Corriere della sera - 18.07.2014

VENERDÌ 18 LUGLIO 2014 ANNO 139 - N. 169
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Medio Oriente
Svolta dopo 10 giorni di raid in risposta ai razzi. Hamas aveva respinto il cessate il fuoco. Netanyahu: proteggiamo i nostri cittadini. Dalla Striscia: conseguenze devastanti
Invasione di terra da Israele
per chiudere i tunnel a Gaza
ANSA / JIM HOLLANDER
I
Poste Italiane Sped. in A.P. - D.L. 353/2003 conv. L. 46/2004 art. 1, c1, DCB Milano
40 7 1 8>
«TUTTI I MORTI
«LA MIA TREGUA
AVRANNO UN NOME» DI CINQUE ORE»
di DAVIDE FRATTINI
di ABEER AYYOUB
L
E
ALLE PAGINE 6 E 7
a lista di Michal non smette di
allungarsi. La ragazza
israeliana cerca informazioni sui siti
palestinesi e tra i volontari a Gaza.
Per dare un nome ai morti arabi,
«che non resteranno numeri».
con un’analisi di Paolo Valentino
A PAGINA 7
ro felice di tornare a vivere
anche se solo per cinque ore, ero
felice di vedere i miei amici. Sono
andata a fare la spesa come gli altri,
e tutti si affrettavano per riuscire a
sbrigare tutto entro le 15.
A PAGINA 7
LE DUE CRISI E IL RISCHIO DELL’IRRILEVANZA
Cade un Boeing malese partito da Amsterdam. Tutti morti i 298 passeggeri, tra cui un italo-olandese e il figlio
IL PARAVENTO
OCCIDENTALE
«L’aereo abbattuto da un missile»
di SERGIO ROMANO
Scambio di accuse tra Kiev e Mosca. Gli ucraini: sono stati i filorussi
er conoscere con
certezza le cause
del disastro aereo
nei cieli ucraini, di
cui è stato vittima un Boeing delle linee malesi,
con la morte di 298 persone, occorrerà attendere
probabilmente le fotografie scattate dai satelliti
americani. Soltanto allora
sapremo se si tratti di un
incidente, di un collasso
strutturale o se il velivolo
sia stato colpito da un missile che potrebbe essere
stato lanciato dal suolo
(secondo prime indicazione di fonte americana) o
da un altro aereo. Ma vi sono situazioni, come quella
ucraina, in cui tutto assume immediatamente una
valenza politica. Ancora
prima di attendere i risultati delle indagini, i ribelli
filorussi accusano le forze
armate ucraine, e il governo di Kiev a sua volta ritorce l’accusa sui ribelli o addirittura sulla Russia, «colpevole» di avere considerevolmente aumentato
negli scorsi giorni il numero delle truppe (ora circa
diecimila) dislocate lungo
la frontiera. Vi sarà persino
qualcuno che non mancherà di ricordare il volo
007 delle linee sudcoreane, durante il viaggio da
Anchorage a Seul, abbattuto da un missile sovietico il 1° settembre 1983
mentre sorvolava le coste
occidentali delle isole
Sakhalin. I portavoce dell’Urss negarono dapprima
qualsiasi responsabilità e
sostennero poi di avere eliminato un aereo spia.
Non era vero e fu un
terribile errore che provocò la morte di 269 passeggeri e membri dell’equipaggio, ma ebbe luogo
durante la Guerra fredda,
quando ogni crisi, anche
la più drammatica e sanguinosa, veniva trattata
nella inconfessata convinzione di entrambe le
parti che niente giustificasse un conflitto fra le
maggiori potenze. Due
anni dopo, quando Gorbaciov divenne segretario
generale del partito comunista dell’Unione Sovietica, il dramma era già
stato dimenticato.
CONTINUA A PAGINA 44
Precipita al confine fra Russia e
Ucraina un Boeing 777 della Malaysia Airlines partito da Amsterdam e diretto a Kuala Lumpur. A
bordo 298 passeggeri, tra cui un
italo-olandese e il figlio: tutti
morti. Accuse tra Kiev e Mosca:
«L’ha abbattuto un missile». Per
gli ucraini sono stati i filorussi. Il
premier malese: i colpevoli pagheranno. La compagnia è la
stessa dell’aereo scomparso l’8
marzo sull’Oceano Indiano.
DA PAGINA 2 A PAGINA 5 Del Frate
Dragosei, Farina, Guastella, Sarcina
REUTERS / MAXIM ZMEYEV
P
9 771120 498008
sraele ha avviato ieri
sera un’operazione
militare di terra nella
Striscia di Gaza, allo
scopo di colpire i tunnel
sotterranei di Hamas
che portano nel territorio dello Stato ebraico.
La svolta nel conflitto è
giunta dopo un tentativo di infiltrazione e la ripresa di lanci di razzi seguita a una breve tregua.
La rotta del Boeing 777
RUSSIA
OLANDA
UCRAINA
area
dell’impatto
PARTENZA
Amsterdam
DESTINAZIONE
Kuala Lumpur
MALAYSIA
C.D.S.
Perché l’Italia D
del pallone
è finita
così in basso
BOCCI, F. MONTI
e TOMASELLI
ALLE PAGINE 48 E 49
ice il rapporto Istat appena pubblicato che
in Sicilia 661 mila famiglie,
32,5 su 100 (sei volte di più
rispetto alle Regioni più
ricche) sopravvivono sotto la soglia di povertà. Bene: in questo contesto ecco
che i deputati salvano i dirigenti dell’assemblea regionale che guadagnano
240 mila euro all’anno.
A PAGINA 13
Giannelli
D
a quando è esplosa la crisi,
la Nato ha aumentato la
sorveglianza sull’Ucraina. Un
primo commento venuto dai
servizi del Pentagono dopo la
caduta del Boeing afferma:
è stato un missile terra-aria
ma non possiamo dire con
certezza chi lo abbia lanciato.
Diversi gli scenari possibili.
A PAGINA 3
Bloccate le assunzioni
Forze di polizia, risparmi
per un miliardo e mezzo
di FIORENZA SARZANINI
L’
Renzi e il vertice europeo. Irritazione tedesca dopo il rinvio delle nomine. ALLE PAGINE 8 E 9 Caizzi, Meli, Natale, Offeddu
di GUIDO OLIMPIO
Sicilia, rivolta contro i tagli agli stipendi
di GIAN ANTONIO
STELLA
Renzi e il vertice europeo
L’irritazione dei tedeschi
DOVE PORTANO
LE TRACCE
I deputati salvano i dirigenti dell’assemblea regionale che guadagnano 240 mila euro l’anno
L’inchiesta
La notte delle nomine mancate
intesa è quasi fatta. Il taglio alle spese del personale
delle forze dell’ordine è la «voce» più remunerativa
per chi sta cercando di rimettere in sesto il bilancio dello
Stato. Il governo intende confermare il blocco del turn over
al 55% almeno fino al 2015 per garantirsi una riduzione di
spesa che sfiora un miliardo e 500 mila euro.
A PAGINA 15
LE MANI VUOTE DI TELEMACO
di ANTONIO POLITO
A PAGINA 44
2
Primo Piano
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Tragedia nei cieli
Tutte morte le 298 persone a bordo del volo
Amsterdam-Kuala Lumpur caduto in Ucraina
orientale. Tra le vittime molti bambini
Un boato, poi l’aereo si spezza in due
MOSCA — Rottami incendiati
sparsi dappertutto, in mezzo a corpi semi-carbonizzati, valigie sventrate, opuscoli turistici della Malaysia. I giornalisti giunti nei pressi
del villaggio di Grabovo non lontano dal confine tra Ucraina e Russia
hanno potuto vedere quello che resta del Boeing 777 della Malaysia
Airlines precipitato da diecimila
metri con 298 persone a bordo
(tutte morte). E non per un guasto
tecnico ma, quasi certamente, perché colpito da un missile lanciato
durante i violenti scontri tra truppe
regolari e indipendentisti. Le parti
si scambiano accuse e visto che la
zona del disastro è controllata dalle
forze filorusse, sarà difficile arrivare ad una verità riconosciuta da
tutte le parti in causa, anche perché
la scatola nera sarebbe stata mandata a Mosca per un’analisi «oggettiva».
Sul volo partito da Amsterdam e
diretto a Kuala Lumpur si trovavano 154 olandesi, 27 australiani, 23
malesi, una ventina di americani,
nove britannici. Secondo i soccorritori, tra i corpi ritrovati ci sareb-
Scatola nera
La zona è controllata dalle
forze separatiste. La scatola
nera sarebbe stata mandata
a Mosca per essere analizzata
bero decine di bambini. Un contadino ha detto di aver sentito un forte boato e di aver visto l’aereo
schiantarsi al suolo e spezzarsi in
due.
I siti Internet ucraini puntano il
dito con certezza contro i ribelli e
citano un passaggio della pagina
Facebook di uno dei loro comandanti, il «ministro della Difesa»
Igor Strelkov. Diciassette minuti
dopo che l’aereo è scomparso dai
radar (alle 16.20 ora locale) si è
vantato di una brillante operazione
dei suoi: «Nella zona di Thorez
hanno appena abbattuto un Antonov 26. Li avevamo avvisati di non
volare nei nostri cieli». Thorez è a
una decina di chilometri da Grabovo. Strelkov ha anche postato un
Kiev accusa i filo-russi: «Poco dopo si sono vantati di un abbattimento»
I ribelli: «Colpa dei governativi, pensavano che fosse il velivolo di Putin»
video che mostra una colonna di
fumo nero. Immagini assai simili a
quelle dell’aereo precipitato diffuse
più tardi. Nella giornata di ieri non
risulta che sia stato abbattuto alcun
aereo ucraino.
A Kiev il presidente Petro Poroshenko ha detto di non avere dubbi: «È stato un atto terroristico». Gli
indipendentisti invece sostengono
che a colpire è stato un caccia delle
forze regolari ucraine.
Da diversi giorni i ribelli hanno
dimostrato, da soli o con qualche
aiuto esterno, che sono in grado di
abbattere gli aerei dell’esercito. Lunedì è stato centrato un Antonov
che volava a più di cinquemila metri (secondo fonti del Pentagono citate dalla Cnn è stato colpito dal
territorio russo). Poi, mercoledì, è
stata la volta di un caccia Su-25. In
un primo momento ieri un portavoce dei ribelli aveva detto che le
loro forze non dispongono dei missili Buk (fabbricati sia in Russia che
in Ucraina) capaci di raggiungere
un obiettivo fino a una quota di 25
mila metri. Poi è stato precisato che
due di questi missili si trovavano
effettivamente a Luhansk, ma lontano dalla zona dell’abbattimento
e, comunque, che non erano in grado di funzionare. Ma ieri mattina
giornalisti dell’agenzia Associated
Press hanno visto missili assai simili ai Buk nella cittadina di Snizhne, a due passi da Grabovo.
La Iata, associazione del traspor-
to aereo, ha detto che il jet volava in
uno spazio aereo che non era stato
sottoposto a restrizione. Ma sorprende che con tutto quello che accade da tempo nella regione le
compagnie aeree, comprese quelle
europee, continuavano a far volare
i loro velivoli sopra la zona delle
operazioni, con frequenti lanci di
missili terra area e bombardamenti
aerei. Ieri, dopo l’incidente, tutti i
vettori, compresa l’Alitalia, hanno
annunciato che eviteranno quella
Malaysia Airlines
Il destino di una compagnia:
secondo disastro in 4 mesi
Due Boeing 777, due disastri in meno di cinque
mesi, due misteri a migliaia di chilometri di
distanza, la stessa compagnia.
Sembra uno scherzo, come la foto dell’aereo
scomparso postata su Facebook da un turista
olandese ieri all’aeroporto di Amsterdam: «Se
sparisce, sapete com’è fatto». Qualunque sia la
causa che ha buttato giù ieri pomeriggio il volo 17,
resterà nella storia dell’aviazione questa pazzesca
coincidenza. Ancora la Malaysia Airlines, la
compagnia di bandiera che l’8 marzo aveva perso (e
non ha ancora trovato) un velivolo con a bordo 239
persone (due terzi cinesi) partito da Kuala Lumpur
e diretto a Pechino. Dall’Ucraina arriva un’altra
storia piena di punti interrogativi, questa volta alla
luce del sole. Qui migliaia di pezzi, là neanche un
frammento. Qui la colonna di fumo nero, una guida
Lonely Planet con Bali e Lombok in copertina, là il
silenzio e il buio più assoluti. Un silenzio destinato
a continuare per mesi se non per anni: i tempi delle
ricerche nell’Oceano Indiano, a largo dell’Australia,
per recuperare anche solo una briciola del volo 370
sul fondo del mare, si sono allungati: l’area della
perlustrazione dei droni sottomarini è passata da
400 a 60 mila chilometri quadrati (un quinto
dell’Italia). Il mistero del volo 17 se non altro è
circoscritto in 15 chilometri di campagna. A
giudicare dalla lista di vettori che fino a ieri
affollavano i cieli sopra quella zona di guerra,
risulta ancora più incredibile che a essere coinvolta
sia ancora una volta la Malaysia Airlines.
I bilanci del destino: dopo la scomparsa del volo
370 la compagnia già in difficoltà economiche
(perdite per 260 milioni di euro nel 2013) ha visto
un ulteriore peggioramento dei conti. A marzo il
traffico con la Cina (primo partner commerciale
Fantasma
I resti del volo 370 scomparso l’8 marzo non sono
stati trovati (sopra, le proteste dei parenti). Le
ricerche riguardano 60 mila chilometri quadrati
della Malaysia) è calato del 60%. Dall’inizio
dell’anno il titolo in Borsa è calato del 40%. A
maggio alcuni analisti mettevano addirittura in
dubbio le possibilità di sopravvivenza di una delle
poche compagnie a 5 stelle del mondo, con 76 anni
di storia e una proprietà al 70% statale. La gestione
della crisi (l’allarme delle autorità fu lanciato ben
nove ore dopo la scomparsa dai radar) spiega il
seguente gelo diplomatico tra Kuala Lumpur e
Pechino, il boicottaggio di alcune agenzie turistiche
cinesi e anche la levataccia del primo ministro
Datuk Seri Najib Razak che ha tenuto una
conferenza stampa sull’incidente in Ucraina questa
mattina alle 4 ora locale. Un altro disastro, un altro
colpo all’immagine ancora da consolidare di una
compagnia e di un Paese emergente dell’Asia
(quattro volte il Pil pro capite della Thailandia).
Questa volta la Malaysia appare più vittima e
spettatrice rispetto alla prima tragedia, quando
dopo molti tentennamenti la pista degli
investigatori portò a ipotizzare un atto omicidasuicida del pilota. «Check in and Chill out» è il
motto che campeggiava sul sito Internet della
compagnia anche dopo le notizie del presunto
abbattimento. Rilassatevi. È una parola. A marzo su
YouTube divenne «virale» un video con un bomoh,
uno sciamano locale, che all’aeroporto di Kuala
Lumpur su un «tappeto magico» tentava un rito
propiziatorio per il ritrovamento dell’aereo
fantasma. Dopo questo incredibile uno-due nei
cieli, anche il motto nazionale «Malaysia Boleh»,
«Vai Malaysia, ce la puoi fare», suona come un
slogan beffardo.
Michele Farina
© RIPRODUZIONE RISERVATA
rotta. Secondo un’agenzia di stampa, l’Autorità per l’aviazione civile
americana aveva da tempo consigliato ai piloti Usa di evitare l’Ucraina orientale. Misura che a qualsiasi
persona ragionevole sarebbe apparsa del tutto naturale.
Diverse fonti ucraine raccontano
che in quella zona, a una cinquantina di chilometri dal confine con la
Russia, doveva passare oggi un aereo da carico dell’esercito regolare,
un Antonov 76, aereo di dimensioni non tanto diverse da quelle del
Boeing 777. Si trattava di un velivolo carico di rifornimenti.
Da una fonte della Rosaviatsiya,
l’ente russo del trasporto aereo, arriva invece un’altra spiegazione,
che indicherebbe come colpevoli
gli ucraini di Kiev. Quasi nello stesso tempo era in volo non lontano
da quella zona l’aereo di Stato che
riportava il presidente Vladimir
Putin dal Brasile. L’apparecchio, un
Ilyushin 96, reca sulla fusoliera una
striscia orizzontale con i colori della bandiera russa, bianco, blu e rosso. Una livrea molto simile a quella
dei jet Malaysia che hanno una striscia rossa e blu su fondo bianco e
grigio. L’aereo di Putin, ha scritto
l’agenzia Interfax, è passato nei
pressi di Varsavia alle 15.21 ora
ucraina, mentre l’aereo partito da
Amsterdam e diretto a Kuala Lumpur ha sorvolato quello stesso punto alle 14.44, cioè 37 minuti prima.
Dunque, si fa capire, a Kiev avrebbero voluto colpire il presidente
russo.
Gli Stati Uniti hanno offerto il loro aiuto al governo di Kiev. Poco
prima le autorità di Mosca avevano
chiesto il permesso ucraino di entrare nel Paese per fornire assistenza. Ma a Kiev non piace l’idea di
avere russi sul proprio territorio,
visto anche che Putin avrebbe nuovamente iniziato ad ammassare
truppe al confine.
Fabrizio Dragosei
@Drag6
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Primo Piano
italia: 51575551575557
3
Ricostruzioni Il nodo delle armi in dotazione alle milizie, gli scenari «alla Ustica», l’ipotesi di un guasto
I missili Buk, la battaglia tra caccia:
il dramma a 10 mila metri d’altezza
L’Ucraina è una sorvegliata speciale.
Da quando è esplosa la crisi, la Nato ha
aumentato la sorveglianza. Due navi per
l’intelligence, l’italiana Elettra e la francese Dupuy de Lomè, hanno vegliato a lungo in Mar Nero. Entrambe le unità però
sono tornate alle rispettive basi. Poi ci sono i satelliti spia. Infine le intercettazioni
della Nsa. In questa rete è rimasto forse
qualcosa che potrà aiutare le indagini sul
volo MH17. Un primo commento venuto
dai servizi del Pentagono afferma: è stato
un missile terra-aria ma non possiamo
dire con certezza chi lo abbia lanciato.
Dunque, con la cautela dovuta alla situazione, proviamo a indicare gli scenari.
Il missile
Il Boeing 777 potrebbe essere stato abbattuto da un missile terra-aria di fabbri-
passare alle ipotesi: 1) Errore dei filorussi convinti di tirare su un velivolo nemico. Uno sbaglio determinato dalla difficoltà nel maneggiare i Buk. 2) Nelle vicinanze del Boeing c’era un aereo militare che ha tratto in inganno chi ha sparato.
3) Sono stati i governativi ucraini. In
questo «disegno» c’è spazio anche per la
storia — già smentita — sulla presenza
sulla stessa rotta del jet con a bordo Vladimir Putin.
Il caccia
Prima delle indicazioni di fonte Usa, si
è parlato di una situazione «alla Ustica».
Il volo MH17 finisce nel mezzo di un
duello aereo tra caccia ucraini e russi. Un
missile centra accidentalmente il jet carico di passeggeri. Nei giorni scorsi erano
circolate voci che riportavano possibili
scontri tra le due aviazioni. Le ipotesi: 1)
C’è un combattimento e il 777 viene
coinvolto. 2) Uno dei caccia cerca di nascondersi al nemico usando il Boeing come ombra, il missile finisce sul bersaglio
più grosso. 3) Errore diretto del pilota
militare.
Sistema Buk
In dotazione all’esercito: missili,
radar di ricerca, stazione
comando. Nessuna prova che i
ribelli abbiano l’intero apparato L’esplosione
Non si è trattato di un missile o dei
Difese
I velivoli civili non hanno
possibilità di dotarsi di sistemi
di difesa contro la minaccia
delle armi a lungo raggio
Le ipotesi
Il missile terra-aria
1
Sarebbe stato un missile terraaria ad abbattere l’aereo della
Malaysia Airlines. Questa la
ricostruzione del Pentagono, che
però afferma di non poter dire
con certezza chi lo abbia lanciato
La battaglia tra caccia
2
Tra le ipotesi ritenute meno
probabili quella che il volo MH17
partito da Amsterdam sia finito
nel mezzo di un duello aereo tra
caccia ucraini e russi e sia stato
centrato da un missile
L’esplosione a bordo
3
Tra le cause ipotizzate per lo
schianto c’è quella di un’esplosione
a bordo del Boeing 777. Come si
ritiene possa essere successo al
volo MH370 malese disperso
dall’8 marzo nell’Oceano Indiano
colpi sparati da un caccia. A bordo del jet
malese si è verificata un’esplosione che
ha innescato un evento catastrofico che
ha segnato la sorte dell’aereo. Inevitabile
pensare al caso del volo MH370 malese
disperso dall’8 marzo nell’Oceano Indiano. Stesso modello — un 777 —, stessa
compagnia.
Le difese
Gli aerei passeggeri possono essere
protetti contro la minaccia dei missili?
Solo contro quelli a corto raggio, i
Manpad portatili. La compagnia israeliana El Al ha adottato un sistema di difesa.
Una risposta a tentativi di attacco organizzati in passato da gruppi palestinesi e
qaedisti. Nel 2002 a Mombasa un commando jihadista ha cercato di abbattere
un 757 pieno di turisti usando un vecchio
Strela 2, quasi una reliquia della Guerra
fredda. Un attentato per fortuna fallito.
Ma oggi gli Strela o gli americani Stinger
sono stati rimpiazzati da sistemi più moderni. Per questo, da tempo, gli Usa hanno montato sull’ Air Force One uno scudo
adeguato che può fermare alcuni tipi di
missile e confondere i radar di guida.
Guido Olimpio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
OLANDA
Amsterdam UCRAINA
Kuala Lumpur
AMSTERDAM
A
MALAYSIA
Olanda
Immagini dal luogo del disastro, con la colonna di fumo
che si alza dopo lo schianto e miliziani filo-russi tra i resti
dell’aereo. Quel che rimane del volo 17 della Malaysia
Airlines è sparso per chilometri. L’aereo aveva 17 anni e
aveva effettuato 6.950 tra decolli e atterraggi.
Volava
a 10.000 metri
Volo MH17
della Malaysia Airlines (Boeing 777)
KIEV
Partenza
Amsterdam
Destinazione
Kuala Lumpur
Scomparso dai radar
alle 15.20 ora italiana
Russia
Ucraina
Donetsk
Luhansk
Crimea
A bordo
AREA
DELL’IMPATTO
283
passeggeri
15
pur
Lum
ala
Ku
rso
ve
to
git
Tra
I resti
cazione russa «Buk». Parliamo di un’arma che può raggiungere un bersaglio a
14 mila metri. Il sistema è in dotazione
all’esercito ucraino ma due settimane fa i
ribelli avevano annunciato di averne catturato uno. E sui social network sono circolate foto che lo mostrerebbero nascosto vicino a un supermercato pronto all’azione. Impossibile trovare conferme.
Così come va registrata la notizia riportata giorni fa da alcuni media russi: «I cieli
dell’Ucraina dell’Est sono protetti dal
Buk», titolavano con soddisfazione. Il sistema comprende un’unità con i missili,
il radar di ricerca e la stazione comando,
ma non ci sono prove che i ribelli pro
Mosca abbiano catturato l’intero apparato. Inoltre per usarli serve personale addestrato: «volontari» russi hanno colmato il vuoto nel campo amico? Gli insorti
insistono: siamo in possesso solo di missili portatili (Manpad) che hanno un raggio d’azione di 3/4 mila metri. Con queste
armi, nei giorni scorsi, hanno abbattuto
diversi caccia e cargo ucraini. In base a
questi elementi — incerti — possiamo
membri dell’equipaggio
Area degli scontri tra filo-russi
ed esercito ucraino
CORRIERE DELLA SERA
Avversari Gli americani sospettano che i ribelli siano entrati in possesso di missili terra-aria
Armi russe
e jet ucraini
Quell’arsenale
oscuro nell’Est
del Paese
DAL NOSTRO INVIATO
LONDRA — In attesa delle immagini satellitari, le uniche in grado di stabilire chi ha abbattuto l’aereo malese, si può cominciare seguendo le tracce degli armamenti, nell’uno e
nell’altro campo. Dopo aver espugnato la cittadella di Sloviansk l’esercito ucraino si è
progressivamente avvicinato a Donetsk, il
capoluogo del Donbass. Le armi di Kiev sono
ancora quelle di fabbricazione sovietica. Il
punto è che tra gli osservatori esterni nessuno sa con certezza se i soldati regolari abbiano in dotazione anche batterie di missili terra-aria come il Buk-21, cioè l’ordigno che
avrebbe colpito il velivolo di linea a una quota di 10 mila metri. Un obiettivo alla portata
di questo razzo messo a punto dall’Unione
Sovietica e poi sviluppato dalla Federazione
russa, venduto a diversi Paesi tra i quali
l’Ucraina. Il Buk-21, soprannominato «Tafano» dagli specialisti della Nato, può identificare e abbattere aeroplani fino a 14 mila metri
di altitudine ed entro un raggio di 30 chilometri.
C’è, però, un dato di fatto fondamentale: il
volo di linea è precipitato a Grabovo, un pic-
colo villaggio a circa 70 chilometri da Donetsk in direzione est, verso il confine russo e
quindi nel mezzo della sacca di territorio
controllata dai separatisti. Sembra, quindi,
difficile che possa essere stato colpito da razzi
ucraini eventualmente dislocati a una distanza non inferiore a 80-90 chilometri, visto che
i soldati di Kiev si sono attestati a 10-15 chilometri a sud e ad ovest di Donetsk, quindi
sull’altro versante rispetto a Grabovo. Un’altra possibilità, avanzata dall’agenzia di stampa russa Ria Novosti, è che il Boeing 777 sarebbe stato intercettato e spezzato in due da
un caccia ucraino Sukhoi 25. Questi aerei
stanno effettivamente partecipando all’offensiva lanciata dal presidente Petro Poroshenko nell’Est del Paese. Dall’inizio di giugno ne partono a decine dallo scalo di Dnepe-
Abbattimento
La scorsa settimana i separatisti
celebravano sui social network
l’abbattimento di un jet da
combattimento a Gorlivka
trovsk, quaranta minuti di volo da Donetsk,
insieme con una trentina di elicotteri d’assalto.
