in breve www.diocesianagnialatri.it Appuntamenti del vescovo Pagina a cura dell'Ufficio Comunicazioni Sociali ANAGNI ALATRI Via dei Villini 03014 Fiuggi (FR) Tel.: 0775/514214 Fax: e-mail: MERCOLEDÌ 16 Anagni cattedrale ore 18.00: Messa del Crisma GIOVEDÌ 17 Anagni cattedrale ore 21.30: Messa in Coena Domini VENERDÌ 18 Alatri concattedrale ore 15.00: Azione liturgica Anagni cattedrale ore 18.00: Azione liturgica laziosetteanagni@gmail.com Domenica, 13 aprile 2014 Vallepietra. Con il «Pianto delle zitelle» ci si prepara alla Settimana Santa Una «lauda» senza tempo Una rappresentazione che nel rileggere segni e personaggi della passione e con i suoi canti dalla melodia antica, mantiene fisso lo sguardo su Gesù DI FRANCO ROSSI S i è svolto ieri presso al chiesa parrocchiale a Vallepietra la rappresentazione sacra del “pianto delle zitelle”; una laude sacra composta all’inizio del 1700, rappresentata e cantata dalle “zitelle” sul piazzale del Santuario la mattina della festa SS. Trinità. Attraverso i simboli e i personaggi che hanno accompagnato le ultime ore della vita di Gesù e la sua morte, il Pianto invita i pellegrini alla conversione facendo rivivere intensamente la Passione di Cristo. La rappresentazione si conclude con un inno alla Santissima Trinità. Il Pianto, che all’origine portava il titolo di “Misteri della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo”, è un’opera di don Francesco Tozzi, abate del Santuario dal 1685 al 1725. Nel 1835, don Luigi Tozzi rielaborò il testo e diede all’opera la drammatica forma della Lauda. Infine, don Salvatore Mercuri, morto nel 1925, ne fissò i testi, le sequenze e la struttura attuale rendendo definitiva un’opera che fin lì aveva subito non poche trasformazioni. Il Pianto è introdotto dal canto Veni Creator. Con il canto del Prologo inizia il dialogo tra i fedeli e le Zitelle che invitano alla conversione con versetti del Miserere e con l’evocazione della Passione. Sono così presentati: il calice, le funi, la mano (sacrilega), la colonna, le spine, Giuda, Pilato, i chiodi, il fiele, la lancia, il Crocifisso, la Croce, la Maddalena, la Madonna, la Marta. Santissima Trinità Il santuario riapre lle pendici del monte Autore, incastonato nella splendida parete rocciosa che ogni tanto fa impaurire per la, naturale, caduta di qualche sasso, sorge il santuario intitolato alla Santissima Trinità sito nel comune di Vallepietra. Luogo in cui prendono forma tante belle devozioni: pellegrinaggi, canti, laudi sacre di antica memoria; ma occasione per riavvicinarsi all’amore di quel Dio uno e trino. Come ogni anno, dopo il periodo di chiusura invernale, il primo maggio il santuario riapre, ufficialmente, le porte ai numerosi pellegrini che lo visitano. Importanti in questo giorno sono il pellegrinaggio degli abitanti di Vallepietra e la Messa delle 10. A Rievoca il “Pianto della Madonna” di Iacopone da Todi anche se tra le due composizioni intercorrono quasi cinque secoli. La metrica delle due Laudi, settenari ed endecasillabi, pur nella diversità della struttura ritmica del verso e della composizione delle strofe, evidenzia i sentimenti di dolore e di pentimento comuni alle due liriche. La forma dialogica della lauda evolve nel corso dei secoli acquistando prima il carattere e la dimensione di “Lauda drammatica” e poi di “Sacra Rappresentazione”. Il Pianto delle Zitelle è un esempio di questo cammino letterario. La melodia del Pianto delle Zitelle è stata tramandata oralmente per molti secoli. Essa ha subito le variazioni tipiche di una musica fondata unicamente sulla trasmissione orale. Il primo documento è un sono del 1939. Non è difficile cogliere nella melodia accenti i toni del canto gregoriano. Il salto di quinta con il quale inizia ogni “mistero” avvicina il Pianto al lamento funebre che ancora oggi è praticato in alcune zone del Meridione. Anticamente il Pianto si svolgeva sulla loggia del santuario. I gesti erano semplici e contenuti; si privilegiava il canto e la scena era scarna ed essenziale. Oggi il Pianto privilegia l’aspetto scenico e l’azione drammatica. Il personaggio che interpreta questi misteri invita l’intero creato a guardare il Cristo che con la sua morte in croce ha redento il mondo: «È in croce colui che ha creato l’universo e dalla croce attirerà tutti a sé»; sono versi di una struggente bellezza, anche se caratterizzati da una semplicità che vogliono portare l’ascoltatore alla commozione. Il dolore della vergine è espresso con accenti elevati, di rara bellezza: «Non mi dite Maria di grazia piena, chiamatemi Maria mar di dolore…». La Marta, invece, invita i peccatori