Corso avanzato di Greco neotestamentario. Esercizi e soluzioni

Losport
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GAA 6600 LOCARNO –– N. 17
17
Copia in omaggio (in edicola Fr. 2.– / € 1,35)
In edicola Fr. 2.– / € 1,35
La corsa
Le prove
Il fenomeno
A PAGINA 14
MORO A PAGINA 15
SCHIRA A PAGINA 41
Domenica
4 maggio 2014
Il turismo
PER ALBASINI
C’È IL “TRIS”
AL ROMANDIA
ANCHE A JEREZ
NON C’È GARA
CON MARQUEZ
L’editoriale
MINIMI E MASSIMI
DELL’ECONOMIA
LILLO ALAIMO
GUENZI ALLE PAGINE 18 e 19
TORREFAZIONE
DI CAFFÈ
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Prelievi cash limitati per i clienti stranieri e un clima allarmante,
la Piazza luganese si sta preparando ad un nuovo e incerto futuro
René Bossi © il caffè
GIORGIO CARRION alle pagine 2 e 3 con le analisi di PAOLO BERNASCONI, SERGIO ROSSI e LUCA SONCINI
La cronaca
Cento franchi per chi fuma canapa, ma...
ScandaloLumino’s
Il reportage
Il business
degli asilanti
fra Bignasca
e Luigi Girardi
“Siamo il paese
più felice
del cantone”
Ti-Press
Il pizzino
Bignasca chi?
I Love Boat
E le crociere
fanno boom
La banca cambia pelle
D
elle due l’una. O, come si sostiene da tempo, i frontalieri
sono la causa determinante
in Ticino della spinta al ribasso dei
salari, oppure il sistema produttivo
di questa regione, essenzialmente la
piccola e media impresa, ha una
struttura non sufficientemente robusta. Incapace quindi di sostenere,
per ogni categoria, livelli di stipendi
che il sindacato definisce “dignitosi”
e adeguati al costo della vita locale.
Ma forse, com’è più probabile, la verità sta tra l’una e l’altra ipotesi.
Fatto è che dopo aver combattuto e
vinto la battaglia contro l’aumento
dei frontalieri (causa, si è detto, di un
dannoso dumping salariale che ha
stravolto il mercato), fatto è, dicevamo, che ora il Ticino si sente dire
dall’intera rete di imprese locali che
mai e poi mai potrebbe reggere all’introduzione generalizzata di un
minimo salariale di 4’000 franchi
lordi (circa 3’600 se calcolati su tredici mensilità) sul quale si voterà fra
qualche settimana.
I nodi stanno arrivando al pettine.
Il futuro accordo con l’Italia sui frontalieri, come sembra ormai certo, subirà
sostanziali modifiche. La doppia imposizione fiscale verso cui si sta andando, renderà meno attrattivo per i
“confinanti” il mercato ticinese. Ma
non solo. È dell’altro giorno la richiesta a Berna del governo cantonale di
“contingentare” anche i frontalieri.
Dunque, s’avvicina il tempo in cui i residenti saranno chiamati a prendere i
posti lasciati vuoti dagli stranieri. E fra
questi anche impieghi i cui livelli di retribuzione, stando all’attuale dibattito,
non sempre sono adeguati al costo
della vita.
La verità, dicevamo, probabilmente sta nel mezzo. Un salario minimo di 4’000 franchi spicca nel panorama europeo. Fra i Paesi europei il più
alto è quello del Lussemburgo, circa
1’900 euro, poi, attorno ai 1’400/1’500
euro si trovano il Belgio, i Paesi Bassi,
l’Irlanda, la Francia. La Svizzera, se la
maggioranza dei votanti dovesse dire
sì, si troverebbe con un minimo salariale in vetta alle classifiche mondiali:
circa 3’200 euro. Un “minimo” forse
insostenibile per alcune (molte, parecchie...?) realtà produttive locali.
Negli ultimi mesi, dagli Stati Uniti
alla Germania passando dal Regno
Unito, si è espressa la volontà di introdurre un minimo salariale o, se già esiste, di aumentarlo. Da anni si discute
sull’efficacia di una tale misura se introdotta in tutti i settori. Favorisce
l’economia, dando più potere d’acquisto ai lavoratori, o penalizza l’occupazione? Da decenni gli studi abbondano e i risultati si contraddicono. Certamente, però, deve far riflettere quel
rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo), che un’ottantina d’anni fa si chiedeva: “Quale contributo economico o industriale fornisce al Paese un’industria che in modo
permanente si trova nell’impossibilità
di pagare stipendi adeguati?”. Già, ma
forse il problema in Ticino oggi sta: 1)
nel definire da quale livello un salario,
alla luce delle qualifiche richieste, è
“adeguato”; 2) nella mancanza - sebbene non generalizzata - di contratti
collettivi e di controlli capaci di garantire i lavoratori; 3) nella difficoltà di
creare posti di lavoro “adeguatamente” retribuiti.
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Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
Anno XVI • Numero 17
Mancano i moduli per le multe
e lo spinello per ora è tollerato
D’AGOSTINO A PAGINA 7
SPIGNESI A PAGINA 6
RAVANI A PAGINA 27
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
3
L’avvocato
L’inchiesta
In Ticino
$
$
$
$
852
milioni
16’774
milioni
39’462
Occupati
nel settore
bancario
Massa
salariale
cantonale
Depositi
a risparmio
53
300
miliardi
ca.
160
miliardi
Le banche
attive nel
cantone
Capitali
italiani
in Ticino
$
PAOLO BERNASCONI
Avvocato, docente di diritto bancario
I
ca.
Capitali
stranieri
in Ticino
10%
Incidenza sul
Pil cantonale
del settore
bancario
Crediti
ipotecari
Fonte: Centro studi bancari, Banca d’Italia, Associazione svizzera banchieri
Le banche cambiano,
dopo l’incertezza
sta arrivando il caos
Cash limitato ai clienti stranieri e clima allarmante,
la Piazza si prepara ad un futuro denso di incognite
L’incessante pressione internazionale
sulle norme per la trasparenza fiscale. Il
braccio di ferro con gli Stati Uniti con le inchieste sulle mega evasioni che riservano
nuove e amare sorprese. Le più stringenti
normative interne sulle attività bancarie.
Un’ondata di regolamentazioni che sta
centrifugando la piazza finanziaria svizzera e ticinese. Mentre Berna preme per l’accesso delle banche elvetiche ai mercati internazionali, sul Ticino pesano gli interro-
GIORGIO CARRION
L’intervista
macchine fotocopiatrici nuove.
Dicono che servono a riprodurre
la documentazione contabile dei
clienti italiani, che dovrà essere
inviata oltre confine alle autorità
fiscali…”. C’è attesa per il nuovo
decreto italiano sull’autodenuncia che la Commissione finanze
della Camera sta elaborando:
“Nonostante il poco clamore,
stanno procedendo e si prevede
la conclusione entro fine estate
2014 – informa Massimo Zamboni, partner dello studio legale
Anaford, con uffici a Zurigo e Lugano -. Sicuramente posso confermare che la clientela è spesso
disorientata. Questa materia è
molto complessa e poi c’è un susseguirsi di notizie non sempre
Le previsioni di René Chopard, direttore del Centro studi bancari
“Nuova integrazione col nord Italia”
“L
a caduta della frontiera fiscale fra Ticino e Italia potrebbe generare una
nuova integrazione fra attività bancaria svizzera e produzione di ricchezza nel Nord
Italia”. René Chopard, direttore del Centro di
studi bancari, vede le potenzialità di sviluppo
dietro l’incertezza. “Se la totalità dei patrimoni
di residenti italiani detenuti in Svizzera saranno sottoposti alla fiscalità italiana, la piazza
bancaria ticinese dovrà riorientare la sua offerta. Buona parte della ricchezza economica
(immobili, proprietà, opere d’arte ma soprattutto aziende) di clienti italiani con patrimoni
in Svizzera è stata gestita da banche e consulenti italiani. Ai nostri istituti venivano destinate attività di gestione finanziaria. Con la conformità fiscale, la separazione, oserei dire artificiosa, fra i vari asset viene meno e la piazza
bancaria ticinese avrà grandi opportunità”.
Ma gli operatori bancari ticinesi sembrano in balia degli eventi e di scelte
compiute altrove…
“Da oltre venti anni sosteniamo che occorre uscire dalla monocultura del private ban-
SERGIO ROSSI
Docente di macroeconomia a Friburgo
C
LUCA SONCINI
Direttore generale Pkb
M
l personale della Finma, l’autorità di vigilanza sulla piazza bancaria, dal 2009 al 2013 è cresciuto
del 43% fino a 468 impieghi a tempo
pieno. Per il Fondo monetario internazionale, però, serve un ulteriore
aumento dal 10 al 20% per colmare
le lacune nella comparazione con
altri piazze finanziarie analoghe. E
mentre le Camere federali continuano a essere scettiche verso l’aumento di risorse della Finma, continua la
pressione internazionale sulla Svizzera. In particolare dall’Unione europea. Pochi giorni fa il Parlamento
europeo ha approvato importanti
norme, non solo per arginare i danni
dovuti al collasso di banche, ma anche per proteggere gli investitori dopo i disastri legati al fallimento della
Lehman Brothers, nonché del Gruppo Madoff. Norme analoghe verranno codificate anche nel diritto svizzero, per assicurare la certificazione
da parte dell’Esma, l’autorità europea sui mercati finanziari.
Dal punto di vista giuridico, questa seconda ondata regolatrice scaturisce dalla necessità di ripristinare
la fiducia sul mercato nei confronti
del sistema bancario. L’attività di
prevenzione interna, che si estrinseca anzitutto nell’imponente espansione qualitativa e quantitativa degli
uffici di compliance, contribuisce
però, d’altra parte, ad aumentare pesantemente i costi e ridurre i margini di guadagno. La presa di coscienza di queste necessità si manifesta
attraverso la costituzione anche in
Svizzera di associazioni per la formazione permanente dei compliance officer, così da assicurare maggiore efficienza contro la criminalità dilagante nel settore economico. Sem-
i sono due modi per trasformare la piazza finanziaria ticinese.
Il primo consiste nell’adattarla
passivamente ai cambiamenti epocali
in atto sul piano globale, per quanto
riguarda sia il segreto bancario sia la
regolamentazione delle attività finanziarie. In questo modo, che attualmente rappresenta la strategia aziendale di numerosi istituti bancari, gli
attori sulla piazza ticinese avanzano
per inerzia, perdendo terreno nella
competizione internazionale, inaspritasi a seguito della crisi “sistemica” scoppiata nel 2008. In questa strategia si integra anche la volontà
espressa dagli addetti ai lavori di attirare nel Ticino delle attività di “trading” legate alle materie prime, come
pure degli attori che operano direttamente o indirettamente nel campo
degli “hedge funds”. In realtà, questa
strategia è effimera e controproducente, perché aumenta i rischi sia finanziari sia reputazionali della piazza
ticinese e ne ritarda il necessario cambiamento strutturale.
Il secondo modo per riposizionare questa piazza, che esige una visione e delle competenze tuttora ampiamente frammentarie su di essa, consiste nel valorizzare il potenziale di
cui dispone la regione insubrica per
contribuire al suo sviluppo in maniera durevole e sostenibile. Sia le banche sia le società finanziarie nonbancarie devono orientare verso gli
attori in questa regione i loro flussi finanziari. Ciò significa che gli operatori della piazza ticinese devono aprire delle linee di credito alle piccole e
medie imprese nella regione, per
svolgere delle attività di ricerca e sviluppo nel campo dell’innovazione
tecnologica. Diversamente dagli anni
eno volumi di business (con i
crediti stabili e le masse della
clientela in calo), meno margini (sia sugli interessi, indipendentemente dall’evoluzione dei tassi, che
sulle commissioni), costi complessivi
dell’industria in calo (ma senza impatti significativi sul “bottom line”), meno
banche, meno società finanziarie, meno personale occupato nel settore.
Questo è quanto mi aspetto continui a
succedere nei prossimi anni sulla
piazza. Certo, chi resta e “lotta” sarà
più solido, più grande, consoliderà un
“business model” sostenibile a medio
e lungo termine, offrirà prodotti e servizi di qualità e porrà le basi per un
successivo, nuovo, accettabile sviluppo nel “nuovo mondo” della finanza
(mondiale e nazionale) che sta prendendo forma.
È la differenza tra la realtà macro
del nostro mondo (la finanza che si sta
ristrutturando,
ridimensionando,
concentrando) e quella micro (singoli
attori che scompaiono, si vendono, si
contraggono, si liquidano, si uniscono,
acquisiscono, si espandono),un mondo che, dopo la crisi della finanza
scoppiata nel 2007 (che, non dimentichiamolo, fa da sfondo a quanto viviamo oggi a Zurigo, Ginevra o Lugano e
che ha portato, per fare un esempio, a
una riduzione in 5 anni di circa 25mila
unità degli effettivi globali di Ubs e Cs,
mentre il loro bilancio si è quasi dimezzato), si è poi confrontato, nel nostro Paese, con la fine di un modo di fare banca del quale si è decretato la
morte (“the era of banking secrecy is
over”, comunicato G20, Londra 2 aprile 2009). A livello macroeconomico
non dubito che continueremo a rappresentare una quota importante del
Pil (circa il 10% a livello Ticino) e del-
pre dal punto di vista legale, il terzo
fattore che influenza l’orientamento
della piazza bancaria e finanziaria
svizzera è stato innescato dalla cosiddetta guerra globale all’evasione
fiscale scatenata dalle principali organizzazioni internazionali (G20,
Ocse, Ue), dove fungono da locomotore gli Usa, con il programma Fatca
e con il programma speciale per le
banche svizzere tuttora in atto, assistiti però anche da altri Paesi che si
mostrano particolarmente aggressivi, come la Francia, il Brasile e l’India.
La gestione del volume ancora
importante di patrimoni fiscalmente non conformi comporterà scosse
di assestamento del mercato per i
prossimi anni. Ma anche il passaggio definitivo alla conformità fiscale
ha bisogno di un cambiamento di
abitudini radicate, come pure una
diversa impostazione strutturale.
Basti pensare al programma annunciato dal ministro dell’economia inglese, Vince Cable. In Inghilterra saranno noti i nomi di chi esercita un
influsso prevalente sia sull’azienda
che sui suoi amministratori, e saranno pubblici anche i nomi degli amministratori di trust. Queste misure
fiancheggiano il futuro scambio automatico d’informazioni. Inoltre, si
rimette in discussione persino un altro baluardo storico: la facoltà per le
autorità straniere di vigilanza sulle
case madri, di esaminare i documenti della clientela privata anche
presso le filiali e succursali all’estero.
L’allarme è del segretariato dell’Associazione svizzera delle banche
straniere. Si teme una nuova insidiosa crepa nella fortezza del segreto
bancario.
Novanta del secolo scorso, il Ticino
dispone ora di diverse istituzioni di
rango accademico le cui attività di ricerca applicata nel ramo industriale
offrono delle potenzialità innovative
in ambiti molto diversi tra loro ma
con una caratteristica comune, ossia
la necessità inderogabile di ottenere
dei finanziamenti per il passaggio
dalla progettazione alla commercializzazione di queste innovazioni.
Per quanto riguarda in particolare le nuove imprese (“start-up”), la
piazza finanziaria ticinese deve sostenere le iniziative promettenti concedendo dei crediti a dei tassi di interesse sostenibili da tali imprese, nonostante i loro primi anni di attività
siano solitamente privi di profitti e relativamente rischiosi rispetto alle imprese di lungo corso. Il settore pubblico cantonale, da parte sua, deve incentivare questo riorientamento dei
flussi della piazza finanziaria ticinese,
permettendo per esempio ai suoi
operatori di non pagare le imposte
sui guadagni realizzati attraverso il
credito concesso alle “start-up” insediate sul territorio cantonale.
Questa defiscalizzazione può essere estesa all’insieme dei contribuenti ticinesi, incentivando così sia i
titolari di grossi patrimoni privati sia
gli investitori istituzionali come le
casse-pensione a finanziare la crescita economica e lo sviluppo territoriale, anziché prelevare delle rendite nei
mercati finanziari globalizzati perpetuando la strategia inerziale. Senza
questa visione strategica e i relativi incentivi fiscali, la piazza finanziaria e
l’insieme dell’economia ticinese proseguiranno il loro graduale declino,
avviato già nel ventennio precedente
lo scoppio della crisi nel 2008.
l’occupazione (il 6-7%), ma al suo interno, continuerà la piccola rivoluzione iniziata qualche anno fa e ora in accelerazione.
In Svizzera (dati Finma, fine 2013)
in 4 anni sono uscite dal mercato 80
banche (a fine anno erano in tutto
321). In Ticino (dati ufficiali Abt di fine
2012 aggiornati ad oggi da chi scrive)le
banche attive sono circa 50, 18 con sede a Lugano, 27 in meno rispetto a 5
anni fa (-35%). Tutti sanno, però, che,
scorrendo la lista della cinquantina di
istituti, se ne scoprono numerosi in
difficoltà (in perdita o vicini al break
even), alcuni stanno pensando se rinunciare alla licenza bancaria (rimanendo come società di gestione), altri
sono in vendita. Tutti stanno rivedendo il business model, tutti sono estremamente attenti ai costi e all’efficienza
dei processi (più che in passato), nessuno ignora che il Ticino bancario deve completare quel passaggio obbligato rappresentato della regolarizzazione di quei capitali riconducibili a soggetti residenti in Italia (e non ancora
tax compliant) e che prima o poi avverrà (come sta avvenendo con diversi
altri Paesi, europei e non).
La Svizzera e il Ticino per il suo
mercato di riferimento principale,
hanno svolto un ruolo storico (accogliere e gestire bene averi alla ricerca di
sicurezza e protezione). Oggi l’industria cerca la nuova “Mission” per i
prossimi decenni. Le idee non mancano, gli attori dinamici e reattivi pure.
Ne uscirà una realtà ridimensionata,
ma più solida e caratterizzata da servizi di qualità, sostenibili e compliant
nei mercati di riferimento. Il cambiamento (culturale, strategico, operativo) è in corso, è doloroso e deve essere
gestito, indirizzato, pianificato.
gativi per il nuovo decreto italiano sull’autodenuncia dei capitali all’estero. Da anni
si parla di riorientare la piazza ticinese che
è andata rattrappendosi, attanagliata nell’
accavvalarsi di norme che generano caotica insicurezza. E ormai da anni si parla pure della necessità svincolarla dalla monocoltura del private banking. Ma ecco quali
potrebbero essere le strategie per reinventare un futuro per la piazza finanziaria del
cantone.
sparenti… lo scambio automatico
di informazioni, così come richiesto dall’Ue nel quadro della direttiva sull’imposizione dei redditi
da risparmio, è inaccettabile”.
Dirigenti, consulenti, semplici impiegati s’interrogano: “Non
so cosa ne sarà di me – si sfoga un
dipendente di uno dei massimi
istituti svizzeri -. Vedo arrivare
E
dopo l’incertezza, il caos. Clienti stranieri che
si sentono negare la
possibilità di prelevare
contanti oltre un certo
importo dai loro conti, altri che ricevono lettere dalla banca dai toni allarmanti sul rischio di scivolare nel reato di riciclaggio. E alla
frontiera, ormai, non si contano
gli italiani “foderati” di contanti o
lingotti d’oro. “Il cliente, male informato della reale situazione da
parte di chi, fino a poco prima, era
il suo consulente, non capisce cosa gli stia succedendo – nota Daniela Baldoni, giurista ed economista di Lugano -. Non più cliente, ma ‘paziente’, in cerca di una
soluzione che sia la meno amara
possibile per i propri averi”.
Nelle banche c’è ansia. Il negoziato Berna-Roma su fisco e
trasparenza, frontalieri, trasporti,
prosegue e si avvicinano le scadenze Ocse. “Non ha senso cercare di schivare l’inevitabile- dice
Sindy Schmiegel Werner, portavoce dell’Associazione svizzera
dei banchieri -. Non possiamo
evitare la ristrutturazione del sistema finanziario e fiscale internazionale in corso. Vogliamo e
siamo pronti ad introdurre lo
scambio automatico d’informazioni”. Eppure, nel 2010 – appena
tre anni fa - ecco cosa scriveva
l’Associazione nel documento
Strategia della piazza finanziaria
2015: “Ci opponiamo con fermezza all’idea di clienti bancari tra-
Il banchiere
Non possiamo Bisogna aprirsi Certamente
che adeguarci alle aziende
saremo più forti
alle nuove regole della Lombardia ma più piccoli
LE BANCHE IN NUMERI (cifre in franchi)
6.931
L’economista
king. È venuto il momento di cambiare rapidamente, allargando i servizi a un vero wealth
management e promuovendo l’eccellente capacità di consulenza in diversi campi e dimensioni: sostegno a operazioni commerciali internazionali, servizi di tesoreria, gestioni dei
rischi di tasso e di cambio, successioni, fiscalità internazionale e molto altro”.
“Si dovranno offrire pacchetti
di consulenza, servizi integrati
tra avvocati e fiduciari”
Da dove si può cominciare concretamente?
“Dal fare rete. Banche e professionisti ticinesi dovranno offrire pacchetti di consulenza
e servizi integrati. Il cliente deve trovare assieme ai servizi per le sue necessità private tutto
il know how per la propria azienda; per esempio per internazionalizzarsi. Penso in particolare alle migliaia di piccole e medie imprese
del Nord Italia i cui proprietari sono già clienti
della nostra piazza finanziaria o che possono
diventarlo”.
Ciò implica una notevole ristrutturazione organizzativa e di competenze.
“Uno dei grossi problemi odierni, soprattutto per i piccoli istituti, è legato ai costi dovuti
alle nuove norme nazionali e internazionali. A
questo proposito, penso che la soluzione non
sia quantitativa - aumento delle dimensioni
delle banche per sopportare gli investimenti
necessari - ma qualitativa”.
Per esempio?
“Una tecnologia più performante che, da
una parte, permetta di applicare meglio le
nuove regole, ma che dall’altra gestisca in modo ottimale le informazioni relative ai clienti. E
poi una formazione che risponda alle esigenze
delle nuove norme, ma che permetta pure di
identificare nuove opportunità di business.
Un’organizzazione che tenga conto del contesto legislativo e che al tempo stesso consenta
di migliorare il contatto col cliente. Si tratta di
sfruttare delle imposizioni esterne specifiche
per uno sviluppo interno complessivo”. g.c.
precise o aggiornate. Le banche
svizzere hanno le competenze
necessarie, ma c’è un problema di
numeri, a fronte di una molteplicità di casi da affrontare tutti assieme in tempi molto ristretti”.
Smarrimento, ma anche volontà di venirne fuori senza troppi
danni e con nuovo slancio. “Ritengo che il settore bancario svizzero sia adeguatamente preparato per affrontare tutte queste sfide
– afferma Erico Bertoli, executive
director di Ernst & Young, sede di
Lugano -. Sfide che non faranno
altro che spingerlo ulteriormente
verso il consolidamento a causa
dei notevoli costi d’implementazione e mantenimento”.
Il 22 maggio prossimo l’Associazione bancaria ticinese è convocata per la sua assemblea generale, molto attesa. Altre categorie
sono in fibrillazione. I gestori patrimoniali indipendenti, per
esempio. Sono 400, il 70% dei
clienti proviene dall’Italia. Alessandro Ciocca, vicepresidente
dell’Associazione svizzera dei gestori di patrimoni, non nasconde i
timori per il futuro: “Le prime
amnistie fiscali italiane sono state viste con arrogante scetticismo. Avremmo dovuto dare risposte concrete. Senza coordinate precise molti potrebbero delocalizzare anche in modo parziale,
magari verso il Lussemburgo.
Oppure scegliere la soluzione
della fusione tra società, cosa
che significherebbe riduzione del
personale”.
gcarrion@caffe.ch
La metamorfosi
1
2
3
4
I DEPOSITI
La Piazza finanziaria
ticinese nel 2000
raccoglieva 12’783
milioni di franchi di
depositi. Negli anni
la raccolta è salita.
Fissandosi a 16’774
milioni nel 2012
LA MASSA SALARIALE
Quattordici anni fa la
Piazza finanziaria
garantiva una massa
salariale di 760
milioni. Dopo il picco
del 2008 con 985
milioni, si è scesi nel
2012 a 852
IL PERSONALE
Le banche in Ticino
hanno visto calare
negli anni il numero
di addetti. Dagli
8.230 del 2000 si è
progressivamente
scesi ai 6.931 del
2013.
IL PIL CANTONALE
La piazza finanziaria
dal 2007 al 2011 ha
visto ridurre il suo
contributo al Pil
cantonale del -36%
in particolare per
effetto della
riduzione degli utili
<wm>10CAsNsjY0MDQx0TUšNbQwNwMAIhSCZg8AAAA=</wm>
<wm>10CFXKrQ6AMAxF4Sfqcnvp1kElmSMIgp8haN5f8eNIznHfskRO©J7burctFGomQ9bqJSqZYB5K80QLGIwPmLQYlIX15wXwPAL9NYK3rkWGUbRšOtN1nDfOgsFhcgAAAA==</wm>
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IL CAFFÈ
4 maggio 2014
mondo
IL SORPASSO DELLA CINA
Spari sui tifosi a Roma, 4 feriti
Liberati gli osservatori Osce
È cominciata nel sangue la finale di Coppa Italia a Roma tra
Napoli e Fiorentina. Ieri, sabato, qualche ora prima del fischio d’inizio della partita, un gruppo di tifosi partenopei è
stato aggredito. Esplosi anche dei colpi di pistola, a sparare
sarebbe stato il custode di un vivaio vicino allo stadio.
Quattro i feriti, di cui uno in gravi condizioni. Scontri anche
con la polizia prima della partita.
Dopo una settimana di sequestro sono stati rilasciati ieri,
sabato, a Slaviansk in Ucraina tutti gli osservatori Osce tenuti in ostaggio dai filorussi. Nonostante la liberazione dei
12 osservatori internazionali non si placa la tensione nell’est
del Paese.I morti nei conflitti a fuoco si contano ormai a decine, e il governo di Kiev ha confermato che le operazioni
militari contro i separatisti filorussi continuano.
SUGLI STATI UNITI
Popolazione
Reddito
procapite
Reddito
procapite Ppp*
Pil 2012
Pil procapite
2012
Crescita
Pil
2000-2012
Agricoltura
2000-2012
1.351
5’720
9’040
+7.8%
+7.3%
+10.6%
+4.4%
miliardi
314
milioni
dollari all’anno
52’340
dollari all’anno
dollari all’anno
52’610
dollari all’anno
+2.8%
+2%
+1.7%
+1.5%
LE
MAPPE
LUIGI
BONANATE
La Palestina
ha offerto
una prova
di buona fede
Manifatturiero
2000-2012
Servizi
2000-2012
Crescita
consumi
2000-2012
Spesa
pubblica
Export
Import
+11.6%
+11.2%
+11.2%
+8.2%
+9.1%
+13.9%
+11.9%
+0.2%
+1.5%
+2%
+2%
+1.5%
+4.5%
+2.7%
Fonte: Banca mondiale
*Ppp: a parità di potere d’acquisto
Industria
2000-2012
Anche se primi
i cinesi rimarranno
molto più poveri
degli americani
Reuters
LORETTA NAPOLEONI
La complessa relazione che
corre tra Stati Uniti e Cina, le
due economie più grandi al
mondo, continua ad affascinare
e ad alimentare le polemiche tra
economisti, politologi ed intellettuali. Questa settimana, poi,
la previsione che entro la fine
del 2014 l’economia cinese sarà
più grande di quella Usa, formulata dall’International Comparison Programme - un organo
di monitoraggio della Banca
Mondiale per 199 nazioni ed otto aree economiche - ha riacceso il dibattito economico.
All’inizio degli anni Novanta, il paradigma classico ruotava
intorno ad una contrapposizione manichea, quasi da Guerra
fredda: da una parte c’era un
Paese democratico e ricco, gli
Stati Uniti, e dall’altra un regime
totalitario ed
economicamente ingiusto,
quello cinese.
Negli Usa,
la prolungata
recessione innescata dalla
bolla dei mutui
subprime e dal
fallimento della
Lehman Brothers, ha rotto
l’incantesimo
del neo-liberismo mettendo
a nudo realtà
sconcertanti.
Come l’aumento delle diseguaglianze e della sperequazione
dei redditi nella nazione che ha
regalato al mondo il “sogno
americano”. Ormai tutti hanno
intuito che il tradizionale sistema meritocratico, dove le opportunità erano alla portata di
tutti, anche e soprattutto dei
meno abbienti, il modello socio-economico che ha reso
l’America la prima economia al
mondo, non esiste più. Al suo
posto è subentrato un sistema
sempre più elitario, spesso controllato da caste finanziarie ed
economiche.
Allo stesso tempo la nascita
del capi-comunismo cinese (un
sistema capitalista privo di democrazia) ed il successo economico di questo nuovo modello
nel processo di modernizzazione di una nazione profondamente arretrata e povera, come
la Cina degli anni Settanta, hanno fatto nascere seri dubbi sulla
validità ed unicità della formula
5
occidentale, meglio nota come
il binomio democrazia-capitalismo, quale modello ideale di libero mercato.
L’ascesa della Cina e la crisi
della leadership economica
mondiale americana, dunque,
hanno spinto economisti, poli-
ni quest’anno Pechino sottrarrà
a Washington un primato che
quest’ultimo ha strappato, nel
lontano 1872, all’Inghilterra
della rivoluzione industriale.
In realtà, se mettiamo da
parte l’ideologia politica e ragioniamo sui numeri, questo
non è poi un evento così straordinario. La popolazione americana è appena un quarto di
quella cinese, stimata a 1 miliardo e 300 milioni di persone. Era
dunque inevitabile che, ad un
certo punto, l’economia cinese
diventasse più grande di quella
americana. Tuttavia, i cinesi
continueranno ad essere molto,
ma molto più poveri degli americani, che al momento godono
di un reddito pro capite tre volte
più alto.
Il sorpasso, va detto, non era
previsto prima degli anni 2020,
ma l’introduzione di nuovi pa-
Non è un evento
straordinario.
La popolazione Usa è
solo un quarto
di quella della Cina
tologi ed intellettuali a una rilettura dei rapporti tra queste
due nazioni e del ruolo politico
ed economico che esse hanno
nel pianeta. Tra i temi più caldi
c’è, naturalmente, il sorpasso
economico, in termini assoluti,
della Cina. Secondo le previsio-
Reuters
IL LAVORO
Nonostante la crescita dell’occupazione, il reddito
pro capite in Cina è di 5’720 dollari l’anno
rametri che, secondo molti, permettono un calcolo più realista
delle dimensioni delle economie analizzate, lo ha anticipato.
In altre parole il Pil non è stato
più calcolato in termini nominali (secondo le vecchie stime
del Fmi nel 2012 l’economia
americana era pari a 16.200 miliardi di dollari e quella cinese a
8.200 miliardi di dollari), ma
sulla base del potere d’acquisto
della moneta, quindi della
quantità di beni che i salari possono acquistare. Secondo questo criterio, nel 2011 l’economia
cinese era l’87 per cento di quella americana, e con una crescita
economica- dal 2011 al 2014stimata al 24 per cento, contro
quella americana più bassa del
7,6, la Cina dovrebbe completare il sorpasso entro l’anno.
L’eccezionalità della previsione a corto raggio del sorpasso nasce, dunque, da una serie
di preconcetti ideologici che
noi occidentali ci portiamo dietro dalla nascita del capitalismo: un regime non democratico non può produrre un modello economico funzionante, di
qualsiasi tipo esso sia, questo in
sintesi il ragionamento. Il fatto
poi che a contestare tale postulato non siano organi di Stato cinesi bensì istituzioni, come l’International Comparison Programme, la Banca Mondiale ed
il Fondo Monetario, e cioè fonti
occidentali autorevoli, utilizzate da sempre quale metro di
comparazione delle economie
mondiali, ha trasformato il probabile sorpasso in un evento
epocale.
Dal settembre 1993 (più di 20
anni, insomma), quando Yitzhak
Rabin e Yasser Arafat firmarono il
reciproco riconoscimento tra
Israele e Autorità nazionale palestinese, quella dei giorni scorsi è la
notizia migliore che si potesse ricevere. L’Anp e Hamas, organizzazione paramilitare, responsabile di
un’infinità di azioni di guerra antiisraeliane e ora “sovrana” (si fa per
dire) sulla Striscia di Gaza, si sono
non solo riconciliate, annunciando prossime elezioni politiche unitarie, ma addirittura Mahmud Abu
Mazen, presidente dell’Anp, ha formalmente espresso la condanna
ufficiale da parte del popolo palestinese sull’Olocausto e per lo sterminio degli ebrei nella seconda
guerra mondiale.
Tutti sappiamo che per decenni il mondo arabo ha tenuto su
questo tema una posizione disgustosa, anche se giustificata da ragioni politiche e non da pretese revisioni storiografiche. Il “negazionismo” di cui l’ex presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad fu
paladino estremo e testardo, è
dunque finalmente sconfitto. Ora
la clausola più pesante e apparentemente inaccettabile che Israele
ha opposto per decenni al miglioramento dei rapporti
con i palestinesi
(la fine del negazionismo)
è venuta a
cadere. E
così come
era logico
che Israele rifiutasse in passato di
trattare con chi non riconosceva la
storia del suo popolo, così oggi appare assolutamente illogico che
Tel Aviv rifiuti di accogliere il “ravvedimento” palestinese.
Due motivi sorreggono (ma
non giustificano) la posizione del
governo di Benjamin Netanyahu. Il
primo riguarda (e lo si vedeva già
da mesi) la mano libera che vuol
avere sui nuovi insediamenti: 6000
unità abitative annue contro meno
di un quarto negli anni precedenti,
che è come se Israele scavasse una
buca sotto la Palestina per sottrarle
terreno. Il secondo verte sull’inattendibilità di Hamas e quindi sulla
falsità dell’accordo di quest’ultima
con l’Anp. Ma Israele può voler verificare l’accordo nei fatti, non rifiutarne l’enunciazione pura e
semplice.
Sarà Abu Mazen a giudicare,
non Israele, che n’ è l’avversario
storico. Della buona fede, che oggi
viene messa in dubbio, Abu Mazen
ha offerto una prova di grande portata: è disposto ad aprire i suoi territori alle truppe Nato, dopo aver
aderito a 13 testi giuridici del sistema-Onu e aver chiesto di poter
aderire ad altri 60. Come si può
chiedere di più all’Anp? Questo
sembra davvero il momento in cui
una straordinaria occasione storica si presenta. Dobbiamo fare di
tutto, tutti, perché diventi realtà.
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IL CAFFÈ
4 maggio 2014
6
attualità
Ti-Press
La polemica
A ottobre è scattata la revisione
della legge federale sulla droga:100
franchi per chi viene sorpreso a fumare
canapa. Ma in Ticino è tutto bloccato
Lo spinello non “accende” le sanzioni
Stop alla depenalizzazione, mancano i blocchetti delle multe
Il bilancio
1
2
3
4
5
6
LE DENUNCE PENALI
Erano circa 33 mila le
denunce penali che
venivano presentate
Svizzera prima che
entrasse in vigore
la nuova norma sulla
depenalizzazione
I CONSUMATORI
Nel 2013, secondo il
rapporto annuale della
Polizia cantonale, sono
state presentate in Ticino
1.034 denunce per
consumo di prodotti
della canapa
I MINORENNI
Soltanto l'anno scorso in
Ticino 152 minorenni sono stati denunciati e poi
condannati per reati legati alla legge sugli stupefacenti. Per spaccio le
segnalazioni erano 43
CIFRA D’AFFARI
Secondo diverse
ricerche la cifra d’affari
che ruota attorno al
mercato illegale dei
prodotti della canapa in
Svizzerà è attorno al
miliardo di franchi
I SEQUESTRI
L’anno scorso dalla
polizia sono stati
sequestrari 174 chili di
marijuana (48,5 nel
2012), circa 6.000 piante
di canapa (8.000), 3.5
chili di hashish (3 chili)
LE PRIME MULTE
A Zurigo dal primo
ottobre quando è
scattata la nuova legge,
ad aprile sono state
emesse 570 multe
disciplinari. A Basilea 33
e a Berna 62
L
a legge è già in vigore
dal primo ottobre
scorso. Ma in Ticino
non viene applicata.
Motivo?
Semplice:
non sono stati fatti i corsi di formazione per gli agenti, che devono conoscere nel dettaglio i
comportamenti da tenere e la
normativa. E poi, incredibile
ma vero, non sono stati ancora
stampati i blocchetti per le ricevute delle multe. Risultato: impossibile incassare le multe disciplinari da 100 franchi che
vanno affibbiate a chi viene sorpreso a fumare uno spinello, come stabilisce la procedura di
depenalizzazione approvata a
Berna.
Secondo indiscrezioni la procedura dovrebbe essere applicata
entro l’estate. Ma una data certa
non c’è, e dunque si va avanti di
rinvio in rinvio. In altri cantoni,
invece, le contravvenzioni già
fioccano. Oltre cinquecento sono state registrate a Zurigo, una
sessantina a Berna e una trentina a Basilea, soltanto per citare
tre casi. Sono partiti più veloci
ovviamente i
Cantoni dove
un sistema simile era già in
vigore, come
San Gallo (le
multe erano
previste già dal
2003) e Neuchâtel (sanzioni dal 2007).
Nel
frattempo che succede? Si continua con la procedura ordinaria e la segnalazione
al Ministero pubblico (spesso si
chiude con una contravvenzione). Un rischio visto che essendo già in vigore la legge, chi fa
ricorso dopo una denuncia ha
serie probabilità di spuntarla,
come spiega Ignazio Cassis (vedi intervista a lato), consigliere
nazionale plr e relatore della
commissione che ha messo a
punto la normativa, poi approvata anche dal Consiglio degli
Stati (che ha ridotto l’importo
da 200 a 100 franchi). Peraltro la
legge precisa che poiché sono
competenti i cantoni “in questioni di polizia” sono essi che
devono indicare esattamente
chi deve emettere e incassare le
ammende. Ossia gli agenti “in
uniforme”, della polizia cantonale e delle comunali, oltre che
le guardie di confine.
La multa disciplinare, la
stessa sanzione che si applica a
chi è responsabile di una infrazione sul fumo o sull’alcol o per
irregolarità alla guida, consente
da un lato di alleggerire il lavoro
della magistratura sgravandola
di una serie di illeciti ritenuti
“minori”, e dall’altro permette ai
Cantoni di incassare le ammen-
de. Tutto velocemente: il maggiorenne che viene sorpreso
con uno spinello (ed entro il limite di 10 grammi di canapa)
paga la sua multa e chiude il
conto con la giustizia. Senza
conseguenze penali e senza che
i suoi dati siano registrati, a parte casi di recidiva.
Il concetto alla base del
nuovo provvedimento punta intanto a liberare i tavoli della giu-
stizia dal peso di circa 33.000
denunce penali, fatte ogni anno
dalla diverse forze di polizia e
che producevano costi non indifferenti, oltre che distogliere
gli agenti da compiti più importanti, come la lotta allo spaccio.
“Ed è questo l’aspetto che noi
abbiamo contestato quando si
discuteva della legge - spiega
Max Hoffmann, segretario nazionale della Federazione sviz-
zera funzionari di polizia -, perché se non si può neppure interrogare sommariamente un consumatore di droga, non si arriverà mai ai grandi spacciatori,
che sono quelli che a noi interessano. Già è difficile fare pedinamenti, è complicato avere le
autorizzazioni per le intercettazioni telefoniche, cosa deve fare
il poliziotto?”. La Federazione,
tuttavia, avverte: “ La legge ora è
stata comunque approvata e
noi naturalmente la faremo rispettare”. Cosa che accade in diversi cantoni. Ma non in Ticino,
dove la polizia, soprattutto
quella dei trasporti che opera
sui treni, continua a sorprendere, in particolare giovani e giovanissimi, con gli spinelli in tasca.
mspignesi@caffe.ch
Q@maurospignesi
L’intervista
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Ignazio Cassis
“Il Cantone
non ha digerito
questa norma”
“V
a ricordato che la legge
è già in vigore”. Ignazio
Cassis relatore della
commissione speciale del Consiglio nazionale sulle norme che
hanno portato alla depenalizzazione dell’uso della canapa, non
usa giri di parole.
Dunque le multe disciplinari dovrebbero essere applicabili?
“In teoria sì, perché il Consiglio federale ha emanato l’ordinanza di applicazione decidendo
la data e passando la palla ai cantoni”.
La colpa del ritardo è dunque del Ticino?
“Questa è una questione di filosofia politica per la Svizzera.
Come Stato federale ogni cantone ha un certo margine di tolleranza per assorbire ritardi e lungaggini quando non digerisce, e
immagino che anche il Ticino sia
in questa situazione, il contenuto
di una legge. Poi, magari, il problema non è sentito come prioritario o importante e dunque viene data precedenza ad altro”.
Esiste un termine?
“In generale si parla di tempo
ragionevole. Poi tutto il discorso
ruota attorno a cosa vuol dire
tempo ragionevole. Ma c’è una
certa comprensione”.
Qui i ritardi sarebbero legati
alla stampa dei blocchetti
per le multe disciplinari.
“Io spero che il Ticino si allinei agli altri cantoni. Se davvero i
ritardi fossero imputabili alla
stampa dei blocchetti sarebbe un
motivo, come dire?, un po’ ridicolo. Sono passati sei mesi ormai”.
Che conseguenze potrebbero esserci?
“Beh, se un cittadino ricorresse contro la procedura ordinaria
che si applica perché è impossibile affibbiare le multe, secondo
avrebbe grandi possibilità di vincere”.
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
ROSA
&
CACTUS
OFFERTI DA
attualità
Piazza Muraccio, Locarno
Tel. 091 751 72 31
Fax 091 751 15 73
una rosa a...
un cactus a...
Michele Foletti
Giovanni Leonardi
In un momento politico in cui i
cambiamenti d’opinione e di idee
vanno parecchio di moda, la
coerenza con cui il deputato
luganese ha confermato le
proprie dimissioni da capogruppo
leghista va almeno sottolineata
Nessuno discute le eccelse
competenze tecniche del nuovo
presidente dell’Azienda elettrica
ticinese. Ma i conflitti d’interesse,
più che “gestiti”, andrebbero
piuttosto prevenuti quando si
occupano poltrone di questo tipo!
7
Il business asilanti
nelle conversazioni
di Bignasca e Girardi
I PROTAGONISTI
Luigi Girardi;
a sinistra,
il coordinatore
della Lega
Attilio Bignasca
Ecco le registrazioni sul Lumino’s
I fatti
1
GLI INCONTRI AL BAR
2
NELL’UFFICIO
3
L’INCHIESTA
Nel luglio del 2013 il ministro
Michele Barra incontra in un
bar di Bellinzona il direttore
del Lumino’s. Protestava per
la chiusura del suo locale.
Due conversazioni che Luigi
Girardi registra col telefonino
Il 5 agosto 2013, Luigi Girardi
è nell’ufficio del ministro Barra
a Bellinzona. Gli fa vedere un
video in cui un alto funzionario
del Territorio è nel locale
a luci rosse in compagnia
di una prostituta
Il 18 settembre, il consigliere
di Stato Michele Barra viene
convocato in Procura sulla
base delle registrazioni fatte
illegalmente da Girardi,
nel corso degli incontri
che c’erano stati
4
L’ARRESTO
5
LA RICHIESTA
L’8 ottobre Luigi Girardi viene
arrestato. Tra le accuse anche
quella di aver tentato di
ricattare il ministro del
Territorio facendogli vedere il
video col funzionario presente
al Lumino’s
Girardi ha chiesto un’inchiesta
parlamentare sulla sua
vicenda giudiziaria per fare
luce su alcuni fatti e sul ruolo
avuto da personaggi
istituzionali nello scandalo
del Lumino’s
Precisazione
Il costo delle “vacanze”
Una preparazione Pre Master all’estero, il corso più caro di Education First
di Lugano è di 20mila franchi e non
27mila, come pubblicato dal Caffè. Lo
precisa Ef. Anche se, aggiunge, i costi
possono salire “con alloggi e opzioni”.