Da Dnepetrovsk decollano anche i cargo
che trasportano i paracadutisti e gli altri militari ucraini verso le linee più avanzate: in particolare nell’aerea di Luhansk che sembra essere il prossimo obiettivo degli attacchi ordinati da Kiev. Se si congiungono con una linea
Dnepetrovsk e Luhansk si passa non lontani
da Grabovo. Ma c’è un elemento oggettivo:
finora gli ucraini hanno mantenuto la supremazia assoluta nei cieli. I ribelli dell’Est non
hanno a disposizione alcun velivolo e quindi
resterebbe da capire per quale motivo i caccia
di Kiev si sarebbero dovuti allarmare.
I filorussi, invece, hanno già colpito diversi aerei ed elicotteri con le insegne nazionali
giallo-azzurre. Ancora la scorsa settimana i
separatisti celebravano sui social network
l’abbattimento di un jet da combattimento a
Gorlivka, 35 chilometri a nord-est di Donetsk.
Ora, però, i ribelli dell’Est negano di aver
mai avuto a disposizione razzi così potenti. Il
governo di Kiev, invece, non ha dubbi: i servizi segreti ucraini hanno identificato sistemi
missilistici antiaereo, tra cui i Buk.
Gli americani sospettano che nell’arsenale
dei separatisti ci siano missili terra-aria. In
una «scheda informativa» diffusa solo due
giorni fa dal dipartimento di Stato di Washington si legge: «Le informazioni disponibili
indicano che Mosca ha recentemente fornito
ai separatisti carri armati ed artiglieria di
epoca sovietica e che nel corso del fine settimana (12 e 13 luglio ndr.) diversi veicoli militari hanno oltrepassato il confine». Segue
un elenco dettagliato, e molto tecnico: tank,
fucili antiaerei, lanciarazzi, veicoli blindati.
Non sono citati, però, missili Buk o qualcosa
di equivalente. C’è solo questo passaggio:
«Dopo aver ripreso il controllo di numerose
città ucraine lo scorso fine settimana, le autorità ucraine hanno scoperto depositi nascosti... dove sono stati trovati missili antiaereo Manpad». Anche questi razzi possono
colpire fino una distanza di circa 10 chilometri, ma più a corto raggio rispetto ai Buk.
Sospetti e accuse, qualche pista concreta.
Ma non c’è ancora la canna fumante.
Giuseppe Sarcina
gsarcina@corriere.it
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Primo Piano
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
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Tragedia nei cieli
Passaporti e guide tra i rottami
A bordo un italo-olandese con il figlio
La strage dei turisti diretti a Bali: tra le vittime malesi e australiani
Le reazioni
L’Olanda
Il premier
Rutte lascia
il vertice Ue
Dopo la notizia della
tragedia, il primo ministro
olandese Mark Rutte ha
abbandonato il vertice dei
capi di Stato e di governo
dell’Unione europea a
Bruxelles per tornare in
patria, per seguire da vicino
le conseguenze dello
schianto. Il volo gestito dalla
Malaysia Airlines e diretto a
Kuala Lumpur era decollato
dall’aeroporto di Amsterdam.
Molti dei passeggeri erano
olandesi. «Sono
profondamente scioccato
per la tragica notizia»,
ha detto Rutte
L’Unione Europea
La richiesta
di un’indagine
internazionale
L’Unione Europea ha chiesto
di aprire «un’indagine
internazionale»
sull’abbattimento dell’aereo
malese. «Fatti e
responsabilità devono essere
chiariti il prima possibile, l’Ue
continuerà a seguire la
questione da molto vicino»,
hanno dichiarato il presidente
dell’Unione Europea Herman
Van Rompuy e quello della
Commissione José Barroso. E
il premier italiano Matteo
Renzi, che guida il semestre
europeo, ha detto che la
vicenda ha «contorni molto
preoccupanti».
C’erano 154 olandesi, 27
australiani e 23 malesi imbarcati sul volo MH17; lo ha chiarito in serata la compagnia
Malaysia Airlines in una conferenza stampa che ha posto
fine a un rincorrersi di notizie
sull’identità delle vittime dell’attentato sui cieli dell’Ucraina. L’elenco non è definitivo e
forse comprende anche 9 britannici e 4 francesi. Nella notte, la Farnesina ha comunicato la presenza di un italoolandese e di suo figlio. Le
agenzie internazionali parlano di 23 vittime statunitensi
anche se in serata Barack
Obama in persona è intervenuto affermando che non ci
sono certezze in merito.
Per l’intero pomeriggio e
anche in serata si sono intrecciate telefonate e mail tra ambasciate, unità di crisi dei vari
governi, sedi di compagnie
aeree. Obiettivo: risalire all’identità delle persone che si
trovavano a bordo del Boeing.
Le prime informazioni, come
è ormai consuetudine sono
cominciate a circolare sui social network. Sull’account di
un canale televisivo è comparsa l’immagine di una manciata di passaporti raccolti
sulla zona del disastro, da cui
si intuiva la presenza sul volo
di cittadini olandesi e malesi.
Circostanza per la verità scontata, visto che la rotta prevista
era Amsterdam — Kuala
Lumpur. Con discutibile scelta alcuni canali ucraini hanno
mostrato le foto di questi passaporti alcuni dei quali riportavano immagini di bambini.
In definitiva solo le autorità
olandesi potevano risolvere il
mistero ma fino a ieri sera
l’aeroporto di Schipol non
aveva diffuso l’elenco dei passeggeri imbarcatisi.
E’ partita così una ricostruzione per tentativi. Secondo
quanto risultava ai tour operator dei Paesi Bassi, 55 persone avevano acquistato un
biglietto per il volo MH17 di
ieri; restava da capire se tutte
erano regolarmente salite a
bordo. Da Parigi è intervenuto
direttamente il ministro degli
esteri Laurent Fabius dichiarando che almeno 4 cittadini
francesi si trovavano sull’aereo, salvo poi fare marcia indietro in serata, rimettendo in
forse la notizia; la macabra
conta è proseguita con le notizie arrivate da Londra, che
parlavano di 9 cittadini ingle-
si deceduti nel disastro.
Mistero anche da parte
americana. Circa due ore dopo lo schianto, l’agenzia Reuters ha affermato che tra le
vittime ci sarebbero 23 cittadini statunitensi. La Casa
Bianca e il presidente in persona hanno però preferito
scegliere la linea della prudenza limitandosi a dire che
erano in corso solo i dovuti
accertamenti.
Non ci sono infine certezze
riguardo alla presenza di italiani tra le vittime. Fino a ieri
Fiori e preghiere
Folla davanti alla sede
dell’ambasciata
olandese a Kiev: fiori,
candele e preghiere
La foto su Facebook
«Se l’aereo dovesse sparire
questo era il suo aspetto»
AMSTERDAM — «Se dovesse sparire,
questo è il suo aspetto». Così aveva
commentato Cor Pan (foto), un
passeggero olandese del volo Malaysia,
postando sulla sua pagina Facebook una
foto del Boeing su cui stava per
imbarcarsi. Il riferimento era al volo della
stessa compagnia scomparso l’8 marzo e
del quale si sono perse le tracce. Appena
si è diffusa la notizia dell’incidente, il post
con l’immagine ha iniziato a diffondersi
in forma virale sui social network.
sera la Farnesina non era in
possesso di notizie certe e anche in questo caso ci si è dovuti aggrappare a verifiche
più empiriche; nessun passeggero italiano risulta - al
momento - essersi imbarcato
nelle ultime 24 ore da Linate o
Malpensa con destinazione
Amsterdam e poi Kuala Lumpur. Stesso discorso vale per
Fiumicino; ma gli scali di Roma e Milano non sono gli unici a essere quotidianamente
collegati con la capitale olandese .
A fine serata il chiarimento:
oltre a olandesi, australiani e
malesi tra le vittime ci sarebbero anche 11 indonesiani, 4
tedeschi e 3 belgi; nella maggior parte dei casi la loro destinazione finale doveva essere l’isola di Bali, per un periodo di vacanza. Proprio una
delle vittime aveva postato
sulla sua pagina Facebook 24
ore prima del volo l’immagine
dei biglietti aerei con la destinazione finale e il passaporto.
A conti fatti, tuttavia mancano ancora all’appello 47 nomi.
Le manifestazioni di solidarietà nei confronti delle vittime sono comunque scattate
in tutto il mondo in maniera
spontanea. La più significativa e commovente si è svolta in
serata a Kiev: decine di persone si sono radunate davanti
alla sede dell’ambasciata
olandese deponendo fiori e
candele a raccogliendosi in
preghiera.
C.Del.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Il ricordo Fiori e candele di fronte all’ambasciata olandese di Kiev (Reuters)
154
23
23
4
olandesi avrebbero perso la vita
nell’incidente aereo in territorio ucraino.
Molte agenzie di viaggi hanno confermato la
folta presenza di cittadini dei Paesi Bassi
americani sarebbero stati presenti sul
volo della Malaysia Airlines, le cifre non
sono state tuttavia confermate da
Washington
malesi sarebbero tra le vittime ma il
numero potrebbe aumentare di molto visto
che il volo della compagnia di bandiera
malese era diretto a Kuala Lumpur
francesi sarebbero stati tra i passeggeri
dell’aereo partito da Amsterdam. Il
ministro degli Esteri Fabius ha affermato
che i numeri non sono ancora definitivi
Il pilota Carlo Sforza, vent’anni sui Boeing dell’Alitalia: un evento imprevedibile essere colpiti a 10 mila metri di altitudine
«Volare in zone di guerra: la regola è restare in alto»
Le Nazioni Unite
La Gran Bretagna:
«Si riunisca
«Le compagnie scelgono rotte più brevi
il Consiglio Onu»
per riuscire a risparmiare sul carburante»
La Gran Bretagna ha chiesto
una riunione urgente del
Consiglio di Sicurezza dell’Onu
su quanto accaduto in Ucraina.
Secondo l’ambasciatore presso
le Nazioni Unite Mark Lyall
Grant, i britannici avevano già
intenzione di proporre un
incontro sulla situazione
ucraina, ma la notizia dello
schianto del Boeing 777 della
Malaysia Airlines lo rende
«ancora più urgente». La
sessione potrebbe tenersi già
oggi pomeriggio. «I nostri
pensieri sono con i passeggeri,
le vittime e le loro famiglie», ha
detto il portavoce del segretario
generale dell’Onu Ban Ki-moon
«Colpito a diecimila metri di altitudine...come è possibile?». Carlo
Sforza, vent’anni trascorsi nei cieli
di tutto il mondo ai comandi dei Boeing dell’Alitalia e ancora oggi pilota
per conto di compagnie private, non
riesce a spiegare come sia potuto accadere un disastro come quello del
volo della Malaysia Airlines.
Attraversare zone di guerra, sorvolare ad alta quota territori nei
quali ci si affronta armi in pugno fa
parte della quotidianità per un pilota di jet di linea. E anche a Carlo
Sforza è capitato nella sua lunga
esperienza. Ma quanto accaduto ieri
sembra non appartenere a ipotesi
prevedibili. Eppure non esistono in
questi casi «regole d’ingaggio» e
norme di sicurezza a cui gli equipaggi si devono attenere?
«Certo che sì - risponde l’ex comandante dell’Alitalia - e alla base di
tutto ci sono i cosiddetti “notam”
che ognuno di noi riceve prima del
decollo. Si tratta in sostanza di sin-
tetici dispacci in cui ci vengono indicate le rotte da seguire, le altitudini a cui volare per garantire la sicurezza dei passeggeri in caso di attraversamento di zone pericolose. Nel
corso della mia carriera mi è capitato ad esempio di passare più volte
sopra la Somalia o il Corno d’Africa:
le istruzioni che ricevevamo dicevano ad esempio di non scendere al di
sotto di una certa quota, per tenersi
fuori della gittata delle armi della
guerriglia, oppure di seguire rotte
che giravano attorno alle zone “cal-
❜❜
Le armi
I pericoli maggiori
arrivano dalle armi
convenzionali: mortai o
anche i fucili
de”. Anche di recente mi risulta siano state sospese le soste sull’aeroporto di Tel Aviv per non diventare
bersaglio dei razzi sparati dalla Striscia di Gaza».
Ma i «notam» vengono diramati
dalle compagnie aeree?
«No, il compito spetta alle autorità di controllo dei singoli Paesi che
vengono sorvolati: sono loro che
hanno (o dovrebbero avere) il polso
della situazione».
Nel caso del Boeing abbattuto, le
autorità hanno già specificato che
il velivolo non era entrato in una
«no fly zone» e che dunque non era
finito fuori rotta e si trovava in un
punto teoricamente sicuro. Cosa
può essere successo?
«È un evento per certi versi ancora inspiegabile. Per un pilota che deve sorvolare un’area pericolosa, anche per la semplice presenza di
guerriglieri, come nel caso dell’Ucraina, il rischio maggiore è rappresentato dalle cosiddette armi
convenzionali, come fucili o mortai.
In questi casi basta mantenere una
quota di sicurezza per tenersi fuori
dal raggio d’azione di queste armi.
Ma se l’aereo è stato centrato mentre
si trovava a 10 mila metri siamo in
uno scenario del tutto differente e
anche difficile da prevedere. Sulle
prime ho pensato che il jet malese si
trovasse in fase di decollo o atterraggio ma così non è. Ma fin da subito
si è capito che il colpo non poteva
essere partito da armi semplicemente portate a spalla da qualche
soldato».
Ritiene ci siano state negligenze
che hanno giocato contro la sorte
dei passeggeri e dell’equipaggio
deceduti?
«Siamo di fronte a un atto di terrorismo gravissimo e difficile da
prevedere: bisognerebbe immaginare una sorta di indagine preventiva per arrivare a una modifica all’ul-
❜❜
La sicurezza
Prima del decollo ci
vengono fornite le
indicazioni per
garantire la sicurezza
timo momento delle rotte. Ma non
sono decisioni semplici, anche perché le compagnie puntano sempre a
seguire i tracciati più brevi per risparmiare sul carburante».
In effetti una decisione è stata
presa, ma in maniera tardiva; per
giorni e giorni i cieli sopra Donetsk
sono stati solcati da centinaia di jet e
solo dopo la tragedia tutto il traffico
sulla zona più instabile dell’Ucraina
è stato deviato; gli aerei hanno cominciato a seguire il periplo attorno
al Paese e il sito flightradar24 che
mostra on line il traffico aereo in
tempo reale già ieri sera forniva
un’immagine eloquente della situazione.
Ma al di là delle prescrizioni delle autorità di controllo aereo, il pilota ha margini di autonomia o
può attenersi ad altre regole?
«Sostanzialmente no: una volta
che abbiamo ricevuto le rotte da seguire o ci sono state indicate le quote di volo non c’è più molto da fare. I
piloti seguono solo le indicazioni altrui».
Claudio Del Frate
@cdelfrate
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Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Primo Piano
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I parenti La disperazione
di parenti ed amici all’aeroporto di Kuala Lampur
La telefonata La notizia della tragedia arriva durante la chiamata
Sanzioni, l’ira di Putin
Ma Washington avverte:
«Nuove misure sul tavolo»
Gli Usa: «Prove di armi pesanti ai separatisti»
DAL NOSTRO INVIATO
Turisti Una guida per un viaggio che non ci sarà più
I documenti I passaporti di alcune vittime (immagini della tv russa LifeNews)
NEW YORK — A chiamare è stato il Cremlino. Putin voleva discutere delle ulteriori sanzioni economiche decise dagli Stati Uniti contro la Russia e forse anche fare la voce grossa,
ma il tono della conversazione tra Vladimir
Vladimirovic e Barack Obama è cambiato di
colpo quando è arrivata la notizia dell’abbattimento del Boeing della Malaysia Airlines in
volo al confine tra l’Ucraina e la Russia, proprio dove si ammassano gli aiuti ai separatisti
filorussi contestati dagli Usa. E mentre parlavano, anche i rapporti di forza tra i due leader
sono cambiati.
Era stato Putin a chiedere il colloquio dopo
che, meno di 24 ore prima, Obama aveva annunciato un nuovo giro di vite contro le principali istituzioni finanziarie ed economiche
della Russia. Le sanzioni non sono una cosa
da prendere alla leggera quando ad imporle
sono gli Stati Uniti che regolano le transazioni
in dollari nel mondo. Oltre a colpire direttamente gli obiettivi fissati dall’amministrazione americana, impediscono a chiunque di
operare con coloro che finiscono sulla lista
nera. E chi tenta di aggirarle può fare una
brutta fine. Ne sa qualcosa Bnp-Paribas, la
principale banca francese che di recente ha
versato quasi 9 miliardi di dollari al Dipartimento della Giustizia per aver violato per anni le sanzioni imposte a Iran, Cuba e Sudan.
Le nuove misure riguardano in particolare i
colossi Gazprombank e Rosneft che operano
in tutto il mondo. Chiuderli in un recinto vuol
dire mettere a rischio le esportazioni di gas e
petrolio in Europa, ma allo stesso tempo
ostruire i principali collettori di valuta pregiata verso la Russia. Ed infatti, il presidente Usa
annunciando mercoledì le sanzioni, che si
sommano alle precedenti, aveva tranquillizzato gli alleati europei dichiarando che «sono
Le sanzioni
Il potere di Putin
nel mirino degli Usa
Gli Stati Uniti hanno
deciso mercoledì di
inasprire le sanzioni
contro la Russia, con
misure che mirano a
colpire le aziende alla
base del potere del
presidente russo
Vladimir Putin. Nel
mirino di Washington
sono finiti alcuni dei
maggiori gruppi
industriali e
finanziari russi,
dall’azienda
petrolifera di Stato
Rosfnet a
Gazprombank, il
braccio finanziario di
Gazprom, colosso
statale del gas
naturale. Tra le altre
società vi è Veb, la
banca statale che
opera come agente
di pagamento per il
governo russo, e otto
aziende nel settore
degli armamenti,
incluso il produttore
dei fucili Kalashnikov.
significative, ma sono anche mirate e disegnate per avere il massimo impatto sulla Russia mentre viene limitato ogni effetto sulle
compagnie americane o sui nostri alleati», ed
aveva ammonito la Russia: «Ci aspettiamo
cha la sua leadership capisca, ancora una volta, che le sue azioni in Ucraina hanno conseguenze».
Al telefono con Putin Obama ha parlato di
«prove evidenti che la Russia sta significativamente aumentando la fornitura di armi pesanti ai separatisti in Ucraina» sottolineando
che le sanzioni si sono rese necessarie per «la
mancanza da parte della Russia di passi per
allentare la crisi», come riferisce una nota della Casa Bianca alla quale il portavoce, Josh
Earnest, ha aggiunto che sono «allo studio»
ulteriori misure con gli alleati europei che
condurranno la Russia «ad altri costi» e a un
maggiore «isolamento diplomatico».
Non si sa a quale punto del confronto telefonico sono arrivate le notizie sul volo MH17
e sulla morte delle 295 persone a bordo che
hanno esportato oltre il confine ucraino-russo quello che poteva essere scambiato per un
problema regionale, per quanto pericolosamente troppo vicino all’Europa. Sia la Casa
Bianca che il Cremlino hanno detto che a parlarne per primo è stato Putin il quale aveva ricevuto notizie di stampa e «rapporti» dei servizi di volo. «E’ una terribile tragedia», dichiara Obama dal Delaware, dove si è recato
subito dopo per promuovere investimenti
privati nei trasporti. «Stiamo lavorando per
accertare se a bordo ci fossero cittadini americani», aggiunge offrendo l’aiuto Usa per accertare cosa è accaduto in un’area che, dall’inizio degli scontri, è una delle più monitorate al mondo dai satelliti spia americani e
dalle istallazioni militari Nato.
Giuseppe Guastella
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Catastrofi aeree Manovre errate, rotte rischiose, piloti da caccia con il grilletto facile, il caso avverso: i motivi di una lunga serie di «incidenti»
Ustica e non solo: quando i passeggeri sono bersagli
Dall’Iran alla Corea la storia recente dell’aviazione civile è segnata da episodi come quello di ieri
Piloti da caccia con «grilletto facile» e ordini folli. Paesi che non vogliono intrusi nel proprio spazio aereo. Manovre errate di comandanti.
Rotte pericolose in cieli non amici. Il
caso avverso. Spiegazioni diverse
per tragedie che forse potevano essere evitate. La storia dell’aviazione
civile è segnata da tanti episodi, dove un velivolo pieno di passeggeri è
stato abbattuto. In alcuni casi le responsabilità sono state chiare, o
quasi, in altre le zone d’ombra hanno prevalso, avvolgendo i fatti di
quella che chiamano «la nebbia di
guerra», anche se la vittima, spesso,
non era coinvolta. Altro aspetto è
che nessuno è immune da responsabilità. Potenze piccole e grandi si sono macchiate di stragi di civili inermi, la cui unica colpa era aver preso
un aereo. Senza trascurare quegli attentati dove i terroristi hanno preso
di mira il trasporto aeronautico con
bombe sofisticate nascoste in una
valigia o usando i «manpad», sistemi missilistici portatili, un’arma oggi molto diffusa sul mercato nero
grazie al saccheggio degli arsenali
dei regimi arabi, dalla Libia alla Siria.
27 luglio 1955. Un Constellation
della El Al con una cinquantina di
persone a bordo è traforato di proiettili da un paio di Mig bulgari. Precipita, nessun superstite. Seguono
polemiche, teorie, anche se non vi
sono dubbi sulla colpa dei militari di
Sofia che hanno aperto il fuoco sul
velivolo che aveva deviato dal pro-
prio percorso. Quasi vent’anni dopo
saranno gli israeliani a compiere
l’errore. Il 21 febbraio 1973 un Boeing libico entra in un settore del Sinai allora controllato dallo stato
ebraico. Un cambiamento dovuto ad
una tempesta di sabbia e aggravato,
si disse, da problemi agli strumenti.
Israele manda una coppia di caccia
che, dopo aver intimato al pilota di
cambiare rotta, lo attaccano. Moriranno oltre 100 passeggeri.
Neppure i russi mostrano prudenza. Il confine è sacro, vale più di
ogni cosa. E per due volte prendono
di mira aerei sudcoreani. Aprile
1978: caccia Sukhoi intercettano il
volo Kal 902 vicino a Murmansk e
sparano. Due persone restano uccise, ma il jet esce quasi indenne dopo
un drammatico atterraggio d’emergenza. Non hanno la stessa fortuna
coloro che sono a bordo del Kal 007
sorpreso da un aereo militare russo
vicino all’isola di Sakhalin, nell’Estremo Oriente russo il 1 settembre 1983. Terrificante il bilancio: 269
uccisi. Le fasi dell’attacco sono do-
cumentate dalle registrazioni audio.
Un evento seguito da polemiche
aspre e sospetti. C’è chi ipotizza una
provocazione contro la Russia e chi
parla del tentativo del pilota di risparmiare carburante «tagliando» la
rotta originale. In realtà la strage è da
imputare alla linea adottata da Mosca e ad una probabile avaria che ha
portato il jet nel posto sbagliato.
Traiettorie che s’incrociano cambiando il destino di tanti. Tra questi
le 81 povere anime che viaggiavano
a bordo del Dc 9 Itavia la sera del 27
giugno 1980. La loro fine resta un
mistero, anche se ormai vi sono
molto indizi. L’aereo cade nel mare
di Ustica dopo essere stato coinvolto
in una battaglia aerea. Lo hanno tirato giù i francesi? Gli americani? Gli
israeliani? O chi altro? Tanti anche
gli scenari sul vero bersaglio: un piccolo executive con a bordo Muammar Gheddafi, un cargo con l’uranio
destinato a Saddam, un Mig libico.
Più chiara ma non per questo meno drammatica la vicenda dell’Airbus iraniano il 3 luglio 1988. In volo
I precedenti
Ustica Il 27 giugno 1980 il Dc 9 Itavia in volo da
Bologna a Palermo precipita con 81 passeggeri a
bordo. Si sospetta sia stato colpito da un missile
Il 747coreano In volo da New York a Seul nel
settembre 1983 è abbattuto dai sovietici mentre
sorvola la penisola di Kamciatka. I morti sono 269
L’Airbus iraniano Nel luglio 1988 un missile terra
aria lanciato da un incrociatore Usa colpisce il volo
Iran Air 655 causando la morte di 290 persone
da Bandar Abbas a Dubai, nel Golfo
Persico, con a bordo 290 persone, finisce nel radar dell’incrociatore
americano Vincennes. I marinai lo
scambiano per un Phantom, temono
forse un’azione kamikaze o un attacco. Scatta l’allarme. Pochi istanti dopo dalla nave parte un missile che
provoca la distruzione dell’aereo.
Non ci sono superstiti. L’errore dell’equipaggio renderà ancora più feroci i rapporti tra i due nemici in un
momento internazionale rovente. E
quando, nel dicembre di quell’anno,
un jumbo Pan Am esploderà nel cielo di Lockerbie non si escluderà che
si tratti della vendetta iraniana. Le
successive indagini, piene di buchi,
porteranno invece ad accusare il solito Gheddafi. Non ci sono dubbi
neppure per il Tupolev 154 della Siberian Airlines in servizio da Tel Aviv
a Novosibirsk distrutto il 4 ottobre
2001 da un Sa 200 lanciato dalla difesa ucraina durante un’esercitazione
nella penisola di Crimea. Il governo
locale si scuserà con molto ritardo.
Punti geografici che ritornano insieme alla sigla della Malaysia Airlines. Come dimenticare l’MH370
scomparso dall’ormai lontano 8
marzo mentre si dirigeva verso Pechino. Lo hanno cercato per mesi
senza trovare la minima traccia. Una
sparizione che inevitabilmente ha
portato a considerare qualsiasi ipotesi. Compresa quella di un missile.
Guido Olimpio
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Primo Piano
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
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Medio Oriente La crisi
Attacco da terra e mare
E su Gaza cala il buio
I militari: un’operazione senza limiti di tempo
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME — I colpi
di artiglieria, i razzi di segnalazione, le raffiche dagli elicotteri illuminano il nord della Striscia di Gaza, i villaggi
rimasti senza luce. I raid colpiscono anche la parte orientale: è in queste due zone che
dall’altro ieri gli israeliani
I riservisti
Richiamati altri riservisti
dell’esercito israeliano:
adesso sono
sessantamila
lanciano i volantini di avvertimento («lasciate le case,
l’operazione militare è imminente»), è da qui che è marciata l’offensiva di terra nel
conflitto del 2009 ed è da qui
che è cominciata nella notte.
