Banchieri svizzeri dal 1873 BSI Market Outlook III Quarter 2014 Quarterly market and economic view By BSI Strategy and Research www.bsibank.com BSI Market Outlook Riuscirà la BCE a scacciare lo spettro della deflazione? Scenario economico globale Il punto sulle diverse Asset Class Focus Mercato Svizzera Focus Mercato LatAm Focus Mercato CEE Focus Mercato Asia (Giappone escluso) Idee di investimento 2 3 4 5 6 7 8 9 1 BSI Market Outlook Tassi di interesse sui finanziamenti bancari alle imprese 7.0 6.5 6.0 5.5 5.0 4.5 4.0 3.5 Rates on bank loans, < Euro 1bn, 1-5Y maturity EMU Germany France 2014 2013 2012 2011 2010 2009 3.0 2008 All’attesa riunione di giugno, la BCE ha superato le previsioni della vigilia, dando il “la” ad una favorevole reazione dei mercati. La fiducia manifestata dagli investitori sull’efficacia delle nuove iniziative del Presidente Draghi e dei suoi colleghi, ricalca quanto avvenuto in occasione di precedenti innovazioni quali l’Outright Monetary Transaction nel settembre 2012 e le prime operazioni di rifinanziamento a tre anni a fine 2011. Tuttavia, bisognerà aspettare fino a fine anno prima di osservare le reazioni concrete da parte delle banche per quanto riguarda la concessione di finanziamenti al settore privato non finanziario dell’area euro. La BCE ha varato, all’unanimità, un articolato pacchetto di misure ed è determinata “ad usare anche strumenti non convenzionali” per far fronte ai “rischi di un’inflazione bassa per un periodo troppo lungo”. I principali provvedimenti sono: – Riduzione di 10 centesimi del tasso di rifinanziamento principale, o tasso refi, e del tasso sui depositi marginali che scendono, rispettivamente, a 0.15% ed a -0.10%, mentre il tasso sui prestiti marginali è stato limato di 35 centesimi a 0.40%; – Operazioni mirate di rifinanziamento a lungo termine (Targeted Long Term Refinancing Operations, TLTRO), da tenersi a settembre e dicembre con scadenza a settembre 2018. Le banche potranno ottenere finanziamenti ad un tasso pari al tasso refi più 10 centesimi fino ad un ammontare pari al 7% dello stock al 30 aprile dei prestiti erogati al settore privato dell’area euro esclusi i mutui residenziali. Il target iniziale è pari a €400mld, cioè il 4% del PIL UEM, ma potrà aumentare tra marzo 2015 e giugno 2016 quando le banche avranno il diritto di prendere in prestito a cadenza trimestrale fino a tre volte i prestiti netti concessi nel frattempo al settore privato non finanziario in eccesso rispetto quanto prestato nei dodici mesi fino allo scorso aprile. Le banche che non soddisferanno le condizioni stabilite in termini di volumi di nuovi crediti concessi dovranno restituire i fondi alla BCE a settembre 2016; – Estensione delle operazioni di rifinanziamento principale (MRO) a tasso fisso e ammontare illimitato fino a dicembre 2016 dalla precedente scadenza di giugno 2015; – Sospensione della sterilizzazione dei titoli di stato acquistati nell’ambito del Securities Market Program (SMP) nel 2010 e 2011, attualmente pari a €163mld; – Intensificazione del lavoro di preparazione per un piano di acquisti di Asset Backed Securities (ABS), in particolare quelle i cui sottostanti sono prestiti al settore privato non finanziario dell’area euro. Con l’introduzione di un tasso negativo sui depositi, una mossa con pochissimi precedenti storici, la BCE impone alle banche commerciali una penalità ed in questo modo cerca di indurle ad impiegare attivamente la liquidità disponibile, preferibilmente nella concessione di credito. Inoltre, un livello di tassi a brevissimo termine sempre più vicino allo zero assoluto dovrebbe facilitare il deprezzamento dell’euro, stimolando le esportazioni dell’area euro e, quindi, la crescita economica. Questa dovrebbe anche beneficiare del più generale calo del servizio del debito, sia per il settore privato sia per quello pubblico, coerente con la “promessa” BCE di mantenere i tassi ufficiali al livello corrente almeno fino a fine 2016 implicita nell’estensione fino a quella data delle MRO a tasso fisso ed ammontare illimitato. Un orizzonte di quasi tre anni di tassi ufficiali prossimi allo zero non era scontato dai mercati e dovrebbe ancorare i rendimenti dei titoli di stato, sia dei paesi core sia di quelli della periferia dell’UEM. A ciò dovrebbe contribuire anche un’altra decisione storica, la sospensione della sterilizzazione dell’SMP: l’aumento della liquidità disponibile dovrebbe risultare particolarmente rilevante proprio in connessione all’introduzione di un tasso negativo sui depositi presso la banca centrale. Si tratta di una misura dallo spirito equivalente al Quantitative Easing della Fed, e ciò rappresenta un precedente nel caso l’area euro richieda nuovi interventi espansivi. In effetti, Draghi ha chiarito che la BCE non ha comunque ancora esaurito il ventaglio di misure espansive non convenzionali a sua disposizione, lasciando aperta la porta a nuove iniziative, la più probabile delle quali dovrebbe essere un programma di acquisti di ABS finalizzato a migliorare le condizioni di erogazione del credito bancario. Importante, in quest’ottica, che le nuove misure siano state prese con il pieno consenso di tutti i membri del Consiglio Direttivo, Bundesbank compresa. Il pallino del gioco è ora in mano alle banche private, e la speranza è che esse, anche in virtù del rafforzamento del capitale degli ultimi anni, accompagnino i segnali di miglioramento del quadro macroeconomico europeo concedendo credito a condizioni più accessibili rispetto al recente passato. 