LIBERO D’AGOSTINO
V
entiquattro maggio,
2013. Luigi Girardi,
direttore del Lumino’s, parla con Attilio
Bignsca, deputato e
coordinatore della Lega, nel suo
ufficio in via Monte Boglia, a Lugano.
Girardi: “Per me gli asilanti al
Lumino’s vanno bene”.
Bignasca: “Mi pare che diano
60 franchi al giorno a mezza pensione o qualcosa del genere”.
Girardi: “Facciamo, facciamo,
decidiamo quanto e io una parte la
dò al giornale, al Mattino”.
Bignasca: “No...”
Girardi: “Come no, perchè
no?”.
Bignasca: “ Sì, sì, ok”.
Sono alcuni stralci della registrazione della conversazione tra
Attilio Bignasca e il direttore del
postribolo di Lumino, in carcere
accusato, tra gli altri reati, anche di
tentata coazione ai danni dell’ex
ministro del Territorio Michele
Barra, scomparso nell’ottobre
scorso. I due parlano della possibilità di riconvertire il locale a luci
rosse per ospitare i richiedenti
d’asilo. Bignasca nel corso della
conversazione assicura Girardi
che avrebbe parlato di questa possibilità con Gobbi, il ministro delle
Istituzioni.
Per il Lumino’s quelli sono
mesi roventi. Nel gennaio 2013 il
governo aveva stabilito che il postribolo non era in regola con le
norme edilizie; a febbraio il procuratore generale John Noseda scrive al municipio di Lumino per sollecitare il rispetto delle norme; a
inizio marzo il municipio intima al
Lumino’s di sospendere l’attività a
luci rosse; pochi giorni dopo Girardi denuncia il procuratore Noseda, ritenendo che ha fatto pressioni sul municipio per far chiudere il
Lumino’s; il 22 aprile vengono opposti i sigilli della polizia negli spazi riservati al sex club del locale. Il
contenzioso tra il direttore del postribolo e le autorità, cantone, municipio e Ministero pubblico, si
inasprisce. Girardi, in seguito, denuncerà anche la polizia e ricuserà
Gobbi. Nel frattempo il 25 aprile
alcune prostitute del Lumino’s, assieme al direttore, manifestano in
piazza del Governo a Bellinzona
contro la chiusura del postribolo.
È questo il clima nelle settimane in
cui Girardi incontra Attilio Bignasca per parlare del Lumino’s. La
conversazione tra i due prosegue,
ecco altri stralci:
Girardi: “Io voglio fare le cose
nella legalità. È possible che si faccia una donazione al partito? Al
giornale?”.
Bignasca: “Sì”.
Girardi: “Bisogna stare nella
legalità. Se io voglio donare 20
franchi al giornale che mi sta a
La richiesta
Il direttore del locale a luci rosse
vuole incontrare il console italiano
I
l prossimo 8 maggio Luigi Girardi incontrerà in
carcere un funzionario del Consolato italiano a
cui vuole spiegare il suo caso e la vicenda giudiziaria che lo vede imputato di gravi accuse per le
quali sarà processato il 27 e 28 maggio. Tra reati
principali e collaterali, nell’ordine: tentata coazione, sfruttamento di atti sessuali, promovimento
della prostituzione, ripetuta violazione della sfera
segreta o privata mediante apparecchi di presa
d’immagine, ripetuta registrazione clandestina di
conversazioni, tentata truffa, falsità in documenti,
correità in frode fiscale, impedimento di atti dell’autorità. “Ho chiesto d’incontrare il console perché io sono un cittadino italiano e mi ritengo vittima di una grave ingiustizia. Mi sento come quegli
eretici che venivano mandati ingiustamente al rogo. Eretico perchè io ho dato fastidio a molti”, afferma dal carcere il direttore del Lumino’s.
Girardi ribadisce che non vuole essere il capro
espiatorio di questa storia. “Hanno messo da parte
il funzionario cantonale (il dirigente del Territorio
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cuore posso farlo o no?”.
Bignasca: “Sì, eh...”.
Girardi: “Scusa, in realtà è nella legalità?, lo so io che poi trovano
un cavillo per farti un procedimento penale”.
La discussione continua sugli
asilanti, su quando inoltrare la domanda di costruzione per la riconversione del locale per poter
ospitare i rifugiati. Bignasca rassicura Girardi: “Se il Norman (Gobbi, ndr,) mi dice di andare avanti ti
chiamo subito”. Girardi chiede di
essere appoggiato politicamente.
Bignasca: “Settanta asilanti
sono la metà dei problemi del cantone”.
Girardi: “Io però voglio l’appoggio politico, l’appoggio vostro... e ci mettiamo d’accordo come”.
Bignasca: “Ma sì.... Ma non
ripreso nel video a luci rosse, ndr) e io sono in carcere, così pensano di chiudere tutto. Ma non ci sto.
Tanti fatti e il ruolo di alcuni personaggi politici e
istituzionali sono rimasti in ombra. Ho chiesto
un’inchiesta parlamentare perchè ci sono molte
cose su cui far luce”. Zone d’ombra di cui oggi è
convinto anche il Plrt che sul suo settimanale Opinione liberale ha titolato: “C’è del marcio alle Orsoline”. E il Plrt, dopo le rivelazioni del Caffè, pare deciso ad intervenire in parlamento. Il direttore del
Lumino’s rilancia gli interrogativi su cui si aspetta
una risposta: “Perché il ministro Barra mi ha denunciato per coazione solo 45 giorni dopo che gli
ho fatto vedere il video col funzionario al Lumino’s? Perché con me non è stato incriminato anche
Silvano Bergonzoli che mi ha affiancato in questa
storia e con cui ho fatto vedere a Barra quel video,
che poi il ministro stesso mi chiese di distruggere?
Perché mi è stato negato il confronto con Bergonzoli e Cleto Ferrari, il collaboratore personale di
Barra?”.
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Fotogramma da un servizio della Rsi
Lo scandalo
hanno alternative...”.
Il progetto per ospitare i richiedenti d’asilo al Lumino’s non va,
però, in porto.
Qualche giorno prima, il 22
maggio, Girardi aveva pure incontrato Bignasca nel suo ufficio, tema
della discussione sempre i guai del
Lumino’s. Nella conversazione, registrata da Girardi, si parla del
“fuori zona”, ossia delle norme pianificatorie che avevano creato i
problemi del locale a luci rosse. Bignasca chiede a Girardi di “leggere
le carte”, il direttore del Lumino’s si
fa mandare al fax dell’ufficio di via
Monte Boglia un documento, è
l’opposizione alle richieste del postribolo firmata dell’Ufficio domande costruzioni del Cantone.
Bignasca gli domanda di chi è la
decisione del ricorso e Girardi gli
fa i nomi di due funzionari del Territorio, uno dei quali verrà in seguito “dismesso” dal suo incarico,
dopo che era stato ripreso con una
telecamera all’interno del Lumino’s in compagnia di una prostituta. Si parla dei due funzionari, si
discute di quanto siano “affidabili”.
Il deputato promette che avrebbe
parlato con un funzionario del servizio ricorsi del governo. Bignasca
aggiunge: “Domani sera (23 maggio, ndr) vedo Barra e dopo vediamo...”. Ma dopo, appena due mesi
dopo la storia prenderà tutt’altra
piega.
Grazie alla mediazione del deputato leghista Silvano Bergonzoli, tra giugno e luglio Girardi incontra un paio di volte Barra in un bar
di Bellinzona, per parlare del Lumino’s. Due conversazioni sono
registrate col telefonino dal direttore del Lumino’s. Ma il 25 luglio il
locale viene chiuso dalla polzia. Il
5 agosto Girardi, accompagnato
da Bergonzoli va a palazzo del governo, nell’ufficio di Barra mostra
al ministro e al suo collaboratore
Cleto Ferrari, il video col funzionario del Territorio con una prostituta.
ldagostino@caffe.ch
Q@LiberoDagostino
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
8
attualità
La
storia
Dal ’74 al ’79 è stata ripetutamente
violentata. Con i genitori e i suoi
cinque fratelli si trovava in
un avamposto dell’organizzazione
non governativa “Libera Chiesa
Missionaria Wycliffe” in Bolivia.
Si chiama Christina Krüsi.
È svizzera. E qui ora vive. Il suo
dramma l’ha raccontato in un libro
Rdb
“Violentata per anni
quel paradiso...
era il mio inferno”
C
La “liberazione” insieme
al marito e ai due figli
Christina Krüsi è riuscita a
rifarsi una vita. Sopra è
ritratta sorridente con il
marito e i due figli Roland
Raffaello e Timon. “Loro mi
hanno accompagnato in
questo percorso per liberarmi
dal dolore”, ha raccontato la
donna alla presentazione del
suo libro-confessione
FRANCO ZANTONELLI
i vorrebbero le note della colonna sonora di “The Mission”,
il film di Roland Joffé, con Robert de Niro e Jeremy Irons, a
far da sfondo all’incubo vissuto da una bambina svizzera in
Bolivia durante un’infanzia
rubata nel modo più orribile.
È la storia di Christina Krüsi,
che oggi ha 46 anni, e che dal
1974 al 1979 è stata ripetutamente violentata, mentre con i
genitori ed i suoi cinque fratelli si trovava in un avamposto dell’organizzazione non
governativa
“Libera Chiesa Missionaria Wycliffe”,
che si prefigge il compito
di diffondere
e tradurre la
bibbia, in tutto il mondo.
Nel caso della
Bolivia si trattava di una
tribù di indios, i Chiquitanos. Le buone intenzioni della
Ong, tuttavia,
almeno per
Rdb
Christina
Krüsi nascondevano un pozzo
dell’orrore. “Sono cresciuta
nella foresta vergine boliviana, in Amazzonia, come figlia
di missionari, dove insieme ad
altri bambini abbiamo subito
cose inenarrabili”, racconta ad
anni di distanza in un’autobiografia di 284 pagine, dal titolo più che esplicito: “Il paradiso era il mio inferno”. In
aprile il libro è stato tra l’altro,
CHRISTINA KRÜSI
Oggi 46 enne, dal ’74 al ’79
è stata ripetutamente violentata
mentre si trovava in Bolivia
contenente del sangue, che fu
costretta a bere. “Ora appartieni agli eletti”, le sarebbe staIn Bolivia
Il villaggio
Il segreto
Le nozze
La svolta
to detto dopo essersi sottopoIL TRASFERIMENTO GLI ABUSI
IL DOLORE
I FANTASMI
LA CONFESSIONE
sta a quel macabro rito.
Christina Krüsi ha
Durante una festa
La bambina che
Christina a 19 anni
Anni dopo la donna
Un episodio del quale sasei anni quando nel di Halloween
è in Bolivia dove
si sposa con un
racconta gli abusi
1974 con i genitori
Christina insieme
i genitori lavorano
adepto del gruppo
a un’amica.
rebbero stati testimoni altri
e i cinque fratelli
ad altri 16 bambini
per “Libera chiesa
Wycliffe, e hanno
Parte un’inchiesta.
quattro bambini ma che i dirisi trasferisce in
viene violentata
missionaria
due figli. Le nozze
Esce il libro. Christina genti di Wycliffe faticano ad
Amazzonia, dove
da un gruppo
Wycliffe” sotto
finiscono sotto il
studia e oggi
accettare. “Se davvero c’è stato
rimane sino al 1979. di americani.
minaccia non parla. peso dei fantasmi.
si occupa di arte.
un omicidio - ha replicato, alla
sua denuncia, un dirigente
della Ong - si tratta di un problema della giustizia boliviail soggetto di un documenta- fili che, per lungo tempo, han- donna. “Non c’era la possibili- na”.
rio trasmesso dalla tv Sf, oltre no abusato di Christina e delle tà di sfuggire”, aggiunge. AnTornando a Christina Krüa trovare ampio spazio sui altre bambine in quel villaggio che perché quei pedofili inti- si ci ha messo un bel po’ prima
quotidiani Blick e Tages An- amazzonico. A quanto pare midivano le loro vittime, mi- di trovare la forza di tirar fuori
zeiger.
erano degli americani, riusciti nacciandole di ritorsioni, nel tutto il male che le era stato
Aveva sei anni Christina, a sfuggire alle maglie della caso in cui confidassero, a fatto. A 19 anni si sposa, con
quando inizia il suo inferno. giustizia per il semplice moti- qualcuno, i tormenti che in- un altro adepto di Wycliffe,
Tutto è cominciato durante vo che, avendo commesso i fliggevano loro. “Se non tieni hanno due figli ma, a un certo
una festa di Halloween, quan- crimini di cui sono accusati in la bocca chiusa- le dicevano - punto, lei crolla sotto il peso
do lei e altre bambine sono Bolivia, spetta alle autorità di tu, la tua famiglia e gli indiani dei fantasmi del passato. Fistate afferrate da un gruppo di quel Paese perseguirli.
di questo villaggio finirete tut- nalmente riesce a parlarne
uomini che le hanno violentaConsiderato, però, che la ti all’inferno”. con qualcuno, un’amica, che
te. “In quel momento ho senti- vicenda è esplosa come una
Ecco perché Christina Krü- l’aiuta a liberarsi di quel macito un dolore terribile. Erava- bomba sarà assai improbabile si si è tenuta tutto per sé, senza gno. Purtroppo il suo matrimo in 16 e da lì iniziava il no- che rimettano piede da quelle confidare nulla ai suoi genito- monio non sopravvive, però
parti. Il che significa che la loChristina riesce a rifarsi una
vita frequentando l’università
ro impunità è assicurata. “Pur- Si è rifatta una vita,
“Ho sentito un dolore
troppo- ha detto il direttore di
di Zurigo e dedicandosi alla
terribile e in quel
Wycliffe svizzera, Wiessmann frequentando
pittura e alla scultura.
momento da lì
- quando siamo venuti a cono- l’università di Zurigo
Inutile dire che nelle sue
opere qualche traccia della
scenza dei fatti quelle persone e dedicandosi alla
iniziava il nostro
non facevano più parte della pittura e alla scultura
sua infanzia rubata non mancalvario di schiave”
nostra organizzazione. Ci
ca. E, forse, anche nella sua
professione di esperta nella
hanno anche accusati di aver
stro calvario di schiave ses- fatto finta di nulla. Ma non è ri, fintanto che la famiglia è ri- gestione di conflitti nelle
suali”. Un calvario di cui i ver- vero”.
masta in Bolivia. Non rivelò scuole e nelle aziende, l’essere
tici della Ong Wycliffe sono
Eppure, sempre stando al- neanche un episodio agghiac- riuscita a rimettersi in piedi,
venuti a conoscenza molti an- la testimonianza di Christina ciante di cui fu testimone, una nonostante esperienze tanto
ni dopo, nel 2007. “Abbiamo Krüsi, sembrerebbe poco ve- notte, al cimitero della missio- traumatiche, può esserle stato
approfondito quella vicenda rosimile che quegli abusi ne. Qualcosa che evoca, addi- d’aiuto.
Nonostante tutto non ha
sentendo 200 testimoni e im- commessi su più bambine per rittura, i sacrifici umani. Chripiegandoci ben due anni”, ha almeno cinque anni, siano po- stina, ormai in balia dei suoi perso la fede: “Non la fede che
dichiarato, affranto, Hannes tuti passare inosservati. “Suc- aguzzini, venne trascinata in mi è stata insegnata da bambiWiessmann,
responsabile cedeva durante le lezioni di uno spiazzo dove giaceva il na, ma la fede nella speranza e
dell’organizzazione per la piano come, pure, nella scuola corpo di un bambino morto. nell’amore”.
Svizzera. Ma chi erano i pedo- della missione”, denuncia la Le venne passata una ciotola,
fzantonelli@caffe.ch
La vita
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attualità
Il turismo
Aspettative,
previsioni
e critiche.
La parola
agli albergatori
in un’inchiesta
del Caffè
L’albergo
Le previsioni
Il giudizio sulla promozione turistica
HOTEL
BELVEDERE
Locarno
HHHH+
Molto buone, soprattutto con le famiglie. In linea con l’anno scorso.
La meteo resta un’incognita per maggio. Concerti un po’ meno
attrattivi quest’anno.
Da valutare gli effetti della nuova legge, grandi speranze, molte
incognite. I mercati sono da individuare bene, un lavoro difficile
per Ticino Turismo.
HHH
Difficile fare previsioni perché si prenota sempre più tardi. Le cifre
per la primavera-estate però sembrano stabili.
Internet è un canale ormai fondamentale e permette di completare
la promozione. Ma anche i “vecchi” tour operator hanno ancora un
ruolo importante.
HHH
Scetticismo a medio termine, la meteo è decisiva. Il fattore euro
indica ancora l’Italia come meta. Molte incognite pesano
sull’economia della Germania.
La pubblicità tradizionale non ha più molto senso. Ci si informa sui
portali per le prenotazioni. Urge ripensare alcune strategie.
I GRAPPOLI
Sessa
HHH
Maggio promette bene, ma è un turismo anche dettato da seminari,
convegni o gruppi. Bene l’Ascensione e Pentecoste che sono tardi,
quindi positivi.
Bisogna capire in che direzione andare, anche su internet bisogna
individuare i canali giusti. Per tornare a quota 4 milioni di
pernottamenti la strada può essere quella del turismo in bicicletta.
HOTEL
DE LA PAIX
Lugano
HHHH
In linea con lo scorso anno, quindi relativamente positive.
La nuova legge mette un po’ d’ordine con i marchi, dando nuove
risorse alle regioni per promuoversi in modo più puntuale.
CASTELLO SEESCHLOSS
ROMANTIK
Ascona
HHHH
Seconda metà di aprile e maggio in linea con gli anni scorsi, ma non
in calo. Si delinea un’estate migliore rispetto al 2013.
Ormai la stragrande maggioranza delle prenotazioni avviene via
internet e questo è il canale da tenere in considerazione per primo.
HOTEL
UNIONE
Bellinzona
HHH
Già da metà aprile si vede una ripresa, poi maggio si presenta per
ora sotto buone prospettive.
Più che le politiche turistiche serve migliorare la rete stradale.
In primo luogo con il raddoppio del Gottardo.
HOTEL
CORONADO
Mendrisio
HHHH
Tendenza buona per l’occupazione delle camere dal lunedì al
venerdì, visto che puntiamo sulla clientela business. In estate
qualche gruppo anche per i fine settimana.
Promozione individuale attraverso internet, soprattutto su siti tipo
“booking” e singolarmente con un nuovo sito per l’albergo.
ROSA
SEEGARTEN
Muralto
HHH
Siamo su buone percentuali per maggio. Dobbiamo però aspettare,
molti prenotano all’ultimo momento.
Ci promuoviamo tramite internet, in maniera autonoma.
Le prenotazioni arrivano da lì.
HHH
La tendenza è positiva e l’albergo è già piuttosto avanti con le
prenotazioni. Soprattutto di gruppi e famiglie. Singoli e coppie,
invece, tendono più al “last minute”.
La nuova legge non è ancora in vigore, ma ci saranno più possibilità
per le località. Locarno e Lugano avranno di certo più mezzi,
ma quelle più piccole dovranno per forza cercare collaborazioni.
HOTEL
COLORADO
Lugano
HHH
La tendenza è alla prenotazione last minute, a parte i periodi in cui
ci sono date “bloccate” da eventi o manifestazioni.
Le strutture relativamente piccole come la nostra non hanno
la possibilità di promuoversi attraverso le fiere, quindi i motori
di ricerca specifici sono il miglior modo per farsi conoscere.
INTERNATIONAL
AU LAC
Lugano
HHH+
Tendenza ottima per il mese di maggio, in vista anche dei congressi
a Lugano.
Ci muoviamo molto su internet con il sito, ma arrivano anche tramite
Lugano Turismo che ci devia i suoi ospiti ai congressi.
RAMADA
LA PALMA
Muralto
HHHH
Tendenza buona fino a metà maggio, calcolando che arriva gente
all’ultimo momento a seconda delle condizioni climatiche.
Internet come mezzo e promuoviamo pacchetti su tre notti
a prezzo ridotto ad esempio.
ALBERGO
MILANO
Mendrisio
HHH
Tendenza abbastanza ottimistica, fino a fine maggio quando
terminerà il semestre all’Accademia (ospitiamo diversi professori).
Lavoriamo molto grazie alla presenza dell’Accademia, abbiamo una
clientela affezionata. Promozione tramite siti internet, certo,
ma siamo soddisfatti del nostro Ente del turismo.
HOTEL
LA PERLA
Sant’Antonino
HHH
Prospettive buone, i ponti non aiutano perché i cantieri di Alptransit
chiudono, ma siamo contenti.
Clientela che arriva soprattutto per eventi, non facciamo pubblicità
ma sponsorizzazioni a manifestazioni.
NOVOTEL
Lugano
HHHH
Prospettive buone, tendenza in linea con gli anni passati.
La promozione è fatta su internet, anche grazie al fatto che siamo
una catena.
Prospettive ottime, prevediamo una buonissima stagione.
Facciamo parte di un gruppo di hotel che cura la promozione
soprattutto al nord delle Alpi con canali diversi. Internet e anche
tradizionali.
HOTEL & SPA
INTERNAZIONALE
Bellinzona
SEEHOTEL
RIVIERA
Melide
HOTEL
FEDERALE
Lugano
HOTEL
CARCANI
Ascona
HHH
HOTEL
DANTE
Lugano
HHHH
Prospettive così così, non ci si attende un grande afflusso nelle
settimane prossime.
Promozione soprattutto via internet. Con l’Ente buon lavoro e buona
collaborazione.
MILLENIUM
GARNI
Locarno
HHH
Si può guardare alle prossime settimane con ottimismo.
L’occupazione sarà buona.
Prenotazioni tramite siti internet, la promozione non è così
importante per un albergo piccolo come il nostro.
HOLIDAY
INN
Lugano
HHHH
Prospettive buone.
Ci appoggiamo alla rete della catena, che fa un buon lavoro, alla
pari dell’Ente, che fa una buona promozione regionale.
RAMADA
ARCADIA
Locarno
HHHH
Per il prossimo mese ottime indicazioni. Se il tempo è bello
sarà una buona stagione.
Le prenotazioni arrivano via internet .
HHH
Le prospettive sono in linea con l’anno scorso quando cui fu un
4,5% in più. Decisive saranno le prenotazioni dell’ultimo minuto.
La riorganizzazione degli Enti è positiva, ogni zona potrà
pubblicizzarsi al meglio. L’expo 2015 sarà una grande possibilità
per tutti.
HHHH
Prospettive ottime. Bisognerà però a lungo termine trovare una
soluzione per il Gottardo. Come albergo per famiglie siamo
svantaggiati, le famiglie non vengono in treno di sicuro.
La riorganizzazione è sopravvalutata, gli Enti rimangono comunque
degli apparati molto lenti a muoversi. Gran parte del lavoro lo fanno
gli albergatori.
BEST WESTERN
BELLEVUE AU LAC
Lugano
HHHH
Prospettive per la stagione migliori, prenotazioni in aumento.
L’Expo 2015 è una possibilità che va sfruttata sia dagli Enti che
dagli albergatori. Ci stiamo lavorando.
HOTEL
IBIS
Lugano
HH+
Nelle prossime settimane ci attendono ulteriori soddisfazioni.
Stiamo già organizzandoci per l’Expo 2015 in collaborazione con gli
altri attori del turismo.
HOTEL
ELVETICO
Locarno
HHH
Albergo che lavora molto con società sportive. Molte prenotazioni
per maggio.
Non cambierà granché con la riduzione a 4 degli Enti turistici.
Più importante è il raddoppio del Gottardo.
HOTEL
ATLANTICO
Lugano
HH
Non si riesce ancora ad intravedere un trend. Si lavora molto
con le esposizioni e i congressi del Padiglione Conza.
Stiamo iniziando a sondare il terreno per l’Expo 2015,
in attesa di mosse concrete da parte degli enti turistici.
HOTEL
IBIS
Locarno
HHH
Prospettive molto buone.
Expo 2015 è ancora lontana, ma di certo faremo qualcosa per farci
conoscere in vista di questo appuntamento.
HOTEL
VILLA CARONA
Carona
HHH
Ottime prospettive, che saranno rafforzate se la meteo concederà
una bella stagione.
Ci si muove per l’Expo 2015, gli Enti turistici si stanno dando da
fare, vedremo.
HHHH
Maggio è un mese ponte, dipende dal tempo. Con i ponti principali
molto tardi, l’alta stagione parte dopo.
La promozione che facciamo noi è indipendente dal lavoro
seppur buono degli Enti. La nuova legge non dovrebbe cambiare
nulla per noi.
WALTER AU LAC
GARNI
Lugano
ALBERGO
LOSONE
Losone
PARK HOTEL
DELTA
Ascona
OMAR RAVANI
MASSIMO SCHIRA
U
na Pasqua tutto sommato
positiva nonostante la meteo capricciosa, previsioni
a medio termine piuttosto
ottimistiche e crescente
tendenza all’utilizzo di internet per le
prenotazioni – sempre più spesso “last
minute” – e per l’auto promozione. È
questo il bilancio degli albergatori ticinesi alla luce del primo, importante,
“test” stagionale, dopo un 2013 che ha
registrato una crescita importante a
tutti i livelli. Dall’ inchiesta del Caffè tra
30 strutture, a 3 e 4 stelle nelle varie zone del cantone, emergono però alcune
differenze regionali. Che si traducono
in valutazioni più o meno ottimistiche
per la stagione in corso, ma anche per il
ruolo di Ticino Turismo e della nuova
legge per il settore.
Partendo dal periodo pasquale, l’intensa tre giorni festiva ha registrato in
termini generali un’occupazione che
può essere valutata attorno al 70-80%.
Cifre quindi buone, che hanno anche
visto alcune strutture dichiarare il “tutto esaurito”, mentre in altri pochi casi i
clienti sono stati scoraggiati dalla pioggia, che ha portato all’annullamento
delle prenotazioni. E c’è chi punta il dito anche sull’eccessivo traffico, insi-
Le speranze degli hotel
si scaldano con l’estate
stendo sulla necessità di raddoppiare
al più presto il tunnel autostradale del
Gottardo.
Tornando al periodo pasquale e alle previsioni per i mesi a venire, negli
alberghi le presenze hanno comunque
soddisfatto gran parte degli intervista-
Le prospettive a medio
termine indicano una
stagione di buona crescita
ti. “Per la domenica di Pasqua ho accettato la ‘scommessa’ di accogliere un
numeroso gruppo di cinesi, che ha
completato l’occupazione dell’albergo
– spiega Juri Clericetti, direttore de I
Grappoli di Sessa -. In generale, però,
l’occupazione è stata buona, sia per i
bungalow che per le camere. Maggio
Ti-Press
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
A CACCIA DI TURISTI
Sono diverse le sfide che caratterizzano il futuro prossimo
del turismo ticinese, soprattutto puntare a qualità e unicità
9
L’intervista
Il direttore di Ticino Turismo
“La qualità
e l’unicità
ecco le sfide”
“I
primi dati a nostra disposizione e i risultati dell’indagine dell’Osservatorio del turismo indicano una
tendenza in leggera crescita per
l’occupazione degli alberghi a
Pasqua - spiega il direttore di Ticino Turismo, Elia Frapolli, al
Caffè -. L’avvio del 2014 può insomma essere considerato soddisfacente e la tendenza a medio
termine è pure positiva”.
Gli operatori sottolineano
come le prenotazioni sono
poco prevedibili e “last minute”. Come si muove Ticino Turismo?
“È una tendenza che si accentua sempre più, soprattutto a
causa dei cambiamenti tecnologici. Le prenotazioni di anno in
anno sono ormai un lontanissimo ricordo e quindi bisogna essere pronti a raccogliere la sfida.
Con piattaforme e sistemi di prenotazione interna come ‘Swizerland
Travel
Center’
ELIA
FRAPOLLI
Direttore
di Ticino
Turismo
(www.stc.ch), promosso proprio
da Svizzera Turismo, Hotellerie
Suisse e Ferrovie Federali”.
Con quali particolarità?
“I canali tradizionali più conosciuti, i cosiddetti tour operator online, sono efficaci, ma hanno anche commissioni piuttosto
elevate. In questo senso Stc è più
economico per i nostri alberghi,
la commissione è del 10%. Poi
essenziale è l’immediatezza, la
velocità della prenotazione. Non
si possono far aspettare 2 o 3
giorni i clienti prima di ricevere
una conferma via e-mail. Ormai
il Ticino è in concorrenza più o
meno con mezzo mondo”.
Quali sono le principali sfide nel futuro per il turismo
ticinese sotto il profilo
dell’accoglienza alberghiera?
“Bisogna puntare sull’unicità e sulla qualità. Con strutture
ben profilate, siano esse alberghi
a 5 stelle o Bed and Breakfast di
paese. Anche a prezzo svizzero.
Poco importa. Sono le statistiche
a confermarci che è questa la
strada giusta. Insomma, non si
possono più offrire strutture vecchie di dieci anni”.
m.s.
promette bene, grazie a seminari e
convegni, e il fatto che Ascensione e
Pentecoste siano a giugno è senz’altro
positivo”. Un’osservazione che trova
conferma in parecchie altre strutture
alberghiere sparse per il cantone.
Per la promozione praticamente la
totalità degli alberghi interpellati dal
Caffè ha evidenziato il ruolo preponderante di internet, dei siti specializzati in
prenotazioni e delle applicazioni per
smartphone. Sia per la promozione individuale, sia per le prenotazioni che
ormai si fanno in tempo reale. E non
sono mancate alcune frecciatine agli
Enti turistici cantonali. “La riorganizzazione in atto è sopravvalutata – osserva Diego Glaus, direttore e proprietario dell’Albergo Losone – e gli Enti rimangono comunque apparati molto
lenti a muoversi. Gran parte del lavoro
lo fanno gli stessi albergatori e uno dei
problemi principali è legato alle case
secondarie, che non portano che indotti marginali. Il numero dei turisti
non è diminuito, a cambiare è semmai
la loro distribuzione”.
oravani@caffe.ch
Q@OmarRavani
mschira@caffe.ch
Q@MassimoSchira
Lorenzo
Quadri
10
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
Consigliere nazionale,
municipale di Lugano,
direttore del Mattino della
domenica, 39 anni,
laureato in diritto a Berna
Il confronto
politica
IL
PUNTO
CATHERINE
BELLINI
I medici
sull’orlo
di una crisi
di nervi
Michela
DelcòPetralli
Avvocato e notaio, 57 anni,
dal 2007 è nei Verdi del Ticino,
eletta in Gran Consiglio nel
2011
Alleanze improbabili, anzi possibili
Analisi e obiettivi, ecco quel che divide e unisce Verdi e Lega
CLEMENTE MAZZETTA
Corrono assieme per raggiunge uniti lo
stesso obiettivo, o per superarsi a vicenda?
Le convergenze fra Verdi e Lega su temi non
ambientalisti, ma propri della destra sociale, come la tutela dei lavoratori residenti,
hanno aperto alcuni interrogativi. Il primo
se ciò preluda a qualcosa d’altro, a qualche
ulteriore “intesa” in vista delle prossime elezioni. O anche ad un cambiamento di pelle,
dei Verdi soggiogati dalle sirene populiste. A
sentire le risposte di Lorenzo Quadri, municipale e consigliere nazionale leghista e di
Michela Delcò Petralli, deputata dei Verdi,
non si andrebbe lontano da convergenze
specifiche, alleanze su temi particolari.
Nulla più. Di verde, dice Quadri, noi abbia-
1
Delcò
Bisogna investire
nella scuola,
nella formazione,
che è fondamentale
per il nostro cantone.
Questo settore è
indispensabile per
qualificare al meglio
le giovani generazioni
Michela Delcò Petralli “Noi leghisti?, che domanda
noiosa. Noi non siamo diventati leghisti. Né abbiamo fatto nostri i temi della destra sociale, di quella destra che
propone solo di chiudere le frontiere, che non vuole regolamentare e difendere il mercato del lavoro, che non
vuole introdurre salari minimi. I Verdi lavorano e discutono sui temi e su questioni precise possono trovare accordi con tutti. Non si tratta di tattica politica, ma di modalità operativa. È vero però che sull’immigrazione abbiamo avuto una posizione simile, ma la Lega è contraria
al salario minimo di 4mila franchi. Noi invece lo sosteniamo, come ovviamente continuiamo a sostenere la nostra iniziativa per salari minimi modulati per settore economico, tutt’ora all’esame della commissione parlamentare. La votazione del 9 febbraio ha rivelato la forte preoccupazione dei ticinesi per il lavoro e l’occupazione. Ma
il nostro non è protezionismo a tutti i costi. Noi non vogliamo chiudere, alzare barriere, ma evidenziare gli
aspetti negativi della libera circolazione che ha ampliato
la forbice della diseguaglianza fra i lavoratori. Fra chi
guadagna tanto e chi guadagna poco”.
2
“Quest’immagine di Verdi “Savoia-dipendenti”, dei
Verdi come partito di Savoia, l’avete data voi giornali. È
vero che Savoia parla bene e comunica meglio e per questo è invitato a molti incontri. Ma attorno a lui ci sono
tante persone che discutono e lavorano, cosa che dobbiamo far emergere per valorizzare il lavoro di tutti. Ribadisco: i Verdi non sono il partito di Savoia. Fra di noi si
Le domande
1
L’affinità su temi
come immigrazione
o Expo, è perché i
Verdi son diventati
leghisti, o perché
certi i temi della
destra sociale sono
comuni?
2
Due partiti cresciuti
attorno ai leader: la
difficoltà nella Lega
e le contestazioni di
Savoia non
dimostrano i limiti di
quel che si definisce
un “partito
personale”?
mo solo il colore della testata giornalistica.
Delle destra sociale che sa solo chiudere le
frontiere noi non sappiamo che farcene, ribatte Delcò Petralli. Però i due movimenti si
annusano, sono vicini, respirano la stessa
aria. Rivoltando una risposta di Quadri
qualcosa in più “è poco probabile”... ma poscmazzetta@caffe.ch
sibile.
Q@clem_mazzetta
1 Lorenzo Quadri “Non farei della dietrologia a buon
mercato su noi e i Verdi. Il problema è più semplice: su
una serie di questioni non strettamente legati all’ambientalismo - dall’Expo, all’immigrazione - ci si può
esprimere in modo autonomo. Per questo possono esistere delle convergenze. Di sicuro la Lega non ha cambiato posizione. Noi di verde abbiamo i colori del Mattino da circa vent’anni, ma siamo sempre rimasti leghisti,
fedeli a noi stessi, soprattutto su questi temi. Sono piuttosto loro che si rendono conto che questi problemi
coinvolgono anche gli elettori ambientalisti, che pure
l’immigrazione, come abbiamo sempre detto, ha dei risvolti ambientali”.
2 “Il fatto di essere un partito “personale”, guidato da
una sola persona può essere un limite, ma anche una forza. Il fatto che la Lega abbia avuto nella figura di Giuliano
Bignasca presidente a vita, il leader riconosciuto e indiscusso, ha agevolato il processo decisionale e ha rappresentato un vantaggio competitivo sugli altri partiti. È evidente che quando c’è uno solo che decide si è tempestivi
e snelli. Questa caratteristica permette ai movimenti di
orientarsi in tempi adeguati ad una realtà che è mutevole e rappresenta anche un vantaggio comunicativo oltre
che politico. In una società che vive molto sulla comunicazione, se devo consultare 50 comitati prima di prendere una decisione, non solo rischio di perdermi in mille
discussioni, ma di trovarmi a rimorchio o fuori tempo
massimo. È chiaro che se questa persona, riconosciuta a
3
Ti-Press
discute molto, ci si confronta. Quanto detto anche all’Assemblea dei Verdi, che ci saremmo spostati su temi estranei all’ambientalismo, è del tutto privo di fondamento,
perché continuiamo a proporre iniziative, referendum
su problemi ambientali, dalla questione del semisvincolo di Bellinzona, all’iniziativa sul carbone. Chiaro che
non possiamo limitarci a questo: essendo in parlamento
dobbiamo affrontare tutti i problemi a 360 gradi”.
3 “Per il futuro la priorità è di
Quadri
Occorre indirizzare
i sostegni pubblici verso
quelle aziende, quelle
iniziative e quei progetti
che creano posti di lavoro
per i residenti
e non per i frontalieri
investire nella scuola,
nella formazione, che è fondamentale per il nostro cantone. Dobbiamo assolutamente puntare su questi settori per qualificare al meglio le giovani generazioni così da
essere competitivi rispetto alla manodopera straniera. Io
sono preoccupata nel vedere crescere la disuguaglianza,
perché crescendo le disuguaglianze aumentano le frizioni e si riduce la coesione sociale. È in quest’ambito
che possono crescere dei movimenti pericolosi. Per questo dobbiamo assolutamente proteggere il mercato del
lavoro e puntare sulla formazione. La seconda priorità
che abbiamo è quella ambientale, la necessità e il dovere
di tutelare il territorio. Purtroppo abbiamo dei piani regolatori sovrastimati che con la scusa di densificare tolgono ogni spazio verde”.
4 “Di alleanze strategiche elettorali con la Lega non se
ne parla nemmeno. È un principio dei Verdi: noi camminiamo da soli. Se dovessimo parlare di alleanze, esse saranno possibili con forze a noi affini, con chi è vicino alle
nostre idee ambientali che restano comunque il perno
fondamentale del nostro agire politico”.
3
Su quali progetti il
Ticino dovrebbe
lavorare pensando
ai prossimi venti,
trent'anni?
4
Ci potrà mai essere
un'alleanza
strategico-elettorale
fra i due movimenti?
Ti-Press
decidere da sola, viene a mancare, occorre cercare di riorientarsi senza perdere le caratteristiche di elasticità e rapidità che hanno fin qui contraddistinto il movimento.
Occorre cioè trovare un’organizzazione che supplisca a
questa situazione, consapevoli che non ci sarà più una
persona con quelle qualità”.
3 “Il problema principale a cui dobbiamo pensare per
il futuro è di creare occupazione per i residenti. Ovvero
migliorare le condizioni quadro del Paese per questo
obiettivo, indirizzando, ad esempio, i sostegni pubblici
su quelle aziende e verso quelle iniziative, quei progetti
che creano posti di lavoro per i residenti. Il che vuol dire
non dare contributi ad aziende che arrivano dall’estero e
che assumono al 90% dei frontalieri. Noi siamo contrari
ai salari minimi di 4 mila franchi, ma non ad ogni forma
di regolamentazione del mercato del lavoro, all’introduzione cioè di salari minimi settoriali”.
4 “Il fatto che su temi importanti, come appunto quello
dell’immigrazione, ci sia stata una convergenza fra noi e
Verdi, potrebbe lasciar pensare alla possibilità di accordi
più ampi. Partendo dalle cose che ci uniscono rispetto a
quelle che ci dividono, si potrebbe cioè pensare ad altre
alleanze anche in futuro. Tutto dipende su dove vengono
fissate le priorità. Però mi pare di poter dire che sui temi
ambientali, ma anche su altre questioni, non c’è una
grande convergenza con i Verdi. Se alleanze fra noi e i
Verdi su temi specifici sono possibili, a livello generale
esistono divergenze che rendono quel qualcosa d’altro
poco probabile. Possibile, ma assai poco probabile”.
I medici svizzero tedeschi sono tutti nervosi. Perché? Sono forse troppo stressati? No, i medici
tedeschi stanno avendo una piccola crisi di gelosia a causa del fatto che i farmacisti potrebbero ottenere il diritto di vendere direttamente alcuni farmaci che necessitano di ricetta medica. Prodotti
ancora da definire, come il Ponstan o il vaccino contro l’influenza. E anche perché i medici potrebbero essere obbligati a redigere una ricetta per ciascun medicinale prescritto.
Questi due aspetti, con diversi
altri, saranno discussi il 7 maggio
dal Consiglio nazionale in occasione di una sessione straordinaria in cui il parlamento discuterà
sulla revisione della legge sui prodotti terapeutici. Quella che regola la messa in vendita, la sicurezza
e l’affidabilità dei medicinali, ma
anche di tutti i prodotti medici in
generale, dai cerotti ai “pace makers”.
Con l’obiettivo di esercitare la
massima pressione possibile sulle
decisioni, la Federazione dei medici svizzeri (Fmh) ha convocato
la stampa la scorsa settimana. Per
sentire Sven Bradke, direttore
dell’Associazione svizzera dei medici con farmacia privata (Apa),
criticare aspramente
il lavoro della Commissione della salute, che si sta occupando della revisione da un anno e mezzo. E
anche agitare la
minaccia del
referendum se
L’inchiesta
il Consiglio deSanità in ginocchio gli Stati, la seconda camera,
per la carenza
correggesdi camici bianchi non
se le summenALLE PAGINE 34 e 35
zionate eresie.
Oltre che innervosirsi ulteriormente: compilare una ricetta richiede dai 2 minuti ai 2 minuti e
mezzo! Scandaloso!
I latini, perplessi, faticavano a
credere alle proprie orecchie, visto che in Romandia e in Ticino i
medici non vendono farmaci, salvo casi eccezionali in regioni senza farmacia. E visto che da noi è
rispettato il principio del “chi prescrive non deve vendere”, per evitare la tentazione di arricchirsi
somministrando farmaci non necessari.
La Fmh afferma che il tempo
passato a compilare ricette obbigatorie costerebbe tra 100 e 150
milioni alle assicurazioni, ma dimentica di menzionare un altro
dato, spesso evocato dalle organizzazioni che difendono i pazienti: si stima in 500 milioni il valore dei medicinali sprecati, buttati o scaduti ogni anno.
Di fatto, i medici della Svizzera tedesca potrebbero ritenersi
soddisfatti: la vendita diretta dei
farmaci resterebbe autorizzata
pure in futuro nei cantoni che la
accettano. Anche se il Consiglio
federale e numerosi parlamentari
avrebbero preferito una proibizione generale. Ma il governo ha rinunciato all’idea. Perché sotto la
Cupola federale tutti lo sanno,
vincere un referendum contro i
medici è una missione impossibile. Questi ultimi ancora godono
infatti di un notevole capitale di
fiducia. Ma non rischiano, forse,
di perdere questo capitale, insistendo troppo sui loro monopoli?
Ad insistere troppo sul fatto di essere gli unici a rinunciare a qualsiasi calcolo economico, preoccupati solo della salute dei loro pazienti?
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
11
politica
La polemica
“Liberiamo i magistrati
dai lacci della politica”
Le proposte
1
Il voto popolare
L
’unico punto fermo è
che così non va bene.
Sono state le polemiche
sul caso di Valentina
Item - che ha visto sfumare la poltrona al Ministero
pubblico per l’impiego in nero di
una collaboratrice domestica- a
strappare il velo sui limiti attuali
della nomina dei procuratori
pubblici. Limiti, peraltro, di cui
tutti erano consapevoli. E allora,
che si fa? Le proposte si susseguono: concorso pubblico come in
Italia, scuola per magistrati (ci sono già Istituti a Losanna e Ginevra), un ritorno al passato con
l’elezione popolare o un potere
vincolante per la decisione della
Commissione di esperti, oggi relegata unicamente ad un parere
consultivo d’idoneità. I politici,
chi più, di meno, in questi giorni si
sono già pronunciati. Ma gli avvocati, che lavorano quotidianamente gomito a gomito con la
magistratura, che ne pensano?