I blindati e le forze speciali
si sono mossi nella terra di
nessuno verso i primi palazzi,
tra 500 metri e un chilometro
dalla barriera. L’assalto sembra sia stato pianificato da
tutti i lati, anche dal mare: i
Il ragazzo arabo
Mohammed
«vittima
di terrorismo»
TEL AVIV — Il ministero
della Difesa israeliano ha
annunciato ieri che
Mohammed Abu
Khudair, il 16enne
palestinese bruciato vivo
da alcuni estremisti ebrei
il 2 luglio, è considerato
«vittima di un’azione
ostile», ovvero di
terrorismo. Dopo questa
decisione, la famiglia di
Mohammed potrà
ottenere un risarcimento
dallo Stato di Israele e il
nome del giovane sarà
inserito nella lista delle
vittime di terrorismo nel
Giorno della Memoria.
Proprio ieri tre israeliani,
di cui due minorenni,
sono stati formalmente
accusati per il rapimento
e la morte di Mohammed.
militari hanno avvertito i
giornalisti alloggiati negli alberghi sulla costa di evacuare
l’area. Ci sono stati i primi
scontri con i miliziani, il ministero della Sanità palestinese parla di ricoverati per i gas
usati come copertura dall’esercito.
Benjamin Netanyahu ha ripetuto fin dall’inizio che tutte
le opzioni erano sul tavolo,
anche l’invasione, anche per
lui che in otto anni da primo
ministro in tre mandati non
ne ha mai ordinata una. L’incursione della notte sembra
essere limitata: l’obiettivo
dell’esercito è quello di distruggere i tunnel scavati da
Hamas per riuscire a infiltrare
i miliziani dentro a Israele ed
eliminare le batterie di lancio
per i missili che l’aviazione
non è riuscita a centrare in
questi dieci giorni.
L’operazione non ha limiti
di tempo — almeno a parole
— e Benny Gantz, il capo di
Stato maggiore, ha ordinato
di richiamare altri 18 mila riservisti: adesso ne ha a disposizione 60 mila.
Malgrado le pressioni di
Avigdor Lieberman, il mini-
stro degli Esteri che preme
per rioccupare la Striscia, Netanyahu non ha mai indicato
tra gli scopi quello di togliere
il controllo al movimento
fondamentalista. Lo ripete
anche il portavoce delle forze
armate per lasciare ai capi
dell’organizzazione una via
d’uscita. I servizi segreti avvertono che il caos del futuro
potrebbe essere peggiore del
presente con Hamas: il territorio stretto tra Israele, l’Egitto e il mare potrebbe finire
sotto il dominio di gruppi ancora più estremisti.
La guerra si è fermata solo
per cinque ore, una tregua
umanitaria richiesta dalle Nazioni Unite per permettere ai
palestinesi di uscire di casa,
andare al mercato a rifornirsi
di cibo. Allo scadere del cessate il fuoco, i bombardamenti sono ricominciati: i
missili verso le città israeliane sparati dai miliziani fondamentalisti, gli attacchi dell’aviazione di Tsahal. Tre
bambini arabi sono stati uccisi mentre giocavano sul tetto
di casa: le vittime a Gaza in
questi dieci giorni di scontri
sono almeno 235, per la mag-
gior parte civili. Un israeliano
è morto martedì, centrato da
un colpo di mortaio mentre
distribuiva dolci ai soldati dispiegati attorno alla Striscia.
L’Unrwa, l’agenzia delle
Nazioni Unite per i rifugiati
palestinesi, ha denunciato ieri di aver scovato venti razzi
in una delle sue scuole. L’intelligence israeliana accusa
Hamas di usare le strutture
civili come basi militari.
Le trattative per ritornare
alla calma stabilita dopo il
conflitto del novembre 2012
vanno avanti. Abu Mazen, il
presidente palestinese, ha incontrato al Cairo Abdel Fattah
al Sisi: insieme stanno cercando una soluzione che permetta ad Hamas di proclamare di aver ottenuto delle concessioni.
Perché sul campo di battaglia l’esercito irregolare del
movimento non ha per ora
vittorie da esibire. Ieri un
commando di tredici uomini
è emerso da un tunnel in un
campo vicino a un kibbutz:
individuati dagli elicotteri,
Il premier
Netanyahu ha ordinato
per la prima volta
un’invasione nei suoi otto
anni di mandato
Abu Mazen in Turchia
Abu Mazen arriva oggi
in Turchia alla ricerca di
nuovi negoziatori. Poi
sarà la volta del Qatar
Le tregua mancata
L’Egitto non ha nascosto
l’irritazione con Hamas
per non aver accettato la
sua proposta di tregua
sono fuggiti indietro, la galleria è stata fatta saltare. Un
drone lanciato dai miliziani
lungo la costa israeliana — è
il secondo tentativo — è stato
intercettato e abbattuto.
Al Sisi, il generale diventato presidente, non nasconde
la sua irritazione verso i leader di Hamas. «Se avessero
accettato la nostra proposta
di cessate il fuoco — fa dire al
ministro degli Esteri —
avrebbero salvato le vite di
molti palestinesi». Abu Mazen dovrebbe arrivare oggi in
Turchia alla ricerca di altri negoziatori. Gli israeliani e gli
egiziani vogliono sfruttare
questo conflitto per rafforzare la posizione del presidente
nella Striscia, di cui ha perso
il controllo nel 2007 dopo un
golpe dei fondamentalisti.
Una delle ipotesi per cercare
di mediare un cessate il fuoco
è quella di aprire il valico di
Rafah al confine con l’Egitto e
affidarne la sicurezza alle forze di Abu Mazen.
D.F.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
✒
L'analisi
OBAMA E QUEL DIVARIO
TRA RETORICA E RISULTATI
di PAOLO VALENTINO
A
vrà fatto bene il segretario di Stato
americano John Kerry a rinunciare a
recarsi in Medio Oriente, per tentare
un’impossibile mediazione nella crisi di Gaza?
L’invasione nella Striscia palestinese, ordinata
ieri da Benjamin Netanyahu, sembra dargli
ragione. C’era poco o punto che gli Stati Uniti
potessero fare, per cercare di riportare un po’
di calma in una situazione ormai sfuggita da
tempo a ogni loro tentativo di influenzarla.
Ma l’ingresso dei soldati israeliani a Gaza
diventa una sorta di certificazione sul campo
del fallimento americano in Medio Oriente e
la dimostrazione tragicamente plastica del
clamoroso ridimensionamento del ruolo di
Washington nella regione.
Così la rinuncia del capo della diplomazia Usa
appare ora in un’altra luce, quella di un mesto
ammaina bandiera di ogni ambizione a
esercitare una leadership. Leading, guidare,
non fa parte almeno al momento del
vocabolario della politica estera degli Stati
Uniti. Neppure «from behind», da dietro,
come negli ultimi tempi voleva la narrativa
dell’Amministrazione. Il problema è che
questa non è affatto una buona cosa: l’assenza
degli Stati Uniti nello scenario geostrategico
più caldo del mondo non promette infatti
nulla di buono e dovrebbe preoccupare tutti,
in primo luogo gli alleati europei. La decisione
del governo israeliano suona quasi beffarda
nei confronti di Obama, che meno di 24 ore
prima aveva nuovamente promesso di voler
usare «tutte le nostre risorse e relazioni
diplomatiche per giungere a un tregua in
grado di durare». Nel frattempo, aveva detto il
Presidente, «appoggeremo tutti gli sforzi per
proteggere le popolazioni civili di Israele e
Gaza».
La portavoce del Dipartimento di Stato, Jen
Psaki, ha detto ieri sera che gli Stati Uniti
«raddoppieranno gli sforzi per arrivare a una
tregua». Cosa significhi questo concretamente
è poco chiaro, vista la situazione di paralisi in
cui si trova l’Amministrazione, che da un lato
non può e non vuole mettere sotto pressione
Israele, che reagisce a suo modo ai continui
lanci di razzi sulle sue città da parte
palestinese, dall’altro non è assolutamente in
grado di influenzare Hamas, neppure
attraverso i buoni uffici dell’Egitto o del Qatar.
Aaron David Miller, ex negoziatore americano
in Medio Oriente, consiglia al suo Paese in
questa fase di fare e dire poco o nulla, pena il
rischio di far aumentare «il divario tra la sua
retorica e la sua capacità di produrre risultati».
Più che un consiglio, sembra un epitaffio.
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Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
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Fumo e fiamme
A sinistra: nuovo
attacco
israeliano ieri
notte a Gaza City
(Ap). A destra:
nella città di
Khan Younis,
sempre nella
Striscia di Gaza,
un gruppo di
vicini e parenti
(foto sopra,
LaPresse)
attende i corpi di
quattro membri
della famiglia Al
Astal per il
funerale (foto
sotto, Epa)
Diario dalla Striscia
Cinque ore di tregua
per capire la differenza
tra noi e il mondo
di ABEER AYYOUB
Dopo più di una settimana di pseudo-coprifuoco,
migliaia di residenti a Gaza sono usciti per fare scorta
di beni di prima necessità, dopo che Israele ha
annunciato una tregua umanitaria di cinque ore,
concordata su richiesta delle Nazioni Unite. La gente
faceva la fila agli sportelli bancomat di tutta Gaza per
prelevare il denaro necessario per sopravvivere. Il
negozio principale del centro storico era affollato
come mai in passato. Camminando in strada, ho
incontrato la maggior parte dei miei amici e
conoscenti, usciti per procurarsi il necessario, alcuni
uscivano solo per una boccata d’aria fresca, dopo
essere rimasti inchiodati a casa per più di sette giorni.
Ero così felice di ritornare a vivere anche se per cinque
ore, ero felice di vedere i miei amici che temevo di non
rivedere più. Sono andata a fare la spesa come gli altri,
la gente si affrettava per riuscire a sbrigare tutto entro
le 15. Ho fatto incetta delle cose di
cui necessitavo, nel caso in cui la
L’autrice
situazione dovesse prolungarsi.
Tutti erano felici ma timorosi che
gli aerei israeliani colpissero
qualunque obiettivo in qualunque
momento, era diventata una fobia.
Comunque camminare in strada mi
emozionava, dappertutto ho visto
molte case e negozi distrutti, era
molto triste. Per me era la prima
volta che potevo constatare la
distruzione di massa vissuta dalla
città, una cosa è sentirla raccontare,
un’altra cosa è vederla. Quello che
Da Gaza
Abeer Ayyoub è una
pensavo in quel momento era come
giornalista che scrive per il
sarebbe stata la vita dopo le 15,
sito di informazione Al
ovvero se si sarebbero riaperte le
Monitor. Laureata in
ostilità come nel caso di violazione.
Letteratura inglese
Percepivo la vera differenza tra
all’Università islamica di
guerra e pace, sentivo che mi
Gaza, prima di iniziare a
mancavano i giorni sereni e il
scrivere è stata attivista per
girovagare con i miei amici.Fino a
i diritti umani. Collabora
cinque minuti prima della fine
con Al Jazeera e Haaretz
della tregua, erano tutti ancora in
strada, c’era una gran folla; la mia
auto procedeva a stento tra la gente
che tornava di corsa a casa. Cinque minuti dopo il
«cessate il fuoco» ritornano il coprifuoco e i
bombardamenti! Rientrata in ufficio, ho cercato di
addormentarmi mentre la zona circostante veniva
bombardata. Mi rifiutavo di alzarmi, pensando di
volere continuare a immaginare che fosse tornata la
pace. Due ore dopo mi sono svegliata per apprendere
che, nelle due ore precedenti, erano stati uccisi cinque
bambini. Tre di loro, mentre giocavano sul tetto di
casa. L’attuale momento attraversato da un milione e
800 mila palestinesi non è facile, una tregua diurna di
cinque ore dà l’impressione che questa guerra non
finirà presto, il che è una notizia molto brutta. Il
confronto di queste cinque ore con il resto della
giornata dà un’idea di come la nostra vita a Gaza sia
diversa da quella degli altri nel resto del mondo.
(traduzione di Ettore Claudio Iannelli)
Emergenza Il business delle gallerie dei fondamentalisti
Farina, cemento e armi
nelle mille vie nascoste
Dal 2000 a oggi sono diventate centinaia
235
Le vittime palestinesi dall’inizio della crisi in Medio Oriente
a causa dei raid sulla Striscia.
Mentre sono stati circa 1.450 i
razzi lanciati da Gaza sul territorio israeliano. Più di 70 solo
nella serata di ieri al termine
della tregua umanitaria
La storia
Per Hamas e per Gaza i tunnel sono
tutto. Alimentano la Striscia con qualsiasi tipo di merce, servono alle Brigate Al Qassam e agli altri gruppi per tentare sortite altrimenti impossibili. Nei
periodi buoni, il movimento palestinese è arrivato a investire il 30-40% del
suo bilancio nella realizzazione delle
gallerie sotterranee che collegano Gaza alla cittadina egiziana di Rafah, giusto dall’altra parte del confine meridionale. E in qualche caso ne hanno
costruite alcune sofisticate per cogliere di sorpresa gli israeliani. Come nel
2006, quando il soldato Shalit fu catturato da un commando sbucato da sottoterra.
Le talpe palestinesi sono costantemente
al lavoro e si ripartiscono i compiti.
Un’unità speciale, coordinata per
molto tempo da Ahmed Randur, si è
dedicata alla preparazione di tunnel
«militari». Uno di questi è stato
scoperto ad ottobre. Era lungo 2,5
chilometri, con una profondità di 20
metri, usciva vicino al kibbutz Ein
Hashlosha. Per realizzarlo hanno usato
800 tonnellate di cemento e speso
milioni di dollari. I palestinesi
sarebbero poi riusciti a disturbare i
sensori piazzati per segnalare attività
sotterranee. Uno sforzo non da poco
legato a possibili azioni future e
co n d o t to te n e n d o co n to d e l l e
esperienze di questi anni. Le prime
La campagna
Israele e poi
l’Egitto hanno
tentato invano
di distruggere
i passaggi
«Minatori»
Scavare i
tunnel è una
professione,
pagata 100
dollari al mese
gallerie risalgono al 2000 e sono nate
per aggirare il blocco israeliano. Da
allora si sono sviluppate per numero e
capacità. Nel 2013 si parlava di almeno
800 tunnel operativi e un anno dopo
gli egiziani hanno sostenuto di averne
distrutti 1370. Cifre incontrollabili.
Nelle gallerie da Rafah (Egitto) verso
Gaza sarebbero transitati il 65% della
farina, il 98% dello zucchero, il 100% di
acciaio e cemento. Un traffico civile
che si è poi mescolato a quello bellico:
razzi, munizioni e altre materiale
destinato alle Brigate Al Qassam e ad
altre fazioni.
Così è nata una vera industria, con
«minatori» (paga 80-100 dollari al
mese), proprietari che affittano i
tunnel e «famiglie» che si
preoccupano del contrabbando
pagando una tassa di passaggio alle
autorità. Contro questo mondo
sotterraneo, Israele ha messo in
campo la propria tecnologia, ha
chiesto aiuto agli Usa e sollecitato gli
egiziani ad agire. Lungo il confine le
hanno provate tutte: lame nel terreno,
allagamenti, sismografi, cariche
esplosive, trincee profonde. Una vera
campagna che però non ha eliminato il
problema per il semplice fatto che
Gaza senza i suoi tunnel non potrà mai
sopravvivere.
Guido Olimpio
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La giovane fotografa pacifista pubblica ogni giorno in ebraico la lista delle vittime palestinesi
L’ebrea che traduce i nomi dei morti
«Gli arabi uccisi non sono solo numeri»
L’opera di Michal: ignorata dai media, in Rete ha tanti seguaci
DAL NOSTRO INVIATO
BET SHEMESH — Un cognome
che si ripete ancora e ancora, un
bambino, un altro, l’età di un adulto, adesso un vecchio, una donna. È
una famiglia. La storia emerge dalle
lettere in arabo, come leggere le foglie del té: il destino questa volta è
già deciso, non c’è un futuro ad
aspettare. La lista di Michal non
smette di allungarsi. La ragazza
israeliana passa le giornate a scavare nel sito del ministero palestinese
della Sanità, a raccogliere le informazioni dei volontari a Gaza. Per
dare un nome ai morti che spesso
sui giornali restano un numero.
Michal Rotem, 27 anni, in questi
giorni ha lasciato Beersheba, la casa
dove vive non ha un rifugio, troppo
pericoloso con i missili sparati dalla
Striscia per bersagliare quella che è
considerata la capitale del deserto
del Negev. Sta da un amico a Bet
Shemesh, tra le colline a ovest di
Gerusalemme. Le sirene d’allarme
suonano anche qui, almeno nel palazzo c’è la stanza protetta dove
scappare. «Al mattino cerco le vittime palestinesi della notte di attacchi da parte del nostro esercito —
racconta —, traduco dall’arabo all’ebraico, scrivo l’età, aggiungo all’elenco, so che non tutti sono civili,
qualcuno di loro potrebbe aver provato ad ammazzarmi».
La lista — ieri sera i morti erano
235 — viene pubblicata dal sito
Siha Mekomit (Chiamata locale),
molto popolare. «Non mi illudo che
in tanti la leggano o che i giornali
israeliani più venduti la riprendano. Con altri attivisti della sinistra
I bambini
«La maggior parte dei nostri
quotidiani non ha nemmeno
identificato i quattro bambini
colpiti da un missile in spiaggia»
pacifista abbiamo pensato fosse necessario. La maggior parte dei quotidiani non ha neppure citato i nomi dei quattro bambini uccisi mercoledì sulla spiaggia. Gli unici caduti che vengono identificati sono i
comandanti di Hamas, obiettivi
militari da sfoggiare».
A Beersheba, nelle notti di guerra, qualcuno ha cominciato a scrivere sui muri con lo spray i nomi
che Michal ha raccolto, quasi una
provocazione nel sud di Israele sotto bombardamento dove i sindaci
invocano di occupare Gaza e farla
finita con i fondamentalisti. «Posso
immaginare chi sia, il nostro gruppo in città non è grande. È un gesto,
una sfida e almeno in posti come
Tel Aviv i giovani ne stanno parlando. Mi impongo di credere, forse
per disperazione, che la mia lista
potrà avere un impatto, spingerà la
gente a voler fermare questo conflitto».
Qualche volta incontra un cognome che riconosce. Ha dedicato la tesi di dottorato ai villaggi beduini di-
Sui muri
«Qualcuno ha iniziato a scrivere
quei nomi sui muri. E’ una sfida
e almeno in posti come Tel Aviv
i giovani ne parlano»
In memoria
Il nome scritto su un muro in ebraico di Mohammed Ayman Ashour, 15 anni,
uno dei tanti palestinesi uccisi in questi giorni a Gaza. La fotografa israeliana
Michal Rotem ha tradotto tutti i loro nomi nella sua lingua
chiarati illegali dal governo israeliano, conosce i capi clan, le famiglie
che hanno legami con quelle dall’altra parte della barriera. In una sorta
di introduzione al suo lavoro di
questi giorni invita i lettori «a pronunciare i nomi ad alta voce uno
dopo l’altro. Non importa quale sia
la vostra ideologia politica o che cosa pensiate di Gaza. Potete anche
solo scegliere quelli dei bambini».
Davide Frattini
@dafrattini
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Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
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L’Europa Le nomine
Il compleanno della cancelliera
Renzi e il viaggio «a vuoto»:
bastava anche solo un sms,
ma è un pareggio fuori casa
Il duello con i «tecnocrati a Roma e in Europa»
ROMA — È la grande scommessa di Matteo Renzi. Qualcuno ritiene che sia un azzardo in
un palazzo, come quello di Bruxelles, dove i funzionari italiani
della Ue non vanno certo pazzi
per lui. Anzi, per dirla in poche
parole, non lo amano esattamente come non lo amano gli alti burocrati del nostro Paese o i
dirigenti dei palazzi della politica. Già, i «mandarini», come li
chiama il premier, non lo osteggiano solo a Roma. Quelli di Bruxelles lo hanno ribattezzato, non
certo in segno di riverenza, «Mr
40 per cento». Come a dire che
da quelle parti i voti guadagnati
sul campo, di cui il presidente
del Consiglio va fiero, non contano poi molto. In quelle stanze e
in quei corridoi ci sono molti
funzionari che hanno avuto (e
hanno) una lunga consuetudine
con Mario Monti, Enrico Letta e
Massimo D’Alema. Tre personaggi assai diversi tra di loro, ma
ancora più distanti dall’ex sindaco di Firenze, che non accetta
l’idea di cambiare modi e toni di
fronte ai «tecnocrati della Ue».
Ed è proprio questa la sfida del
premier italiano. Importare il
«metodo Renzi» oltre i confini
del nostro Paese. Una sfida difficile: «Molti in Europa — è il succo del ragionamento che ha fatto
ai suoi all’indomani del vertice
— non conoscono ancora il mio
metodo di lavoro e non ci sono
abituati. Ma non è che io faccio
una cosa a Roma e un’altra a Bruxelles. Io non cambio. Come non
cambio idea su Federica Mogherini».
L’altro ieri il premier era alquanto innervosito per l’esito
dell’incontro con gli altri leader:
«La riunione avrebbe potuto essere più incisiva, se fosse stata
preparata meglio. Ci hanno fatto
venire per parlare di un accordo
che poi abbiamo scoperto non
esserci. E non per un veto sulla
Mogherini o per ipotesi che affascinano solo i media italiani e di
cui qui nessuno parla (Letta alla
presidenza del Consiglio europeo o D’Alema Mr. Pesc, ndr). Infatti l’ho detto anche a Van Rompuy: non c’era bisogno di farci
sprecare soldi con i voli di Stato,
bastava mandare un sms». Più
tardi, però, come sempre, ha
preso il sopravvento l’entusiasmo che, nonostante le tante difficoltà in cui versa il governo,
non manca mai al presidente del
Consiglio: «Abbiamo pareggiato
fuori casa», ha detto scherzando
il premier. Aggiungendo: «L’Italia è in campo per l’Alto rappresentante. L’Unione deve dotarsi
presto di una squadra competitiva in cui siano presenti freschezza e competenza». Insomma, un
pizzico di rottamazione non
guasterebbe nemmeno oltre i
confini patri. In realtà Renzi sa
che la partita è difficile e la posta
in gioco altissima. Per questo
Le critiche
«La riunione poteva
essere più incisiva
se fosse stata
preparata meglio»
I «voli di Stato»
«L’ho detto anche a Van
Rompuy, non c’era
bisogno di farci sprecare
soldi con i voli di Stato»
vuole presentarsi al prossimo
vertice del 30 agosto con la riforma del Senato già approvata a
Palazzo Madama. Invece ha capito che i dissidenti mirano addirittura ad arrivare a settembre.
Approfittando del fatto che di
qui alla pausa estiva bisognerà
votare anche alcuni decreti in
scadenza. Il loro obiettivo «è
l’ingorgo parlamentare». Quello
del presidente del Consiglio «il
via libera» della riforma prima
della pausa. Per questa ragione
l’inquilino di Palazzo Chigi non
si porrà problemi a mettere la fiducia sui decreti e a cercare in
tutti i modi di accelerare i tempi
per il disegno di legge sul Senato
e sul titolo V della Costituzione.
Ciò non lo spingerà però a chiedere provvedimenti disciplinari
nei confronti dei dissidenti: «Mi
basta — spiega ai suoi il premier
— la sanzione morale di mostrarli per come sono, di far vedere il coraggio da leoni che
hanno, perché quando si tratta
di contarsi nelle assemblee di
gruppo non votano, se non in
pochi, e tanto meno parlano».
In questo contesto va vista anche la decisione di Renzi di par-
I 60 di Angela
tra fiori e gaffe
(di un reporter)
tecipare al vertice con i grillini,
con cui non vuole il muro contro
muro proprio per accelerare i
tempi: «Per essere autoritario —
osserva ironico — due ore di
confronto insieme non sono
niente male, no?». Perciò il premier ferma i parlamentari del Pd
che vorrebbero dichiarare con-
Una sorridente Angela Merkel riceve un mazzo di fiori per il suo
60esimo compleanno dal segretario generale della Cdu, Peter
Tauber, nella sede berlinese del partito (Reuters/Thomas Peter).
I primi, però, a fare gli auguri alla cancelliera tedesca erano stati i
leader europei al vertice di mercoledì notte a Bruxelles, quando le
avevano regalato fiori (del presidente del Consiglio uscente
Herman Van Rompuy) e una maglietta della nazionale tedesca
tro Di Maio. «Ragazzi, l’interlocuzione con l’ala dialogante dei 5
Stelle è importante. Come si è visto, le differenze ci sono, ma sono marginali».
A pomeriggio inoltrato, arriva
la notizia dell’aereo malese caduto al confine tra l’Ucraina e la
Russia. E i problemi di casa no-
stra cedono il posto a quelli internazionali. Il premier segue
l’evolversi degli eventi e avverte:
«C’è l’urgenza che l’Europa faccia chiarezza sulla dinamica e
sulle responsabilità della vicenda».
Maria Teresa Meli
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Il fastidio di tedeschi e Paesi baltici
per battute e «tattica» del premier
Le critiche: troppa improvvisazione, Mogherini sovraesposta
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
con il numero 60 e la scritta Merkel firmata da tutti i colleghi
presenti al Consiglio straordinario. Gaffe e piccola polemica per il
corrispondente dell’emittente tedesca Zdf, Udo Van Kampen, che
durante la conferenza stampa seguita all’incontro sulle nomine
Ue le ha cantato «Happy birthday, cara cancelliera» tentando
invano di coinvolgere i cronisti presenti. A fine serata, però,
Angela Merkel lo ha ringraziato «per la serenata». © RIPRODUZIONE RISERVATA
A un convegno a Roma
Tsipras si scaglia contro l’Italicum
«In Italia si profila lo stravolgimento della Carta e l’approvazione
di una legge elettorale liberticida». È il giudizio sull’Italicum del
leader greco di Syriza Alexis Tsipras, che ieri era a Roma a un
convegno con Stefano Rodotà, Barbara Spinelli e il leader del Prc
Paolo Ferrero (con lui nella foto LaPresse all’inaugurazione della
nuova sede di Rifondazione). Tsipras ha anche partecipato con
Vendola alla Festa nazionale di Sel a piazza San Giovanni.
