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n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
Non blocchiamo
i figli
ma formiamo
i genitori
A sentire qualcuno, pare che la tecnologia vada a
braccetto con il diavolo. Ma come spesso accade
quando si invoca Satana e compagni, alla base di
tutto c’è scarsa informazione. E questa sì che va
a braccetto con la scarsa capacità educativa: non
si possono insegnare i buoni principi in maniera
astratta; proprio come non si può insegnare
una guida sicura e responsabile se non si ha la
patente, solo ripetendo “frena, frena!”.
Il rapporto tra tecnologia e giovani non è mai
stato così messo in discussione come in questo
momento; e non solo per le recenti polemiche sui
videogame violenti e la categorizzazione PEGI. Al
centro della discussione ci sono anche gli smartphone e l’uso compulsivo che i ragazzi ne fanno,
caricando sui social – e quindi di fatto rendendo di
possibile dominio pubblico – tonnellate di informazioni potenzialmente sensibili per la loro sicurezza
e per quella delle loro famiglie. E spesso creandosi
involontariamente una “web reputation” tutt’altro
che invidiabile, che probabilmente tornerà, proprio
come la meno digeribile delle cipolle, a farsi viva
più avanti, nei momenti meno opportuni.
Il tema del “parental control” è uno dei più
dibattuti da anni ed è di certo quello, nella sfera
della cultura digitale, riguardo al quale abbiamo
fatto i più piccoli passi avanti, soprattutto in Italia.
Le soluzioni non sono certo le suite anti-virus che
ingessano un PC e la sua possibilità di comunicare
con l’esterno; men che meno le privazioni: un
ragazzo lasciato fuori dal “loop” dei social oggi
rischia l’emarginazione digitale e – cosa assai più
grave – l’analfabetismo digitale. Oramai è chiaro a
tutti che non è certo la scuola ad insegnare la cultura digitale ma si tratta oggi prevalentemente di
un rischioso “learining by doing”, una formazione
sul campo che procede per tentativi ed errori.
L’obbligo di vendita delle sigarette ai maggiorenni
non ha frenato il fumo giovanile; allo stesso modo
non basterà rendere vincolante il codice PEGI per
sensibilizzare nei confronti dei videogame violenti.
Anzi, li renderà qualcosa di “proibito” e quindi
ancora più ambito. Se volessimo davvero far passi
avanti, bisognerebbe investire nella formazione
dei genitori: nessuno chiede che riescano a
battere i propri figli nei videogame, né che siano
più veloci di loro nel comporre un messaggio su
WhatsApp. Quello che si richiede è che abbiano
quegli strumenti cognitivi che permettano loro di
dare anche in ambito digitale quell’educazione di
base che eviterà ai propri figli grossolani errori,
cocenti delusioni e coinvolgimenti smodati.
Dobbiamo avere il coraggio di dire che bisogna
interrompere la formazione al digitale fatta a
scuola da docenti del tutto analogici e formati
alla bell’e meglio i corsi “instant” da 40 ore: non
serve a nulla. I ragazzi vano mandati in “gita” nelle
Web Agency e nelle software house proprio come
una volta si andava al Museo; e vanno coinvolti
in progetti di sviluppo, tanto da poter arrivare alla
fine del curriculum di studi con una capacità di
programmazione di base e con una sensibilità
almeno elementare sulle user interface: sarà un
gran viatico nel loro nel percorso professionale.
I genitori devono invece essere coinvolti in corsi
di alfabetizzazione informatica e digitale che permetta loro non certo di diventare utenti provetti,
ma almeno osservatori capaci di interpretare i
possibili effetti delle innovazioni, sia quelli positivi
che quelli negativi. E questo a prescindere dalle
loro passioni: imparare e ridurre il divario digitale
con i propri figli deve rientrare categoricamente
nei doveri genitoriali. Solo così finirà l’inutile caccia
alle streghe alla “tecnologia brutta e cattiva”
(come la penosa campagna contro GTA di queste
settimane) e inizierà una fase in cui sarà possibile
mettere in condizione i genitori di dare consigli e
regole credibili ai propri figli. Che andranno avanti
a sbagliare, ma meno e in maniera meno grave. E
soprattutto imparando davvero dai propri errori.

Gianfranco GIARDINA
torna al sommario
MAGAZINE
Sky TG 24
Tutto sui nuovi e più Ecco le super reflex
ora trasmette
attesi smartphone Canon5Ds e 5Ds R e la
anche le serie TV 11 in arrivo
16 mirrorless EOS M3 20
Lo voglio piatto!
In anteprima i dettagli del
TV OLED con schermo flat
08
Ha un pannello ad alta luminosità
a 10 bit e prestazioni al top. È atteso
nella seconda metà del 2015
Proviamo a parlare in arabo
usando Google Translate
Abbiamo utilizzato l’app Google di traduzione
in un divertente dialogo italiano - arabo
Alla fine qualcosa ci abbiamo capito...
IN PROVA
30
Samsung Gear VR
È arrivato e costa 199€
31
Che bello stampare in 3D
Ma (ancora) non è per tutti
Ci siamo divertiti a utilizzare una stampante
3D Hamlet per capire quanto è consumer
e cosa ci può fare un tecno appassionato
35
03
Panasonic FZ1000
La bridge Ultra HD
38
13
33
Netgear ReadyNAS 102
Il NAS per tutti
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9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
MERCATO I comunicati FIMI e AIE ci raccontano di un mercato italiano che vuole allontanarsi sempre più dal supporto fisico
Streaming ed ebook in crescita: l’Italia sta cambiando?
Lo streaming musicale è cresciuto dell’80% nel 2014, gli ebook a quota +40%. Ma CD, vinili e libri di carta tengono duro
L
di Emanuele VILLA
eggendo parallelamente due comunicati stampa, quello di FIMI
sul mercato musicale e di AIE
(Associazione Italiana Editori) per i libri,
si ha veramente il quadro di un’Italia
che sta cambiando, anche se più lentamente di quanto possa prevedere un
appassionato di nuove tecnologie. Mentre FIMI (Federazione Industria Musicale
Italiana) pone giustamente l’accento
sulla crescita generale del 4% trainata
dai servizi di streaming, segnala poi
come il 62% del mercato sia ancora del
supporto fisico, che rallenta il suo calo
grazie all’impennata del vinile. Quest’ultimo, pur di nicchia con il 3% del mercato, cresce esponenzialmente di anno in
anno e fa registrare un +84% nel 2014
rispetto al 2013.
APP WORLD
Tidal a breve
anche in Italia

Il servizio di streaming Tidal
comunica la prossima espansione
in 22 paesi entro il primo trimestre
del 2015, Italia compresa. La notizia
arriva a pochi giorni dall’annuncio
che la parent company di Tidal è
stata acquisita dalla società della
nota star hip-hop Jay-Z. Il nuovo
lancio porta il servizio praticamente
in tutta Europa più Turchia e Sud
Africa, per un totale di 30 paesi.
Il servizio si distingue per offrire
musica in streaming in formato lossless, motivo per il quale Tidal sta
raggiungendo accordi con diversi
produttori di elettroniche Hi-Fi per
l’integrazione della piattaforma.
Tidal dichiara un catalogo di 25
milioni di brani e ha già stretto
accordi con le tre principali major
del disco e diversi consorzi di
etichetti indipendenti, offre app
per Windows, Mac, Android e iOS
ed è già compatibile (in beta) con il
sistema multi-room Sonos.
torna al sommario
In pratica, la musica diventerà di sicuro
un mondo di streaming, ma l’orizzonte
temporale è ancora abbastanza lungo:
nel frattempo, il mercato italiano ha fatto registrare nel 2014 122 milioni di euro
di sell-in e il secondo anno consecutivo
di crescita dopo 11 anni col segno meno.
Trainanti i servizi di streaming: solo nel
2014 quelli gratuiti sostenuti da pubblicità sono cresciuti dell’84% mentre quelli
a pagamento hanno fatto registrare un
+82%; dati di crescita importanti che dimostrano quanto la tariffa mensile (che
solitamente è di circa 10 euro) sia perce-
pita come più che adeguata all’offerta
di milioni e milioni di brani dei vari Spotify, Deezer, Google Music ecc.
Sempre in calo, e non di poco, il
download con un -15% rispetto al 2013:
prima o poi Apple dovrà prendere posizione in merito, cosa che presumibilmente farà a breve trovando una
soluzione sinergica tra iTunes (Re incontrastato del download musicale) e
Beats Music. Gli italiani ascoltano molta
musica ma leggono anche tanto. Per
tornare al tema del cambiamento di cui
sopra, AIE fotografa il fenomeno dichia-
rando che da un lato la spesa degli italiani per i libri è rimasta identica rispetto
al 2013 (+0,1%), dall’altro si assiste a un
crollo del lettori occasionali (-10% di lettori tra il 2010 e il 2014) e soprattutto alla
lenta (anche qui) sostituzione dei libri di
carta con gli ebook, che prendono terreno. Mentre infatti la produzione di libri
tradizionali è calata del 5,1% rispetto al
2012, si stima che nel 2014 siano stati
prodotti 53.739 titoli in digitale (esclusi
i gratuiti) con un incremento dell’88,4%
rispetto al 2012. Ma questo non deve
trarre in inganno: se è vero che il fatturato degli ebook è cresciuto del 39,4%
sul 2013, ciò rappresenta attualmente
il 4,4% del mercato del libro, che resta
nelle mani del “caro e vecchio” libro di
carta. Ma anche qui, la trasformazione è
più che avviata.
MERCATO Escono dal paniere Istat 2015 DVD, impianto Hi-Fi, navigatore e corsi di informatica
Hi-Fi e DVD escono dal paniere Istat per il 2015
Al loro posto entrano car sharing e bike sharing
Il vecchio impianto stereo non rientra più nelle abitudini di spesa delle famiglie italiane
di Robertp PEZZALI
istituto di statistica fotografa i cambiamenti dei consumi degli italiani
togliendo alcuni beni che sono
ormai considerati superflui e occasionali. L’impianto stereo e il DVD, che fino a
qualche anno fa erano presenti in ogni
famiglia, non sono più validi indicatori del
benessere e dei consumi famigliari ed
escono pertanto dall’elenco dei prodotti
che contribuiscono, mediante il controllo
dei loro prezzi, a determinare l’andamento dei consumi e l’inflazione. Una scelta
che non deve stupire più di tanto: al loro
posto infatti entrano car sharing e bike
sharing oltre a nuove categorie alimentari come i prodotti senza glutine. Che
l’Hi-Fi classico fosse passato di moda lo
si era capito, così come ormai si è capito
che gli smartphone hanno cannibalizza-
L’
to i navigatori satellitari. Quello che invece dispiace è la sparizione sempre dal
paniere dei corsi informatica: gli italiani,
che non sono certo un popolo evoluto
tecnologicamente, avrebbero bisogno di
corsi di formazione per colmare il divario
tecnologico con gli altri paesi soprattutto
per quelle fasce d’età e quelle persone
che non hanno a che fare abitualmente
con la tecnologia. Ma anche qui, tuttavia,
ci sarebbe da aprire un bel discorso: ai
corsi pagati dagli individui andrebbero
affiancati corsi aperti a tutti e organizzati
a livello municipale.
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
MERCATO Le clausole dei contratti tra editori e rivenditori di ebook sono compatibili con le norme sulla concorrenza?
Ebook: secondo esposto di Altroconsumo all’Authority
A seguito della nostra inchiesta, Altroconsumo ha chiesto all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato di indagare
N
di Emanuele VILLA
ella nostra inchiesta sui prezzi
degli e-book, che realizzammo a
seguito dell’abbassamento dell’IVA al 4% (e a cui rimandiamo per un
approfondimento), alcuni editori ci dissero che “Amazon, Apple e Kobo avrebbero inserito delle clausole contrattuali
che impegnano l’editore a garantire
loro il miglior prezzo sul mercato”. La
logica conseguenza di quanto sopra è
un livellamento nel prezzo al pubblico
degli ebook: lo stesso libro ha un prezzo identico ovunque lo si compri, come
se si trattasse di un prezzo imposto.
L’imposizione arriva dall’editore stesso,
certo, ma questo limita il diritto dei rivenditori di farsi una giusta concorrenza
operando sulla leva più sensibile, quella
del prezzo.
A seguito dalla nostra inchiesta,
Altroconsumo ha inviato all’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mer-
cato, una seconda addenda rispetto
alla prima segnalazione, con la quale
chiede di indagare sulle condizioni contrattuali che legano editori e distributori
online, con una particolare attenzione
per la clausola di cui sopra, ovvero quella con cui essi di riservano il diritto di
pareggiare il prezzo più basso applicato
(si parla di Clausola della Nazione più
Favorita o Most Favoured Nation).
Più in dettaglio, Altroconsumo ritiene
che non sia possibile escludere che
questa clausola abbia un effetto restrittivo nei confronti dalla libera concorrenza, con ripercussioni negative
soprattutto per i distributori più piccoli.
“[...] per effetto delle clausole MFN” - si
legge nel documento - “gli editori ita-
MERCATO Procede a rilento l’integrazione di Beats Music all’interno di iTunes, iOS e OS X
Convivenza difficile per Beats Music e iTunes
Il nuovo servizio slitta, probabile lancio al WWDC?
Secondo indiscrezioni, ci sarebbero state tensioni tra i team di sviluppo di Beats e Apple
di Paolo CENTOFANTI
I

l lancio del servizio di streaming
musicale di Apple si fa sempre più
lontano e con ogni probabilità non
verrà annunciato prima del prossimo
WWDC, che usualmente si tiene a
giugno. Lo riporta 9to5mac, secondo
le cui fonti il processo di integrazione
di Beats Music all’interno dei prodotti
Apple starebbe procedendo lentamente e con fatica. L’idea di Apple sarebbe infatti quella di fondere tutte le
funzionalità di Beats Music all’interno
dell’app Musica di iOS, in iTunes su
Windows e OS X e all’interno di una
nuova app per Apple TV. Sul tavolo ci
sarebbe anche una nuova app per Android, mentre scomparirà la versione
per Windows Phone. Si parla anche
di un prezzo per il nuovo servizio che
sarà a quanto pare di 7,99 dollari, contro i 9,99 di praticamente tutti i concorrenti e gli attuali utenti Beats Music
torna al sommario
potranno fondere il proprio account
con un Apple ID. Il problema è che la
nuova versione del servizio sarebbe
tutt’altro che soddisfacente e starebbero crescendo le tensioni tra il team
di sviluppo di Beats, entrato in Apple
in seguito all’acquisizione dell’azienda, e gli ingegneri di Cupertino, tanto
che almeno un dirigente avrebbe gettato la spugna e abbandonato il pro-
getto. Quello che è certo è che il lancio, che doveva essere a marzo, per
il momento è stato rimandato a data
da destinatari. Curiosamente, Apple
avrebbe inoltre intenzione di continuare a offrire, parallelamente al nuovo servizio di streaming, anche iTunes
Radio e iTunes Match nonostante le
evidenti sovrapposizioni che le varie
offerte avranno l’una con l’altra.
liani non hanno interesse a mettere in
concorrenza tra loro i distributori online, dal momento che i distributori principali (e in modo particolare Amazon
e Apple) potrebbero pareggiare quasi
istantaneamente il prezzo più basso
eventualmente consentito dall’editore
al distributore online più piccolo”.
La conseguenza principale cui giunge
Altroconsumo è che “risulta chiaramente che la clausola MFN imposta dai
principali distributori online (quali ad
esempio, Amazon e Apple) agli editori
italiani ha l’effetto (ed evidentemente
anche lo scopo) di consolidare la posizione dominante di questi principali
distributori online, escludendo o limitando l’accesso al mercato italiano degli ebook ai distributori online più piccoli”. Per questo motivo, Altroconsumo
chiede che Agcm indaghi anche sulla
compatibilità di queste condizioni contrattuali con le norme sulla concorrenza.
Vedremo come andrà a finire...
MERCATO
Sony
in recupero
Sony ha fornito indicazioni di massima che dimostrano un lento recupero: parliamo di circa 700 milioni EUR
di profitto netto nella stagione
natalizia. Cresce anche il profitto
d’esercizio e crescono i ricavi, che
per tutto il gruppo si posizionano a
circa 19 mld EUR. Il problema resta
la divisone mobile: i conti dell’azienda dichiarano un piccolo profitto
(70 mln EUR, circa) a causa della
forte ristrutturazione prevista, ma è
annunciato il taglio di 2.100 posti di
lavoro entro marzo 2016, che comprendono i 1.000 precedentemente
previsti. PlayStation 4 continua ad
andare bene e la divisione TV è in
nero trainata dal buon trend dei
display 4K che fa registrare un utile
di circa 70 mln EUR; infine, Sony
ha inserito a budget 15 mln USD
per portare a termine le indagini e
completare le operazioni di rimessa
in esercizio dei sistemi informatici
messi a repentaglio dall’attacco
hacker a Sony Pictures, divisione
che nonostante tutto ha fatto
registrare un piccolo profitto di circa
19 mln EUR nonostante una prevista
forte riduzione dei ricavi.
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
MERCATO Associazioni di categoria e compagnie telefoniche dicono no alla neutralità di rete
Le telco non ci stanno e ribadiscono il no
(fuorviante) al concetto di neutralità di rete
Ma alcune delle argomentazioni addotte appaiono decisamente prive di fondamento
U
di Paolo CENTOFANTI

n comunicato congiunto da parte di organizzazioni che insieme
danno voce essenzialmente a
tutte le principali aziende di telecomunicazioni europee, lancia un messaggio
forte e chiaro: le telco europee non vogliono la neutralità di rete attualmente
in discussione in seno al Consiglio Europeo. In breve, dove eravamo rimasti:
il Parlamento Europeo ha approvato in
prima lettura nella passata legislatura il
pacchetto ora chiamato Digital Single
Market, che punta alla creazione di un
mercato unico delle telecomunicazioni
in Europa e che mette dei punti fermi
su alcuni principi basilari di Internet,
quali appunto la neutralità di rete.
Il testo è ora al vaglio del Consiglio
Europeo, che esprime la voce degli
Stati Membri dell’Unione, all’interno
del quale il dibattito è ancora aperto e
lontano da un accordo proprio su questioni come la neutralità di rete (oltre al
delicato discorso del roaming all’interno dell’Unione Europea).
“Non è tecnologicamente efficiente né
un beneficio per gli utenti, che tutto il
traffico sia trattato ugualmente. Non
lo è mai stato” ETNO, Cable Europe,
GSMA, Make the NetWork”.
Il comunicato rilasciato dalla European
Telecommunications Network Operators Association, GSMA, Make the
NetWork e Cable Europe, si inserisce
nel dibattito sostenendo che non tutto
il traffico di Internet deve e soprattutto
può essere trattato allo stesso modo,
pena prestazioni peggiori per tutti
e freno all’innovazioni e agli investimenti sulla banda larga. Ricordiamo
che per neutralità di rete si intende il
principio secondo cui le reti di telecomunicazioni devono essere totalmente “neutrali” nei confronti dei dati che
trasmettono: un pacchetto dati, l’unità
fondamentale nelle moderne reti di
trasmissioni IP, è un pacchetto come
un altro indipendentemente da quello
che i dati contengono/rappresentano
e come tale non deve essere “discriminato” in funzione del suo contenuto.
L’obiezione delle telco è che non tutto
il traffico è uguale e, ad esempio, lo
streaming video pesa molto di più sul-
torna al sommario
la rete rispetto allo scambio di email,
e pertanto andrebbe gestito in modo
diverso. Se non che, obiettano i sostenitori della neutralità di rete, “gestire”
potrebbe voler dire anche tariffare in
modo diverso o magari “filtrare” o “limitare in banda” anche al fine di spingere servizi di connessione premium a
costi maggiori.
L’argomento, come si può ben immaginare, è complesso. Il tutto si riduce
però alla fine a una semplice questione: soldi. Le telco, anche in modo
comprensibile, non vogliono infatti
ritrovarsi a pagare da sole il costo della crescita dei servizi “over the top”,
come vengono chiamati i vari YouTube, Netflix, iTunes, che pesano con i
loro dati sulle reti di telecomunicazioni
che vanno costantemente aggiornate. L’altra campana sottolinea invece
come proprio questi servizi spingono
gli utenti a sottoscrivere le più costose
linee a banda larga e ultra larga, senza bisogno che vengano create delle
differenziazioni artificiose nei servizi
di connettività. Un esempio, giusto per
essere chiari, potrebbe essere quello
di un Internet Service Provider che
può offrire un abbonamento Internet
base che non dà accesso a servizi di
video on demand, che sono invece
sbloccabili solo pagando una tariffa
superiore. Oppure ancora un operatore potrebbe decidere di limitare a prescindere un certo tipo di traffico sulla
sua rete (cosa che in alcuni casi già
avviene tra l’altro).
C’è da dire che il comunicato rilasciato
da queste associazioni fa buon viso a
cattivo gioco, dichiarando la propria
adesione all’Open Internet ma allo
stesso tempo utilizzando anche argomenti al limite del “truffaldino”. Un
passaggio in particolare, presente sulla pagina web di Make the NetWork ha
catturato la nostra attenzione: “Tecnologie che oggi aggiustano e ottimizzano automaticamente la banda del traffico video diretto al piccolo schermo di
un tablet, rispetto a quella destinata a
un grande TV in alta definizione, [con
la neutralità di rete] diventerebbero
discriminatorie.[...] Le inefficienze nel
carico della rete aumenterebbero
drammaticamente poiché troppi dati
sarebbero pompati verso i tablet, sovraccaricando la sua connessione alla
rete e impedendo al servizio di funzionare”.
Un’affermazione totalmente falsa e
anche tecnologicamente parlando
priva di qualsiasi fondamento. A parte il fatto che ormai i tablet hanno una
definizione superiore a quella di un TV
in alta definizione, per cui non ci sarebbe alcuno spreco di bit, in questo
caso le telco stanno facendo passare
per gestione del traffico quella che è
invece la codifica scalabile di un video
che avviene a monte e quindi prima
ancora della trasmissione sulla rete
stessa del contenuto e che pertanto
è una pratica che non è toccata minimamente dal concetto di neutralità.
Quello che invece la neutralità vuole
proprio impedire è che un operatore
possa decidere che quel video pesa
troppo e quindi non abbia “diritto” di
finire anche su un tablet, magari agganciato a una rete mobile. Non allo
stesso prezzo comunque.
Yahoo torna
a crescere
Google scende
ai livelli del 2008
Per la prima volta
dal 2008, Google
torna sotto la quota
di mercato del 75%
tra i motori di ricerca
negli Stati Uniti
Yahoo cresce più
del 2% grazie a Firefox
di Paolo CENTOFANTI
La scelta di Mozilla di passare a
Yahoo come motore di ricerca
predefinito di Firefox, ha avuto
il suo impatto negli Stati Uniti.
Secondo i dati di CounterStat,
infatti, Google a gennaio 2015 è
sceso sotto la quota di utilizzo
del 75%, cosa che non accadeva
dall’estate 2008. Yahoo aveva
già effettuato un balzo a dicembre, quando era passato da una
quota dll’8,6% in novembre al
10,4%. Questo incremento era
in qualche modo atteso proprio
per via dell’uscita della nuova
versione di Firefox con Yahoo
come default. Quello che gli analisti si aspettavano, però, era per
il mese successivo un ritorno di
molti utenti a Google e invece il
trend positivo di Yahoo non si è
fermato e ora ha chiuso il primo
mese del 2015 con una quota del
10,9%. Aggiungiamoci anche un
+0,3% da novembre per Bing e
Google scende al 74,8%. Restringendo il campo a solo chi usa il
browser di Mozilla, Yahoo ha fatto
un balzo del 18,4% da novembre
a oggi, tutto a scapito di Google,
e con un aumento di quasi il 4%
solo da dicembre a gennaio.
Viceversa, escludendo gli utenti
Firefox, le statistiche sono rimaste
pressoché invariate. Ciò a quanto
pare è la dimostrazione che conquistare la posizione di motore
di ricerca predefinito su uno dei
browser più utilizzati, è una strategia che paga. Mozilla ha siglato
l’accordo con Yahoo attualmente
solo per gli Stati Uniti, mentre in
Europa, per il momento, Google
continua a rimanere il motore di
ricerca di default.
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
MERCATO L’azienda chiude il trimestre facendo registrare il miglior bilancio di sempre
Apple da record: è una macchina da soldi
I numeri sono impressionanti: 74,5 milioni di iPhone venduti e 18 miliardi di dollari di utile
N
di Roberto PEZZALI
on c’è spazio per nessuno: c’è
chi piange parlando di mercato
in contrazione per gli smartphone
di fascia alta, di impossibilità di guadagnare e di vendite ormai direzionate ai
prodotti più economici, e chi invece ride
e continuerà a farlo per molto. Apple è
una macchina inarrestabile e chiude il
trimestre con il record di tutti i tempi, guidato da quell’iPhone 6 Plus che all’inizio
sembrava un errore. Sono 74,5 milioni gli
iPhone venduti, 10 milioni in più del previsto e più del triplo di tutti gli smartphone
di fascia alta venduti al mondo, segno
che sopra i 500 euro c’è un solo marchio che riesce a vendere bene. Apple
ha guadagnato molto di più dello scorso
anno, merito anche di un prezzo medio
di 50 dollari più alto rispetto al modello
dello scorso anno e del doppio modello, con margini di profitto pari al 39,9%. Il
fatturato trimestrale di Apple ha toccato i
74,6 miliardi di dollari, con un utile netto
di 18 miliardi di dollari, una crescita enorme se paragonata ai 57,6 miliardi dello
scorso anno. Pesano molto Cina, India e
gli altri paesi: il 65% del fatturato infatti
arriva dall’estero, anche se Apple tiene
ancora in mano il mercato Usa.
Se gli iPhone hanno fatto il botto,
Mac e iPad mantengono le promesse:
5.5 milioni di Mac venduti e 21.4 milioni
di iPad hanno eguagliato le stime degli
analisti. Il futuro per Apple sembra ancora più roseo, non tanto per Watch, che
uscirà ad aprile ed è al momento una
incognita, quanto per Apple Pay: solo in
America con 750 banche e enti finanziari
associati Apple sta gestendo due dollari ogni 3 spesi per acquisti contactless.
Tutto lascia pensare che il mondo dei pagamenti in mobilità, dopo lo Store, sarà il
prossimo terreno fertile di Apple.
Scendono ancora i profitti per Samsung
Divisione mobile in calo del 60%, per risollevarsi Samsung scommette sul Galaxy S6
S