“La votazione io la boccerei in
partenza”, afferma deciso il penalista Brenno Canevascini, per anni presidente dell’Ordine degli avvocati e oggi a capo della Commissione disciplina della categoria. “L’elezione popolare sarebbe
poco dignitosa per la carica e non
eliminerebbe il rischio di una eccessiva politicizzazione. E allora
molto meglio rafforzare i poteri
una eccessiva politicizzazione.
Meglio partire dalle scuole per la
magistratura? “Ma in questo caso
- nota Broggini - si avrebbero giudici e procuratori giovani, mentre
in certi ruoli delicati serve esperienza, visto che si prendono decisioni sulla libertà e la vita delle
persone”. E allora si torna al ruolo
della Commissione. “Che dovreb-
be avere la possibilità di valutare
davvero - aggiunge Canevascini di dare un giudizio di qualità e
vincolante”. Si sottrarrebbe, così,
la scelta al parlamento. Ma politi-
Ti-Press
Voto popolare no, più potere alla Commissione esperti
gli avvocati chiedono qualità e indipendenza nelle scelte
ca sarà mai d’accordo? “Ribadisco
- rilancia Broggini - la nomina dei
magistrati non è un problema di
colore politico ma di qualità e merito”.
m.sp.
2
Il concorso
Lo hanno suggerito in
una mozione quattro
deputati del Plrt. Esame
più graduatoria stilata da
esperti non ticinesi, in
modo da garantire la
massima indipendenza
3
La formazione
Per la formazione
specifica dei magistrati,
un apposito Istituto
specializzato in Ticino
oppure la frequenza
obbligatoria in quelli
di Ginevra e Losanna.
Canevascini: “Poco
dignitoso per la carica
il ricorso alle urne.
Selezioni e decida
un organo esterno”
della Commissione di esperti, trasformarla in organo indipendente
e realmente decisionale, capace
di valutare i curriculum e le qualità dei candidati e di stilare una
precisa graduatoria slegata dalle
scelte partitiche e di lottizzazione”. Al Gran Consiglio resterebbe
così il compito della ratifica formale.
È la strada giusta? Il presupposto attuale è quello che anche
nella magistratura, a tutti i livelli,
debbano essere rappresentate le
diverse sensibilità del Paese. Da
qui la scelta anche politica affidata in ultima istanza al Parlamento.
“Un magistrato non deve essere
nominato per la sua appartenenza ad un partito, ma per la sua capacità - sbotta l’avvocato Marco
Broggini -, dunque deve essere
sganciato dalla politica. Ma secondo me si sta sbagliando direzione. Nel senso che si sta affrontando male il problema: si parla
dello strumento da usare, voto
popolare piuttosto che concorso,
invece che delle persone. Il magistrato deve avere precise qualità:
lucidità ed equilibrio, attitudine a
questa delicata professione, prima ancora che capacità giuridica.
Serve dunque una selezione severa e sulle qualità. Se si è d’accordo
su questo, poi si può discutere di
tutto il resto”.
Che il sistema odierno sia alle
corde, ormai, lo dicono tutti. E che
la Commissione, limitata come è
attualmente, non vada bene trova
tutti concordi. Soprattutto dopo il
caso Item. L’elezione popolare,
come ha fatto notare in un dibattito televisivo l’avvocato Renzo Galfetti, costringerebbe i candidati ad
affrontare una campagna elettorale senza sottrarli al rischio di
Il vecchio sistema usato
in Ticino per parecchi
anni. I magistrati sono
eletti col voto popolare.
Piace a Verdi, Lega e
trasversalmente a
deputati di altri partiti
4
La commissione
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Decisione vincolante
della commissione di
esperti; oggi ha solo
potere consultivo.
Nomine slegate dalla
politica. Idea che piace
agli avvocati
5
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La nomina politica
La conferma dell’attuale
sistema. Che ha certo
mostrato limiti ma per
molti è quello più
affidabile perché lascia
la decisione ultima al
Parlamento cantonale
6
Il Consiglio
Un’altra proposta
emersa nel dibattito è
quella di affidare la
nomina dei futuri
magistrati al Consiglio
della magistratura che
però oggi ha altri ruoli
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
12
economia
1’658
Il fenomeno
Fotogramma
I FRANCHI RISPARMIATI DA ITEM
942
LA PROCEDURA SEMPLICE
Sono 942 le famiglie ticinesi
che hanno usufruito della
procedura di conteggio
semplificato per mettere in
regola le collaboratrici
domestiche a loro servizio
24
LE SEGNALAZIONI
Sono 24 le segnalazioni nel
2013 all’Ufficio di sorveglianza
del mercato del lavoro su
presunti casi di lavoro nero in
ambito domestico. Nel 2012
erano 29, 17 invece nel 2011
5.888
LAVORATRICI REGOLARI
Sono le famiglie che hanno
regolarizzato, con procedura
semplice o normale, i lavoratori
impiegati nelle economie
domestiche rispettando le
norme contrattuali
P
er un caso accertato,
come è successo con
la colf filippina della
famiglia Item, altre
migliaia restano nell’ombra. Se a Valentina Item la
domestica irregolare è costata la
nomina a procuratrice pubblica,
in Ticino le collaboratrici familiari restano una delle piaghe
più profonde del lavoro nero. E
neppure misure come la procedura di conteggio semplificata,
che originariamente dovevano
far emergere situazioni di illegalità, sono apparse efficaci. Anzi,
sono state un flop. O quasi.
Dal 2008, anno in cui è entrato in
vigore il provvedimento federale, sino al maggio scorso, soltanto 942 economie domestiche datrici di lavoro (circa il 16 per cento) hanno sfruttato questa possibilità, su un totale di 5.888 famiglie che hanno regolarizzato la
colloboratrice di casa. Secondo
il governo che mesi fa ha risposto a un’ interrogazione parlamentare il problema alla base
sarebbe “la difficoltà di adempiere alle richieste legali”. E su
questo aspetto è d’accordo Giovanni Scolari, sindacalista Ocst e
segretario della Commissione
Paritetica: “Tanti regolarizzare
le loro collaboratrici familiari,
notificarle, ma i problemi buro-
Quelle colf clandestine
“regine” del lavoro nero
Flop della notifica veloce, dilaga il sommerso
quello italiano. “Il nostro contratto prevede 40 ore settimanali
- spiegano allo sportello specializzato in questo settore del sindacato Cisl di Como - e se calcoliamo il lavoro e i contributi si arriva a 1.261 euro mensili, compresa la tredicesima, per il personale con esperienza; si scende a 1.035 per quello senza esperienza. Questo è il costo che deve pagare il datore di lavoro”.
In Italia un recente studio
della Bocconi ha calcolato un
milione di colf in nero. In Ticino
un calcolo simile pare impossibile. “La nostra percezione è
quella legata alle segnalazioni
che riceviamo - spiega Lorenza
Rossetti responsabile dell’Ufficio di sorveglianza del mercato
cratici spesso diventano una
barriera”. A livello nazionale e
cantonale esistono dei contratti
per i lavori in ambito familiare,
che prevedono circa tremila
franchi di salario minimo che
Nelle famiglie ticinesi
si registra un ampio
fenomeno d’impiego
irregolare di persone
per i servizi domestici
aumenta secondo la formazione
e l’esperienza. E che resta comunque appetibile per chi arriva dall’Italia, come nel caso della colf della famiglia Item pagata
però con un salario in linea con
del lavoro - ma i numeri, evidentemente, non rendono l’idea del
fenomeno. Quello che si può dire è che il problema è complessivamente aumentato. Alla fine
del 2013 i casi giunti al nostro uf-
Attorno ai 1’000 euro
la busta paga in Italia,
in Svizzera invece alle
collaboratrici spettano
circa 3’000 franchi
ficio erano circa 600. Questo per
tutti i settori. Per quanto riguarda specificamente le economie
domestiche le segnalazioni sono
state 29 nel 2012 e 24 nel 2013”.
Circa 200 all’anno sono invece i
L’avvocato Ettore Item
avrebbe pagato la colf
filippina 1’100 euro al
mese, cioè 1’342 franchi.
Poiché il salario minimo
di una colf in Ticino è di
circa 3’000 franchi, Item
ha “risparmiato” 1’658
franchi al mese
permessi per frontalieri legati al
lavoro nelle famiglie ticinesi. Ma
anche qui il dato dice poco. Perché le autorizzazioni valgono
cinque anni e molti invece vanno via prima senza segnalare alle autorità la partenza. “Il problema sta nei controlli - avverte
Scolari - che in questo ambito
sono difficili e dovrebbero naturalmente essere di più”.
Con la società che è cambiata, padri e madri che spesso lavorano, il ricorso alle collaboratrici è cresciuto enormemente.
Alimentando, oltre il sommerso,
un ginepraio di ruoli. Perché
spesso la baby sitter stira e fa il
bucato, la badante fa le pulizie
la colf accudisce i bambini e gli
anziani, accontendandosi di paghe piuttosto basse e rinunciando ai contributi.
“La realtà è mutata. Però nota Scolari - c’è da dire che ultimamente sono diverse le lavoratrici che vengono regolarizzate,
che si mettono in linea con l’Avs,
l’imposta alla fonte, l’assicurazione infortuni e malattia. Certo,
restano pur sempre una minima
parte di quelle realmente in attività. Un ostacolo che frena
l’emersione del lavoro nero se si
parla di frontalieri, è la paura di
non ottenere il permesso di lavoro”.
m.sp.
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IL CAFFÈ
4 maggio 2014
13
economia
Le buste paga
1
I
NUMERI
IL SALARIO MEDIANO
Il salario mediano nelle
aziende private a livello
nazionale (dato 2012) è
pari a 6’118 franchi lordi.
Negli ultimi dieci anni i
salari sono aumentati in
termini nominali del 13,4%
2
LE FORTI DIFFERENZE
Resta forte la differenza
salariale. Il 10% dei
lavoratori svizzeri
guadagna 3’886 franchi,
mentre il 10% più
pagato riceve oltre
11'512 franchi al mese
3
LE PAGHE SETTORIALI
Nella linea mediana,
secondo l’Ufficio di
statstica, si situano i
salari nei settori della
metallurgia con 5'766
franchi e nell'edilizia con
6'024 franchi
LORETTA
NAPOLEONI
Un nero
guadagna
sei volte meno
di un bianco
Se 4’000 son troppi...
i lavoratori frontalieri
sono indispensabili
NOSTRO SERVIZIO
Se gran parte delle piccole e
medie imprese non è in grado di
pagare un salario minimo di 4 mila
franchi, ne deriva che il ricorso alla manodopera straniera, in particolare ai frontalieri rimane essenziale per mantenere lo stato attuale del tessuto economico e imprenditoriale del Ticino. Altrimenti senza “confinanti” molte aziende sarebbero costrette ad uscire
dal mercato. Tertium non datur.
Ergo, il salario minimo non avrebbe alcun effetto sostitutivo, i frontalieri non sarebbero rimpiazzati
dai lavoratori locali. Semplicemente un certo tipo di ditte, di
aziende chiuderebbero. Con devastanti effetti a catena sul sistema
produttivo. Più salari, meno aziende, più disoccupazione.
“Un ragionamento che sta in
piedi, ma che non contempla altri
effetti – osserva l’economista Angelo Rossi –. È difficile infatti a
priori stabilire l’effetto netto di tutto questo, perché senza frontalieri
aumenta la produttività, aumentano i salari, aumentano i consumi. Dato questo, può darsi che aumentino anche i posti di lavoro”. È
lo schema interpretativo che fanno proprio i sindacati: con i salari
minimi sparisce la concorrenza
sleale fra imprenditori, aumentano i salari,
per cui diminuisce il ricorso all’assistenza sociale, ai sussidi
dello Stato per
far fronte al caro
affitti e alle casse
malati. L’ipotesi
è che il salario minimo, aumentando il potere d’acquisto, creerà
nuovi posti di lavoro rafforzando
L’impiego
l’economia. Si tratta di aspettative,
però. Rossi, in considerazione del
fatto che il sistema economico del
Ticino è costituito da piccole e medie imprese che non sono leader
nel mercato, che non impongono
i prezzi ma li subiscono, ritiene
possibile uno scenario in cui aumenta piuttosto la disoccupazione. “Alzando i salari minimi si sposterà in alto tutta la gerarchia degli
stipendi - osserva -. Aumentare i
salari in un contesto di piccole
aziende è sempre un grosso rischio. E in questo contesto il Ticino perderà il vantaggio competitivo caratterizzato dai bassi salari
che ha avuto fino ad ora e assiste-
La parola
Contratti collettivi
già sotto la soglia
ALBERTONI A PAGINA 33
Ti-Press
Analisi e contraddizioni su stranieri e salario minimo
remo alla chiusura di aziende”.
Quante, con quali effetti sul
mercato del lavoro e sull’occupazione, sono domande a cui è difficile dare una risposta. Interrogativi che si è posto Marco Passalia, vicedirettore della Camera di commercio. “È difficile ponderare quale apporto le aziende con bassi salari garantiscono comunque ad altre attività del settore terziario, alle
banche, alle assicurazioni, ai fiduciari”. Anche le industrie con manodopera a basso costo devono
gestire una contabilità, fare revisioni di bilancio, necessitano di linee di credito, d’assicurazione. Insomma pur marginali, in un can-
L’intervista Le alternative di fronte al sistema industriale secondo Siegfried Alberton
“Ma la differenza la fa l’innovazione”
L’ECONOMISTA
Siegrified
Alberton
professore
della Supsi
Ti-Press
“Non è solo l’aumento del salario minimo che potrà attrarre più lavoratori residenti nell’industria. Sono altri fattori: la
formazione, l’attrattività del posto, le condizioni di lavoro, la possibilità di fare carriera, di crescere professionalmente che
possono fare la differenza”. Siegfried Alberton, economista, responsabile del
Centro di competenze Inno3 (innovazione, impresa, imprenditorialità) della Supsi, rifugge dalle eccessive semplificazioni.
Se le aziende non possono pagare i
4mila franchi, i frontalieri resteranno
essenziali per l’economia ticinese?
“È un’equazione un po’ azzardata e
semplicistica. Tutto dipende da che tipo
di aziende si tratta, se prevale l’aspetto del
lavoro o quello tecnologico”.
Ma l’economia ticinese, caratterizzata anche bassi stipendi, sopravviverà
all’introduzione del salario minimo?
“Non è poi così corretto dire che l’economia ticinese è caratterizzata solo da salari bassi. Ci sono settori tecnologica-
mente avanzati con stipendi adeguati. E
c’è poi una fetta di economia a basse retribuzioni, che avrà dei problemi”.
Queste aziende, con un maggior costo del lavoro rischiano la chiusura?
“Non è detto, per restare sul mercato
questo tipo di aziende dovranno però
cambiare modello di business. Da attività
ad alta intensità di lavoro dovranno passare ad attività più intense in capitale, in
tecnologie: quindi innovare. La soluzione non è quella drastica di chiudere, ma
di un rimescolamento dei fattori di produzione, del lavoro e del capitale. Se il lavoro costerà di più di quel che costava fino a ieri, l’alternativa alla chiusura è investire di più in tecnologie”.
Quindi gli alti salari costringono le
aziende ad una maggior competitività?
“Nella misura in cui si può competere
passando dal controllo dei prezzi, e quindi dal controllo dei salari, a diversificazioni, innovazione, si spinge l’azienda a cercare nuovi fattori competitivi”.
c.m.
tone con un’economia sempre a
rimorchio, queste imprese garantiscono un indotto economico e
occupazionale. “Con l’introduzione dei salari minimi queste aziende saranno messe con le spalle al
muro”, sostiene Passalia, che cita
un’esperienza diretta: “Con un
gruppo di deputati abbiamo visitato una ditta di Claro che dava lavoro ad una ventina di donne con
salari fra i 3 e i 3’500 franchi. Ebbene il proprietario, conti alla mano,
ha dimostrato che l’obbligo del salario minimo l’avrebbe portato alla
chiusura in pochi anni. Ma questi
stipendi, pur al di sotto del minimo, aggiungendosi al salario del
marito permette alle donne di incrementare il reddito familiare,
portandolo a 8, 9 mila franchi”.
Argomentazione che suscita la
reazione dell’economista Amalia
Mirante: “Non posso credere che
ancor oggi si possa giustificare così la differenza salariale fra uomini
e donne – dice -. Questa disparità
è una ragione in più per volere il
salario minimo a 4 mila franchi.
Anche perché la maggior parte dei
salari sottopagati sono femminili.
E il divario non andrà mai a diminuire se non alziamo i minimi”.
Quanto alle difficoltà di un certo
tipo di aziende a farvi fronte, aggiunge: “Capisco le difficoltà delle
piccole imprese, ma dobbiamo
chiederci se convenga mantenere
questo tipo di aziende, se sono determinanti, se rappresentano il futuro. Se riteniamo che esistano
delle imprese svantaggiate, ma
che fanno parte del patrimonio
identitario artigianale allora si
possono sostenere. Se, invece, siamo di fronte a imprese che fanno
ricorso alla manodopera a basso
costo pur facendo capo a case madre ben più importanti, ben venga
il salario minimo”.
c.m.
Il 32% delle lavoratrici è attualmente impiegata part-time, un fenomeno che allarma la Commissione tripartita
Neanche due frontalieri su dieci lavorano a
tempo parziale. Stando agli ultimi dati disponibili, Ufficio statistica 2010, sarebbero il 18 per
cento contro un 82 per cento a full-time. Proiettando queste percentuali sui circa 60 mila lavoratori d’oltre confine di oggi - ma questo numero
è oggetto di contestazioni, in quanto comprenderebbe anche licenziati rimasti in possesso del
permesso quinquennale - avremmo quasi 11 mila impiegati a tempo ridotto. Il che porta a concludere che, rispetto ai 60 mila permessi G, ci sarebbero circa 55 mila posti di lavoro a tempo pieno (probabilmente meno) .
Il 18 per cento di frontalieri part-time parrebbe una percentuale abbastanza contenuta di
fronte alla crescente tendenza all’impiego parziale nell’attuale mercato del lavoro. Infatti, secondo i dati raccolti e analizzati nel 2012 da
Oscar Gonzales dell’Ufficio statistico (La vigorosa progressione dei nuovi frontalieri in Ticino Ustat), la media dei ticinesi che lavora a tempo
parziale si attesta attorno al 31 per cento. Ben superiore a quella dei frontalieri: 13 punti in più.
Anche gli stranieri residenti che lavorano parttime sono percentualmente in numero maggiore
(23 per cento).
Il tempo parziale
“piace” alle donne
di oltre confine
Ma non bisogna lasciarsi fuorviare dal confronto statistico. Perché più che fra svizzeri e stranieri, più che fra ticinesi e frontalieri, il part-time
segnala una differenza nel mercato del lavoro fra
uomini e donne. Sono infatti il 32 per cento quelle
18%
La stragrande maggioranza della manodopera
italiana è full-time. La percentuale supera
quella degli svizzeri e dei residenti
che arrivano dalle province italiane e che lavorano
a tempo parziale. In numeri assoluti si tratta di una
cifra considerevole: oltre 7mila.
È vero che le percentuali delle donne svizzere o
residenti sono ancora più elevate: il part-time fem-
18% è la
percentuale
in Ticino
di frontalieri
occupata
a tempo parziale
minile svizzero-ticinese arriva al 52% e quello
delle donne straniere residenti al 43%. Ma una
cosa è abitare in Ticino e lavorare a tempo parziale, un’altra vivere a Como o a Verbania e lavorare a Lugano o a Locarno.
La sensazione è che qualche azienda assuma
donne frontaliere a tempo parziale per poi impiegarle a tempo pieno. Cosa che consentirebbe
di risparmiare sia sui salari minimi, sia sugli
oneri sociali. E aumentare il divario retributivo
ancor di più fra uomini e donne. Ciò spiegherebbe anche l’aumento del divario fra salari dei
frontalieri e degli svizzeri in questi ultimi anni.
Una differenza che s’aggira attorno al 7-8%. Di
fronte ad una salario mediano lordo di 5.498 per
i lavoratori svizzeri (dato 2010) quello dei frontalieri ammonta a 4.484. Più basso sia degli stranieri domiciliati (5.010) che dei dimoranti
(4.791). Un aspetto che non è sfuggito alla Commissione Tripartita che ha messo recentemente
fra le priorità della sua agenda anche l’uso improprio del part-time. Tempo parziale che è una
modalità poco maschile visto che interessa solo
il 9% dei frontalieri. Percentuale che è cresciuta
dal 3 per cento in 10 anni, passando dal 6 al 9 per
cento.
c.m.
Vent’anni dopo la nascita della repubblica
multiculturale sudafricana le diseguaglianze tra
bianchi e neri persistono
- in media un nero guadagna almeno sei volte
meno di un bianco – anzi
sono aumentate quelle
tra neri e neri. Nel 1995,
ad un anno dalla fine
dell’apartheid, il coefficiente Gini era 0,59 (dove
0 rappresenta la perfetta
uguaglianza ed 1 la perfetta diseguaglianza), nel
2009, secondo la Banca
mondiale, questo stesso
indicatore era salito a
0,69. Per rendersi conto
dell’ampiezza dello scarto tra ricchi e poveri basta fare alcune comparazioni, il coefficiente Gini
della Colombia è 0.56,
del Brasile 0.53, della
Turchia 0.4 e della Svizzera 0.3.
Bastano questi numeri per spiegare i motivi
che hanno spinto i minatori, emblema della classe operaia più povera sud
africana, a scioperare per
ben tre mesi. E le
agitazioni sindacali si ripercuotono negativamente sull’economia, una sorta
di cane che si
mangia la
coda,
insomma. I
costi sono
infatti altissimi per tutti: 1,4 miliardi di dollari in entrare
persi dalle compagnie di
estrazione e 500 milioni
di dollari di salari mai pagati per i minatori. Se lo
sciopero non viene revocato presto finirà per costare alla nazione più di
quello del 2012, che costrinse gran parte delle
miniere d’oro, di platino
e di ferro a chiudere i battenti e che culminò con
gli scontri alla miniera di
Lonmin, dove la polizia
sparò contro i minatori
uccidendone 34.
A pochi giorni dalle
elezioni questo è lo scenario politico e ci si domanda se la classe operaia continuerà a votare per
l’African national congress (Anc), il partito di
Mandela, ma anche quello di Zuma, l’attuale presidente, che nonostante
sia molto poco popolare
gode del pieno sostegno
del partito. Accusato di
aver speso 23 milioni di
dollari dei contribuenti
per ristrutturare la propria residenza, Zuma incarna il lato oscuro di
una nazione ancora molto giovane che ha molta
strada da percorrere verso la democrazia.
Durante l’ultimo ventennio il Sud Africa qualche passo in avanti però
lo ha fatto: l’accesso all’istruzione pubblica per
le persone di colore è migliorato e la vita media è
aumentata di ben otto
anni, grazie ad un sistema sanitario più efficiente ed in particolare a seguito della campagna anti-Aids.
Il Lugano vince il derby,
pari interno del Locarno
Male la prima dei Tigers
nella finale del basket
In Challenge League, il Lugano si è
aggiudicato il derby contro il Chiasso
per 2-0 (di Rafael e Bottani le reti),
mentre il Locarno è stato raggiunto nei
minuti finali al Lido dal Winterthur sul
2-2 (Hassell e Pignalberi in rete).
I Lugano Tigers hanno perso nel finale
gara-1 della finale nel campionato di
basket. I bianconeri sono stati battuti
in casa dall’Olympic Friborgo per 8482 con il canestro decisivo nei secondi
conclusivi della partita.
Ti-Press
losport
IN
TELE
VISIONE
domenica 4 maggio
13.50 LA2
Motomondiale: MotoGP
mercoledì 7 maggio
20.20 LA2
Calcio: Basilea-Lucerna
Mark Streit non ci sarà
e neanche Inti Pestoni
Nei playoff della Nhl
bene Rangers e “Hawks”
Il Manchester City di Dzeko
vicino al titolo della Premier
domenica 4 maggio
14.50 LA2
Ciclismo:Tour de Romandie
venerdì 9 maggio
15.30 LA2
Hockey: Svizzera-Russia
martedì 6 maggio
19.55 LA2
Hockey: Svizzera-Canada
sabato 10 maggio
19.30 LA2
Hockey: Usa-Svizzera
Mark Streit ha comunicato a Sean
Simpson che non farà parte della selezione rossocrociata di hockey ai Mondiali di Minsk. In arrivo Berra, Moser e
Bärtschi Scartato a sorpresa dal coach,
invece, il ticinese Inti Pestoni.
Il secondo turno dei playoff di Nhl,
buona partenza per Rangers e Blackhawks. La franchigia di New York ha
battuto 3-2 Pittsburgh dopo l’over time, mentre quella di Chicago ha battuto Minnesota per 5-2.
ella Premier inglese, importante successo
del Manchester City 3-2 sull’Everton, con
Dzeko (2 gol, nella foto) e compagni che
ora hanno in mano il destino del torneo nei
confronti del Liverpool. Vincendo le due restanti partite, sarebbero campioni.
Domenica
4 maggio 2014
Il fenomeno
Il motociclismo
CHRIS FROOME
RESTA FAVORITO
Secondo in classifica ad un
sol secondo da Spilak, il
britannico della Sky rimane
il principale favorito alla
vittoria finale al Romandia.
Anche perché l’ultima
tappa è la cronometro di
18 chilometri su un difficile
percorso disegnato attorno
a Neuchâtel
Vigilanza alta
in tutti gli stadi
contro i razzisti
A PAGINA 41
A Jerez continua il dominio
dello stratosferico Marquez
Il ciclismo
Quarta pole consecutiva per il campione del Mondo
MASSIMO MORO
di
“Alba”
In attesa del duello Froome-Spilak
l’elvetico della Orica vince ancora
Keystone
LO SCALATORE
È TSCHOPP
Lo svizzero della
Iam Cycling ha
vinto
meritatamente la
classifica del
miglior scalatore
al Tour de
Romandie 2014
ho vinto ancora. È un sogno, non
avrei mai pensato di vincere tre
tappe al Romandia”.
Sul finale sono infatti usciti
allo scoperto gli uomini forti nel
drappello in fuga, con Albasini
abilissimo a controllare i tentativi di Voeckler e Bakelants, prima
di “freddarli” sul traguardo friborghese. “Già prima della tappa
avevo mal di gambe - ha concluso il triplice vincitore in questo
Romandia -. Non mi sentivo
troppo bene. Per fortuna dopo la
crono conclusiva è tempo per
me di pensare alle vacanze”.
MASSIMO SCHIRA
Buon periodo per il
ciclismo elvetico, con
Tschopp migliore tra
gli scalatori e Frank
ancora in classifica
Ma le buone notizie per il ciclismo rossocrociato non si limitano alle prestazioni di Albasini,
perché la penultima frazione
della corsa ha confermato il successo di Johann Tschopp nella
graduatoria riservata agli scalatori, mentre a livello di classifica
Sugli spalti
Protagonisti
in corsa
MASSIMO SCHIRA
CLASSE E DINAMISMO PER LE FINALI
VOECKLER
Il francese della
Europcar ci ha
provato a più
riprese, senza
però vincere
NIBALI
Se c’è un uomo
che anima la
corsa, questo è
di certo il
corridore siciliano
TSCHOPP
Vince la
classifica degli
scalatori e già
pensa alla
maglia à pois…
SPILAK
Lo sloveno tiene
il ritmo in salita
di Froome e si
candida quale
grande sorpresa
FRANK
Si dimostra
corridore solido
e il quinto posto
in classifica
lo dimostra
FROOME
Il britannico
mostra i muscoli
agli avversari
soprattutto in
vista del Tour
T
re squadre su quattro nelle finali delle coppe europee sono
spagnole. La quarta è portoghese. Ad accomunare le “fab four”
del calcio continentale è un mix sapiente di classe e dinamismo. Ma anche di voglia di giocare un calcio offensivo e di qualità
tecnica elevata. E per capire meglio il concetto è necessario passare
attraverso l’analisi delle squadre sconfitte. Il Bayern, grande favorito
della vigilia, è venuto a mancare proprio in uno degli aspetti fondamentali in cui il Real Madrid ha dominato: il dinamismo. I bavaresi
sono stati inferiori sul piano atletico e del movimento senza palla,
pur mantenendo un ossessivo possesso della sfera. Discorso diverso
per il Chelsea, che ha cercato di impedire all’Atletico Madrid di giocare al calcio. A venir meno agli inglesi, a differenza del Bayern, è
stata la classe. Dei singoli e del gruppo, inteso come entità tecnicotattica (e volontà di Mourinho). In Europa League è invece emerso
un altro scontro tutto spagnolo, che ha visto un Siviglia a tratti brillanti avere la meglio sul solido Valencia dopo una gara di ritorno rocambolesca, dove di certo non è però venuto meno lo spettacolo. Infine il Benfica, che contro una Juventus costruita su di un “vorrei ma
non posso” sotto il profilo tecnico, ha mostrato che non servono nomi altisonanti per far bene (come squadra) anche a livello europeo.
generale continua a spiccare l’ottimo quinto posto occupato da
Matthias Frank. L’atleta dell’elvetica Iam Cycling ha quindi la
possibilità di salire sul podio, visto che Alberto Rui Costa - attualmente terzo - è a soli otto secondi dal rossocrociato. “Non
sarà facile nella cronometro - ha
però osservato Frank -, perché
davanti a me ho atleti del calibro
dello stesso Rui Costa e di Nibali
nella corsa al terzo posto. Voglio
dare comunque il mio meglio”.
Dopo il tappone di venerdì
con arrivo ad Aigle, il 33enne “Alba” si è ritrovato fuori dai giochi
di classifica. Il Romandia 2014 si
gioca infatti quest’oggi nella cronometro conclusiva a Neuchâtel
tra il sorprendente sloveno Simon Spilak e il vincitore dell’ultimo Tour de France, il britannico
Chris Froome. Corridori separati
in graduatoria da un sol secondo, con i favori del pronostico
che vanno tutti all’atleta della
Sky, ma non si escludono ulteriori sorprese, perché Spilak contro il tempo non è “fermo” e il
percorso con partenza e arrivo
all’interno dello stadio della Maladière è molto esigente. Soprattutto a causa di una salita importante posta tra il nono e il dodicesimo dei diciotto chilometri
totali.
Terminato il Tour de Romandie, occhi puntati sull’Irlanda.
Da dove, sabato prossimo, scatta
il Giro d’Italia.
mschira@caffe.ch
Q@MassimoSchira
A Jerez continua il dominio
di uno stratosferico Marc Marquez. Il campione del Mondo ha
colto, ieri, sabato, la quarta pole
position consecutiva, nelle quattro gare fino ad ora disputate. Lo
spagnolo della Honda Hrc non si
è però limitato a far segnare il
miglior tempo, ma si è preso anche il nuovo record della pista,
scalzando quello ottenuto daJorge Lorenzo, che lo deteneva
dal 2008. “Ho fatto più fatica rispetto agli altri weekend, ma abbiamo fatto la pole position e la
gara si prospetta diversa. Dani e
Jorge hanno un passo molto forte - ha dichiarato Marquez - e vediamo come va. La pole è sempre importante per avere una
motivazione in più, visto che
stavo facendo un po’ più di fatica
del solito”.
Al suo fianco si è piazzata la
Yamaha di Lorenzo, che non è
così riuscito a spodestare Marquez dalla prima casella dello
schieramento di partenza, visto
che ha dovuto addirittura concedere quattro decimi al campione del Mondo su uno dei suoi
tracciati preferiti. “Il secondo
tempo va bene, è una spinta a fare meglio - ha sottolineato Lorenzo - . La pole è rimasta lontana, ma sul passo di gara nelle
quarte libere sono andato bene.
Se non riusciremo a vincere, cercheremo di centrare almeno il
podio".
Una prima fila tutta targata
Spagna, dal momento che il terzo posto è stato occupato dalla
seconda Honda ufficiale, quella
di Dani Pedrosa, che ha avuto la
meglio sulla seconda Yamaha
ufficiale, di Valentino Rossi, che
anche a Jerez si è dovuto accontentare di partire dalla seconda
fila dello schieramento. “Ho
provato a centrare la prima fila
ha detto il pesarese -, ma sapevo
che sarebbe stata molto dura.
Non sono mai stato troppo lontano dai primi e il mio tempo è
buono. Sono abbastanza soddisfatto è la mia il miglior qualifica
e, soprattutto, mi sento bene con
della temperatura”.
Una seconda file completata
dalla Yamaha privata di un altro
spagnolo, Aleix Espargaro che
ha tenuto alle sue spalle la Ducati di Andrea Dovizioso.
mmoro@caffe.ch
la moto. In gara cercherò di fare
il massimo per restare con i primi tre. Dobbiamo ancora migliorare qualcosa nell’accelerazione e con le alte temperature
slittiamo molto. Per le gomme
decideremo proprio a seconda
Lealtreclassi
Buona prova
per Lüthi
ed Aegerter
Reuters
Al Romandia
tripletta
È un Michael Albasini in versione extra lusso quello che sta
caratterizzando l’edizione numero sessantotto del Tour de Romandie. Dopo aver già vinto due
tappe (a Sion e Montreux) e vestito la maglia di leader ieri, sabato, sul circuito di Friborgo l’elvetico della Orica GreenEdge si è
tolto la soddisfazione di centrare
addirittura la tripletta, battendo
da corridore esperto Thomas Voeckler e Jan Bakelants, ultimi reduci di una fuga a cinque che ha
contraddistinto la penultima
tappa della corsa.
Sul circuito di quasi 30 km da
percorrere sei volte, Albasini è
stato abile ad inserirsi in un
gruppetto ben assortito di cinque uomini (comprendente anche Vuillermoz e Marino, oltre al
terzetto che ha occupato il podio), che ha dapprima scavato
un buon margine di vantaggio,
ma è stato poi anche abile a respingere il tentativo di ritorno
del gruppo principale nel corso
dell’ultima tornata. Quando cioè
il distacco è sceso attorno al minuto. “Nella riunione del mattino abbiamo discusso della forte
probabilità che una fuga potesse
arrivare al traguardo - ha spiegato Albasini -. Per questo ho pensato che volevo esserci e dunque
ci ho provato. È stata una giornata molto dura e ho avuto anche
qualche problema alla schiena.
Ma per fortuna sul traguardo ho
mantenuto la mentalità giusta e
15
MARQUEZ SEMBRA INARRESTABILE
Dopo aver vinto i primi tre Gran Premi della
stagione partendo sempre dalla pole position,
anche a Jerez il campione del Mondo vola
A Jerez, nella Moto2 c’è da segnalare la buona prova offerta da
Thomas Lüthi e Dominique Aegerter. Dopo la disastrosa gara andata
in scena settimana scorsa nel Gran
Premio d’Argentina, sul tracciato
spagnolo il bernese è tornato su
buoni livelli, riuscendo a strappare il
quarto tempo. Al suo fianco si è
piazzato Aegerter che, anche nelle
qualifiche, ha dimostrato di attraversare un momento di forma eccellente. Un risultato che potrebbe così
permettere agli elvetici di recuperare un po’ di punti su Esteve Rabat
nella classifica del Mondiale, visto
che a Jerez non è andato oltre la sesta posizione. A conquistare la partenza al palo è stato l’esperto finlandese Mika Kallio che ha preceduto
Sandro Cortese e Luis Salom.
Nella Moto3 continua invece il
dominio dell’australiano Jack MIller
che non sembra incontrare rivali in
questa classe. Un vero strapotere
quello fatto segnare da Miller, che
ha preceduto, con ben sei decimi di
vantaggio, la sorpresa di giornata
messa a segno dall’italiano Niccolò
Antonelli che si è tenuto alle sue
spalle la pattuglia iberica capitanata
da Alex Rins, Isaac Viñales e Alex
Marquez.
m.m.
L’automobilismo
Il tennis
Un ottimo esordio per Camathias
In campo femminile Belinda Bencic centra la qualifica
A Madrid Stan e Roger
Sesto posto al Nürburgring per il ticinese nel Gt Open 2014 cercano un’altra finale
NOSTRO SERVIZIO
È davvero un ottimo sesto
posto quello colto ieri, sabato,
dal pilota ticinese Joël Camathias all’esordio nel campionato 2014 dell’International
Gt Open. Con la Ferrari
F458 Gt3 del team tutto ticinese Black Bull Swiss Racing, il 33enne ha concluso
al sesto posto assoluto gara-1
al Nürburgring, il quinto nella
classe Super Gt, nella prova vinta dal duo della Corvette formato da Miguel Ramos e Nicky Pastorelli.
Da notare che la prima prova
stagionale per Camathias è stata
tutta in solitaria, visto che il suo
compagno per questa stagione
nel Gt Open, Mirko Venturi, è
stato impegnato sempre ieri a
Spa nel Mondiale di durata e ha
raggiunto il ticinese solo nella
tarda serata. E che solo giovedì il
team ha ricevuto la conferma di
essere inserito nella categoria
maggiore, la Super Gt, con la vet-
tura dunque ancora senza le
evoluzioni necessarie. L’ulteriore
conferma
dell’ottima
prestazione
al volante
offerta da Camathias.
La ventesima stagione nel
mondo delle corse del pilota ticinese (ha iniziato nei kart poco
più che bambino) prosegue insomma con buoni presupposti
LA COPPIA CON MIRKO VENTURI
La coppia con Mirko Venturi nel team ticinese
Black Bull Swiss Racing si compone a partire da
gara-2 quest’oggi sul circuito tedesco. In gara-1
buon sesto posto in solitaria per Camathias
fin da quest’oggi, sempre al Nürburgring, con gara-2 nel Gt
Open, stavolta in compagnia di
Venturi. Con il duo del team
Black Bull che può certamente
puntare ad un posto sul podio
(in tv su RaiSport 2 dalle 13). Il
campionato che ha già visto Camathias trionfare nel 2007 e nel
2009 e ottenere in totale una
dozzina di vittorie in gara prosegue invece ad inizio giugno a
Portimao, in Portogallo.
A proposito di Mondiale Endurance, proprio da Spa arrivano buone notizie per lo stesso team di Camathias. Mirko Venturi,
con Marco Cioci e l’argentino
Perez Companico hanno vinto
nella categoria Lm Gte Am su
Ferrari 458. La sei ore in Belgio è
invece stata vinta dalla Toyota Ts
040 Hybrid dell’elvetico Sébastien Buemi in compagnia di
Davidson e Lapierre. È il secondo successo della stagione del
Fia Wec per la scuderia Toyota,
grande favorita per la 24 ore di
Le Mans a giugno.
m.s.
Al Masters 1000 di Madrid,
Stanislas Wawrinka e Roger Federer vanno alla ricerca, come
successo a Montecarlo, di una
nuova finale tutta a tinte rossocrociate. Anche nel sorteggio andato in scena,
ieri, sabato, nella capitale spagnola, il vodese
ed il basilese
non sono infatti
stati inseriti nella stessa parte
del tabellone.
Nella parte alta
ci sarà Federer
che, dopo il bye
del primo turno,
avrà a che fare
con il vincente
tra Paire e Simon. Agli ottavi
la prima testa di serie sul suo
cammino potrebbe essere lo
spagnolo Tommy Robredo, prima della sfida ai quarti con JoWilfried Tsonga o Andy Murray e
la semifinale che potrebbe ve-
derlo impegnato contro il detentore del titolo, Rafael Nadal.
Anche per Wawrinka il torneo partirà dai sedicesimi, dove
dovrebbe incontrare Dmitrij
Tursunov. Un cammino all’insegna dei giocatori
russi, visto che
agli ottavi si potrebbe trovare a
giocare con un
altro russo, Mikhail Youzhny,
prima del match
con Milos Raonic e la possibile
semifinale con il
vincente dell’inconro tra Novak
Djokovic e David Ferrer.
Per quanto
Reuters
riguarda il campo femminile cè da segnalare
che con Stefanie Vogele si è qualificata per il tabellone principale Belinda Bencic che ha superato l’italiana Camila Giorgi per 64, 7-5.
m.m.
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Ûî òòòÅþÿÿt½Û'Åt˚
Il lavoro
Il reportage
Il sesso
STESSA STANZA
E STESSA SCRIVANIA,
L’UFFICIO CONDIVSO
DIETRO GLI SPOT
DI UN COMUNE
A MISURA DI FAMIGLIA
MI HA LASCIATA
DOPO 13 ANNI
SOLO CON UN SMS
A PAGINA 29
A PAGINA 27
ROSSI A PAGINA 30
traparentesi
4 maggio 2014
ilcaffè
PASSIONI | BENESSERE | SPORT
PAUSA CAFFÈ
Animali
La prevenzione
è la sola arma
contro le zecche
BOLTRI A PAGINA 20
È il boom
delle crociere.
Non solo
dell’amore.
Piacciono
alle famiglie, ma
anche a giovani
anziani e single.
Proposte sempre
più su misura.
E anche... un po’
piccanti
I love
B at
L
LA FINESTRA
SUL CORTILE
P
Per cominciare
PATRIZIA GUENZI
ADDIO CASSANDRE
T
roppo pessimismo fa male. Un minimo di pensiero positivo serve, a tutti e a tutto. L'ultimo mea culpa su questo atteggiamento poco costruttivo arriva dalla comunità
scientifica, in riferimento alla salute del nostro pianeta: abbiamo sbagliato strategia, abbiamo usato messaggi controproducenti. A dirlo una fonte autorevole, l'Earth Institute presso la
Columbia University di New York. Una sessantina di scienziati
distribuiti in una dozzina di laboratori di ricerca.
Ecco, anche, perché, sottolineano gli esperti, l'opinione pubblica è confusa e, soprattutto, stanca di questi allarmi. Mentre i
governi continuano a perdere tempo. E la situazione non migliora. Insomma, va completamente ripensata la comunicazione. Basta con la strategia fondamentalmente basata sull'impaurire le persone e costringerle a fare continui sacrifici. Tutto ciò
non ha senso. Non solo: a furia di messaggi negativi, pure chi di
noi è più motivato ad avere comportamenti ambientalisti perde
speranza e si sente impotente. E allora, cambiamo atteggiamento. Sottolineiamo ciò che di buono c'è, in ogni caso e in
ogni situazione. Perché davvero con il pessimismo molto lontano non si va mai.
PATRIZIA GUENZI
e ultime novità sono quelle a tema: dai ballerini di tango agli
appassionati di golf, dai viaggiatori della fede ai buongustai,
passando pure per quelle erotiche. In realtà non ce n’era bisogno, l’offerta attuale già riempie
da prua a poppa, le migliaia di
navi che solcano mari, laghi e
fiumi.
segue a pagina 18
CAROLINA CENNI
Storie
di quotidianità
familiare
LA METAMORFOSI DI RITA
A PAGINA 48
erché preferire una crociera ad un
altro tipo di vacanza? La risposta è
facile: perché non si deve pensare
a niente. Proprio così. Quello che
tutti i crocieristi apprezzano di
questa tipologia di vacanza è che
è davvero possibile permettersi di
non pensare a nulla, se non ai piaceri. Niente pulizie, niente panni
da lavare e stirare e nessun pasto
da mettere in tavola. Arrivi al terminal per l’imbarco, ti affidi alla
compagnia scelta e...
segue a pagina 18
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
19
parentesi
tra
Il turismo
Sul lago
Piacciono sempre più le proposte di tour nei due bacini lacuali del cantone
Un tramonto in battello,
sul Verbano e sul Ceresio
I love
B at
A
l mattino, all’ora di pranzo oppure al tramonto. Cambia l’orario, ma il fascino della mini crociera sul lago resta immutato. Sia che
la rotta punti da Lugano a Capolago o
Porlezza, sia che miri alle isole del
Verbano. Sono migliaia i turisti che
ogni anno scelgono i tour sui battelli
per vedere un altro Ticino da un’altra
prospettiva, quella delle acque dei
suoi laghi. Fra battelli e aliscafi, l’offerta è piuttosto articolata. Anche nei
prezzi. Sul Ceresio, ad esempio, ci sono tariffe sotto i 100 franchi, con sconti per chi ha la Ticino Discovery Card,
la carta giornaliera o un abbonamento
delle Ferrovie federali svizzere.
