Anno III - Numero 274 - Mercoledì 26 novembre 2014 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Politica Attualità Sport Il dopo Regionali: FI si lecca le ferite Il Pontefice prova a svegliare l’Europa Roma “gelata” a Mosca nel finale a pag. 2 Traboni a pag. 4 a pag. 12 SPUNTANO PARTICOLARI SEMPRE PIÙ INQUIETANTI NELLA CLAMOROSA INCHIESTA SUI PALAZZI D’ORO AFFITTATI DURANTE L’AMMINISTRAZIONE MARRAZZO di Francesco Storace on è che c’è un secondo biscotto dietro l’affare Lazio Service? La mega tangente contestata al deputato del Pd Marco Di Stefano, accusato di aver dato il via all’operazione palazzi d'oro quando era assessore al demanio e patrimonio della giunta Marrazzo, potrebbe non essere l’unica. E ne chiederò conto stamattina in aula al vicepresidente della regione Lazio, Massimiliano Smeriglio, delegato da Zingaretti a rispondere alla mia seconda interrogazione sul tema. Dopo quanto riferito giorni fa in aula dall’assessore al Bilancio Alessandra Sartore, ho visionato tutti i documenti allegati, che sono anche all’attenzione della procura della Repubblica. E le date mettono molti dubbi. Come dovrebbe essere noto, parliamo di due palazzi, acquistati in due circostante diverse dal gruppo Pulcini e affittati a Lazio Service - partecipata al cento per cento della regione e subito dopo “piazzati” all’Enpam al doppio del prezzo. Gli inquirenti sospettano infatti un vorticoso giro di tangenti grazie alle cospicue plusvalenze realizzate nell’affare, circa sessanta milioni di euro. C’è stato anche un giallo in più, riferito alla scomparsa di un amico di Di Stefano, Alfredo Guagnelli, sparito nell’ottobre 2009. E qui sta il punto. Finora, i magistrati hanno puntato l’attenzione su un milione e ottocentomila euro che sostengono essere finiti nelle tasche di Di Stefano e 300mila in quelle di Guagnelli. Ma uno dei due palazzi è stato N affittato da Lazio Service nel 2008, sia pure con procedure assai dubbie; il secondo palazzo viene perfezionato nel contratto di affitto - e senza nemmeno uno straccio di gara - solo nel gennaio 2010, attraverso una serie di atti che fanno emergere responsabilità pesanti del consiglio di amministrazione, dell’allora direttore generale D’Annibale - quello che guadagna tra indennità, stipendio e vitalizio più di Napolitano - e la dirigente della logistica, Claudia Ariano, che si dice legata a Di Stefano. Tra i due palazzi, avviene la scomparsa di Guagnelli. Siccome a quanto pare all’epoca non si faceva nulla gratis, chi ha sostituito nell'operazione l’uomo finito nel nulla? C’è stata una seconda tangente per il secondo palazzo? La coincidenza con le elezioni regionali del 2010 e la necessità di reperire risorse per la campagna elettorale fece allargare le borse? Purtroppo, non parla nessuno, almeno per ora. Sarebbe interessante ascoltare le voci dei non indagati, ad esempio. Marrazzo, che pure aveva delegato Di Stefano ad avviare l’operazione, ne sapeva qualcosa? E l’assessore che succedette a Di Stefano, Scalia, oggi senatore ultrà renziano, non si accorse di nulla dell’assunzione C’È IL BIS? Scandalo Lazio Service: emerge l’ipotesi di un’altra megatangente. Oggi alla Pisana la giunta Zingaretti risponde a una seconda interrogazione a Lazio Service dell’Ariano del luglio 2009 fino alla stipula del contratto di locazione con le nostre tasche del 20 gennaio 2010? E D’Annibale, che poi nel 2012 avrebbe annunciato pomposamente la propria mancata ricandidatura alla Regione - in realtà negatagli da Zingaretti - non farebbe bene ad allontanarsi da una società per la quale ha firmato contratti insostenibili e figli di presunte malversazioni? Oggi attendiamo chiarezza e ancora una volta tutta la verità. UNA PATTUGLIA DI DEPUTATI DEM SI UNISCE ALLE OPPOSIZIONI E NON VOTA IL JOBS ACT RAGAZZO UCCISO E AGENTE SCAGIONATO, DIVAMPA LA PROTESTA NEGLI USA Astensionismo anti-Renzi. Anche alla Camera di Robert Vignola iceva Renzi domenica, commentando il voto alle regionali, che l’astensionismo è un problema marginale. Chissà se la pensa ancora così dopo che ieri gli sono mancati una trentina di voti dalla sua pattuglia parlamentare sul provvedimento con il quale il premier vorrebbe rilanciare l’Italia. Per carità, il placet della Camera al Jobs act è arrivato. E pure con numeri importanti, praticamente bulgari: 316 sì, 6 no e 5 astenuti. Peccato però che poco prima della votazione finale, praticamente tutti i deputati dell’opposizione hanno lasciato l’Aula (a parte una “sentinella”, l’azzurro Francesco Saverio Romano, che ha regolarmente scelto il no), non partecipando dunque alla votazione. Niente pesa perciò, ai fini delle statistiche parlamentari, il parere sulla frontiera del lavoro 2.0 che hanno Forza Italia, Movimento 5 Stelle, Lega, Sel, Fratelli d’Italia. Nell’inesorabile D Rabbia a stelle e strisce a pag 5 tweet che ha salutato l’approvazione (“Grazie ai deputati che hanno approvato il Jobs Act senza voto di fiducia”), il premier non ha potuto ricomprendere nell’omaggio di riconoscenza circa trenta deputati, che se ne sono bellamente infischiati di pigiare sul bottoncino rosso. Si tratta dei già noti dissidenti, per carità: da Cuperlo alla Bindi, da Fassina a Boccia. Gente che manda a dire: “abbiamo apprezzato l’impegno della commissione Lavoro e riconosciuto i passi avanti compiuti su singole norme” però “l’impianto complessivo del provvedimento rimane non convincente”. Addirittura invece la componente di Pippo Civati, che cerca sempre una posizione diversificata che più diversificata non si può, si è espressa contro, portando a 34 la quota di chi si è apertamente dissociato dal gruppo parlamentare. Il tema d’altronde è sentito e lo dimostra pure che tra i voti a favore c’è stato quello di Massimo Corsaro, deputato milanese di Fratelli d’Italia che ha scelto in questo caso una via personale: ma tornando al dato politico, il testo ora torna all’esame del Senato, dove notoriamente i numeri (quando non c’è la convergenza di Forza Italia) sono più risicati. Colpi di fiducia in vista o nuovi emendamenti per accontentare la minoranza Pd? Ai posteri… 2 Mercoledì 26 novembre 2014 Attualità IERI LA POPOLARE TRASMISSIONE DI TGCOM24 HA FOCALIZZATO LA SUA ATTENZIONE SULLA VICENDA Fatti, misfatti e vilipendi. Anche in tv Storace: “Se ricorrerò? L’appello lo deve fare il Parlamento, cancellando questa roba” E Liguori rispolvera un vecchio intervento col quale Napolitano chiedeva l’abrogazione del reato di Giuseppe Sarra nche "Fatti e misfatti", la trasmissione condotta su Tgcom24 da Paolo Liguori, si è occupata ieri del caso Storace, condannato a sei mesi in primo grado per vilipendio al Capo dello Stato. Liguori ha ricordato i tantissimi messaggi giunti al leader de La Destra dal centrosinistra, in particolare quello laziale: dal governatore Zingaretti al vicepresidente della Regione Smeriglio, dal presidente del Consiglio regionale Leodori al capogruppo di Sel De Paolis, dal presidente della commissione Cultura Patanè ai 5 stelle. Solidarietà è stata espressa anche dall'opionista presente in trasmissione, Massimiliano Lenzi. Dopo una breve ricostruzione della vicenda, Storace ha raccontato di come - il giorno dopo la richiesta della Procura di Roma di procedere, respinta dal Senato che aveva confermato l'immunità parlamentare all'allora senatore de La Destra - scrisse una lettera al presidente Napolitano, chiedendogli un incontro. "Napolitano mi ricevette al Quirinale, parlammo per un'ora - ha affermato il segretario de La Destra - . Insomma, tutto pensavo fuorché di andare a processo". Storace ha colto l'occasione dell'invito alla trasmissione di Liguori per rivelare un particolare, finora inedito: "Il 29 settembre scorso il segretario generale mi ha convocato al Colle, consegnandomi la copia della lettera che io scrissi al presidente e quella con cui l'allora portavoce Cascella mi confermava che Napolitano considerava il caso chiuso. Marra mi disse di consegnarla ai miei avvocati". Il leader de La Destra ha contestato nuovamente l'assurda sentenza: "Sei mesi di condanna, nemmeno vado in carcere. Hanno preferito darmi la condizionale". E ha fatto notare: "L'appello lo deve fare il Parlamento cancellando questa roba". Il direttore Liguori, tornando indietro con la memoria, ha ricordato quando Napolitano da parlamentare - contestò il reato di vilipendio nei confronti delle istituzioni. A quel punto, Storace gli ha suggerito: "Fai vedere la mia copertina di Facebook, nella quale c'è riportato l'articolo che Napolitano scrisse sull'Unità in cui attaccava l'allora onorevole Piccoli della Dc". "Chi crede nei supremi valori di spiritualità e contro la sopravvivenza di norme giuridiche fasciste che colpiscono, come 'vilipendio' delle istituzioni, i reati di opinione". Chiaro, no? Ma non è finita qui: Storace ha portato l'esempio dell'articolo 279 del codice penale, poi cancellato dal ministro della Giustizia, Roberto Castelli, ribadendo come il diritto andrebbe rivisto. "Con l'articolo 279 del codice penale si rischiava addirittura un anno di galera, chi attribuiva responsabilità al presidente della Repubblica che invece erano del governo", ha spiegato. L'ex governatore del Lazio, con un pizzico di emozione ha raccontato quanto successo nella seduta di lunedì alla Pisana. In discussione c'era la proposta di legge sul 'sistema cultura del Lazio', dove prima dell'approfondimento il presidente della commissione Cultura (Pd), Eugenio Patanè, ha colto l'occasione per esprimere nuovamente, a nome del gruppo consiliare, solidarietà e vicinanza umana e politica al vicepresidente Storace. A IL SONETTO L’elezzione Co i risurtati de Calabbr'e Miglia dopo c'ha parlato Matteo Renzi nun m'è parzo da vede fatti denzi de na politica de quella che te pija perchè a votà n c'è nnato nisuno! e allora ndo sta rappresentanza coi voti de du tizz'e n reggipanza chiamati li pe fa elegge quarcuno che pija n vot'e mezzo p'ogni dieci: Come faremo co st'assenteismo che porta sta politica da feci? di libertà - scrisse Napolitano, sul quotidiano fondato da Antonio Gramsci, riferendosi all'on Piccoli - ha molto da fare innanzitutto nel proprio paese, in Italia, contro le degenerazioni provocate dallo sviluppo monopolistico e dal sistema di potere della DC nei rapporti sociali ed umani e nel costume, contro gli arbitri padronali, contro gli abusi polizieschi e giudiziari, Sarebbe mejo na politica più forte pe vede da levasse sto lassismo ...sinnò potemo puro tirà sorte! GRM IL LEADER AZZURRO GETTA ACQUA SUL FUOCO DELLE LITI INTERNE E RAFFORZA IL PATTO DEL NAZARENO Forza Italia, vietato rompere Berlusconi: “Lavoriamo per unire il centrodestra, anche con Salvini e Alfano”. Oggi l’ufficio di presidenza anche con Fitto cqua sul fuoco, nel partito e fuori. Berlusconi ieri ha parlato da padre più che da leader, cercando di ricucire gli strappi nascenti ma anche di riannodare le fila di discorsi più o meno perduti, dal Ncd a Fratelli d’Italia, dalla Lega al Pd (via Patto del Nazareno, s’intende). E individuando quello che a suo avviso è stato il vero limite azzurro nel voto regionale di domenica; le troppe liti dentro Forza Italia. “Sono quelle a farci perdere consenso”, ha detto all’ufficio di presidenza riunito ieri a Palazzo Grazioli, sventolando con le mani il fatidico sondaggio del caso davanti ai suoi interlocutori, alcuni dei quali magari già pronti ad analisi del voto al vetriolo. La riunione era stata con- A vocata proprio per guardarsi negli occhi e non nascondere la sporcizia sotto il