BRUXELLES — La miccia che
aveva acceso le polveri al vertice Ue,
forse mal interpretata, era stata
quella frase di Matteo Renzi: «L’Italia chiede soltanto rispetto, non
una posizione o un’altra». Commenti come petardi, poche ore dopo, da eurodeputati tedeschi, da
ambienti vicini alla cancelliera Merkel, e da fonti diplomatiche lettoni: «Tutti i 28 Paesi Ue chiedono rispetto, anche la Polonia o la Lettonia. Questo è scontato, è la base del
principio comunitario. Ma l’Italia
non stava chiedendo “soltanto” rispetto: stava chiedendo precisamente e con forza una posizione,
quella di Alto rappresentante per
gli affari esteri, e la chiedeva per
una persona con nome e cognome,
Federica Mogherini. È una “mancanza di rispetto” il fatto che la richiesta italiana non sia stata accettata?».
Confusione un po’ dovunque,
sotto le volte del vertice: mentre 11
Paesi confermavano apertamente il
loro «no» alla candidata italiana,
Renzi spiegava che «non ho visto
opposizioni a Federica Mogherini,
non c’è stato alcun tipo di messaggio negativo sull’ipotesi della candidatura di Mogherini. L’obiettivo
dell’Italia non è avere una poltrona».
Ora il vertice è stato aggiornato a
fine agosto. E solo ora, appunto, lo
si intuisce: è possibile che la frase
di Renzi — «l’Italia chiede rispetto»
— fosse un bel calibrato segnale diplomatico, anche a fine interno.
Qualcosa come: accettiamo che la
partita sia andata persa per Federica Mogherini, siamo anche pronti
ad altre trattative per agosto e abbiamo già altri argomenti da giocare, ma in queste nuove trattative
vogliamo il rispetto e la fiducia che
merita un Paese fondatore, e anche
un posto degno del nostro ruolo.
Tutto legittimo, tutto negoziabile,
secondo i canoni e le buone regole
della diplomazia europea.
Posatesi le polveri del vertice, le
fonti tedesche e baltiche rimarcano
però una «sottovalutazione, da
parte italiana, della storia dell’Est,
degli equilibri strategici, e della
concretezza delle nostre preoccupazioni. Con in più l’effetto di aver
lasciato esposta una candidata incolpevole, lanciata allo sbaraglio».
Berlino ha naturalmente i suoi continui contatti con tutto l’Est e il
Cremlino, ha solo interesse a mantenere buoni rapporti d’affari con
Vladimir Putin, e ha in genere un
buon rapporto anche con Renzi e il
suo governo, un rapporto che certo
non si guasterà per una poltrona
scivolata via: ma non gradisce giocatori liberi, magari in fuorigioco,
che entrino in campo senza preavviso, ignorino i fischi dei guardalinee e magari intreccino qualche
passaggio con gli attaccanti russi.
Anche la visita di Mogherini a Mosca, come rappresentante della presidenza italiana Ue ma senza — pa-
L’«Economist»:
italiana in pole position
«Rimane la donna da battere».
Nonostante lo stallo di mercoledì,
il settimanale inglese The
Economist scriveva ieri che il
ministro degli Esteri Federica
Mogherini è ancora in pole
position per la poltrona di Alto
rappresentante per la politica
estera dell’Unione europea
re — adeguata consultazione con
alcune capitali dell’Est, non viene
condannata come un atto voluto di
«eresia» diplomatica, ma piuttosto
giudicata come un frutto di inesperienza o improvvisazione: non — o
non solo — di Federica Mogherini,
bensì del suo governo. E il veleno
sta nella coda dei criticoni: «Fin
dall’inizio, per sostenere la vostra
candidata, forse sarebbe stata meglio l’azione di una diplomazia cauta, tradizionale, tutta centrata sulla
mediazione. Merkel oppure Hollande, quando parte un negoziato,
non stanno mai in prima fila, e gridano solo al momento cruciale. Qui
le battute non servono a molto».
Parole poi riprese, con tema e accenti però diversi, dalla presidentessa lituana, Dalia Grybauskaite:
«Vediamo che alcuni candidati
esprimono apertamente le loro
opinioni a favore della Russia. Naturalmente, tali candidati sono del
tutto inaccettabili per il nostro gruppo di Paesi».
Ora tutto dipende dalle
trattative più o meno ufficiose di luglio-agosto. E
anche da ciò che si dirà in
Italia, nel comprensibile
imbarazzo di questi giorni.
Per spiegare ad esempio
quanto accaduto, la vicepresidente del Senato Linda Lanzillotta, di Scelta civica, nota in tv che «prima
in Italia, adesso in Europa,
Renzi sta cercando di cambiare la cultura della classe
dirigente. Un’operazione
certamente complicata, per
questo la candidatura di Federica
Mogherini, che è simbolica e anche
provocatoria, non viene completamente accettata dall’establishment
europeo». Varsavia e altre 10 capitali prendano nota. Anche se, per
quanto contrarie, nessuna di loro è
arrivata a definire come «simbolica
e provocatoria» la candidatura Mogherini.
Luigi Offeddu
loffeddu@corriere.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Lo scenario L’ex presidente della Commissione Ue: istituzioni funzionanti solo in autunno, a Roma poco tempo per decidere
Prodi: un rinvio pesante per il nostro semestre
Il consigliere di Merkel Brok: Letta avrebbe avuto buone chance, ma non è stato proposto
DALLA NOSTRA INVIATA
BRUXELLES — Nei corridoi che per dieci anni lo hanno visto protagonista, il presidente della Commissione uscente Barroso si affretta seguito da una sola telecamera e da pochi irriducibili. In sala stampa il
capo del Consiglio Van Rompuy chiude a
occhi bassi il vertice dell’indecisione e ammette: «Un risultato spiacevole». Renzi fa
meno il diplomatico: «Potevano mandarci
un sms, risparmiavamo sui voli di Stato».
E la neo-sessantenne Angela Merkel
sorride incredula al giornalista tedesco
che le canta Happy Birthday, pensando a
Marilyn. Il dopo-summit è una notte surreale tra le ombre di Palazzo Justus Lipsius.
Il Consiglio dei capi di Stato e di governo
non ha scelto il nuovo Alto rappresentante
per la politica estera e di sicurezza dell’Unione Europea, rinviando tutte le nomine al vertice del prossimo 30 agosto e
aprendo una fase di incertezze che compromette lo stesso semestre di presidenza
italiana cominciato il primo luglio.
Lo evidenzia un grande conoscitore del
dispositivo comunitario, l’ex premier Romano Prodi, presidente della Commissione dal 1999 al 2004. «Quando ho sentito
di un rinvio pensavo fosse di una settimana ma rimandare alla fine di agosto è
estremamente pesante — commenta Prodi da Bologna —. Queste faticose nomine
richiedono tempo. Il semestre avrà istituzioni complete solo nell’ultima parte: dopo la nomina dell’Alto rappresentante gli
Stati indicheranno i loro Commissari ma
questi dovranno passare il vaglio del Parlamento, che ne boccerà due o tre. Poi ci
sarà il riesame. Ci saranno istituzioni funzionanti solo in autunno. Sarà un semestre con una lunga preparazione e un brevissimo momento decisionale». E le audizioni dei commissari saranno dure, gli
euroscettici promettono battaglia.
Nell’attesa, ci si concentra sul nodo Mogherini. Le critiche rivolte alla presunta
«inesperienza» della ministra degli Esteri
italiana, che pure stridono con la proclamata volontà di lasciarsi alle spalle il tempo delle dietrologie e l’Europa dei burocrati, erano state rilanciate poco prima del
vertice dal presidente della Commissione
Affari esteri dell’Europarlamento Elmar
Brok, consigliere della cancelliera tedesca
Merkel, che ieri è intervenuto nel dibattito
molto mediatico sulla mancata candidatura di Enrico Letta a presidente del Consiglio: «Tutti sapevano da settimane che
Letta avrebbe avuto buone possibilità se
Renzi lo avesse proposto. Ma Renzi non lo
ha fatto».
Di fronte all’Italia che mantiene la posizione, misurando la distanza dei codici
bruxellesi dalle questioni interne e facendo leva sul ruolo trainante conquistato dal
Pd nella galassia socialista con il 40,8% dei
voti alle europee, il quotidiano francese Le
Monde s’interroga sulla «misteriosa ossessione (pro Mogherini e anti Letta) di
Matteo Renzi», mentre Le Figaro definisce
«la favorita che disturba» la candidata, che
resta senza maggioranza qualificata, frenata dai Paesi del Centro-Est che invocano
una linea più dura con Mosca. Se il presidente François Hollande riafferma il sostegno a «una donna socialista», nel vertice di mercoledì il no a un avanzamento
della candidatura italiana è stato un punto
La stampa estera
Il quotidiano «Le Monde» si interroga
sulla «misteriosa ossessione» (pro
Mogherini e anti Letta) del premier
La trattativa
D’ora in poi la trattativa allargata
coinvolgerà anche i portafogli
della nuova Commissione
fermo della presidente lituana Dalia Grybauskaite: «I criteri devono essere esperienza, neutralità sui temi geostrategici e
una posizione che non sia pro Cremlino».
Ieri il premier polacco Donald Tusk, pur
riconoscendo «le molte chance di Federica
Mogherini» ha rilanciato il nome del ministro degli Esteri di Varsavia Radek Sikorski, «tra i favoriti nella corsa per la carica
di Alto rappresentante» malgrado la fama
di falco antirusso. Tusk ha respinto le voci
su una sua candidatura alla presidenza del
Consiglio: «La mia priorità resta la Polonia».
Una partita tutt’altro che chiusa dopo
l’ennesimo rimescolamento di carte: d’ora
in poi la trattativa allargata che deve conciliare divergenze di natura politica ma
anche storica e geografica, coinvolgerà
tutte le cariche di peso, compresi i portafogli della nuova Commissione. Così Parigi si prepara a ufficializzare la candidatura
dell’ex ministro delle Finanze socialista
Pierre Moscovici agli Affari economici,
mentre per la presidenza del Consiglio riparte la ricerca di una «figura di consenso». La parola a Van Rompuy: «O ci sarà
accordo sull’intero pacchetto, o non ci sarà alcun accordo».
Maria Serena Natale
mnatale@corriere.it
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L’eurodeputato «guastatore»
Tajani e l’accusa
di boicottaggio:
ho agito per l’Italia
DAL NOSTRO INVIATO
BRUXELLES — Al vicepresidente
dell’Europarlamento ed ex commissario Ue
Antonio Tajani di Forza Italia viene
attribuito un boicottaggio tramite il suo Ppe
della responsabile della Farnesina, Federica
Mogherini, come candidata ad Alto
rappresentante per la politica estera dei 28
governi Ue e vicepresidente della
Commissione europea. Lui non nega. «In
Europa è garantita la libertà d’espressione e
posso sostenere che Enrico Letta come
commissario Ue al Commercio sarebbe la
soluzione più utile per l’Italia».
Perché Mogherini non va bene?
«È inesperta. E poi l’Alto rappresentante
conta poco o nulla. Non incide su tante
scelte importanti della Commissione».
Ma il Trattato Ue concede all’Alto
rappresentante ampi poteri anche nella
Commissione. Forse ora la contestata
britannica Ashton non sa usarli…
«La realtà è che Ashton era quasi sempre in
viaggio per i suoi impegni internazionali
quando in Commissione si decideva».
L’italiano da inviare in Europa viene scelto
dal premier. Successe anche a lei con
Berlusconi al governo, che ottenne
l’Industria, un portafoglio considerato
secondario. In più i candidati del Pdl per
la guida di Eurogruppo ed
Europarlamento furono bocciati. Renzi
invece, se impone Mogherini, può
dichiararsi vincente.
«Io sono stato nominato dopo una lunga
carriera da eurodeputato. Il presidente del
Parlamento Ue Poettering del Ppe chiese a
Berlusconi di scegliere me. Renzi deve
capire che l’Europa
non è Firenze. Sulla
inutilità del ruolo di
Alto rappresentante è
d’accordo con me
Eugenio Scalfari di
Repubblica , che non è
un berlusconiano. Va
bene pure se
candidano D’Alema».
Non le sfuggirà che
chi mandare in Europa ha assunto una
grande rilevanza in politica interna nel
confronto sul potere acquisito da Renzi
dopo il successo elettorale.
«Non ne faccio una questione di partito. Mi
interessa quello che è utile per l’Italia. Vedo
troppi giornalisti inginocchiati davanti al
premier. Io da eurodeputato, invece,
controllerò attentamente come Renzi
gestirà il semestre di presidenza italiana
dell’Ue, senza fare sconti».
Anche di lei, quando era giornalista e poi
da politico, si vociferava che si fosse
inginocchiato davanti a Berlusconi, che
non aveva certo pochi adulatori nei
media.
«Io non mi sono mai inginocchiato davanti
a un premier. Sono stato eletto con Forza
Italia grazie ai miei voti».
A pochi giorni dall’uscita dalla
Commissione fece accelerare la
procedura Ue sui pagamenti ritardati
dello Stato, mettendo in difficoltà il
governo Renzi.
«Il mio obiettivo era evitare la chiusura di
aziende in seguito ai mancati pagamenti,
sempre nell’interesse dell’Italia».
Ma da commissario, nel brevetto europeo,
appoggiò l’esclusione dell’italiano voluta
da Germania e Francia, che ottennero
l’aggiunta di tedesco e francese
all’inglese. Non può apparire un
tradimento per un esponente del partito
Forza Italia?
«Tutelando il francese ho difeso anche
l’italiano e la nostra cultura giuridica. L’Ue,
usando solo l’inglese, sarebbe scivolata
verso il diritto anglosassone».
Ivo Caizzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
10 Primo Piano
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Il Parlamento Le scelte
Senato, il governo vuole il sì dell’Aula in 15 giorni
Da lunedì a giovedì le votazioni, rischio ostruzionismo: levata di scudi contro il calendario
La Nota
di Massimo Franco
La cautela sull’economia
mostra la vera sfida
che il premier ha davanti
I
l «no comment» del ministro dell’Economia, Pier
Carlo Padoan, in risposta a una domanda sull’eventualità di una manovra correttiva in autunno era obbligato. La sua prudenza rispecchia l’incertezza che
domina i conti pubblici e l’evoluzione della crisi finanziaria, e dunque va apprezzata. Ma gli avversari del governo hanno voluto vederci la conferma di una situazione
in via di peggioramento, e una reticenza che non promette
niente di buono. Forse anche per questo, nel pomeriggio
Padoan è stato costretto a precisare: «Ma “no comment”
non significa solo “non ho nulla da aggiungere”? Non c’è
nessuna manovra in arrivo, semplicemente». L’ennesimo
attacco di Forza Italia, figlio di un’opposizione «governativa» sulle riforme istituzionali e ipercritica sull’economia,
tende a raffigurare Matteo Renzi sulla difensiva: cosa in
parte vera, anche se ad essere realmente in panne è Silvio
Berlusconi.
Il problema del presidente del Consiglio è che il fronte
tedesco gli sta riservando critiche inattese. I popolari vicini
alla cancelliera Angela Merkel continuano ad accusarlo di
non avere voluto proporre l’ex premier Enrico Letta alla
presidenza del Consiglio dell’Ue: un’intromissione che
espone Renzi ma anche lo stesso Letta, indicato dal Ppe
contro la candidata del governo italiano a «ministro degli
Esteri» europeo: Federica Mogherini. Il risultato è un rinvio
delle nomine a fine agosto. «Un rinvio estremamente pesante soprattutto per il semestre italiano», commenta preoccupato l’ex presidente della Commissione, Romano Prodi. Non solo. Il Pd appare lacerato più di quanto non sia; e,
seppure supervotato il 25 maggio, è come se il suo peso politico a Bruxelles rimanesse marginale. È una difficoltà che
Palazzo Chigi cerca di circoscrivere procedendo sulla riforma del Senato e soprattutto sulla politica economica.
Sa che è l’unica alla quale l’Unione Europea sia davvero
attenta. Padoan ammette che
la lentezza della ripresa rende i
margini più stretti. «Non ci sono scorciatoie per la crescita»,
avverte. Ma conferma che il taIl «no comment» glio del cuneo fiscale diventerà
permanente con la legge di
di Padoan
Stabilità. Si tratta di una marconferma
cia parallela a quella per modificare il bicameralismo. Più
l’insidia del
passano le ore, però, più difronte europeo
venta chiaro che la filiera degli
oppositori non cederà facilmente. Ieri uno dei relatori del
testo, il leghista Roberto Calderoli, ha sostenuto che non si
comincerà a votare in Aula nemmeno lunedì, perché gli
emendamenti sono troppi e richiedono una discussione
ulteriore. La strategia del rinvio rivela anche una guerra dei
nervi con il premier e con il ministro Maria Elena Boschi.
Eppure l’esito appare segnato. Gli alleati del Nuovo centrodestra insistono che bisogna far tutto prima dell’estate.
E il sottosegretario a palazzo Chigi, Graziano Delrio, risponde che sulle riforme «è in ritardo il Paese, non il governo». Insomma, nonostante i malumori dell’Anci, che
vorrebbe con Piero Fassino più sindaci senatori, il patto
Berlusconi-Renzi dovrebbe portare all’approvazione in
tempi relativamente rapidi. Resistono e fanno ostruzionismo sia una ventina di senatori del Pd, sia quanti dentro FI
parlano di subalternità di Berlusconi a Renzi. E dall’esterno, costituzionalisti come Stefano Rodotà sostengono la
tesi dell’«imposizione indecente, senza alcuna cultura istituzionale». Ma Renzi può replicare che la proposta è stata
modificata; e reagire alle accuse del Movimento 5 Stelle
sull’immunità parlamentare.
Nel testo governativo non c’era, dice, facendo capire che
l’avrebbero inserita altri. Sono le convulsioni che accompagnano un cambiamento storico, per quanto a dir poco
controverso; e che si intrecciano con le manovre di disturbo di Beppe Grillo in vista della prossima sfida: il sistema
elettorale. Il capo del M5S manda i suoi a parlarne con Renzi e il Pd. Si punzecchiano ma alla fine sembrano tutti soddisfatti. «Non siamo divisi dal Rio delle Amazzoni ma da
un ruscello», commenta Renzi. Attraversarlo, però, sarà
ugualmente difficile perché la sensazione di un minuetto
politico è comune a entrambi gli interlocutori. Il presidente del Consiglio si chiede se Luigi Di Maio, numero due della Camera e mediatore per conto di Grillo, sia in grado di
portarsi dietro l’intero movimento. Visti i precedenti, è una
domanda legittima.
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ROMA — «Ragionevolmente in 15 giorni si chiude
sulle riforme costituzionali al
Senato. Poi ci sarà la legge
elettorale». Il presidente del
Consiglio Matteo Renzi prevede un rapido via libera per
la riforma costituzionale al
Senato, entro luglio, e l’incardinamento della legge elettorale a Palazzo Madama già i
primi giorni di agosto. Il premier fa pressing sulle riforme
cercando di schivare le resistenze, a partire dai 7.850
emendamenti presentati,
quasi tutti dalle opposizioni,
che impegneranno l’Aula a
partire da lunedì.
Nella conferenza dei capigruppo del Senato, la maggioranza, con il contributo di
Forza Italia, aveva dato priorità al disegno di legge Boschi
(la riforma del Senato) anche
rispetto ai decreti dell’esecutivo che stanno per scadere,
in particolare il decreto legge
Cultura e turismo Franceschini e quello sulla competitività. L’aula di Palazzo Madama sarà impegnata, da lunedì
a giovedì sera, con sedute fino alle 22, sulla riforma costituzionale e solo da venerdì
comincerà ad esaminare il
decreto competitività. Inutile
la protesta delle opposizioni,
Sel, Lega e M5S, che hanno
cercato di far passare un calendario alternativo in Aula.
Il timore dei 5 Stelle è che
la valanga di emendamenti
possa essere arginata attraverso il contingentamento
dei tempi (la famigerata
«ghigliottina»), strumento
previsto dal regolamento del
Senato. Dal Pd, però, si assicura che la parola «contingentamento» non è stata
«nemmeno pronunciata».
Ma lo strumento può essere
adottato anche a lavori in corso. Dubbi sui tempi limitati
lasciati alla discussione sono
arrivati anche da sostenitori
della riforma, come il co-relatore leghista Roberto Calderoli e il senatore di Forza
Italia, Donato Bruno, che
hanno chiesto al presidente
del Senato, Pietro Grasso, di
allungare di qualche ora i
tempi per l’inizio delle votazioni, per avere modo di vagliare gli emendamenti:
«Non posso valutare ciò che
non conosco», ha spiegato
Calderoli.
Gli emendamenti potrebbero dover essere modificati
prima dell’arrivo in Aula. I
cambiamenti più probabili
potrebbero riguardare il referendum, quorum e introduzione del propositivo su iniziativa del Pd, e l’elezione del
presidente della Repubblica.
La necessità di modificare
ancora il testo uscito dalla
commissione è ben presente
anche tra i sostenitori della
riforma: «Il testo ha bisogno
di miglioramenti», ha spie-
La «ghigliottina»
I frondisti temono la
ghigliottina, ma per ora
dal Pd si assicura che non
ci sarà contingentamento
Poi l’Italicum
L’intenzione è quella di
incardinare la legge
elettorale a Palazzo
Madama in agosto
gato Bruno in Aula. Fuori dal
Palazzo invece arriva la bocciatura dell’Anci: «È inadeguato il numero dei sindaci
previsto nel nuovo Senato
delle Regioni e non è corretto
il metodo di elezione che passa attraverso i Consigli regionali», ha detto Piero Fassino,
secondo il quale 21 sindaci
sono troppo pochi «rispetto a
più di 8 mila Comuni rappresentati».
Le maggiori insidie per il
governo si nascondono negli
emendamenti sull’elettività
dei senatori e sull’indennità
ai parlamentari, ma anche sui
bilanci dello Stato. Poi c’è il
tema della riduzione dei deputati e quello delle immunità. Sul quale è tornato Renzi,
incalzato dai rappresentanti
del Movimento 5 Stelle: «Il tema dell’immunità con noi
non funziona, su questo non
accettiamo lezioni. Se c’è uno
che non ha l’immunità e
campa benissimo qui, sono
io». Data una disponibilità di
massima del Pd sul tema, sarà però difficile che si trovi
un’intesa con gli altri partiti:
«Però se c’è l’accordo con tutte le forze di maggioranza
siamo disposti a ragionarne».
Da Forza Italia, Giovanni
Toti è ottimista sull’iter dei
provvedimenti: «Ci sono opinioni discordanti, ma troveremo un punto di caduta».
Poi ricorda che «le riforme
sono importanti, ma c’è anche altro da fare in Italia: il
nostro Paese ha bisogno di
sburocratizzare la macchina
amministrativa e ha bisogno
di una riforma del mercato
del lavoro».
Al. T.
In Aula Da sinistra, la senatrice pd Anna Finocchiaro e il ministro alle Riforme Maria Elena Boschi (Ansa)
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Il retroscena L’obiettivo di evitare «danni all’immagine del Paese»
Grasso (preoccupato) è pronto
a chiudere solo a Ferragosto
Il presidente auspica un accordo politico
per mantenere il dibattito in una «normale dialettica»
ROMA — Da settimane la seconda carica dello Stato, Pietro Grasso, si tiene alla larga dal dibattito politico quotidiano
ed evita di commentare con i giornalisti
il delicatissimo iter della riforma costituzionale. Ma negli ultimi giorni i suoi più
stretti collaboratori lo hanno sentito ripetere una frase che fa riflettere: «Sono
preoccupato per il clima che si respira in
Senato».
Un’aria tesa, gravida di timori e insidie
che l’inquilino di Palazzo Madama è determinato a scongiurare con la sua moral
suasion. Le opposizioni evitino di ostacolare la riforma del bicameralismo con
un inutile «filibustering». E Palazzo Chigi, che sulla carta ha i numeri per vincere
agevolmente la partita, tolga il piede dall’acceleratore. «Per quel che mi riguarda
— è il ragionamento di Grasso — sono
pronto a chiudere il Senato solo a Ferragosto se serve, purché il dibattito si mantenga nella normale dialettica tra maggioranza e opposizione e non si trasformi
in uno sterile ostruzionismo, che sarebbe dannoso per l’immagine del Senato e
del Paese». Un accordo politico, ecco
quello che serve secondo il presidente: se
il governo concederà qualche ritocco,
molti emendamenti verranno ritirati e la
nave potrà continuare il suo viaggio.
Lo spirito con cui Grasso ha seguito
sin dal principio la genesi e il cammino
del testo del governo, è noto da tempo.
Ha chiesto (e ottenuto) che l’istituzione
che presiede si chiami Senato della Repubblica e non Camera delle Autonomie.
E avrebbe anche voluto che i suoi membri fossero eletti dai cittadini, contestualmente ai consigli regionali. Ma i cambiamenti decisi in commissione Affari costituzionali lo hanno risollevato e giorni
fa Grasso ha dato atto ai relatori Anna Finocchiaro e Roberto Calderoli di aver fatto un buon lavoro: «Il testo è stato arricchito e sono certo che l’Aula lo migliorerà
ancora». Ma adesso a preoccupare l’ex
magistrato eletto con il Pd è l’iter della riforma, la cui velocità ha messo in grande
agitazione i partiti. Ecco perché il presidente sta «cercando di mantenere un
sottile equilibrio tra la fretta del governo
di arrivare al voto finale e l’esigenza di un
approfondito confronto parlamentare,
con in più quattro decreti in scadenza».
Dopo la riunione dei capigruppo, che
all’ora di pranzo hanno raggiunto un accordo sul calendario dei lavori, ieri in Aula è scoppiato il putiferio. I senatori di
Sel, della Lega e del M5S hanno protestato energicamente per l’accelerazione impressa dal governo. Loredana de Petris ha
scandito tra gli applausi che «il governo
Renzi la deve piantare di tenere quest’aula sotto pressione con i tempi». Il nuovo
capogruppo leghista Gian Marco Centinaio ha calcolato che Palazzo Madama
potrà soffermarsi solo «tre minuti e trenta secondi» su ciascun emendamento e il
pentastellato Bruno Marton si è spinto
oltre: «Prendiamoci il tempo che serve e
rimandiamola a settembre...».
