Gazzettino 09-04-2011

Gazzettino 9-04-2011:Gazzettino-nuovo 1 07/04/11 20:09 Pagina 1
> S E T T I M A N A L E IDG
di Giarre
ANNO XXXI • N. 11 • GIARRE, SABATO 9 APRILE 2011 • € 1,00 • A DIFFUSIONE REGIONALE • SPED. IN A.P.
ART. 2 COMMA 20/B LEGGE 662/96 FIL. DI CATANIA • PUBBL. INF. 45% • www.gazzettinodigiarre.it
> La sola volontà non può bastare
Giarre: la Rete delle Associazioni incontra la
Commissione parlamentare sugli errori in
campo sanitario. Sperando che serva...
> a pag. 2
> Territorio, evitiamo lo scempio
Aci Sant’Antonio: presentate ufficialmente le
norme tecniche di attuazione del Prg che
punta a salvaguardare il verde rimasto
> a pag. 5
Un tuffo… nella confusione
Dichiarazioni e pronte smentite hanno
caratterizzato la recente vita della piscina di
Trepunti di Giarre ma sembra davvero
lontano il suo completamento
L
e cronache locali di questi
giorni hanno proposto una
“passerella” politica molto
propositiva, guidata dall’on. Salvo Pogliese e dal
consigliere comunale Patrizia Lionti, sulle possibili e future sorti della
Piscina di Trepunti di Giarre. La piscina
olimpionica, vecchia di oltre 30 anni e mai
ultimata, è ritornata di proprietà del Comune di Giarre in seguito ad un protocollo
d’intesa tra Dipartimento Patrimonio regionale e Provincia regionale di Catania.
Erano presenti alla “visita”, inoltre, il presidente regionale della Federazione Italiana Nuoto, Sergio Parisi, l’assessore ai La-
vori pubblici, Orazio Scuderi, e l’ing. Pina
Leonardi dirigente tecnico della III Area
lavori pubblici del comune di Giarre.
La piscina potrebbe ultimarsi e diventare un valore per la comunità jonico-etnea, ma ancora i tempi non sono maturi. Il
prossimo bando regionale, favorito dall’assessorato al Turismo, mira alla riqualificazione di ben 520 strutture in tutta la Sicilia
ma, tale bando, non avrà i fondi economici
per tutti, visto che sono stati disposti circa
40 milioni di euro da ripartire per solo alConcetto Barone
>CONTINUA A PAG. 2
Tempesta in un bicchiere d’acqua o primi fuochi di “caccia al consenso”? La domanda, per maliziosa che possa sembrare, se la
saranno posta in molti, alla luce di alcune dichiarazioni che si sono, più che susseguite, “inseguite” nell’arco di poche ore. Ha iniziato il consigliere comunale Patrizia Lionti, nel corso di un sopralluogo “ricognitivo” di cui parliamo nel servizio collegato. Subito dopo, una nota dell’Ufficio stampa del Comune di Giarre recita:
«Finalmente un tuffo dal trampolino della piscina incompiuta di
Trepunti, struttura che, dallo scorso autunno, è stata riconsegnata al Comune di Giarre per effetto di un protocollo d’intesa sottoscritto dal Comune di
Giarre,
Dipartimento
Patrimonio Regione e
Provincia regionale di
Catania. Stamane sopralluogo tecnico nell’impianto di via Giusti…
del consigliere comunale, Patrizia Lionti che si
è impegnata in prima
persona, perorando la
causa della piscina incompiuta, individuando
una soluzione operativa
cosi da restituire al territorio una infrastruttura
di pubblica utilità per la
quale, da decenni, si
concentrano
molte
aspettative. “Ho sollecitato questo sopralluogo
– afferma il consigliere
Lionti – sulla scorta di alcune concrete novità confermate dall’on.Pogliese il quale ha annunciato che, nella ripartizione dei fondi dell’assessorato regionale al Turismo, è stata stanziata la somma di 2 milioni di euro per la piscina di Trepunti. Il bando - come
ha confermato lo stesso on. Pogliese - sarà emanato a giorni e il
Comune di Giarre ha 90 giorni di tempo per predisporre il progetto esecutivo”. “E’ una occasione irripetibile per Giarre – ha rimarcato l’on.Pogliese – il finanziamento di 2 milioni di euro, consentirebbe di completare l’opera e restituirla non solo a Giarre ma a un
vasto comprensorio, confidiamo anche nella piena collaborazione con l’assessore regionale al Turismo, Daniele Tranchida».
Evviva, evviva! Gioia e soddisfazione sprizzano da tutti i pori. Poche ore e, una ulteriore nota dell’Ufficio stampa del Comune, spegne (anzi, potremmo dire “annega”) tutti gli ardori realizzativi ed
ultimativi. A “cassare” le aspettative sono il vice sindaco Leo Can-
tarella e l’assessore allo Sport e Turismo Giuseppe Cavallaro (“In
riferimento alla notizia di un finanziamento della Regione in favore della piscina incompleta di Trepunti, abbiamo registrato con
sorpresa i toni trionfalistici del consigliere comunale del Pdl, Patrizia Lionti che ha rimarcato il suo impegno circa l’individuazione
dei fondi. Fermo restando che la notizia del completamento dell’opera è certamente un fatto importante per il futuro della città,
sarebbe stato opportuno attendere alcuni precisi passaggi procedurali, prima di avventurarsi in facili e pericolosi proclami, rivendicando impropriamente delle paternità. Infatti… per le vetuste
condizioni strutturali in cui
versa la piscina incompleta
di via Giusti, la somma disponibile appare del tutto
inadeguata”). E così, i tuffi
dal trampolino restano utopia, mentre la realtà regala
più di un momento di imbarazzo.
Immaginiamo il collega
Mario Privitera impegnato
a mettere nero su bianco le
conflittualità dialettiche tra
una dichiarazione e l’altra.
Altro che giornalisti, spesso sono richieste doti di
equilibrismo senza rete di
sicurezza sotto. Proviamo
ad immaginare l’Amministrazione comunale che
smentisce se stessa. Proviamo ad immaginare l’espressione di chi, dopo aver dichiarato “tutto è pronto, aspettiamo
solo i soldi”, vede la propria realtà demolita, punto per punto, da
dichiarazioni di opposto tenore. Immaginiamo l’imbarazzo di chi,
come il consigliere Lionti, convinta di aver reso un servizio di gran
prestigio alla propria città, sbatte contro un muro quasi invalicabile di “però”, “non è così”, “se arriva il finanziamento”, che ammazzerebbero un branco di elefanti. Vorremmo immaginare l’espressione dell’on. Pogliese, smentito in toto dalle dichiarazioni dei
rappresentanti dell’Amministrazione comunale. E, malignità finale, proviamo anche ad immaginare la “malalingua” di turno che si
chiede: “Ma questi, prima di lasciare libere le parole, lo richiamano in servizio il neurone di turno?”. Per come è andata la vicenda,
più di qualcuno lo abbiamo sentito rispondere, senza neppure doverlo immaginare: “No!”.
Corrado Petralia
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> S E T T I M A N A L E IDG
giarre
N. 1 1 • s aba to 9 a prile 201 1
di Giarre
La sola volontà non basta
La Rete delle Associazioni incontra la Commissione parlamentare di indagine sugli
errori in campo sanitario, per affrontare le questioni relative all’Ospedale di Giarre
N
on si fermano le
azioni a difesa dell’Ospedale
“San
Giovanni di Dio e
Sant’Isidoro”
di
Giarre, anche se
spesso, destinate a rimanere lettera
morta davanti all’assenza della classe
politica locale. Ad avere intrapreso la
strada della concretezza è stata, in
questi giorni, la Rete delle Associazioni che ha incontrato, alla Prefettura
di Catania, la Commissione parlamentare di indagine sugli errori in campo
sanitario presieduta dall’On. Leoluca
Orlando. L’incontro, tenutosi grazie
ad una richiesta fatta dalla stessa Rete
delle Associazioni, è servito a fare un
aggiornamento sulla situazione dell’ospedale di Giarre, alla luce degli ultimi avvenimenti, che si è concluso
con la consegna di una esaustiva relazione alla Commissione.
Nel corso dell’incontro, in particolare, è stato messo l’accento sulla
chiusura del reparto di Chirurgia che,
disposta senza giustificato motivo
dalla Direzione sanitaria del distretto
ospedaliero CT1, “compromette il diritto alla salute dei cittadini del territorio giarrese e si riverbera altresì
negativamente sulla funzionalità di
altri servizi ed in particolare del
Pronto soccorso”. Su quest’ultimo è
stato evidenziato come, con i medici
in servizio (7 a tempo pieno e 3 con
contratto Part-time a 12 ore con scadenza 30 aprile), non si riesce a garantire nelle 24 ore la copertura di un organico sufficiente per fronteggiare le
emergenze e che, per altro, la situazione è aggravata dalla mancata attivazione dei servizi di radiologia Tac e
Riceviamo e pubblichiamo
Il Direttore dell’Asp 3 Catania, Giuseppe Calaciura,
interviene sulla questione della Chirurgia a Giarre
tradizionale nelle ore notturne. Una
ulteriore riflessione è stata fatta sui
“reparti che, già detto della chirurgia
chiusa immotivatamente, non sono
stati attivati, nonostante il decreto assessoriale del 25 maggio 2010”. Si
tratta, cioè, la Neurologia e la lungodegenza, sui servizi del territorio che
l’apertura del PTA ha solo relativamente coperto, in quanto, a parte la
Fluorangiografia e la Elettromiografia, per altra parte si tratta di doppioni
di altri ambulatori che si trovano sia in
ospedale che al Poliambulatorio dell’ex Inam, come la Diabetologia e la
Cardiologia e sulla carta dei servizi
che è visibile solo su internet ma non è
diffusa tra i cittadini.
“Per questo motivo – hanno spiegato i rappresentanti della Rete delle
Associazioni –, è apparsa quanto meno provocatoria e clamorosamente
smentita dai fatti la risposta dell’On.
Russo ad una interrogazione parlamentare dell’On. Barbagallo, laddove
In riferimento alla relazione della “Rete delle Associazioni”, consegnata
alla Commissione d’indagine sugli errori in campo sanitario, presieduta dall’on. Leoluca Orlando, in cui si parla di “chiusura del reparto di Chirurgia” del
presidio ospedaliero di Giarre, il direttore generale Giuseppe Calaciura ci tiene a precisare: «Non comprendo da chi provenga la disinformazione o l’informazione distorta sull’attività del presidio: mi preme precisare che l’attività chirurgica di Giarre continua ad essere attiva, tanto che - dall’1 gennaio a oggi sono stati eseguiti oltre 120 interventi chirurgici. Per quanto riguarda la tipologia dei ricoveri effettuati presso la suddetta Unità Operativa complessa, dall’1
febbraio di quest’anno, alla luce del decreto assessoriale del 25/5/2010,
avente come oggetto il riordino della rete ospedaliera e territoriale di Catania,
viene effettuata attività chirurgica in regime di day surgery e di day service
che, com’è noto, assorbe oltre il 60% degli interventi eseguiti nel nostro Paese. Peraltro, la chirurgia, con il suo personale medico continua ad effettuare,
oltre alla suddetta attività operatoria, anche la consulenza per il Pronto Soccorso e per tutte le altre Unità Operative del Presidio di Giarre, 24 h su 24,
compresi i festivi. In merito all’attività ambulatoriale, voglio rassicurare i cittadini affermando che viene svolta senza alcuna variazione, nelle mattinate di
lunedì, martedì, giovedì e sabato: ad oggi, infatti, sono stati effettuati oltre
150 interventi. Ben vengano le sollecitazioni dalla società civile e dal mondo
politico, ma quando rispondono alla realtà dei fatti: stiamo cercando di migliorare il presidio giarrese, mettendo in campo tutti gli strumenti che abbiamo
per adeguare il personale e gestire al meglio le attività».
si fa riferimento ai servizi garantiti
per l’ospedale di Giarre dal decreto
assessoriale del 25 maggio 2010”.
Nel complesso, quindi, è stata
esposta viva preoccupazione, da parte
delle associazioni aderenti alla Rete,
per le sorti dell’Ospedale giarrese,
tanto più in considerazione del fatto
che lo stesso decreto assessoriale del
25 maggio prevedeva che “il D.G. entro un anno, sulla base di indicatori di
efficacia, efficienza, …, determinerà
l’eventuale accorpamento delle due
U.O.C di Otorino e di Ortopedia”. È
chiaro, infatti, che in una situazione
nella quale vengono tolti i servizi all’Ospedale lo stesso non potrà raggiungere i livelli di efficienza richiesti. La Commissione parlamentare, attraverso le dichiarazioni del Presidente Orlando e del vice Presidente Burtone, ha garantito l’impegno a verificare i fatti contestati in ordine al funzionamento del Pronto soccorso, alla
chiusura del reparto di Chirurgia ed
alla mancata attivazione di quanto
previsto nel decreto anche attraverso
l’audizione del Direttore Generale.
Elisa Torrisi
Frammenti di nostra memoria
A putia di Don Angilu du 68 a Giarre (seconda parte)
Ricordo, come fosse ora, quando una o due volte
a settimana passava un vecchietto, male in arnese,
che chiedeva l’elemosina e la buon’anima di mia
madre gli dava un tozzo di pane, spesso anche duro,
perché allora il pane quasi tutti lo facevano in casa:
in genere una fornata, ovvero 9 o 10 chilogrammi,
durava una settimana o anche di più e arrivava dunque a diventare molto duro. Il poverello appena aveva tra le mani quel tozzo di pane cominciava subito a
sgranocchiarlo. Tanta era la fame e tanto meritoria
era allora l’elemosina, perché fatta da chi aveva poco a chi non aveva nulla.