tappeto, perché le urne della Calabria e (soprattutto) dell’Emilia-Romagna di amarezze a Forza Italia ne hanno portate parecchie. Certamente, però, il Patto del Nazareno non sarà messo in discussione. Anzi, nella sua relazione, a quanto pare, il Cav avrebbe gettato ulteriori fasci di luce sulla sua natura, garantendo che offre al centrodestra una serie di “pegni” quali quello di poter partecipare alla scelta del nuovo Capo dello Stato e quello di garantire a lui stesso il ritorno all’agibilità politica. Di qui, anzi, l’esigenza di rafforzare l’accordo con Renzi, dando anche l’avallo al premio di lista, anziché di coalizione, chiesto dal premier. E qui si apre un’altra linea direttrice indicata da Berlusconi: riunire il centro-destra, perché se si va divisi, si perde senza neanche essere della partita. E ciò vale in tutte le direzioni: anche la Lega da una parte, perché “Matteo Salvini è bravissimo e io con lui ho un ottimo rapporto” e il Nuovo Centro Destra dall’altra, “anche se può destare qualche malumore”. I malumori emersi per la verità sono quelli reciproci, laddove Salvini e Alfano si sono precipitati già ieri sera nel mostrare entrambi i propri veti, a questo punto incrociati. Ma il fatto che nelle regioni superstiti del Nord (peraltro a guida leghista) stiano assieme, è un fatto “marginale” che tutti gli osservatori politici non hanno mai mancato di citare, nel commentare le frequenti frizioni tra i due partiti. Che altro? Naturalmente gli scontri interni, quelli un po’ più seri. Innanzitutto si parte dal dato che Berlusconi ieri non ha voluto fornire casus belli, invitando a stare uniti e nel contempo limitando la riunione dell’ufficio di presidenza ad una sua relazione: Raffaele Fitto era a Strasburgo per l’incontro dell’europarlamento col Papa e aveva quindi chiesto di far slittare la riunione romana. Oggi si terrà quindi un secondo round ben più significativo, nel quale occorrerà capire fino a che punto il “dissidente” porterà avanti la richiesta di azzeramento dei vertici azzurri, fino a che punto Berlusconi lo seguirà su questa strada e quanto sarà invece seguito su quella del premio di maggioranza da affidare al partito, e non alla coalizione. La sensazione netta è che il Cav punti a una lista unica di tutti i partiti e che per comporla non disdegni persino di cedere lo scettro a Salvini. Convincere Forza Italia sarà già difficile. Convincerle i potenziali aderenti, Robert Vignola forse, impossibile. Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: redazione@ilgiornaleditalia.org Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore Roberto Buonasorte Direttore Generale Niccolò Accame Capo Redattore Igor Traboni Progetto grafico Raffaele Di Cintio Società editrice Amici del Giornale d’Italia Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: daniele.belli@hotmail.it -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 3 Mercoledì 26 novembre 2014 Attualità PUBBLICATO L’OUTLOOK: NEL 2015 TIMIDI SEGNALI DI CRESCITA. DEBITO PUBBLICO IN SALITA E DISOCCUPAZIONE SOPRA IL 12% FINO AL 2016 La scure dell’Ocse sull’economia italiana di Giuseppe Giuffrida ultima doccia gelata sulle prospettive di ripresa del nostro Paese arriva dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che nell’Economic Outlook semestrale rileva come l’Italia dovrà fare i conti con la crisi ancora a lungo. Numeri alla mano, il Belpaese tornerà a crescere dello 0,2% il prossimo anno e dell’1% quello successivo: un trend, questo, che non riuscirà ad abbassare il tasso di disoccupazione, la cui asticella resterà infatti sopra il 12% fino al 2016. Non solo. La crescita lenta che incide inevitabilmente anche sullo scoglio più grande per il Paese: il debito pubblico. L’ Secondo quanto rilevato dall’organizzazione di Parigi, infatti, il contatore per cui l’Ue ci tiene in pugno continuerà a crescere almeno per i prossimi due anni, passando dall’attuale 130,6% al 133,5% nel 2016. Un livello che, a parere degli analisti, “costituisce una vulnerabilità significativa” per il nostro Paese. Alla luce di dati fortemente preoccupanti, l’Ocse lancia un monito al governo affinché prosegua nel programma di riforme “con determinazione, insieme all’efficace implementazione delle riforme precedenti, affinché la crescita più forte sia sostenibile”. A tal proposito, l’organizzazione giudica “adeguato” il rinvio di una nuova stretta sui conti nostrani da parte della Commissione europea. “Il ritmo di riassetto strutturale dei conti più lento rispetto agli impegni precedenti proposto da Francia e Italia nelle loro leggi di bilancio 2015 –si legge nel documento- pare appropriato, perché può dare alle riforme strutturali già concordate e alle politiche monetarie accomodanti una possibilità di rilanciare l’attività economica”. Del resto, le sorti di Italia e Francia interessano all’intera area euro, per cui l’Ocse non esclude il “rischio deflazione se la crescita stagna o le aspettative sull'inflazione scendono ulteriormente”. “In questo contesto –si legge ancora-, è essenziale che siano utilizzate tutte le leve macroeconomiche e di politica strutturale per offrire alla crescita il maggior supporto possibile”. Evidenziando più nel particolare la condizione dell’eurozona, i tecnici di Parigi spiegano come “la domanda deficitaria dovuta all’insufficiente stimolo da parte delle politiche mina la crescita potenziale, che a sua volta indebolisce ulteriormente la domanda aggregata”. In sostanza, “nell’area euro la ripresa rimane debole, la fiducia è calata e le pressioni deflazionistiche restano elevate. Una politica monetaria sempre più accomodante, il rallentamento del riassetto fiscale, il deprezzamento del tasso di cambio dell’euro e i prezzi del petrolio più bassi dovrebbero tutti aiutare a stimolare l’attività, ma è improbabile che la ripresa riprenda slancio prima del 2015 inoltrato”. Relativamente alla crescita del Pil, gli analisti prevedono quest’anno un aumento dello 0,8%, seguito da +1,1% nel 2015 e +1,7% nel 2016. Per l’area Ocse, che riunisce i 34 maggiori Paesi industrializzati, le stime puntano invece a +1,8% quest’anno, +2,3% il prossimo e +2,6% nel 2016. TARIFFE NORMALIZZATE DOPO I RIBASSI DEI GIORNI SCORSI Benzina, si ferma il calo dei prezzi stato bello finché è durato. Dopo le ultime limature messe a segno nel fine settimana, la corsa a ribasso dei prezzi della benzina si è fermata. Su tutto il territorio nazionale, le medie della benzina e del diesel raggiungono adesso, rispettivamente, 1,716 e 1,641 euro/litro (gpl a 0,691), con alcune punte per la verde a 1,776 euro/litro, e per il diesel a 1,699. La speranza che il prezzo del carburante potesse tornare ad essere praticabile, è dunque durata pochissimo. Fanno eccezione alcune aree esposte ad una elevata competizione fra no logo, Gdo e format full È self h24, dove i prezzi di benzina e diesel sono poco al di sopra degli 1,5 e 1,4 euro/litro. Esempi tuttavia unici, che rappresentano il limite minimo a cui i mercati possono spingersi in questa fase. Per il resto, secondo quanto emerso da un campione di stazioni di servizio, complessivamente la tariffa media “servita” spazia dall’1,693 euro/litro di Eni all’1,716 di Q8 (no-logo a 1,556). Per il diesel si passa invece dall’1,615 euro/litro di Esso all’1,641 di Tamoil (no-logo a 1,466). Il gpl, infine, è tra 0,669 euro/litro di Shell e 0,691 di Ip (no-logo a 0,657). G.G. PER I GIUDICI CONTABILI 50MILA ENTI SONO TROPPI E SPESSO SENZA “ALCUN TIPO DI VALORE SOCIALE”. CRITICHE ANCHE SULLA TRASPARENZA I 5 per mille nel miniro della Corte dei Conti on usa mezzi termini la Corte dei Conti, che ritiene siano troppe le 50mila associazioni che beneficiano del cinque per mille. Senza considerare, poi, come tra onlus ed enti di volontariato, quasi 9 mila ottengono un contributo inferiore ai 500 euro ed oltre mille non hanno ottenuto nemmeno una firma. Un fenomeno, questo, che accentua inevitabilmente “la frammentazione e la dispersione delle risorse”. Un esercito di enti che molto spesso “non producono alcun tipo di valore sociale, rivolgendosi esclusivamente ai N soci o iscritti, senza rispondere a criteri di misurabilità dell’utilità sociale prodotta”. A tal proposito, nella sua relazione la Corte fa riferimento a casi di fondazioni legate a formazioni politiche, di associazioni di categorie professionali (notai, avvocati, militari, ecc.) e di “altre categorie di beneficiari difficilmente compatibili con la ratio dell’istituto”. Un mondo su cui è necessario far luce, e per il quale è “necessario intraprendere un’attività di audit dell’Agenzia delle entrate sul comportamento degli intermediari in potenziale conflitto di inte- resse, al fine di tutelare la libera scelta dei contribuenti”. Da qui il suggerimento della Corte di pubblicare - in nome del principio di trasparenza e lealtà verso i contribuenti che attivamente decidono di destinare il loro cinque per mille – “un unico elenco annuale di tutti i beneficiari, con il relativo numero di contribuenti e di importo”. A riguardo, una bacchettata è riservata anche al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il cui elenco di enti beneficiari “viene pubblicato separatamente dallo stesso Ministero, in forma poco trasparente”. Il percorso per l’accesso all’elenco poi, “risulta difficile e di non immediata evidenza, risultando assieme a molti altri elenchi di non particolare interesse per i contribuenti”. Oltre a puntare l’indice contro la poca trasparenza nella destinazione dei fonti, i giudici guardano anche alle lamentele che gli stessi beneficiari potrebbero muovere nei confronti dell’Istituto: “I ritardi nelle erogazioni – dovuti alla pluralità di amministrazioni coinvolte, con scarso coordinamento tra loro, e a disfunzioni interne a ciascuna di esse sono causa dell’incertezza sulla disponibilità delle risorse per i beneficiari”. Volendo stilare una sorta di classifica relativa agli enti che negli ultimi anni hanno beneficiato delle maggiori erogazioni, emerge come tra il 2006 e il 2011 risulta essere in vetta l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro, con contributi che spaziano dai 32 milioni del 2006 ai 55 milioni del 2011. A seguire si fronteggiano Ieo, Fondazione San Raffaele, Medici senza Frontiere G.G. ed Emergency. FLESSIONE DELLO 0,1% SU AGOSTO E DELLO 0,5% SULLO STESSO PERIODO DEL 2013. COLPITE GRANDI E PICCOLE DISTRIBUZIONI Crisi, a settembre vendite ancora in calo S ettembre nero per il commercio italiano. Secondo quanto reso noto da Istat, infatti, le vendite al dettaglio al rientro dalla pausa estiva hanno segnato un calo dello 0,1% congiunturale e dello 0,5% tendenziale. Dati ancora negativi, dunque, sia pur meno incisivi rispetto ai risultati registrati ad agosto, quando la contrazione era stata pari allo 0,2% su base congiunturale e del 3% su base annua. Complessivamente, il trimestre luglio-settembre 2014 ha rilevato un calo dello 0,6% rispetto ai tre mesi precedenti. Relativamente ai numeri di settembre, nel confronto con agosto 2014 le vendite hanno segnato un aumento per i prodotti alimentari (+0,3%) e una diminuzione per quelli non alimentari (-0,3%). A rendere ancora meglio il quadro della flessione negativa è il paragone con settembre 2013, rispetto a cui la vendita dei prodotti alimentari resta invariata, mentre quella dei prodotti non alimentari diminuisce dello 0,9%. Ad essere coinvolte dall’ulteriore calo delle vendite sono le imprese della grande distribuzione (-0,3%) e ancor di più quelle operanti su piccole superfici (-0,8%). Riguardo alla tipologia di esercizio della grande distribuzione, a settembre si evidenzia una flessione dello 0,7% per le vendite degli esercizi non specializzati e un aumento dell’1,6% per quelle degli esercizi specializzati. Per quel che riguarda i primi, diminuiscono dello 0,6% le vendite degli esercizi a prevalenza alimentare e dello 0,9% quelle degli esercizi a prevalenza non alimentare. In particolare, per gli esercizi non specializzati a prevalenza alimentare, le vendite dei discount aumentano del 3,4%, mentre diminuiscono sia quelle dei supermercati sia quelle degli ipermercati (rispettivamente -0,6% e -2,5%). Analizzando inoltre i primi nove mesi del 2014, l’indice grezzo diminuisce dell’1,3% rispetto allo stesso periodo del 2013. Le vendite di prodotti alimentari segnano invece una flessione dell’1,3% e quelle di prodotti non G.G. alimentari dell’1,2%. 