciò li ha resi forti e così stanno affrontando nello stesso modo la loro vecchiaia. Avranno pensato di essere in un lussuoso ristorante? Chissà! Il loro appetito e il solo sorriso tornava quando noi, stando al gioco, rispondevamo che i loro parenti avevano già saldato il conto anticipatamente. Carmela Ariosto Azienda Sociale Sud Est, Langhirano (Pr) Giuseppe Sale Azienda Sociale Sud Est, Langhirano (Pr) 68 …. Nel mese di ottobre dello scorso anno, siamo stati invitati dal comune di Montespertoli a partecipare alla “raccolta delle olive” insieme ai bambini della scuola del paese. L’entusiasmo di alcuni anziani è stato tanto, ma soprattutto lo è stato quello di una signora residente nel nucleo polivalente con diversi problemi di salute, in particolare problemi legati all’apparato muscolo scheletrico, a causa dei quali, da diversi anni non deambula, ma è seduta in carrozzina. I dubbi degli operatori sono stati tanti: come non fare partecipare una persona che “decanta” sempre il lavoro nel campo che, a suo dire, ancora oggi è il lavoro “più bello del mondo”? Come non far partecipare una persona che, durante l’intervista annuale per la programmazione delle uscite e delle gite, dice sempre che “il campo” è l’unico posto dove vorrebbe andare? Come non far partecipare una persona che dice che tornare a raccogliere le olive, vendemmiare, zappare e vangare sarebbe l’esperienza più bella? …. La signora è pronta e piena di aspettative, emozionata! ici: ha am n o n ti e paren a h n io nio no le ed ento a o t d n e A p t “ s noi. o in o molto con t o l a t o s s è ra ha mente arlo. E re a Ultima data a trov i esse n d a a o r n b so o: em a dett i! Mi s e mi h ello vedert b o (Pr) “Che ghiran n a L , t . ud Es casa” iale S ntonio A …. Ci organizziamo, cerchiamo l’albero e il posto più accessibile alla carrozza della signora, più idoneo alla situazione. Lo troviamo! E, con molta fatica e cautela, la signora è finalmente sotto l’ulivo! Inizia a guardarsi intorno come per “mettere a fuoco l’obiettivo”, sofferma il suo sguardo varie volte sul paesaggio che le sta intorno come per acquisire e assorbire il più possibile e poi… con un po’ di fatica, allunga le braccia e le sue mani scelgono i rami migliori, quelli più pieni di olive! Finalmente inizia la raccolta. Ha un’espressione diversa dal solito. È soddisfatta! Più olive raccoglie e più diventa attiva. Nonostante lo sforzo e la posizione seduta poco compatibile con l’attività, le braccia e le mani riprendono padronanza e i movimenti diventano via via più sicuri… senza incertezza, sembrano ritornati al passato! ienda ez Az ia Jer Cecil Soc ne re è... o i s s a ssiste la pdi a tto io, Galle Giorg Clara Riposo San i ) Casa d codosia (Pd S le Casa ni ni... ma le e ma n o ... c ra le tu t Angela Donzella Casa di Riposo S. Maria della Misericordia, Montespertoli (Fi) 69 Marianna Borella Casa di Riposo, Brembate (Bg) o sei un a n o in sei un di : e Peranlo u unq ognosa qu s e na bi i e di cur o s r e p zion atten Si chiama Rosa, ma noi l’abbiamo sempre chiamata Rosellina, una ragazza cinquantenne rimasta bambina perché così aveva deciso il destino. Educata, gentile, affettuosa, sapeva farsi amare per la sua spontaneità. Coccolata dalla sua famiglia e da tutte noi, è stata anche invogliata (un po’ costretta) a imparare a colorare e poi a scrivere. Si impegnava al massimo per riuscire in questo intento, anche perché non aveva il comando totale delle braccia, e quando riuscì a ottenere i primi risultati fu (noi più di lei) veramente felice. Veniva portata alle gite, partecipava a tutte le attività che le venivano proposte, le piacevano le collane che voleva fossero abbinate al colore degli abiti e noi stavamo attente che le piacessero. Faceva merenda con i dolcetti che le portava la sua mamma e noi facevamo finta di non vedere perché Rosellina era “fuori peso”. Un giorno ci colpì il suo sorriso. Non era spontaneo, era spento e velato di malinconia. Anche il colorito della cute, sempre roseo, cambiò e divenne opaco. Lei non sapeva spiegarci come si sentiva e solo dopo alcuni accertamenti medici scoprimmo che il male del secolo si era annidato in lei…. Elena Ruffanello Residenza per Anziani O.A.S.I., Biella 70 A Emiliano …. Lavorare di notte in corsia ha una dimensione diversa rispetto al giorno. Lavorare nella penombra delle luci notturne, nel silenzio profondo, nell’odore profumato di farmacia ha un suo fascino. Quello che si sente è lo scatto delle pompe per la nutrizione artificiale, il respiro, il russare, le parole… …. A volte mi metto nei loro panni e penso: “Come farei ad aver caldo se non riesco a coprirmi? Come farei a prendere la bottiglia d’acqua se la mano è tremolante?”. Allora qui entra in gioco il ruolo dell’operatore socio sanitario. Assistere significa stare vicino a, rispondere a un bisogno o più bisogni... …. Così quella notte coprii tutti i miei malati, accarezzando loro la fronte. Chi rispondeva con un lieve suono, chi, profondamente addormentato, rispondeva con un leggero sogghigno, qualcun altro apriva gli occhi e rispondeva sorridendo. Chi vegliava su di loro quella notte era passato. Ognuno di loro si sentiva protetto, tranquillizzato, perché la notte non era solo. Questa è la prima vittoria dell’assistenza. …. Ricordo la mattina in cui Emiliano arrivò nella nostra Casa di Riposo. Era primavera ed Emiliano arrivò in barella con operatori dell’ospedale. Fu trovato riverso in casa con perdita di conoscenza.. …. Emiliano ci ascoltava attentamente, ci seguiva con gli occhi, ma rimaneva in silenzio. …. Emiliano aveva coltivato i vigneti per tutta la sua vita, era un profondo conoscitore delle api, erano le sue amiche. Aveva un alveare di api che producevano miele che vendeva in tutta la valle. Ammirava la sua valle e, a volte, anche da giovane si isolava con il suo cavalletto e i suoi pennarelli, amava dipingere. …. I gesti d’amore di tutti noi operatori socio sanitari lo coccolavano, la tenerezza, l’empatia erano di grande valore, e questi gesti d’amore allungarono la sua vita! Poi divenne allegro, cooperava bene con noi. A volte si rideva perché tentava di ballare con qualcuno di noi, essendo stato ballerino da giovane. Emiliano, nei giorni di festa, non dimenticava mai di aggiungere il papillon al suo abbigliamento! Era bello, simpatico. Abbiamo tutti un bel ricordo di lui! Stefania Guereschi Casa di Riposo E. Biazzi, Castelvetro Piacentino (Pc) 71 …. Parlare dell’anziano e della sua vita in casa “I nostri grandi”: legati al passato, ma aperti al presente… di riposo significa capire quello che prova nelle sue condizioni e intuire quello che potrebbe essere fatto per migliorare la sua situazione. Gli operatori elaborano racconti e progetti che, partendo dall’analisi dei bisogni degli ospiti, suggeriscono forme di cura, di organizzazione e di presa in carico diverse. Queste testimonianze provano che anche con i piccoli gesti si può fare molto. andi gr e i ol e Picco tti chrare il e g o pr migli ’ospite o n l possossere del e ben Le nostre idee per farti stare meglio 72 …. Consideriamo l’assistenza come quell’insieme di azioni che favoriscono, non solo la salute, ma il concetto ben più ampio di benessere: il benessere, infatti, non è solo assenza di malattia, ma fa riferimento alla qualità della vita di una persona. Per questo l’assistenza diventa veramente preziosa se sa essere attenta al vissuto, al passato, ai pensieri, alle emozioni, agli interessi, all’ambiente della persona anziana. …. Pensiamo che l’inserimento in una struttura protetta non debba significare la chiusura verso il mondo esterno e verso il passato, ma la nuova vita comunitaria, alla quale spesso è tanto difficile abituarsi, può aprire nuove opportunità, nuove esperienze e conoscenze, grazie alla predisposizione di spazi di incontro adeguati. …. La città di Schio ha festeggiato nel 2007 i 250 anni del lanificio Conte con una serie di appuntamenti ed eventi che dimostrano l’importanza dell’industria tessile del nostro paese. E chi più dei nostri anziani sa cosa vuol dire lavorare duramente in tessitura e in lanificio?? Così non ci siamo limitate a organizzarci per portare gli anziani alla rievocazione storica e alle mostre (un vero spettacolo la nostra sfilata in centro con 20 carrozzine e relativi accompagnatori!!!), ma abbiamo sfruttato i talenti e la creatività di Lionella, per poter partecipare attivamente e “con le nostre mani” all’evento. i lizzo d i t u ’ l che iva one è iale interatt usto i z n i v ed con o gi “…. la agna multim o strument er il p l v una la ssa essere i ginnastica elle o d d p (LMI) nuovo tipo tenimento n per un e per il ma o l l cerve zioni. iale n ltimed mente sue fu u m a rta agn lla lav ossibile ce re a e i z p a …. gr iva (LMI) è sopite, ave lo tt as intera are facoltà l reale livel e i l d e, risveg ro chiaro nitivo olare d g a o u c q un nto tim adime eamente, s onio c e d i d rim an el pat mpor conte nimento d . te il man ivo residuo t t mente rto Intelle a l e r po ena o è all erso un sup p o c s v .... Lo iano attra o”. z at telli dell’an gico avanz p Mar s A o l o o nc Fi) tecn o Fra arno ( rd Berna e Vald Figlin …. Le nostre “grandi” donne per un mese hanno lavorato per i gioielli della regina. Una collana a tre giri e lo strascico fatto di tanti pon pon di lana gialli e rossi. Sono nati dei piacevoli momenti di incontro che ci hanno fatto uscire con la mente dalla casa di riposo. Pasqualina Lubrano Casa di Riposo La casa, Schio (Vi) 73 La nuova vita di Ines La cura con gli animali Ines è una signora di 87 anni, ospite della casa di riposo da circa un anno. È affetta da demenza. …. il rapporto tra l’anziano e l’animale da compagnia contribuisce a ripristinare, anche se in modo parziale e simbolico, i sentimenti di protezione e di cura. …. Ines parlava pochissimo e non interagiva con nessuno, nonostante venisse continuamente stimolata dagli operatori e dall’animatrice, che cercava di inserirla nelle attività di gruppo, durante le quali lei si isolava e alle quali non partecipava attivamente. …. Ma il suo sguardo non trasmetteva lo stesso messaggio! Infatti, era sempre attenta a tutto quello che succedeva intorno a lei, ascoltava e capiva… oi a o p rovare m i r P o a t ti far irem riusc odo per cora il m dere an i sorr affettuoso, qualche parola in più e così, pian piano, siamo riusciti a creare sempre più spesso momenti di dialogo in cui lei partecipava esprimendo anche il proprio pensiero. …. Così, ottenuto questo primo risultato, nei successivi incontri abbiamo aggiunto via via più persone, coinvolgendole in un lavoro di gruppo e cercando di farle interagire fra loro... …. Le venivano proposte delle piccole …. Inizialmente, ci siamo concentrate attività utili per la vita del reparto, sulla sua persona, cercando di stimolarla come piegare le manopole e le a mantenere attive le sue capacità mutande a rete, creando delle situazioni residue e, dopo un accurato lavoro e molto semplici di dialogo a due, per impegno da parte di tutta l’equipe, Ines permetterle di familiarizzare con noi e, …. Adesso Ines partecipa attivamente ha avuto un notevole miglioramento. a tutte le conversazioni e, quando ha quindi, di acquistare fiducia in noi. Infatti, aveva ripreso a camminare con voglia, esprime i suoi pensieri. A volte l’aiuto di un deambulatore e collaborava …. Infatti, il suo atteggiamento nei lo fa, anche se non le viene richiesto, attivamente durante le attività che magari quando stiamo parlando con un nostri confronti cambiò notevolmente riguardano la cura della sua persona. altro ospite. anche quando ci incontrava come Era molto più serena e, quando ci operatori: un sorriso, un saluto più avvicinavamo per farle assistenza o per Elena Quargnal, Maria Castrovinci, Rita Barone darle da bere, non era più infastidita, Casa di Riposo Valentino Sarcinelli, Cervignano del Friuli (Ud) ma anzi collaborava e ci assecondava. 74 …. l’idea era di inserire all’interno della struttura dei piccoli volatili da voliera, che avrebbero dovuto essere accuditi da alcuni ospiti selezionati. …. l’anziano avrebbe avuto la possibilità di sentirsi nuovamente utile... …. gli obiettivi iniziali non sono stati raggiunti in quanto l’interesse degli ospiti per la cura degli animali con il passare del tempo è venuto meno... …. mi è stato proposto di riprendere questa attività... …. faccio notare agli ospiti che la gabbia è aperta e chiedo loro di controllare i movimenti dei piccoli amici, poi mi allontano e lascio che la situazione si evolva da sola. Maria …. è stata per me una sorpresa vedere quanto questi animali riescono a fare con ospiti apatici, sonnolenti, disinteressati a qualsiasi cosa per tutto il giorno. Gli utenti prendono coscienza di quanto si sta facendo, provano interesse e attenzione, comunicano con questi piccoli animali con un linguaggio verbale carico di affetto e dolcezza, fanno attività motorie perché li accarezzano e li portano a passeggio per la struttura... i capell i, n o c urr ora a sign di occhi azz ni n u è a “Mari ssimi e gran ti, ha 99 an a i ll en c bian h si e intellig rtroppo, ne o u i silenz idissima. P mate tante m uc ed è l si sono so a nessun a h co: t i sua v ie è lei non do al medi ni e z i o disgra in vita. Ch sue condizi o e n t e a n pare me sta?. L ccorso er o o se: “Ma c in Pronto S edico rispo io all’inv to gravi. Il m che vuole s ce piutto ene, ma di . b ” “Non a Casa sua Sale e r ppina torna r) Giuse ano (P cia da So Azien ghir t, Lan Es le Sud …. a qualcuno potrà sembrare poco, a qualcuno potrà sembrare superficiale e inutile, ma vi garantisco che non è nulla di tutto ciò. È grandioso vedere il sorriso sulle labbra di chi sorride ormai troppo poco o sentire una parola da chi parla ormai troppo poco o vedere nascere un barlume di interesse in chi ormai non ne ha più da tanto tempo. Enrica Macagno Casa di Riposo D. G. Peirone, Peveragno (Cn) 75 I nostri ricordi ritrovati Se la memoria, quel filo sottile che ci lega al passato, viene a mancare ci sentiamo smarriti… i nostri principali riferimenti se ne sono andati e il rischio maggiore è quello di perdere anche una parte di noi, grossa o piccina che sia… E allora che fare? Dobbiamo sforzarci di ricordare, concentrare le nostre energie nel ricordo. Spesso, con calma e con qualche aiuto, possiamo riuscire a intrecciare il nostro filo sottile e compiere il miracolo del ricordo ritrovato… i ccol i p i n re he cosiamo fa c n A ti pos nza e ges differe la rti aiuta 76 Ricordare, sforzarci di ricordare… appunto, recuperare quel bene prezioso che è la nostra memoria, il nostro passato, fatto di momenti speciali e di quotidianità: questo è il percorso che la nostra struttura, attraverso le risorse e le caratteristiche del reparto Gardenia 2, ha deciso di intraprendere, dando origine al progetto che è sfociato nella pubblicazione “Le ricette del gardenia, gusti e sapori di una volta. Il cuore e la mente ricordano antichi gesti in cucina”. Che cosa ha significato? Valorizzare, come un’eredità preziosa, la memoria di ricette della tradizione dei nostri anziani. Si è tenuto conto di diversi fattori: della memoria parzialmente conservata, del fatto Coltivare il desiderio che è un reparto femminile, della cultura e dei luoghi di provenienza delle ospiti e anche delle situazioni sociali ed economiche in cui sono vissute. Le persone coinvolte nel progetto hanno mostrato da subito molto interesse nel ricercare un passato ricco di affetti, di tradizioni, di sofferenze. Spesso, durante l’attività, sui loro volti si potevano leggere tanti sentimenti: sogni, nostalgia ed emozioni che solo la sensibilità femminile sa esternare. Le ospiti del reparto, com’è emerso da queste storie di percorsi a ritroso nel tempo, si accontentavano di poche cose: il fatto di cucinare nelle festività qualche piatto gustoso per i loro famigliari le rendeva felici ed appagate. Ed ecco che, dopo il ricordo, abbiamo sentito il bisogno di riportare queste ospiti a ritrovare le emozioni simili a quelle provate a quei tempi: preparare nuovamente quei cibi, tutte insieme e in armonia. Per fare tutto questo abbiamo scelto l’angolo più luminoso della stanza vicino alla cucina del reparto, che ci è stata messa a disposizione dopo che anche i responsabili hanno riconosciuto la validità del progetto presentato. Il loro entusiasmo è veramente tanto, così come l’attenzione e la capacità di decidere, in piena autonomia, la qualità e la quantità degli ingredienti per la realizzazione dei piatti che, di volta in volta, vengono suggeriti dalle stesse ospiti nell’ambito del settino allestito dall’animatrice. Infine, ecco giunto il momento del convivio. Prepariamo i tavoli nella sala animazione con tovaglie colorate e allegre: tutte le ospiti aiutano e anche gli operatori sono in fermento. Questo momento, di per sé semplice, si trasforma a ogni occasione in una bella festa, al punto che alla fine vengono intonati canti popolari, che allietano il clima già gioioso del momento. Alcune volte, partecipano all’occasione anche i parenti! Tutti siamo orgogliosi, abbiamo superato un traguardo che ci sembrava impossibile, anche solo da raggiungere!! Le ricette gustose e condivise sono quelle recuperate dal cilindro della memoria, quelle originali, fatte come un tempo, con ingredienti semplici e tanta semplicità! Siamo soddisfatti, tutti quanti, ma... ecco spuntare un’altra idea: realizzare una raccolta da tramandare. Una cosa semplice, con fotografie a corredo, che documentano i momenti più importanti e significativi. A questo aggiungiamo anche un segnalibro colorato realizzato con pazienza dalle nostre ospiti con filo di cotone intrecciato e relativa pappina. L’opuscolo è pronto. Opuscoletto ci domandiamo: per noi è il più bello del mondo!!! È stato un successo: è piaciuto a tutti i responsabili che, sull’onda dell’entusiasmo, pensano di farne un ricettario ”vero” e di donarlo a parenti e ospiti in occasione delle feste natalizie. Che gradita sorpresa!! È vero, le difficoltà sono state tante, ma è bello superarle, avendo davanti gli obiettivi chiari e finalizzati. Il primo, quello di rammentare, ricostruire, ricordare con le nostre fantastiche anziane, poi quello di sperimentare e cucinare, assaggiando i nostri manicaretti. E ancora avanti, riscrivere con una nuova grafica, impaginare e rilegare, coinvolgendo nei diversi passaggi le nostre antiche cuoche. Francesco ha 83 anni. Frequenta il laboratorio espressivo da quasi due anni. …. ricordo il primo dialogo avuto il giorno del suo ingresso, quando gli chiesi se aveva qualche interesse particolare per il tempo libero. Francesco rispose quasi subito “la musica”, ma poi aggiunse anche “fare qualcosetta”, senza ben specificare cosa... …. è stato attraverso il canto che Francesco ed io siamo entrati in empatia. Da cinque anni ogni settimana nella residenza facciamo animazione musicale. Si tratta di un gruppo di canto da me condotto, accompagnato con la chitarra. Patrizia Musso Opere Pie Droneresi, Dronero (Cn) Qualcuna sferruzza ancora e, con gesti ritrovati, annoda altri fili e crea la cordicella che serve da segnalibro… Lorena Masarati e Nilla Cella Casa di Riposo Borgonovo Valtidone, Borgonovo Valtidone (Pc). Prima classificata categoria “Miglior idea nuova di assistenza” 77 Mariella Bulleri Fondazione Chiarugi, Empoli La serenità della signora Giuditta Sempre più spesso nelle nostre R.S.A. si sente parlare di “qualità nell’assistenza” o di metodologie innovative nella cura e nell’aiuto alla persona non autosufficiente. Così, quasi per gioco, proviamo a chiedere agli ospiti della nostra struttura come vorrebbero che fosse la nostra casa, cos’è che vorrebbero cambiare, cosa desidererebbero. Diciamo loro di sentirsi liberi di spaziare con la fantasia, immaginando per un attimo di poter percorrere assieme un sogno: il sogno di una giornata tipo di una persona non autosufficiente, che si trova in una struttura protetta. Ne nasce un racconto prezioso, elaborato insieme in gruppo, ricco di spunti interessanti e di desideri, che non sono così lontani, o irrealizzabili. La signora della nostra storia fantastica abbiamo deciso insieme di chiamarla Giuditta. Giuditta, madre di tre figli, da tempo è costretta in carrozzina, per un sopraggiunto deficit deambulatorio importante. Anche la sua memoria, con il passare degli anni, inizia a farsi più debole, dimentica le cose e si fa portavoce delle stesse frasi ripetute molte volte durante l’arco della giornata. E così i figli, dopo essersi a lungo 78 consultati, decidono di accompagnare la mamma alla residenza sanitaria “Villa Serena”. Si tratta di una struttura familiare, che accoglie quindici ospiti, immersa in un meraviglioso parco, tra distese di campi, fiori, aiuole e animali. La natura fa da regime e da corona a questo paesaggio. Sono le ore sette e la giornata di Giuditta inizia con un bel buongiorno dell’operatrice Grazia, che accompagna il saluto con un gustoso caffè. Giuditta gradisce riposare ancora un poco e chiede a Grazia di poter essere alzata verso le otto. Grazia, prima di allontanarsi dalla stanza, accende il registratore, con la musica preferita da Giuditta, una musica soave e leggera, che dà energia e crea una piacevole atmosfera di tranquillità: la musica del buon risveglio. Così, Giuditta osserva la propria stanza, il quadro che in giovinezza aveva acquistato con il marito a Venezia, il divano sul quale con lui aveva passato le lunghe serate d’inverno, davanti alla televisione o dialogando, il grande specchio della mamma e, immersa in questi pensieri, si lascia trasportare con serenità nei ricordi passati. Assieme a Grazia, Giuditta sceglie il vestito a fiori da indossare e, una volta accompagnata in sala da pranzo, saluta con piacere le compagne. Giuditta oggi non ha voglia del solito caffè latte e chiede di poter avere una spremuta di arance assieme a due biscotti. La giornata è meravigliosa, un sole caldo già dal primo mattino invita a uscire e a respirare un po’ di aria buona, così Giuditta, Martina, Gloria e Gilda chiedono di poter essere accompagnate nel parco. Grazia e Gioia soddisfano il loro desiderio e, assieme a loro, percorrono i bellissimi viali in campagna. Gli animali al pascolo danno una genuina serenità alla mattinata. Di tanto in tanto, tutte insieme si riposano sulle molte panchine tra gli alberi. Giuditta e le sue amiche raccontano le proprie esperienze di vita, della fatica della campagna, delle loro passeggiate d’amore, cose sentite e risentite molte volte, ma che Grazia e Gloria ascoltano ancora, con l’entusiasmo e la partecipazione della prima volta. Grazia ricorda a Giuditta che è arrivata l’ora della fisioterapia e che sarebbe meglio rientrare in struttura. Ma il viso di Giuditta in quel momento spiega e delinea la poca volontà di addentrarsi nel percorso delle parallele della palestra che, seppur belle, sono tanto distanti dall’atmosfera naturale di quel luogo. 79 Grazia e Gioia, quindi, decidono di soddisfare il bisogno del momento di Giuditta e, sostituendosi alle belle parallele della palestra, tenendola una per una mano e una per l’altra mano, percorrono insieme la strada che costeggia il piccolo laghetto del parco. Il passo di Giuditta sembra più sicuro e, allo stesso tempo, più morbido e addestrato del solito. Dopo alcune pause, raggiungono nuovamente la carrozzina e le altre compagne: gli occhi di Giuditta delineano la gioia di aver “deambulato” sulla strada del laghetto, con la compagnia delle oche, intente a rincorrersi nei loro giochi d’acqua. Un percorso semplice, ma ricco di emozioni e sentimenti. È l’ora di pranzo, che oggi esula dai canoni comuni del refettorio. I cuochi della casa hanno cucinato, tra le fresche frasche del giardino, una gustosissima polenta, accompagnata da formaggio, crauti e salamino abbrustolito alle braci. Tutti si accomodano su un grande tavolo di legno, nel mezzo del giardino, per assaporare insieme il buon pranzo. È un momento lieto e sereno. Al termine del pranzo, Giuditta gusta volentieri il proprio caffè con la grappa. Giuditta non è solita mettersi a letto per 80 il riposo del pomeriggio. Ama trascorrere dei momenti di relax in poltrona, ascoltando il telegiornale delle 13:00, o sfogliando qualche rivista. Oggi, però, chiede di potersi sdraiare un po’, con l’aiuto di Grazia e Gioia, sull’amaca del grande giardino e di poter ascoltare i suoni e le melodie del parco. È un insieme di colori e sensazioni che la fanno star bene. Nel pomeriggio Giuditta si fa accompagnare al cimitero del paese dall’operatrice Bella. Con loro va anche la compagna Leonia. Emilio, il marito di Giuditta, è sepolto nel piccolo cimitero e, spesso, riceve la visita della moglie, la quale, oltre a una preghiera, porta dei fiori profumati. Anche oggi Giuditta porta in dono dei fiori di campagna, che durante il percorso in carrozzina ha scelto e raccolto dai prati, con l’aiuto di Bella. Una preghiera alla chiesetta del paese e quindi il ritorno a “Villa Serena”. Durante il rientro, Giuditta riceve il saluto di molte persone del paese; poco più avanti, passando davanti alle scuole, incontra molti bambini, che stanno spensieratamente giocando a pallone, prima dello studio pomeridiano. Giuditta, Bella e Leonia si siedono per poco a osservare con gioia questi semplici e naturali giochi. Anche molte mamme stanno passeggiando con i loro bambini più piccoli nelle campagne e l’incontro con loro, un piccolo dialogo, un sorriso rendono piacevole e felice il pomeriggio. Ecco il ritorno a Villa Serena. Ad aspettarle le altre compagne, con l’operatrice Vita, che hanno preparato insieme una profumata torta per la merenda. Martina e Gloria, con l’aiuto dell’operatrice Stella, hanno preparato gli ingredienti, Gilda ha sbucciato le mele, i e qu h c emmoi sentissi rr o V n noi t uro, co ice, sic fel nquillo tra Onelia ha preparato il caffè. La merenda viene servita sulla veranda della casa e stare uniti fa provare una piacevole armonia. Oggi nella stalla dell’amico Marco, lì vicino, è nato un bellissimo capretto e tutti insieme decidono di andare a fargli visita. Si è già alzato, è molto vispo, scodinzola felice la propria coda. Giuditta, con l’aiuto dell’operatrice, entra con la carrozza vicino al capretto e Marco lo pone proprio sulle sue ginocchia. È un piacere per lei accarezzarlo: viene trasportata con i ricordi a quando era bambina e l’emozione le fa scendere sul viso qualche lacrima di nostalgia. Marco è orgoglioso della propria stalla, ne parla con entusiasmo e tutti lo stanno ad ascoltare attentamente. Marco regala loro due litri di latte fresco, appena munto, che tengono stretto stretto, come un regalo prezioso. Lo portano con gioia nella loro cucina e chiedono di poter avere per la sera “riso e latte”, il piatto dei ricordi, che un tempo era alla base del pasto serale. Bella informa Giuditta che quella sera sarà a cena con loro anche suo figlio Umberto, che passerà a salutarla. La sala si riempie di luce e di colori e Giuditta inizia a parlare con entusiasmo delle qualità del proprio figlio. E in un attimo, tutti insieme, in un’atmosfera di felicità, intonano in melodia, la canzone ”aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più”. La cena passa serenamente, in un clima di amicizia, Umberto ha portato per loro un buon vinello toscano, che assaporano con piacere. La giornata è passata velocemente e sono già le sette di sera. Umberto accompagna la mamma nel salottino adiacente la sala da pranzo e, assieme, si fermano a parlare davanti al caminetto scoppiettante. Giuditta racconta nuovamente delle sue serate passate e i pensieri si incontrano in questi giochi ripetuti di parole. È l’ora della camomilla che bevono assieme con gioia, sorseggiandola con piacere. Umberto quella sera deve far ritorno a casa, lo aspetta una riunione in comune. Saluta la mamma, ma le promette che il mese prossimo potranno stare più tempo insieme perché si fermerà due giorni con lei, soggiornando nella stanza per i famigliari che la struttura ha messo a disposizione recentemente. È l’ora del riposo e Bella accompagna Giuditta nella propria stanza, la aiuta a prepararsi per la notte e la corica nel suo comodo letto. Poi Bella si siede accanto a lei e le legge il quinto capitolo de “I promessi sposi”, un libro a cui Giuditta è molto legata e che ascolta con piacere tutte le sere. Con la vecchiaia, i suoi occhi sono diventati pesanti e faticano a leggere e le sue mani, con difficoltà, riescono a muovere le pagine. Le sembra una favola poter avere una persona accanto che le racconta questa meravigliosa storia. Ogni tanto Bella si ferma nella lettura e insieme commentano con dolcezza i fatti. Ora gli occhi di Giuditta brillano di una luce misteriosa e la stanchezza della giornata sembra prendere il sopravvento. Una preghiera insieme, il saluto della buona notte e Giuditta entra nel mondo dei sogni. Chissà se il sogno che questa notte Giuditta farà potrà presto realizzarsi e se nella quotidianità delle persone anziane potranno entrare veramente queste piccole e grandi attenzioni, che riempiono le giornate dei colori più belli del grande Arcobaleno della vita. Buona notte Giuditta. Bruno Salvadei Casa di Riposo S. Vigilio, Spiazzo (Tn) Secondo classificato categoria “Miglior idea nuova di assistenza” 81 ve sti do ro o p i l lo ndo difica re anche i a o m , l a ssibile ne, cambi levassimo ure se o p e anzia do arebb e opp io, se “…. S le persone er esemp o principal ziani in mo P n z o e vivon rtamento? la da pran o per gli a che stanz t a t o e s c e ù p com one dalla anze da l etto, inve o agio, pi l r si st televi assimo le stanze da ro più a lo e c e pianifi brino ver on sarebb finite, tra n i o n m n e so nos che s edale, loro ? tegno ne e dalla s i l o p i s s c i o o ti d zio da ono iù d nti, p mbien immagina a dei casi s a e t n n i o a c tà nostr ioranz ssibili Le po solo dalla ella magg ole. agno, b l N v e t e . e a d a n gio rta ativ e il limit tà cre n costo ra er sulla po a da letto i c a di p ca ili a u di un wat a la stanz o dell’uso n b a z z i en e tr re u oto real re la f luminazion costano m er trattene e, e t t e h M p ’il he rare l no o c ione, occi c miglio sono appr di contenz ca del bag lternativa a i er bagno i o di mezz e erra in c ua toilette edifici nei s c h e e farma signore c ogita una pianificar ente, fors ”. a io sc ia lm vecch ancora, e inciassimo e gradevo asa propr c o r i m pegg ale. Se co ssono vive a sentirsi a g) n o orle (B G , t it r perso li anziani p veramente a tti Zav g li Capro o quali mo aiutar s o di Rip m Casa potre elotti na B Adria 82 Gli artigiani del cuore …. Cercavo da tempo qualcosa che desse nuovi stimoli alle giornate passate al centro con i miei ospiti; desideravo impegnarli in qualcosa che desse loro motivo di ritornare con gioia al centro anche il giorno dopo; cominciai con l’idea di realizzare degli oggetti fatti con le nostre mani, era un’attività nuova, non solo per i miei ospiti ma anche per me, la proposi comunque e le reazioni furono diverse: Sara, sempre molto entusiasta e contenta di tutto quello che si proponeva, disse subito… “ah... sì io ci sto!...