A proposito di pane duro, ricordo che in casa
mia, come in tutte le famiglie di estrazione popolare,
il pane non si buttava via mai, neanche quando era
diventato talmente duro da non potersi masticare.
Mia madre, come tutte le buone madri di famiglia,
quando nel cassetto del pane si raccoglievano molti
“nozzula”, ovvero pezzetti residui di pane duro, faceva il “pane cotto”. La ricetta era semplice come la
vita di tutti i giorni: si soffriggeva in poco olio uno
spicchio d’aglio tagliato a pezzetti, si univa il pomodoro e l’acqua, sale e pochissimo pepe e quando c’erano, uno o più uova. A cottura quasi ultimata si aggiungeva il pane che in questo modo si ammorbidiva
e si insaporiva. Tante erano le varianti di questa
semplice ricetta della povertà, come quella di cuocere il tutto e versare il preparato sul pane duro già predisposto nel piatto, ma anche molte altre ancora.
Tutto questo oggi potrà sembrare inverosimile e
lontano dai nostri giorni e dai nostri modi di vivere e
di “consumare” la vita. Ma ancora negli anni 50’ del
Novecento in Sicilia si viveva così ed il proletariato,
la gente comune, l’umanità nel suo significato più
vero, rubava i giorni al tempo, ingannando la fame e
la miseria.
Ma torniamo al mio “smodato” desiderio di fichi
secchi e castagne: come procurarmi qualche soldo
per comprarli? Avevo notato che vi erano in giro dei
rigattieri che si dedicavano alla raccolta e all’acquisto di rottami metallici: ferro, rame, zinco, alluminio, piombo, ma anche vecchi e laceri indumenti di
lana, dismessi perché ormai ridotti ai minimi termini. A Giarre nessuno si dedicava a questo tipo di attività. Quelli che giravano per le nostre strade erano
tutti “Iacitani”, cioè provenienti da Acireale, che per
venire a cercare il materiale suddetto nel nostro comune, dovevano percorrere 12 Km: qualcuno più
fortunato con una vecchia bicicletta, ma in linea di
massima giravano tutti a piedi con un sacco sulle
spalle, “vanniando” (“Vanniari o abbanniari” in sici-
liano: gettar bando, annunciare a gran voce) gli oggetti che erano disposti ad acquistare. Scoperta questa possibilità, mi misi subito alla ricerca di rottami
di metallo e in un primo momento, non essendo mai
stato sfruttato questo filone nella mia zona, di materiale ne trovai abbastanza e tante furono le castagne
e i fichisecchi che riuscii a divorare. Ma, naturalmente, ad un certo punto il materiale cominciò a
scarseggiare, sino al completo esaurimento. Che fare? Mi guardai intorno e notai che mia madre e mia
sorella avevano messo a dimora fiori e piante dentro
vecchie pentole di alluminio e qualcuna anche di rame. A quei tempi, infatti, era difficile che qualcuno,
specie negli strati più popolari, acquistasse vasi di
terracotta. Detto e fatto, svuotai le pentole e corsi
nella putia di Don Angilu ad investire il ricavato in
castagne e fichisecchi. Grande fu l’ira di mia madre
e soprattutto di mia sorella, per lo scempio di piante
e fiori, tanto che per tutto il giorno prudentemente
mi tenni lontano da casa: non ricordo come sia finita
la vicenda e quali marosi abbia dovuto affrontare,
ma alla fine come sempre accade, mia madre mi perdonò, così come face tante altre volte a fronte delle
mie più o meno gravi marachelle. Per la cronaca, nel
dopoguerra qualche rigattiere o meglio “ferrivecchiu” comparve pure a Giarre.
A proposito di riciclaggio di materiali, anche se
oggi può sembrare inverosimile, ricordo bene che
durante l’ultima guerra e ancora nell’immediato dopoguerra, in Sicilia non si trovavano bicchieri. Così,
per ovviare alla carenza, si ricorse al taglio della parte inferiore di bottiglie di vetro, ricavandone “bicchieri” dall’approssimativa capienza di un quarto di
litro: il bordo tagliante veniva adeguatamente limato
e arrotondato. Non erano molto eleganti, ma i tempi
erano questi e l’eleganza non si mette a tavola! Ricordo che anche nella bottega di Don Angelo si utilizzarono questi “bicchieri”.
Ritornando alla bottega di Don Angilu (l’esatta
pronuncia dialettale è donnAncilu), verso mezzogiorno, iniziava il secondo tempo con i numerosi avventori che facevano tappa per il pranzo. Il menù?
Semplice: fagioli o ceci “a bagna pane”, ovvero a
minestra, per secondo baccalà fritto, cotolette, polpo
bollito, o “zuzu” (gelatina di carne di bassa macelleria), e qualche volta anche stufato di “tarchia” (mascella) di vitello. Chi preferiva un piatto di pasta o
una bistecca doveva aspettare. Pochi quelli che
aspettavano e ancora meno quelli che prendevano il
secondo. In genere, al posto del secondo piatto, optavano per un più economico “quarto di chilu di nuci”: Donn’Angelo, dopo averle attentamente pesate
in un bilancione, le schiacciava col peso da mezzo
chilo e le deponeva su un mezzo foglio di carta paglia portandole a tavola con tutte le bucce; il cliente
selezionava man mano i gherigli accompagnandoli
col pane. Nel citato bilancione, vera anima e giudice
non imparziale del commercio, erano appese una sequela di immaginette sacre e anche un cornetto rosso
“Fora malocchiu”, contro il malocchio, il tutto scrupolosamente sistemato da donna Rusina (moglie di
Don Angilu) sul lato della bilancia… a lei favorevole. E così il sacro pesava sempre più del profano, ma
a discapito degli avventori che invero non protestavano per questa “furbizia” foderata di santità.
Il piatto in cui Don Angelo era specializzato era
lo stoccafisso alla messinese, una portata che fungeva da primo e da secondo. Era talmente squisito che
non di rado, racconta l’amico Prof. Salvatore Cavallaro, anche i vicini lo compravano per consumarlo in
casa, fatto alquanto raro in quell’economia di sussistenza. Verso le 14,00, con il pranzo dei carrettieri,
finiva questo secondo tempo e si sbarazzavano in
fretta i tavoli, e così anche Don Angilu ed i suoi familiari, potevano mettere “i piedi sotto il tavolo”. Finito il pranzo e sistemata la cucina si andava a riposare per qualche ora, prima di cominciare la fase pomeridiana.
(2 - continua)
Leonardo Di Bella
Riceviamo e
pubblichiamo
Di seguito un comunicato
de La Destra-Alleanza Siciliana
di Fiumefreddo
Domenica
10
aprile, dalle 9.30, in
Piazza Chiesa Madre a Fiumefreddo
di Sicilia, la sezione
locale del partito La
Destra-Alleanza Siciliana organizza l’evento “Diventa Protagonista per Fiumefreddo”. I membri
della sezione fiumefreddese del partito
saranno presenti in
piazza durante tutta
la mattinata per far
compilare, a chi
vorrà prendere parte
alla manifestazione,
un questionario anonimo su idee, opinioni, suggerimenti e segnalazioni di problemi riscontrati nel paese jonico. L’evento servirà per ricevere un parere, positivo o negativo, sulla vita del nostro paese ma anche per far sentire protagonisti tutti i cittadini fiumefreddesi, liberi di esprimere un loro pensiero.
Un tuffo nella...
da pag. 1
cune opere tra le 520 in questione. A tal proposito, il Comune di Giarre, tramite il suo Ufficio stampa, ha voluto
immediatamente chiarire che ha tutti i requisiti e la volontà
ad aderire al bando. Già, quindi se ne deduce che i tempi
non sono ancora maturi. Altresì, è da ricordare che il bando
prevedere un massimo di spesa di 1 milione e mezzo per
ogni opera. Quindi, la spesa finanziabile risulterebbe largamente insufficiente dalle stime di 2 milioni di euro (altri
dicono 2 milioni e 590 mila euro), annunciate dall’On. Pogliese e dal consigliere Lionti. Da molte direzioni arrivano
stime tecniche poco incoraggianti: nonostante il non precario stato della struttura, è realmente insufficiente la spesa
di 2 milioni, perché necessitano costosi adeguamenti e interventi di ripristino e di pulizia della medesima struttura.
Una dolente nota dell’Ufficio stampa del Comune di Giarre arriva, infine, a scoraggiare ogni animo, ribadendo che
“la piscina fa parte di un elenco stilato dal Coni nel 2007 e
che comprende anche il parco “Chico Mendes” di viale
Don Minzoni e lo stadio di via Olimpia”, comparto già discusso in diverse occasioni dall’Amministrazione stessa.
Tecnicamente, sembrerebbe davvero un altro scontro
politico di quelli prettamente di partiti e di ricerca di paternità. Nonostante la buona volontà del consigliere Lionti,
che è giovane ancora e ha il diritto di lottare, pare sopraggiungano diverse difficoltà ancora da arginare. Speriamo
che si possa ultimare l’opera perché rivedere ancora una
volta l’amico fraterno del consigliere Lionti, il presidente
regionale della Federazione Italiana Nuoto, Sergio Parisi,
in estate per un possibile completamento non ha prezzo.
Quasi, tanto quanto la possibilità di vedere i nostri figli poter lanciarsi da quei trampolini che abbiamo diverse volte
immaginato.
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di Giarre
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caleidoscopio
di Giarre
“Primavera su Librino”
Catania: progetto sulla
legalità con 60 minori.
Calogero:
“A breve un dossier
sulla condizione dei
minori nel quartiere”
economica.
«Con questo progetto – ha spiegato Salvo
Calogero, presidente dell’associazione Primavera – ci proponiamo precisi scopi educativi, da
conseguire con ogni minore, necessari a favorire una ottimale integrazione sociale. Primo fra
tutti, c’è l’obiettivo di collaborare con i servizi
sociali territoriali, così da promuovere incontri
con le famiglie che vivono nel quartiere, puntando ad alleviare le condizioni di disagio che il
minore vive nel suo ambiente familiare e sociale. In secondo luogo, c’è l’obiettivo di potenziare il lavoro di coinvolgimento delle famiglie,
unitamente ai nuclei familiari più vicini al minore stesso, nel processo educativo, trasmettendo ai minori fondamentali valori morali: la legalità, il rispetto, il diritto di cittadinanza, la libertà, l’amicizia, la verità, la giustizia. E lavoriamo anche per favorire la socializzazione, attraverso lo svolgimento di attività culturali e ricreative, attraverso l’integrazione con altre
realtà del mondo della scuola, della cultura, del
lavoro. Il quadro logico degli interventi progettati si colloca pienamente all’interno della più
vasta strategia di contrasto alla dispersione
scolastica. Per questo motivo, a conclusione del
progetto, organizzeremo un momento pubblico
in cui presenteremo alla stampa un dossier sulla
condizione dei minori a Librino e al quale parteciperanno rappresentanti della magistratura,
della società civile e forze dell’ordine».
I risultati che il progetto si propone di raggiungere, oltre a quelli previsti in maniera specifica, sono quelli di promuovere ed attuare importanti azioni di sensibilizzazione ad ampio respiro nei confronti delle problematiche sociali
in cui vivono i bambini di Librino; promuovere
e disseminare buone prassi mediante una didattica innovativa e creare reti sistemiche durevoli
fra Istituzioni pubbliche, famiglie, Istituti socioassistenziali, enti di formazione per favorire il
massimo scambio di informazioni e spunti operativi. Lo scopo ultimo è quello di garantire che,
al di là della stretta tempistica progettuale, si
possa consolidare, nel tempo, un percorso virtuoso che punta all’accompagnamento dei bambini di Librino dalla scuola al lavoro ed al loro
pieno e soddisfacente inserimento nella cittadinanza attiva.
Francesca Bottaro
Oltre i confini del cuore
Adozioni internazionali: dalla Sicilia un gesto d’amore ha già riguardato,
in dieci anni, oltre 450 famiglie che hanno dato un futuro diverso
a tantissimi bambini. Colombiani i più adottati dai siciliani iscritti
all’Associazione onlus La Dimora di Ragusa
U
n gesto d’amore che va oltre i confini nazionali, che
riesce a donare speranza e
un futuro a migliaia di bambini
che, altrimenti, avrebbero davanti
soltanto sofferenza, povertà, miseria e l’incertezza costante nei loro
giorni a venire. Tra le tate definizioni proposte per l’adozione internazionale, questa sembra quella
che più coinvolge i sentimenti di
centinaia di famiglie siciliane. Perché sono proprio centinaia, esattamente 450, le famiglie siciliane, e
non solo, che negli ultimi dieci anni, seguite dall’associazione onlus
La Dimora di Ragusa, hanno portato a compimento l’iter per l’adozione internazionale.
Un gesto d’amore importante,
che ha permesso di offrire un futuro diverso, sicuramente migliore, a
circa 600 bambini stranieri che
hanno trovato casa nell’isola e in
altre città italiane, ma anche l’affetto di una famiglia e di tanti nuovi
amici. Sono questi i dati che emergono dalle statistiche in possesso a
La Dimora, una delle più grandi
onlus italiane che dieci anni fa dalla Sicilia, a Ragusa, ha avviato la
propria attività nel campo dell’adozione internazionale, per poi ab-
bracciare altre realtà italiane, con
sedi attualmente presenti anche a
Trento, Imperia, Roma e Cagliari.