Ecco cosa preoccupa Grasso, nel suo
ruolo di «arbitro e garante di tutti i senatori». Che il Senato diventi una pentola a
pressione e che i cattivi umori bipartisan
prima o poi esplodano, mettendo a ri-
L’equilibrio
Il tentativo di mantenere un
«sottile equilibrio» tra le
esigenze dei partiti e la fretta
del governo di arrivare
a un voto finale
La «palude»
Bisogna superare «quella che
viene definita la palude per
arrivare serenamente alla
fine del percorso, dando a
tutti la possibilità di parlare»
schio una riforma che l’Italia aspetta da
decenni. «Il mio obiettivo — non fa che
ripetere il presidente ai suoi — è superare quella che viene definita “la palude”
per arrivare serenamente alla fine del
percorso, dando a tutti la possibilità di
parlare. Senza che l’Aula si tramuti in una
giungla, piena di insidie e di agguati».
Uno stato d’animo condiviso tra gli addetti ai lavori. Ringraziando gli uffici tecnici che hanno fatto notte sulle carte e
che non si fermeranno nemmeno nel
week end, Calderoli ha chiesto tempo:
«Credo che Anna Finocchiaro sia d’accordo...». E lei ha annuito.
Le proposte di modifica presentate dai
partiti sono 7.850, una matassa indistricabile. Se anche si decidesse di contingentare i tempi e dedicare un minuto soltanto per ogni proposta, ci vorrebbero
130 ore di Aula, che lavorando anche dieci ore al giorno portano via tre settimane
ininterrotte: senza mai entrare nel merito, ma limitandosi ai tempi tecnici per
accogliere o bocciare l’emendamento. Il
tutto, considerando i decreti in scadenza,
per i quali — con il voto di fiducia — occorrono due giorni ciascuno. Situazione
ad altissimo rischio, il che spiega il forte
disagio di Grasso.
Calendario alla mano, il presidente farà la sua parte per tentare di conciliare la
posizione del governo con quella di chi si
batte per cambiare il testo: «Spero si trovi
un punto di mediazione politica, che
porti al ritiro di migliaia di emendamenti
e che si possa lavorare sul merito dei rimanenti». Quanto al suo ruolo, non ha
mai pensato al passo indietro. E a chi lo
invita a lasciare la carica risponde appellandosi alla tradizione marinara: «Un comandante non abbandona mai la nave».
Monica Guerzoni
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Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Primo Piano 11
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Le forze in Aula
e le proposte
di modifica
Ecco il numero
di emendamenti
presentati
da ciascun gruppo.
Nell’emiciclo interno
la composizione
del Senato
Forza Italia
e Gal
Dissidenti
Pd
Gli emendamenti
Sel
5.931
10
7
10
1.000
7.850
59
32
Nuovo
centrodestra
Forza
Italia
Per l'Italia
totale
12
Grandi
autonomie
e libertà
Scelta
civica
15
Lega
Nord
Sel
AutonomiePsi-Maie
60
100
7
40
220
Movimento
5 Stelle
109
Movimento
5 Stelle
15
320
totale
Misto (di cui
14 ex M5S)
4
*Mario Monti, senatore a vita,
è nel gruppo di Scelta civica
Partito
democratico
Lega Nord
539
Altri
Senatori a vita*
C.S.D.
Lo scontro Il record di Sel (5.931). De Petris: avrei voluto farne uno anche sul mio gatto
Viaggio nei 7 mila emendamenti
tra gesti creativi e trappole
Molte carte ancora coperte. Le mine elettività e taglio dei deputati
ROMA — La senatrice romana
Loredana De Petris, una vita a sinistra, ha vergato di suo pugno centinaia dei 5.931 emendamenti depositati da Sel, ma uno ha dimenticato di scriverlo: «Quello sul mio
gatto Romoletto, che nel mio
quartiere è più conosciuto dai cittadini di quanto non lo sarà uno
qualunque dei senatori nominati
con la riforma». Benvenuti nell’ingorgo cartaceo delle quasi 8 mila
proposte di modifica presentate
sul testo «Boschi-Verdini-Renzi»,
come lo chiamano tra loro i detrattori della rivoluzione costituzionale. Un’attacco a colpi di codicilli,
articolo dopo articolo. Che, salvo
clamorose sorprese, servirà solo a
rallentare i tempi e a limare qualche passaggio.
Le mediazioni
Il governo è disposto a mediare,
ma non sui cardini della riforma:
gli addetti ai lavori prevedono che
dirà sì alla riduzione delle firme
per il referendum abrogativo, all’introduzione del referendum
propositivo e all’allargamento della platea che elegge il capo dello
Stato, includendo i deputati Ue.
Poi qualche piccola concessione
sul piano delle competenze tra territori ed Unione Europea e stop. Il
resto rimarrà carta straccia, con
buona pace dei senatori che
avranno provato a picconare la riforma alle fondamenta. Sul presidenzialismo Maurizio Gasparri
(FI) ha raccolto consensi qua e là e
non dispera nel miracolo: «Non è
tigna, è democrazia partecipativa».
Dalla Lega ai dissidenti pd
La partita degli emendamenti
ha tanti registi. Il gioco è a geometrie variabili, l’esito imprevedibile.
I leghisti hanno cambiato atteggiamento in corsa e da dialoganti
sono diventati veementi: «Così com’è, la riforma non passerà mai».
Sull’immunità può saldarsi un
ampio fronte trasversale e così
sull’elettività dei senatori e sul bilancio dello Stato. «Bisogna togliere l’obbligo del pareggio di bilancio in Costituzione nella logica del
Fiscal compact» è la tesi di Massimo Mucchetti, dissidente pd molto critico nei confronti della riforma: «Il premier ha detto “o si fa come dico io o butto per aria il tavolo”, ma le migliaia di
emendamenti dimostrano che
nessuno ha paura di andare alle
elezioni». Come i 5 Stelle, che hanno contenuto il loro dissenso in
220 emendamenti, così i «ribelli»
del Pd hanno fatto una considerevole sforzo di contenimento presentando appena 60 «ritocchini».
Pochi ma buoni, sperano Chiti,
Mucchetti, Tocci, Mineo e compagni, che hanno disseminato di mine l’Aula. La più esplosiva è quella
per far saltare il banco, restituendo
agli italiani la facoltà di eleggere i
loro senatori. «Siamo eretici e ribelli — ripete Chiti — se sosteniamo che i cittadini sono sovrani? Il
loro voto è buono quando andiamo a chiederlo in campagna elettorale e fa schifo quando si devono
scegliere i senatori?». Stanchi e arrabbiati, i dissidenti ironizzano
sulle notti insonni passate a scrivere, leggere e firmare, con enco-
miabile trasversalità, i 7.830
emendamenti che nottetempo sono lievitati di una ventina, toccando la vetta dei 7.850.
Forza Italia e Gal
La voglia di ostruzionismo è tale
da aver ispirato i senatori a superare se stessi. Augusto Minzolini,
per dire di uno dei più creativi: pur
contingentarli sarà battaglia».
di demolire l’opera del governo ha
rinunciato a diverse ore di palestra
e, non pago di aver firmato un migliaio di emendamenti assieme
agli azzurri dissidenti e agli amici
del Gal, ne ha buttati giù (da solo)
34. Quello nel quale crede di più
punta a scardinare l’impianto della
riforma, chiedendo un sacrificio
anche ai deputati. Per lui 400 onorevoli possono bastare, ma per far
lievitare la torta Minzolini ha declinato l’idea in tutte le sue possibili varianti: ridurre i deputati da
630 a 450, ma anche a 500, a 550 e,
perché no, a 600. «La partita è
aperta» spera lui e cita Calamandrei: «Il padre costituente voleva
gli esponenti del governo fuori
dalla porta, se Renzi dopo aver
dettato i tempi decide anche di
I nodi
Contro
i non eletti
La scure
sulla Camera
I poteri
e il bilancio
Il voto
per il Colle
Referendum
e firme
Tra gli emendamenti
più insidiosi quelli
contrari a un Senato
Altri emendamenti
chiedono che i tagli si
facciano su entrambe
Altre proposte
riguardano i poteri del
Senato. Uno dei nodi
Il ddl per le riforme
prevede che per il
capo dello Stato votino
Diversi emendamenti
chiedono di ridurre le
firme necessarie per i
non elettivo (cardine
della riforma). È un
fronte trasversale, dai
dissidenti pd a quelli
di FI e Gal, più Lega,
Sel e 5 Stelle, a
insistere perché i
nuovi senatori siano
scelti direttamente dai
cittadini, anche
contestualmente alle
elezioni regionali
le Camere e che sia
ridotto, oltre al
numero dei senatori,
quello dei deputati.
I dissidenti del Pd, ad
esempio, propongono
che dai 630 attuali
si passi a 500. Ma i
numeri cambiano: ci
sono emendamenti
per avere 450, 400 o
fino a 350 deputati
più scivolosi è quello
che riguarda il bilancio
dello Stato: adesso il
Senato può proporre
modifiche e la Camera,
per non recepirle, deve
votare a maggioranza
assoluta. Ncd propone
che solo i deputati,
a maggioranza
semplice, votino
il bilancio
Il precedente del 1998
La pasionaria anti finanziaria
presentò da sola 130 mila correzioni
Il record di emendamenti presentati a una
legge risale all’autunno del 1998, mentre
era in discussione la legge Finanziaria a
cui aveva lavorato il governo guidato da
Romano Prodi (nella foto a destra con
l’allora vicepremier Walter Veltroni,
Farabola), che il 21 ottobre sarebbe stato
sostituito da Massimo D’Alema. Gli
emendamenti al testo raggiunsero
l’incredibile cifra finale di 132.382 . Di
questi circa 130 mila furono presentati a
scopo ostruzionistico da una sola
deputata: l’indipendente Mara
Malavenda, eletta con il Prc e subito
espulsa dal gruppo per la sua contrarietà
al governo. Un numero che la stessa
commissione Bilancio della Camera definì
a verbale «abnorme», ritenendo che molti
di essi non fossero «immediatamente
riferibili al testo». In Senato invece il
record, fino a oggi, spetta ai 6.294
emendamenti del Trattato tra l’Italia e la
«Grande Giamahiria araba libica popolare
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socialista» del 2008.
630 deputati e 100
senatori. Diversi partiti
chiedono che la platea
aumenti, con i 73
eurodeputati eletti in
Italia. Sel vorrebbe che
il quorum fosse
sempre dei 2/3 (nel
testo dal 5°scrutinio
diventa dei 3/5 e dal
9°a maggioranza
assoluta)
referendum, nel ddl
aumentate a 800
mila. A queste
proposte il governo
potrebbe aprire.
Emendamenti anche
sulle leggi di iniziativa
popolare (ora previste
250 mila firme) e sulla
possibilità di
referendum
propositivi
Le trappole nascoste
Le armi sono nascoste tra le righe. Come dice Mucchetti «alcune
finezze verranno fuori quando sarà il momento». E finezze, in questo caso, sta per trappole. Il leghista Volpi, segretario d’aula di turno, con i colleghi ne ha presentati
cento, tondi tondi: «Che aria tira al
Senato? Se mi passa la battuta le
suggerisco un hashtag, #Renzistaisereno... Temo che il premier
abbia sottovalutato il rapporto con
il Parlamento e anche con la sua
maggioranza». Gli emendamenti
dei relatori, Finocchiaro e Calderoli, verranno fuori solo nelle
prossime ore, quando i tecnici di
Palazzo Madama avranno ultimato il lavoro di scrematura e accorpamento delle proposte. Toccherà
a loro mediare e disinnescare gli
ordigni prima di cominciare la lotteria dell’Aula. «Questa riforma è
un mostro», la spara grossa Domenico Scilipoti detto Mimmo,
preoccupato che il suo partito,
Forza Italia, ci vada pesante con le
forbici. «Da solo ho scritto 60
emendamenti — si vanta il senatore — Voglio dare la possibilità a
Renzi di non sbagliare. Cinquantamila firme per una proposta di iniziativa popolare bastano e avanzano».
Le proposte
C’è chi chiede la possibilità di
fare il referendum popolare anche
sui trattati europei e chi si batte
per i temi etici. Il M5S vuole la sanità «statalizzata» e il Senato elettivo di secondo livello. Sel, con la
De Petris che ha fatto l’alba per settimane, progetta un Parlamento
con 450 deputati e 150 senatori e
«basta con la devolution su scuola
e ambiente». Gaetano Quagliariello ha depositato un emendamento
a titolo personale sul bilancio e in
tutto i senatori del Ncd ne hanno
consegnati quattordici, grazie anche al prezioso aiuto del «tecnico»
Peppino Calderisi: mettere ordine
nel «guazzabuglio» delle aziende
partecipate per far largo ai privati,
sforzo di dissipare la «zona grigia»
nella ripartizione delle competenze fra Stato e Regioni, commissariamento degli enti in «grave dissesto finanziario», no al ruolo di
interdizione sulle leggi di bilancio... E poi referendum confermativo anche se la riforma non dovesse raggiungere i due terzi e
niente listini bloccati quando i
consigli regionali eleggeranno i
senatori. Nella montagna di
emendamenti, una manina del Pd
avrebbe infilato la riduzione a
quarant’anni dell’età minima per
diventare presidente della Repubblica. L’emendamento è poi sparito, ma a Palazzo Madama qualcuno ancora si chiede: «Era per Enrico Letta, o per Matteo Renzi?».
M.Gu.
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12 Primo Piano
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
L’incontro e i 5 punti
Il Parlamento Le scelte
Prove di trattativa tra Pd e 5 Stelle
Di Maio: passo avanti. Rivolta tra i suoi
Renzi: divisi solo da un ruscello. E apre sul doppio turno di lista
Il tavolo sulle riforme
Dopo il faccia a faccia dello scorso
25 giugno sulla legge elettorale,
M5S e Pd si sono incontrati di
nuovo per discutere delle riforme
Il premier e i quattro del Pd
Con il premier Renzi, c’erano il
vicesegretario del Pd Debora
Serracchiani, il capogruppo alla
Camera Roberto Speranza,
l’eurodeputata Alessandra
Moretti e il sottosegretario
✒
C’è lo streaming,
manca tutto il resto
di ALDO GRASSO
M
etti a un tavolo Matteo Renzi. Metti
anche Luigi Di Maio. Metti che parlino
di politica o di qualcosa che assomiglia alla
politica. Metti che parlino per un’ora e
mezzo e anche più. Metti che ci sia anche lo
streaming, il nuovo feticcio della
comunicazione democratica. Alla fine cosa
resta? A essere sinceri, un vago senso di
intontimento. Dopo aver fatto le ore piccole
a Bruxelles a giocare la sua partita per
imporre Federica Mogherini a ministro
degli Esteri della Ue, Renzi si è dovuto
sorbire anche l’incontro con la delegazione
del Movimento 5 Stelle sulla legge
elettorale. Renzi ricorda il pupazzetto di
una famosa pubblicità di una marca di pile:
sembra inesauribile. Anche quando dà
evidenti segni di nervosismo. In jeans, aria
casual, all’inizio del colloquio pareva
disattento, poco interessato. Si toglieva la
giacca, se la rimetteva, parlava con il corpo
più che seguire un filo logico. Spesso intento
a chattare e mandare messaggi via
smartphone. Però, intanto, si era scelto il
posto più a favore di telecamera e quando
ha preso la parola non l’ha più mollata, fino
alla fine, battute comprese. Renzi deve stare
molto attento ai suoi discorsi pubblici.
Ormai è venuto il tempo del fare e ogni
parola di troppo è vissuta con fastidio. Se
pensiamo ai suoi ultimi interventi, il rischio
maggiore cui Renzi va incontro è quello di
girare a vuoto: intrappolato ancora nel
ruolo di sindaco, infastidito dai rituali delle
cerimonie parlamentari, affastella luoghi
comuni, usa espressioni enfatiche da talk
show, si abbandona a una retorica
consunta. Il decisivo stinge nell’incerto e il
carisma si annacqua. Non basta lo sguardo
silente e adorante di Ale Moretti per
restituirgli forza e autorevolezza. Il senso di
questi incontri è che ci sarà un rinvio, che
non è detta l’ultima parola, che in futuro ci
potrebbe essere anche un accordo tra Pd e
M5S. Lo streaming ha ormai perso valore
comunicativo, sta diventando l’ennesimo
esercizio narcisistico in un momento in cui
il concreto (la ripresa economica) dovrebbe
fare la sua parte. Non è più il momento delle
«aperture» è il momento delle chiusure.
Può, in questo momento, un grande leader
concludere dicendo «se sono rose
fioriranno»?
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ROMA — Sul finire della lunga seduta di streaming, la 5 Stelle Paola Carinelli piazza la sua
unica frase: «Chiedevamo risposte chiare, prendiamo atto
che non ne abbiamo avute». Poco dopo, a seduta conclusa, un
soddisfatto Luigi Di Maio fa il
punto, insieme a Danilo Toninelli e Petrocelli (assente il
quarto membro della delegazione, la Carinelli): «È stato un passo avanti, sia pure con riserva.
Prendiamo atto delle aperture
su preferenze e su doppio turno». Una lettura a due facce, che
evidenzia la spaccatura interna
tra trattativisti e intransigenti e
che è destinata ad aggravarsi
dopo l’ennesimo duello verbale
che ha visto confrontarsi la delegazione a 5 Stelle, con a capo
Di Maio, e quella democratica,
guidata da Matteo Renzi. Che a
fine colloquio si dichiara «molto
soddisfatto: ci divide un ruscello non il Rio delle Amazzoni».
Incontro giocato sulla possibile convergenza nella riforma
elettorale, ma anche sulle schermaglie dialettiche a uso streaming. Si comincia disquisendo
delle soglie per il premio di
maggioranza, poi Di Maio, molto abile e a suo agio nella trattativa, taglia corto: «Non ci avete
Discussione
Un fermo
immagine
tratto dalla
diretta in
streaming
dell’incontro
tra il Pd e i 5
Stelle (Ansa)
risposto: se sull’idea della governabilità riusciamo a trovare
una quadra, la scambiate con le
preferenze?». «Ma che dobbiamo fare, un mercimonio?», replica indispettita Debora Serracchiani. Ma è Alessandra Moretti
a dare la risposta politica: «Questa trattativa è iniziata mesi fa e
voi non eravate disponibili. Non
potete pretendere che si stravolga tutto ora». Ogni volta che si
tocca un tassello, si passa a un
altro, in un gioco di rimpalli:
dalle preferenze ai collegi pluri-
mi, dal doppio turno alle primarie per legge. Tocca a Renzi fare
un primo punto e provare a imbrigliare gli interlocutori: «Devo
riconoscere passi avanti oggettivi. Il più interessante è la vostra proposta di doppio turno di
lista e non di coalizione. Fosse
per me, tutta la vita. Ma non so
se avrò il sì degli altri». Toninelli: «Perché, presidente, comanda Berlusconi?». Renzi si irrita:
«Battuta simpatica, ma comanda chi ha preso 11 milioni di voti. E poi se si fanno leggi costitu-
L’attuale Consiglio in carica fino ai primi di settembre
Proroga per Palazzo dei Marescialli
L’attuale Consiglio superiore della
magistratura sarà in carica fino ai
primi di settembre. Le voci di una
possibile proroga della consiliatura
oltre la data della scadenza —
prevista il 31 luglio — hanno infatti
trovato conferma. In sede di udienza
disciplinare, infatti, il
vicepresidente del Csm, Michele
Vietti, ieri ha fatto riferimento alla
data del 2 settembre come possibile
termine per l’insediamento del
nuovo Consiglio. Alla composizione
del nuovo Consiglio mancano
ancora gli otto consiglieri laici,
nominati dal Parlamento: dopo due
sedute andate a vuoto, le Camere
saranno convocate di nuovo la
prossima settimana, per eleggere i
laici e i due giudici della Corte
costituzionale. Sono stati invece
eletti la scorsa settimana i sedici
consiglieri togati.
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Gianclaudio Bressa
La delegazione del M5S
I quattro delegati del M5S erano
Paola Carinelli e Vito Petrocelli,
l’estensore del Democratellum
(la proposta grillina di legge
elettorale) Danilo Toninelli, e
Luigi Di Maio, principale fautore
dell’apertura verso i democratici
Primo turno: proporzionale
La mediazione dei 5 Stelle sulla
legge elettorale si articola in 5
punti. Si parte da un primo turno
proporzionale senza sbarramento
Secondo turno con premio
Se nessuna lista supera il 50%, si
va al ballottaggio tra i primi due
partiti con un premio del 52%
Le preferenze
Il M5S chiede la reintroduzione
delle preferenze. Il tema resta in
bilico dopo l’apertura del premier:
«Vediamo se riusciamo a trovare
un punto di caduta»
Norma anticondannati
I Cinque Stelle invocano anche
una norma per impedire che i
condannati possano essere eletti
No alle candidature plurime
Ultima richiesta dei grillini:
impedire che lo stesso candidato
possa correre in più collegi. Renzi
ha assicurato: «Porremo la
richiesta nel dibattito con gli altri
partiti»
zionali non è che arriva uno e
dice: si fa la mia legge e basta».
I toni si accendono quando Di
Maio rimprovera la lentezza a
Renzi: «Ci avete messo 25 giorni
a rispondere e ci dite che non vi
siete consultati con gli altri partiti?». Replica il premier: «Se io
sono bradipo, cosa siete voi che
ci avete messo sei mesi?». Punture di spilla a raffica. Di Maio:
«Bressa non è la Cassazione»;
«Se vogliamo parlare del passato ci prendiamo una birra fuori»; «Ma l’avete scritta voi la lettera? Non sembra». E Renzi:
«Sono favorevole alla democrazia interna, così magari ce
l’avrete anche voi». Poi scherza:
«Mi mandano un sms per dirmi
che sono ingrassato». Roberto
Speranza: «Basta dirci che siamo
la P2, cambiate tono». Ma si fa
qualche passo avanti. Renzi ammette, con un tocco di sarcasmo: «Saremo pure bradipi e
pericolosi fascisti autoritari, ma
siamo qui e non mi sembra che
siamo molto distanti». Di Maio
insiste sui tempi e chiede un altro tavolo. Il premier lo concede:
«Ok, entro il primo agosto». Poi
precisa: «Ci rivediamo prima
che l’aula del Senato discuta di
legge elettorale».
A streaming ancora in corso,
Beppe Grillo esulta: «I nostri ragazzi sono fantastici e competenti». Ma a fine incontro arriva
un fuoco di dichiarazioni durissime (con una mezza rivolta sul
web, dove si chiede lo stop al
dialogo con il Pd). Barbara Lezzi
si dice «immensamente grata»
ai quattro colleghi ma dice: «So-
«Moderati si muore»
Laura Castelli (M5S)
rispolvera un vecchio post
di Grillo per commentare:
«Moderati si muore»
no avvilita. Da Renzi una sfolgorante serie di frasi fatte, insulti e
menzogne». Andrea Cecconi:
«Non sono arrivate le risposte
attese». Laura Castelli rispolvera
un vecchio post di Grillo sul
moderatismo e chiosa, con riferimento poco velato allo streaming: «Moderati si muore».
Con i cronisti Di Maio tira
dritto: «Lanciamo il conto alla
rovescia. Loro sono stati un po’
evasivi ma contiamo sulla buona volontà. Una prima prova di
buona fede potrebbe esserci già
lunedì, con l’abolizione dell’immunità». Ma al tavolo con Berlusconi si siederebbe? «Ad Arcore non ci vado». E se fosse necessario trattare anche con Forza Italia? «Mi aspetto che sia
Renzi a portare una sintesi. Se
non fosse capace, allora dovremo fare una valutazione diversa
e parlare con gli altri partiti».
Alessandro Trocino
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Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Primo Piano 13
italia: 51575551575557
Politica e giustizia Il caso
Ruby, oggi la sentenza d’appello
La svolta di Berlusconi:
stavolta mi affido ai giudici
Il leader conferma comunque il patto del Nazareno:
senza di me FI direbbe no sterili e creerebbe il caos
ROMA — «Questa volta confido nella magistratura. Confido che i magistrati stavolta sappiano riconoscere la mia innocenza». Fosse un qualsiasi imputato o detenuto in attesa di
giudizio, si tratterebbe forse
della più umana delle reazioni
alla paura. E fosse un politico
«normale», sarebbe quasi una
frase banale, di rito, scontata.
Ma l’uomo che confida queste
frasi, lasciando ieri sera Roma
alla volta di Arcore, è lo stesso
che negli ultimi vent’anni è stato protagonista dei più clamorosi scontri che hanno visto, sui
due lati opposti delle barricate,
politica e giustizia.
L’ultimo giro di orologio è
iniziato. Ed è il conto alla rovescia verso quella che, in un senso o nell’altro, sarà una delle
date chiave del ventennio berlusconiano. Questa mattina, alle 9.30 in punto, Silvio Berlusconi si presenterà ai cancelli
della Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone per svolgere le sue ore di servizi sociali.
Più tardi, invece, conoscerà la
Il caso
sentenza che i giudici di Milano
pronunceranno sul «caso Ruby». Una storia, tre scenari.
L’assoluzione piena, una condanna mite che di fatto sarebbe
una mezza vittoria e l’accoglimento delle richieste del procuratore generale, che invece sarebbe la peggiore delle sconfitte. Con il peggiore dei rischi, tra
l’altro, e cioè quello di finire agli
arresti domiciliari nel caso di
una conferma in Cassazione.
Berlusconi è preoccupato. E
anche amareggiato perché, co-
me ripete ai suoi, «avverto comunque che su di me c’è sempre il solito pregiudizio forte, di
natura politica». Ma, ed è quasi
una rivoluzione copernicana
per lui, stavolta il sentimento
prevalente — alla vigilia della
sentenza — si nasconde dietro
quelle tre parole. «Fiducia nella
magistratura». Ed è un sentimento che, oltre all’ex presidente del Consiglio, ha contagiato la compagna Francesca
Pascale, tutti i suoi cinque figli e
tutti gli uomini azienda più im-
Il processo
Il primo grado:
In appello l’accusa
7 anni e l’interdizione conferma la richiesta
1
La prima sentenza del
processo Ruby (2013)
condanna Berlusconi a 7
anni (concussione e
prostituzione minorile)
e all’interdizione perpetua
dai pubblici uffici
2
In appello, il pg di Milano
Piero De Petris ha chiesto la
conferma della condanna.