4 Mercoledì 26 novembre 2014 Attualità VISITA-LAMPO A STRASBURGO E RICHIAMO ALLA SACRALITÀ DELLA PERSONA RISPETTO ALL’ECONOMIA Papa Francesco prova a sferzare l’Europa IN UNA CASERMA DI POLIZIA di Igor Traboni desso è giunta l'ora di costruire l'Europa che ruota non intorno all'economia ma intorno alla sacralità della persona umana. E’ stato questo uno dei passaggi forti del discorso che Papa Francesco ha pronunciato ieri a Strasburgo, davanti al Parlamento Europeo. "Quale dignità può mai avere un uomo o una donna fatto oggetto di ogni genere di discriminazione? Quale dignità potrà mai trovare una persona che non ha il cibo o il minimo essenziale per vivere e, peggio ancora, il lavoro che lo unge di dignità?", ha aggiunto il Pontefice argentino, in un altro punto del suo atteso discorso, continuamente interrotto dall’applauso degli eurodeputati. "Quale dignità esiste - ha aggiunto e sottolineato il Pontefice - quando manca la possibilità di esprimere liberamente il proprio pensiero o di professare senza costrizione la propria fede religiosa? Quale dignità è possibile senza una cornice giuridica chiara, che limiti il dominio della forza e faccia prevalere la legge sulla tirannia del potere?. Una delle malattie che vedo più diffuse oggi in Europa è la solitudine, propria di chi è privo di legami. La si vede particolarmente negli anziani - ha proseguito Papa Francesco -, spesso abbandonati al loro destino, come pure nei giovani privi di punti di riferimento e di opportunità per il futuro; la si vede nei numerosi poveri che popolano le nostre città; la si vede negli occhi smarriti dei migranti che sono Cristiano torturato e ucciso in Pakistan A n cristiano di 35 anni, come riporta l’agenzia Fides, è stato trovato morto dopo essere stato torturato mentre era tenuto in custodia della polizia di Lahore, in Pakistan. L’uomo era in stato di arresto con l’accusa di vendita di alcolici e droga e, come riferito poi dai familiari, “è morto a causa delle torture della polizia”. Gli agenti parlano invece di un infarto mentre gli agenti parlano di un infarto durante l’interrogatorio. Padre Francis Nadeem, provinciale dei Cappuccini in Pakistan, riferisce all’Agenzia Fides lo sconcerto della comunità cristiana “per l’ennesimo omicidio extragiudiziale”. I familiari del defunto hanno poi protestato e cercato anche di entrare con la forza nella stazione di polizia. Tre agenti sono stati denunciati e una inchiesta è stata avviata. Il cadavere dell’uomo è stato trasferito in ospedale dove si farà un’autopsia per stabilire le cause del decesso. Il fratello della vittima ha detto che l’uomo “era stato arrestato senza motivo”. L’avvocato cristiano Mushtaq Gill ha detto: “Il mondo intero è ancora profondamente scioccato e scandalizzato per il linciaggio della coppia cristiana a Kasur, ma le violenze continuano. È urgente abrogare le leggi che sono abitualmente utilizzate per perseguitare i cristiani e garantire giustizia e legalità, a partire dall’opera e dal comportamento della polizia e dei funzionari pubblici”. U venuti qui in cerca di un futuro migliore". “Va abbandonata l’idea di un’Europa impaurita e piegata su sé stessa”, ha rimarcato con forza il Papa al culmine di quello che è stato comunque il viaggio internazionale più breve nella storia di quelli papali. Quella che Papa Francesco ha disegnato nel corso della storica visita a Strasburgo è “l’ideale di un'Europa unita e in pace, creativa e intraprendente, rispettosa dei diritti e consapevole dei propri doveri. Gli effetti della crisi economica perdurano con conseguenze drammatiche dal punto di vista sociale. Dio trasforma il male in bene e la morte in vita”. Il messaggio che Bergoglio ha tenuto a rilanciare è stato quello “basato sulla fiducia che le difficoltà possano diventare promotrici po- tenti di unità, per vincere tutte le paure che l’Europa sta attraversando”. Una crisi che per il Pontefice è anche quella di un’Europa che “non è più capace di aprirsi alla dimensione trascendente della vita, un'Europa che lentamente rischia di perdere la propria anima e anche quello spirito umanistico che pure ama e difende”. Papa Francesco è stato accolto dal segretario di Stato francese per gli Affari Europei, Harlem Desir, dal presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz e dall'ex commissario Ue Antonio Tajani. Il Pontefice ieri ha avuto modo di incontrare anche la sua vecchia amica Elma Schmidt, di Francoforte, oggi 90enne, che lo aveva ospitato nel 1986, durante il suo periodo di studio in Germania. LA TASSA PIÙ ODIATA DAGLI ITALIANI ‘OBBLIGATORIA’ GIÀ DA GENNAIO. ESCLUSE LE SECONDE CASE Canone Rai nella bolletta, bufera su Renzi DAL PRESIDENTE DELL’ORDINE Denunciata la D’Urso: ‘Giornalista abusiva’ l presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino ha inviato una denuncia nei confronti di Barbara D’Urso, conduttrice della trasmissione ‘Domenica live’ su Canale 5, per esercizio abusivo della professione. La denuncia è stata inviata alle Procure di Milano e Roma, all’Agcom, al Garante per la protezione dei dati personali e al Comitato Media e minori. In un post pubblicato oggi su Facebook dal titolo ‘Soubrette e informazione. La prima denuncia’, Iacopino pubblica l’esposto da lui firmato nel quale sottolinea che “la signora D’Urso pur non essendo iscritta all’Albo dei giornalisti compie sistematicamente un’attività (l’intervista) individuata come specifica della professione giornalistica, senza esserne titolata e senza rispettare le regole, con modalità che non tengono conto di esigenze quali la difesa della privacy e/o il coinvolgimento dei minori”. Lo stesso Iacopino sempre su Facebook già nei giorni scorsi aveva scritto: “Basta soubrette, ora le denunciamo. L’informazione è materia delicata. Basta con l’occhio umido e la recitata partecipazione alle tragedie. Basta con il dolore come ingrediente dello spettacolo per fare audience. Basta con le banalità/bestialità dispensate a piene mani, soprattutto nelle tv, da chi si preoccupa solo di come aumentare il personale compenso, passando sopra a diritti e sentimenti (Sarah Scazzi, Yara Gambirasio, Melania Rea, Melissa Bassi e, da ultimo, Elena Ceste: tanto per citare alcuni casi e tutti coloro i quali a queste vicende sono collegati), anche di persone estranee alle vicende che possono avere un interesse pubblico”. Ma oltre alla D’Urso ci sarebbero altre ‘soubrette’ nel mirino: “Mi arrivano le prime segnalazioni in tema di esercizio abusivo della professione. Dobbiamo controllarle, ovviamente, e, quindi, occorrerà del tempo”, ha aggiunto Iacopino. I di Bernald Shehaj a gennaio 2015 il canone Rai confluirà nella bolletta elettrica. Ormai è una certezza. Un vero e proprio stratagemma del governo Renzi per “stanare i furbetti sconosciuti al Fisco”. Pagare meno, ma tutti. Questa in sintesi l’idea dell’esecutivo, che tira dritto e mette in cantiere l’ipotesi “B”, quella comunque legata al consumo elettrico ma declinata annualmente con l’Irpef. L’importo, con la nuova normativa, dovrebbe attestarsi sui 60-65 euro. La rivoluzione della tv di Stato partirà ufficialmente tra poco più di 1 mese. A confermarlo il sottosegretario allo Sviluppo Economico con delega alle comunicazioni Antonello Giacomelli, che ha confermato come il governo abbia scelto la via di un emendamento alla Legge di Stabilità in Senato per rendere effettive le modifiche già dal prossimo gennaio. In pratica, inserendolo nella bolletta, il canone si potrà pagare diluito ogni 2 mesi. L’utente avrebbe la possibilità di non tirar fuori un solo euro dichiarando, sotto la sua responsabilità, di non usare nessun apparecchio elettronico. E quindi televisore, pc, tablet, smartphone e laptop. Escluso invece il pagamento per le seconde case. Una cosa è certa: al Senato Renzi troverà il muro delle opposizioni. Sulle barricate i parlamentari di Forza Italia, Lega, D M5s e Nuovo Centrodestra, stampella del governo. Che parla di proposta “irricevibile”. Ma i più agguerriti sembrano essere gli uomini di Salvini. Il senatore Crosio, componente della commissione vigilanza Rai, bolla l’idea come “vergognosa”. E attacca: “Si tratta di un furto legalizzato, di una vera e propria coercizione che il governo opera sui contribuenti. Invece di pensare all’ennesima ristrutturazione dell’azienda statale, la privatizzino. Questa è l’unica cosa sensata”. Non sembra certamente questa l’intenzione del Premier che ha fretta di infilare il canone Rai in bolletta. Per farlo pagare a più cittadini possibile. La tassa più odiata dagli italiani è servita. O meglio, imposta. 5 Mercoledì 26 novembre 2014 Esteri SCONTRI ETNICI DOPO IL PROSCIOGLIMENTO DALL’AGENTE CHE UCCISE UN GIOVANE NERO Il fuoco della rabbia divampa negli Usa Voli cancellati a Saint Louis, il cui sobborgo Ferguson è stato messo a ferro e fuoco. Bersagliato anche il capo della polizia di New York. Obama parla di “proteste comprensibili” ma invita alla calma di Robert Vignola utti gli Usa rischiano di diventare Ferguson. Perché dopo la decisione di scagionare Darren Wilson, il poliziotto che il 9 agosto scorso sparò e uccise il 18enne nero Michael Brown, la protesta si è diffusa in molti Stati, come un’epidemia di rabbia incontrollata. Il fatto che la notizia sia giunta lunedì sera (20.15 ora locale) ha fatto il resto: notte di scontri nelle piazze e di veleni sui social network, con una situazione davvero incandescente nel sobborgo del Missouri teatro ormai da mesi di guerriglie permanenti. Colpi di arma da fuoco, auto della polizia prese d’assalto, edifici in fiamme e il lancio di lacrimogeni sono stati di nuovo la realtà per Ferguson, tanto che la Federal Aviation Authority, per prevenire l’arrivo di manifestanti da fuori città, ha annunciato la cancellazione di alcuni voli diretti a Saint Louis, di cui il sobborgo fa parte. Ma ciò non ha impedito a migliaia di persone di inscenare proteste in tutto il Paese, da Los Angeles a Philadelphia, da Washington a New York. È qui che il capo della polizia della Grande Mela, Bill Bratton, è stato vittima di un attentato dimostrato: mentre attraversava una via del centro intasata di manifestanti gli è stato lanciato addosso del liquido rosso. Un dimostrante è stato arrestato, ma è senz’altro nulla rispetto all’ondata di violenze vere e proprie che stanno avendo luogo in numerosi angoli d’America. E Barack Obama? Il primo afro-americano ad insediarsi alla Casa Bianca non basta certo a fare da scudo alla T rabbia etnica serpeggiante. Comunque ha difeso le istituzioni giudiziarie. “Dobbiamo riconoscere che la situazione a Ferguson ci ricorda problemi più