Le numerosissime famiglie che
si sono rivolte a La Dimora hanno
avviato le procedure per adottare i
bambini a cui cercare di dare un
aiuto e un futuro migliore. Sono
colombiani, polacchi e bulgari i
bambini che sono stati adottati con
l’assistenza dei dirigenti e dei collaboratori dell’associazione onlus e
al termine delle procedure supervisionate dalla Commissione Nazionale per le adozioni presieduta dal
sottosegretario di Stato, Carlo Gio-
vanardi. Sono soprattutto i bambini
colombiani ad essere stati adottati,
in numero maggiore rispetto agli
altri, dalle famiglie italiane che si
sono rivolte a La Dimora. Il dato
più interessante riguarda la residenza di queste famiglie. Sono nella maggior parte dei casi del Sud
Italia e della Sicilia.
«Tante storie d’amore che si
sono concretizzate – spiegano Ornella Licitra e Giuseppe Iacono, rispettivamente presidente de La Dimora e componente del direttivo –
e che dimostrano come le famiglie
siciliane e italiane aprano il loro
cuore per aiutare i bambini più indifesi che si trovano in altre nazioni. Le adozioni internazionali portate a risultato hanno, invece, offerto un futuro sicuramente migliore a questi bambini che nel corso
degli anni si sono integrati trovando l’affetto di una famiglia e di tanti amici. Non è sempre stato facile.
In alcuni casi abbiamo registrato
delle resistenze da parte di alcuni
strati della società, ma alla fine
l’amore è sempre prevalso su tutto.
In passato, abbiamo assistito ad un
vero “far west” nelle adozioni, con
le famiglie che a volte si rivolgevano direttamente agli istituti e agli
orfanotrofi nelle varie nazioni. Poi,
nel 2000, è stata introdotta una
normativa che ha recepito i dettami della convenzione Aia del ’93. È
nata la Commissione Nazionale
per le adozioni che va ad interfacciarsi con gli altri organismi centrali internazionali. Una sorta di
agenzia che, sotto la presidenza
del Consiglio dei Ministri, permette di seguire i vari casi e di raggiungere l’obiettivo finale, facendo
incontrare i bambini con le famiglie richiedenti».
I
Emozioni dal
nostro vivere
sarà il 12 e 13 giugno. In provincia di Catania
sarà solo il Comune di Ramacca ad andare al
voto: attualmente è retto dal Primo cittadino
Gianni Antonio Malgioglio ed il Consiglio è
composto da 20 consiglieri.
Il solo capoluogo di provincia ad andare al
voto è Ragusa, mentre in provincia ci sarà Vittoria. In provincia di Agrigento chiamati a votare
sono i Comuni di Canicattì, Castrofilippo, Montevago, Porto Empedocle, San Biagio Platani.
Lo scorso 3 aprile, sotto gli archi di Piazza S.Pietro a Riposto ha
avuto luogo la giornata per opere estemporanee, intitolata “ Catania,
Acireale, Giarre, Riposto. Monumenti, scorci e bellezze del nostro territorio”, con numerosi partecipanti che hanno incontrato il gradimento dei
tantissimi spettatori. L’evento fa parte delle attività proposte dalle associazioni “Sfumature d’Arte” e “Etnarte” ed è stato organizzato da Simone
Stella.
Le opere, come si evince dal termine “estemporanea”, sono state
tutte, per così dire, improvvisate, così da rivelare l’estro creativo dei partecipanti e catturare l’attenzione e la curiosità degli intervenuti. Naturalmente, ogni partecipante si è dovuto attenere ad un regolamento per
accedere al concorso, sia per quanto ha riguardato il divieto di fondi preparatori che per la scelta dei materiali (tela, cartone, tavola, masonite).
Il Concorso “Tra fuoco e mare” ha visto classificarsi al 1° posto il
giovane Simone Giorgio Bonomo di Catania, con un’opera raffigurante
“Due delle bellezze” siciliane: il mare ed il vulcano. Per quanto concerne
la vera e propria premiazione per l’estemporanea, nella categoria adulti
la classifica ha visto al 1° posto il sig. Giovanni Guglielmo, proveniente
dal messinese, che ha proposto un’opera in legno intagliato e dipinto; il
2° posto è stato conquistato dal Sig. Giuseppe Franco di Cosenza che,
a detta di molti, ha realizzato quello che appariva come un “quadro nel
quadro” raffigurante il paesaggio di Riposto; mentre il 3° posto è stato
assegnato alla sig.na Stefania Bruno, con un’opera rappresentante la
“Nascita di Riposto”.
Per la categoria Junior, al 1° posto si è classificato Andrea Gianloreto di Giardini Naxos, dell’età di 17 anni; al 2° posto Valeria Vinciguerra,
catanese, che ha raffigurato uno scorcio di Torre Archirafi; mentre al 3°
posto si è piazzato Francesco Manritto, il più giovane dei partecipanti, di
soli 11 anni, che ha rappresentato un’imbarcazione. Stesso soggetto
anche per i due partecipanti che hanno vinto il “Premio della Critica”.
Per gli intervenuti e, soprattutto, per i partecipanti è stato un evento entusiasmante, e sono stati bravissimi anche i “non insigniti”.
Rosaria Futia
Lavoro, rischio di perdite
Riunione con i sindacati e la Task
Force della Provincia sulla delicata
questione della crisi
del Polo tessile di Bronte
Messina sarà la provincia con più Comuni chiamati al voto: Antillo, Caronia , Capo d’Orlando,
Falcone, Ficarra, Galati Mamertino, Patti, San
Marco d’Alunzio, Sant’Angelo di Brolo e Torregrotta. A Palermo voteranno: Bagheria e
Campofelice di Roccella e Terrasini. A Siracusa: Ferla, Lentini, Noto e Sortino. In provincia
di Trapani si voterà solo a Campobello di Mazara.
Non cessa di far sentire i propri aspetti negativi l’ormai evidente crisi
nel settore tessile, che ha in Bronte il suo maggior punto critico. Per fare
il punto della delicata situazione la Task Force per lo sviluppo e l’occupazione delle Provincia regionale di Catania ha incontrato, al Centro direzionale Nuovaluce, le organizzazioni sindacali e datoriali per esaminare gli elementi di questa pesante crisi che investe il settore tessile del
territorio etneo. Ente di riferimento per questo comparto è il Comune di
Bronte che, come è stato sottolineato anche dall’Osservatorio dell’Istat,
costituisce il punto di aggregazione per il Distretto Tessile della Sicilia
Orientale composto peraltro da altri due poli produttivi, localizzati nelle
provincie di Enna e di Messina.
«Questa realtà è un punto d’eccellenza e di sviluppo per il territorio
e, per questo motivo, è necessaria una descrizione analitica del contesto occupazionale – ha dichiarato l’assessore provinciale alle Politiche
attive e del lavoro, Francesco Ciancitto –. Siamo pronti ad ascoltare le richieste delle imprese e, dove possibile, assecondarle, nella considerazione dell’importante valenza occupazionale del settore. Abbiamo, comunque, bisogno di dati concreti in modo da attuare azioni positive adatte al raggiungimento di un obbiettivo comune».
Secondo i rappresentanti dei sindacati presenti alla riunione, i dati
sull’occupazione per l’indotto sono già allarmanti. Per questo motivo, la
Task Force si occuperà fin da subito della crisi: «Sul piano dell’emergenza bisognerà quindi riacquisire un dialogo con le imprese – ha affermato
il coordinatore della Task Force ed esperto del presidente Castiglione,
Totò Leotta –: occorre un’analisi identificativa del fenomeno e una verifica con gli imprenditori, per capire se si può ricostruire una filiera del settore con il marchio proprio, evitando così la condizione di intermediazione. Bronte e il suo comprensorio non possono perdere questa importante attività».
A chiusura dell’incontro è stato anche stabilito di convocare, a breve
termine, le aziende del settore, per rilanciare il polo tessile, oltre ad
esplorare le possibilità per riprendere i rapporti con le società committenti, che hanno allentato i rapporti con le aziende brontesi.
Michele Milazzo
Giuseppe Musumeci
Emanuele Galeano
Elezioni di primavera in 27 Comuni siciliani
n primavera,
esattamente il 29
e 30 maggio, saranno 27 i Comuni siciliani chiamati al voto per rieleggere le Amministrazioni comunali. L’eventuale ballottaggio
3
Grande successo per la I
Estemporanea di pittura
“Catania, Acireale, Giarre, Riposto.
Monumenti, scorci e bellezze del
nostro territorio”
S
ta sbocciando una autentica “Primavera sul Librino”, ossia il progetto sulla legalità che coinvolge
oltre 60 minori a rischio del quartiere. L’iniziativa è nata dalla collaborazione tra l’Istituto Mary
Poppins, scuola paritaria materna ed elementare
gestita dall’associazione culturale “Primavera”
che, dal ’99, opera nel difficile territorio catanese, e la società cooperativa “Più di Uno”, che
svolge una costante attività di ricerca nel settore
della formazione professionale, con l’importante obiettivo di incrementare l’occupazione e
l’inserimento nel mondo del lavoro di giovani
disoccupati. Il Progetto “Primavera su Librino”
è stato realizzato con l’obiettivo di sensibilizzare la cittadinanza del quartiere, in particolare, e
della provincia di Catania, in generale, sulle tematiche relative all’educazione alla legalità ed
al contrasto alla dispersione scolastica.
Librino, come emerso da tempo, rappresenta uno dei quartieri più emarginati di Catania.
Venne progettato, negli anni Settanta, dall’architetto Kenzo Tange, e rappresentava una via
di fuga dall’area metropolitana catanese. Il
quartiere è carente di servizi essenziali e possiede edifici di edilizia popolare le cui condizioni
igienico abitative sono assai precarie. Per avere
un esempio concreto basti pensare al mancato
collegamento della rete fognaria. I minori vivono in situazioni disagiate, anche a causa di nuclei familiari disgregati e reclusione del capofamiglia, nonché disoccupazione, precarietà
N. 1 1 • sa ba to 9 a prile 2011
Gazzettino 9-04-2011:Gazzettino-nuovo 1 07/04/11 20:09 Pagina 4
4
> S E T T I M A N A L E IDG
acese
N . 11 • sabato 9 apr ile 2011
di Giarre
La stagione delle riflessioni
Acireale: l’associazione Le Formiche, organizzando l’incontro “150 anni a Sud -Le
ragioni della geografia, le ragioni della politica-”, ha aperto uno spazio di
confronto sulle questioni ancora aperte dell’Unità d’Italia
L’
Associazione “Le Formiche”,
nata nel dicembre del 2008 nella frazione di Aci Platani, ha dato il proprio contributo alle celebrazioni del 150° dell’Unità
d’Italia, organizzando l’incontro “150 anni a Sud -Le ragioni della geografia, le ragioni della politica-”. Un affollato incontro, presso il
Liceo Scientifico statale “Archimede” di Acireale,
con al centro le libere e interessanti conversazioni di
Pietro Barcellona, filosofo, e di Pino Aprile, giornalista/scrittore, che scaturivano dalle libere e varie do-
mande dell’on. Nicola D’Agostino. Il dirigente scolastico dell’“Archimede”, prof. Lorenzo Marotta,
nel suo saluto ai presenti, si è augurato che l’approfondimento dei problemi legati alla formazione
del Regno d’Italia potesse portare, per i siciliani in
particolare, ad un valore nel quale riconoscersi ed in
caso contrario riflettere su questa mancata “identità”.
L’on. D’Agostino (al centro), per spronare i due
relatori, è partito con questa prima domanda “Che
Unità festeggiamo, oggi, noi siciliani, noi uomini del
Sud?”, e successivamente “Cosa bisogna fare per
conservare bene questa Unità”, ed ancora “Chi ci
potrà ridare quanto ci è stato tolto e come?”.
Entrambi i relatori, nell’affermare che il Risorgimento non ci ha ancora uniti, che l’Unità è nata con
la “violenza”, che esiste ed in maniera evidente un
Nord e un Sud, che il Nord si è arricchito con i beni
del Sud, si sono poi differenziati nella risoluzione
del caso. Per Pino Aprile (a destra, nella foto), stando così le cose, occorre che ogni cittadino del Sud
apra gli occhi e si renda conto del come e perché si è
giunti a questa vantata Unità, e quindi si renda conto
del suo attuale stato, dei suoi bisogni, dei suoi diritti,
che ispezioni il suo essere, il suo stato di “terrone”.
Bisogna sapere! «Il sapere – ha, spesso, ripetuto Pino Aprile – è il primo passo verso l’uguaglianza, per
non essere una colonia».
Pietro Barcellona (a sinistra, nella foto) ha, invece, puntato il dito sulla necessità di trovare “uomini del Sud” capaci di ribaltare la situazione attuale,
creando una valida identità culturale, valorizzando le
radici meridionali per trasformare il male in bene e
guidare la storia della nostra terra. «Un Paese (regione, territorio) – ha sottolineato Barcellona – esiste se
esiste la sua cultura, se vengono valorizzate le proprie radici».
Bisogna fare, pertanto, una politica che ponga al
centro la nostra ricchezza culturale, la nostra lingua,
per essere uniti ed eguali al resto del Paese, per entrare a buon titolo in Europa. Il partecipato dibattito
ha soddisfatto in pieno il dinamico presidente dell’Associazione “Le Formiche”, Mario Oliveri, e
spronato l’on. D’Agostino ad approfondire le indicazioni venute fuori dall’incontro, per una bella e meritata stagione del Sud.
Camillo De Martino
Il colore
del mare
Guardo i tuoi occhi che hanno
il colore del mare,
guardo anche la tua bocca…
sei bella.
Sono felice quando accarezzo
i tuoi capelli biondi,
capisco che senza di te
non posso volare.
Con la forza che mi da
il tuo profumo,
porto sempre con me
il tuo cuore.