2007 Riuscirà la BCE a scacciare lo spettro della deflazione? Italy Spain 2 BSI Market Outlook World: GDP Grow TH 12 10 8 6 4 2 0 -2 -4 -6 -8 USA (% CHG 1Y) EMU (% CHG 1Y) Japan (% CHG 1Y) 2014 2013 2012 2011 2010 2009 2008 2007 -10 2006 Lo scenario economico globale continua ad essere caratterizzato da una forte disomogeneità e da una crescita media inferiore al potenziale. Questo fatto è in linea con quanto osservato nel recente passato ed era contemplato nelle nostre previsioni di inizio anno. Da questo punto di vista non ci sono state grosse sorprese, né si intravvedono elementi in grado di cambiare significativamente tale scenario nella seconda parte dell’anno. L’elemento che più di altri contraddistingue lo scenario economico è la tendenziale perdita di velocità dei paesi emergenti. Non si può affermare che vi sia una causa comune dietro questa perdita di dinamismo economico. Limitandoci ai paesi denominati con l’acronimo BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), ognuno di essi è confrontato con problemi specifici: la stagflazione in Brasile, le ripercussioni della crisi ucraina in Russia, i disavanzi gemelli in India e un eccesso di investimenti e debiti in Cina (senza dimenticare i problemi legati all’inquinamento). Anche se si è già cominciato a cercare delle soluzioni a tali problemi, difficilmente i paesi emergenti potranno giocare il ruolo di locomotiva che hanno giocato nel recente passato, pur mantenendo un livello di crescita superiore a quello dei paesi sviluppati. Di conseguenza, tocca a quest’ultimi trovare al loro interno le risorse necessarie per garantirsi quella crescita necessaria ad assorbire, con il tempo, gli strascichi strutturali tuttora presenti della crisi finanziaria del 2008, sotto forma di bilanci pubblici e privati ancora parecchio sotto stress e capacità produttive sottoutilizzate (in particolare sotto forma di alta disoccupazione) . In quest’ottica, il paese che sta meglio (o meno peggio, a seconda del punto di vista) sono gli Stati Uniti. Tuttavia, malgrado il deciso supporto da parte della FED, addirittura eccessivo per alcuni osservatori, anche l’America non riesce a ritrovare il dinamismo economico andato perso durante la crisi. Addirittura, nel primo trimestre di quest’anno il PIL ha registrato una crescita reale annualizzata del -1% che è da considerare uno scivolone temporaneo dovuto a fattori contingenti (elementi climatici e di calendario, ciclo delle scorte), ma è tuttavia sintomatico della fragilità di fondo di quello che resta il paese di riferimento del mondo. Le prospettive per il secondo trimestre e la seconda metà dell’anno sono per un rimbalzo del PIL e successivo ritorno su una crescita tra il 2.5%-3%. Decisiva in questo senso sarà l’evoluzione dei salari e del reddito disponibile, che fino ad adesso si è rivelato uno dei maggiori impedimenti ad uno sviluppo economico più forte, ma soprattutto più equilibrato. In Europa la situazione rimane ben più complicata, sotto molti punti di vista. L’aspetto più preoccupante è rappresentato dalle spinte deflazionistiche che hanno portato i prezzi al consumo a toccare lo 0.5% nel mese di maggio. Ciò evidenzia la mancanza di domanda interna dell’Eurozona, un fatto che ha spinto la BCE ha prendere nuove misure per cercare di rilanciare l’anemica ripresa congiun- turale e compensare il problematico calo nella concessione di nuovi crediti ad imprese e consumatori. Vedremo se queste misure riusciranno ad attecchire e consolidare la ripresa nella seconda metà dell’anno. In tutti i casi, ribadiamo il concetto che con la sola politica monetaria (comunque importante, non da ultimo per cercare di rendere meno penalizzante la componente valutaria), l’Eurozona non riuscirà a risolvere i suoi problemi. Per questo, ulteriori misure strutturali sono assolutamente necessarie, soprattutto in paesi come la Francia e l’Italia che, non a caso, faticano più di altri a ritrovare il sentiero della crescita. Al momento attuale, è difficile credere che l’Eurozona possa raggiungere una crescita dell’1% per quest’anno. Inutile aggiungere che una tale crescita è assolutamente insufficiente per garantire nel tempo la sostenibilità del debito pubblico. Infine, due parole in merito ad un altro paese che sta cercando una via d’uscita ai suoi problemi strutturali tramite un esperimento di politica economica alquanto controverso, e cioè il Giappone. A prima vista, i risultati quantitativi sembrano andare nella giusta direzione, visto che il Giappone ha addirittura superato gli USA in termini di crescita del PIL durante i primi tre mesi di quest’anno. Tale situazione è però destinata a cambiare già a partire dal secondo trime-stre a seguito dell’aumento di tre punti percentuali dell’IVA, che provocherà un calo del PIL. Come nel caso dell’Euro-pa, il futuro andamento della congiuntura sarà condizionato dall’introduzione di profonde e coraggiose misure strut-turali, che ancora stentano a trovare il necessario accordo politico. Senza di esse, il paese del sol levante rischia di andare incontro ad una inevitabile crisi del debito, visti gli insostenibili livelli del rapporto tra debito pubblico e PIL. 2005 Scenario economico globale Bric Real GDP (% CHG 1Y) Fonte: Thomson Reuters Datastream 3 BSI Market Outlook Materie prime Questa classe di attivi sta dando particolari soddisfazioni agli investitori. Durante il semestre i comparti agricolo e dei metalli preziosi hanno messo a segno rallies anche significativi, che però hanno perso molto del loro vigore nel