“. Le altre, invece, rimasero perplesse perché non capivano cosa dovevano fare e come poterlo fare. Come inizio cercai di realizzare una piccola scatola rivestita di carta colorata, piacque subito a tutti... …. Ogni giorno era una sfida, soprattutto per riuscire a trovare il giusto ruolo per ogni ospite: nessuno doveva sentirsi o restare escluso, ed era questa la cosa che più desideravo: c’era chi cercava sulle riviste delle immagini da ritagliare, scegliendo quelle che più gli piacevano o che avevano un significato, un ricordo; chi le ritagliava; chi colorava piccoli oggetti in legno; chi solo osservando partecipava con lo sguardo; qualcuno ci batteva le mani felice; qualcun altro cercava dei bottoni luccicanti e qualcun altro ancora girava intorno ai tavoli sorridendo e scuotendo la testa. …. Da questi apprezzamenti nacque un nuovo progetto concordato con la direzione: provare a vendere ciò che avevamo realizzato, facendo un banchetto natalizio; eravamo tutti motivati perché volevamo dimostrare la nostra bravura, ma non immaginavamo di certo quello che sarebbe accaduto. …. Il giorno seguente ci chiedemmo: “… Ma ora che ne facciamo del ricavato?”. E Sara, tutta contenta, esclamò: “Ma si spendono!”… Così tutti insieme cominciammo a pensare come poterli utilizzare… …. Intanto si avvicinavano le festività di Pasqua e pensai che si poteva riproporre un altro mercatino, così avremmo incrementato il ricavato tanto da poterci permettere una bella gita, magari di qualche giorno; certo che …. Una gita al mare era davvero una sfida ambiziosa, non era certo facile organizzare un soggiorno per i nostri ospiti e poter garantire loro sicurezza e assistenza al di fuori del centro stesso. tirti n e s evi oi Notnilde: siamoen non , t u i d in o enza no scop s , e u ch mmo e r v a agli ospiti questo sembrava proprio un sogno irrealizzabile… ma portai la loro attenzione sulla realizzazione di nuovi oggetti, come vasi di coccio e vetri da colorare. Questa volta, anche amici e parenti, saputo del nostro progetto, ci aiutarono... …. Arrivò Pasqua e il nostro mercatino fu un altro successo. …. Si parte!!! Per un po’ tutti rimasero in silenzio, anche Sara stranamente era silenziosa, ma poi arrivò il sole e qualcuno iniziò a cantare… “O sole mio…” e tutti finalmente liberammo l’emozione cantando in coro… …. Sulla passeggiata del lungomare ci sedemmo sulle panchine e restammo tutti lì a guardare il mare, in una silenziosa emozione che ci circondava; noi operatrici guardavamo i nostri anziani e i loro occhi erano così felici, ma nessuno diceva nulla, tutti ascoltavano il suono delle onde e respiravano il profumo del mare, c’era commozione e nessuno riusciva a parlare… …. Per un lunghissimo periodo il ricordo di quest’avventura rimase vivo in loro. Nelide Riccardi Fondazione La Pelucca Onlus, S. S. Giovanni (Mi) 83 “Figaro barbiere di qualità” Gabriella Vergari …. In quest’ottica, il gesto più semplice e l’azione più ordinaria possono trasformarsi in un momento qualificante della giornata e della vita di chi vede restringersi il proprio spazio psico-fisico, con un alto rischio di spersonalizzazione. Possono aiutare a percepire l’intera vita che queste persone hanno alle spalle non come “dietro di sé” ma come “dentro di sé”, in una sorta di continuum che restituisca la dignità minacciata dalla condizione del ricovero. “bottega” (non tutti si alzano allo stesso orario). Gli ospiti costretti a letto vengono rasati sul posto, grazie al carrello servitore che consente il rapido trasporto di tutto il materiale occorrente, all’inizio o alla fine dell’attività. Una di queste attività ordinarie è la rasatura della barba, attività normalmente inserita tra gli altri “adempimenti” di routine e percepita come tale dagli ospiti, che quasi la “subiscono” con indifferenza. L’idea di trasformare la rasatura in un momento di vita e cura di sé consapevole e gradevole alla stregua del “recarsi dal barbiere”, con le medesime implicazioni, come la socializzazione e l’inclusione in un ambito prettamente maschile, ha dato vita al progetto “Figaro barbiere di qualità”. …. L’intero nucleo, ospiti e personale, si è vivacizzato, tanto nell’aspettare quanto nell’umore. I nostri anziani si presentano alla “bottega” con l’atteggiamento proprio di chi va dal barbiere, qualcuno un po’ per gioco ma col gusto di farlo, altri sembrano aver preso il tutto molto seriamente. …. I gruppi di ospiti vengono suddivisi per giornata, anche su base volontaria, e inseriti nella lista “appuntamenti” nell’ordine in cui si presentano alla 84 …. La realizzazione concreta della “bottega del barbiere” è stata accompagnata da un consenso e una partecipazione collettiva che, da soli, sarebbero valsi la sua messa in opera. loro, non senza cortesia, sebbene tutti rimangano lì fino alla fine, quando tutti insieme, attorno a un tavolo, bevono il caffè d’orzo e si guardano con reciproco apprezzamento, soddisfatti e sereni. Fondazione Casa Cardinal Maffi, Mezzana (Pi) i lo: c ti o s i e r Noon ns oi a tefnaerti siam ano e a la m orridere s Spero che tanto l’aspetto della cura e del benessere, dell’autoconsapevolezza associata a un’attività ordinaria riscoperta e vissuta non più con indifferenza ma attivamente, quanto l’aspetto della socialità, favorito da un contesto privilegiato e ben definito, si siano dimostrati la formula giusta per raggiungere l’obiettivo. L’esito del progetto, ora noto a tutti come “il Figaro, barbiere di qualità”, è più che positivo e gratificante. Rita Virginia Bettin Centro Servizi per Anziani A. M. Bonora, Camposampiero (Pd) A volte qualcuno si presenta e chiede di essere rasato anche quando non serve, ma accetta con rispetto quando gli viene detto che “non è il suo turno, l’appuntamento è per domani”. Capita che qualcuno del gruppo coinvolto chieda a chi viene prima di poter prendere il suo posto per “fare più velocemente” e che si scambino tra di 85 Emanuela Gambirasio Centro Don Orione , Bergamo Con la musica… per ricordare e continuare a sorridere …. La notte, dove tutto assume un carattere diverso. La solitudine che di giorno si cela tra l’assistenza e le cure, di notte, assume un carattere diverso. La solitudine che di giorno si cela tra l’assistenza e le cure, di notte, assume un carattere forte e impotente. …. Ed è proprio durante una di queste notti che ho pensato che bisognava fare qualcosa per alleviare la sofferenza e rallegrare le loro giornate sempre così uguali e molto spesso noiose. Ho studiato canto e pianoforte al conservatorio di Salerno, ho sempre insegnato ai bambini la propedeutica della musica, ma non avevo mai pensato di utilizzare la mia capacità e professionalità con gli anziani, soprattutto con anziani malati di Alzheimer. …. I modi e i mezzi che ciascuno di noi ha per comunicare sono molti e, indubbiamente, la parola è lo strumento più immediato ed efficace, ma la musica è una lingua universale, piena di significati, che non necessita di una cultura superiore per essere compresa. È un mezzo per comunicare emozioni e per costruire un ponte fra noi e gli altri individui. ò ta pu da s e u q n Per rtee una secuona esse sa e noi lia ca famig a v nuo …. L’obiettivo del coro era proprio quello di generare benessere, buon umore, uno stato d’animo gioioso e soprattutto far sì che non si sentissero soli. Fu così che iniziò la mia avventura con questi ragazzi non più giovanissimi e grande fu l’entusiasmo da parte di tutti gli ospiti coinvolti, grande la partecipazione da parte di tutti gli operatori e familiari, grande il coinvolgimento da parte di tutti. …. Sono passati sette anni dalla prima esibizione e, da allora, non sono mai diminuiti l’entusiasmo e la gioia di preparare ogni volta nuove canzoni da proporre. Patrizia Gesualdi Asp Giovanni XXIII, Bologna …. Fu allora che capii che la mia conoscenza musicale poteva essere d’aiuto a lei e a molti altri ospiti della struttura, fu allora che pensai di costituire un coro, per poter dimostrare come fossero ancora in grado di donare qualcosa agli altri. 86 87 Ri – cucire la vita… Giochi di movimento, tombola, indovinelli, pittura, lettura, ascolto musicale… e chi più ne ha più ne metta! Queste sono le attività “storiche” della nostra residenza; la selezione è avvenuta nel tempo in base all’interesse degli ospiti e alla loro reale partecipazione. Ma gioca oggi, leggi domani, gli entusiasmi si sono un po’ esauriti e si cominciano a notare le prime defezioni. Perciò, riunione strategica dell’equipe: come rinnovare le attività? Cosa proporre per rivitalizzare l’interesse? …. Una delle animatrici ha una proposta: il cucito. L’equipe è molto dubbiosa. L’attività appare “difficile”, la manualità degli ospiti è molto limitata, la vista è spesso ridottissima e il pericolo di un fallimento incombe. Ma in RSA siamo abituati alle delusioni e ai dispiaceri; spesso, a causa della gravità degli ospiti, l’impegno di tutti non è premiato e ogni giorno dobbiamo ricaricare le energie e ripartire a zero. Spiritualità come cura per le demenze …. Ho pensato di proporre agli ospiti del centro un momento spirituale. La …. E qui la prima sorpresa: Mario e Silvano risposta della fascia femminile è stata si propongono come aiutanti e collaborano immediata e positiva, anche perché la all’imbottitura con un impegno e una donna è tendenzialmente più predisposta volontà mai visti prima. alla spiritualità ma, con mio stupore, Le signore, invece, fanno a gara nel vero e trovai adesioni anche da parte di uomini proprio cucito; i loro volti attenti, concentrati, presenti al centro. Ci siamo avviati verso le mani fragili ma decise nei gesti, gli la cappella della struttura e abbiamo occhiali ben piazzati sono una visione di iniziato il momento di spiritualità. una tenerezza struggente che commuove operatori e parenti. …. All’inizio si affacciano timidamente nel salone, così trasformato (è una questione di atmosfera…) da non sembrare lo stesso; poi cercano con gli occhi il proprio familiare: vederlo intento al lavoro, impegnato a fare “qualcosa”, serenamente, con la musica in sottofondo, dà conforto e serenità e riporta a un clima di casa dove ognuno è protagonista della propria vita. Ri-cucire la vita, ecco il senso di un laboratorio che nessuno si aspetta così proficuo. E le bambole rimangono, testimoni di un bellissimo momento, col loro sorriso sottile e il loro morbido cuore, il cuore di tutti noi. Servizio animazione Rsa Ledanice, Scandicci (Fi) 88 uò a si p are t i v Nelplrae migliormo sem i voglia e e no lo per t far “Grazie Vincenzo… di esistere! …. La preghiera è considerata come un viaggio, un evento quantistico che avviene nel cervello. Con essa si abbandonano i limiti dello spazio tempo e l’isolamento che è nel regno materiale, mettendo in pratica una delle leggi quantistiche più famose dell’universo, ovvero la non-località. …. Lo stare insieme, per gli ospiti del centro, è diventato strumento di aggregazione e dà loro la possibilità di essere protagonisti attivi, valorizzando l’identità di ognuno. Inoltre, gli stessi ospiti nell’ora prestabilita chiedono di andare in chiesa in quanto il momento spirituale è diventato parte della loro quotidianità. Anche le attività più gradite non frenano il momento spirituale in quanto l’adesione è totale, all’unanimità. …. abbiamo potuto notare che dopo il momento di spiritualità i disturbi del comportamento (ansie, agitazioni, aggressività, depressione) sono diminuiti… Lucia Endrizzi Centro Villa Europa, Bolzano …. la nostalgia della sua terra era talmente forte che, nel momento in cui un nostro collega ha iniziato a parlargli in siciliano, i suoi occhi si sono illuminati e lui ha ritrovato qualcosa di sé... …. La felicità in un uomo passa anche dallo stomaco, per questo, abbiamo pensato a un tipico menu siciliano da proporgli in una domenica invernale. …. Eravamo sicure che si sarebbe ricordato di quel pranzo per molto e molto tempo. Dopo essere riuscite a fargli assaporare di nuovo le sue origini stimolandolo a livello di gusto e olfatto, abbiamo pensato che dovevamo stimolare anche altri ricordi e ciò che lui aveva ancora nel cuore e negli occhi della sua terra. Abbiamo scritto al sindaco del suo comune e, per posta, ci siamo fatte recapitare opuscoli e immagini del suo paese, per fare in modo che, attraverso le immagini, lui rivivesse i ricordi dei posti che gli erano familiari. Il risultato è stato un ritorno alla sua infanzia e a ciò che faceva quando era più giovane; ci ha raccontato di quando, con il suo gregge di pecore, andava al pascolo e di come aveva iniziato a fare il casaro. …. È sempre stato la mascotte del nostro reparto, vuoi per la simpatia e la sua vitalità – a dispetto di tutto – e ci ha regalato momenti bellissimi e vitali. Anche grazie a lui abbiamo capito che, anche se il nostro lavoro potrebbe risultare ripetitivo e fine a se stesso, con poco… con semplici gesti, riusciamo a ridare vita ed entusiasmo a chi assistiamo ogni giorno. Elena Paliaga, Giovanna Scifo, Paola Caruso Casa di Riposo Valentino Sarcinelli, Cervignano del Friuli (Ud) 89 i erso uo v a r t At enti del t o a m fram , impariammarti a to passa certi e ad s cono 90 91 gli operatori parlano del rapporto che hanno stretto con uno o più ospiti io e te È il momento delle emozioni e dei fermo immagine: gli operatori si concentrano su un filo ininterrotto, per descrivere il particolare rapporto che li lega ad un assistito. Sereni, travagliati, effimeri, concreti, complici, contrastati: i legami che si vengono a creare fra operatori ed ospiti non sono mai uguali, possono avere tante sfaccettature diverse, evolvere nel tempo, intensificarsi o sfilacciarsi. Sono legami speciali, che cambiano e fanno cambiare le persone che li intrecciano. Dall’incontro nascono due persone nuove, che non possono più essere esattamente uguali a prima. Sono storie che parlano di passione, di assistenza, di amore per gli altri, di cosa significhi prendersi cura di ed essere assistiti da. 93 …. Ci sono rapporti che nascono da uno sguardo, dallo scambio di poche parole, da una carezza appena accennata. Alcune persone semplicemente si incontrano: l’una capisce all’istante le necessità e i sentimenti dell’altra, senza bisogno di troppe spiegazioni. Le testimonianze che seguono raccontano proprio dei legami “istantanei”, di operatori che hanno saputo interpretare e soddisfare i desideri degli ospiti, senza ricorso a mediazioni, prove, tentativi. Cinque magliette bianche ro nost tano l e N to con e ell or rapp i gesti d le più paro 94 Cinque magliette bianche. Questo c’è dentro quell’armadio verde anonimo. E io devo scegliere solo tra quelle cinque magliette bianche a manica corta. Una è con il collo a V e ho scelto quella. Tutto quello che quella donna possiede sono cinque magliette. Il suo bagaglio: cinque magliette. Niente mutande, ci sono quelle a rete per contenere i pannoloni. Niente calzini, è allettata e non scenderà mai dal letto. Niente pigiami, suda sempre. Entra la luce anche in quella camera, nonostante tutto. Sembra troppo grande quel terzo di cinque letti per poterci abitare. Troppo lungo e troppo largo. E poi, sarà per il colore rosso vernice, sarà per le spondine a graticola, pare quasi giacere in una di quelle cassette di plastica per la frutta che si compra a buon mercato, tanto al chilo, ma non per questo meno buona, anzi magari più sana. È la testa quella che desta più attenzione. Girata all’insù, con il collo tirato all’inverosimile e leggermente chinata verso sinistra. Come quando, da bambini, si guardano i fuochi d’artificio: ci si stanca, ma non si vuole dare una pausa ai muscoli del collo e la nuca fa male. Gli occhi sbarrati guardano ancora più in alto, quindi la tastiera del letto e, ancora oltre, il muro bianco, leggermente strisciato dagli spostamenti del letto. Le palpebre non hanno ciglia. La bocca è chiusa e sottile e la pelle è bianca e levigata. I capelli non sono bianchi, ma grigi e brizzolati. La mia collega mi ha riferito che la figlia non viene quasi mai. Una volta ogni due mesi circa. Le ho risposto, convinto, che è difficile giudicare, che bisognerebbe sapere le situazioni personali, ma lei mi ha risposto che ha sempre fatto così perché dice di non sopportare l’idea che sua madre sia lì dentro, sia in quella situazione e che possa rimanerci ancora a lungo. Ma la treccia no, la treccia non deve essere mai tagliata, ordine suo, e si raccomanda che sia sempre ben pettinata. Verrà trasferita di stanza e ho dovuto preparare le sue cose per il trasferimento. La treccia dà un aspetto strano alla sua immagine. La ringiovanisce, la rende un po’ buffa, quasi fanciullesca. Ci sono rimasto male quando mi hanno detto che a volte risponde a cenni con il capo. Non pensavo intendesse quello che le si dice. È immobile, rigida, accorciata. Ma a volte capisce... La camera è grande e, quando apro la porta, completamente buia, mi dà un senso di vuoto, così accelero il passo fino in fondo, cerco le corde delle tapparelle. Le finestre sono grandi ed entra molta luce. Mi viene da dire che è una bella giornata, ma non interessa a nessuno. Eppure il sole entra anche in quella stanza. Anche se le tapparelle non si possono alzare fino in fondo, altrimenti restano incastrate. Un foglietto scritto a mano e appeso vicino a una corda lo ricorda a tutti i colleghi. Ho messo tutto dentro un sacchetto di plastica azzurro smorto, opaco. Tutto quello che possiede, tutto quello che si porta dietro quello donna è dentro quel sacchetto. Ho pensato a quanti oggetti possiedo. Quante cose ho. Quante cose sono mie, solo mie, perché le ho comprate, con i miei soldi, le ho avute io, mi piacciono, e dentro ognuna di loro c’è un po’ di me, del mio denaro, del mio lavoro, del mio tempo. Mie perché le ho desiderate e possedute, mie perché, tutto sommato, sono anche un po’ parte di me. Ho iniziato da quelle grandi, maggiori per spesa d’acquisto, come l’auto, la bici e poi a tutto il resto, passando per vestiti, articoli sportivi, libri, cd, elettrodomestici. Mi sono fermato prima di mille. Oddio. Mi è venuto un dubbio. Non sono nulla. Non significa nulla. Domani verrà trasferita e non avrà niente, anzi, cinque magliette bianche, con il numerino cucito dietro, per distinguerle in lavanderia. E il resto? Dov’è il resto? Avrà sicuramente più di ottant’anni. Chissà quali e quanti sacrifici avrà fatto anche lei per avere le sue cose. E non ha niente? Ma come è possibile? Sento che non mi basta la risposta che la maglietta e il tempo le hanno portato via tutto. E neanche la frase: ecco cosa siamo. Siamo molto di più! Ne sono certo. Ma mi fa paura. Un po’ ci penso. Un po’ continuo a sbagliare. Un po’ cerco di capire cosa. Ma dentro, mi resta il dubbio. E, intanto, continuo il mio lavoro. E ci penso. La mia collega mi chiama. Torno un attimo indietro. Mi abbasso e le do il mio bagaglio: una semplice carezza anche malfatta. Cinque magliette e una carezza. Davide Zenaro Centro Assistenza Fermo Sisto Zerbato, Tregnago (VR). Primo classificato categoria “Miglior racconto” …. Assistere chi non ce la fa da solo, non significa sostituirsi, significa accompagnare. Bisogna rendere partecipe la persona che si trova in una piccola situazione di bisogno, renderla partecipe significa condividere ogni piccolo e quotidiano gesto… …. Con gli anziani contano più i gesti che le parole… …. Spostai lo sguardo alla finestra che stava alla sua destra e notai un vaso di fiori molto belli e colorati, chiesi se fossero stati i suoi figli a portarglieli. Rispose: “Ricordo che me l’hanno detto, ma non li ho visti, li hanno messi sul davanzale e, come può notare, io non riesco a vedere il davanzale da questa posizione”. Mi avvicinai alla finestra, l’aprii e presi quel vaso dal davanzale con un’attenzione particolare, quasi fosse una creatura delicata. Lo misi davanti a lei e le dissi: “Ecco il vaso che le hanno portato”. Dapprima il suo sguardo era fisso al muro, ma un momento dopo s’illuminò, lei allungò una mano, accarezzò i fiori e disse: “Che meraviglia! Sono una meraviglia, erano anni che non vedevo dei colori, le forme dei fiori e da anni non ne toccavo uno, grazie, grazie davvero”… Tatiana Peron Istituto Suore Maestre S. Dorotea, Vicenza 95 Lucilla Benedetti Casa di Riposo, Brembate (Bg) Flora e il professor Stefano …. Infatti, il giorno seguente, il Servizio di Dialisi ci inviò il signor Stefano B., un distinto signore di settantasette anni. Nonostante l’aspetto generale ben conservato, capimmo subito che si trattava di un paziente impegnativo. qui, mi sono seduta vicino al suo letto e ho incominciato a parlargli, lui si è calmato, ha cercato la mia mano, me l’ha stretta forte forte e non mi ha più lasciato andare via”. “Ma cosa gli hai raccontato?”. “Di quando era piccola”… …. Flora, stranamente, era quella, tra il personale, che si era presa a cuore il suo caso. Avevo notato che trascorreva molto tempo con il signor Stefano, talvolta si fermava anche dopo il suo orario di servizio, si sedeva accanto a lui e gli teneva la mano, lui sembrava allora calmarsi. Così era diventata la sua tutor e, quando discussi con lei la formulazione del PAI, Flora mi guardò, quasi con aria di rimprovero e mi disse: “Voi dite che il signor Stefano è malato di testa e non capisce, ma io sono convinta che comprende tutto, quando gli parlo sembra che mi stia ad ascoltare!”. “Ma Flora, come fai ad affermare questo?” risposi. “I suoi occhi. I suoi occhi sono ancora vivi. Sai Cinzia, mi ricordano quelli di mio padre”… …. Un mattino, dopo che avevamo medicato il signor Stefano, squillò il cellulare di Flora. Lì per lì mi irritai, perché tutti sapevano che bisognava spegnere il telefono durante il servizio, ma quando vidi il suo volto terrorizzato, mi ricordai di ciò che mi aveva raccontato ed ebbi compassione per lei. Flora rispose tremante al telefono, chiuse gli occhi e stette ad ascoltare in silenzio, fino a quando proruppe in un pianto sconsolato. Parlava in spagnolo, ma ugualmente riuscii a capire che suo figlio Richar era stato ammazzato durante uno scontro tra bande rivali. Mi avvicinai per consolarla, ma lei, quasi istintivamente, corse verso il letto del signor Stefano e lo abbracciò singhiozzando: “Lo mataron, lo mataron, mi pobre hijo Richar! Fue una banda rival de maras”. Il signor Stefano, che fino ad allora era rimasto immobile, mosse il capo e la fissò con uno sguardo intenso, fino a quando gli si inumidirono gli occhi, alzò lentamente le braccia, come per levarle al cielo, poi le …. “Perché sei qui, dovresti essere a casa!”. “Lo so, ieri sera ho finito il mio turno e sono andata a cambiarmi… poi sono tornata 96 ripiegò sulle sue spalle, abbracciandola con dolcezza, come un padre può abbracciare una figlia, poi disse, piano in un orecchio: “Qué atrocidades, es una cosa terribile! Lo siento Flora, lo siento mucho. Mi dispiace Flora, mi dispiace molto. La vita è come una ruota che gira. Anch’io ho perso una figlia, non con il corpo, ma con il cuore”. Piangemmo tutti e tre, abbracciati l’uno all’altro. …. “Ma Flora è stata in grado di liberarmi e di farmi sentire nuovamente un uomo e un padre. Ma so bene che non sarà così per sempre, il mio tempo è molto limitato. Ma una promessa… quando sarò morto, voglio che il mio corpo sia cremato e voglio che Flora, figlia mia adottiva, sia lei, proprio lei, a cospargere le mie ceneri, che saranno incorporate nella sua linfa secolare ed io potrò, poco per volta, salire sempre più in alto, fino a godere della libertà estrema!”. Cinzia Ramello Casa di riposo A.B. Ottolenghi Onlus, Alba (Cn) 97 ta t e r t s ro a u ncont e t i , a a z z L …, con delicatergo subito chta o n a m di Mi avvicinoubeante. Mi accuona piccola milaessa La storia di Cosimo, un uomo di mare nato a Messina. In Sicilia tanti giovani che amano il mare si arruolano in marina. Cosimo è uno di loro. Venezia è un gioiello artistico. Per il giovane uomo in carriera, però, Venezia fu soprattutto Anna. Il suo grande amore. Cosimo si arruolò nella marina militare. La guerra impedì loro di stare insieme. Durante i primi vagiti della Seconda guerra Se non in qualche ritaglio di tempo, tra mondiale, Cosimo era ancora molto un porto e l’altro, una battaglia e qualche aitante. Il lavoro scarseggiava e la passione ferita da guarire. Momenti di sofferta per il mare nacque insieme all’esigenza di attesa. Il tempo sfilava via lentamente, col portare a casa la pagnotta. boato di cannonate e i sibili di bombe, che Nonostante l’età imberbe, era già consegnavano alle sorti dell’umanità le diventato un giovane uomo in carriera. feroci conseguenze della Seconda guerra L’ideale di Cosimo era combattere per mondiale. difendere la Patria. Una parola, questa, Quando il soffio dell’armistizio fece con l’iniziale maiuscola, che gli faceva sventolare la bandiera della pace anche venire i brividi. Al pari della parola donna. nel lido più suggestivo del mondo, I sussulti della giovinezza furono appagati Cosimo e Anna si sposarono. Trovarono un po’ dal fascino della divisa e un po’ dal casa a Mestre e lì costruirono un nido di suo aspetto trionfante. affetto e calore. Sbarcò in tanti porti e non gli mancarono Cosimo continuò a fare il marinaio. Era il le occasioni per innamorarsi, e per fare suo lavoro e la sua passione. Passarono gli innamorare di sé, le ragazze che incontrava anni. Ogni navigazione era un tuffo… al durante le soste nelle città portuali. Tutte cuore. Anna era sempre nel suo orizzonte. avventure che impreziosivano l’album delle Quando tornava a Mestre, Cosimo passava facili conquiste, ma che non lasciavano dei momenti radiosi con la moglie e, tracce sulla pagina ancora bianca adesso, anche coi loro figli. dell’amore. Per alcuni anni, nulla di insolito si frappose Quello vero. tra Cosimo e Anna. Anzi, il tempo donò Fino a quando Cosimo approdò a Venezia. loro la gioia di essere nonni. I figli si Venezia significa arte, storia, acqua alta. sposarono e, così, Cosimo e Anna ebbero 98 presto due bei nipotini ai quali fare tanti regali. Mare, onde, sacrifici, odore di pesce. Gabbiani che punteggiano la volta del cielo. Poi Anna. Solo lei. Il battito dell’amore. E i figli e i nipoti. Con questi solidi affetti, Cosimo conquistò la pensione. Altri anni di generosa armonia familiare. Un triste giorno, Anna si spense. Cosimo diventò presto come un gabbiano che smarrisce la scia dei compagni. Lo consolarono i figli e i nipoti. Qualcosa cominciò a incepparsi. A 82 anni, Cosimo venne colpito da un’emiparesi. Fu costretto a vivere su una carrozzella. I figli gli furono accanto. L’affetto non gli mancava, ma i figli non avevano competenze infermieristiche. Per lenire i tormenti della malattia, pensarono di affidare Cosimo all’assistenza di una badante. Cosimo era contento di poter rimanere nella casa di Mestre, dove il ricordo di Anna era specchio della sua stessa vita. Il ricordo della donna che aveva amato gli stava trasmettendo una grande forza psicologica, ma nulla poté fare per rimediare alla decadenza fisica, oltretutto aggravata dall’infermità. Venezia era sotto una grandinata di raggi di sole quando Cosimo peggiorò. I figli non seppero che fare. Spesso di fronte all’irrazionale, la misura delle cose è trovare un aiuto esterno. Nemmeno la badante poteva più fare molto per assistere Cosimo. I figli ipotizzarono la soluzione più ovvia: la casa di riposo. I figli dissero a Cosimo, per addolcire la sua ritrosia, che la casa di riposo non era per sempre ma solo per quell’estate. L’unico inconveniente era la distanza. L’unica casa di riposo disposta ad accoglierlo era in provincia di Padova. Cosimo entrò in una realtà che lo rese triste. Intuì che alla fine dell’estate non sarebbe tornato a casa. L’idea di restare lì, insieme con altre persone disabili, in un ambiente dove occorreva rispettare regole precise, non gli andava proprio giù. Pensò che un uomo che da giovane aveva fatto la guerra non meritava una casa di riposo. Era disposto a fare qualunque cosa per tornare a casa sua. Ma non sapeva come risolvere a suo favore quest’ultima aspirazione. Gli venne in mente Maria. Un nome che te ir “.