Per la difesa le
intercettazioni sono
inutilizzabili. Oggi
è atteso il verdetto
portanti. Tutte persone a cui
l’ex premier, negli ultimi giorni,
ha spiegato: «Io sono assolutamente innocente. E la requisitoria dell’altro giorno del professor Coppi ha avuto il merito di
chiarirlo una volta di più». Di
conseguenza, «dobbiamo tutti
insieme affidarci e confidare
nei giudici».
Non fa che parlare del processo e della sentenza, Berlusconi. Anche ieri tutte le riunioni della giornata sono state dedicate a tutti i possibili scenari
che possono scaturire dalla decisione dei giudici. Ieri l’altro,
durante un summit con gli avvocati durato fino a tarda notte,
con lui e i legali c’era anche
Gianni Letta, che da vent’anni
rappresenta il volto istituzionale del berlusconismo. E quando
la discussione è caduta sul tema
delle riforme, lo stesso ex premier ha rassicurato tutti: «Vedrete, Renzi non tradirà il patto
del Nazareno». Così come, colpi
di scena a parte, non si chiamerà fuori Berlusconi. Quando ha
capito che le fronde forziste si
29 candeline
Cena a Palazzo Grazioli
per i 29 anni di Francesca
Pascale, al centro con
Silvio Berlusconi. Con
loro, da sinistra, Alessia
Ardesi, Mariarosaria
Rossi, Barbara Matera e
un’altra amica
stavano iniziando a indebolire,
l’ex Cavaliere ha tirato un sospiro di sollievo: «Ho fatto bene a
tenere salda la linea del partito e
il patto con Renzi. Se non ci fossi io, Forza Italia creerebbe solo
caos e dei “no” sterili a delle riforme che il Paese vuole». Uno
sfogo, questo, che dà la misura
di un leader che si sente ancora
in campo. Nonostante tutto. E
anche nonostante quello che
potrà succedere oggi, in quella
che sarà una data chiave della
sua storia politica e personale.
Comunque vada.
Tommaso Labate
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Per difendersi il presidente Ardizzone parla di «lotta al populismo» e cita (a vanvera) De Gasperi
Così la Sicilia resiste ai tagli dei maxistipendi
L’Ars ignora il tetto fissato dal governo
mentre nella regione cresce la povertà
di GIAN ANTONIO STELLA
Su quale pianeta vivono, i maragià della politica e i burocrati dell’Ars? Te lo chiedi confrontando le condizioni disperate di un terzo delle
famiglie siciliane e l’impudenza con cui quei signorotti, rivendicando l’autonomia, rifiutano i
tagli renziani, udite udite, per non «cedere ai
populismi». Ma è populismo dire che un funzionario pubblico non può guadagnare quanto
51 dei suoi concittadini messi insieme?
Dice il rapporto Istat appena pubblicato che
non c’è Regione italiana dove le persone siano
in difficoltà gravissime quanto in Sicilia. Dove
661 mila famiglie, pari a 32,5 su 100 (sei volte di
più rispetto alle Regioni più ricche) sopravvivono sotto la soglia della povertà. Per non dire
delle 180 mila che, accusa uno studio della Fondazione Res, annaspano in una condizione di
povertà estrema. «Nell’impossibilità di sopperire a quei beni e servizi considerati imprescindibili ed essenziali al fine di condurre una vita
con standard minimamente accettabili».
Quanto alla disoccupazione «reale», spiega
lo stesso dossier Res, è «al 32,8%. Tramutando
le percentuali in numeri, in Sicilia risiedono
319 mila disoccupati e 351 mila forze di lavoro
potenziali, in tutto 670 mila persone senza lavoro». L’«Indicatore sintetico di deprivazione»
dell’Istat che misura la quota di famiglie angosciate dalla difficoltà di affrontare spese impreviste o pagare il mutuo o le bollette e perfino «a
fare un pasto proteico almeno ogni due giorni»
mette paura. E sfiora la metà delle famiglie residenti (47,6%) «ben oltre il doppio del dato medio nazionale, 22,3%».
Bene: in questo contesto di mari in tempesta
e naufragi sociali, aziendali, umani, quella specie di lussuoso e dorato Bucintoro siculo che è il
Palazzo dei Normanni, sede dell’Assemblea Regionale Siciliana, continua a navigare come ai
tempi belli. Al punto che perfino l’invito di Renzi ad applicare anche nell’isola i tagli per gli stipendi più alti è stato accolto più o meno come
una interferenza che intacca la sacralità dell’au-
tonomia. Gli altri Palazzi della Regione, a fine
giugno, sembrano in verità aver dato una sforbiciata. E dopo una martellante offensiva prima
del M5S e poi di Rosario Crocetta, decisissimo a
uno scatto d’orgoglio dopo tante polemiche
sulle contraddizioni della sua «rivoluzione»
promessa, il tetto agli stipendi dei dirigenti
(una miriade) è stato abbassato a 160 mila euro.
«Ma non è chiaro se sono davvero lordi», precisa il grillino Giancarlo Cancellieri. «Cosa significa “trattamento economico annuo complessivo fiscale”? I contributi sono compresi o no? Sono dettagli che puzzano…». Dettagli non secondari: quei 160 mila euro sono già pari a tredici
volte il reddito medio dei siciliani, che nel 2012
(ultimo dato disponibile) era di 12.722 euro ma
oggi dovrebbe essere ancora più basso.
Fatto sta che, dopo aver incassato quel risultato come una vittoria politica personale sul
conservatorismo della macchina che guida, il
governatore ha tentato l’assalto all’Assemblea
regionale: «Finiamola una volta per tutte: il Parlamento siciliano deve allineare gli stipendi dei
suoi dirigenti a quelli della Regione: non può
continuare a essere l’isola dei privilegi. Sarebbe
un messaggio devastante in una situazione così
difficile».
Risposta: picche. «Basta col populismo», ha
spiegato giorni fa il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, a Giacinto Pipitone, del Giornale
32
per cento
Il rapporto Istat registra
la grave situazione
in Sicilia, dove 661 mila
famiglie, pari a 32,5
su 100, sopravvivono
sotto la soglia della
povertà
di Sicilia. E dopo aver rivendicato di avere già
ridotto il bilancio «da 162 a 149 milioni» (complimenti: solo il doppio abbondante della Lombardia, il triplo del Veneto e quasi il quintuplo
dell’Emilia-Romagna!) nonché «previsto una
riduzione delle spese per il personale del 10% in
tre anni» nella scia del decreto Monti, ha ammonito che sì, certo, il decreto di Renzi «fissa il
tetto massimo per le retribuzioni a 240 mila euro lordi». Però «Renzi ha escluso da questo tetto
gli organi di rilievo costituzionale, quale è l’Ars.
Dunque noi avremmo potuto prevedere perfino
di pagare di più i nostri dipendenti». Testuale.
I diritti acquisiti, poi! Quelli dei cittadini comuni sono già stati stravolti? Uffa! «Questo Palazzo non si fa condizionare da un populismo
che nel tempo, vedrete, si scontrerà con i giudizi scontati della Corte costituzionale e dei giudici del lavoro. Perfino Renzi ha previsto nel suo
decreto che i trattamenti pensionistici maturati
sono intoccabili». Di più: «Sarebbe stato facile
per noi venire incontro alle pressioni della piazza e introdurre un tetto magari inferiore anche
ai 160 mila euro. Ma, come insegnava De Gasperi, una cosa è guardare alla prossima campagna elettorale e altra cosa è pensare alle future
generazioni». Le «future generazioni»? De Gasperi? De Gasperi tirato in ballo a difesa dell’arroccamento sui soldi? De Gasperi! Quello che
andò in visita alla Casa Bianca con un cappotto
che si era fatto prestare da Attilio Piccioni!
Conclusione: per i dirigenti dell’Ars, a differenza degli altri colleghi regionali siciliani, è
stato fissato il tetto annuale di 240 mila euro.
Pari all’indennità del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano o del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, che a dirla tutta trova in busta paga 18 mila euro in meno.
In ogni caso, spiega un’Ansa, il tetto di 240
mila euro omnicomprensivo «non scatterà immediatamente per tutti i dipendenti: una norma transitoria, per la cui adozione il Consiglio
delega alla rappresentanza permanente che
tratta con i sindacati, permetterà a chi ha già
maturato i requisiti per la pensione a domanda
e a chi è vicino a maturarli, e i cui trattamenti
economici superano l’importo di 240 mila euro,
di mantenere la posizione economica in godimento, anche se entro un limite temporale».
Traduzione: tranquilli, mandarini, i tagli varranno solo per chi verrà dopo di voi. E «le tabelle economiche saranno aggiornate con decor-
renza 1 gennaio 2018». Campa cavallo…
Ma quanti sono, quei dirigenti dell’Ars che
sventolando il vessillo dell’autonomia guadagnano oggi più del capo dello Stato? Tredici, secondo Live Sicilia. Incassano «dai 280 ai 330
mila euro annui» e per undici di loro il taglio
dovrebbe essere solo un pizzicotto perché entro
ottobre andranno in pensione. Quanto a quelli
che stanno sopra i 201mila euro, dice una tabella distribuita dai grillini, sono addirittura 80 dei
quali 29 in attività e 51 in (dorata) quiescenza.
Chi sono? Quanti sono? Quanto prendono? Risposta della presidenza: top secret, c’è la privacy… Il garante ha già detto più volte che non è
vero perché quelli sono soldi dei cittadini?
Chissenefrega…
Secondo i dati forniti dal commissario alla
spending review Carlo Cottarelli, come ricorderete, i nostri dirigenti sono i più pagati dei
grandi Paesi europei. I dirigenti di Iª fascia in
Germania hanno una busta paga 4,27 volte superiore a quella media dei propri concittadini,
Confronti
Per i dirigenti del parlamento regionale
è stato fissato il limite annuale di 240
mila euro: più di Ban Ki-moon
in Francia 5,21 volte, in Gran Bretagna 5,59 e in
Italia 10,17. Una sproporzione che per i dirigenti più alti, cosa impensabile a Berlino, Londra o
Parigi, schizza addirittura a 12,63 volte il reddito medio italiano.
Ma questa stortura, già offensiva, diventa in
Sicilia insultante: quei 240 mila euro fissati come tetto ai dirigenti dell’Ars equivalgono infatti
a 19 volte il reddito medio dei siciliani. Per non
dire del segretario generale di Palazzo dei Normanni, lui pure pronto alla pensione, Sebastiano Di Bella. Il quale (e non lo affermano i grillini
ma lo stesso governatore, Crocetta) avrebbe
una busta paga di 650 mila euro l’anno: cinquantuno volte il reddito dei suoi concittadini.
E chiedere che la vaporosa e capricciosa Ars
sia costretta a fare i conti con la povertà da spavento dei siciliani confermata dagli ultimi dati
sarebbe demagogico, anti-autonomista e populista? Ma per favore…
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Ruby/2
E il Csm
assolve
la pm Fiorillo
ROMA — Assolta «per
essere esclusi gli addebiti»
la pm del tribunale dei
minori di Milano Anna
Maria Fiorillo. Il
magistrato era finito sotto
procedimento disciplinare
per le dichiarazioni del
novembre 2010 dell’allora
ministro dell’Interno
Roberto Maroni, secondo
cui l’affidamento di Ruby a
Nicole Minetti avvenne su
indicazioni della stessa
Fiorillo. Invece, come è
stato ricordato nel
procedimento disciplinare
svoltosi al Csm e
presieduto dal
vicepresidente del plenum
Michele Vietti, le
registrazioni dei colloqui
del pm Fiorillo con gli
agenti di polizia hanno
dimostrato che il
magistrato aveva dato
tassative indicazioni di
affidare Ruby a una
comunità di accoglienza.
Per il difensore della pm, il
procuratore aggiunto di
Roma Nello Rossi,
«raramente come in questo
caso è emersa una nitida
verità sulla condotta del
magistrato: e su questa
verità si è basata la difesa
dell’onore professionale
suo proprio e dell’intera
magistratura».
Visibilmente contenta
anche Fiorillo, che
ha assistito alla lettura
del verdetto di
proscioglimento. Lo scorso
24 marzo sono state le
sezioni unite della
Cassazione ad annullare
con rinvio al Csm il
verdetto che aveva inflitto
alla pm la sanzione della
censura. Gli ermellini
avevano sottolineato come
nelle sue dichiarazioni ai
media la pm avesse
soltanto difeso la «verità
storica» dei fatti. Il
sostituto procuratore
generale della Cassazione
aveva invece chiesto di
confermare la censura, ma
non ha convinto i togati del
Csm e Vietti.
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14 Primo Piano
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Conti pubblici Il governo
Forze dell’ordine
IL PERSONALE
«Poca crescita ma niente manovra
Bonus da 80 euro anche nel 2015»
Evitare nuove manovre
Compensare eventuali
aggravi di spesa con
provvedimenti ad hoc in
modo da non gravare sui
saldi di finanza pubblica
La delega fiscale
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La riforma del lavoro
la necessità di una manovra correttiva per l’anno in corso. Il ministro
ha poi risposto all’altra sollecitazione Ue, quella di rafforzare la strategia di bilancio nel 2015 per rispettare il piano di riduzione del debito,
anche attraverso «un ambizioso
piano di privatizzazioni».
Circa l’anno in corso, Padoan ha
spiegato che la Commissione ha delineato le proprie previsioni «a politiche invariate», senza tenere conto
dunque degli effetti della legislazione intervenuta, e che, quand’anche
l’Italia decidesse di valutare le «ulteriori spese» che da quelle previsioni discendono, queste sarebbero
20000
200
Sul tavolo i decreti per il
riordino dell’imposizione
sul reddito d’impresa
e la revisione di
detrazioni e deduzioni
Pier Carlo Padoan
15.000
Rendere stabile il bonus
da 80 euro malgrado il
«ritardo» della crescita
renda più stretto il
margine d’azione
40000
0
10
Il taglio al cuneo
«compensate da maggiori risorse
reperite attraverso specifici provvedimenti, senza quindi aggravio sui
saldi di finanza pubblica». Niente
sforamenti, dunque.
Quanto al rispetto della regola
del debito, le previsioni della Commissione «non tengono conto delle
minori spese pianificate, ma non
ancora specificate nel dettaglio
(spending review, ndr) e dei maggiori introiti, come quelli attesi dalle privatizzazioni in via di programmazione». Azioni che permetteranno di «condurre le dinamiche della
spesa su un sentiero compatibile
con i parametri europei», come dovrebbe emergere dall’aggiornamento del Def (documento di economia e finanza) a settembre.
Il secondo punto delle raccomandazioni riguarda la revisione
della politica fiscale con riduzione
delle imposte su famiglie e imprese.
«Va in questo senso il taglio del cuneo fiscale che sarà reso permanente con la legge di Stabilità», così come quello dell’Irap. Padoan ha poi
annunciato l’arrivo dei prossimi decreti attuativi della delega fiscale,
tra cui quelli relativi all’abuso di diritto, al riordino dell’imposizione
sul reddito d’impresa e alla revisione delle detrazioni e delle deduzioni
fiscali «in chiave di revisione della
spesa».
Fin qui le rassicurazioni dovute
all’Ue e al Parlamento. Poi però Padoan conclude il proprio intervento
concedendosi qualche appunto sul
futuro, come quando afferma che
«siamo in un contesto di crescita
ancora debole e incerta: la disoccupazione rimane elevata e si conta in
Europa nell’ordine di decine di milioni, soprattutto tra i giovani». E se
«la crescita è un fenomeno complesso, spesso non ben compreso»
tuttavia «non vi sono scorciatoie».
La strategia dell’Italia nella presidenza del semestre europeo è, tra
l’altro, quella di puntare sulle riforme strutturali e l’idea dell’«agenda
dei mille giorni» del governo Renzi
procede in questo senso anche se
«va, naturalmente, riempita di contenuti e di proposte concrete». E soprattutto va attuata: stride con questo il rinvio a settembre dell’approvazione della delega del lavoro,
confermato ieri.
«I dati macroeconomici più recenti, se confermati — ammette il
ministro —, indicano un ritardo nel
meccanismo di ritorno alla crescita
sostenuta in Europa e altrove; ciò è
vero anche per il nostro Paese. I
margini per l’azione del governo si
faranno, in questo caso, più stretti
— prosegue —, ma non per questo
si indebolisce la prospettiva di medio termine». C’è in queste parole
una lettura più realistica del sentiero stretto che l’Italia dovrà affrontare, ben diverso da quello che il governo si era prefigurato intraprendendo il semestre europeo con
l’obiettivo di allentare il rigore cui i
precedenti esecutivi si erano sottoposti. Al momento non c’è nessun
automatismo di cui il Paese possa
giovarsi, ci sono solo difficili trattative che spetterà a Padoan affrontare nel dettaglio.
A lui è giunto il plauso del presidente di Confindustria, Giorgio
Squinzi, sul mantenimento dell’impegno sul cuneo fiscale. Mentre il
capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta, ha definito
la relazione «esoterica, omissiva,
elusiva, e anche sbagliata».
100
ROMA — I punti fermi del governo Renzi, in tema di economia,
diventano per il ministro Pier Carlo Padoan sempre più sfidanti.
Ieri, ad esempio, è stato confermato davanti al Parlamento il taglio
del cuneo fiscale anche per il 2015. Valore: una decina di miliardi.
Quando quella misura fu annunciata nella prima conferenza
stampa con le slides di Matteo Renzi, si era a metà marzo e, a
proposito delle coperture che sarebbero servite l’anno prossimo,
il doppio delle attuali, qualcuno faceva notare che a luglio, con il
semestre di presidenza italiana dell’Ue la «musica» sarebbe
cambiata. Che le riforme, come quella fiscale del cuneo, sarebbero
state «scontate» dal calcolo del deficit se fossero state destinate a
produrre benefici nel lungo periodo.
Quella traversata nel deserto delle regole della stabilità il governo
Renzi l’ha intrapresa con molta determinazione e coraggio, ma i
risultati, se ci saranno, non potranno essere apprezzati prima
delle prossime raccomandazioni Ue, cioè nella primavera
prossima. Intanto però bisogna aggiornare il Def (documento di
economia e finanza) a settembre, con i nuovi dati sul Pil, che non
cresce secondo le previsioni. Sul punto ieri Padoan ha ribadito:
niente manovra correttiva per il 2014. Ci si muoverà sul filo del
3%, sperando che nient’altro intervenga a richiedere correzioni
che anche lo speranzoso governo Letta non potè evitare l’anno
scorso, quando dovette ritoccare i conti dello 0,1% del Pil, pari a
1,6 miliardi. «Finché siamo sotto il 3%, siamo in regola» si ricorda.
Ma i problemi non finiscono lì. Il 15 ottobre tocca alla legge di
Stabilità per il 2015, per la quale la previsione è quella di tagli per
17 miliardi. Le smentite di palazzo Chigi rispetto a un anticipo
della legge di Bilancio non toccano la sostanza dei fatti: di Stabilità
si sta parlando ormai da diverse settimane, perché lo richiedono
le nuove regole europee (si veda la circolare della Ragioneria del
maggio scorso che chiede che tutta la documentazione sia pronta
entro luglio) e per trovare la quadra, tenendo fermi alcuni punti. Il
primo, come si è detto, è la conferma del bonus che costa una
decina di miliardi. Poi ci sono da coprire le solite spese
indifferibili, altri sei miliardi, mentre
quattro miliardi sono quanto richiesto
dalla legge di Stabilità 2014. Al netto di
altre questioni, come finanziare gli
ammortizzatori sociali, estendere il
bonus, risolvere il problema degli
esodati, il conto arriva già a 20
miliardi Le risorse
miliardi.
stimate per
Si può sperare in una spesa per
finanziare il bonus da
interessi inferiore alle previsioni, ma di
80 euro per il 2015
certo per far quadrare i conti le leve
sono soltanto due: minori spese o
maggiori tasse. Ed ecco emergere tra i
punti fermi del premier l’assoluta necessità di non finanziare la
riduzione delle tasse con altre tasse. Per Padoan, che da tempo ha
chiesto ai tecnici di realizzare tutte le simulazioni possibili, è un
limite davvero molto pesante. Ieri, ad esempio, quando in
Parlamento il ministro ha annunciato l’arrivo dei prossimi decreti
attuativi della delega fiscale, ha parlato di quello che è destinato
alla «revisione delle detrazioni e delle deduzioni fiscali in chiave
di revisione della spesa». Cosa vuol dire? Che tecnicamente i
risparmi provenienti dal riordino delle agevolazioni, essendo
destinati alla riduzione delle tasse, potrebbero finanziare il taglio
del cuneo fiscale da 10 miliardi. Ma la simulazione che sarebbe
stata fatta dai tecnici è stata cestinata, perché Renzi non vuol
finanziare un taglio di tasse con altre tasse. Risultato: il taglio delle
agevolazioni sarà a somma zero, alcuni contribuenti ci
guadagneranno a scapito di altri che ci perderanno.
Se questo è vero, se sono solo voci quelle di un inasprimento
dell’imposizione sulla successione, non resta che immaginare che
l’unica operazione possibile sia quella di puntare tutto sulla
revisione della Spesa, rispettando l’obiettivo dei 17 miliardi o
superandolo, se necessario.
E’ questo il motivo dell’attivismo, anche pubblico, del
commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, che entro
luglio dovrà presentare il taglio delle partecipate dei Comuni,
anche se sul suo blog ha confessato che i numeri di cui per ora si
dispone sono ancora «opachi». Mercoledì lo stesso Cottarelli ha
presentato la banca-dati dei fabbisogni standard, aggiornata però
al 2010, e perciò non immediatamente utilizzabile. E ancora, alla
centrale unica degli acquisti si arriverà l’anno prossimo. Sarà il
2015 l’anno dell’attuazione dei tagli? Per ora la legge di Stabilità li
metterà sulla carta. Copiosi. I primi esami dell’Ue non arriveranno
che a primavera. C’è ancora tempo.
Gli obiettivi
60000
30.000
La strettoia del Tesoro
senza nuove tasse
E la missione di Cottarelli
ROMA — Rendere permanente il
bonus da 80 euro malgrado il «ritardo» della crescita renda «più stretti» i margini di manovra del governo. Il ministro dell’Economia, Pier
Carlo Padoan, ieri ha messo un
punto fermo nel cammino dell’esecutivo dei prossimi mesi, intervenendo alla Camera per un’informativa sulle Raccomandazioni della Ue
approvate dall’Ecofin l’8 luglio. Un
altro lo ha aggiunto a margine, negando che vi siano interventi correttivi in arrivo: «No comment sulle
manovre» ha risposto ai cronisti.
Poi per essere più chiaro con chi
provava a interpretare la sua frase,
ha aggiunto via Twitter: «Ma “no
comment” non significa soltanto
“non ho nulla da aggiungere”? Non
c’è nessuna “manovra” in arrivo,
semplicemente».
Il ministro ha riepilogato all’Aula
la risposta del governo alle otto raccomandazioni dell’Ue, soffermandosi soprattutto sulla prima, cioè la
richiesta di «rafforzare le misure di
bilancio per il 2014 a causa dell’emergere di uno scarto basato sulle previsioni di primavera 2014 della Commissione europea» rispetto
alla necessità di garantire «il rispetto della regola di riduzione del debito». Raccomandazione da cui sono
discese molte interpretazioni circa
60.000
80000
Padoan rassicura la Ue sul rientro del debito. Slitta a settembre il Jobs Act
Retroscena Tagli di spesa per 17 miliardi
95.000
120000
100000
stime al 2020
105.000
Oggi
561
Italia
Spagna
469
Francia
385
Germania
300
Fonte: Silp-Cgil - Sap
Alla Camera
Brunetta va
all’attacco:
è un ministro
esoterico
«Deludente, esoterica,
omissiva, sbagliata». Il
capogruppo dei deputati
di FI, Renato Brunetta,
non ha salvato neppure
un passaggio della
relazione di Pier Carlo
Padoan alla Camera,
dove il ministro
dell’Economia a
relazionato sull’ultima
riunione dell’Ecofin.
Mentre il premier
Matteo Renzi e Silvio
Berlusconi chiedono ai
rispettivi schieramenti
parlamentari di non
scavare buche sul
percorso delle riforme
istituzionali, Brunetta
sceglie un altro terreno
insidioso, quello dei
conti pubblici, per
battagliare direttamente
con Padoan. «Il Paese è
allo stremo, l’autunno
sarà tragico» — ha
pronosticato il capo dei
deputati FI —
chiedendo al ministro di
spiegare «come avverrà
il miracolo» di evitare
una manovra correttiva
dei conti in corso
d’anno visti i dati
deludenti sulla crescita.
Dopo il duello in Aula,
coda pomeridiana via
tweet.
«Semplicemente»
nessuna manovra in
arrivo ha precisato il
ministro firmandosi
PCP. Replica a ruota di
Brunetta, sempre via
tweet: «Una toppa
peggiore del buco».