corso del secondo trimestre. Specialmente del lato della domanda, non vediamo all’orizzonte stimoli tali da far pensare in un cambiamento in meglio delle prospettive nella seconda metà dell’anno Asset classes year to date 106 104 102 100 98 96 Equities (MSCI) Commodities (GSCI SPOT) Gov Bonds (CITI) Corp Bonds Barclays us corp high Yield JUN MAY APR 94 MAR Mercato azionario Nel periodo in rassegna le borse sono tendenzialmente salite nonostante vi siano state delle fasi di debolezza. In particolare, abbiamo assistito a una presa di profitti a metà Aprile, innescata dalla decisione degli istituzionali di uscire dai titoli a bassa capitalizzazione e da quelli tecnologici ad alta crescita e elevata valutazione e dal riacutizzarsi delle tensioni riguardanti l’Ucraina. I mercati azionari hanno poi risalito la china, grazie al buon andamento delle trimestrali, all’accelerazione osservata nelle attività societarie di fusioni e acquisizioni e alla pubblicazione di alcuni dati macroeconomici migliori delle attese, a conferma della ripresa della congiuntura americana. L’ascesa è continuata, sostenuta dall’atteggiamento da colomba della Federal Reserve e dalle attese di nuove misure espansive da parte della BCE. In questa situazione, la borsa di Wall Street si issava su nuovi massimi storici, mentre in Europa continentale e Svizzera venivano raggiunti nuovi massimi di periodo. Per terminare, degno di nota il recupero dei mercati emergenti, che beneficiavano della riduzione generale delle volatilità e del movimento al ribasso dei tassi a medio-lungo termine americani. Guardan- Mercato valutario È difficile trovare spunti di riferimento di una certa importanza sul mercato valutario. Forse, l’aspetto più interessante, ed anche inatteso, è stato l’indebolimento della valuta cinese. Quasi tutti gli osservatori hanno interpretato tale movimento come una manovra orchestrata dalle autorità cinesi, volte a stroncare l’eccessivo afflusso di fondi speculativi verso la Cina. Sicuramente c’è del vero in tale lettura, ma forse c’è qualcosa di più, legato alle difficoltà del paese a gestire l’eccesso di credito delle aziende che ora cozza contro una sovracapacità produttiva in taluni settori e un rallentamento dei prezzi sul mercato immobiliare. L’altra sorpresa concerne invece qualcosa che non è avvenuto. In effetti, tutto il mondo o quasi, noi compresi, prevedeva un rialzo del dollaro che, almeno fino ad adesso, non si è materializzato. La tesi a monte di tale previsione era molto convincente e, anzi, dopo sei mesi si è ulteriormente rafforzata, e si basa sull’allargamento del differenziale d’interesse, ma non solo. Siamo quindi dell’opinione che, una almeno parziale discesa della parità euro/dollaro, rimane uno dei pilastri della nostra politica d’investimento. FEB Mercato obbligazionario Il mercato obbligazionario ha continuato a dare ottimi risultati anche negli ultimi mesi ed i rendimenti sono scesi ai minimi da inizio anno un po’ in tutte le principali aree valutarie. I fattori guida, tuttavia, sono stati diversi e potrebbero cambiare nel prossimo futuro: ci aspettiamo un’evoluzione di mercato più favorevole alle obbligazioni denominate in euro rispetto a quelle in dollari americani. Ciò dovrebbe essere la conseguenza della differente fase del ciclo economico prevalente nelle due aree e, conseguentemente, nel differente atteggiamento della BCE rispetto a quello della Federal Reserve. In effetti, il calo dei rendimenti americani degli ultimi mesi è parso piuttosto sorprendente a fronte di informazioni, tutto sommato, rassicuranti sulla ripresa economica e sulla dinamica dell’inflazione, avendo anche quest’ultima ripreso un po’ di tono. Se, come ci aspettiamo, anche i prossimi trimestri vedranno questo scenario consolidarsi, la Federal Reserve dovrebbe progressivamente modificare il tono della sua comunicazione per accompagnare i mercati verso l’inizio della fase di normalizzazione dei tassi ufficiali, atteso verso metà 2015. Al contrario, in Europa le banche centrali mantengono un atteggiamento estremamente espansivo, prova ne sia l’ultima batteria di misure introdotte dalla BCE ad inizio giugno. Tra esse anche l’indicazione, indiretta, che i tassi ufficiali non verranno alzati prima del 2017, un elemento che dovrebbe contribuire a mantenere ai livelli correnti, se non marginalmente inferiori, i rendimenti obbligazionari dei paesi core e, per contagio, anche quelli della Confederazione. Per quanto riguarda la periferia UEM, se le iniziative della BCE avranno successo e la faticosa ripresa economica proseguirà, la sostenibilità dei conti pubblici dovrebbe migliorare e con essa dovrebbe ridursi il premio al rischio richiesto dagli investitori. do avanti, continuiamo a essere positivamente orientati nei confronti dei mercati azionari, che continueranno a beneficiare dell’ampia liquidità generata dalle principali banche centrali e di una moderata crescita dei benefici. JAN Il punto sulle diverse Asset Class Fonte: Thomson Reuters Datastream 4 BSI Market Outlook CH: rendimento dei titoli della Confederazione 2% 1.5% 1% 0.5% JUN 2014 FEB 2014 OCT 2013 JUN 2013 FEB 2013 OCT 2012 JUN 2012 FEB 2012 0% OCT 2011 L’economia svizzera ha continuato a dimostrare una tenuta apprezzabile nello scorso trimestre grazie a una discreta crescita economica, ora intorno al 2%, e a un’inflazione molto contenuta. Il problema della sopravvalutazione monetaria sembra essere stato “metabolizzato” dal sistema economico (ossia dagli esportatori) anche se la banca centrale