Giornata di Studi “Lingue, letterature e culture migranti” 29-30 Ottobre 2014 Dipartimento di Lingue, Letterature e Studi Interculturali Sezione di Studi Interculturali Università degli Studi di Firenze Abstract Fabrizia Baldissera, Prof. associato di Lingua e letteratura sanscrita (<fabrizia.baldissera@unifi.it>) Antiche migrazioni di intellettuali: spostamenti di gruppi di brahmani esperti di testi e di rituale in sanscrito sia entro l’India sia verso la “Greater India” Migrazioni di interi villaggi di brahmani diretti alle corti dei nuovi re si svolgono soprattutto durante il primo millennio d.C. Quando un capo guerriero ancor privo di regno conquistava un territorio e lo dichiarava suo, uno dei suoi primi atti pubblici di pace consisteva nell’invitare gruppi di brahmani colti per coadiuvarlo nel governo. Ciò contribuiva anche a legittimare il suo regno rendendolo conforme al dharma, la norma socio-religiosa istitutrice del diritto. Tali movimenti migratori andarono in diverse direzioni: da Nord a Sud, da Ovest a Est, ma anche da Sud a Nord e da Est a Ovest. Spesso era la siccità a dettare la migrazione verso lande meno desolate, altre volte la fama di un re capace di attribuire il giusto valore alla conoscenza. L’eventuale diversità di lingua non era un problema: i maschi delle famiglie brahmaniche interessate scrivevano – e parlavano – il sanscrito, la lingua di sacrifici, recitazioni di sacre scritture e riti quotidiani o solenni, ma anche degli atti ufficiali. Come lingua di comunicazione dotta, aveva in India la medesima funzione del latino nell’Europa medioevale. L’espansione dell’influenza politica e culturale indiana verso l’Asia del Sud Est vide i brahmani migrare anche fuori dai confini del Subcontinente. Parole chiave: India antica, brahmani, dislocazione Sabrina Ballestracci, Ricercatore di Lingua e traduzione – Lingua tedesca (<sabrina.ballestracci@unifi.it>) La migrazione linguistica di un testo poliedrico: Vite de’ più eccellenti pittori scultori e architettori (1568) di Giorgio Vasari e la loro traduzione in tedesco. Analisi semantica di tre connettivi scelti Nel mio intervento intendo la traduzione come “migrazione linguistica”, migrazione che avviene attraverso il testo ed è osservabile a tutti i livelli di analisi (grammaticale, semantico, pragmatico, culturale). Prenderò in esame alcuni passi scelti tratti dall’edizione giuntina delle Vite de’ più eccellenti pittori scultori e architettori (1568) di Giorgio Vasari, confrontandoli con la versione tedesca a cura di Daniel Kupper (Giorgio Vasari: Leben der ausgezeichnetsten Maler, Bildhauer und Baumeister von Cimabue bis zum Jahre 1567, 2007). Le Vite sono un testo poliedrico che si configura come una vera e propria miscela di generi testuali. Ogni Vita si compone di tre nuclei tematici, caratterizzabili in base a determinate peculiarità stilistiche: 1) nucleo biografico con stile descrittivo-narrativo; 2) nucleo artistico-storiografico con stile descrittivoesplicativo; 3) nucleo aneddotico con stile narrativo-poetico-drammatico. Le Vite costituiscono dunque un interessante esemplare testuale per l’analisi linguistica. Nella mia relazione mi soffermerò sull’analisi della funzionalità semantica di tre connettivi affini, d’uso relativamente frequente nei passi presi in esame: allora, ora, poi. Questi connettivi, come evidenziato in studi recenti (es. Salvi, Renzi 1991; Renzi, Salvi 2010), presentano caratteristiche comuni e palesi sia nell’italiano moderno sia in quello antico: a) possono assumere diversi valori semantici (temporale, causale ecc.); b) alcuni loro usi permettono più di un’interpretazione. L’ipotesi di partenza è che detti connettivi, naturalmente polifunzionali, possano trovare in un