amsung ha pubblicato la solita
trimestrale con numeri “enormi”
relativi a ricavi e profitti, ma che
in realtà mostra un calo significativo
rispetto allo scorso anno, soprattutto a
causa di una divisione mobile vacillante. Samsung ha infatti annunciato ricavi
per 52,73 trilioni di won (42 mld EUR) e
un utile operativo di circa 4,2 mld EUR,
numeri che da un lato dimostrano lo
stato di salute del colosso coreano, ma
dall’altro anche una flessione importante rispetto ai 59,28 e 8,31 trilioni dello
scorso anno. Parliamo infatti, sui nume-
torna al sommario
Con 59,1 milioni
di smartphone venduti
nel 2014, il bilancio
del colosso coreano è
notevole: profitti per
475 milioni di dollari
di Michele LEPORI
MERCATO Samsung dichiara un ulteriore calo dei profitti rispetto agli anni precedenti
di Emanuele VILLA
LG a gonfie vele
trainata dagli
smartphone
ri di ricavi e profitti, di una contrazione
del 36% e dell’11% rispettivamente. Inoltre, il profitto netto è in costante calo
negli ultimi 4 trimestri.
Il fiore all’occhiello della trimestrale
Samsung è senza dubbio la divisione
dei semiconduttori che ha generato profitti per 2,7 trilioni di Won nel trimestre
(2,1 mld EUR, il miglior risultato in più di
4 anni) e dalla quale l’azienda si aspetta risultati eccellenti anche nel 2015. La
domanda di memorie è cresciuta mentre quella dei PC è rimasta stabile, e in
tutto questo gli SSD mantengono una
posizione di spicco. In questo segmento peserà senza dubbio la decisione
di Samsung di
puntare sempre
più sui propri
componenti (leggasi, chip e memorie) per i suoi
prodotti mobile,
che pur in calo
rappresentano
sempre il core
dell’offerta
(e
del bilancio) del produttore coreano.
Inoltre, si vocifera che Samsung diventi
il principale fornitore di chip A9 per il
prossimo iPhone, ma per il momento
nessuno conferma la cosa. Il problema
è la divisione mobile. Samsung ha dichiarato un ricavo complessivo di 26,29
trilioni di Won (21 mld EUR) e un profitto
di 1,96 trilioni Won, il che rappresenta
un calo di più del 60% rispetto ai 5,47
trilioni Won dello scorso anno. E tutto
questo nonostante le vendite di Note
4 pare non vadano affatto male: presumibilmente in questo risultato pesano
molti fattori, tra cui un Galaxy S5 non
all’altezza delle aspettative (in termini
di vendite), la concorrenza spietata in
tutte le fasce di mercato, con Apple che
dal canto suo dichiara la miglior trimestrale di sempre. Samsung, dal canto
suo, pensa di riportare la divisone alla
crescita tramite prodotti basati su “nuovi materiali, un design innovativo e feature esclusive”. Non possiamo sapere
se Galaxy S6 sarà in grado, da solo, di
riportare Samsung ai vecchi fasti, ma di
sicuro sarà determinante.
474,81 milioni di dollari di profitto netto, + 125% di crescita anno
su anno e un totale di 59,1 milioni di smartphone venduti, +24%
rispetto al 2013: questi numeri
sono quanto di buono fatto da
LG nel corso dello scorso anno.
Una crescita importante che lascia il segno, sia che la si compari con i risultati di LG nel 2013
sia affiancando questi numeri a
quelli della concorrenza. A bilancio, però, ci vanno anche delle
voci di perdita e quella più importante segna un -189,41 milioni
di dollari alla voce chiusura della
linea Plasma. Nonostante ciò, la
divisione Home Entertainment
fa anch’essa registrare un buon
risultato, con tanto di +31% nel
profitto d’esercizio rispetto allo
scorso anno: parliamo di circa
480 milioni di dollari US. I risultati della sola LG mobile dichiarano vendite per 14,26 miliardi
equivalenti ad un +16% rispetto
allo scorso anno, mentre se ci
limitiamo al solo - redditizio - Q4
il segno positivo è del 5%, pari a
3,48 miliardi di dollari. Ma LG non
vuole dormire sugli allori ed è
consapevole che il 2015 sarà un
anno pieno di sfide, con la competizione nel settore smartphone
pronta a farsi davvero agguerrita
specie nel mercato cinese. LG si
concentrerà sul consolidamento
del marchio, sul contenimento
degli sprechi e su alcuni mercatichiave, così un portavoce LG sulle linee-guida che tracceranno la
strada nel 2015.
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
MERCATO In un’intervista al Messaggero, l’AD di Telecom Italia ha annunciato il progetto
Telecom: 1 miliardo per l’ultrabroadband al Sud Motorola
rivede la luce
La banda ultralarga verrà estesa al Centro e al Sud Italia; tempi di realizzazione brevi
G
di Emanuele VILLA
razie a un investimento da
1 miliardo di euro, Telecom Italia
punta a cablare il Sud Italia e il
Centro-Sud intensificando la presenza della banda ultralarga in Calabria,
Basilicata, Molise, Puglia, Lazio, Sicilia
e Campania. L’ha dichiarato l’AD di Telecom Italia Marco Patuano in un’intervista al Messaggero, ricordando che
l’azienda ha vinto i bandi per lo sviluppo e la diffusione del broadband in tutte le regioni citate.
Il progetto è co-finanziato con Fondi
Europei (Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR)) e verrà ripartito in due
aree principali, quella delle infrastrutture (che riceverà oltre 500 milioni) e
quella dei servizi necessari per portare
nelle case degli italiani la banda larga
con velocità tra 30 e 100 mb/s. Si stima che l’operazione porterà la banda
ultralarga a circa 10 milioni di persone.
In attesa della presentazione del nuovo
piano industriale (19 febbraio), le tempistiche previste fanno ben sperare: secondo Patuano, infatti “Si tratta di investimenti che saranno operativi in tempi
brevissimi. L’operazione sara’ chiusa
entro metà 2016. La prima regione a
essere ultimata sarà la Campania, entro fine anno”. Grazie al Jobs Act, inoltre, Patuano (che ha indirizzato parole
di apprezzamento nei confronti dell’operato del Governo Renzi) prevede
l’assunzione di 4.000 lavoratori in forma diretta e la creazione di altrettanti
posti di lavoro in modalità indiretta.
Lenovo quando decise di acquistare Motorola da Google per quasi
3 miliardi di dollari aveva un progetto
ben strutturato, i cui primi frutti si
vedono oggi. Lenovo ha comunicato di aver distribuito 10 milioni di
smartphone nel corso dell’ultimo trimestre 2014 (l’acquisizione è avvenuta a ottobre), facendo schizzare verso
l’alto le entrate (oltre 1,9 miliardi di
dollari) e facendo segnare un +118%
rispetto alle rilevazioni dell’anno precedente. Secondo Lenovo, Motorola
tornerà ad avere un bilancio in nero
nell’arco di 12-18 mesi. Il merito però
non sarebbe tutto di Lenovo: l’opera
di risanamento avviata da Google a
inizio 2012 e continuata da Lenovo
sarebbe alla base dell’attuale momento roseo di Motorola. Il resto è da
attribuirsi ai buoni dispositivi usciti in
questi ultimi 24 mesi: si pensi ai vari
Moto E, Moto G e Moto X. Il prossimo
passo sarà quello di rientrare nel
mercato cinese.
MERCATO L’impianto che doveva produrre il vetro in zaffiro per iPhone 6 sarà riconvertito
Apple converte la fabbrica di zaffiro in data center
MAGAZINE
Estratto dal quotidiano online
www.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milano
n. 416 del 28 settembre 2009
direttore responsabile
Gianfranco Giardina
editing
Claudio Stellari, Simona Zucca,
Maria Chiara Candiago,
Alessandra Lojacono
Editore
Scripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 Milano
P.I. 11967100154
Per informazioni
dday@dday.it

Per la pubblicità
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L’energia necessaria al funzionamento del data center sarà prodotta da fonti rinnovabili
B
di Andrea ZUFFI
loomberg riporta una notizia secondo cui Apple avrebbe deciso
di investire 2 miliardi di dollari per
la riconversione di un proprio impianto
produttivo in Arizona precedentemente
destinato alla realizzazione di display
anti-graffio in zaffiro.
Alla base della decisione ci sarebbe la
mancata adozione degli schermi in zaffiro su iPhone 6 che, lo scorso ottobre
ha portato alla bancarotta GT Advanced Technologies. La società, di cui
ora Apple è proprietaria, non avrebbe
infatti rispettato gli accordi e avrebbe
consegnato a Apple schermi allo zaffiro
di qualità non idonea a essere impiegati
sull’ultima versione di iPhone. Invitiamo
comunque a leggere tutta la vicenda
nel nostro precedente articolo Insieme
alla tecnologia allo zaffiro sembrava fallito anche il tentativo di riportare negli
Stati Uniti una parte della produzione
di dispositivi, ma Apple ha comunque
deciso di utilizzare l’edificio da 100.000
mq di Mesa (vicino a Phoenix, AZ) come
sede di un proprio data center che servirà da centro di comando per il network
della casa di Cupertino. Saranno così
creati 150 nuovi posti di lavoro e saranno impiegate 300 - 500 persone per la
realizzazione del data center stesso.
“Ho avuto l’impressione che Apple volesse fare la cosa giusta e siamo entusiasti che abbia deciso di farlo qui in
Arizona” - ha dichiarato il governatore
Doug Ducey”.
L’energia necessaria a far funzionare
il nuovo data center sarà interamente
prodotta da fonti rinnovabili proveniente anche da una imponente installazione di pannelli solari in grado di fornire
energia anche a 14.500 abitazioni presenti nella zona.
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
TV E VIDEO Ripetuto l’errore marchiano compiuto da “Il Fatto Quotidiano” nei giorni scorsi e ampiamente segnalato da DDAY.it
Travaglio e DVB-T2, errore bis a Servizio pubblico
Lettera aperta del nostro direttore a Marco Travaglio: il rinvio dell’obbligo DVB-T2 non ha nulla a che vedere con Mediaset
C
di Gianfranco GIARDINA

arissimo Travaglio,
nel suo seguitissimo editoriale all’interno
della trasmissione TV “Servizio Pubblico”
dello scorso 29 gennaio, ha ritenuto di reiterare
l’incredibile svista nella quale è incappato “Il Fatto
Quotidiano” di domenica 25 gennaio, il quotidiano
dal lei condiretto. Come DDAY.it aveva già ben chiarito prima a novembre 2014 e poi la vigilia di Natale,
dopo l’approvazione del decreto Milleproroghe, il rinvio dell’obbligo DVB-T2 riguarda i televisori e non le
frequenze o le trasmissioni; e nulla ha a che vedere
con la destinazione della banda dei 700 MHz, decisione che è in capo all’Europa. Chi volesse trasmettere nel digitale di seconda generazione potrebbe
farlo sin da subito; ma soprattutto nessun Governo
di nessun colore in questi anni ha mai neppure lontanamente progettato uno switch off al DVB-T2 (francamente impensabile) né fissato nessuna data per il
passaggio “di legge” alle nuove trasmissioni. Lei invece ha equivocato, come il suo giornalista qualche
giorno fa, facendo quella che non ho timore a chiamare cattiva informazione. Nei giorni scorsi, l’errore
del suo giornale è stato chiaramente segnalato da
DDAY.it e ampiamente notificato via Twitter al Fatto e
all’autore dell’articolo di prima pagina. Non le elenco
qui i motivi per i quali il rinvio dell’obbligo DVB-T2,
che non ha nulla a che vedere con Mediaset, era ampiamente richiesto dagli operatori informati e anche
dalle associazioni dei consumatori: di questo ho già
torna al sommario
scritto in diverse occasioni e se avrà modo e tempo potrà prenderne visione (qui e qui, per esempio). L’Italia, non le sarà sfuggito, è in fondo a tutte
le classifiche dei paesi sviluppati in quanto ad alfabetizzazione digitale; il mercato dell’elettronica
di consumo italiano, nello specifico, ha il peggior
mix di prodotto tra tutti i paesi europei e questo,
non solo per la condizione economica nazionale
ma in larga parte per la scarsa preparazione degli
utenti nel saper valutare la portata delle innovazioni tecnologiche. L’Italia ha bisogno di
buona informazione in ambito tecnologico, anche e soprattutto da parte
dei mezzi generalisti; una buona preparazione sul digitale che, tra l’altro,
è un fattore chiave – come ormai è
chiaro a tutti - che non riguarda più
solo gli “appassionati” ma chiunque
voglia avere nel ventunesimo secolo
un ruolo attivo in un mondo del lavoro. In molti si aspettavano da parte
de Il Fatto Quotidiano una rettifica,
anche in forza della nota emessa dal
Viceministro Giacomelli prima ancora che del nostro articolo, ma nulla è
successo. Ora, non solo non ci sono
state correzioni di tiro, ma l’errore
viene reiterato addirittura in una
seguitissima trasmissione TV, e da
un giornalista autorevole come lei. I
casi sono due: o non è stato affatto
informato dalla sua squadra della
“topica” sulla prima pagina del Fatto
di domenica scorsa, e allora dovrebbe chiedere conto a chi tra i suoi, per
nascondere qualche svista professionale, la espone a brutte figure come
quella in questione; oppure – ma ri-
video
lab
Marco Travaglio
Editoriale a “Servizio Pubblico”
sulta davvero difficile crederlo – sapeva e, visto che
poi si tratta di “tecnicismi” che il grande pubblico
non segue, ha pensato che comunque potesse farle
gioco gridare ancora una volta a uno scandalo che
– almeno questa volta – non c’è. Un’interpretazione
originale da parte sua credo sarebbe assai gradita
dall’opinione pubblica. In ogni caso, un peccato: basta una sola balla in mezzo a molte verità per far derubricare tutto come “falso e tendenzioso”. E quella
sul digitale terrestre da lei raccontata – mi creda – è
una balla al di là di ogni fantasia interpretativa.
Noi di DDAY.it siamo al servizio della buona informazione in ambito tecnologico finalizzata alla costruzione di un mercato più sano, a vantaggio di consumatori e Paese. In questo senso, le rinnovo l’invito, già
fatto alla sua redazione: siamo a sua disposizione
(come in passato è già successo con molte redazioni
generaliste) per rispondere ad eventuali domande
su questioni legate al mondo digitale, laddove nello
svolgere la sua attività di informazione, vi si imbattesse.
Cordiali saluti
Gianfranco Giardina
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
TV E VIDEO Emergono i dettagli del primo TV piatto OLED in arrivo sul mercato europeo
LG EF950V: può diventare il TV dell’anno
Completo e con pannello ad alta luminosità a 10 bit, arriverà nella seconda metà del 2015
S
di Roberto PEZZALI
egnatevi il nome: LG EF950V,
OLED 4K e schermo piatto. Quando abbiamo mostrato i TV OLED
che arriveranno nei negozi nel corso
dell’anno l’attenzione è caduta sul bellissimo TV piatto Flat Art Slim Design, con
soundbar wireless e linea super sottile.
Per questo modello si dovrà attendere
qualche mese (seconda parte dell’anno),
ma LG ha un’altra freccia al suo arco. Ci
sarà infatti in Europa un secondo modello piatto, l’EF950V, versione “raddrizzata” dell’EG9600 (o EG960V): sarà un TV
flat di tutto rispetto con una buona quantità di feature, a partire dal processore
video a 8 core per arrivare al pannello
a 10 bit e 100 Hz sempre realizzato con
tecnologia WRGB. LG ha lavorato molto
sul pannello e pare sia riuscita a ottenere
una luminosità di picco molto più alta di
quella degli attuali OLED: i primi dati parlano infatti di 800 cd/m2, un valore notevole per un OLED e proprio per questo
sembra che sia stata inserita anche una
modalità simil HDR. Non ci sarà, sempre
che in queste settimane non vengano
apportate modifiche, la gestione dello
spazio colore Rec.2020 dell’Ultra HD: è
proprio questa mancanza ad aver bloccato l’ingresso degli OLED UHD nella
Telesystem
lancia due
decoder DVB-T2
(ma senza HEVC)
Il TS7701 T2HD sarà
compatibile Infinity
e Premium Play
e sarà anche uno
dei primi ad avere
il tuner DVB-T2
Manca, tuttavia,
il decoder HEVC
di RoberTo PEZZALI
Ultra HD Alliance. Quella dello spazio
colore Rec.2020 sembra l’unica assenza degna di nota, perché per il resto il
TV ha molti punti a suo favore: per la
connettività infatti sono presenti HDMI
2.0 con HDCP 2.2 e MHL 3.0, a bordo
ci sono bluetooth e Wi-fi e non mancano DLNA, Plex, accesso al cloud per lo
streaming e WiDi Intel oltre ovviamente
a MHP e supporto Tivusat. LG ha anche
rivisto interamente WebOS: la nuova versione gestisce riconoscimento vocale e
gestuale (la camera è esterna) e pare sia
stato aggiunto anche un server per la
condivisione delle registrazioni fatte con
il PVR usando il doppio tuner DVB-T2 e
DVB-S2. Completa la compatibilità per i
formati file, sia da rete sia da USB: MKV
4K HEVC, VP9, MP4 4K HEVC, DivX HD,
TS, AVI, MP4, MP3, WMV e WMA, AAC
e DTS saranno supportati, il tutto con
sottotitoli esterni. Come per gli altri TV
LG 2015 ci sarà la possibilità di controllo
con app iOS, Android e Windows Phone
e sarà supportato anche lo streaming
dei canali della TV. LG non ha ancora
definito il prezzo per questo modello,
ma lo aspettiamo nella seconda metà
dell’anno a circa 4500 / 5000 euro nella
sua versione da 55”. Molte delle caratteristiche, in ogni caso, saranno presenti
anche sui modelli curvi e sui modelli top
LED: chi compra un TV nel 2015 porta a
casa un TV all-inclusive.
TV E VIDEO Dalla Francia arrivano indiscrezioni sui prezzi dei nuovi TV Samsung S-UHD
Samsung, i possibili prezzi della gamma TV S-UHD
Chi deve acquistare un nuovo
decoder per il digitale terrestre
oggi può scegliere un modello
DVB-T2: Telesystem ha infatti inserito a listino i due nuovi
TS6700 T2HD e TS7701 T2HD,
due modelli di decoder dotati di
tuner di nuova generazione. Paradossalmente la presenza del
tuner next gen è la cosa meno
interessante dei due decoder:
l’assenza di HEVC e di trasmissioni DVB-T2 rende infatti inutile
questa funzionalità in Italia.
Si parte da 1790 euro; il top di gamma Full LED arriverà solo in tagli grossi, superiori ai 65”
di Roberto PEZZALI
S

amsung lavora a ritmi serrati per
portare la serie S-UHD in Europa.
Abbiamo ricevuto la conferma
che in Italia arriveranno le tre serie viste a Las Vegas, con il top di gamma
torna al sommario
JS 9500 dotato di pannello Full LED a
10 bit e di HDR. Samsung comunque
non avrà solo la gamma S-UHD: resterà una line up di TV HD e UHD piatti
e curvi che andranno a coprire la fascia media del mercato. Dalla Francia
arrivano intanto le prime indiscrezioni
di prezzi della nuova
gamma, difficile dire
se i modelli saranno
gli stessi di quelli italiani, ma solitamente
i prezzi sono allineati
tra le filiali europee.
Samsung quest’anno
cercherà di tenere,
almeno sulla gamma
alta, una fascia di
prezzo “protetta” per
evitare una svalutazione rapidissima
dei prodotti. Quello che potrebbe non
piacere agli appassionati è la scelta
di tagli molto grandi per la serie top,
quella dotata di illuminazione Full LED:
si partirà infatti dal 65” e non ci sarà il
classico 55”, previsto solo in versione
Edge LED.
Ecco di seguito i primi prezzi francesi,
ancora da confermare:
• Samsung UE48JU7500: € 1790
• Samsung UE55JU7500: € 2290
• Samsung UE65JU7500: € 3990
• Samsung UE78JU7500: € 9990
• Samsung UE48JS9000: € 2790
• Samsung UE55JS9000: € 3290
• Samsung UE65JS9500: € 5990
• Samsung UE78JS9500: € 9990
• Samsung UE88JS9500: € 24.990
Il modello 6700 è il modello
base con una sola funzionalità
aggiunta, ovvero la registrazione su porta USB che può essere
usata anche per riprodurre files
multimediali. Più interessante lo
“smart box” TS7701: è sempre
DVB-T2 (privo di HEVC) ma è dotato di porta di rete, è MHP e permette l’accesso ad applicazioni
come Infinity e Premium Play. La
presenza della rete, inoltre, permette la fruizione di contenuti
anche con client DLNA. Il TS7701
è in vendita a 99 euro, mentre
il TS6700 costa 49 euro.nti prospettive future.
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
TV E VIDEO In anteprima le caratteristiche di alcuni modelli di TV LG in arrivo quest’anno
LG: ecco la gamma di TV LED 4K per il 2015
Prezzi in discesa, ma per LG si tratta di modelli di fascia media e medio alta: al top c’è l’OLED
C
di Roberto PEZZALI
hi comprerà un TV nel 2015 farà
sicuramente un affare: i prezzi
sono in caduta libera e, soprattutto in casa LG, l’arrivo dell’OLED comprimerà ulteriormente la gamma media
che offrirà, quindi, ad un prezzo molto
interessante tutte le features che ormai
ci si aspetta da un top di gamma. La linea italiana è ancora in fase di definizione, ma siamo riusciti a capire quali
saranno alcuni dei modelli che arriveranno da noi e come si posizioneranno.
La presenza di WebOS 2.0 e del pannello 4K è un comune denominatore,
così come l’integrazione di un decoder
DVB-T2 con HEVC: LG per differenziare
i modelli lavora su ColorPrime (il nome
scelto per la tecnologia Quantum Dots),
sull’audio harman/kardon e sul design.
La serie UF9500 sarà la top di gamma: pannello a 200 Hz, Color Prime,
WebOS 2.0 e un design super slim i
punti di forza, con una base che ricorda
molto quella dei TV OLED. Arriverà nei
tagli da 55” e 65”.
Un modello analogo, ma privo di Color
Prime e curvo, sarà disponibile con la
sigla UG8700 e, con design standard
(quindi niente pannello ultra sottile) sotto i nomi UF8600 e UF8500. Tra i questi due modelli cambiano soprattutto la
linea e le dimensioni: l’UF8600 infatti
sarà disponibile da 55”, 65” e 79”, ma
per i mercati europei potrebbe arrivare
anche qualche taglio più piccolo.
L’UF7700 sarà il TV da battaglia: pannello 4K, HEVC e WebOS 2.0 ad un prezzo
super aggressivo. L’assenza di dettagli
e caratteristiche precise dei nuovi TV
lascia trasparire come anno dopo anno
sia sempre più difficile realizzare una
line up con caratteristiche differenti,
come accadeva invece qualche anno
fa. La differenza è il design, con i modelli top che hanno un profilo davvero
sottile, ridotto a pochi millimetri.
Toshiba dice addio alla produzione di TV
La fabbricazione diretta verrà mantenuta solo per alcuni modelli di TV per il Giappone
T
di Paolo CENTOFANTI

torna al sommario
Panasonic si prepara ad
abbandonare il mercato
TV in Cina e pensa
di interrompere
le attività anche in USA
L’Europa per ora è salva
di RoberTo PEZZALI
TV E VIDEO Il brand sarà dato in licenza ad altri produttori, i partner saranno annunciati in aprile
oshiba ha annunciato la chiusura
della divisione TV almeno, per quanto riguarda il mercato internazionale:
continuerà a produrre televisori ma solo
per il Giappone. Le prime avvisaglie della
difficile scelta si erano avute alla vigilia del
CES di Las Vegas, quando Toshiba aveva
annunciato l’uscita dal mercato nordamericano. In futuro ci saranno ancora TV
marchiati Toshiba, ma saranno prodotti da
aziende terze con diritto di sfruttamento
del brand in licenza, una strada seguita
negli ultimi anni da altri marchi (si pensi
ai vari Telefunken, Grundig, Normende,
ma anche JVC, Thomson e, ultima in or-
Panasonic
Basta TV
in Cina e USA
dine di tempo, Sharp per quanto riguarda
l’Europa). Il primo produttore a utilizzare
il marchio Toshiba sarà Compal Electronics, azienda con base a Taiwan, che ha
acquistato i diritti per gli Stati Uniti e che
comincerà a commercializzare i primi
prodotti già a marzo. Per conoscere chi
produrrà TV a marchio Toshiba in Europa occorrerà aspettare aprile 2015. Con
l’uscita di scena di Toshiba, a mantenere
alta la bandiera dei TV “made in japan”
a livello internazionale sono rimaste solo
Panasonic e Sony, con quest’ultima, tra
l’altro, in fase di valutazione di un’eventuale vendita della sua divisione TV. C’è
da dire che Toshiba negli ultimi anni
aveva inanellato una serie di passi falsi.
Il suo disco HD DVD perse contro il Bluray Disc, investì tantissimo nella Cell TV,
prodotto che anticipò l’era delle smart TV
ma che non decollò mai, per poi tentare
il tutto per tutto con il 3D senza occhiali,
tecnologia che fu travolta dal flop generalizzato delle tre dimensioni.
Panasonic è pronta a ridimensionare ulteriormente il segmento
TV: a giorni infatti è attesa la trimestrale e secondo alcuni media
giapponesi Panasonic potrebbe
dare un ulteriore giro di vite al
rubinetto TV, che ancora perde
nonostante l’eliminazione dei TV
al plasma dalla line up. A farne le
spese saranno il mercato cinese,
dove Panasonic cederà il brand
a produttori locali in cambio di
royalties, e quello americano,
anche se quest’ultima ipotesi è
ancora da confermare.
Nel corso di una intervista ad
un quotidiano inglese Craig
Cunningham, product manager
dei TV Panasonic per l’Inghilterra, ha infatti dichiarato che Panasonic America vende meno TV
di Panasonic UK, e questo dopo
l’abbandono del plasma: gli americani erano innamorati (come
tutti) di questa tecnologia e hanno voltato le spalle a Panasonic,
preferendo altri brand in campo
LCD LED.
Panasonic potrebbe annunciare
nei prossimi giorni la chiusura
della fabbrica messicana, che
produce circa 500.000 TV all’anno. L’Europa al momento sembra
salva, ma ormai è chiaro che il
TV per Panasonic non è più una
priorità: molto meglio le batterie
delle Tesla, sia per i maggiori
guadagni che per le più allettanti
prospettive future.
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
TV E VIDEO Rilanciato il servizio di registrazione dei programmi TV in cloud: sarà la volta buona?
È tornato VCast, il videoregistratore online
Si gestisce da web, i programmi vengono salvati come file nello spazio cloud degli utenti
Il sistema è ben fatto, ma mancano ancora molte funzioni e resta l’ombra sulla sua legalità
di Roberto PEZZALI
I
l videoregistratore “cloud” VCast è
pronto al rilancio. Dopo qualche piccola controversia negli anni passati
(VCast non piaceva a Mediaset) il servizio è ora disponibile in una forma completa e rinnovata con GuidaTV e tre livelli
di fruizione, due dei quali “Premium” da
3,99 euro e 4,99 euro. VCast è un videoregistratore “online”: scegliete quello
che volete registrare e automaticamente
il file verrà caricato su uno spazio cloud
a scelta tra Google Drive o One Drive.
Una possibilità che permette non solo
di guardare la registrazione in streaming
ma anche di scaricare fisicamente il file e
riprodurlo su un TV da chiavetta. VCast
al momento gestisce i canali in chiaro del
digitale terrestre e ha una serie di funzionalità dei recorder più evoluti come la
possibilità di registrare automaticamente
le Serie TV e di variare la qualità di registrazione e il tipo di file. Al momento
in cui l’abbiamo provato, molte funzioni
ancora non sono attive e lo saranno solo
nei prossimi mesi quando arriveranno
anche le app native. I profili di abbona-
mento sono legati quasi esclusivamente
alle ore di registrazione negli ultimi 30
giorni: la versione Free, con pubblicità,
offre 16 ore di registrazione che diventano 32 ore nella Premium e 64 nella
Premium Plus, che abilita HD a 720p per
i canali che ovviamente sono HD nativi.
Fino al termine della fase beta i profili
Premium e Premium+ sono acquistabili
in promozione rispettivamente a 25 e
30 euro annui e i 12 mesi di abbonamento decorreranno effettivamente solo da
quando Vcast chiuderà ufficialmente la
fase di beta testing. Resta da capire se
VCast resisterà, perché il nodo è sempre
legale: da una parte il servizio afferma
che si tratta di videoregistrazione privata
e senza scopo di lucro, tuttavia c’è una
differenza sostanziale tra VCast e altri videoregistratori quali possono essere un
DVD Recorder o un NAS con chiavetta
tuner. In questi ultimi casi infatti l’utente
paga il compenso SIAE che serve proprio a indennizzare gli autori della registrazione fatta per uso privato; VCast,
utilizzando il cloud, non sembra dare
compenso agli autori. Il servizio in ogni
caso è utile e interessante, peccato per
i limiti delle ore di registrazione; ricordiamo che un sistema simile è realizzabile
anche da un utente utilizzando un tuner
USB e un NAS Synology o Qnap.
TV E VIDEO Mediaset è pronta a lanciare la versione con Chromecast dell’app Premium Play
Premium Play: Chromecast è sempre più vicino
Potrebbe arrivare anche una sorpresa: basta esclusiva Samsung e app su Google Play
M
di Roberto PEZZALI