appare tuttora determinata a difendere il “floor” di 1,20 sul tasso di cambio EUR/CHF. Nel T1 2014, il PIL reale della Svizzera è cresciuto dello 0,5% t/t. Sul fronte delle spese, apporti positivi al PIL sono giunti in particolare dalla bilancia commerciale nel settore beni e servizi nonché da investimenti nel settore edile. Sul piano della produzione (creazione di valore aggiunto per settore), a contribuire maggiormente alla crescita del PIL reale sono stati industria, commercio all’ingrosso e servizi finanziari, con un incremento del PIL del 2% rispetto al T1 2013. Negli ultimi tempi la performance economica generale è stata opaca e ad aprile gli indicatori PMI, Kof, ZEW hanno disatteso le aspettative. Si sono contratti anche i volumi degli scambi esteri: se nel T1 le importazioni sono calate mese dopo mese, a febbraio e marzo la stessa sorte è toccata alle esportazioni. Le vendite al dettaglio reali sono avanzate a marzo, ma ad aprile il sentiment dei consumatori ha accusato una flessione. Le vendite di autoveicoli sono rimaste in territorio di crescita negativo. A giudicare dall’UBS consumer proxy, l’indebolimento sembra essersi concentrato sul consumo di beni durevoli. Il tasso di crescita economica atteso per quest’anno dovrebbe essere vicino allo 0,2% (2013: 2%). La disoccupazione dovrebbe restare stabilmente a un livello appena sopra il 3%. I conti con l’estero mantengono una forte eccedenza, con un saldo delle partite correnti pari al 13% del PIL nel 2013 e una previsione di circa il 12,3% per l’anno in corso. Ciò non è dovuto tanto a un enorme surplus derivante dallo scambio di beni, quanto piuttosto al massiccio rimpatrio di redditi esteri, in primis quelli di grandi società svizzere. La portata eccezionale degli avanzi con l’estero è l’esito di un lungo periodo di risparmio interno “eccedente” imputabile alla portata limitata dell’economia svizzera, che non offre alle grandi (o molto grandi) società elvetiche interessanti opportunità d’investimento nel loro paese. Pertanto l’esportazione annua di capitali, tradottasi in un conto capitale negativo, ha controbilanciato le partite correnti positive (e/o l’accumulo di riserve ufficiali). In Svizzera l’inflazione resta del tutto assente. Gli ultimi dati hanno indicato una crescita dell’IPC ferma allo 0% a/a, sia in termini di inflazione complessiva che di inflazione core. L’inflazione zero è stata mantenuta ormai da diversi mesi, il che induce a ritenere che non sussistano gravi rischi di scivolare in zona deflazione. L’inflazione dei prezzi alla produzione e le aspettative dei prezzi in generale indicano che l’inflazione “zero” rimarrà la norma almeno per il prosieguo del 2014. Il fatto che attualmente l’economia svizzera stia crescendo a un ritmo non più rapido del suo (tasso) “potenziale” è un altro argomento importante che consente di escludere l’inflazione (trainata dalla domanda). Come risulta dai dati sui mu- tui residenziali e anche dalla UBS bubble proxy, negli ultimi tempi la domanda di immobili a scopo abitativo si è alquanto raffreddata. Al contempo, l’aumento dei prezzi (medi) degli alloggi è rallentato al 3-3,5% a/a. I costi abitativi rappresentano al momento l’unico parametro determinante per l’inflazione, in quanto le altre componenti dell’IPC restano in territorio piatto o negativo. Nel complesso, ci aspettiamo un leggero incremento dell’inflazione, che dovrebbe salire in media allo 0,2% per il 2014. Come in altri paesi, la politica monetaria continua a seguire schemi del tutto atipici. La politica monetaria della BNS è diventata sensibilmente più accomodante in due tappe ben distinte, ovvero dopo la grande recessione (2009-10) e in concomitanza con l’introduzione del “floor” EUR/CHF. Le due tornate di allentamento hanno accresciuto enormemente il volume della base monetaria; l’eccesso di liquidità ha mantenuto il cosiddetto costo del denaro costantemente prossimo a quota zero. Detto ciò, di recente non si è avvertita la necessità di un intervento della BNS inteso a rafforzare la soglia dell’euro. Il processo di creazione della base monetaria svizzera è pertanto rallentato e, a dispetto della forte sottovalutazione del credito, la domanda di prestiti delle famiglie è andata scemando. Tutto ciò (inclusa la distensione del mercato degli immobili residenziali) implica che non occorre inasprire l’orientamento di politica monetaria per ragioni interne. Pertanto, l’ancoramento del tasso di cambio (strategia volta a impedire che il tasso di cambio EUR/CHF ricada al disotto della soglia di 1,20) può essere mantenuto. Nell’anno in corso, i mercati finanziari elvetici hanno finora registrato una performance piuttosto soddisfacente. Attualmente siamo dell’avviso che sia le obbligazioni della Confederazione svizzera sia l’indice azionario SMI presentino valutazioni decisamente elevate alla luce dei rispettivi fondamentali. Pertanto, pur in vista di sviluppi economici accettabili, i rendimenti cumulati nella seconda metà dell’anno dovrebbero essere più contenuti di quelli dei primi cinque mesi del 2014, in particolare per quanto concerne le obbligazioni. JUN 2011 Focus Mercato Svizzera 5 BSI Market Outlook LatAm: rendimenti azioni e obligazioni (in USD) 114 110 106 102 98 94 90 86 82 78 74 MAY 2014 JAN 2014 SEP 2013 MAY 2013 JAN 2013 70 SEP 2012 In termini di economia reale, le notizie provenienti dall’America Latina nell’ultimo trimestre sono state nel complesso negative, in particolare se “filtrate” attraverso la ponderazione dei singoli paesi. Gli sviluppi negativi