ampi che noi ancora fronteggiamo come nazione”, ha detto in un discorso notturno con il quale si è cimentato nell’impresa impossibile di far tornare alla calma il Paese. “in troppe parti del Paese esiste una profonda sfiducia tra le forze dell'ordine e le comunità di colore, in alcuni casi come risultato dell'eredità della discriminazione razziale nel nostro paese”. E pur parlando di “reazione comprensibile” ha messo davanti a tutto le decisioni del Gran Giurì. Gli incidenti erano scoppiati lunedì (in Italia era notte fonda) proprio fuori l’edificio nel quale si è deciso di non procedere contro l’agente Wilson. Immediatamente dopo che la notizia è trapelata all’esterno, è cominciato il lancio di oggetti nei confronti del cordone di polizia e i disordini sono dilagati in tutta Saint Louis. In quegli stessi minuti la famiglia Brown, quella della giovane vittima, ha espresso profonda delusione ma invitato alla calma. Tutto inutile. Il procuratore Robert Mc Culloch intanto cercava di difendere l’operato della giuria: “È compito del Gran Giurì di separare i fatti dalla fantasia, non esistono prove concrete per presentare nessuna accusa contro Darren Wilson”, al quale è stata riconosciuta la legittima difesa. “Alcuni testimoni hanno mantenuto la loro dichiarazione riguardo al fatto che Brown aveva le mani alzate e non si muoveva quando l'agente Wilson ha sparato, molti altri hanno detto che non aveva alzato le mani, o lo ha fatto brevemente mettendole subito giù girandosi verso l'agente che allora ha sparato”, ha detto ancora il procuratore. Ma in piazza si punta l’indice contro la composizione della giuria (tre afroamericani e nove bianchi). Difficilmente potrà esserci una rivisitazione del proscioglimento, anche se la famiglia Brown potrà chiedere a Wilson un risarcimento. Ma tutto ciò non potrà certo spegnere quel clima irresponsabile di violenza che si propaga dalla costa est alla costa ovest degli Usa. L’UNGHERIA DI ORBÀN VA AVANTI SUL SOUTH STREAM E SORTISCE LA RABBIA DEGLI ATLANTISTI Sovranità nazionale in salsa di gulash di Giuliano Castellino Ungheria e il suo primo ministro nazional-popolare Viktor Orban sono nel mirino delle élite politiche di Washington. Il loro torto? Non sottostare alla tirannia distruttiva della commissione dell’Unione europea di Bruxelles e il tentativo di definire un’identità nazionale ungherese. Ma il peccato capitale è il rapporto profondo con la Russia e la sfida a Washington firmando l’accordo con Gazprom per il passaggio del gasdotto South Stream russo attraverso l’Ungheria. Cosa che crea sempre più allarme presso gli atlantisti e i loro seguaci europei. Anche perche la corsa sovranista ed antiatlantica della nuova Ungheria sembra non finire. Orban sfida le pretese dell’Ue di fermare la costruzione dell’importante gasdotto South Stream della Russia. Il gasdotto South Stream garantirebbe gas russo all’Ue assieme al russotedesco Nord Stream, aggirando l’Ucraina in guerra, cosa a cui L’ Washington si oppone aspramente per ovvi motivi. Il governo di Orban lo scorso gennaio annunciava un accordo da 10 miliardi con la società nucleare statale russa per ristrutturare la centrale nucleare di Paks in Ungheria, originariamente costruita durante l’era sovietica. Ciò suscitava e susciterà una certa attenzione a Washington, come quando Orban criticava gli Stati Uniti, la scorsa estate, per non risolvere la crisi finanziaria globale, le cui banche e regolamentazione lassista avevano causato, ed elogiava Cina e Russia come modelli migliori. Dichiarava, riferito alle democrazie occidentali, “probabilmente non potranno mantenere competitività globale nei prossimi decenni e declineranno se non sapranno cambiare in modo significativo“. Inoltre, il governo Orban è riuscito a liberare l’Ungheria da decenni di devastante schiavitù del Fmi. Nell’agosto 2013, il ministero dell’Economia ungherese annunciava che grazie a una “politica di bilancio disciplinato”, rimborsava gli ultimi 2,2 miliardi di euro dovuti al Fmi. Niente più oneri e condizioni dal Fondo internazionale per le forzate privatizzazioni statali. Il capo della banca centrale ungherese chiese poi al Fmi di chiudere i suoi uffici a Budapest. Inoltre, riecheggiando l’Islanda, il procuratore generale dello Stato accusava tre precedenti primi ministri del Paese del debito in cui sprofondarono la nazione. Un precedente che sicuramente spaventa certe capitali dell’Unione europea, Washington e Wall Street. Ma i campanelli d’allarme risuonarono sul serio quando Orban e il suo partito Fidesz approvarono il via libera, insieme alla vicina Austria, del gasdotto russo South Stream, ignorando l’Ur che afferma che ciò viola le norme comunitarie. Orban disse, in una riunione con il tedesco Horst Seehofer a Monaco di Baviera il 6 novembre, “la monarchia energetica austro-ungarica vive”. Le élite degli Stati Uniti suonavano immediatamente l’allarme. L’ultra-governativo New York Times pubblicava un editoriale, “Il pericoloso piano inclinato dell’Ungheria” dichiarando, “Il governo del Primo ministro dell’Ungheria Viktor Orban scivola verso l’autoritarismo e sfida i valori fondamentali dell’Unione europea, facendola franca“. Il Times rivelava la vera causa dell’allarme di Washington e Wall Street: “L’ultima espressione di disprezzo dell’Ungheria verso l’Unione europea è il passaggio della legge che apre la strada al gasdotto South Stream della Russia in Ungheria. La nuova legge è una chiara violazione della richiesta del Parlamento europeo, di settembre, agli Stati membri di annullare South Stream, e delle sanzioni economiche contro la Russia imposte da Unione europea e Stati Uniti, dopo le azioni della Russia in Ucraina. Invece di tiepide espressioni di preoccupazione per le politiche antidemocratiche, l’Unione europea dovrebbe agire sanzionando l’Ungheria. Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, dovrebbe esercitare il suo potere per costringere il signor Navracsics a rassegnare le dimissioni”. Tibor Navracsics è appena stato nominato nuovo Commissario europeo per l’Educazione, Cultura, Gioventù e Sport, un posto a Bruxelles che ha forse poco a che fare con i gasdotti. Quindi ci si può aspettare che il National Endowment for Democracy e le solite Ong sostenute dal governo degli Stati Uniti trovino una scusa per avviare grandi proteste dell’opposizione contro Fidesz e Orban per il crimine imperdonabile di cercare di rendere l’Ungheria energeticamente indipendente dalla follia Usa in Ucraina. Inoltre ricordiamo che l'Ungheria, come la Russia, ha dichiarato "guerra" anche ai neo-giacobini, consacrando la nazione al Sacro Cuore di Maria e ha soppresso le leggi abortiste. Mosca e Budapest, da est il vento della rivolta attraversa l'Europa. La prossima tappa potrebbe essere Parigi... Vediamo poi cosa si inventeranno gli "occupanti". Mercoledì 26 novembre 2014 6 Storia CANTI DAL VENTENNIO “Sempre in alto i cuori e il tricolor” di Cristina Di Giorgi e Emma Moriconi ono stati in molti coloro che, rispondendo alla chiamata alle armi, sono partiti per il fronte anche in questo Secondo conflitto mondiale. La partenza, con toni e situazioni simili a quelle delle precedenti guerre, ha avuto come colonna sonora diverse canzoni, molte delle quali dedicate a fidanzate, mogli e famiglie. Tra esse una delle più note è senz'altro “Ciao biondina”, del duo Benedetto – Sordi, che può essere definita come il leit-motiv degli studenti in armi. Ripetutamente trasmesso in radio e canticchiato da tantissima gente, il brano fa parlare un giovane milite, che con toni dolci e insieme spediti, melodici e spavaldi, saluta la sua ragazza dicendole che lui la penserà spesso e che un giorno, quando tornerà vincitore, si rincontreranno. Dedicato alle fidanzate dei militari in partenza è anche “La serenata del soldato”, a firma Innocenzi – Rivi. Un brano di discreto successo, più sentimentale che marziale: “Io voglio un bacio prima di partir – recita una strofa – So che tu non tremerai per me, serenamente aspetterai perchè tu, fiera del mio amor, sarai sublime nella gioia e nel dolor”. Ad una ragazza, questa volta castana ma comunque innamorata di un giovane soldato, è poi dedicata “Libro e moschetto”, del duo Stazzonelli – Scandi, una canzone diffusa dalla radio a partire dalla primavera del 1942. In essa il ragazzo, che lascia i libri per imbracciare un fucile, saluta con baldanza la fidanzata dicendole: “contro il nemico che là ci aspetta, cara brunetta, noi si vincerà”. Diversi sono poi i brani dedicati alle famiglie e soprattutto alle mamme. Come “Mamma bisogna vincere”, di Arconi – Nisa, che esprime un “gradevole connubio tra retorica ed emozione, per un testo squisitamente supportato da una melodia tenue e discreta. Il brano – scrive Giovanni Curatola – ebbe più successo fra i civili che tra le truppe al fronte”. In esso il soldato dice alla mamma che bisogna vincere e lei risponde, in una lettera, che anche lei sta facendo la guerra e che non si può perdere con un figlio al fronte come lui. “Farò tutto il possibile per non fermarmi più. Il resto, mamma eroica, fallo tu. Risveglia in te l'orgoglio che un giorno hai S dato a me. Si tratta di resistere perchè mamma, bisogna vincere. Un giorno – si legge nell'ultima strofa – il nostro popolo stravincerà perchè ha tutte mamme eroiche come te”. Questi stessi temi sono poi trattati anche in “Mamma ritornerò”, un brano di Raimondi, Frati e Rost in cui il giovane al fronte dice alla madre di non darsi pena: “Mamma non piangere – recita il ritornello presto ritornerò. Saprò sfidare il mio destino, perchè il tuo cuore sempre mi è vicino. Ma se cadessi per la mia bandiera, la tua preghiera su nel ciel mi giungerà”. Sempre per l'angelo del focolare che vede i figli partire è poi “Io t'ho abbracciato mamma”, in cui dominano entusiasmo e fiducia per un conflitto breve e vittorioso: “Io son deciso a vincere o morire e vittorioso tornerò da te. Finita questa guerra tornerò alla mia terra ed il lavoro accanto a te riprenderò”. Da ricordare poi anche alcuni canti di saluto e buon augurio a soldati in partenza in diversi corpi. In particolare “Ciao ciao mio bell'alpin” (Militello – Apolloni), al quale chi canta dice “ti aspetteremo per salutarti ancor, eroe d'Italia ritorna vincitor”. Ai fanti, “agili e fieri che vanno ovunque”, è dedicata poi “Fante d'Italia”, un brano scritto nel 1930 e rispolverato per l'entrata dell'Italia nel secondo conflitto mondiale, che descrive i fanti come “eroi d'ogni aspra guerra, sempre desti e pugnaci al gelo e al sol”. Merita infine una citazione anche “Inno al fante” del duo Pettinato – Zangarini: un brano del 1936 che conoscerà in questo nuovo conflitto nuova e maggior fortuna. A chiudere questa carrellata di inni dedicati a chi si avvia al fronte, due brani di particolare impatto: “Passano i battaglion” e il “Canto dei volontari”, Il primo, del duo Cherubini – Marf, con il suo tono allegro e spensierato descrive lo slancio e l'emozione di chi, al suono della fanfara, guarda i ragazzi partire (“L'anima indomita squilla, l'occhio dei forti sfavilla. Grida entusiasta il balilla: Soldati, io vengo con voi!”). Il secondo è dell'estate 1940 e riprende il motivo del brano di cinque anni prima dedicato ai volontari d'Africa. Questa volta però a parlare è la sposa del milite, che gli dice coraggiosamente di “non tornar se della patria bella di libertà la stella lassù nel cielo non brillerà”. CIAO BIONDINA L'alba spunta già, presto devi andar per le vie del mondo, non tardar. Ogni studentin, gaio soldatin lascia i libri e l'Università. Ciao biondina, ci rivedremo un bel giorno ci incontreremo da lontan quando resterò solo col mio cuor, ti penserò sognerò di baciar ancor la tua treccia d'or. Addio biondona. Ciao biondina è giunta l'ora. Ciao biondina un bacio ancora Con ardor il goliarda va, senza mai esitar combatterà! Ciao mio caro amor presto torno vincitor. Sfila il battaglion, rombano i motor sempre in alto i cuori e il tricolor. Vincere o morir, questo è l'avvenir della più gagliarda gioventù Ciao biondina, è giunta l'ora ciao biondina, un bacio ancora. 