anca
poco
all’arrivo
di
Chromecast per Premium Play:
l’applicazione compatibile con
la chiavetta di Google è infatti pronta e
il lancio è solo questione di settimane,
il tempo di ricevere l’approvazione da
parte dei vari store. Con Chromecast,
come già successo con Infinity, si potrà
portare Premium Play su tutte le TV non
compatibili al costo della sola chiavetta
HDMI, in vendita a 35 euro nei principali
negozi. Chromecast per funzionare ha
bisogno ovviamente di iOS e Android, e
nel caso di Android come sappiamo, al
momento è disponibile solo l’applicazione per tablet Samsung Galaxy Tab.
Premium, scaduto l’accordo commerciale con Samsung, è pronta a lanciare l’app
universale su Google Play Store anche
se non sappiamo, al momento, se il lan-
torna al sommario
cio avverrà contestualmente alla release della compatibilità Chromecast o se
si dovrà attendere ancora. La questione,
in questo caso, è legata alla compatibilità con i dispositivi presenti sul mercato:
nel panorama Android sono presenti ormai un numero altissimo di piattaforme
per tablet e il sistema di protezione dei
contenuti usato da Mediaset dev’essere
compatibile con tutte. Proprio per questo Mediaset sta prendendo un po’ di
tempo per assicurarsi che Premium Play,
su Android, vada senza problemi sia su
device ARM sia su device con SoC Intel,
sempre più diffusi grazie alla spinta di
HP e Asus.
Apple ci prova
ancora: in arrivo
una Web TV
fatta in casa?
Tim Cook sarebbe
al lavoro per convincere
le emittenti USA
a concedere alcuni
show a una nuova
Web TV. Apple è pronta
ad entrare in questo
nuovo mercato?
di Vittorio Romano BARASSI
Secondo quanto riportato da
Re/Code, Apple starebbe lavorando per lanciare una nuova
Web TV a pagamento da mettere in diretta concorrenza (in
USA) con Sling TV di Dish e con
il prossimo servizio analogo che
verrà offerto da Sony. I colloqui
gli operatori e produttori di contenuti sarebbero già avviati da
tempo e nei prossimi mesi potremmo assistere al lancio della
piattaforma.
L’intenzione di Apple di entrare
in questo segmento è nota da
molto tempo ma, finora, tutti i
tentativi fatti in questa direzione
sono risultati di scarso appeal.
Nel 2009 Apple provò ad offrire
ai suoi clienti un servizio in abbonamento (basato su iTunes)
a 30 dollari al mese e nel corso
degli ultimi anni, in diverse occasioni, ha provato a percorrere
strade simili ma senza particolare convinzione. Il 2015 potrebbe essere l’anno della svolta:
Tim Cook & Co, infatti, starebbero da tempo discutendo con produttori di serie TV, film ed eventi,
così da scavalcare i classici ostacoli - soprattutto economici - derivanti dalle discussioni con i vari
Network televisivi. Al momento si
tratta solamente di un rumor che
come tale va preso con le pinze,
ma l’eventuale entrata di Apple
nel mondo della televisione
(americana) potrebbe rappresentare una svolta. Vista la complessità della questione (intorno ai diritti TV c’è un business enorme)
è peraltro probabile che il debutto non sia poi così prossimo.
Staremo a vedere...
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
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ENTERTAINMENT Sky ha iniziato a trasmettere la serie TV House of Cards sul canale 27 del DT
SkyTG 24 è un cavallo di Troia: arrivano le serie TV
A seguire arriverà anche un’altra serie TV: a marzo infatti è atteso Romanzo Criminale
di Roberto PEZZALI
ky TG 24 è arrivato sul digitale terrestre, ma non sarà un canale allnews. Le regole infatti imposte dal
ministero dello Sviluppo Economico per
i canali semigeneralisti prevedono una
copertura con le news inferiore al 70%
del palinsesto giornaliero complesso in
onda, quindi se Sky vuole restare nella
posizione in cui è deve trovare altro da
trasmettere. E lo ha trovato: Sky TG 24
infatti, nonostante il nome, ha iniziato a
trasmettere in chiaro le serie TV. House
of Cards, l’acclamato thriller politico che
ha spopolato negli Usa, per la prima volta visibile in chiaro sul canale 27 l’8 febbraio e quindi tutte le domeniche alle 21,
con replica il sabato successivo alle 23.
Un’ottima novità che segna la nuova tendenza cross platform di Sky: l’obiettivo è
raggiungere il maggior numero di perso-
Mediaset Premium
si prepara a rivedere
l’offerta e i suoi servizi
in vista del prossimo
anno. La Champions sarà
il piatto forte da servire
in esclusiva. Si punta
sulla qualità, dando
spazio a nuovi canali HD
S
di Roberto FAGGIANO
ne sfruttando tutti i mezzi a disposizione
e il digitale terrestre è uno di questi. La
prima stagione di House of Cards sarà
trasmessa su Sky TG 24 in attesa che, in
esclusiva per gli abbonati a Sky, prenda il
via su Sky Atlantic la terza serie. Sky non
si fermerà però qui: a fine marzo inoltre,
il canale 27 del DTT trasmetterà anche
Romanzo Criminale – La Serie. E pare
sia solo l’inizio.
ENTERTAINMENT Telecom Italia rilancia il servizio di video in streaming evoluzione di CuboVision
Telecom scommette sullo streaming con TIMvision
Il servizio multi piattaforma Telecom ha ora un catalogo che si arricchisce di nuove esclusive
T
di Paolo CENTOFANTI

elecom Italia rinnova la sua intenzione di diventare uno dei
principali protagonisti della scena
dello streaming italiano, rilanciando
il suo servizio TIMvision. Evoluzione
dell’esperienza pionieristica di CuboVision e dopo una fase un po’ incerta,
Telecom ha lanciato una nuova versione del servizio di streaming che vede
una nuova veste grafica e maggiori
investimenti sul fronte dei contenuti. I
dati sembrano dar ragione alla strada
intrapresa da Telecom Italia, visto che il
2014 ha visto TIMvision in forte crescita:
la base utenti è cresciuta del 64% anno
su anno raggiungendo quota 260.000
abbonati, che utilizzano anche molto
di più il servizio, con il doppio di visualizzazioni rispetto all’anno precedente.
A piacere di più agli utenti di TIMvision
sono soprattutto le serie TV (+310%)
e la programmazione per i più piccoli
(+340%), motivo per cui Telecom Italia
intende espandere il proprio catalogo
proprio in questa direzione e giocando
ancora di più sulle esclusive. Nei primi
mesi del 2015 arrivano su TIMvision la
torna al sommario
Mediaset Premium
per la Champions
più canali HD
nuova serie
Intruders
(da uno dei
principali
produttori
di
X-Files)
e soprattutto la
conclusione
dell’ultima stagione di Mad Man, di
cui sono disponibili anche tutti gli
episodi. L’offerta di TIMvision continua a essere declinata su più fronti,
con da una parte lo streaming illimitato di TIMvision TV, attualmente in
promozione a 5 euro al mese per gli
abbonati Telecom Italia che si registrano entro fine marzo 2015 (ma ci sono
offerte simili anche per chi si abbona
da app per smartphone e tablet), dall’altra il classico Videostore per il noleggio e l’acquisto delle ultime novità.
TIMvision resta nel panorama italiano
anche l’unico a offrire dei contenuti
gratuiti fruibili senza abbonamento, in
particolare con la catch up TV di RAI,
La7 e MTV Italia. L’asso nella manica di
Telecom Italia continua a essere però
il calcio, grazie a un accordo con Sky
Italia, con le partite della Serie A e di
Champions League disponibili però
unicamente da smartphone e tablet e con un abbonamento a parte.
TIMvision è aperto a tutti e non solo ai
clienti di Telecom Italia o TIM, anche
se quest’ultimi hanno degli innegabili
vantaggi come il decoder in comodato
gratuito, la fatturazione in bolletta di
abbonamenti e acquisti sullo store e
soprattutto il traffico dati gratuito per
l’utilizzo dell’app TIMvision da rete
cellulare TIM, cosa che (finché è lecita
in assenza di norme specifiche sulla
neutralità) rende il servizio di Telecom
maggiormente sfruttabile in mobilità
rispetto a Infinity o Sky Online. TIMvision è disponibile per tutte le principali
piattaforme: web, Smart TV Samsung
ed LG, smartphone e tablet Android,
iOS e Windows Phone 8.
Dal prossimo anno Mediaset Premium, salvo cambi di programma
degli ultimi mesi, avrà la Champions
League in esclusiva. Un evento
questo che di fatto spinge (e costringe) l’emittente pay a rivedere
interamente i suoi piani e le sue
strategie, con la necessità di fornire
una offerta adeguata anche a coloro che migreranno da Sky proprio
per vedere il grande calcio. Mediaset ad oggi non è un modello da
seguire per l’alta definizione, anzi:
Premium Cinema HD e Premium
Calcio HD sono gli unici canali HD e
questo ovviamente non può bastare se si vuole proporre una offerta
dignitosa in vista della Champions.
Il digitale terrestre non ha lo spazio
e la banda del satellite, pertanto
sarebbe impossibile proporre una
offerta calcio interamente in HD,
tuttavia a Cologno Monzese si sta
lavorando per portare più canali in
alta definizione rivedendo interamente l’offerta. Ad oggi non siamo
in grado di dire esattamente cosa
cambierà e quanti saranno i canali
HD in arrivo: la nuova “Premium”
verrà presentata quest’estate e
voci di corridoio parlano di una revisione globale che porterà non solo
a miglioramenti qualitativi e dell’offerta ma anche ad una revisione del
servizio interattivo Premium Play.
Aspettiamo impazienti.
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Infinity festeggia il primo anno alzando il bitrate dei contenuti HD. ll servizio arriverà presto anche sui TV Panasonic
Infinity: arrivano Super HD, app Tizen e Panasonic. E il 4K...
Parte del catalogo inizierà a beneficiare di un nuovo encoding a risoluzione più elevata. E si prepara l’app per TV Tizen
di Roberto PEZZALI
I
nfinity non sarà il servizio perfetto che
tutti desiderano (e che sicuramente
non esiste), ma è indubbio che l’azienda sta cercando costantemente di migliorare e andare incontro alle esigenze
di tutti, con un catalogo più ampio e titoli
anche più recenti. Esigenze che spesso
richiedono anche una maggiore qualità,
ed è per questo che sta per iniziare la
transizione a quello che viene definito
“super HD”, una versione meno compressa dell’HD. Nome che profuma molto di marketing, è chiaro, ma purtroppo
siamo consapevoli che un flusso a 720p
o 1080p in streaming non ha la stessa resa di un blu-ray (ma e neppure lo
stesso datarate). Infinity
sta iniziando
a sostituire i
master con
nuovi master
compressi
con qualità
più elevata,
anche se ricordiamo che
il sistema di
streaming adattivo modifica la qualità a
seconda della banda disponibili. Ad oggi
i titoli che sono già (o che lo saranno a
brevissimo) nel nuovo formato sono
questi:
• Gladiatori di Roma
• Tutta la saga “Il signore degli anelli”
• 10.000 A.C.
• The Bourne Ultimatum
• Repo men
• Vicino a te non ho paura
• Sole a catinelle
• Tarzan
• The Twilight saga
• Gattaca
• Cloud atlas
• Blood and bone
• La lista dei clienti
• Chelsea on the rocks
• Molto forte, incredibilmente vicino
• L’incredibile storia di Winter il delfino
•La furia dei Titani
• Provetta d’amore
• Un milione di modi per morire nel West
• Boxtrolls - Le scatole magiche
• Un’estate pazzesca
• Men, women & children
• Tutte le stagioni di Spartacus
• The night shift 1
• Weeds 6
• Hell on wheels 2 e 3
Arrivano novità anche sotto il profilo dei
dispositivi supportati: a breve infatti arriverà la compatibilità con i TV Panasonic
e in lavorazione c’è l’applicazione per i
nuovi TV Samsung Tizen. Tutto senza
però dimenticare il 4K: Infinity ci sta lavorando e ancora non c’è una data certa,
ma siamo certi che entro la fine dell’anno
lo streaming 4K sarà realtà anche in Italia, ovviamente per chi ha una banda in
grado di supportarlo.
ENTERTAINMENT Quasi tutti i film di uno dei più frequentati siti di film pirata in streaming sono ospitati da Google sui suoi server
I film di un noto sito di streaming pirata sui server di Google
Spazio e banda sono garantiti, ma la situazione, proprio per il coinvolgimento di “Big G”, è quantomeno imbarazzante
lucrare poi con la pubblicità. Il caso dei
124 siti di streaming oscurati dalla Guaron si può battere la pirateria senza dia di Finanza su denuncia di Sky, visibili
il grosso aiuto del burattinaio del nuovamente utilizzando DNS pubblici
web, Google, ma si hanno ancora come quelli di Google, dimostra che senmeno speranze se Google, anziché resta- za un impegno globale c’è davvero poco
re neutrale, dà implicitamente una mano da fare. Di Google e pirateria torniamo a
a coloro che allestiscono siti pirata per parlare dopo aver scoperto e analizzato
verybellofim.it (questo il titolo
di fantasia con il quale chiameremo questo sito, che abbiamo
volutamente oscurato). Si tratta
di un sito che sembra essere
uno dei più utilizzati oggi dai
fruitori di contenuti pirata per
guardare in qualità “HD” (solo
a parole) film recenti appena
usciti in sala. Un sito ben fatto,
tutt’altro che amatoriale, molto
frequentato a giudicare dalla
quantità di commenti; e anche
gestito con furbizia, se si guarda la quantità di film disponibili
e la quantità di pubblicità che
invoglia a premere “download”,
quando invece il download non
è possibile. Il legame tra VeryOttenendo il link del file è possibile scaricare
BelloFilm.it e Google non è
anche l’MP4: non solo streaming, anche download. difficile da scoprire: tutti i film
di Roberto PEZZALI

N
torna al sommario
sono
infatti
stati caricati su
Picasa come
video per poi
essere riprodotti tramite un
player HTML,
JWPlayer, dalle pagine del
sito. Gli indirizzi
delle schermate sono chiari:
a fornire questi film è la linea CDN di
GoogleVideo. La scelta di Picasa è ovvia:
non è presente il Content ID (il sistema
per controllare la presenza di contenuti
protetti da copyright) come su YouTube,
viene visto come un “cloud” privato e lo
spazio aggiuntivo costa relativamente
poco, 10 $ per 1 Terabyte. L’unica limitazione è la dimensione massima dei file,
1 GB, ed infatti tutti i film caricati sono
compressi per non superare la dimensione massima. Google probabilmente
non è a conoscenza della cosa, o forse
semplicemente non è organizzata per
fare controlli di questo tipo, ma la sostanza non cambia: centinaia di film pirata sono caricati sui server di Google e
da questi vengono inviati in streaming a
migliaia di utenti, il tutto in forma illegale
e con lucro, visto il carico di pubblicità
presente. Google ha un ruolo primario
nello sviluppo del web, ma, da buon leader, ha anche un ruolo di responsabilità:
per trovare contenuti da scaricare basta
usare Google, per andare sui siti che
vengono censurati da Agcom e GDF bastano i DNS di Google, per caricare film
e mandarli in streaming si usano i server
di Google. Non si può vincere la guerra
alla pirateria senza l’aiuto di Google: cari
amici di “Big G”, non è il caso di provvedere? Oppure Mountain View è troppo
lontana dall’Italia per preoccuparsi di
queste cose?
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
ENTERTAINMENT Sky ha diffuso il calendario 2015 dei Gran premi di Formula 1 e di Moto GP che trasmetterà in esclusiva
Formula 1 e Moto GP, ecco come vedere le gare
11 Gran Premi di Formula 1 su 20 verranno trasmessi in esclusiva da Sky, per gli altri 9 visione libera in HD sui canali RAI
Per la Moto GP 8 gare sulle 18 totali saranno trasmesse in chiaro su Cielo, curiosamente concentrate nel periodo estivo
S
di Roberto FAGGIANO

ky ha reso noto il calendario delle
gare di Formula 1 e della Moto GP
che diffonderà in esclusiva per i
propri abbonati. Partiamo dalla F1, per gli
eventi non in esclusiva sarà possibile seguire prove e gare in diretta in HD anche
in chiaro dalla RAI. Da notare le novità rispetto alla passata stagione: il nuovo GP
del Messico, che sarà un’esclusiva Sky,
e la trasmissione in diretta anche dalla
RAI dell’emozionate GP di Monaco che
l’anno scorso fu trasmesso in differita.
Per quanto riguarda le gare in differita
deve essere rispettata la clausola di far
passare almeno tre ore dal termine della gara; la Rai non ha ancora resi noti gli
orari definitivi delle differite ma in linea
di massima le gare disputate in notturna (ora italiana) saranno riproposte alle
14 da Rai 1, mentre quelle pomeridiane
saranno trasmesse in differita alle 21
su Rai 2. Anche le differite dovrebbero
essere disponibili in alta definizione sul
canale di Rai HD. Le alternative legali
per vedere in diretta tutte le gare sono
poche e per pochi: chi abita nelle vicinanze del confine svizzero potrà seguire
tutte le gare (in SD) su RSI La2, chi abita
nei pressi del confine sloveno potrà seguire le gare sulla TV slovena, chi abita
nelle provincie di Trento e Bolzano potrà
seguire le gare (in HD) sul canale austriaco ORF ritrasmesso in digitale terrestre
per accordi locali. Sul satellite invece
l’alternativa è il canale svizzero tedesco
RTL, che però trasmette solo da Astra
(19,2° Est).
Moto GP 2015: il calendario
delle gare in chiaro su Cielo
Gli appasionati di motociclismo potranno
seguire 8 gare in chiaro su Cielo, canale
26 del digitale terrestre. Questa stagione vedrà il passaggio di Guido Meda da
Mediaset a Sky, con i commenti che saranno trasmessi anche da Cielo. Se tutto
sarà come lo scorso anno il commento
originale di Sky sarà interrotto su Cielo
per la pubblicità, con gara visibile in un
riquadro. Confermata purtroppo anche
la trasmissione in definizione standard,
con l’HD riservata agli abbonati Sky. Per
le gare in differita di circa 3 ore rispetto
alla diretta è prevista un’ampia sintesi
della gara di Moto GP che comprenderà anche le gare minori di GP2 e GP3.
Curiosa la scelta delle gare trasmesse
in chiaro anche su Cielo: tra i primi nove
Gran Premi solamente una gara sarà in
chiaro mentre nel periodo estivo quasi
tutte le gare saranno in chiaro.
Anche in questo caso, per chi volesse seguire legalmente le gare in diretta senza
l’abbonamento a Sky, le alternative sono
pochissime: l’unica possibilità è quella di
essere vicini alle zone di confine e seguire le gare sui canali svizzeri della RSI (in
SD) oppure abitare in provincia di Trento e Bolzano e seguire i canali austriaci
ORF anche in alta definizione.
FORMULA 1 - CALENDARIO 2015
MOTO GP - CALENDARIO 2015
15 MARZO, ore 06:00 - AUSTRALIA, ESCLUSIVA SKY
29 MARZO, ore 09:00 - MALESIA, ESCLUSIVA SKY
12 APRILE, ore 08:00 - CINA, DIRETTA SKY E RAI
19 APRILE, ore 17:00 - BAHRAIN, ESCLUSIVA SKY
10 MAGGIO, ore 14:00 - SPAGNA, ESCLUSIVA SKY
24 MAGGIO, ore 14:00 - MONACO, DIRETTA SKY E RAI
7 GIUGNO, ore 20:00 - CANADA, ESCLUSIVA SKY
21 GIUGNO, ore 14:00 - AUSTRIA, ESCLUSIVA SKy
5 LUGLIO, ore 14:00 - G. BRETAGNA, DIRETTA SKY E RAI
19 LUGLIO, ore 14:00 - GERMANIA, ESCLUSIVA SKY
26 LUGLIO, ore 14:00- UNGHERIA, DIRETTA SKY E RAI
23 AGOSTO ore 14:00 - BELGIO, ESCLUSIVA SKY
6 SETTEMBRE, ore 14:00 - ITALIA, DIRETTA SKY E RAI
20 SETTEMBRE, ore 14:00 - SINGAPORE, DIRETTA SKY E RAI
27 SETTEMBRE, ore 07:00 - GIAPPONE, ESCLUSIVA SKY
11 OTTOBRE, ore 13:00 - RUSSIA, ESCLUSIVA SKY
25 OTTOBRE, ore 20:00 - USA, DIRETTA SKY E RAI
1 NOVEMBRE, ore 20:00 - MESSICO, ESCLUSIVA SKY
15 NOVEMBRE, ore 17:00 - BRASILE, DIRETTA SKY E RAI
29 NOVEMBRE, ore 14:00 - ABU DHABI, DIRETTA SKY E RAI
29 MARZO, ore 20:00 - GP QATAR, ESCLUSIVA SKY
12 APRILE, ore 21:00 - GP AMERICAS, ESCLUSIVA SKY
19 APRILE, ore 19:00 - GP ARGENTINA, ESCLUSIVA SKY
3 MAGGIO, ore 14:00 - GP SPAGNA, ESCLUSIVA SKY
17 MAGGIO, ore 14:00 - GP FRANCIA, ESCLUSIVA SKY
31 MAGGIO, ore 14:00 - GP ITALIA, DIRETTA CIELO E SKY
14 GIUGNO, ore 14:00 - GP CATALOGNA, ESCLUSIVA SKY
27 GIUGNO, ore 14:00 - GP OLANDA, ESCLUSIVA SKY
12 LUGLIO, ore 14:00 - GP GERMANIA, ESCLUSIVA SKY
9 AGOSTO, ore 20:00 - GP STATI UNITI, DIRETTA CIELO E SKY
16 AGOSTO, ore 14:00 - GP REP. CECA, DIRETTA CIELO E SKY
30 AGOSTO, ore 14:00 - GP GRAN BRETAGNA, DIRETTA CIELO E SKY
13 SETTEMBRE, ore 14:00 - GP SAN MARINO, DIRETTA CIELO E SKY
27 SETTEMBRE, ore 14:00 - GP ARAGONA, DIRETTA CIELO E SKY
11 OTTOBRE, ore 07:00 - GP GIAPPONE, DIRETTA CIELO E SKY
18 OTTOBRE, ore 07:00 - GP AUSTRALIA, ESCLUSIVA SKY
25 OTTOBRE, ore 09:00 - GP MALESIA, ESCLUSIVA SKY
8 NOVEMBRE, ore 14:00 - GP COM. VALENCIANA, DIRETTA CIELO E SKY
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n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
MOBILE Con una mossa decisamente a sorpresa, Microsoft entra tra gli investitori di Cyanogen Inc.
Microsoft investe milioni di dollari in Cyanogen
L’azienda punta a creare una versione di Android completamente slegata da quella di Google
Q
di Paolo CENTOFANTI
ualche giorno fa, il CEO di
Cyanogen aveva rilasciato una
dichiarazione forte, svelando
l’intenzione di “scippare Android a
Google”, cioè creare una versione del
sistema operativo mobile che non dipenda più dai contributi del gigante
californiano e quindi dall’obbligo di utilizzare i suoi servizi e app. Ora, stando
a quanto ha scritto il Wall Street Journal,
Cyanogen ha trovato un nuovo alleato
nella sua battaglia niente meno che in
Microsoft, che ha deciso di investire la
considerevole cifra di 70 milioni di dollari nella startup. La mossa, se confermata, non può che far alzare qualche
sopracciglio. Microsoft è impegnata a
lanciare Windows 10, sistema operativo che girerà anche sugli smartphone,
ma il fatto che dalle parti di Redmond si
voglia far fronte all’avanzata di Google
foraggiando un possibile concorrente
Secondo le ultime
indiscrezioni, Samsung
avrebbe deciso
di alleggerire la sua
versione di Android
eliminando tutto
quello che può essere
installato come app
in un secondo tempo
è una strategia che definire bizzarra è
poco, anche come potenziale piano B
per il mancato decollo di Windows Phone. Come dire: “il nemico del mio nemico è mio amico”. Da parte sua Cyanogen si dice convinta di arrivare in un
paio d’anni alla completa indipendenza
da Google. Cyanogenmod, la versione
di Android realizzata dalla startup, è già
utilizzata da 50 milioni di utenti, stando
ai dati ufficiali, e nonostante il sodalizio con OnePlus sia ormai naufragato,
Cyanogen sta lavorando con diversi
partner hardware per rilasciare il suo
Android preinstallato su nuovi dispositivi, soprattutto per quanto riguarda i
mercati emergenti, dove Google ha più
difficoltà ad entrare.
MOBILE Un successo che ha addirittura superato gli Android Wear venduti fino ad oggi
Apple Watch tira la volata allo smartwatch Pebble
Pebble ha venduto oltre un milione di smartwatch; batteria e design sono fondamentali
A
di Roberto PEZZALI

dicembre Pebble ha passato il
milione di smartwatch venduti,
un vero successo per l’azienda
che, nata come startup, ha saputo inventare un prodotto vincente senza
voler esagerare. Un numero che non
impressiona se si calcolano le persone
che hanno uno smartphone (e quindi
potenziali acquirenti), ma che stupisce
se si guarda al mercato degli altri orologi intelligenti che ad oggi è davvero
una nicchia. Il dato più significativo è
l’impennata di vendite dei Pebble dopo
l’annuncio di Apple Watch: da 400.000
unità a marzo c’è stato un crescendo
fino a settembre, dove negli ultimi mesi
torna al sommario
Galaxy S6
è più leggero
Samsung
ridimensiona
la sua TouchWiz
dell’anno si è tagliato il traguardo del
milione, merito anche della disponibilità world wide. L’uso di un display e-ink,
la batteria ad elevata durata, il funzionamento cross platform e soprattutto
un continuo aggiornamento del sistema operativo per aggiungere funzionalità sono sicuramente i punti di forza di
un prodotto ben funzionante e molto
apprezzato. Il messaggio è chiaro: lo
smartwatch non deve fare troppo, anzi,
nella sua utilità non deve essere una
preoccupazione per l’utente, cosa che
forse non hanno capito tutti coloro
che stanno lavorando a sistemi dotati
di schermo OLED o LCD. Ed è proprio
questa la sfida più difficile per Apple e
il suo Watch: riuscire a creare un oggetto utile, discreto e con una batteria
che non dà preoccupazioni.
di Paolo CENTOFANTI
Non è un mistero che una delle critiche principali mosse agli
ultimi modelli di smartphone
Samsung è l’eccessivo numero di funzionalità aggiunte a
TouchWiz, la versione personalizzata di Android del produttore coreano. Negli ultimi anni
Samsung ha cominciato ad aggiungere via via sempre più funzioni custom e app preinstallate,
fino ad arrivare, secondo alcuni,
a un sistema operativo un po’
troppo appesantito. Secondo le
ultime informazioni ottenute da
SamMobile (blog solitamente
piuttosto affidabile), Samsung
ha deciso di correre ai ripari
adottando un nuovo approccio
in vista dell’imminente lancio
del Galaxy S6: via dal terminale
nuovo e ancora imballato tutto
ciò che può essere installato in
un secondo tempo con un’app
apposita. A parte alcune applicazioni di forte richiamo come
S Health, dunque, tutto il resto
potrà essere installato opzionalmente dallo store di app di
Samsung, alleggerendo così
l’impronta di TouchWiz anche
in termini di spazio occupato
dal sistema operativo. Rimarranno chiaramente l’interfaccia
grafica custom e quei servizi di
sistema che sono integrati direttamente da Samsung all’interno
di Android, anche se qualcuno
obietterà che forse sono proprio questi ultimi quelli che appesantiscono maggiormente gli
smartphone.
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
MOBILE I gestori cominciano a tremare: ormai è chiaro che siamo vicino alla partenza ufficiale
WhatsApp, ecco in arrivo anche le telefonate
L’ultima versione dell’applicazione per Android integra la funzionalità per le chiamate Voip
di Roberto PEZZALI
hatsApp sta iniziando a provare su larga scala le chiamate
Voip: la versione 2.11.508 dell’applicazione per Android è già predisposta per trasformare il famoso client
di messaggistica istantanea in un sistema per chiamare.
Dopo aver demolito economicamente il sistema degli SMS, WhatsApp si
prepara a fare lo stesso con la voce,
facilitando le telefonate tra utenti e tra
gruppi di utenti, utilizzando appunto il
web ed entrando in competizione con
Skype e tutti gli altri sistemi che offrono
già qualcosa di simile. Al momento, per
far funzionare il sistema devono essere
soddisfatte due condizioni: entrambi gli
utenti devono avere la stessa versione
dell’app oltre alla funzione di chiamata
attiva e soprattutto si deve appartene-
W
Samsung sta lavorando
all’aggiornamento
Android 5.0 per Galaxy
Note 4, ma non ha
ancora fissato una data
di release. La colpa è di
Gear VR, che pare non
funzioni così bene con
Lollipop. Oculus VR
e Samsung sono
al lavoro...
re a una cerchia di utenti invitati direttamente da WhatsApp. Senza l’invito
la “cornetta” non appare. In realtà si
è scoperto che, con lo smartphone
Android e i privilegi di root, è possibile lanciare WhatsApp con la funzione
di chiamata attiva utilizzando una determinata stringa per lanciarla: “am
start -n com.whatsapp/com.whatsapp.
HomeActivity”. Sicuramente roba da
smanettoni, sia chiaro, ma questa è la
dimostrazione che la funzione esiste.
MOBILE
L’1 marzo
Samsung
presenterà
Galaxy S6