hanno interessato in particolare Brasile e Argentina e, in misura minore, il Messico. L’area resta peraltro afflitta da un problema d’inflazione, con tassi d’interesse conseguentemente elevati. La perdurante debolezza del ciclo economico emerge chiaramente dalle previsioni di consenso degli operatori sulla crescita economica per il 2014, che hanno segnato un’ulteriore flessione fino a toccare un minimo del 2,2% a fine maggio. Le GDP proxy per le due maggiori economie hanno subito una decelerazione a marzo, in linea con i dati relativi al PIL reale per il T1 e, di rimando, con gli indici PMI. A maggio si è altresì verificato un secondo, inatteso, calo del PMI brasiliano di sotto di quota 50, il valore più basso in 10 mesi. Il deludente PIL brasiliano non è disgiunto dalla fiducia dei consumatori, che secondo il relativo indicatore è diminuita ad aprile/maggio e permane in trend ribassista. Analoga è la situazione sul fronte della fiducia delle imprese, riconducibile alle difficoltà degli esportatori locali alla luce della debole domanda argentina. Anche in Messico, nel T1 l’attività è stata più fiacca del previsto sulla scia di una marcata contrazione delle vendite al dettaglio. Il Cile, la cui economia aveva sinora retto bene, è apparso sottotono nel T1 e ad aprile. L’economia nazionale che evidenzia la migliore tenuta resta la Colombia, grazie soprattutto alla spesa pubblica, mentre il Perù ha archiviato una performance inferiore alle attese nel T1, fermandosi al 4,8% a/a. Detto ciò, la crescita dell’economia latinoamericana si aggira intorno al 2,2% a/a tra il T1 e (verosimilmente) il T2. Le nostre previsioni per l’intero 2014 indicano un valore del 2,1%, inferiore alla norma e in discesa rispetto al 2,5% del 2013. Più “rosei” sono stati i dati relativi agli utili societari; gli utili per azione (EPS) sono scesi su base annua (del 5,3%) ma hanno ripreso nuovamente a crescere, a parità di condizioni, dallo scorso febbraio. L’inflazione resta una spina nel fianco, e segnatamente in Brasile, Argentina e Venezuela. Perfino in Cile e Perù, nonostante le sorprese negative sul fronte della crescita, il rincaro dei generi alimentari induce a interrogarsi sull’opportunità di controllare l’inflazione. Fortunatamente, se è vero che la crescita dell’IPC in America Latina resta elevata, è altrettanto ben osservabile che la tendenza (al rialzo) si sta ora attenuando, e lo stesso vale anche per le aspettative d’inflazione. Il panorama dell’inflazione si presenta comunque molto eterogeneo: si va da “roccaforti dell’inflazione” quali Argentina e Venezuela (ora oltre il 60%) a “isole di controllo dei prezzi” come Perù, Messico e Colombia, dove l’inflazione IPC è compresa tra il 3% e il 4%. Anche in Cile l’inflazione è bassa, benché di recente abbia ceduto (anche qui) dinanzi all’incremento dei prezzi dei prodotti alimentari, raggiungendo quota 4,3%. In Brasile, l’inflazione resta piuttosto alta (6,3%), oltre il target, e dovrebbe mantenersi a quei livelli fino a fine anno (stime della BC). Il rincaro messicano, invece, ha recentemente sorpreso al ribasso (3,5%) se si tiene conto dei recenti aumenti dell’imposta di consumo. Mentre gli sviluppi di politica fiscale sono motivo di crescente preoccupazione per gli investitori (internazionali), in particolare nei confronti di Argentina, Brasile e Venezuela, la politica monetaria ha finalmente assunto un orientamento neutrale anche se il tasso di riferimento resta alquanto elevato. Sono decisamente volatili anche i tassi d’interesse delle banche centrali dell’America Latina, il che riflette in particolare i picchi registrati dai tassi argentini, a loro volta riconducibili alla recente “consapevolezza” in fatto di inflazione. Dopo un’attenta analisi dei dati, infatti, Buenos Aires ha preso atto del fatto che l’IPC cresce di almeno il 35% a/a (alla luce di ciò, il tasso di riferimento al 19% è ancora troppo basso). D’altro canto, la banca centrale fatica a sterilizzare gli effetti monetari dell’incessante “monetizzazione” del deficit di bilancio – un altro fattore che contribuisce a far lievitare i tassi a breve termine del paese. Considerato ciò, il ciclo dei tassi della regione è diventato più accomodante dopo la battuta d’arresto del Brasile nel suo percorso di rialzo dei tassi. A livello politico, le notizie dall’America Latina sono state “fosche”. In Colombia, il primo turno di elezioni presidenziali ha visto la vittoria a sorpresa di Zuluaga (Partito Democratico) sul presidente uscente Manuel Santos (NUP); per l’esito, bisognerà attendere il secondo ballottaggio a metà giugno. In Venezuela, i disordini sociali sembrano attenuarsi ma permane la mancanza di dialogo tra Maduro (il risoluto leader chavista) e l’opposizione politica (scissa tra i contendenti Capriles e Lopez). In Brasile, sono in programma a ottobre le elezioni presidenziali e politiche a vario livello. A livello di mercati, gli attivi finanziari dell’America Latina hanno di recente esibito risultati relativamente soddisfacenti, in particolare obbligazioni e valute quali COP e CLP. Le azioni hanno risentito di una spiccata volatilità, pur mostrando segni di ripresa grazie all’ingente liquidità globale e agli utili meno anemici delle società latinoamericane. A nostro avviso, sul breve termine gli investimenti a reddito fisso restano una scelta più sicura rispetto alle azioni. Infine, le valute preferite dell’area LatAm sono COP, MXN, CLP e, in second’ordine, il BRL. MAY 2012 Focus Mercato LatAm 6 BSI Market Outlook CEE: Dinamica