Vito Cutuli
Acitrezza, un triste addio al caro “Paciotu”
È
venuto a mancare lo scorso 3 aprile,
di mattina, quando il cielo iniziava
a colorarsi con le prime luci dell’alba, il nonnino di Acitrezza, Giovanni Grasso, che lo scorso mese di dicembre aveva
festeggiato l’invidiabile traguardo dei cento anni. I funerali, che si sono tenuti nella
chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista ad Acitrezza, hanno richiamato una
grande folla, per ricordare con affetto una
persona davvero speciale nel suo essere
amico ed umile.
Il signor Grasso “Paciotu”, così come
amavano chiamarlo i suoi compaesani per
via del suo carattere mite e bonario, ha vissuto fino alla fine nella sua casa, situata nel
centro storico del borgo marinaro dei “Malavoglia”, circondato dall’affetto dei suoi
cinque figli e dei numerosi nipoti che non
mancavano mai di accudirlo amorevolmente. E fino al giorno della sua dipartita,
nonno Giovanni deteneva un record davvero singolare tra i trezzoti: era il più longevo
del paese, godendo tra l’altro anche di buona salute e di una lucidità mentale davvero
incredibile. Ed indimenticabile è stata anche la festa per i cento anni, che si è tenuta
lo scorso 6 dicembre 2010, con una grande
partecipazione di cittadini e di autorità provinciali e comunali, sia nel corso della
messa solenne che durante i festeggiamenti
in piazza, con la banda ed i fuochi d’artificio voluti dallo stesso festeggiato.
Una vita, quella spesa dal “Paciotu”,
tra la passione per il mare, il legame con la
famiglia, e la gran devozione per San Giovanni Battista. Tre capisaldi dell’esistenza
del nostro nonnino, che ha vissuto la sua
vita da lupo di mare, pescando e navigando, per crescere insieme alla moglie
(scomparsa alcuni anni fa) una prole numerosa, non mancando mai di impegnarsi per
la chiesa del suo paese e per la festa del
Battista come “timoniere” del fercolo e
membro della Commissione per i festeggiamenti. Era membro onorario della Commissione, nominato tre anni fa nel corso di
una solenne celebrazione, ed ha lasciato, in
dote, una miriade di esperienza ed insegnamenti a tutti coloro che si avvicinano al Patrono di Trezza. Per questo motivo, i membri attuali ne vogliono ricordare con grande
affetto e stima le doti umane e la grande
personalità, esprimendo cordoglio e vicinanza ai familiari.
Valeria Scalisi
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> S E T T I M A N A L E IDG
catania e provincia
di Giarre
Un tesoro troppo sconosciuto
Catania: al Monastero dei Benedettini da
tutta Italia per la tre-giorni culturale sui
“Santuari indigeni di Sicilia e Magna Grecia”
U
na “full immersion”
nel passato, un viaggio nella storia antica
della Sicilia e della
Magna Grecia, cominciando dallo studio dei santuari indigeni, un appuntamento unico nel suo genere. Sono queste alcune delle definizioni utilizzate
per inquadrare la tre-giorni culturale
che passerà in rassegna le scoperte più
interessanti e suggestive che gli studi
archeologici hanno riportato alla luce
negli anni: saranno idealmente visitati i
luoghi di culto della nostra terra, tenendo conto di aspetti come quello topografico, architettonico, epigrafico, tipologico, mettendo a confronto sistemi di
organizzazione e offerte delle varie po-
polazioni. Questo passato, il nostro passato, fatto oggetto di approfondimenti,
riflessioni, valutazioni, illustrato da studiosi, docenti e archeologi, chiamati a
raccolta da Rosalba Panvini, responsabile del Servizio Interdisciplinare Regionale di Caltanissetta/assessorato regionale dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana, da Massimo Cultraro del
Cnr-Ibam Catania, da Dario Palermo,
docente di Scienze della Formazione,
da Edoardo Tortorici della Facoltà di
Lettere e Filosofia dell’Università di
Catania e da Massimo Frasca, direttore
della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici, col sostegno dei Dipartimenti Processi formativi e di
Scienze Umanistiche dell’Ateneo catanese e del comune di Marianopoli, guidato da Calogero Vaccaro.
Parliamo di una iniziativa che è nata con un’ampia sinergia, per promuovere il convegno di storia antica e archeologia “Santuari indigeni di Sicilia e
Magna Grecia. Modelli, organizzazione
e regime delle offerte a confronto”. Una
tre giorni di studi “itinerante” che ha
fatto tappa prima a Catania, per una
giornata di approfondimenti che si è
svolta venerdì 8 aprile scorso, nel Coro
di notte dell’ex Monastero dei Benedettini, per proseguire a Marianopoli (in
provincia di Caltanissetta), nel centro
culturale Sikania, per le altre due sessioni del convegno, sabato 9 e domenica 10 aprile. L’evento, che ha registrato
le presenza di oltre 30 esperti e moltissimi studenti provenienti da tutt’Italia,
è una vera e propria operazione di
marketing territoriale.
«L’obiettivo – ha spiegato la
dott.ssa Panvini – è quello di far conoscere l’entroterra siciliano, dove ci sono realtà archeologiche che possono
interessare non unicamente gli addetti
ai lavori, ma un ambito molto più vasto
di possibili fruitori. Luoghi e reperti di
Marianopoli ci parlano di un mondo
che, solo da pochi decenni, è venuto alla ribalta ed è stato esplorato ap-
profonditamente: mi riferisco alle civiltà indigene, all’ampio mosaico di
popolazioni e culture della Sicilia interna e, in particolare, dell’area centromeridionale, al paesaggio rimasto inalterato e simile a quello in cui vivevano
gli antichi Sicani».
Inventiva, estro, gusto, maestria nel
realizzare elementi artistici della propria cultura, esprimono la ricchezza e
l’orgoglio di appartenenza delle popolazioni indigene della profonda Sicilia:
i reperti dei santuari rappresentano la
testimonianza di un mondo da valorizzare ed il merito del comune di Marianopoli, così come quello di tanti altri
comuni dell’entroterra, è quello di aver
saputo conservare le memorie di un
passato così significativo. La prima sessione di lavori, dopo i saluti del preside
della facoltà di Lettere e filosofia, Enrico Iachello, del preside della facoltà di
Scienze della Formazione, Febronia
Elia, del direttore dell’Istituto IbamCnr, Antonella Pellettieri e del direttore
del Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Ateneo catanese Carmelo Crimi, ha fatto registrare gli interessanti e
seguiti interventi programmati dei relatori.
Antonio Percolla
Territorio, evitiamo lo scempio
Aci S. Antonio: illustrate
le norme tecniche di
attuazione del Piano
Regolatore Generale
N
el corso di una conferenza stampa, tenutasi
nella Sala Giunta del Palazzo di città di Aci
Sant’Antonio, è stato illustrato e commentato
l’importante atto approvato dal Consiglio comunale,
relativo alla parziale modifica delle “Norme tecniche
di attuazione del Piano Regolatore Generale”. All’incontro con i giornalisti sono intervenuti il presidente
del Consiglio comunale, dott. Nuccio Raneri, con alcuni consiglieri, il sindaco Pippo Cutuli, il vice Stefano Finocchiaro e l’assessore all’Urbanistica, ing. Michelangelo Privitera.
«Si tratta di un traguardo particolarmente importante, raggiunto dall’Amministrazione e dal Consiglio
comunale – ha spiegato il presidente Raneri –. Ciò è
stato dovuto ad una concertazione globale che, al termine di un ampio dibattito, ha consentito di ottenere
anche il consenso della minoranza sul 90% della delibera relativa alle norme di attuazione del Prg; norme
che danno una precisa regolamentazione rispetto a
quella che, fino ad oggi, è stata un po’ un’aggressione
non controllata del territorio di Aci S. Antonio.Ora
inizieremo a parlare del Prg, tappa importante per-
ché, dopo 20 anni, si compie una revisione della zona
di S. Maria La Stella che era stata stralciata e che
quindi non aveva una precisa conformazione. Desideriamo che ci sia uno sviluppo della Città, col raggiungimento di determinati obiettivi, però sempre attraverso una precisa regolamentazione».
L’assessore Privitera, sullo stesso argomento, ha
poi sottolineato: «Dopo 20 anni, con l’atto compiuto,
abbiamo cercato di eliminare una serie di passaggi
burocratici in modo che le autorizzazioni vengano rilasciate con maggiore speditezza. Abbiamo cercato di
sistemare le varie zone, segnatamente la “A”. Nel
centro storico si registra, infatti, la fuga delle persone
perché non si può modificare l’esistente. Attraverso le
norme inserite, si consente di rinnovare il tessuto ur-
bano nel centro storico con le stesse caratteristiche
architettoniche dell’epoca in cui è stato costruito.
Quindi, il centro storico non sarà stravolto ma diventerà soltanto più vivibile. Inoltre, abbiamo cercato di
sistemare le zone “B” e “C”, in modo da eliminare le
sperequazioni presenti. Il punto più importante è, infine, relativo alla zona agricola, quella zona in cui non
si dovrebbe costruire, anche se una serie di norme ne
consentono l’edificazione. Abbiamo, insomma, inserito nuove norme con l’obiettivo di preservare il territorio. Quel poco di verde che ci resta lo dobbiamo conservare e tutelare. E questo, forse, è un problema che
soltanto noi, in Sicilia, siamo stati oggi così forti e coraggiosi da affrontare».
Il sindaco Cutuli sull’argomento ha, infine, aggiunto: «Fin dal mio insediamento, l’obiettivo Prg è
stato tra i principali, visto che è ormai scaduto da 20
anni e la gente si attende da noi delle precise risposte.
Ora, si inizia la discussione di questo argomento, al
quale i tecnici hanno lavorato tanto e che ha registrato tutti i visti di competenza da parte delle varie commissioni. Mi auguro che si affronti l’argomento nel
corso di un dibattito politico pacato e sereno, perché
si tratta di tematiche che incidono sulla nostra collettività. Mi auguro, altresì, che si possano bruciare i
tempi per avere, a fine legislatura, il Piano Regolatore Generale approvato dal Cru (Comitato Regionale
Urbanistica)».
Michele Milazzo
La Barunissa di Carini
Nell’ultima fatica letteraria di Biagio
Fichera si fondono in maniera perfetta
sensibilità poetica, qualità letterarie ed
una grande capacità di apprendimento
psicologico
“C
hianci Palermu, chianci
Siracusa,/ Carini cc’è lu
luttu in ogni casa;/ cu’ la
purtau sta nova dulurusa/ mai paci
pozz’aviri a la so’ casa”. È questo il notissimo “incipit” del poemetto in vernacolo siciliano sulla tragica vicenda della
Barunissa di Carini, pubblicata dal palermitano Salvatore Salomone Marino,
medico, demopsicologo, studioso di
tradizioni popolari, per la prima volta
nel 1870 in 238 versi. Una vicenda d’amore e morte che vede protagonista
Laura Lanza di Travia, figlia di Cesare
Lanza, conte di Musumeli, e di Lucrezia Castani, andata sposa giovanissima
a Vincenzo La Grua, signore di Carini,
colpevole, se così si può dire, di essersi
innamorata del nobile Ludovico Vernagallo e di aver intrecciato una lunga relazione con lui.
Stando ai documenti dell’epoca,
Cesare Lanza uccise la figlia e l’amante
cogliendoli sul fatto di notte tra le mura
del castello, lavando cosi l’onta arrecata
all’onore della famiglia. Era il 4 dicembre 1563. Da allora, la tragica vicenda
della bella e sfortunata baronessa è rimasta incisa nella memoria e nell’anima del popolo siciliano e tramandata ai
posteri in ogni angolo dell’isola, attraverso un numero altissimo di varianti,
di cui 392 quelle raccolte da Salvatore
Salomone Marino nella seconda edizione.
Questa premessa storico-poetica
era d’obbligo per potere illustrare l’ultima, meritoria fatica di Biagio Fichera,
noto studioso acese di storia locale e
tradizioni popolari, che ha recentemente curato la traduzione in lingua italiana
della seconda versione del poemetto di
Salomone Marino, quella risalente al
1873 e composta di 412 versi. Mosso da
una profonda e genuina passione per
tutto ciò che concerne la cultura del popolo, forte di un’esperienza ultraquarantennale di studio e di approfondimento nel settore, Fichera, che ha al suo
attivo anche una lunga collaborazione
con la RAI all’interno di una trasmissione radiofonica sul folklore e di un
volume sui detti e proverbi siciliani, ha
realizzato una traduzione letterale e
poetica al tempo stesso, plasmando con
raffinata sensibilità i versi endecasillabi
di cui si compone il poemetto. Un’opera, di certo alquanto impegnativa e
complessa, che presuppone una competenza non solo filologica, ma anche metrica e stilistica.
Nella versione del 1873, 1’unica
vittima appare la baronessa, mentre il
Vernagallo riesce a sottrarsi alla furia
omicida e rimane a piangere disperato
per sempre la perdita della donna amata, senza la quale la vita non ha più alcun senso. Fichera sottolinea con forza
la suggestione verbale, la potenza della
singola parola che si arricchisce di una
vasta gamma di sfumature. Peculiare di
questa traduzione è, infine, la capacità
di apprendimento psicologico, che l’autore riesce a rendere con commovente
intensità, soprattutto in relazione al sentimento di dolore e di infelicità a cui il
Vernagallo è condannato dalla tragica
fine della sua vicenda d’amore.