1 marzo 2015: Samsung presenterà a
Barcellona gli smartphone di nuova
generazione, tra cui molto probabilmente il Galaxy S6. I rumor stanno
diventando troppo insistenti per essere fasulli, e oltre ad essere comparse
le prime custodie che ne confermano
il design, ora arrivano anche i primi
inviti all’Unpacked dell’1 marzo,
pubblicati dal sito vietnamita Tinhte.
Questa volta il teaser è davvero
oscuro: un profilo curvo e smussato
che potrebbe identificare un prodotto
concreto oppure manifestare il
concept su cui Samsung imposterà il
Mobile World Congress di quest’anno.
I rumor sembrerebbero identificare
due Galaxy S6, una versione standard
e una S Edge con doppio bordo
smussato e che sarebbe l’erede naturale dell’attuale Galaxy Note Edge
(forse più piccolo...). Nulla, invece, è
possibile dedurre dal claim dell’invito,
un What’s Next che non ci dice niente
sul contenuto della presentazione, se
non che sarà un evento determinante
per il 2015 dell’azienda coreana.
torna al sommario
Lollipop ritarda
su Galaxy Note 4
e la colpa
è di Gear VR
MOBILE Si sa ancora poco ma pare sarà basato su Lollipop
OnePlus decide di fare da sé
È in arrivo il nuovo Oxygen OS
O
di V. R. BARASSI
nePlus One continua a riscuotere un buon successo tra gli utenti Android, e
stando alle ultime indiscrezioni OnePlus Two sarà un dispositivo ancora migliore; il pacchetto fatto di specifiche tecniche azzeccate, design piacevole e
ROM CyanogenMod, però, pare essere giunto al capolinea poiché OnePlus ha annunciato di essere ormai pronta a distribuire una sua versione custom di Android.
L’annuncio arriva direttamente dal forum ufficiale di OnePlus dove si parla del prossimo aggiornamento software destinato ad equipaggiare gli attuali One e i prossimi
Two; il nuovo sistema operativo si chiamerà Oxygen OS e sarà svelato ufficialmente
il 12 febbraio. Al momento si sa poco o niente sulle principali caratteristiche ma pare
certo che sarà basato su Android 5.0 Lollipop.
La scelta di abbandonare CyanogenMod è stata dettata dalla volontà di staccarsi
definitivamente da sviluppatori esterni e team di terze parti; potrebbe essere un
discorso di controllo, magari la ricerca di nuove sinergie oppure più semplicemente
l’insoddisfazione
per un lavoro ritenuto imperfetto (in molti paesi
CyanogenMod
non è particolarmente apprezzata): resta il fatto
che d’ora in poi
OnePlus realizzerà in casa il
suo Android.
di Emanuele VILLA
Chi ha acquistato un fiammante
Galaxy Note 4 è in attesa dell’aggiornamento ad Android Lollipop
5.0. Un caso piuttosto particolare, considerando che Samsung
ha già effettuato l’upgrade al predecessore Galaxy Note 3 e sta
invece temporeggiando sull’ultimo nato della famiglia, che offre
caratteristiche hardware da vero
primo della classe. Ci si aspettava, infatti, che Note 4, che fino all’arrivo di Galaxy S6 è il terminale
“top” dell’azienda coreana, fosse
il primo a ricevere l’upgrade. Ma
così non è stato.
Un tweet di Faryaab Sheikh
(SamMobile) dà una spiegazione
attendibile dell’accaduto: Samsung aggiornerà a breve Galaxy
Note 4 ad Android Lollipop, ma
sta ritardando il tutto a causa dell’incompatibilità con Gear VR, il
visore di realtà virtuale che nasce
proprio come completamento
del Note 4. Il tweet dichiara che
Oculus VR è al lavoro per sistemare il tutto “ritoccando” il kernel
del telefono, cosa che avrebbe
senso considerando che c’è proprio Oculus dietro lo sviluppo
del visore per la realtà virtuale.
I tecnici dell’azienda vogliono
assicurarsi che il visore funzioni
perfettamente anche dopo l’aggiornamento del telefono alla
versione più recente di Android,
e per questo non è stata annunciata alcuna data di rollout. Più
fonti, ma si tratta di rumor, parlano di circa un mese.
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
MOBILE Abbiamo raccolto tutti i rumor più attendibili per avere un quadro esaustivo: siete pronti a rompere il vostro salvadanaio?
Vuoi cambiare smartphone? Ecco i modelli più attesi
Da Samsung Galaxy S6 all’Xperia Z4 di Sony, ecco gli smartphone più importanti che arriveranno in tempi brevi nei negozi
di Emanuele VILLA
S
tiamo vivendo il solito periodo dell’anno contraddistinto da un’infinità di rumor su smartphone,
tablet e accessori vari. Il perché è presto detto: si
avvicina la fiera di riferimento del settore, il Mobile World
Congress di Barcellona, ovvero l’occasione più propizia
per presentare i terminali “top” che poi verranno lanciati
sul mercato i mesi successivi. Tra l’altro una cosa interessante che riguarda il mercato mobile è la scarsa distanza
temporale che di solito intercorre tra la presentazione
e il lancio del prodotto, per cui possiamo ritenere che
tutti i telefoni che citeremo arriveranno in commercio a
breve, sicuramente entro l’estate. Se dunque avete in
programma di cambiare smartphone con un modello di
ultimissima generazione, è giusto sapere che a breve ci
sarà una vera invasione nei negozi e che, complice un
mercato sempre più competitivo, questa “invasione” potrebbe anche essere abbordabile.
Galaxy S6 e Galaxy Edge, la coppia d’assi
Visto che Apple non è in nessun modo coinvolta in questi eventi, è ovvio che tutti gli occhi siano puntati su Samsung, che ha già confermato un evento Unpacked per il
1 marzo. Le ultimissime novità in proposito confermano
che Samsung presenterà due telefoni, un Galaxy S6
che è la naturale evoluzione dell’attuale top di gamma,
e Galaxy Edge, che è la versione “compatta” del Note
Edge con lato smussato e display curvo. Ma andiamo
per gradi: entrambi i telefoni avranno una dimensione di
schermo analoga e simile a quella dell’attuale Galaxy S5,
per cui possiamo supporre un 5,1’’ o 5,2’’, con display
Amoled, di risoluzione Quad HD (2560x1440) e con frame interamente metallico che rappresenta il principale
punto di rottura col passato; d’altronde Samsung ha in
Galaxy Note 4, Galaxy Alpha e nella serie A dei precedenti importanti cui attingere. La differenza principale tra
i due telefoni, Galaxy S6 e Galaxy Edge, riguarda uno
dei due lati, che in Galaxy Edge sarà curvo e smussato esattamente come nel Note Edge. Se le immagini di
CNET Korea sono attendibili (foto sotto), sembrerebbe
che questa volta il lato scelto sia il sinistro (in Note Edge
è il destro) e che l’ipotesi dei doppio lato curvo sia ormai
sfumata. Sempre a livello di design, Galaxy S6 cercherà
di ridurre al massimo lo spessore, che arriverà a 6,91 mm
e, per questo motivo, mostrerà una fotocamera leggermente sporgente. Si attendono conferme per quanto
concerne il comparto hardware, ma anche qui alcuni
punti fermi ci sono: si sa, infatti, che l’azienda punterà
sui propri processori Exynos anzichè affidarsi ai Qualcomm, proponendo un processore octa-core con architettura 64 bit per ottimizzare l’impiego di Android 5.0 su
cui Samsung proporrà le solite personalizzazioni di TouchWiz. L’azienda ha inoltre annunciato il rilascio del primo modulo di memoria ePOP (embedded package on
package) comprendente 3 GB di DRAM LPDDR3 e 32
GB eMMC per lo storage: si suppone che Galaxy S6 e
Galaxy Edge siano proprio i primi telefoni top di gamma
a farne uso, il che sarebbe inoltre confermato da altre
specifiche che escludono la presenza di una versione
del telefono da 16 GB. In pratica, Galaxy S6 e Galaxy
Edge saranno disponibili da 32, 64 e 128 GB con prezzi
leggermente superiori rispetto a quelli di Galaxy S5: si
dovrebbe partire da 749 euro. Esclusa la possibilità che
il telefono utilizzi Tizen, avremo sicuramente Lollipop a
bordo con una personalizzazione TouchWiz “più leggera possibile”: nonostante non si abbia alcuna conferma
sotto questo profilo, diversi rumor hanno dichiarato
l’intenzione di Samsung di “eliminare le funzioni non
essenziali” per rendere l’esperienza d’utilizzo più semplice, fluida e piacevole. Infine, il modulo fotografico
sarà quasi certamente un 20 mpixel: notizie attendibili
dichiarano che anche Note 4 avrebbe dovuto integrare
un modulo da 20 mpixel, ma alla fine Samsung optò per
quello da 16 al fine di contenere dimensioni e costi. Molto probabilmente sarà un modulo stabilizzato, ma non ci
sono conferme in merito.
Sony Xperia Z4: essere o non essere?

La maggior parte dei dubbi si concentrano sul telefono
Sony, Xperia Z4. D’altronde Sony sta vivendo un periodo piuttosto complesso, ed è proprio la divisione mobile
quella che crea i maggiori grattacapi all’azienda. Per
questo motivo, così come siamo certi (e come non esserlo?) che Xperia Z4 sia la next big thing in casa Sony
Mobile, non ci sono certezze circa la sua presentazione
a inizio marzo. Sony ha ultimamente rinnovato la propria
gamma con cadenza semestrale, causando non poche
lamentele e grattacapi ai propri utenti: questo, unita alla
possibilità che l’azienda non organizzi neppure un even-
torna al sommario
to stampa al Mobile World Congress, fanno pensare a
molti che la kermesse spagnola venga usata da Sony
per presentare piuttosto Xperia Z3 Tablet e smartphone
minori, mentre per Xperia Z4 si debba attendere settembre con l’IFA. Fatto sta che nelle ultime settimane le foto,
i disegni, brevetti e rumor relativi ad esso sono esplosi,
facendo presagire che ci sia ancora speranza di vederlo
a breve in negozio. Tra l’altro, proprio a metà gennaio,
Xperia Z4 è stato approvato dalle autorità giapponesi
per l’immissione sul mercato domestico, il che significa
SONY XPERIA Z4
che la sua commercializzazione non è lontana. Vi è quasi la certezza sulle dimensioni: Sony dovrebbe puntare
su un display da 5,5’’ con una risoluzione sia Full HD che
Quad HD. Spieghiamoci meglio: al fine di commercializzare il suo terminale top nel maggior numero di mercati,
Sony intenderebbe realizzarne due versioni, una più
potente per i mercati di riferimento (Giappone, USA ed
Europa), una meno brillante per quelli in via di sviluppo.
Tra le due versioni cambierebbero non solo il display ma
anche le specifiche tecniche, mentre il design, sempre
ispirato all’OmniBalance della serie Z, sarebbe identico,
ancora più sottile e morbido di Z3: al momento non si
fa cenno a una versione Z4 Compact, che com’è noto
dovrebbe proporre caratteristiche tecniche analoghe al
fratello maggiore ma in uno chassis più compatto. Sono
anche comparse immagini rubate dal recente hack di
segue a pagina 17 
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MAGAZINE
MOBILE
Vuoi cambiare smartphone?
segue Da pagina 16 
Sony Pictures che ritraggono uno Z4 (ammesso che sia
lui) da utilizzare nel prossimo film di James Bond. Da valutare il rumor secondo cui di Z4 potrebbe uscire anche
una Walkman Edition, ovvero una versione compatibile
con audio HD e pensata per esaltare la qualità dell’ascolto musicale. Considerando che una delle chicche Sony
al recente CES era proprio un walkman di nuovissima
concezione, l’ipotesi è tutt’altro che fantasiosa: più probabile, però, il fatto che Sony realizzi un solo Z4 con caratteristiche tecniche al top sotto il profilo musicale. Sicuramente la scelta del processore ricadrà su Qualcomm:
l’indiziato n.1 sembrerebbe essere lo Snapdragon 810 da
2.8 GHz, un processore con architettuta 64 bit sul quale
girerà un Android Lollipop personalizzato da Sony. Più
fonti parlano di 4 GB di RAM, taglio base di memoria di
32 GB e un nuovo sensore Exmor RS per la fotocamera,
sensore da 20,7 mpixel con autofocus a ricerca di fase e
HDR già annunciato da Sony (IMX230) e che uscirà sul
mercato ad aprile. Prezzo elevato: occorrerà sborsare
circa 600/700 euro per portarselo a casa.
HTC One M9, Plus e anche Windows
A breve (fine marzo, secondo i rumor più recenti) sarà
possibile acquistare il top di gamma HTC della stagione
2015: HTC One M9. E se state pensando a un terminale
potente, ampio e dal look davvero premium, il flagship
HTC è sicuramente un’ipotesi da considerare. La presentazione è prevista per il 1 marzo e verrà mostrato in
due varianti: quella standard e quella più grande, che
dovrebbe chiamarsi HTC One Plus. L’azienda taiwanese
è solita realizzare più versioni dei propri terminali di punta, ma la presentazione contemporanea sarebbe inedita.
Terminale premium con prezzo adeguato, ovviamente:
si parla di una partenza da 729 euro, tale e quale a quella del predecessore del 2014, e anche il look sarà molto
simile: al posto del bilanciere del volume troveremo due
tasti separati e quello di accensione sarà spostato sul
lato destro, ma l’impatto estetico sarà sostanzialmente
lo stesso, con tanto di scocca in alluminio nelle versioni
silver e gold. Tutto ciò sembrerebbe confermato da fonti
autorevoli quali Forbes, che ritiene M9 semplicemente

HTC ONE M9 E ONE PLUS
torna al sommario
un “update” di M8 le cui principali novità riguarderanno il software e l’interfaccia di Sense 7. Le due versioni
saranno piuttosto simili nelle specifiche tecniche ad eccezione del display: mentre per la versione “regolare”
HTC ha optato per un display da 5’’ Full HD, per il fratello maggiore è stato scelto uno schermo da 5,2” o 5,4’’
Quad HD, il tutto supportato dal medesimo processore
Qualcomm Snapdragon 810 con 3 GB di RAM e 32 GB
di storage come taglio base. La versione Plus ha un pulsante fisico in più ma questo, lungi dall’essere un tasto
“home” (anche se sembrerebbe tale), è il sensore per le
impronte digitali, assente nella versione da 5’’. Grosse
novità, infine, sul fronte della fotocamera: la Duo Camera
è sparita e al suo posto c’è un modulo unico e quadrato
che dovrebbe essere basato su sensore Sony da 20,7
mpixel; la tecnologia UltraPixel tanto cara ad HTC dovrebbe essere riservata al modulo frontale, da 5 mpixel.
LG G4, niente display 3K e bisogna
attendere maggio
G3, attuale top di gamma dell’offerta LG, è un ottimo
terminale e ha aiutato molto l’azienda a ottenere risultati finanziari brillanti. Assolutamente certo il lancio del
successore G4, anche se l’ipotesi più probabile è che si
debba attendere la primavera inoltrata: lo scorso anno,
infatti, LG presentò G3 a Londra in un evento dedicato
e si suppone che lo stesso accada anche quest’anno.
Inoltre, l’azienda ha appena presentato G Flex 2 al CES
di Las Vegas e l’ipotesi che proponga un nuovo top di
gamma a poco più di un mese è quanto meno improbabile. Il grosso mistero è legato al display: pare che LG
voglia mantenere inalterata la dimensione di 5,5’’, ma gli
scorsi giorni sono trapelate indiscrezioni circa una possibile risoluzione 3K (2.880 x 1.620 pixel): in realtà, l’ipotesi
più probabile (confermata da fonti attendibili) è che sotto questo profilo non ci siano novità rispetto al modello
dello scorso anno, che come ricordiamo fu il primo basato su un display con risoluzione Quad HD. Abbiamo
avuto modo di sottolineare più volte quanto il Quad HD
rappresenti una scelta addirittura sovrabbondante, non
permettendo di distinguere i singoli pixel a occhio nudo,
e l’ipotesi di andare anche oltre sarebbe poco più di un
esercizio di stile. Anche perché tutto il resto dell’hardware andrebbe modulato di conseguenza: più pixel ci
sono, più potenza ci vuole, meno autonomia si ottiene.
G3 è un ottimo terminale, ma migliorabile. Qualche rallentamento in situazioni di forte stress potrebbe essere
risolto mediante l’upgrade a un processore Snapdragon
810 a 64 bit, cosa già prevista per G4 (c’è anche la possibilità che LG usi un suo processore, ma a differenza
di Samsung questa ipotesi è molto meno attendibile),
mentre nessuno ha ancora notizie circa la batteria che
LG utilizzerà sul terminale di nuova concezione, batteria
chiamata ad assicurare uno o due giorni di autonomia.
A livello di specifiche tecniche si parla anche di 4 GB di
RAM e di 32 GB di storage di base, con possibilità per
una versione da 64 GB. La fotocamera con autofocus
laser dovrebbe subire un importante upgrade a 20,7
mpixel mantenendo l’ottima stabilizzazione ottica del
modello attuale. E poi c’è tutta una serie di altre ipotesi,
che però potremo definire più “fantasiose”: si parla di display curvo sul lato sinistro come l’Edge di Samsung, del
fatto che possa includere un pennino (cosa che, invece,
probabilmente sarà riservata a una variante di G4), op-
LG G4
pure del primo telefono totalmente borderless attorno al
display, ma l’ipotesi più probabile è che G4 sia una versione perfezionata di G3, magari con lo stesso prezzo di
listino aggressivo di 599 euro di partenza. Non sarebbe
male per uno smartphone no compromise.
Microsoft attende Windows 10
Nokia non c’è più, ma Microsoft farà di tutto per non farne sentire la mancanza. Ultimamente i rumor circa il lancio di nuovi terminali Lumia si sono intensificati, anche
se rispetto ad altre aziende, la coltre di mistero è un po’
più fitta. Ricordiamo che l’anno scorso Nokia presentò in
questo periodo il top di gamma Lumia 930, ma l’ipotesi
che Microsoft approfitti del Mobile World Congress per
lanciare il successore Nokia 940 è quanto meno fantasiosa. E questo perché pare che Nokia 940 possa essere il primo terminale mobile con Windows 10 a bordo,
e per questo si fa l’ipotesi che il lancio avvenga poco
prima dell’estate (o subito dopo). Oppure, altra ipotesi
attendibile, Microsoft presenterà effettivamente Lumia
940 a Barcellona, ma per acquistarlo bisognerà mettere
da parte i soldi ancora per qualche mese. Si prospettano invece buone notizie per chi cerca un terminale di
fascia media: gli ultimi report parlano di due nuovi Lumia
in uscita a fine marzo, uno dei quali dovrebbe essere
l’atteso successore del Lumia 1320. Stiamo parlando di
un terminale (nome in codice RM-1062) molto ampio,
con dimensione del display da 5,7’’ ma caratteristiche
tecniche di fascia media a partire dalla risoluzione di
1280x720, processore Qualcomm di fascia media (400),
fotocamera principale da 13 mpixel, 5 per la frontale e 32
GB di storage. Secondo i rumor più attendibili, il secondo telefono che uscirà di qui a un mese è una versione
abbordabile del Lumia 830, con hardware sostanzialmente identico alla versione di base (display da 5’’ 720p,
Snapdragon 400, 1 GB di RAM) ma con una fotocamera
principale da 8,7 megapixel con tecnologia PureView. I
GB di storage saranno 8 a differenza dei 16 della versione base di Lumia 830, mentre per quanto riguarda il
prezzo di listino si vocifera sia intorno ai 250 dollari.
NUOVO NOKIA LUMIA
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MAGAZINE
MOBILE I modelli si adattano al tipo di allenamento e al tipo di smartphone a cui sono abbinati
Sennheiser 686 Sports, auricolari per atleti
Sono state studiate le interazioni tra i movimenti durante gli allenamenti e la resa sonora
C
di Roberto FAGGIANO
hi si allena e va in palestra tutti i
giorni sa bene come è difficile
trovare un auricolare per l’ascolto musicale che faccia bene il proprio
lavoro, che rimanga saldo al suo posto
e che non venga danneggiato dal sudore o dalla pioggia. Per queste persone
Sennheiser ha creato la nuova serie 686
Sports, studiando attentamente non solo
i materiali con i quali sono costruiti ma
anche quali influenze possono avere i
movimenti rapidi e bruschi sulla qualità
sonora. La nuova
gamma è disponibile in diversi modelli
che si adattano al
tipo di allenamento, se all’aperto o in
palestra, e anche al
tipo di smartphone
cui andranno abbinati. Tutti i modelli
della nuova serie
hanno in dotazione
dei gommini adattatori realizzati in materiale antibatterico SteriTouch, resistente
ai lavaggi. Il cavo ha invece un’inedita
sezione ovale con funzione anti aggrovigliamento rinforzata. Il modello MX686
Sports (60 euro) e il PMX686 Sports (90
euro) sono indicati per gli allenamenti
all’aperto e sono meno isolanti verso i
rumori esterni, in modo da poter avvertire eventuali pericoli lungo il percorso.
Entrambi assicurano la tenuta salda durante i movimenti ma il modello PMX, per
ulteriore sicurezza, integra un archetto di
sostegno; PMX 686 è anche disponibile in una versione dedicata agli iPhone
per una migliore interfaccia in caso di
Microsoft conferma
la fine della produzione
del Nokia 2520,
l’ultimo tablet con
Windows RT. E ora
largo a Windows 10
telefonate. Il modello CX686 Sports (60
euro) e l’OCX686 Sports (90 euro) sono
invece più indicati per l’attività in palestra
perché la configurazione chiusa aiuta ad
attenuare i rumori provenienti dall’esterno, per un migliore ascolto della musica e delle telefonate. Per l’OCX è stato
sviluppato un particolare sistema di fissaggio ad aggancio flessibile che evita i
fastidiosi rumori causasti dal movimento
del cavo; anche questo modello è disponibile in una versione specifica per iOS.
Massima cura per il dettaglio perfino nella piccola sacca protettiva per il trasporto
in dotazione, realizzata in un tessuto traspirante ad asciugatura rapida.
MOBILE Tra i pochi dettagli emersi si sa che potrà essere utilizzato per effettuare micropagamenti
Swatch prepara il suo smartwatch, in arrivo tra 3 mesi
Il dispositivo si connetterà a Internet e avrà applicazioni dedicate per Android e Windows
G
di Paolo CENTOFANTI

li smartwatch fino ad ora sono
stati “esplorati” più che altro dai
grandi produttori hi-tech, mentre
gli storici nomi dell’industria orologiera possiamo dire che siano ancora alla
finestra, forse in attesa di capire se si
tratta davvero della prossima grande
rivoluzione o solo una moda passeggera. A rompere davvero gli indugi
potrebbe essere Swatch, visto che
il produttore svizzero ha annunciato
che nel giro di tre mesi arriverà sul
mercato con il suo primo smartwatch.
Al momento non si sa molto di come
sarà questo dispositivo. Nick Hayek,
CEO di Swatch, ha rivelato pochissimi
dettagli: lo smartwatch potrà essere
utilizzato per effettuare pagamenti in
mobilità (via NFC?), sarà compatibile
con Android e Windows (si presume
torna al sommario
tramite
delle
applicazioni) e
sarà in grado di
connettersi a Internet “gratuitamente”. Quest’ultimo passaggio
in particolare è
dubbio, visto che
non si capisce se
voglia dire che
sfrutterà la connessione di uno smartphone oppure
se ci sarà qualche sorta di accordo
per cui si collegherà gratuitamente
a una rete cellulare (la frase esatta è
stata “The device will communicate
via the Internet without having to be
charged”, espressione che qualcuno
ha anche interpretato invece come un
riferimento all’autonomia della batteria). Sta di fatto che il prodotto a quan-
Windows RT
è morto, viva
Windows 10
to pare è ormai vicinissimo al lancio
che, volutamente o meno, coinciderà
con l’uscita dello smartwatch di Apple, prodotto che il mercato aspetta al
varco come benchmark (commerciale)
per l’intera categoria. I numeri fino ad
oggi sono ancora piuttosto piccoli e
nonostante se ne parli molto, di smartwatch ai polsi se ne vedono ancora
molto pochi.
di Emanuele VILLA
Sia pur in modo indiretto,
Microsoft mette la parola fine
all’esperienza di Windows RT, il
sistema operativo “gemello” di
Windows 8 pensato per tablet e
PC convertibili basati su processore ARM. Dopo l’abbandono
del terreno di gioco da parte di
aziende quali Lenovo, Samsung
e Asus, Microsoft era rimasta sola
a difendere il proprio sistema
operativo con un’offerta di dispositivi che comprendeva Surface 2
e il tablet Nokia 2520. Poi il primo è uscito di produzione e ora
Microsoft conferma a The Verge
che anche il Nokia 2520 ha subìto il medesimo trattamento, pur
essendo (logicamente) ancora
disponibile nei negozi e nello
store online di casa Microsoft.
Con la scomparsa di Nokia 2520,
Microsoft stacca la spina a un
sistema operativo che, in effetti,
non ha mai entusiasmato. La necessità di app “proprie”, la limitata diffusione dell’hardware, la
confusione con Windows 8 e una
strategia ultra-frammentata da
parte di Microsoft, che per lungo
tempo ha proposto un sistema
operativo per PC, uno per tablet
e uno per i telefoni, hanno così
fatto la prima vittima, nell’attesa
che Windows 10 unifichi tutto in
un unico ecosistema.
A influenzare il declino di
Windows RT non sono stati solo
limiti intrinseci ma anche un mercato tablet che, dopo un primo
periodo brillante, ha mostrato
segni di cedimento e ora rallenta
in modo deciso. Dal canto suo,
Microsoft si consola con i dati
positivi di Surface Pro 3, che dimostrano che il segmento da coltivare è quello dei tablet di alto
profilo basati su processore Intel.
Windows 10 arriverà anche lì...
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9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
FOTOGRAFIA Rumors confermati: Canon ha presentato le reflex top di gamma della famiglia 5D
Canon 5Ds e 5Ds R: super reflex da 50 Mpixel
La novità è il sensore da 50 Mpixel che le rende fotocamere le più risolute nella loro categoria
di Roberto PEZZALI
I
rumors degli scorsi giorni sono confermati: Canon ha lanciato le due nuove
ammiraglie della serie 5D, la 5Ds e la
5Ds R. Due reflex virtualmente identiche,
se non fosse che la 5Ds R è priva del filtro passa basso sul sensore, una scelta
che sicuramente piacerà a chi scatta in
studio still life e soggetti che non sono
solitamente soggetti a problemi di moire.
Canon con le due 5Ds ha realizzato le
due full frame con la maggiore risoluzione presente sul mercato, adottando un
nuovo sensore da 50.6 megapixel con
tutti i pro e i contro che una scelta così
esasperata comporta. Più si aumentano
i pixel in un sensore, a parità di dimensione, e più aumenta il rischio di rumore:
Canon assicura di essere riuscita con la
nuova 5Ds a migliorare la resa ad alti ISO
rispetto alla 5D Mark III, raggiungendo
un livello di granulosità dell’immagine
simile a quello della nuova 7D Mark II.
La differenza, tuttavia, è una sensibilità
che è stata fissata a 6400 ISO massimi
(nativi), un blocco probabilmente inserito
da Canon con la consapevolezza che a
ISO maggiori
un sensore così
risoluto avrebbe avuto troppi
problemi.
La
nuova reflex è
chiaramente
una fotocamera particolare: il
doppio processore Digic 6 è
al servizio della
fotografia, perché sotto il profilo video la 5Ds riprende
al massimo a 1080p@30 fps, quindi niente 4K. Non eccezionali neppure le doti di
velocità: solo 5 fps. Confermati anche gli
altri dati, come il sistema di messa a fuoco a 61 punti, la presenza di USB 3.0 e
Wi-Fi, NFC a bordo per facilitare il pairing
e doppio slot SD/CF. La 5Ds è una reflex
particolare che va a soddisfare una sola
esigenza: la risoluzione elevata. Chi è
alla ricerca di altro può guardare alle altre reflex della gamma Canon, dalla Mark
III che resta in gamma alla nuova 7D MK
II. Siamo in attesa dei prezzi italiani, ma
in dollari siamo a 3700$ e 3900$. Curio-
so, come sempre, che la versione senza filtro costi di più: in realtà il filtro non
viene rimosso fisicamente ma vengono
aggiunti elementi che annullano il filtro,
quindi è una rimozione “virtuale”. Togliere il filtro avrebbe obbligato Canon a ridisegnare interamente la macchina. Qui
le foto realizzate da Canon con la 5Ds e
qui quelle della 5Ds R.
Insieme alle nuove reflex Canon ha anche presentato un nuovo zoom ultra
wide: l’11-24 f/4L, uno dei grandangoli
più spinti mai realizzati per una full frame.
Per mettere in corredo questo gioiellino
serviranno però ben 3000$.
Canon torna nel mondo mirrorless con la EOS M3
Ha un sensore Hybrid CMOS III da 24 Mpixel e ghiere per agevolare lo scatto manuale
C