testo poliedrico come quello delle Vite terreno particolarmente fertile per la realizzazione di polifunzionalità semantica. Di conseguenza, dovrebbero apparire differenziate anche le scelte linguistiche operate dal traduttore tedesco. L’analisi intende offrire un contributo agli studi grammaticali di ottica traduttiva italiano-tedesco. Si auspica che possa inoltre fornire spunti di riflessione sulle peculiarità stilistiche vasariane, interessanti anche altre discipline testuali (stilistica, interpretazione del testo ecc.). Parole chiave: semantica, connettivi, Giorgio Vasari, traduzione, confronto intertestuale Silvia Cardini, Dottore di ricerca in Letteratura e filologia italiana, Università degli Studi di Firenze (<clizia.89@libero.it>) Ascoltare i silenzi, compatire le falsità: il racconto della guerra e della migrazione ne Le rondini di Montecassino di Helena Janeczeck H. Janeczeck interpreta in modo assai particolare il ruolo di scrittrice migrante. Figlia di ebrei polacchi, scampati alle persecuzioni e stabilitisi in Germania alla fine della guerra, si è trasferita in Italia per affinità elettiva. Sulla sua migrazione non urgono motivi economici o politici, ma questo non l’esenta dal dolore di uno sradicamento che annovera fra le perdite la terra e la lingua dei suoi avi. Il suo romanzo si propone infatti come una quête, storica e insieme psicologica, che attraversa le zone d’ombra della storia di famiglia collegandola alla grande storia della liberazione dal nazismo culminante nella battaglia di Montecassino. La mia analisi mette in rapporto il tema biografico e familiare della migrazione con la modalità di narrazione storica dell’autrice che si configura come adozione/elezione di storie di sradicamento e di guerra lontane nel tempo e nello spazio. J. costruisce infatti una mappa narrativa solcata dal percorso di personaggi di etnie diverse idealmente uniti dal comune desiderio di riconoscimento. Parole chiave: Ebrei, Polonia, Sradicamento linguistico, Battaglia di Montecassino, Storia adottiva, Storia elettiva Massimo Ciaravolo, Prof. associato di Lingue e letterature nordiche (<massimo.ciaravolo@unifi.it>) Identità letterarie tra Svezia e Iran. I casi di Azar Mahloujian e Marjaneh Bakhtiari Si propone un confronto tra la narrativa di due scrittrici svedesi di origine iraniana, emigrate in Svezia per fuggire dal regime di Khomeyni ma appartenenti a diverse generazioni e con percorsi letterari diversi. Mahloujian è nata nel 1949 a Babol, si è formata a Teheran ed è arrivata in Svezia nel 1982. Vive a Stoccolma. Ha pubblicato cinque opere di narrativa (autobiografia, romanzo e reportage) dal 1995 a oggi. Per lei la scrittura in svedese letterario standard è di per sé un punto d’arrivo, l’acquisizione in età adulta di una nuova prospettiva e identità dalle quali osservare il mondo e, spesso, tornare alle proprie radici. Bakhtiari è nata nel 1980 a Teheran, ma è cresciuta a Malmö, dove vive. Ha pubblicato tre romanzi dal 2005 a oggi, affermandosi come una delle voci letterarie più originali tra i ‘nuovi svedesi’. Cresciuta con lo svedese, può ragionare sull’identità incidendo già al livello del codice linguistico, ibrido, destabilizzato e oggetto di gioco. Lo sguardo satirico e serio di Bakhtiari si sofferma sul cliché progressista svedese, che accoglie gli immigrati tenendoli nel contempo a distanza, ma, similmente a Mahloujian, torna anche e sempre più alle origini, alla città di Teheran, nel tentativo di comprendere la storia recente e il presente. Parole chiave: Narrativa svedese contemporanea, Multiculturalismo, Diversità, Iran, Mahloujian, Bakhtiari Ilse Girona, Collaboratore esperto linguistico – Lingua inglese (<ilse.girona@unifi.it>) I figli di Ellis Island La