La traduzione del poemetto sopraccitato è stata raccolta da Fichera in un
agile volumetto, destinato alla Biblioteca Zelantea di Acireale. La pubblicazione reca una presentazione dell’autore
ed è corredata dai disegni di Luciano
Vadalà di Acireale e di Modesto Furchi
di Roma. La copia è stata presentata
dallo stesso Fichera, il 26 marzo, nel
corso della serata organizzata nella sala
conferenze della Biblioteca dell’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici, per
celebrare l’evento della beatificazione
di Sua Santità Giovanni Paolo II, che
avrà luogo il 1 maggio in Piazza San
Pietro a Roma.
Angelita Messina
N . 11 • sabato 9 apr ile 2011
5
Note di qualità
a portata di tutti
Al via la XII edizione
dell’Atelier Internazionale
della Musica, per una
stagione concertistica che
arriverà fino a settembre
Si inaugurerà domani, domenica 10 aprile, l’Atelier internazionale della Musica, stagione concertistica giunta, quest’anno, alla sua dodicesima edizione.
Sotto la direzione artistica del Maestro Gianfranco
Pappalardo Fiumara, di Daniele Petralia e di Alexandra Oikonomou, la stagione 2011 si presenta ad appassionati ed amanti della music di qualità con oltre
50 appuntamenti in programma nelle province di Catania e Messina. La rassegna, confermando ancora
una volta la propria natura itinerante, si propone l’obiettivo di portare la musica classica nei luoghi più inconsueti (piccole chiese e sale comunali), rendendola
davvero alla portata di tutti.
Tra i nomi di punta di questa nuova edizione, il
noto direttore d’orchestra portoghese Mario Mateus e
il pianista messicano Eric Batiz. Quest’ultimo, eseguirà un programma tutto dedicato a F. Listz, in occasione del bicentenario dalla nascita del compositore
ungherese. Tra le novità della stagione, inoltre, troviamo “La serva padrona” di Gian Battista Pergolesi,
un’opera con scene e regia di Roberto Spicuzza, e
l’Ensemble Omniart con Massimo Barrale. Restano
confermate le presenze dei Les Flutes Flamboyantes
e del chitarrista Agatino Scuderi, reduce dal recente
successo alla Carnegie Hall, che per l’occasione interpreterà la musica argentina in duo con il figlio. Spazio, inoltre, alla musica barocca con i Filarmonici di
Palermo, con i pianisti Gianfranco Pappalardo Fiumara e Roberto Carnevale e con la clavicembalista Gabriella Spagnolo, in concerto con il suo ensemble La
Stravaganza. Un’altra sezione sarà dedicata alla musica popolare con lo Swing, diretto da William Grosso.
Particolare attenzione sarà dedicata anche quest’anno ai giovani artisti, con il debutto di Giuseppe
Grippi, pianista, Samuele Galeano, primo violino nella
celebre Orchestra giovanile Cherubini diretta da Riccardo Muti, e Azzura Raneri, giovanissima violinista.
Si esibiranno anche i pianisti vincitori della scorsa edizione. La sezione lirica vedrà impegnati, invece, il celebre soprano Silvana Froli, il mezzo soprano Inna
Savchenko e il tenore Andrea Raiti. Un nome su tutti,
infine, è quello di Peter Tiboris, energico direttore
d’orchestra statunitense, che dirigerà i Concerti cameristici-sinfonici inseriti nell’ambito della Rassegna
estiva “Etna in Scena” di Zafferana Etnea.
«Siamo soddisfatti per la larga adesione da parte
dei Comuni e per la partecipazione di artisti del calibro di Eric Batiz, Mario Mateus e Peter Tiboris – ha dichiarato il direttore artistico, Gianfranco Pappalardo
Fiumara –. Elementi che testimoniano la crescita di
una stagione concertistica alla quale, da anni, dedichiamo lavoro e passione».
Anna Fichera
Belpasso: convegno
sulla filantropia
Il volontariato rappresenta una vera risorsa nella
società odierna, missione rappresentata in pieno,
proprio in queste ore, negli aiuti umanitari per gli sfollati della Libia. Il Comune di Belpasso ha sempre ben
intenso l’importanza di questa figura. Nell’aula consiliare del Palazzo di città s’è svolta una convention sul
“Ruolo della Misericordia nell’anno Europeo del Volontariato”, a cui hanno preso parte, tra i tanti, il sindaco Alfio Papale; Arcangelo Licata della locale Misericordia, padre Giuseppe Longo del Santuario della
Roccia e padre Valerio Di Trapani della Caritas diocesana di Catania.
«C’è parecchia necessità di volontari – ha detto il
sindaco Papale –, perché gli enti locali hanno sempre
meno risorse e possono dare particolari servizi solo
con il supporto di ragazzi che si impegnano negli aiuti
costanti per il prossimo. Il mio ringraziamento al gruppo della Misericordia viene dal profondo del cuore».
«In questa occasione – ha aggiunto il presidente
della Misericordia di Belpasso, Licata – abbiamo festeggiato parecchi volontari che hanno acquisito il titolo di secondo livello per il soccorso, in modo da dare alla nostra comunità personale sempre più qualificato per affrontare le emergenze e, quindi, le necessità dei cittadini».
A ricordare, invece, il ruolo determinante del volontariato in questo preciso momento storico più che
mai è stato padre Di Trapani: «In un contesto di crisi
economica la società si stringe e, quasi naturalmente,
si esprimono nel miglior modo i valori fondanti del volontariato. Dedicarsi agli altri è, quindi, uno stile coraggioso di insinuarsi nel territorio, senza stare a
guardare ma partecipando attivamente».
M.M.
Gazzettino 9-04-2011:Gazzettino-nuovo 1 07/04/11 20:09 Pagina 6
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catania e provincia
N . 11 • sabato 9 ap rile 2011
Legalità oppure edilizia: quale è il problema?
“Le costruzioni e il terremoto tra presente e passato”. Il Dipartimento di Ingegneria
Civile e ambientale dell’Università di Catania e l’Ordine degli Ingegneri della provincia
di Catania hanno tenuto un convegno per rendere antisismico il nuovo e l’antico
I
n considerazione di un dato certo che riguarda l’area in cui viviamo, “riflettere” è la parola d’ordine. È impossibile prevedere un
terremoto, ma è altrettanto possibile prevenirne i danni, utilizzando le massime tecnologie moderne. Trovare una sinergia di conoscenze, per mettere in sicurezza le strutture architettoniche esistenti in un territorio ad ampio rischio
sismico e dissesto idrogeologico è stato l’obiettivo
del convegno tecnico-scientifico “Le costruzioni e il
terremoto tra presente e passato” organizzato dal Dipartimento di Ingegneria Civile e ambientale dell’Università di Catania con il contributo dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Catania che si è tenuto presso l’Università di Catania. Nella prima sessione di lavori, presieduta da Massimo Cuomo, dell’Università di Catania, sono stati analizzati i “Metodi
di modellazione degli edifici in muratura”, con Andrea Vignoli docente all’Università di Firenze, e lo
“Studio e ricerca sul danneggiamento di strutture
storiche esistenti” con Alberto Franchi, del Politecnico di Milano; nella seconda sessione guidata da
Ivo Caliò (Università di Catania) si è parlato di conservazione del patrimonio storico con Paulo Lourenço, Università di Minho – Portogallo.
«Trasferire le conoscenze tecniche per trovare
delle soluzioni a salvaguardia del grande patrimonio storico della nostra città – sottolinea Caliò –,
pensiamo al terremoto di L’Aquila e al patrimonio
storico perduto, si potrebbe cominciare dall’isola-
mento delle statue e oggetti d’arte nei musei, spesso
con interventi anche poco costosi».
Le modalità tecniche di salvaguardia del patrimonio storico sono state approfondite nella terza
parte del convegno - moderata da Aurelio Ghersi
(Università di Catania) - con gli interventi di Giuseppe Oliveto, Università di Catania, e Luis Decanini,
Università La Sapienza di Roma. La giornata si è poi
conclusa con una tavola rotonda sul tema: “Le Costruzioni ed il Terremoto” moderata da Carmelo Maria Grasso, presidente dell’Ordine degli Ingegneri di
Catania, a cui hanno preso parte: Luigi Bosco, Santi
Cascone, Chiarina Corallo, Rosario Cucuccio, Giuseppe Galizia, Vera Greco, Paolo La Greca, Luigi
Longhitano, Bruno Manfrè, Manlio Marino, Salvatore Maucieri, Michele Maugeri, Guido Monteforte,
Giuseppe Di Natale, Gabriele Ragusa, Gaetano
Sciacca, Riccardo Terranova, Andrea Vecchio. Gli
interventi del direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università di Catania
Enrico Foti e del presidente Grasso, hanno messo in
evidenza i punti salienti del convegno: trovare una
sinergia di conoscenze per mettere in sicurezza ciò
che è già esistente.
«Riconquistare il nostro ruolo e produrre conoscenza personale e professionale sono opportunità
che bisogna svolgere al meglio – ha sottolineato Foti
–. Questo appuntamento, di così forte attualità dopo
il terremoto in Giappone, mette in evidenza come la
tecnologia sia in grado di indirizzare un’adeguata
linea di confronto sul problema sismico che dall’emergenza conduce alla prevenzione, ad esempio
rendendo antisismiche costruzioni storiche con interventi che non modificano l’estetica dell’edificio».
La necessità di informazione e la prevenzione,
sono stati i temi evidenziati dal presidente dell’Ordine degli Ingegneri della provincia di Catania, Carmelo Maria Grasso, che ha annunciato per giugno la
“Settimana della cultura antisismica”, organizzata
dall’Ordine etneo con il coinvolgimento del Genio
civile, del Dipartimento Protezione Civile, dell’Università e delle amministrazioni del territorio e di altri
ordini professionali.
«Le città non devono essere solo più belle e me-
no “energivore” – ha spiegato Grasso – ma anche
più sicure dal punto di vista sismico. Per affrontare
una criticità che sempre coinvolge Catania, il rischio sismico, bisogna cominciare a utilizzare strumenti validi di prevenzione, tenendo ben presente
che nel capoluogo etneo la quasi totalità degli edifici al centro storico non rispondono alle norme antisismiche e il 70% degli edifici in città sono stati realizzati prima del 1981, e quindi prima della cogenza
della normativa antisismica. L’idea della “Settimana della cultura antisismica” nasce dall’esigenza di
tracciare delle priorità: in primo piano c’è la necessità dell’approvazione del Piano regolatore che
consenta interventi snelli per rendere gli edifici più
sicuri. In Sicilia in qualche modo il Piano casa si poneva questo obiettivo escludendo di fatto i centri storici, bisognerebbe invece bilanciare una legge ordinaria che consenta anche questo tipo di intervento.
Quello di riprogettare in sicurezza e in bellezza con
opere di architettura contemporanea deve essere
una scommessa che la città deve vincere, così come
accade già in tante altre metropoli europee: da Berlino a Barcellona».
Ci si rende conto però che, è in altrettanto modo,
molto difficile realizzare costruzioni antisismiche
nel nostro paese, perché confluiscono le ignoranze e
le disonestà, che rovinano l’esito di una buona progettazione, e non avendo un’educazione antisismica
diventa ulteriormente difficile annullarne gli effetti
disastrosi, dell’ignoranza e della disonestà per l’appunto.
Nello stesso giorno in cui si è tenuto il convegno, nel salernitano, il cemento impoverito diventa
ancora protagonista di atti di criminalità: novanta alloggi destinati ad edilizia popolare sono stati sequestrati dalla Guardia di Finanza a Campagna. Dalle
analisi effettuate è emerso che le strutture non sarebbero sicure per la tenuta del calcestruzzo e del materiale ferroso utilizzati nelle costruzioni.
«Davanti alla prospettiva di fare soldi – ha detto
Michele Buonuomo, presidente Legambiente Campania – il cinismo dell’imprenditoria criminale non
ha confini».
Salvatore Rubbino
La condivisione diventa crescita
Mascalucia: assegnati i premi del progetto “The sharing” riservato a giovani artisti
G
li elaborati realizzati dagli studenti del liceo artistico “M.M.
Lazzaro” di Catania e dell’Accademia catanese delle Belle Arti
Nike hanno sorpreso il pubblico accorso alla delegazione comunale di
Mascalucia, in occasione della proclamazione dei vincitori del Concorso
“The sharing” (“La condivisione”) e
della successiva mostra. In ossequio
alla vocazione del progetto, che invitava i giovani ad esaltare il legame della
manifestazione con il territorio etneo,
e mascaluciese in particolare, i piccoli
artisti hanno sciorinato in quasi tutti
gli 80 lavori giunti nella sede della Associazione, un talento puro, fatto talvolta di colori intensi, brillanti riferimenti interculturali e illuminanti intuizioni artistiche, finalizzato a presentare graficamente il festival in programma a luglio nella cittadina etnea. Sul
podio dei vincitori sono saliti Simona
Emanuele, al terzo posto, la russa Karina Chernyshova, al secondo, e Silvia
Castelli al primo.
«La commissione riunita per l’occasione – ha spiegato il Direttore Organizzativo dell’Associazione inBlues, Corrado Zappalà – ha valutato i
lavori in base a criteri essenziali, come rappresentazione del contesto musicale giovanile e territoriale, il richiamo grafico alle idee del festival,
la forza comunicativa e i valori compositivi, nonché cromatici. Al di là dei
pregevoli lavori realizzati, riteniamo
importante spingere i giovani verso
iniziative costruttive».
«I giovani, se adeguatamente stimolati ed incentivati – analizza il presidente dell’associazione inBlues –,
rispondono in maniera estremamente
Gravina: multe per
violazioni del “porta a porta”
I
l Comando della polizia municipale di Gravina ha comunicato di aver provveduto ad elevare diverse multe ai cittadini che
non rispettano le modalità del nuovo servizio di raccolta “porta a porta” dei rifiuti differenziati.