del PIL 9% 8% 7% 6% 5% 4% 3% 2% 1% 0% -1% 2011 2012 2013 CEE Turkey Poland Russia -2% Hungary Le prospettive di breve termine delle economie CEE continuano ad essere dominate dagli sviluppi a livello di diplomazia internazionale della crisi ucraina e dalle ricadute economiche che essa sta già avendo, in particolare sulla Russia. Nonostante la tensione sui mercati sia calata nelle ultime settimane, sul campo non pare vi siano stati analoghi miglioramenti, prova ne sia che la minaccia di più pesanti sanzioni economiche ai danni delle aziende russe è sempre in cima all’agenda dei paesi occidentali, USA in primis. Il quadro, ci pare, rimane troppo incerto per prevederne gli sviluppi, ma temiamo che i mercati finanziari siano stati di recente eccessivamente compiacenti rispetto al dipanarsi degli eventi. Dal punto di vista strettamente economico, il flusso di dati macroeconomici russi è stato particolarmente negativo: il PIL nel 2014T1 ha rallentato dello 0.9% a/a dal 2% a/a a fine 2013, un dato coerente con una contrazione su base trimestrale intorno allo 0.9% t/t. Inoltre, gli indici PMI del bimestre aprile-maggio sono risultati i più bassi da inizio 2009 e sarebbero coerenti con una contrazione del PIL di circa il 2% su base annua, indicazione che sancirebbe la caduta dell’economia russa in recessione tecnica, ovvero due trimestri di contrazione consecutivi. Per la media del 2014, appare a questo punto molto probabile una contrazione, la prima dal 2009, ma tale risultato negativo è solo parzialmente da ascrivere alla crisi ucraina che è semmai andata ad esporre le inefficienze strutturali accumulate negli ultimi anni. Di fatto, l’economia russa è precipitata in stagflazione, constatato che il tasso di inflazione ha superato il 7.5% e benché dovrebbe iniziare a rallentare nei prossimi mesi i rischi sono spostati verso l’alto. Tale fattore è stato citato anche da Moody’s come un elemento di rischio per le prospettive del rating sovrano russo. Un altro paese alle prese con le proprie inefficienze strutturali è la Turchia. Dopo qualche anno di benevolenza da parte dei mercati e dei capitali internazionali, le lievitazione del passivo con l’estero, sintetizzato da un deficit di parte corrente pari all’8% del PIL nel 2013, e l’aumento della instabilità sociale ha provocato l’uscita dal paese dei capitali. Ciò si è tradotto in un’elevata volatilità su azioni ed obbligazioni turche, ed ha dato il la all’aggiustamento del tasso di cambio, che si è deprezzato di circa il 17% negli ultimi 12 mesi. Quest’ultimo ha influenzato pesantemente al rialzo la dinamica dei prezzi, costringendo la banca centrale ad un intervento di emergenza lo scorso gennaio che ha avuto successo nello stabilizzare la situazione. Tuttavia, i dati dell’economia reale devono ancora mostrare pienamente gli effetti combinati di questi shock negativi, e pensiamo che ciò si tradurrà in un sensibile rallentamento della crescita a circa l’1.5% nel 2014 dal 4.2% del 2013. Anche per la Turchia si può parlare di stagflazione, alla luce di un tasso di inflazione che sfiora la doppia cifra: la banca centrale è fiduciosa che il profilo da ora in avanti sia discendente, ma il recente taglio dei tassi potrebbe rivelarsi troppo anticipato e rischioso per la credibilità della banca centrale stessa. Un ulteriore fattore di rischio per la Turchia deriva da una quadro sociale sempre più frammentato e instabile: la campagna elettorale per le elezioni presidenziali il prossimo me- se di agosto potrebbero portare ad un ulteriore aumento della tensione. Al contrario, il quadro economico ed istituzionale delle economie del Centro-Europa (CE), Polonia, Repubblica Ceca ed Ungheria, si è confermato migliore negli ultimi mesi. Il PIL nel 2014T1 ha accelerato visibilmente ad una media, per i tre paesi, di oltre il 3% a/a e le indicazioni preliminari sul T2 suggeriscono un ulteriore aumento del ritmo di crescita. Oltre alla solidità della domanda domestica, grazie a finanze pubbliche complessivamente in ordine e ad un buon andamento del mercato del lavoro, le economie CE beneficiano della ripresa dell’economia UEM, loro principale partner commerciale e la cui domanda rappresenta circa il 50% del loro PIL. Le prospettive rimangono favorevoli, anche potendo contare su una politica monetaria che rimarrà espansiva, e potrebbe diventarlo ancor più di quanto già non sia: il tasso di inflazione nei paese CE è in media di poco superiore allo 0% mentre i tassi ufficiali in Polonia ed Ungheria sono attualmente intorno al 2.50%. All’interno dello scenario delineato, oltre alla preferenza geo grafica per i mercati e le valute della CE a scapito di Russia e Turchia, ci pare che il comparto obbligazionario possa offrire i ritorni, pesati per il rischio, più interessanti. I mercati azionari, a prescindere dall’ovvio impatto negativo che avrebbero nuove sanzioni contro la Russia, da un lato potrebbero beneficiare da un generale aumento dell’appetito per il rischio, ma dall’altro dovrebbero essere penalizzati, almeno relativamente ad altre aree geografiche, dalla debolezza dei profitti aziendali. Czech Republic Focus Mercato CEE 2014 7 BSI Market Outlook Annual GDP (YoY, %) 10% 8% 6% 4% 2% 2013 2014 Forecast Emerging Asia Thailand Taiwan Singapore Philippines Malaysia Korea Indonesia India 0% Hong Konk L’Asia (Giappone escluso) dovrebbe crescere di circa il 6,1% nel 2014, un valore lievemente inferiore alle stime di inizio anno. In Cina, la crescita ha continuato ad affievolirsi e dovrebbe attestarsi intorno al 