… tit viso s è per mano la tua urezza, che mare. Il tuo si infiniti, l r ic ti dà s cogli di que cono disco , ma che s s le e recuperò dal serbatoio della tra gli tue labbra mprensibi enso e una o s c e l l n memoria. e da significato he mai, u c i Una memoria che lui stesso e privi d no, ora più icazione. mente n o definì antica, visto che era passato assum inaria comu no nella tua proviamo a , a d mezzo secolo. Maria! straor ensieri entr r un attimo e p a… Pensò a quel nome sospendendo I miei ricordi e, p icurezz a s à i d o i … t per alcuni secondi ogni nei tu re insieme o davvero lio che pass n a ig ragionamento. Ma presto associò ripens stretta di ma ano di tuo f m a ti. i t r o s Maria alla possibilità di poterla Que retta d oro, a saluta i tuo marit a t s a s s d incontrare e di convincerla, magari È la ste a, dopo il lav a di mano amore prim tt er ogni s stessa stre lasciava con ta da un con suggestivi ricordi, a vivere con lui a i a l t …. È ni giorno, accompagn la profonda vecchiaia. Furono ancora g , capire che, o re al lavoro a parole sue. Sapeva che se avesse a t r a ni e po di and incero… riferito questa sua ambizione ai figli, la no ch pazi che og a m i s d bacio ssa stretta he quegli s asa, della risposta sarebbe stata negativa. Non c e t e s i i di c È la bastasse, gli avrebbero dato del matto. orrido o i corrido tto. c i e u che q ercorri son alore e affe e ti porta Fu così che si rivolse a me. c p ch o, tanto a, che ti dà a di mano l luog Ho conosciuto Cosimo in quel periodo e u q t s t n a e oe io, i tua c stessa str estivo, un uomo molto tenace e gagliardo. viagg stringerann ”. o a l u t È l ti ne …. o… Lavoravo in quella casa di riposo. Facevo re che re mani che er un pezz e p a s p t a l’ausiliare socio assistenziale. Quando ai al nno ontrer mpagnera c n i o (Tn) Cosimo mi parlò di Maria e del desiderio co Spiazz c , a io i il t ig che so S. V di rivederla, non seppi come reagire. i Ripo d a s a dei C Gli dissi che mettersi alla ricerca di una Salva Bruno persona che non vedeva da cinquant’anni poteva donargli, certo, una piacevole emozione, se la cruda realtà non avesse tradito le sue aspettative. Figuriamoci se le mie parole servirono a 99 Insulina e caffè placare il desiderio di rivedere Maria! Non riuscii a fargli capire nemmeno che Maria poteva essere Morta. Adoperai proprio questa frase; così, in modo grezzo ma sincero. Cosimo mi chiese il secondo più bel regalo della sua vita, dopo Anna. Mi pregò di portarlo a Chioggia. È lì che Maria abitava allora. È lì che abitava ancora? Una domanda troppo imbarazzante. Infatti, la trattenni dentro di me. Ero giovane e non sapevo come padroneggiare al meglio la ragionevolezza. Risolsi che, forse, un regalo a una persona disabile ma motivata non dovevo negarlo. Magari era solo un sogno. Tuttavia, un sogno che lo portò a sorridere. Sorrideva anche con gli occhi. Qualche giorno dopo partimmo alla ricerca di Maria. Cosimo dimostrò un’eccellente memoria. Si ricordò la via e il numero. Chioggia lo accolse col tepore di fine estate. Ma la temperatura crollò quando una giovane vicina di casa gli disse che la signorina Maria non abitava più lì. Si era trasferita con suo marito, alcuni anni prima, in una cittadina a non troppi chilometri di distanza. Cosimo non si arrese. Mandò giù il 100 spingendo la carrozzella, verso la macchina che avevo parcheggiato a duecento metri. Avevo imparato le manovre corrette per introdurre la carrozzella nell’auto che avevo attrezzato per questo veicolo usato per il trasporto di persone invalide. Quando arrivammo a destinazione, l’incontro fu molto timido. Maria faticò a riconoscere in Cosimo quel baldanzoso marinaio che aveva incontrato e amato tanti e tanti anni prima. Cosimo si rese conto che Maria era diventata un’altra donna. Beh, dopo cinquant’anni! boccone amaro. Chiese a quella gentile Naturalmente tenni nascosta anche questa ragazza se conoscesse l’indirizzo. La esclamazione. ragazza fece una smorfia. Non sapeva Maria era sposata. Mi colpì la velocità con decidersi. la quale Maria gli parlò del matrimonio. Alla fine, anche lei fu esortata, suppongo Forse per non creargli illusioni. Il progetto per non aggravare la sensibilità psicologica di Cosimo si vaporizzò. Maria preparò a di Cosimo e non insultare col rifiuto il Cosimo e a me una buona tazza di caffè. corpo già offeso, fu esortata, dicevo, Che resterà l’unico “caldo approccio” a regalare a Cosimo una speranza. Un tra Cosimo e Maria. Una tazzina di caffè. sogno. Ci disse di attendere qualche Maria era quasi impacciata. Mi guardava secondo. Di lì a poco ricomparve con come a dire perché mai lo avessi condotto un’agenda tascabile, dalla quale ricavò lì da lei. O, forse, fui io a dedurre, in modo l’indirizzo di Maria. frettoloso, una cosa che non centrava Mi sembrava che il sogno continuasse. niente con le vere emozioni di Maria. Cosimo mi sorrise. Era convinto di Cosimo raccontò in breve la sua vita. Lo potercela fare. Lo accompagnai, fece per giustificare, in qualche misura, i gart e n o i vogl ranza: n o e N una sp ello u q e r mi pu uoi i d e i ch che v quella visita inaspettata. Voleva rivedere tutte le persone che aveva conosciuto da marinaio, durante la Seconda guerra mondiale. Maria sorrise. Fu tutto quello che seppe donargli insieme alla tazzina di caffè. Rientrammo nella casa di riposo. Durante il tragitto, Cosimo non mi parlò. Non rispose alle mie due domande che intendevano scandagliare il suo stato d’animo. Non fu facile tenere nascosta la nostra uscita ai figli. L’umore di Cosimo parlava più di ogni parola esplicita. I figli capirono che la casa di riposo non poteva essere la sua casa. Lo riportarono a Mestre. Nella sua unica casa. Coi ricordi di Anna. Con le cure della badante. Con l’affetto dei figli e dei nipoti. Lo andai a trovare un po’ di tempo dopo. Il rientro nella sua casa gli aveva ridato il sorriso. Era un uomo sereno. Aveva recuperato la voglia di vivere. Cosimo morì tre anni più tardi. Un uomo di mare nato a Messina. …. Linda è alcuni anni che è in struttura, è una persona un po’ burbera, con un carattere un po’ forte e difficile ma, sotto sotto, è di una dolcezza indescrivibile. Non sono rare le volte che dice che, non appena tornerà a casa, ci inviterà tutte a casa sua a bere un caffè. …. Mi avvicino a lei e, dopo averle dato le pastiglie, le dico che è il momento della “puntura”, dell’insulina. A quel punto, lei si gira verso di me con uno sguardo un po’ arrabbiato e mi mostra il pugno, come a dire “guai a te se mi tocchi”, e a me, tra il sorpreso e lo spaventato, viene spontaneo sorriderle. In quel momento Linda risponde al mio sorriso e alza la manica del maglione per farsi fare la sua insulina. …. E così, ogni pomeriggio, cerco di passare almeno dieci minuti con Linda, per ricordare insieme a lei di quando era giovane e il percorso che faceva tutti i giorni fino al mio paese, per recarsi al lavoro, sapendo che il ricordare le dà un po’ di gioia. Ogni giorno le stesse domande, ma per Linda è come la prima volta. E ogni giorno le si illuminano gli occhi. …. Per distrarla un po’ le ho portato delle riviste nuove, visto che le piace così tanto leggere e, come ci si può facilmente aspettare da lei, le prende e si mette a leggere senza nemmeno ringraziare. Ma dopo pochi secondi mi richiama indietro e mi dice che appena tornerà a casa mi inviterà da lei per un caffè. Mi sorride e, visto che è una mattina tranquilla e in reparto c’è poco da fare, la porto al piano terra in salone, ci sediamo a uno dei tavolini davanti alle grandi vetrate che si affacciano sul parco e, finalmente, ci gustiamo questo caffè. Chiara Colleoni Casa di Riposo, Brembate (Bg) Silvana Dalle Fratte Centro Don Orione, Bergamo. Seconda classificata categoria “Miglior racconto” 101 A Caterina …. Tra me e Duillio è nata subito una simpatia. Ogni giorno facevamo delle chiacchierate, lui mi raccontava che non c’era cosa più bella dello stare all’aria aperta a prendere il sole... …. Quando prendevo servizio il pomeriggio e, stranamente, lui era nella sua camera, riconosceva la voce e mi chiamava: “Generale vieni qui!” ed io mi recavo da lui nella sua stanza. Lui era seduto sulla sedia ed io mi sedevo sul letto e iniziavamo a chiacchierare. …. Più passava il tempo, più il nostro rapporto diventava stabile, la fiducia aumentava sempre di più e la confidenza era tale da permetterci di chiamarci reciprocamente “generale”. …. Non si fidava di nessuno, non permetteva a nessuno di aprire il suo armadio rigorosamente chiuso a chiave, e non accettava da nessuno alcuna osservazione, ma con me era il contrario: qualsiasi cosa facessi andava bene e qualunque cosa gli chiedessi, lui la faceva senza problemi. …. Non accettava il catetere, non accettava il fatto di non camminare ed era convinto che tutti ce l’avessero con lui. Passavo 102 …. I fiocchi sono grandi e soffici e, guardandoli, mi viene in mente un nome: CATERINA… con la sua testa piena di capelli candidi come la neve che incorniciano un visino lucido, con occhi vispi e con una piccola bocca che sorrideva sempre. …. Duillio si sentiva in debito nei miei confronti, mi diceva sempre che voleva farmi Arrivò in struttura un brutto giorno di un regalo per sdebitarsi ed io gli dicevo che ottobre, pioveva; mi sembrò un piccolo raggio di sole quella donna piccola, minuta. non c’era regalo più bello del vederlo stare Appena mi vide, ricordo bene le sue parole, bene e sorridere. disse: “Io e te eravamo compagne di scuola alle elementari”. …. Ovviamente ho spiegato ai presenti “Certo”, risposi, “e sono qui per aiutarti”. che non avrei accettato alcun regalo, in quanto quella era la mia professione, e che il La sua mente era con gli angeli, mi seguiva regalo più bello Duillio me lo aveva già fatto come un uccellino sperduto e abbandonato (non aveva famiglia), insieme ritornavamo ritornando a casa e rimettendosi in forma. bambine a scuola: parlavamo e scherzavamo …. C’è un’intesa talmente grande tra noi che e lei rideva e si divertiva contenta (questo a volte non servono neanche le parole, basta era molto importante). In gioventù faceva la santina, perciò, cercava uno sguardo e ci siamo già capiti. di aiutarmi in piccoli lavori come sistemare le mutandine che, con la sua piccola mano, …. Sono corsa via piangendo, non volevo crederci, dentro di me ho sentito un vuoto: il stirava e piegava, battendole sul tavolo. Nel suo mondo era felice, perché il sorriso generale era morto? Impossibile. era sempre sulle sue labbra e cantava con voce squillante e melodica. …. Ovviamente ho scelto un paio di calze con l’elastico tagliato, in quanto Duillio Tiziana Baraccani non sopportava le calze strette e un paio di Casa protetta S. Antonio Abate, Fontanelice (Bo) boxer extra large... giornate intere a spiegargli che non doveva preoccuparsi di nulla, che io l’avrei aiutato in tutto e per tutto a rimettersi in forma: il lavoro è stato duro, ma ne è valsa la pena. Nonino Tamico Casa di Riposo Valentino Sarcinelli, Cervignano del Friuli (Ud) Barbara Casa protetta per Anziani Vignolese, Modena 103 Fammi entrare …. La mia Sara (nome di fantasia) è una donnina minuta, con due occhi azzurri dolcissimi, velati dall’età. …. Ho deciso, l’affronto, deve stare ad ascoltarmi, volente o nolente deve sentire quello che ho dentro e che mi fa male. …. Il nostro rapporto ospite/operatore è sempre andato bene, in un crescendo di stima e rispetto, trovo sempre cinque minuti per parlare con lei, per cercare di confortarla nei giorni bui e per fare due risate insieme, parlando di questo o di quello. Ma un giorno dovevo passare in struttura per delle funzioni burocratiche e ho portato con me i miei due figli, di 8 e 4 anni. Espletati i miei impegni, sono andato a salutare gli ospiti. Gli anziani amano i bambini, perché mettono allegria e portano ricordi, e quando sono con loro hanno sempre qualche aneddoto che torna alla memoria e lo raccontano. Sono andato a farglieli conoscere, con il piccolino in braccio, l’ho fatto con il cuore e, fin qui, tutto normale. La mattina alle h 7,00 vado a lavorare, è buona abitudine salutare, cosa che faccio a lei per prima… DISASTRO!!! Non posso scrivere gli insulti che mi ha detto, sono rimasto stranito e perplesso e, visto che non c’era modo di confrontarsi, sono uscito dalla stanza. …. “Ed io cosa c’entro?”. “Gelosia, invidia. Quando ti ho visto con i tuoi bambini” mi disse “ho provato questi sentimenti, era quello che volevo io, una vita normale, una famiglia mia, dei bambini e niente di più, brutta bestia la solitudine” continuò “volevo punirti, volevo punire chi mi ha sempre dato senza chiedere niente in cambio, anzi puoi scusarmi?”. “Certo Sara!” risposi ed ero felice, la porta si era finalmente aperta, dopo tanto penare avevo le chiavi, le sue chiavi. …. Un giorno durante il pranzo comincia a insultarmi, arriva a dirmi che i figli non sono miei e che mia moglie è una di quelle. 104 …. Da allora il nostro rapporto va benissimo, è basato sul rispetto e sull’educazione, cerco sempre di capire le sue esigenze (come quelle degli altri ospiti), so per certo che adesso si sente meno sola (ci si può sentire così anche in mezzo a mille persone), come so che in me ha trovato un amico sincero che la sa ascoltare e le tende la mano quando ha bisogno. Alessandro Carrer Rsa Il Focolare, Lanzo D’Intelvi (Co) Evviva Gigi, evviva la musica! Federica Simonetto Opera Immacolata Concezione, Padova o fin e t i p a Ho rcimo istansit dal p anto fos qu eciale sp Mi definisco una persona allegra e vivace. MI PIACE MOLTO CANTARE e capii che ogni volta che intonavo una canzone, i loro volti si distendevano e si illuminavano, a volte solo guardandomi e ascoltando, altre unendosi a me in un’unica voce. …. Un giorno, durante l’idratazione, stavo cantando CIAO CIAO BAMBINA quando, all’improvviso, sento alle mie spalle LAURA che continua sulle mie note, mi fermo, incredula di quanto avevo sentito, e sento solo un brivido scendermi lungo la schiena: dopo circa un anno di silenzio LAURA stava cantando… Mi commossi e sentii delle gocce rigare il mio viso, era straordinario… …. Un giorno venne la figlia a trovarla, pensai a lungo se fosse il caso di darle una simile emozione e decisi di SI’! Iniziai a cantare prendendo le mani di Laura tra le mie, guardandola dritta negli occhi ma con molta dolcezza (quasi a dirle: “Non mi far fare brutta figura”) e lei, come per incanto, cominciò a cantare con me. Quando girai lo sguardo sulla figlia, notai che stava piangendo, mi abbracciò e mi sussurrò “GRAZIE”!! Orietta Farinini Residenza per anziani Città di Treviso, Treviso Gigi, ospite presso la RSA “Rosa dei Venti” di Condino, non ha mai nascosto il suo amore per il canto e la musica, in particolare, va fiero di essere un chitarrista. Questa sua grande passione ha origini antiche, la musica, infatti, ha sempre rappresentato per la sua famiglia un elemento fondamentale, in grado di offrire momenti di gioia e di allegria da condividere con gli amici. …. Periodicamente, con il mio compagno Carlo, infermiere presso la stessa struttura residenziale, accompagniamo Gigi a Borgo Valsugana, il suo paese di origine, per trascorrere una bella giornata con i suoi affabili e gentili familiari. Abbiamo avuto modo di constatare come la tradizione musicale sia ancora molto forte e più viva che mai. Dopo un prelibato pranzetto, preparato con cura dalla sorella Rita, il nipote Moreno, con la sua chitarra (per la cronaca, suona pure il pianoforte, il clarinetto, il saxofono “incredibile ma vero”), accompagnato dall’amico Claudio alla fisarmonica, dà spettacolo! Con grande ammirazione e gradimento, assistiamo a un’esibizione di alto livello… Anna Parmigiani A.P.S.P. Rosa dei Venti, Condino (Tn) 105 Il gesto d’amore Mariangela Ravanetti Azienda Sociale Sud Est, Langhirano (Pr) …. Le parlavo delle notti insonni del mio bambino piccolo, del libro che mi aveva prestato, commentavamo la puntata di Grey’s Anatomy vista la sera prima (io a casa con la mia famiglia e lei in struttura) o qualche notizia frivola del telegiornale. Poi lei si raccontava. Mi parlava del suo lavoro avuto fino a vent’anni, della sua Panda rossa, del suo primo amore… e poi la malattia. Una sera stavamo parlando del nostro fisioterapista di reparto, nostro nel senso che si occupava degli Ospiti del nucleo, e della sua decisione di aprire uno studio privato, lei mi disse che sapeva dove lo apriva perché era ubicato nel suo paese di origine e che le sarebbe piaciuto tanto andare all’inaugurazione. Era fatta! Mi aveva sfidato e da quel giorno non mi sono data pace finché non fosse tutto pronto per la nostra avventura. viaggi in ambulanza, uno per la visita neurologica e uno per il posizionamento della peg, sei anni fa. Facemmo un giro nello studio di Davide, qualche presentazione e un po’ di convenevoli. Lei era raggiante, felice. …. “No, quella è la mia scuola elementare e, al di là di quello stabile, c’è la via dove c’era la mia casa. Ma la casa è stata venduta, per pagare la retta su da voi. Ti ricordi? Tu sei stata a casa mia quando sei venuta a visitarmi prima dell’ingresso”. “È vero! Ma, sai che non ricordo proprio la casa?”. Pausa di silenzio. Lei mi guardava con questi occhioni che dicevano tutto. “Andiamo? Vuoi vederla?”. …. Era sabato mattina, c’era una signora che stendeva la biancheria su un terrazzo. …. Una sera mi sono seduta al fianco Ci guardava un po’ stranita e, dopo un po’, del suo letto e le ho detto: “Sai, è fatta, quando ci siamo avvicinate, questa signora se vuoi ho tutto pronto per andare timida, con un filo di voce disse: “Sofia?!”. all’inaugurazione dello studio di Davide”. Ed io, in sostituzione di Sofia, risposi: Non ha detto niente, ma il suo sorriso “Si, è Sofia, mi sta dando indicazioni per mi ha fatto capire tutto. I suoi occhi raggiungere la casa dove abitava una volta”. brillavano! Aveva vinto lei. Non me l’aveva Questa signora abbandonò la cesta della detto a caso, mi aveva sfidato. biancheria e corse giù per una scala esterna e ci raggiunse. “Sofia, ma che fine hai fatto? …. Dopo otto anni di inserimento in struttura Ho chiesto a tutti, anche al parroco dove eri era la prima volta che usciva, a parte due ricoverata, ti ho cercata a Montebelluna, a 106 Selva. Ma mi riconosci vero?”. Non servivano parole. Sofia stava piangendo, ma di gioia. …. Rientrammo in reparto felici, come due bambine che erano andate al luna park. Aspettai che il personale mettesse a letto Sofia perché era molto stanca, entrai in stanza e mi disse: “Non è necessario che provi a spiegarti quanto sono felice, tu mi conosci e lo sai. Erano otto anni che non uscivo e tu sei riuscita a portarmi a vedere la mia casa, i miei luoghi d’origine. Ho rivisto Francesca, la mia vicina, che pensavo mi avesse scordato. Io però posso solo dirti grazie”. Mi abbassai, le diedi un bacio in fronte e le dissi: “Riposati, ci vediamo lunedì”. …. Da quel giorno Francesca una volta alla settimana la viene a trovare con il suo bambino, che nel frattempo ha avuto, e la tiene informata di tutte le notizie del borgo. …. Se posso, mi fermo a chiacchierare; se non posso, passo, le sorrido e le strizzo l’occhiolino. Lei sorride con i suoi occhioni e, pur nella sua malattia, Sofia è felice. Stefania Bragagnolo Opere Pie D’Onigo, Pederobba (Tv) 107 …. Luigi e Rosa sono nomi di fantasia di una coppia di coniugi che ho avuto la fortuna di conoscere e assistere dal momento in cui sono entrati, insieme, nel piano della struttura dove opero come Assistente. …. Mi sono avvicinata a lui e l’ho abbracciato. “Ti accompagnerò in questa fase della tua vita, potrai contare su di me, lo sai vero?”. “Lo so, mi aveva risposto con voce tremante”. …. I giorni passavano, Luigi mi raccontava tutto di sé, fidandosi della mia amicizia e serenità. Mi confidava tutto, anche i suoi pensieri più intimi, ma li ho sempre tenuti per me. Il periodo che seguiva non era incoraggiante, i risultati degli esami parlavano chiaro. Eppure, sono una lottatrice nata – mi sono detta – e mi sono ripromessa che avrei fatto di tutto per distrarlo, quindi non dovevo disperare. Non lo fa lui, non lo fa sua moglie e non lo devo fare io. …. Lo confortai dicendogli: “Lo sai Luigi? Quando giungerà l’ultima ora, riempi il petto e il cuore di tutta la bellezza di quest’universo, di Rosa, in modo da poterla avere con te per sempre”. Teresa Mangiafico Casa Serena, Cilavegna (Pv) 108 Oggi, 13 dicembre, due occhi verde acqua mi fissano, mentre lei succhia da una cannuccia pompelmo e acqua con il mio aiuto. Sì, diluita aiuterà la diuresi… sto pensando mentre lei sorseggia. Le ripeto pure… “Le fa bene Claudia, le fa bene… lei deve aumentare l’idratazione perché ha poca diuresi, lo vediamo dalla sacca del suo catetere”. Non è la prima volta che le ripeto questa frase e non è la prima volta che risponde… “Va bene così? Quanta c’è n’è?”. “Un altro po’ Claudia… un altro po’”. Tutto a un tratto quegli occhi parlano ed esprimono un sorriso, un sorriso le si stampa pure sul viso, non smette proprio di fissarmi e mi rivolge la parola… “Auguri signora Lucia, oggi non è Santa Lucia?”. La fissai negli occhi e non distolsi più lo sguardo da lei, a me si è spento lo sguardo per un attimo, a me è venuta una fitta allo stomaco e delle lacrime per l’emozione. “Sì”… risposi subito ripensando al giorno. “Sì”, le sorrisi, la ringraziai più di una volta e la baciai… Lucia Giora Centro Servizi per Anziani A. M. Bonora, Camposampiero (Pd) da o i c n mi ambole. Rico… bè sul suo lettoa e u d arta use h ra M le pa “…. O endo. Nel oline a b gg Sta le to due bam e figlie. u a realizz per le mie d annodate a, e a magli i lana bianc che le tien e d Sono lo arancion fi va da un . ltra le re a ’ l e e h insiem ’è una, anc ro. Le nost e t c e Dove È proprio v un filo, lega . a o dietr o appese uta, e la n ca ci vite so era sconos bbe così ric i e in man ita non sar v ne mboli nostra altro. a b e u l’ d senza o, bastano ciare”… in d In fon irlo e ricom co p Taroc per ca ) ncarlo Rsa Gia o (Re abbric F i, t t Guido …. Può succedere che la “scintilla” con l’ospite scocchi solo dopo tribolazioni e vicissitudini. La paura per una realtà nuova e la stanchezza per una situazione non facile possono rendere l’assistito nervoso, distante, ostile. L’operatore deve affrontare una sfida per superare queste barriere ed alla fine riesce a ricevere molto più di quello che ha dato. Queste storie lo dimostrano. La voce di Anna n rve u o, e s e r lt avo A voro nel l mpre lavo vale se rlo ma di fa a n e la p …. Anna entra in struttura una mattina, è molto impaurita e non parla… i suoi occhi dicono tutto, è uno scricciolo di 40 kg, aveva fatto la maestra per tutta la sua vita… non ha parenti... Ci attiviamo tutte per farla sentire come a casa sua e lei, dal canto suo, osservava... ma non accennava neanche a un sorriso. È proprio lì che è scattata una sfida con noi stesse, una sfida che doveva portarci a riuscire a farla parlare… …. Una mattina come le altre arrivai nella sua stanza, la salutai, era lì con i suoi occhi tersi e il suo sorriso accorto che mi fissava, come sempre d’altronde, quasi a voler comunicare un messaggio sopito da tempo. Le diedi un bacio sulla guancia e, improvvisamente, con mio grande stupore, mi disse: “Ciao…”. La sua voce era un piccolo gemito singolare, una piccola brezza di vita che immediatamente rese tutto diverso. Nessuno può immaginare la gioia che provai quella mattina, mi misi seduta sul letto e le chiesi: “Come stai?” e lei, molto timidamente, con un tono tremante, rispose: “... Bene...”. ANNA adesso parla tutto il giorno, ricorda a tratti i suoi alunni, rivive i momenti di quando insegnava, quasi a scandire gli attimi che hanno caratterizzato la sua vita. …. Per assecondarla e tenerla calma ho escogitato un trucco, seppur bizzarro: spruzzo sotto alle lenzuola un po’ di deodorante, e lei, convinta che sia veleno per bruchi, si mette tranquilla. È affetta da disfagia, mangia solo i cibi macinati ma, di tanto in tanto, le do un mezzo panino con la marmellata e la sorveglio fin tanto che non lo ha leccato tutto… i suoi occhi felici e compiaciuti sono una vera gioia. Credo fosse una cosa che amava e gustava molto da giovane. Mara Baldan Casa di Riposo Menegazzi, Treviso 109 La festa di compleanno …. Enzo arrivò in RSA in un giorno qualsiasi, di un mese qualsiasi, di un anno qualsiasi, con un aspetto qualsiasi, come qualsiasi ospite che, con il muso lungo e l’animo provato, viene a ricoverarsi. Mi bastò guardarlo un secondo dritto negli occhi per capire subito che lui per me non sarebbe stato più QUALSIASI, ma che sarebbe diventato un po’ SPECIALE. …. Passò qualche giorno e l’ostilità di Enzo verso di noi, verso il luogo dove si sentiva costretto a stare e soprattutto contro la vita stessa, non solo non regrediva, ma aumentava ogni istante di più... …. quella mattina scattò in me qualcosa che mi convinse a non mollare, volevo a tutti i costi trovare il modo per arrivare a lui… …. Enzo scattò sul letto come se avesse le molle sui fianchi e, trovando non so dove la forza, raccattò le ultime energie per alzarsi e, con una manata, mi buttò in aria il piatto che avevo in mano... e, facil to è sta fine mi n o N a alla so di s m erme i a te p i a h inarm avvic letto a un’altra persona che, invece, voleva vivere, poi presi un pacco di biscotti che teneva sul comodino, li gettai a terra e cominciai a saltarci sopra sbriciolandoli, urlando che se tanto aveva deciso di morire di fame quelli non gli servivano... …. un operatore mi disse che Enzo voleva parlarmi, mi aspettava in camera. Entrai avvertendolo subito che non avrei portato nessuna medicina tanto le avrebbe buttate… ma... lui mi parlò e, a capo basso, senza …. chiesi di interagire con lui a modo mio... guardarmi negli occhi, come se avesse paura che vi potessi leggere qualcosa, mi chiese di …. Cominciai a urlargli in faccia che se voleva portargli un po’ di minestrina in brodo, che morire faceva bene, ma che non poteva avrebbe provato a mangiarla. Io non risposi, prendersela comoda in quanto toglieva il uscii e non potei fare a meno di piangere... 110 …. Enzo mangiava poco, ma mangiava, qualche medicina la prendeva e… …. un giorno lo vidi entrare in sala da pranzo per consumare il vitto insieme agli altri ospiti e ormai sono cinque anni che lo fa. Molto lentamente arrivarono nuovi progressi… …. Questo è il nostro rapporto, molto faticoso, ma sicuramente speciale. Lui cede, io rinforzo: è diventato anche il suo modo per assicurarsi il mio affetto e la mia attenzione, ogni tanto smette di mangiare ed io devo urlare e arrabbiarmi per forzarlo a riprendere… la differenza oggi sta nel fatto che lui è contento, ride quando strillo e brontolo… …. al di là di un paziente e al di là di un professionista, ci sono due persone che si incontrano, si realizzano, si odiano e si amano, con i loro difetti, pregi e debolezze, ma se si incontrano davvero può nascere qualcosa di straordinario che nessuna scuola può insegnarti... può accadere che una persona QUALSIASI per qualcuno diventi UNA PERSONA SPECIALE. Lucia Caliendo Asp Città di Siena, Siena …. Quel pomeriggio, sapendo che Maria compiva gli anni nel mese di settembre, le propongo di andare alla festa. Lei subito risponde di NO, non è mai andata e non andrà mai, neanche oggi. …. Io e la collega finiamo il giro del piano e poi torno da Maria, perché so che, come i bambini, anche questi “bambini” vanno convinti... La signora Maria alla fine accetta... Prima di scendere si stende un filo di rossetto sulle labbra e andiamo. …. La signora Maria non ha ancora realizzato cosa sta succedendo: viene chiamato il suo nome e le regalano un bellissimo mazzo di fiori. È sorridente, gli occhi brillano, chiacchiera entusiasta... …. Mentre la riaccompagno sopra, mi fa promettere che l’avrei condotta anche alla prossima festa ed io, con orgoglio, le dico sicuramente di sì: anche fossi in riposo, verrò appositamente per accompagnarla. Lei mi ringrazia e penso voglia piangere. La stringo forte (è così minuta!) e sono veramente orgoglioso del mio lavoro. o: gel n a ’ l on c e n o i ” z a offre? s s r e h e c Convderio erare una persona ”. dehesciosa può doeffsriidre più”. iù?”. fligge f a a l e “C ch ep on s e di n non soffrir dal dolore s r o F “ ò re libera me pu “E co potendosi i ?”. ” e mane non sentirs i “Fors ale modo? r o i r e i u d d i q es te, il “E in ndo…” altro d tanta gen ché anche non e l a e r u a a r , q “Gu sibile, li in mezzo o scopo. Pe buia e triste ami s o p iù che “E se essere so senza un aura p qualcuno , p n i l i o a t l n u , i con “D i, in nso donat te, più inte e condivisi n a b i b r r a li ultim e più fo ssono esse g e e r n o l do po ssere ndar tali se resti e otertene a onosci?”