anon porta in Italia la sua terza generazione di mirrorless, l’azienda
ha scelto di puntare nuovamente
su questo segmento per catturare gli
utenti alla ricerca di qualcosa di leggero
da portare a spasso senza sacrificare
qualità e funzionalità. EOS M3 è un misto tra G1X Mark II e 750D: il sensore
infatti è lo stesso 24 megapixel Hybrid
torna al sommario
CMOS AF III a 49 zone e, nel caso della
EOS M3, questo è l’unico sistema AF disponibile, essendo la macchina priva di
specchio e di sensore di messa a fuoco
tradizionale. EOS M3 guadagna anche
il nuovo processore Digic 6 e, dalla
G1 X, eredita anche tutto il sistema di
ghiere per mettere a portata di dito tutti
i controlli manuali. Canon ha aggiunto
alla M3 alcuni elementi che mancavano alla prima M come il flash integrato,
tuttavia per mantenere un
corpo compatto l’oculare
è esterno e opzionale-. Il
monitor, fondamentale per
una mirrorless, è un 3” touch screen basculante da
1 milione di punti che può
essere orientato su tre assi
fino a 180°.
EOS M3 integra una serie
di funzionalità creative,
ripresa video Full HD a
Erede della NX300
la NX500 è un vero e
proprio salto di qualità
che la avvicina
alla più professionale
NX-1 senza incidere
troppo sul prezzo
di Michele Lepori
FOTOGRAFIA Presentata la fotocamera compatta a ottiche intercambiabili Canon EOS M3
di Roberto PEZZALI
Samsung NX500
è la mirrorless
4K per tutti
1080@30p massimo e Touch AF Focus
per spostare il punto di fuoco in fase di
ripresa semplicemente sfiorando l’area
dello schermo da mettere a fuoco. Canon non ha voluto osare inserendo la
tecnologia Dual Pixel, un vero peccato
perché su una mirrorless sarebbe stata perfetta, tuttavia ci assicurano che il
nuovo Hybrid CMOS AF III è molto più
reattivo del modello precedente.
EOS M3 ha una slitta per accessori standard e può montare flash esterni, mentre
per gli obiettivi si è vincolati all’attacco
EF-M; con l’adattatore è possibile montare tutti gli obiettivi del sistema EOS,
rinunciando però alla compattezza.
La nuova mirrorless integra Wi-Fi e NFC
per il controllo remoto da smartphone
e il trasferimento file veloce sulla nuova
base station cloud Canon.
EOS M3 sarà disponibile a partire da
maggio 2015 al prezzo indicativo suggerito al pubblico di 775 € Iva inclusa.
NX500 è la nuova mirrorless
Samsung, andrà a sostituire la
NX300, ma il cuore e l’estetica
indicano la precisa volontà di avvicinarsi alla top di gamma NX-1.
NX500 ha a bordo un processore
DRIMeV che promette - in accoppiata con il sensore APS-C da 28
Megapixel - perfetta riproduzione
dello spettro colore e buona riduzione del rumore. Dal lato video il
fiore all’occhiello è la registrazione di filmati in qualità 4K a 24 fps.
NX500 è una Smart Camera fatta
e finita, visto che non mancano
Wi-Fi, Bluetooth e NFC oltre ad un
tasto mobile che permette l’associazione di uno smartphone per il
trasferimento delle foto.
Sangmoo Kim, Senior Vice President delle divisioni IT & Mobile Communication di Samsung
Electronics spiega: “Siamo ben
consapevoli dell’importanza di
una fotografia nelle nostre vite,
ecco perché Samsung ha costruito una macchina per i fotografi
del quotidiano. Stiamo rivoluzionando quello che è possibile fare
dai fotografi non-professionisti
con macchine non-professionali e
stiamo offrendo a tutti l’abilità di
catturare i propri momenti più importanti con un semplice scatto”.
Sul mercato americano la Samsung NX500 arriverà a marzo in
3 colorazioni, nero bianco e marrone al prezzo di 799 dollari in kit
con un obiettivo 16-50m.
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9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
FOTOGRAFIA È arrivata OM-D E-M5 Mark II, l’evoluzione della E-M5, con tantissime novità
Olympus OM-D E-M5 Mark II: scatti a 40 Megapixel
Tecnologia di stabilizzazione sul sensore a 5 assi e modalità di scatto ad alta risoluzione
di Paolo CENTOFANTI
a OM-D E-M5 è stata una delle fotocamere mirrorless di maggiore
successo per Olympus e ora arriva
la sua evoluzione, la E-M5 Mark II. Il DNA
è lo stesso dell’originale, look vintage
e tanta concretezza, e anche se molte
caratteristiche tecniche sono apparentemente rimaste le stesse, in realtà le novità sono tantissime. Innanzitutto, Olympus
annuncia di aver ulteriormente migliorato
quello che era già uno dei migliori stabilizzatori di immagine del mercato. La tecnologia di stabilizzazione sul sensore a 5
assi è stata infatti raffinata per arrivare a
offrire fino a 5 EV di margine nello scatto
a mano libera e in condizioni di scarsa
luminosità. Soprattutto in combinazione
con ottiche tele si tratta di un vantaggio
non da poco. Ma il nuovo stabilizzatore
entra in gioco anche per quella che è la
novità più grande introdotta con la Mark
II, cioè la modalità di scatto ad alta risoluzione. Il sensore Live MOS in formato
quattro terzi rimane sempre fermo alla
risoluzione di 16 Megapixel, ma Olympus
L
ha implementato un ingegnoso sistema che permette di scattare fotografie da
40 Megapixel: in pratica la
macchina scatta 8 foto diverse ottenute spostando il
sensore in orizzontale e in
verticale, prima di un pixel
e poi di frazioni di pixel. In
questo modo la scena inquadrata viene scansionata
non solo a una risoluzione
più elevata, ma anche raccogliendo le
informazioni cromatiche complete, superando i limiti del filtro di bayer utilizzato
negli scatti tradizionali. Chiaramente si
tratta di una funzionalità pensata per vasti
panorami oppure per fotografia di oggetti
o prodotti completamente immobili, visto
che il soggetto non può muoversi da uno
scatto all’altro, ma troverà sicuramente
uso in un’ampia rosa di ambiti (una tecnica simile è utilizzata da alcune macchine
medio formato). La nuova E-M5 Mark II
presenta un corpo macchina sempre in
lega di magnesio e sempre tropicalizzato,
per l’utilizzo in ogni condizione climatica,
ed è leggermente più piccola e leggera
del modello originale e quasi più simile
alla E-M10. L’otturatore passa finalmente
da 1/4000 secondi di velocità massima a
1/8000 con funzionalità di shutter elettronico a 1/16000, ed è stato nettamente mi-
gliorata la versatilità sul fronte della registrazione video, con maggiore flessibilità
di frame rate (24, 25, 50 e 60p) e con bitrate massimo di 77 Mbit/s per le riprese
in full HD (niente 4K dunque). C’è il nuovo
display da 3 pollici orientabile a 360°,
mirino elettronico con risoluzione quasi
raddoppiata rispetto alla generazione
precedente e tutte le funzioni software
che sono state introdotte con la E-M1 e la
E-M10 lo scorso anno. La Olympus E-M5
Mark II sarà disponibile a partire da fine
febbraio in versione solo corpo a 1099
euro (con estensione della garanzia di 6
mesi) o in kit con l’obiettivo M.ZUIKO ED
12-50mm 1:3.5-6.3 EZ (1299 euro) o con
l’eccellente M.ZUIKO 12-40mm 2.8 PRO
(1799 euro). In più Olympus ha annunciato l’arrivo in estate del nuovo obiettivo
fisheye M.ZUIKO 8mm F1.8, il cui prezzo
non è ancora stato rivelato.
FOTOGRAFIA Presentata la nuova Air di Olympus, molto simile alle proposte QX di Sony
Olympus AIR: si controlla via Wi-Fi con lo smartphone
Air è provvisto di sensore da 16 Megapixel e ha un aggancio per obietivi micro quattro terzi
di V. R. BARASSI
onostante in giro si vedano poche
fotocamere Sony della serie QX,
c’è chi ha deciso di riproporre qualcosa di simile. Infatti, Olympus ha annunciato il prossimo arrivo sul mercato giapponese di Air, una fotocamera sprovvista
di mirino, display e lenti, controllabile via
Wi-Fi e sulla quale vanno montati obiettivi
con attacco Olympus Micro Quattro Terzi.
Air non è niente male se si considerano
le specifiche tecniche: nel compatto corpo cilindrico troviamo un sensore Quattro
Terzi da 16 megapixel, un sistema autofocus da 81 punti e un otturatore che garantisce 10 scatti al secondo alla velocità
massima di 1/16000s. Come anticipato,

N
torna al sommario
il dispositivo è
interamente
controllabile via
Wi-Fi tramite un
device smart
grazie all’apposita applicazione.
Olympus
rilascerà presto
le API per lo sviluppo di applicazioni di terze
parti e in futuro
fornirà anche adattatori per permettere
l’attacco di altre tipologie di obiettivi. Air
sarà lanciato in Giappone a marzo (anche
in kit con l’obiettivo M.Zuiko Digital ED 14-
42mm F3.5-5.6 EZ); al momento non si
hanno informazioni sulla eventuale commercializzazione in Europa, che potrà
avvenire in un secondo momento.
Olympus
TG-860 robusta
e impermeabile
con Wi-Fi e GPS
La nuova compatta
rugged Olympus è
impermeabile fino a
15 metri e resiste a urti
e cadute. Rispetto al
modello precedente
si arricchisce di Wi-Fi
e GPS, e di display
che ruota di 180 gradi
per fare selfie sott’acqua
di Andrea ZUFFI
Stylus Tough TG-860 è la nuova
compatta di Olympus resistente
a polvere, spruzzi, urti e gelo. Le
novità principali rispetto al modello precedente (TG-850) sono
la connettività Wi-Fi, il GPS la migliorata resistenza all’immersione
e qualche ritocco estetico come la
presenza di due pulsanti, uno sul
fronte e uno sul retro con funzioni
configurabili. La caratteristica distintiva della gamma Tough rimane la resistenza ai maltrattamenti;
la TG-850 è infatti impermeabile
fino a 15 metri secondo gli standard IPX-8 e può sopportare una
compressione equivalente a 100
kg (IPX-6). Olympus inoltre dichiara che la scocca sarà in grado di
“sopportare” cadute da un’altezza di 2,1 m e di funzionare fino alla
temperatura di -10°C. Le specifiche
fotografiche sono sensore CMOS
da 1/2,3”, ottica stabilizzata 21105 mm (zoom 5x) per scatti fino
a 16 Mpx e video Full HD a 60p.
Sul retro è presente un display da
3” che ruota di 180° per garantire
i selfie anche durante le immersioni. Grazie al Wi-Fi si possono
condividere gli scatti e i video con
tablet e smartphone sia iOS che
Android. Disponibile a partire da
aprile. Al momento è noto solo il
prezzo USA: 280 dollari.
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
GAMING Per riprodurre contenuti in 4K basta l’APU Kaveri, sempre che non si vogliano 60 Hz e HDR
Per il 4K non servono nuove PS4 o Xbox One
Secondo Forbes e Netflix, Microsoft e Sony stanno lavorando a nuove versioni di PS4 e Xbox Slim
di Roberto PEZZALI
Schermo 3200 x 1800
16 GB di RAM, scheda
video e processore
di ultima generazione
Prezzo a partire
da 2000$
S

ony e Microsoft stanno davvero
realizzando una nuova versione di
console per la visione di contenuti
4K? La voce sta girando da un po’, rilanciata da Forbes dopo le dichiarazioni del
direttore tecnico di Netflix, ma potrebbe
essere il frutto di un grosso malinteso.
Secondo Neil Hunt, Chief Product Officer
di Netflix, Sony avrebbe “promesso” una
revisione della PS4 per facilitare la riproduzione di contenuti 4K in streaming, tuttavia in un secondo momento lo stesso
Hunt avrebbe ritrattato asserendo di non
poter parlare della lineup di prodotti di
un’azienda di cui lui non fa parte. Sony,
e allo stesso modo Microsoft, non avrebbero bisogno di alcun aggiornamento
hardware per riprodurre lo streaming di
Netflix in 4K: le console sono dotate di
porta HDMI 1.4 che ha la banda passante
necessaria per poter trasmettere video
Ultra HD a 30 fps. Resterebbero fuori gli
streaming a 60 fps e quelli ad alta dinamica HDR, che comunque rientrano nelle idee di Netflix ma rappresentano una
microscopica percentuale di contenuti
sui pochi contenuti 4K disponibili. Inoltre, è bene ricordarlo, la PS4 è nata più
come console da gioco che come centro
multimediale e difficilmente il video in
4K rappresenta l’elemento di spinta alla
creazione di una nuova versione di console: più probabile, invece, che si punti a
ridurre i consumi, migliorare l’efficienza e
abbassare i costi. L’APU AMD Kaveri, su
cui sono basati i SoC delle due console,
può gestire una decodifica accelerata
hardware dell’H.265 e sia Telestream sia
Strongene hanno realizzato dei codec capaci di decodificare, sfruttando Open CL,
i flussi video compressi con il codec next
gen. Se Sony e Microsoft volessero potrebbero fin da subito aggiornare le loro
console alla riproduzione sia degli stream
sia dei file HEVC da chiavetta e da rete,
senza la necessità di una nuova revisione
hardware. E siamo certi che Microsoft, al
lavoro da tempo sulla parte multimediale
di Xbox e in procinto di inserire proprio
il supporto nativo HEVC in Windows 10,
non si farà scappare l’occasione per integrare anche questa feature. Una cosa è
certa: se mai usciranno una nuova Xbox
e una nuova PS4 sarebbero sicuramente
dotate di HDMI 2.0 ma solo perché i controller 1.4 ormai non esistono quasi più. I
nuovi ipotetici modelli potrebbero anche
torna al sommario
Razer fa sognare
i gamer con
un portatile
“monstre”
di Roberto PEZZALI
essere in grado di gestire streaming HDR,
ma lo farebbero senza penalizzazioni per
i clienti dei primi modelli che potrebbero
guardare in ogni caso la versione 4K “liscia”: tutti gli stream sono adattivi e possono veicolare più versioni dello stesso
flusso. Per i giochi in 4K, invece, non c’è
niente da fare, l’unica possibilità resta il
cloud gaming: Xbox One e PS4 non sono
pronte al gaming Ultra HD (Xbox pare
nemmeno al Full HD) e difficilmente Sony
e Microsoft andranno a creare una pericolosa frammentazione con una versione
“4K” delle console. Mai dire mai però: in
questi anni abbiamo visto di tutto, anche
scelte apparentemente illogiche.
GAMING Le previsioni e i dati sono della società DAU UP
App di mobile gaming su Android
La reddittività è uguale a iOS
A
di Andrea ZUFFI
d oggi il sistema operativo di Google è il più diffuso nel mercato dei dispositivi
mobili e ha una quota di mercato superiore a quella di iOS. A dispetto di questo,
però, gli sviluppatori preferiscono dedicarsi all’ecosistema di Apple perché qui
la realizzazione di app è più favorevole in termini di profitto. In un futuro nemmeno
troppo lontano le cose potrebbero cambiare. A prevederlo è DAU UP, una società
che si occupa di marketing nel settore dei videogiochi. Analizzando il trend dell’ARPU
(parametro che definisce il ricavo medio per utente derivante dalla vendita delle app di
gaming) per il mondo Android e raffrontandolo con quello di iOS risulta che il rapporto
è passato dal 20% di gennaio 2014 al 65% di dicembre 2014. Questo indicatore, unito
al fatto che i costi per la pubblicità sui dispositivi Android sono dal 20% al 50% più
bassi rispetto a quelli su iPhone e iPad, rende la redditività per gli sviluppatori che scelgono come target il sistema di Google equiparabile a quella di iOS. Ricordiamo che i
dati di DAU UP si riferiscono solo alle app di mobile gaming ma il fenomeno potrebbe
estendersi a tutte le app in generale.
Razer ha presentato la versione
2015 del Razer Blade, il notebook
da gioco super “carrozzato” con
design elegante e dotazione
tecnica di assoluto livello. Il design è simile a quella del vecchio
MacBook Pro (ma nero), con uno
spessore di 1.7 cm a fronte di un
peso di 2 Kg. L’elemento più interessante è il nuovo schermo da 14”
e da 3200 x 1800 pixel, realizzato
con tecnologia IGZO e con una
risoluzione di 262 ppi: si tratta di
uno schermo touch con consumo
ridotto. Per chi non vuole spendere troppo Razer ha pensato
anche l’opzione Full HD. Razer ha
cambiato un po’ tutto: la GeForce
GTX870M è stata sostituita dalla
GTX 970M con 3GB di memoria
GDDR5, mentre il processore
Intel Core i7-4702HQ è sostituito dal nuovo Core i7-4720HQ.
Cresce anche la memoria, 16 GB,
mentre per il disco la scelta parte da 128 GB SSD per arrivare a
512 GB nella configurazione massima. Il prezzo di partenza è di
1999 dollari (più tasse) per la versione Full HD e di 2199 dollari per
quella QHD+, ma chi vuole 512 GB
di SSD dev’essere pronto a spendere anche 2600$. Purtroppo
al momento Razer non vende in
Italia i suoi notebook e anche l’acquisto all’estero potrebbe essere
un problema per la tastiera americana.
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
PC Docking senza fili e display pilotati con WiDi; per la ricarica wireless manca ancora un po’
Intel dice addio definitivamente ai cavi
Con il lancio di vPro di 5a generazione, Intel avvera il sogno di postazioni di lavoro wireless
di Roberto PEZZALI
avorare senza fili è possibile, e Intel
con il lancio della nuova famiglia di
processori di quinta generazione
Core vPro fa un ulteriore passo avanti
verso quello che dovrebbe essere il futuro del business. Senza cavi vuol dire
ovviamente non solo rete wireless, ma
anche display wireless, docking wireless
e anche ricarica wireless, con la possibilità di ricaricare il portatile semplicemente appoggiandolo alla scrivania. Recentemente, Intel ha ufficializzato la nuova
piattaforma per notebook, tablet e ibridi
destinata all’utente professionale, che
utilizza i nuovi processori Broadwell con
architettura a 14 nanometri: l’obiettivo è
fornire ai partner la base per prodotti
ancora più sottili, leggeri e sicuri. VPro
è una “piattaforma”, o meglio un insieme di tecnologie che permettono ai vari
componenti di dialogare meglio tra loro
fornendo soluzioni sotto il profilo dell’autenticazione utente o della gestione
remota dei computer.
Il lato più interessante della nuova piattaforma vPro, tralasciando gli aspetti
più “enterprise”, è la sezione wireless:
grazie a un nuovo modulo, infatti, i computer con piattaforma vPro avranno
accesso e autenticazione automatica a
docking wireless esterne.
Questo vuol dire che basterà arrivare
alla scrivania, appoggiare il computer
e automaticamente la docking riconoscerà il notebook, accenderà mouse
e tastiera e si connetterà. Una vera
Presentato al Sundance
Film Festival, l’anti
MacBook Pro Retina
di Dell punta tutto su
display touchscreen 15”
a risoluzione 4K e una
“developer’s edition”
su base Ubuntu
L
piccola rivoluzione della
mobilità, alla quale manca
solo la ricarica wireless per
raggiungere la perfezione:
la docking è WiGig, quindi
802.11 ad con 7 Gbps di
banda. A questo si aggiunge anche Pro Wireless Display (Intel Pro WiDi): l’evoluzione della tecnologia
WiDi permetterà non solo
di gestire schermi wireless
multipli in maggiore sicurezza ma anche conferenze in remoto con possibilità
di screen sharing e streaming tra partecipanti.
Quanto ci metteranno queste soluzioni “pro” ad arrivare nel mondo consumer? La docking
station wireless Dell, da poco presentata, sarebbe sicuramente utilissima a
tutti coloro che utilizzano un notebook
come computer abituale, a casa e in
mobilità.
PC In rete cominciano a comparire le prime lamentele; ma ha senso un desktop così piccolo?
Con Windows 10 niente desktop sotto gli 8 pollici
Microsoft nega l’accesso all’interfaccia desktop di Windows 10 ai device di taglia piccola
di Massimiliano ZOCCHI
U

niformare sì, ma senza forzare. Il
prossimo sistema operativo di Redmond, Windows 10 ha come scopo
principale quello di unire il mondo PC e
quello mobile, ma alcune piccole differenze resteranno. Osservando l’immagine a
lato possiamo notare come Microsoft non
mostri mai l’interfaccia desktop nei device
di taglia minore. Addirittura nel convertibile in posizione stand la schermata è divisa
in due per mostrare le due possibilità, ma
torna al sommario
Dell Precision
M3800, 4K
e Ubuntu per
registi e grafici
la cosa non è mostrata poi nei modelli
minori. Questo perché i dispositivi sotto
gli 8” non avranno accesso all’interfaccia
desktop. Quindi chiunque possederà un
device da 8” avrà a tutti gli effetti un PC
completo con possibilità di usare le app
win32 e di avere un
mini desktop. Chi opterà per un prodotto
più piccolo, o aggiornerà al nuovo SO,
avrà qualche funzione
in meno. La scelta ha senso: quanto sarebbe utilizzabile un desktop pensato per
mouse e tastiera su uno schermo da 5”?
Questo creerà una naturale distinzione tra
i prodotti aiutando a scegliere, oppure farà
confusione come fu per Windows RT?
di Michele LEPORI
La sede del Sundance Film Festival in quel di Park City nello Utah
è l’occasione buona non solo per
gustare in anteprima le più promettenti pellicole indipendenti
della settima arte, ma è anche il
palcoscenico ideale in casa Dell
per presentare una macchina dichiaratamente indirizzata a registi,
fotografi e chi lavora nel mondo
delle arti grafiche. Il Precision
M3800 è un laptop 15” con certificazioni ISV creato sulla base
dei feedback ricevuti dagli utenti
sul modello precedente: luce verde, quindi, a risoluzione 4K e una
nuova developer’s edition su base
Ubuntu che si affiancherà alla canonica edizione con sistema operativo Windows. A livello tecnico,
il Precision M3800 monta di serie
il processore Intel i7 di ultima generazione, scheda grafica Nvidia
Quadro K1 100M e 16 GB di memoria RAM con 2 TB di hard disk (optional l’archiviazione SSD da 1 TB).
Dell annuncia anche la presenza di
una presa Thunderbolt 2 e la possibilità di editare i filmati 4K RAW
mentre se ne gestisce in parallelo
il backup dell’originale. Al netto
delle modifiche applicabili sullo
store online, il prezzo del Precision
M3800 partirà da 1700 dollari: basterà a “rubare” clienti al rivale di
Cupertino?
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
PC A tre anni di distanza dal precedente Pi B+, ecco la nuova versione dalle ottime performance
Raspberry Pi 2, ora è sei volte più potente
Nuovissima versione del mini PC più famoso al mondo e apprezzato dagli “smanettoni”
Processore ARMv7 da 900 MHz e 1 GB di RAM. Costa 35 $ e funzionerà con Windows 10
di V. R. BARASSI
quasi tre anni dall’annuncio
della prima versione arriva
Raspberry Pi 2, versione tutta
nuova del mini PC più apprezzato e
amato dagli “smanettoni”; il computer ha lo stesso form factor e le stesse porte del recente Raspberry Pi B+
ma è equipaggiato con il doppio della memoria RAM (1 GB a 450 MHz) e
soprattutto porta in dote un nuovo
SoC Broadcom BCM2836, nel quale figurano un processore quad-core
ARMv7 da 900 MHz (con possibilità di
facile overclock a 1100 MHz) e un comparto grafico VideoCore IV.
Il pacchetto è capace di performance
nettamente migliorate rispetto al passato poiché si parla di prestazioni sei
volte superiori; tutti gli “extra” conciliabili con il primo Raspberry Pi saranno
compatibili al 100% con Pi 2 e, nonostante il cambio di processore, non vi
saranno stravolgimenti neppure dal
A
punto di vista software. Come al solito, il sistema operativo va caricato su
scheda microSD, le porte USB a disposizione sono quattro e non mancano
Ethernet 10/100 e uscita HDMI (ma c’è
anche un jack 3.5mm per il solo audio).
Dopo il grande lavoro fatto in questi
anni per ottimizzare le principali librerie
destinate a funzionare su Raspberry Pi,
gli sviluppatori si stanno attualmente
concentrando su un nuovo ambizioso
obiettivo: portare il sistema operativo
Windows 10 sul nuovo Pi 2. Si tratta ancora di un work in progress ma il semplice fatto di parlarne sta facendo sicuramente discutere e non poco. Il mini
PC Raspberry Pi 2 è già disponibile al
solito prezzo di 35 dollari. Attenzione
però: le scorte si stanno già esaurendo
abbastanza in fretta.
GADGET Il dubbio è che possa essere pericoloso ma la società assicura la totale sicurezza
Il battery pack “definitivo” funziona a gas
La startup tedesca eZelleron è al lavoro su una batteria portatile che si alimenta a gas in 3”
Non avrà bisogno di prese di corrente e potrà ricaricare ogni dispositivo dotato di presa USB
S
di Michele LEPORI

