Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli entra entra entra entra Seguici su: Sommario . MF-MILANO FINANZA venerdì 6 marzo 2015 Bancari inquadrati in soli 6 livelli - La trattativa per il contratto è sempre più in salita e i rappresentanti dei lavoratori non escludono nuovi scioperi e ricorsi legali se le banche vorranno cancellare i vecchi accordi dopo il 31 marzo . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Abi e sindacati molto distanti - Sileoni (Fabi): «Posizione inconcepibile, non c’è accordo su tutta la linea» . IL GIORNALE (Ed. Nazionale) venerdì 6 marzo 2015 CONTRATTO DEI BANCARI - Grandi, piccole e straniere fanno tilt al flipper Abi . LIBERTA' venerdì 6 marzo 2015 Si avvicina la scadenza del 31 marzo oltre la quale scatterà la disapplicazione Contratto bancari ancora in salita Trattativa difficile, resta il disaccordo tra sindacati e Abi . ITALIA OGGI venerdì 6 marzo 2015 Vertice il 13 - Bancari: scontro sul contratto . MILANO FINANZA NEWS 05/03/2015 16.00 Banche, Fabi: ulteriore distanza con Abi sugli inquadramenti . RADIOCOR 5 3 2015 16:14 Banche: Sileoni (Fabi), lontani su inquadramenti, esecutivo Abi condizionato . ADNKRONOS 05-MAR-15 15:46 BANCHE: FABI, ULTERIORE DISTANZA CON ABI SUGLI INQUADRAMENTI - Sileoni, banchieri vogliono arrivare allo scontro senza rinnovare il contratto nazionale . Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it Derivati e manipolazione: due indagini a Roma - Sulla vicenda del derivato della Repubblica italiana chiuso da Morgan Stanley sono in corso a Roma due indagini: una di carattere penale, l’altra già avviata un anno fa dalla procura del Lazio della Corte dei conti. . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 L’aumento Mps costerà 130 milioni . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Il titolo Carige sale, la Fondazione scende . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Generali, primo round ad Agrusti . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Bankitalia, stretta sui dividendi delle più piccole . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Italia e Santa Sede cercano l’intesa sul monitoraggio . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Fuga dei capitali con nuove strategie . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Tutele crescenti, l’ora dell’avvio . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Il presidente di una banca risponde con il board . ITALIA OGGI venerdì 6 marzo 2015 Un tetto ai diritti di voto - Nell'esame del testo su riforma popolari . MF-MILANO FINANZA venerdì 6 marzo 2015 Bancari inquadrati in soli 6 livelli - La trattativa per il contratto è sempre più in salita e i rappresentanti dei lavoratori non escludono nuovi scioperi e ricorsi legali se le banche vorranno cancellare i vecchi accordi dopo il 31 marzo . MF-MILANO FINANZA venerdì 6 marzo 2015 La mossa di Draghi tra luci e qualche ombra . MF-MILANO FINANZA venerdì 6 marzo 2015 Bce fissa l'agenda per la vigilanza - Angeloni: ridurremo le discrezionalità nazionali sul capitale e rivedremo l'utilizzo da parte delle banche dei modelli interni di rating. Ma il sistema va verso livelli patrimoniali più elevati . MF-MILANO FINANZA venerdì 6 marzo 2015 Bankitalia: evitare i rischi dello shadow banking . Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it . Articoli MF-MILANO FINANZA venerdì 6 marzo 2015 Bancari inquadrati in soli 6 livelli - La trattativa per il contratto è sempre più in salita e i rappresentanti dei lavoratori non escludono nuovi scioperi e ricorsi legali se le banche vorranno cancellare i vecchi accordi dopo il 31 marzo di Mauro Romano La riunione di ieri tra sindacati e Abi per il rinnovo del contratto dei bancari non ha fatto altro che marcare la distanza che ancora separa le parti. L'associazione delle banche, come peraltro aveva annunciato più volte, ha presentato la proposta per ridurre i livelli degli inquadramenti interni da 13 a 6; una razionalizzazione il cui obiettivo implicito è la riduzione del costo del lavoro. Da anni le banche infatti lamentano che oltre la metà dei dipendenti è inquadrato ai livelli più alti, al contrario di quanto succede in altri settori produttivi. Come si vede nella tabella pubblicata in pagina, la proposta dell'Abi prevede di dividere gli inquadramenti in tre aree: manageriale, operativa ed esecutiva, ognuna delle quali a sua volta comprenderà solo due livelli d'inquadramento. In questo modo gli attuali quattro livelli direttivi saranno assorbiti nei due nuovi livelli manageriali e lo stesso succederà nelle altre aree. La retribuzione base dei nuovi livelli sarà in media più bassa di quella attuale (come emerge dalla stessa tabella), ma ovviamente chi ora guadagna di più continuerà a percepire la stessa cifra. La differenza sarà inserita in una voce ad personam che assorbirà i futuri aumenti. Ma proprio su questo meccanismo si è manifestata la netta contrarietà delle varie sigle sindacali. Per tutti Lando Maria Sileoni, il segretario della Fabi, ha fatto notare che in questo modo le banche otterrebbero di cancellare sotto altra forma il sistema di crescita dinamica del costo del lavoro. Le banche infatti si sono proposte fin dall'inizio della trattativa di raggiungere l'obiettivo bloccando gli scatti e la rivalutazione del Tfr, ossia i due meccanismi di adeguamento automatico della retribuzione. Con i nuovi livelli d'inquadramento il risultato verrebbe comunque raggiunto perché gli scatti verrebbero calcolati sulla retribuzione base più bassa, ma gli aumenti conseguenti sarebbero inevitabilmente assorbiti dal bonus personale, il cui valore complessivo continuerebbe a decrescere fino a che la nuova busta paga non raggiunga l'ammontare di quella precedente. Sempre l'Abi propone di stabilire con il contratto nazionale i nuovi livelli retributivi, lasciando però alla contrattazione aziendale la definizione dei profili Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it professionali. Ma questo è un altro punto respinto dai sindacati, che hanno rilanciato ricordando che negli ultimi 14 anni i lavoratori bancari hanno perso mediamente 810 euro in termini di potere d'acquisto, mentre i manager al vertice degli istituti avrebbero incrementato notevolmente i loro guadagni. Secondo una ricerca della Filca Cgil, infatti, gli amministratori delegati dei primi cinque grandi gruppi bancari italiani avrebbero incrementato i guadagni di 600 mila euro, passando in media dai 3,1 milioni del 2000 ai 3,7 milioni del 2014. Il confronto prosegue quindi su posizioni sempre più divergenti e i sindacati, come ha annunciato Sileoni, si riservano di dare una valutazione complessiva della vertenza contrattuale intorno al 20 marzo, «quando avremo ben chiare le differenze e le distanze tra le parti», I sindacati sono pronti anche a promuovere nuovi scioperi e a far partire le vertenze legali in ogni gruppo se l'Abi dovesse disapplicare il vecchio contratto dopo il termine fissato per il 31 marzo. Così il capo delegazione dell'Abi, Alessandro Profumo, che si è detto preoccupato per il futuro del sistema bancario italiano se dovessero permanere gli attuali costi, ha risposto il segretario della Uilca Massimo Masi dicendo che non è minore la preoccupazione dei lavoratori che stanno «pagando la crisi e le scelte sbagliate» del top management, mentre il segretario della Filca Cgil, Agostino Megale, ha messo in guardia «quella parte di banchieri che punta a far fallire la trattativa per il rinnovo del contratto per determinare la deregulation contrattuale del settore». (riproduzione riservata) Return . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Abi e sindacati molto distanti - Sileoni (Fabi): «Posizione inconcepibile, non c’è accordo su tutta la linea» Sul tavolo per il rinnovo del contratto dei 309mila bancari, Abi avanza una proposta di ridefinizione del sistema degli inquadramenti (si veda la tabella a fianco). Secondo i banchieri «con l’obiettivo prioritario di un miglioramento della gestione del personale e il conseguente rafforzamento dell’efficacia organizzativa delle singole banche». Dalla tabella è chiaro che gli inquadramenti passerebbero da 13 a 6 e per quelli accorpati si terrà buono lo stipendio del livello più basso. Con relativa conversione della fungibilità delle mansioni e demandi alla contrattazione aziendale. I banchieri non chiariscono quale sarebbe, per le banche, il risparmio della proposta e il sindacato, che ragiona in termini di compensazioni, la liquida come inaccettabile. I banchieri, preoccupati dell’andamento del settore, chiedono sacrifici sul fronte della dinamica del costo del lavoro. Più alta sarà la dinamica, ha detto al tavolo il capo della delegazione Abi Alessandro Profumo «meno riusciremo a tutelare i livelli occupazionali». Il negoziato va avanti ma già al terzo incontro le parti sono ai ferri corti. Dopo la presentazione Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi ha spiegato che banche e sindacati sono «distanti su tutta la linea». La proposta, per il leader degli autonomi, avrebbe come unico fine quello di «interrompere la crescita dinamica del costo del lavoro. Una posizione inconcepibile per il sindacato». Dati alla mano, negli ultimi 14 anni, ha ricordato Sileoni, «sono cresciuti soltanto gli stipendi dei manager , mentre i lavoratori bancari hanno perso mediamente 810 euro in termini di potere d’acquisto, gli amministratori delegati dei primi 5 gruppi bancari ne hanno guadagnati 600mila in più». La proposta evidenzia «un’ulteriore distanza rispetto alle posizioni politiche di Abi sugli inquadramenti. Abbiamo la certezza che si voglia arrivare a uno scontro, che l’Abi non voglia rinnovare il contratto nazionale, anche perché all’interno dello stesso esecutivo Abi è iniziata la campagna elettorale per la successione di Patuelli, il cui mandato è alla scadenza naturale», sostiene Sileoni. Secondo il segretario generale della Fiba Cisl Giulio Romani Abi «mira ad ottenere risparmi strutturali di costi attraverso l’appiattimento delle future dinamiche salariali e la riduzione del numero dei livelli. Un simile impianto mortificherebbe la professionalità dei lavoratori, specie per la categoria dei quadri e non risolverebbe affatto nessun problema di flessibilità organizzativa». Per Romani «la trattativa resta carente di un’intesa di fondo su quale sia il progetto di banca per il Paese su cui costruire professionalità e coerenti sistemi retributivi». «A quella parte di banchieri che punta a far fallire la trattativa per determinare la deregulation Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it Return . ITALIA OGGI venerdì 6 marzo 2015 Vertice il 13 - Bancari: scontro sul contratto Sul rinnovo del contratto dei bancari «siamo lontani anni luce, c'è una differenza importantissima a livello economico e a livello normativo. Sul tema occupazionale non vogliono prendersi impegni». Lo ha dichiarato Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, al termine del tavolo di ieri tra Abi e sindacati. Se non si riuscirà a portare a casa il rinnovo del contratto entro il 31 marzo, «ci saranno vertenze legali, scenderemo in piazza, ci saranno altri scioperi». I punti caldi sul tavolo, ha ricordato Sileoni, rimangono «la questione economica, il recupero dell'inflazione, il mantenimento dell'area contrattuale, la riforma degli inquadramenti». Secondo il segretario generale della Fiba-Cisl, Giulio Romani, «ci hanno detto che non sono in grado di sapere quello che faranno domani. C'è un sistema bancario che dichiara pubblicamente che non è in grado di progettare quale futuro avrà per il paese». «Vogliamo vedere il 13 marzo a che punto si arriva. Se non ci dovesse essere un cambio radicale da parte delle controparti non saremo più disposti a proseguire», ha concluso Romani. © Riproduzione riservata Return . MILANO FINANZA NEWS 05/03/2015 16.00 Banche, Fabi: ulteriore distanza con Abi sugli inquadramenti "L'incontro di oggi in Abi ha evidenziato un'ulteriore distanza rispetto alle posizioni politiche di Abi sugli inquadramenti. Abbiamo la certezza che si voglia arrivare a uno scontro, che l'Abi non voglia rinnovare il contratto nazionale, anche perché all'interno dello stesso esecutivo Abi è iniziata la campagna elettorale per la successione di Patuelli, il cui mandato è alla scadenza naturale". Lo ha dichiarato Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, a margine dell'incontro che si è svolto oggi in Abi nell'ambito della trattativa di rinnovo del contratto nazionale dei 309mila lavoratori bancari italiani. "La categoria è vittima di giochi di potere, d'interessi trasversali che condizionano l'intero esecutivo Abi, dove prevalgono le posizione integraliste e ottuse e di "chi ce l'ha più duro", ha aggiunto. "Il sindacato", ha proseguito Sileoni, "si è riservato di dare una valutazione complessiva della vertenza contrattuale intorno al 20 marzo, quando avremo ben chiare le differenze e le distanze tra le parti". "L'esecutivo Abi ha totalmente fallito nella sua strategia sindacale in quanto, prima che il rinnovo contrattuale, ha come principale obiettivo l'interruzione della crescita dinamica del costo del lavoro, per noi inconcepibile. Su argomenti fondamentali per il settore come il modello di banca, l'area contrattuale, la difesa dell'occupazione, la riforma delle popolari, gli alti stipendi dei manager, le sofferenze bancarie, l'Abi", ha concluso, "ha latitato nelle risposte, evidenziando l'assenza di una pur minima strategia per uscire, senza traumi, dal difficile momento attuale". Return . RADIOCOR 5 3 2015 16:14 Banche: Sileoni (Fabi), lontani su inquadramenti, esecutivo Abi condizionato (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 05 mar - Le posizioni tra l'Abi e i sindacati al tavolo del rinnovo del contratto nazionale sono distanti anche sulla proposta sugli inquadramenti presentata oggi dai banchieri. E' l'indicazione che arriva dal segretario generale del sindacato autonomo Fabi, Lando Sileoni, che in una nota denuncia anche alcuni "condizionamenti" all'interno dell'Esecutivo Abi. "Abbiamo la certezza che si voglia arrivare a uno scontro - si legge nella nota della Fabi - che l'Abi non voglia rinnovare il contratto nazionale, anche perche' all'interno dello stesso esecutivo Abi e' iniziata la campagna elettorale per la successione di Patuelli" (in scadenza a luglio 2016, ndr). Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it l'Abi non voglia rinnovare il contratto nazionale, anche perché all'interno dello stesso esecutivo Abi è iniziata la campagna elettorale per la successione di Patuelli, il cui mandato è alla scadenza naturale''. Lo dichiara Lando Maria Sileoni, Segretario generale della Fabi, a margine dell'incontro che si è svolto oggi in Abi nell'ambito della trattativa di r innovo del contratto nazionale dei 309mila lavoratori bancari italiani. ''La categoria è vittima di giochi di potere, d'interessi trasversali che condizionano l'intero esecutivo Abi, dove prevalgono le posizione integraliste e ottuse e di 'chi ce l'ha più duro''', continua Sileoni. Il sindacato si è riservato di dare una valutazione complessiva della vertenza contrattuale intorno al 20 marzo, quando avremo ben chiare le differenze e le distanze tra le parti. ''L'esecutivo Abi ha totalmente fallito nella sua strategia sindacale in quanto, prima che il rinnovo contrattuale, ha come principale obiettivo l'interruzione della crescita dinamica del costo del lavoro, per noi inconcepibile -continua Sileoni-. Su argomenti fondamentali per il settore come il modello di banca, l'area contrattuale, la difesa dell'occupazione, la riforma delle popolari, gli alti stipendi dei manager, le sofferenze bancarie, l'Abi ha latitato nelle risposte, evidenziando l'assenza di una pur minima strategia per uscire, senza traumi, dal difficile momento attuale''. (Rem/AdnKronos) 05-MAR-15 15:46 NNNN Return . ITALIA OGGI (Tempo reale) 05/03/2015 15.32 Contratto bancari, nulla di fatto all'incontro Abi-sindacati Fumata nera oggi all'incontro per il rinnovo del contratto dei bancari. "L'incontro di oggi in Abi ha evidenziato un'ulteriore distanza rispetto alle posizioni politiche di Abi sugli inquadramenti. Abbiamo la certezza che si voglia arrivare a uno scontro, che l'Abi non voglia rinnovare il contratto nazionale, anche perché all'interno dello stesso esecutivo Abi è iniziata la campagna elettorale per la successione di Patuelli, il cui mandato è alla scadenza naturale", riferisce Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi. Return . ANSA 5 3 2015 Banche: Sileoni (Fabi) banchieri vogliono arrivare a scontro - Ulteriore distanza con Abi sugli inquadramenti (ANSA) - ROMA, 5 MAR - "L'incontro di oggi in Abi ha evidenziato un'ulteriore distanza rispetto alle posizioni politiche di Abi sugli inquadramenti. Abbiamo la certezza che si voglia arrivare a uno scontro, che l'Abi non voglia rinnovare il contratto nazionale, anche perché all'interno dello stesso esecutivo Abi è iniziata la campagna elettorale per la successione di Patuelli, il cui mandato è alla scadenza naturale". Lo dichiara Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, a margine dell'incontro che si è svolto oggi in Abi nell'ambito della trattativa di rinnovo del contratto nazionale dei 309mila lavoratori bancari italiani. "La categoria è vittima di giochi di potere, d'interessi trasversali che condizionano l'intero esecutivo Abi, dove prevalgono posizione integraliste e ottuse". Il sindacato "si è riservato di dare una valutazione complessiva della vertenza contrattuale intorno al 20 marzo, quando avremo ben chiare le differenze e le distanze tra le parti. L'Esecutivo Abi ha totalmente fallito nella sua strategia sindacale in quanto, prima che il rinnovo contrattuale, ha come principale obiettivo l'interruzione della crescita dinamica del costo del lavoro, per noi inconcepibile. Su argomenti fondamentali per il settore come il modello di banca, l'area contrattuale, la difesa dell'occupazione, la riforma delle popolari, gli alti stipendi dei manager, le sofferenze bancarie, l'Abi ha latitato nelle risposte, evidenziando l'assenza di una pur minima strategia per uscire, senza traumi, dal difficile momento attuale".