. r o v sono ama”. i per p ti non c con ch e che ai pensato ita terrena, posto che a i v d n “Hai m ti della tua paura, in u così tanto rridendom i n so a mome ente senz o che mi am egli occhi, m mani, n n a i seren con qualcu ardandom i stringe le o il viso e u m n e “Fors agnarmi, g con forza che gli riga e p r e t accom ente, men ente lacrim ra”… o (Pr) u m ghiran n a L dolce ndo inutilm n avere pa , st o Sud E ne ociale tratte andomi di n S a d r Azien ccini sussur rtola la Be Danie Giovanni Marangon Residenza per Anziani “Andrea Danielato”, Cavarzere (Ve) 111 ne re è... o i s s a ssiste la pdi a i hai e, m e h r Ora cil tuo cupo iù to aper n vogliodare no ti an r a i c las 112 tto Galle Clara o i Ripos Casa d , iorgio d) San G osia (P d o c S le Casa n e o n i ... chmprendilenzio co tuo s nte il bilme a apirà prob c o n o n nemmenle... ro a p e le tu 113 …. Maria aveva un bel caratteraccio e non è stato per niente facile riuscire a penetrare nella sua corazza, che si era creata da sola, non accettando l’inserimento in struttura o, meglio, “in caserma”, come la chiamava lei. …. con Maria ho scelto la strada delle coccole e questa è stata la chiave che ha aperto il suo cuore alla relazione, che mi ha aiutato a superare la sua apparente freddezza e rigidità e a costruire un rapporto di fiducia. Ho passato molto tempo a parlare con lei, conquistando sempre di più la sua stima e il suo affetto. Ci sono stati anche dei piccoli contrasti, ma sempre con il massimo rispetto da parte di tutte e due e che duravano poco; subito tornava tutto come prima. Lei è entrata nella mia vita e nel mio contesto lavorativo, incidendo però anche nella mia vita personale. Mi ha insegnato molto e penso che tutto quello che è riuscita a trasmettermi mi è entrato dentro perché io considero questo lavoro la mia più grande passione. Maria Rosa Gallo Centro Servizi per Anziani A. M. Bonora, Camposampiero (Pd) 114 Il piacere di curare con il cuore …. Ricordo ancora il giorno in cui è arrivata, dando fieramente braccetto alla figlia con la sinistra, mentre la destra impugnava un bastone con il quale si aiutava nella deambulazione; era claudicante a causa di un’artrite deformante che le tormentava l’anca; con i capelli ben curati, abbelliti da una tintura color albino e avvolti in foulard sgargiante, e con grossi occhiali di altri tempi, indossati per proteggere gli ancor vispi occhi turchesi dal sole di maggio. …. I primi giorni, come per la maggioranza degli ospiti, furono abbastanza difficili per Anna… …. Mi opprimeva vedere una persona che sicuramente aveva avuto un passato brillante, rinchiudersi in se stessa; così cominciai con piccoli gesti a cercare di fare breccia in quel muro invisibile, con l’intento di far tornare quella luce che albergava nei suoi occhi il giorno che l’avevo conosciuta. A volte non serve molto, basta una parola di conforto nel momento giusto, qualche fiore in un vasetto posato sul comodino per dare un tocco più vivo alla stanza, un consiglio su quale vestito indossare per partecipare all’animazione del salone al piano terra, un dolcetto, diabete permettendo, “allungato” sottobanco alla fine della cena … insomma piccole attenzioni che possono ottenere grandi risultati. Passati cinque mesi, Anna era tornata a essere una persona piena di spirito, che non ricordava più il suo passato con il rammarico di aver perso qualcosa, ma come un riflesso positivo sulla vita che stava vivendo. Felice di condividere con altri le sue esperienze e i suoi racconti. Laura Valentino Casa di Riposo Serena, Cilavegna (Pv) Quando la vidi per la prima volta, ricordo di essere rimasta colpita dai suoi occhi spenti che, davanti a una mia cordiale presentazione, dimostrarono indifferenza: quegli occhi non facevano trapelare alcuna emozione… quegli occhi mi guardavano come se fossi trasparente! Quel giorno è iniziata per me una sorta di sfida; sarei stata veramente soddisfatta di me stessa e del mio lavoro solo il giorno in cui avrei potuto vedere gli occhi, il viso e il cuore di quell’anziana signora sorridere ancora. Così, cominciai a interessarmi a lei, a chiederle costantemente come si sentisse, se avesse bisogno di qualcosa; iniziai a imboccarla rispettando i suoi tempi e passai molte ore a parlare di me, per farle capire che si poteva fidare, ma purtroppo ottenni pochissimo. Un giorno, entrando nella sua stanza, sul comodino vidi una vecchia fotografia che, probabilmente, le era stata portata da dei parenti venuti a farle visita. L’immagine ritraeva un’imponente figura maschile, con accanto una raggiante, solare ed elegante donna: era Maria. Subito mi precipitai nel guardaroba dell’A.P.S.P e scelsi alcuni abiti eleganti e dai colori vivaci che poi sottoposi al gusto di Maria; questa rispose con cenni deboli ma significativi alle mie domande, facendomi capire che l’abbinamento di abiti che avevo scelto per lei era di suo gradimento. Più tardi la accompagnai dal parrucchiere della struttura. Quando tare n e t i erò d ando t t e Sm solo qu uperare ò a s idenza r i c s riu ua diff la t fu completamente cambiata, le porsi uno specchio, che avvicinai alla vecchia fotografia che la ritraeva con il marito: la donna si guardò attentamente e i suoi occhi tornarono ad ardere di quella luce che io chiamo “voglia di vivere”. …. I progressi di Maria continuarono e, giorno dopo giorno, tornò a usufruire di quelle piccole cose che rendono la vita un dono prezioso: ricominciò a camminare, a giocare a carte in compagnia e a truccarsi. Trascorsero sei mesi e una sera, la ricordo ancora come se fosse ieri, accompagnandola a letto, mi sorrise e, con sorpresa, mi disse: “Avevo perso tutto, volevo morire e tu hai saputo guardare dentro di me, hai creduto in me e mi hai ridato la vita. Grazie”. La rassicurai, non lasciai trasparire alcuna emozione, uscii dalla stanza e scoppiai a piangere come una bambina. Brunella Foglio A.P.S.P. Rosa Dei Venti, Condino (Tn) 115 la storia degli ospiti diventa uno stimolo per fare considerazioni più ampie L’ospite diventa per l’operatore una fonte di ispirazione, una “musa” che stimola pensieri e ragionamenti. Le vicende della casa di riposo e le vicissitudini dell’assistito sono un punto di partenza: i narratori, nel corso del racconto, “evadono” dal momento presente per riflettere su chi sono e su quali strategie possono mettere in atto per migliorare la qualità dell’assistenza. Grazie al rapporto con l’anziano, colui che assiste ha modo di compiere un lavoro di introspezione su se stesso e di fare considerazioni sul proprio modo di lavorare. a te che mi hai ispirato 117 …. I racconti della vita presente e passata dell’ospite e delle vicende che accadono all’interno della casa di riposo diventano il pretesto per riflettere sulla propria professione, per capire che cosa significa essere operatore e, soprattutto, assistere al meglio una persona. La storia di Maria o avor è l o t s In qtueecnica noonnta la te: c e n e i c i suff ù il cuor pi …. Le residenze per anziani sono ambiti dove le fragilità si concentrano, ambiti che, metaforicamente, possono essere pensati come “contenitori di cristalli”, dove la cura della fragilità possa permettere alla bellezza del cristallo di sopravvivere. …. Chi lavora nelle residenze per anziani ha il difficile compito di creare le condizioni per “permettere la vita” di chi vi è ospitato. …. Nei percorsi formativi che seguo quale tutor chiedo agli studenti di redigere un breve elaborato su un’esperienza di tirocinio... …. Generalmente, nonostante le raccomandazioni, ciò che viene elaborato è una sintesi di un trattato sulle patologie 118 e una declinazione asettica delle attività svolte. Ero talmente abituata a questo stile di relazione che quando, finalmente, uno studente mi ha presentato una relazione diversa, quasi non me ne capacitavo. …. spero che tutti voi che andrete a leggere questo breve racconto proviate lo stesso brivido di emozione che ho sperimentato io e che possiate condividere il messaggio apposto alla fine della relazione. …. Il reparto al quale sono stato assegnato ospita 64 persone, tutte donne. …. Mi guardo intorno e rimango quasi impietrito di fronte a tante persone, chi in carrozzella, chi su una sedia, alcune, poche, che camminano senza meta; tanti sguardi persi nel vuoto come ad aspettare qualcosa… chi assopita, chi addormentata, chi impegnata in movimenti ripetitivi e ossessivi…” Me ne torno a casa, non è qui che voglio fare l’OSS, non vedo possibile che “l’angelo che cura”- è così che mi sentivo prima di entrare - possa lavorare qui”. …. Ho un ricordo vago di tutte le persone che ho incontrato in quel primo giorno, ma la “strana” sensazione che dietro a ognuna di esse si nascondessero attese, bisogni, sentimenti inespressi, storie di vita pronte a uscire con veemenza se solo qualcuno si fosse dimostrato capace di ascoltarle, mi ha accompagnato per tanto tempo. …. Maria mi ha commosso per la sua situazione, è totalmente incapace di muoversi, di parlare, di esprimersi, di bere… è come un fiore legato in un letto, con due occhini grandi, azzurri, che vedono ora un mondo molto ristretto, solo le tre angolazioni della sua camera, a seconda della postura, e un grandangolo sul salone… …. La sua fragilità, il suo non poter dire nemmeno “mi fa male questo”, “mi sta dando fastidio quello” hanno fatto sì che Maria diventasse per me una persona speciale. …. ho proprio pensato che per lavorare qui bisogna esserci con la testa, non è come assemblare sgabelli; ho davanti una persona che può soffrire parecchio se io non mi accorgo dei suoi problemi. …. La signora Maria non mangia, non dice “vorrei questo”, “vorrei quello”, anzi, nemmeno ti parla “poverina”, non ce la farebbe con i problemi che ha a masticare, a deglutire, nemmeno se qualcuno la imboccasse. …. Ho imparato dall’espressione beata degli ospiti quanto piacevole può essere un bagno eseguito con delicatezza o, al contrario, come gesti bruschi provochino non solo dolore ma anche amarezza… come fanno certi operatori a non accorgersene!!!! …. Anche se non “capisce” chiudo le porte mentre è nuda (non stavano mai ben chiuse!!!), anche se non capisce le parlo, anche se non capisce la pettino bene, anche se non capisce lavo il suo pupazzetto perché puzza, anche se non capisce… ma poi chi l’ha detto che non capisce?!?!?! …. Ho imparato… Ho imparato… Ho imparato… …. Il tirocinio è finito ed io mi porto a casa la voglia di vivere bene, di essere allegro per portare allegria, la voglia di servire, con tutti i miei limiti e difetti, la voglia di essere utile e di imparare a fare bene questa professione, perché è solo facendo il bene che sento di non avere paura di invecchiare. Adriana Belotti Casa di Riposo Caprotti Zavaritt, Gorle (Bg) Alice …. Alice mangia la merenda in un freddo pomeriggio primaverile. La assapora piano, come un pulcino che becca i suoi acini di grano. Si lascia baciare dal sole con gli occhi chiusi e, piano piano, incomincia a pettinare i miei capelli con le dita. Li carezza, quasi sbrogliandoli. Un contatto con me, una delle tante che la osservano di sottocchio mentre veste i panni della Cenerentola, più che dell’ospite di struttura. Il mio cuore batteva forte, non potevo credere che lei si stesse occupando di me… Sembrava di vivere qualche attimo della sua vita passata, quando forse si occupava di una delle sue sorelle. …. Di Alice forse ne troverò altre o forse no, ma le dita della mano di chi ci sta accanto sono sempre tante e diverse. Spesso mi dicono “prendimi per mano” semplicemente con uno sguardo. Alejandra Fong Rsa 9 gennaio, Modena …. anche le cose più banali diventano importanti quando un paziente non comunica. 119 Nora Ferrari Casa Protetta Villa Richeldi, Concordia sul Secchia (Mo) Qualcosa di più Il racconto di… …. Le gambe della signora Teresa non le permettono di camminare bene e in modo autonomo, ma lei adora scrivere, in particolare alla sua amica Francesca, con la quale ha condiviso molti momenti, belli e meno belli. Conosciuta in gioventù a Milano nell’ambito lavorativo, l’amica si era poi trasferita a Roma per motivi familiari. L’amicizia tra loro non era mai cessata, nonostante la distanza. Dopo si erano incontrate ancora e, ogni volta, si accorgevano di essere sempre in sintonia come un tempo. Sincere e schiette, si erano sempre dette tutto e non era mancata nemmeno qualche scaramuccia, poi chiarita, anche con un po’ d’ironia o con l’intelligenza di riconoscere i propri errori. Con l’avanzare dell’età, i loro incontri si erano diradati e dall’ultima volta erano trascorsi già dieci anni. …. Chiuso, senza alcun rapporto interpersonale, manteneva le distanze, pur godendo di eventuali cortesie altrui. …. Vi sono certi giorni in cui i nostri pensieri sono rivolti ai problemi personali e alle preoccupazioni familiari e non sempre si è sereni e rassicuranti verso le persone che, invece, avrebbero bisogno di continua attenzione, di sorrisi e di parole. 120 spite o i n og ro a ondono t e i D i nasc sogni, s i i se, b nespress e t t a i enti m i t n se …. Ora può iniziare un percorso nuovo, difficile, si deve adattare alla sua nuova casa e sconfiggere l’intruso che invade la sua mente. …. In breve, si è reso conto che era attorniato da persone amiche e ha cominciato a farsi aiutare... Era uscito dal suo labirinto... …. I gesti che ogni giorno ci impegniamo a fare per curare, assistere e aiutare le persone non più giovani e spesso sole che sono qui in questa casa devono essere delicati e vanno più in là dell’assistenza, inoltre è importante instaurare un rapporto di fiducia con le ospiti, loro si abituano a noi e noi a loro, ci si conosce e affeziona. Uno di questi gesti è stato quello di soddisfare il forte desiderio della signora Teresa. La scorsa primavera, con l’aiuto di una collega e di un volontario, siamo riusciti a portarla a Roma per qualche giorno dalla sua cara amica Francesca. …. Bruno rimase con noi alcuni anni e instaurò con noi una sorta e una specie di reciproco rapporto di fiducia, di cortesia e di affetto... Anna Maria Cazzolli Piccola Casa del Rifugio, Milano Daniela Zanotto Istituto per Anziani Casa De Battisti, Cerea (Vr) …. La regola numero uno è la pazienza, la costante stimolazione, la calma nel tono di voce e nel modo di fare. …. La condivisione degli obiettivi in un lavoro di gruppo, il coinvolgimento, a volte anche dei parenti, in un rapporto globale, ci consente di ottenere risultati spesso insperati. Constatare il buon adattamento del cliente nel nucleo ci dà soddisfazione. 121 La cornice del mio quadro …. Ora, infatti, so bene che quando un anziano entra in una casa di riposo porta con sé un’intera vita, un bagaglio smisurato di ricordi e di esperienze e compito di noi operatori è prenderci carico anche di questi. …. È sulla base di questa unicità della persona che si incentra il lavoro dell’operatore, che deve riuscire a trovare un canale comunicativo adeguato per ogni anziano. …. ho il piacere di raccontare la storia di un’ospite, una storia di vita piuttosto dura… …. Nata settantanove anni fa, è la prima di cinque figli. Mi narra che la sua infanzia è trascorsa serenamente perché fra parenti si aiutavano molto. …. All’età di ventuno anni si sposa e, un anno dopo, diventa madre di una bambina. …. Dopo circa un anno e dopo una lunga serie di peripezie burocratiche, riesce finalmente a raggiungere il marito in Australia. Ed è lì che lei si è 122 sentita insoddisfatta, mi descrive un suo personale senso di fallimento per il fatto che lì non ha un lavoro e non si sente utile. …. Il marito, poco tempo dopo la nascita del secondo figlio, si rompe una vertebra conseguentemente a uno starnuto vigoroso. …. Dopo la nascita del terzo figlio, decidono di aprire un negozio di hobbystica. Lei si interessa di servire al bancone, mentre il marito rimane seduto in sedia, lì accanto a lei. …. Lui la mente, lei il corpo. Mentre prosegue il racconto, mi accorgo di come il marito vedesse nella moglie quello che avrebbe potuto fare lui. …. Angela mi racconta che era il consorte a decidere quando uscire, dove andare e cosa fare. Mi dice che gli piaceva fare festa e che non demordeva nonostante le sue condizioni fisiche. …. è con una storia come questa che vorrei sottolineare l’importanza che ricopre la vita di ogni ospite, io ve ne ho descritta solo una, ma tutte meritano profondo rispetto. Capendo la vita di ogni anziano si può allora procedere, a mio avviso, a un progetto mirato. …. Parlo di capire le persone con cui lavoro quotidianamente, di scoprire i loro bisogni, per riuscire così a comprenderli maggiormente, al fine di offrire loro un aiuto o un supporto migliori. …. Ecco, quindi, quelli che sono i miei gesti che fanno sentire bene Angela: un consiglio sull’abbigliamento, un ascolto disinteressato, una risata condivisa, l’aiuto nell’indossare un paio di orecchini, un dialogo inerente i temi più strani. …. Il lavoro di operatore socio-sanitario, infatti, va al di là delle semplici azioni routinarie che poi, con il tempo, possono diventare meccaniche (il lavare o il vestire), ma si compie attraverso un’infinità di sguardi, di gesti semplici e mai banali. Gesti che cambiano da ospite a ospite. Una pacca sulla spalla, un sorriso, una risata, uno sguardo trasparente, una scelta di un indumento, una camminata in giardino, un ascolto disinteressato, il racconto di una barzelletta, l’aiuto nell’utilizzo del cellulare, una carezza: sono questi i piccoli gesti che fanno grande questo lavoro, rendendo la cornice del quadro un tutt’uno con la tela. …. Volendo utilizzare un detto di un tempo posso dire di poter paragonare il lavoro di operatore socio-sanitario a un bastone. Questo ti sorregge, ti aiuta a camminare e ad andare avanti, ti aiuta a essere ancora un po’ autonomo anche quando non lo sei più. Questo è ciò che rappresenta il tanto amato, quanto detestato, bastone per un anziano. Noi operatori quindi diveniamo il loro bastone! Isabella De Bortoli Casa di Riposo Villa Belvedere, Crocetta del Montello (Tv) a: bast n o n e Agisroe gna aneche bi ltar e o c s a rvar osse …. Un giorno entrai in una camera dove stava una signora ormai allettata, ma molto lucida e con la quale si era creato un feeling speciale: bastava guardarci e ci scambiavano tutto quello che sentivamo senza parole. Mi disse: “Paola, oggi negli occhi hai un cielo nuvoloso che promette pioggia”… Era proprio così, ero molto triste e avevo le lacrime a misura di uscita. È bastato un abbraccio liberatorio per aprire il cuore e diventare più serena. Cara Bruna, quanto mi hai dato, di più di quello che io ho potuto fare per te! esprimono non solo attraverso le attività di base quotidiane, ma anche “nell’accompagnamento” della speranza per il giorno dopo, perché dentro a frasi piene di rassegnazione che ti fanno spesso gli anziani, c’è sempre la richiesta implicita di sentirsi dire che domani sarà un giorno diverso, che si avrà ancora qualcosa da fare insieme, insomma una prospettiva di vita. …. Il tocco della mano e la carezza spesso, però, fanno miracoli. Mi ricordo che, a un corso di formazione, un docente ci disse: “Per capire il disagio dei portatori di demenza, pensate di svegliarvi improvvisamente in Cina, avete sete, non conoscete la lingua e siete guardati con diffidenza perché gesticolate per farvi capire, ma nessuno vi prende in considerazione”. Ho pensato alla paura, alla rabbia, al senso di essere sperduto, tutte emozioni che vivono coloro che hanno questa malattia. L’empatia diventa così la pratica quotidiana. Paola Zanerini Casa Protetta Asp Circondario Imolese, Medicina (Bo) …. La passione di assistere aveva per te nuove conferme ogni giorno. I nostri gesti di assistenza si 123 …. Vi racconto di un nostro ospite, Mario V. e del 10 che lo accompagna in quello che fa, per tutto l’arco della giornata. Dieci sono i cucchiai di latte e biscotti che prende al mattino… Io assisto Una carezza materna …. Così cerco di sospendere il giudizio e di sostituirlo con un abbraccio o una stretta di mano, una carezza o un sorriso. Questi …. Quando è ora di vestirlo, la prima manica semplici gesti fanno bene a qualunque età, sia a chi li compie sia a chi li riceve perché del maglione si deve tirare e sistemare per un sorriso addolcisce il viso di chi lo dona dieci volte prima di proseguire… quando gli mettiamo le scarpe, si conta fino a dieci prima e il cuore di chi lo riceve. Ho imparato che in questo rapporto non è importante di infilarle e così via… “quanto” si dà, ma “come” si dà. …. Un giorno decisi di fermarmi qualche …. Una mattina ho vissuto un’esperienza minuto in più con lui. Parlando, smise di con un’anziana del mio reparto che mi ha contare fino a dieci e mi raccontò della sua vita da bambino; di una sorellina morta all’età aiutata a dare un senso al mio lavoro, è di sei anni, delle difficoltà della guerra e delle stata una vicenda che ha toccato la mia sensibilità e mi ha coinvolto emotivamente. sue sofferenze. In quel momento ho visto un La signora P. era stata sottoposta a una ospite diverso, con la tristezza negli occhi, medicazione molto dolorosa; sul suo viso e mi tornava difficile paragonarlo a quella si leggeva chiaramente quanta sofferenza persona che, a primo acchito, sembra strana le avesse provocato tale manovra e come e difficoltosa da seguire... questo dolore la stesse davvero facendo soffrire. …. Dedico queste poche righe a Mario perché quei 5 minuti che gli ho dedicato …. La signora era sdraiata a letto, mi sono ritornati, mi hanno reso più attenta immobile, come se la posizione stessa ai bisogni altrui e mi hanno fatto capire avesse per lei un potere analgesico. A che in questo mondo che corre così veloce questo punto, spinta da una forza interiore la capacità di stare ad ascoltare è molto empatica, ho sentito il bisogno di cogliere importante. e condividere ciò che la signora stava A Mario 10 volte grazie! provando. Mi sono avvicinata al suo letto, chinata su Giovanna Camon di lei, ho cercato il suo sguardo, ho preso Casa di riposo S. Giorgio, Casale Scodosia (Pd) 124 la sua mano tra le mie per infonderle coraggio e ho cercato di trasmetterle le mie emozioni, così intense e cariche di tenerezza, ma soprattutto ho cercato di farle comprendere che io in quel momento ero lì solo per lei e tutta per lei, affinché potesse sentirsi amorevolmente capita e considerata. La signora P. mi ha risposto accarezzandomi amorevolmente il viso, guardandomi negli occhi e sorridendomi, il tutto avvolto da un silenzio che mi è sembrato colmo di parole amorevoli e affettuose. Michela Radi Istituto Falusi Marina di Levante, Follonica Gr) …. Forse in quei momenti P. si è davvero sentita capita, mi ha percepito vicina anche se sapeva bene che non avrei potuto alleviare il suo opprimente dolore fisico, bensì solo condividere psicologicamente la sua sofferenza. Quale generosità semplice e tremenda al tempo stesso – in questa lezione di vita, nella capacità di rispondere con amore e affetto al dolore e alla disperazione. Maria Luisa Delocchio Fondazione Castellini Onlus, Melegnano (Mi) 125 …. A volte mi chiedo se la scelta di prendermi cura delle persone anziane sia stata una sorta di missione oppure un qualcosa di casuale, in realtà credo che il segreto del mio successo professionale in tutti questi anni di servizio con le persone anziane si possa descrivere con tre parole chiave: ascolto, sensibilità, osservazione. La persona anziana, che può essere anche nostro nonno, che per scelta o necessità si trova a trascorrere gli ultimi anni della propria vita all’interno di una struttura è sicuramente una persona con una propria anima, personalità, carattere e che, al momento dell’ingresso in casa di riposo, porta con sé un bagaglio di esperienze di vita, di famiglia, gioie, dolori… insomma una sorta di curriculum vitae… …. Vorrei raccontare un episodio personale… …. Proprio quella mattina si trattava di intervenire sul suo umore un po’ depresso: la signora, che dopo l’igiene personale usa truccarsi il viso e profumarsi il corpo, quel giorno proprio non voleva saperne. Allora tentai di convincerla che, spettinata e struccata, non sarebbe stata come gli altri giorni, quindi la accompagnai al bagno, facendo più tentativi, finché la convinsi… …. accompagnai la signora in sala da pranzo per la colazione. Per un attimo mi guardò in viso e poi mi disse: “Antonella, ma questa mattina non ti sei pettinata?”. Subito entrambe scoppiammo a ridere e …. Allora io credo che, di fronte a tutto questo, quando un anziano ti vuole parlare lei, con tono affermativo, confermò: “Eh e ha voglia di comunicare, non ci sia niente no, non ti sei pettinata!”. di meglio del sapere ascoltare. Impariamo …. Ritengo che l’osservazione usata ad ascoltare uno sfogo, un pianto, una come strumento di lavoro sia una regola lacrima e anche una semplice richiesta… di base dell’assistenza, in particolare di quella rivolta all’anziano che non riesce a esprimersi. Osservare i movimenti, i gesti, i comportamenti di una persona in difficoltà, spesso, ci aiuta a risolvere un disagio o a soddisfare un bisogno. Antonella Ceolin Antica Scuola dei Battuti, Mestre (Ve) 126 Natalia Nicolosi Consorzio Monviso Solidale, Racconigi (Cn) La vecchia grinzosa Angela …. Bisogna evitare di credere che le persone non autosufficienti siano tutte uguali… mi sussurrò il suo disagio e il suo malessere per essere in quello stato, per tranquillizzarla le strinsi la mano… …. Angela era una donna molto ambiziosa, colta e molto solare, amava la vita. …. Bisogna essere in grado di prestare attenzione a certi particolari. Penso che questo lavoro, l’operatore, non sia di tutti. Le persone non sono tutte uguali, sia per quanto riguarda le persone bisognose sia per chi offre il suo aiuto. …. La prima volta che ebbi un contatto con Angela è stato quando dovetti darle la colazione. Entrai timidamente nella sua stanza, guardandomi intorno, chiedendo permesso, la salutai con un “buongiorno” e mi presentai con un sorriso. Ricordo con quale sguardo mi fissò mentre le porgevo il cucchiaio e le parlavo per farla sentire a suo agio; Angela iniziò a mangiare molto lentamente e con fatica, ma capii subito che lei tentava di dialogare con me. …. Credo, inoltre, che la comunicazione più importante sia quella non verbale, anche un semplice sorriso dona serenità. L’animo di una persona buona può trasmettere tranquillità e gioia. Ho imparato, grazie ad Angela, che uno dei bisogni fondamentali di ogni malato è quello di parlare di sé e di comunicare con gli altri. …. Un giorno mi disse: “Tu mi piaci perché Il nostro approccio deve essere fondato non hai fretta”. Le spiegai che la fretta sull’ascolto. non è degli operatori, ma di una continua Patrizia Cherubin esigenza del reparto e dei molteplici Centro Residenziale per Anziani, Cittadella (Pd) bisogni degli ospiti. Imparai che con lei la fretta è la cosa più sbagliata, quindi assecondai i suoi tempi. …. Un episodio magico, che ricordo, è avvenuto durante un bagno, quando 127 Bianca, Bianca …. io credo che non sia la quantità del tempo che si spende per fare questo lavoro che è “affascinante e particolare”, ma è la qualità con la quale eroghiamo assistenza che ci contraddistingue gli uni dagli altri… …. cerco di non dimenticare mai una cosa che mi sta molto a cuore, ossia di guardare ogni tanto gli utenti negli occhi e percepire, non solo i loro fabbisogni fisiologici, ma anche quelli legati alle loro e alle nostre emozioni e fare attenzione al tipo di comunicazione che, molte volte, non risulta efficace, solo perché spesso “manca” il tempo. Io credo che sia importante sfruttare anche i momenti che abbiamo quando lavoriamo sui nostri utenti erogando loro delle prestazioni, come il semplice cambio del pannolone o la somministrazione di un farmaco. una casa protetta. Avevamo una signora come ospite che aveva molte patologie invalidanti, che compromettevano qualsiasi contatto verbale con noi infermieri e operatori, questo però non significa che la signora non capisse ciò che veniva fatto su di lei… …. Solo dopo aver letto quella lettera ho capito il messaggio: praticamente lei mi ringraziava per aver trattato sua madre come una persona, nonostante questa non potesse comunicare con me a parole, e per aver usato tanto rispetto per quella donna che lei amava tanto. …. Io credo che quelle parole siano state importanti per me, visto che mi spingono a fare sempre meglio, e che sono gli utenti che danno a noi operatori delle soddisfazioni che non hanno prezzo. E quando ti accadono queste cose vai a …. L’unica importantissima arma che casa molto soddisfatta e contenta, anche abbiamo, secondo me, è quella del dopo una giornata molto intensa di lavoro. “contatto“ con i nostri utenti, visto che Perché alla fine ti rendi conto che ogni abbiamo una relazione corpo a corpo con giorno di lavoro, se fatto con il cuore e con loro, e dobbiamo sapercela giocare perché le competenze necessarie, ti rende ancora è importante il come si parla, il come si capace di dare e ricevere. tocca un utente… …. Vorrei raccontare un’ultima cosa che mi è accaduta durante il lavoro che svolgo in 128 Immacolata Scognonillo Casa protetta per Anziani Vignolese, Modena lieve, lieve… scende la neve… …. Bianca in un attimo mi ha trasmesso tantissime sensazioni: le sue emozioni, le sue attese, i suoi ricordi, le sue ansie e le sue paure. Mi ha fatto riflettere sulla fortuna che ho di incontrare quotidianamente visi dolci e sguardi penetranti come il suo, visi segnati dal tempo e dalla sofferenza, occhi che non vedono più o che inseguono l’infinito. Mi ha ricordato quanto sia grande la responsabilità del prendersi cura di una persona “fragile”, quanto sia importante regalare piccoli attimi di felicità e quanto sia emozionante penetrare il tuoggo o n Io soe: ti sorredare an on bast iuto ad a alta e ti a ti a test avan La panchina lo sguardo di una ottantasettenne come lei, per immaginarla e riscoprirla bambina, maestra, donna… …. E allora anch’io mi sento sollevata perché percepisco che anche il mio lavoro ha un senso in quanto è fatto, sì, di tecniche corrette, di bagni assistiti, di ausili confortevoli, ma soprattutto è fatto di persone che hanno il diritto di conservare la propria identità e passa, quindi, attraverso piccole e grandi attenzioni, empatie e sorrisi, emotività e tenerezza. Piccoli gesti, sguardi, carezze, incoraggiamenti, cose che apparentemente contano poco, che non costano a chi le fa, ma hanno un valore straordinario per la persona che le riceve e avvicinano entrambi al senso del vivere, anche nei momenti di sofferenza... …. “Ma, maestra Bianca, cosa fa qui? Perché non se ne sta seduta tranquilla in salone ad attendere la colazione? Adesso arriva!!!”