7,3% nell’anno in corso. Negli ultimi mesi, le autorità cinesi hanno annunciato il varo di un pacchetto di misure di “mini-stimolo” fiscali e monetarie mirate per sostenere l’economia. Se è vero che la crescita delle esportazioni dalla Cina e da altri paesi dell’Asia settentrionale è finora stata deludente, il graduale miglioramento delle prospettive per le economie avanzate è però di buon auspicio per l’export di questa regione. L’economia indiana è pronta per una ripresa sia ciclica che strutturale nel medio termine, mentre per la maggior parte dei paesi ASEAN, fatta eccezione per la Tailandia, si prevedono tassi di crescita sostenuti nel 2014. In Giappone, il PIL è progredito notevolmente nel T1 prima dell’aumento dell’imposta sui consumi (in vigore dal 1° aprile 2014). Benché sia probabile che l’incremento fiscale possa incidere sfavorevolmente sui dati futuri, dai primi segnali sembra che la tenuta dell’economia sia migliore del previsto. Per il 2014 nel suo insieme, l’evoluzione attesa del PIL giapponese è pari all’1,4%. Si attende un annuncio dettagliato da parte del governo giapponese circa una riduzione delle imposte societarie, con possibili ricadute positive sul sentiment nel 2° semestre 2014. Alla luce del rialzo dell’inflazione generale seguito all’aumento dell’imposta sui consumi, la Banca del Giappone (BoJ) dovrebbe verosimilmente posticipare l’annuncio di eventuali ulteriori misure di allentamento. Se nei prossimi mesi l’economia continua a reagire bene all’imposta sui consumi di aprile, la BoJ potrebbe anche astenersi dall’intervenire per il resto dell’anno. In Cina, la spesa infrastrutturale per la promozione dell’urbanizzazione dovrebbe essere destinata principalmente a investimenti in infrastrutture ferroviarie e alla costruzione di alloggi per famiglie a basso reddito. Resta tuttavia da affrontare in maniera adeguata il nodo finora insoluto dei prestiti in sofferenza (non performing loan, NPL). Una delle possibili soluzioni potrebbe consistere nella loro cessione a una delle quattro società di gestione patrimoniale (asset managament company, AMC) istituite nel 1999 appositamente per rilevare i crediti inesigibili dalle principali banche. In India, le elezioni generali del 2014 si sono rivelate le più decisive degli ultimi trent’anni. I mercati interpretano infatti la netta vittoria della coalizione National Democratic Alliance capeggiata dal Bharatiya Janata Party (BJP) quale probabile garanzia di un quinquennio di stabilità. Il neoeletto esecutivo indiano è chiamato ad accelerare progetti infrastrutturali rimasti in sospeso per incentivare la crescita del PIL complessivo. Tra le priorità del nuovo governo figurano inoltre il consolidamento fiscale e la lotta all’inflazione. Con un’inflazione tuttora superiore all’8,0%, la Reserve Bank of India dovrebbe mantenere i tassi invariati per qualche tempo. In Indonesia i riflettori sono puntati sulle elezioni presidenziali del 9 luglio. I listini indonesiani sono esposti al rischio di volatilità a breve termine in quanto le valutazioni stanno scontando il clima di ottimismo. I fondamentali economici dell’Indonesia sono in forma relativamente migliore rispetto al 2013, quando regnava la tensione per i timori di un tapering da parte della Fed. Tuttavia, a causa del bando all’esportazione di minerali non lavorati introdotto a gennaio 2014, la crescita dell’export è rimasta debole e negli ultimi tempi si sono riacutizzati i timori circa la futura evoluzione del disavanzo delle partite correnti. La fiducia dei consumatori è rimasta robusta nonostante il livello tuttora elevato dell’inflazione, e la Bank Indonesia dovrebbe mantenere i tassi stabili al 7,50% nel prossimo futuro. In Tailandia, il golpe militare ha gettato il paese in una situazione di stallo politico, facendo emergere in tutta la sua portata il malfunzionamento del governo. Dal momento che il governo militare non prevede di indire elezioni nel prossimo anno, la Tailandia appare destinata a restare confinata in un limbo politico per un periodo di tempo prolungato. Mentre le condizioni di liquidità globali e il recente annuncio di misure in Cina dovrebbero favorire il sentiment per le attività asiatiche, la situazione di crisi in Ucraina e Iraq rappresenta un rischio per i mercati finanziari asiatici. Alcuni fattori interni in paesi come India e Indonesia resteranno veicoli importanti per i rispettivi mercati azionari e obbligazionari. Per i titoli di credito dell’Asia (Giappone escluso) denominati in USD, ribadiamo la nostra predilezione per le obbligazioni investment grade con duration più breve. A livello valutario, nel 1° semestre 2014 la maggior parte delle monete asiatiche, fatta eccezione per lo yuan cinese, si è rivalutata rispetto al dollaro statunitense. A fronte del saldo delle partite correnti tuttora positivo in Cina, continuiamo ad aspettarci che la People’s Bank of China consentirà al CNY di apprezzarsi sull’USD nel prossimo anno, quando sarà sicura di aver smaltito posizioni speculative lunghe in CNY. Le altre valute asiatiche sono destinate a restare vulnerabili in futuro in un contesto di riorientamento del mercato, non più concentrato sul tapering della Fed bensì sulla tempistica di un eventuale inasprimento della politica monetaria negli USA. China Focus mercato Asia (Giappone escluso) Fonte: CEIC, IMF World Economic Outlook April 2014. BSI Bank 8 BSI Market Outlook Idee di investimento Mercato azionario: settore tecnologico Il comparto tecnologico americano rappresenta un’opportunità