“Si tratta di utenti – ha precisato il Comandante della polizia municipale, Michele Nicosia – che,
nonostante la rimozione dei cassonetti, continuano a deporre le buste dei rifiuti in strada. In attesa
che i volontari, appositamente au-
torizzati, spieghino ad ogni singola
famiglia le modalità della raccolta
differenziata, abbiamo tollerato alcuni singoli episodi. Adesso, tali
comportamenti sono perseguiti in
base alla normativa vigente e a tal
proposito abbiamo predisposto appositi servizi con agenti in borghese”.
In particolare le multe sono
state elevate nelle vie Filippo Corridoni, Sant’Elia, Bellini, Paglieri,
Etnea.
M.M.
efficace. Se i giovani trovano il contesto adatto, riescono facilmente a condividere, partecipare, crescere e valorizzare talenti innati».
In coincidenza con la mostra dei
lavori, il duo formato da Marco Corrao e Alberto Petrigno (nella foto) ha
esaltato il pubblico con i brani della
migliore tradizione blues e pezzi rigorosamente inediti. Non sono finiti però
i riconoscimenti per i vincitori del
Concorso “The sharing”. In occasione
dell’Etna inBlues Festival, infatti, tutti
gli elaborati saranno esposti al Parco
Trinità Manenti di Mascalucia, location della kermesse organizzata alla
presenza di star della musica internazionale. Per mezzo dell’apprezzabile
iniziativa, curata dal responsabile
marketing e dell’area organizzativa,
Antonio Pappalardo, l’Associazione
inBlues, in queste settimane impegnata nel Concorso “Blues on the road”,
rivolto alle formazioni musicali emergenti (www.associazioneinblues.com)
ha voluto agevolare la partecipazione
di alcuni valori: giovani, arte, musica e
territorio, allo scopo di promuovere la
cultura di qualità e mettere in evidenza, nello stesso tempo, le bellezze naturali ed artistiche della Sicilia. Soddisfazione per l’eccellente esito del progetto hanno manifestato, oltre alle autorità locali, provinciali e regionali intervenute nell’occasione, anche Bianca Boemi e Davide Finocchiaro, Dirigenti degli istituti coinvolti nell’iniziativa «di cui gli studenti vanno fieri
perché sono stati i protagonisti di lavori artistici di indubitabile rilevanza
e straordinario pregio».
Michele Milazzo
Appuntamento
Sabato 9 aprile, alle ore 18.00, a Belpasso, sarà inaugurata la Mostra “Nel
Segno dell’Etna”. La rassegna, che sarà
allestita presso la “Casa del Campionario” in via II Retta Levante 189 (Cortile
Russo-Giusti), propone “Memorie artistiche e Costumi siciliani dell’800” a cura
della Proloco di Belpasso, del Distretto
produttivo della pietra lavica dell’Etna e
dell’Associazione Polena. All’evento interverranno, tra gli altri, il Sovrintendente
dei Beni Culturali di Catania, Vera Greco;
il Sindaco di Belpasso, Alfio Papale; il vice-sindaco, Carlo Caputo.
di Giarre
La Mafia scoperta
in un barile
Lo storico inglese Mike Dash
racconta in forma di romanzo
storico la nascita di Cosa
Nostra negli Usa, nel periodo
che va da 1890 al 1920
Tutto cominciò da un barile. Il ritrovamento di un cadavere ancora caldo di un uomo decapitato da un profondo
taglio alla gola, il cui corpo è piegato in due all’interno di
un barile. Nel suo studio basato su fonti primarie – dai rapporti dei servizi segreti americani alla memoria familiari
dei discendenti mafiosi – lo storico inglese e autore Mike
Dash racconta in forma di romanzo storico la nascita della
mafia italiana negli Usa, nel periodo che va da 1890 al
1920: a partire dalla prima cosca che si insedia oltreoceano (quella in Sicilia era guidata da don Vito Cascio Ferro),
capeggiata dal corleonese Giuseppe Morello (Corleone
1867-New York 1930), detto “Clutch hand”, “Artiglio”, a
causa di una malformazione ad una mano (aveva quattro
dita della mano destra completamente atrofizzati). È il
1903, il morto nel barile è Gaspare Candella. Grazie al ritrovamento nelle sue tasche di un biglietto, che alcuni negozianti riconosceranno essere scritto in siciliano, l’unico
poliziotto italoamericano che si occuperà delle indagini,
Joe Petrosino (Padula, Salerno, 30 agosto 1860 – Palermo, 12 marzo 1909) individuerà il mandante dell’omicidio
e il primo capomafia d’America, in Giuseppe Morello.
Mentre la generazione di Al Capone, quella successiva, è stata studiata nei minimi particolari, lo storico inglese
ha scoperto e ricostruito, grazie ad un archivio corposo e
mai consultato dai servizi segreti, la storia del primo criminale, Morello, falsario e spacciatore di dollari falsi ai poveracci appena sbarcati dall’Italia, appropriandosi dei loro risparmi. Little Italy era il terreno ideale per il crimine. Con
gli emigranti bisognosi di lavoro erano sbarcati negli Stati
Uniti anche avventurieri, evasi e latitanti. Il delitto del barile è importante perché porterà Petrosino, non solo ad individuare i mandanti, ma anche a segnare una svolta nella
storia investigativa americana. Petrosino riconosce, sul
fondo del barile, dello zucchero misto a segatura e cicche
di sigari toscani. Un timbro W & T233, scorto sulla botte, fa
risalire alla drogheria Wallace & Thompson, di cui l’unico
cliente italiano è Pietro Inzerillo, proprietario di un ristorante al 266 di Elisabeth Street. Ma il locale, scoprirà Petrosino, altro non è che la copertura di una banda di falsari ed
estortori, oltre ad essere anche il luogo dove è stato assassinato Gaspare Candella. Uno dei killer è Benedetto
Madonia, giunto a New York per chiedere agli ex compagni di cosca del cognato una parte del bottino per pagare
la difesa al cognato Giuseppe Di Primo, detenuto a Sing
Sing. Questo fenomeno aveva posto le autorità americane
di fronte a gravissimi problemi, primo quello dell’ordine
pubblico. I poliziotti, quasi tutti ebrei o irlandesi, non riuscivano a capire gli immigrati né a farsi capire da loro. “Solo
risolvendo il caso – afferma lo storico inglese – Petrosino
convincerà i suoi superiori a creare un corpo speciale di
italiani da infiltrare tra i mafiosi di Little Italy (i criminali di
Little Italy si erano trovati, improvvisamente, di fronte ad
un nemico che parlava la loro stessa lingua, che conosceva i loro metodi, che poteva entrare nei loro ambienti,
n.d.r.)”.
Attraverso la preziosa Italian banch – alleanza che
avrà con William Flynn, capo dei servizi segreti – lo storico
inglese potrà ricostruire l’intera trama “familiare” della
banda Morello, circa trenta persone con precedenti penali
giunte dalla Sicilia (tra i quali uno dei più feroci killer dell’epoca, Tommaso Petto, detto The Ox, il Bue) – Dash ammette di essersi concentrato sulla mafia italiana, piuttosto
che su altre organizzazioni criminali, proprio perché “è un
saggio iconico. Perché la parola italiana Mafia colpisce
sempre l’immaginario anglosassone, facendo scambiare
vari delinquenti con personaggi con un forte senso dell’onore come quelli del Padrino”. L’autore segue i crimini e le
attività illecite di Giuseppe Morello e dei suoi uomini d’onore, descrive la conquista di New York grazie all’alleanza
con il boss Ignazio Lupo di Little Italy, la nascita della “Mano nera”, il racket dell’estorsione; ci svela i rituali di iniziazione e gli ingegnosi sistemi di protezione della cosca; ci
fa ascoltare la voce di William Flynn, capo dei Servizi segreti statunitensi a New York, e ci conduce, infine, sulla
scena dell’assassinio del grande boss (1930), nel corso
della sanguinosa guerra castellammarese.
Giovanni Puglisi
Gazzettino 9-04-2011:Gazzettino-nuovo 1 07/04/11 20:09 Pagina 7
> S E T T I M A N A L E IDG
alcantara
di Giarre
N. 1 1 • sa bato 9 a prile 2011
«Più sicurezza in Via dei Mulini»
7
Giardini, Paraschiva
scrive a Baudo e Vespa
La invocano i numerosi residenti del quartiere di Francavilla di Sicilia attraverso
un’apposita petizione al sindaco. Si chiede, in particolare, la realizzazione di strisce
pedonali che consentano di attraversare tranquillamente la strada, senza rischiare di
essere travolti dalle automobili che, in tale arteria, sono solite sfrecciare a velocità
C’
è un quartiere di Francavilla
dove insistono un’elegante
struttura alberghiera, diversi
esercizi commerciali, numerose abitazioni di recente costruzione e persino gli uffici
di un ente pubblico di una certa rilevanza quale l’Ente
Parco Fluviale dell’Alcantara, meta quotidiana di
pubblici amministratori, funzionari e professionisti
provenienti da tutta la Sicilia. Tale quartiere, ovviamente, lo si raggiunge in automobile, ma quest’ultima, una volta arrivati, da qualche parte va pur fatta sostare per poi recarsi a piedi alla volta della meta predestinata (l’albergo, il negozio, la casa, l’ufficio,
ecc.); e c’è anche chi non è automunito o quello che,
abitando in zona, fa a meno di spostarsi in macchina;
ed è qui che bisogna farsi il cosiddetto “segno della
Croce”: transitare a piedi in Via dei Mulini – questa la
denominazione dell’arteria in questione – costituisce
un serio rischio per la propria incolumità in quanto la
sua ampia carreggiata si presta ad essere percorsa a
velocità dagli automezzi, che potrebbero arrivare ad-
dosso al povero pedone mentre attraversa la strada.
Da qui la petizione che, nei giorni scorsi, i residenti della zona e delle vie adiacenti hanno sottoscritto e recapitato al sindaco di Francavilla di Sicilia, Salvatore Nuciforo, per invocare la “messa in sicurezza”
di questo frequentato, ma pericoloso, tratto del paese.
«Facciamo presente – si legge nel documento –
che nella parte bassa di Via dei Mulini non esistono
strisce pedonali di fronte alle abitazioni. Eppure la
via è alquanto trafficata ed a scorrimento veloce, e
spesso i veicoli sopraggiungono ad alta velocità mettendo a repentaglio la nostra incolumità. Le chiediamo pertanto di far presente, nella sua qualità di primo
cittadino, tali nostre comprensibili esigenze di sicurezza stradale agli uffici competenti affinché si realizzino al più presto degli interventi di segnaletica orizzontale nel tratto in questione (in particolare tra
l’Hotel D’Orange ed il negozio di ferramenta della
ditta “La Porta”)».
In realtà, per Via dei Mulini l’apposizione delle
strisce pedonali dovrebbe costituire l’intervento più
immediato, ma non l’unico. Soffermandoci a discute-
re con alcuni promotori della suddetta petizione,
emergono altri tratti a rischio, come il pericoloso incrocio tra la parte terminale dell’arteria in questione e
la Strada Statale 185, non a caso teatro di numerosi e
periodici incidenti in quanto punto di confluenza di
due carreggiate (la Via dei Mulini e la S.S. 185, per
l’appunto) che si è soliti percorrere a velocità sostenuta; nel caso di specie sarebbe opportuno prevedere la
realizzazione di una rotatoria, intelligentissima soluzione adottata in molti centri urbani (specie della vicina provincia di Catania) laddove i crocevia si mostrano piuttosto insidiosi.
Parecchi anni addietro, peraltro, tale incrocio venne dotato di un impianto semaforico, ma è da tempo
immemorabile che esso è fuori uso a causa di un guasto che, a detta di anministratori comunali ed esperti
vari, sarebbe alquanto costoso riparare (la stessa “sorte” è toccata pure agli altri semafori esistenti negli altri incroci del paese, anch’essi “spenti” da parecchi
anni).
Qualcuno, infine, suggerisce di installare in Via
dei Mulini un impianto di rilevazione automatica della velocità al fine di dissuadere gli automobilisti dal
premere eccessivamente il piede sull’acceleratore; ma
i recenti scandali derivati dall’affidamento dei servizi
di autovelox ad organizzazioni rivelatesi truffaldine (e
che hanno fatto andare sotto inchiesta anche gli amministratori locali di diversi Comuni siciliani che si
sono avvalsi di tali dispositivi) portano ad escludere
tale soluzione.
Pertanto, nell’attesa delle agognate “strisce”, non
resta che appellarsi al senso di responsabilità degli automobilisti, i quali dovrebbero capire che, malgrado
sia l’arteria che conduce fuori da Francavilla, Via dei
Mulini ricade pur sempre nel centro abitato.
La stessa è da percorrere a velocità moderata anche nella parte iniziale che si diparte da Piazza Annunziata: tale tratto è, infatti, caratterizzato da un paio
di curve alquanto insidiose che, senza un adeguato
controllo della vettura, rischiano di trascinare il mezzo fuori strada sino (come è successo a più di un automobilista) a farlo impattare con i pali della pubblica
illuminazione posti ai margini della carreggiata.