La Società navigazione del lago di
Lugano, propone quotidianamente tre
tipi di crociera: quella mattutina, la
panoramica pomeridiana e quella
notturna, punteggiata dalle luci dei
paesi che si snodano lungo la costa.
Tutti itinerari di almeno tre ore, alcuni
con pranzo o cena a bordo, toccando
località di grande fascino, da Gandria
È boom di crociere,
dell’amore e a tema
a Morcote a Caprino.
Sul Verbano l’offerta è ancora più
varia, grazie alle proposte di molti privati e di grandi società, come la Gestione navigazione laghi. “Ci chiedono soprattutto il tour delle isole - spiega Lorenzo, al timone di un motoscafo
della società Isole lago maggiore”, che
vuol dire Borromee, isole di Brissago,
Castelli di Cannero sino a Isolino Partegora. Qui arrivano soprattutto tedeschi, ma anche tanti olandesi e britannici, che vogliono sbarcare e fare poi
scampagnate. “E che apprezzano precisa Lorenzo - soprattutto i prodotti locali”. Molti gitanti arrivano tramite
offerte combinate, treno, pullman e
poi battello. Un fascino particolare è
quello delle traversate serali, al tramonto. Ma il tutto esaurito a bordo si
concentra nei fine settimana e durante le feste. O in occasioni di apputamenti importanti come i concerti jazz
di Ascona e Lugano, Moon&Stars e il
Festival del cinema di Locarno.
m.sp.
NUMERI DA RECORD
LE PORTATE
GLI SVAGHI
Con 3.247 passeggeri e 1.370 membri d’equipaggio, Msc Splendida è una città galleggiante. Ecco la vita a bordo
Consumate in media a pranzo e cena
Dopo cena, gli ospiti
possono usufruire di:
5
1
71
Piscine
di cui 1
coperta
Acqua park con
150 getti d’acqua
e 12 vasche
idromassaggio
18
Ponti
Suite
nel Msc
Yacht Club
1.637
Cabine
1.256
Secondi
Cabine
con balcone
privato
Antipasti
7.571
7.142
Dessert
18
8.000
Bar e salotti,
4 i ristoranti
16.000
25
Pasti serviti
ogni giorno
Ascensori
di cui due
panoramici
4.000
Frutta
LE
METE
Formaggi
Zuppe
1
Cinema
4d
6.428
Pasta e riso
Metri
quadrati
di marmo
114
Console
Nintendo
Wii
7.714
1.714
1.000
1.603
1.714
Metri quadrati
del Royal
Palm Casino
Posti
a teatro
Fonte: Panorama
BREAKFAST
PATRIZIA GUENZI
L’
ultima novità sono
quelle a tema: dai
ballerini di tango
agli appassionati di
golf, dai viaggiatori
della fede ai buongustai, passando pure da quelle romantiche a quelle erotiche: I love boat, sì, ma con un pizzico di trasgressione. La classica crociera
ha cambiato pelle, schiere di
crocieristi riempiono, da prua a
poppa, le migliaia di navi che
solcano mari, laghi e fiumi. La
tragedia della Costa Concordia
di due anni fa non ha minimamente scalfito il mito della vacanza galleggiante, come confermano alcune agenzie di viaggio contattate dal Caffé. Ogni
anno famiglie, giovani, anziani,
neo sposi e single si imbarcano
per le più svariate rotte. “Non è
più come in passato, quando si
andava in crociera per un’occasione particolare, come il viaggio di nozze o un anniversario nota Gaby Malacrida, portavoce
per il Ticino di Hotelplan Suisse
Ogni mattina vengono
serviti per colazione:
Pane 57.14 kg
Succhi 114.2 L
Croissant 1.000
Latte 71.4 L
IL PERSONALE
Oltre agli addetti alla navigazione,
su una nave lavorano:
“Una volta
l’occasione era
la luna di miele
o un anniversario,
oggi non più”
persone addette alle pulizie 110
Fonte: Panorama
camerieri 290
animatori 25
artisti 30
e Italia -. Hanno sicuramente
contribuito le numerose, e allettanti, offerte”. Un’offerta rinnovata anche con intriganti crociere a tema.
“Le rotte che vanno per la maggiore sono quelle di 7 giorni, nel
Mediterraneo, isole della Grecia,
Spagna, coste del nord Africa spiega Malacrida -. La spesa per
una classica crociera nel Mediterraneo è attorno ai 1’200 franchi per persona, per una cabina
doppia”.
Insomma, la vacanza sull’acqua
piace. Tant’è che pure quelle fluviali riscuotono parecchio successo, sul Danubio e sul Reno
soprattutto. “Adoro questo modo di far vacanza perché non de-
vi pensare a nulla e ogni giorno ti
svegli con un nuovo panorama
sotto gli occhi”, è il leit motiv degli appassionati (vedi articolo in
basso). La crociera piace anche
perché senza mandare in tilt le
finanze casalinghe permette
qualche giorno di completo relax, in un ambiente lussuoso e
confortevole. “E, soprattutto,
prenotando per tempo, magari,
con un anno d’anticipo - suggerisce Malacrida -, si beneficia di
offerte super. Ad esempio, una
famiglia con due figli, se minori
di 18 anni, questi viaggiano gratis, pagano solo le tasse portuali,
neanche 200 franchi a testa”. Ecco perché sempre più spesso le
prenotazioni avvengono di anno
in anno.
Intanto, la classica crociera
s’è evoluta. Il viaggio in nave con
scalo, escursioni guidate, è soltanto lo zoccolo duro di un fenomeno che si allarga e diventa
vieppiù “a soggetto”. “Una tematizzazione che ha allargato l’interesse ad un pubblico giovane e
giovanissimo - sottolinea Mala-
crida -. Per questi veri e propri
alberghi galleggianti, l’obbiettivo delle compagnie è innanzitutto quello di fidelizzare la
clientela e fare in modo che durante le giornate di navigazione
le attività proposte siano variegate e numerose. Inoltre, la formula all-inclusive, snacks compresi, contribuisce al successo di
questa vacanza”.
Ma vediamo più in dettaglio
quali sono le emozioni su misura che oggi una crociera a tema
garantisce, ad esempio per chi
ama il golf: un green in mare
aperto, con mazza e pallina da
far roteare, dalla Sardegna ai Caraibi, dal Baltico alla Costa Azzurra, allenandosi pure con i simulatori; per gli appassionati di
calcio ci sono giochi e allenamenti in compagnia dei campioni della serie A. Ma a bordo si
possono anche incontrare prestigiosi chef, sommelier e talenti
della gastronomia per un cooking show sulle onde. Per i più
piccoli, poi, un’atmosfera da cartoon dà loro la possibilità di sedersi a tavola con il gatto con gli
FLUVIALI
L’ultima tendenza
di massa in fatto di
crociere sono quelle
fluviali, sul Danubio
e sul Reno,
soprattutto. Molto
richiesta, negli ultimi
anni, anche quella
sul Volga
La testimonianza
Pro e contro della vacanza sull’acqua visti da un’appassionata di questi viaggi
“Ogni giorno ti aspetta
un panorama differente”
P
erché preferire una crociera ad un altro tipo di vacanza? La risposta è facile:
perché non si deve pensare a niente. Ti
imbarchi e via. Ed è proprio ciò che i crocieristi apprezzano di questa vacanza, permettersi di non pensare a nulla, se non ai piaceri. Niente pulizie, niente biancheria da lavare e stirare e nessun pasto da mettere in tavola.
“Arrivi al terminal per l’imbarco, ti affidi alla
compagnia scelta e per una settimana o più
non avrai pensieri. Mica poco! - dice un’appassionata crocerista ticinese, Bianca Antoniazzi, impiegata, che per ogni vacanza è
pronta all’imbarco. Inoltre, la trovo estremamente rilassante. Con mio marito abbiamo
iniziato nel 2000 e ci siamo appassionati così
tanto che non abbiamo più smesso. Ne abbiamo fatte circa una quindicina, una più
bella dell’altra, ma quella che più mi è rimasta nel cuore è la crociera nei fiordi norvegesi, perché non ti aspetteresti mai di viaggiare
tra le montagne con un palazzo di quattordici piani. Arrivare con la nave fino ai ghiacciai, alle cascate e navigare nella natura incontaminata è un’esperienza unica, credetemi”. Tuttavia, non pochi obiettano che la
crociera spesso è una sorta di mordi e fuggi,
ci si ferma solo poche ore in un luogo e si rischia di non vedere niente. Ma è una questione di scelte e preferenze.
“Bè, è un po’ il rovescio della medaglia ammette Antoniazzi -. Se vorresti vedere di
più, fermarti per più tempo non puoi farlo, ti
devi accontentare di un’esperienza speedy.
Così come devi sottostare anche ad alcune
semplici regole: gli orari per pranzi e cene,
“Arrivi al terminal ti affidi
alla compagnia e non devi
pensare più a niente”
anche se a bordo ai tanti buffet si può mangiare quando si vuole, o agli orari delle
escursioni. Ma tutto ciò non toglie che rimane una vacanza molto rilassante. E ogni
giorno ci si sveglia in un posto diverso,
quando si guarda fuori c’è un panorama
sempre nuovo. Impossibile annoiarsi. Per
non parlare poi di quanta gente si conosce.
A noi è capitato di stringere belle amicizie”.
Non solo. Oltre a comodità e relalx, anche
tecnologia, design, servizi e gastronomia.
Così come cabine molto comode, ristoranti,
bar, discoteche, casinò, piscine, scivoli, spa,
palestre e negozi tutti all’avanguardia, ingredienti ideali per la vacanza perfetta.
“Se posso dare un suggerimento, sconsiglio di fare una crociera non in cabina interna - consiglia Antoniazzi -. Bensì una con finestre, meglio ancora con balcone, e possibilmente a poppa, questa è la posizione migliore. Avere le finestre sui due lati permette
di godere al massimo della vista e quindi anche dell’intera vacanza. La cabina fa buona
parte della crociera e, personalmente, preferisco un viaggio più breve ma con una cabina ben posizionata e confortevole rispetto
ad uno più lungo, ma senza comodità”.
Ma la nostra crocerista è esperta anche
di rotte fluviali, una tendenza che prende
sempre più piede. “In questi casi i battelli
sono più piccoli, accolgono al massimo 120150 passeggeri, ma sono viaggi altrettanto
suggestivi e interessanti - dice pregustando
la sua prossima meta, il Danubio e Budapest
-. Si è quasi sempre in città e navigando su
un fiume è come essere costantemente in
escursione perché si vedono le due sponde
brulicanti di vita”.
c.c.
Per chi ha voglia
di emozioni forti,
anche speed
dating a bordo o
riunioni tuppersex
stivali, farsi fotografare insieme
al leone Alex di Madagascar. E
poi spettacoli sul ghiaccio e parate. Senza dimenticare le Winx,
che ballano e cantano con i loro
vestitini sgargianti.
Per chi ha voglia di emozioni
forti ecco la crociera erotica. La
rotta non prevede scali per gite,
né pause relax per godersi il sole,
bensì sessioni di speed dating
per rompere il ghiaccio e conoscersi, un angolo buffet per gustare cibi afrodisiaci e riunioni di
tuppersex dove studiare gli oggetti erotici più in voga e le ultime novità sul mercato. Insomma, in mare ce n’è davvero per
tutti i gusti. pguenzi@caffe.ch
Q@PatriziaGuenzi
Caraibi
Soprattutto d’inverno chi
vuole aprire una parentesi al
caldo fa rotta verso il mare
azzurro dei Caraibi. Una
esperienza unica. Ormai le
offerte si succedono e i last
minute pure. E in nave si
possono visitare le coste della
Giamaica. Oppure,,
raggiungere la Repubblica
Dominicana, Antigua o le
Bahamas.
L’idrovia
Quell’ “utopia” senza fine
che collega il Ticino al mare
C
ollegare Locarno a Venezia viaggiando sull’acqua, attraverso il Lago
Maggiore, il fiume Ticino e il
Po. Utilizzare un elemento naturale che unisce i territori di
due Stati, che da sempre intessono rapporti di vicinanza e
scambio. È vecchia di secoli
l’idea, chiamiamola pure utopia, ma diventata progetto reale, di passare dalle acque dolci
del più grande lago sudalpino a
quelle salmastre della Serenissima.
Nell’imminenza di Expo
2015 l’opportunità era ghiotta
per rispolverare un progetto
che sembrava essere stato defi-
Mediterraneo
È una delle crociere più
classiche. Quella che gli
appassionati di questo genere
di vacanza fanno almeno una
volta nella vita. Tra Italia,
Baleari, Costa azzurra,
Sardegna, Corsica e
Gibilterra o lungo le coste
della Grecia o del nord Africa
visitando le principali città o le
località più suggestive
Mare del nord
Si dice sia la crociera più
bella. Quella lungo i fiordi
norvegesi, compreso il
Geiranger Fjiord, perché
soltanto qui è possibile vivere
suggestivi fenomeni naturali
come l’aurora boreale e il sole
di mezzanotte. Non solo. Si
gode di paesaggi davvero
spettacolari e c’è la possibilità
di visitare le più importanti
città del nord.
Il progetto sembrava a buon punto, poi il
Comune di Milano ha gelato gli entusiasmi.
Non ci sono soldi, quindi tutto è rinviato
Stati Uniti
L’America sognata tante volte,
vista nei film, si può ammirare
anche da un’altra prospettiva:
dal mare. Sono tante le offerte
che propongono crociere dalla
Florida a New York.
Oppure dall’altra parte della
costa, in California. Chi ha
invece tanti giorni a
disposizione può anche
scegliere di andare più a nord,
nel Canada.
Da Locarno a Venezia, l’insolita storia di un’idea secolare
GLI OSTACOLI
Gli impedimenti non
sono solo naturali. Nel
capoluogo meneghino
le finanze piangono
nitivamente rinchiuso nei cassetti delle amministrazioni interessate. Canton Ticino, regioni Lombardia e Piemonte,
sotto la spinta dell’Associazione Locarno-Milano-Venezia si
sono mosse. La possibilità di
recarsi nel capoluogo meneghino in battello per l’esposizione mondiale 2015 era tutt’altro che una chimera.
Il percorso sarebbe quello
che da generazioni si sogna di
poter mettere a disposizione di
turisti e curiosi che vogliono
godersi un viaggio singolare. Si
scende da Locarno fino in fondo al Lago, passando da Arona
e Sesto Calende, dove si imbocca il fiume Ticino giù giù fino a Somma Lombardo, ad un
tiro di schioppo dall’aeroporto
della Malpensa. Poi, burocrazia permettendo, dalla diga del
Panperduto all’interno del Parco del Ticino attraverso il canale del Naviglio Grande, per
raggiungere la sede di Expo
2015, attraversando la Darsena
di Milano e il Canale Villoresi.
Tuttavia, i sogni son desideri e spesso restano tali, o
vanno purtroppo a naufragare
contro la dura realtà. Il Comune di Milano ha infatti comunicato di rinunciare al progetto, e quindi alla costruzione
del porto turistico alla Darsena. Un brutto colpo per
un’idea che sembrava già avere tutte le carte in regola. Sebbene non sia ancora detta l’ultima parola, visto che la maggioranza in consiglio comunale è andata su tutte le furie e ha
promesso battaglia.
Comunque sia, rimane
sempre l’idea e l’Expo parrebbe l’occasione buona. Se
l’obiettivo di poter raggiungere
la manifestazione milanese via
acqua sembra tramontata,
quella di poter un giorno attraversare la pianura Padana per
bagnarsi nel mare Adriatico resta invece in piedi. L’ingegno
umano aveva per altro già individuato le potenzialità del
trasporto sulle imbarcazioni
quando si decise di allargare il
sistema di canali studiato per
l’irrigazione dei campi, diventato poi il Naviglio Grande. Allora perché non sognare che
un giorno si possa navigare da
Locarno a Venezia? L’importante è crederci.
o.r.
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
20
La giacca
L’abito
tra
animali
lamoda
parentesi
La tuta
Tasche a soffietto e mostrine, lo
stile richiama quello delle divise
coloniali, reso chic dai dettagli,
camicia arancio e scarpe con il
tacco, John Richmond
Da giacca si allunga ad
abito e si trasforma in
chemisier, è il nuovo stile
safari-chic per Maison
Martin Margela
Pratica e
funzionale, verde
militare, la tuta
lunga di Alexis
Mabille
Lo stile safari cambia pelle,
è chic nella giungla urbana
LINDA D’ADDIO
I
colori sono quelli di sempre, che virano
dal sabbia al khaki, dal fango al verde, ovvero i basici che dalle dune della savana si
adattano perfettamente alla vita frenetica ed
urbana. Giacche sahariane, camicie e gilet
con tasche e cartucciere, pantaloni, bermuda
e cappelli da esploratore da sempre ne contraddistinguono il genere. Ma nel nuovo stile
coloniale, sartoriale e couture, sulle passerelle di stagione, femminili e maschili, la differenza sta nel taglio e nel dettaglio che, rispetto
ai modelli originali, sono curati nei minimi
particolari. Il nuovo genere, che potremmo
definire safari-chic, aggiunge ai capisaldi di
questo abbigliamento nuovi modelli che dagli originali prendono spunto: gonne portafoglio, abiti chemisier, sandali e cinture.
Lo stile safari piace molto ai couturier che
puntualmente nella bella stagione lo ripropongono, riveduto e corretto, rendendolo
sempre più sofisticato senza nulla togliere, in
termini di funzionalità ed immagine, al gusto
coloniale che tutti abbiamo imparato a conoscere ed apprezzare. Un genere che non è assolutamente una prerogativa femminile, anzi.
Il genere diventa protagonista delle collezioni
maschili, grazie a capi che non si riservano
solo ai weekend e al tempo libero ma si indossano tranquillamente anche nelle occasioni
formali. Una moda che per definizione e contenuti si presta agli itineranti, funzionale e
pratica in viaggio ma che, in egual modo, si
adatta alla vita frenetica di tutti i giorni, ideale
per tutti coloro che quotidianamente sono
costretti a destreggiarsi nella giungla metropolitan, sempre di corsa fra un appuntamento e l’altro.
Da non dimenticare i
bjoux, in legno e ottone
dorato, dal tocco speciale
L’atmosfera ci riporta al celebre film, interpretato da Meryl Streep e Robert Redford,
tratto dal romanzo di Karen Blixen “La mia
Africa”. Lei indossava camicie maschili, pantaloni oversize, giacche militari e sahariane,
dietro lo sfondo sconfinato dell’Africa e i suoi
tramonti. La novità sta nell’aggiunta di abiti
metropolitani e capi in pelle. Per la sera il mood diventa ethno chic, e predilige abiti lunghi,
kaftani, modelli drappeggiati di ispirazione
tribale, da portare con tanti gioielli. Un insieme sofisticato ma rilassato da vera vacanza ai
confini del mondo. Completano il look gli accessori in pelle, cuoio e fibre naturali, dall’effetto “used”. Dai borsoni agli zaini, passando
per le cinture di tutte le dimensioni e i sandali
bassi. Nelle occasioni più formali sono concessi i sandali e i tacchi più alti da abbinare al
lino e al cotone, al canapa a ai pellami pregiati per le borse. Da non dimenticare i bjoux , in
legno e ottone dorato, che danno un tocco
speciale a questo trend.
Lo stile safari diventa urban e meno wild
nella collezione Pennyblack, grazie a linee
più leggere e fluide e colori quali il bianco e il
nero. Predilige i toni delle dune, della sabbia
bagnata e del verde safari la donna Chloé,
ama il look stropicciato e indossa bermuda
sciolti, pantaloni morbidi e caban oversize
zippati, accessoriati da borse a tracolla in
canvas sfrangiato.
Ambientazione Africa per la collezione di
Mango che punta sui colori naturali e sulle
materie prime grezze, rese vivaci da pietre colorate come quelle arancioni che ricordano la
steppa africana. Lino e camoscio sono ideali
per capi ampi e fluidi che ricordano le atmosfere avventurose del safari africano. Completano il look gli accessori animalier, come gli
occhiali da sole e le sciarpe leggere.
Il completo
giacca senza
maniche con
bermuda e
cinturina di cuoi
di Michael Kors.
Completano
il look
il borsone in
canvas e pelle e i
sandali
con la zeppa
Scrivete
Inviate le vostre domande al veterinario
del Caffè
stefano.boltri.doc@alice.it
Potete scrivergli anche entrando nella
pagina web del sito www.caffe.ch
cliccando sulla rubrica “Qua la zampa”
La prevenzione è fondamentale
per eliminare zecche e zanzare
La domanda
La risposta di Stefano Boltri
E
C
gregio dottore, i miei quesiti non sono certo una novità per lei ed i
suoi colleghi che in questo periodo dell’anno si ritrovano tali problemi
all’ordine del giorno. Mi riferisco al
fastidio delle zecche che col passare
del tempo sembrano aumentare di
numero, ma soprattutto mi provocano un certo timore per via delle possibili malattie da esse trasmesse.
In questo periodo sento spesso parlare
di casi di piroplasmosi ed erlichiosi; in
particolare proprio la scorsa settimana
per il cane di un mio amico. Chiedo a lei
consigli per riconoscere in tempo i
sintomi ed ovviamente come
fare per tenere lontane qulle famigerate
zecche!
ome ad ogni avvicinarsi della bella stagione, il problema legato ai parassiti esterni di cani e gatti diventa
molto di attualità e con esso anche le malattie trasmesse da tali vettori. Le zecche rappresentano vettori
di potenziali patologie e in questo ruolo sono in buona compagnia insieme alle varie zanzare responsabili di altre patologie come la leishmaniosi e la filariosi, tuttavia esse sono dei trasportatori multipli in quanto veicolano più patogeni come ad
esempio quelli da lei citati: babesia canisi ed
erlichia canis. In particolare per quanto riguarda la piroplasmosi o babesiosi, il decorso
dela malatie nei casi acuti è molto veloce e i
sintomi sono letargia, mancanza di appetito
febbre, vomito, urine molto scure e mucose
pallide in quanto tale parassita distrugge i globuli rossi causando una anemia grave. Ovviamente la morte dell’animale non è un fenomento molto raro in caso di decorso acuto
o iperacuto. Per l’erlichiosi, il patogeno re-
Urban
safari
sponsabile si diffonde nell’organismo raggiungendo svariati organi tra cui milza fegato e linfonodi che reagiscono aumentando di volume. Tale infezione colpisce i vasi sanguigni ed interferisce con il normale processo di coagulazione
del sangue. Da qui una tendenza alle emorragie che caratterizza tale patologia, soprattutto nelle forme subacute e
croniche. Febbre e piccole macchie rosse (diatesi emorragica) sulle mucose sono riscontri tipici di tale patologia. Il riconoscere precocemente i sintomi, soprattutto in seguito
all’evidenza di una puntura di zecca è indispensabili per
una prognosi migliore in quanto il fattore tempo può giocare un ruolo fondamentale. I farmaci a disposizione per la
cura di tali patologie sono svariati, ma i più importanti sono
senza dubbio rappresentati dall’imidocarb (soprattutto per
babesia) somministrato per iniezione e dalla doxiciclina.
Come sempre, ovviamente, la profilassi è fondamentale e
va attuata anche per tutto l’anno con i più svariati prodotti
in commercio, avendo cura di scegliere quelli di nuova generazione per la facilità di adattamento e, quindi, la possibilità di sopravvivenza di questi parassiti.
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IL CAFFÈ
4 maggio 2014
21
tra
parentesi
Gli animali
Il progetto
Garantiamo
pure a Fido
i suoi spazi
In Francia,
così come in Svizzera,
gli animali non
saranno più solo cose
S
i sente sempre tanto parlare di città a misura di
uomo, ma mai di cane.
Eppure, anche Fido vuole i
suoi spazi. E non ha nemmeno chissà quali pretese. A lui
bastano alcune decine di
metri di verde dove correre libero e socializzare con
i suoi simili. Chiamiamoli
dog park, aree sgambettamento o sgambatura cani o
parchi attrezzati, il concetto
alla base è sempre lo stesso:
zone verdi delimitate, all'interno delle quali i cani possono correre e giocare senza
guinzaglio e museruola.
L’area cani non è un capriccio di padroni esagerati,
ma un vero e proprio toccasana per l’amico a quattrozampe. Favorisce la socializzazione con i suoi simili in
un contesto sicuro, sempre a
patto di rispettare alcune indicazioni di base. Aree recintate, accessibili attraverso
cancelli, provviste di acqua
corrente, in cui i cani sono liberi di scorrazzare e protetti
da influenze esterne. Ed è
proprio il fatto di essere senza guinzaglio che aiuta Fido a
socializzare: in questo modo
gli animali sono liberi di stabilire gli approcci come meglio credono, di sfogare le
energie giocando tra loro, divertendosi e stancandosi nel
miglior modo che ci possa essere.
E tutto questo fa bene anche ai proprietari. Inoltre, le
aree verdi per il miglior amico
dell’uomo sono una buona
cosa anche per chi non ha cani e neppure molta confidenza con loro. Così ognuno può
avere i suoi spazi nel totale rispetto degli altri.
c.c.
Più simili
a noi,
anche...
in
tribunale
G
andhi c’era arrivato
un bel po’ di tempo
fa: “La grandezza di
una nazione e il suo
progresso morale
possono essere valutati dal modo in cui tratta i suoi animali”. Il
deputato francese Jean Glavany,
invece, l’ha scoperto di recente e
ha fatto una proposta di legge:
“Basta considerare gli animali
domestici come cose”. In Francia,
infatti, il codice civile equipara le
bestiole a semplici oggetti. Ecco
perché il progetto di legge mira a
considerare i quattrozampe come “esseri viventi dotati di sensibilità”. In Svizzera, fortunata-
zienti”. Il problema è che, per armonizzare il trattato europeo
con le normative dei vari Stati,
occorre molto più di uno schiocco di dita. Ancora tanti i Paesi
L’esperta
invece, vige una legislazione all’avanguardia. Sulla classificazione di “esseri senzienti” si sono
espressi numerosi tribunali con
le loro sentenze. “L’animale non
Per Chiara Piccaluga serve maggior informazione sui diritti dei nostri “amici”
“Lasciamo che il cane
si comporti da cane”
U
La legge mira
a considerare
i quattrozampe
esseri viventi
dotati di sensibilità
mente, tutto ciò è già una realtà,
dal 1° aprile 2003. Ma, purtroppo,
nel procedimento penale continuano ad essere trattati come cose. Non per niente, le vittime di
maltrattamenti non hanno un
difensore dei propri diritti e ne
avrebbero bisogno. Basti pensare che solo nel 2012, nella Confederazione, i casi di violazione
della legge sulla protezione degli
animali sono stati 1.404, 158 in
più rispetto all’anno prima. E negli ultimi dieci anni il numero è
addirittura quadruplicato. Ecco
perché la sola legge, sulla carta,
non serve a molto, bisogna puntare su una maggior coscienza civile, come dice Pierre Rusconi,
presidente della Protezione animali di Lugano.
In Europa c’è da almeno sette
anni la consapevolezza che gli
animali sono “esseri sensibili”,
ovvero da quando è stato approvato il Trattato di Lisbona, che
stabilisce la natura di “esseri sen-
che, ad esempio, non puniscono
l’uccisione degli animali, come
la Romania e l’Ucraina, senza
che vi sia alcun intervento concreto da parte dell’Ue. In Italia,
ETOLOGA
Chiara Piccaluga,
terapista
complementare,
specialista in scienze
naturali-etologia
(armoniachiara.com)
na cosa è certa. Fortunatamente,
negli ultimi anni le tutele nei
confronti degli animali sono cresciute notevolmente. Soddisfatta anche Chiara Piccaluga, etologa: “Dal
mio punto di vista vi è molta più informazione sui reali bisogni degli animali
-osserva -. Questa conoscenza, ossia
il sapere, ha incrementato notevolmente la sensibilità e la vicinanza nei
riguardi degli animali, soprattutto
quelli da compagnia.
Più si conosce e più si comprende
l’altro. Infatti, analogamente, meno si
conosce e più lo si teme o si attuano
comportamenti non funzionali e non
idonei. Oggi, grazie alla divulgazione
delle conoscenze apprese in campo
etologico, ci sono sicuramente più
strumenti per garantire maggiormente gli animali.
Si è evoluta, quindi, la nostra sensibilità. O, magari, gli animali domestici si sono un po’ umanizzati... “Per
molti la sensibilità verso gli animali si
è evoluta - prosegue l’etologa -. Non
sono loro che si sono umanizzati.
Tutt’al più credo che pure in questo
campo la commercializzazione e il
consumismo giochino un ruolo di primo piano”.
Anche il mercato si è allargato a
dismisura e propone centinaia di pro-
dotti solo loro, seppure non di prima
necessità. Ma perché tendiamo ad
umanizzare cani e gatti e non, ad
esempio, pesci rossi, tartarughe o criceti? “È spiegabile grazie all’evoluzione delle strutture cerebrali, da cui
dipendono le capacità fisiologiche e i
comportamenti delle specie - osserva
l’esperta -. Tutto si basa sulla teoria di
MacLean, medico statunitense specializzato nelle neuroscienze, che descrive l’evoluzione del cervello da rettiliano a limbico, fino all’ultima fase
con la presenza della neocorteccia in
grado di elaborare e garantire l’apprendimento”.
Comunque sia, lasciamo fare gli
animali agli animali e non calpestiamo, anche se con le migliori intenzioni, i loro diritti. Pensiamo piuttosto a
salvaguardare al meglio questi diritti:
“Ovvero quelli che riguardano i bisogni primari volti al benessere e alla tutela della loro salute, come il cibo
adatto, sano e in quantità corretta, un
ambiente di vita ideale, aspetti relazionali, passeggiate, socializzazione,
affetto e cure adeguate - conclude
Piccaluga -. Ma non sottovalutiamo
l’importanza del gioco e la stimolazione per sviluppare capacità e creatività. Aspetti anche questi, ripeto, che
vanno assolutamente garantiti”.
può essere collocato nell’area semantica concettuale delle ‘cose’,
dovendo essere riconosciuto come ‘essere senziente’”, il principio di diritto affermato dal Tribunale di Milano nel marzo dello
scorso anno. Il maltrattamento
degli animali è punito fino ad un
anno di reclusione e non conosce differenze di specie. L’Italia,
poi, nel 1991 è stato tra i primissimi Paesi ad eliminare la pratica
di sopprimere cani e gatti per
combattere il fenomeno del randagismo. Una modalità che ancora oggi continua in diversi Stati, come la Spagna. E a marzo è
stato raggiunto un altro risultato:
Le opinioni
Pierre Rusconi
Per il presidente della
Protezione animali di
Lugano più delle leggi, per
tutelare gli animali serve una
maggior coscienza civile.
Nel 2012 i casi
di maltrattamenti
sono stati 1.404,
158 in più rispetto
all’anno prima
vietare la sperimentazione animale su cani, gatti e primati. Non
solo. Chi non soccorre un animale è penalmente punibile.
In Inghilterra gli animali domestici sono addirittura dei soggetti giuridici, con vere e proprie
responsabilità: possono addirittura incorrere in un processo se
azzannano un passante. Negli
Stati Uniti la normativa varia da
Stato a Stato: se a New York è ancora permesso sopprimere animali, in California è vietato vendere animali nei negozi. Come
in Belgio, perché non sono considerati un bene qualsiasi: per
acquistare un cucciolo, è possibile farlo esclusivamente presso
un allevamento. Ma il primato
per la normativa più bizzarra va
indubbiamente all’India, che
vieta l’uccisione dei delfini perché li considera “persone non
umane”. Insomma, Paese che
vai, sensibilità che trovi.
c.c.
Filippo Gianoni
Secondo il legale della
Protezione animali di
Bellinzona, il nostro Paese
tutela molto bene anche gli
animali da reddito.
Clarissa Tami
Per la simpatica presentatrice
Rsi, innamorata della sua
cagnolina Clio, anche famiglia
e scuola devono contribuire a
una maggior sensibilità.
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A PROPOSITO DI
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IL CAFFÈ
4 maggio 2014
23
tra
leauto
parentesi
La dotazione della piccola coreana di casa Kia sorpassa le opzioni delle auto concorrenti
In breve
Risuona un “Soul” originale
STEFANO PESCIA
P
er rinnovare un modello
non è sempre indicato
cambiare completamente
il suo aspetto estetico, soprattutto se la nuova versione mantiene lo stesso nome del suo
predecessore. Kia insegna: con
la sua nuova Soul ha vinto la
scommessa. La vettura mantiene una forma della carrozzeria
squadrata con una coda posteriore verticale dotata di grande fari e una capacità di carico
variabile da 238 a 1.367 litri.
Un veicolo che si presenta immediatamente con un ruolo
che sa soddisfare l’esigenza di
uno spazio compatto, un bagagliaio e un’abitabilità comodi.
Un generoso spazio interno,
funzionale anche in altezza. Ma
la Kia Soul rinfresca anche il
guardaroba, in particolare grazie all’uso di numerose e piacevoli tinte bicolori della carrozzeria. Un eccellente punto di
partenza che rende il modello
attraente sin dal primo sguardo.
Ma la seconda generazione della Soul va naturalmente oltre,
ad iniziare dall’utilizzo di un
pianale ereditato dalla nuova
Cee’d. Il primo risultato è quindi una leggera modifica delle
Il nuovo stile di un veicolo compatto e completo
I dettagli
IL DESIGN
La vettura mantiene una
forma della carrozzeria
squadrata con una coda
posteriore verticale
sue dimensioni esterne. È più
lunga di 2 cm (4,14 m), più larga
di 1,5 cm (1,80 m), alta 1,60 m
(come prima) e con un passo a
2,57 m (+ 2 cm). Anche l’abitacolo si rinnova con buon gusto
e funzionalità come confermano le bocchette d’aerazione ai
lati del cruscotto che ospitano
anche gli altoparlanti dell’impianto audio.
Chi sceglie le versioni meglio
equipaggiate, apprezzerà sicuramente lo schermo tattile da 8
GLI SPAZI
La capacità di carico è
variabile da 238 a 1.367 litri
abbassando completamente
i sedili posteriori
pollici e le vari funzioni multimediali, navigatore con sette
anni di aggiornamento delle
mappe compreso. A favorire la
visibilità posteriore e le manovre in retromacia ci pensa una
telecamera Un agile crossover che riprende
una caratteristica di Kia; quella
di offrire, di serie o in opzione,
diversi accessori che solitamente non sono disponibili nei
veicoli simile della concorrenza. Pensiamo, ad esempio, alla
GLI ACCESSORI
Diversi accessori che non
sono disponibili nei veicoli
simili della concorrenza sono
offerti di serie o come opzione
possibilità di riscaldare lo sterzo, servoassistito elettricamente, che in aggiunta può pure essere regolato secondo tre diverse modalità: comfort, normal e
sport, oppure a quella di poter
riscaldare sia i sedili anteriori,
sia quelli posteriori.
L’offerta di motorizzazioni rimane la stessa della prima generazione, con dei miglioramenti tecnologici. Si tratta di
due quattro cilindri, di 1,6 litri
con turbocompressore sia per il
La Bmw
benzina (Gdi) da 132 cavalli, sia
per il diesel (Crdi ) da 128 cavalli. Tre sono gli allestimenti disponibili, con prezzi base che
partono da 22’500 fino a 32’500
franchi. Per le versioni Trend e
Style è disponibile anche un
cambio automatico a sei rapporti (+ 3000 franchi).
Al volante si apprezza la comodità dei sedili e la silenziosità
interna. Un ulteriore beneficio
anche per gli occupanti dei sedili posteriori che viaggiano
con qualche centimetro supplementare per gambe e testa.
Guardandola qualcuno potrebbe pensare che la Soul si adatterebbe perfettamente all’aggiunta di una versione a trazione integrale, ma in casa Kia l’argomento rimane un desiderio.
Peccato. Comunque, tra qualche mese sarà possibile scegliere una versione con motorizzazione elettrica. La Ev, con il motore alimentato da batterie agli
ioni di litio, sarà in grado di sviluppare 110 cavalli con una
coppia massima di 285 Nm.
I tecnici del marchio coreano
promettono che il veicolo sarà
in grado di percorre 200 km prima di dover ricaricare la batteria.
Da giugno con la i8 il
motore a
combustione e quello
elettrico con
tecnologia Plug-in
offrono una nuova
mobilità sportiva. 362
Cv, da 0 a 100 km/h
in 4,4 secondi, un
consumo medio
inferiore ai 3 litri/100
km, CO2 di soli 59
g/km e un’autonomia
di oltre 500 km!
La Fiat
La Punto
Young (da 11’950
franchi) è
disponibile a 3 o 5
porte e con tutte le
motorizzazioni in
gamma. Una serie
speciale arricchita
di ulteriori
accessori di serie
O
SULLE STRADE DEL MENDRISIOTTO
T
IC
IN
Antiche cave di marmo
e vecchi mulini
a tutto… monovolume
tragitto
23 km
Lugano
Coldrerio, Arzo e la Valle della Motta
con una famigliare davvero “Scenic”
U
na cura di stile ha permesso alla
Scenic 2014, leader nel settore
dei monovolumi compatti in Europa, di rinnovarsi con un design che
riprende quello nuovo di Renault. Il
compatto monovolume francese (lunghezza 4,37 m) è una proposta che si
adatta a chi desidera un auto in cui lo
spazio rifletta una piacevole e funzionale abitabilità per cinque persone.
Per soddisfare una nuova modalità della comunicazione viaggiando, Renault
ha arricchito la Scenic con un sistema
di navigazione dotato di un interattivo
schermo tattile che permette di accedere in tempo reale a molteplici informazioni e innovative applicazioni. Un’ulteriore espressione della tecnologia per
una guida più rilassante e piacevole, è
rappresentata dall’introduzione del
nuovo motore a quattro cilindri di 1,2
litri turbo a iniezione diretta della famiglia Energy, con sistema Stop &
Start. Un propulsore che ha permesso
la riduzione del consumo di carburante di circa 1 litro ogni 100 km, rispetto al
suo predecessore.
Una piacevole sorpresa come abbiamo
scoperto con la nostra prova su strada.
Per trascorrere una giornata, che ci
permette di conoscere la ricchezza del
nostro territorio, andiamo nel Mendrisiotto. La prima tappa a Coldrerio, a
meno di mezz’ora di strada da Lugano,
nel cuore del Parco della Valle della
Motta. Sosta al Mulino del Daniello che
Coldrerio
La scheda
Renault Scenic
Energy TCe
Motore
4 cilindri benzina
Cilindrata (ccm)
1’197
Cambio
man. a 6 marce
CV
132
Coppia max. 205 a 2000 g/min.
0-100 km/h (s)
11,4
Velocità massima (km/h)
190
Consumi (l/100 km)
ca.7
Prezzo base
29'900 franchi
deve il nome al suo primo mugnaio
Daniele Galli. Venne edificato nel 1801
e oggi rappresenta il mulino che offre la
maggiore documentazione. Una suggestiva meta anche per i bambini che
possono così scoprire ricordi del passato e la storia del cantone, attraverso
il lento ruotare delle macine dei mulini
che garantivano la sussistenza della
popolazione. Nel pomeriggio potete
seguire la strada che da Mendrisio porta in direzione di Meride.
Ad Arzo avrete la possibilità di apprezzare la bellezza delle montagne che
hanno regalato alla regione una pietra che si presenta in differenti tonalità
di colore e aspetto. Le pietre di marmo
cavate e lavorate dalle cave locali sono
un’ ulteriore testimonianza del passato. L’inizio dell’attività estrattiva risale
attorno al 1300. Il “marmo” di Arzo viene impiegato per differenti usi: per la
decorazione di opere importanti come
chiese, cappelle, palazzi pubblici e ville, oppure come materiale per l’arredamento o per la realizzazione di oggetti
di varia forma e natura.
Alla fine del viaggio non si può non notare che con i suoi 130 cavalli il motore
a benzina ha un positivo rapporto cilindrata/prestazioni. Brillante nelle accelerazioni e silenzioso è una chiara dimostrazione di come si può ottenere
un numero di cavalli adeguato anche
con una riduzione della cilindrata.
s.p.
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
25
tra
parentesi
L’educazione
H
anno appena tre
anni e col tablet, tra
un video e un cartone animato, disegnano, scattano foto e imparano le lettere dell’alfabeto. Con estrema naturalezza,
muovono le manine sullo schermo in cerca di chissà che. Sono
intuitivi e vanno avanti a tentoni,
sino a quando non raggiungono
ciò che gli interessa. Ma sono decisamente un passo avanti rispetto a quelli che sino a poco
tempo fa chiamavamo “nativi digitali”. E sono sempre più numerosi. Eccola la “touch generation”, i “mobile-born”, perché
sempre più giovani. Gattonano
ancora, ma vanno già di touch,
con un intuito sorprendente. Un
fenomeno che famiglie, scuole e
società cercano di capire e gestire, confessando anche un po’ di
preoccupazione. “Le nuove tecnologie non sono né buone né
cattive né utili né inutili, dipende dall’uso che se ne fa - premette saggiamente Giorgio Comi,
docente e formatore -. Fondamentale è la mediazione educativa e l’accompagnamento del
genitore”.
Da quando nel 2010 sono arrivati i tablet, cosiddetti intuitivi,
senza più il mouse, tanto per
semplificare le cose, i piccoli sotto i quattro anni che maneggiano schermi tattili sono moltiplicati. Negli Stati Uniti il 38% dei
bimbi sotto i due anni ci gioca.
Una crescita vorticosa: due anni
prima era solo il 10%. In Svizzera, già nella fascia di età tra i sei e
i tredici anni, tre quinti dei bambini ha uno smartphone o un tablet e circa la metà di loro può
accedere a tutte le pagine internet senza il controllo dei genitori. A rivelarlo è uno studio di
“Switch Junior Web Barometer”
che ha sondato le abitudini di
bimbi e ragazzi svizzeri con internet e social media. È emerso
che l’uso del web tra i bambini e
i ragazzi non è limitato al computer, a casa o a scuola, ma si
estende sempre di più a smar-
L’esperto
“I genitori
devono
aggiornarsi
e vigilare”
Sinue Kappeler, 1 figlio, 4 anni
Cindy Caprara, due figli, 2 e 4 anni
Sonia D’Antoni, due figli, 5 e 4 anni
“Al massimo 10 minuti al giorno. E noi siamo
lì con lui, mentre Jeremy picchietta sullo
schermo dell’iPad. È impressionante come
riesca, in modo intuitivo, ad usarlo.
Comunque, per ora l’elettronica a casa
nostra è limitatissima”.
“All’inizio è una sorta di imitazione dell’adulto, che
vedono maneggiare cellulari e iPad. Ma quando
scoprono che con questi aggeggi si
fanno foto, si vedono film e si
gioca è finita. Il loro uso va
assolutamente controllato”.