pulciare le pagine di Kickstarter,
il noto sito di crowd funding, è
un’esperienza sempre più vicina
all’apertura di una finestra sul futuro:
parliamo di Kraftwerk e della batteria
portatile che non ha bisogno di corrente. Batteria e corrente vanno a braccetto, indispensabili l’un l’altro per poter
adempiere al lavoro a dovere, ma
adesso eZelleron, pionieristica startup
tedesca decisamente proiettata nel
futuro, presenta al pubblico Kraftwerk,
una batteria portatile di dimensioni
estremamente ridotte che si ricarica a
gas in 3 secondi e ci permette di dire
addio alla corrente. Una ricarica di gas
alimenta 11 volte un iPhone 6. Immaginate la scena: smartphone praticamente morto, siamo in metropolitana e
dobbiamo fare una telefonata urgente.
torna al sommario
Il gas di un’accendino, tanto per fare
un esempio, può
essere usato per
ricaricare Kraftwerk
e rendere di nuovo
operativo lo smartphone. Vera e propria fantascienza
che sta per diventare realtà, come
illustrato nel video
di eZelleron sulla
propria pagina Kickstarter. eZelleron,
consapevole delle potenziali “paure”
degli acquirenti, conferma la totale sicurezza del dispositivo garantendone
l’utilizzo in aereo e il trasporto comodamente in tasca: bersaglio centrato
al primo colpo dato che la risposta del
pubblico è stata massiccia e a fronte
dei 500.000 dollari richiesti per dare
luce verde al progetto, oggi siamo
vicini a quota 1.000.000 di dollari e il
primo “stretch goal” a portata di mano.
Le spedizioni partiranno tra la fine del
2015 e l’inizio del 2016 ma oggi - a 30
giorni dal termine del progetto - è ancora possibile ordinare la propria copia
al prezzo di 99 dollari e un pack da 12
tubi di gas-ricarica a 49 dollari.
Enko, le scarpe
sportive che
sembrano uscite
da un film
Stanchi di sprecare
energie per scarpe
inefficienti e cattivi
materiali? Enko presenta
le Running Shoes
di Massimiliano ZOCCHI
Le calzature sportive sono state
spesso oggetto di invenzioni e
applicazioni tecnologiche. Enko
aggiunge la meccanica applicata
alla dinamicità dei movimenti unita
a una completa personalizzazione.
Il tutto per ottenere, secondo loro,
la scarpa da running perfetta. Le
Enko Running Shoes hanno un
meccanismo perfettamente visibile, con parti mobili il cui cuore è
l’ammortizzatore. Il concetto alla
base del progetto è semplice: le
scarpe normali assorbono l’impatto
dissipando l’energia a terra, mentre
Enko si propone di immagazzinare
questa energia e restituirla durante
il movimento, diminuendo la fatica
e aumentando le prestazioni. La
scarpa è dotata di un selettore per
diversificare l’azione, dalla camminata alla corsa. Enko dichiara di
essere l’unica che personalizza le
calzature in base alle caratteristiche del cliente, il che significa non
solo dimensioni e colore preferito,
ma anche componenti ottimizzati
in base al proprio peso per ottenere il massimo livello di ammortizzazione. La mente dietro al progetto
è Christian Freschi, appassionato
di running e ingegnere francese
di origini italiane. Se volete possedere queste scarpe potete dare
un contributo alla campagna su
Indiegogo.com. Per agosto 2015
potrete avere il vostro paio al prezzo promozionale di 290$, oppure
390$ se volete essere tra i primi
che le riceveranno.
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
SOCIAL MEDIA WEB Sony chiude Music Unlimited e lancia PlayStation Music insieme a Spotify
PlayStation è sempre più il futuro di Sony
PlayStation Network diventerà un nuovo ed unico hub pensato per offrire tutti i servizi
di Paolo CENTOFANTI
n un ottica di razionalizzazione dei costi, Sony annuncia la chiusura del servizio di streaming illimitato di musica
Sony Music Unlimited, lanciato nel lontano 2010, all’epoca sotto il brand Qriocity.
Nato esclusivamente per i prodotti di
home entertainment di Sony, in particolare Playstation e TV, il servizio era stato poi portato anche su Android e iOS.
Ma dal 29 marzo Music Unlimited verrà
chiuso in tutti i paesi in cui è attualmente
disponibile. Non si tratta della fine dello
streaming targato Sony comunque. In
primavera partirà infatti un nuovo servizio chiamato PlayStation Music e realizzato in collaborazione con Spotify. Di
fatto catalogo e infrastruttura saranno
quelle di Spotify, si utilizzeranno lo stesso account e lo stesso abbonamento
Premium, con accesso anche all’interno
di PlayStation Music delle proprie playlist
preferite. L’integrazione consentirà però
di ascoltare la musica di Spotify anche
mentre si gioca su PlayStation. Il servizio
sarà lanciato in 41 paesi, compresi i 19 in
cui è oggi disponibile Music Unlimited,
inizialmente su PS3, PS4 e dispositivi
Android Sony, ma poiché l’account sarà
I
unico, chi si iscrive da PlayStation Music
potrà comunque ascoltare Spotify su tutti i dispositivi per i quali è disponibile il
servizio.
Music Unlimited è però solo l’inizio. Sony
ha infatti annunciato un cambio di denominazione anche per il suo store di film
e serie TV, Video Unlimited, che passerà anche questo a far parte dell’ormai
grande famiglia PlayStation Network o
PSN. In pratica, ancora una volta, Sony
decide di cambiare strategia multimediale, abbandonando il Sony Entertainment
Network in favore di un’unificazione che
punti su quello che è il prodotto di mag-
giore successo del momento di Sony, la
console PlayStation per l’appunto. Sotto
l’ombrello PSN avremo ora il PlayStation
Store (giochi, film e serie TV su console),
PlayStation Music (streaming via Spotify), Playstation Video (il “vecchio” Video
Unlimited sui TV Sony), PlayStation Now
(giochi in streaming in abbonamento) e,
per ora solo negli Stati Uniti, PlayStation
Vue (catch-up TV in streaming). Continua
a rimanere un mistero la scelta di offrire
contenuti video in due store diversi, ma
per lo meno comincia a emergere un po’
di razionalità all’interno della ampia gamma di servizi di Sony.
YouTube dice addio a Flash: si passa ad HTML 5
Chi utilizza una versione aggiornata del browser vedrà comparire di default il nuovo player
L

a notizia è di quelle prettamente
per appassionati di tecnologia e
magari gli utenti normali di primo
acchito non si renderanno conto della
differenza, anche se la novità di cui stiamo parlando porterà a benefici come
pagine web meno pesanti per i PC.
YouTube ha infatti annunciato l’abbandono di Adobe Flash per il suo player
web desktop in favore di HTML 5. L’utilizzo del più moderno linguaggio web
non è del tutto una novità, visto che era
già in uso in versione beta, ma l’utente doveva andare ad attivare di suo
questa modalità su una pagina apposta. Ora, invece, chi usa una versione
aggiornata di Google Chrome, Internet
Explorer, Safari o una delle ultime beta
torna al sommario
A quasi due mesi
dal raid che ha tolto
dalla rete il famoso
motore di ricerca di
torrent, The Pirate Bay
ritorna online con
il simbolo della fenice
e al suo solito indirizzo
di Roberto PEZZALI
SOCIAL MEDIA WEB YouTube ha annunciato un cambiamento che, a suo modo, è epocale
di Paolo CENTOFANTI
The Pirate Bay
è già risorto
dalle ceneri
di Firefox, vedrà comparire di default
il nuovo player HTML. A suo modo si
tratta di un passaggio storico, perché
segnerà per Adobe Flash un netto calo
nel numero di utilizzatori, ponendo fine
a un dominio nel mondo del video online che è durato quasi quanto l’età stessa del world wide web. Di fatto HTML
5 era già utilizzato da YouTube nella
versione mobile e per Smart TV, e all’appello mancava ormai solo la versione desktop. Tra le svolte tecnologiche
che hanno reso possibile il passaggio
definitivo, YouTube cita il supporto per
il suo codec VP9, l’adaptive bitrate
streaming, la gestione dei media criptati e la migliore compatibilità negli ultimi
browser con la modalità a tutto schermo. L’abbandono di Flash consente al
player di essere più leggero (di fatto
viene utilizzato per la riproduzione il
lettore nativo del browser e non un ulteriore programma esterno) con benefici immediati soprattutto per i computer
portatili, che vedranno meno carico
sulla PC e quindi maggiore autonomia
della batteria.
The Pirate Bay è risorto dalle ceneri, come la proverbiale fenice
che capeggia sulla home page
del celeberrimo sito che funge
da motore di ricerca di torrent.
Sono passati quasi due mesi
dall’ultima volta che il sito era
raggiungibile online, dal giorno
cioè in cui i server di The Pirate
Bay furono sequestrati in un raid
delle forze dell’ordine nel data
center, che ospitava le macchine
anche di altre popolari destinazioni di chi cerca contenuti online. Il nuovo sito è in realtà quello
di sempre, anche se al momento
mancano banner pubblicitari e
a quanto pare il vecchio staff di
moderazione è stato tagliato fuori dalla gestione del nuovo sito.
Al momento c’è un po’ di confusione su chi gestisce questa
versione di The Pirate Bay, che
però utilizza il solito dominio. I
vecchi moderatori dicono di essere al lavoro per portare online
quello che sarebbe il “vero” sito,
mentre in risposta al sequestro
dei server dello scorso dicembre, altri gruppi avevano iniziato
indipendentemente la realizzazione di cloni basati sullo stesso
codice dell’originale. La notizia è
comunque una sola: come volevasi dimostrare, chiudere un sito
come questo, è più facile a dirsi
che a farsi.
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
SOCIAL MEDIA E WEB YouTube è di nuovo oggetto di critiche da parte degli artisti indipendenti
Nuovo scontro tra etichette indipendenti e YouTube
Via i video dal servizio di Google per chi non accetta di inserire la sua musica su Music Key
di Paolo CENTOFANTI
a scorsa estate, era nata una polemica riguardante il trattamento
riservato alle etichette indipendenti
da parte di YouTube, relativamente a
quello che poi è diventato YouTube Music Key: il servizio di streaming musicale
integrato nel portale video. Il consorzio
IMPALA si era rivolto all’Unione Europea
e ora rilancia l’appello, dopo le rivelazioni delle condizioni imposte da YouTube
sui piccoli artisti portate alla luce dall’indipendente Zoë Keating (nella foto in
apertura). Oggetto delle critiche sono
i nuovi termini di utilizzo per chi decide
di rivendicare i diritti sulla propria musica
su YouTube, che essenzialmente impongono la partecipazione “forzata” anche
a YouTube Music Key. YouTube, per chi
non lo sapesse, utilizza un sistema denominato Content ID che permette agli
artisti di rivendicare e quindi monetizzare sui video caricati dagli utenti che
sfruttano le loro composizioni musicali.
Con il lancio di Music Key, da quanto
rivelato da Zoë Keating, che ha pubblicato il contenuto della trattativa con un
rappresentate di YouTube, ora il servizio
di streaming video impone che se l’ar-
Avvistato un mezzo
di Apple con sistema
di videocamere simile
a quello di Google
per la mappatura
fotografica di Street
View. Funzione simile
in arrivo anche sulle
mappe di iOS?
L
di Paolo CENTOFANTI
tista vuole continuare a ricevere compensi per l’utilizzo dei suoi brani deve
necessariamente sottoscrivere anche
la partecipazione a Music Key, non solo
per i brani caricati direttamente dall’artista, ma anche per quelli generati dagli
utenti, pena la rinuncia ai compensi, ma
anche alla chiusura del proprio canale
ufficiale. Anche se il nuovo servizio dà
agli artisti una nuova fonte di guadagni,
i nuovi termini di utilizzo non piacciono
a tutti, perché verrebbe meno il controllo da parte degli autori su quello che
YouTube può offrire o meno all’interno
di Music Key, cosa questa che infasti-
disce soprattutto gli indipendenti che
fanno ampio uso di strategie di autopromozione. IMPALA ha lanciato una
proposta in 10 punti per un rilancio del
mercato musicale in Europa che essenzialmente chiede maggiore trasparenza
da parte dei player dominanti come
YouTube, norme che assicurino che non
vi siano disparità di trattamento in base
al “peso” dei vari attori, più controllo su
dati e la privacy da parte dei cittadini
europei e uno stop alla “concentrazione” del mercato della musica in Europa,
che attualmente vede tre multinazionali
controllare l’80% del settore.
APP WORLD L’app di Tesla controllerà serrature, fari, batteria, clima, autonomia e posizione
Le prime app per Apple Watch saranno limitate
Informazioni arrivano da parte dello sviluppatore dell’app per Apple Watch per le auto Tesla
Con la prima versione del software dello smartwatch, molti limiti per gli sviluppatori
di Paolo CENTOFANTI
pple lo aveva anticipato: app complete per Apple Watch arriveranno
solo in un secondo tempo e all’inizio gli sviluppatori potranno realizzare
più che altro estensioni di quelle per
iPhone. Cosa questo significhi nel dettaglio è stato spiegato da un post dello
sviluppatore Elks Labs, che si sta occupando della realizzazione dell’app per
Apple Watch di Tesla.
Essenzialmente Apple Watch funzionerà
come una sorta di secondo schermo per
l’app principale installata sull’iPhone e,
stando almeno all’attuale versione beta
di WatchKit, la piattaforma di sviluppo
per Apple Watch, gli sviluppatori hanno
un accesso molto limitato alle funzionali-

A
torna al sommario
Apple si prepara
a lanciare il suo
street view?
tà dello smartwatch. In particolare, spiega lo sviluppatore, le app non possono
utilizzare accelerometro, giroscopio,
microfono, speaker, Bluetooth (che è
riservato esclusivamente al pairing con
lo smartphone), notifiche a vibrazione e
persino il touchscreen sarebbe limitato
esclusivamente al Force Touch (la pressione lunga dello schermo).
Insomma, quasi tutte le risorse hardware
di Apple Watch, ripetiamo, almeno in
questa prima incarnazione di WatchKit,
sono “proibite” agli sviluppatori. Del resto, dice Apple, l’interazione con Apple
Watch dovrà misurarsi in secondi e non
in minuti come sulle app per smartphone
o tablet, a ribadire che lo smartwatch,
nella visione di Apple, è appunto un
complemento allo smartphone e non un
device “principale”.
L’app di Tesla, a giudicare dal video,
sembra comunque ben fatta e permette
di controllare le serrature, i fari, lo stato di
carica della batteria e l’autonomia in chilometraggio, il climatizzatore e, funzione
forse tra le più utili, la sua posizione.
Uno dei fiaschi più grandi della
storia recente di Apple è stato il
lancio dell’applicazione Mappe
con iOS 6. Annunciata in pompa
magna come soluzione alternativa
a Google Maps, contestualmente alla “guerra nucleare” contro
Google voluta da Steve Jobs, l’app
si rivelò ben presto piena zeppa di
buchi nella copertura, errori grossolani e un’esperienza d’uso lontana da quella a cui gli utenti iOS
erano abituati. L’app è migliorata
negli ultimi anni, ma ormai la nomea di servizio di serie B è rimasta, e comunque ancora mancano
molte funzionalità di Google Maps.
Una di queste è Street View, la vista fotografica che permette di
muoverci tra le mappe come se
fossimo realmente in strada. A
quanto pare Apple si starebbe
apprestando a portare questa modalità anche nel suo servizio. Negli
Stati Uniti, infatti, in California intorno a San Francisco, è stata avvistata una vettura intestata ad Apple e
dotata di un sistema di fotocamere
sul tetto, che sembrerebbe essere fatta apposta per la mappatura
delle strade. Ci sarebbe anche
un’altra interpretazione: l’auto è
praticamente identica infatti a una
monovolume con guida autonoma
avvistata nel 2014 a Brooklyn. Su
cosa sta lavorando davvero Apple? Per ora è un mistero, ma la
mappatura delle strade ci sembra
più verosimile.
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9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
AUTOMOTIVE Il progetto prevede fino a quaranta colonnine dislocate in altrettante Eni Station
Prima stazione Fast Recharge Plus Enel-Eni
Ricarica in 30 minuti tutte le auto elettriche
Enel ed Eni hanno inaugurato a Pomezia la prima stazione di ricarica Fast Recharge Plus
Permette di ricaricare ad alta velocità qualsiasi auto elettrica grazie ai diversi standard
di Massimiliano ZOCCHI
I

naugurazione in grande stile per la
prima stazione di ricarica Fast Recharge Plus, una colonnina multistandard
per la ricarica di auto elettriche, installata da Enel all’interno della Eni Station al
km 31,384 di via Pontina a Pomezia. Si
tratta della prima installazione derivante
dall’accordo tra Enel ed Eni, siglato nel
marzo 2013, per il supporto della mobilità
sostenibile da parte dei due colossi energetici. Accordo strategico da entrambi i
fronti. Enel accrescerà la sua infrastruttura di ricarica che attualmente vanta numerose colonnine sul territorio, ma tutte
in ricarica lenta o semi veloce in corrente
alternata, migliorando la copertura e offrendo un servizio top class. Eni invece si
introduce in punta di piedi in un settore
nuovo che, anche se in concorrenza con
il mercato del petrolio, contribuirà a farla
restare leader nel mondo dei rifornimenti
e stazioni di servizio. Il taglio del nastro
è avvenuto alla presenza di tutte le principali autorità coinvolte: Salvatore Sardo,
Chief Officer di Eni, Francesco Storace,
AD di Enel, coadiuvati da rappresentanti
politici, Fabio Refrigeri, assessore della
Regione Lazio e Fabio Fucci, sindaco di
Pomezia. Non poteva mancare il ministro
alle Infrastrutture e Trasporti, Maurizio
Lupi, che si è presentato con una Tesla
Model S fiammante. A onor del vero il mi-
torna al sommario
Con CarVi la tua
vecchia auto
diventa Smart
È iniziata la raccolta
fondi per CarVi, che
trasforma qualsiasi auto
in una Connected Car
Analizza la strada in
tempo reale, avvisa
di eventuali pericoli
e a fine giornata ti dice
se sei stato un buon
guidatore
di Massimiliano ZOCCHI
nistro Lupi è sempre stato molto attento
alle tematica di mobilità sostenibile, ed
ha pazientemente atteso che tutti gli attori trovassero i giusti accordi.
A livello tecnico, la mastodontica colonnina è la prima di Enel con diversi standard di ricarica. Questo perché non tutte le vetture in commercio utilizzano le
stesse tecnologie, e quindi per offrire un
servizio a 360 gradi è obbligatoria una
struttura come questa. Dai due diversi
lati la colonnina propone la ricarica fast
nei sistemi più diffusi e scelti come standard dalla Comunità Europea. La fast
AC in corrente alternata, utilizzabile ad
esempio dalla Renault Zoe, dalla Smart
ED o dalla Tesla Model S, oppure la carica DC in corrente continua. Quest’ultima
si divide in ChaDeMo, utilizzata dai mezzi Nissan e asiatici in genere, e COMBO
CCS, in dotazione alle auto tedesche, e
candidato ad essere il connettore futuro
di tutte le auto EV.
Con le potenze elettriche erogabili, fino
a 50 Kw, in circa 30 minuti si può fare “il
pieno”, giusto il tempo di una pausa all’Eni Café, cosa in cui Eni spera vivamente in modo da incrementare gli utili delle
aree di sosta.
In particolare l’area di Pomezia è stata
scelta poiché è un punto strategico, sia a
livello industriale, intercettando il flusso
pendolare con la capitale, sia per il passaggio turistico in direzione delle località
balneari laziali. In questo modo i cittadini
della zona vedono estendersi di molto il
raggio d’azione dei loro veicoli elettrici.
Per questo stesso motivo, le future installazioni saranno tutte in aree di forte
passaggio, tendenzialmente tutte extra-
urbane, superstrade e autostrade, per
consentire agli automobilisti di spingersi
anche fuori città con i propri mezzi a zero
emissioni.
Non sono ancora state rilasciate informazioni dettagliate, ma pare che l’autenticazione alle colonnine avverrà con
la tessera rfid del servizio EnelDrive,
sottoscrizione dedicata alle colonnine
Enel su tutto il territorio, che propone sia
abbonamenti flat mensili, sia a consumo,
pagando in base al numero di Kwh prelevati.
Questo genere di impianti è la norma in
molti Paesi europei già da diversi anni,
e l’Italia è un po’ il fanalino di coda, ma
qualcosa inizia a muoversi seriamente.
Nel 2015 vedremo nuovi modelli di vetture elettriche un po’ da tutti i costruttori,
ci saranno aggiornamenti di quelli già
presenti sul mercato e l’infrastruttura di
ricarica crescerà molto grazie anche all’impegno delle amministrazioni regionali, Lombardia e Toscana prime tra tutte.
È arrivato finalmente il momento della
mobilità elettrica italiana?
CarVi è una campagna appena
partita su Indiegogo.com per un
accessorio da installare in zona
specchietto retrovisore, che trasformerà la vostra timida utilitaria
in una Connected Car. Il modulo
CarVi ha un design accattivante, si
attacca al parabrezza e dalla parte
rivolta verso la strada ha una telecamera per analizzare istantaneamente il percorso. Si collega allo
smartphone iOS o Android tramite
app, e nel caso rilevi un pericolo
emette avvisi visivi e sonori. Tiene
d’occhio le linee stradali per cambi di corsia accidentali, si accorge
di manovre repentine di altri guidatori e monitora le distanze di
sicurezza. Il sistema analizza le
abitudini di guida e a fine giornata
vi assegna uno Skor, una valutazione, indicando ciò che avete
fatto e ciò su cui dovete lavorare
per migliorare al volante.
Mentre scriviamo CarVi ha raggiunto 35.000 dollari sul totale
di 100.000 preventivato in soli 3
giorni. Potreste avere il modulo
aggiuntivo al prezzo promozionale di 249 dollari, che salirà a 274
dollari, fino al prezzo definitivo di
299 dollari. Se la campagna avrà
successo, le spedizioni dovrebbero iniziare ad agosto 2015. Clicca
qui per il video di presentazione.
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9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
AUTOMOTIVE L’auto sarà in vendita dal mese di maggio a un prezzo che partirà da 32.900 euro
Renault Espace, concentrato di tecnologia
La nuova Renault riunisce soluzioni tecnologiche per aiutare la guida e il comfort a bordo
Il tutto controllabile da uno schermo touch verticale di 8,7” sospeso davanti alla plancia
di Roberto FAGGIANO
enault presenta la nuova Espace,
con una linea più filante da crossover ma sempre colma di nuove idee
e con una tecnologia all’avanguardia.
L’abitacolo è ampio e accogliente grazie
alle dimensioni del corpo vettura (4,85
m di lunghezza) con una soluzione originale: una console centrale rialzata tra i
due sedili anteriori che ospita il cambio e
il grande display verticale di controllo di
molte funzioni della vettura.
Il sistema di intrattenimento si chiama
R-Link2 e comprende un pannello touch
di origine LG con schermo da 8,7’’ alla destra del guidatore nell’inusuale posizione
verticale, ma non incassato nella plancia
bensì poggiato sul tunnel centrale sospeso verso l’alto. Oltre al pannello ci sono
tradizionali manopole di regolazione per
l’impianto di climatizzazione. I widget della schermata iniziale sono personalizzabili dall’utente secondo i gusti e si possono
memorizzare sei diversi profili se i guidatori sono più di uno. Oltre alle funzioni
già integrate come il navigatore TomTom
con funzione Live e la lettura vocale degli
SMS, se ne possono aggiungere altre dal
portale dedicato R-Link store di Renault.
Tra le connessioni disponibili c’è il Bluetooth con vivavoce per lo smartphone e
numerose prese USB posizionate nell’abitacolo, anche per i passeggeri seduti
R
Scoperto un bug
nel software
ConnectedDrive
delle auto BMW che
consente a potenziali
malintenzionati di
sbloccare le serrature
BMW ci mette la pezza
sul divano posteriore, e
uno slot per SD card. Il
display verticale è predisposto per mostrare
diverse funzioni su una
sola schermata o per
sdoppiare le indicazioni
del navigatore 3D integrato, per meglio visualizzare un dettaglio
del percorso. Il cruscotto è di tipo digitale
e può indicare il contagiri o il tachimetro
secondo le preferenze di chi guida.
Ulteriore tocco di tecnologia è l’Head Up
Display sopra il volante che riporta ulteriori informazioni sul veicolo, sui segnali
stradali e sul percorso da seguire. Dalla
versione intermedia Intens c’è anche
la videocamera posteriore per facilitare
le manovre. Sulla versione più lussuosa
Initiale Paris è di serie anche un sistema
di Paolo CENTOFANTI
audio firmato Bose con 12 altoparlanti
sparsi nell’ampio abitacolo, contro gli 8
delle altre versioni. Tra i tanti gadget disponibili perfino la possibilità di regolare
il colore dell’illuminazione dell’abitacolo
tra diverse sfumature.
Renault Espace sarà in vendita da maggio con prezzi a partire da 32.900 euro;
i motori disponibili sono due 1.600 cc, a
benzina TCe o a gasolio dCi con diversi livelli di potenza. Tre i gradi di finitura:
Zen, Intens e il top di gamma Initiale Paris, con cambio automatico o manuale.
AUTOMOTIVE Se la notizia fosse vera, potrebbe creare un certo imbarazzo tra Google e Uber
Google sta lavorando al taxi a guida autonoma?
Pare che Google stia studiando a un servizio simile a Uber con auto a guida autonoma
di Massimiliano ZOCCHI
ber, compagnia che offre un sistema che si potrebbe definire un
ibrido tra car sharing e taxi privato,
sta avendo una buona diffusione a livello
mondiale, tanto che David Drummond,
Vice Presidente di Google, nel 2013 è
entrato a far parte del consiglio direttivo.
La notizia di qualche giorno fa, riportata
da Bloomberg, potrebbe creare imbarazzo nei rapporti tra le due aziende: Drummond avrebbe informato il direttivo Uber
che Google sta sviluppando un sistema
simile, che andrebbe ad appoggiarsi al
progetto di automobile selfdrive già visto

U
torna al sommario
BMW tappa
la falla che
permetteva
agli hacker
di aprire le auto
nei mesi scorsi: un servizio di taxi a guida
autonoma che pattugliano il quartiere in
attesa che qualcuno ne richieda i servigi
per ridurre i tempi di attesa. Una fonte
anonima all’interno di Uber ha dichiarato
che esiste già l’applicazione e gli impiegati di Mountain View la stanno testando.
Dal canto suo, il Wall Street Journal cerca
di stemperare molto la tensione: secondo una sua fonte attendibile, il fatto che
Google stia sviluppando un’app in aperta
concorrenza a Uber è un’ipotesi “sproporzionata”; l’azienda sta semplicemente
testando un’app di carpooling per i suoi
dipendenti.
Uber ha già intrapreso una contromossa
e ha annunciato una collaborazione con
l’Università Carnegie Mellon per studiare un proprio
sistema di selfdriving. E a
buttare ulteriore benzina sul
fuoco è arrivato l’annuncio
di Google sul futuro inserimento di spot e informazioni
di aziende terze all’interno
di Google Now. Tra i fornitori sono stati citati Pandora,
AirBnb, e Lyft, che offre un
servizio simile a Uber, che
non è stato menzionato.
L’ADAC, l’analogo tedesco dell’ACI,
ha scoperto una falla di sicurezza
nella piattaforma ConnectedDrive
di BMW, che consente potenzialmente a dei malintenzionati di forzare il sistema di autenticazione
e accedere a funzionalità come
l’apertura remota delle serrature
delle portiere. In un comunicato
stampa, BMW fa sapere di aver
preparato un apposito aggiornamento software, che verrà
automaticamente scaricato dalle
vetture dotate di ConnectedDrive
(sistema che utilizza una SIM integrata nell’auto) e precisa che non
è al corrente di alcun caso di effettiva violazione, ma il punto rimane:
quando tutto è connesso, fino a
che punto possiamo fidarci?
Nel caso specifico, ConnectedDrive al momento non permette di
accedere ai sistemi di guida, ma
può essere utilizzato per salire
materialmente sul veicolo aprendo le serrature, il che di per sé è
un rischio. Ma l’accesso ai sistemi
di bordo potrebbe anche permettere di risalire a dati personali
dell’utente, o ancora magari allo
storico delle destinazioni del navigatore satellitare se non agli stessi percorsi effettuati. Insomma,
meglio prepararci a un’era in cui
la sicurezza informatica riguarderà ogni aspetto della nostra vita.
IL PIÙ SEMPLICE
IL PIÙ SMART
*LG G2 vincitore del premio Best Phone 2013 di Cellulare Magazine.
Now It’s All Possible
Cosa c’è di meglio di LG G2, eletto migliore smartphone del 2013*?
La sua sorprendente evoluzione.
Nuovo LG G3. Il più semplice, il più smart.
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9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
TEST Con il visore saranno visibili filmati, brevi concerti e si potranno esplorare diversi spazi come gallerie, abitazioni e musei
Samsung Gear VR è in arrivo in Italia a 199 euro
Il visore per la realtà virtuale firmato Oculus sarà acquistabile sul sito Samsung. Le nostre impressioni del modello definitivo
di Roberto PEZZALI
S
amsung è pronta a portare in Italia il suo
visore di realtà virtuale da associare al
Galaxy Note 4: realizzato con la tecnologia
Oculus VR, il Gear VR sarà disponibile tra pochi
giorni a 199 euro in versione “solo visore” e a 249
euro nella versione con il joypad. Samsung, al momento, non ha previsto una versione abbinata al
Galaxy Note, pertanto lo smartphone è da acquistare a parte. Gear VR sarà dimostrato e presentato nei negozi ma per la vendita Samsung sfrutterà
il suo sito web, con il visore che sarà acquistabile nella versione italiana esclusivamente sul sito
Samsung. Abbiamo avuto modo di provare la versione che arriverà in Italia, non tanto come hardware quanto per il software.
L’applicazione Oculus si installa non appena si aggancia il Samsung Galaxy Note alla base: all’interno
sono presenti una serie di applicativi gratuiti divisi
in categorie, dai giochi alle experience. L’utente
può scaricare qualche breve concerto, qualche
filmato (decisamente bello quello dello spettacolo
degli artisti del Cirque du Soleil) e può esplorare
alcuni spazi come canyon, gallerie, abitazioni e musei, ma ovviamente vista la natura ancora un po’
sperimentale del sistema non ci si può certo aspettare un ecosistema completo. L’unica mancanza di
un certo livello, rispetto alla versione americana,
sarà Milk VR: l’app per la realtà virtuale con un nuovo contenuto ogni giorno non sarà disponibile sul
mercato europeo per questioni legate ai diritti dei
film, quindi chi acquisterà il visore avrà meno contenuti dei cugini americani. Va comunque detto,
in ogni caso, che quanto viene dato da Samsung
basta per farsi un’idea di quello che è il VR e soprattutto che il visore può essere usato anche per
vedere filmati in 2D e 3D con la stessa impressione di una visione cinematografica. Le impressioni
generali sono quelle di Oculus: bellissimo per chi
non lo ha provato, forse un po’ fastidioso per chi è
sensibile alla visione attiva 3D.