(ANSA). Return . Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it acquisti di obbligazioni possano creare severe distorsioni ai rendimenti, suggerisce che il Qe non verrà prolungato. Per Joerg Kraemer, capo economista di Commerzbank, tuttavia, è probabile che le previsioni della Bce si rivelino troppo ottimistiche, come è avvenuto nel recente passato, e che quindi la banca sarà costretta ad allungare il programma o ad aumentarne l’importo mensile. Poco dopo la conclusione della conferenza stampa di Draghi, non ha mancato di far sentire la sua voce scettica un rappresentante della Bundesbank, una delle banche centrali che hanno osteggiato il Qe, sostenendo che quanto meno il momento non era appropriato, dato l’impulso all’economia del calo del petrolio. «Non è facile – ha detto in un’intervista televisiva alla Bloomberg il consigliere della Bundesbank, Andreas Dombret – rispondere alla domanda se il Qe funzionerà». La Bce ha precisato ieri alcuni dettagli dell’attuazione del Qe, su cui chiaramente vuole mantenere una certa flessibilità. I 60 miliardi di euro mensili (1.100 miliardi in tutto) saranno composti per la più parte da titoli di Stato e per il resto da titoli cartolarizzati (Abs) e obbligazioni bancarie garantite (covered bond), i cui acquisti sono iniziati già nei mesi scorsi, oltre che da obbligazioni di 7 istituzioni europee (fra cui la Bei e i due fondi salva-Stati Efsf e Esm) e 7 agenzie nazionali, di cui è stata fornita per la prima volta la lista. Draghi ha inoltre precisato che la Bce acquisterà anche titoli che presentino un rendimento negativo (è il caso del debito della Germania sotto i 5 anni), fino al livello del tasso sui depositi delle banche presso la Bce, che rappresenta la soglia minima dei tassi ufficiali ed è oggi a -0,20%. Negli ultimi giorni, sono state sollevate perplessità sul fatto che la Bce possa trovare titoli sufficienti per mettere in atto il suo programma, problema minimizzato da Draghi. «Ci saranno complessità – ha detto – ma non rilevanti. Gli stessi dubbi erano stati sollevati all’inizio del Qe di Stati Uniti e Gran Bretagna». Come sempre, Draghi ha fatto riferimento alla necessità che la politica monetaria sia sostenuta dagli altri elementi della politica economica, soprattutto le riforme strutturali, da mettere in atto «in modo rapido, credibile e efficace», per aumentare investimenti, creazione di posti di lavoro e produttività, e la politica fiscale, a supporto della ripresa, ma nel rispetto del Patto di stabilità. La «piena e coerente applicazione» del Patto sembra essere un riferimento all’insoddisfazione della Bce per gli ulteriori due anni concessi alla Francia per raggiungere gli obiettivi di deficit pubblico. Ma Draghi ha citato anche la necessità di ridurre gli squilibri macroeconomici, il più vistoso dei quali è l’enorme surplus esterno della Germania. © RIPRODUZIONE RISERVATA Alessandro Merli Return . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Popolari, passa il tetto al 5% del diritto di voto La «quadra» sembra essere stata trovata per la riforma delle banche popolari. Se non altro nelle commissioni parlamentari: oggi il Dl passa in Aula alla Camera. Gli istituti di credito con attivi superiori a 8 miliardi di euro, in base a un emendamento dei due relatori del dl banche potranno adottare un tetto del 5 per cento al diritto di voto dopo la trasformazione in società per azioni. Il termine per la limitazione al diritto di voto nell’assemblea delle popolari trasformate in spa dovrà essere «in ogni caso non successivo a ventiquattro mesi» dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto. Rossella Bocciarelli ? pagina 32 Confermata la soglia degli 8 miliardi per la trasformazione in Spa IL TESTO OGGI IN AULA Dentro al Pd contrari Boccia e Fassina (Pd) Capezzone: «Chiusura totale da parte del Governo» Oggi discussione alla Camera ROMA La «quadra», come direbbe Bossi, sembra essere stata trovata, per la riforma delle banche popolari. Se non altro, per quel che riguarda la discussione - conclusa ieri con il via libera per l’Aula oggi - nelle Commissioni parlamentari (Finanze e Attività produttiva) su come disciplinare la fine del principio «una testa un voto» nelle banche popolari di dimensioni medio-grandi. Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it Gli istituti di credito con attivi superiori a 8 miliardi di euro, in base a un emendamento dei due relatori del dl banche, Marco Causi e Luigi Taranto, entrambi del Pd, potranno adottare un tetto del 5 per cento al diritto di voto dopo la trasformazione in società per azioni. Il termine per la limitazione al diritto di voto nell’assemblea delle popolari trasformate in spa dovrà essere «in ogni caso non successivo a ventiquattro mesi» dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto. In base all’emendamento, sul quale il Governo ha espresso parere favorevole, «nessun avente diritto al voto può esercitarlo, ad alcun titolo, per un quantitativo di azioni superiore al 5% del capitale sociale avente diritto al voto, salva la facoltà di prevedere limiti più elevati». Le modifiche riformulate dai relatori(Pd) chiariscono, inoltre, che nella stessa assemblea con la quale si vota la trasformazione della popolare in spa si può procedere a una ulteriore votazione per modificare ulteriormente lo statuto procedendo all’introduzione del limite al diritto dell’esercizio di voto. In tal modo, si può velocizzare l’introduzione del tetto. Per entrambe le votazioni tenute nella stessa sede, poi, sarà sufficiente la maggioranza semplificata, quella definita come voto capitario. Va detto, però, che le modifiche concordate tra governo e maggioranza hanno lasciato insoddisfatte le minoranze del Pd e le opposizioni. Questo dissenso potrebbe riproporsi, oltre che nel dibattito in aula che inizia oggi alla Camera, dove il dl è atteso quest’oggi e dove il governo conta su una maggioranza sicura, nella discussione sul provvedimento in Senato,dove i numeri sui quali il governo può fare affidamento sono meno rocciosi. «Le banche popolari italiane, almeno le grandi, hanno natura ibrida, ben conosciuta da decenni, perché hanno un rapporto controverso tra forma cooperativa, scopo di lucro e mutualità. Alle grandi resta solo un elemento del vecchio modello originario, il voto capitario». Così si è espresso il relatore del decreto, Causi, difendendo la ratio della trasformazione in Spa per gli istituti maggiori, dopo circa tre ore di dibattito sulla riforma delle popolari. Nella discussione sono intervenuti tutti i gruppi di opposizione, ma anche esponenti della minoranza Pd come Francesco Boccia e Stefano Fassina, tanto da far dire a qualche deputato che è andato in scena «un congresso del Pd». Boccia, ad esempio, ha polemizzato con uno dei consiglieri del premier Matteo Renzi, Yoram Gutgeld. «Mi dovete convincere che questo decreto favorisce il credito alle imprese. A differenza di Gutgeld, mi pongo dei quesiti e ho il dovere di chiedere al mio governo se non si siano sovrapposti i ruoli di governo e Parlamento e regolatori. Se non mi si risponde, come temo, ho il dovere di chiedere un’indagine conoscitiva sul perché la riforma tocchi solo dieci banche e non quindici, o meno». Altrettanto duro il commento del presidente della Commissione Finanze,il deputato di Forza Italia Daniele Capezzone: «Da parte del Governo e dei relatori della maggioranza si è oggi purtroppo confermato un atteggiamento di chiusura pressoché totale. La stessa loro riformulazione degli emendamenti da me presentati ha il sapore della sterilizzazione e perfino per alcuni versi del peggioramento della situazione, non certo dell’accoglimento». © RIPRODUZIONE RISERVATA Rossella Bocciarelli Return . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Veneto banca e quei fidi in cambio di azioni Quel prestito ha fatto un lunghissimo viaggio. Da Montebelluna, piena Marca trevigiana fino al cuore profondo della Sicilia. Destinazione Enna Energia, una piccola srl con 2,8 milioni di euro di attivo, 125mila euro di capitale netto e 2 milioni di debito. È il valore del prestito concesso da una sola banca, la Veneto Banca di Montebelluna come ha scoperto Il Sole 24Ore. Nulla di strano, se non la massiccia esposizione che vale il 70% dell'intero bilancio del 2013 ultimo anno disponibile della piccola srl. La stranezza è che quel credito non arriva da solo, ma accompagnato, o meglio legato a filo doppio con l’acquisto da parte della società sicula di azioni della stessa Veneto Banca per un valore di 301 mila euro. Nel bilancio di Enna Energia l'acquisto contemporaneo di azioni a fronte del prestito viene definito «un atto ritenzione e compensazione». Nei confronti di Veneto banca evidentemente. Compensazione di cosa? Del rischio di credito? Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it Continua pagina 30 Fabio Pavesi Continua da pagina 29 Forse. Ma quel rischio è già coperto da pegno a favore dell'istituto sulle stesse azioni di Enna Energia. La garanzia c'è già, perché far acquistare titoli della banca? Azioni a fronte di mutui e prestiti. Qui la correlazione è scritta nero su bianco. Evidente. E quello scambio tra fidi e titoli della banca è il cuore dell'inchiesta della Procura di Roma sulla banca trevigiana. E che dire di Giuseppe Samorì? Nel bilancio 2012 della sua Modena Capitale ecco comparire un prestito a medio termine con Veneto banca per 23,4 milioni. Con quei soldi Modena Capitale compra azioni Mediobanca senza prevedere reintegri di garanzie in caso di andamento avverso dei mercati. Scarsa cautela. Sarà un caso ma Modena Capitale a fronte di quel credito da 23,4 milioni proveniente da Montebelluna, ricambia il favore dato che sempre nel 2012 ci sono a bilancio azioni di Veneto Banca per 9,17 milioni di euro, più di un terzo del controvalore del credito concesso. Uno scambio? Ti dò fidi, linee di credito e tu compri le mie azioni. Le testimonianze raccolte dal Sole 24 Ore sono numerose e sarà l'inchiesta romana a fare luce. Un bel modo per fare un doppio affare. Concedo mutui e prestiti, ma nel contempo vendendo azioni , incasso e innalzo il mio patrimonio. Più prestiti, più capitale alla banca . Che le azioni di Veneto banca fossero fortemente “spinte” tra la clientela lo documenta una delle prime ispezioni Consob che finì per sanzionare a inizio 2013 con 495mila euro (sanzioni poi ridotta dalla Corte d'Appello di Venezia) l'intero Cda per «condotte irregolari relative alla valutazione di adeguatezza delle operazioni disposte dalla clientela su azioni e obbligazioni emesse dalla Banca». In sintesi per Consob si vendevano titoli e bond della banca anche a clienti con profilo di rischio non idoneo all'investimento. La Consob è in questi giorni di nuovo negli uffici di Veneto Banca per appurare se quelle prassi sono ancora in vigore. Si vedrà. Sta di fatto che la storia delle azioni Veneto banca fino a ieri è un susseguirsi ininterrotto di crescita, indipendentemente dalla crisi del sistema bancario. Un'anomalia. Tanto per dare un'idea del sovrapprezzo fatto pagare ai loro sociclienti, l'ultimo aumento di capitale dell'estate del 2014 è stato fatto a 36 euro per azione, quando il valore patrimoniale per azione, come documenta Consob, era di solo 29 euro. Un buon 24% di ipervalutazione. Chi ha comprato ha pagato più del dovuto e la banca ha risparmiato. E sì che le avvertenze erano esplicite: Consob nel prospetto ricorda che «potrebbero sorgere sia difficoltà di vendita che di poter ottenere in caso di vendita un valore uguale all'investimento». Un monito inascoltato. Da tempo vendere le azioni Veneto Banca è quasi impossibile. Non sono quotate e la banca non ha alcun interesse a ricomprare azioni sopravvalutate con ogni probabilità. Tra il valore del patrimonio netto attuale di 3,3 miliardi per Veneto Banca e la capitalizzazione a 39,5 euro per azione che dice che Veneto vale 4,4 miliardi balla oltre 1 miliardo di plusvalore apparente diffuso tra gli oltre 80 mila soci. Ma è tutto teorico, dato che se non si vende a 39,5 euro quel guadagno è solo sulla carta .Tutto virtuale. E soprattutto qualsiasi analista direbbe che una banca che chiude da tre anni in perdita non può valere il 30% in più del suo capitale. Finchè Veneto Banca starà da sola quell’ iper-valore autoassegnato può reggere. Ma se dovesse fondersi o quotarsi i nodi delle perdite per i soci verrebbero tutti al pettine. In un colpo solo. fabio.pavesi@ilsole24ore.com © RIPRODUZIONE RISERVATA Fabio Pavesi Return . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Inchiesta Trani, il Mef non si costituisce parte civile Udienza con «giallo» al processo per manipolazione del mercato a sei tra manager e analisti delle società di rating Standard & Poor’s e Fitch in corso dinanzi al tribunale di Trani. Il legale di uno degli analisti di S&P ha accusato il pm, Michele Ruggiero, di avere «occultato» ai difensori e al giudice dell’udienza preliminare - che dispose i rinvii a giudizio delle 2 agenzie - la deposizione di Mario Monti. Secca la replica: mai nascosto nulla a nessuno. Intanto il Mef non si è costituito parte civile, ammesse invece le associazioni dei consumatori. Vincenzo Rutigliano Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it non può valere il 30% in più del suo capitale. Finchè Veneto Banca starà da sola quell’ iper-valore autoassegnato può reggere. Ma se dovesse fondersi o quotarsi i nodi delle perdite per i soci verrebbero tutti al pettine. In un colpo solo. fabio.pavesi@ilsole24ore.com© RIPRODUZIONE RISERVATA Fabio Pavesi Return . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Derivati e manipolazione: due indagini a Roma - Sulla vicenda del derivato della Repubblica italiana chiuso da Morgan Stanley sono in corso a Roma due indagini: una di carattere penale, l’altra già avviata un anno fa dalla procura del Lazio della Corte dei conti. Cimmarusti e Ludovico pagina 30 ROMA La verifica dell’andamento del mercato - oscillazioni dei titoli e del valore degli altri strumenti finanziari - per riscontrare se c’è stato il reato di manipolazione. Ma anche l’esame dei profili di ipotesi di danno erariale connessi al contratto tra il Tesoro e Morgan Stanley, con la clausola di scioglimento anticipato del contratto derivato che ha consentito alla banca d’affari di incassare 2,5 miliardi di euro tra dicembre 2011 e gennaio 2012. Sulla vicenda sono ormai due i fronti inquirenti romani: quello penale, curato dal procuratore aggiunto Nello Rossi (si veda IlSole24Ore di ieri). E l’attività d’indagine già cominciata un anno fa dalla procura del Lazio della Corte dei conti. Quest’ultima - che, tra l’altro, ha termini di prescrizione di gran lunga più ampi rispetto al penale - per ora resta un’attività inquirente generica: non ci sono stati ancora «avvisi a dedurre», l’equivalente di un avviso di garanzia che presuppone l’iscrizione dell’interessato nel registro degli indagati. L’apertura ora di un fascicolo da parte dei colleghi di piazzale Clodio è probabile che riesca ad aggiornare e soprattutto ad accelerare l’azione della magistratura contabile . È altrettanto probabile che a breve ci sia uno scambio di fascicoli tra gli uffici giudiziari, come da prassi consolidate ormai negli anni. Sull’esito finale delle azioni inquirenti è difficile per ora scommettere: certo, se l’indagine penale resta minacciosa ma complessa negli accertamenti quella contabile - in presenza dei dovuti riscontri - potrebbe essere persino più incisiva. Del resto se l’incasso della banca d’affari con lo scioglimento anticipato del contratto è stato di 2,5 miliardi, le quantificazioni di danno erariale potrebbero essere di somme altrettanto notevoli. L’inchiesta guidata da Nello Rossi si concentra sulla clausola di scioglimento anticipato, definita «unica nel suo genere» dagli investigatori e perciò oggetto principale del focus della procura, che finora in questo fascicolo non ha nessun iscritto nel registro degli indagati. Non si può neanche escludere, tuttavia, che entrambi i fascicoli giudiziari si concludano con l’archiviazione. © RIPRODUZIONE RISERVATAIvan Cimmarusti e arco Ludovico Return . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 L’aumento Mps costerà 130 milioni L’aumento di capitale del Montepaschi costa alla banca 130 milioni di euro e in campo scendono nove banche, capitanate da Ubs, che faranno da garanti della riuscita dell’operazione. È quanto emerge dalla relazione illustrativa del consiglio di amministrazione pubblicata in vista dell’assemblea straordinaria degli azionisti. L’aumento di capitale fino a 3 miliardi avrà «un effetto diluitivo significativo», considerato che la banca ai valori attuali capitalizza circa 2,8 miliardi (al 4 marzo), si limitano poi a scrivere gli amministratori: indicazioni più precise saranno fornite nel momento in cui saranno determinati il prezzo, il numero delle azioni da emettere e il rapporto di opzione. (R.Fi.)? Return . Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Il titolo Carige sale, la Fondazione scende Fondazione Carige scende ancora e si porta intorno al 3% della Cassa di risparmio di Genova. L’ente ligure secondo quanto risulta a Radiocor - ha già ulteriormente limato la partecipazione nell’istituto bancario con vendite sul mercato nel corso delle ultime sedute: in particolare la Fondazione, che domenica aveva ufficialmente comunicato di detenere il 4,8% al netto dell'operazione Malacalza, ha dismesso un altro 2% circa approfittando dell’ottima performance del titolo in Borsa. Dall'annuncio dell’ingresso della famiglia Malacalza, Carige ha guadagnato il 13% sul listino. Vendendo il 2% a questi valori l’incasso per la Fondazione ligure dovrebbe aggirarsi sui 14 milioni. (R.Fi.) Return . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Generali, primo round ad Agrusti Generali dovrà pagare più o meno 6,6 milioni di euro a Raffaele Agrusti, assistito dagli studi legali Dattrino e Scorcelli. Lo ha stabilito la sentenza di primo grado non definitiva emessa ieri dal giudice del lavoro di Trieste che ha rigettato la richiesta del Leone di impugnativa dell’accordo transattivo raggiunto con l’ex manager al momento dell’uscita. Il giudice ha anche respinto la domanda risarcitoria delle Generali così come ha rifiutato quelle promosse da Agrusti in via riconvenzionale. Merita venga ricordato che in precedenza, relativamente alla posizione dell’ex amministratore delegato, Giovanni Perissinotto, il giudice si era dichiarato non competente. In questo caso, invece, si è espresso riservandosi di depositare le motivazioni entro i prossimi 60 giorni. E l’esito è, stando al dispositivo della sentenza, che la parte «attrice è tenuta a ottemperare all’accordo del 31.07.2013 e in particolare a corrispondere in favore del convenuto l’importo lordo di 6 milioni di euro e l’importo lordo di 100.000 euro con gli interessi legali, previa rivalutazione dalla data del dovuto al saldo». Il giudice ha anche condannato Generali a corrispondere «l’importo lordo di 450 mila euro» a titolo di bonus per il periodo 2011-2013. E ha quindi stabilito di dare mandato a un perito perchè definisca la parte restante del “premio” che andrà pagata all’ex manager. Una volta che verrà quantificata, verrà decisa anche la questione delle spese. Fonti vicine alle Generali hanno fatto sapere che la «società prende atto dell’esito di questa prima fase dell’articolato procedimento e attende le motivazioni della sentenza per compiere le proprie valutazioni in ordine al prosieguo del giudizio». In altre parole, come detto, essendo la sentenza di primo grado e non definitiva, Trieste potrebbe decidere di impugnarla ma, prima di compiere qualsiasi altro passo, aspetterà di conoscere le motivazioni. (L.G.) Return . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Bankitalia, stretta sui dividendi delle più piccole Palazzo Koch sta inviando una lettera alle 480 banche italiane “meno significative” in cui definisce le regole per la distribuzione degli utili del 2014: nel farlo, le banche dovranno rispettare anche in prospettiva i ratio patrimoniali di Basilea 3. Luca Davi pagina 32 Le prime lettere sono arrivate ieri. Le altre giungeranno in questi giorni. Alla fine, saranno circa 480 le banche italiane “meno significative” (perchè dotate di attivi inferiori ai 30 miliardi) che dovranno allinearsi alle nuove indicazioni che Banca d’Italia sta emanando su input Bce. Tema: le politiche relative alla distribuzione dei dividendi. Che, come raccomandato da Francoforte a gennaio alle principali 130 banche europee, dovrà essere più prudente rispetto al passato. Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it Nel dettaglio, Palazzo Koch sta chiedendo all’universo bancario italiano sotto il suo controllo diretto di usare un criterio conservativo nel pagamento degli utili 2014. Le banche che vorranno dare dividendi ai soci, in sostanza, dovranno infatti non soltanto rispettare i ratio patrimoniali in vigore oggi ma anche ragionare in maniera prospettica, e guardare alla progressiva attuazione dei criteri imposti da Basilea 3 a regime, in termini fully loaded, e quindi avere avere un Cet1 ratio minimo del 4,5%, un Total capital ratio dell’8% e un Total Capital inclusivo del conservation buffer del 10,5% al 2019. Chi, a fine 2014, era virtuoso ed era già sopra i requisiti, potrà distribuire dividendi ma solo a patto che questa scelta non vada a intaccare la capacità di garantire livelli patrimoniali adeguati in caso di stress finanziario. Diversamente, le banche significative che a fine 2014 non avevano soddisfatto le richieste “fully loaded” potranno distribuire utili ai soci ma solo a due condizioni. La prima è che questa mossa non incida nel percorso di progressivo avvicinamento alle richieste di Basilea 3. La seconda è che i dividendi siano compatibili con i livelli imposti dal processo interno di determinazione dell’adeguatezza patrimoniale (il cosiddetto Icaap). Via Nazionale stringe così la vite su tutte le banche, dalle popolari alle Bcc (che pure devono già accantonare buona parte degli utili a patrimonio). Ma, nelle sue richieste, Bankit dovrebbe comunque tenere in considerazione le diverse specificità delle singole banche. L’attenzione sarà dunque maggiore sulle dodici banche più grandi, tra quelle appartenenti al gruppo delle less significant che dovranno avvertire in anticipo Bankit qualora dovessero disattendere le nuove indicazioni. Nel dettaglio, tra gli altri, si tratta di istituti come Creval, Banca Etruria, Credem, Unipol Banca, Banca Sella, Cr Asti, Pop. Bari, Banco di Desio e Brianza, Cr Bolzano. Chi ha chiuso in rosso, sarà invitato ovviamente a non distribuire utili. L’invito dell’Authority, in buona sostanza, è affinchè le banche più fragili ci pensino due volte prima di dimostrarsi generose con i soci. Soprattutto in una fase come quella attuale, in cui il patrimonio è oramai la prima urgenza dei regolatori. .@lucaaldodavi© RIPRODUZIONE RISERVATA Luca Davi Return . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Italia e Santa Sede cercano l’intesa sul monitoraggio Chiusa la finestra dei 60 giorni prevista dalla legge 186/14(rientro dei capitali) per l’emersione dei paesi black list, si riapre la partita sulla Città del Vaticano. Partita aperta dal premier Renzi con un tweet in piena campagna dei bilaterali fiscali - quando annunciò l’esistenza della trattativa - e riaperta ieri dallo stesso premier con l’abstract di un’intervista: «Non c’è solo l’accordo fiscale con la Svizzera. Spero di recuperare un po’di denari anche dal Vaticano». Secondo Renzi in riferimento ai conti accesi presso lo Ior «ci sono molti italiani coinvolti e credo che la Santa Sede sia interessata a fare un repulisti». Dall’altra parte del Tevere, per la prima volta, arrivano conferme ma anche puntualizzazioni. Sono «effettivamente in corso interlocuzioni per collaborare con l’Italia ad andare verso il traguardo di una più ampia e completa trasparenza e dello scambio di informazioni ai fini fiscali» ha dichiarato in serata Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana. Il confronto non riguarderebbe tanto la posizione di cittadini privati con conti in Vaticano, poiché su questo aspetto la revisione condotta negli ultimi due anni allo Ior ha portato alla chiusura dei conti di soggetti non ecclesiastici o non dipendenti della Santa Sede. Il Vaticano, pur non presente nelle black list italiane, è considerato «paese non equivalente» da una nota interna della Banca d’Italia sul piano degli standard finanziari, nonostante le normative in materia di trasparenza bancaria e di lotta al riciclaggio adottate nel corso degli ultimi anni, compresa la «vigilanza prudenziale» certificate dal comitato europeo Moneyval. L’ex presidente dello Ior, Ernst von Freyberg, al passaggio di consegne nel 2013 disse che tutti i clienti in futuro avrebbero dovuto «pagare le tasse nei propri paesi d’origine e, soprattutto, dimostrarcelo». L’ex presidente rivendicava poi il lavoro svolto dal suo ingresso allo Ior, a pochi giorni dalla rinuncia al pontificato Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it normativi - perni del Jobs act - entreranno in vigore da domani e i datori di lavoro potranno procedere con le nuove modalità di assunzione. Il contratto a tutele crescenti si applicherà ai nuovi assunti operai, impiegati e quadri del settore privato, nonchè ai lavoratori destinatari della conversione di un attuale contratto a tempo determinato o di un rapporto d’apprendistato. Il nuovo accordo si applicherà, inoltre, ai vecchi assunti di imprese fino a 15 dipendenti che supereranno tale soglia dopo l’entrata in vigore del decreto. Per i lavoratori già assunti in aziende più grandi continueranno a valere, invece, le disposizioni contenute nell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (legge 300/70). Le tutele crescenti rappresentano uno spartiacque nella disciplina giuslavoristica nazionale, eliminando