7 Mercoledì 26 novembre 2014 Da Roma e dal Lazio VARATO IL NUOVO REGOLAMENTO PER LA RIASFALTATURA E GLI SCAVI Prima distruggono Roma, poi la rattoppano Marino annuncia cento/centocinquanta milioni di euro nel bilancio 2015 per la manutenzione stradale ordinaria e straordinaria. Ma non bastano di Giuseppe Sarra orre ai ripari il sindaco Marino. Ieri, in una conferenza stampa, il sindaco di Roma ha annunciato lo stop alle buche e alle strade piene di ‘cicatrici’ di catrame. E lo fa grazie alla riasfaltatura totale dell’intera sede stradale dopo gli scavi per vie a senso unico o doppio senso a carreggiata unica o di una sola carreggiata in caso di strade con più corsie. Tra le tante novità, l’amministrazione capitolina inserisce il rilascio di un deposito cauzionale della regolare esecuzione dei lavori e degli eventuali danni, oltre a penali certe per chi non compie alla regola i lavori. Ma non è tutto. Nel nuovo regolamento sugli scavi è previsto il divieto di eseguire interventi non programmati e doppi interventi a distanza di pochi mesi. E C l’obbligo per le aziende alla vigilanza e rimozione degli armadi stradali. Tra le nuove regole anche l’accertamento dei reali requisiti d’urgenza: sanzioni per le false urgenze, penali che arrivano fino al blocco delle licenze e la sospensione dei lavori per 6 per le imprese, obbligo di mini trincee e controlli a campione sui materiali usati. Se non è una guerra questa, poco ci manca. Che potrà contare su una cifra compresa tra i 100 e i 150 milioni di euro per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade che verrà inserita nell’esercizio finanziario 2015. Ovviamente l’auspicio della giunta di centrosinistra è quello che con il nuovo regolamento diminuiscano anche gli incidenti stradali, in particolare per le due ruote. Anche se la somma che verrebbe stanziata è esigua rispetto alle reali esigenze di LA PROTESTA A MONTECITORIO Croce rossa, sit-in contro privatizzazione Dal primo gennaio in 170 resteranno a casa, 500 in mobilità n sit-in silenzioso, per porre l’accento sulle problematiche “che stanno investendo i lavoratori della Croce rossa italiana e in particolare del corpo militare”. A parlare è Vito Failla, presidente del Cocer della Croce rossa italiana, interpellato dall’agenzia Dire a proposito del sit-in organizzato a Montecitorio per domani dalle 9 alle 14, che vedrà manifestare associazioni di familiari e volontari in congedo della Croce rossa militare per cercare di sensibilizzare sul suo ruolo fondamentale. I numeri sono importanti, raccontano di un disagio da parte dei dipendenti della Cri che, a causa del decreto legislativo 178 del 2012, rischiano di perdere il posto dall’1 gennaio: “Con effetto immediato 170 persone circa resteranno a casa ha spiegato invece Michele Polini, presidente del Comitato nazionale ‘Salva Corpo Militare Cri’ - Le persone che ruotano attorno alla Croce rossa sono 20mila circa, ma i coinvolti sono quasi 1.000”. Nello specifico, “degli 800 militari in servizio continuativo, 300 resteranno in servizio fino al 31 dicembre 2016”, quindi da personale in servizio a tempo indeterminato diventeranno ‘a U scadenza’. I restanti 500 “dopo aver perso lo status di militare saranno posti in mobilità non assistita”. Si vuole sensibilizzare, dice ancora Polini, “le istituzioni tutte. Parliamo di un corpo fondato oltre 150 anni fa, che vanta interventi a sostegno delle forze armate, delle popolazioni civili e dei più vulnerabili in occasione di calamitá naturali”. Il rischio che circa 900 persone perdano il posto, insomma, secondo Failla “c’è ed è concreto. Mi chiedo: chi oggi è in grado di bersi la balla che saranno ricollocate, agevolmente, nella Pubblica amministrazione?”. I dipendenti della Cri, nati per soccorrere, vanno tutelati, “hanno professionalità di grande rilievo”, è gente che “da un contributo generoso a chi soffre”. E, continua, “anche chi non va sul campo svolge un ruolo fondamentale, ha grandi responsabilità e come gli altri sono addestrati ad intervenire in caso di emergenze”. Il problema, sottolinea il presidente del Cocer, “è della politica”. E proprio a lei si rivolgeranno quelli che domani saranno a Montecitorio per dire che la riforma della Croce rossa, “è un vero disastro” e che così facendo smantelleranno “un fiore all’occhiello dell’Italia”. (Agenzia Dire) Roma Capitale. E’ lo stesso primo cittadino a spiegarlo: “A Roma abbiamo 100 milioni di metri quadrati di superficie stradale. Con 100 milioni di euro, che sembra una cifra enorme, si può rifare solo il 5% del manto stradale”. Il che fa pensare che a pagarne le spese saranno sempre e comunque le zone periferiche rispetto al Centro. “Questo significa che il 95% rimane non rifatto – ha continuato Marino - E per questo serve un regolamento come quello varato perché significa stringere un’alleanza con le aziende che quando dovranno fare uno scavo dovranno anche rifare la strada”. Ce la farà Marino a limitare il gap? Chissà. “Vogliamo un cambiamento cultura - ha precisato Marino - purtroppo a Roma la sciatteria, la voglia di guadagnare di più e la voglia di non rispettare le regole è sotto gli occhi di tutti”. Il primo cittadino ha riportato l’esempio delle strade in sampietrini che “vengono rattoppate con una spennellata di asfalto. Con le nuove regole – ha assicurato il sindaco di Roma – vogliamo cambiare tutto ciò. Era necessario un nuovo regolamento in modo che le aziende non potessero più comportarsi male”. Mercoledì 26 novembre 2014 8 Dall’Italia MASSIMA ALLERTA ALL’OSPEDALE SPALLANZANI DI ROMA Ebola, il medico curato con siero sperimentale Il paziente ha la febbre ma è in condizioni stabili ed è vigile. Impossibile risalire alla causa del contagio: “Può esserci stata una rottura nella tuta, o nel guanto, non lo sappiamo” di Francesca Ceccarelli in condizioni stabili” il medico di Emergency ricoverato allo Spallanzani di Roma dopo aver contratto il virus Ebola. A dirlo il dottor Emanuele Nicastri, infettivologo dell’ospedale capitolino, durante la prima conferenza stampa dopo il ricovero del dottore contagiato. “Il paziente ricoverato e’ vigile, collaborante e autonomo. Ha la febbre a 39 con brividi e ha avuto un solo episodio di vomito domenica”ha comunicato il nosocomio. “E’ in trattamento con un farmaco antivirale- aggiunge il direttore scientifico dello Spallanzani, Giuseppe Ippolito specificonon registrato in Italia, autorizzato con ordinanza dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) su indicazione del ministero della Salute. E’ per la prima volta utilizzato in Italia. E’ stato però già usato in Ebola all’interno della rete clinica coordinata dall’Oms sia in Usa che in Ue”, ha precisato Ippolito, dichiarando che il nome del farmaco sperimentale non verrà rivelato. “È stato impossibile ricostruire la causa del contagio” del medico di Emergency, ha chiarito in conferenza stampa la presidente della ong, Cecilia Strada. “Può esserci stata una rottura nella tuta, o nel guanto, non lo sappiamo. Purtroppo anche gli altri casi di operatori sanitari contagiati ci hanno dimostrato che è molto difficile risalire alla causa prima del contagio”. Al “Corriere della sera” Tina, la moglie del “È medico ricoverato, ha raccontato di aver passato la notte insonne, pronta nella sua casa a fare le valigie con le due figlie di 18 e 19 anni per raggiungere il marito. “Ha chiamato un funzionario della Farnesina. Ha provato a tranquillizzarci anche se non ci è riuscito... Dicono che per noi per il momento è meglio restare in Sicilia. Sono seriamente preoccupata - ha continuato la donna - anche perché dalla Sierra Leone lui ha telefonato una volta parlando con le nostre ragazze, dicendo che andava tutto bene, mentre da quando è arrivato Roma ha inviato solo due sms col suo cellulare, l’unico contatto col mondo che gli è rimasto, l’unico aggancio possibile con noi. Lo co- nosco bene dopo 25 anni di matrimonio. Per non chiamare vuol dire che sta male e preferisce non parlare, per non fare aumentare il nostro sconforto...”. Il medico di Emergency è arrivato presso lo scalo di Pratica di Mare dove un’ambulanza dello Spallanzani era in attesa di trasportarlo al centro ospedaliero. Durante il viaggio che lo avrebbe riportato in Italia sono state predisposte tutte le misure per garantire il trasporto e il ricovero del paziente in massima sicurezza e iniziare tempestivamente il trattamento clinico. Il dottore ha viaggiato su una barella speciale ad alto isolamento a bordo del Boeing 767 dell’Aeronautica Militare protagonista nei giorni scorsi della simulazione avvenuta a Malpensa. “Le procedure che comportano il trasferimento del medico italiano positivo all’Ebola non comporta nessun rischio per la comunità”: così rassicura Gianni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore della sanità. “Siamo già da tempo pronti a questa evenienza e lo Spallanzani di Roma è attrezzato per gestire al meglio la situazione. È un dovere morale dare tutte le cure del caso - ha continuato e le terapie di supporto ai connazionali colpiti dall’Ebola: meglio qua che in Sierra Leone. Si può assolvere tranquillamente a questo compito in tutta sicurezza”. 9 Mercoledì 26 novembre 2014 Dall’Italia LA DONNA, CHE HA GIÀ TRE FIGLI, AVREBBE NASCOSTO LA GRAVIDANZA ALLA FAMIGLIA Neonata nel cassonetto: rintracciata la madre Valentina Pilato, colpita da un’emorragia, era stata accompagnata all’ospedale dal cognato: ora è accusata di infanticidio. La piccola sarebbe venuta alla luce due ore prima del ritrovamento alermitana, trentenne, madre di tre figli. Sarebbe lei, Valentina Pilato, ad aver partorito e, subito dopo abbandonato la neonata in un cassonetto dell’immondizia a Palermo. La bimba, trovata lunedì mattina da un clochard, è morta poco dopo il ricovero. La donna è ora indagata per infanticidio. La Pilato, originaria di Palermo ma residente a Gemona del Friuli (Udine), si era recata nel tardo pomeriggio di lunedì al pronto soccorso dell’ospedale Cervello per una grave emorragia interna, accompagnata dal cognato, un vigile del fuoco. Ora si trova nel reparto di Ginecologia, piantonata. Il medico che la segue, Francesco Labate, ha spiegato che “nella notte ha subito un piccolo intervento all’utero” aggiungendo “la paziente sta bene, è robusta, in buona salute e in questo momento lucida”. Il camice bianco ha inoltre aggiunto che sarebbe stato il cognato a convincerla ad andare in ospedale: “La donna, da quanto ci risulta, avrebbe nascosto a tutti la gravidanza: la famiglia non sapeva nulla ed è sconvolta”. Una tragedia che colpisce un’intera famiglia, che sarebbe stata dunque all’oscuro di tutto. Si sospetta infatti che la 30enne, che vive a Gemona in Friuli dal febbraio scorso con il marito, 34enne militare dell’esercito con il quale ha anche altri 3 figli, di due, sei e otto anni, abbia intrapreso il viaggio a Palermo, proprio per partorire. “La donna ci ha raccontato