Il gamepad del Samsung Gear VR incluso nella
versione da 249 euro.
torna al sommario
video
lab
Un gadget divertente per Galaxy Note
Nonostante il pannello OLED 2K del Galaxy Note,
la resa video lascia ancora un po’ a desiderare,
con una risoluzione forse troppo bassa per poter
godere completamente della visione: servirebbe
un pannello 8K, ma ovviamente è fantascienza su
uno smartphone (anche per questione di consumi).
Gear VR a 199 euro è sicuramente un divertente
gadget per chi ha un Galaxy Note e, realtà virtuale
a parte, può trasformarsi nel sistema perfetto per
potersi godere un film sull’aereo o a letto, su uno
schermo gigante e in perfetta tranquillità. L’unico
consiglio che ci sentiamo di dare è di provarlo
prima nei negozi: c’è chi non avverte il minimo fastidio a indossarlo, trovando la visione piacevole
e appagante, e chi invece dopo qualche minuto
inizia a sentirsi disorientato con un leggero senso
di nausea.
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9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
TEST Al momento Google Translate è utile per richiedere informazioni veloci, meno per una vera conversazione in tempo reale
Davvero parlare arabo senza conoscerlo si può?
Abbiamo messo alla prova Google Translate
L’idea di conversare in una lingua sconosciuta affidandoci totalmente a Google Traduttore ci ha sempre affascinato
Ecco un test di questa app, alla prova anche in un dialogo italiano-arabo: alla fine, qualcosa ci abbiamo capito...
di Emanuele VILLA
idea di affidare a uno smartphone la traduzione
in tempo reale delle nostre conversazioni con
gli stranieri è affascinante e utile. Perché in poche parole significa che oggi, o al massimo domani,
potremo dialogare tranquillamente con persone che
non conoscono la nostra lingua senza conoscere la
loro; sarà come avere un interprete in tasca da consultare (gratuitamente) ogni volta che vorremo. Non è
una novità di oggi, ma lo spunto per approfondire l’argomento e per verificarne lo stato dell’arte ce lo offre
Google con l’aggiornamento della sua app dedicata
alle traduzioni (Google Traduttore, disponibile per Android e iOS) che, oltre a miglioramenti vari in termini
di riconoscimento e traduzione, permette ora a chiunque di parlare liberamente nella sua lingua lasciando
a Google il compito di riconoscerla e tradurla.
L’
Italiano e inglese
Where is the problem?
Strumenti per la traduzione del materiale scritto e
vocale ne esistono a bizzeffe, ma per quanto il meccanismo di funzionamento possa sembrare semplice
(riconoscimento vocale affidato a Google e al suo
cloud e traduzione nei due sensi con contestuale riproduzione vocale), un sistema ben funzionante deve
valutare mille variabili complicatissime: espressioni
locali, dialetti, modi di dire, parlata veloce o stentata,
punteggiatura ma soprattutto l’ortografia, ovvero l’insieme di norme che regolano il modo corretto di scrivere. Questa cambia da idioma a idioma ed è il motivo per cui la costruzione della frase non può in alcun
modo replicare quella di partenza. Molti di noi hanno
una conoscenza teorica dell’inglese, ma quanti sono
in grado di avventurarsi in una conversazione che non
scada nel comunicare a gesti o usare quelle 10 parole
che ricordiamo dalle due settimane passate a Londra?
video
Una delle difficoltà più grosse in questi casi è proprio
il non poter usare le medesime regole ortografiche
di partenza, col risultato che un’ottima conoscenza
del vocabolario non ci rende in alcun modo capaci di
sostenere un (buon) dialogo in una lingua straniera. E
per i sistemi automatici il problema è lo stesso: affinato il riconoscimento delle parole, tradurle e riproporle
in una frase corretta a livello ortografico è una sorta di
incubo, da cui il fatto che la strada per la perfezione
è ancora lunga. Poi c’è tutto il discorso della punteggiatura, che in un dialogo dipende dall’intonazione:
come fa un sistema automatico a capire che questa
è una domanda? Semplice: bisogna dirglielo, pronunciando “punto interrogativo” al termine della frase. E
questo è già un primo limite.
Aggiornata l’app su iPhone, abbiamo subito provato
a usarla in diversi modi e con svariate combinazioni,
ma con l’ovvia predilezione per il rapporto italiano–inglese, che supponiamo sia il più usato. Il meccanismo
di funzionamento è semplicissimo: si imposta la coppia di lingue su cui si vuole basare la conversazione
e poi si decide se la traduzione debba avvenire da
lab
materiale scritto, da una conversazione orale o dall’inquadratura della fotocamera, che è una novità importante dell’ultima versione. Scartata l’ipotesi della
traduzione di materiale scritto, ci addentriamo in una
conversazione italiano–inglese con la collaborazione
di un amico che abita Oltremanica e che contattiamo
via Skype. Il risultato si spiega in poche parole: siamo
sulla buona strada e l’app è molto utile, ma prima che
le facoltà di lingue chiudano per inutilità sopravvenuta passerà un bel po’ di tempo. Dove il sistema è
pressoché perfetto è il riconoscimento della lingua:
tra italiano e inglese, il sistema non ha mai avuto dubbi. Niente male la gestione delle frasi in italiano, dove
i limiti restano la punteggiatura (che come detto va
scandita a voce, altrimenti il sistema “impazzisce” con
una certa facilità), il fatto di dover parlare lentamente
e di spezzare le singole frasi, un po’ più problematico
il riconoscimento delle frasi in inglese a causa della
limitata qualità della trasmissione, ma tutto sommato
non ci si può lamentare.
Considerando che il sistema è fatto per persone che
si parlano direttamente, possiamo affermare che il riconoscimento dei termini, a patto di scandire bene le
parole e parlare con una certa tranquillità, è buono.
Anche perché se la frase di partenza non è riconosciuta in modo perfetto, la traduzione diventa logicamente disastrosa. C’è ancora da lavorare sulla qualità
della traduzione, questo sì, ma bisogna dare atto a
Google di aver lanciato un’app che è molto utile, consuma non poca batteria ma può essere un toccasana
in condizioni di necessità, quando siamo all’estero e
non conosciamo la lingua, quando dobbiamo dare
delle indicazioni, ecc. Le frasi sono state tradotte in

segue a pagina 32 
torna al sommario
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
APP WORLD Potrebbe essere l’evoluzione di Cortana? Non molte le informazioni a riguardo
Bill Gates è al lavoro su Personal Agent
Un progetto cross-platform di assistente personale che promette di non dimenticarsi nulla
di Michele LEPORI
W
indows 10 e tutto il corollario di
prodotti e servizi che abbiamo
visto alla recente presentazione al mondo non sembrano essere
l’unico progetto nei laboratori segreti
di Redmond: Bill Gates, ex numero 1
Microsoft, ha dichiarato su Reddit di essere al lavoro su un progetto rivoluzionario, nome in codice (o forse ufficiale)
Personal Agent. Secondo il fondatore
di Windows, Personal Agent “… si ricorderà di ogni cosa e ci aiuterà a non
dimenticare a casa nulla. L’idea che ci
sia un’app per ogni cosa da ricordare
è sbagliata e non è il giusto modello di
efficienza da seguire”, continua Gates
prima di glissare sui dettagli e farci capire che ne sentiremo ancora parlare ma
forse non a brevissimo. Gates è al lavoro
su un assistente vocale sempre vigile e
pronto a darci una mano quando interpellato: descritto così, Personal Agent
potrebbe benissimo essere il fratellino
minore di Siri e Cortana, tant’è che le malelingue già parlano del progetto come
implementazione aggiuntiva della neonata assistente Microsoft più che di un
progetto ex novo. Dalle parole di Gates,
tuttavia, prende corpo l’idea che il progetto sia qualcosa di trasversale agli OS
attualmente esistenti e l’idea di una sorta di intelligenza artificiale cross-platform
potrebbe non essere troppo ardita. Non
sappiamo quando torneremo a sentir
parlare concretamente dell’Agente, ma
se dovessimo sbilanciarci ci sentiamo di
indicare la conferenza degli sviluppatori
Microsoft di aprile come occasione buona per qualche aggiornamento.
AUTOMOTIVE
Autostrada
per test veicoli
automatici
Il ministro dei trasporti tedesco
annuncia in un’intervista l’intenzione
di aprire una corsia sull’autostrada
bavarese A9 (tra i candidati anche
la A81) per il test di autovetture
automatiche o con guida assistita.
I lavori di adeguamento prevedono
l’installazione di una rete di comunicazione a cui le auto automatiche o
semiautomatiche potranno appoggiarsi per l’interazione con la strada
e gli altri veicoli. Il ministro ha posto
l’accento sulla necessità da parte dei
costruttori tedeschi di sviluppare una
piattaforma indipendente dai colossi
americani e cinesi.
TEST
Google Translate
segue Da pagina 31 
modo che potremo definire “attendibile”: senza perfezione (spesso viene usato il “because” anche nelle
domande, la punteggiatura nelle traduzioni latita, il
“sentire” italiano, nella sua accezione di “ascoltare”,
viene tradotto con “feel”, ovvero “provare”, ecc.), possiamo affermare che ad oggi il nostro interlocutore
capisce ciò che vogliamo dire, con almeno un 80%
di correttezza lessicale e ortografica. A patto, ripetiamo, che il riconoscimento della frase di partenza sia
corretto: se si parla bene e piano, problemi non ce
ne sono. Occhio solo a una cosa: ci vuole una connessione dati, quindi all’estero il roaming è pressoché
indispensabile.
Andiamo sul difficile e tentiamo di
comunicare in arabo

Ci stiamo prendendo gusto e, visto il risultato apprezzabile con l’inglese, decidiamo di andare sul difficile:
l’arabo. Per l’occasione, però, niente Skype o affini:
abbiamo invitato in redazione un amico egiziano,
Emad, e abbiamo simulato cosa potrebbe accadere
se ci trovassimo in Egitto e dovessimo chiedere informazioni basilari a persone del luogo. Per rendere tutto più naturale possibile, Emad non sapeva nulla del
nostro esperimento e non si era preparato le risposte,
che sono quindi naturali e “imperfette” come in un
vero dialogo tra due conoscenti. Il risultato è molto
interessante e anche buffo, a tratti.
Giungiamo a queste conclusioni: intanto è abbastanza complesso gestire una conversazione con chi non
è preparato per via delle modalità stesse di funzionamento dell’app. Se non c’è silenzio assoluto o non
lo si stoppa manualmente, il microfono continua ad
ascoltare per decine di secondi; visto che in condizioni concrete il silenzio è ben difficile che ci sia, capita
di dover fermare a mano più volte, e se il nostro in-
torna al sommario
terlocutore non è pronto ci si “incasina” tra domanda, risposta e via dicendo. Questo è un aspetto che
Google potrebbe affinare senza grosso sforzo ma con
ottima soddisfazione per gli utenti. Per quanto riguarda la conversazione, Emad ci ha confermato che la
traduzione dall’italiano all’arabo è sempre stata corretta, mentre abbiamo incontrato molte più difficoltà
nel verso opposto, anche perché le domande (ita)
erano preparate a tavolino mentre le risposte (ara)
totalmente improvvisate come in un incontro reale.
Il riconoscimento della frase araba resta discreto, soprattutto nei casi più semplici, ciò su cui l’app può migliorare è la traduzione, che effettivamente richiede
un discreto sforzo interpretativo da parte dell’utente.
In media lo sforzo è contenuto, ma ci sono stati casi,
uno in particolare, in cui riconoscimento e traduzione
non hanno portato a nulla di comprensibile. Quanto
sopra non ha alcuna pretesa scientifica (magari si può
parlare meglio, più lentamente, usando forse parole
più semplici, ecc.) ed è sempre molto meglio di niente: uno strumento come questo ci permette, infatti, di
comunicare e di farci capire da persone con le quali
fino a ieri avremmo davvero dovuto comunicare a gesti, ma il concetto stesso di “conversazione” è ancora
da affinare.
dire, le espressioni dialettali, capiscano una dizione
imperfetta e via dicendo, passeranno degli anni. Resta il fatto che la strada intrapresa è quella giusta
e già oggi possiamo uscire da situazioni complesse
in Paesi stranieri facendoci aiutare da Google o chi
per essa.
Con Google Translate il nostro interlocutore capisce
cosa gli vogliamo dire, e questo è un passo avanti
enorme rispetto al passato: magari si metterà a ridere perché la costruzione della frase è quel che è,
manca la punteggiatura e parole con più significati
vengono tradotte in modo abbastanza casuale, ma
almeno otteniamo il risultato nella maggior parte dei
casi. Con l’inglese la situazione non è niente male,
con l’arabo ci sono stati casi in cui la traduzione era
incomprensibile (vedi video) ma vanno messe in conto mille variabili come la pronuncia imperfetta, le frasi lunghe, l’assenza di preparazione e via dicendo.
In sostanza, riteniamo Google Traduttore uno strumento utile per chiedere informazioni veloci e da
scaricare assolutamente quando dobbiamo andare
all’estero, che ci toglie dai guai ma non ancora adatto a una vera e propria conversazione in tempo reale
tra conoscenti. Ma la strada è quella giusta...
Siamo “nel mezzo del cammin...”
Possiamo dunque smettere di studiare lingue
all’Università? Non se ne parla. Intanto perché un
interprete non sostituirà mai il piacere della conversazione diretta: possiamo supporre che un domani la
traduzione sia perfetta e che non ci si debba limitare
a una manciata di parole per volta, ma comunque il
bello della comunicazione a due sta in quella spontaneità che non si può avere quando ci si mette di
mezzo un interprete, umano o smartphone che sia.
Chi vuole fare l’interprete può andare tranquillo: prima che strumenti come questo imparino i modi di
video
lab
Google Translate
Mettiamolo alla prova con l’arabo
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9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
TEST Abbiamo provato la stampante 3D Hamlet 3DX100 per capire quanto è “consumer” e cosa ci può fare un tecno appassionato
La stampa 3D è affascinante, ma non è per tutti
Realizzare modelli da stampare non è affatto facile, alle stampanti 3D per entrare “in casa” servono ancora alcuni anni
di Roberto PEZZALI
L
a stampa 3D affascina: vedere quei piccoli cubi
creare, con minuscole estrusioni di filo, oggetti
elaborati con una facilità disarmante è un vero
piacere. Ma è vero, come dicono molti, che la stampa 3D è ormai pronta per diventare un fenomeno di
massa? Abbiamo provato a scoprirlo, mettendoci dalla
parte di chi, passeggiando per i corridoi di un centro
della grande distribuzione, vede a scaffale tra le normali stampanti anche una stampante 3D oppure di chi,
abbagliato dalla pubblicità, ha deciso di intraprendere
la costruzione della stampante 3D a fascicoli che DeAgostini ha portato in edicola. L’esperimento è semplice:
da appassionati di tecnologia chiediamo una stampante 3D da provare, un oggetto “insolito” per noi e anche
la prima prova di una stampante 3D. La stampante è la
Hamlet 3DX100, e con la nostra prova non vogliamo
provare nello specifico questo modello di stampante
ma vedere cosa può fare chi, preso magari da una voglia di shopping compulsivo, decide di spendere un
migliaio di euro per un oggetto pensando che sia una
normale stampante dotata però di una dimensione in
più. Non possiamo testare a fondo la stampante Hamlet per un semplice motivo: è la prima che proviamo e
non abbiamo un confronto pratico con quello che offre
il mercato, e siamo consapevoli di non avere ancora
elementi sufficienti per poter giudicare adeguatamente la qualità dei prototipi stampati relativamente ad
altri modelli di prezzo simile.
Come funziona una stampante 3D
Una stampante 3D non è molto diversa nella tecnica di
funzionamento da una stampante inkjet: i modelli più
comuni presenti sul mercato sono quelli con tecnologia FDM, ovvero Fused Deposition Modeling. Un filo
di materiale plastico viene fuso da un iniettore che lo
porta a 200° depositandolo strato per strato su un supporto. Come nella stampante inkjet esiste un braccio
che muove la testina avanti e indietro, nella stampante
3D ci sono due bracci per aggiungere la componente
video
lab
verticale sviluppando così la costruzione in altezza.
Costruire una stampante 3D non è troppo complesso,
e i brevetti sono scaduti: molti produttori lanciano oggi
stampanti di tutti i tipi e di tutte le dimensioni, capaci
di funzionare anche con materiali alternativi e dotati
di ugelli che assicurano risoluzioni di stampa super.
Come per la stampante inkjet infatti è la dimensione
dell’ugello a fare la risoluzione, accoppiato e legato
all’altezza di ogni singolo strato.
Abbiamo la stampante, e ora?
La stampante Hamlet 3DX100 è un grosso e voluminoso blocco che nasconde tutta la sezione di stampa:
esistono stampanti di tutte le forme e dimensioni, e
quella di Hamlet è un po’ insolita ma è anche una delle prime uscite sul mercato. L’installazione, seguendo
le istruzioni, è abbastanza semplice e l’unica operazione da fare, oltre al caricamento del filo, è la calibrazione del piano riscaldato che serve per far aderire meglio la stampa. La calibrazione assicura che il
piano sia perfettamente perpendicolare, condizione
questa indispensabile per avere stampe perfette. La
stampante si può collegare al computer tramite USB,
ma non è affatto necessario: si può anche stampare
direttamente da card SD fornendo un file nel formato
GCODE. Questo file è in pratica un insieme di istruzione meccaniche per la testina di stampa: la stampante
3D, almeno il modello provato, non importa quindi i
modelli ma una serie di istruzioni che vengono create da un software partendo dal modello. Le istruzioni contenute nel file sono proprie della stampante e
hanno valori associati al singolo modello: un dettaglio
questo che vogliamo sottolineare proprio perché
stampare con una stampante 3D non vuol dire “scarico un file 3D, lo carico sulla stampante e lei stampa” ma più precisamente “scarico un file 3D, creo le
istruzioni di stampa e lei stampa”. In dotazione con la
stampante Hamlet c’è Peak 3D, un programma che
si occupa proprio di importare modelli 3D in formati
diversi (il più noto è l’SLT) e convertire questo modello
in file GCODE. Dobbiamo dire che, se non ci si addentra nelle impostazioni personalizzate, la cosa è
abbastanza semplice. Nel menu avanzato si possono
comunque variare impostazioni fondamentali come la
percentuale di riempimento e lo spessore dei singoli
strati: è bene lavorare sul personalizzato per ottenere
stampe migliori.
segue a pagina 34 
video
lab
DDay stampa in 3D

Il modello del nostro bicchiere DDay
torna al sommario
Il nostro video delle prove di stampa
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
HI-FI E HOME CINEMA Pioneer ha presentato l’SBX-B30, il suo primo diffusore soundbase: può reggere TV di grande formato
Pioneer ha una soundbase per TV in grado di reggere anche 40 kg
Ha una potenza totale di 130 watt, il subwoofer è integrato e c’è il collegamento Bluetooth, ma manca l’ingresso HDMI
di Roberto FAGGIANO
l diffusore SBX-B30 è la prima
“speaker base” Pioneer, si tratta di
uno di quei diffusori che si può utilizzare come supporto del televisore e che
integra già il subwoofer. Tra le caratteristiche salienti il collegamento senza fili
Bluetooth e la compatibilità con codifiche Dolby Digital e DTS. Il mobile è in legno e può sopportare televisori pesanti
fino a 40 kg, le misure del diffusore sono
di 66 x 9,5 x 35 cm (L x A x P). In dotazione c’è un telecomando in formato carta di
I
credito, che permette di regolare il livello
del subwoofer, presente anche il circuito
Auto level control che uniforma il volume
delle diverse sorgenti. Il diffusore utilizza
due larga banda frontali da 7 cm e due
subwoofer da 10 cm che diffondono verso il basso, mentre gli sfoghi degli accordi reflex sono posizionati lateralmente.
La potenza disponibile complessivamente è di 130 watt (2 x 30 watt ai frontali e 2
x 35 watt ai subwoofer). Per migliorare
la resa sonora si possono scegliere tre
elaborazioni acustiche: Surround, Night
e Dialogue. Ulteriori possibilità operative sono disponibili sull’applicazione
Wireless streaming, che permette il controllo del diffusore dallo smartphone o
dal tablet. Le connessioni sul pannello
posteriore comprendono tre ingressi
digitali (due ottici e un coassiale) e un
minijack analogico, inoltre si può utiliz-
zare il Bluetooth per collegare senza fili
lo smartphone e il tablet. Manca la presa
HDMI che avrebbe reso più semplice la
gestione del diffusore, direttamente dal
telecomando del televisore. La Speaker
base SBX-B30 sarà disponibile da questo mese, con un prezzo di listino, ancora da confermare, di 249 euro.
TEST
Stampare oggetti in 3D
segue Da pagina 33 
Cosa si può stampare
La strada più semplice, o comunque la prima da provare, è quella di cercare un modello 3D in formato SLT
da stampare. Esistono alcuni siti che offrono modelli a
pagamento (belli) e siti che offrono modelli gratis (un
po’ meno belli) ma è chiaro che i contenuti pronti da
stampare con una stampante 3D sono una percentuale
microscopica rispetto ai contenuti tradizionali. Se per la
stampa 2D ci sono editor di testo, macchine fotografiche e strumenti per creare contenuti, con la stampa 3D
i contenuti si possono creare (sempre che non si voglia acquistare uno scanner 3D) utilizzando software di
modellazione 3D e CAD. Questo è forse l’aspetto che
la maggior parte delle persone che approcciano alla
stampa 3D ignora: non è la stampante l’ostacolo, ma la
modellazione 3D che ha una curva di apprendimento
davvero molto ripida. Utilizzare alcuni software facili
per fare piccole cose non è difficile (abbiamo provato
anche noi a generare qualche “mostro”) ma per creare oggetti complessi o, ancora peggio, per ricreare un
qualcosa che si è rotto o un piccolo ricambio plastico
serve un professionista. Tra i programmi “facili” che è
possibile utilizzare ci sono Tinkercad e Autodesk 123D,
e sono proprio i due che abbiamo provato a usare noi
senza però riuscire a fare nulla di davvero affascinante
(r2D2 lo abbiamo scaricato già fatto).
Non è un gioco e non è “consumer”