relazione riguarda il fenomeno dell’immigrazione dall’ Europa verso gli Stati Uniti a cavallo tra gli ultimi anni dell’Ottocento e i primi anni del Novecento. Ellis Island, nella baia di New York, principale punto di ingresso per gli stranieri tra il 1892 e la prima guerra mondiale, è diventato il simbolo del dramma dei migranti nella ricerca di lavoro e benessere in un territorio spesso ostile; rappresenta anche la frantumazione di illusioni e la realtà affrontata faccia a faccia con la popolazione locale. Saranno ricordate come testimonianze i racconti di alcuni narratori immigrati o discendenti di immigrati appartenenti ai due gruppi di nuovi arrivati più numerosi in questo periodo, gli italiani e gli europee dell’Est. Parole chiave: immigrazione, Stati Uniti, 1890-1914, Ellis Island, letteratura e cultura statunitense Michela Graziani, Ricercatore di Letterature portoghese e brasiliana (<michela.graziani@unifi.it>) Il creolo macaense. Esempio linguistico-letterario di commistione culturale euro-asiatica Durante i tre secoli di presenza politico-governamentale lusitana (XVI-XIX secolo) il portoghese padrão è stato imposto a Macao solo alla fine del XIX secolo, come conseguenza di una serie di “riforme educative” volute dal governo di Lisbona per diffondere la variante portoghese europea in tutte le proprie colonie con la funzione di strumento comunicativo comune e “globalizzante” all’interno dei vari possedimenti d’oltremare. Prima di tale “riforma linguistica” era il creolo macaense la lingua franca, usata e parlata in tutti gli ambiti lavorativi e familiari per una necessità di comprensione e comunicazione linguistica tra commercianti di diverse etnie. Con il presente lavoro si vuole mettere in risalto la realtà multilingue della città di Macao e il ruolo del creolo come lingua-ponte euro-asiatica, e modello di commistione tra lingue europee (portoghese) e lingue asiatiche (malese, indiano, cinese e giapponese), attraverso l’analisi linguistico-letteraria delle poesie di José dos Santos Ferreira, celebre scrittore macaense scomparso negli anni ‘80 del secolo scorso. Parole chiave: creolo, lingua, letteratura, Macao Angelika Kruse, Collaboratore esperto linguistico – Lingua tedesca (<angelika.kruse@unifi.it>) La letteratura della migrazione in Germania nella seconda metà del ‘900 – Aspetti storici e didattici Oggi il 9% della popolazione in Germania è rappresentato da stranieri (7 milioni), un quarto di essi è nato in Germania. “La maggioranza degli stranieri vive nei Länder della vecchia Repubblica Federale da più di dieci anni.” Il Sole 24 Ore del 15 febbraio 2014 registra ancora un “boom di immigrati nel 2013” con gli “italiani al terzo posto dopo polacchi e romeni”. 60 anni di immigrazione hanno visto una produzione di riflessioni culturali del fenomeno che ne rispecchia profondamente l’andamento. Il particolare interesse didattico per questo fenomeno riguarda tutta la gamma di questa letteratura: dagli inizi (anni ‘80 dello scorso secolo) fino ad oggi. Nel corso della Laurea Magistrale sono stati presentati ed elaborati insieme agli studenti alcune poesie di vari autori, cui è seguito l’esame approfondito della struttura narrativa di alcuni racconti e romanzi. Gli studenti potevano scegliere la narrazione che in seguito avrebbero presentato in classe soffermandosi sull’autore, riassumendo il contenuto del romanzo / del racconto ed esaminando la struttura narrativa. Una breve inchiesta fra gli studenti riguardante le motivazioni della loro scelta ha evidenziato un generale interesse da parte dei nostri studenti per tale fenomeno. Parole chiave: Gastarbeiter, poesie, struttura narrativa, motivazione Silvia Lafuente, Ricercatore di Lingua e letterature ispano-americane (<s.lafuente@tin.it>) Interazione fra cultura orale e scrittura nelle opere letterarie dell’esilio cubano L’esilio è un dato biografico e per questo motivo la costruzione dell’identità è uno dei percorsi di scrittura più evidente che il tema delinea. Si costruisce e si amplia come esperienza nella scrittura, che lo racconta e lo riflette. L’esilio comincia quando ci si lascia dietro lo spazio del luogo familiare senza poter distinguere ancora lo spazio di arrivo e continua nella percezione di un’insuperabile distanza e di un’incerta presenza del paese perduto. Lo spazio di arrivo è comunque un posto privilegiato, il luogo ideale per trovare sé stesso a condizione di non farlo diventare proprio. La metafora spaziale di cui parla María Zambrano si adatta molto bene agli spazi urbani di partenza e di arrivo di due scrittori cubani che raffigurano pienamente l’esilio: Guillermo Cabrera Infante e Reinaldo Arenas. Scrivono su un’isola da altre isole, su una città perduta, L’Avana, da altre città, Londra e New York. La città di partenza smette di essere una città per diventare un territorio reinventato, aperto ad una scrittura che attinge materiale dall’oralità per la sua ricostruzione. Nel presente di questi autori cubani, la scrittura è il luogo della resistenza all’oblio e per questo il loro discorso è attraversato da un gesto essenziale: recuperare e riscrivere il passato. Il confronto tra l’oralità del passato e la scrittura del presente testimonia una questione che supera i tratti formali dei cambiamenti di registro linguistico o stilistico, anzi, l’oralità, che non è soltanto lingua ma tradizione, ricordi, accumulo di affetti, di immagini, di suoni, ha una funzione essenziale: riattualizzare la memoria e configurare l’identità nel processo della scrittura. Parole chiave: Cuba, esilio, oralità, identità, memoria Valentina Pedone, Ricercatore di Lingue e letterature della Cina e dell’Asia sud-orientale (<valentina.pedone@unifi.it>) La nascita della letteratura sino-italiana Sebbene la presenza cinese in Italia risalga al principio del XX secolo, è solo negli ultimi venti anni che è andata crescendo ad un ritmo senza pari. Oggi in ogni grande città italiana si trova un numero rilevante di migranti cinesi che vivono e lavorano a fianco alla popolazione italiana. Mentre sono stati condotti molti studi sugli aspetti socio-economici della vita dei cinesi in Italia (tra gli altri si veda Ceccagno 2003, Cologna 2002, Pedone 2006), ad oggi non è stato ancora pubblicato nulla sui prodotti culturali scaturiti da questa ondata migratoria.A paragone con altri gruppi migranti, quello cinese in Italia è percepito, persino dai suoi stessi membri, come non incline alla produzione e al consumo di beni culturali, mentre ad esempio sono molti gli autori originari del Maghreb che recentemente sono stati pubblicati, alcuni con grande successo, in Italia (Lakhous Amara su tutti). Ci sono alcune caratteristiche del modello migratorio cinese che possono in effetti rallentare la produzione letteraria in lingua italiana rispetto ad altri gruppi migranti, come ad esempio uno strutturato sistema di impiego interno all’enclave che consente il persistere della barriera linguistica. Ad ogni modo, se si prende in considerazione il materiale scritto da cinesi in Italia che sia 1) prodotto sia in italiano che in cinese; 2) pubblicato sia da case editrici italiane che da case editrici cinesi o dalla stampa etnica; 3) scritto sia dalla prima che dalla seconda generazione, allora ci si rende conto che già esiste una piccolo ma variegato corpus letterario sino-italiano. Analizzando differenti prodotti letterari (romanzi, racconti, poesie etc.) tratti da diverse fonti (collezioni di racconti, riviste, siti