che subito dopo aver abbandonato la figlia ha avuto un ripensamento ed è tornata P per riprenderla, ma ha avuto paura vedendo la folla accorsa nel frattempo”, aggiunge ancora il medico. Tuttavia, secondo quanto riportano i media, nel racconto della donna ci sarebbero delle contraddizioni. Interrogata dal pm titolare dell’indagine, Nino Di Matteo, la donna, assistita dal suo legale, l’avvocato Enrico Tignino, ha risposto alle domande del magistrato sostenendo di aver agito in preda al panico per il timore che la bimba, di cui non sentiva il battito del cuore, fosse morta. Una versione che però si contraddice con il fatto che dopo ci ha ripensato. La Pilato, che avrebbe nascosto la gravidanza non solo al marito ma anche alla madre e alla sorella (aiutata dalla sua corporatura robusta), ha raccontato agli inquirenti di avere partorito da sola nell’abitazione della madre. Ora gli investigatori interrogheranno i familiari della donna ed il cognato che l'ha convinta ad andare in ospedale. Non è escluso che il suo legale nomini un consulente per vagliare la capacità di intendere e di volere dell’indagata. La tragedia era avvenuta lunedì mattina. La neonata era stata abbandonata nuda, avvolta in un lenzuolino, all’in- terno di un borsone di colore rosso, in un cassonetto di via Di Giorgi a Palermo. Il cordone ombelicale ancora attaccato, causa, probabilmente, della copiosa emorragia e del decesso. Nel borsone c'erano inoltre un tappetino zuppo di sangue, giaciglio improvvisato usato durante il parto, un paio di forbici, una scarpa da uomo e la placenta. Indizi che tutto sarebbe accaduto in fretta. Ad accorgersi della piccola era stato un clochard, Rosario Campo, 55 anni, che frugava nell’immondizia. “Ho scostato il lenzuolo e ho visto la piccola. Era bionda. Non credevo ai AGGREDITO DA ALCUNI COETANEI IN UN ISTITUTO DI MOLA DI BARI Bullismo: bambino picchiato a scuola Il ragazzino ha riportato ecchimosi su tutto il corpo e un trauma cranico. I genitori hanno sporto denuncia: la procura di Bari ha aperto un’inchiesta ccerchiato e picchiato da alcuni coetanei.Vittima dell'aggressione un bimbo di sette anni. L'episodio, su cui ora indaga la Procura di Bari, sarebbe avvenuto lo scorso 22 ottobre nella palestra di una scuola elementare di Mola. Il ragazzino sarebbe stato preso di mira senza un motivo apparente da almeno tre, coetanei, anche se la dinamica dell’aggressione è ancora al vaglio degli inquirenti. Il branco lo avrebbe pestato con A calci e pugni e colpito alla testa con dei birilli di legno al punto che pare che la vittima abbia anche perso conoscenza per alcuni minuti. Tornato a casa il piccolo ha detto ai genitori di avere un po' di mal di testa, ma nella notte la situazione è peggiorata. Il bambino non riusciva a dormire e nei pochi momenti in cui prendeva sonno si risvegliava agitatissimo alternando crisi di panico ad ansia. I genitori si sono inoltre resi conto che il piccolo sentiva dolore anche al semplice contatto con la schiena. La mattina seguente mamma e papà lo hanno portato al pronto soccorso dell'ospedale locale, poi il trasferimento all'ospedale per bambini Giovanni XXIII di Bari. Al piccolo sono state riscontrate in effetti “ecchimosi al dorso, al fianco destro e sinistro, alla regione deltoidea destra e ginocchia; un piccolo ematoma alla regione occipitale, diverse escoriazioni superficiali in regione occipitale; un trauma toracico, e lesioni multiple al capo, tronco e arti”. I medici, non appena si sono resi conto dell'accaduto, hanno chiesto l’immediato intervento di uno psicologo e il bambino ha raccontato quanto gli era accaduto il giorno prima: pestato a scuola da tre bulli. I genitori, rappresentati dall'avvocato Nicola De Feudis, hanno sporto denuncia insieme a una richiesta di risarcimento danni perché i fatti sono avvenuti in una scuola pubblica e durante le ore di lezione, senza che gli insegnanti siano intervenuti. Ora il bambino sta meglio, sta seguendo un percorso terapeutico ed è più sereno. I genitori hanno deciso di fargli cambiare scuola e di trasferirlo in una succursale dell'istituto scolastico. “Ho incontrato i genitori degli altri alunni nelle scorse settimane – ha detto il sindaco di Mola di Bari, Stefano Diperna – perché lamentavano episodi di violenza da parte di quel bambino nei confronti dei loro figli. Adesso apprendo che invece proprio quel bambino ha raccontato di essere stato picchiato. È giusto che facciano i doverosi accertamenti interni gli organi scolastici e i carabinieri affinché approfonditi tutti i fatti per comprendere chi abbia procurato a quel bambino le lesioni riscontrate dai medici”. B.F. miei occhi - dice - Avrei voluto dare l'allarme, ma non avevo il cellulare e così ho fermato due donne e ho raccontato quello che c'era dentro”. Immediato l’allarme al 118 da una pizzeria poco distante. La neonata, che era ancora viva, è stata portata d’urgenza in ospedale e ricoverata nel reparto di Neonatologia, dove i medici hanno, invano, tentato di rianimarla. La piccola è morta all’ospedale “Civico” poco dopo il ricovero per una insufficienza cardiorespiratoria. Secondo quanto trapelato la neonata è venuta al mondo al termine di una gravidanza regolare. Era sana e robusta. Accanto al cassonetto, qualcuno ha posato una rosa bianca per ricordare la breve vita della piccola. La Procura di Palermo ha subito aperto un’inchiesta sulla morte ipotizzando il reato di omicidio volontario. Secondo i primi accertamenti la bimba sarebbe nata circa due ore prima del ritrovamento. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della Compagnia Palermo San Lorenzo, del Nucleo radiomobile e della Sezione Investigazioni Scientifiche che hanno transennato la zona per eseguire i rilievi tecnici di competenza. Il pm titolare dell’indagine, Nino di Matteo, ha disposto l’ispezione cadaverica sul corpo della bambina e il sequestro della cartella clinica. Una tragedia che si poteva evitare. Come hanno ricordato dall’ospedale “Civico”, dove esiste una “culla per la via”, che consente alle mamme di lasciare i propri figli non riconosciuti, in assoluto anonimato e tutelando così la vita dei neonati. Barbara Fruch MILANO Fiocco rosa in metropolitana Parto inatteso di una passeggera egiziana, appena arrivata alla stazione di Molino Dorino iocco rosa in metropolitana. Un parto del tutto inatteso quello avvenuto nella stazione milanese di Molino Dorino. Lunedì sera un'egiziana 21enne è scesa insieme al marito da un treno della linea 1 quando improvvisamente si è sentita male: era cominciata la fase di travaglio. La scena, come racconta Repubblica dandone la notizia, è stata vista in diretta, oltre che dai presenti, dall’agente di stazione che in quel momento si trovava al piano superiore della stazione. Accortosi della situazione dalle immagini che vedeva sul monitor, il dipendente Atm ha chiamato il 118 chiedendo l’immediato intervento e scendendo in prima persona a prestare soccorso. Il personale medico è arrivato nel giro di tre minuti, ha sistemato un telo a proteggere la privacy della donna a terra e l’ha aiutata nel parto di fortuna. Fortunatamente tutto è andato per il meglio, la piccola è nata attorno alle 20.30. Un po’ prima dello scadere del termine: la sua nascita era infatti prevista per i primi giorni di dicembre. Mamma e bimba sono state subito trasportate all’ospedale Sacco, dove sono state ricoverate. Una storia a lieto fine, grazie anche all’immediato intervento dei soccorsi. F 10 8 Mercoledì 26 novembre 2014 Dall’Italia FINORA ASSOLTO IN OTTO PROCESSI, NE HA ANCORA QUATTRO PENDENTI Evasione fiscale: l’infinita lotta di un 78enne Egidio Viezzer, dopo il fallimento della ditta, aveva trasferito l’azienda in Polonia ed era stato accusato di “estero vestizione” in quanto residente ancora nel Belpaese di Barbara Fruch inora è stato assolto otto volte in altrettanti processi e ne ha altri quattro ancora da definire. Un assassino? No, “semplicemente” un presunto evasore. A finire vittima della malagiustizia, come racconta Il Gazzettino, è un imprenditore trevigiano, Egidio Viezzer, 78enne ex titolare della “Casa di spedizioni Egidio Viezzer” di San Vendemiano (Treviso) ed ex presidente di una ditta con sede a Cieszyn, nel sud della Polonia. Per lui l’accusa è di una presunta “estero vestizione” di società, ovvero la fittizia localizzazione all'estero della residenza fiscale di una società che, al contrario, ha di fatto la sua attività e persegue il suo oggetto sociale in Italia. Lo scopo principale della localizzazione, tipicamente in un paese con un regime più fiscale più vantaggioso di quello nazionale, è ovviamente quella di fare in modo che gli utili siano sottoposti ad una minore tassazione. Una storia scandalosa, come denuncia l'avvocato dell’imprenditore, Domenico Riposati: “Credo che questo accanimento sia eccessivo. La vita familiare non è stata facile”. Il calvario giudiziario inizia nel 2010 quando F la “Casa di spedizioni Egidio Viezzer” fallisce: i conti vengono spulciati (comprese mail e fatture) e partono contestazioni da parte di Guardia di Finanza, Fisco, Inps e carabinieri. Essendo residente in Italia, avrebbe dovuto pagare qui le tasse e la Viezzer Poland lasciava configurare un caso di estero vestizione. Il tutto per godere di vantaggi fiscali. Ed è proprio questo il punto (al di là degli innumerevoli processi a carico del 78enne, che si trova nei guai solamente perché ha mantenuto la residenza in Italia portando la ditta all’estero). Forse uno Stato che si batte in tutto e per tutto contro l’evasione fiscale, dovrebbe anche prevedere un regime impositivo decente per i tanti titolari di ditte italiane. Come ormai ammettono diversi politici, da Berlusconi a Salvini, ma anche piddini, c'è in Italia una componente dell'evasione fiscale che può essere considerata “di sopravvivenza”. Come disse lo stesso Fassina: “Ci sono, in sostanza, ragioni strutturali che spingono tanti soggetti a comportamenti di cui farebbero volentieri a meno”. Probabilmente infatti con un regime fiscale più adatto la “Casa di spedizioni Egidio Viezzer” di San Vendemiano non sarebbe fallita. Ma questo ai giudici evidentemente non interessa. E le litanie sugli imprenditori che delocalizzano, a questo punto, hanno l’inconfondibile sapore delle lacrime di coccodrillo. FOGGIA - IN MANETTE QUATTRO AFFILIATI AL CLAN MORETTI-PELLEGRINO-LANZA Imprenditori taglieggiati: “O paghi o ci denunci” oggia, una città in preda alla criminalità organizzata. Il racket terrorizza ormai quasi quotidianamente i cittadini facendo esplodere tre bombe, solo in cinque giorni contro tre diversi esercizi commerciali. Ieri l’ennesima operazione delle forze dell’ordine che hanno eseguito una misura di custodia cautelare in carcere a carico di quattro soggetti ritenuti affiliati alla batteria criminale “MorettiPellegrino-Lanza”, attualmente predominante a Foggia, seppure recentemente decapitata al vertice, dopo gli arresti eccellenti di dieci giorni fa, quelli di Rocco Moretti e Antonio Vincenzo Pellegrino e la cattura di Pa- F squale Moretti, figlio di Rocco, latitante da 6 mesi circa. In manette sono finiti Emilio D’Amato di 41 anni, Marco Romano di 36, Michele Calabrice di 38 e Rodolfo Bruno di 35 che dovranno rispondere, a vario titolo, di tentata estorsione in concorso. Le indagini sono partite a settembre e si sono protratte fino alla settimana scorsa. Secondo quanto accertato dalla polizia i membri del gruppo si presentavano alle vittime designate di persona avanzando