alla conversione: «Lasciate ed aborrite li peccati… che tutti vi saranno perdonati». I Misteri del Pianto sono 14. Essi rappresentano oggetti e personaggi che hanno avuto un ruolo importante nella Passione: grazie ad essi partecipiamo al dramma del Golgota. Il calice, il primo oggettosimbolo che mostrano le Zitelle, vuole significare la sofferenza di Gesù e la sua perfetta adesione alla volontà di Dio Padre. Le funi, la colonna evocano la flagellazione e l’umiliazione che dovette subire. La corona di spine rappresenta un terribile strumento di supplizio e, nello stesso tempo, la regalità di Cristo. voci dal carmelo Un cammino dall’«Osanna» al «Gloria» iate santi, perché io, il vostro Dio, sono santo». Cosa dunque ci sta più a cuore nella settimana santa? Il viverla santamente! All’inizio della celebrazione della domenica delle Palme abbiamo ascoltato: «Questa assemblea liturgica è preludio alla Pasqua». Preludio per noi è preparazione, preparazione del cuore, preparazione e disposizioni dell’animo. Creiamo silenzio attorno a noi e sentiremo il bisogno di pregare, di rivolgerci a Dio, di fare spazio nel nostro cuore perché Lui vi entri per fare ordine nel nostro disordine di vita, nei nostri smarrimenti di idee e di pensiero, nel nostro spesso pellegrinare senza meta. Preghiamo. Lasciamo per qualche momento dietro le spalle gli affanni, le preoccupazioni La domenica delle Palme, della Passione. Cosa accade in questo giorno? «Le folle degli ebrei, portando rami d’olivo andavano incontro al Signore e acclamavano a gran voce: Osanna nell’alto dei cieli». E ancora: «Le folle degli ebrei lungo la strada stendevano i mantelli e acclamavano: Osanna al figlio di Davide. Benedetto colui che viene nel nome del Signore». Ma da lì a poco, tanta esaltazione diventa violenza, grida forsennate, accecamento del cuore, voce terribile che risuona nell’aria: «Crocifiggilo!». Era lo stesso uomo, Figlio di Davide, osannato alcuni giorni prima. Ora? Ecco di cosa siamo capaci noi uomini. Poniamoci in ginocchio e, riconoscendoci per quello che siamo davanti a Lui, chiediamogli con fede e amore: «Signore, fammi uomo vero, fammi uomo di preghiera, perché l’anima mia possa vivere nella tua pace e godere in pienezza i frutti della tua Pasqua. Fa’ che il mio cuore sia fedele ai tuoi comandamenti. Ti supplico: dammi uno spirito coerente! Parli la mia vita, parlino le opere della mia fedeltà a Te che sei il mio Dio, il mio Redentore». Questa settimana sarà scandita da momenti liturgici di forte intensità. Il giovedì santo ci ritroveremo uniti nella messa in coena Domini per commemorare il grande amore di Gesù che per noi si è fatto pane e vino, cibo di vita eterna. Tre cose potremmo dire che ricordiamo: l’istituzione dell’Eucaristia, Pane di vita eterna; istituzione del Sacerdozio e inizio della vita sacramentale per noi. Venerdì santo, nell’azione liturgica pomeridiana, mediteremo uniti sulla passione e la morte di Gesù e sosteremo presso il suo sepolcro, in unione con Maria, la madre di tutti i viventi. Il sabato santo, giorno in cui per antichissima tradizione la chiesa non celebra l’Eucaristia, ci raccoglieremo in silenzio per sentirci in sintonia con tutta la natura che tace perché il suo creatore “dorme”. E infine, nell’esultanza della veglia pasquale, la madre di tutte le veglie, formeremo un solo corpo per salutare l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine, colui che era, che è e che viene, il vincitore della morte: Cristo Gesù, risorto per la potenza di Dio, sfolgorante di luce che ci colma delle sue benedizioni e del suo augurio: «Pace a voi!». Sorelle del Carmelo «S Il «Pianto delle zitelle» ieri Morolo ricorda le «suore dell’asilo» ento anni fa a Morolo gli asili vennero affiancati alle Adoratrici del Sangue di Cristo. Le Adoratrici arrivarono a Morolo nel 1853. L’arciprete di allora, don Giuseppe Colonna di Morolo, scrisse al Delegato Apostolico una lettera ove si rallegrava per l’evento che toccò il centro ciociaro, il 28 maggio 1853, ovvero di ospitare delle Maestre Pie e questi fu assai allegro poiché l’istruzione arrivò anche a Morolo; d’altra parte si rattristava per la situazione della casa delle Adoratrici: le finestre prive di vetri, tre letti, una sedia, un tavolino vecchissimo e pochi utensili per la cucina. Subito le Adoratrici si misero all’opera e molte ragazze aderirono alle loro attività; in una lettera al Priore, suor Elisa Marroni affermava: «Le stanze non sono più capaci di contenere tutte le fanciulle ed il numero continua a crescere!». Le Adoratrici a Morolo si impegnavano per l’istruzione delle C fanciulle: leggere, scrivere e lavori domestici. Le reddite delle maestre provenivano dai fondi municipali, anche se la vita era molto dura, alcune Adoratrici affermavano che a Morolo la loro unica ricchezza erano: i sassi, l’acqua e la neve. Cento anni fa, nel 1914, gli asili comunali vennero affidati alle Adoratrici e da quel momento erano impegnate anche ad educare i bambini. Don Antonio Biondi, ex alunno e confessore delle suddette interessate, le ricordava molto bene e con molto piacere per il loro profondo apostolato. Le Adoratrici si adoperavano anche nelle attività parrocchiali con il catechismo, organizzazioni di processioni e di sacramentali. Nel 1981 le Adoratrici abbandonarono Morolo, lasciando un grande segno di vita religiosa, di amore, di attenzione verso i più bisognosi! Luigi Crescenzi Il «Pianto delle zitelle» in una foto di questi anni I racconti di guerra per non far perdere la memoria Nel 70° anniversario delle bombe su Piglio la lezione di Pacetti ai giovani della città DI GIORGIO ALESSANDRO PACETTI U na magnifica lezione di storia locale quella di Luciano Pacetti agli alunni dell’Istituto Comprensivo di Piglio in occasione delle celebrazioni relative al 70° anniversario del bombardamento della città. Pacetti ha raccontato, in prima persona, una pagina di storia da non dimenticare. «Dopo settanta anni – ha esordito – ho l’occasione di parlare di un evento che ha lasciato una ferita di guerra sulla mia giovane persona; il bombardamento dell’8 aprile 1944. Alle ore 10 del mattino in chiesa monsignor Pio Appetecchia stava celebrando i riti del sabato santo e noi bambini partecipavamo intensamente a tutti i riti della settimana santa che si completavano quella mattina con lo “scioglimento” e il suono festoso delle campane. Ma quel giorno non fu così! Una squadriglia di caccia bombardieri apparve sul cielo di Piglio; in quel momento cominciarono a fischiare le bombe che avevano sganciato gli aerei. Nonostante fossi sepolto sotto le macerie mi sono salvato, pur restando comunque ferito. Piglio, fino alla vigilia di san Giuseppe del 18 mar- zo 1944, era un Paese tranquillo; conviveva con una compagnia tedesca e noi bambini assistevamo alle marce e alle esercitazioni che giornalmente faceva il reparto. Il pomeriggio del 18 marzo il Paese piombò nel caos e nella paura; arrivò la notizia che era stato ucciso, da un giovane del luogo, un maresciallo tedesco, che insieme a due commilitoni nella campagna di Piglio voleva acquistare delle uova per festeggiare il suo onomastico. I soldati tedeschi appiccarono il fuoco alla campagna di Piglio; cominciarono i rastrellamenti di cittadini di Piglio e di Acuto che, portati al comando di Acuto, subirono sevizie e torture, con lo scopo di scoprire l’assassino. Piglio ha pagato con la fucilazione di cinque innocenti, di cui due non dovevano e non potevano essere fucilati data la giovanissima età. Questi due ragazzi, che allora avevano 16 anni circa, li rivedo seduti su una camionetta tedesca prima di essere trasferiti sul luogo dell’eccidio avvenuto alle ore 16. Si doveva completare la rappresaglia con la fucilazione di altri ostaggi detenuti a Piglio, nei giorni successivi, nonostante il plotone fosse già pronto per compiere la sua opera, arrivò la grazia e la fucilazione fu sospesa e una parte degli ostaggi fu rimessa in libertà, compreso mio fratello Francesco che doveva scavare la fossa a quelli che dovevano essere fucilati. I tedeschi, però, non avendo potuto completare la decimazione, attuarono la loro rappre- saglia con il bombardamento! L’8 Aprile tutta la guarnigione tedesca era fuori Piglio dove erano rimasti solo i soldati di guardia agli ostaggi. Durante il Un momento dell’incontro bombardamento una bomba sganciata sul pendio della collina non esplose, ruzzolando attraversò la strada provinrimaste in paese vennero fatte alciale arrivò a fondo valle. La bomba lontanare dalle abitazioni per un ragdiventò un centro di attrazione spegio di 500 metri con l’ordine di lacialmente per i più grandi di età; tra sciare le finestre aperte delle abitaquesti c’era uno studente in legge, il zioni. Perché tutto questo zelo se già quale dichiarò che i dati scritti sulla avevamo subito i danni di un bombomba erano in tedesco. Dopo aver bardamento? La testimonianza di piantonato la bomba i tedeschi, una questa bomba doveva scomparire. quindicina di giorni dopo, la fecero Ecco la dimostrazione del teorema: brillare e i segni del cratere ancora eil bombardamento dell’8 aprile 1944 sistono. Le poche famiglie che erano è stato effettuato dai tedeschi!». 4
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