etc.), seguendo un approccio già usato da Yin (2000) per ricostruire la storia della letteratura sino-americana, si descriverà lo sviluppo di questo tipo di letteratura, definendone le principali caratteristiche e sottolineando cosa condivide con materiali simili provenienti da diversi contesti migratori e cosa invece è peculiare. Nell’analizzare i materiali si cercherà poi di iniziare una riflessione sul sistema di valori del gruppo migrante cinese con specifico riferimento alla percezione che questo ha nei confronti del sistema valoriale italiano. Parole chiave: letteratura sinoitaliana, cinesi d’oltremare, seconde generazioni, haiwai huawen Scott Staton, Collaboratore esperto linguistico – Lingua inglese (<scott.staton@unifi.it>) L’autenticità della canzone popolare in lingua inglese nell’età postmoderna Questo intervento si inserisce nella discussione ampia e interdisciplinare sul concetto di autenticità nella società postmoderna, nozione da sempre centrale nel folclore. Si propone di rivisitare una fase nella storia della collezione e diffusione della ballata popolare in lingua inglese (1915-1920) che vede come protagonisti da un lato il collezionista Cecil Sharp e dall’altro le comunità di origine anglo-scozzese delle montagne orientali degli Stati Uniti. Sharp, inglese, convinto che le fonti delle ballate autentiche erano state esaurite e i portatori della tradizione in procinto di scomparire per sempre, rimane come frastornato dalla scoperta di ballate dismesse da secoli dalla trasmissione orale in Inghilterra ma, negli Appalachi, non solo conservate ma anche di “ottima qualità” e cantate addirittura da giovanissimi. Non si limita, comunque, a collezionare artefatti ma vede (e vuole vedere) in queste comunità costumi, valori, tratti linguistici dell’Inghilterra del Settecento, in breve una società preindustriale trasportata all’estero e rimasta intatta nei secoli. Autentici quindi sono non solo i testi ma anche gli informatori e il loro contesto sociale. In questo contesto Sharp ritrova il proprio passato culturale (e nazionale) e vive un’esperienza autentica, cioè l’autenticità viene declinata in parte significativa dal soggetto. È questo il punto di aggancio alla discussione odierna dove la scarsità di oggetti autentici sposta l’attenzione dall’oggetto al ruolo del soggetto. Cercheremo di capire se il caso di Sharp e la comunità anglo-scozzese dislocata può essere considerato una dimostrazione dell’indipendenza dell’esperienza autentica dall’autenticità del oggetto. Parole chiave: autenticità, canzone popolare, musica folk Tesfay Tewolde, Collaboratore esperto linguistico – Lingua amarica (<tesfay.tewoldeyohannes@unifi.it>) Proto-Semitico, Gɨʕɨz, Tigrino e Amarico (Lingue Semitiche Abissine): Osservazioni sugli elementi lessicali di base La grande maggioranza dei rifugiati che viene dall’Etiopia ed Eritrea (ex-colonie italiane) parla Amarico o Tigrino. Tigrino, Gɨʕɨz e Amarico sono lingue Semitiche Abissine (LSA). Queste lingue possono rappresentare le lingue Semitiche abissine di Etiopia ed Eritrea. Se osserviamo le elementi lessicali di base di Gɨʕɨz, Amarico, Tigrino e Proto-Semitico, possiamo vedere che gran parte di essi sono parole affini, cognates. I cognates possono essere identici (ad es. ʕmd “colonna”, wld “avere un figlio”, mrr “amaro”) o parzialmente uguali (C¹C²C³ > C³C²C¹ come in rħm > mħr “perdonare”). Nelle LSA, ci sono diversi elementi lessicali che hanno forme e/o significati simili a quelle lingue Semitiche e AfroAsiatiche al di fuori di Etiopia ed Eritrea (che dipendono da arcaismo). In Tigrino, per esempio, Ɂyy (<hwy/hyw) “essere” corrisponde a hwy/hyw in Aramaico e Ebraico. In Gɨʕɨz, abbiamo wɁt “essere”. Ma n, “essere” in Amarico, sembra