la reintegrazione nel posto di lavoro come sanzione unica in caso di licenziamento illegittimo, mantenuta solo in alcuni casi tipizzati come il licenziamento discriminatorio, quello intimato in forma orale o in cui venga provata l’insussistenza del fatto materiale contestato. La tutela accordata d’ora in avanti in caso di recesso del datore di lavoro sarà, infatti, di natura essenzialmente indennitaria, legata cioè al pagamento di un indennizzo economico destinato a crescere parallelamente all’anzianità di servizio del dipendente coinvolto. Una scelta, quest’ultima, controbilanciata da un contratto che sarà a tempo indeterminato e incentivato dalla decontribuzione per i nuovi assunti fino al 31 dicembre prossimo grazie a uno sgravio previsto dalla legge di stabilità 2015 che avrà valenza triennale e ammonterà a 8.060 euro annui per ogni assunto. Innovativa anche la scelta contenuta nell’altro decreto relativo agli ammortizzatori sociali, il quale dal prossimo 1° maggio introduce la nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego (Naspi) al posto di Aspi e mini Aspi. La Naspi è destinata ai lavoratori disoccupati con almeno 13 settimane di contribuzione nel quadriennio precedente il licenziamento e con 30 giorni di lavoro nei 12 mesi precedenti. La nuova assicurazione durerà non più di 104 settimane (78 dal 2017) e avrà un importo massimo di 1.300 euro, con riduzione del 3% al mese per ogni mese successivo al terzo. L’erogazione della Naspi è condizionata alla partecipazione dell’interessato a iniziative di attivazione lavorativa. Chi, pur avendo beneficiato della Naspi, dovesse rimanere poi senza occupazione e in condizione di bisogno, potrà ottenere un assegno di disoccupazione (Asdi) per massimo 6 mesi e un importo pari al 75% della Naspi. Viene riconosciuta, ancora, un’indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (anche a progetto) iscritti in via esclusiva alla gestione separata. Il contratto di ricollocazione - a cui sono destinati 50 milioni nel 2015 e 20 nel 2016 - garantirà, infine, un tesoretto individuale proporzionato al profilo di occupabilità del lavoratore e spendibile presso i soggetti pubblici o privati accreditati al servizio di assistenza nella ricerca del lavoro. © RIPRODUZIONE RISERVATA Mauro Pizzin e Matteo Prioschi Return . IL SOLE 24 ORE venerdì 6 marzo 2015 Il presidente di una banca risponde con il board Il presidente del Consiglio di amministrazione di un istituto di credito deve “padroneggiare” il business bancario. E se chiamato a rispondere solidarmente con gli altri membri del board per la violazione delle norme sull’intermediazione mobiliare non può trincerarsi dietro la mancata conoscenza degli aspetti concreti della gestione. La Cassazione, con la sentenza 4502 depositata ieri, accoglie i ricorsi del Mef e della Consob contro la decisione della Corte d’Appello di cancellare la sanzione al presidente del Consiglio di amministrazione. Secondo la Corte territoriale tra i compiti del presidente del Cda non rientrava, a parte direttive generiche o specifiche sull’andamento aziedale, la funzione di controllo sulle responsabilità del personale addetto che, in un’organizzazione complessa spetta a manager o collaboratori. Una posizione distinta da quella del collegio Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it Bce», così come gli istituti di altre aree geografiche come gli Usa. Sul comprehensive assessment relativo alle banche dell'Eurozona, Angeloni ha detto di preferire la traduzione italiana di «esame approfondito», proprio perché l'analisi «è andata a fondo su alcuni punti, mentre ha lasciato momentaneamente da parte altre componenti»: tra queste il supervisore ha citato il funding e la leva, aspetti tuttavia che sono affrontati ora dalla Bce e dalle autorità nazionali nel lavoro giornaliero di supervisione. L'avvio del meccanismo di vigilanza unico, secondo Angeloni, è stato positivo e veloce oltre le attese, anche se restano «lacune da colmare». L'Unione bancaria, come ha ricordato il supervisore, viene criticata per alcune mancanze, come una dotazione inadeguata del fondo di risoluzione o l'assenza di una garanzia comune sui depositi. Angeloni ha sottolineato che «ogni passo avanti dipenderà da come gli organi di supervisione svolgeranno la loro funzione» e a tal proposito ha aggiunto: «Sappiamo che Francoforte è sotto la lente per capire se è capace di rendere più sicuro il sistema. Siamo sotto esame e in fase di rodaggio, ma sono convinto che gli effetti si vedranno tra due o tre anni». Sulla riforma delle popolari italiane il membro del Consiglio di vigilanza Bce ha detto che a Francoforte le iniziative del governo si seguono «con molta attenzione e molto interesse». Il principio cardine della supervisione, rimarcato più volte da Angeloni, è quello individuato dal regolamento sulla vigilanza unica, ovvero la «sicurezza e solidità» del sistema, che tuttavia lascia spazio alla diversità dei modelli di banca, anche dal punto di vista della governance. Oltre alla stabilità degli istituti, tuttavia, resta il problema del sostegno alla ripresa: al convegno di ieri il presidente di SocGen Lorenzo Bini Smaghi ha sottolineato che una stringente regolamentazione può pesare sul funzionamento delle banche e sul finanziamento dell'economia reale. (riproduzione riservata) Return . MF-MILANO FINANZA venerdì 6 marzo 2015 Bankitalia: evitare i rischi dello shadow banking di Ugo Brizzo Nell'attuale fase congiunturale «è fondamentale evitare di generare anche in Italia rischi di natura sistemica» derivanti dalle attività di shadow banking, ovvero quelle forme di intermediazione creditizia che coinvolgono entità in parte o totalmente al di fuori del sistema bancario tradizionale. Lo ha affermato ieri Carmelo Barbagallo, capo del dipartimento di vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d'Italia, intervenendo al World Finance Forum a Milano. Secondo Barbagallo, «l'attenzione dei regolatori è volta non solo a presidiare con il necessario rigore i rischi di natura bancaria generati dal sistema bancario ombra, ma anche a promuovere la crescita». Contro i rischi dello shadow banking Bankitalia ha previsto «regole prudenziali per evitare che vi sia un trasferimento del rischio di credito entro i conglomerati finanziari dal comparto bancario a quello assicurativo al solo scopo di ridurre i requisiti patrimoniali». A supporto di questi provvedimenti, ha aggiunto Barbagallo, «si è previsto che l'attività di screening e monitoring, cuore dell'attività bancaria, resti affidata alle banche nel caso dei veicoli di cartolarizzazione. Per le assicurazioni il rischio di credito dovrà essere gestito e mitigato con tutti gli strumenti adottati dalle banche». Bankitalia ha citato inoltre «le regole di compartecipazione al rischio e di limitazione dei conflitti d'interesse. Per evitare rischi reputazionali sono stati posti vincoli alla collocazione di strumenti presso investitori al dettaglio. È stata infine prevista l'estensione ai nuovi soggetti abilitati a erogare credito dell'obbligo di segnalazione alla centrale dei rischi». Queste misure, è la conclusione, costituiscono «un insieme organico e coerente» e sono basate «sull'assunto che solo attraverso questo approccio complessivo è possibile contenere forme nuove di rischi. Altri approcci che concentrano i controlli prudenziali sul sistema bancario tradizionale, trascurando gli intermediari non bancari, sono meno efficaci e più gravosi per il sistema economico». (riproduzione riservata) Return . Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it MF-MILANO FINANZA venerdì 6 marzo 2015 Tra i gruppi Usa ora è corsa a emettere bond in euro di Roberta Castellarin Berkshire Hathaway, società del finanziere Warren Buffett, collocherà bond in euro per un corrispettivo di 3 miliardi di dollari. I tre bond offerti hanno una durata di 8, 12 e 20 anni e propongono un rendimento rispettivamente dello 0,84%, dell'1,27% e dell'1,68%. Questa è l'ultima di una lunga serie di emissioni di società Usa in euro. Da inizio anno, in base ai dati Dealogic, si stima un totale di emissioni per circa 30 miliardi di euro. La scorsa settimana Coca-Cola ha collocato un bond da ben 8,5 miliardi di euro, che rappresenta la maggior emissione mai effettuata da una società americana in Europa e la seconda in euro nel mondo corporate. Coca-Cola ha collocato obbligazioni con scadenze tra due e 20 anni a tasso sia fisso che variabile. Un bond a otto anni paga una cedola di solo lo 0,75%. Gli analisti si aspettano che il trend continui nei prossimi mesi alla luce del prolungato calo dei rendimenti dei titoli di Stato europei di riferimento, determinato anche dall'avvio del Quantitative easing annunciato dalla Banca Centrale Europea. Le condizioni sono interessanti per gli emittenti, visto che il rendimento medio dei corporate bond decennali europei ormai si attesta a un minimo dell'1,08%. Ma dietro la scelta c'è anche la previsione che l'euro resti debole a lungo. Resta poi il fatto che molte multinazionali Usa hanno tanta cassa all'estero, ma per motivi fiscali non la possono rimpatriare. Secondo la normativa attuale, infatti, i gruppi Usa sono sottoposti a una tassazione del 35% degli utili che raccolgono in giro per il mondo, godono di un credito d'imposta per i pagamenti effettuati a favore degli altri governi e non devono versare nulla al fisco di casa finché non rimpatriano i capitali. Il sistema incentiva così a rendicontare gli utili fuori dai confini nazionali e a lasciarli lì. Return . MF-MILANO FINANZA venerdì 6 marzo 2015 Il Tesoro non sarà parte civile al processo a S&P di Manuel Costa Il Tribunale collegiale di Trani ha ammesso quattro associazioni dei consumatori e 13 privati come parti civili nel processo in corso all'agenzia di rating Standard & Poor's e a cinque suoi manager e analisti, accusati dalla Procura di manipolazione di mercato aggravata e continuata (anche Contrarian a pagina 20). È quanto comunicato dal presidente del Tribunale, Giulia Pavese, in apertura della seconda udienza. In dettaglio, il collegio ha rigettato la richiesta di escludere le parti già costituite in udienza preliminare (ovvero l'Adusbef), presentata dagli avvocati degli imputati lo scorso 4 febbraio e ammesso anche le altre associazioni che ne hanno fatto richiesta (Adusbef Puglia, Acu e Federconsumatori), più i singoli consumatori che si ritengono lesi dai declassamenti operati da S&P tra il 2011 e il 2012. Nel processo sono parti offese Consob e Bankitalia, mentre non lo è il ministero dell'Economia, nonostante le esplicite richieste che si sono susseguite negli ultimi giorni in particolare da parte da parte dell'ex ministro Renato Brunetta, oggi capogruppo di Forza Italia a Montecitorio. La decisione di Via XX Settembre suscita da settimane accese polemiche politiche, soprattutto dopo il deposito di nuovi atti da parte dell'accusa a cui risulta che il Tesoro, dopo il declassamento del rating dell'Italia deciso da S&P nel 2011, pagò a Morgan Stanley 2,5 miliardi di euro così come era previsto da una clausola del contratto di finanziamento della banca d'affari statunitense. Poiché Morgan Stanley è tra gli azionisti di Mc Graw Hill (anche se - va precisato - la quota è custodita nei fondi), il colosso che controlla S&P, secondo la procura il pagamento rappresenta un «forte elemento indiziario» a carico di S&P. (riproduzione riservata) Return . Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it Assopopolari, associazione di categoria delle banche cooperative, non si fa molte illusioni. Il tetto al diritto di voto al 5% sarà probabilmente l'unica concessione che il governo Renzi farà agli istitui associati in vista della trasformazione in società per azioni. Su questa base, fragile ma almeno certa, i banchieri dovranno disegnare i futuri assetti di governance degli istituti che da qui a un anno abbandoneranno la forma cooperativa. La scelta di demandare alle assemblee l'introduzione delle nuove soglie di voto e degli altri strumenti antiscalata come il voto maggiorato suggerisce che nei prossimi mesi la fantasia di consulenti e studi legali potrebbe sbizzarrirsi. E se è vero che gli statuti dovranno comunque passare l'esame di Banca d'Italia e Bce, è innegabile che molti banchieri abbiano già le idee chiare. L'obiettivo è quello di blindare almeno il 20-25% del capitale attraverso due strumenti: lo scorporo dell'azienda bancaria dalla cooperativa oppure la costituzione di un patto di sindacato tra i soci più influenti del gruppo. In linea teorica lo scorporo sarebbe la soluzione più semplice per gli istituti al momento sprovvisti di grandi azionisti di riferimento, come la Banca Popolare di Milano . In sostanza si tratterebbe di prendere a modello il meccanismo previsto dalla Legge Amato per le ex Casse di risparmio: l'attività bancaria verrebbe conferita in una newco che assumerebbe la forma giuridica di società per azioni e sarebbe regolarmente quotata in Piazza Affari. La cooperativa invece manterrebbe funzioni mutualistiche e istituzionali e resterebbe partecipata dai soci storici della banca, dai dipendenti e forse da qualche ente locale. La partecipazione diretta nel capitale della spa consentirebbe alla cooperativa di essere il socio di riferimento dell'istituto almeno per qualche anno e di influenzarne così governance e scelte strategiche attraverso i propri rappresentanti in cda. La strada dello scorporo, come detto, piace soprattutto alle banche che oggi non possono contare su uno zoccolo di soci di riferimento e che dunque rischiano di trovarsi disarmate di fronte alle incursioni di eventuali raider. In alternativa, le popolari maggiori potrebbero scegliere la strategia meno dispendiosa, ma altrettanto sicura, del patto di sindacato. La banca potrebbe insomma arruolare i soci più influenti per blindare una maggioranza relativa vicina al 20-25% del capitale. «Le categorie a cui ci rivolgeremo nei prossimi mesi sono tre: le grandi famiglie imprenditoriali storicamente vicine all'istituto, le fondazioni di origine bancaria e le istituzioni finanziarie con cui abbiamo sviluppato una certa assiduità», spiega a MF-Milano Finanza il presidente di una grande popolare. Per istituti come Ubi Banca, Banco Popolare o Popolare dell'Emilia Romagna il compito non dovrebbe essere particolarmente difficile visto che quote significative di queste banche sono controllate dalle categoria di soci appena menzionate. Proprio in queste settimane molte delle popolari coinvolte nella riforma avrebbero già avviato incontri, presentazioni e roadshow rivolti ai soci di capitale per sensibilizzarli sugli effetti della trasformazione e tastare il terreno in vista di eventuali alleanze che, non bisogna dimenticarlo, dovranno essere strette nel giro di un anno. Nel frattempo il confronto tra Assopopolari e il governo potrebbe durare ancora qualche giorno, anche se difficilmente la categoria porterà a casa altri sconti. Una volta concluso l'iter del decreto alla Camera, l'associazione presieduta da Ettore Caselli potrebbe riunire il consiglio di amministrazione per fare il punto sul nuovo quadro normativo. A quel punto qualche istituto meno morbido degli altri potrebbe smarcarsi e intraprendere azioni legali autonome contro il decreto, anche se per il momento la categoria appare ancora abbastanza compatta. Il merito, va riconosciuto, è del presidente Caselli che in queste settimane di fuoco ha saputo coniugare la difesa del modello cooperativo a coraggiose (e non sempre popolari, è il caso di dirlo) aperture riformiste. (riproduzione riservata) Return . MF-MILANO FINANZA venerdì 6 marzo 2015 BlackRock gestirà 3,8 mld per Eurovita di Anna Messia Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it che al momento dell'avvio di Solvency II Eiopa ne limiti il numero richiesto allo stretto necessario per garantire un livello appropriato di armonizzazione tra i Paesi», aggiunge Jones. Ma c'è di più. Gli assicuratori europei chiedono che nel primo anno di vita di Solvency II venga concessa una semplificazioni dei dati che dovranno essere forniti dalle compagnie al Financial stability reporting. Si tratta di informazioni che dovranno essere utilizzate per valutare i rischi da un punto di vista macroprudenziale e per cogliere eventuali criticità a livello di sistema finanziario complessivo. «Tra l'altro», conclude Focarelli, «la tempistica del Financial stability reporting a livello di gruppo è più stretta rispetto a quella prevista per il reporting normale; per ridurre gli oneri amministrativi sarebbe bene allineare tutte le scadenze». (riproduzione riservata) Return . MF-MILANO FINANZA venerdì 6 marzo 2015 Fondi pensione, allarme portabilità di Paola Valentini I fondi pensione negoziali vanno all'attacco del disegno di legge sulla concorrenza varato dal governo il 20 febbraio scorso. «Confidiamo che questo provvedimento possa essere adeguatamente emendato, se non stralciato nei punti di maggiore criticità e incoerenza con il sistema previdenziale complessivo», ha dichiarato ieri Michele Tronconi, presidente dell'Assofondipensione. Tronconi è intervenuto nel corso dell'audizione dell'associazione (che riunisce i comparti di categoria, cui sono iscritti oltre 2 milioni di lavoratori) davanti alla commissione parlamentare di Controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza. Il disegno di legge interviene sulla portabilità dei fondi pensione, prevedendo la possibilità di trasferire automaticamente a un'altra forma pensionistica complementare il contributo che il datore di lavoro versa al fondo pensione negoziale cui è iscritto il dipendente. Fondi aperti e Piani individuali