“Bè, diciamo subito che i bambini di oggi
usano iPhone e iPad intuitivamente, senza
alcuna spiegazione. I nostri figli hanno però
solo un gioco sul telefonino e glielo
concediamo raramente. Così come la tv.
Siamo molto severi in questo senso”.
2000
La
“touch
generation”
cresce
LO SPARTIACQUE
È l’anno considerato come
uno spartiacque. I nativi
digitali sono tutti quei ragazzi
nati dopo il 2000, quando i
computer e Internet sono
entrati nella vita
quotidiana di tutti
e si moltiplica
I consigli
1
2
3
4
Niente
schermi
prima dei 3
anni
Console dei
videogiochi
off limits prima
dei 6 anni
No ad
internet
prima di
9 anni
Rete libera dopo i
12, ma con orari
definiti e siti
controllati dai genitori
tphone e tablet. Dispositivi ormai pane quotidiano delle ultime generazioni, che ne fanno un
uso a 360 gradi.
Intanto, i genitori si chiedono come gestire il rapporto tra i
loro piccoli e i tablet? Alcune
mamme sentite dal Caffè permettono ai figli di usarli anche
da soli, ma sempre sotto control-
lo. “Ogni epoca ha la sua invasione di nuove tecnologie che
spiazzano le persone nate e cresciute con tecnologie precedenti
- sottolinea Comi -. Con questo
non voglio difendere a priori
smartphone e tablet, ma pensiamo che fanno ormai parte della
realtà odierna della maggior
parte dei genitori, quindi è nor-
male che il bambino ne sia incuriosito e attratto e voglia, in un
certo senso, imitarli. Una curiosità naturale, tipica dei bambini
nei confronti di tutti ciò che è
nuovo”. Sull’onda del timore di
un uso eccessivo della tecnologia nel mondo dei bambini Serge Tisseron, psichiatra infantile
e psicoanalista francese, ha
creato la regola del 3, 6, 9,12.
Una quaterna che prevede:
niente schermi prima dei tre anni, console dei videogiochi off limits prima dei sei, no internet
prima di 9 anni e rete libera per
dopo i 12, ma con orari ben definiti e siti rigorosamente controllati dai genitori. Come dire, c’è
un’età per ogni cosa.
c.c.
T
enere il ritmo dei propri figli non è semplice. I ragazzi, si sa, vanno alla velocità
della luce e stare al loro passo
non è facile, soprattutto se si avventurano in campi di cui mamma e papà magari conoscono poco. Come le nuove tecnologie.
“La prima difficoltà da superare è
capire che questi ragazzi sono
cresciuti con una forma mentis
totalmente differente dalla nostra
- spiega Ilario Lodi, direttore di
Pro Juventute Svizzera italiana -.
Il loro modo di comunicare, attraverso le nuove tecnologie, è diverso da quello dei genitori. E allora dobbiamo chiederci in che
modo i nostri figli entrano in relazione con gli altri, quali modalità
utilizzano, e che spesso a noi
adulti sono sconosciute. E, soprattutto, vigilare”.
La sfida è arrivare a gestire nel
modo più appropriato il rapporto
tra bambini e nuove tecnologie.
“Chiaramente non c’è un solo
modo - nota Lodi -, va però calibrato a seconda della situazione.
E, soprattutto, mai abbasssare la
guardia, restare sempre vigili”.
Il direttore di Pro Juventute
Svizzera italiana suggerisce un
approccio graduale alle nuove
tecnologie: “Ad un bambino, come primo telefono non regalerei
certo uno smartphone, ma un
cellulare vecchio stile. Poi col
passare degli anni, lo introdurrei
con cautela nel mondo del web,
smartphone e tablet”.
Insomma, un approccio graduale alle nuove tecnologie, dando al piccolo il tempo necessario
per capire cosa sta facendo. Permettendogli autonomia e curiosità, ma sempre sotto la supervisione di un adulto. “Tutto ciò implica un impegno extra da parte
dei genitori, me ne rendo conto,
ma i pericoli sono troppo grandi.
Vigilare è fondamentale”, sottolinea Lodi. D’altro canto, il “lavoro”
del genitore è sempre stato gravoso. Anche se le vecchie generazioni al massimo dovevano tenere sott’occhio solo la tv. Perché altro non c’era.
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L’ATTIVITÀ PROFESSIONALE
26
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
Situazione professionale delle madri con partner,
2012, secondo l’età del/la figlio/a minore
tra
parentesi
13.1
%
tra 0 e 6 anni
29.7
%
Senza attività professionale
Tempo parziale <50%
Tempo parziale 50-89%
26.7
%
Tempo pieno 99-100%
La società
CHI FA COSA IN TICINO
Persone inoccupate
e apprendisti/e escluse
14.9
%
tra 7 e 14 anni
Tempo medio in ore alla settimana dedicato
ad attività domestiche, per genere di attività
di madri e padri, con un figlio al di sotto
dei 7 anni, in ore alla settimana, nel 2010
30.5
%
18.0
%
19.6
%
tra 15 e 24 anni
19.6
%
9,2
3,7
Preparare
da mangiare
31.8
%
35.4
%
35.4
%
25.5
%
3,7
Fonte: Rifos
Agli uomini i conti...
alle donne tutto il resto
3,3
Marito, padre e
imprenditore dell’azienda
Gourmet service, 40 anni
vano e stirano, curano gli animali, si occupano del giardino,
dei figli in tutto e per tutto, dall’alimentazione allo scorazzarli
di qua e di là. Se poi ci sono anche degli anziani in famiglia il
fardello se lo caricano, per intero, sempre loro suelle spalle. Ecco perché, fatti due conti, sul
groppone della donna pesano in
media 55,6 ore alla settimana, su
di lui solo 29,4. Certo, non bisogna generalizzare. Qualche
buon esempio si trova certamente. “Non ci siamo mai seduti
a tavolino a stabilire a chi spettasse fare il bucato e a chi cucinare – dice Jalal Mantovan, imprenditore e ideatore di Gourmet service -. A parte la spesa
che facciamo sempre insieme,
per le altre faccende domestiche
ci organizziamo in base a cosa
c’è da fare in quel preciso momento e a chi ha tempo.
Senza stare a pensarci
troppo. A pranzo e a cena
cucina mia moglie perché
è a casa. Fa anche più cose,
perché rispetto a me ha più
tempo. È un metodo che
funziona bene e non ci ha
mai creato tensioni”.
Certo, la divisione dei lavori domestici tra lui e lei dipende anche molto dall’eventuale impegno professionale
della donna. Ma comunque sia,
la tendenza a delegare a lei resiste. “In casa nostra la divisione
dei lavori domestici non è paritaria per niente – scherza Maura
Vinci
6,6
1,8
Pulire, rassettare,
rifare i letti e altro
Ranucoli, tecnico di analisi biomedica e neomamma -. Ma il
motivo è semplice: io attualmente sono a casa in maternità,
mentre mio marito lavora tutto il
Maura
Ranucoli
Moglie, neomamma
e tecnico di analisi
biomedica, 29 anni
Ti-Press
Jalal
Mantovan
Ti-Press
D
mente, dei lavori manuali; mentre le donne preparano i pasti,
lavano i piatti, riordinano e apparecchiano tavola, fanno la
spesa, puliscono, rassettano, la-
2,1
Fare
la spesa
Le faccende domestiche se le sobbarca lei,
maschi incapaci, poco veloci e, pure, pigri
opo il lavoro, la casa. La nuova frontiera della parità
dei diritti tra uomini e donne passa
per la divisione, o almeno la
condivisione, dei lavori domestici. Negli Stati Uniti il libro “Arrivare a 50-50, come i genitori
che lavorano possono avere tutto”, di Sharon Mears e Joanna
Strober, è rimasto parecchio
tempo in testa alle classifiche
della saggistica. Un motivo ci sarà. Propone tutta una serie di
“dritte” per spartirsi equamente
il carico domestico tra maschi e
femmine. E suggerisce che con il
50&50 la coppia è più felice e
dura più a lungo. Suggerimenti
utili anche Ticino dove tra le
mura di casa, in generale, funziona così: agli uomini la contabilità e alle donne tutto il resto.
Il segreto per una vita di coppia idilliaca non sta solo nella
condivisione di grandi ideali, religiosi, politici o esistenziali. Dopo la fedeltà e l’armonia sessuale, conta pure una buona gestione della routine quotidiana. A ricordarlo è anche un gruppo di
ricercatori dell’Università della
California di Los Angeles, in un
altro libro “Fast-Forward Family”. Eppure in Ticino, secondo
uno studio dell’Ufficio federale
delle assicurazioni sociali, pubblicato sul “Bulletin” del Crédit
Suisse, gli uomini in casa si occupano delle attività amministrative e, a volte, ovvero rara-
2,0
Lavare i piatti, riordinare,
apparecchiare la tavola
giorno. Prima, devo essere sincera, dividevamo equamente gli
impegni domestici”.
Comunque sia, le abitudini
legate alla famiglia e alla genitorialità cambiano lentamente.
Sono radicate nel tempo e gli
stessi protagonisti (lui e lei) faticano a vedersi in un altro ruolo.
Il fatto che si sia stato sempre
così, che già nella famiglia di origine funzionava allo stesso modo, non aiuta. Inoltre, c’è una
reale difficoltà del genere maschile ad impossessarsi dell’abc
dei lavori domestici. E allora, chi
fa da sè fa per tre. Piuttosto che
perder tempo a spiegare al partner... la donna si sbriga da sola.
Ecco perché lo scettro di regina della casa resta ben saldo in
mani femminili. E anche quelle
impegnate professionalmente,
sotto sotto hanno quasi il timore
di perdere il loro ruolo domestico. Continuano imperterrite ad
avere forti ideali casalinghi,
quelli delle loro mamme, e in
fondo pensano di essere le sole a
poter mandare avanti la famiglia. E poi gli uomini sono lenti,
impacciati e, diciamocelo francamente, pigri. Ciò non toglie
che sia un atteggiamento un
tantino autolesionistico, che se
non muterà vorrà dire che le
donne, in eterno, avranno due
lavori e gli uomini uno solo. Insomma, sarebbe anche ora di
cambiare un po’ musica. Ma ancora una volta ci deve pensare la
donna.
c.c.
3,3
0,6
Lavare,
stirare
0,7
2,0
Attività artigianali,
lavori manuali
1,9
1,4
Cura degli animali
domestici, lavori di giardinaggio
1,2
1,3
Attività
amministrative
29.9
14.9
TOTALE
Fonte: Ufficio federale delle assicurazioni sociali
Andrea Bocelli
sabato 7 giugno alle ore 21.00 in Piazza Grande, Locarno
Partecipa al concorso del Caffè e vinci 6 biglietti
per il concerto di Andrea Bocelli
con l’Orchestra Sinfonica G. Rossini di Pesaro
Per essere estratti basta inviare una e-mail a marketing@rezzonico.ch indicando i propri dati (nome, cognome e indirizzo completo) entro venerdì 16 maggio
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
27
LA CAMPAGNA
Il manifesto pubblicitario che
invita le famiglie a trovare...
“il meglio” a Cevio
tra
parentesi
Il reportage
Una campagna pubblicitaria
che invita le famiglie
a scoprire i vantaggi di Cevio,
in Valle Maggia. Il Caffè
è andato a vedere la realtà
oltre gli spot promozionali.
E gli abitanti spiegano che...
“Viviamo qui perchè
questo è il comune
più felice del Ticino”
OMAR RAVANI
U
n comune a misura d’uomo. O
ancora “Cevio, per la famiglia, il
meglio”. È quanto promette una
campagna pubblicitaria, la prima di questo genere in Ticino,
per promuovere la località valmaggese. E, allora, per vedere
la realtà al di là dei manifesti
promozionali, Il Caffè è andato
sul posto, per sentire più volte
ripetere dagli abitanti una convinzione che risuona come loslogan di questo piccolo
centro a 25 chilometri da
Locarno: “Viviamo qui perché questo è il comune più
felice del Ticino”.
Inutile sottolineare la
soddisfazione del sindaco,
Pierluigi Martini, che spiega: “Abbiamo trasformato
la distanza dal polo urbano più vicino in vantaggio.
Forniamo tutti i servizi
necessari alla nostra popolazione, scuole che
permettono ai ragazzi
della Valle Maggia di terminare gli studi dell’obbligo senza doversi sobbarcare massacranti trasferte,
e una nuovissima casa per
gli anziani”.
In realtà, la prima impressione, arrivando nella
piazzetta di Cevio è più
che favorevole. Nel raggio
di poche decine di metri ci
sono la Posta, due banche,
tre bar, una farmacia, la
sede della polizia, un fiorista e un negozio di alimentari. Dice Athos Pozzi: “È un paese molto
tranquillo- parola di poliziotto la sua -. Non esistono grossi problemi di sicurezza e le cose non dovrebbero cambiare. Ci conosciamo tutti e questo, in
un certo senso, aiuta”. Vivere in un luogo in cui si
può ancora, come si suol
dire, non chiudere a chiave la porta di casa non è
poco. Gli abitanti di Cevio
godono pure di un’ampia
offerta di infrastrutture,
per lo sport e lo svago: gli
impianti di Mogno e Bosco Gurin per lo sci, e la
possibilità di fare hockey
su ghiaccio e pattinaggio
a Prato Sornico. Se qui lo sport
Il paese in breve
1
LA POPOLAZIONE
A fine 2013 Cevio contava
1’164 abitanti, divisi in 21
frazioni, tra le quali
gli ex Comuni di Bignasco
e Cavergno, aggregati
dal 2006
2
IL MOLTIPLICATORE
In continua discesa, è
fissato all’87%, dopo
essere stato al 95% fino al
2010. il salto più deciso è
avvenuto nel 2011 con il
passaggio all’87,5%
4
5
ha avuto una grossa spinta lo si
deve essenzialmente a don
Dante, che da quasi sessant’anni vive a Cevio. “Sono arrivato
nel 1956 - ricorda il sacerdote -.
Allora per lo sport non c’era
nulla, e mi sono dato da fare
per offrire qualcosa per i giovani. Nei miei 50 anni di sacerdozio, ho partecipato alla nascita
di due club di calcio, uno d’atletica e ho creato la prima pista di
pattinaggio naturale. Adesso
sono contento che la gioventù
della valle possa godere del
mio lavoro. A 92 anni penso di
essermi meritato una vecchiaia
serena, che trascorro nella casa
per anziani dove mi trovo molto bene”.
La nuova casa per anziani
della Valle Maggia, inaugurata
da qualche mese, è considerata
dagli abitanti un vero e proprio
gioiello. Destinata ad ospitare
le persone della terza età, funge
anche da ospedale diurno.
L’EDUCAZIONE
Cevio conta su una scuola
elementare e una scuola
media, oltre 200
tra allievi e docenti, tutti
raccolti in un unico
centro scolastico
LA STORIA
È del 1335, con il nome di
Zevio, la prima traccia
storica. Dopo più 5 secoli,
nel 1858, Linescio diventa
entità a sè e lo è ancora,
con 50 abitanti
“I ragazzi possono
terminare gli studi
dell’obbligo senza
sobbarcarsi
massacranti trasferte”
“Lavorare qui è molto gratificante - osserva Maria Grazia
Frapolli, impiegata dell’istituto
-. Una struttura modernissima,
che ha però mantenuto quello
spirito che già c’era nel vecchio
ospedale. Qui si vive fino in
DAL SACERDOTE
AL POLIZIOTTO
A sinistra, in senso
antiorario: Don Dante,
sacerdote a Cevio da 57
anni; Maria Grazia
Frapolli, impiegata nella
casa per anziani; Athos
Pozzi, agente della
polizia comunale; Danilo
Magri, autista dello
scuola-bus e, a destra,
Nicole Chopard,
insegnante alla scuole
medie uniche
della Valle Maggia
3
IL TERRITORIO
6
GLI IMMOBILI
Con 151,42 km2 di
superficie Cevio è il terzo
comune più grande del
Ticino, dopo Blenio e
Lavizzara. Solo lo 0,5% è
coperto da strade o case
Il basso costo dei terreni
permette di beneficiare di
un buon rapporto qualitàprezzo. Per un 4,5 locali si
superano di poco i 1’200
franchi di affitto al mese
fondo la vita di una comunità,
dove tutti si danno da fare per
aiutarsi a vicenda”.
Un principio centrale,
quello della collaborazione,
anche nella realizzazione della
campagna pubblicitaria, ideata
dall’azienda di marketing di
Johnny Pedrazzi. “Ci siamo trovati nella primavera 2013 per
vedere quali sarebbero stati i
primi passi - spiega Pedrazzi -.
Abbiamo subito pensato che il
migliore approccio sarebbe stato di raccontare Cevio per quello che è, senza fronzoli, dando
la parola alla gente”. Sincerità,
quindi: “Cercando pure di non
fare confronti con altre realtà,
giocoforza differenti”.
Realtà diversa, certo, quella
di Cevio, uno dei tanti piccoli
comuni ticinesi di periferia.
Qui, però, non manca nulla.
Ma, soprattutto, gli abitanti
stessi si sentono dei privilegiati. E si può cominciare dalla
scuola, dove i ragazzi godono di
ogni comodità. Possono seguire tutto il curriculum scolastico
nella stessa sede, un nuovo stabile che comprende palestra,
piscina, un terreno da gioco in
erba sintetica e una mensa, che
ogni giorno accoglie circa 300
ragazzi. “Sono giovani che si
conoscono da anni - osserva
Nicole Chopard, docente della
scuola media -. Questo permette loro di coltivare un rapporto
che è positivo anche nello studio. Inoltre, sono ragazzi semplici, forse con meno grilli per
la testa rispetto ai coetanei cittadini, ma altrettanto pronti e
reattivi agli stimoli e alle novità”. E, come tutti, un po’ discoli.
Lo sa bene Danilo Magri, autista dello scuola-bus, che ogni
giorno fa su e giù dalla valle con
gli studenti sul tragitto tra casa
e scuola . “Ma bisogna anche
capirli - aggiunge bonario -. In
fondo sono obbedienti e alla
prima ramanzina si calmano
subito. D’altronde non posso
biasimarli. Anch’io sono nato e
cresciuto da queste parti e so
cosa vuol dire dover restare in
ballo tutto il giorno fuori casa”.
Qui tutto appare tranquillo
e rilassante, come in un paese
da cartolina. Cevio ha davvero
di che offrire per convincere
intere famiglie a trasferirsi in
Valle per crescere i propri figli
in una realtà vivibile e
ancora a misura
d’uomo. “Finora abbiamo ricevuto una
ventina di richieste
d’informazioni - dice
Elena Fenini, municipale e responsabile del
progetto -. Non sappiamo quante andranno a
buon fine, ma siamo sulla
buona strada. Parecchie
anche le telefonate dal
Nord delle Alpi”. E le targhe
Zh, Ag e Nw che gironzolano in giro ne sono la prova.
Probabile, quindi, che la
campagna abbia colpito nel
segno.
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piccole palazzine a due piani
abilmente distribuite all’interno di una lussureggiante
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tranquillamente accedere
grazie alla formula all inclusive, cui si aggiungono 5 buffet e 19 bar. Per gli amanti del
wellness un’attrezzatissima
Spa, tra le più apprezzate del
paese. Non poteva mancare
l’attenzione ai più piccoli,
che potranno trascorrere le
loro giornate in un vero e proprio castello (costruito all’interno della struttura) e suddiviso in aree dedicate al Baby Club (1 - 3
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Black & White Junior Club. Una settimana
in camera deluxe al Gran Palladium Palace
& Resort con formula all inclusive viene
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Cristoforo Colombo definì la Repubblica
Dominicana come “la terra più bella che
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davvero paradisiaca, dove gioia e voglia di
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IL CAFFÈ
4 maggio 2014
29
tra
parentesi
La società
Stessa stanza e stessa scrivania,
c’è a chi piace farlo coworking
cui hanno bisogno è un computer portatile. Diversi i servizi cui
un coworker può accedere: dalla
rete commerciale e di professio-
nisti collegata alla community a
quella cosiddetta di facility (cucina, wifi, stampanti, spazi relax,
…). Ad esempio, è possibile pre-
notare una singola postazione o
un’intera sala riunioni, avere
uno spazio sul sito web del coworking dove sono presentati i
lavori realizzati in collaborazione con gli altri coworker, organizzare eventi tematici coinvolgendo l’intera community. È
Da sapere
Il creatore
Bernie Dekoven è il
creatore del coworking:
“l’arte della collaborazione
virtuale, del lavorare
insieme senza gerarchie”.
“Con i prezzi degli
immobili, gli spazi
condivisi possono
essere oggi
una soluzione”
trebbe dar loro una mano”. Il
municipio ha risposto che valuterà i progetti e nel caso stanzierà un finanziamento, tramite il
Bando del Microcredito. Sebbene non sia possibile gestire direttamente progetti di coworking, non si esclude di attivarsi
in tal senso in futuro.
Il coworking prevede la condivisione di un ambiente mantenendo un’attività indipendente. Chi vi lavora condivide dei
valori ed è interessato alla sinergia che si può creare stando a
contatto con altri che hanno talenti diversi e sono impegnati su
fronti differenti. Difatti, il coworking contribuisce pure alla nascita di imprese, creando una
serie di opportunità di formazione e crescita. Due i fattori
chiave: da una parte la necessità
di ridurre i costi fissi legati all’affitto di una sede e alle utenze;
dall’altra entrare in contatto con
una rete di professionisti e condividerne le conoscenze.
Rapporti, sinergie, aumento
di efficienza sul lavoro anche
grazie al vicino di scrivania,
esperto in campi diversi dai nostri, e con cui, perché no?, tessere nuove e proficue collaborazioni. Dal designer al commercialista, dal grafico al consulente, dall’amministratore di condominio al fotografo o al giornalista freelance. Lavorare fianco a
fianco per arricchirsi professionalmente l’un l’altro, grazie alla
conoscenza di nuove e differenti
professionalità. E sono proprio
loro, solitamente freelance, i
maggiori fruitori del coworking.
Persone nella maggior parte dei
casi specializzate nell’ambito
web e del digitale, con una mentalità più aperta e una forte propensione all’adattabilità. Consapevoli che il mondo del lavoro
sta diventando sempre più flessibile con la crescita della richiesta di servizi esterni e l’aumento
dell’outsourcing, al solito classico ufficio preferiscono spazi alternativi. In fondo, tutto ciò di
chiaro che il coworking risponde a un’esigenza di risparmio,
ma anche di socializzazione che
oggi per varie ragioni è considerata un lusso. Decidere di lavorare insieme, condividendo uno
spazio fisico, idee e clienti, pure
dal profilo psicologico può rivelarsi un utile sostegno. Ci si fa
compagnia e si cementa il legame con piccoli riti quotidiani. E,
magari, si trova pure l’anima gemella.
c.c.
£ R’N ÿÀ¯Ô PõõŒ Œ ¥ŒçŒõõŒ çŒèfiç_õŒÔ
È
un ufficio fast e low
cost. La soluzione
ideale per molti liberi
professionisti che, in
tempi di prezzi roventi
dell’ immobiliare e con l’affermarsi di nuovi concetti di lavoro,
decidono di lavorare in spazi comuni. E condividere anche la
scrivania. È il coworking e sta
prendendo sempre più piede
ovunque, anche in Ticino, soprattutto a Lugano. Non è una
moda bizzarra, bensì una realtà
con numeri sempre più importanti.
Un nuovo stile di lavoro, potremmo dire, di reinterpretare la
scrivania, con spazi attrezzati e
affittati per periodi più o meno
brevi a freelance. Una soluzione
che potrebbe dare una mano a
tanti giovani. E il coworking anche secondo alcuni politici luganesi, Giovanna Viscardi, Marzio
Guggiari e Peter Rossi potrebbe
essere un’opportunità per molti
giovani. In un’interrogazione al
municipio di Lugano, i tre consiglieri comunali del PLrt hanno
chiesto se sarebbe ipotizzabile
realizzare un progetto in questa
direzione, magari anche in collaborazione con privati. “L’occupazione giovanile ci preoccupa
molto - conferma Peter Rossi -.
Sono in difficoltà, visto che
l’economia tarda a riprendersi.
In questo senso il coworking po-
Lavorare in ambienti
comuni va di moda.
E tre consiglieri
comunali di Lugano
lanciano una nuova
idea per la Città
In Europa
Gli esperimenti europei più
conosciuti sono il Betahaus
di Berlino, la Ruche a
Parigi, il Lebu a Londra e il
Cibernarium a Barcellona.
In Svizzera
In Svizzera ci sono
esperienze simili a Basilea,
Ginevra, Losanna e
Zurigo, ma il coworking
sta allargandosi ovunque.
I più costosi
Dallo studio Cushman &
Wakefield emerge che gli
uffici più costosi del globo
sono a Tokyo. Zurigo è in
decima posizione.
Le pigioni
Nei quartieri centrali
d'affari a Tokyo, la pigione
lorda è in media di 124
franchi per m2 al mese;
a Zurigo circa 80 franchi.
Rvbmvorvf tjb mb wptusb dpodf{jpof ej vob
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Œð
Nel mondo
Un censimento ha
contato circa mille spazi di
coworking in tutto il
mondo. Di questi, ben
800 si trovano in Europa.
L’ANATOMIA
30
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
Tube di Falloppio
tra
parentesi
Utero
Ovaie
Cervice
BenEssere
Nel caso di una patologia ginecologica
benigna, per evitare interventi drastici,
sarebbe utile consultare più specialisti
Vagina
Col ibroma uterino
meglio assicurarsi
un secondo parere
CRISTINA GAVIRAGHI
Q
uando si tratta di prendere decisioni sulla salute, a
volte sarebbe meglio non fermarsi al primo verdetto,
ma chiedere un’altra opinione. Questo varrebbe in
particolare per i fibromi uterini, almeno secondo
Nelly Tan, medico radiologo presso l’Università della California. In uno studio apparso sul Journal of Therapeutic Ultrasound, l’esperta sostiene che per le donne cui è stata diagnosticata questa patologia, ricorrere a un secondo parere
potrebbe, in molti casi, evitare loro trattamenti drastici come l’isterectomia, la rimozione dell’utero.
La ricerca ha considerato oltre 200 donne con un’età media di 44 anni che si sono rivolte al Centro per i fibromi uterini dell’ateneo californiano. “La maggior parte delle pazienti - dichiara Tan -, aveva già ricevuto una diagnosi di fibroma
ed era stato loro consigliato di sottoporsi a isterectomia, ma,
dopo aver consultato gli esperti del nostro centro, solo poche di loro sono dovute ricorrere a questa pratica”. Una volta
giunte all’istituto le donne sono state visitate separatamente
da un ginecologo e da un radiologo interventista, un medico
capace non solo di eseguire e interpretare radiografie, ecografie e altre tecniche di diagnostica per immagini, ma anche in grado di compiere veri e propri interventi di chirurgia
mini-invasiva. Fondamentale, per una diagnosi accurata,
sarebbe stato poi il ricorso alla risonanza magnetica, tecnica
che permetterebbe di identificare con più accuratezza i vari
tipi di fibroma, meglio di quanto faccia un’ecografia, la metodologia più utilizzata per queste patologie. “Grazie al confronto tra le opinioni dei due specialisti - precisa l’esperta - è
stato possibile scegliere per ogni singola paziente il trattamento migliore e che meno la penalizzava”.
Delle donne considerate nello studio, solo il 7%, alla fine
Delle donne considerate nello
studio, solo il 7% alla fine è stata
sottoposta a isterectomia
dei consulti medici, è stata sottoposta a isterectomia, una
percentuale nettamente inferiore a quella che si registra mediamente negli Stati Uniti, dove a circa il 70% delle donne
con fibromi uterini viene asportato l’utero. Nella maggior
parte dei casi alle pazienti è stato rimosso il fibroma con piccoli interventi chirurgici mirati o con l’uso di ultrasuoni in
grado di distruggere il tessuto tumorale, tecniche che hanno
permesso loro di preservare l’organo dell’apparato genitale.
In alcuni casi poi non è stato ritenuto necessario ricorrere,
per il momento, ad alcun trattamento oppure si è deciso di
Questo
amore
prescrivere una terapia farmacologica. “Per una donna, che
voglia avere figli o no, è molto importante mantenere intatto
il proprio corpo, anche dal punto di vista psicologico e con
un approccio diagnostico multidisciplinare e più attento è
possibile evitare molti casi non necessari di isterectomia”,
conclude Tan. Anche perché si tratta per lo più di pazienti
giovani; i fibromi uterini sono una formazione tumorale benigna piuttosto diffusa, colpisce circa il 20-30% delle donne
in età fertile, quando l’alta produzione di estrogeni ne favorisce la crescita. Dopo la cinquantina, con l’arrivo della menopausa, possono anche regredire. Sono dovuti a un’eccessiva proliferazione delle cellule fibrose e possono comparire
e crescere in diverse parti dell’utero. Spesso asintomatici,
causano gonfiore addominale, fastidio al basso ventre, stipsi
e dolore durante la minzione specialmente quando raggiungono grosse dimensioni. Per eliminarli però, non sempre occorre “togliere tutto”.
Per evitarlo basterebbe non fermarsi alla sola visita ginecologica, ma fornire alle pazienti il parere di più specialisti e
un ventaglio di metodi diagnostici e trattamenti più ampio,
in modo da scegliere quelli più adatti a ciascun caso e curare
al meglio una patologia che, anche se non pericolosa, potrebbe minare l’integrità del corpo femminile.
La risposta di Linda Rossi
Trasformi questa ferita in positivo,
ritrovi se stessa e ricominci a vivere
nostro
C
ara signora, lei ha subito
quello che si chiama un
“chagrin d’amour”. È comprensibile il senso di vuoto che lei
prova dopo tanti anni riempiti da
una relazione che l’ha coinvolta e
colmata dal punto di vista sentimentale. Certo ciascuno di
voi due aveva una sua realtà
fatta di lavoro e figli con gli
impegni che questi richiedono, ma, in nome dell’attrazione e del sentimento reciproco, riuscivate a ritagliarvi momenti privilegiati per incontrarvi e vivere una relazione
che per lei era d’amore. A quanto
pare anche per lui lo era e lei rappresentava una persona amata e
di riferimento.
Quello che si fa fatica a capire
è il motivo per il quale lui ha dovuto denigrare il legame che c’è
stato tra di voi. Forse l’ha fatto per
riuscire meglio a staccarsi da lei
dopo che l’aveva deciso? È possibile che sia così, però non ha avuto la sensibilità di tenere conto
del male che aggiungeva al grande dolore che le stava infliggendo
negandosi definitivamente a lei.
Mancanza di sensibilità? Di sicu-
La lettera
Dopo 13 anni d’amore mi lascia
con un sms denigrante e offensivo
H
o superato la cinquantina e ho due figli già grandi. Lavoro
sempre ma questo non mi pesa perché mi piace. Ho avuto
una storia di tredici anni con un uomo che mi è sempre molto piaciuto e che ho molto amato. L’anno scorso però lui mi ha lasciata. Non vivevamo insieme poiché ognuno aveva la sua realtà familiare,
ma dal punto di vista della coppia eravamo liberi di stare insieme.
Quello che mi ha fatto male è
come questa relazione sia finita Scrivi a LINDA ROSSI
e con quali parole mi ha conge- psicoterapeuta e sessuologa
dato. In pratica non si è più fatto sentire e vedere per alcuni Posta: Linda Rossi – Il Caffè
mesi. Se io gli telefonavo lui Via Luini 19 - 6600 Locarno
non rispondeva o, quando ri- E-mail:
spondeva, diceva che dovevo linda.rossi@bluewin.ch
pur averlo capito che la nostra
storia era finita. Poi, per sms,
mi è arrivato il suo messaggio finale. Lapidario. Diceva che con me
non poteva avere quello che desiderava da una donna perché in fondo la nostra non era una vera relazione d’amore visto che ci si vedeva
una volta a settimana solo per fare sesso. Questo mi ha offeso e addolorata enormemente poiché per me era amore e anche lui diceva di
amarmi. Inoltre, se non ci vedevamo più spesso era per suo espresso
desiderio. Mi sento svuotata e molto triste.
ro non ha pensato a lei, ma prima
di tutti solo a se stesso. A meno
che questo silenzio prolungato e
definitivo e queste parole denigranti non abbiano avuto l’intento di rendersi detestabile così da
indurla a odiarlo, facilitandole il
distacco.
Ma non sono sempre così
semplici le dinamiche della fine
di una lunga storia. In lei sicuramente ha prevalso la ferita che
quest’uomo le ha provocato e non
ha voglia di dimenticare quanto
di bello c’è stato fra di voi. Trasformando questo sentimento
positivo nel suo contrario e le immagini che le restano in negativo,
significherebbe gettare alle ortiche una parte di sé, quella da cui
è stata obbligata a staccarsi. Forse
in un primo tempo può essere necessario per poter sopravvivere e
non abbandonarsi alla disperazione, ma una volta colmato quel
vuoto che si ritrova dentro potrà
ripensare e riconoscere nella loro
essenza i bei momenti vissuti e all’amore provato per chi l’ha lasciata... magari per lasciare il posto a un compagno più degno e
meritevole delle sue attenzioni.
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24.90 44.90 64.90 114.90 174.90 224.90
mese
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mese
mese
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mese
Più canone di rete fissa
ticino.com VoIP, CHF 25.-/mese
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
31
tra
parentesi
La ricerca
Secondo noi...
CHRISTIAN
MARIOTTI
Ingegnere, 39 anni
“Ci assomigliamo
molto, sia negli
hobby che nel
modo di parlare.
Adesso sono il
suo mito e voglio
godermi la fase”
Tale padre tale figlio,
ecco quando e perché
i due diventano uguali
MATTIA
HOFFMAN
Ingegnere, 57 anni
“Con Pascal vedo tanta somiglianza, ma anche con Bun in
alcuni atteggiamenti come la
camminata”
A 38 anni si modella la copia del genitore
T
ale padre, tale figlio.
Non è certo una novità, d’altronde la saggezza popolare sostiene da sempre che pregi e difetti, spesso soprattutto
questi ultimi, si trasmettono per
via ereditaria. Da che mondo è
mondo, l'esempio paterno ha la
sua influenza sui figli maschi.
Nonostante ciò, trasformarsi nel
più attempato genitore già a 38
anni potrebbe essere un po’ prestino. Eppure è quello che succede agli uomini d’Oltremanica, almeno a prendere per buono un
sondaggio riportato dal “Daily
Express”, condotto su duemila
persone dal canale televisivo
“Gold”, che ha anche stilato un
elenco dei quindici segni rivelatori che testimonierebbero il
cambiamento. “Bè, non si può
certo negare che tutti noi siamo i
depositari di geni che ci hanno
consegnato i nostri genitori ed è
chiaro che invecchiando alcune
caratteristiche diventano molto
più evidenti - osserva Ivan Battista, psicologo e psicoterapeuta -.
La matrice è quella e con la maturità diventa molto più evidente rispetto all’età giovanile”.
Ma veniamo ai segnali che
possono convalidare tale tesi.
Iniziamo con la musica moderna, un buon parametro, soprattutto se sostenete che sia tutta
uguale e vi lamentate del volume
alto nei locali. Ma il primo vero
indicatore di precoce e galoppante della metamorfosi è un altro. Ovvero, finire con l’addormentarsi in soggiorno davanti al-
la tv (capita al 40 per cento degli
intervistati), seguito dal possedere una poltrona speciale sulla
quale nessun altro può sedersi
(28 per cento) e dalla cosiddetta
e temutissima “dad dancing”:
quell’imbarazzato agitare di
Lo psicologo: “Ciò
che ci accomuna
e ci rende affini
è la somiglianza
dei ruoli giocati”
braccia e bacino al ritmo di un
brano pop che è tipico di un
quarto degli uomini di mezz’età.
Altri segnali che indicano che
qualcosa sta cambiando, e non
necessariamente in meglio, sono
poi il trascorrere sempre più
tempo chiusi in bagno o nel capannone degli attrezzi, con conseguente entusiasmo alle stelle
in caso di vendite promozionali
nei negozi di fai-da-te, così come
il divertirsi a falciare il prato con
il tosaerba o a fare una puntatina
in discarica per portare a termine
con soddisfazione la raccolta differenziata.
E alle donne non succede?
Ma sì, ovviamente. Anzi, capita
persino prima dei fatidici 38 anni. Tant’è che cominciano a trasformarsi nelle loro madri già a
31 anni, secondo un altro sondaggio. Si godono gli stessi programmi televisivi, condividono i
medesimi hobby, usano le stesse
parole e gesticolano come loro. E
non è un caso se la metà delle intervistate ha indicato la propria
JACOPO
GILARDI
Restauratore, 51 anni
“Con il figlio più
grande condivido
la passione per la
letteratura, mentre
con quello più
piccolo quella
per la musica”
madre come la donna cui s’ispirano. Non solo. Le donne intervistate affermano di aver smesso di
ribellarsi alla mamma attorno ai
25 anni e di aver iniziato a copiarla verso i 30“L’opposizione genitori figli è
naturale, poi può essere gestita
più o meno bene - spiega Battista-. Purtroppo nella nostra cultura non esiste una preparazione
alla seconda metà della vita, che
è anche quella più difficile. Nessuno ci dice come fare la mamma
e il papà. La cosa che ci accomuna e ci rende, quindi, più simili ai
nostri genitori è la somiglianza
dei ruoli che si giocano. A 38 o 31
anni, molto probabilmente si
hanno dei figli, ed è a quel punto
che scatta il richiamo al ruolo di
genitore”.
c.c.
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FABIO
BONALDI
dirigente Suva, 49 anni
“Dal punto di
vista fisico la
somiglianza c’è
e si vede tutta!
Altro non ancora,
ma diamo tempo
al tempo...”
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ïïïÁn¬¬−ÁnˆÜ¬£n¬−ˇVı
Detersivo
Coop Oecoplan,
in flacone
o in sacchetto
1.5 l, flÎð ÞÞð¤î
Detersivo
per capi delicati
Coop Oecoplan,
in flacone
o in sacchetto
1.5 l, flÎð łð¤î
Detersivo compact
Coop Oecoplan
1.8 kg, flÎð ÞŸðł†
Sapone di fiele
Coop Oecoplan
Ž50 ml, flÎð ¶ðł†
Ammorbidente
Coop Oecoplan
con estratti
di mela, in flacone
o in sacchetto
1 l, flÎð Üðł†
L’inchiesta
LA MANCANZA
DI MEDICI DI BASE
SOFFOCA LA SANITÀ
L’editoria
IL LIBRO SFIDA
LA CRISI ANCHE...
CON LA GUERRA
L’incontro
ALLE PAGINE 34 e 35
A PAGINA 45
COMAZZI A PAGINA 46
CARLO CONTI:
“LAVORO PERSINO
15 ORE AL GIORNO”
travirgolette
ilcaffè
4 maggio 2014
SOCIETÀ | TENDENZE | PROTAGONISTI
RIFLESSIONI D’AUTORE
UNA SETTIMANA
UNA PAROLA
Oltre il cibo
Che barba!
Ma in cucina
non è noiosa
MORO A PAGINA 36
Salario minimo
In Ticino
numerosi
contratti
collettivi
di lavoro
e contratti
aziendali
firmati
dai sindacati,
prevedono
livelli
di stipendio
molto inferiori
ai 4’000
franchi mensili
LUCA ALBERTONI
Direttore della Camera
di Commercio ticinese
L’
idea di un salario minimo non è certo nuova e
a prima vista sembra molto allettante. Un limite unico per tutta la Svizzera (22 franchi
all’ora per gli ormai famosi 4’000 franchi
mensili) fissato nella Costituzione e non se ne
parli più. Addio a tutte le disparità, agli abusi, al dumping
salariale e chi più ne ha più ne metta. Purtroppo le belle
teorie si scontrano spesso con una realtà molto più complessa. Basti pensare che in Ticino numerosi contratti collettivi di lavoro (Ccl) e contratti aziendali firmati dai sindacati prevedono livelli salariali di molto inferiori ai 4’000
franchi mensili, segnale inequivocabile che i sindacati locali si rendono conto delle esigenze del mercato ticinese e
quindi sanno che i 4’000 franchi generalizzati per persone
senza formazione e/o esperienza non hanno senso dal
punto di vista economico. E non è nemmeno un caso che
negli scorsi mesi anche da ambienti sindacali si siano levate voci preoccupate sulle conseguenze devastanti dei
4’000 franchi generalizzati soprattutto nel settore industriale del Mendrisiotto. Che di fatto si fermerebbe.
Perché le realtà e gli equilibri aziendali sono complessi e non possono essere pilotati con il pensiero unico tanto caro a troppi esponenti del mondo politico. Ma anche
esempi apparentemente banali possono aiutare a comprendere quali potrebbero essere le conseguenze per le
aziende, le lavoratrici e i lavoratori. Poniamo che il budget
salariale dell’impresa sia di 10’000 franchi e che il collaboratore qualificato guadagni 7’000 e quello giovane alle
prime armi 3’000. Se quest’ultimo per legge deve salire a
4’000, il primo (quello qualificato) dove finisce? Passerebbe inevitabilmente da 7’000 a 6’000, quindi con una
netta diminuzione di salario. Oppure il giovane perderebbe il posto perché l’azienda, costretta a scegliere, prediligerebbe il qualificato. Chiaramente i sostenitori dell’iniziativa hanno la ricetta: basta aumentare la massa salariale, come lo Stato aumenta le imposte quando deve
finanziare maggiori spese, giustificate o ingiustificate che
siano. Purtroppo le dinamiche aziendali sono diverse.
Nuovi clienti, nuovi mercati e margini faraonici che po-
trebbero permettere l’aumento della massa salariale non
si trovano dietro l’angolo, ma sono il frutto di quotidiano
e duro lavoro. Allora basta tagliare i costi per avere più risorse per i salari, diranno gli iniziativisti. Il problema è
che loro pensano solo alle “cattive” multinazionali e non
al 98% delle aziende, il cui margine di riduzione dei costi
è estremamente contenuto per questioni strutturali. E
non si può nemmeno pretendere che le aziende lavorino
senza fare utili, perché si azzererebbe la possibilità di investimento per rimanere competitivi e, in fin dei conti,
offrire posti di lavoro.
Verò è che molti Paesi hanno adottato un salario minimo. La Svizzera con i 4’000 franchi si porrebbe però a
un livello elevatissimo nel contesto mondiale. Normale,
La Svizzera diventerebbe ancora
più attrattiva, particolarmente per
la manodopera poco o non qualificata
si potrebbe dire, visto che al Svizzera è fra i più ricchi Paesi al mondo. Ma allora perché un Paese per molti versi
comparabile, come il Lussemburgo, è a distanza siderale
con i suoi 11,10 euro all’ora? Mistero. Inoltre, non va trascurato che la Svizzera diventerebbe ancora più attrattiva, particolarmente per la manodopera poco o non qualificata. Soprattutto le regioni di frontiera come il Ticino
sarebbero ulteriormente sommerse di richieste di lavoro
e, paradossalmente, ciò andrebbe a danneggiare lavoratrici e lavoratori meno qualificati, cioè proprio coloro che
dovrebbero essere protetti dall’iniziativa. Non dimentichiamo infatti che in Francia il salario minimo legale
L’economia
Ma se il “minimo” è troppo...