. “Oh cara! Proprio te cercavo!” esclama riconoscendomi dal timbro di voce. “Per fortuna che ti ho trovata! Io sono persa. Io non so cosa devo fare! Sono scema, non so più niente! Aiutami per favore!” aggiunge in tono accorato e concitato. Laura De Maria e Carla Tesio Casa di riposo Chianoc, Savigliano (Cn) …. Ma cosa diamine stava accadendo? I ruoli si erano forse invertiti? Diego rifletté su ciò che questo comportava. Un ospite della struttura si stava “prendendo cura” di lui, quando era lui che avrebbe dovuto assisterlo. Già, ma cosa significa il verbo “assistere”? Assistere, dal latino Ad-sistere: “stare presso qualcuno per aiutarlo, soccorrerlo o giovargli”. “E allora chi l’ha detto che io sono colui che assiste e l’anziano ospite sempre l’assistito? Certo, a livello puramente pratico, sono io che mi prendo cura di lui, sostituendomi o aiutandolo a compiere gesti quotidiani che non è più in grado di svolgere autonomamente. Ma “giovare” a qualcuno non significa esclusivamente compiere gesti pratici di aiuto nei suoi confronti… A volte giovano molto una parola, una carezza, un sorriso. Quindi, perché no? A volte anche un anziano ospite può prendersi cura di noi, che troppo spesso abbiamo la supponenza di essere indispensabili. Il confine tra colui che assiste e colui che è assistito è sottile, se visto sotto quest’ottica. Tutto ciò per dire che l’assistenza… “il prendersi cura” è sempre un rapporto biunivoco. Ogni persona della quale ci prendiamo cura nella nostra vita, che sia un bambino, un anziano o un coetaneo, indiscutibilmente si prende cura di noi, in maniere e livelli estremamente differenti tra loro”. …. E, al contrario di quanto scritto in autorevoli articoli pseudo scientifici riguardo la “distanza professionale” da tenere, non vi è assistenza senza coinvolgimento emotivo, fosse anche il puro piacere per aver svolto con coscienza il nostro lavoro. La professionalità non viene preclusa dall’affetto né, tanto meno, dalla confidenza o da un sorriso. E per gli anziani che noi assistiamo ogni giorno, rendersi conto che anche loro possono prendersi cura di noi, può essere una nuova e stupefacente scoperta. Allora non si sentono più inutili. Diego Colombo Opera Don Guanella, Castano Primo (Mi) 129 Michela Radi Istituto Falusi Marina di Levante, Follonica (Gr) …. Se riesci a entrare nell’ordine di idee che coloro che ti girano attorno non sono persone in parcheggio e che anche quella che dimostra più apatia nei tuoi confronti in realtà ha bisogno di te, vedrai che con un semplice gesto riesci a fare grandi cose, con l’esperienza ho imparato che tutto ciò che noi diamo per scontato, come un sorriso un gesto affettuoso, per gli anziani è fonte di gioia e di gratificazione. …. Istintivamente, forse spinta anche dalla consapevolezza che avevamo la stessa età, le feci una carezza e le diedi un bacio. Mi guardò con sorpresa e ritrosia, dicendomi che per lei nessuno aveva mai avuto un gesto buono. Pur consapevole che noi operatori abbiamo l’obbligo di trattare tutti gli ospiti in modo uguale e senza preferenze, da quel giorno ogni volta che vedo la signora cerco di trovare il modo di avvicinarmi e di darle un po’ di attenzione e di affetto. …. Sono queste le gratificazioni più grandi che ricevi se lo fai con passione e non lo ritieni “solo” un lavoro; un termine che proprio non si addice all’operato che svolgi, apparentemente ripetitivo, ma in realtà ogni giorno diverso, e ogni giorno, ogni singola persona ci insegna qualcosa: sta a noi fermarci, riflettere e osservare. Con il cuore …. feci per guardare L. D. (un ospite autosufficiente, divertente e sempre pronto al sorriso) e notai che non dormiva… lui di solito dorme con gli occhi socchiusi, tuttavia questa volta aveva lo sguardo molto triste e gli occhi così lucidi e malinconici che non ho potuto fare a meno di chiedergli: “Come va? Cosa succede?”. L. D annuì con la testa, facendomi capire che qualcosa in realtà non andava. Gli presi la mano con ancora i guanti e, non feci nemmeno in tempo a riporgli la domanda, che gli scesero delle lacrime dal viso. In quel momento mi sentii di abbassare la sponda, togliere i guanti e mi sedetti accanto a lui. …. Lui rispose: “Non del tutto, perché non capisco come sia possibile che una donna che conosco a mala pena abbia avuto il pensiero di venirmi a trovare… mentre c’è gente della mia famiglia che pensa solo al mio conto in banca”. …. Quando tornai nella stanza di L.D, un sorriso mi giunse sul viso, misto a un senso di tenerezza, perché notai che adesso dormiva sereno. Se non fossi entrata in quella stanza proprio a quell’ora, non mi sarei accorta della sua tristezza e lui sarebbe rimasto solo con le sue lacrime, fino a quando la malinconia non lo avrebbe (forse) condotto tra le braccia del sonno. …. Essere operatori socio sanitarie significa soprattutto questo. Essere vicini a chi ne ha bisogno, prima con il cuore e poi con le mani. Gli ospiti questo lo percepiscono. …. Ci vorrebbe un amico a tempo pieno anche per loro. Mariagrazia Porto Istituto Assistenza Anziani, Verona Beatrice Sartori Casa di riposo S. Giorgio, Casale Scodosia (Pd) 130 131 …. Sin dal giorno dell’ingresso in struttura, il suo comportamento è stato molto corretto. Alternava momenti di partecipazione attiva alla vita della Casa a momenti di tristezza e “isolamento” mentale. domanda interlocutoria, mi risponde sorridendo e dice: “Mi hanno detto che ho la bronchite, ma il dottore non ha mai tempo per ascoltarmi, penso che fra breve vi saluterò per sempre, non son insemenì…”. …. Aiutava gli altri ospiti facendo piccole mansioni che lo gratificavano e lo occupavano durante la giornata. Inoltre, ricercava volentieri la compagnia degli operatori, la cercava con molta discrezione, soprattutto cercava di capire quando noi operatori eravamo disponibili ad ascoltarlo. F.F. amava farsi ascoltare dagli operatori, a loro narrava la sua storia, le sue esperienze di una vita vissuta in onestà, che lentamente proseguiva, ogni giorno regolare, stessi orari, stesse abitudini, stesse persone… …. imparo a non avere fretta con lui, quando possibile mi prendo una sedia e mi siedo vicino al suo capezzale. Non occorre per forza parlare, so che lui sente la mia vicinanza, non si sente solo… …. Il medico della struttura decide di ricoverarlo per una diagnosi… F.F. viene catapultato, suo malgrado, fuori dal suo quotidiano, non vede più i suoi amici, non può chiacchierare con noi, è triste, ma accetta di buon grado la decisione “del dottor”, “ciò, al dotor l’à studià, l’à rason”. …. F.F., felice, rientra in struttura, con dovizia di particolari ci racconta i 10 giorni trascorsi in ospedale. Quando, per capire le sue aspettative di vita, gli faccio qualche 132 …. È importante dedicargli tutto il tempo necessario, perché il contatto fisico e il massaggio del corpo, nella fase di terminalità, rappresentano un veicolo di “buone cure”. …. Ricordo, inoltre, un quadretto molto banale, ma efficace, che mi hanno fatto vedere gli operatori delle cure palliative. Nella foto c’è un medico e uno strumento di lavoro… la sedia. La didascalia recita: “La miglior terapia del palliativista è la sedia”. …. Noi operatori abbiamo imparato che un malato terminale è gestibile e arricchisce spiritualmente tutti quelli che gli stanno intorno. Katia Forner Casa di riposo S. Antonio Abate, Alano di Piave (Bl) to t e l o z z a badai f n l o i n o i e Pensieri intimi di un operatore La vecchietta mi scrutò severa, indicandomi con un dito. Esprimendosi in un italiano privo di inflessioni dialettali, mi chiese: “Ma lei… mi dica la verità... è un dottore o un nettaculi?”. Sorrisi amaro, pensando che la donna che avevo di fronte aveva già superato i novanta... “Cosa potevo risponderle?”. …. Non ho timore di confessare che il mio impatto con il mondo degli anziani all’interno di una casa di riposo fu sconvolgente! …. Studiai il mio approccio personale con ciascuno di loro. Questo metodo rappresentò la strategia per accettare il più serenamente possibile il mio nuovo incarico. Una volta appresi i nomi e i cognomi degli oltre trenta ospiti del reparto, con l’andar del tempo, costruii un rapporto specifico con ciascuno, stupendomi positivamente ogni qual volta entravo in possesso di nuovi tasselli della loro vita. Compresi come i ricordi ricordi lontani di decenni - sono in grado di curare ferite e delusioni, di ricucire rapporti, persino di dare un senso al futuro quanto mai precario di persone che contavano, ormai, ogni giorno di vita come uno strappato alla morte. Era durante la vestizione mattutina che si instaurava quel particolare contatto: molti di loro (quelli in grado di comprendere e di volere, ovviamente...) si fidavano di me, comprendevano il mio tatto, percepivano il mio interessamento. Di alcune donne divenni addirittura il beniamino. …. Se la malattia e l’invalidità rappresentano una specie di freno a mano tirato, ecco che l’operatore, nelle giuste condizioni, può sostituirsi a quelle mancanze e alimentare una speranza, quella di essere comunque capiti, accettati, di sentirsi insostituibili anche se non si è come le persone anziane della pubblicità, dai lineamenti perfetti, mentre accolgono a braccia aperte i loro nipotini. Stefano Fagioli Istituto Assistenza Anziani, Verona e, ra o carton distanza di n i d g a i i a lig La s sua va cora oggi, a li, l n o n i ugua òc aa t iv m tre let gia no; i do arr la signora, Maria. r t n l a a u i “Q icco me, ’erano a la sua val a un p c o , n a l a l r o e ,m il su ame c’er a qu cordo i nella sua c ra anonimo li già logori e con i i r , i n e o an na ria e ante ve mpag gli ang to Ma L’acco madio a du rtone con ette sul let i indicò do in m d o ca ar il suo a valigia di la sua. Si se egnazione, o delle fot del n l s l , , a in que sato di vita mevano ras dorato c’er tour Eiffel , a i l n o r o e n l a p cond chi che es nel borsel raffigurat rma di cig , , c o n suoi o le sue cose artolina co i avorio a f te. E, infine c i o e id riporr e nero, una ei pettinin ici arruggin del tavolin i o d b n t r , o t o bianc o francese rte ma io di f ti nel casse o a t p s n … t u profum ria rosa e re i fazzole e tra le sue congedò p i i a s c n della ò di sistem o e lo stri lievo, poi m n l g u mi pre ne prese ospiro di so o s t i n si e sub tto, tirò u è qua a con a e ’ l h l c e , . n i m e, toffa erson ziando zo di s i c’è una p pre vinte, z e p ringra rn m olo n picc do nei dinto glie non se onforto u a o uan rca c batta dicat … De presente q ombattuto ora, sola, ce incapace , c re semp to, che ha to amore e : miserabile trebbe u u a o f s i un vis dato e ricev zzo di stof ante, che p n attimo, c e l u r a p n r a h on p che lo pe ver, u ccolo sto pi o in serie, n nori se, so per non do etti”. e u q l ig in , tt torno i fazzo a noi S are, fa di am sostituito d rdassimo in na scorta d a u , Carrù essere imo e ci gu retti a farci Civile le a d e s t s s sp etti O ferma i, essere co Chion a n n a ia Tiz dom 133 (Cn) Raccontare e sapere ascoltare Mi chiamo Annalisa e ho cominciato a fare questa professione circa sette anni fa. Ricordo, al test d’ingresso per il corso ADeST (Assistente Domiciliare e Servizi Tutelari), che mi chiesero cosa mi aspettassi da questo lavoro: la mia risposta fu tutt’altro che aiutare il prossimo… Ora, a distanza di anni, mi rendo conto che mi sbagliavo di molto. …. Ora lavoro in una residenza per anziani autosufficienti e parzialmente autosufficienti, le storie sono davvero tante, c’è davvero di tutto un po’. Vorrei raccontare una di queste storie, la storia di Galletto: ha 83 anni, gli occhi marroni e, appena lo si vede, appare come un uomo taciturno, schivo e con l’aria di uno che non ha niente da dire; al contrario sa essere di ottima compagnia. …. Nel gennaio del ’94, mentre tagliava la legna per potersi riscaldare l’inverno successivo, ebbe un incidente con la motosega: il piede destro subì un taglio profondo. 134 Rsa Smeralda Padru, Padru (Ot) nato g e s n ai i que Tu mei ahnche cnino fare o ch poss enza i t u min ffer la di …. Ho provato a chiedergli se si trova bene qui da noi. Lui, senza guardarmi, mi dice: “Sì, sto bene, ma è difficile dividere qualsiasi cosa quando hai vissuto da solo per una vita”. Chiedo come va il piede e mi risponde: “Forse mi serve una sedia a rotelle, ma costa”. …. “Galletto grazie!” gli dico. “Ora ti saluto, mi sembri un po’ stanco e – aggiungo - non ti preoccupare: con le pratiche giuste la carrozzina non costa nulla”. Così l’ho salutato, gli ho detto “ci vediamo domani” e, allontanandomi, ho pensato che, forse, ascoltare i nostri ospiti è uno dei gesti migliori che possiamo fare. In conclusione, penso che noi operatori dovremmo ricordarci che ogni persona all’interno della struttura ha voglia di raccontarsi e, soprattutto, dovremmo ricordarci il perché facciamo questa professione. Questo racconto mi ha dato la possibilità di fare un gesto che oggi forse è un po’ trascurato: ascoltare e raccontare la memoria dei nostri ospiti. Annalisa Marenco Casa di Riposo Cervasca, Cervasca (Cn) 135 Una notte sarò ere o d n ss Qua vorrei eo sto i o i e h c m vec ito co t o te assis ssistend a …. …. Mi accorgo di muovermi con gesti meccanici, dettati dalla routine del lavoro, e il corpo immobile e rigido di fronte non dà alcun segno di avvertire la mia presenza. …. E ripenso al colloquio che ho avuto qualche giorno fa con la figlia della signora. Mi raccontava che la madre, quando era giovane, insegnava ai bambini delle elementari e lo faceva con grande passione, tanto da essere estremamente amata dai suoi alunni, che per anni sono tornati a trovarla, alcuni anche da adulti. Nei momenti di maggiore intimità e di dialogo con se stesso, l’operatore si concentra su pensieri personali, legati al proprio modo di essere e alla propria vita. Il mulino delle farfalle E amava lo sci: fin da ragazzina affrontava levatacce e freddo pur di passare qualche ora sulla neve. …. Che donna deve essere stata! Le sistemo il cuscino e le sposto un ciuffo di capelli che le copre parte del viso. Mi accorgo di essere davvero stanca, accosto una sedia al letto della signora Giulia e mi siedo, stendendo le gambe affaticate. …. Penso alla vecchiaia, alla mia vecchiaia … i miei figli si occuperanno di me? Anch’io verrò ricoverata in casa di riposo? E il mio corpo… Avrò dolori? Sarò costretta in sedia a rotelle? …. Istintivamente prendo con delicatezza la sua mano tra le mie, la osservo e ascolto il suo flebile e cadenzato respiro, gli occhi chiusi, il viso rilassato di chi sta sognando. Rimango così per un po’, poi mi alzo e controllo che le spondine siano ben fissate, mi chino e bacio la fronte della signora, “buona notte signora Giulia” sussurro, ed esco dalla stanza. Filomena Grifa Casa di riposo Gallazzi Vismara, Arese (Mi) 136 Ho partecipato a questa iniziativa, scrivendo questo racconto, per cercare di esprimere ciò che, spesso, ho provato durante il mio lavoro di assistenza alle persone anziane: avvicinando le loro vite e sostenendole nelle loro disabilità, paradossalmente, mi sono trovata io a essere sostenuta, curata, accompagnata in un percorso di conoscenza del mio sentire più profondo. Sergio, come ogni martedì, è seduto su quella che al Centro è la “sua” poltrona, da lì osserva tutto scorrergli accanto, con quell’espressione un po’ così, da giocatore in “panchina”. …. Mi avvicino a lui e, in modo scherzoso, gli dico: “Signor Z.!! Mi concederebbe l’onore di farmi da cavaliere? Oggi ho proprio voglia di ballare!”. …. Mi fermo. Rimaniamo vicini in silenzio ed io gli accarezzo la mano, grande e nodosa, con la quale si appoggia al mio braccio. Sul suo viso osservo i segni lasciati dal tempo, le rughe profonde e gli occhi piccoli, asciutti, di un celeste disarmante. …. Siamo ancora fermi, a metà corridoio: il suo braccio si stringe a me, la sua mano si allarga e si appoggia alla mia. Socchiudo gli occhi e respiro lentamente, lascio che quest’attimo si dilati e la vita ci scorra dentro. Arriva un dolore che sa di polvere, di legno, di sudore. o… n a t n cco a r i n o di nificat a g i I non s l i isco ando …. Sento ora il suo braccio che, come quelle mie farfalle, si solleva, Sergio sente che si può fidare. Sa che sono lì e non forzerò i suoi passi. Sa che sento tutta la sua fatica: sento la rabbia di vedere che le sue gambe, con il tempo, non vanno più così in fretta e così lontano e anche i pensieri diventano lenti e tristi e altre persone decidono sempre cosa deve fare e dire e dove può andare. …. O forse no. Mi sento stanca come se avessi percorso una lunga strada. E mi metterei anch’io seduta, vicino a te. Noi due, con le nostre gambe all’insù, un po’ stralunati, tra mille farfalle di Neruda che volano tra i nostri pensieri e li invitano alla danza… ap or esso c uando, lav , la felicità d a E “…. arole, di q Ricordati i iù, viv “ p certe mi dicesti: fferma di p da, n so a, magli re”, non si a più profo di r o o e i è “ad nella man e il coraggi sto, r o iu adess , abbi semp mbra più g imo, s a e intens ello che ti s nno al pros con a u fare q ecare mai d rai rimanere er r v av senza ani non do r agito, di può e m si v un do so di non a imba non ò si B r er . il rimo rimandato sistenza, p o, un e at o tropp e la nostra un signific tre r s e l e scegli tare di dar nso alle no n se e può te di dare un rapporti ch cose , i o e ordin attraverso tri”. Ci son sto, i l , ue a parole mo con gli no e, per q sa di n a co stabili i nonni sa no di qual o o l t che so conti si ves nni c a r pre no hi e loro m e s o. occ ano magic o che ci si accontare, ltare”. r m o Speria disposti a tare ad asc e s i i capac siderosi d ra (Fi) carpie e S d , i o r c s cuo ance a S. Fr tti Rs Galeo a t t e r Omb Giovanna Quartieri Casa Protetta S. Antonio Abate, Fontanelice (Bo) 137 Auro Sissa A.S.C. Cremona Solidale, Cremona. Primo classificato categoria “Miglior Immagine” …. Non sono solo gli operatori a prendersi cura delle persone bisognose e le persone bisognose non sono solo anziani. Anche i luoghi di intervento possono essere diversi: strutture riabilitative, centri diurni per anziani e case. Queste testimonianze lo dimostrano. Nella mia carriera di assistenza domiciliare durata 7 anni, l’esperienza più lunga e impegnativa, non solo dal punto di vista pratico ma anche umano, l’ho avuta con A., una donna con Sindrome di Down di 47 anni: l’ho seguita per sei anni, sei giorni su sette! ù i il pi e t r a d o di ma so ch c r e C sibile, iceverò pos mbio r iù in ca olto di p m …. aveva un carattere imprevedibile, con momenti di tenerezza, in cui era tutta da mangiare, ma anche con tanti momenti in cui era invece violenta, cocciuta, volubile, autolesionista. mancare niente. Questa iperprotezione abbassava il livello di prestazione di A., rendendola meno autonoma e indipendente di quanto avrebbe potuto essere in realtà. …. Ma le difficoltà maggiori per me non erano le sue urla, bensì la testardaggine della madre, che continuava a ripetermi: “Vedi, vuole stare a letto! Andiamo a casa !”, e lo diceva magari proprio quando A. si era calmata… …. L’intervento più importante di riabilitazione, visto che A. viveva in famiglia, avrebbe dovuto essere fatto prima alla madre, “educandola” a stare con la figlia, insegnandole come comportarsi con A. e come gestire il rapporto con lei dal punto di vista umano... Vanna Bonini Casa di riposo S. Giorgio, Casale Scodosia (Pd) …. Praticamente A. è sempre stata vista e trattata come una bambina che, visto che non era come gli altri bambini, andava accontentata sempre in tutto. “Guarda la mamma cosa ti ha portato a casa… cara la mia bimba”. Piuttosto di vederla piangere, i suoi genitori non le hanno mai fatto 138 139 “Mi chiamo Innocente” …. Ed è appunto solo quando riesci a far breccia in questo invisibile e naturale muro che puoi veramente sapere, oltre a quello che è il danno o il dolore fisico, ciò che più sta preoccupando o facendo soffrire colui, o colei, verso il quale operi e a favore del quale hai l’opportunità di proporti quale strumento di vero ascolto o sfogo. …. quello di cui sembra sentano più il bisogno è qualcuno che sia disposto ad ascoltarli, anche in silenzio, rassicurati dalla sola presenza di chi, fino a pochi giorni prima, non era altro che un perfetto estraneo, ma che ora, in quel suggestivo e complice momento, rappresenta, con la sua fidata, silenziosa ma attenta presenza, tutto il conforto di cui loro hanno bisogno. …. Ed è stata questa anche la mia esperienza, quando un giorno di quasi fine 2004 presso la struttura dove operavo, fu ricoverata una signora di poco più di 50 anni, con gravi traumi conseguenti a un grave incidente automobilistico a fronte del quale, fra le sue braccia, purtroppo, trovò la morte il suo amato coniuge. 140 …. Così nel giorno forse più particolare, quando, per il naturale trascorrere del tempo, si abbandona l’anno appena trascorso, con tutte le sue gioie ma anche dolori, per iniziarne uno nuovo e carico di nuove speranze, sì durante la notte dell’ultimo dell’anno, mentre prestavo servizio, lei suonò il campanello. Io risposi prontamente e, dopo i soliti convenevoli, cominciò a parlarmi di lei e del suo amato marito… …. Nei giorni a venire si percepì chiaramente una svolta nell’umore e nello stato d’animo della paziente, cambiamento che fu subito notato e sottolineato anche dalle figlie e dai vari conoscenti che regolarmente le facevano visita. Anche le sue condizioni fisiche, grazie al suo rimotivato impegno nelle attività riabilitative, migliorarono notevolmente e in fretta. Gianfranco Mombelli Fondazione Don Gnocchi, Rovato (Bs) …. Sono fisioterapista in una residenza assistenziale per anziani. Innocente è uno dei miei tanti “nonni”. È una di quelle persone simpatiche a pelle: i suoi occhi vispi, il sorriso sdentato, l’accento veneto stretto… …. Innocente non ha più bisogno di una fisioterapista: si è ripreso completamente dopo un ricovero in ospedale e, nel giro di poco tempo, si è liberato della carrozzina ed è tornato al bastone. i mod : i t n a no t ntire vivo i o s i C arti se di nuov per f cerco no io ne gni gior o …. La mia formazione mi porta a un approccio di “sfida” con il paziente. Non si tratta di “prendersi cura”... io non mi sostituisco mai a lui, ma lo metto alla prova, sempre, per far sì che le sue capacità residue stiano a galla. Credo che il poter fare dia dignità alle persone. Anche se una persona non è più in grado di essere autonoma, il fatto di potersi rendere ancora utile per sé o per gli altri la fa sentire viva. Per questo, trascorro con Innocente un po’ del mio tempo, perché credo di potergli dare comunque qualcosa: me lo porto con me, gli chiedo aiuto per preparare la palestra per la fisioterapia di gruppo, a volte semplicemente mi segue, gli parlo… …. Lavorare con le persone anziane è tutto questo: non è sufficiente la tecnica, che spesso passa in seconda linea, contano il cuore, la capacità di ascoltare, intuire e soddisfare i bisogni. Lavorare con loro ti spinge a pensare e a porti delle domande. Devi saper dare e darti. In cambio avrai sempre qualcosa, anche da chi non può più sorriderti o ringraziarti e, nel mentre, stai crescendo, perché anche Innocente oggi mi ha regalato un pezzo di vita. Qui Villa Maddalena Cantando e ballando …. ci siamo riuniti al Centro Diurno di Villa Maddalena per salutare l’anno che va e l’anno che viene... …. saranno importanti le cure che prestiamo durante la giornata, sarà indispensabile la nostra assistenza, ma mai, mettendo una flebo, mi sono sentita così vicina al cuore dei nostri “nonni” come quando abbiamo cantato insieme le canzoni della loro gioventù, canzoni che li accompagnavano alla vendemmia... …. Perché non godere la salute che abbiamo, il lavoro e le persone care? Dobbiamo tornare a imparare ad AMARE e ad amare la vita. Abbiamo sotto gli occhi i nostri “nonni” che ci danno un bell’esempio. ta a l l e n en p a n U e… i r o l o period i c r a i v i d ire scand orazioni e h c o o dec pens rie, …. Io o attravers i, attività va esta, n n if dell’an ali, cartello azione e d nel z n z e stagio ti di sociali llo spazio e n n e i mom collocars a li aiuti , . e cose l o c c i tempo op te son ervano a n e i m r do s gola fera d …. Sin ’insieme cre uell’atmos ltre q ll o ma ne uel clima e vanno ben e. q it creare azione che ratore- osp cono ip e es partec apporto op e attività ri un t o r s il solo pesso que un sorriso egli d s re Molto a strappa le da parte e quel o o to soltan nto favorev quel sorris mo e e si comm a credo ch un grandis in o ,m ospiti nto abbian ta di colore iù di e p lla comm una penne ge sempre : in valore ro che si t d a un qu o (Cn) , Piasc d . il o i W grig Emilio nna ed do A u a in aR Maur Iuliana Ghitescu, Centro Diurno Villa Maddalena, Goito (Mn) Stefania Ventarola Residenza per Anziani, Ponderano (Bi) 141 no eg s e l i ttib di vita a. a volt n u o hiam a. La c La chiamo d r a u ig e. si vo... M po’ d’igien a voce. Lei i t a t e dell re un o veg isto. n stat empo di fa anto il tono di vita. Ins è il mio i È . it “… èt no se o che . Alzo non d ettibile seg rriso. O for smorfia c i d e L c o ta dolce Imper o un s ra vol un’alt un niente. zione. Colg duce quella sorriso? a a n di volta erto una re tivo che tr o non è u riverà un o È r v . …. Av gimento em riso. Penso tra poco a l e r ato coinvo ata in un so . Ci dice ch ri. rto, d a p e a a r l z l i z a abbo a la capos ge partico dottore d o tr un go …. En . Non aggi ato al nuov ensione. riman io o i s e p r n d n o e re i egl ita e sign er lì, ho p r anda o’ infastid à chi. Per m sio. e p ì p L a . t … np tar iss es titolar llega esce u iglia a… ch corato a in ono? che il e t gno d mia co he som sa sen …. La l signore c astone di le ti ospiti co rcezioni... a b n ue pe es con q rsi, usa un ndo lei qu si tratta di scorgere u o e e c e l n i s soste TTORE: Se aprei. For on è diffic s n …. DO reciso non una poesia p ltro IO: Di Se dico loro lcun a a : u q O . I , e . e … m ion a reaz rso di bbe? minim RE: E sare si volta ve O ro li arti. g e DOTT lcuno di lo d o nt ua ovime posta. m IO: Q a gli occhi. e v e i l c a ris spalan RE: Uhm… o. O c’è un i sia nessun uesto è un q O c on DOTT ure sorrid ro che non ) Mi creda, e a ra pp otiva m IO: O a, è assai r nge le labb gnitiva. e e din m per o ri Insom TTORE: (St motiva e c quale solitu re! (Pausa e i to …. DO i solitudine zirmi). Ma d azienza dot o d p iz tropp a luogo mincio a st do? Abbia p i c . rte o n Lei pa appertutto . IO: (C a sta parla ita. a z z e d et a v tiv cogni e). Qui c’è iama concr la coscienz r h e a c Ved respir TTORE: Si li altri. g e O d D …. nza offere s a l l e d ce Imper 142 cco tate. E a p i d chi no sac o sta s n no . Que e i e t i t p n s e i ne io n stri o propr ciamo l’igie pi e i no h o c m o a d fac utti em IO: Ve do. non b Quando le ghiamo i t e h c e v n re. cosa Le assicuro oscienza. to che allu interio esso e c r r : a e e O s c u I s s , ne …. na . Ad mo a ha u so le parlia riamo un be io d’umore enire). r o n g i s o stes a le assicu ntino camb e stia per sv sua p m e t e al ch La a, m un rep sione ). arole. istenz di ass TTORE: (Ha asi l’impres re le sue p commuove ico e u r i c O a s oco . Ho q cciano pia …. D rdo c p o a s u n e u g t s a E ( f o to è mol quanto mi mplimenti. iene dal su si? v o a cu o o s s Non inazione. C uce che pr è lei, ra; di nuov ro? i h c l e r e m deter (Osservo la otrei sape poi la cam di di me, ve P , : . e ) c O i or m lo sso… …. I oi par so guarda … Non ti r ia). Non po ente p ; a i ilm di gio RE: (Ades darti del tu di memor Possib ! O i o o d z p TT l i r co sfo tim DO onsen ndo in uno i venga un C . ) ro e m o io. E della orpre erci! Che m s n i o s M , ( ì ). S red IO: etto osso c Ma tu sei… a un sorriso o (indica il l p n o N tt e … bito… il cuor lo stesso le to l’igiene) irituale). t l non su RE: (Apre p a e ena f in qu O ione s ne, DOTT to proprio biamo app concentraz cordo l’igie i i ra ri m ab ricove alla quale na pausa d gli altri. Mi miera che sie. r u a e e e signor RE: (Dopo to di te e d quella inf icevi le po E d t O ! i u e DOTT do quasi t iù terribil E tu che m stare zitto! p i . or Mi ric il momento barba dura luto dirmi d orta, io p o , a oddio che avevo l he avresti v . Ma che im e conta. re h c o c diceva ssà le volte so di precis , è questo zie per esse i a o IO: Ch RE: Non lo e belle. Ecc lentieri). Gr O s o to v to. DOTT ivo delle co o proprio ai det u h n a e v m i e g r p perce (Gliela strin e per esser ate così. P i u : z n i a t on …. IO e sei. Gr voi. C c’è vita. gamo m a o e c i ì z e, Ber s i a n r u io co r q G : O n ORE: ntale ro Do i Cent r DOTT a fondame a u ic S s Fabio una co 143 riflessioni sui concetti di passione e assistenza il mio lavoro con e per te Gli operatori parlano in modo diretto della passione di assistere: senza alcun mezzo o intermediario, senza riferimento a un episodio o a una persona in particolare, spiegano che cosa significa per loro lavorare “con il cuore”. Semplicemente descrivono gli stimoli, le motivazioni, i sentimenti che li animano e che cercano di mettere nel loro lavoro. Raccontano anche il bagaglio di soddisfazione, calore, idee che ricevono in cambio. 