pesanti richieste di denaro, calibrate sul potere economico stimato di ognuno. La prima vittima è un imprenditore edile del capoluogo al quale era stata chiesta una rata di 2500 euro mensili, poi un piccolo commerciante a cui era stata richiesta una “tassa” di 50mila euro più un fisso mensile di 500 euro. Infine, all’imprenditore agricolo di un paese della provincia era stata chiesta la dazione eccezionale di 100mila euro. La richiesta estorsiva, ovviamente, era accompagnata da minacce esplicite: “Hai due possibilità: o paghi o ci denunci”, avrebbero risposto alle rimostranze di una vittima. “Ma se ci denunci avrai problemi e gli avvocati comunque li paghi tu”. Alla conferenza stampa della polizia a Foggia, insieme al questore Silvis e al capo della mobile Annicchiarico, era presente anche Tano Grasso, presidente onorario del FAI, Fondazione Antiracket: “Questa è una occasione unica per Foggia – ha spiegato Grasso – è l’esempio concreto che la denuncia è l’unico mezzo per reagire: è inutile parlare di esercito o misure straordinarie. Contro il racket, l’unica arma è la denuncia. E in una città sotto attacco come Foggia, la denuncia di tre differenti operatori economici è un grande segnale di riscatto. Certo, siamo lontani dalle denunce collettive, ma la strada intrapresa sembra essere quella giusta. Basterebbero le denunce di dieci imprenditori – conclude - per non avere mai più una bomba a Foggia”. F.Ce REGGIO CALABRIA E VIBO VALENTIA - FACEVANO PARTE DEI “BELLOCCO”, “LO BIANCO” E “FIARÈ” Estorsioni e usura: arresti nella ’ndrangheta Vittima un commerciante di abbigliamento e di oggetti preziosi che, dopo due rapine da quasi 500 mila euro, si era rivolto ai sei fermati per chiedere prestiti in denaro ostringevano un commerciante, anche con minacce, a pagare ingenti somme di denaro. Sono sei i fermi eseguiti dai carabinieri del Reparto Operativo di Vibo Valentia l’altra notte nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti contigui alle ‘ndrine “Bellocco” di Rosarno (nel reggino) e “Lo Bianco” e “Fiarè” dell’hinterland Vibonese. Con l’operazione “Insomnia”, così come è stato definito il blitz, si è fatto così luce su un vasto giro di usura ed estorsioni. La vittima è un commerciante di abbigliamento e di oggetti preziosi che, dopo due rapine fruttate ai malviventi, nel complesso, quasi 500 mila euro, ha avuto necessità di denaro per riavviare l’impresa. Le somme gli vennero prestate dal 2010 al 2014 e a garanzia degli interessi e del C capitale, i presunti usurai si sarebbero fatti consegnare due orologi Rolex, una partita di gioielli e pietre preziose, assegni e una scrittura privata che li ponesse al riparo da possibili denunce. Per ottenere i pagamenti, i soggetti fermati, secondo quanto appurato dagli inquirenti, avrebbero minacciato gravi ritorsioni nei confronti della vittima e dei suoi familiari. In un tratto di intercettazione si sentirebbe uno di loro affermare: “Se ti vedo ti scasso la pancia; … per colpa tua sto facendo brutta figura con tutte le persone … vedi di onorare gli impegni presi altrimenti qui diventa come il giorno dei morti; … non ti azzardare a denunciarmi, altrimenti dove ti trovo ti spacco e tieni conto che ho anche quel pezzo di carta che mi tutela”. Ma non è finita: quando il commerciante ha deciso di non mostrarsi in pubblico per un certo periodo di tempo, alcuni dei “creditori” avevano ideato un piano prendendo di mira il figlio, di appena 10 anni. Volevano adescarlo grazie ad un profilo falso di una ragazzina su facebook. Successivamente, attraverso un software, volevano individuare la posizione del ragazzo e dell’imprenditore e quindi organizzare una spedizione punitiva stile “arancia meccanica”. Avrebbero infatti detto: “Io vorrei incontrarlo adesso qua, davanti alla moglie e al figlio… lo faccio mortadella e può anche gridare… la moglie e il figlio li chiudo nella stanza e gli prendo i telefoni così non possono chiamare nessuno”. Alcuni dei fermato avrebbero ipotizzato di prendere contatti inoltre con la segretaria della scuola frequentata dal figlio della vittima, per capire, in particolare, se era stato richiesto un nulla osta al trasferimento del bambino verso un altro istituto, temendo che l’imprenditore fosse stato trasferito in una località protetta. In manette sono finiti Salvatore Furlano, 46 anni, di Vibo Valentia; Damiano Pardea, 29 anni, di Vibo Valentia; Gaetano Cannatà, 40 anni, di Vibo Valentia; Francesco Cannatà, 38 anni, di Vibo Valentia; Alessandro Marando, 38 anni, di Rosarno; Giovanni Franzè, 52 anni, di Stefanaconi. Un fenomeno quello dell’estorsioni e dell’usura preoccupante, come sottolineato dal procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro, Giovanni Bombardieri. “Vibo Valentia è il territorio con la più alta percentuale di fenomeni usurari in Italia – ha detto – e quello che abbiamo portato alla luce in questi anni è solo la punta dell’iceberg”. L’appello dunque è a denunciare gli aguzzini. “Denunciare gli usurai – ha aggiunto – è possibile perché bisogna capire che dal fallimento si può venire fuori, ma se si resta sotto ricatto si fa il gioco di questi malviventi che arrivano a sottrarre tutto il patrimonio della vittima. Lo Stato ha dimostrato anche in questa occasione di essere presente e di agire in breve tempo, tant’è che dalla denuncia ai fermi sono passati circa cinque mesi”. Carlotta Bravo 11 Mercoledì 26 novembre 2014 Medicina SENTENZA STORICA DEL TRIBUNALE DI MILANO Autistico a causa del vaccino: ottiene il vitalizio Dopo otto anni la decisione dei giudici e le immancabili polemiche di Francesca Ceccarelli na decisione che rimette in discussione una querelle aperta da tempo: esiste un legame tra vaccinazione e autismo? Mentre continua il dibattito internazionale cominciano a susseguirsi alcune sentenze destinate a creare una storia del diritto in materia. Dapprima una sentenza del 2012 del Tribunale di Rimini che identificava un nesso causale tra questa patologia e il vaccino trivalente, quello contro morbillo, parotite e rosolia. All'epoca pediatri e igienisti insorsero perché la sentenza rischiava di far "perdere fiducia in uno strumento preventivo per la salute dei bambini". Oggi il tribunale di Milano aggiunge un nuovo tassello: il ministero della Salute dovrà versare un assegno bimestrale, per tutta U la vita, a un bimbo affetto da autismo, a cui nel 2006 fu iniettato il vaccino esavalente prodotto dalla multinazionale GlaxoSmithKline. Come racconta il quotidiano "La Repubblica", la sentenza arriva dopo che la famiglia del bambino, che oggi ha 9 anni, aveva presentato nel 2011 una domanda di indennizzo al ministero che allora venne respinta. La sentenza del Tribunale è firmata dal giudice Nicola Di Leo, secondo cui sarebbe "acclarata la sussistenza del nesso causale tra tale vaccinazione e la malattia". "Dalla sentenza, dello scorso 23 settembre, sono passati i 60 giorni entro cui il ministero avrebbe potuto presentare ricorso in appello e non ci risulta lo abbia fatto - dice Alessandra Genovesi, avvocato del bambino - la sentenza è passata in giudicato. Per la famiglia, l'augurio è che in futuro si possano intro- durre più cautele nelle vaccinazioni". Il bambino riceverà un assegno bimestrale il cui importo sarà calcolato a partire da una base di 1.683 euro, più un indennizzo una tantum. E ancora era marzo di quest’anno quando fu aperta un'inchiesta sulla connessione fra vaccini e autismo a Trani dopo che i genitori di due bambini sporsero denuncia poiché ai loro figli fu diagnosticata dai medici una sindrome autistica e che, secondo le denunce, potrebbe essere stata causata proprio dai vaccini. Tutti episodi che concorrono a far si che nel corso degli anni si sia diffuso un certo allarmismo che da nord a sud ha provocato dal 2011 un crollo del numero dei bambini vaccinati: ogni anno, mediamente, 5mila genitori in più decidono, nonostante l'obbligo, di non far vaccinare i propri bambini. CONSIGLI PER MANTENERSI IN SALUTE Bologna: nasce “Nutristyle” Dieta mitocondriale, movimento e idrotermoterapia hi è ossessionato dalle calorie contenute nei cibi potrebbe da oggi avere un’altra attenzione: i mitocondri. A fronte di un futuro in cui le malattie saranno sempre più derivanti da cibo e alimentazione, il problema non è costituito tanto dalle calorie, ma dall’attivazione o meno dei mitocondri: organuli presenti in tutte le cellule del corpo umano, che hanno il compito di trasfor- C mare glucidi, lipidi e protidi in energia, calore e metaboliti. È quanto sostiene il prof. Antonio Monti, che ha presentato l’innovativa dieta mitocondriale del Nutristyle, a cura della direzione scientifica del gruppo Mare Termale Bolognese - Circuito della Salute Più (guidata dallo stesso Monti), nella cornice del “Villaggio della Salute Più”, ai piedi dell'Appennino bolognese. Questa dieta pone l’accento non tanto sul mero apporto calorico dei cibi, ma sulla loro composizione in termini di oligonutrienti, che hanno la finalità di attivare i mitocondri cellulari, alla base della salute e del benessere. Secondo Monti, infatti, "le patologie metaboliche sono date spesso da una disfunzione dei mitocondri. Se mangiamo male è perché i minerali che assumiamo, che sono il fondamento dell’attività metabolica dei mitocondri, non sono in sintonia con la nostra nutrizione. Per questo dobbiamo scegliere il cibo da mangiare per la nostra dieta in questa funzione, non per le calorie”. Di conseguenza “è inutile fare attenzione a grassi e carboidrati in eccesso, se poi non prestiamo attenzione a come vengono assimilati nel nostro organismo e a quali oligonutrienti vengono introiettati". E la questione della corretta alimentazione, sottolinea Monti, è centrale non solo per eliminare i chili in eccesso, ma soprattutto per il benessere del corpo e la prevenzione delle malattie più comuni legate all’alimentazione, che sono in aumento, soprattutto tra i giovani. Per questo ben vengano tutte le proposte che stimolano l’attività mitocondriale oltre agli oligonutrienti: l’assunzione di acqua mineralizzata (scegliendo quella più adatta al proprio metabolismo), l’attività fisica, l’idrotermoterapia (cioè l’aumento termico controllato).