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Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Primo Piano 15
italia: 51575551575557
I PRESIDI CANCELLATI DALLA SPENDING REVIEW
Gli uffici che si prevede di sopprimere entro la prossima estate
CARABINIERI
POLIZIA
72
17
7
Sedi ancora da individuare
Sezioni
di polizia
postale
Stazioni
72
52
Squadre nautiche
della polizia
Posti e sezioni
di polizia
ferroviaria
13
50
IL PIANO DI RIDUZIONE DELLE SPESE PER LA POLIZIA
11
29
73
73
commissariati
di polizia
da chiudere;
2 da trasferire
presso altre
strutture
presidi della
Stradale
da chiudere;
6 da accorpare
sottosezioni
e posti
di polizia
ferroviaria
da chiudere;
33
da riorganizzare
sezioni provinciali
di polizia postale
da chiudere
presidi di polizia delle squadre nautiche,
4 di sommozFrontiere da chiudere;
zatori,
2 uffici da
11 a cavallo
accorpare; 8 settori
da chiudere;
da riorganizzare;
5 nuclei artificieri
5 sottosezioni
eliminati
da riorganizzare
COSÌ GLI STIPENDI
netti mensili
per 13 mensilità
L’effetto dei mancati automatismi e/o promozioni sulle retribuzioni. Dati in euro
Lordo
83
Assistente Capo che non ha ricevuto l'aumento dell'assegno funzionale dei 27 anni:
125
56
Sovrintendente che non ha ricevuto l'aumento dell'assegno funzionale dei 27 anni:
Ispettore Capo che non ha ricevuto l'aumento dell'assegno funzionale dei 27 anni:
57
Promozione ad Agente Scelto:
51
101
103
78
59
Aumento per i 10 anni nella qualifica di Ispettore Capo (tratt. da Isp. Sup.):
108
Funzionario che ha 13 anni di servizio ed ha maturato il trattamento da Primo Dirigente -2anni:
460
Dirigente Superiore che maturerebbe due classi nei 4 anni:
840
338
168
Personale in Francia, Spagna, Germania
150
Bundespolizei
120
GERMANIA
90
SPAGNA
Guardia Civil
Policia
60
Gendarmerie
Police nationale
30
0
FRANCIA
98.000
143.000
84.000
82.000
40.000*
*ci sono poi le polizie locali in ciascuno dei 16 Lander
CORRIERE DELLA SERA
Sicurezza e austerity Il sindacato: meno corpi nelle forze dell’ordine e più uomini sul territorio. Gli stipendi sono già stati ridotti di 300 euro
Carabinieri e Polizia, stop alle assunzioni
In pensione 150 ogni mese, 300 uffici chiusi
ROMA — L’intesa ormai appare raggiunta, il risparmio garantito. Perché il
taglio alle spese del personale delle forze dell’ordine è la “voce” più remunerativa per chi sta cercando di rimettere in
sesto il bilancio dello Stato. E dunque il
governo ha intenzione di confermare il
blocco del turn over al 55 per cento almeno fino al 2015 per garantirsi una riduzione di spesa che sfiora un miliardo
e 500 mila euro. La scelta gela le speranze di chi pensava a nuovi investimenti
in materia di sicurezza, comunque a un
ricambio generazionale che garantisca
migliore operatività. E riapre la polemica.
150 pensionati al mese
Quello dedicato agli organici è il capitolo più importante in materia di spending review. Ma anche il più rischioso.
Perché, come è già stato denunciato dai
vertici di polizia, carabinieri e Guardia
di Finanza, la riduzione degli uomini in
servizio indebolisce la funzionalità dei
reparti, in alcuni casi mettendo in pericolo l’efficacia del controllo del territorio.
Eppure non sembra che da questa
strada si possa tornare indietro visto
che i conti fatti dal commissario governativo Carlo Cottarelli dimostrano come
gli altri interventi — dalla chiusura degli uffici all’accorpamento delle sedi —
garantiscano soltanto un aggiustamento per le casse statali certamente non
sufficiente a raggiungere gli obiettivi
fissati dal piano di ristrutturazione economica. Il risultato è una diminuzione
del personale che già oscilla ormai tra i
150 e i 180 uomini al mese e porterà a
una riduzione secca nel 2020 di almeno
80 mila persone.
I concorsi bloccati
Attualmente la polizia può contarle su
95 mila unità, 105 mila sono i carabinieri e poco meno di 60 mila i finanzieri.
Arriva un piano di tagli e risparmi da 1,5 miliardi
Le ipotesi di accorpamento per Forestale e Penitenziaria
Con il blocco delle assunzioni al 55 per
cento si può assumere una persona ogni
due che vanno via. Anche se poi tutto
questo non avviene con regolarità visto
che, come più volte denunciato dal Sap,
il sindacato autonomo, «in polizia i concorsi sono bloccati da anni e nel 2016
avremo un organico di 87 mila unità ma
soprattutto un’età media di 47 anni».
Vuol dire — questa è la stima — che nel
2020 ci saranno 80 mila persone in meno, sommando ai 35 mila poliziotti in
uscita, 30 mila carabinieri e 15 mila fi-
La protesta
Il sindacato: «Gli autovelox e gli
etilometri sono pochi perché costano
troppo e, a causa della scarsità di
fondi, non se ne comprano più»
nanzieri. E soprattutto salirà a 53 anni
l’età media del personale in servizio.
C’è poi il problema legato alle retribuzioni. Il dossier della Silp-Cgil, preparato dal segretario Daniele Tissone, fa i
conti in tasca agli appartenenti alle forze
dell’ordine e calcola «una riduzione media mensile di circa 300 euro lorde per
ogni singolo operatore, che sta causando conseguenze gravi per il personale
soprattutto in un particolare contesto di
difficoltà operative come quello attuale
che vede impegnate le forze dell’ordine
in situazioni che vanno dalle coste del
Mediterraneo fino ai cantieri dell’alta
velocità».
La chiusura degli uffici
Sul tavolo del governo rimane l’elen-
co degli oltre 300 uffici che saranno
chiusi e di quelli accorpati prevedendo
di «eliminare le sovrapposizioni» dunque di razionalizzare la presenza sul territorio di polizia e carabinieri. Un riordino che comunque garantirà un risparmio di poco superiore ai 60 milioni di
euro e dunque di gran lunga insufficiente rispetto alle aspettative di palazzo
Chigi.
Ecco perché ha destato grande allarme l’articolo 7 del disegno di legge sulla
pubblica amministrazione nella parte in
cui disegna il nuovo ruolo dei prefetti. Il
timore è quello di un ridimensionamento dei questori in materia di ordine
pubblico che giustifichi poi l’accorpamento di altri uffici, in particolare la
soppressione di alcune questure. Non a
caso Lorena La Spina, segretario dell’Associazione funzionari di polizia, parla di
un «indebolimento strutturale del “sistema sicurezza” perché si sacrificano,
in nome di pretesi risparmi di spesa,
fondamentali principi di civiltà giuridica, oltre che il benessere e la sicurezza di
tutta la collettività».
Tagli di macchine e divise
Qualche giorno fa il segretario del
Siulp Felice Romano ha denunciato la
mancanza di fondi per provvedere alla
manutenzione dei mezzi e addirittura
per acquistare le divise dei poliziotti,
con gli agenti più anziani che prestano
giacche e pantaloni a chi esce in servizio
in modo da garantire l’operatività.
Il problema non riguarda l’Arma che
ha saputo effettuare una pianificazione
di spesa per garantire ai carabinieri la
“copertura” di tutte le necessità, ma rap-
I nodi
La spending review
e il peso dei tagli al personale
1
I conti fatti dal commissario
governativo Carlo Cottarelli
dimostrano come i tagli al personale
siano la parte più rilevante della
riduzione delle spese. Gli altri
interventi — dalla chiusura degli
uffici all’accorpamento delle sedi —
garantiscono solo un aggiustamento
Due se ne vanno e in cambio
uno può essere assunto
2
Confermare il blocco delle assunzioni
al 55 per cento significa che
quest’anno e l’anno prossimo nelle
forze dell’ordine si potrà assumere
una persona soltanto se nel
frattempo due abbandonano la divisa.
La riduzione di spesa dovuta a questa
misura sarebbe pari a 1,5 miliardi
Per le questure il rischio
di un ridimensionamento
3
L’articolo 7 del disegno di legge sulla
pubblica amministrazione disegna il
nuovo ruolo dei prefetti. Il timore è
quello di un ridimensionamento dei
questori in materia di ordine pubblico
che giustifichi l’accorpamento di
alcuni uffici o addirittura la
soppressione di alcune questure
presenta comunque una spia di allarme
forte. E spinge il segretario del Sap
Gianni Tonelli a rilanciare la possibilità
di «una parziale unificazione delle forze
di polizia, che potrebbe portare da subito a risparmi di oltre 2 miliardi di euro
razionalizzando le strutture logistiche,
le mense, le caserme, gli uffici di apparato che oggi sono divisi per sette corpi
dello Stato più i vigili del fuoco. Il messaggio che diamo alla gente è chiaro:
meno tasse e più sicurezza, meno forze
di polizia e più uomini sul territorio».
Autovelox, etilometri e computer
Esclusa anche per legge con l’introduzione di uno specifico articolo nell’ultima Finanziaria l’eventualità di unificare polizia e carabinieri, si continua a
ipotizzare un accorpamento con la Forestale, un riordino che comprenda la Penitenziaria. Ma non sembra che tutto
questo possa accadere in tempi brevi. E
dunque al taglio netto degli organici si è
deciso di affiancare un intervento anche
per quanto riguarda gli acquisti.
È già operativa una “centrale unica”
che provvede alla scelta dei mezzi per le
forze di polizia e adesso dovrà occuparsi
delle apparecchiature. Nell’elenco delle
priorità, come sottolinea il rapporto di
Tissone della Cgil, ci sono «gli autovelox
e gli etilometri, strumenti fondamentali
per la sicurezza che sono ormai pochissimi perché costano troppo e, a causa
della scarsità di fondi, non se ne comprano più». A ciò si aggiunge che
«aziende ed enti statali donino alla polizia i loro vecchi computer (ad esempio
l’Enel a Palermo), oppure che alcuni lavori di ristrutturazione siano finanziati
da esterni (Confindustria per un’ala della Squadra Mobile a Palermo). Questa
pratica diffusa anche in altre città, ad
esempio la Squadra Mobile di Firenze,
se da un lato può essere vista come un
apprezzamento per il nostro lavoro, dall’altra crea evidenti situazioni d’imbarazzo per chi deve poi occuparsi dell’attività investigativa».
Fiorenza Sarzanini
fsarzanini@corriere.it
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16
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Cronache
Sicilia Sulla Gela-Caltanissetta. «I lavori mai segnalati»
L’incidente
Il punto in cui i tre operai sono
stati travolti e uccisi da un
treno regionale mentre lavoravano sui binari della ferrovia Gela-Caltanissetta
Un guasto sulla linea
nessuno ferma i treni:
tre operai travolti
Il macchinista sotto choc: frenata inutile
GELA (Caltanissetta) —
Erano certi che dalla sala operativa di Palermo fossero stati
bloccati tutti i treni in transito sulla Caltanissetta-Gela,
nel tratto dove li avevano
mandati a riparare un guasto
ai binari. Ma il vecchio «regionale 12852», sbuffando a
80 chilometri orari, è sbucato
da un curvone cinque minuti
prima delle 18 con pochi
pendolari a bordo, come se
quella squadra non ci fosse. E
forse non hanno nemmeno
avuto il tempo di capire come
si annientava la loro esistenza, i tre operai di Rfi (Rete ferroviaria italiana), Vincenzo
Riccobono, Antonio La Porta
e Luigi Gazziano, 57 anni il
più grande, 54 il più giovane.
T r e te c n i c i t r a d i t i d a
un’omissione, un errore, una
strafottenza, adesso oggetto
di indagine da parte di magistratura e Ferrovie. Con accertamenti e interrogatori,
controllo di registri e sequestro di bobine e cartelle relative alle comunicazioni di
servizio. Adempimenti av-
viati in quella sala operativa
dove le disposizioni interne
impongono la sospensione
del traffico sulle linee dove si
inviano squadre di operai,
come ben sa il ministro dei
Trasporti Maurizio Lupi che
chiede una relazione e partecipa al dolore delle famiglie.
Erano arrivati da Agrigento
e dai loro due paesi Riccobono, La Porta e Gazziano incontrandosi di mattina alla
stazione di Gela. Uniti nel destino dalla segnalazione del
guasto accertato all’alba da
una carrozza speciale dedita
alla diagnostica nel tratto tra
Falconara e Butera. E lì la
squadra dei tre sventurati è
stata inviata, seguendo solo
in parte le procedure che impongono la chiusura del binario dove si opera.
«Passano da qui solo sei
convogli al giorno», spiegavano ieri sera i colleghi delle
vittime, mentre da Palermo
arrivava sul posto il responsabile del settore, l’ingegnere
Andrea Cucinotta, direttore
territoriale produzione delle
Ferrovie, insieme all’ingegnere Cettina Vitellaro, responsabile per Caltanissetta.
Sono stati loro a farsi raccontare dal macchinista l’orrore
di quella curva superata senza potere immaginare di trovare tre persone accovacciate
sui binari, impegnate a lavorare, senza capire che stavano
per essere travolte.
Un racconto disperato
quello del macchinista sotto
choc, senza nome per la cronaca: «Non ho trovato segnali
di stop sulla linea, non sape-
I precedenti
Non sentono il treno
Investiti nel Catanese
Nel 2008 due operai
perdono la vita a Motta
Sant’Anastasia. Vengono
investiti dal treno
Palermo-Catania che
non sentono arrivare
perché lavorano con il
martello pneumatico. Il
macchinista tenta di
frenare ma non riesce a
evitare l’impatto
I sei romeni
uccisi in Calabria
Il 24 novembre 2012 un
treno travolge e uccide a
Rossano Calabro
(Cosenza) sei cittadini
romeni. Tra loro 3 donne.
che tornavano a casa
dopo una giornata di
lavoro. Erano su un
passaggio a livello in un
terreno privato
vo niente di quei lavori... Ho
schiacciato il freno al massimo, ho suonato ripetutamente, ma avrei avuto bisogno di almeno cento metri
per bloccare il treno, né i nostri tre colleghi hanno fatto
una mossa per alzarsi...».
Resta «inspiegabile e gravissimo» questo disastro che
sembra il replay di un analogo incidente avvenuto cinque
anni fa a Catenanuova, vicino
a Catania. Allora morirono
due operai e le regole interne
alle Ferrovie furono irrigidite.
Con obbligo di comunicazioni scritte e registrate da
un’unica centrale per tutta la
Sicilia, appunto la sala operativa di Palermo dove adesso
si accendono i riflettori dei
sostituti inviati dal procuratore di Caltanissetta Sergio
Lari.
Massimo l’impegno assicurato dal ministro Lupi per
fare chiarezza all’interno delle Ferrovie: «Piangiamo ancora una volta per morti assurde. Non si può perdere la
vita così, mentre si sta compiendo il proprio lavoro. Il
senso di pietà e l’esigenza di
giustizia chiedono che si
chiarisca nel più breve tempo
possibile che cosa è successo
e quali siano le responsabilità
di questo ennesimo incidente
mortale sul lavoro». Impegno
simile a quelli echeggiati cinque anni fa a Catenanuova,
seguiti da direttive poi ieri da
qualcuno ignorate.
Felice Cavallaro
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Lombardia Sentiti alcuni funzionari regionali
Indagini anche sui viaggi
per promuovere Expo
Maroni: ho ridotto i costi
MILANO — «Viaggi in stile
Prima repubblica». La frase è
evocativa e riporta alla mente altre «missioni di Stato» particolarmente fastose come la tappa
cinese di Bettino Craxi del 1986.
Viene attribuita a fonti vicine alla procura di Busto Arsizio che
ha già indagato il governatore
della Lombardia, Roberto Maroni per induzione indebita in merito all’assunzione di due persone in Expo e a Eupolis. Questa
volta a finire sotto la lente di ingrandimento dei magistrati è il
World Expo Tour, le missioni internazionali organizzate dalla
Regione Lombardia per promuovere l’Esposizione universale del 2015. In particolare, il
viaggio del 2 giugno a Tokyo che
ha visto la partecipazione del vicepresidente della Regione Mario Mantovani. Ieri, i magistrati
hanno sentito alcuni funzionari
del Pirellone e l’attenzione sembra proprio rivolta ad accertare
spese e costi dell’operazione. Il
World Tour ha già toccato diverse tappe: Barcellona, Bruxelles,
Parigi, Berlino, Dublino, Unesco
a Parigi. E ne prevede molte altre: Cina, Canada, Usa, Brasile.
Con un budget, per queste ultime mete, di 525 mila euro, 465
mila a carico della Regione e 60
mila a carico di Unioncamere.
Non ci sta Maroni. Anche perché il viaggio a Tokyo era inserito nelle iniziative legate al 2 giugno, Festa della Repubblica, dedicata a promuovere Expo in
tutte le ambasciate italiane. Tanto che mezzo governo era in giro
per il mondo per sostenere
Expo.Il governatore affida a
Twitter la sua replica: «Da quando ci sono io la Regione Lombardia ha ridotto oneri di gestione e costi di missioni istituzionali. Controllate pure». Tocca
invece a una nota di Palazzo
Lombardia fornire «spiegazioni» in merito al viaggio: «La delegazione di Regione era composta solo da quattro persone,
compreso lo stesso Mantovani, e
ha avuto un costo totale (tutto
compreso) inferiore a 25 mila
euro: numero di partecipanti e
costi infinitamente inferiori a
La polemica
Palazzo Lombardia:
missione a Tokyo in
quattro con 25 mila euro
L’opposizione: non torna
qualunque altra missione svoltasi durante la cosiddetta prima
repubblica e anche negli anni
più recenti». Ricostruzione che
non convince l’opposizione del
Pirellone: «Possibile che la missione a Tokyo sia costata meno
di 25 mila euro quando per andare nella ben più vicina Barcellona (9 partecipanti, ndr) la Regione ne ha spesi 23 mila per
viaggio, vitto, alloggio e trasferimenti in loco e oltre 10 mila
per eventi promozionali collegati?» dice Lucia Castellano, capogruppo di Patto Civico in Regione. «Mi sembra che qualcosa
non torni».
Maurizio Giannattasio
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Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Cronache 17
italia: 51575551575557
Torre Annunziata La casa era stata sequestrata. Sky: pagato solo l’affitto
Il pizzo per girare Gomorra
nella villa che era del boss
Chiesti soldi non dovuti alla produzione. Tre arresti
NAPOLI — I tantissimi
spettatori della recente fiction
Gomorra ricorderanno bene
lo sfarzo pacchiano della casa
di don Pietro e di donna Imma
Savastano. Il rosa dei muri, gli
stucchi, gli affreschi, lo scintillio dei cristalli e delle cornici
dorate intorno a improbabili
ritratti di famiglia. L’enorme
vasca con idromassaggio. In
quella location gli scenografi
hanno dovuto lavorare poco,
perché la casa apparteneva veramente a un boss, Francesco
Gallo, di Torre Annunziata, e i
suoi gusti nell’arredamento
erano perfetti per la finzione
cinematografica.
Per affittare quella casa la
società di produzione della
fiction, la Cattleya, nel marzo
2013 si accordò con il proprietario, pattuendo un canone di
trentamila euro da versare in
cinque rate da seimila. Però
poi le cose sono cambiate, il
boss è finito in carcere, la sua
casa è stata sequestrata e, continuando a indagare sulle attività del clan di Torre Annunziata, la Direzione distrettuale
antimafia di Napoli, ha scoperto che chi durante le riprese della fiction rappresentava
la produzione, sarebbe finito
vittima di estorsione da parte
dei Gallo. E avrebbe pagato
senza denunciare, mentendo
anche agli inquirenti.
La lavorazione di Gomorra
si intreccia con l’indagine
condotta dai carabinieri di
Torre Annunziata, guidati dal
In televisione Una scena di «Gomorra - La Serie» girata nella casa di Torre Annunziata sequestrata a un boss
maggiore Alessandro Amadei,
e coordinata dal procuratore
aggiunto Filippo Beatrice e dal
sostituto Pierpaolo Filippelli,
dopo l’arresto di Francesco
Gallo (4 aprile 2013) e il sequestro della sua sontuosa
abitazione. Da quel momento
le rate dell’affitto Cattleya doveva versarle non più a Gallo
ma a un amministratore giudiziario.
Ed è qui che scatta l’estorsione. Perché Gallo non ci sta a
perdere tutti quei soldi, e dal
carcere lo fa sapere al padre,
Raffaele, e alla madre, Annunziata De Simone. I carabinieri
lo vengono a sapere intercettando un colloquio nel parlatorio di Secondigliano, e perciò mettono sotto controllo il
telefono di Raffaele Gallo. I riscontri non tardano ad arriva-
re. Per esempio dalla conversazione tra il padre del boss e
Gennaro Aquino, location manager della società di produzione, a parte il tono molto
confidenziale che emerge
(Aquino si rivolge a Gallo
chiamandolo zi’ Filù), sembra
evidente che la produzione
non ha smesso di pagare i Gallo: «Lunedì pomeriggio ci vediamo... e vi porto quello che
vi devo portare», dice Aquino.
Che poi viene a sua volta intercettato poco prima di recarsi
all’appuntamento. Si prepara
il discorso da fare a Raffaele
Gallo per giustificare evidentemente un ritardo nel pagamento: «Quello che gli devo
dire oggi quando ci vado... zi’
Filuccio non vi preoccupate,
noi in qualche modo i
soldi ve li diamo.. abbiate pazienza... stiamo pagando anche
gli altri trentamila
euro dall’altra parte».
Eppure, interrogati
durante le indagini,
sia Aquino che altri
della produzione, gli
organizzatori generali di Cattleya
Gianluca Arcopinto e
Matteo De Laurentiis
(dai quali sia la società di produzione che
Sky prendono nettamente le distanze),
hanno decisamente
negato di essere stati
costretti dai Gallo a
continuare a pagare il
fitto. Addirittura De
Laurentiis ha anche
riferito tutto a Raffaele Gallo: «Mi hanno
tenuto tre ore e mezzo... mi chiedevano
se abbiamo subito
pressioni da lei per
un ulteriore pagamento oltre a quello dell’amministrazione giudiziaria», gli
riferisce in una conversazione
intercettata. Per Aquino, Arcopinto e De Laurentiis, indagati
per favoreggiamento aggravato, la Procura aveva chiesto
misure cautelari, il gip però le
ha negate, accogliendo solo le
richieste d’arresto per Francesco e Raffaele Gallo e per Annunziata De Simone.
Prosecco Zonin
Insieme a chi ami.
Fulvio Bufi
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Trattativa La corte deciderà se convocare il capo dello Stato. Tensione in aula per una lettera del segretario del Quirinale
I pm di Palermo: Napolitano deve deporre
Ciani, pg della Cassazione:
da Mancino richieste irricevibili
DAL NOSTRO INVIATO
PALERMO — Nel processo
sulla presunta trattativa fra lo
Stato e la mafia tornano a farsi
sentire gli attriti tra la Procura di
Palermo e il Quirinale. E i pubblici ministeri annunciano che
trascorse le ferie intendono procedere con la testimonianza del
capo dello Stato. La corte deciderà alla ripresa autunnale, dopo la
lettera con cui Napolitano ritiene
di avere già chiarito le sue scarse
conoscenze rispetto a ciò che
l’accusa vorrebbe sapere da lui e
l’istanza di alcune parti (l’avvocato del governo e qualche difensore) di rinunciare alla deposizione. Nell’attesa che i giudici accolgano o meno la richiesta reiterata dai pm, è una lettera del
segretario generale della presidenza della Repubblica, Donato
Marra, a far rialzare la tensione
nei rapporti con il Colle.
Marra ha testimoniato la scorsa settimana sulle lamentele dell’ex ministro dell’Interno Nicola
Mancino, oggi imputato di falsa
testimonianza, che nel 2012 si
sentiva vittima delle divergenze
tra le Procure impegnate nelle
indagini della trattativa. Ne scaturì una missiva inviata dallo
stesso Marra, per conto del presidente della Repubblica, al procuratore generale della Cassazione.
Il segretario generale disse che in
seguito non seppe altro della vicenda, ma tornato a Roma ha trovato negli uffici la risposta del pg
della Cassazione Ciani, il quale
gli riferiva gli esiti della riunione
appositamente convocata con
l’allora procuratore nazionale
antimafia Piero Grasso. E l’ha
trasmessa al presidente della
corte d’assise.
«Nel rammaricarmi per non
essermi ricordato tali circostanze
nel corso della mia deposizione,
confido che dalle stesse possa
trarsi ulteriore riprova della correttezza dell’iniziativa assunta»,
scrive Marra. Appena la sente annunciare, il procuratore di Palermo Messineo insorge: «Sono più
che perplesso di fronte a un teste
che dopo aver detto di non sapere invia una lettera correttiva, accompagnandola da vere e proprie forme di esplicazioni difensive». La lettera di Marra resta
fuori dal processo, mentre entrano quelle Ciani ed Esposito,
ascoltati ieri come testimoni
sempre sullo stesso argomento:
le pressioni di Mancino che si
sentiva accerchiato, telefonava di
continuo al consigliere giuridico
del Quirinale D’Ambrosio e
scrisse a Napolitano per sollecitare «unitarietà di indirizzo di
procedure attraverso un unico
organo giudiziario».
La lettera fu girata al procuratore generale della Cassazione,
che chiese lumi a Grasso sul coordinamento tra le diverse Procure. «Le richieste di Mancino
esulavano completamente dalle
nostre competenze, la sua fu
un’iniziativa alquanto irrituale e
per certi versi irricevibile» dichiara il pg Ciani davanti ai giudici. «Allora perché non diceste
al capo dello Stato che si trattava
di istanze irricevibili?», domanda il pm Di Matteo. «Per ragioni
di cortesia istituzionali — spiega
il pg Ciani —, sarebbe stata una
critica indiretta al presidente
della Repubblica. Risposi che
non si poteva fare molto di più di
quello che Grasso aveva già fat-
A. Rib.
to».
In realtà mentre secondo
Grasso gli inquirenti di Palermo
e Caltanissetta avevano sostanzialmente rispettato le direttive
da lui impartite sul coordinamento, sicché non era possibile
avocare le indagini a sé (ipotesi
evocata dallo stesso superprocuratore), Ciani descrisse al Quirinale una situazione un po’ diversa. Ricordò che i rapporti tra le
due Procure hanno «sempre presentato profili di elevata criticità», e aggiunse: «Non risulta se
tutti gli uffici si siano attenuti o
meno a tali direttive e quale sia lo
stato del coordinamento tra gli
stessi», ribadendo che in ogni
caso «nessuna valutazione o interferenza può e deve essere
compiuta in ordine a procedimenti in corso». Al pm che gli
chiede ragione della parziale differenza di versioni, Ciani replica:
«Non saprei dire con esattezza,
ma di certo non avevo secondi fini».
Al suo predecessore Vitaliano
Esposito le proteste di Mancino
ripetute in una telefonata in cui
l’allora pg prometteva all’ex ministro di informarsi e incontrarlo, crearono «forte imbarazzo».