145 …. Perché hanno scelto questa professione? Come fanno a superare le mille difficoltà quotidiane? Che differenza c’è fra il lavorare “con il cuore” e il compiere gesti meccanici e abitudinari? Sono solo alcune delle domande implicite alle quali gli operatori cercano di rispondere. …. Ho notato subito la differenza fra loro. Chi opera nell’indifferenza assoluta, chi opera con “sentimento”. E, in quel momento, ho compreso che quella era la strada che volevo percorrere con PASSIONE: aiutare e alleviare un disagio. e ciò sì r i p a c o Vogplrioovi: soloercmi che so prend di te pos o cura er davv 146 .... Che sofferenza, che umiliazione per una persona, che fino a poco tempo prima badava a se stessa, alla sua casa e anche agli altri, vedersi improvvisamente bisognosa di ogni cura. La frase più ricorrente è: “Ma cosa mi è successo così all’improvviso!? Ho sempre fatto tutto da solo/a e ora mi sporco anche! Che vergogna!!”. La migliore risposta (ma non è detto che lo sia in assoluto) che ho saputo dare finora è: “Quando succederà anche a me, spero solo di trovare una brava persona che mi aiuti”. Ma per assistere una persona non è sufficiente aver imparato come si pulisce un corpo, serve anche la capacità di comprendere ciò che l’assistito prova: vergogna, umiliazione, disagio, imbarazzo, sconforto, incredulità. Molto spesso basta veramente poco per “far sentire meglio le persone di cui ci si prende cura”. Il saluto cordiale, il tono pacato, chiedere all’anziano come sta, come si sente, far capire che siamo interessati a lui, fare una carezza, togliere con garbo qualche briciola, sistemare l’abito, stendere un velo di crema sul viso, dare una stretta di mano, parlare di quello che succede fuori, ascoltare pazientemente quello che ci viene raccontato più volte, abbandonarsi a fantasie… Matteo Brumana Opera Don Guanella, Como .… E alla fine del nostro turno di lavoro, stanche, pensando a quanto successo, possiamo provare l’EMOZIONE per una confidenza raccolta, per un ringraziamento, per un sorriso o un bacio inaspettatamente ricevuto, che riaccende la PASSIONE per il compito che ci aspetta domani. Rosa Maria Colombo R.S.A. Fondazione Ferrario, Vanzago (Mi) 147 Un giorno, d’inverno .... Perché ho scelto di fare questo lavoro? Perché vorrei che le persone alle quali sono accanto stiano meglio grazie ai miei gesti, alle mie parole, ai miei sguardi, ai miei abbracci… per prendermi cura di una persona, come prima cosa, cerco di comunicare con lei, cerco di capire in che modo lei comunica. La ascolto in rispettoso silenzio, la osservo nei suoi piccoli gesti quotidiani e, una volta interpretato ciò, adotto la sua stessa via di comunicazione. Dedico molto tempo all’ascolto dell’Ospite, cerco di capire i suoi bisogni, le sue necessità, le sue priorità. Cerco di mettermi nei “suoi panni” per potergli dare un’assistenza adeguata, senza fargli perdere le sue capacità residue. .... C’è un tempo per tutto… saper rispettare i loro tempi in modo calmo e paziente è un grande gesto, che li fa sentire meglio… così come ascoltarli guardandoli negli occhi. Anche i loro sguardi ci parlano, ma noi sappiamo ascoltare? Sabrina Giovannini Fondazione Casa di Riposo Talamona Onlus, Talamona (So) 148 .... Conoscersi diventa intimità profonda e reciproca. Sentono le mie mani, il loro peso, distinguono la mia voce, anche se lontana, avvertono il mio odore, come io il loro, tanto che potrei riconoscere ciascuno di loro a occhi chiusi. Ho imparato ad anticipare i gesti, le domande. Alcuni percepiscono un senso di invisibilità per una vecchia canzone, per una filastrocca: può essere un momento per ritrovare la loro identità. .... Molta gente si chiede – e mi chiede – come riesca a svolgere un lavoro così duro. Io racconto loro dell’arricchimento continuo tra me e gli ospiti, come se esistesse un canale invisibile attraverso cui far scorrere emozioni e sentimenti. Questo quotidiano contatto, fisico e morale, dà origine a solidarietà umana, a una profonda pietà. Nell’intimo, tante volte, mi chiedo come ho potuto svolgere così a lungo un altro tipo di lavoro. Non mi perdono di aver fatto questa scelta solo pochi anni fa. Ho la sensazione di aver perso tempo. .... nei piccoli spazi a me concessi cerco di far capire loro che io ci sono, anche solo per un’igiene, per un ascolto, per una parola. da te cio e r e Ricezvie o un btata a tu un gr ipaga di ezza mi r stanch la .... Loro, come bambini nel tempo, si affidano a noi, e noi dobbiamo prenderli per mano. Noi, per loro, siamo l’immagine riflessa nello specchio della vita, l’unica fonte in un tempo senza più tempo, in un tempo in cui non c’è più niente da chiedere. Nora Ferrari Casa Protetta Villa Richeldi, Concordia sul Secchia (Mo) .… hanno tanto bisogno di quel contatto umano che è fondamentale e che serve a far sì che non si sentano lasciati soli, bensì componenti di una famiglia, più grande e colorata di quella dove hanno vissuto fino a poco tempo prima e che ora hanno lasciato, assieme ai loro ricordi di vita vissuta. .... E nasce spontanea una carezza sulla testa bianca, quando leggi nei loro occhi quella confusione e quello smarrimento che li spaventano come fossero dei bambini indifesi. Allora ti rendi conto dell’importanza di quella carezza, di quel semplice gesto, perché, al posto di quella smorfia cupa nasce un timido sorriso che fa tanta tenerezza. Così pure, nello svolgimento delle cure igieniche, cerco sempre di parlare con l’ospite di qualsiasi cosa, anche la più frivola e banale, per mascherare quell’imbarazzo tipico di chi sa di avere bisogno, ma fa fatica ad accettarlo, per quel normale senso di pudore che ci appartiene e che, a fatica, dobbiamo soffocare. Credo che assistere voglia dire cercare di capire le persone che non parlano, perché chiuse in se stesse o, magari, scontrose e altezzose. Se ti fermi un istante e le guardi negli occhi, conoscendo le loro storie di vita, capisci che il loro silenzio è una richiesta di aiuto: te la rivolgono indirettamente, facendoti trovare “casualmente”, sopra il letto, un foglio di carta strappata da un’agenda, con scritta tutta la sofferenza portata dentro, perché magari si sentono private e abbandonate dalla famiglia. Allora capisci che ti devi fermare e trovare il tempo per fare quattro chiacchiere, che per loro diventano uno sfogo liberatorio: io, operatrice, in quel momento divento l’amica e confidente, con cui può piangere e tirare fuori tutta la frustrazione. Alla fine di questo sfogo l’ospite mi chiede: “Non hai una caramella?”. Gli offro la caramella, gli do una piccola pacca sulla spalla e un “Dai, lo sai che ti vogliamo tutti bene sciocchino/a”; allora si rasserena, fa un sorrisetto... e la do ch o m n solo re i rre fa e non sia , ma o c c “…. O profession a qualifica d A a nostr i una fred a CAREZZ tro d l s o o e frutt ORRISO del n e t r a S e è: p che il o sempre I CURA ch gliere o S n faccia PRENDER nare - Acc ere – g d R i a SAPE - Accomp vare - Sorr egnarsi p e e Amar nere - Soll ggiare- Im sserea e e r t - Sos rere - Inco re - Saper tere r a s Socco e - Saper f uro - Resi veri ed d r re r e e e a - Sap are - Ten - Ess e r a ERE d o r n T e i S c p I s u S a Tr ss AS Rec lo ste arola ere Ripet ... in una p oltre, con E”. e ci Esser 100 anni a PASSION s … oso 0… a o e la stes a di rip s a n C g e l Cn) impe andri nola ( na M II, Ge ni XXI n a v Gio Giulia .… È gratificante quando manchi per un periodo e gli ospiti se ne accorgono e, quando riprendi il lavoro, ti chiamano per nome per salutarti… Patrizia Zaglia Casa di riposo S. Giorgio, Casale Scodosia (Pd) 149 …. Che cos’è un gesto d’amore? Un gesto d’amore è qualcosa di speciale che ti sgorga dal profondo del cuore, che esce spontaneamente, così come un sorriso che illumina un viso, che fa trasparire l’affetto che nutri per le persone. È come un fiore che annusi: ti riempi del suo profumo e lo dividi con le persone con cui condividi dei valori, in modo che tutti ne abbiano ad avere in parti uguali, per potersi sentire vive. Un gesto d’amore non implica vincoli, è libero, perché ognuno di noi dà gratuitamente qualcosa all’altro, anche senza accorgersene e non resta nulla in cambio. Un gesto d’amore è un sorriso, una carezza, una mano che sfiora leggermente un’altra mano, è un occhio vigile che sa riconoscere quando una persona sta male fisicamente o sta male nel cuore. È una voce flebile, accorta, serena che ti culla anche nel trambusto più assoluto. È uno sguardo che penetra in profondità dentro gli occhi, sa leggerne la malinconia, la tristezza, la solitudine, vede il deterioramento del corpo, della mente, i pensieri che vagano chissà dove, ma sa coglierne anche i lati positivi per continuare a dare il meglio di se stessi. Non avete letto una favola, avete letto quello che, molte volte, inconsapevolmente, fa chi assiste una persona in un Centro di 150 Servizi. Quando il corpo, la mente, lo sguardo iniziano a camminare nel nulla e a ricordare il passato, quando la famiglia è lasciata sola ad accudire notte e giorno una persona con queste difficoltà, è là che inizia il lavoro dell’operatore: il prendersi carico del paziente. Accompagnarlo, assisterlo, provvedere ai suoi bisogni principali. È come se la persona fosse ritornata bambina, avesse bisogno del suo punto di riferimento primordiale. In una sala di nucleo vedi mille occhi, tutti allineati, ti guardano, ti chiamano in silenzio, ti chiedono mille cose ma puoi farne solo una. Maledizione al tempo, passa troppo velocemente! .… Cosa ci insegna tutto ciò secondo voi? Il rispetto della vita e la simbiosi gratuita tra un operatore e un anziano. Anna Bruna Ragazzon Centro Servizi per Anziani A. M. Bonora, Camposampiero (Pd) .... cosa significa assistere? Cosa significa questa grande e dibattuta parola? Vuol dire fare in modo che le giornate siano le più normali possibili; vuol dire aiutare la persona che ti sta di fronte a capire che l’unico tuo obiettivo è AIUTARE; vuol dire sperare che i problemi, piccoli o grandi che siano, di quei “vecchietti” che incontri ogni mattina e lasci ogni sera, si risolvano; vuol dire invogliare l’anziano a mangiare un pasto corretto o imboccarlo pazientemente se ne ha bisogno; vuol dire aiutarlo a idratarsi il più possibile anche quando non lo chiede o quando addirittura si rifiuta; vuol dire dargli una mano per muoversi per fargli capire che compiere anche solo “due passi” è riabilitazione; vuol dire sostenerlo a capire cosa vorrebbe, condurlo alla Santa Messa, a teatro, al mercato cittadino qualora loro lo desiderino. E tutto questo sempre con il sorriso, anche nei momenti più faticosi. …. Ed è proprio nella disuguaglianza degli individui che vanno ricercate la necessità, che non sono solo bisogni fisici, ma anche mentali. Per esempio, aver voglia o meno di raccontare, di stare a sentire o non ascoltarti minimamente, di partecipare alla festa o di stare solo. Ognuno ha voglia di fare quello che ha sempre fatto! …. Dobbiamo comportarci come se fossimo noi a dover superare una tale sofferenza; sapendo che sul comodino non deve mai sono a t a n gior a felice e e n i A fsausto, muello ch i e to q o a dart t u t it per riusc o n so …. È un lavoro che faccio con passione e che mi soddisfa... Comunque, poi, chiamarlo lavoro non mi sembra proprio adeguato: accudisci come accudisci i tuoi bambini, pulisci come rassetti la tua casa, ti arrabbi o scherzi come fai con il marito o i figli e magari sopporti un po’ per il quieto vivere. Insomma, esci dalla tua casa per entrare in un’altra. .… La mia esperienza lavorativa mi ha insegnato che è questo il compito più difficile: imparare a conoscerli fino in fondo per poterli aiutare meglio. mancare la garza imbevuta d’acqua, che l’assistenza più diretta deve cercare di alleviare la sofferenza là dov’è possibile… … Sarà retorica, ma assistenza vuol dire cuore, passione, condivisione. L’assistenza è fatta di piccoli gesti e piccoli attimi, è un mondo piccolo nel quale possono nascere grandi emozioni e infinite ricompense. In tanti anni di assistenza questo è stato il mondo che ho cercato di creare attorno a me. Ho sempre creduto che non esiste un’assistenza nuova o vecchia, ma che ce ne sia una sola: quella che ha l’obiettivo di soddisfare l’ospite. Rosa Donalisio Associazione Chianoc, Savigliano (Cn) …. Ho conosciuto un’ospite alla quale avevo fatto delle piccole confidenze personali. Lei, di questo, andava molto orgogliosa. Si sentiva presa in considerazione e partecipe delle mie vicissitudini, mi chiedeva spesso di come andava o se c’erano cambiamenti. Credo che per lei parlare delle mie cose fosse come uscire dalla casa di riposo e rivivere la vita di fuori, attraverso me. .… Anche il ballo per loro è un momento di benessere. Alle feste che facciamo in casa di riposo il liscio è d’obbligo e, anche in questo caso, alcuni dei nostri ospiti si dilettano in passi ormai dimenticati e quasi impossibili da fare per via dei problemi fisici. .... Tante, tante cose si possono fare, ma secondo me tutto questo è vanificato se non viene fatto, prima di tutto, con il sorriso sulle labbra, con la maniera giusta e, soprattutto, con il tono della voce adatta. .... Basterebbe pensare a quello che vorremmo facessero a noi e saremmo a posto; quello che non vorremmo, lo eviteremmo con cura. Franca Zamboni Fondazione Baldo Ippolita, Ronco Adige (Vr) .… Un’altra cosa che piace tantissimo agli ospiti è il canto. Se in una qualsiasi occasione, mentre stai con loro, intoni una canzone che magari loro possono conoscere, vedi che ti seguono o almeno provano a ricordare qualche parola e a cantarla con te. 151 Donatella, Giovanna e Samantha Rsd La Parolina, Cernusco S/N (Mi) non a i c u fid vo La tèuadovuta: ldaeio, r mi uista giorno q n co dopo o n r gio …. Fin dalle prime ore del turno ci impegniamo ad avere una buona predisposizione nei confronti degli ospiti: pazienza, cortesia e gentilezza sono caratteristiche fondamentali per entrare in sintonia con loro. …. A volte capita di avere a che fare con persone che non accettano di vivere all’interno di queste strutture o, ancor peggio, che non sopportano le proprie condizioni fisiche, ritenendosi inutili. In questi casi il nostro impegno diventa importante, al fine di alleviare il loro disagio e rendere positivo il soggiorno. Questo obiettivo richiede metodologie d’approccio sempre diverse, che si basano …. Lavorare con passione, offrire all’ospite molto di più dell’assistenza di base, attivarsi per capire i suoi bisogni e le sue emozioni non è sempre facile. Le testimonianze raccontano dell’impegno e dello sforzo che l’operatore deve compiere ogni giorno per superare le barriere erette dall’anziano, ma anche della soddisfazione e dell’emozione che prova nel farlo. Lavorare e dare con amore può essere difficile, però, la ricompensa che si riceve in cambio ripaga di tutto. 152 su conoscenze tecniche ma, soprattutto, sulla nostra creatività e sulla conoscenza dei singoli. Secondo noi, bisogna riuscire a far sentire ogni persona importante e speciale per quello che è, con le proprie qualità, ma anche i propri limiti: occorre fare in modo che ognuno provi la sensazione di essere singolare, non una parte indefinita di un tutto, non un “numero” tra tanti. …. Con parole di conforto, e talvolta con un pizzico di confidenza, bisogna dare loro imput di sollecitazione e inserirli nel contesto, agevolarli nelle relazioni con gli altri ospiti e far sì che si facciano compagnia a vicenda, raccontandosi esperienze di vita. …. Ogni piccola attenzione nei loro confronti è importantissima: riuscire a ritagliare nel corso della giornata anche solo pochi attimi per un gesto gentile, una parola di intesa, che li fa sentire ascoltati, o anche una battuta per farli ridere fa sentire meglio loro e ripaga a livello umano noi assistenti. .… A fine turno siamo stanche, sì… ma anche soddisfatte e gratificate, perché nel nostro piccolo abbiamo contribuito a far star bene, o almeno sentir meglio, persone che necessitano delle nostre attenzioni. Katia Donatella Gandini e Antonella Lancerotto Fondazione Nuvolari, Roncoferraro (Mn) 153 Maura Parolin Centro Anziani Villa Aldina, Rossano Veneto (Vi) dere e c o i : vogl egatività n o N a tua n iuscirò oi r rti” all p o a prima onquist a “c .… Per assistere si deve avere una professionalità adeguata, criterio nell’usare i mezzi più adeguati alle differenti esigenze, serietà nell’affrontare ostacoli e bisogni primari, visto che ad aver bisogno di assistenza sono persone come noi, ma diversamente abili. …. La passione è fatta di umanità, rispetto, amore per il proprio lavoro e amore per il prossimo. Chi è il nostro prossimo se non l’Ospite di cui ci prendiamo cura tutti i giorni? Quindi, spetta a noi singoli Operatori Socio Sanitari coniugare passione e assistenza in qualcosa di inscindibile. .… Assistere persone anziane non è facile come sembra, l’assistenza è rivolta a persone bisognose, a loro si deve trasmettere sicurezza, gioia e rispetto in ogni momento. Uno sguardo rivolto sempre con gioia e amore fa sentire importanti persone che non hanno più stimoli, che si lasciano avvincere da vecchiaia, malattia e dispiaceri. …. Nello svolgere il mio lavoro ho sempre cercato di considerare l’ospite nella sua individualità, non solo come portatore di bisogni ed esigenze, ma anche come patrimonio di vita, ricordi, esperienze, abitudini e paure. Ho scoperto l’importanza del dialogo e soprattutto dell’ascolto. È incredibile quanto un anziano abbia da dire, da raccontare, da dare… Loro parlano volentieri e sono sempre pronti a dare consigli utili e disinteressati in ogni circostanza, sta a noi saperli ascoltare e apprezzare. …. Passione per assistere porta a volere bene, ad amare persone che si stanno preparando a finire la vita. …. L’affetto e una carezza dati ora mi fanno capire quanto importante è una persona bisognosa di sorrisi e, di rimando, mi arricchiscono l’animo. Silvana Gallo Perazzoli Istituto per Anziani De Battisti, Cerea (Vr) …. Altrettanto importante è la comunicazione non verbale, il linguaggio del corpo, fatto di sorrisi, gesti e carezze, che ci aiuta a soddisfare un altro loro grande bisogno, il bisogno di sicurezza, che permette loro di affrontare con maggiore serenità la paura del domani. …. Non sempre in cambio del nostro operato riceviamo un grazie o un sorriso, qualche volta veniamo apostrofati con epiteti o graffi che, al di fuori del nostro ambito lavorativo, ci farebbero andare su tutte le furie ma che, in questo nostro piccolo mondo, ci fanno persino sorridere… .… Nello svolgere il mio lavoro ho cercato e cerco tutti i giorni di dare il più possibile, ma ho ricevuto e ricevo tutti i giorni più di quanto io riesca a dare. Tutto quello che loro mi hanno dato e continuano a darmi farà sempre parte del mio patrimonio di vita, ricordi, esperienze e abitudini che, un giorno, spero di poter condividere con chi si prenderà cura di me. ervizi s i e n ito nza, ssiste eano” infin a ’ l l e oc en vorar egala un “ a L . “… ar tto erson conta a e r alla p imenti. e t di ess tti… di sen ossibilità suoi aspe i p i ti Hai la vita in tutt , i ges a a r l u n c o i c ers prend ssicurante ale l i , o t o ra scol ividu …. L’a i, lo sguard imonio ind t tr delica ono un pa iva g vorat uno diven . a l a z , n e grand ia esperie un sorriso in m e iù r Per la ale, riceve hi non è p na stretta c n u perso o grato da le parole, zie è d a e r sgua di utilizzar ccio, un gr uno a grado o, un abbr tificante. È mmettere n ra co a di m te e g ntarmi, a s nuovo n a n o i emoz a sperime tto e su un lo o oge stim vo pr o u n cchi su un ”. ia Uso z i r t a a P o oden sorris lese, M no ni Vig Casa Anzia ta per t Prote Giuseppa Girlando Ospedale Civile, Carrù (Cn) 154 155 …. Chi ha scelto la strada dell’assistenza non può fare distinzioni: non esistono malati da curare e malati da “abbandonare”. Tutti hanno diritto a essere aiutati, anche le persone con Alzheimer e quelle in stato vegetativo. Questi racconti insegnano che non bisogna mai arrendersi, che compito di chi sceglie di dedicarsi agli altri è trovare il modo di prendersi cura e di stare accanto a tutti gli ospiti. Gocce di fiume lati a m o i son e malati c n No serie a” : per me di “ erie b” uali g s u “ i i t d tut siete 156 menti e comportamenti complessi. Dire “Alzheimer” è aprire una porta e trovarci dentro l’infinito. Ogni ospite è un componimento originale e, per ognuno di essi, occorre usare una chiave d’accesso diversa. Essi non filtrano i gesti altrui con la ragione; a mio parere si affidano all’istinto di sopravvivenza in un pianeta incomprensibile a loro stessi. Milena Luisa Ruzzemente Casa di Riposo Gallazzi Vismara, Arese (Mi …. Io, animatrice, tento di raggiungere principalmente questo obiettivo: dare valore a una dignità spesso calpestata da una condizione di sofferenza che li ha travolti. .… E alla domanda “i miei gesti fanno …. Quale sentimento muove sentire meglio i miei ospiti?”, trovo la quotidianamente i miei passi all’interno del risposta in me stessa. nucleo? Quando sento di occupare anch’io un La risposta è PASSIONE. posto nella corrente del FIUME in cui Ma per “Passione” non intendo fluttuano, allora anch’essi devono sentirsi principalmente Amore per ciò che svolgo. parte di un tutto e non più GOCCE Mi riferisco a “Passione” con il significato isolate… di “Patire”. Percepire il “Patire” di questi ospiti per “entrarci dentro”; avvertirlo per conviverci Grazia Cavazzoli e interpretare i loro bisogni. Villa Carpaneda, Rodigo (Mn) “Patire” io stessa per calarmi nella dimensione Alzheimer; in questo mondo che non mi appartiene, ma che necessariamente devo fare mio per riuscire a sintonizzarmi con le note stonate di 157 ... è e r te s i s s a di e no e n o o i d s s ... unprovien la pa che cielo, dal cielo re e al e torna dev orma in f ono di d tto , Galle iorgio Clara San G o s o ip iR (Pd) Casa d odosia c S le Casa è: ervizi ra s i r t s i i no anco erent trapparti f f i d re de rs toglie he ren ’allegria pe a c l l o u l l n za ea Que nergia, l e sen oterne far v e ’ e l c i . r “… ap i lo cco d i”… ce ch zza sorris e arricchis è tanto ri unghe l a l o l h n c e ssu ta n “…. fa, ne non s fa”. o l a t i i h v e ac lla re de so che se n ”… o l o a n v e l i m ’u erché a nell “…. p i giorni, m ole: o ci reg i dei su l p m ni ste se pazio e u u c c q o ate ore pre Ricord il vostro cu esta dalle t Aprite e la vostra ità eno t c i Libera con sempl ttatevi di m e Vivete i più e asp !!! (Co) d IDETE R zasco R iz Date D O , re OS ocola ppo F TTUTT u A r G R OP ochilo MA S nia Pr Anto Maria 158 .… È un continuo allenare i sensi per captare ogni segnale, ogni espressione, ogni sguardo, impari a comprendere il suo vissuto, il suo essere: questo è affascinante! Il primo giorno avevo degli ospiti sconosciuti, tanti corpi diversi l’uno dall’altro. I giorni successivi, affiancata da personale diverso, ho potuto costruire con pochi elementi alla volta la vita degli ospiti, aggiungere un pezzettino alla volta, con nuove sfumature. Questo ti fa entrare dentro quella persona e dare una risposta ai tanti perché. Inizi a collegare tutti i pezzetti, consapevole che il risultato finale non sarà un lavoro incompleto… …. Cercare di conoscere le persone che trovi davanti a te ha qualcosa di estasiante, è bello dare un altro volto allo stato vegetativo: attraverso i miei ospiti ho scoperto e amato un’altra faccia della vita, ma soprattutto ho scoperto e amato loro. …. Non possiamo mai dire che non c’è più niente da fare oppure “adesso dobbiamo fermarci”, dobbiamo solo trovare cose giuste da fare, non possiamo salvare tutte le persone, ma possiamo prenderci cura di loro, dando dignità alla vita, “non siamo noi a decidere la durata, ma la qualità sì”. Maria Grazia Mainas Centro Don Orione, Bergamo …. Assistere con passione significa inventarsi sempre nuovi modi per coinvolgere e stimolare l’ospite. A volte, bastano piccoli sforzi per rendere le giornate di chi vive in una casa di riposo più allegre, interessanti, appassionate. i port o r p e ivers ti Voglivio d à t i att asmetter li r o per t inui stim t con …. Non ci sentiamo né angeli, né missionarie, solo persone che cercano di svolgere al meglio il proprio lavoro che, a volte, può essere appassionante, ma più spesso duro e, a momenti, anche frustrante, sia per chi opera sia per chi è assistito. Allora come si realizza la nostra passione? Noi pensiamo che si concretizzi nelle idee sempre nuove che abbiamo per rendere la vita dei nostri ospiti e, quindi, di conseguenza anche la nostra, più allegra e interessante. molto apprezzati da tutti. Quest’anno ci siamo spinti oltre, con l’aiuto della direttrice e delle maestre del vicino Asilo nido comunale, abbiamo organizzato tre incontri per realizzare lavoretti di Natale con i bimbi più grandi (dai 2 ai 3 anni) e i nostri ospiti. …. La nostra passione si realizza così, con la nostra professionalità nel lavoro di tutti i giorni, ma ci gratifica molto pensare di essere ancora capaci, dopo tanti anni, di idee nuove e creative, di poter offrire ai nostri ospiti, che concluderanno con noi la loro vita, ancora qualche progetto cui pensare e da realizzare per sentirsi vivi. Anna Baracco Istituto Sacra Famiglia, Mondovì (Cn) …. Già da anni abbiamo messo in piedi, con l’aiuto della nostra coordinatrice, alcuni progetti di terapia occupazionale per la realizzazione di lavoretti in occasione delle festività, questi momenti di svago e di ritrovo sono 159 ua v n la s a. entur ttorno: v v a la mia i guardai a ò i z i 8 in rve em o 198 ella Casa hiene ricu li. n n a ’ . l Nel rta d rugosi, sc iutar ro pronta a o r p e a l p e lì o, più Aprii certi, visi io ero dare tant mentare, n i … i o s n e el pas sog tevo no bi to che po ia maestra bera. a v e v i i a t m ide, L o sen lo, la lo Sì… h a un tavo ilde, Adela lini. affè… c t a n o t i o u l u g i fa ere a, C Sed enust pulivano ar a prend . V ua à l e in b o e la s t m l r t e a a i i e s c c e r s n c i a a a Tutte volle and rese a br n voleva l p o e i t on Ores pagnai. M a il C.D. N prio più. d io c e v o , a m r t e o p n s va ue acc ian o freq ce la face amente p d n a n v N i iva efinit ma no i sent s , casa, do entrò d a z stan n a sua va. E qua l l e il n usa o per ’occhio ando r r e t t h lui. n n c e o inc alco tte, so l Di no del borot e mi venne aveva per t , re l’odo icia da not omi aiuto d In cam io chieden o corrid finto! 160 ocina co uando q a le z domi nerez la mano. n e a t i a g f e mi assag rende Adoro ma e mi p agitata, m . ttivo. e i è e a i b b o h o ’ c d m mi uan go l ntra ma, q bene a e o raggiun ste di l a c tte i S … Fa tta quand , per le fe amo scene a i c c a br he rei sfa soddi mie colleg alliamo, c o n o b S he e alle iamo, zoni c n Insiem anno cant a c le le onano o BRAVE! o, è la t comp i. n i , no l ur an teatra rtono, rido ono, grid ata nel fut d t e t oi Si div no, applau vedi proie zza, p e t s a i i r t d t he ricor volgono, e… c r n e i d . o r a c lo e it Ti i quel ella v iamo per p incia. r t d l a a t om ruo e ad i st ndo l ltri e si ric o “non far a u q a t E alle vano re un det tto a te”. iudo i h r r c a i ne fa ,m mp do se resti fosse o di lavoro r o c i R r n ) on vo io tur to (Ra che n inato il m di Casa. Alber . S , o rt m ta . Albe E, ter alle la por etta S t o r P p a mie s ri Cas Carla Amad o 161 l’operatore racconta la sua vita, se stesso e il suo lavoro chi sono, da dove vengo, come vivo Il cerchio si chiude. Se all’inizio sono stati gli ospiti a raccontarsi in prima persona, alla fine sono gli operatori a parlare della loro vita e del loro lavoro. Solo dopo aver dato spazio e voce alle storie degli altri, scrivono la loro. Prendono la parola per spiegare chi sono, quale percorso hanno compiuto per arrivare fino al momento presente, che cosa fanno ogni giorno e come sono le loro giornate in struttura. In questo modo, il lettore può guardare le cose anche da un altro punto di vista: quello di chi ogni giorno si dedica alla cura degli altri, alla loro assistenza e al loro sostegno. A questo punto, ha tutti gli elementi e le informazioni necessarie per capire fino in fondo quanto speciale e unico può essere il rapporto fra operatore e assistito. Ora che anche colui che sta dall’altra parte si è messo a nudo, il quadro può considerarsi completo e ultimato. 163 …. Qual è il suo passato? Per quali ragioni ha scelto questa professione? Queste testimonianze spiegano chi era l’operatore prima di intraprendere questa strada e quali sono gli elementi che l’hanno motivato durante il suo percorso. Brevi autobiografie, che ricostruiscono il cammino della persona, ispirando anche la riflessione. Cominciò nel 1998 a Lourdes davanti alla grotta delle apparizioni. ho h’io da c n A storia una ontare, racc mia la …. Non ci crederete… ma non successe nulla. Anzi, le mie condizioni fisiche ebbero perfino un lieve peggioramento. Capii che non sarei mai guarito. Altre prove, inoltre, si stavano affacciando nella mia vita e in quella della mia famiglia. Un cammino, però, era iniziato e mi accorsi che qualcosa nel mio animo stava cambiando. Di lì a poco, mi trovai a cambiare lavoro e iniziai a fare assistenza domiciliare. Ma non fu facile. …. Decisi che era arrivato per me il momento di provare a lavorare in una casa di riposo. 