< "I problemi più preoccupanti per la salute pubblica nei prossimi anni riguardano obesità, diabete, ipertensione e tutta una serie di affezioni metaboliche (colesterolo, dislipidemie, trigliceridi) che trovano la loro ragion d'essere in una errata alimentazione". Per esempio, spiega Monti, "negli Stati Uniti il 10% della popolazione giovanile maggiorenne è già affetta da diabete e ipertensione a causa dell'eccesso di zuccheri e delle bevande dolcificate". Una realtà confermata anche dal decimo rapporto sulla sanità italiana realizzato dall'Università Tor Vergata e presentato il 4 novembre scorso alla Camera dei deputati, secondo il quale le malattie degenerative hanno già raggiunto la loro massima espressione, mentre saranno in aumento quelle di derivazione ali(Dire) mentare. IL 21% DEGLI ITALIANI HA CAMBIATO SPECIALISTA L’era del dentista express Low cost e low time: ma la qualità? pparentemente il dentista diventa sempre più low cost. Coupon per visite odontoiatriche scontate anche fino all’80%, pulizie dei denti a poche decine di euro, catene di studi dentistici che offrono prezzi ben al di sotto della media del settore. Una scelta, quella della scontistica selvaggia, che può sembrare quasi obbligata visti i tempi difficili, per rispondere alle esigenze di sempre più persone in difficoltà. Solo il 34% degli italiani, infatti, dichiara di andare regolarmente dal dentista per visite periodiche, mentre il 38% ammette di averlo consultato solo in seguito ad un problema. Sembra, però, che, nella maggior parte dei casi, non sia il prezzo ad influenzare la scelta del dentista, ma i pareri delle persone care. La maggior parte degli italiani (55%) preferisce lasciarsi guidare dai consigli di amici e parenti, o affidarsi al dentista di famiglia (26%). Il 21% degli intervistati, però, ammette di essere stato costretto a cambiare odontoiatra per ragioni economiche. Di fronte a tariffe eccessivamente inferiori A alla media, bisogna, però, fare molta attenzione. Se, infatti, è possibile risparmiare un poco sul materiale utilizzato, magari comprandolo in quantità maggiori consociandosi con altri studi, non è plausibile economizzare sul tempo dedicato ad ogni trattamento. L’Andi – Associazione Italiana Dentisti Italiani ha pubblicato un documento dal titolo Nomenclatore e Tariffario, redatto sulla base di un questionario inviato ad oltre 600 studi dentistici. Da queste risposte, è stato stilato una sorta di listino prezzi, nel quale si indica il range tariffario per ogni prestazione odontoiatrica ed ortodontica, ma anche il tempo medio che ognuna di queste richiede per ottenere un risultato qualitativamente soddisfacente. “La fretta è sicuramente la peggior consigliera per chi fa il nostro lavoro, e non si può ridurre tutto ad una maggiore o minore velocità dello specialista perché esistono tempi obbligati dettati dalle leggi della fisica. – Ha commentato il dottor Marco Turco, dentista e responsabile dei programmi di cura dei centri Samadent. – Ad esempio, secondo il documento ANDI, nel caso di un intervento di otturazione in materiale composito estetico (che coinvolge tre superfici contigue del dente), tra i più frequenti, il tempo minimo indicato è di 45 minuti, a fronte di un costo compreso tra i 120,00 e i 180,00 euro. Anche se ci sono piccolissime differenze di costo tra i migliori materiali compositi esistenti (gli altri nemmeno li prendo in considerazione), forse in parte si potrà risparmiare sui materiali acquistando in grandi quantità, in parte sarà possibile ridurre il proprio compenso orario, ma i 45 minuti assolutamente non sono negoziabili. Infatti questo intervento viene effettuato pulendo attentamente con frese la cavità creata dalla carie e riempiendola con piccoli strati di materiale composito, che dovrà poi essere fotopolimerizzato, “fondendosi” con il dente. Strati troppo spessi non polimerizzano bene e quindi non si induriscono. L’operazione va, poi, ripetuta più volte, strato dopo strato e avendo alla fine l’accortezza di modellare il composito in modo da rendere l’ottura- zione perfettamente integrata nella struttura del dente, praticamente invisibile ad occhio nudo e quindi perfettamente ermetica. Se la si effettua in meno tempo e con meno cura, non si lascia il tempo al composito di indurirsi per foto polimerizzazione e non si ha il tempo di modellare e rendere ermetica l’otturazione che potrà quindi essere meno resistente e infiltrarsi (far entrare sostanze e batteri). Un’operazione “express” fatta in poco tempo avrà quindi certamente una durata minore. Si ha solo l’impressione di risparmiare”. 12 Mercoledì 26 novembre 2014 Sport DOPO IL GOL DI TOTTI, IL CSKA PAREGGIA IN PIENO RECUPERO. QUALIFICAZIONE PIÙ COMPLICATA La Roma “gelata” sul campo di Mosca a Roma pareggia 1-1 a Mosca, nel penultimo turno del girone di qualificazione di Champions League, ma l’amaro in bocca è veramente tanto, micidiale, arrivato con la beffa che porta il nome quasi impronunciabile di Berezoutski: nel terzo e ultimo dei minuti di recupero, il gol del moscovita complica la qualificazione della squadra di Garcia, anche se nulla è perduto. La Roma non solo aveva cullato la vittoria fino a quell’incredibile finale, ma l’aveva costruita con un approccio alla gara niente male e decisamente migliore rispetto alle ultime trasferte. La personalità dei giallorossi si vede fin dalle prime battute di un match spigoloso, con il pallino del gioco tenuto in mano grazie al possesso palla. Si rivede anche il pressing alto che aveva caratterizzato a lungo il gioco della scorsa stagione. Manca però l'ultimo passaggio o il dribbling decisivo. E questo alla fine potrebbe costar caro. Anche il Cska sbaglia parecchi appoggi ma la squadra giallorossa non ne approfitta. E la prima occasione è proprio per la sorniona formazione di casa: dopo una L ALTRO MATCH DA DENTRO O FUORI La Juventus a Malmoe: non sarà una passeggiata n’altra partita da dentro o fuori per la Juventus, stasera in Champions League – non proprio la specialità di mister Allegri che in questo è sulle orme di Conte – nel freddo svedese di Malmoe, per il penultimo turno del gruppo G. Tra l’altro, le trasferte a certe latitudini non portano granché bene ai bianconeri, fermati sempre sull’1-1 sia a Nordsjaelland (ottobre 2012) che l’anno dopo contro il più ostico ma non irresistibile Copenaghen. Se dovesse andar male – o comunque non bene – stasera, la Juve si giocherebbe poi tutto il 9 dicembre, si in casa allo Stadium ma contro i vicecampioni d'Europa dell'Atletico Madrid. Non proprio una U dormita della difesa giallorossa, De Sanctis salva il risultato con un'uscita bassa su Doumbia. Poi Florenzi decide di fare tutto da solo: prende palla sulla trequarti, supera in dribbling un paio di avversari e viene atterrato al limite dell'area. Tutti si aspettano la bomba del capitano, che immancabilmente arriva: il destro potentissimo di Francesco Totti si infila alle spalle di un esterrefatto Akinfeev. La Roma ci crede e inizia bene la ripresa, gestendo con autorità la partita e tenendo lontani gli avversari dalla propria area. Con il passare del tempo però il Cska prende coraggio, crede nella rimonta di un solo gol e finisce per schiacciare i giallorossi per lunghi tratti di una partita sempre più complicata. Al minuto 77 Garcia prova a dare freschezza alla sua truppa: fuori Gervinho, decisamente non in serata, dentro Iturbe. Proprio l'ex Verona offre a Ljajic la palla del ko, ma il serbo trova un grande Akinfeev a negargli la rete. Dentro anche Strootman per Nainggolan e Pjanic per Ljajic. Il finale è un assalto russo a testa bassa. La Roma soffre ma resiste fino a pochi secondi dalla fine, quando un cross in area beffa De Sanctis e arriva la rete del pareggio dei paIg.Tr. droni di casa. passeggiata. Allegri, reduce dal confortante successo di Roma contro la Lazio (anche se la truppa di Pioli è apparsa in una sconfortante crisi evolutiva) appare ancora indeciso tra il 4-3-1-2 oppure un 4-3-21. Davanti a Buffon ci saranno comunque Bonucci e Chiellini, con Lichtsteiner e il recuperato Evra, destinato a partire titolare, sulle corsie esterne; Pirlo e Vidal a centrocampo, con Marchisio e Pogba in posizione di interni e attacco affidato a Llorente e Tevez. Ieri allenamento mattutino a Vinovo prima della partenza alla volta della Svezia e già in serata una prima sgambatina sul campo del Malmoe, per saggiarne l’erba . DAI SUCCESSI IN EUROPA AL SOGNO SCUDETTO MANCATO, FINO AL CRACK PARMALAT C’era una volta il grande Parma Quegli anni d’oro targati Tanzi, una scalata perfetta che s’è conclusa nel peggiore dei modi. Tempi di vittorie, lacrime spese sul latte versato. Un’epopea irripetibile, con i gialloblù che ora rischiano di scomparire di Federico Colosimo era una volta il grande Parma. Una storia fatta di “sponsorizzazioni perfette”, di errori virtuosi, di scudetti sognati e mai arrivati. E di un crack che ha “segnato” profondamente la storia del football in Emilia-Romagna. Era la squadra del patron Tanzi. Un ciclo stratosferico iniziato nel 1990-1991. La prima stagione dei gialloblù nella massima serie si apre con l’arrivo di giocatori eccellenti come Taffarel, già portiere del Brasile e Brolin, talento svedese. Che innestati su un telaio già di buonissimo livello (Apolloni e Minotti dietro, Osio e Zoratto al centro e la futura bandiera Melli di punta), consentono ai ducali di strappare applausi e soprattutto di cogliere un quinto posto finale che vuol dire Coppa Uefa. E siamo solo all’inizio. La compagine si puntella ancor di più nell’estate ’91 con l’arrivo di calciatori destinati a fare la storia (Benarrivo, Di Chiara, Ballotta e l’attaccante Agostini, il “condor”). Nel 1993 il primo grande successo. Il Parma alza nel cielo del “Tardini” la sua prima Coppa Italia. Apoteosi. Dopo una doppia finale epica in cui la Juve del Trap-bis, dopo aver prevalso al Delle Alpi deve inchinarsi ai gialloblù. Una scalata programmata nei minimi dettagli che conosce il suo primo grande trofeo: di una lunghissima serie. Tutti i telecronisti mondiali chiamavano la squadra Parmalat, non Parma. Gli arrivi di Asprilla e Pizzi regalano alla città la prima Coppa delle Coppe. E’ un trionfo della famiglia Tanzi, degli investimenti onerosi ma C’ mirati ed oculati. Il trofeo apre a un biennio magico con l’approdo, diluito in 2 estati, di un fuoriclasse come Zola e di “duri” come Crippa, Bucci, Sensini, Couto e Dino Baggio. Ecco arrivare anche la Supercoppa Europea strappata al Milan di Capello e la Coppa Uefa ai danni della Juve di Lippi. Applausi a scena aperta, la piccola città di provincia è nel gotha del calcio europeo. La sensazionale stagione del 1994-1995 per- mette al Parma di sognare e osare. Per il salto di qualità in chiave scudetto arriva il bulgaro Hristo Stoichkov, Pallone d’Oro in carica, capocannoniere dell’ultimo Mondiale, sinistro vellutato. Insieme a lui, un difensore destinato a scrivere la storia del calcio mondiale, Cannavaro. Le aspettative vengono però clamorosamente disattese e la stagione si conclude senza alcun successo. Fuori mister Scala, dentro Ancelotti. E in campo ecco un tris di fenomeni quali Thu- ram, Crespo e Chiesa. Un mix di acquisti che si completa con il nuovo Zoff tra i pali, Buffon. Secondo posto. L’anno dopo (e siamo nel 19971998) la musica non cambia in sede di mercato ma si rivela tutt’altro che armoniosa in campo. Arrivano Zè Maria, Stanic, Fiore, ma in campionato i gialloblù si fermano al sesto posto. A pagare per tutti è Ancelotti, reo tra l’altro di aver rifiutato l’acquisto di Roberto Baggio, il suo vero grande rimpianto in una carriera da allenatore formidabile. Arriva Malesani e con lui Veron, Fuser e Boghossian. Ed ecco le vittorie magiche della Coppa Italia e della Coppa Uefa. Manca solo la grande conquista, lo scudetto. Che resterà per sempre una chimera. Comincia il ridimensionamento e il Parma, giocattolo meraviglioso dei Tanzi, comincia a sfaldarsi: il 2001-2002 è l’anno horribilis. Il crac è vicino e i ducali rischiano di scomparire. Le dimissioni di Stefano Tanzi (nel 2004), tra le lacrime, chiudono un’epoca. Il nuovo Parma di Ghirardi e Guidolin fa quasi sognare come ai vecchi tempi. Anche quello di Donadoni, che centra la qualificazione in Europa League salvo poi farsi privare del pass a causa di un contenzioso relativo all’interpretazione di una norma sui pagamenti Irpef. Una cifra irrisoria, saldata fuori tempo massimo. E’ la fine di un’epoca. Con il Parma, la regina delle provinciali pallonare, che rischia di sparire dalla geografia del nostro calcio. Su e giù come una giostra, a un passo dalla retrocessione, alla velocità della luce. Tempi di vittorie, lacrime di gioia e di dolore. Spese sul latte versato. Storia di un’epopea irripetibile.
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