d’investimento attrattiva. Il settore è valutato moderatamente, pur presentando una solida crescita prospettica degli utili. Inoltre, la sua qualità finanziaria è irreprensibile: le società tecnologiche in aggregato presentano un elevato livello di cash, un grado d’indebitamento minimo, un elevato flusso di cassa operazionale e una modesta volatilità degli utili. Questa situazione permette alle società di ricompensare i propri azionisti tramite aumenti dei dividendi versati e/o riacquisto di titoli propri. Da ultimo, il settore tecnologico è quello che ha la più alta esposizione alla congiuntura mondiale e può beneficiare sia della crescita ciclica (ripresa degli investimenti), sia di quella secolare (internet of things, mobility, cloud computing, online advertising, e-commerce, ecc.). Mercato obbligazionario: finanziari area euro Il recente miglioramento congiunturale dell’area euro dovrebbe beneficiare anche il settore finanziario, penalizzato negli ultimi anni dal calo dell’attività creditizia e dall’aumento dei crediti in sofferenza che ne hanno indebolito sia il profilo reddituale sia la solidità patrimoniale. Tuttavia, il rientro degli spread sovrani dei paesi periferici e gli aumenti di capitale messi in atto negli ultimi mesi, anche in vista dell’approfondita analisi dei bilanci bancari attualmente in corso da parte della BCE in vista dell’inizio dell’inizio del Sistema Unico di Supervisione, hanno significativamente migliorato la salute dei bilanci dei finanziari dell’area euro. In prospettiva, anche in virtù delle recenti misure di sostegno al credito introdotte dalla BCE, ci aspettiamo che anche la redditività delle aziende finanziarie possa migliorare, giustificando un calo degli spread di mercato rispetto al benchmark. Abbiamo selezionato un paniere di obbligazioni, sia senior sia subordinate, di emittenti finanziari appartenenti sia a paesi core sia a paesi periferici all’interno dell’UEM con una scadenza media intorno ai 4 anni che, al momento in cui scriviamo rende mediamente il 2.0% circa con uno spread intorno ai 170 punti base. EMU Financials Basket MSCI Tech US REL FWD P/E 1.5 9.8 2.40 200 2.30 192 2.20 184 2.10 176 2.00 168 1.90 160 1.4 8.8 1.3 7.8 1.2 6.8 1.1 5.8 1 4.8 MSCI Tech Relative EPS MSCI Tech Relative FWD P/E Fonte: Bloomberg BSI Bank EMU Financials Bonds Basket, average yield (Ihs) 04.06.2014 21.05.2014 07.05.2014 23.04.2014 OCT 2014 OCT 2013 OCT 2012 OCT 2011 OCT 2010 OCT 2009 OCT 2008 OCT 2007 OCT 2006 0.8 09.04.2014 3.8 26.03.2014 0.9 EMU Financials Bonds Basket, average spread 9 BSI App iPhone Android Subscribe financial newsletter Follow us on Youtube Facebook Il presente documento ha finalità puramente informative. In particolare esso non è, né può essere interpretato, come un’offerta, un invito o una raccomandazione (né generica né personale) all’acquisto o alla vendita di alcun tipo di strumento finanziario. Inoltre esso non deve sostituire il giudizio proprio di chi lo riceve.Il presente documento è stato elaborato da BSI SA con le informazioni disponibili alla data in cui lo stesso è stato redatto. Pertanto le informazioni, opinioni e stime contenute nel presente documento sono formulate con esclusivo riferimento alla data di redazione dello stesso e sono suscettibili di variazioni in qualunque momento senza che da cio’ derivi un obbligo di comunicazione e/o aggiornamento in capo a BSI SA.Le informazioni, opinioni e stime contenute nel presente documento si basano su dati e ricerche tratte da fonti pubbliche o pubblicamente accessibili che sono considerate affidabili. Tuttavia BSI non garantisce la loro correttezza, accuratezza e completezza e non assume alcun tipo di responsabilità derivante da danni diretti o indiretti che possano trarre origine dall’utilizzo del materiale contenuto nel presente documento.Gli investimenti e le strategie trattate nel presente documento potrebbero non essere adatti ad ogni tipo e categoria di investitore. In generale, occorre considerare che tutti gli investimenti comportano un certo grado di rischio. Il valore di ogni investimento puo’ aumentare o diminuire sensibilmente e l’investitore potrebbe non essere in grado di recuperare l’intero ammontare investito. Deve essere inoltre tenuto presente che le performance passate non costituiscono garanzia di risultati futuri. Laddove indicati, i prezzi riportati in questo documento hanno una finalità meramente informativa e non sono necessariamente corrispondenti alle contabilizzazioni o registrazioni interne di BSI. Non si danno garanzie in merito al fatto che una transazione potrebbe o avrebbe potuto essere effettuata a tali prezzi. Si evidenzia come assunzioni diverse, da parte di BSI o di altra fonte, possono portare a risultati sostanzialmente differenti. Infine, oscillazioni nel cambio delle valute possono impattare sui valori e prezzi eventualmente indicati in questo documento. In alcuni Paesi determinati prodotti e servizi sono soggetti a restrizioni legali; le informazioni relative a tali prodotti si intendono pertanto destinate unicamente ai Paesi nei quali tali restrizioni non sono operanti. Il presente documento potrà essere riprodotto o pubblicato in tutto o in parte solo citando il nome BSI. © BSI Bank 2014/luglio – BSI Business Communication Swiss bankers since 1873 BSI Market Outlook I Quarter 2014 Quarterly market and economic view By BSI Strategy and Research Department BSI SA via Magatti 2 6900 Lugano Svizzera tel. +41 (0)58 809 31 11 www.bsibank.com www.bsibank.com
© Copyright 2024 Paperzz