164 …. Ora mi sembrava troppo tardi e mi vergognavo all’idea di tornare a scuola. Eppure, iniziai il corso serale per recuperare gli anni di studio necessari a iscrivermi prima al corso ASA e, successivamente, al corso OSS. …. Arrivò finalmente il momento del tirocinio… …. Dal balcone del reparto si intravedeva la grotta di Lourdes nel giardino del Molina e, così, ripensai a quel viaggio lontano nella terra di Francia e considerai coma la mia vita era cambiata da allora. Il miracolo c’è stato. Certo, è difficile alzarsi al mattino, ma poi, indossata la divisa, ecco che una nuova energia mi accompagna durante tutto il turno e mi dà la carica, aiutandomi anche a superare la perdita dei miei cari che, in parte, vedo riflessi nei volti dei miei pazienti. Pietro De Marco Fondazione Molina, Varese Avevo 13 anni quando fui colpita da un male inguaribile: allora con la T.B.L si moriva. Mia madre mi faceva curare privatamente… …. Dopo un anno di ricovero… all’improvviso, mentre mi alzavo dal letto, non vidi più, fui colpita da una febbre altissima, ma questa febbre durò un mese, alla fine di maggio fui miracolata… …. un bel giorno mia madre e mio padre decisero di andare a Lourdes… …. mio marito rispose di sì, io non vedevo l’ora che arrivasse quel giorno. Finalmente arrivò. Una volta salita su quel treno, incominciai a vedere quanta gente aveva bisogno di aiuto, andai nel vagone ospedaliero e diedi assistenza agli ammalati di tante patologie diverse, io cominciai a essere felice, mi sentivo trasformata, mi piaceva, finalmente davo aiuto, senza chiedere aiuto a nessuno… …. Da quel giorno, per puro caso, presi subito servizio alla struttura Francesco e Chiara a Pavullo, ero la donna più felice del mondo, non mi stancavo mai, ero disponibile sempre, facevo 14-15 ore al giorno senza mai stancarmi. Finalmente avevo potuto avere quello che cercavo… Sin da piccola aspiravo a far parte di questo mondo. Forse perché già da allora assistevo mio fratello cerebroleso, a volte con gioia, altre con fatica, ma stando sempre attenta ai suoi bisogni. Ricordo anche di aver provato rabbia nei suoi confronti perché ogni giorno mi toglieva la libertà di giocare, richiamandomi a quei doveri di sorella maggiore nei suoi confronti. Da adulta mi sono resa conto che la malattia di mio fratello è stata la mia palestra di vita. Arrivai nella prima casa di riposo con tanta volontà ed entusiasmo e la formazione ricevuta mi aiutò a trovare il giusto equilibrio fra me e le persone che assistivo. un erun, a m a C l o da e dell’Afric o g n e V …. paes chiamiam o m i s s belli le, che noi Africa in a à “ Centr osamente ua diversit i s i, u affett ra” per la ale. Da no ni r u ia t u minia fica e cult ne per anz ra io geog i contenz nti: usano di d te i mezz uasi inesis e mutande q a sono ini di stoff l o n pan ne ca. perso plasti e l l a a t lla iserva sa da que r e n gie ver o, …. l’i n è di per quest etti a o n e , anzian er gli altri esso sogg p p a usat no molto s lle. e o loro s ne della p k Cj Ff Ise io z a t i r r i ena , Mod Casa prote tta p ziani er An lese Vigno Anna Rosa Cassera Istituto Palazzolo, Torre Boldone (Bg) Grazia Lorizzo Rsa 9 gennaio, Modena 165 Nonni e... nuovi nipoti Quando ero piccola, dicevo che da grande avrei voluto fare la maestra. I miei avrebbero voluto che diventassi infermiera. Non sono diventata né l’una né l’altra ma, in fondo, credo che quello che è successo fosse già stato scritto. Dopo 19 anni di vita in Casa Protetta i ricordi sono tanti. Dico “vita” perché per me non si tratta di lavoro, passo gran parte della mia esistenza a contatto con gli anziani e con le colleghe. Si diventa come una grande famiglia, perché il contatto è intenso, profondo e ci si vuole bene. .… Cambia il modo di comunicare: in quanto operatori che sanno leggere i bisogni, dobbiamo adattarci al linguaggio delle persone che necessitano delle nostre cure, che la maggior parte delle volte non sono solo fisiche. Subentra un linguaggio fatto di sguardi, di carezze, di un contatto fisico delicato e sicuro. Pierfranca Deriu Azienda Sociale Sud Est, Langhirano (Pr) Da più di vent’anni lavoro in casa di riposo, questo mestiere non mi è mai pesato finché non sono giunti i figli... …. Sono ausiliario socio assistenziale dal 1996 e, dal 2006, sono operatore socio sanitario riqualificata. .… Finalmente le mie figlie sono diventate grandicelle... Fin da quando erano piccole, le ho rese partecipi del mio lavoro: ho raccontato loro le storie degli anziani di cui mi occupo e le ho sensibilizzate sull’importanza del mio lavoro di cura. Loro, curiose, mi chiedevano sempre: “Come mai i nonni vanno in casa di riposo?”. Così, giorno dopo giorno, sono cresciute sensibili e disponibili verso chi ha bisogno. Si è quasi avverato un piccolo miracolo: quando le scuole sono chiuse, le ragazze vengono con me e, in modo ormai molto autonomo, fanno compagnia agli ospiti, creando con loro una relazione simile al rapporto che esiste tra nonni e nipoti. …. Era il 1985 quando un mio pro zio fu portato in Casa di Riposo perché, non essendo sposato e avendo problemi di salute gravi, non poteva più vivere da solo. Io avevo 11 anni. Spesso andavo a trovarlo e quel luogo mi affascinava già. .… Anche se non c’è un vincolo parentale, quando un bambino prende per mano e fa sorridere un anziano, crea un legame naturale che lascia un segno indelebile nella vita di entrambi. La presenza dei figli dei dipendenti in struttura porta una novità e un senso di “casa”, che umanizza la struttura stessa e la vita che in essa scorre. Laura Munari Casa di Riposo Gallazzi Vismara, Arese (Mi) 166 .… Nell’autunno del 1996 fu indetto il concorso ed entrai come ASA a tempo indeterminato. Sono passati ormai 14 anni e, da allora, ho assistito tante persone fino alla fine della loro vita. Sono convinta tutt’oggi che, indipendentemente dalla situazione in cui ci si trova e dal tipo di ospite con cui ci si relaziona (che sia demente, malato di Alzheimer o compromesso da patologie invalidanti), il miglior gesto che si possa compiere è una carezza. Un gesto difficile, ma che non costa e che non si deve negare a nessuno, quotidianamente. .… Tutto può essere fatto con cura, precisione, professionalità… ma se mancano passione e umanità tutto è così… inumano! Angela Molinari Casa di Riposo Città di Sondrio, Sondrio ece, la v n i , e s sì he me ostante, co r c l a u opo q ma c ta pe “…. D ci fu, lenta attesa fes ione, s to a ripres rrivò la tan quell’occa a n i n come ni! Anche tti noi, no u an reso t ecipe nelle hé i 100 p r o s rt rc ha Luigi rché era pa rattutto pe uo s e p solo p ioni, ma so suonato il a s discus una volta h i a r i tutti i d anco to! o r e t ensi Luig clarine ento e il p gli stessi: “ e m i m Il com ti sono stat scia qui co a l n prese , Dio ce lo o è unic o!”. nzini i a Ava p ic n m o e r) M es levà (V Sabina Elena Ferro Casa di Riposo Gallazzi Vismara, Arese (Mi) Ronco arelli, c ic C era ia Op ione P z a d n Fo 167 Mi chiamo Roberto Bacci e ho 52 anni. ono s e r ato o tu L’opmear sei statto più u i , a ’ io ore rmi l a da oso: l’am prezi …. …. attualmente sono vice responsabile della residenza Casa Ferrari a San Giovanni Lupatoto (Verona), mi occupo del piano assistenziale, che comprende la cura della persona e dei suoi bisogni globali, gli ordini mensili dei generi di consumo (come il monouso igienico personale e le derrate alimentari), il controllo e la sicurezza antincendio della residenza, l’inserimento a domicilio del sistema telesoccorso. Il mio lavoro si basa sull’unità dell’equipe della residenza: insieme discutiamo le problematiche e definiamo un programma strategico educativo assistenziale, con degli obiettivi mirati a ogni singolo ospite della residenza. Gli operatori, più che parlare di sé e della propria vita, riflettono su quanto siano maturati e su quanto abbiano potuto imparare negli anni passati in struttura. I cenni autobiografici passano in secondo piano, mentre acquistano grande spazio e importanza le riflessioni più generali. 168 Sono passati 13 anni da quando, titubante, sono entrata per la prima volta in questa R.S.A. …. Nel mio lavoro il dialogo con gli ospiti è importante per costruire un rapporto di fiducia, che permette anche di conquistare un sorriso o un grazie dalle persone che hanno bisogno del tuo aiuto. A fine giornata lavorativa ti poni sempre delle domande, il tempo non basta mai, forse vorresti avere fatto qualcosa in più, perché esistono certe malattie che aggrediscono il corpo e la mente, mettendo la persona in uno stato depressivo e vegetativo. Ecco che allora il mio lavoro diventa come una missione: dopo trent’anni di servizio, la passione entra a far parte del tuo bagaglio professionale, dandoti tante soddisfazioni, mettendoti sempre in gioco, perché non si è mai finito di apprendere, trasmettendo un po’ di gioia e serenità. Il Fondatore della Pia Opera Ciccarelli Mons. G. Ciccarelli diceva: “Vogliate bene ai vecchi”. Questo pensiero è la base migliore per poter prendersi cura degli altri. Roberto Bacci Fondazione Pia Opera Ciccarelli, S. Giovanni Lupatoto (Vr) …. questo lavoro, mano a mano, è diventata una passione, sono un OSS (dopo vari corsi di preparazione) e non credo che farò concorsi ospedalieri… .… adesso che ho imparato a vivere all’interno di una R.S.A. non potrei farne a meno, è un lavoro che ho imparato nel tempo, non tanto la parte pratica, quella è veloce da apprendere, ma la passione di stare con gli altri, ascoltarli nei loro bisogni. …. Credo sia uno dei lavori più difficili, la parola chiave è la passione di assistere, sì, perché deve esserci passione per fare la differenza… …. Ogni ospite ha la sua storia di vita ed è un pozzo di cultura, è bello ascoltarli e perdersi nei loro ricordi… Persone che hanno vissuto la guerra, che hanno sofferto la fame, che hanno avuto una vita impegnativa come mezzadri… a quei tempi la vita era dura e faticosa, ma c’erano tanti grandi valori di vita che, a mio parere, si sono persi negli anni. …. In estate è bellissimo, scendiamo in un chiostro che, ai lati, ha tante piante colorate (gerani, margherite eccetera) che adornano il giardino di pietra, al centro c’è un pozzo di quelli antichi, il sole lascia delle parti ombreggiate e giochiamo a pallone (passaggi). Un giorno abbiamo cantato “la vecchia fattoria”: ho assegnato a ogni “nonno” un animale da interpretare e, quando veniva il loro turno, tutti si impegnavano molto nel somigliare all’animale scelto… .… Il buonumore aiuta a stare bene e sento che io ho da dargliene a sufficienza; ho imparato negli anni che una parola gentile può avere un effetto benefico per lo spirito di ognuno di loro… E quando li vedo ridere di cuore, so di essere nel posto giusto e di desiderare di essere solo lì… Per loro e con sul o t a ar po Ho iom,panno dnoifica camp cosa sig cuore , il annoere con t assis loro… Non avrei mai pensato di svolgere questo lavoro, io che sono sempre stata una persona timida e poco comunicativa; adesso invece non saprei vedermi in un altro luogo diverso da questo… Sono passati tanti anni e sei qui… a fare questo ultimo cammino insieme a me. Io ascolterò le tue parole affinché possa trarne insegnamento e tu giovamento. Sarò lì accanto a te se avrai bisogno. Ti guardo e vedo la vita che è trascorsa. Immagino il giovane che eri e provo a carpire il tuo vissuto… Ogni ruga dipinta sul tuo volto la sa lunga. Capelli candidi come un manto di neve appena caduta. Ti guardo e vedo un giorno me e mi fa paura… La vita scorre come un torrente, talvolta lento o veloce come il vento. Adesso tu sei lì ed io qui per te… Ma un giorno sarò io ad aver bisogno di altri e Immagino… Chi sarà per me? Vorrei qualcuno che sappia farmi ridere e dimenticare il mio ultimo cammino. Sabrina Giorgi Rsa G. Capitani, Montalcino (Si) 169 Le particelle invisibili …. Che dire ora del mio lavoro? Lo amo moltissimo, anche se di mattina mi devo alzare che è ancora notte, se capita di saltare i pasti, di passare le feste principali in struttura, se arriva il mal di schiena o un improvviso scoramento o se si hanno delle divergenze di idee con i colleghi. Tutto si supera, perché l’unico obiettivo è il bene dell’anziano, che è, e che deve sempre essere, al centro del nostro lavoro. Durante il tirocinio in varie strutture, ho vissuto alcune esperienze negative che voglio raccontare brevemente. …. Signora X, 72 anni, affetta dal morbo di Alzheimer, arrabbiata con i genitori, secondo lei ancora viventi, perché l’hanno messa in casa di riposo. …. È oggetto di scherno da parte di un operatore e di continui rimproveri per il suo comportamento. Quando parla dei suoi genitori, per zittirla, le si dice, canzonandola, che verranno presto a prenderla, non si ha pazienza quando sbaglia, aumentando così in lei il senso di frustrazione, di tristezza, d’incapacità, di insicurezza e di confusione. Ricordo ancora il senso di ingiustizia provato al posto suo. 170 …. Ogni persona ha diritto a quel rispetto che nessuna fragilità fisica o mentale può far venire meno. .… la gentilezza è d’obbligo con tutti, anche con chi non ci piace. C’è differenza fra lavare una persona con umanità, con un tocco d’amore, e lavarla in fretta, male, facendola sentire un peso. …. A volte bastano 5 minuti, ma servono moltissimo per farli sentire meno soli e per restituire loro un’identità vera. E a noi per capire che trattiamo con persone che hanno dentro un patrimonio di esperienza e di emozioni e non solo un nome, un cognome e un numero di stanza. …. Per certi anziani che non hanno più parenti, noi diventiamo i loro unici punti di riferimento, diventiamo la famiglia che non hanno più o che li ha dimenticati. Hanno un desiderio fortissimo di essere ascoltati e noi operatori dobbiamo assumerci anche questo compito, quello dell’ascolto. … Quando la comunicazione si avvale solamente del contatto delle mani, del tono della voce o dell’espressione del viso, bisogna fare in modo che questi siano i nostri strumenti per arrivare a loro. Un tono di voce dolce e calmo trasmette serenità e sicurezza. Un tocco delle mani non brusco e non frettoloso fa sì che il corpo della persona non si irrigidisca. Un viso sereno trasmette protezione e, a volte, riesce a calmare uno stato di agitazione, che è molto frequente in chi non ha altro modo di esprimersi e di manifestare una propria necessità o un proprio disagio. Ogni persona è un caso a sé, per questo per ognuno va studiato un modo di comportamento diverso. Sandra Bellino Casa di Riposo Sacra Famiglia, Mondovì (Cn) All’età di 29 anni, dopo dieci anni di esperienza lavorativa in qualità di operaia presso un’azienda metal meccanica, in un momento particolarmente difficile della mia vita, mi sono rimessa completamente in gioco come persona, iniziando a svolgere il ruolo di operatrice di assistenza domiciliare senza alcuna esperienza in questo settore. .… Sono trascorsi dieci anni da allora; ho seguito corsi e ho acquisito le competenze di operatore socio – sanitario. Da quasi sei anni lavoro presso una struttura residenziale a utenza diversificata. .… Questa professione è prima di tutto una missione che, giorno per giorno, ci mette davanti anche a delle difficoltà, a momenti di stanchezza e qualche volta anche di frustrazione, ma che nutre l’animo della persona che la svolge con un certo tipo di motivazioni e obiettivi. …. Per quanto mi riguarda, mi auguro di poter svolgere questo ruolo sempre con lo stesso entusiasmo e le stesse motivazioni, com’è stato fino a ora, perché penso che solo così si riesca a donare tanto di noi a chi ne ha bisogno. ! a t i v ore… to a terra m a cia e e… n ho las il mio cuor e o ” i a s s a s , C sa Pa uesta lacerazione redevo per Q “ i c ia ia d gl che am ulla so enità e dell , ho “…. S lio pesant are una ser are”. ersità non v i d g d v a e “ he otal il bag o, per ritro grado di loro t ati di vita c io t a n l i l a e fi a f r n gra lm acc nco che , in sp o parte de armi a ersone uni a v r o e r v t i n r e te fan este p ension Tra qu o una dim iegabilmen p rt a scope iei, ma ins docci a n u m i , tare sono er evi a chi, forse qua p . e e t r r e oce ess ad a e ac diato pena dai v scono com finale u t s o i p e n non a bronc arole con u rriso ho o …. Un na svanisce avuta, le p o si ripete n un s ti ai tt o u u c t m t t : a a e o s h t m a a e non n che import rpo rinnov lli voce o , c te i cape orza? el n e u a i u q c q s o are nf scro ciug bene! nel pettin a lungo, co ue to, as r a a t t n s o o s o t sc o il su vare rispet vita vissuta quando le uo t u n e o a ls ro ott non p imoni di un gero brivid uando que o? e m o t g q s C le nd uovi e o, tati, te profo re un argen on avverti fermagli n dritto nel a più temp n e h to Come edono” du arriva drit di chi non ene di un v o o ccio b “ mani ” sussurrat isce il temp miglia e il , un abbra nti o a fa d ie “graz udine scan tto di una o, un sorris loro assord t e t . i i f u l f l ” e La so on vive l’a con un sa asporto n anzone… , r c n i t di chi ma tu ci se trare con rocca, una (Ud) n , st e o a i esimo l c i d ic fi r T m a o , a n d io ’ Pilos i il mo esia, u bili de o N e trov on una po o s di ripo ic Casa silenz Ellero la Danie Martina Stefanutti Casa di Riposo E. De Gressi, Fogliano Redipuglia (Go) 171 Gruppo di operatrici Residenza Serena, Sanfrè (Cn) .… Ero appena uscita dalla Scuola per Infermieri Professionali e, al mio primo incarico, mi sembrava di toccare il cielo con un dito, di poter cambiare il mondo anche solo con un sorriso. …. Ho dedicato tanta energia e passione a questa “missione”, a volte a discapito della mia famiglia. …. Gli ospiti hanno bisogno di affetto, di comprensione, di un sorriso, di una carezza, di un momento di tenerezza, quale un bacio o un abbraccio, di una parola in più e, a volte, anche solo di uno sguardo dolce. Mi è capitato più di una volta di salutare gli ospiti in soggiorno e di doverli baciare tutti, perché gelosi se manifestavo un gesto affettuoso a uno piuttosto che all’altro. Per loro è importante ciò che fai e come lo fai, ma soprattutto ciò che sei. Ogni persona ha un proprio vissuto, una propria dignità, e nell’anziano la strada dell’esperienza è lunga e a volte tortuosa, quindi, bisogna essere in grado di ascoltare senza esprimere un giudizio, se non chiesto. …. Basta poco… riuscire a rapportarsi a loro, dire una parola in più, un gesto in più …per loro vuol dire essere ancora considerati ed essere coinvolti nella realtà. È anche vero che il tempo a disposizione di noi operatori non è mai abbastanza, ma a volte basta poco… 172 non o s i , rr Un sboia il monsdtaore cam aiuta a i ma t meglio Bisogna essere capaci di cogliere l’attimo fuggente per far felice una persona e migliorarne la qualità della vita. Mi commuove, soprattutto, il primo momento della giornata, quando entro in una stanza per l’assistenza, accendo la luce, dico buongiorno con un sorriso e vedo due belle testoline argentate che mi guardano e sorridono incuriosite. …. È vero, il mondo non l’ho cambiato con un sorriso, ma ho contribuito a far vivere meglio i miei ospiti e li ho aiutati ad affrontare la realtà della RSA. Verena Angelini Fondazione Talamona Onlus, Talamona (So) .… Sono quasi 20 anni che presto servizio come operatore nel sociale e, ancora, mi chiedo in quale modo entro negli stati d’animo del mio prossimo e, soprattutto, degli anziani con i quali condivido 6 ore della mia giornata... …. io, 20 anni fa, non volevo proprio questo lavoro ed ero sicura che nemmeno questo lavoro volesse me! “Oh ma va là” mi dicevo. “Ancora qualche mese e troverò un impiego più dignitoso”. .… Dopo un lungo cammino percorso con, finalmente, un po’ di sale in zucca (anzi, spesso ho dovuto constatare di avere molta zucca e poco sale) e quintalate di impegno, condite da delusioni, cadute, amarezza e contentezza che, a volte, si trasformava in fugace felicità, la vita mi ha sganciato finalmente il suo premio: un lavoro che amo! …. Anni fa ero in vacanza in Egitto e conobbi un ragazzo che allevava cani da tartufo in provincia di Asti, era alto all’incirca un metro e sessanta, una sera mi disse: “Sai, ci metto così tanta passione nel mio lavoro che quando sono con i miei cani mi sento alto un metro e ottanta”. Ecco, la passione sono quei centimetri che ci mancano e che tutti possono regalarci, basta volerlo... Iris Angelini Cooperativa Il Cigno, Cesena 173 Per caso, come per caso accadono tante delle migliori occasioni della vita, in un caldo pomeriggio di settembre del 1983 accettai la proposta di lavorare per alcuni mesi nella Casa di Riposo locale. l u s o t s Il te riorament detenitivo ste n que o c a cog u q ho di star he io …. La prima settimana fu durissima. Allora i corridoi erano infiniti, angusti e stretti. Le stanze a più letti amplificavano i lamenti degli anziani più gravi e la rassegnazione che traspariva dagli occhi di quelli più autosufficienti creava un clima di ineluttabile attesa. i c ce a inve uoi sapere canto? Vuo M . v … n i “ i, no un aggin stupid otini che so mano?” la ip …. La fine di ogni turno coincideva ia due n come si ch veramente pi la u a i c e con il mio ritorno a casa in uno stato saper o sa cosa s amente oc questa r n o e di malessere e ribellione, la nausea mi Nessu za e cosa v e che hann no a o n n c attanagliava lo stomaco: no, io lì non e o dem delle pers e non ries i noi u h ci sarei stata a lungo. mente malattia, c nel modo c che i e l e i o t b Un giorno poi, come accade a chi n n terri evide portanti e con r a a r c i e n è colto da un colpo di fulmine, comu bituati. Ma ti erano im o a p i o a l cominciai a provare sensazioni N siam i suoi importanti, trovarla”. a n i diverse, luminose. a per M r le cose iuscita r e a p r , i e i l l e le one lberte ntrazi una A e r c B P n ( o o r) c ghiran da Azien t, Lan ud Es le S Socia Dov’è l’anima …. dopo aver lavato, accudito, sistemato quattro ospiti che dormivano assieme in una stanza, socchiuse le porte, l’ultimo sguardo gettato su quello che per me, in quel momento, era un capolavoro mi fece innamorare. La soddisfazione di aver trasformato una camera in un ambiente accogliente, di aver preparato un letto confortevole, la pulizia, l’odore di talco, la calma, una carezza, un sorriso: tutto questo mi diede la carica. La fatica non era più così intensa, gli umori, le sofferenze e anche le lamentele dei colleghi non erano più così pesanti. Era fatta, la molla era scattata; mi sentivo importante perché utile… …. Assistere non è facile, è fisicità, emozione psicologica, il coinvolgimento può essere pericoloso e bruciarti la resistenza… …. Caratteristica dell’assistenza è la disponibilità, totale. Perché si realizzi, serve un gruppo di lavoro dove ognuno possa esprimere la propria personalità. Un coro dove tutti cantino la stessa canzone, ma con voce diversa. Susanna Lo Giudice Centro Servizi per Anziani, Monselice (Pd) 174 .… Nel 1983 iniziai il lavoro in questa casa di riposo come ASA: non per scelta, non per passione, ma solo per caso. L’impatto iniziale fu, a dir poco, sconvolgente! …. L’inizio fu difficile: non avevo tempo di chiedermi dove fosse l’anima! Però, con il trascorrere dei giorni, gli stanzoni da venti letti stavano diventando persone: grasse, magre, simpatiche e anche un po’… “fuori di testa”. …. Sono passati 27 anni, non ho risposte per tutto. Mi sono rassegnata al non capire le dinamiche che uniscono noi colleghe, ma penso di aver capito dov’è l’anima di questo lavoro: IO SONO L’ANIMA! Quando Paola, la mia paziente, si tocca la pancia e non è in grado di dirmi che vuole andare in bagno, io leggo il suo bisogno e lo soddisfo. Ogni volta che succede questo, mi sento gratificata e penso che le scelte dei dirigenti possono sicuramente aumentare la qualità del servizio, ma il benessere quotidiano solo noi, operatori assistenziali, lo possiamo dare, con il nostro tono di voce e con piccoli gesti quotidiani. … Non dico che lavoro bene perché sarebbe presuntuoso, continuo il mio percorso, tenendo ben presente che il benessere di queste persone dipende da me. Allora mi accorgo che l’anima di questo lavoro è tutta qui! Vorrei concludere questo breve racconto con una testimonianza, lasciataci dal parente di un ospite deceduto presso la nostra struttura, che riflette la percezione che qualcuno ha avuto della “passione di assistere”. o po, h o m e t r Conitoil che dennto cap tti ci so umeri i le on n n , e n perso “Oggi ho accompagnato mio padre al cimitero. Dal 2007 era ospite dell’Ospizio Soldi… In questi anni siete stati i suoi angeli custodi. Quando mio padre entrò in ospizio, ero diffidente, avevo paura che lo avreste trattato male. Mi sono dovuta subito ricredere. Ho scoperto un mondo che da fuori nessuno può immaginare. Attenzione, pazienza, dedizione sono ovunque, fra il personale sanitario e quello amministrativo. Ma la scoperta più bella è stata che mio padre aveva dei nuovi amici, persone ricoverate come lui o che venivano a trovare altri ricoverati e che si fermavano a salutare il Professore. Stamattina, lasciando per l’ultima volta i Soldi, mi sono voltata a guardare l’edificio vecchio e l’ho salutato come si saluta una casa. Una casa abitata da tanti, dolci angeli custodi”. Maria Raso Cremona Solidale, Cremona 175 …. Una professione, la mia, che paragono a un bel vestito, scelto con cura e cucito apposta per me. Mi considero un “artista”… sì… “l’artista della mutanda”!!! In questo modo ci definì molto simpaticamente un anziano ospite di una casa di riposo, dove allora lavoravo, era l’anno 2001. Ma lasciate che vi parli degli esordi della mia “carriera” di Oss. Nel settembre del 1999 cominciai il corso, durante il quale acquisii nozioni basilari e un’infarinatura di quella che, poi, sarebbe divenuta la mia professione di “artista della mutanda”. Un’esperienza faticosa sotto tutti i punti di vista ma indimenticabile. Fu un anno pieno di riflessioni. …. Al termine del corso, nell’ottobre del 2000, ricevetti una proposta di lavoro in una casa di riposo e accettai. Come immaginavo, non fu facile. Era tutto nuovo per me, ebbi alcune difficoltà, sia a integrarmi col gruppo di lavoro sia a interagire con l’anziano. 176 …. Curare l’anziano significa principalmente prendersene cura e migliorare la qualità della sua vita. Secondo il dizionario, “lo zingarelli”, la definizione di empatia è: “Un fenomeno per cui si crea con un altro individuo una sorta di comunione affettiva in seguito a un processo di identificazione”. Per così dire: mettersi nei panni dell’altra persona e, di conseguenza, identificarsi in lei… Spesso mi domando: “Se fossi io al suo posto? In che modo vorrei essere trattata?”. Questo mi aiuta a mettere continuamente in discussione il mio agire. Maria Giustina Marsotto Casa di riposo S. Giorgio, Casale Scodosia (Pd) .… Il bilancio di questi dieci anni? Posso dire con certezza che la mia professione è più completa e soddisfacente. …. Nel corso degli anni ho avuto la possibilità di lavorare con persone che mi hanno dato tanto dal punto di vista professionale e umano. on è n o i niz ile, ma Allt’io fac fare sta n vorrei voro la no ora n altro u ness …. La qualità dei servizi resi all’anziano è il risultato di un’organizzazione che non lascia niente al caso, certo, disposta al cambiamento se ciò si rende necessario, ma pianificata a tavolino. Miriam Piga Istituto Assistenza Anziani, Verona 177 La mia giornata: cosa significa lavorare come operatore …. Parlare di sé non significa solo raccontare il proprio passato e le proprie scelte di vita. Implica i o ma a t t e m Nonarsti vicinoz:ida di st ndo ti al etto qua o vai a l d quan 178 narrare anche del presente, di cosa voglia dire, di fatto, lavorare in una casa di riposo. Gli operatori descrivono la loro giornata: leggendo questi brani, il lettore è catapultato all’interno della struttura, riesce a seguire l’operatore e a rendersi conto di quante innumerevoli attività si debba occupare durante il suo turno. …. Un buongiorno sorridente e brioso è quello che ci vuole per far iniziare bene una giornata ai nostri ospiti. Al mattino, i primi gesti dell’operatore sono: entrare nella stanza, aprire la finestra e dare il buongiorno, generalmente accompagnato da rinforzi meteo. “Buongiorno, oggi è una bellissima giornata di sole”: da questa semplice informazione inizia una breve chiacchierata, il tutto mentre si praticano le cure igieniche mattutine, soddisfando il più possibile le loro esigenze personali… …. Il momento dei pasti è uno dei più importanti della giornata, durante il quale gli ospiti si ritrovano tutti assieme. Diventa quindi fondamentale la presenza dell’operatore, che stimola, coinvolge, media, “spegne” le varie discussioni che sorgono tra gli ospiti, che purtroppo sono obbligati a convivere tra loro… nell’immediato, ma si sa che ognuno mette al primo posto le proprie esigenze e non sempre accetta un “tra cinque minuti”… .… Il bagno assistito è uno dei momenti più difficili per noi, perché molti ospiti tendono a rifiutarlo con le motivazioni più disparate… …. La giornata si chiude con la messa a letto. Questa operazione, per la maggior parte degli ospiti, soprattutto per chi è in sedia a rotelle, è a carico dell’operatore… si sistema bene la camicia da notte, si tolgono e si lavano i denti o la dentiera, si ripongono le loro cose nel modo giusto… .