Rodolfo Amodeo
A Gaggi un consultorio
per la Valle dell’Alcantara
E’ stato attivato dall’associazione “Asofa”
attraverso un finanziamento della
Regione Siciliana. Darà sostegno alle
famiglie in crisi o con difficoltà di dialogo
interno, ma anche supporto ai giovani
nella fase prematrimoniale ed
informazioni utili su adozioni,
affidi e possibilità di lavoro
N
on finisce di “stupire” l’associazione di solidarietà familiare “A.SO.FA.” avente sede a
Gaggi e guidata dalla giovane e dinamica presidente Agata Famà. Nell’arco di
un paio di mesi tale sodalizio ha avviato, ad un ritmo “frenetico”, diversi servizi in favore dei cittadini (come la Ludoteca e la Clownterapia all’ospedale
di Taormina, lo Sportello Informa Famiglia ed il Trasporto Sociale) sino a
quello presentato ufficialmente nei
giorni scorsi con un’apposita conferenza: un Consultorio destinato non solo
alle famiglie di Gaggi, ma a tutte quelle
dei vari Comuni della Valle dell’Alcantara.
Il relativo progetto è stato approvato e finanziato nello scorso ottobre dall’Assessorato Regionale delle Politiche
Sociali e del Lavoro e la sua gestione è
affidata ad una “A.T.S.” (ossia “associazione temporanea di scopo”) che vede l’Asofa ente capofila in “partnership” col Comune di Taormina, la cooperativa “Fare Sociale” di Messina, la
cooperativa “Isvil” di Gaggi ed il Circolo “Fenapi - Valle Alcantara”; all’iniziativa daranno, inoltre, i loro autorevo-
li sostegni anche l’Azienda Sanitaria
Provinciale di Messina ed il Consultorio “La Famiglia” di Giardini Naxos.
Numerosi e significativi i servizi
che il nuovo Consultorio è in grado di
erogare del tutto gratuitamente a chi ne
farà richiesta: colloqui prematrimoniali, incontri con i genitori, informazioni
su adozioni ed affidi, sostegno psicologico, mediazioni tra i coniugi in conflitto, supporto ai giovani in cerca di lavoro ed alle famiglie immigrate che desiderano integrarsi nella realtà locale,
ecc.
Per tutti questi delicati compiti,
l’Asofa si avvale di una ventina di specifiche professionalità (psicologi, medici ginecologi, pediatri, assistenti sociali, consulenti legali, pedagogisti,
ecc.) che riceveranno gli utenti nei locali della Guardia Medica gaggese (in
Via Berlinguer).
Il Consultorio Asofa è, in realtà,
operativo dal 17 gennaio scorso, ma,
come accennavamo prima, è stato ufficialmente tenuto a battesimo qualche
settimana fa nella sala riunioni della
cooperativa “Isvil” (partner del progetto). A fare gli onori di casa il presidente
Da sinistra: Currenti, Mons. Cingari, Briguglio, Le Mura e la Famà alla
conferenza di presentazione del Consultorio
di quest’ultima, Leonardo Le Mura, e la
moglie, nonché presidente dell’Asofa,
Agata Famà. Per l’occasione sono intervenuti il deputato nazionale Carmelo
Briguglio, il parlamentare regionale
Pippo Currenti ed il parroco di Giardini
Naxos Mons. Salvatore Cingari, il quale si è dichiarato ben lieto di mettere a
disposizione della nascente struttura
dell’Asofa la notevole esperienza maturata dal Consultorio “La Famiglia”,
organico alla Parrocchia giardinese intitolata a San Pancrazio. Dal canto loro,
gli esponenti politici Briguglio e Currenti (entrambi del Fli) hanno lodato il
proficuo attivismo dell’associazione
guidata da Agata Famà.
«E’ dovere di noi politici – ha in
particolare dichiarato l’On. Briguglio
nel suo intervento – dare il nostro contributo affinché iniziative di questo tipo
possano realizzarsi; e non tanto perché
provengono da una certa associazione
o da un determinato soggetto, quanto
perché costituiscono effettivamente un
qualcosa di utile ad un territorio ed alla sua gente. E siamo sempre ben felici
di perorare la causa della cooperativa
Isvil e dell’associazione Asofa di Gaggi
in quanto da esse riceviamo sempre
proposte e progettualità valide e, come
tali, degne della massima considerazione, come questo Consultorio».
Leonardo Le Mura ha, quindi, ringraziato i deputati Briguglio e Currenti
per la loro sensibilità ed ha, inoltre, sottolineato che, quanto prima, i servizi
del Consultorio Asofa saranno direttamente erogabili in appositi “sportelli”
che verranno attivati nei singoli Comuni della Valle dell’Alcantara onde evitare agli utenti i costi ed i tempi di spostamento nella sede centrale di Gaggi.
R.A.
Abita ormai da parecchi anni a Giardini Naxos il
poliedrico showman, musicista e scrittore Gilbert Paraschiva, autore, tra l’altro, della canzone più amata
dagli italiani all’estero: “Italia lontana”, che nel 1954,
in Eritrea, si classificò prima al Festival della Canzone
di Asmara. In quell’occasione, delle 1800 persone
che affollavano il Teatro “Impero”, ben 1450 votarono
la composizione di Paraschiva, che s’impose come la
seconda canzone italiana più venduta all’estero dopo
“Terra straniera” di Marletta (ovviamente prima che
esplodesse la leggendaria “Volare” di Modugno).
In queste settimane, i mass media stanno facendo a gara per celebrare l’importante ricorrenza dei
centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, anche e soprattutto rispolverando il patrimonio canzonettistico nazionale incentrato sui sentimenti patriottici; eppure, nessun “blasonato” autore o conduttore televisivo si ricorda di questo glorioso successo del cantante-compositore nato in Egitto, vissuto in diverse località italiane
ed, oggi, residente nella prima colonia greca di Sicilia.
Così, Gilbert Paraschiva ha pensato bene di prendere
carta e penna e scrivere una lettera aperta a Pippo
Baudo e Bruno Vespa, mattatori del popolare programma televisivo “Centocinquanta”, che ogni mercoledì sera, su Raiuno, ripercorre in chiave “giornalistico-spettacolare” i momenti salienti della storia dell’Italia unita.
«Mi permetto – scrive l’artista ai due “mammasantissima” della tv nazionale – di richiamare la vostra
attenzione su di una canzone che, almeno per il momento, è stata trascurata dalle trasmissioni radiofoniche e televisive sul 150° dell’Unità d’Italia. Eppure la
mia “Italia lontana” divenne immediatamente la seconda canzone più amata ed acquistata dagli italiani
all’estero. E sarebbe doveroso ricordare anche la prima, ossia “Terra straniera” di Marletta: qualche anno
dopo, i nostri successi vennero surclassati da “Volare”, autentico capolavoro del mio idolo Domenico Modugno; ma sta di fatto che “Italia lontana” e “Terra
straniera” non possono essere ignorate perché fanno
parte della storia del costume del nostro Paese e, soprattutto, esprimono tutto l’amore per la loro Patria dei
tanti italiani costretti a vivere altrove. La veridicità di
quanto affermo può essere confermata dalla nota casa discografica torinese “Cetra”: nel 1955, infatti, “Italia lontana” venne incisa da questa prestigiosa etichetta con la voce di Antonio Vasquez».
Intanto, in attesa dell’auspicabile chiamata di
“Mamma Rai”, il “vulcanico” Gilbert Paraschiva non rimane certo con le mani in mano: è, infatti, alle prese
con gli ultimi ritocchi al suo nuovo album, che conterrà
brani inediti e cover di canzoni celebri (come “La più
bella del mondo” di Marino Marini, “Tu sì na cosa
grande” di Modugno, “L’appuntamento” di Roberto
Carlos, “Maruzzella” di Carosone, ecc.) interpretati
quasi tutti in lingua francese grazie alle traduzioni di
Marleine Pigeon, attuale compagna di Paraschiva
(con lui nella foto e con la cagnetta Bijoux).
Tra i brani originali composti per l’occasione dall’artista figurano “Ottanta voglia di cantare” e la particolarmente attuale (e che dovrebbe dare il titolo all’album) “L’Amour sur Messenger”, autentico “inno” alle
relazioni sentimentali che sempre più spesso sbocciano sui cosiddetti “social network”, proprio come è
capitato a Gilbert ed alla sua nuova “musa ispiratrice”
Marleine, residente in Canada.
Il lavoro si avvale dei preziosi interventi come tastierista, arrangiatore ed, a volte, anche autore, del
M° Franco Cirino, affermato musicista di Giardini
Naxos spesso al seguito di popstar nazionali.
R. A.
Benvenuta a
Samanta Raneri
E’ venuta alla luce nei giorni scorsi, a Taormina, la
splendida Samanta Raneri, figlia di Anselmo ed Ambra, nostri assidui lettori così come i nonni, titolari del
rinomato ritrovo “Movida” di contrada Trappitello, che
del “Gazzettino” è anche uno dei punti di distribuzione
ufficiale per il Taorminese e la Valle dell’Alcantara.
Ai giovani genitori ed anche agli altri nonni Rita,
Alfio e Mauro vanno le nostre più affettuose congratulazioni ed il sincero auspicio di un radioso avvenire da
condividere insieme alla neo arrivata Samanta.
Gazzettino 9-04-2011:Gazzettino-nuovo 1 07/04/11 20:09 Pagina 8
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> S E T T I M A N A L E IDG
attualità
N. 11 • s abato 9 aprile 2 01 1
di Giarre
E il Sud ereditò il debito pubblico
Con le guerre gli oneri del Piemonte salirono del 565% nel decennio preunitario…
“Per meglio comprendere la cesura unitaria”
P
er rendersi conto di come
il degrado economico dei
Savoia venne esteso ai
territori del Sud, all’indomani dell’Unità, proponiamo una analisi dei dati
(in parte riportati da Morya Longo su Il
Sole 24 ore, 17 marzo 2011) riguardanti il debito pubblico degli Stati preunitari, evidenziando l’incredibile debito
accumulato dal Piemonte tra il 1847 e il
1859 (+564,42%), causa implicita dell’intervento unificante/colonizzante del
regno dei Savoia nel Meridione, che invece godeva di una condizione economica sicuramente invidiabile.
«Gli atti del governo esprimono
tutti un principio: le risorse finanziari e
dello stato non bisogna cercarle né nel
debito, né nei nuovi tributi, ma esclusivamente nell’ordine e nell’economia.
Perché veramente il miglior governo è
quello che costa meno». Queste parole,
che sembrerebbero pronunciate dal
cancelliere Angela Merkel, nel tentativo di redarguire gli stati europei iperindebitati, o dalla Banca Centrale Europea, a onor del vero, non sono neppure
dei giorni nostri. A scriverle, in un libricino datato 1862, è stato invece l’economista Giacomo Savarese: si riferiva al Regno delle Due Sicilie. Può sembrare strano, ma prima dell’unità d’Italia l’esempio di rigore nei conti pubblici arrivava proprio da li: dal Meridione
borbonico. Era, invece, il Piemonte ad
avere conti fuori controllo, con un debito pubblico cresciuto del 565% nel
decennio precedente all’Unità d’Italia.
Insomma: è stato il Regno dei Savoia a
portare nella nascente Italia la cultura
del debito facile, della finanza allegra.
Se si guarda la situazione delle finanze pubbliche nel decennio precedente al 1861, si può trarre la conclusione che per il Regno di Sardegna la
creazione di un’Italia Unita fosse anche
un modo per aggiustare i conti. O,
quantomeno, per annacquare i problemi. La bilancia commerciale piemontese perennemente in rosso e, soprattutto,
i costi della politica estera e delle guerre (a partire da quella di Crimea) hanno
fatto lievitare il debito del regno in pochissimi anni. Nel 1848, ammontava a
168 milioni di lire, mentre nel 1859
(prima dell’Unità d’Italia) era salito a
1,12 miliardi di lire. Una montagna
enorme, pari al 73% del Pil. Diametralmente opposta era invece la situazione
nel Regno delle Due Sicilie: con una
gestione dello stato improntata sul contenimento delle tasse, il debito borbonico variò dai 317 milioni del 1848 ai 411
del 1859: il rapporto debito Pil nel
1859, attestandosi su un più gestibile
16,57%.
Ovvio che i Savoia negli anni di
Cavour dovessero fare qualcosa per
salvare i conti. Le tentarono tutte. La
prima strada, annotava il Savarese, fu
di oscurare le informazioni: dopo il
1855 il Regno di Sardegna non redisse
più un bilancio dello Stato. Spulciando
tutti i bollettini e le leggi, Savarese scopriva che le spese approvate dal parlamento dal 1848 al 1859 ammontavano
a 369 milioni di lire, mentre il debito
nello stesso periodo era salito di 928
milioni. Insomma: il Piemonte sembrava aver fatto sparire un bel po’ di soldi.
Oltre a questo, il Regno di Sardegna
percorse altre strade per aggiustare i
conti pubblici alla meglio. Innanzitutto
aumentò le tasse, inventando 23 nuovi
balzelli in pochi anni. Poi vendette diversi beni demaniali, a partire dallo stabilimento siderurgico di San Pier d’Arena (Ge). Ma non bastava: nel 1859 il
debito era elevatissimo. E le sorti dello
stato erano in mano ai grandi banchieri
come i Rothshild. Anche perché il Piemonte – secondo gli studi di Francesco
Nitti – possedeva solo un patrimonio di
27 milioni di lire di oro: molto meno
dei 443 milioni del Regno delle Due Sicilie. Restava dunque solo una cosa da
fare: unirsi con chi aveva i conti in ordine.