MAZZETTA A PAGINA 13
equivale a 11,60 franchi svizzeri, mentre più della metà
dei francesi guadagna meno di 18 franchi all’ora, ossia un
salario ancora inferiore a quello che l’iniziativa ci propone di pagare a ciascun lavoratore non qualificato. E non
scordiamoci nemmeno delle prime pagine dei quotidiani italiani qualche tempo fa, quando fu reso noto che lo
Stato aveva stabilito che per alcuni settori industriali in
Ticino non si paga meno di 3’000 franchi. La Svizzera fu
dipinta come un Eldorado, visto che i 3’000 franchi in Italia restano una chimera anche per molti professionisti
qualificati. Cosa capiterebbe con i 4’000 franchi? A proposito di Italia, nelle recenti discussioni per introdurre
un salario minimo il viceministro dell’Economia Enrico
Morando ha detto che la cifra va stabilita dalle parti sociali e non dallo Stato. Detto dal rappresentante di un
Paese molto statalista, ciò è significativo e mostra quanto
sarebbe assurdo abbandonare l’attuale sistema elvetico,
caratterizzato proprio dal partenariato sociale. Ma ancora più significativa è la posizione dei sindacati italiani,
non certo noti per la loro tenerezza.
Essi infatti non vedono di buon occhio un salario minimo per timore, tra le altre cose, di un appiattimento
verso il basso dei diversi livelli di salari! Ma si può anche
citare la Germania, dove l’introduzione di un salario minimo di 8,50 euro prevede due eccezioni rilevanti, per i
giovani al primo impiego e per i disoccupati di lunga durata. Senza dimenticare che, dulcis in fundo, anche i socialisti francesi hanno invocato un salario minimo più
basso e differenziato per i giovani, perché l’attuale sta
creando forti problemi di occupazione e soprattutto di
accesso al mercato del lavoro. Ignorare i cattivi esempi di
altri Paesi sarebbe fortemente negligente. Esempi che dimostrano come una regola unica senza distinzioni non
sia applicabile e finisca, come detto, per nuocere a tutti,
ma colpendo soprattutto i più deboli. Per questo un salario minimo generalizzato in tutta la Svizzera non è una
buona idea.
(2-fine / La precedente puntata,
scritta dall’economista Loretta Napoleoni,
è stata pubblicata domenica scorsa 27 aprile)
Domenica
LIBERO D’AGOSTINO
MISERIE
POLITICHE
E UMANE
I
l sindaco di Jesolo ha deciso di usare addirittura i
droni per individuare, e ripulire, le spiagge dalla fastidiosa presenza dei vu’ cumpra. A Bergamo per impedire
ai barboni di dormire sulle
panchine dei giardinetti, le
hanno dotate di braccioli
centrali, in modo che non ci
si possa sdraiare. A Padova
per liberare un viale dalla
presenza di famiglie rom, il
Comune ha lasciato a secco le
fontanine pubbliche.
A Treviso, Mestre e Venezia è
invece scattata la caccia agli
accattoni. I mendicanti saranno bloccati e respinti al loro arrivo nelle stazioni ferroviarie o espulsi con un foglio
di via. Anche in Ticino da
qualche mese è lotta dura e
senza paura agli accattoni,
con tanto di appello del ministro delle Istituzioni, Norman
Gobbi, alla popolazione per
segnalarli tempestivamente
alla polizia. Dalle miserie degli uomini alla miseria della
politica il passo è breve.
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
35
tra
virgolette
L’inchiesta
L’intervista
“Più professionisti formati
aiutano i malati a scegliere”
La cronica carenza
di medici di base
soffoca la sanità
MAURO SPIGNESI
“B
La novità
“Le nuove
norme in
votazione
il 18 maggio
vogliono
coinvolgere
le altre
figure sanitarie,
come gli infermieri”
Atenei col numero chiuso e selezioni,
le scelte della politica ora sotto accusa
T
ra i temi in votazione il prossimo 18 maggio, uno dei
più sensibili per la popolazione è certamente il “Decreto federale concernente le cure mediche di base”.
Un pacchetto di misure con cui la Confederazione vuole garantire cure di base di qualità su tutto il territorio nazionale.
E il voto arriva in un momento molto delicato per il settore
sanitario, come testimonia una recente e ampia inchiesta de
L’Hebdo. Da un lato, la necessità di colmare una carenza di
medici ormai allarmante per far fronte ai bisogni reali, dall’altra una formazione universitaria che stenta a garantire
un ricambio generazionale. A causa del “numero chiuso” in
alcuni atenei, ma anche per le elevatissime esigenze del curriculum con una selezione che porta a molte bocciature e a
rinunce da parte degli studenti.
Berna propone di incentivare il ruolo del medico di famiglia, il primo a cui normalmente ci si rivolge, anche per questioni di prossimità, sebbene il trend demografico mostri la
progressione di un massiccio numero di pensionamenti tra
i “generalisti” senza che ci sia un ricambio già pronto. “So-
L’opinione del presidente dell’Ordine Franco Denti sul pacchetto Berset
prattutto quantitativamente”, come sottolinea Franco Denti
presidente dell’Ordine dei medici ticinesi (vedi intervista a
fianco).
La stessa Confederazione sostiene che, se accettato, il
nuovo articolo costituzionale obbligherà la Confederazione e i Cantoni a “promuovere in modo mirato la medicina
di famiglia quale componente importante delle cure mediche di base. Con l’approvazione del decreto federale verrebbe introdotta per la prima volta nella Costituzione federale una disposizione sulle cure mediche di base, tenendo
così debitamente conto dell’importanza di un’assistenza
sanitaria di base di elevata qualità”.
Una prospettiva che porterebbe a notevoli cambiamenti pure a livello formativo, perché se oggi le risorse sono
troppo limitate per far fronte ad una domanda comunque
molto elevata (oltre 4.000 richieste per il migliaio di posti
annui disponibili), il sostegno costituzionale alla professione imporrebbe nuovi, cospicui, investimenti nelle università e nelle cliniche universitarie.
m.s.
isogna capire l’importanza del medico di famiglia, che si fa carico il
70 per cento dei problemi di salute
della popolazione svizzera”. Franco Denti, presidente dell’Ordine
dei medici ticinesi, crede nella sanità di prossimità, il cardine del
pacchetto di misure su cui si voterà il 18 maggio.
Il voto riuscirà a invertire la
rotta e, dunque, a superare
anche la politica del numero
chiuso nelle univesità?
“Evidentemente se la Confederazione, come sostiene il controprogetto governativo, prevede
un impegno nella formazione,
questa è già una soluzione al numero chiuso. Diciamo che è un
passo avanti, il problema si supera
ma non si risolve”.
Con più medicina di prossimità l’offerta sanitaria crescerà veramente in qualità?
“Il consigliere federale Alain
Berset ha parlato di master plan.
Nel senso che questo è un progetto di più ampio respiro. Non si
parla solo di medici di famiglia,
ma anche di piani di sviluppo a fa-
vore dei territori coinvolgendo
tutte le professioni legate alle cure
di base, come gli infermieri, i fisioterapisti. Dunque, i concetti sono
collaborazione e complementarietà”
Il problema, adesso, sarà
quello di dare buone gambe
alla nuova normativa. Sarà
difficile, secondo lei?
“No, io credo di no. Perché siamo già operativi, dobbiamo solo
implementare quando deciso anni fa, esattamente nel 2006. Sono
già aperte cinque scuole di formazione, da Basilea sino a Ginevra. E
speriamo che l’indicazione scaturita dalla nuova norma possa essere recepita al meglio anche in
Ticino”.
Per dar forza alla proposta,
però, servono soldi. E non solo
per rendere attrattivi i salari dei
medici di base, ma anche per la
formazione.
“Berset ha individuato 200 milioni di franchi all’interno del
budget della sanità. Dovevano essere 250 ma già nei prossimi anni
la cifra potrebbe aumentare”.
A Berna si pensa di recuperare questi soldi da un rincaro delle analisi di laboratorio
e dalla riduzione di certe
prestazioni di altri specialisti. Basteranno questi accorgimenti?
“Si vedrà, ma quello che a me
pare importante è il fatto che tutto
rientri all’interno del budget della
sanità e non ci siano ulteriori costi. Comunque va anche detto che
se si vuole tutelare la medicina di
base bisogna pur fare uno sforzo”.
Secondo lei, come cambierà
la professione del medico di
famiglia?
“Io vedo il futuro del medico
di famiglia come quello di un coach, un allenatore del quale si ha
fiducia che affianca il paziente. È
il medico che suggerisce dove andare, cosa fare, in una sanità che
sta diventando sempre più complessa. Per questo la medicina di
prossimità deve poter contare su
professionisti sempre più formati”.
La norma offre ai Cantoni,
nell’ambito delle proprie
competenze, un ruolo importante. Il Ticino come reagirà?
“Mi auguro positivamente.
Per il bene di tutti”.
mspignesi@caffe.ch
Q@maurospignesi
Ti-Press
Verso il voto
1
SCELTE DEL 18 MAGGIO
Con il “Decreto federale
concernente le cure
mediche di base”, la
Confederazione vuole
rafforzare il ruolo del
medico di famiglia e l’alta
qualità delle prestazioni.
2
I MEDICI DALL’ESTERO
Oggi in Svizzera lavorano
9.756 medici che hanno
ottenuto il diploma fuori
dai confini nazionali, sono
il 29,4% del totale;
percentuale in aumento
nel 2013 del 1,8%.
3
GLI INSUCCESSI
Un altro problema è
rappresentato da un
tasso di insuccessi negli
studi piuttosto elevato. In
Svizzera si raggiunge il
47% tra gli studenti iscritti
in medicina.
SOU’AL HEMMA, L’Hebdo
H
a sempre sognato di diventare medico. Magari generalista. Magari anche
in una regione periferica. Hobby, vita
sociale, vacanze, tutto è sempre stato
sacrificato per gli studi. Ma non è servito. Tre tentativi e una bocciatura definitiva hanno
avuto la meglio sulle sue ambizioni. Come lei, studentessa in medicina, sono in molti ad aver sacrificato parte della loro giovinezza per un obiettivo che
non si concretizzerà mai. Ad essere chiamato in
causa è un sistema di formazione dei medici draconiano ed estremamente selettivo. Eppure la Svizzera soffre una penuria di medici, annunciata e nota
da tempo. Una contraddizione che la classe politica
ha rifiutato a lungo di riconoscere. Mai come oggi
l’offerta medica di base è messa in pericolo dalla
valanga di pensionamenti e dall’assenza di ricambio. Il problema ha infine trovato posto nell’agenda
politica con la votazione del prossimo 18 maggio
sulla medicina di prossimità[…].
I PARADOSSI DEL SISTEMA
Il punto
Sanitari sull’orlo
di una crisi di nervi
BELLINI A PAGINA 10
Di fronte alla mancanza di medici, la Svizzera
ha preso l’abitudine di ingaggiare professionisti che
arrivano dall’estero. Nel 2013 erano 9.756 i medici
in possesso di un diploma non conseguito in Svizzera (ossia il 29,4% del totale) […]. Senza questa
manodopera il sistema sanitario elvetico sarebbe
da tempo imploso. Eppure questa soluzione rischia
di non sopravvivere ad un eventuale ritorno dei
contingenti, conseguenza diretta del voto del 9 febbraio sull’immigrazione di massa. Ma anche alla recente richiesta di Jürg Schlup. Secondo il presidente della Federazione dei medici svizzeri (Fmh), i
medici stranieri che intendono esercitare nel Paese
dovrebbero affrontare un test linguistico preventivo. Un’emergenza sembra comunque imporsi: aumentare le capacità ricettive nelle facoltà di medicina. Un settore che si confronta continuamente
con numerosi ostacoli. Politici, in primo luogo. Ma
anche pedagogici.
UNA FATIDICA MANNAIA
[…] Mentre il numero dei posti sui banchi universitari e nei corridoi degli ospedali dovrebbe au-
4
NUOVA DISPONIBILITÀ
Visto che le richieste per
l’iscrizione nelle facoltà di
medicina sono comunque
molte, nei prossimi due
anni gli atenei di Losanna,
Zurigo e Berna offriranno
200 posti in totale in più.
5
IL RAPPORTO
Le medie internazionali
tracciate dall’Oms
indicano un rapporto del
60-40% tra medici di
famiglia e specialisti. In
Svizzera questo rapporto
è del 30-70%.
mentare, l’accesso agli studi diventa sempre più selettivo. “Per il dispiacere delle università, che non
provano alcuna soddisfazione nel dover proporre
un cursus tanto selettivo”, precisa Gregory Roeder,
responsabile del bachelor di medicina umana all’università di Neuchâtel (1° anno).
È in questo contesto che, il 18 marzo scorso, è
arrivato un nuovo, fatidico, colpo di mannaia. La
Conferenza universitaria svizzera (organo della
Confederazione per la collaborazione nella politica
universitaria) ha deciso di limitare una volta di più
l’accesso agli studi di medicina. Perché? Ci sono
troppi candidati! Tremilatrecentodieci persone si
sono iscritte in medicina umana nelle quattro università che applicano il “numero chiuso”, ossia Basilea, Berna, Friborgo e Zurigo. Ma questi quattro atenei non possono superare un totale di 793 studenti.
Stessa costatazione per le altre tre università. Con
619 iscritti per 160 posti, Losanna è seguita da vicino da Ginevra, dove sono state registrate 531 iscrizioni per 140 posti. E anche a Neuchâtel la situazione è simile con 103 domande per 55 posti.
L’analisi è crudele. Le vocazioni alla professione
Alle università arrivano oltre 4mila richieste
da aspiranti studenti ogni anno, ma i posti a
disposizione in totale sono solo un migliaio
non mancano, ma le facoltà di medicina non sono
pronte ad affrontarle. A meno di aumentare drasticamente la capacità di accoglienza.
UNA VALUTAZIONE TROPPO RADICALE
Questa insufficienza di posti di formazione
stride fortemente con il credo politico romando,
secondo cui la via universitaria deve restare aperta
per tutti gli studenti in possesso di un diploma di
maturità federale. Le facoltà di medicina di Ginevra, Losanna e Neuchâtel non hanno dunque altra
scelta che imboccare la strada della “selezione rafforzata”. La riduzione degli effettivi si esercita nel
corso dei primi due anni di studio, costruiti su moduli focalizzati sulle scienze “dure”, l’apprendimento mnemonico in strutture spesso stipate. Un
metodo rigido, draconiano, che genera dal 30 al
6
TEMPI DI ATTESA
Un reale cambiamento
verso una maggiore
attenzione alla medicina
di base implica tempi
tecnici di realizzazione: un
percorso universitario tra
10 e 12 anni.
50% di bocciature […]. Le facoltà di Friborgo, Berna, Basilea e Zurigo applicano invece il numero
chiuso.
Una scelta non meno rigida, che gode tuttavia
del vantaggio di poter stabilire il numero massimo
di studenti attraverso criteri di esigenza e non con
delle quote prefissate, ma che fa pure affidamento
su una selezione pre-universitaria. E, infatti, superato lo scoglio dei test attitudinali, il tasso di riuscita negli studi varia tra l’80 e il 90%.
NON C’È POSTO PER I PIÙ FRAGILI
Innegabilmente, la formazione universitaria è
una sorta di “percorso di guerra” dove stress e pressione psicologica diventano rapidamente i nervi
scoperti degli studenti. Tutti però sono d’accordo
su un punto: essere sotto pressione è connaturato
alla professione di medico. “Chi non sopporta lo
stress non può esercitare questo mestiere”, conferma Henri Bounameaux, decano della facoltà di
medicina di Ginevra. Stesso ritornello anche nelle
parole di Charlotte, studentessa al terzo anno alla
facoltà di medicina di Losanna: “Solo le persone
dotate di autodisciplina e che sanno prendere le
distanze per gestire la pressione hanno una chance di riuscita”.
Ciò non toglie, che un inizio di curriculum di
studi basato su criteri tanto rigidi e restrittivi, non
lasci praticamente possibilità agli studenti più fragili. “Bisogna essere disposti a mettere la propria
vita tra parentesi e immergersi nello studio”, osserva Maïa Alberte, 23 anni, ex studentessa in medicina e attualmente in scienze dell’educazione. Sacrifici spesso pagati a caro prezzo. “Non avevo più alcun tipo di relazione sociale, studiavo dalle 8 del
mattino alle 22 ogni giorno, perdendo peso a vista
d’occhio”, racconta Marie, ex studentessa in medicina, che, dopo due anni e una bocciatura definitiva, si è riorientata verso la psicologia.
Tra chi incappa in una bocciatura definitiva e
chi rinuncia per prendere altre strade professionali, sono numerosi anche gli studenti che non completano il loro percorso, senza che alcuno studio
quantifichi l’ampiezza del fenomeno. Altri, ancora,
preferiscono abbandonare i banchi degli atenei elvetici, per formarsi in un’università all’estero. Belgio, Romania, Ungheria, Lituania […].
7
IL PARAGONE
Il Ticino è particolarmente
sensibile al problema
legato ai medici di
famiglia. Nel cantone se
ne registra 1 ogni 1.500
abitanti. In altre regioni del
Paese 1 studio ogni 300.
8
L’EVOLUZIONE
Oggi i medici di primo
ricorso (320 in Ticino)
effettuano più di 1 milione
di visite l’anno. Fra 20
anni la cifra rischia di
salire a 1.300.000 a
causa della demografia.
ALCUNE PROMESSE
Tutti gli sforzi in atto per migliorare la situazione si riveleranno vani, se non saranno accompagnati da misure specifiche per aumentare, da una
parte, il numero di posti per gli stage negli ospedali
e, d’altra, a migliorare l’attrattività delle condizioni
professionali. “Per convincere un numero maggiore di studenti, i problemi principali da risolvere sono quelli legati ad un adeguato inserimento in uno
studio medico e alla riduzione del sovraccarico
amministrativo e burocratico. Aspetti sempre più
pesanti”, spiega Pierre-André Michaud, vice decano della facoltà di medicina di Losanna. Resta da
capire, se la votazione del 18 maggio permetterà di
progredire in questa direzione.
“Certamente, ma tutto ciò avrebbe dovuto essere fatto già da tempo. E, purtroppo, gli effetti non
saranno percepiti prima di 10, 12 anni, ossia il periodo necessario per completare un percorso formativo”, afferma Gregory Roeder. Per ora, le facoltà
approfittano del margine di manovra che è loro
concesso. Nell’autunno 2014, Losanna e Zurigo
apriranno le porte a 60 studenti in più, passando
Anche il progetto ticinese è guardato con
molta attenzione, perché porterebbe 60-70
sanitari in più all’anno alla Svizzera
rispettivamente da 160 a 220 posti e da 240 a 300.
Basilea e Berna seguiranno l’esempio un anno dopo, aumentando entrambi la capacità di 40 posti.
In Ticino, le autorità politiche discutono sulla
creazione di una facoltà di biomedicina, che ingloberebbe anche un istituto di medicina umana, incaricato di organizzare un master. Una facoltà che,
in collaborazione con altri atenei, potrebbe formare tra 60 e 70 medici in più ogni anno.
A medio termine, si profilano quindi 200 posti
supplementari. “Se i mezzi sono disponibili – conclude Roeder – le facoltà di medicina saranno le
prime ad essere pronte ad aumentare nuovamente
le rispettive capacità formative”. Le conseguenze
positive di questa promessa si faranno però sentire
solo quando gli sforzi dell’autorità politica saranno
meno timidi rispetto a quelli intrapresi finora”.
Lo studio
Luraschi, capo del personale dell’Eoc, spiega i problemi degli ospedali
“Il turnover non è semplice,
lo stress esiste anche da noi”
T
roppe ore di lavoro, troppo
stress. E a rimetterci è la
qualità del servizio sanitario. Oltre che i pazienti, naturalmente. È l’altra faccia della medaglia della medicina. Oltre le
università a numero chiuso e la
penuria di medici di base. Lo ha
denunciato l’Asmac, l’Associazione svizzera dei medici assistenti e capi clinica, presentando
le conclusioni di un sondaggio
commissionato all’istituto Demoscope, da cui emerge che il 70
per cento dei 3.300 intervistati,
compresi i professionisti degli
ospedali ticinesi, si sentono sotto
pressione.
“Da noi non siamo a queste
percentuali, ma non posso nascondere che il problema esiste”,
spiega Piero Luraschi, vicedirettore e capo area risorse umane
dell’Ente ospedaliero cantonale.
“Intanto noi non pianifichiamo
mai oltre le 50 ore alla settimana,
limite previsto dalla legge. Poi,
certo, stiamo parlando di medici,
dunque può capitare una urgenza o un intervento in sala operatoria che fa sforare l’orario. Ma
sono casi, non la norma”. Dallo
studio dell’Asmac, invece, di evidenzia che a livello nazionale ne-
gli ospedali si lavora sistematicamente il 20 per cento in più e che
gli straordinari sono all’ordine
del giorno. “Quando da noi arriva la segnalazione di situazioni
di disagio – spiega ancora Luraschi – andiamo ad affrontarle.
Certo, non sempre si riesce a trovare una soluzione in tempi brevi perché è difficile reperire me-
Il rapporto Asmac
denuncia le situazioni
di forte disagio
e l’eccesso
nel carico di lavoro
dici, superare il turnover, soprattutto in alcune specializzazioni
come la chirurgia e l’anestesia”.
Visto che sono pochi i professionisti che escono dalle università del Paese o quelli che vogliono venire a lavorare in Ticino da
altri cantoni, si deve ricorrere
frequentemente a medici che arrivano dall’estero. Ma chi arriva
ha bisogno di un periodo di ambientamento, ha bisogno di conoscere la politica e l’organizzazione sanitaria svizzera e ticinese. Se, poi, si vuole puntare sui
giovani bisogna avere pazienza,
perché per almeno un anno,
quelli con una discreta esperienza, in sala operatoria devono tuttavia lavorare con a fianco un tutor. “Quelli più bravi sono sempre più rari – nota Luraschi – e ce
li contendiamo con gli altri ospedali svizzeri, ma anche con gli altri nosocomi europei. E se sono
stranieri dobbiamo fare i conti
con permessi di dimora e altre
autorizzazioni necessarie per
esercitare da noi. Qualche ritardo s’innesca per questi motivi”.
Maggiori risorse e, dunque,
più personale potrebbero riequilibrare la situazione? “Dal punto
si vista quantitativo forse sì. Perché si potrebbero coprire tutti i
reparti e i servizi a livello capillare. Ma dal punto di vista qualitativo ho i miei dubbi – conclude il
responsabile del persone dell’Eoc –. Semmai, con il master in
biomedicina e, quindi, con la
possibilità di diventare ospedale
universitario, in prospettiva anche il Ticino potrebbe essere più
attrattivo per i giovani medici e
per quelli già formati. Insomma,
si farebbe meno fatica a rimpiazzare chi va via e a colmare i buchi
nell’organico”.
m.sp.
36
virgolette
tra
È una barba,
ma in cucina
non è noiosa
Q
ualche volta la cucina può essere una barba.
Ma se è quella di frate, il risultato diventa
esaltante. Soprattutto per chi ama i sapori
verdi dell’orto e quella leggera asprezza che
è valsa all’agretto il suo nome. Perché è proprio l’inconfondibile nota acuta del gusto a caratterizzare
questa piantina filiforme. Non a caso anche in altre
lingue si è imposto l’uso della parola italiana. Così
non è difficile imbattersi nel termine agretti nei menù inglesi o tedeschi. Esattamente come nelle partiture musicali, in qualsiasi parte del mondo, allegretto o minuetto sono sempre made in Italy.
Gli agretti non sono famosi solo per il loro sapore, ma anche per la forma, che ricorda l’onor del
mento. E visto che quello dei frati era proverbiale,
la salsola soda, così classificata da Linneo nel 1753,
è volgarmente detta barba di frate. Barbe de capucin in francese, barba de capuchino in castigliano.
E perfino barba del Negus, con riferimento al sovrano etiope Hailé Selassié, la cui imponente cascata pilifera diventa popolare all’epoca delle guerre coloniali italiane. E poi ci sono le mille voci dia-
lettali, da roscano a bacicci, da miniscordi a lischi.
Fino a finocchi di mare e senape dei monaci. Ma
oltre che buoni da mangiare, gli agretti sono una
fondamentale materia prima per l’artigianato e
l’industria del vetro. Non a caso la Serenissima Repubblica di Venezia ne coltivava intere piantagioni per rifornire le fabbriche di Murano. Dalla salsola, infatti, si ricava la soda che è indispensabile
per rendere malleabile l’impasto vitreo. Nel 1780,
il magistrato dell’arte vetraria pubblica addirittura
un vademecum con le “Istruzione dei modi da
praticarsi per coltivare il Kali maggiore, o sia Salsola Soda”.
Fa bene al vetro, ma fa bene anche a noi. Che in
primavera abbiamo bisogno di alimenti rimineralizzanti e depurativi. E se i puristi prediligono la
semplicità francescana delle barbe di frate al vapore, con un filo d’olio e limone, gli incorreggibili
gourmets le preferiscono saltate in padella con
pancetta e formaggio. O con ceci e code di mazzancolle. Come dire che c’è chi ama fare penitenza e
chi celebrare le glorie della tavola.
di
CAROLINA
INGREDIENTI PER 4 PERSONE
- 450 g circa
di barba di frate
- 1 lime (il succo)
- 4 cucchiai di olio
extravergine d’oliva
- 1 cucchiaino
di pepe rosa
Barba di frate
al lime e pepe rosa
ELISABETTA MORO
LA RI ETTA
oltreilcibo
Con un filo d’olio e limone. O saltati
in padella. L’inconfondibile nota acuta
del gusto esalta il sapore degli agretti
Tagliare via le radici rosate della barba di frate.
Lavarla accuratamente
cambiando l’acqua almeno un paio di volte. Portate ad ebollizione l’acqua
in una pentola capiente.
Salare, unire la barba di
frate, coprire e cuocere
per 4 minuti. Scolarla bene e metterla sotto un
getto di acqua fredda.
Emulsionare il succo del
lime con l’olio extravergine d’oliva e il pepe rosa
pestato. Condire la barba
di frate con la salsa. Servire subito o conservare
in frigo.
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IL CAFFÈ
4 maggio 2014
37
tra
virgolette
I trend
LE CITTÀ E I MONUMENTI PIÙ FOTOGRAFATI AL MONDO
1
2
GUGGENHEIM MUSEUM
La città leader è New York
4
3
TRINITÀ DEI MONTI
A Roma non solo Colosseo
PARC GÜELL
Il parco di Gaudì a Barcellona
5
MOULIN ROUGE
Parigi dimentica la Tour Eiffel
7
6
KIZ KULESI
La rivelazione è a Istanbul
PONTE DELL’ACCADEMIA
A Venezia vince il ponte in legno
8
HOTEL DE PARIS
Lo sfarzo premia Montecarlo
PIAZZA MICHELANGELO
Il colpo d’occhio è di Firenze
7
4 10
32 5
6
8
9
1
CAMINITO
Il “must” di Buenos Aires
10
BASILICA DI S. STEFANO
La tradizione vince a Budapest
9
EZIO ROCCHI BALBI
IN SVIZZERA
1
ZURIGO
Al primo posto
nelle città svizzere
2
GINEVRA
Seconda negli
scatti e per clic
3
LUCERNA
Sul podio anche
il Kapellbrücke
4
BERNA
Il centro storico
della capitale
5
MONTREUX
Al 317esimo posto
nel ranking globale
L
a fotografia turistica scattata
come ricordo e testimonianza
del viaggio fatto non vale più.
L’immagine ha valore solo se
condivisa sui social network.
Anzi, adesso che è possibile fare il giro
del mondo per immagini stando comodamente seduti, tablet alla mano, sul divano di casa cambia anche la gerarchia
dei siti più fotografati della Terra.
Come tutte le classifiche della Rete,
quella dell’innovativa cartografia di Sightmap.com è discutibile, perché non
c’è algoritmo in grado di registrare tutte
le foto scattate nel mondo. Nello stesso
tempo, però, essendo elaborata dal più
grande motore di ricerca del pianeta, e
usando come “album fotografico” la capillare planimetria di GoogleMaps, non
solo la mappa interattiva permette di conoscere i luoghi più immortalati, ma anche di “visitare” i monumenti più fotografati. Se la novità fa storcere un po’ il
naso ai veri fotografi, come la ticinese
Alessandra Meniconzi (vedi intervista a
fianco) che per i suoi workshop digitali
organizza spedizioni tra i nomadi dell’Artico o tra i vulcani della Dancalia, per
i nativi digitali la socializzazione delle foto è ormai verbo.
Si scopre così, grazie alle condivisioni della stessa immagine sui vari social
network, che il Guggenheim Museum di
New York precede piazza di Spagna a Roma, seguita dal Parc Güell di Barcellon. E
Parigi, che a sorpresa deve accontentarsi
del quarto posto, deve accettare che il
suo “monumento” più fotografato non
sia la Tour Eiffel, ma il Moulin Rouge. Anche le icone dell’immaginario turistico
svizero non sono esattamente quelle
messe in vetrina dal sito turistico istituzionale MySwitzerland. La maestosa
Jungfrau, ad esempio, il fiore all’occhiello del turismo montano, si ritrova solo al
decimo posto della classifica nazionale, e
addirittura al 630esimo di quella mondiale. È vero che tra le mete turistiche internazionali Zurigo ha scalato posizioni
su posizioni ed è ormai considerata “cool” per il fascino della sua vita notturna,
ma scoprire che è la città svizzera più fotografata e cliccata sul web fa una certa
impessione. Pur col suo 76esimo posto
della hit planetaria.
Pur comprendendo che nell’era dei
voli low-cost e della easyJet generation
gli itinerari e i luoghi più affascinanti siano ormai alla portata di tutti (o quasi) è
Il giro del mondo
in tanti scatti,
ma visti dal divano
deludente constatare come nessuna località turistica del Ticino svetti proprio in
cima alla classifica nazionale. Fortunatamente Lugano è settima, ma ben 1.132
La reporter
località del pianeta sono preferite a Bellinzona e i suoi Castelli patrimonio
dell’Unesco. Per tacere di Locarno e del
suo lago che è relagata al 1.166esimo po-
Le immagini viste dalla professionista
“Il pianeta in una tasca
anche con il telefonino”
“C
ALESSANDRA
MENICONZI
Fotografa
internazionale
etnicoculturale
erco proprio di non vedere questa miriade di foto
sul web, ma è vero che, se uno ha il senso dell’immagine, del taglio, anche con un telefonino si ottengono belle foto in tutto il pianeta. Naturalmente farne un
uso professionale è un’altra cosa”. Alessandra Meniconzi, fotografa internazionale specializzata in itinerari etnico-culturali riconosce il fascino di molte delle foto in formato turistico “condivise” sui social. “Sì, senza dimenticare il contributo
della bellezza del sito che oggi, con il digitale, soprattutto i
più giovani sanno aggiornare in continuazione correggendo
facilmente - dice Meniconzi che presenterà i suoi prossimi
workshop il 15 maggio alla Supsi di Trevano -. Io vengo dal
film, dalla diapositiva, ma anche ora che uso la camera digitale dedico concentrazione e impegno in ogni singolo scatto.
Tecnicamente le foto che appaiono sulle mappe interattive
sono buone, ma anche in quel caso indipendentemente
dall’obbiettivo bisogna avere una certa sensibilità, estro, ispirazione”. Paradossalmente tutte queste immagini, che permettono di avere un mondo in tasca col telefonino, osserva
Meniconzi, non sviliscono affatto l’arte della fotografia: “Anzi, vista la possibilità oggi per tutti di fare scatti negli angoli
più remoti del pianeta, la differenza è proprio nella qualità
professionale che si raggiunge. È finito il tempo in cui bastava
essere in un posto esotico per fare foto uniche”.
sto. Fatte le debite proporzioni col flusso
turistico, a salvare l’onore delle bellezze
naturali del cantone provvede la Valle
Verzasca con un’onorevole posizione al
numero 1.707.
Al di là delle graduatorie, però, la
mappa interattiva di Sightmap si rivela
uno strumento decisamente utile per valutare le tendenze, i gusti e le scelte delle
nuove generazioni di turisti. Dagli scatti
moltiplicati dalla condivisione online, ad
esempio, si capisce che lo scopo di un
viaggio non è più quello di conservarne
un ricordo, come fosse un tema obbligato. Venezia, ad esempio, rientrava sicuramente nelle città più immortalate del
passato, ma nell'era del web è evidente
che non è più un programmato momento particolare della della vita (come un
viaggio di nozze) da fissare nel tempo. E
anche l’idea della foto-ricordo, quella da
coservare nell’album di famiglia non ha
più senso. Un’abitudine completamente
inutile quando ormai è possibile “viaggiare” in tutto il mondo con un touch sul
tablet.
Questo è sicuramente un modo molto singolare per visitare i posti più belli
della Terra, ma che il tutto avvenga virtualmente,da buon turista del display,
non spaventa i tour operator. Anzi. La
sensazione è che la possibilità di cliccare
sullo zoom, di scoprire particolari attraverso l’occhio della web-cam collegata e
seguire i link che descrivono con tutti i
dettagli il luogo o il monumento fotografato, siano la miglior promozione turistica.
Caso mai sono gli enti turistici che
devono tarare meglio la loro offerta e gli
itinerari. Chiedendosi, magari, perché a
Roma il mitico Colosseo fatica a piazzarsi
nei primi venti monumenti fotografati
nell’Urbe. E il Ponte dei sospiri a Venezia
è bypassato da quello in legno dell’Accademia, e da quello contestatissimo dell’archistar Santiago Calatrava. Persino la
città regina, la più fotografata al mondo
deve rivedere i suoi luoghi simbolo. Nella
Grande Mela, infatti, vengono snobbati
sia l’Empire State Building, sia il ponte di
Brooklyn. Per tacere della Statua della
Libertà relegata al 32simo posto. La star
è la chiocciola di Frank Lloyd Wright per
il Guggenheim Museum, e al secondo
posto la Tweed Courthouse, l’ex tribunale neoclassico di New York.
erocchi@caffe.ch
QEzioRocchiBalbi
IN SVIZZERA
6
BASILEA
In classifica la
città sul Reno
7
LUGANO
L’unica ticinese
nella top ten
8
ZERMATT
La regina degli
sport invernali
9
LOSANNA
Rientra tra
le prime dieci
10
JUNGFRAU
Il mito al posto
nr.630 al mondo
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
38
tra
S
empre meno si litiga sulla
politica, sempre più spesso
si litiga sui film. Nei casi
più gravi togliendo il saluto e
rompendo l’amicizia. C’è anche
una seconda via, praticata perlopiù dalle coppie: ci si tiene
tutto dentro per amor di pace
all’uscita del cinema, i conti
verranno regolati in fase di separazione o divorzio.
Accadde con “L’attimo fuggente”, che rimise in circolo la
poesia di Walt Whitman “O capitano, mio capitano” e piacque
a tutti gli insegnanti progressisti
che sognavano di arringare gli
studenti in piedi sulla cattedra
come Robin Williams. Agli occhi degli spettatori più smaliziati, il film di Peter Weir insegnava a strappare le pagine dai
libri (si comincia così e poi direttamente si mandano al rogo)
e a disprezzare la poesia con rime e metrica (basta il sentimento, come se i romantici non
avessero già fatto abbastanza
danni).
Accadrà con “Sacro Gra” di
Gianfranco Rosi, vincitore del
Leone d’oro alla mostra di Venezia 2013 e ora in arrivo nelle
nostre sale. Trattasi di documentario sul Grande Raccordo
Anulare di Roma, progettato
dall’ingegnere Eugenio Gra (la
coincidenza tra il cognome e la
sigla della tangenziale è ricerca-
schermi
MARIAROSA MANCUSO
Il Grande Raccordo
di una varia umanità
già vista su Real Tv
ta). Il regista inquadra nobili
decaduti che discettano sul profumo delle melanzane, attori di
fotoromanzo, barellieri in servizio sull’ambulanza, pescatori di
anguille, matti che registrano il
grido di dolore delle palme infestate dal punteruolo rosso.
Varia umanità, in genere
meno interessante di quella che
possiamo vedere su Real Tv e
canali simili, che ogni pomeriggio propongono raccoglitori di
cianfrusaglie, gente che arreda
la casa come Batman o il capitano Nemo, sposalizi kitsch giudicati dalle perfide amiche della
sposa, guardaroba svuotati con
furia, cani e bambini indisciplinati da mettere in riga.
L’ostinazione con cui i registi osannati per il loro coraggio
sperimentale reinventano l’acqua calda – in questo caso la televisione – non finisce di stupire. Sempre alla Mostra di Vene-
SACRO GRA
Il docufilm di
Gianfranco
Rosi vincitore
alla Mostra
di Venezia
2012 girato
sul Grande
Raccordo
Anulare
di Roma
libri
virgolette
MARCO BAZZI
zia c’era il film di Emma Dante,
applaudito dai critici duri e puri. A noi “Via Castellana Bandiera” ricordava – nelle sue scene
migliori - “Cinico Tv” di Daniele
Ciprì e Franco Maresco: la Rai
degli anni ‘90, altro che avanguardia. A dirlo però si rischia la
scomunica.
Non bastasse il ritmo lentissimo e lo scarso interesse dei
Tra barellieri, pescatori
d’anguille e nobili
decaduti trionfa il kitsch
personaggi – almeno per noi
che guardiamo la tv senza vergogna – “Sacro Gra” non si preoccupa di fornirci una cartina.
Dove sono esattamente le palme malate? Dove nuotano le
anguille? A che distanza da Roma la colazione con cappuccino
e brioche costa un euro?
GLI OTTO
PECCATI
CAPITALI
DELLA NOSTRA
CIVILTÀ
Konrad
Lorenz
(Adelphi)
Ubhf efs pggfofo Xfjolfmmfs
Kpvso–ft eft Dbwft Pvwfsuft
35.36 nbhhjp 3125
Dboupo Ujdjop Mjhvsjb Mpncbsejb
Bqfsuvsb ebmmf 21/11 bmmf 29/11
xxx/ujdjopxjof/di
!"
Competizione e soldi
i nostri peccati capitali
“L
’uomo, che è l’unico fattore selettivo a
determinare l’ulteriore sviluppo della
propria specie, è, ahimè, di gran lunga
più pericoloso del più feroce predatore”. Nel saggio
“Gli otto peccati capitali della nostra civiltà” (Adelphi), l’etologo Konrad Lorenz, premio Nobel per la
medicina, affronta, tra gli altri, il tema della competizione tra gli uomini.
Sfruttamento, conflitti, sopraffazione… Sono tutti
aspetti che riguardano drammaticamente la nostra società contemporanea, che creano conflitti e
guerre tra poveri. Aspetti che Lorenz descrisse in
modo profetico in questo saggio scritto nei primi
anni Settanta. Dove l’uomo è analizzato come animale sociale.
La competizione tra uomini, scrive, “distrugge
con fredda e diabolica brutalità tutti i valori che ha
creato, mossa esclusivamente dalle più cieche
considerazioni utilitaristiche”. E aggiunge: “Sotto la
pressione di questa furia competitiva si è dimenticato non solo ciò che è utile per l’intera umanità, ma anche ciò che è buono e vantaggioso
per il singolo individuo”.
Viviamo sempre di più nel mondo della
fretta, che genera angoscia. “La fretta e l’angoscia, inscindibili come sono l’una dall’altra,
contribuiscono a privare l’uomo delle sue qualità essenziali. Una di queste è la riflessione”.
Lorenz si pone la domanda: “Se all’anima
dell’uomo odierno procuri maggiore danno l’accecante sete di denaro oppure la fretta logorante.
Qualunque sia la risposta, coloro che detengono
il potere, indipendentemente dall’orientamento
politico, hanno interesse a favorire entrambi questi fattori e a ingigantire le motivazioni che spingono l’individuo alla competizione”.
Lo scienziato afferma che “la competizione
economica in cui l’umanità si è lanciata è sufficiente ad annientarla”. Ogni produttore cerca, per
ovvi motivi, “di incrementare il più possibile nei
consumatori il bisogno dei suoi prodotti”. E per ottenere questo scopo utilizza i meccanismi di indottrinamento. Un saggio illuminante, se siamo disposti per un attimo a fermarci a riflettere.
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
39
tra
virgolette
La tradizione
Il
dialetto
un bene da salvare
I più visti
1
con l’aiuto della tv
È
un po’ paradossale che proprio la televisione, il medium che più ha contribuito
ad “estirpare” l’uso del dialetto nella popolazione, ora si interroghi su se e come
conservarne l’uso. Vero è che, culturalmente e in tutti i Paesi, il dialetto resiste dove esiste
una sua letteratura, un suo studio, e dove la storia
lo ha qualche modo emancipato trasformandolo,
con tutti limiti del caso, in una lingua. Ma è anche
vero che dove resiste, come in Ticino, oltre la stretta cerchia familiare, al punto di avere una sua solida tradizione teatrale, possa sorprendere che la televisione pubblica decida di eliminare l’unico appuntamento annuale nel palinsesto: lo spettacolo
dialettale di San Silvestro messo in scena dal Teatro popolare della Svizzera italiana (Tepsi).
“Il dialetto è uno strumento molto vicino alla
sensibilità della popolazione - commenta Renato
Martinoni, docente di letteratura italiana all’Università di San Gallo, che dirige anche la rivista internazionale “Letteratura e dialetti” edita da Serra
-. Detto questo, però, sono per un uso corretto del
dialetto, che deve essere rispettato e non di basso
folclore. Penso anche che sia compito dei media,
come radio e tivu, sostenerlo nelle forme culturalmente più valide, che possono anche essere, ad
esempio, rappresentate dalla commedia.
Certo, mi rendo comunque conto che
questo discorso vale per tante altre forme dal contenuto culturale, che non
sempre trovano spazio nei vari palinsesti”.
Eppure proprio in campo artistico, nel mondo dello spettacolo,
quando il dialetto sembrava destinato ad estinzione, sacrificato sull’altare dell’esigenza di una comunicazione globale, si è affermata la
tendenza “glocal”. È rinato così l’interesse dei giovani autori per la poe-
Renato Martinoni: “Resta uno
strumento molto vicino alla
sensibilità della popolazione”
LA RÖDA LA GIRA
sia dialettale, ma anche musicisti e cantautori
“cult” si rivolgono ad un pubblico dal gusto sempre
più transnazionale usando il dialetto per le loro
composizioni. Gli stessi mezzi di comunicazione,
radio e televisione, che sembravano averlo bandi-
Gli obiettivi
Alla ricerca di nuovi talenti
dal monologo al dramma
YOR MILANO
L’attore in
“Buona sera
sciür sindic”
S
ubito dopo l’annuncio della Rsi sui social network e sui blog si è assistito ad una levata di scudi a difesa della commedia dialettale sul piccolo schermo. La Rsi assicura la sua attenzione e la voglia di conservare un “bene” come il dialetto e l’attore Yor Milano aspetta che il pubblico dica la sua.
“Questa è l’occasione giusta - dice il fondatore del
Tepsi -. Voglio proprio vedere quanta determinazione c’è da parte del pubblico nel sostenere la commedia dialettale in tv che, tra l’altro, ha sempre assicurato audience a Comano”. Non ne fa una questione di
audience, invece, Maurizio Canetta, direttore dal
prossimo 1° giugno della Rsi, che considera sì un
successo le opere trasmesse finora, ma tradotte in
forma dialettale da testi inglesi e francesi. “La considero un’operazione di dialetto ‘mimetico’ - spiega
Canetta -, ma la nostra è una scelta di campo.
Oggi ci interessa di più sapere se ci sono altri
autori ticinesi, cercarli, valorizzarli col primo
medium che è la radio, poi il web e se, meritano, produrli per la tv”.