di previdenza (pip) non danno diritto a questo contributo. Secondo Assofondipensione, il provvedimento sminuisce il ruolo dei fondi pensione negoziali, incentivando fondi pensione aperti e piani individuali di previdenza delle assicurazioni «a trasformare gli aderenti ai nostri fondi in una sorta di terreno di caccia preferenziale», ha detto Tronconi. I lavoratori, ha spiegato il presidente di Assofondipensione, sarebbero incentivati a transitare nei fondi negoziali solo al fine di acquisire il diritto al contributo del datore di lavoro, mentre i fondi aperti e i pip sarebbero incentivati a preferire (e ricercare) questa tipologia di clienti, che portano in dote il contributo pagato dalle aziende. In questo modo, secondo Assofondipensione, non si crea sana concorrenza, bensì una guerra fratricida: la corsa ai già iscritti avrebbe un effetto a somma zero e andrebbe a scapito delle adesioni complessive alla previdenza integrativa. Senza contare, secondo Tronconi, che la discontinuità dei flussi finanziari a favore del singolo fondo pensione, proprio per via di possibili uscite per trasferimenti verso altre forme di previdenza complementare, «spingerà la gestione del risparmio previdenziale verso le asset class più liquide con ottiche di breve termine, ossia l'opposto del rafforzamento dei fondi pensione quali investitori di lungo periodo nell'interesse del lavoratore». Il presidente di Assofondipensione ha anche ricordato gli ottimi rendimenti medi delle gestioni della previdenza complementare: a fronte di una rivalutazione del Tfr al minimo storico del 1,3%, nel 2014 i fondi pensione negoziali hanno reso il 7,3%, i pip il 7,2% e i fondi aperti il 7,5%. Riguardo alla mancata corsa alle adesioni ai fondi pensione negoziali da una parte e all'incremento delle sottoscrizioni registrate nel caso di forme previdenziali individuali (in particolare i pip, spinti dalle reti di vendita delle assicurazioni) dall'altra, Tronconi ha portato all'attenzione della commissione un dato significativo. Se si considera la cosiddetta «posizione media capitaria» (che si ottiene dividendo il saldo delle risorse destinate alle future prestazioni per il numero degli aderenti), si scopre un andamento ben diverso rispetto al volume delle adesioni. Per i fondi negoziali è cresciuta nell'ultimo anno del 15,3%, per i fondi aperti dell'8,9% e per i pip soltanto del 5,4%; il tutto a dimostrazione, spiega Assofondipensione, della maggiore regolarità contributiva dei fondi negoziali, sostenuti Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it dal contributo del datore di lavoro, mentre negli altri casi le sospensioni dei versamenti e le richieste di anticipazioni sono più frequenti. (riproduzione riservata) Return . MF-MILANO FINANZA venerdì 6 marzo 2015 Banca Generali e Fineco, raccolte boom di Valerio Testi Ieri due delle società di risparmio gestito quotate a Piazza Affari ha reso noti i volumi di raccolta relativi al mese di febbraio. Da inizio 2015 Finecobank , gruppo Unicredit , ha registrato una raccolta netta di 908 milioni, in crescita del 43% rispetto allo stesso periodo del 2014. La raccolta netta totale tramite la rete di promotori finanziari è stata di 822 milioni (+38% rispetto al primo bimestre 2014). Nel solo mese di febbraio la raccolta netta è stata di 516 milioni (+34%), mentre la raccolta gestita ha raggiunto quota 463 milioni, attestandosi da inizio anno a 629 milioni (+83%). A fine febbraio i clienti totali di Fineco erano circa 980 mila: dall'inizio dell'anno sono stati acquisiti circa 21 mila nuovi clienti, in linea con lo stesso periodo dell'anno precedente. L'altra società ad avere fornito l'aggiornamento è stata Banca Generali , che a febbraio ha segnato una raccolta netta di 299 milioni, di cui 192 realizzati dalla rete Banca Generali (444 milioni da inizio anno) e 107 da Banca Generali private banking (261 milioni da inizio anno). In evidenza la raccolta netta gestita di 649 milioni, che nel mese è aumentata del 55% rispetto a un anno fa. In crescita anche la raccolta netta di fondi/sicav e gestioni di portafoglio per 128 milioni nel mese (195 milioni da inizio anno, +24%). «L'accelerazione della raccolta netta nei primi due mesi dell'anno», ha commentato l'ad del gruppo, Piermario Motta, «oltre un terzo in più rispetto al 2014, riflette la grande attenzione dei risparmiatori per una consulenza finanziaria professionale. La progressiva discesa dei rendimenti, prossimi allo zero per i titoli di Stato, favorisce la presa di coscienza tra le famiglie del bisogno di affidarsi a interlocutori specializzati, di solida reputazione e competenze, nella valorizzazione dei propri risparmi». (riproduzione riservata) Return . MF-MILANO FINANZA venerdì 6 marzo 2015 Pro o contro S&P's? Si abbia la pazienza di valutare le prove Contrarian Il processo che si sta celebrando a Trani, in particolare, contro l'agenzia Standard & Poor's per i rating emessi tra il 2011 e il 2012 sul debito dell'Italia, diventa oggetto di contesa. Negli ultimi giorni, da una parte si registra la posizione di chi afferma che la condotta di S&P non appare irregolare o illecita, valutando fondata la posizione del Tesoro che ha deciso di non costituirsi parte civile nel processo; dall'altra parte vi sono i sostenitori, a volte pregiudiziali, dell'ipotesi della colpevolezza e collegano le valutazioni espresse da S&P con la risoluzione anticipata di un contratto in derivati da parte di Morgan Stanley, indiretta partecipante di S&P, stipulato con il Tesoro (con onere per quest'ultimo di 2,5 miliardi). Sempre in questo schieramento vi sono poi quelli che inquadrano i rating rilasciati nella strategia del presunto complotto contro il governo Berlusconi che portò a novembre del 2011 alla sostituzione con l'esecutivo Monti. Il ministro dell'Economa, Pier Carlo Padoan, ha confermato la decisione del governo di non costituirsi nel processo, asserendo che è molto arduo valutare l'effetto che i giudizi rilasciati hanno avuto sui titoli del debito pubblico, essendo gli andamenti del mercato influenzati da una molteplicità di fattori che rendono difficile isolare un solo elemento, quello dell'effetto dei rating. Nel primo schieramento quel che risalta di più è l'affanno per considerare l'agenzia quasi insindacabile, coperta da una sorta di immunità per cui si dovrebbe trarre la conclusione che è stato grave sottoporla a indagini giudiziarie. In realtà negli Usa alle agenzie in questione sono comminate anche pesanti sanzioni. Ridurre tutto alla discrezionalità dei rating significa legittimare anche l'arbitrarietà, non essendo sufficiente una nozione precisa di discrezionalità per coprire ciò che potrebbe essere Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine Riservato alle strutture Dipartimento Comunicazione & Immagine Responsabile - Lodovico Antonini RASSEGNA STAMPA Anno XVI - 06/03/2015 A cura di Bruno Pastorelli – b.pastorelli@fabi.it avvenuto nel caso in questione. Dall'altra parte, il legame con l'asserita destabilizzazione del governo Berlusconi, che è legittimo analizzare, può tuttavia fornire argomenti a quanti, banalizzando l'ipotesi del complotto politico, alla fine pensano di ridimensionare o assolvere anche ciò che può essere avvenuto nello stretto comparto finanziario. Da entrambe le parti si trascura che vi è un processo in corso per manipolazione del mercato, reato di pericolo, non di danno (la legge fa riferimento a comportamenti astrattamente idonei ad alterare i corsi borsistici): le indagini della Procura hanno superato il vaglio del Gup che ha dato via libera al processo che si sta svolgendo. L'accusa ha a disposizione materiale probatorio non certo limitato alle ipotesi delle suddette connessioni tra rating e risoluzione anticipata del contratto con il Tesoro che non dovrebbe limitarsi ovviamente solo all'esame di quegli eventuali collegamenti. Allora si può attendere che vengano contestate quelle che ad avviso della Procura sono prove della manipolazione prima di arrivare a un giudizio sulle cronache di non colpevolezza e, magari, prima di rivolgere critiche al pm che si sarebbe permesso di indagare Standard&Poor's? Vogliamo per forza dare prova di una subalternità e svalutare a priori un lungo e attento lavoro del pubblico ministero? Si abbia la pazienza di attendere e analizzare, quando le esporrà il pm, tutte le prove raccolte. Poi si valuterà chi ha sbagliato e se ne trarranno le conseguenze. E, infine, lo stesso Tesoro non ha nulla da dire sulla normativa e sui controlli che riguardano queste agenzie? Va tutto bene? Luc de Clapiers de Vauvenargues Ogni ingiustizia ci offende, quando non ci procura alcun profitto. .c. . Return Federazione Autonoma Bancari Italiani via Tevere, 46 00198 Roma - Dipartimento Comunicazione & Immagine
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