… Nell’arco della mattinata e del pomeriggio gli ospiti partecipano alle varie attività proposte da animatori, educatori e fisioterapisti. Queste attività sono spezzate dal coffe/break e/o dalla merenda, anche questi momenti sono motivo di relazione e cura… …. La notte è fatta per lo più di sorveglianza… ma, a volte, succede che chi non riesce a dormire chiami, chiedendo l’intervento dell’infermiere. La terapia al bisogno non è sempre possibile, allora passiamo qualche minuto insieme all’ospite, dandogli qualcosa di caldo da bere e facendo una piccola chiacchierata che lo tranquillizza e concilia il sonno, fino al mattino, quando inizia una nuova giornata, con il nostro sorridente e brioso Buongiorno. …. Durante la giornata, mentre noi svolgiamo le nostre attività, succede che qualcuno ci chieda qualcosa di extra, che non sempre si riesce a soddisfare Stefania Rossi Centro Assistenza Anziani Fermo Sisto Zerbato , Tregnago (Vr) , sono arlo amo C i chi “…. M ere... i te, inferm osciu e n o c ri ne perso ciati, le sto on e l e t c c Tan i intre i condivisi t r o p i rap te, event acrime. l a ascolt volte con a , la gioia, italità tto, v a l ffe nzia evide imenti di a e dei n e b .... ent iver ità, i s voglia di v n e r e s ma, la insom onni”. ucoli in rlo D r a t s C o n (Tn) o ondin osa P. R A.P.S. nti, C dei Ve 179 piano, per stimolarli a parlare un po’ (perché purtroppo molti di loro non hanno più tanta voglia di farlo), chiedo loro se hanno sognato qualcosa, se hanno ancora sonno, quasi sempre dico che giorno è… Mi chiamo Simona. Sono un Operatore Socio Sanitario da otto mesi. Lavoro in una struttura per anziani: la Casa di Riposo “Don Bartolomeo Rossi” di Villanova Mondovì, in provincia di Cuneo. E questa sono io agli occhi del mondo. Ma ai miei occhi sono semplicemente Simona, una O.S.S. che, quando si sveglia per andare al lavoro è contenta perché sa che, per poco che farà, sarà qualcosa fatto per aiutare qualcuno. .… Ma che cosa mi sono trovata davanti? Una realtà completamente diversa da quella prospettata durante il corso e che non riuscivo a percepire concretamente; cioè, l’utente, il bisogno dell’utente. ln pratica, il pannolone lo metti alla persona, però tu non hai a che fare con il pannolone, ma con la “persona” alla quale lo devi mettere! Non so se riesco a spiegare bene quello che voglio dire. …. Nell’alzata, per esempio, gli anziani sono ancora tanto assonnati, perciò, piano 180 …. L’igiene devo farla al meglio e questo perché se fossi io anziana e dipendessi da qualcuno nel farmi lavare CHE COSA PENSEREI o CHE COSA POTREI FARE se non mi lavano bene? …. Anche il pasto può essere qualcosa di più che mangiare semplicemente una pietanza. La prima cosa che chiedo loro, se possibile, è quello che preferiscono. Mentre servo, cerco di tenere tutti sotto controllo, guardare se ci sono problemi, chiedere se va tutto bene. …. Alla fine del pasto, una cosa che non tralascio di fare è quella di pulire i tavolini delle carrozzine e le mani di chi magari ha più difficoltà a mangiare e noto che è un gesto che fa piacere. proprio davanti alla sua intimità e, diciamo che se “se la gioca bene”, riesce a ottenere la sua fiducia. …. La messa a letto è un’altra occasione in cui si può parlare un po’, ma è un momento complicato per noi operatori in quanto gli ospiti sono stanchi ed è come se avessero fretta di dormire e, quindi, sono più nervosi ed esigenti. Con alcuni di loro, a volte, non è per niente facile relazionarsi. Mentre li svesto chiedo loro come hanno trascorso la giornata... …. dopo averli coricati e sistemati bene, anche se so che non è molto professionale, mi avvicino ad alcuni di loro e mando un bacio o, a volte, do una carezza. È un piccolo gesto d’affetto che non possono ricevere più …. Trovo che il bagno sia un’ottima da nessuno, perché i loro parenti non ci sono occasione di socializzazione, di conoscenza tra l’ospite e I’operatore. ln questa situazione alla corica. Alcuni, poi, non hanno più nessun familiare. E, oltre a far piacere a loro, fa tanto I’ospite si trova “a nudo” e l’operatore è tanto piacere anche a me! …. Molte persone mi dicono che questa mia visione del lavoro con il tempo cambierà, che la routine giocherà un ruolo importante, in quanto andrà a minare le mie motivazioni, che verrà il giorno in cui la mia pazienza partirà per luoghi lontani... che all’inizio si parte con I’idea di cambiare la casa di riposo e il mondo intero, però poi... In un’epoca di tasse colossali, una di quelle che paghiamo di più è I’ IVA, imposta valore aggiunto. Ebbene, io mi sono autotassata per la vita, perché l’impegno che ho preso con me stessa è quello di “pagare” questo valore aggiunto alle persone con le quali lavoro e questo valore aggiunto è fatto per me di tutte quelle piccole cose che ho descritto e faccio nei loro confronti. IL MIO SCOPO NON È QUELLO DI CAMBIARE IL MONDO FUORI, MA È QUELLO DI NON CAMBIARE MAI DENTRO DI ME, I MIEI PRINCIPI, I MIEI OBIETTIVI, IL MIO MODO DI FARE. …. All’inizio di ogni giornata che vado ad affrontare, infatti, mi ripeto sempre questo aforisma: mi sveglio sempre in forma e mi informo attraverso gli altri. La giornata in Casa Protetta inizia sempre molto presto, in modo particolare per gli anziani che, poco dopo l’alba, iniziano a sentire i nostri spostamenti con carrelli vari, il nostro vociferare nei corridoi e l’entrata nella stanza per effettuare la loro igiene e l’alzata. Ogni ospite è a sé, in quanto ha le proprie abitudini, i propri rituali, i propri tempi da rispettare. cose e l o Le pnicocil valocreerco so che orno o t n u gi aggi rti ogni di da …. Inizia così la triste toilette del mattino… Durante questo intervento, avviene uno scambio di parole, un dialogo, per cercare di coinvolgere la persona. Si prosegue con la vestizione… …. Un altro momento significativo è quello del pranzo o cena che sia: distribuisci i pasti a ognuno di loro, rispettando i loro gusti personali, aiuti la persona che necessita di tale intervento. Il momento è un po’ caotico, tutti vogliono tutto subito. Alla fine del pasto, si accompagnano tutti gli ospiti fuori dalla sala da pranzo, le persone autonome fanno da sole. Dopo di che, li accompagniamo tutti a letto per il riposino quotidiano. Il pomeriggio si ripetono più o meno le stesse fasi dell’assistenza del mattino. Si arriva così al dopo cena, quando inizia il rito della messa a letto, della buonanotte, per una giornata che, di solito, inizia molto presto. …. I gesti verso le persone alle quali noi diamo una mano quotidianamente le fanno certamente stare meglio, ma una parola a ognuno di loro, per noi è nulla, per loro tantissimo. Nara Marchetti Casa Protetta Villa Richeldi, Concordia sul Secchia (Mo) Simona Mineo Casa di riposo “Don Bartolomeo Rossi”, Villanova Mondovì (Cn) 181 Andrea Corradini 10 anni, nipote di un ospite …. La mia suona esattamente alle 4:30 (ma devo precisare che il mio caso non fa testo), ormai da ventitre anni!… …. Raggiunto il piano con l’ascensore, spalanchi la porta di entrata al reparto e vieni puntualmente raggiunto dagli aromi tipici del mattino (il fornaio è lontano!), combinati con i lamenti di chi, alle cinque e trenta, era nella lista dei clisma! Questo è sempre il nostro buongiorno e loro sono pronti per essere aiutati a vivere una nuova giornata insieme con noi. …. Certo, non è una professione semplice e loro, ogni giorno, mettono alla prova la nostra integrità psicologica e fisica! .… Devi imparare presto a essere un sacco di persone: dall’assistente al consolatore, dal diplomatico allo psicologo, ogni volta una personalità diversa! un personaggio, direbbe qualcuno. …. fino a un momento prima che qualche operatore le si avvicina, braccia e gambe si muovono, compiendo azioni degne di una vera ginnasta… …. Riesce persino a spogliarsi, dopo che l’hanno vestita, pronta per essere mobilizzata col sollevatore e calata in carrozzina. Ma il bello di tutta questa storia arriva sempre quando entriamo in scena noi: come d’incanto, lei smette di avere qualunque reazione e inizia a recitare la parte che l’ha resa famosa ai quattro angoli del reparto: la finta morta! …. Secondo voi, quale sentimento ci assale, ogni giorno, con la signora Alice? Due, per la precisione: sconsolatezza e rassegnazione! Ma questa è lei, questi sono i tratti caratteriali che la distinguono .… ti mette molte volte nella condizione in dalla signora Caterina! cui diventi il coniuge, il fratello, il vicino di casa, ma anche una cugina o una nipote .… Potrei dire che, in una normale che si è appena messa il fondotinta, settimana di lavoro, è diplomatica per ricevendo anche dei complimenti! almeno 120 minuti… E pensare che quando ti alzi al mattino è proprio, …. Alcuni di quelli che c’erano quando ho diciamo così, leggera! iniziato qui ci sono ancora, per esempio la La sua compagna di stanza è la signora signora Alice. Elsa e non potrei proprio non menzionarla. Donna di carattere, inutile dire che l’ultima …. è ancora una persona piena di risorse, parola è sempre la sua, magari potrei 182 aggiungere che di solito gliela lasciamo, ma mentirei spudoratamente… …. Poi c’è Lui, sì, proprio scritto così, con la elle maiuscola, e non c’è assolutamente bisogno che ne scriva il nome, in quanto tutti sanno di chi si tratta, visto che la sua fama e le sue azioni lo precedono! …. Ogni mattina entriamo nella loro stanza dando loro il buongiorno, pronunciandolo con tono, come dire, positivo, chiedendo loro come hanno passato la notte, notizie sul tempo che fa dietro la tapparella appena alzata, per iniziare con la loro igiene, la vestizione e quanto serve alla loro persona, alla loro dignità. .… Noi diventiamo il diario vivente di vite difficili, povere, di tante confidenze… …. No, non è un lavoro semplice il nostro, ma tutto quello che facciamo ha sempre un primo e solo obiettivo: farli sentire delle persone che hanno ancora un posto nel mondo, anche se quel mondo diventa la loro stanza e il resto della struttura. .… Poi arriva la sera, dopo cena inizia la migrazione, ognuno va e viene portato verso la sua camera, è il momento dell’allettamento e se qualcuno pensa “sarà il momento più tranquillo, ormai loro 183 sono stanchi e spossati da una giornata sempre molto iperattiva..” vi rispondo così: “Secondo me sono caduti in una pentola di red bull!”. Il momento dell’allettamento serale, al contrario, li ricarica! Il reparto viene percorso e scosso dalle urla di una, alle quali rispondono gli insulti dell’altra, che vengono coperti dalla televisione col volume modello cinema dalla stanza di un’altra ancora, provocando così l’ira funesta dell’ospite accanto, il quale non può dormire, e vorrebbe poter camminare perché così farebbe fuori tutti! o sson re o p i t I gese non muteano, r anch a l’amo ovato m mai, o va rinn l quel Incontro Pasquale, ci salutiamo. “Vedi se mi sono fatto bene la barba, che non ci vedo”. Lo rassicuro: “Sei sempre un bell’uomo”. Gli sistemo il colletto della giacca. “Guarda, allora sì che ero un bell’uomo!”. Estrae dalla tasca un portafoglio logoro, ma che racchiude quello che lui ha di più prezioso, una foto di sessanta anni fa, ci sono lui e la sua morosa. “È vero, eri bello e ti sei preso la più bella del paese”. Sorride e ripone il suo tesoro. E domani sarà lo stesso, perché mentre se ne va col passo incerto e un po’ curvo, ha già dimenticato quello che è appena successo. Continuo il mio lavoro: il solito gesto da mesi, da settimane, giorni, ieri, oggi… … Sono le 20.30. Chiudi gli ultimi sacchi, sistemi i carrelli, raccogli le ultime cose, rimetti tutto secondo un ordine prestabilito. Da sessanta secondi, improvvisamente, magicamente, miracolosamente tutto tace, sembra proprio che ci sarà un po’ di tregua, ma proprio in quel preciso momento, nel silenzio più totale, un campanello suona. Alzi lo sguardo per vedere chi è, ma lo sai già: è Lui (e sono le 20:35)! Buonanotte… Gianluigi Rossetti Istituto Emilio Biazzi, Castelvetro (Pc) Maurizio Cairoli RSA Villa S. Fermo, Como 184 La mia giornata inizia presto, mi alzo prima delle sei, faccio colazione e parto per la mia seconda vita. Già, io dico che vivo due vite, la prima dove sono moglie e madre, la seconda quando arrivo al lavoro; sono addetta alle pulizie in una casa di riposo. Infilo la divisa, timbro, comincia il turno. Prendo il carrello e inizio il mio solito giro. I gesti del mio lavoro da anni, da mesi, settimane, giorni, ieri, oggi… Arrivo da Rita e. mentre spolvero. trovo un bicchiere di plastica con un fondo di caffè. “Rita, da quanto tieni questo bicchiere? Lo butto, sai che non devi tenere avanzi che poi ti dimentichi che li hai”. “Butta, butta, lo so che lo fai perché mi vuoi bene”. “Dai, esci, che devo lavare, altrimenti rischi di scivolare”. Mentre esce, comincio a lavare per terra: il solito gesto da settimana, da giorni, ieri, oggi… Passo per la saletta visite, c’è Italo, 100 anni l’anno scorso, che canta a squarciagola la canzone della Cinquetti “Non ho l’Età”. “Italo, vuoi far nevicare?”. Salgo al primo piano, entro in un bagno, apro la finestra, fuori comincia a cadere qualche fiocco di neve. Sorrido, mentre pulisco lo specchio: il solito gesto sempre, ieri, oggi… arrivata qui. 97 anni, ci vuole pazienza a cambiare le regole di una vita. Spazzo e lavo il pavimento: il solito gesto, ieri, oggi… Il mio turno sta per finire, riordino e ripongo il carrello. Timbro, mi cambio. saluto. Il solito gesto da anni, da mesi, settimane, giorni, ieri, oggi… domani… Esco: ecco da questo momento riprendo la mia prima vita con altri gesti, emozioni, parole. Ma domani sarò di nuovo qui, con queste persone che per caso sono entrate nella mia vita, ma non per caso resteranno nel mio cuore per sempre. Maria Francesca Rizzato Casa di Riposo S. Giorgio, Casale Scodosia (Pd) Irva è arrivata da poco, abbiamo un occhio di riguardo per i nuovi arrivati, devono imparare le regole della casa. Mentre spolvero il comodino, le chiedo se la foto è di suo marito. No, lei non si è mai sposata, l’uomo è il suo papà, lei ha 97 anni – caspita li porta proprio bene - abitava ancora da sola, ma è caduta e, anche se non è successo niente di grave, i suoi familiari hanno paura che accada di nuovo e così è 185 Gocce di sogni piovono leggere na ogo u paure u l o di rim ta in p sso, colma nte a t s È ste lme “…. in me ruolo idea more di a c r e ric il ti ti. Il onflit ma avevo e barriere c i d l e , erare raeva orta mi att scire a sup che comp iu e non r e psichich to verso ia iu e fisich azione di a ta autonom l a una re e con limit n . o tiva pers cogni ere o a c i mesti in fis o t s e u he e in q e, credo c s e o s n empr on …. N a la passio oni siano s ei d id zi mi gu le nostre a disfazione d o fond ate alla so z i finaliz isogni”. qualin ib r o Pas t c r s a o n M e a n , Mod ni Vig r Anzia pe otetta asa Pr C e noles …. con passo spedito mi avvicino alla casa di riposo dove lavoro. È ancora buio, le strade sono deserte, è mattino presto. …. Tutto tace, tutto dorme. È una vecchia casa, osservo, e anche un po’ scomoda, disposta com’è su piccoli piani. Ma da quando faccio questo lavoro, in nessun posto sono stata bene come qui. .… L’infermiera usa le ultime energie rimaste per leggerci quel che è successo durante la notte e ci aggiorna sulle ultime decisioni dell’equipe. …. Come al solito, mi segno i bagni programmati sul piccolo notes che ho nel taschino della divisa… Ho potuto verificare spesso come faccia comodo averli scritti e sottomano. Il referente di oggi, uno dei pochi colleghi maschi, ci ha già diviso in coppie. .… Siamo arrivate, cominciamo nella stessa stanza, Vittoria si avvicina a Giovanna ed io a Laura. Sono entrambe sveglie. Due parole, è vero che son sempre le solite, 186 “Buongiorno Giovanna, o Laura, o Bice… Hai dormito bene?”. E poi: “Ti aiuto ad alzarti, così poi scendi per colazione. Hai fame?”. Ma le risposte cambiano. Mentre le nostre mani si muovono veloci nel fare l’igiene (abbiamo dei tempi di lavoro da rispettare), i nostri occhi osservano, cercando di cogliere qualsiasi anomalia nella respirazione, nella postura, qualsiasi variazione dello stato cognitivo ed emotivo, possibili arrossamenti o lesioni della pelle, e la nostra voce dà brevi informazioni per facilitare la collaborazione reciproca. …. La prendo per mano, accarezzandola con dolcezza e la guardo, abbozzando un sorriso. “L’amore è la cosa più bella del mondo” le dico con semplicità, “e il suono di quella campanella è amore! È un ricordo bellissimo e speciale e nessuno potrà mai portartelo via. Ma l’amore è anche ora, qui con me, con noi, Laura fammi un sorriso”. …. Poi le asciugo una lacrima, Laura mi sorride a sua volta e mi abbraccia. .… È pomeriggio, abbiamo già alzato chi è andato a riposare, e ora, con Roberta, stiamo distribuendo le merende. Roberta mi ha appena detto che, secondo lei, non è professionale dare troppa confidenza a chi assistiamo… Mi ha visto mentre ridevo con Lucia, mentre l’abbracciavo e le davo un bacio. GRR! Questa parola “professionale” è così inflazionata, penso tra me. Non so se la sua è paura, gelosia, invidia, o se è solo un modo per mettere in mostra il suo sapere. Tra le tante cose che poteva dirmi, ha scelto la peggiore. Roberta è una collega molto menefreghista, io non voglio fare polemiche inutili così non le rispondo. .… Quando lo accompagno a letto, il pomeriggio, e mi chino su di lui, per aiutarlo a spostarsi verso l’alto e appoggiare la testa sul cuscino, mi abbraccia forte, mi dà un bacio e poi diventa tutto rosso… …. Ho da poco iniziato il turno di notte. Sto preparando il materiale per i bidet del mattino: in fondo a ogni letto lascerò un telino, una salvietta, il giusto pannolone e un asciugamano piccolo. .… Entro in ogni stanza, portando con me il materiale che ho preparato, e trovo ordine e pace. Ringrazio mentalmente le colleghe del pomeriggio: i vestiti sono ripiegati sulle sedie, le coperte ben rovo t i L li? e timo atitudin s i l G ella gr i darmi n u sa rno t e h c gio ogni rimboccate, i corpi distesi nei letti sono rilassati e ben posizionati. …. Le rimbocco le coperte: “Grazie Valeria”. È così dolce, questa fragile nonnina. “Grazie a me?”. “Ma perché mi dici grazie?” Mi guarda attentamente, vuole capire… “Grazie della fiducia che mi dai. È splendida, proprio come te, ed io cercherò di continuare a meritarmela. GRAZIE. E adesso cerca di dormire, è tardi… Buonanotte principessa”. Lei annuisce, so che ha capito, spengo la Tv ed esco, lasciando la porta socchiusa. …. Laura, Antonio, Valeria e tanti altri… Ognuno di loro è unico, con ognuno ho costruito nel tempo un rapporto semplice, minimo, ma che si arricchisce e si sviluppa a ogni incontro. …. Un sorriso, una parola, un abbraccio e, qualche volta, anche solo uno sguardo aprono la strada alla comunicazione, sollevano la solitudine. Essere capito nel proprio dolore rende ognuno più coraggioso nel sopportarlo e più capace di guardare al di là di sé. …. Ognuno di loro ha bisogno di dare, di comunicare per sentirsi ancora vivo. Che cosa non importa. Quel che importa è il rapporto. …. Ognuno di noi ha o può trovare i suoi canali per costruire relazioni positive, con fantasia, con gioia, esprimendo se stesso. …. Le mie gocce di sogni mi fanno sorridere con loro, vincendo la paura, il dolore, la solitudine. Le mie gocce di sogni sono fatte dell’amore che loro mi hanno insegnato. Manuela Turchetti Rsa Casa Famiglia Gruppo Spes, Trento 187 …. C’è chi racconta una settimana tipo. Che cosa succede giorno dopo giorno nella casa di riposo? Come si articola la vita in struttura? Ecco alcune possibili risposte a queste domande. La vita nella Casa di Riposo …. Si vive bene. Il clima è vivace e familiare. Quando parto da Lecco, ogni giorno, ho sempre voglia di venire qui. Quando varco il cancello, ho voglia di entrare. E questo, per il clima. C’è un movimento continuo di cose e di persone, che si incrociano, che entrano in relazione e che si conoscono e si parlano. Molti sono affezionati a questo posto. E questo clima è facilitato certamente dalle ATTIVITA’ che vengono scelte insieme alle persone e a misura delle persone. …. Io ho ben presente in me l’orario, il giorno e il luogo relativi a questo preciso momento, ma so che dove sto andando questi dati così concreti e inopinabili sono, 188 invece, qualcosa di extra e di aggiuntivo, sono qualcosa di relativo. Qualcuno li conosce (pochi) e qualcuno no (tanti) e, per questo motivo, varcando quella soglia, tali dati diventano automaticamente non rilevanti, forse addirittura non veri. …. La condizione spazio temporale e cognitiva nella quale vivono gli anziani che curiamo, assistiamo, seguiamo e accompagniamo in questa Casa è una condizione diversa da quella che conosciamo noi soggetti ordinari. …. In questo senso, se uno ci pensa bene, entrare in questa Casa può significare, generalmente, entrare in un altro mondo. Stare con loro significa stare con qualcuno che è sicuramente in un’altra dimensione. …. Per ciascuno di noi, in effetti, il luogo e il tempo di vita in cui siamo sono comunque relativi: a volte, mentre siamo al lavoro, la nostra mente è collocata in un altro posto. Altre volte, mentre è lunedì, il nostro animo va al giorno prima o si proietta nel futuro. Altre ancora, siamo con qualcuno e contemporaneamente siamo con qualcun altro che non è li. .… Allora, cosa ci distingue dagli anziani di questa Casa che vengono diagnosticati come dementi e che abitano “fuori dal tempo e dallo spazio”, senza apparenti connessioni regolari con il resto del mondo? …. Il lunedì Il lunedì, l’attività che proponiamo è il QUIZ. volta, di lavorare insieme. …. Il mercoledì Il mercoledì, l’attività è quella del CANTO. …. Il venerdì Il venerdì mattina, in Casa, leggiamo ad alta voce per tutti. Leggiamo il giornale, libri di vario genere, riviste, articoli specifici. …. Le feste Una volta al mese, di sabato o di domenica, in Casa organizziamo una festa. È festa ogni festa, perché arrivano parenti che durante la settimana lavorano, perché a pranzo ci sono cose speciali, perché generalmente arrivano anche i bambini. .… Io sono il medium della gratificazione: a ogni nome che mi viene rimandato corrisponde sempre un “BRAVA”, “BRAVO”, “BENE”, “OK!”. …. Il giornalino quadrimestrale Una volta ogni quattro mesi esce il nostro giornalino. Questo giornalino si intitola “Mi conosci me?” perché anni fa, in Casa, abitava un signore che a tutte le persone che gli si avvicinavano chiedeva: “Mi conosci me?”, così che gli si poteva rispondere sì o no e lui interagiva ma, soprattutto, si ricordava di esserci, veniva visto. Così, il nostro giornalino ricorda al mondo che ci siamo e porta un po’ di mondo in Casa. …. Il martedì Il martedì, in Casa, proponiamo il Laboratorio Artistico Espressivo. Si tratta di mettersi tutti in cerchio e, come si faceva una …. Un sabato al mese Un sabato al mese, un gruppo prezioso di volontari propone e gestisce la visione di un film. Questa attività si intitola “Cinema in Qualcuno suggerisce un proverbio, una frase famosa oppure un modo di dire, a volte persino un salmo, ed io riempio un grande foglio con caselle che corrispondono alle parole. Casa” ed è amata da una ventina di persone. .… Una nuova animazione Animazione, quindi, significa oggi anche stare, oltre a fare. Al centro può non avere più le attività, ma la relazione e le relazioni. …. Allora, oggi, più di prima, l’animazione può essere il punto di riferimento del progetto di vita di una casa e non un progetto all’interno della Casa. …. Il compito diviene, allora, quello di diventare punto di riferimento per tutti i soggetti coinvolti, di regia delle azioni, di garanzia del progetto stesso, nonché di facilitatore dei processi di collegamento e di coinvolgimento. ne passio rso n o c e re ssiste nche attrav a ò u a ip he “…. S minazione zione, anc i s re er e det i di una di ice e non c m gli uffi si ha un ca utta . n i se no no guant e ci siano t h sa , indos rmettere c , l’ascolto urre a r d e u o p Per a, la c ssarie a pr z n e t l’assis ione nece sserci in un a e nz str l’atte ere, deve a fine n u s o s bene con almen riunioni, un , re ufficio volo per le comunica utti T a ia e un t o che vogl ani, occhi. le l l m e cerve ri cervelli, ncronizzar à, i t l s nt a con sogna gie, le volo lla i b e insiem ze, le ener essere de n n esige durre il be o . r ” i per p a anziana aston n dra B n a s a perso s n Ale Mode Casa Prote tta p ziani er An lese, Vigno Elisabetta Lazzarotto Casa di Riposo F.lli Nobili Onlus, Viganò (Lc) 189 …. Gli operatori entrano nel dettaglio e descrivono nei particolari la vita in casa di riposo. Più che di una giornata tipo, parlano di un’assistenza tipo: come affrontano un determinato caso e quali sono le ragioni che motivano le loro decisioni. atta f è enza i mirati: t s i s L’ashe di gest capire anc ta a me tti a te spet più ada li quel 190 …. Il signor Angelo (nome di fantasia) ospite del nostro C.D.I. manifesta, soprattutto nelle prime ore pomeridiane, marcato wondering. A nulla valgono le varie proposte del personale finalizzate a tranquillizzarlo e farlo rilassare in poltrona. Angelo si veste di tutto punto e vuole andarsene a casa. Quando gli viene fatto presente che il pulmino non partirà prima delle 16:30 inizia a manifestare atteggiamenti di aggressività sia verso gli altri sia verso se stesso. …. L’osservazione ci ha portato a evidenziare che, costantemente, quasi subito dopo il pranzo, Angelo, che durante la mattinata è sempre tranquillo e accetta di partecipare alle varie attività, vuole tornare a casa, insistentemente vuole tornare a casa. Perché vuole tornare a casa in modo così insistente proprio in quell’orario specifico? Di che cosa ha bisogno? Cosa non riesce a trasmetterci? Queste sono le domande che l’equipe assistenziale si pone. Maura Rinau do Anna ed Emili o Wild, Piasco (Cn) …. Scopriamo che il contatto fisico e l’accarezzamento lo tranquillizzano: “cerca affetto, cerca contatto umano, cerca calore”. Dopo un colloquio con i familiari, scopriamo che Angelo amava gli animali e che, spesso, passava del tempo in poltrona accarezzando il gatto di casa. …. Angelo riposa per una buona mezz’ora. Quando si sveglia, il suo umore è nettamente migliorato, è sereno, sorride e accetta di rimanere in struttura senza più manifestare aggressività. È bastato davvero poco per rendere la permanenza di Angelo in struttura più serena e a misura d’uomo. È bastato guardare al di là del sintomo, per cercare l’origine del disagio. Non sempre questo sforzo di guardare oltre è patrimonio delle equipe di cura. Nel caso di Angelo ciò è stato fatto ed io sono fiera di appartenere a questa equipe. Adriana Belotti Casa di riposo Caprotti Zavaritt, Gorle (Bg) 191 e il perar mo o d a no bia ra san e noi dob ricolage, o o n h nc e, b ntra che e , dunque, a anto, uscit no i t i p s li o e so e ro, c uter “…. G e, il comp come teat persone ch ate nel far p i, ar cellul re. Attività o sì che le tano occu a sono util n n a r i e n camb ccetera fa uttura si s e che anco r e tr feste rno della s o dimostra ti di vita. n n e o t ue, all’in sa e possa loro racc dunq , i e o n h c l c o a qu te c troc e filas n vengano elle almen l i c e e i p b s n er no i prov este cose ti che sono o n a i , d u ricor he q li osp cuditi …. Si mo far sì c ere con g o averli ac o non ti no, r ia p an dobb icate. Rim minuti, do nche se lo ue ti sento t A q i dimen per alcun amentale. hé comun a mente. c e l d r r n e n came rlare, è fo ortante p volte, co a a p ne per p ono, è im mente e, perso e l a d c , n i o s o est ti fi risp he qu resen c p n o a n so ita è n adori e di v i altro!”. l i t s iella C o l z d , a r e r e r G ra ch ede e la Belv il Miglio bisogno an V v o T os o( ) di Rip ontell M l e hanno Casa ad tt Croce egli iata n anni. hi dà a c re di , o t s ue do , già q atura di o avati e C. di e a i L t a s r “.… colo on è vengono l leggi o n n a i o r s a uri on a e. L’ ziani ostri m so di color lito, gli an fa sì che n n i . … u n o li un se te è p quest e qua l entra , l’ambien amente e e t n ra n io vecch ti quotidia ità, du e le varie v i t t a a ) i h camb pesante. lgono varie si, ma anc e eccetera h a o ar un’ari iorno si sv uò avvicin e, psicolog atici. p t g p , ma Ogni lo l’ospite sioterapis che i più a involgere r n e o co , fi non s animatrici involgere a o di farsi nteresse p i ( n o a e figur tano per c utti accett n provano o t s si spo ente non uelli che n m iq l Sicura ochi orma tà. te da n a s i e p ,p ta sono alsiasi attiv per sé unto di vis ua o i d u , q è al p ’acq una ore perat dà molto d icchiere d ante, o ’ l l e b d a ific co, m are un olo è grat mo e lavoro .… Il di vista fisi solo port s ti e re da atto più in ndo h o a i t c g n n n u A a p t . ta n con solo s o da n sa m logico n psico are chi no stabilire u i serenità, e han a c d i c h i c c o t s b u o e l i l n m r i i e o poi ieci m do qu quand loro quei d e ascoltan o”. (Pd) im dosia o c S a dare l loro letto rio il mass le a , Casa p iorgio G vicino tare, è pro . S n riposo sa di racco rti Ca olto R. è m camb e ana B Lored 192 193 Ringraziamenti libro non avrebbe mai potuto essere realizzato se gli operatori non …. Questo avessero partecipato con entusiasmo al concorso: per questo, uno speciale ringraziamento va a loro, agli operatori- autori, che ci hanno fatto capire che cosa significa prendersi cura e assistere con passione. Un grazie anche a SCA Hygiene Products, per aver riconosciuto il ruolo sociale degli operatori e l’importanza del loro lavoro con un concorso dedicato e con questo libro. a e i z a Grutti! t Se l’intero progetto ha avuto un così grande successo, è stato merito anche del sostegno e dell’impegno della forza vendite institution di SCA, che l’ha condiviso e l’ha promosso nelle case di riposo, e del team del Sales Support di SCA, che l’ha seguito con grande passione e professionalità in ogni sua fase: per questa ragione, a loro va un ringraziamento particolare. Grazie anche a Ermellina Zanetti, Antonio Sebastiano e Silvia Finazzi: i giurati che hanno letto, esaminato e valutato tutte le testimonianze. Con attenzione, emozione e partecipazione hanno selezionato il materiale, eleggendo i vincitori. Infine, un ringraziamento a Cristiano Guenzi per il progetto grafico e l’impaginazione e ad Arti Grafiche Fiorin per la stampa del volume. 195 SCA HYGIENE PRODUCTS S.p.A. Via S. Quasimodo, 12 20025 Legnano (MI) Telefono: 0331 443811 e-mail: infotena.it@sca.com www.TENA.it
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