Una sfida subito raccolta dallo stesso Yor
Milano, che ha iniziato uno scouting mirato,
anche se ammette che “non è facile, per una
prima serata nella programmazione di fine
d’anno, assemblare un’opera teatrale drammaturgicamente perfetta”. Una possibilità che
Canetta vede più allargata: “Non necessariamente dovrà essere una commedia. La serata
con il dialetto non è in discussione, ma vogliamo testare altre forme: un atto unico, un
monologo e, perché no?, anche un testo
drammatico collegato alla vita sociale”.e.r.b.
Sceneggiato cult dell’allora Tsi.
La prima serie è andata in onda
nel 1988. Il critico Aldo Grasso,
nella sua Enciclopedia tv lo
definì “la risposta ticinese a
Radici, Dallas e Dynasty”.
2
UNA STORIA INGARBÜIADA
Il testo in tre atti di Johnson
Purlewell “Una storia
ingarbugliata” è stato adattato
nel 1980 in versione dialettale
per la Tsi con la regia di Vittorio
Barino.
3
FELICITA COLOMBO
Magistrale l’interpretazione di
Mariuccia Medici in “Felicita
Colombo”, del 1982, al fianco di
Ernesto Calindri nei panni del
conte Jean Scotti. È tra le più
cliccate nella mediateca Rsi.
4
to, riscoprono in dialetto non solo nei siparietti comici (per tacere della pubblicità), ma anche in
bocca ai conduttori di programmi di intrattenimento che non disdegnano di passare con nonchalance dalla dizione neutra all’inflessione del loro vernacolo. E senza temere, come avveniva una
volta con i temi a scuola, di essere bollati dalla riga
di matita blu: “espressione dialettale”, errore.
“Non ne farei una bandiera, ma non vedo nulla
di male nel fatto che i media, la tv pubblica, conservino come un valore etnografico un’opera dialettale, che coinvolge una parte attiva della società
- aggiunge Andrea a Marca, ricercatore al Centro di
dialettologia e di etnografia di Bellinzona -. Naturalmente riservandogli, con
equità, la stessa attenzione riFogli in libertà
servata ad altri aspetti cultuapprezzabili. Non
Rispettiamolo ralmente
credo che l’attenzione vada risenza però
servata più ai soggetti teatrali
dialettali ‘classici’, rispetto a
esaltazioni
quelli contemporanei. Il diaMARTINONI A PAGINA 47
letto usato per proporre opere
internazionali è comunque
una sua forma evoluta, che fra decenni probabilmente sarà studiato come le altre forme dialettali
in uso adesso. Perchè ciò che è importante, in fondo, non è la ‘fotografia’ del dialetto, ma le sue radici”.
Certo, sarebbe preferibile che il dialetto in Ticino riuscisse a coinvolgere nuovi autori, in grado di
riproporre - come i maestri del passato, ad esempio Sergio Maspoli - testi teatrali moderni, non solo legati alle testimonianze del passato. Ma anche
sotto questo punto di vista l’effetto “glocal” potrebbe riservare sorprese. Come è avvenuto con la
commedia dialettale “Giülieta e Rumeul” elaborata dal giovane autore ticinese Giona Calderari, e
rappresentata (con un innegabile successo di pubblico) dai bambini della quinta elementare. e.r.b.
UNA FAMIGLIA DA GENT VISCORA
Tra le autrici della sitcom
dialettale l’attrice Martha
Fraccaroli, che aveva esordito
alla radio della Svizzera italiana
negli anni Sessanta con la
“Domenica popolare”.
“Giülieta e Rumeul”, l’effetto
glocal di una commedia in
vernacolo recitata da bambini
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
41
Gli episodi
tra
virgolette
La mano guantata
La premiazione per i 200
metri maschili ai Giochi di
Monaco del 1972 si
trasforma in manifesto per
i neri americani grazie al
guanto di Smith e Carlos
La società
La Commissione federale
contro i pregiudizi razziali
per la prima volta tiene
il suo ritiro annuale in Ticino
Il
In prima pagina
La presenza di diversi atleti
di colore nella nazionale
elvetica di calcio suscita la
reazione del “Mattino della
domenica”, che titola
“Troppi neri in nazionale”
razzismo
...forma strisciante
Le curve italiane
Uno dei Paesi più toccati
dal fenomeno razzismo da
stadio è l’Italia, dove si
susseguono le sanzioni
contro le curve, chiuse per
cori o striscioni
di male quotidiano
La squalifica a vita
Una multa da 2,5 milioni di
dollari e la squalifica a vita
dal mondo Nba nel basket
a stelle e strisce per le frasi
razziste del proprietario dei
Los Angeles Clippers
EZIO ROCCHI BALBI
Gli obiettivi
1
La Commissione
La Commissione federale
contro il razzismo, organo extra
parlamentare, è stata istituita il
23 agosto del 1995 dal governo
svizzero per applicare le
disposizioni della convenzione
internazionale contro il razzismo
2
I compiti
Il compito della Commissione è
la lotta alla discriminazione
razziale, che comprende aspetti
pedagogici, sociologici, culturali,
federalistici, di politica dello
sviluppo e della migrazione,
nonché aspetti giuridici
3
La giornata
Il 21 marzo si celebra la giornata
internazionale per l’eliminazione
della discriminazione razziale,
promossa dalle Nazioni Unite,
che hanno chiesto alla Svizzera
nel 2014 di rafforzare la lotta agli
stereotipi dell’intolleranza
4
Gli incontri
Il ritiro annuale della
Commissione federale contro il
razzismo si svolge la prossima
settimana per la prima volta in
Ticino. Sono previsti diversi
incontri istituzionali con le
autorità ticinesi
I
l razzismo strisciante, quotidianamente ordinario, non ha bisogno di estremismi e casi
eclatanti per manifestarsi con il suo mix di
intolleranza, aggressioni verbali e virtuali,
xenofobia. È un razzismo subdolo e poco
consapevole delle conseguenze che può comportare per la popolazione e del potenziale di violenza
che trasmette. È quella forma viscida, ma non plateale, da tempo all’attenzione della Commissione
federale contro il razzismo (Cfr) che da domani,
lunedì, sarà in Ticino per il suo annuale “ritiro”
sfruttando un’ ottima occasione per toccare con
mano la situazione nel cantone.
“È la prima volta che organizziamo il nostro ‘ritiro’ in Ticino, la nostra
presenza non è però legata a motivazioni particolari, ma va da sè che avremo occasione di affrontare i problemi
regionali negli incontri con le autorità
- premette al Caffè Martine Brunschwig Graf, presidente del Cfr -. È importante fare una riflessione generale,
valutare le diversità nel Paese e, soprattutto, ribadire che la vigilanza non
deve essere mai allentata. Il razzismo
ha radici profonde, e una certa compiacenza non deve trovare alcuno
spazio in una società come la nostra
che deve garantire il rispetto di tutti, senza eccezioni”.
Graf, ex consigliera nazionale liberale, è la prima a sostenere che la Svizzera non può certo essere definito un Paese razzista, ma nello stesso tempo si dice preoccupata per quello che definisce il
“razzismo ordinario”. “Sì, è un razzismo quasi banale nella sua quotidianità, ben presente nella nostra società che è già fastidioso quando è
un’espressione puramente privata, ma che ci impone di reagire quando espresso pubblicamente spiega Graf, facendo riferimento ai commenti razzisti postati su Twitter da un politico udc zurighese
-. Molti, troppi, non si rendono conto che manifestare il loro razzismo sui social network non rientra nella loro sfera d’intimità, ma si trasforma in
una dichiarazione pubblica. Svelando, tra l’altro,
quello che veramente pensano. E non è certo colpa colpa dei media elettronici e dei social network
che sono solo uno strumento, è come si usano che
fa la differenza”.
Proprio il diffondersi dell’uso del web, secondo Graf, esclude il poter considerare un cantone
più intollerante e razzista rispetto agli altri. “Spesso, quasi fosse una giustificazione, mi chiedono se
le regioni confinanti con altri Paesi, quelle che come il Ticino affrontano una realtà che prevede la
presenza di molti stranieri, siano più portate all’intolleranza - aggiunge la presidente -. Ma non
ha senso, perchè internet ha eliminato tutti i confini e le aggressioni si diffondono in rete. Semmai
bisognerebbe farsi qualche domanda sul corretto
ruolo dei media nel denunciare queste situazioni.
La Svizzera romanda e tedesca, ad esempio, sono
tempestive nel segnalare e denunciare tutti i casi
in cui si imbattono, ma hanno poca dimestichezza
con la lingua italiana e certe violenze verbali online che so benissimo si manifestano in Ticino non
diventano di interesse nazionale per come invece
MARTINE BRUNSCHWIG GRAF
Presidente della
Commissione federale
contro il razzismo (Cfr)
meriterebbero. Ma ciò dipende anche dai media
ticinesi, che abbiamo sollecitato più volte senza risposta. C’è chi pensa che certe forme di razzismo,
di xenofobia, siano trascurabili, ritenendole
espressioni folcloristiche, o ‘stupidaggini’ cui è
meglio non offrire ulteriore visibilità. Non sono affatto d’accordo; fatta eccezione per casi risibili, tutte queste violazioni della tolleranza e del rispetto
vanno denunciate pubblicamente”.
Alla presidente della Cfr non è sfuggita l’evoluzione dell’opinione dei ticinesi verso gli stranieri,
ricorda come il risultato del voto per limitare la libera circolazione delle persone sia
diametralmente opposto a quel
70% di no che il cantone espresse
nel 1970 sull’iniziativa Schwarzenbach. “Un chiaro sintomo di fastidio per la vicinanza sempre più numerosa di cittadini e lavoratori stranieri, per quanto i ticinesi siano
consapevoli che sono anche loro gli
artefici della ricchezza del cantone
- conclude Graf -. Non è razzismo,
ma una chiara forma di xenofobia.
La stessa che viene riservata ai rom,
persino agli Jenisch svizzeri che
stanno sollevando problemi a Berna e a Bienne. Nel loro caso c’è una
sorta di rigetto, il rifiuto di altri modi di vita. Il sentimento di fondo che vale sia per i rom che per i
frontalieri è la stesso: ci sono, si accettano, ma sarebbe meglio fossero invisibili, inodori, incolori...”
erocchi@caffe.ch
Q@EzioRocchiBalbi
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Lo scrittore
L’opinione di Sergio Roic
“Laboratorio
di intolleranza
e chiusura”
O
ggi in Ticino siamo in presenza di un vero e proprio
laboratorio di intolleranza”. Sergio Roic, scrittore ed esponente socialista, aveva espresso
questo concetto su Tangram, la
rivista della Commissione federale contro il razzismo. E ora rilancia: “Ho parlato di laboratorio
- spiega Roic - perché qui si fa
sperimentazione. E da noi si è
sperimentata una certa forma di
razzismo e di xenofobia. Ma non
in maniera sfacciata, urlata, visibile. Piuttosto strisciante. Da
tempo si è instaurato un clima,
un’ atmosfera pesante di esclusione per chi arriva da fuori Ticino”.
Eppure i frontalieri continuano ad arrivare e a trovare lavoro,
così come tanti altri stranieri. E
allora perché questa accusa?
“Certo che arrivano - dice Roic ma vengono pagati meno, sono
discrimati e bersagliati da critiche continue, nei loro confronti
scattano un’ esclusione e una riprovazione sociale. Si parla di criminalità d’importazione, si criminalizzano i frontalieri e gli stranieri. Quello che mi sento di ribadire è che la nostra società ticinese si sta chiudendo, isolando.
Questo processo blocca l’interscambio sociale che invece è alla
base delle società avanzate, che
crescono anche grazie alle popolazioni straniere che diventano
un valore aggiunto”. PerRoic si è
anche di fronte ad un paradosso:
in Ticino una grande fetta di popolazione ha una storia di immigrazione alle spalle. E dunque
dovrebbe capire il sentimento
che prova uno straniero che lavora qui. “Invece c’è una sorta di autoprotezione, triste peraltro. Ed è
l’atteggiamento di chi ha acquisito un privilegio individuale e si
sente minacciato, pensa di poter
scendere dalla scala sociale, di
perdere ciò che ha faticosamente
conquistato”.
m.sp.
Nello sport
LA BANANA DI DANI ALVES
Nella partita tra il Villareal
e il Barcellona, un tifoso
lancia in campo una banana
in segno di derisione contro
i giocatori di colore. Dani
Alves la raccoglie e se la
mangia. È subito un caso
“Vigilanza sempre alta negli stadi”
Gli allarmi e i timori delle Federazioni svizzere e internazionali
MASSIMO SCHIRA
G
iocatori di colore presi di
mira a colpi di banana,
miliardari squalificati a vita, interi settori negli stadi chiusi.
Il fenomeno del razzismo nello
sport sta tornando a far parlare di
sé in modo eclatante. Basti pensare all’episodio che ha visto
coinvolto Donald Sterling, patron
dei Los Angeles Clippers, franchigia della prestigiosa Nba nordamericana di basket, squalificato a vita dalla Lega e multato con
2,5 milioni di dollari per aver
“consigliato” alla fidanzata di evitare di farsi fotografare con i giocatori di colore della squadra. Situazioni che sollecitano a mantenere alta la guardia pure in Svizzera. I vandalismi a margine della
finale di Coppa a Berna segnalano che la situazione è tutto fuorché serena.
Come sottolinea però il “senior manager” della Swiss Football League, Edmond Isoz, è importante che gli sforzi per limitare
il fenomeno siano coordinati al livello più ampio possibile. “Fondamentali sono le indicazioni della
Fifa, che sono poi completate an-
che dalle misure previste dall’Uefa
- osserva Isoz -. Un discorso che
vale per la prevenzione ed eventuali sanzioni. Tutto parte dalla Fifa perché le misure devono essere
valide e applicabili ovunque”.
Quindi anche per la Svizzera il
concetto fondamentale è quello
sancito nel principio numero 10
nei valori promossi dall’Uefa, “Respect”, rispetto. Rispetto definito
come “principio chiave del football”, ciò che include anche il razzismo. “Il nostro messaggio è chiaro
- sottolinea l’Uefa -, contro il razzismo la linea è quella della tolleranza zero”. Che, tradotta in termini
regolamentari significa in primo
luogo squalifiche e multe per giocatori e dirigenti colti in fallo, ma
anche sanzioni per i club coinvolti
attraverso il comportamento dei
propri tifosi. Pur senza essere stato
caratterizzato dal razzismo, il
comportamento in Europa dei fan
del Basilea ha portato di recente ad
una partita a porte chiuse imposta
dall’Uefa. Situazione che, tra le altre cose, è costata ai renani una cifra attorno ai 2 milioni di franchi.
La mediatizzazione estrema di
tutto l’universo sportivo continua
però a rendere lo stadio - inteso
come luogo di sport - un palcosce-
Il sociologo: “Dietro molti di questi gesti non
c’è un pensiero razzista, ma solo umana
imbecillità e cattivo spirito di emulazione”
Il sociologo Luca
Bertossa e, a sinistra,
Edmond Isoz, senior
manager della Swiss
Football League
nico ideale per chi cerca visibilità
con atteggiamenti fuori dalle regole. Non solo legati al razzismo, ma
anche alla violenza gratuita. “Alla
base del comportamento del tifoso c’è certamente un razzismo di
fondo - osserva il sociologo Luca
Bertossa -, ma non credo che chi
lancia in campo una banana sia
davvero da considerare un razzista
con un convinzione chiara in
mente. È semplicemente un imbecille che emula un gesto razzista.
Un gesto che merita di essere messo alla berlina, deriso. Esattamente come ha fatto Alves mangiando
la banana. E che vale anche per i
cori o i fischi nei confronti dei giocatori di colore”.
Diverso, anche secondo il sociologo, un caso come quello
emerso nel basket americano, per
il quale le parole di Sterling sono
da ritenere fortemente connotate
da un sentimento razzista. “E, in
questo caso, il segnale migliore da
dare anche in prospettiva è la sanzione - conferma Bertossa -. Giustamente pesante come quella
adottata negli Stati Uniti per un
comportamento molto grave”.
mschira@caffe.ch
Q@MassimoSchira
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
43
tra
virgolette
L’evento
1
Museo di Valmaggia, Cevio
Ti-Press
Ospita una vasta documentazione
sull'ambiente e la popolazione di
una delle principali valli sud alpine
2
Museo onsernonese, Loco
Ha anche creato le premesse per la
rivalorizzazione della “farina bona”
con la macinazione del mais
3
Museo di Leventina, Giornico
La nuova sede museale sarà
inaugurata sabato 17 maggio con
animazione musicale e aperitivo
4
Museo etnografico
della Valle di Muggio, Cabbio
Conserva un ricco patrimonio di
testimonianze della civiltà contadina
5
Museo del Malcantone, Curio
Si ha accesso a tutti i materiali
catalogati e custoditi dal museo
sul portale http://e-cde.ti.ch.
6
Museo Walserhaus, Bosco Gurin
Tra le sue finalità, la
rappresentazione della migrazione
dei Walser e le loro tracce culturali
7
Museo storico-etnografico
della Valle di Blenio, Lottigna
Inaugurato nel 1979 il palazzo
500entesco brilla per l’arte sacra
8
Museo di Val Verzasca, Sonogno
Dal 1974 ospita una collezione di un
migliaio di oggetti che rispecchiano
la vita quotidiana di un tempo
9
Museo regionale delle Centovalli
e del Pedemonte, Intragna
"I percorsi della memoria" in diversi
episodi legati alla vita di un tempo
10
Museo della civiltà contadina
del Mendrisiotto, Stabio
Ospita le testimonianze storiche
del mondo rurale del Mendrisiotto
La Giornata
internazionale
dei musei
per unire
il passato
al territorio
Tradizioni
Un patrimonio culturale messo in rete
ANDREA a MARCA
A
d una bancarella del mercato ho comprato un pezzo di formaggio d’alpe che tutta
la tavolata si sta gustando. Durante una
passeggiata nel bosco il mio cane scava
un buco in una piazzola e ne esce del carbone. Il pavimento della casa di un amico è fatto di
strane mattonelle macchiate. La suocera di mia sorella fa dei dolci secchi ripieni che sono una delizia. I
ragazzi del villaggio vicino aspettano con ansia quel
giorno in cui possono girare per le strade facendo
baccano con barattoli e campanacci. Mia figlia è tornata entusiasta dalla passeggiata scolastica, perché
ha scoperto come si fa la farina per la polenta. Spiego
a un amico che per arrivare a casa mia deve svoltare
a sinistra dopo una cappella. Quando scende in giardino, mio padre non si separa mai da quel vecchio
cappello di paglia. Frasi della nostra quotidianità.
Ognuna è un tassello del nostro patrimonio culturale: l’alpeggio, la coltivazione del castagno e del granoturco o la lavora1
zione dell’argilla.
Raramente, però, siamo consapevoli della frequenza con cui vi entriamo in contatto. I musei etnografici in Ticino si dedicano con passione e serietà alla salvaguardia di
questo patrimonio e alla sua valorizzazione, affinché resti vitale e
condiviso. Per la Giornata internazionale dei musei del prossimo 18
maggio, è giusto ricordare un impegno decennale che si è strutturato in una rete di
musei, sostenuta dal Cantone, che copre l’intero territorio.
UNA RETE, TANTI ATTORI
Attualmente questa rete, della quale è parte integrante il Centro di dialettologia e di etnografia (Cde),
è costituita da dieci musei. Le persone coinvolte sono tante: molte prestano gratuitamente tempo e
competenze, alcune sono retribuite per il loro impegno. La strategia del Cantone nel settore etnografico
è di offrire un servizio centralizzato a supporto di
una rete di attori locali. L’Ufficio dei musei, attivo dal
1979 e nel 2002 confluito nel Cde, è stato dotato di
una biblioteca specializzata, di uno studio fotografico e di un laboratorio di restauro. Con la legge del
1990 e il successivo riconoscimento di dieci enti, la
rete si è avvicinata alla sua forma odierna. Dal 2003 i
rapporti tra i singoli membri e il Cantone sono definiti da un contratto di prestazione.
SPECIFICITÀ E COMPLEMENTARIETÀ
Essere parte di una rete significa portare avanti
un discorso comune. Gli oggetti usati nelle varie
mansioni sul lavoro o nelle case si richiamano da
una valle all’altra, talvolta con differenze che si rivelano solo a un occhio attento. Allo stesso tempo ogni
museo e ogni valle ha peculiarità che meritano di essere valorizzate. Il Museo del Malcantone, ad esempio, presenta una sezione sui fornaciai, capitolo fondamentale della storia della regione, il cui studio ha
fatto emergere una fitta e sorprendente costellazione
di imprese avviate da malcantonesi in tutta Europa.
Il tema degli spazzacamini, che accomuna molte
valli alpine, viene proposto dal Museo di Val Verzasca e dal Museo delle Centovalli e del Pedemonte in
due modi diversi: oggetti, immagini, testimonianze
orali e artistiche arricchiscono le esposizioni e mettono in risalto aspetti poco noti. Il Museo della Valle
di Blenio, invece, vanta una ricca collezione di arte
sacra e di arredi liturgici legati al rito ambrosiano. La
lavorazione della paglia di segale è una peculiarità
della Valle Onsernone; a Loco il museo presenta
questa “industria” in tutte le sue sfaccettature, tecni-
che ed economiche. Il Museo della civiltà contadina
del Mendrisiotto offre una ricca tipologia di carri
agricoli, che rende evidente la loro importanza,
l’adattamento alle diverse funzioni e la perizia degli
artigiani che li costruivano. Questi e altri tasselli concorrono a delineare un quadro avvincente della realtà etnografica ticinese.
1
Bambini la notte
di San Silvestro
durante i Canti della
Stella a Bosco Gurin
attiva la banca dati online (www.e-cde.ti.ch/bellinzona/eMuseumPlus ), con circa 100mila oggetti e
immagini.
Navigando in questo grande contenitore ci si
può imbattere nella borsa del capotreno della linea
Biasca-Acquarossa, in un’ascia a filo curvo usata dai
bottai, nella crocifissione scolpita finemente da un
2
Interno della nevèra barbiere di Gordevio attorno al 1870, in un ombrello
processionale in seta e cuoio, in un torchio per presL’EVOLUZIONE DELLA PRODUZIONE
all’alpe Bonello,
Le collezioni dei musei e quella dello Stato sono restaurata dal
sare gli agoni o in una canna da spazzacamino lunga
13 metri. O in un batticarne in plastica, una catena
un patrimonio prezioso e rappresentativo della quo- Museo della Valle
tidianità della popolazione. Da qualche anno l’atten- di Muggio
da capra composta da anelli di legno intrecciato, un
zione dei curatori è rivolta anche ad aspetti legati
vecchio cavallo a dondolo, in un pettine per decorazioni in finto legno. Scorrono anche le immagini delall’evoluzione della società, alla vita urbana, all’in- 3
dustria, alla civiltà dei consumi. Agli utensili tradi- Grotto Cauzza a
la preparazione dei crèfli ad Airolo, della maggiolata
zionali e alle immagini storiche si affiancano oggetti Cevio, proprietà del a Curio, delle rogazioni a Vergeletto, dei tetti in paglia
prodotti in serie e attrezzature industriali. Dal 2013 è Museo di Valmaggia a Cento Campi o una simpatica cartolina che, con il
linguaggio dei fiori, spiega alle ragazze come rispondere ai pretendenti. E c’è, infine, chi verrà attirato da
Le sedi
Il programma
uno specchietto per le allodole.
2
3
Antichi splendori Le connessioni
di architetture
tra collezioni
nobili e rustiche e generazioni
L
e sedi dei musei regionali
sono edifici di pregio,
espressione della storia delle nostre contrade. La più antica è
quella del Museo Walserhaus a
Bosco Gurin, una casa rurale del
1386 che ha mantenuto quasi integralmente le caratteristiche originali. Il Museo di Blenio è in un
palazzo del XVI secolo affrescato
con gli stemmi dei tre cantoni
svizzeri che governarono il baliaggio. Anche il Museo di Leventina ha sede in un edificio cinquecentesco riccamente decorato,
che ritrova il suo splendore dopo
importanti lavori di restauro
(l’inaugurazione il 17 maggio).
Vi sono poi la prima Scuola di disegno del Cantone, a Curio, la casa degli architetti Cantoni, a Cabbio, e una tipica casa bifamigliare
settecentesca, a Sonogno. Alcuni
musei sono proprietari di mulini,
centraline idroelettriche, fabbricati per l’essiccazione delle castagne, grotti, cappelle e roccoli
spesso inseriti in percorsi didattici. Il Museo onsernonese ha riattivato un mulino settecentesco a
Loco e operazioni analoghe sono
state realizzate a Frasco e a Bruzella. Sempre in Valle di Muggio,
si è recuperata una cisterna e una
nevèra nel nucleo alpestre di Nadigh e del roccolo di Scudellate.
N
ella Giornata internazionale dei musei del 18 maggio, ogni realtà museale
partecipa declinando il tema nel
modo più confacente. Così il Museo del Malcantone punta sulla
“Rete del fuoco”, la tradizione dei
fornaciai, e propone un incontro
con i discendenti di questi artigiani emigrati. A Cevio si avrà l’opportunità di sperimentare nuove
connessioni tra generazioni, in
un pomeriggio dedicato alla storia del popolamento delle Alpi.
Il Museo onsernonese, il Museo
delle Centovalli e del Pedemonte
propongono la riscoperta del percorso storico che collega i villaggi
delle due sedi, la Via delle Vose. Il
Museo di Val Verzasca, con “Oltre
i confini le storie si intrecciano”,
evidenzia il legame con la Valle
Vigezzo nell’ambito di un progetto Interreg. A Stabio il museo aderisce con uno stuzzicante pomeriggio dedicato alle erbe selvatiche commestibili, mentre a Lottigna il Museo della Valle di Blenio
darà spazio a una catena d’immagini che raccontano il viaggio nel
tempo del ghiacciaio Vadrecc di
Bresciana. Al Museo di Leventina
a Giornico, che riapre il prossimo
17 maggio, il concetto di identità
nel suo divenire e la sua condivisione da parte della popolazione.
L’ATTIVITÀ PROPOSTA AL PUBBLICO
Decenni di attività non sono
riassumibili in poche righe, ma segnaliamo alcuni progetti degli ultimi anni. Una ricerca straordinaria è
quella del Museo di Valmaggia e
sfociata nella mostra “Vivere tra le
pietre”, che ha valorizzato un tipo di
costruzioni, sottoroccia, la cui importanza culturale è enorme, sebbene l’attenzione che gli si rivolge
sia piuttosto scarsa. Il Museo onsernonese da anni indaga la presenza di alcuni personaggi illustri in valle, con il progetto Arca d’Onsernone e con monografie su Golo Mann, Max Frisch e Alfred Andresch. Il Museo della civiltà contadina del
Mendrisiotto ha allestito un’esposizione con molte
attività artigianali, valorizzando gli utensili della collezione, arricchita in trent’anni di lavoro. Va inoltre
segnalata la ricerca del Museo della Valle di Muggio
dedicata agli alberi plurisecolari o “monumentali”,
una lettura articolata di un elemento centrale del nostro territorio. Il Museo della Valle di Blenio ha promosso un’indagine sulle milizie storiche bleniesi,
dando un forte impulso alla consapevolezza dell’importanza di queste manifestazioni.
TENER VIVA LA MEMORIA E FARLA FRUTTARE
Merita una menzione particolare l’iniziativa del
Museo Walserhaus, che ha visto la riattivazione di
una fornace e la produzione di calce, poi impiegata
per il restauro di un edificio storico: un bell’esempio
di recupero di conoscenze tecniche che vanno perdendosi e del loro inserimento nel tessuto economico della regione. Lo stesso discorso, con valenza economica assai maggiore, si può fare per il ripristino
dell’attività di macinazione al mulino di Bruzella,
grazie al quale il Museo della Valle di Muggio è diventato un punto di riferimento. Va sottolineato che
l’operato dei musei ha sempre un influsso sul tessuto
socio-economico di una regione, perché coinvolge
artigiani, riattiva competenze, rende attrattivo un
paesaggio, offre alla popolazione occasioni di socializzazione e di presa di coscienza del valore del proprio tessuto culturale.
OFFERTA, SCUOLA E POPOLAZIONE
Destinatario di questa offerta non è solo il turista; l’offerta, dalle esposizioni alle conferenze, dalle
escursioni ai progetti sul territorio, è indirizzata soprattutto alla popolazione locale: il museo funge da
mediatore formidabile tra noi e la nostra cultura.
Quest’opportunità viene colta soprattutto dagli scolari: lo testimoniano le attività proposte ai vari ordini
di scuola, dai laboratori alle schede didattiche, dal
“museo in valigia” ai percorsi ludici.
Pagina a cura di
GastroSuisse
e GastroTicino
LARISTORAZIONE
& L’ALBERGHERIA
GastroSuisse è risoluta: il comportamento di determinati sindacati mina la consolidata collaborazione sociale
“No” alla dannosa iniziativa sul salario minimo
È importante respingere con determinazione la dannosa iniziativa del salario minimo sulla quale si voterà il 18
maggio: è l’invito espresso durante il
recente incontro di GastroSuisse coi
media. “L’esperimento del salario minimo avrebbe effetti particolarmente
negativi sull’industria alberghiera e
della ristorazione”, ha affermato il vicepresidente Ernst Bachmann. “Ristoranti e alberghi sono legati al territorio
e non possono delocalizzare all’estero
le loro attività. Il salario minimo imposto dallo Stato non farebbe che in-
SETTORE IN DIFFICOLTÀ
Molti datori di lavoro oggi non
guadagnano più dei loro
collaboratori, talvolta anche meno
debolire ulteriormente la concorrenzialità della Svizzera ed è paragonabile a un’imposizione salariale”, ha aggiunto Bachmann, anche in veste di
presidente della Commissione per il
diritto del lavoro e gli affari sociali di
GastroSuisse. “Siamo a favore di
un’efficace collaborazione sociale in
seno all’industria alberghiera e della
ristorazione. Il comportamento di determinati sindacati mina tuttavia questa consolidata collaborazione sociale,
compromettendo a tutti gli effetti il
rapporto di fiducia esistente.”
L’industria alberghiera e della ristorazione è un settore sociale con datori di
lavoro pragmatici, con i piedi per terra, “vicini alle persone”. Molti di loro
oggi non guadagnano più dei loro collaboratori, talvolta anche meno, ha
spiegato Bachmann. “Noi paghiamo i
salari che la nostra redditività ci consente.” Il settore si avvale da anni di un
valido contratto collettivo nazionale di
lavoro e negli ultimi anni ha fatto enormi sforzi sul piano delle condizioni di
lavoro. La categoria fa quello che le è
economicamente possibile.
a.p.
Maggio goloso
La tradizionale
rassegna culinaria
delle Tre Valli
e del Bellinzonese
taglia il traguardo
delle 28 edizioni
con 33 ristoranti
e... gastronomico
ALESSANDRO PESCE
“E sono 28. Immaginate, è quasi
da una generazione che organizziamo anno dopo anno il Maggio
Gastronomico delle Tre Valli e
del Bellinzonese. Anno dopo anno ci mettiamo cuore, mente ed
energia per potervi offrire sempre
qualcosa di unico e di eccezionale”. Non è retorica, ma passione
quella del presidente Fulvio
Roth, che ha presentato di recente
ai media la tradizionale rassegna
gastronomica, assieme al direttore di Leventina Turismo, Fabrizio
Barudoni.
“Una volta era più semplice coinvolgere la gente, perché c’erano
molte meno manifestazioni. Ma
il nostro zoccolo duro con energia ha sempre cercato qualcosa di
nuovo, qualcosa per attirare anche i cuochi più giovani, quelli,
che, come ho accennato prima,
danno un apporto necessario per
arricchire i piatti e quindi la manifestazione stessa. Nei 33 ristoranti iscritti (3 gli ospiti dal resto
del Cantone), saranno serviti come sempre piatti cucinati con cura e abnegazione dai nostri cuo-
chi”. Piatti che valorizzano le tradizioni culinarie della nostra terra: “Ecco perché il Maggio gode
del patrocinio di Ticino a Tavola,
iniziativa del Centro di Competenza Agroalimentare (Cca) per
promuovere i prodotti locali e i
ristoranti che li utilizzano”, ha
spiegato il giornalista Alessandro
Gli artefici
del Maggio
gastronomico
con l’omaggio
2014: un
elegante
piatto piano
Pesce, direttore del Cca. Ma allo
stesso tempo il Maggio è aperto a
nuovi sapori e ingredienti per
avere una scelta ancora più ampia. La rassegna gode del sostegno degli sponsor principali Raiffeisen Tre Valli, La Regione,
Gialdi Vini e di GastroBellinzona
Alto Ticino. Il presidente sezio-
nale Mattia Manzocchi mette
l’accento sulla convivialità, sul
“piacere dello stare assieme, del
ritrovare il gusto di parlarsi grazie a un pranzo o a una cena, che
spezzano il ritmo forsennato della quotidianità. Ma questo spirito
di amicizia è anche un antidoto al
silenzio e alla solitudine, alimentate da un uso sempre più sfrenato delle nuove tecnologie e in particolare dei telefonini. Ecco quindi che il Maggio ha un valore sociale che va ben oltre l’importanza economica e culturale dell’offerta territoriale”.
Collaudato anche il meccanismo
dell’omaggio ai clienti. Per l’edizione 2014 sarà un piatto piano e
rappresenta l’inizio di una nuova
serie che porterà, anno dopo anno,
a comporre un servizio da tavola.
L’omaggio sarà consegnato ogni
volta che si consumerà un piatto o
un menu della rassegna; allo stesso tempo si riceve un timbro e dopo averne collezionati 4 in altrettanti ristoranti, si ha diritto a un
premio a sorpresa. Tutti i dettagli e
l’elenco dei ristoranti che partecipano si possono scoprire sul sito
maggiogastronomico.ch.
Da “Mamo” Quadranti passione per la gastronomia e l’accoglienza autentiche - Iniziative curiose
San Martino a Mendrisio, al grotto come a casa
Dopo una giornata che ci trascina nei
vortici di una quotidianità stressante,
un pranzo o una cena al Grotto San
Martino di Mendrisio, ci riconcilia
con la vita. La tranquillità del luogo,
il sorriso contagioso di “Mamo” Quadranti e una passione per il lavoro che
trasuda da ogni particolare, ci fanno
sentire davvero a casa. Il grotto si trova alle pendici del Monte Generoso,
nella caratteristica zona delle “Cantine”; “Mamo” lo gestisce dall’agosto
2006. Salendo la scalinata, l’attento
buongustaio non può fare a meno di
ammirare la bordura arricchita da una
quindicina di erbe aromatiche come
maggiorana, rucola, timo, origano.
Già si capisce quale sia l’attenzione
per la qualità e la ricerca di prodotti
del territorio. Poi si arriva al grotto
che dispone di due accoglienti sale da
30 e 40 coperti; durante l’estate è a
disposizione un fresco grottino da 20
coperti e un ampio terrazzo panoramico con 80 coperti. In una delle sale
la grande griglia, il trionfo del gusto
con un’offerta gastronomica che privilegia, oltre alle carni alla griglia, la
cucina nostrana e specialità di stagione, accompagnate da una fornita scelta di vini regionali e non. Da sogno il
viaggio che Mamo ha ideato nel mondo dei formaggi; a seconda del momento (telefonare) ci vizia con un carosello di oltre 25 qualità. E poi, a richiesta, “ricchi buffet” per festeggiare in allegria una ricorrenza, eventi e
giochi gastronomici con i clienti protagonisti, la cena dove tutto si mangia
con le mani (la “Sbarbara”) e la maxi
fondue di formaggio. Bravi!
a.p.
presenta:
SCEF 045
PRESENTAZIONE
PIATTO (NUOVO)
www.salario-minimo-no.ch
E DESIGN DEL
CONDUZIONE
DEL PERSONALE
Obiettivi
riconoscere l'importanza dell’aspetto visivo in cucina, conoscere e sapere applicare
i principi per una decorazione del piatto
raffinata e originale, conoscere e saper utilizzare i possibili ingredienti per stimolare
la fantasia, essere in grado di poter riprodurre con la propria fantasia e le tecniche
apprese decorazioni ad opera d’arte.
Obiettivi
acquisire metodi e strumenti operativi per
agire al meglio nel settore della conduzione del personale, sviluppare le conoscenze
nella comunicazione interna con il personale, analizzare le varie tipologie di leadership. Gli argomenti saranno trattati tramite un approccio didattico interattivo ricco di esercitazioni pratiche.
Insegnanti
José de la Iglesia e Andrea Muggiano,
cuochi
Insegnante
Patrizia Ronconi, specialista del personale, formatrice per adulti
Date e orario
6 maggio 2014, 14.00-22.00
Date e orario
7 e 13 maggio 2014, 8.45-16.45
Costo
Chf 180.00 soci / Chf 230.00 non soci
Costo
Chf 420.00 soci / Chf 470.00 non soci
Settimana dopo settimana
l’analisi di tutti i temi, gli studi,
gli argomenti, i problemi
e le norme dell’offerta
di ristoranti e alberghi.
Una pagina indispensabile
per gli operatori del settore
&
AgendaNews
“Note per un incontro” a Grancia 2
concerti per serate di primavera
“Note per un incontro” è l’iniziativa in cartellone l’8, 15 e
22 maggio al Ristorante Incontro al Parco Commerciale
Grancia 2 (Lugano), creata - per stimolare la cultura e la socialità - da Raffaele Bortolotti, titolare del locale e presidente della rassegna concertistica; direttore artistico il Mo.
Mirco Bussi. “Note per un incontro” è l’apertura di uno
spazio in una porzione di territorio, conosciuta soprattutto
per la sua vocazione commerciale. In una particolare dinamica di contrasti apparenti, si vuole invitare le persone a
prendersi una pausa di fine giornata, uscire dalla pressione
quotidiana, scoprire che anche in questi non-luoghi si possono costruire energie positive. Durante “Note per un incontro” si potranno ascoltare giovani musicisti diplomati
che proporranno jazz e brani classici. Ma ecco il programma dei concerti. L’8 maggio “Trio Zart” (viola, clarinetto,
pianoforte): viaggio dal vecchio al nuovo mondo - da Mozart a Piazzolla. Il 15 maggio “Quintetto per archi e clarinetto” (2 violini, viola, violoncello, clarinetto): le suggestioni di Mozart e Von Weber. Il 22 maggio “Dinamic Manouche Trio” (clarinetto, chitarra ritmica e solita): dal
grande swing degli anni ’30 e ’40 alla musica brasiliana. I
concerti si terranno dalle 18.00 alle 19.00 e il ristorante resterà aperto sino alle 21.00.
Non c’è obbligo di consumazione, ma saranno serviti piatti
gustosi e intriganti, con una descrizione poetica del piatto,
quasi che il cliente sia invitato a
indovinare cosa ha scelto; si
potranno anche degustare 4 tipi
di pizze diverse. Il Ristorante
Incontro ha organizzato questa
bella iniziativa perché, sin dalla
fondazione, dedica ogni giorno
energie e impegno per lo sviluppo di progetti che abbiano
un valore socio-culturale, oltre che un legame con l’attività
di ristoratori: “Ecologia a tavola” (servizio di un’acqua che
sia ecologica, economica e sostenibile), “Menu Nutritivo”
(menu leggeri dedicati a chi ogni giorno deve pranzare fuori
casa, in collaborazione con un esperto di nutrizione),
“Mangiando fai mangiare” (sostegno alle suore del Buon
Pastore che operano nello slum Kipsongo a Kitale in Kenya;
pranzando senza alcun sovrapprezzo, 10 centesimi di ogni
conto sono destinati al progetto che permette a circa 150
bambini l’accesso a un’alimentazione sana, acqua pulita e
istruzione). Informazioni e prenotazioni allo 091 980 01 68
(www.ristoranteincontro.ch).
Settimana “Un amore di formaggio”:
21 ristoranti ticinesi da non perdere
In occasione di Caseifici Aperti (sapori-saperi.ch), Ticino a
Tavola ha organizzato la prima settimana ticinese “Un amore di formaggio” dal 3 all’11 maggio. Ecco i ristoranti iscritti
grazie al coordinamento di Sandy Angelucci e Alessandro
Pesce. Grotto La Baita, Magadino, 091 780 43 38, degustazione di formaggi regionali con mostarde purée “Sandro
Vanini “; Grotto Brunoni da Regis, Golino, 091 796 11 20,
formaggi ticinesi con patate bollite; Albergo Ristorante
Cereda, Monte Carasso, 091 851 80 80, composizione di
formaggi ticinesi (7 qualità) con mostarde purée “Sandro
Vanini “; Ristorante Pedemonte, Bellinzona, 091 825 33
33, carpaccio di melanzane con pomodorini datterini, formaggini ticinesi ed erba cipollina, o carpaccio di formaggio
Alpe Pontino con pere, sedano e noci; Ristorante Caffe Sociale, Riva San Vitale, 091 648 17 89, tagliere di formaggi
locali; Ristorante Snack Bar Al Bottegone, Locarno, 091
751 80 90, formaggi ticinesi con noci e pere; Locanda Locarnese, Locarno, 091 756 87
56, agnolotti agli asparagi
verdi su fonduta di formaggella Fumella (LATI); Ristorante Fresco c/o Parco Maraini, Lugano, 091 910 31 26,
selezione di formaggi ticinesi
con mostarde purée “Sandro
Vanini “ e miele ticinese o
crespelle ripiene al Buscion
con crema all’aglio orsino;
Caseificio Dimostrativo del Gottardo, Airolo, 091 869 11
80, festival dei piatti a base di formaggi ticinesi; Hotel Forni, Airolo, 091 869 12 70, tortellini in leggera fonduta
“NATV” (Nante, Ambrì, Tremola, Val Bedretto) o piatto di
6 formaggi nostrani; Grotto del Giuvan, Salorino, 091 646
11 61, piatto di formaggi del Generoso (formaggino basso,
alto fresco, stagionato a latte crudo e a latte termizzato, formaggino alto di capra, Calvagione, formaggella Alpe Bonello e Dosso dell’Ora, Zincarlin da la Val da Mücc) con
mostarde, miele, pere e noci, e 1 calice di Villa Cristina
dell’Azienda Agraria di Mezzana; Grotto S. Martino,
Mendrisio, 091 646 53 12, Risotto allo Zincarlin o “Un
Amore di Formaggio” (formaggi ticinesi); Ristorante Lattecaldo, Morbio Superiore, 091 682 50 56, piatto a sorpresa;
Crotto dei Tigli, Balerna, 091 683 30 81, scelta di formaggi
ticinesi dal carrello (6 qualità o degustazione singola); Antico Grotto Ticino, Mendrisio, 091 646 77 97, scelta di formaggi ticinesi dal carrello (6 qualità o degustazione singola); Grotto Osteria Croce, Castel S.Pietro - Gorla, 091 683
22 76, piatto di formaggi di Toira; Ristorante Chalet Stella
Alpina, Ronco Bedretto, 091 869 17 14, risotto ai carciofi
mantecato al Lucendro, o crespella ai cardi e formaggio dell’Alpe Gottardo, o fondue di formaggio (12 qualità); Grotto
Canvett, Semione, 091 870 21 21, piatto di formaggi ticinesi; Trattoria Er Pipa, Monte Carasso, 091 826 45 03, formaggini di Isone o formaggi misti alti; Ristorante Pizzeria
Piazzetta, Bellinzona, 091 826 33 26, tris di formaggi ticinesi; Ristorante Chalet Suisse - Fondue, raclette & Swiss
specialties restaurant - Foxtown - Mendrisio, Tel. 091 630
28 89, degustazione formaggi ticinesi (Airolo, Tremola,
Gottardo stagionato in grotta) con miele di alta montagna e
noci, o insalata di pomodori ticinesi con formaggio Airolo e
basilico fresco. Info: ticinoatavola.ch.