Acquistare una stampante 3D oggi senza un obiettivo
ben preciso è una chiara perdita di soldi: tolte le poche
cose ‘free’ da stampare per sfizio, se l’obiettivo è fare
qualcosa di particolare si deve studiare modellazione
3D investendo moltissime ore. La stampa 3D è perfetta
per le aziende (che comunque hanno dei professionisti addestrati a usarla) che devono realizzare prototipi e per artigiani digitali che hanno bisogno di pezzi
“custom”. Tutte applicazioni che, fatta eccezione per i
makers, toccano comunque ambiti professionali.
torna al sommario
Le stampe eseguite vanno ripulite. Per stampare bisogna considerare diversi fattori anche in fase
di creazione del modello: il nostro bicchiere a destra è un esempio di cosa da non fare: troppi dettagli
sottili e troppo peso sullo stelo hanno reso le lettere illeggibili.
Riguardo all’hobbistica valgono i limiti detti sopra: anche
per realizzare un piccolo oggetto che serve una conoscenza approfondita dei programmi, e a questo punto
resta più conveniente mandare a stampare un oggetto
piuttosto che stamparlo in casa acquistando stampante
e materiali. Anche perché, è bene ricordarlo, l’esplosione della stampa 3D sta portando anno dopo anno al
miglioramento delle stampanti facendo arrivare anche
i primi modelli capaci di gestire più colori (più fili), materiali particolari e con risoluzioni di stampa elevate. In
futuro le cose potrebbero cambiare, ma ci vorrà davvero tanto tempo: sensori come Kinect o Intel RealSense
permettono già la scansione di oggetti ma il risultato è
una base che deve comunque essere lavorata, solo con
una migliore precisione di questi strumenti sarà possibile fotocopiare un pezzo di cui abbiamo bisogno.
La distanza tra ugello e la base di stampa deve
essere di un foglio di carta.
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
TEST In prova la bridge super zoom di Panasonic, con un maxi sensore da un pollice e ottime caratteristiche. Unico neo, il prezzo
Panasonic Lumix FZ1000: ambizioni Ultra HD
La versatile bridge di Panasonic è dotata di ottica zoom 16x fino a 400 mm e può riprendere video anche in Ultra HD
di Paolo CENTOFANTI
anasonic non è nuova a esplorare il segmento
delle fotocamere bridge, una volta si sarebbe
detto appunto il ponte tra le point&shoot e le
reflex. Ma con l’avvento delle fotocamere mirrorless
a lenti intercambiabili, il ruolo delle bridge si è notevolmente ridimensionato, con sempre più macchine
di questo tipo specializzate più che altro nell’offrire
obiettivi mega zoom a prezzi molto convenienti. La
FZ1000 di Panasonic è un prodotto un po’ particolare, un po’ per il costo e le dimensioni, che la portano
a rivaleggiare per ingombro ed ergonomia con le
reflex tradizionali, e poi perché Panasonic l’ha spinta soprattutto come la fotocamera bridge capace di
riprendere anche video in formato 4K e a tutt’oggi
rimane una delle poche fotocamere a offrire questa
possibilità, nonché la prima ad essere stata annunciata. Oltre a poter contare su un’ottica piuttosto
luminosa per il segmento (F2,8 di apertura massima a 25 mm, equivalente a circa un F7,7 in termini
di profondità di campo), la FZ1000 integra anche lo
stesso processore di immagine dell’acclamata GH4 e
molte funzioni che ne fanno una macchina versatile
e completa.
P
Tutto fuorché una bridge ordinaria
Ultima discendente della gloriosa gamma Lumix FZ, la
FZ1000 si pone come la bridge più evoluta di sempre
di Panasonic e segna il ritorno a un sensore di grossa
dimensione, un MOS da 20 Megapixel da 1 pollice
in formato 3:2, là dove su questo tipo di macchina
usualmente vengono utilizzati sensori ben più piccoli
(unica eccezione la Sony RX10, la vera concorrente
della Panasonic). L’ottica, come di consueto, è stata
disegnata da Leica e realizzata da Panasonic ed è
un obiettivo da 9,1 - 146 mm F2,8 - F4,0, che tenendo
conto del fattore di crop del sensore è equivalente a
uno zoom 25 - 400 mm, un range di focale dunque
molto versatile, che copre praticamente la stragrande
maggioranza di scenari di utilizzo, oltre naturalmente
a offrire un signor tele.
L’obiettivo, pur non offrendo un’apertura costante su
tutta l’escursione dello zoom come sulla già citata
RX10 di Sony, è comunque con ogni probabilità una
delle principali caratteristiche che tiene alto il costo
video
lab
849,00 €
Panasonic DMC-FZ1000
MOLTO PIÙ DI UNA BRIDGE, MA NON PUÒ SOSTITUIRE UNA BUONA MIRRORLESS
La Lumix FZ1000 è un’ottima fotocamera bridge, ma non basta sicuramente questo per giustificare l’elevato prezzo di listino. Questo “di più” è
ripagato dall’ottima qualità di ripresa video in Ultra HD e dalle buone caratteristiche dell’ottica Leica, che oltretutto offre una versatilità di non
poco conto per chi non è molto convinto dall’idea di acquistare obiettivi per ogni occasione, come impone una mirroless o una reflex. La FZ1000 è
poi una macchina che stupisce per reattività in generale per l’ottimo si sistema di messa a fuoco che non ci ha mai delusi, se non forse in modalità
continua nella ripresa video. Come macchina “tutto in uno” è quasi unica sul mercato, fatta eccezione per una controproposta Sony che però non
riprende video in Ultra HD. Per il classico utente da fotocamera bridge, la FZ1000 è forse addirittura di più di quello che cerca. Chi invece è disposto
a spendere per una macchina dalle buone prestazioni e versatilità senza le complicazioni di una reflex o una mirrorless a lenti intercambiabili,
troverà nella soluzione di Panasonic sicuramente un’ottima alternativa. A patto però di rinunciare alla resa in condizioni di luce critiche, in cui le
mirrorless ormai sono in grado di eccellere quanto le reflex.
8.3
Qualità
8
Longevità
9
Ottime prestazioni foto/video
COSA
CI PIACE con buona luce
Funzionalità e controlli completi
Ottima ottica
Design
8
Simplicità
8
D-Factor
9
Prezzo
8
Sopra i 1000 ISO le prestazioni calano velocemente
COSA
NON CI PIACE Manca un’uscita per le cuffie
L’Ultra HD riduce non poco l’autonomia
della batteria
di questa macchina. L’obiettivo Leica DC Vario - Elmarit è composto da 15 elementi in 11 gruppi con 5 lenti
sferiche e 4 lenti ED e ha una stazza che non passa inosservata, con un diametro filtro da 62 mm. Lo
zoom è motorizzato con la ghiera sull’obiettivo che
può essere configurata con un apposito selettore
per regolare o il fuoco o la lunghezza focale, con un
ulteriore controllo dello zoom presente in prossimità
del tasto di scatto. L’ottica è inoltre stabilizzata con la
capacità, dice Panasonic, di compensare i movimenti
in cinque direzioni (ma solo per le foto).
Il corpo macchina, complice la dimensione dell’ottica, è piuttosto grosso rispetto alle normali bridge e
paragonabile più a quello di una fotocamera reflex
APS-C o meglio ancora alla stessa GH4 di Panasonic. Anzi, il design è davvero molto simile a quello
dell’ammiraglia Panasonic e salvo un paio di particolari non è neppure nemmeno così difficile scambiare
una per l’altra. Anche il peso è di quelli che si fa sentire: ben 831 grammi. Il corpo della FZ1000 è in pla-
stica con superficie “rugged” e inserti che simulano
la pelle, ma il livello di costruzione e ottima e la macchina in mano trasmette tutto fuorché la sensazione
di un giocattolo. Non è la solita bridge e lo si capisce
subito. Anche la disposizione di tasti e connessioni
è molto simile a quella della GH4. Il layout è praticamente lo stesso con le dovute semplificazioni naturalmente. Mancano un paio di tasti funzione dedicati
e la rotella per regolare i parametri di scatto è una
sola, ma la FZ1000 offre un controllo che raramente è possibile trovare su altre bridge. Prendiamo ad
esempio i tasti multifunzione; come sulla GH4 questi
sono infatti ben 5 e possono essere riassegnati dal
menù di impostazione. Come sull’ammiraglia troviamo le due ghiere per la selezione della modalità
di esposizione e scatto (singolo, raffica, bracketing,
ecc.), il tasto dedicato di registrazione video, selettore di messa a fuoco con tasto di AF/AE Lock. Per

segue a pagina 36 
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n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
TEST
Panasonic Lumix FZ1000 in prova
segue Da pagina 35 
la regolazione dell’esposizione abbiamo una sola
rotella che in modalità manuale controlla sia i tempi
che l’apertura del diaframma: basta premere infatti la
rotella per passare da un parametro di scatto all’altro.
Il pad a crociera consente inoltre di accedere direttamente a bilanciamento del bianco, ISO, area di messa
a fuoco e modalità macro. Niente male davvero. Altra
caratteristica di rilievo è costituita dal mirino elettronico, in tecnologia OLED e con una risoluzione di 2,36
Megapixel, specifiche ancora una volta simili a quelle
della GH4. A ciò si aggiunge il display LCD, completamente orientabile, che a nostro avviso sembra quasi
sottodimensionato rispetto alla stazza della fotocamera, avendo una diagonale di appena 3 pollici, con
risoluzione di 921.000 punti. La FZ1000 non è però
dotata di funzionalità touchscreen. Arrivati fin qui delude un po’ trovare curiosamente una sola mancanza.
Considerando che Panasonic ha spinto molto sul fatto che si tratta di una delle prime macchine in grado
di riprendere video in 4K, spiace non trovare infatti
un’uscita mini-jack per le cuffie, quasi indispensabile
per alcuni tipi di utilizzo. Per il resto c’è quasi tutto:
un ingresso per microfoni esterni, una slitta accessori
compatibile con flash e microfoni, uscita micro HDMI,
audio/video analogico, ingresso per telecomando a
filo, WiFi con accoppiamento all’app per smartphone
via NFC.
Tanto in comune con l’ammiraglia GH4
Il layout e alcuni aspetti “morfologici” non sono gli unici
punti in comune con la top di gamma di Panasonic. Per
poter offrire la ripresa video in risoluzione Ultra HD, la
FZ1000 ha bisogno di una notevole capacità di calcolo
e così Panasonic ha optato anche in questo caso per
il suo Venus Engine, processore specializzato a quattro core; non sappiamo quanto sia simile a quello della
GH4, visto che Panasonic parla genericamente di versione riprogettata appositamente per la FZ1000.
Sta di fatto che abbiamo la ripresa in 4K (con possibilità
di scegliere solo tra un frame rate di 24 o 25p, niente
30p sulla versione “PAL”) con bitrate di 100 Mbit/s, ma
anche accensione in meno di un secondo, scatti a raffica a 12 fps e il velocissimo sistema di messa a fuoco
DFD o depth from defocus (solo per le foto). Questa
tecnica funziona acquisendo due immagini in rapida
successione nel momento in cui premiamo a metà
MAGAZINE
corsa il pulsante di scatto e
quindi deducendo la distanza del soggetto dalla variazione della sua nitidezza.
In questo modo, la velocità
di aggancio del fuoco varia
tra gli 0,09 secondi in grandangolo a 0,17 secondi in
modalità tele e come tutte
le più recenti mirrorless Panasonic anche l’autofocus
della FZ1000 è in grado di
lavorare in modo ottimale
fino a -4EV. L’area di messa
a fuoco lavora su un massimo di 49 punti, con possibilità di selezionare anche
video
video
un’area singola grande a piacere, selezionabili con i tasti
a crociera. La sensibilità ISO
ha invece un range che va da
80 a 25600 in modalità estelab
lab
sa. Unico neo l’otturatore
meccanico, che arriva “solo” Panasonic Lumix FZ1000
Panasonic Lumix FZ1000
Test Video 4K ( by night)
fino a 1/4000 secondi, ma in Test Video 4K (daytime)
modalità elettronica si spinge fino a 1/16000 secondi. La FZ1000 offre un set di reuna memoria da 8 GB. Da quello che abbiamo visto, il
golazioni e funzionalità praticamente analogo a quello
problema principale è però l’autonomia della batteria,
delle ultime mirrorless micro quattro terzi di Panasonic,
dato che in modalità Ultra HD si prosciuga piuttosto
velocemente. Dopo una mezz’oretta di riprese, noi
con lo stesso menù di impostazioni “a lista unica”, nel
ci siamo trovati già con il simbolo della batteria lamsenso che troviamo praticamente un lungo menù scorrevole con tutte le funzioni principali. Tante le funzioni
peggiante. La qualità di ripresa, in condizioni di buoevolute della FZ1000 che fanno parte del corredo delle
na luminosità, è davvero ottima, sia per qualità della
resa cromatica che per dinamica, specialmente con
macchine di fascia alta di Panasonic. Troviamo infatti
le modalità Cinelike. Due le criticità che abbiamo eviil processing RAW in camera e la possibilità in fase di
scatto di scegliere tra diversi profili di immagine con
denziato durante la nostra prova. La prima è la ridotta
regolazione di contrasto, saturazione, riduzione del ruefficacia dello stabilizzatore di immagine sul video, il
che obbliga a utilizzare un cavalletto bello stabile se
more e nitidezza. C’è la regolazione di curve per alte
si intende utilizzare la massima focale di 400 mm. In
e basse luci per foto e video e poi tutta la suite di filtri
secondo luogo, l’autofocus, se impostato in modalità
creativi che include qualcosa come 22 stili diversi tra
continua, perde il fuoco con troppa facilità, motivo per
cui scegliere. I tasti funzione, come abbiamo già detto,
il quale ci siamo trovati molto più a nostro agio con
sono tutti assegnabili da menù per adattare ai propri
quello singolo o ancora meglio manuale. Purtroppo
gusti il controllo della fotocamera, con in più due banil display LCD è un po’ piccolo e nonostante l’aiuto di
chi di memoria per le impostazioni preferiti assegnabili
peaking e ingrandimento dell’area di messa a fuoco,
alla ghiera delle modalità di scatto. Per quanto riguarda
quando si è sul campo non è facilissimo effettuare
il video in particolare, vale la pena menzionare anche
regolazioni molto precise, che con l’Ultra HD sono
i due profili di immagine dedicati, Cineike D e V, che
praticamente d’obbligo per ottenere i risultati migliori,
offrono una curva del gamma appositamente studiata
visto che questa risoluzione non perdona errori. Detto
per offrire un’ampia gamma dinamica e un look simile
questo, la fotocamera è capace di offrire prestazioni
a quella della pellicola. Ci sono funzioni molto utili per
davvero interessanti e con una codifica praticamente
il video come zebra e focus peaking, per aiutare nel
priva di artefatti (vi consigliamo caldamente di scaricasetup corretto di esposizione e fuoco.
re il video originale).
Nel caso di riprese al buio le prestazioni decadono sensibilmente. Non solo il livello di dettaglio cala in modo
anche vistoso (specie sopra i 1600 ISO), ma soprattutto
La ripresa video è sicuramente uno degli aspetti più
emerge un rumore di fondo che viene poi amplificato
interessanti della FZ1000, questo per via naturalmenanche dalla compressione del segnale. Un vero peccate della possibilità di registrare anche in formato Ultra
HD, per cui per una volta ci siamo focalizzati prima di
to perché, vista la resa in condizioni di luce “normale”,
ci aspettavamo davvero molto di più da questo punto
tutto proprio sulle funzioni video. Con l’ultima versiodi vista. Qui sopra, un breve video (anche in questo
ne del firmware, la FZ1000 può riprendere sia in 24p
caso, per farvi un’idea migliore scaricate il video origiche in 25p, ma le impostazioni finiscono praticamente
qui visto che c’è un solo preset di qualità disponibinale). Per quanto riguarda l’utilizzo come fotocamera
le, 100 Mbit/s. Questo vuol dire che la scheda SD si
riempie molto in fretta, circa 10 minuti di ripresa con
Stupenda di giorno, un po’ meno
di notte
La differenza più grande rispetto alle “solite”
fotocamere super zoom è data dalla dimensione del
sensore MOS della FZ1000.

segue a pagina 37 
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n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
FOTOGRAFIA Canon lancia le nuove 760D e 750D: saranno disponibili a partire dal mese di maggio a 760 e 820 euro
Canon EOS 760D e 750D: sensore da 24 Mpixel e Wi-Fi
Hanno sensore da 24 Mpixel, Wi-Fi e per il modello 760D anche video HDR e display superiore come i modelli top
C
di Roberto PEZZALI
anon ha annunciato due nuove
reflex per il segmento consumer,
EOS 760D e EOS 750D. Due
modelli sostanzialmente analoghi, con
la 760D proiettata verso un pubblico
leggermente più evoluto che predilige
scattare in manuale servendosi di ghiere aggiuntive e del display LCD superiore, lo stesso che Canon usa sui modelli
prosumer. Alla base delle due nuove
reflex il sensore da 24.2 Megapixel con
processore Digic 6, una dotazione di
tutto rispetto per un prodotto che deve
competere con l’offerta Nikon che da
tempo spinge proprio sulla presenza di
24 Megapixel sul sensore.
L’elemento CMOS realizzato completamente da zero ha una gamma ISO
estesa da 100 a 12800 ISO e può contare su un nuovo sistema di messa a
fuoco ibrido Hybrid CMOS AF III che
unisce alla messa a fuoco a ricerca
di contrasto anche un array di punti a
ricerca di fase sulla superficie stessa
del CMOS. Questa modalità funziona
ovviamente in fase di ripresa video e
live view, per lo scatto tradizionale c’è
il sistema AF a 19 punti a croce adattabile ad ogni situazione. Canon ha
inserito sui nuovi modelli anche la tecnologia di rilevamento del flickering,
introdotta con EOS 7D Mark II, che
fornisce sequenze di immagini sempre
correttamente esposte sotto la luce
fluorescente. Altri elementi comuni tra
i due modelli lo schermo LCD basculante, Wi-Fi e NFC, mentre solo per la
EOS 760D sono presenti nuove modalità creative, tra le quali il video HDR e
nuovi effetti miniatura per simulare le
ottiche decentrabili. EOS 760D e EOS
750D saranno disponibili da maggio
2015 rispettivamente al prezzo indicativo suggerito al pubblico di 820 euro
e 760 euro IVA inclusa.
TEST
Panasonic Lumix FZ1000
segue Da pagina 36 

non possiamo che confermare innanzitutto la velocità
dell’autofocus, davvero istantaneo in quasi tutte le
condizioni di scatto e anche spingendo la focale al
massimo. Anche in scene molto caotiche come quelle
del video sopra, è stato possibile agganciare il soggetto letteralmente al volo e al massimo basta passare dalla modalità 49 zone ad aree via via più ridotte
per trovare la giusta impostazione per la sessione
del momento, mentre lo stabilizzatore fa finalmente il
suo dovere. In questo scatto ad esempio il fuoco ha
aggianciato senza problemi i volatili in linea in modo
molto rapido, nonostante il diaframma alla massima
apertura e una focale intorno ai 200 mm (meno bravo
il fotografo, che ha tenuto un tempo di posa un po’
troppo alto per congelare il volo, ma questo è un altro
discorso). Questo ci porta a parlare dei controlli, che
in modalità manuale, con una sola ghiera a controllare
tempi e diaframma, porta a essere un po’ lenti per situazione di scatto molto dinamiche come questa. Una
soluzione è lasciare gli ISO in auto e giocare meno sui
tempi o i diaframmi per essere più rapidi. Da notare
che la funzione di ISO automatico non è disponibile
in modalità video. Il motore JPEG è piuttosto buono
già con le impostazioni di default e la riduzione del
rumore in camera non intacca in modo significativo
il dettaglio, se non un leggero appiattimento di qual-
torna al sommario
che sfumatura sulle ombre. La FZ1000 si distingue
per l’elevato livello di dettaglio, garantito anche da
quella che è in effetti un’ottima ottica, con aberrazioni
limitate e un buon micro contrasto, anche al massimo
ingrandimento. Purtroppo, come per il video, la resa è
meno convincente in condizioni di scarsa luminosità e
con ISO elevati (come nel primo degli scatti seguenti)
dove, se il dettaglio più o meno regge, il rumore diventa davvero molto elevato. In generale, sia in modalità
foto che video, l’immagine regge bene fino intorno a
1000 ISO, poi soprattutto con poca luce, comincia ad
allargarsi il divario rispetto alla resa delle altre mirrorless di Panasonic (e di altri marchi). Resta il fatto che
in tutte le altre situazioni, la FZ1000 riesce ad essere
una signora fotocamera, non solo come già detto per
la sua versatilità (che per molti utenti vuol dire anche
praticità), ma appunto per la qualità di immagine che
è capace di esprimere.
I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca sulle immagini per l’ingrandimento
n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
MAGAZINE
TEST In prova la piattaforma ReadyNAS OS 6.2 di Netgear, con il sistema operativo aggiornato 6.2 che introduce diverse novità
ReadyNAS 102 con OS 6.2, in prova il NAS per tutti
Il modello entry level della gamma NAS di Netgear è un dual bay piccolo ed economico, ma non da sottovalutare
di Paolo CENTOFANTI
opo aver contribuito all’introduzione e alla diffusione dei NAS consumer, Netgear negli ultimi
anni è rimasta un po’ indietro su questo fronte
rispetto ad aziende come Synology e QNAP. La gamma
ReadyNAS è rimasta un po’ troppo a lungo legata a una
piattaforma software che, per quanto affidabile, ha cominciato a perdere in versatilità rispetto alla concorrenza. La risposta è arrivata con il nuovo ReadyNAD OS 6,
sistema operativo decisamente più moderno e che lo
scorso novembre è stato aggiornato alla versione 6.2
che introduce diverse novità. Ne abbiamo approfittato
per dare uno sguardo al nuovo ReadyNAS OS, provandolo su quello che è il NAS più economico di Netgear,
il ReadyNAS 102, che ha il pregio di trovarsi ormai a
prezzi intorno ai 130 euro per la versione senza dischi.
D
video
lab
ReadyNAS OS 6.2, viva la semplicità
Netgear ha avuto il coraggio di abbandonare completamente la vecchia piattaforma e di utilizzare un approccio completamente diverso, non solo da quanto
fatto in passato, ma anche dalla strada seguita dalla
concorrenza. Mentre NAS anche consumer di altri
produttori ormai sono assimilabili a dei veri e propri
PC, con degli ambienti di gestione che sembrano
quasi dei sistemi operativi desktop, Netgear ha preferito semplificare al massimo l’interfaccia e utilizzo del
NAS, senza però trascurare alcune delle funzioni più
di moda oggi, come la sincronizzazione con il cloud.
Fin dalla prima installazione tutto si controlla via web
da browser, con pagine molto ariose, semplici e senza
il bombardamento di informazioni e opzioni che tipicamente troviamo in altre soluzioni. La grafica è semplice
e pulita e sembra di navigare tra le pagine di un servizio
come Dropbox più che nella configurazione di un NAS
(la stessa scelta dei colori probabilmente non è causale).
Il readyNAS 102 ha spazio per due unità disco,
configurabili in RAID 0, RAID 1 o X-RAID.
Quest’ultima soluzione consente di espandere
automaticamente il sistema senza dover effettuare
un backup dell’intero contenuto del volume.
Qualcuno potrebbe obiettare che Netgear forse
abbia esagerato nel senso opposto questa volta
e in effetti va detto che alcune sezioni (come il
monitoraggio dello stato del sistema) sono forse
fin troppo concise, ma è un’impostazione che ha
anche il pregio di non spaventare chi si avvicina
per la prima volta a questo tipo di prodotto, o comunque vuole qualcosa di semplice da gestire.
La vista e la gestione delle cartelle condivise è
piuttosto semplice a livello grafico, ma comun- La pagina principale di amministrazione è semplicissima
que completa. È possibile naturalmente creare e piuttosto intuitiva.
utenti e gruppi e assegnare permessi specifici
per ogni condivisione, cartella o file. L’interfaccia è semplice, ma per le funzioni avanzate è
comunque necessario quanto meno leggersi il
manuale se non si è molto esperti nella gestione di questi aspetti. I protocolli supportati sono
i soliti: SMB, AFP, NFS, Rsync, FTP, HTTP a cui
si aggiungo DLNA, servizio che è già integrato
a livello di sistema, e la condivisione iTunes per
l’accesso alla libreria musicale tramite il player
software di Apple e tutti i dispositivi compatibili.
Con la versione 6.2 del sistema operativo, Netgear ha aggiunto anche la possibilità di creare
degli account multipli per l’accesso alla gestione del NAS a cui corrisponde anche la creazione di una cartella home privata per ciascun
utente e automaticamente visibile solo a lui.
Questa funzionalità viene utilizzata ad esempio
per creare molteplici backup Time Manchine da Anche la gestione di permessi, utenze e servizi si distinpiù Mac mantenendoli completamente invisibili gue per un’interfaccia semplice e intuitiva.
da una macchina all’altra. La piattaforma ReadyNAS consente di creare anche unità LUN per l’utilizzo
con sistemi iSCSI, funzione questa che su un prodotto
consumer come quello in prova forse stona un po’. Da
Per quanto riguarda la configurazione del volume, riinterfaccia di amministrazione è possibile anche sfomane quello che è sempre stato il fiore all’occhiello
dei NAS Netgear, cioè la tecnologia X-RAID: si tratta di
gliare in stile Dropbox le cartelle disponibili sul NAS e
caricare file sul server in drag and drop attraverso la
finestra del browser.
RAID e protezione dei dati
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segue a pagina 39 
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n.105 / 15
9 FEBBRAIO 2015
TEST
Netgear ReadyNAS 102 con OS 6.2
segue Da pagina 38 
una configurazione RAID proprietaria auto-espandibile,
che permette di aggiungere nuovi dischi o hard disk
più grandi in un secondo momento per aumentare lo
spazio disponibile, senza dover riformattare il sistema.
Nel caso del NAS in prova, che è a due bay, il sistema
equivale a una configurazione RAID 1. Alternativamente è possibile optare per le classiche modalità RAID 0
(senza ridondanza) o RAID 1 e sui NAS con più di due
dischi la piattaforma supporta anche RAID 5, 6 e 1+0.
Novità introdotta in ReadyNAS OS 6 è la possibilità
di creare delle snapshot delle varie cartelle presenti
sul proprio volume. Le snapshot non sono un vero e
proprio backup, nel senso che se un disco si guasta i
dati sono persi in ogni caso, ma permettono di salvare
lo stato di una cartella e del loro contenuto in un’altra
zona del disco, in modo tale da poterlo ripristinare nel
caso di cancellazione erronea dei file in essa contenuti. Il sistema di snapshot è incrementale e nel caso di
esaurimento dello spazio assegnato il sistema cancella
automaticamente le versioni più vecchie. Per quanto
riguarda il vero e proprio backup aggiuntivo dei dati, è
possibile creare dei task programmati per effettuare la
copia da cartelle locali verso una periferica USB o eSATA connessa fisicamente al NAS, oppure verso un ulteriore NAS o altra unità di rete presente sulla rete locale.
È possibile creare anche dei job inversi, cioè da un PC
connesso alla rete locale, oppure da dischi esterni collegati al NAS, verso il volume interno. Anche in questo
caso l’interfaccia è semplice e intuitiva e permette di
creare in modo rapido dei task molto efficaci.
Add-on e servizi cloud
più un antivirus integrato
La possibilità di aggiungere componenti aggiuntivi era già presente sulla vecchia piattaforma, ma
come impone la moda si parla ormai di app anche
per i NAS. Attualmente l’ecosistema di Netgear non
è così florido come quello della concorrenza, ma comunque non mancano add-on interessanti. Sul fronte
multimediale ci sono i server Plex e TVMobili, CMS
come Wordpress, Jumla e Drupal, diversi client P2P
tra cui Transmission e CouchPotato. Già integrate nel
MAGAZINE
sistema operativo ci sono poi un antivirus e alcune
funzionalità cloud. Innanzitutto è possibile sincronizzare una condivisione sul NAS con il proprio account
Dropbox. Si tratta di una funzione utile per effettuare
un ulteriore backup dei propri dati dal NAS al servizio
cloud, ma ha il limite nell’attuale implementazione di
supportare una sola cartella condivisa. Sempre parlando di backup nel cloud c’è il servizio di Netgear
ReadyNAS Vault, con diversi piani di abbonamento
a seconda dello spazio cloud che si vuole utilizzare (50 GB costano circa 5 dollari al mese). C’è poi il
servizio ReadyCLOUD che, senza dover armeggiare
con le impostazioni del proprio router/firewall, consente di accedere ai propri file anche dall’esterno
della propria rete domestica. Il sistema è davvero
molto semplice: basta creare un account, processo
che registra automaticamente anche il propio NAS, e
il gioco è fatto. Il servizio comprende app per iOS e
Android per l’accesso anche da smartphone e tablet,
app però che ci sono sembrate fin troppo basiche.
Attivando ReadyCLOUD diventa disponibile anche
la funzione ReadyDROP, che tramite il programma
ReadyNAS Remote per PC e Mac consente di sincronizzare il contenuto di cartelle su computer remoti
sul proprio NAS, anche al di fuori della propria rete
domestica.
Un NAS economico, versatile
e ragionevolmente veloce
Fin qui abbiamo visto com’è la nuova piattaforma
ReadyNAS OS 6.2. L’hardware sul quale l’abbiamo
provato è il modello entry level di Netgear, NAS due
a bay basato su processore ARM Marvell Armada
370 a 1.2GHz con 512 MB di RAM. Hardware non
particolarmente potente dunque (niente transcodifica
in real time con Plex ad esempio), ma in grado fare
adeguatamente il suo lavoro come abbiamo potuto
verificare. Il piccolo NAS è costruito interamente in
metallo e ha un ingombro e dimensioni molto simili a
quelli del vecchio ReadyNAS Duo di Netgear. Sul retro
troviamo due porte USB 3 e un ingresso eSATA per
unità disco esterno, oltre naturalmente la porta gigabit ethernet. Sul frontale, oltre ai classici LED di stato,
troviamo un’altra porta USB 3 e il tasto backup la cui
azione può essere configurata dalla pagina di amministrazione selezionando uno dei job programmati. Il

È possibile utilizzare il NAS per il backup automatico dei dati di PC condivisi
in rete, oppure, al contrario, aggiungere un ulteriore livello di protezione
salvando periodicamente i dati del NAS su altre unità esterne.
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piccolo NAS si è comportato piuttosto bene durante
la nostra prova, con un funzionamento stabile e una
buona reattività anche sotto carico: con connettività
gigabit ethernet non abbiamo evidenziato particolari
rallentamenti nell’interfaccia utente durante il trasferimento di file o lo streaming di contenuti multimediali.
Le prestazioni, in termini di velocità di scrittura, sono
soddisfacenti per la classe del dispositivo, intorno ai
50 MB/s sulla nostra rete, e in lettura abbiamo riprodotto anche flussi video multipli senza mai incorrere
in interruzioni: è più facile saturare la banda di un router domestico senza switch gigabit che il throughput
del NAS del resto. La silenziosità del NAS dipende
molto dai dischi installati dentro, ma la nuova ventola,
disegnata per girare a regimi piuttosto bassi, è sufficientemente silenziosa e può essere udita solo se
l’ambiente è davvero tranquillo. In definitiva la nuova piattaforma Netgear ci è piaciuta molto. È vero
che non è così completa come quelle di Synology o
QNAP, ma ha il vantaggio di essere anche molto più
semplice e intuitiva, senza essere appesantita da tantissime funzionalità che però all’utente consumer non
serviranno mai. Aggiungiamoci un hardware dal buon
rapporto qualità/prezzo e otteniamo un “pacchetto”
che può essere sicuramente un ottimo punto di partenza per chi è alla ricerca del suo primo NAS.
Anche i NAS ormai non possono più fare a meno delle app.