vicino a wn, “essere” in Egiziano. La parola tämän o täbän, “serpente” in Tigrino, corrisponde a tunnanu, “serpente” in Ugaritico, baөan, “serpente” in Arabo che è diverso da Ɂarwe mɨdɨr, “serpente” in Giiz (Ɂrw “leone” in PS), ɨbab “serpente” in Amarico. La preposizione n “a” in Tigrino corrisponde a n “a” in Egiziano, ana “a” in Accadico, n “a” in Eblaite, l “a” in Tigre, Gɨʕɨz, Amarico e Aramaico; li “a” in Arabo etc. La forma nay, “di” in Tigrino, è vicino a ny, “di” in Egiziano, n “di” in Lybico-Berber; ma diverso da ši “di” in Accadico, l, “di” in Arabo, zä, “di” in Gɨʕɨz, yä “di” in Amarico ecc. Le consonanti b, d, t, t’, z, ṣ, s, g, k, q, ħ, ʕ, h, l, r, m, n, w , y, ʔ del Proto-Semitico sono generalmente uguali a quelle delle LSA. In genere, però ci sono i seguenti cambiamenti: ṡ/š > s, ẓ/ḍ > ṣ, δ>z/d/s, θ>s/š, p>f, x> ħ. Parole chiave: Proto-Semitico, lingue Semitiche Abissine, cognates, elementi lessicali di base Letizia Vezzosi, Prof. associato di Filologia germanica (<letizia.vezzosi@unifi.it>) Il viaggio della volpe Renard La parola ‘migrante’ evoca direttamente l’immagine di popoli e individui in movimento, che dal loro paese si spostano verso mondi diversi per i più disparati motivi, che possono in senso lato corrispondere alla ricerca di condizioni di vita migliori. Se questo è vero ora, è altrettanto vero per le epoche passate e per il medioevo, durante il quale però migranti potevano essere anche le idee e soprattutto i personaggi letterari. Di quest’ultimo aspetto non molto è stato detto, ovvero delle modalità in cui le figure letterarie si sono evolute adattandosi ai vari ambienti culturali in cui si sono trovate a passare. Un esempio paradigmatico al riguardo è la vicenda della volpe Renard, nata in Francia nel XI secolo, quando si raccolsero, sotto il titolo di Roman de Renart, le prime branches della sua epopea. A partire dal XII secolo fino all’epoca romantica, l’Europa intera ne venne letteralmente conquistata: la volpe Renard attraversò tutto il continente (Germania, Spagna, Italia) e oltrepassò anche la Manica; la sua epopea si arricchì di nuovi particolari ed episodi attraverso i numerosi rifacimenti nei vari volgari e la figura stessa della volpe finì per evolversi per contaminazione con i vari contesti storico-culturali: da allegoria dei vizi e delle virtù, incarna prima la parodia della società della corte del re di Francia e successivamente quella della società feudale, laica e clericale per rappresentare infine un esempio di baron revolté nell’epica romantica. La direzione della diffusione delle storie della volpe Renard non è stata univoca, da un centro ad una periferia, ma almeno biunivoca, con la periferia che a sua volta diventa centro d’influenza: se in una prima fase il centro propulsore fu certamente la Francia, successivamente la versione quattrocentesca nederlandese, Reynaerts historie, con le sue edizioni a stampa, in prosa e in poesia, costituì il motore di una nuova diffusione, durata con vicende alterne fino al secolo scorso, quando è diventata una delle fiabe per l’infanzia più amate. Tra la versione duecentesca francese e quella nederlandese quattrocentesca, la volpe era mutata a tal punto da aver perso le sembianze della Renart e non esser così più riconoscibile dal suo paese natale: sarà la ristampa del Reynaert de vos di Plantijn nel 1566, a diffondere di nuovo la figura della volpe in terra francese, che all’epoca era ormai molto diversa dall’originale, ma che diventò così popolare da determinare l’adozione del nome proprio dell’eroe per indicare l’animale, soppiantando l’antica parola francese goupil. Parole chiave: satira, allegoria, fiaba, rifacimento letterario
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