1
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
I LETTORI
Nelle abitudini
degli svizzeri il
tasso di lettura
di libri supera
l’80%, più
delle riviste,
ma meno dei
quotidiani
(oltre il 90%).
L’editoria
45
tra
virgolette
2
I LIBRI
Mediamente,
In ogni famiglia
svizzera si
leggono circa
otto libri
l’anno.
I preferiti sono
i tascabili.
3
LA SPESA
L’ultimo studio
nazionale rileva
che ogni anno
ogni famiglia
svizzera
spende in
media per i
libri circa 250
franchi.
4
Nella crisi
EZIO ROCCHI BALBI
La difficile
promozione
della lettura
tra le sfide
del Salone
di Torino
L
ibri sfornati in print-on-demand in cinque minuti. Librerie che si reinventano
con eventi e spazi condivisi di coworking.
Bibliotecari che si dotano di un master
per affrontare l’evoluzione della professione. L’era digitale che si annette la filiera editoriale a colpi di e-book. Paesi europei in cui solo
quattro abitanti su dieci dicono di leggere “almeno
un libro” all’anno. E “isole felici” come la Svizzera,
dove, invece, in ogni famiglia se ne leggono circa
otto, e dove ogni anno se ne pubblicano più di
10mila. Il doppio rispetto agli anni ‘60, sei volte più
che un secolo fa. La promozione della lettura resta
ovunque una necessità pressante, e la 27esima edizione del Salone internazionale del libro di Torino,
che si terrà dall’8 al 12 maggio nella sede tradizionale del Lingotto Fiere, gonfia i muscoli all’insegna
del “bene” libro nelle sue varie sfaccettature. Anche chiedendosi se esso è un “bene” di consumo
come qualsiasi altro o un prodotto diverso, un “bene” culturale che merita, perciò, attenzioni particolari.
“Fortunatamente in Svizzera, fosse solo per la sua
natura plurilinguista, lo Stato sostiene la cultura
anche quando gli altri Paesi, attanagliati dalla crisi
economica come in questi anni, operano dei tagli nota Gabriele Capelli, presidente della Sesi, la Società editori della Svizzera italiana -. Capisco che,
da buona parte del continente siamo visti come
un’isola felice, con altissime percentuali di lettori e
un numero di libri editi annualmente che rappresenta quasi un unicum su scala mondiale. Nello
stesso tempo, però, dobbiamo cogliere i segnali di
una realtà in mutamento, con volumi frutto di autoproduzione editi in cento copie, con una facilità
digitale che anche mia figlia potrebbe stampare un
libro se vuole. E per quanto riguarda il numero dei
lettori non è certo il Ticino che contribuisce ad elevarne la quantità; piuttosto è la Svizzera
tedesca che ha medie in linea con tutti i
Paesi nordici. Non solo per un diverso
potere d’acquisto, ma proprio per tradizione culturale”.
Eppure, nonostante il fatto che i libri
in Svizzera siano venduti a prezzi molto
più elevati che nei Paesi di provenienza,
l’ultimo studio dell’Ufficio federale della
cultura attesta che tra i consumi culturali della Confederazione la lettura di libri
ha un tasso dell’80% tra le abitudini
comportamentali della popolazione.
“Anche perchè non bisogna dimenticare
che un bel libro era ed è la forma di intrattenimento più economica - ricorda Prisca Wirz dell’Alsi,
l’Associazione dei librai del Ticino -. È vero, però,
che il nostro lavoro sta cambiando e si sta ridisegnando il nostro ruolo. Non basta più offrire la
consulenza al cliente, che pure fa ancora la differenza rispetto alla possibilità di acquistare libri
ovunque. Infatti, organizziamo incontri con gli autori, workshop, offriamo e-reader e libri elettronici. Ma a suggerirci l’ottimismo è il fatto che i libri
per ragazzi, la letteratura per teenager siano un
settore di successo negli ultimi anni. Un successo
che indica la strada ai più giovani verso la lettura,
verso la libreria”.
Che il mondo della lettura stia evolvendo ver-
L’INVESTIMENTO
Il sistema
bibliotecario
nazionale
investe in libri
50 milioni di
franchi all’anno
(incluse
biblioteche
scolastiche).
il
libro
gonfia
i muscoli
so forme non ancora ben definite è dimostrato anche dalla progressiva diffusione degli e-book. Sebbene, si potrà parlare di boom, avvertono gli operatori del settore, solo quando si arriverà al formato digitale unico, mentre oggi c’è il limite dell’ in-
5
IN TICINO
Ogni anno
vengono
acquistati dalle
biblioteche
cantonali libri
nuovi per un
milione di
franchi.
6
IL SETTORE
Il libro per
l’infanzia è
l’unico
comparto a
non sentire
crisi nel settore
editoriale
(+13,5%
nel 2013).
compatibilità di fruizione tra un device elettronico
e l’altro. “Ma, intanto, è diventata comunque una
modalità di lettura anche nel nostro circuito - aggiunge il direttore del Sistema bibliotecario ticinese Gerardo Rigozzi -. E le biblioteche del Paese
contribuiscono non poco al successo della lettura,
visto che il 35% dei lettori le frequenta, con percentuali in costante aumento. Il nostro compito è
proprio di promuovere la lettura e ogni anno
spendiamo un milione di franchi. Biblioteche come luoghi di competenza, banche dati, luoghi
d’incontro, di studio e lettura. Altro che semplice
‘prestito’ di volumi... E, come nelle librerie, servono nuove figure professionali”. erocchi@caffe.ch
Q@EzioRocchiBalbi
L’intervista L’autore di “Der Große Krieg” spiega l’interesse sul conflitto mondiale
“La Grande guerra è attuale”,
scoppia un successo editoriale
STEFANO
VASTANO
da Berlino
HERFRIED
MÜNKLER
Docente
di scienze
politiche
a Berlino
I
n Germania non si discute d’altro. Della prima
Guerra mondiale, diventata un caso editoriale di
successo, soggetto di romanzi e saggi. Scoppiatonel luglio del 1914 quando il Kaiser Guglielmo dichiarò guerra al Regno di Serbia, il primo conflitto
mondiale oggi sbanca nelle librerie. Ne abbiamo
parlato con Herfried Münkler, docente di scienze
politiche a Berlino, che ha appena pubblicato “Der
Große Krieg”, un bel libro di 800 pagine sulla “Grande Guerra”.
Qual è l’attualità della prima Guerra mondiale?
“Se la Grande Guerra è stata, come s’è detto, la
catastrofe originaria del 20° secolo, lo è stata specialmente per i tedeschi. Senza la prima Guerra non ci
sarebbe stato il nazismo e, dopo la seconda Guerra
mondiale, la catastrofe morale della Germania e la
divisione del Paese. Oggi dalla Grande Guerra possiamo trarre la lezione di non ripetere questi errori
né di farsi trascinare da psicosi del genere”.
A quali errori e psicosi si riferisce?
“ È stata la paura di essere accerchiati da potenze
rivali ad aver condotto i responsabili di Berlino nella
crisi di luglio del ‘14, allo scoppio delle ostilità. Anche oggi, nella politica di Putin in Crimea, vediamo
all’opera manie di accerchiamento più o meno reali”.
All’origine della Grande Guerra c’è quindi il
fallimento delle élites politiche, militari e diplomatiche?
“Certo, le teste incoronate e i loro agenti diplomatici esercitavano sino al 1918 un potere sottratto ai
parlamenti, specie in Germania e in Russia. Ma un
ruolo peggiore l’hanno svolto i generali con il loro
pensiero fisso alle grandi battaglie dell’antichità. Negli ultimi giorni di luglio 1914 l’imperatore Guglielmo inviava telegrammi a suo cugino Nicola II, lo zar
di Russia, ma lo scettro era già in mano ai militari. È
l’altro terribile aspetto della Grande Guerra: l’im-
potenza degli onnipotenti per una guerra sentita
come inevitabile”.
La Guerra percepita come fato o necessità
biologica...
“Persino come fenomeno moderno, se pensiamo alla corsa agli armanenti o alla mobilitazione
studiata da interi reparti dello stato maggiore. La
Grande Guerra ha eliminato con la pianificazione
tecnica i margini di arbitrio che avevano le guerre
precedenti decise all’ultimo istante dal sovrano”.
Oggi voi storici insistete sulla “casualità” del
conflitto…
“Sì, oggi scorgiamo la serie di errori che hanno
portato a una Guerra che ci pare evitabile. Ma nel ‘14
si era determinati al conflitto e, iniziata la catastrofe,
a continuarlo per vendicare i morti in battaglia”.
Negli anni ‘60 lo storico Fritz Fischer accusò
la Germania guglielmina d’esserne la vera
causa e responsabile morale...
“Nella sua situazione al centro del continente,
la Germania era impigliata in una serie di tensioni,
dalla rivalità con la Francia al controllo dei mari
con l’Inghilterra. Ma questi nodi non dovevano
portare al conflitto che rimase latente sino alla fine
di luglio”.
Cosa scatenò nell’agosto del ‘14 la guerra?
“L’acuirsi dei conflitti negli imperi multinazionali austro-ungarico ed osmanico. Problemi che si
sarebbero potuti risolvere se non si fossero sovrapposti a quelli al centro d’Europa. È per la politica
condotta nelle zone periferiche che si accentua la
responsabilità dei tedeschi per la Grande Guerra“.
Oltre ai re e militari non sono stati anche gli
intellettuali a fallire?
“Non solo professori ed accademici di tutta Europa spinsero alla guerra, anche l’Internazionale
socialista che, come la Spd tedesca, decise di salvare l’onore della patria”.
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
46
tra
l’incontro
virgolette
Chi è
Autore e presentatore
televisivo, Carlo Conti,
53 anni, è nato a
Firenze. Ha esordito
nella Rai nel 1985. Sarà
il nuovo conduttore
del Festival di Sanremo
edizione 2015
“Lavoro anche quindici ore al giorno”
O
ALESSANDRA COMAZZI
razio lo definirebbe persona di “aurea mediocritas”. Fiorello lo chiama “l’uomo dal
volto bruno”, nei suoi spettacoli lo cita moltissimo: ecco Carlo Conti, un passista della
Rai, come Gerry Scotti lo è per Mediaset.
Sodale di Giorgio Panariello e Leonardo Pieraccioni, tutti toscani, dopo un brevissimo inizio lavorativo in banca,
aveva cominciato alla radio come dj, per poi esordire
con il cabaret di “Aria fresca”. Zitto, pedalatore, persona
e non personaggio, mai una polemica e tanti ascolti. Costanzo definisce la sua una “vita da mediano”. Lui replica: “Mi sento piuttosto un centrocampista con il gusto
del gol”.
Da anni si dice che dovrà condurre il Festival di Sanremo
e stavolta ci è riuscito anche se ormai ha superato i cinquanta (è nato nel 1961). Lui tira avanti. I suoi programmi continuano ad attirare investimenti pubblicitari e audience. Quiz ma non soltanto, per lui. “L’eredità” con la
famosa - o famigerata che sia - “scossa” - presidia il preserale, e “I migliori anni” contano risultati eccezionali,
per questi tempi di magra da tv generalista. È andato
molto bene il “Tale e quale show”, grazie pure alla scelta
dei concorrenti (che imitano perfettamente cantanti di
fama internazionale, cambiando sesso e timbro con disinvoltura) e dei giurati: da Loretta Goggi a Christian De
Sica, fino a quel personaggio intelligente e bizzarro che
è Claudio Lippi, uno che cerca sempre di accelerare i
tempi, e il pubblico gliene rende merito. Due essenzial-
mente le ragioni del successo: l’estrema professionalità
di ciascuno e la struttura modulare. Il programma era
lungo come ogni prima serata della tv italiana, ma si poteva vedere a frammenti, sia in diretta, sia sulla rete.
È un grande incassatore, Conti. Non fa polemiche,
non protesta tutte le volte che lo accusano di aver usurpato il successo, dicendo che l’abbronzatura è l’unica
sua vera caratteristica. E invece, proprio il suo “understatement” a renderlo interessante. Ha scritto anche il libro “Noi che”, realizzato con le suggestioni del pubblico
dei “Migliori anni”, devolvendo i proventi in beneficenza. E poi ha pubblicato “Cosa resterà dei migliori anni”,
un piccolo dizionario della memoria, che va da “45 giri”
a “zoccoli” passando per “Corriere dei Piccoli” e “mangiadischi”. Trionfa il vintage, tutto un susseguirsi di
proustiane “madeleine”. Nella “Recherche”, il semplice
fatto di mangiare quel dolce soffice evoca l’infanzia in
un modo così struggente che le parole non potrebbero. E
poi c’è il profumo di buon tempo andato, di infantili paradisi perduti.
Un po’ così, con Conti, che ci gioca. Vedi alla voce
“Subbuteo”: “Essere stati ragazzini negli Anni Settanta e
Ottanta costituisce un privilegio ineguagliabile, soprattutto per un motivo, fra i tanti: avere avuto la possibilità
di giocare a Subbuteo, conosciuto anche come ‘calcio a
punta di dito’. O anche: “Gommapane”: “Gomma per
cancellare costituita da un materiale facilmente plasmabile, simile allo stucco o al pongo e usata per cancellare
con precisione segni di grafite o carboncino, la gommapane, in verità, in passato era un vero oggetto del deside-
L’uomo
dei quiz
Carlo
Conti
rio per i bambini delle scuole elementari”. O ancora:
“Cabina telefonica”: “Cara, vecchia cabina telefonica,
quanto tempo della nostra vita giovanile passammo,
fuori, ad aspettare che fossi libera per noi e, dentro, quale senso di trionfo per averti conquistato; e di gratitudine
perché, grazie a te, avremmo potuto parlare con fidanzate e fidanzati, amici e amiche senza il controllo asfissiante dei genitori, confortati e sospinti soltanto dal suono del gettone che cade giù”. Ha anche un certo gusto
per la scrittura.
I direttori di Raiuno passano, i riferimenti politici
pure, ma lui resta, nei secoli fedele come un carabiniere.
Chissà se, con tutte quello che gli dicono, non gli viene
mai voglia di arrabbiarsi, di fare qualche polemica, di
protestare. Lui dice che detesta arrabbiarsi. “Voglio stare
tranquillo. Quindi prevengo i motivi di irritazione - spiega -. I soldi, per esempio. Lo so bene che se negli anni
avessi cambiato azienda, invece di restare sempre alla
Rai, le mie quotazioni sarebbero aumentate, e i compensi pure. Però rimuovo il pensiero. Perché già guadagno, già sono un privilegiato, alla Rai sto bene, non mi va
di rattristarmi inutilmente. E come faccio a restare, anche quando tutto intorno a me cambia? Con la forza del
prodotto e degli ascolti”. Un filosofo, praticamente.
Quando l’ex ministro italiano Brunetta suggerì di indicare i compensi dei conduttori nei titoli di coda, lui rispose: “Una provocazione che mi sta anche bene. Se però
accanto a quanto prendo si dice anche quanto rendo”.
A lungo scapolo, si è sposato da poco, nel 2012, in
una pieve toscana. Ha un figlio, Matteo. Tra i suoi amici
più cari, dopo tanti anni, ci sono sempre Panariello e
Pieraccioni. Cercano di vedersi ancora. “Ma Giorgio lo
vedo meno, lui viaggia molto per lavoro - dice -. Leonardo quasi tutte le settimane, perché io lavoro a Roma, ma
casa mia è a Firenze, la mia base è là. Ci torno ogni venerdì, regolare. E vedo gli amici di sempre, e tutte le domeniche andiamo a mangiare nella stessa trattoria. I
miei amici mi aiutano a tenere i piedi per terra, a ricordarmi che la realtà non è quella che vivo io. Mi raccontano la vita vera. Il lavoro che non c’è, gli autobus di linea
che ti fanno arrivare in ritardo, le difficoltà a fare la spesa, cose così. Molto importanti, e utili. Se ‘I migliori anni’
ha avuto il successo che ha avuto è perché ha rappresentato un momento di condivisione intergenerazionale.
Dove si lasciava la società dell’Io per la società del Noi. Il
programma ha superato spesso il 30 per cento di share.
E quando si supera quella soglia, vuol dire che il pubblico è trasversale. Mancano solo i bambini, che per definizione non hanno ancora ricordi condivisi. Il fatto è che
c’è voglia di vintage, di rivivere il passato anche attraverso la potenza delle canzoni”.
Nel raccontarsi non nasconde di lavorare moltissimo. “Il mercoledì e il giovedì anche 15 ore ininterrotte precisa convinto -. Ci sono gli autori, ma io seguo tutto.
Il nostro è un lavoro artigianale, proviamo ancora come
ai vecchi tempi. Non mettiamo mai il pilota automatico.
Il format dell’‘Eredità’ è nostro: non solo non l’abbiamo
comprato, ma lo vendiamo nel mondo”. Se gli si contesta
che i concorrenti dell’ “Eredità” sono sempre belli, buoni e propositivi, al punto di sembrare un po’ finti, Conti
replica che quello è un aspetto importante del nostro
mondo occidentale dove, per esempio, c’è una grande
diffusione del volontariato: “Non è colpa mia se ho più
successo io che ne parlo di coloro che non ne parlano”.
Tante risse in tv, ma poi vince l’uomo tranquillo: “Io sono Pesci, ascendente Bilancia. Mi assicura il mio amico
Paolo Fox che è la quintessenza dell’equilibrio”. Evidentemente, dal piccolo schermo il pubblico chiede proprio
equilibrio, evasione, intrattenimento, informazione e un
po’ di formazione. Il garbo e i ricordi non hanno mai allontanato nessuno.
IL CAFFÈ
4 maggio 2014
47
leopinioni
“Secondo la mia esperienza l’amministrazione statale ticinese è molto collaborativa con chi vuole creare una nuova azienda e parte dal giusto presupposto che l’interlocutore sia in buona fede”.
È questa l’esperienza positiva vissuta da
Giuseppe Perale, un giovane ricercatore
che due anni fa si è trasferito nel nostro
cantone per fondare un’azienda estremamente innovativa nel settore della
biomedicina.
Il suo curriculum, nonostante la giovane età, è sorprendente. Nato a Venezia nel 1978, laurea e dottorato al Politecnico di Milano in bioingegneria, post
doc all’Imperial College di Londra, professore invitato al Politecnico di Milano
e all’università di Novara, ricercatore
all’Istituto Mario Negri di Milano e al
Karolinska Institute di Stoccolma. Attualmente insegna alla Scuola universitaria professionale ticinese (Supsi) ed è
presidente del consiglio di amministra-
FUORI
DAL
CORO
GIÒ
REZZONICO
zione della Ibi Sa, una ditta fondata assieme a un collega di studi toscano
(Gianni Pertici) e a un altro socio ticinese (Michele Müller), già attivo nel settore.
“Siete bravi ragazzi e avete voglia di
lavorare nel rispetto delle regole? Ebbene, allora noi siamo qui per aiutarvi. È
questo in sostanza il discorso che ci siamo sentiti fare dai dirigenti di diversi uffici statali, quando li abbiamo interpellati”, racconta Giuseppe Perale. Siete
quindi soddisfatti della vostra scelta di
trasferirvi in Ticino? “Assolutamente sì.
Avevamo optato per il vostro cantone –
prosegue – pensando anche alla qualità
di vita che offriva: ci sembrava accogliente e dinamico ma tranquillo. E le
nostre aspettative non sono andate deluse. La nostra iniziativa imprenditoria-
le ha poi avuto la fortuna di essere stata
prescelta e finanziata dalla Fondazione
Agire (che favorisce la creazione di nuove aziende ad alto valore aggiunto ndr).
Oltre alla partecipazione finanziaria si è
rivelata preziosa anche la consulenza
del suo direttore Lorenzo Leoni, che ci
ha permesso di entrare in rete con altre
imprese del settore a livello cantonale,
nazionale e internazionale. Il riconoscimento da parte di Agire ha poi enormemente facilitato la ricerca dei finanziatori della nostra start up”. Ritiene che questa sua esperienza sia replicabile e che
RENATO
MARTINONI
LIDO CONTEMORI
Rispettiamo il dialetto
però senza esaltazioni
Viaggiatori dell’anima
in cerca di speranza
Il dialetto è un patrimonio culturale di incalcolabile importanza. Racchiude in sé, stratificati nei secoli e amalgamati dall’uso, un’infinità di valori e di memorie, di esperienze umane e
di insegnamenti morali. Per questo molti lo amano e cercano di
ascoltare l’incomparabile saggezza della sua voce. Anche se alcuni decenni fa c’era chi lo abbandonava, vergognandosene
come ci si vergogna di una casa vecchia e polverosa, per insegnare ai propri figli un italiano a volte un po’ precario per non
dire ridicolo.
Oggi c’è chi è tornato a sostenerlo, il dialetto. Ci sono anzi
quelli che lo considerano un riferimento fondamentale per
l’identità di un luogo. Occorre tuttavia andarci piano. Amare un
dialetto è bello e giusto. Usarlo per farne uno strumento politico, magari di segregazione per chi non lo sa, non solo è sbagliato, ma è anche ingiusto. D’altronde se in una lingua c’è il cuore,
essa vive; se vi si iniettano i sentimenti che nascono nella pancia, è destinata a scapitarci. Per questo non vanno guardati con
simpatia i tentativi di servirsi del dialetto per legittimare visioni
localistiche o populiste, come fanno spesso le Leghe: che creUn bene dono in questo modo, assai ingenuamente, di essere più “pada salvare triote” e di poter dialogare direttamente con gli “indigeni” dicon l’aiuto
stinguendoli dai “forestieri”. Così come è usare violenza scrivere
della tv
A PAGINA 39 il dialetto sbagliando l’ortografia (cioè la corretta pronuncia):
succede troppe volte nella pubblicità, sui giornali o nel teatro
amatoriale.
Diventa poi imbarazzante sentire certi discorsi televisivi
che di dialettale hanno soltanto la corteccia più esterna ma certo non la linfa. Che la parlata “popolare”, quella vera, non quella
posticcia, non sia seconda alla lingua “ufficiale” è dimostrato in
tanti modi. L’Italia ha avuto grandi poeti che hanno scritto in
toscano; ma ne ha avuti altri, a volte anche più grandi, che hanno scelto il dialetto di luoghi magari remoti o sconosciuti. Per
non dire di altri settori in cui l’uso del dialetto ha portato a risultati di prim’ordine. Basti pensare alla musica, dalla tradizione melodica al rap.
È giusto pertanto amare queste grandi lingue “minoritarie”.
È un bene, per chi se ne è nutrito, o le coltiva, sentirle come una
parte profonda del proprio essere e del proprio vivere. Senza
eccessi provincialistici, però, dimenticando cioè che esistono
anche lingue assai più internazionali. E senza sciocchi complessi di superiorità. Bisogna insomma essere fieri del dialetto.
Ma attenti a non trasformarlo in uno strumento da caravanserraglio. Come certi animali messi a languire in gabbia. Tenendolo lontano dalla realtà e dal suo vero valore.
Caro Diario,
siamo entrati in maggio, un mese che sa di narcisi e di
mughetti e che nella civiltà contadina era sinonimo di forte
devozione mariana. Le chiese, che allora erano un po’ il cuore del vivere comunitario, soprattutto nei paesi, si riempivano di fedeli. Momenti di preghiera, ma anche gioia di incontri e di socialità, di comunicazione e di condivisione.
ALTRA ESPRESSIONE, questa ancora viva, con orizzonti
però allargati, sono i pellegrinaggi. I nostri nonni si recavano
al Castelletto di Melano o alla Madonna del Sasso o a quella
di Re. L’esperienza riempiva un giorno: di cammino, di natura, di silenzio, di festosità. Oggi, prima domenica di maggio,
una tradizione richiama molti ticinesi in Val Bavona, sulle
strade e sui sentieri che da Cavergno conducono all’oratorio
del Gannariente, nella geografia del “Fondo del sacco“ di Plinio Martini. In ogni chiesetta, da Roseto a Sonlerto, è un rituale che torna e fa corteo, con la bella tradizione che a portar la croce siano a turno i diciottenni.
SI DICE che in pellegrinaggio va ormai solo il popolo dei
capelli grigi e non è vero. Il mestiere mi ha portato spesso
lungo questi itinerari dello spirito. Ho incontrato folle di giovani da Lourdes a Fatima, da La Salette a Medjugorje. Ogni
meta ha il suo “imprinting“. A Fatima si respira una fede commovente che si snoda su montagne brulle verso la basilica.
Famiglie intere unite dalla fede e dalla memoria, dalla volontà di alzare lo sguardo, per ritrovare il filo dell’esistenza, in un
quadro di semplicità e di povertà. Lourdes è l’appuntamento
con un prodigio quotidiano: la solidarietà praticata. Questo il
vero miracolo che si rinnova ogni giorno, con donne e uomini che donano una settimana del loro tempo a chinarsi su
persone malate che neppure conoscono. Ed è così dal 1858.
IL NUOVO è Medjugorje. Pare che negli afflussi abbia
raggiunto, per qualcuno anche superato, Lourdes. Dal 1985,
con una guerra di mezzo, richiama per apparizioni e veggenti
che parlano (qualcuno forse anche in eccesso). Molti, se non
troppi, sono mossi dalla ricerca di effetti speciali. La Chiesa
attende a pronunciarsi e intanto molti preti, anche ticinesi, vi
guidano pellegrinaggi. Di certo, in un perimetro preciso che
brulica di gente, si vedono una chiesa sempre gremita, ressa
ai confessionali, fioritura di vocazioni, sobrietà di fondo.
IN CIMA A TUTTO, quale che sia il luogo, a me piace vedere con gli occhi di Charles Péguy, che si rivolgeva a Maria
chiedendo di gustare la sosta e il raccoglimento per contemplare la giustezza e la giustizia del nostro essere viandanti.
Il miglior rimedio allo stress
è fare ricorso al “colf center”
DOMENICA
PER
PENSARE
FRANCO
LAZZAROTTO
ilcaffè
Settimanale di attualità, politica, sport e cultura
in Ticino possa nascere un parco tecnologico di prestigio? “Ne sono persuaso,
anche conoscendo le storie di altre giovani start up. Sono convinto che il dipartimento dell’Economia e delle finanze,
diretto da Laura Sadis, stia lavorando
nella giusta direzione e che tra alcuni
anni se ne vedranno i frutti. Il Ticino è
piccolo, ma in base alla mia esperienza
ha notevoli potenzialità in questo settore”. La Ibi Sa dà lavoro a una dozzina di
persone e crea un prodotto medico per
la rigenerazione del tessuto osseo. “Mia
figlia – afferma Perale – sostiene che fabbrichiamo pezzi di ricambio per le ossa.
Ed in effetti noi produciamo dei mattoncini, simili ai componenti Lego, che il
corpo umano fa diventare viventi, colonizzandoli con le sue cellule. Il grado di
integrazione è così elevato che a distanza di anni le radiografie non li distinguono più dalle ossa vere e proprie”.
FOGLI
IN
LIBERTÀ
COLPI
DI
TESTA
GIUSEPPE
ZOIS
cui ha subito dato regolare permesso di
liberamente muoversi per casa purché
la stessa sia “blillante” e “plofumata”. E i
risultati si sono subito visti. Citerò unicamente - per ovvi motivi spaziali - la
preparazione di uno squisito ”risotto
all’etica”, erbetta aromaticissima che, se
sfregata, emana un profumino da gourmetica acquolina in bocca. Aggiungasi il
servizio lava-stira eseguito con il nuovo
e magico ammorbidente transalpino
“en cachette”. Qualche difficoltà - stante
il colfico metraggio - la potrebbe creare
la pulitura vetri, ma rimedio viene subito posto con l’acquisto di un telescopico
Direttore responsabile Lillo Alaimo
Vicedirettore
virgolette
Un giovane imprenditore
che ha puntato sul futuro
IL
DIARIO
Non vi è necessità alcuna di indire
pubblico concorso con ricchi premi per
scoprire che le due paroline oggi più
gettonate sono “che stress”! Considerato
come - chi più, chi meno - ne siamo
quindi tutti contagiati, mi sembra bello
poter raccontare quanto messo in atto
dal collega di un amico per cercare di
alleggerire le pienissime giornate della
dolce metà, obbligata a dividersi fra sudate carte e sudanti figli.
Ebbene - con un certosino lavoro
tutto fatto in total segreto poiché sorpresa doveva essere e rimanere - egli ha introdotto dall’abbaino una colfina cinese
tra
Libero D’Agostino
Caposervizio grafico Ricky Petrozzi
braccio, questo non fantasma. Chiude la
forzatamente corta lista dei servizi perfetti il “colf center” cui può far capo via
iPod e in ogni momento della giornata
la figliolanza alla quale una dolce e anonima vocina sdoganerà subito la soluzione. E alla sera poi, sdogana lei - la
colfista - che, scegliendo di passare da
Pedrinate ovviamente per evitare il forte
traffico, raggiunge la eurica casa madre.
Non senza aver prima posto sull’elvetico
comodino - in bella vista e in perfetto
ordine…cinese - sciroppi, ricostituenti e
medicinali per sera e mattino.
Fra questi spicca in prima fila - me
Società editrice
2R Media
Presidente consiglio d’amministrazione Marco Blaser
Direttore editoriale
Giò Rezzonico
DIREZIONE, REDAZIONE E IMPAGINAZIONE
Centro Editoriale Rezzonico Editore
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lo ha confessato, invero un po’ preoccupato, il mio amico informatore - il “Memorex”, medicamento ormai assurto a
fedele compagno di viaggio ed evitante
la non evasione di importanti pendenze. Ma che fortuna, dirà qualche lettrice-mamma. Con un marito così - crudemente, ma oggettivamente detto - dovrei unicamente alzarmi per fare la p.p. !
Mi preoccuperebbe unicamente un tantino - è sempre la lettrice-mamma che
parla - l’assunzione del citato farmaco in
così giovane età. Ma poi - Italia docet non dovrei in fondo intristirmi più di
tanto poiché eventuali conclusioni giuRESPONSABILE MARKETING
Maurizio Jolli
Tel. 091 756 24 00 – Fax 091 756 24 97
DISTRIBUZIONE
Maribel Arranz
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Tel. 091 756 24 08
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diziarie, vuoi per età, vuoi per mnemonico decadimento, potrebbero anche
imboccare sociali sentieri. E se l’italico
“Berlu” dovrà passare quattro ore settimanali in una casa anziani, ad un nostrano maritino - stante fatti ed averi imparagonabili - non potrà semmai che
essere inflitta la massima condanna di
eseguire un settimanale “pit stop”, modello Formula1, di 4 secondi davanti a
una casa di riposo di sua scelta…. Scusatemi, ma devo concludere poiché
qualcuno ha bussato alla porta e una
vocina mi chiede gentilmente quanto
insistentemente: “pelmesso”?
STAMPA
Ringier Print - Adligenswil AG - Druckzentrum Adligenswil
6043 Adligenswil - Tel. 041 375 11 11 - Fax 041 375 16 55
Tiratura (dati Remp ‘12)
56’545
Lettori (dati Mach ‘12-’13)
106’000
Abbonamento annuo Fr. 59.– (prezzo promozionale)
La casa editrice Isbn lo aveva scelto
per le sue copertine, a ricordarci che
un libro è una merce come tante altre.
Bisogna scegliere i titoli, correggere le
bozze, scrivere i risvolti, mandarlo in
stampa, movimentarlo nei magazzini,
farlo arrivare ai lettori. Ora ha ceduto a
copertine più leggiadre e colorate, la
concorrenza sugli scaffali è agguerrita e
dopo il primo effetto sorpresa il codice
a barre su fondo bianco non colpisce
più. Resta però il nome della ditta, che
sta per International Standard Book
Number, la sequenza numerica di 13
cifre che identifica i volumi stampati e
ora anche gli e-book.
Funziona come le righine bianche e
nere che passano sul lettore ottico del
supermercato per velocizzare le operazioni di cassa, con l’inconfondibile rumoretto. Quando la litania di bip si interrompe, la cassiera digita i numeri a
Venti milioni di download
per celebrare il codice a barre
CITOFONARE
MANCUSO
MARIAROSA
MANCUSO
uno a uno e la gente in coda guarda
male il cliente distratto che ha dimenticato di pesare le pesche.
Isbn e codici a barre sono imparentati, dall’uno si passa facilmente all’al-
tro. Gli anticonsumisti degli anni ‘80 si
tatuavano le righe sulla pelle in segno
di protesta contro il capitalismo. I complottisti di oggi si chiedono perché mai
il sei ricorre in ogni codice, ricordando
a chi l’avesse dimenticato che 666 è il
numero del diavolo. Con buona pace
degli uni e degli altri, 5 milioni di codici
vengono letti ogni giorno, e ancora i
quattro cavalieri dell’Apocalisse non
sono comparsi all’orizzonte.
Come tutte le cose che ci sembrano
esistere da sempre – chi ricorda più la
cassiera che batteva ogni prezzo, invece di far scorrere la merce sul lettore – il
codice a barre ha la sua data di nascita.
Era il 1948 quando una catena di supermercati pensò a un metodo per velocizzare il passaggio alle casse. L’eroe
sconosciuto si chiamava Joseph Woodland, ma il sistema – che identificava i
prodotto con una specie di bersaglio a
righe - finì nel cassetto delle invenzioni
troppo in anticipo sui tempi per una
ventina d’anni. Colpa degli scanner,
troppo costosi e fracassoni.
L’idea fu ripresa nel 1973, con un
concorso indetto tra 14 imprese tra cui
l’Ibm. Il codice a barre come noi lo conosciamo si deve a George Launer, di
recente intervistato su “99% Invisible. A
Tiny Radio Show About Design”. Il podcast è curato da Roman Mars, che ama
così tanto la radio da produrre un suo
programma sull’architettura e il design.
I risultati gli danno ragione, i download
- non contatti, puntate scaricate – ammontano finora a 20 milioni: sta tra i
podcast di maggior successo al mondo.
La puntata sul codice a barre è
uno splendido documentario di venti
minuti. E a Roman Mars siamo debitori per la definizione di “driveway
moment”: quel momento in cui siamo
così presi da un programma radio
ascoltato in macchina che restiamo
fermi nel parcheggio per sentirlo fino
alla fine.
4 maggio 2014
Il Paese nel racconto popolare
www.caffe.ch
caffe@caffe.ch
Il romanzo della realtà
Gli eBook del Caffè
La finestra sul cortile
34 / Storie di quotidianità familiare
ANONYMOUS
Ragazza madre svizzero
tedesca. Precisa e
rispettosa di ogni norma.
Trentacinquenne, impiegata
in un’agenzia immobiliare.
Suo figlio Gabriel ha 11anni.
I fatti
e le persone
narrati in
queste storie
sono di pura
invenzione.
Anche le cose pensate
o sottintese
non hanno
alcun legame
con la realtà.
Ma così non
sempre è per
i luoghi, le
circostanze
e gli episodi
da cui prendono
le mosse
i racconti.
Pensionato, vedovo
e piacione. Ama le
enciclopedie. Sua figlia,
Giulia, divorziata, ha un
bimbo di 6 anni, Nathan.
Non ama gli stranieri.
Quarantacinquenne,
divorziata da un medico.
Impiegata in un grande
magazzino. Bella, elegante
e... con molti amanti.
Maestro elementare. Sua
moglie, in casa tutto il
giorno, è una patita di
music pop. S’è ingrassata
a dismisura.
Il figlio Nick ha 6 anni.
Arrivano dalla Croazia.
Fanno tutti e due gli
assistenti di cura. Lei è
disoccupata, oltre che
molto sexi.
ONLINE
La raccolta
dei racconti
caffe.ch/citofoni
La metamorfosi di Rita
E
ra un po’ di tempo che faceva degli strani sogni.
Incubi più che sogni. Vecchi più che strani. Ricordava di aver sognato qualcosa di simile
quand’era un adolescente. O meglio, un uomo
d’una trentina d’anni. Insomma, quegli incubi,
il sudore e il tremore con cui si svegliava, il Carlo
Caverzasio, che sta all’appartamento 4, li conosceva per averli provati anni e anni prima.
Saliva in auto tutto nudo. Aveva solo una
maglietta. E a chi glielo faceva notare rispondeva che tanto di lì a poco sarebbe arrivato a casa.
Ma poi si ritrovava nel mezzo di una festa, spesso era un matrimonio, in cui al centro c’era la fidanzata del momento. Che vergogna, santo cielo! Poi, costretto a scendere dall’auto, si metteva
a correre tra la gente sbalordita, cercando di nascondersi un po’ con le mani, un po’ tirando giù
la maglietta. Una girocollo grigia chiara. Ma chi
cavolo me l’avrà mai fatto fare, perché non ho
messo almeno le mutande prima di salire?
Oddiomio! Ancora ’sto cavolo di sogno! Ma
non si meravigliava più di tanto, erano mesi che
il comportamento della Rita gli dava di che preoccuparsi. Sarà stato per i propositi di inizio
d’anno, ma sua moglie questa volta s’era messa
d’impegno. Stava perdendo il suo grasso esagerato, la sua apatia esagerata... Si stava trasformando in una quarantenne piacevole, ciò che
era sei anni prima, prima che nascesse il Nick.
La Rita stava diventando un’altra donna.
Quella che il Carlo, tranquillo maestro elementare, aveva sposato. E che tante volte aveva raccontato al Lüis Vosti, il pensionato saggio della
casa, quello dell’appartamento 2.
Era così cambiata, che il Carlo aveva iniziato
a sospettare che avesse..., un altro. Lunghe telefonate fuori, sul ballatoio, come se non volesse
farsi sentire. Ma che c’era da non dover sentire
se telefonava alle amiche? E poi i capelli curati, il
trucco del viso mai trascurato, gli abiti...
Dove cavolo se ne andrà tutti i giorni? Che la
Rita uscisse spesso, al Carlo glielo aveva iniziato
a dire il Lüis. Senza nemmeno rendersi conto di
far deflagrare del tutto, nella testa del Caverzasio, il sospetto del tradimento.
«Ma Carlo, non è contento che finalmente la
Rita ha smesso di starsene a casa con le cuffie a
leggere riviste di gossip?».
Contento un bel niente. Ma dove andrà?
Con chi mi tradisce? Il Carlo, dopo mesi di arrovellamenti, si era convinto. La Rita aveva un
amante. L’aveva anche beccata, più di una volta,
a leggere una rubrica tenuta su un settimanale
da una sessuologa, tale Rossi. E ogni volta lei
aveva fatto finta di leggere l’articolo accanto.
«L’artrite reumatoide, Carlo, è una brutta
bestia ad un certa età».
E sì, contalo a un altro dell’artrite reumatoide! Te lo dico io cosa stavi leggendo. Ecco qua:
Sono con lui e immagino altri uomini...».
Un pomeriggio di scuola, terminata prima
del previsto una riunione con i colleghi, nel silenzio dell’aula insegnanti, il Carlo si mise al tavolo. Su un foglio elencò varie ipotesi di tradimento e di amanti.
- Trainer della palestra a cui si è iscritta per
tre volte alla settimana.
- Un amico di Giorgia, l’amica divorziata e
facile.
- Il prete dell’oratorio dove porta il sabato e
la domenica il Nick.
Erano queste le ipotesi più credibili nella testa del Carlo. Nella parte bassa del foglio schizzò
vari piani d’azione: A, B, C... E via sino alla lettera
F. La prima cosa da fare era verificare il cellulare.
L’aveva pensata bene. Rientrando a casa, la
Rita distrattamente lasciò il telefonino sul tavolo. Il Carlo lo prese e lo mise in tasca. «Ma dov’è
finito? Sono entrata col cellulare...». Evitiamo di
elencare i patemi d’animo di quella sera. Temeva di non aver inserito bene il vibracall! Comun-
Il Carlo su un foglio elencò
varie ipotesi di tradimento
e di amanti della moglie
que sia, il giorno successivo a scuola ricopiò i
numeri memorizzati nel cellulare della Rita.
Erano un ottantina. Al ritorno a casa riuscì a nascondere il cellulare sotto un mobiletto nell’ingresso, poi fece finta di ritrovarlo mentre lei era
intenta a cucinare.
Su un foglio aveva trascritto nomi e numeri.
Iniziò le verifiche.
«Pronto c’è Franco?».
«No, non c’è»
«Ma torna?».
«Certo, vuole un appuntamento? Il suo nome?».
Riattaccò. Che cacchio di servizi farà mai
‘sto Franco?!
Sul foglio aveva trascritto Giovanna, ma
avrebbe anche potuto essere... Giovanni. Ma
comunque, pure fosse stata una Giovanna...
Avrebbe potuto essere un indizio. Chissà, Giovanna era l’intermediaria tra la Rita e il suo
amante, un amico di Giovanna.
«Pronto, c’è Giovanna?». Alla telefonata del
Carlo rispose un uomo.
«Non c’è, ma tu chi sei?».
«Mi scusi, mi scusi... ho sbagliato num...».
«E no, tu non ha sbagliato numero. Se ti
becco....».
Man mano che provava le tecniche di indagine, il Carlo tirava una riga sul suo foglio segreto. Piano A, Piano B... Poi un giorno vide la Rita
sul ballatoio mentre parlottava al telefono. Gettò un occhio sul tavolo di cucina. C’era poggiato
il cellulare della Rita. Ma allora, bugiarda e traditrice, hai un secondo telefonino? Ti ho beccata.
«Stavi telefonando?».
«Sì, perché?».
«E questo cellulare qui, sul tavolo, eh! Con
cosa stavi telefonando?!».
«Col tuo, il mio è scarico».
Piano D. La Rita non aveva il numero di cellulare del Lüis. Non lo aveva nessuno, perché il
Lüis in sette anni, da quando la figlia glielo aveva comprato, l’avrà acceso sì e no un’ora. Tornando da scuola, un pomeriggio il Carlo si fermò dal Vosti. Gli spiegò il piano D e partì un sms
diretto al cellulare della Rita.
«Forse siamo stati scoperti. Ho dovuto cambiare numero. Riusciamo a vederci? È urgente».
Il Carlo aveva le idee chiare. O risponde... sì,
no o qualcosa di simile, quindi ha un amante. O
risponde... ha sbagliato numero, quindi non ha
un amante (probabilmente). Ma la Rita non rispose. Oporcavacca!
Piano G. Fu inventato dal Carlo lì per lì.
Stanca dei sospetti del marito, la Rita disse...
«Basta! Mia madre non sta bene, è a casa sola e
la badante fra un giorno parte. Devo portarla
all’ospedale per delle analisi. Vado da lei. Pensa
tu al Nick. È meglio così!».
Eccola, si è tradita. Va da lui! Anzi, probabilmente userà la casa della mamma come garçonnière, tanto sa che io in cima alla valle non
andrei mai a verificare. E invece....
Arrivò che saranno state le nove di sera. La
porta, come sempre, non era chiusa a chiave.
Aprì piano e sentì ansimare. Stava per svenire.
Iniziò a sudare. Si fece forza e andò verso la camera da letto, aprì di scatto. La Rita cercava di
inserire il catetere alla mamma. Si misero tutti e
tre urlare.
Il Carlo si svegliò tremando e con la maglietta grigia madida di sudore.
«Dunque Carlo....», fece il Lüis prendendo
un volume dalla sua libreria fatta esclusivamente di enciclopedie raccolte con i quotidiani.
«Sognarsi nudi e cercare di coprirsi indica
che vi siete pentiti di aver compiuto un’azione
illecita. Se nel sogno il matrimonio si rivela un
brutto evento, significa che state vivendo difficoltà coniugali».