Guarda caso proprio un po’ più a
Sud c’era un Regno che aveva fatto del
rigore dei bilanci un imperativo categorico. Anche Vittorio Sacchi, piemontese mandato a dirigere le finanze napoletane dopo l’Unità d’Italia, trovò grande competenza: «Nei diversi rami dell’amministrazione delle finanze napoletane scrisse nel 1861 si trovano tali
capacità di cui si sarebbe onorato ogni
più illuminato governo». Che queste
parole corrispondessero al vero è dimostrato dal fatto che il povero Sacchi, dopo averle scritte, cadde in disgrazia. E
anche i numeri lo confermano. Il Regno delle Due Sicilie dopo la Restaurazione del 1815 aveva cinque tasse. Le
rendite pubbliche – calcolate dal Savarese – salirono da 16 milioni di ducati a
30 «per effetto del crescere della ricchezza generale». Solo con i vari moti
rivoluzionari (a partire da quelli del
1820) iniziarono a crescere i debiti e le
casse del Regno caddero in disavanzo,
ma ogni volta in breve tempo il “buco”
veniva chiuso. Morale: dal 1847 al
1859 il Regno delle Due Sicilie non introdusse alcuna nuova tassa e non vendette alcun bene demaniale. Anzi, già
dopo i moti del 1821 il Regno vantava
40 chilometri di rete ferroviaria e una
marina molto fornita. E non c’era traccia di “auto-censura” sui bilanci pubblici.s
Nel 1861 cambiò tutto. L’Italia divenne unita e anche il debito pubblico.
«Il Regno d’Italia – scrisse Savarese –,
s’inaugurava a Torino con un alto debito». L’unificazione comportò un
nuovo peso per l’ex Regno delle Due
Sicilie, aprendo la “questione meridionale”. Le speranze di trasformazione
sociale furono deluse sin dalla conquista garibaldina. L’unificazione dei
mercati danneggiò l’economia del Sud.
Il Piemonte impose il suo pesante sistema fiscale e il servizio militare a regioni che non avevano mai conosciuto la
leva.
Nelle Due Sicilie, nel 1859, la tassazione complessiva era di 14 franchi o
lire a testa, nel 1866, a soli sei anni dall’annessione, giunse a 28, il doppio di
quanto pagava “l’oppresso” popolo
meridionale prima che i Savoia venissero a “liberarlo”. Accorpando i dati
complessivi sulle imposte, dividendoli
per categorie di entrate, si nota che nel
periodo 1861-1873 le imposte indirette
erano quantitativamente il doppio di
quelle dirette (663.599.000 milioni
contro 326.481.000). Le prime, com’è
noto, colpivano i consumi (macinato,
tabacchi, dazi di confine e di consumo,
gabelle varie, sale, lotto) e quindi gravavano, proporzionalmente, di più sui
redditi bassi mentre le seconde incidevano sui redditi più alti. Ma non è tutto:
le imposte dirette seguivano la proporzionale secca, non erano progressive rispetto al reddito individuale per cui i
cittadini con poche sostanze e le classi
agiate pagavano la stessa percentuale
fissa di tasse. La politica fiscale perseguita dallo Stato unitario era, poi, assolutamente ingiusta perché non omogenea dal Nord al Sud; il primo veniva
avvantaggiato, il secondo penalizzato.
Per quanto riguarda l’agricoltura,
mentre nelle Due Sicilie si pagavano 40
milioni d’imposta fondiaria, nel 1866
se ne pagarono 70, contro i 52 del nord;
la differenza diventa più evidente se si
considerano le aliquote per ettaro: nelle
province di Napoli e Caserta si versavano lire 9,6 per ettaro contro la media
nazionale di lire 3,33. Tra l’altro, in attesa di completare la definitiva situazione dei valori catastali, “temporaneamente” si procedette nella “presunzione” che il nord fosse fiscalmente più
gravato del sud e, quindi, provvisoriamente (una provvisorietà che durò 40
anni) si “aggiornarono” i ruoli della
fondiaria, con automatico adeguamento anche di quelli di sovrimposta comunale. L’aggiornamento produsse nuove
disequità: Lombardia e Veneto pagavano un’aliquota dell’ 8.8% mentre la Calabria del 15%, la Sicilia del 20%. Inoltre, riguardo all’imposta sulla proprietà
edilizia il Sud pagava molto più del
Nord e “questa chicca” venne realizzata senza dover neppure ricorrere ad una
norma speciale (provvisoria o stabile)
ma solo usufruendo della circostanza
che la popolazione del nord risiedeva in
campagna e, dunque, la casa diveniva
pertinenza dei fondi rustici e rientrava
nell’imposta fondiaria; mentre al sud i
contadini abitavano nei borghi rurali e,
perciò, pagavano l’imposta sui fabbricati come se si trattasse di città. Inoltre,
il 18 febbraio 1861 i decreti Mancini
abrogarono il Concordato in vigore tra
le Due Sicilie e lo Stato della Chiesa: i
beni ecclesiastici o delle Congregazioni religiose, sequestrati e venduti, fruttarono allo Stato unitario oltre 600 milioni.
Successivamente, le situazioni non
cambiarono, così, nel primo decennio
del secolo ventesimo, una provincia depressa come quella di Potenza pagava
più tasse di Udine e la provincia di Salerno, ormai lontana dalla floridezza
dell’epoca borbonica essendo state
chiuse cartiere e manifatture, paga più
tasse della ricca Como e lo stesso accadeva anche in Sicilia. Il nuovo Stato si
trovò di fronte un notevole deficit nato
dalla unificazione dei debiti pubblici
degli stati preunitari del Nord e dalle
spese militari sostenute dal Savoia.
L’obiettivo del pareggio del bilancio fu
perseguito con l’inasprimento fiscale
(tassa sul macinato, 1868) e ottenuto
nel 1876 dal governo Minghetti, l’ultimo della Destra. Debito pubblico nel
1861: £ 2.400.000. Debito pubblico nel
2000: £ 2.000 miliardi.
Sono passati 150 anni: l’alto debito
è ancora tutto li. Ormai siamo arrivati a
1.800 miliardi, non di ducati o di lire
ottocentesche, bensì di euro. Non sono
certo ereditati da Cavour (quantomeno
perché i loro debiti, nel frattempo, saranno anche scaduti), ma di sicuro la
gestione italiana delle finanze pubbliche ha per un secolo e mezzo mantenuto e continua a mantenere quella malsana impronta.
(51. – “Sicilia postunitaria - Controlettura del Risorgimento”
2010/2011)
za, nei panni del domestico muto Vespone, movimenterà ulteriormente la scena con le sue incursioni. Il
maestro concertatore Onofrio Claudio Gallina dirigerà il gruppo da camera dell’orchestra “Filarmonica
di Palermo”, che eseguirà le musiche dell’opera. La
rassegna si apre, quindi, con un sentito omaggio alla
grande tradizione lirica nazionale e in particolare al
genere dell’intermezzo, tra il quale il più noto e fortunato è proprio “La serva padrona” di Pergolesi.
Grande soddisfazione è stata espressa anche dal
sindaco di Gaggi, Francesco Tadduni. «Il comune di
Gaggi ha aderito con entusiasmo al circuito dell’Atelier Internazionale della Musica, una manifestazione
culturale che ha tra i suoi obiettivi il sostegno e la valorizzazione del territorio. Siamo, inoltre, soddisfatti
della qualità musicale offerta dalla rassegna, sicuramente di gran livello».
Maria Bella
Amalia C. R. Musumeci
Salvatore Musumeci
Se l’arte valorizza il territorio
“L
a serva padrona” di Giovanni Battista Pergolesi aprirà, domani, 10 aprile, alle 20,
nella Chiesa Madre del Comune di Gaggi
(Me), la XII edizione dell’Atelier Internazionale della
Musica. La rassegna concertistica, che approderà in
dodici Comuni delle province di Catania e Messina, è
patrocinata dall’assessorato al Turismo e allo Spettacolo della Regione Siciliana, dal Conservatorio di
Musica “Vincenzo Bellini” di Palermo e dai Comuni
coinvolti.
«L’allargamento del circuito da provinciale a regionale ha portato quest’anno all’adesione di nuovi
comuni e questo ci inorgoglisce molto – ha dichiarato
il direttore artistico, Gianfranco Pappalardo Fiumara
–. Sono sicuro che il pubblico apprezzerà la qualità
degli artisti che si esibiranno in questa dodicesima
edizione».
Nell’incantevole Chiesa Madre di Gaggi andrà in
scena, con la regia di Francesca Pipi, la rappresentazione in costume de “La serva padrona”, uno degli intermezzi più celebri della letteratura operistica. Una
sobria scenografia, curata da Roberto Lo Sciuto, contribuirà alla realizzazione di un’ambientazione settecentesca. Al centro dell’opera buffa le schermaglie
amorose tra il ricco scapolo Uberto e la cameriera
Serpina, interpretati dal baritono Giovanni Di Mare e
dal soprano Valentina Vitti. Il mimo Roberto Spicuz-
Un’indagine per capire se è
cresciuta la consapevolezza
sugli effetti della
contaminazione del
fenomeno mafioso nella
vita sociale siciliana
Il campione preso in esame è di 1.062 ragazzi di
età compresa tra i 14 ed i 18 anni. Al sondaggio, promosso dall’ASASi (Associazione Scuole Autonome Siciliane), hanno partecipato 11 istituti scolastici, di cui 9
siciliani, 1 di Udine e 1 di Brescia. L’analisi dei dati fornisce un quadro riepilogativo. Vediamo dapprima gli
elementi positivi.
Il primo dato che emerge è che, per il 71% degli
studenti siciliani, “la mafia è un male”. Di contro i ragazzi di Udine e Brescia non nutrono incertezze in proposito: la mafia è un male per la totalità (100%). Il secondo
dato è altrettanto positivo. Grazie alle informazioni quotidiane trasmesse dalla TV, l’80% dei giovani siciliani
sa perfettamente che “l’imposizione del pizzo” è una
pratica estorsiva. Meno certezze hanno i loro omologhi
di Udine e Brescia. Il 35% dichiara di averne sentito
parlare, mentre il 55% dichiara di sapere che si tratta di
un’estorsione. Di contro il 35% è convinto che sia, invece, una tassa. Il terzo dato significativo è che, per l’80%
dei siciliani, Riina e Provenzano sono dei criminali, e la
medesima percentuale riconosce a Giovanni Falcone
ed a Paolo Borsellino il ruolo di eroi. Stranamente, solo
il 70% dei giovani del Nord considera eroi i due magistrati trucidati nel 1992. Per il 15% di essi erano dei fessi e per un altro 15% erano degli illusi.
Il dato che invita a riflettere è quello fornito dal 58%
dei siciliani e dal 60% dei loro colleghi del nord. Entrambi, qualora si fossero trovati al posto di Falcone e
Borsellino, professionalmente si sarebbero comportati
come loro. Solo che, il 42% in un caso e il 40% nell’altro, una percentuale altrettanto consistente, sarebbe
andata via o non avrebbe fatto nulla per contrastare
Cosa Nostra. L’ultimo dato incoraggiante è quello attribuito al 78% dei siciliani ed al 95% dei giovani di Udine
e Brescia, convinti che la mafia - in ogni caso -, bisogna
combatterla. Resta quel 22% che ritiene che con Cosa
Nostra ci si debba convivere o, addirittura, che bisognerebbe accettarla. Fin qui le note positive. L’altra faccia della medaglia non è per nulla entusiasmante.
Il primo dato negativo è fornito dal quel 70% di giovani che non ha fiducia (o poco) nelle istituzioni. Una
percentuale che si accompagna a quel 42% che ritiene
la politica sia solo uno spreco di denaro pubblico. Una
certezza che si riduce drasticamente al 20% per gli studenti di Udine e Brescia, cresciuti in un ambiente in cui
la democrazia partecipativa ha ben altre connotazioni.
Il secondo dato poco confortante è quello del 29% di
ragazzi che ritiene le forze di polizia inutili o che identifica gli uomini in divisa come sbirri e basta, dediti a reprimere e non ad aiutare il prossimo. Per l’80% dei loro
colleghi di Udine e Brescia, invece, le forze di polizia
sono tutori dell’ordine pubblico. Singolare l’atteggiamento dei ragazzi siciliani e dei loro coetanei nei confronti delle ingiustizie subite. Solo il 40% di friulani e
lombardi dichiara di denunciare i torti, mentre il 35%
provvede a vendicarsi ed il 25% si affretterebbe a chiedere aiuto a chi è in grado di spalleggiarli. Quasi sovrapponibili le risposte fornite dai siciliani, dove solo il
50% è disposto a denunciare. Gli altri provvederebbero
da soli a vendicarsi o a chiedere il sostegno di “amici”. Il
quarto dato che invita alla riflessione è quello che concerne il rapporto dei giovani con la scuola e con la famiglia. Una percentuale pari al 18% afferma che, nel
2011, i maggiori insegnamenti li ha ricevuti dalla strada, il 50% dalla famiglia ed il restante dalla scuola
(32%). Inoltre il 55% è convinto che le attività scolastiche non aiutino a formare le coscienze e che non sono
in grado di istruire i giovani. Percentuale che si impenna al 68% in chi afferma che la scuola non è attrezzata
per informare o che non lo fa a sufficienza. Diametralmente opposto il giudizio espresso dai ragazzi di Udine
e Brescia. Per il 70% la scuola è in grado di istruire, per
il 60% forma le coscienze e per il 75% è in grado di
informare a sufficienza le giovani generazioni.
Rimane una percentuale che imbarazza. Ed è
quella di quel 10% di studenti che considera Riina e
Provenzano uomini d’onore e quel 5% che ritiene che
si tratti di soggetti perseguitati dalla malasorte. Forse
hanno subito l’influenza nefasta di certe fiction televisive?
«L’indifferenza, la codardia e l’opportunismo uccidono ancor più dei tiranni e dei dittatori» (Luigi Tosti)
“La serva padrona” di
Pergolesi inaugurerà a
Gaggi la XII edizione
dell’Atelier Internazionale
della Musica
I giovani
e l’Antimafia