Almeno così dice oggi: «Volevo
solo interrompere quel colloquio
e levarmelo di torno». Per l’accusa tutto questo dimostra i tentativi ad altissimo livello istituzionale di Mancino di scippare l’inchiesta ai pm palermitani; per i
difensori dell’ex ministro, gli
avocati Massimo Krogh e Nicoletta Piergentili, fu invece solo
una normale a richiesta di coordinamento delle indagini, avanzata come avrebbe fatto «qualsiasi altro cittadino».
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Giovanni Bianconi
La vicenda
L’ipotesi
Secondo i pm di Palermo c’è
stata una trattativa tra Stato
e mafia. Cosa Nostra
avrebbe ricattato le
istituzioni chiedendo, per
fermare gli attentati, la fine
del carcere duro
Le telefonate
Secondo l’accusa Mancino
(foto sopra), imputato per
falsa testimonianza, avrebbe
chiesto al consigliere del
Quirinale D’Ambrosio di
intervenire sull’inchiesta
La discussione in Commissione Trasporti
Più vicino il reato di «omicidio stradale»
Un codice della strada in grado di essere
compreso da tutti i cittadini con più tutele per
gli utenti «deboli» come i ciclisti e, soprattutto,
un deciso passo avanti per l’introduzione del
reato di «omicidio stradale». Sono i principali
obiettivi della legge delega al governo per la
riforma del codice della strada che, a breve,
potrebbe avere il via libera dalla Commissione
Trasporti della Camera. «Spero arrivi entro una
settimana — spiega Riccardo Nencini, vice
ministro alle Infrastrutture e Trasporti — . Ieri
però è stato fatto un grande passo in avanti per
introdurre il reato di omicidio stradale». È stata
aggiunta la possibilità di sanzioni ulteriori
come il ritiro per sempre della patente in Italia.
«Siamo favorevoli al nuovo reato — dice
Umberto Guidoni, segretario della fondazione
Ania per la sicurezza stradale — ma abbiamo
qualche dubbio sul ritiro della patente a vita».
«Siamo orgogliosi di essere stati fra i promotori
— spiega Giordano Biserni, presidente
dell’Asaps — ma aspettiamo a brindare. Con
queste norme non sappiamo se si abbasserà la
mortalità ma si alzerà l’asticella della giustizia».
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Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Cronache 19
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La scelta Le regole varate dall’Associazione degli imprenditori edili
Quando scatta la sanzione
Il codice etico dei costruttori:
«Sospeso chi va a giudizio
per reati gravi e corruzione»
Ecco l’elenco dei
principali reati
che possono
portare
all’esclusione di
un’impresa
dall’albo dei
costruttori, in
base al nuovo
codice etico della
categoria:
Peculato;
Concussione;
Malversazione;
Corruzione (in
tutti gli articoli
previsti dopo
l’ultima legge di
riforma);
Istigazione alla
corruzione;
Turbativa d’asta;
Traffico
d’influenze;
Truffa per il
conseguimento di
erogazioni
pubbliche;
Usura;
Riciclaggio;
Bancarotta
fraudolenta;
Associazione a
delinquere;
Associazione
mafiosa.
La decisione
spetta al collegio
dei probiviri, il cui
intervento scatta
solo dopo il rinvio
a giudizio
dei vertici
di un’impresa
Stretta rispetto alle norme vigenti in Confindustria
di SERGIO RIZZO
N
ell’assordante silenzio seguito
al minaccioso anatema del capo degli industriali Giorgio
Squinzi contro i corruttori, ai quali ha
promesso il cartellino rosso, si leva
dal mondo della Confindustria una
voce sola. Quella della categoria più
colpita dalle inchieste che a distanza
di 22 anni da Mani pulite continuano
a riproporre lo scenario di una Tangentopoli mai finita: i costruttori. Il
codice etico approvato ieri dall’esecutivo dell’Ance, l’associazione delle
imprese edili presieduta da Paolo
Buzzetti e aderente alla Confindustria, ha richiesto settimane di lavoro.
Per non parlare dei contrasti interni
con quanti, soprattutto in Lombardia,
avrebbero preferito impostazioni più
garantiste. Il risultato è un documento di sorprendente durezza. Sorprendente non soltanto al confronto delle
genericità del codice precedente,
pressoché identico a quello confindustriale. Ma anche rispetto al vuoto
pneumatico che da un mese e mezzo,
tanto è passato dalla dichiarazione di
Squinzi, continua a circondare l’annuncio della cacciata dalla Confindustria di corrotti e corruttori.
La durezza è, per esempio, quella
dell’articolo 22, nel quale si consegna
ai probiviri il potere di sospendere
dall’associazione l’imprenditore anche soltanto rinviato a giudizio per
determinati reati. Quali? L’elenco va
dal peculato alla concussione, dalla
malversazione alla corruzione alla
turbativa d’asta, dalla truffa all’usura,
dal riciclaggio all’associazione di tipo
mafioso. Un salto di qualità oggettivamente di rilievo, dopo gli ultimi
eclatanti fatti di cronaca che hanno
colpito imprenditori e politici coin-
Ambulanti a Jesolo
Per ore in mare
in fuga dai vigili
Si sono gettati in mare per
evitare i controlli di vigili e
polizia e sono rimasti lì per ore,
fino a che le forze dell’ordine
non se ne sono andate. È
successo a Jesolo, a una
quindicina di ambulanti
senegalesi. I bagnanti gli hanno
portato da bere e da mangiare.
volti negli appalti dell’Expo 2015 e del
Mose di Venezia. Su cui questo codice
non mancherà di avere effetti.
Per i reati gravi di cui sopra sarà
sufficiente la condanna di primo grado per la decadenza automatica dall’Ance. Mentre per reati di altro genere questa sanzione scatterà dopo la
sentenza di appello. Si tratta di inasprimenti pesanti rispetto alle regole
oggi vigenti in Confindustria. Per cui,
a parte il capitolo dei reati di mafia
dove l’azione dell’ex presidente dell’associazione siciliana Ivan Lo Bello
ha fatto sì che fossero introdotte sanzioni rapide e pesanti, la decadenza è
prevista dopo il terzo grado di giudizio.
Ma c’è di più. Gli iscritti hanno
l’obbligo di comunicare ai Probiviri le
condanne penali subite per qualunque reato e i provvedimenti di rinvio a
giudizio anche per i reati di natura
ambientale e di lavoro, come per
esempio l’assenza di misure di sicurezza nei cantieri. E le norme del codice non valgono soltanto per l’imprenditore, ma anche per i dipendenti e
per la stessa impresa. Capita infatti
che il dirigente condannato venga
prontamente sostituito, mettendo in
tal modo l’azienda al riparo da eventuali sanzioni associative. Ora questo
non sarà più consentito. I Probiviri
potranno infatti decidere anche la sospensione e la decadenza della stessa
impresa per gravi motivi. Come poi è
già stato previsto dal codice confindustriale per i casi di mafia, viene stabilito l’obbligo per gli associati di denunciare alla magistratura o alla polizia i tentativi di concussione: in caso
contrario scatta la sospensione dal-
l’Ance.
Non è difficile immaginare il rumore che provocherà questa iniziativa. Innanzitutto nella stessa associazione dei costruttori, nella quale non
mancano i dissensi. E dove, anche a
sorvolare su episodi ancora caldi, come quello del costruttore Enrico Maltauro che si è già autosospeso, l’applicazione letterale del codice potrebbe
interessare importanti posizioni. Un
caso per tutti: lo stesso Mario Lupo,
presidente dell’Agi, la costola dell’Ance che riunisce le grandi imprese, è
invischiato in un procedimento relativo ai lontani anni in cui era amministratore delegato dell’Ilva, con relativa condanna in primo grado. Va detto
che anche Lupo nell’esecutivo di ieri
ha approvato il codice. Ma che nell’Ance questo sia un tema assai sensibile è del tutto evidente. Per questo il
passaggio dell’assemblea che dovrà
ratificare la decisione si annuncia
cruciale. Almeno quanto le ripercussioni ai piani alti della Confindustria.
Perché passare dalle parole ai fatti,
in una organizzazione a cui aderisco-
I nodi
Il potere di decidere assegnato
ai probiviri. Nell’associazione
non mancano i dissensi, ora la
ratifica spetta all’assemblea
no nomi importanti finiti talvolta sui
tavoli dei magistrati, non dev’essere
semplice. E la clamorosa uscita di
Squinzi continua a restare senza conseguenze concrete. L’8 giugno sul Fatto Quotidiano Giorgio Meletti ha ricordato qualche caso. Come il patteggiamento di Antonio Marcegaglia,
fratello dell’ex presidente confindustriale Emma, a 11 mesi per corruzione. O la condanna per una vecchia inchiesta di Mani pulite subita dall’attuale vicedirettore generale di viale
dell’Astronomia Daniel Kraus. Oppure i guai giudiziari che si sono abbattuti sulla famiglia Riva per l’Ilva di Taranto. O ancora la condanna definitiva a quattro anni per frode fiscale che
ha colpito l’imprenditore Silvio Berlusconi...
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Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Cronache 21
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Matrimoni I ricorsi aumentano. L’avvocato matrimonialista: giusto difendere il coniuge debole
La Sacra Rota annulla le nozze?
A tre anni dal sì il legame civile resta
La Cassazione e i limiti al recepimento dei giudizi ecclesiastici
ROMA — La Cassazione aveva già avvertito i giudici italiani
tre anni fa: attenti a dichiarare
efficaci le sentenze di annullamento della Sacra Rota se il matrimonio è durato per lungo
tempo, oltre i quindici anni. Poco dopo era intervenuto anche
papa Ratzinger, richiamando
all’ordine i propri giudici perché non fossero di manica troppo larga nel concedere gli annullamenti. Le due cose ovviamente non viaggiavano in parallelo, ma lo scenario era, ed è
ancora, quello di una crescita
esponenziale delle richieste di
nullità dei matrimoni concordatari. Addirittura negli ultimi
anni si è registrata una diminuzione dei divorzi e un’ulteriore
impennata dei ricorsi alla Sacra
Rota.
Da domani le cose cambieranno, «la ricreazione è finita»
commenta l’avvocato matrimonialista Gian Ettore Gassani. La
Cassazione, con una sentenza
che si può definire «rivoluzionaria», ha stabilito che non sono annullabili dai giudici italiani le nozze quando «la convivenza si è protratta per almeno
tre anni dalla data di celebrazione del matrimonio concordatario». Tre anni non sono molti
eppure, se c’è stata reale convivenza «come coniugi» — è stato
il ragionamento delle Sezioni
unite civili — questa «secondo
la Costituzione, le Carte europee
dei diritti, come interpretate
dalla Corte europea dei diritti
dell’uomo e il codice civile», diventa «fonte di una pluralità di
diritti inviolabili, di doveri inderogabili, di responsabilità an-
La parola
Nozze concordatarie
‘‘
Sono concordatarie le nozze celebrate
davanti a un sacerdote che abbiano
efficacia civile: dopo il Concordato stipulato con
la Santa Sede nel 1929, infatti, lo Stato italiano
ha riconosciuto effetti civili al sacramento del
matrimonio, regolamentato dal diritto canonico
che genitoriali in presenza dei
figli, di aspettative legittime e di
legittimi affidamenti degli stessi coniugi e dei figli, sia come
singoli sia nelle reciproche relazioni familiari».
Insomma, un matrimonio, se
durato da tre anni in su, non
può essere considerato come
mai celebrato, per lo Stato italiano. «Una sentenza sacrosanta —
sottolinea Gassani —. Ho visto
moltissime persone, dopo anni
e anni di matrimonio, messe alla porta, buttate in mezzo ad una
strada, dopo il pronunciamento
della Sacra Rota e l’accoglimento della Corte d’Appello italiana.
Non solo donne, in genere il coniuge più debole, ma anche uomini. Il matrimonio va difeso,
altrimenti diventa una farsa».
La Cassazione in sostanza sta
operando una «civilizzazione»
delle sentenze con le quali i tribunali italiani accolgono gli an-
nullamenti dei giudici ecclesiastici. Oggi infatti la procedura è
la seguente: una volta ottenuta
la sentenza di annullamento religiosa, i coniugi si rivolgono ad
un avvocato italiano per ottenere la «delibazione» da parte della corte di Appello, la quale studia tutto il carteggio che era in
mano alla Sacra Rota e verifica
come si è giunti a quella sentenza di annullamento. Poi decide.
Da domani continuerà a decidere su quegli incartamenti ma i
giudici d’Appello dovranno tenere conto che se c’è stata una
convivenza di almeno tre anni,
gli effetti civili per lo Stato italiano non potranno essere così
facilmente cancellati. E questo
non riguarda i figli, per i quali
ovviamente la legge prevede
tutte le difese e le tutele possibili, ma i coniugi. «Resto dell’idea
che il coniuge più debole vada
sempre difeso anche quando sia
Il monito di Ratzinger
Benedetto XVI aveva già
richiamato i propri giudici,
invitandoli a non essere
di manica troppo larga
Vento forte aI Giglio
Concordia,
rischi di ritardi
Alla Corte europea
Slitta di un giorno la partenza della Costa Concordia dall’Isola del Giglio. I
ritardi nelle operazioni tecniche e le previsioni meteo non favorevoli faranno
spostare la manovra a martedì. Tra domenica e lunedì la nave dovrebbe
riemergere di quegli altri 15 metri che mancano per riportarla al livello di
galleggiamento previsto per poi potersi muovere.
decaduto il vincolo religioso»,
conclude Gassani.
Nel caso specifico, alla Cassazione si era rivolto un ex marito
di Bassano del Grappa sottolineando che il matrimonio, contratto nel 1998 e annullato dalla
Sacra Rota nel 2009, era durato a
lungo e che da esso era nata anche una figlia. La Corte d’Appello di Venezia aveva dichiarato
l’efficacia della sentenza canonica nel 2011. Le Sezioni unite
hanno respinto il ricorso dell’uomo perché avrebbe dovuto
porre la questione in sede di
Corte d’Appello (la legge non
può sconfessare se stessa), ma
nello stesso tempo ha limitato le
«delibazioni», collegandole alla
durata, tre anni, della convivenza coniugale.
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Mariolina Iossa
«Non sono maschilista, ma sui cognomi c’era caos»
Nico Stumpo: non si può lasciare ai singoli la scelta di quale dare ai figli
Contrario
Il deputato
del Pd
Nicola
Stumpo,
detto Nico,
è nato
a Catanzaro
45 anni fa
Perché abolisce l’automatismo
di trasmettere ai figli il nome del
padre? Lei ed altri deputati siete
stati accusati di maschilismo per
questo. L’ultima è stata la senatrice Alessandra Mussolini...
«Non diciamo sciocchezze. Per
me trasmettere il cognome della
madre va benissimo. Non è questione di maschilismo, ma di confusione. A cominciare dal meccanismo dell’ordine alfabetico».
Intende: quando non c’è accordo fra i coniugi su quale cognome trasmettere al figlio e in quale
ordine?
«Esattamente. È una follia parlare di ordine alfabetico. E allora
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BRUXELLES — Se un ovulo umano mai
fecondato si sviluppa in laboratorio o
riesce a ambientarsi in un organismo,
senza però giungere a diventare un
embrione, può essere brevettato per
scopi commerciali: comprato, venduto,
usato a fini di sperimentazione, per
cure e ricerche sulle malattie, oppure
distrutto. Se invece, grazie alle tecniche
della manipolazione genetica, l’ovulo
si sviluppa molto di più e comincia ad
assumere le caratteristiche di un
embrione umano, allora va protetto
come tale e nessuna azienda o
laboratorio può brevettarlo. Sono a
doppio taglio le parole di questo parere
giuridico pronunciato ieri
dall’avvocato generale della Corte di
giustizia della Ue, Cruz Villalón. Da un
lato dicono: l’ovulo umano non
fecondato ma nato in laboratorio da
partenogenesi (la «nascita verginale»
degli antichi greci), senza contatto
neppure artificiale fra l’elemento
femminile e quello maschile, non ha
diritto in sé alla protezione delle leggi
europee, e può essere brevettato come
un altro prodotto. Dall’altro lato però,
se la manipolazione genetica riuscisse
ad avvicinare quest’uovo alle
prerogative e all’essenza di un
embrione umano, allora scatterebbe la
sua protezione giuridica. Proprio come
prevede la direttiva Ue sulle
biotecnologie: da sempre proibisce la
commercializzazione del corpo e delle
sue parti nei vari momenti del suo
sviluppo. C’era e c’è tuttavia un varco
per qualche eccezione, nella stessa
direttiva europea: vi si precisa infatti
che un elemento isolato dal corpo
umano, o diversamente prodotto
Il discrimine
L’avvocato generale: «Per
impedirne il commercio
deve essere in grado di
svilupparsi in essere umano»
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L’intervista Il deputato pd che ha votato contro: usare l’ordine alfabetico è una follia, si estingue chi inizia con «u» o «z»
ROMA — Nico Stumpo non le
piace la legge che modifica le regole su come trasmettere i cognomi ai propri figli?
«Così come è stata scritta no».
Perché? Lei non è stato l’unico
deputato del Pd che in Aula ha
fermato il testo che sembrava
avere la strada spianata per l’approvazione. Cos’è che non va?
«Non so cosa non vada per gli
altri, per me questo testo è troppo
anarchico».
Anarchico?
«Sì».
«L’ovulo umano
non fecondato
è brevettabile»
perché non deciderlo tirando i dadi? Oppure a sorte».
È un criterio possibile. La legge dice: si può trasmettere ai figli
il cognome del padre, o della madre, oppure tutti e due, indifferentemente. E soltanto se non c’è
accordo si arriva a dire di dare
tutti e due i cognomi dei genitori
in ordine alfabetico...
«Appunto. Servono basi certe e
non criteri casuali. Altrimenti saremo destinati a vedere scomparire i cognomi che cominciano con
la “z”, la “v”, la “u”...».
E lei che criterio propone?
«Intanto il doppio cognome. E
mettere per primo quello della
madre. Poi si deve affrontare il
problema dei nipoti».
Ovvero i figli di genitori che
hanno due cognomi a testa? Non
si possono far trasmettere tutti
quanti, altrimenti crescono in
maniera esponenziale e incontrollabile...
«Certo che non si devono trasmettere tutti. Ma non ha senso
Ignazio (Oliveri) La Russa
Figlio di Maria Concetta Oliveri
L’iter prima della pausa estiva
Corsa contro il tempo alla Camera
per ridiscutere il testo respinto
ROMA — Il testo di legge sui
cognomi da trasmettere ai figli è
stato bloccato alla Camera. Dopo
un’approvazione praticamente
unanime in commissione
Giustizia, si era pensato che
questa legge che lascia ai
genitori la possibilità di
scegliere quale cognome dare ai
propri figli sarebbe stata
approvata senza alcun
problema. E invece sono arrivate
critiche e ostruzionismo dopo
che era già stato approvato
l’impianto della legge, ovvero le
primi tre norme sulle sette che la
compongono. «Quei tre articoli
sono stati votati a larghissima
maggioranza», ha detto Michela
Marzano, la deputata del Pd
relatrice del provvedimento. E
ha spiegato: «Mi sono sentita
tradita dai membri stessi del
mio partito. Ho percepito
un’ostilità profonda che non era
mai stata manifestata». Adesso
la corsa è contro il tempo per
cercare di approvare il testo
prima della pausa estiva: non è
detto che i tempi tecnici lo
permettano. Per essere
operativa, poi, la legge dovrà
avere anche il via libera di
Palazzo Madama.
Eugenia (Raheli) Roccella
Sua mamma era Wanda Raheli
Al. Ar.
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Rocco (Pedone) Buttiglione
Figlio di Liliana Pedone
nemmeno lasciare che siano i singoli a decidere quale cognome trasmettere ai propri figli».
Per quale motivo?
«Sempre lo stesso. Bisogna evitare l’anarchia. Bisogna dare certezze. E grazie a regole certe dare la
possibilità di ricostruire le discendenze. Altrimenti è il caos».
E dunque? In questo caso lei
Nico Stumpo che propone?
«Si potrebbe fare così: se in una
coppia nasce un bambino si trasmettono a lui i cognomi delle
nonne. Viceversa se nasce una
bambina si trasmettono i cognomi
dei nonni. Ovviamente una volta
decisi i cognomi per il primo figlio
rimangono poi inalterati per tutti i
fratelli che seguono».
Ovviamente. Ma lei tutte queste obiezioni le aveva poste all’interno del Pd?
«No, non se ne era mai parlato
nel gruppo di questo testo sul cognome dei figli. E io non ne avevo
mai parlato perché non faccio parte né della commissione giustizia
né del comitato dei nove che ha seguito la gestazione della legge».
E quindi? La prossima settimana l’ufficio di presidenza del Pd
ha fatto sapere che il gruppo dedicherà una riunione alla discussione di questa legge. Che succederà?
«Sarà un confronto sicuramente
utile».
E riuscirete a trovare un accordo per far approvare la legge? Ce
lo chiede l’Europa...
«Mi auguro proprio di sì».
Alessandra Arachi
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mediante un procedimento tecnico,
può essere soggetto alla tutela di un
brevetto scientifico-commerciale, per
gli usi che si intende farne in futuro.
Mai, però, se lo sfruttamento delle
ricerche o invenzioni in questione
fosse contrario all’ordine pubblico o al
buon costume. Ora, il parere
dell’Avvocato Generale sembra aprire
spazi di discussione alle parti in causa.
Non ha il valore di una sentenza della
Corte di giustizia, ma traccia una linea
per la causa e la sentenza che verranno.
Ad avviare la procedura della Corte è
stata un’impresa britannica di
biotecnologia che lavora soprattutto su
cellule staminali, l’«International Stem
Cell Corporation», e ha effettuato
importanti ricerche genetiche sui topi.
L’impresa ha presentato due domande
per brevetti nazionali in Gran
Bretagna, chiedendo il via libera per la
produzione di cellule staminali
«pluripotenti», quelle più importanti
in queste ricerche, da ovociti attivati
con la partenogenesi. La risposta
britannica è stata «no», perché le
domande comportavano la
commercializzazione di ovuli umani
(ulteriormente sviluppati dalla
manipolazione genetica) e la loro
distruzione. Alla fine, tutto ruota
intorno alla domanda: che cos’è e
quando esiste davvero un embrione
umano? In questa valutazione, afferma
l’Avvocato generale, il criterio decisivo
è se l’ovulo abbia la capacità intrinseca
di svilupparsi in un essere umano: «La
mera circostanza che un ovulo non
fecondato possa avviare un processo di
divisione e differenziazione cellulare,
analogo a quello di un ovulo fecondato,
non basta a considerarlo embrione
umano». In questo caso, dunque, via
libera al brevetto. In attesa della
prossima causa alla Corte di giustizia.
Luigi Offeddu
loffeddu@corriere.it
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Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Cronache 23
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✒
Media Il magnate australiano di Fox è già pronto a rilanciare fino a 85 miliardi di dollari
Dai grandi film ai diritti sportivi
Ecco cosa governerebbe Murdoch
L’eventuale fusione con Time Warner e la lotta per i contenuti
Battaglia
La sfida è con i giganti di Silicon
Valley che stanno investendo
ingenti risorse nello sviluppo di
nuove compagnie televisive
che da un lato è essenziale crescere per
rinegoziare in posizione di forza i diritti
dei suoi contenuti, dall’altro che è cruciale individuare già da ora il giusto mix
di canali informativi, produzione cinematografica e televisiva, diritti sui
grandi eventi sportivi e attività internazionali, per attrezzarsi di fronte agli tsunami in arrivo. Tanto più che all’orizzonte si profilano le sfide dei giganti di
Silicon Valley, dove Google, Amazon,
Apple, Netflix e altri stanno già investendo ingenti risorse nella creazione di
contenuti originali e nello sviluppo di
una nuova generazione di compagnie
televisive. «Rupert — ha detto ieri Richard Greenfield, di BTIG Research —
non cerca di comprare Time Warner solo per avere un pugno di network in
più. Egli capisce perfettamente che nel
momento in cui altri protagonisti cercano di entrare nell’industria mediatica, il
contenuto avrà un valore altissimo e lui
ne vuole disporre di quanto più sia possibile».
Se fosse consumata, la fusione, o meglio l’annessione di Time Warner da
parte di 21st Century Fox avrebbe effetti
profondi, in primo luogo sull’opulenta
galassia dei diritti sportivi e su Hollywood, unendo per essere più chiari Il
Trono di Spade e il football americano,
L’ipotesi
di fusione
I RICAVI
I dati economici dei due gruppi statunitensi e alcuni
dei più noti film e serial tv prodotti negli ultimi anni.
Ecco quello che accradrebbe in caso di fusione
La capitalizzazione di mercato
in miliardi di dollari
in miliardi di dollari
Time Warner
Warner Brothers
Turner
HBO
32,6
12,31
9,98
4,89
Totale
111
21st Century Fox
10,88
8,64
Cable Networks
Filmed Ent.
Television
Satellite TV
I RICAVI
RECORDS
Warner Brothers
studios
4,86
4,44
in miliardi di dollari
Time Warner
I COLOSSI
78,4
EBITDA
21st Century Fox
in miliardi di dollari
Time Warner
35
3,5
30
3
25
2,5
20
2
15
1,5
10
1
5
Warner Bros
Records
21st Century Fox
21ST CENTURY FOX
Obiettivo
Se nascesse Fox-Time Warner
avrebbe 2 dei 6 grandi studios
di Hollywood, 28 tv locali
e i più seguiti network via cavo
05
0
0
2009 2010 2011 2012 2013
2011
2012
2013
14
Da sinistra, Dot Jones,
Jane Lynch e Matthew
Morrison in una puntata
del serial «Glee»
Daniel Radcliffe in una scena
tratta dal film «Harry Potter
e l’ordine della Fenice»
Rupert Murdoch, 83 anni,
che ha offerto 80 miliardi di dollari
per acquistare la rivale Time Warner.
Per Forbes, il magnate
ha un patrimonio personale
di 11,2 miliardi
di dollari
CORRIERE DELLA SERA
DAL NOSTRO INVIATO
NEW YORK — Potrebbe salire fino a
95 dollari per azione, per un valore globale di quasi 85 miliardi di dollari, l’offerta di acquisto di Rupert Murdoch per
Time Warner. Il rifiuto iniziale oppostogli da Jeff Bewkes, il capo del gruppo di
Columbus Circle, non basta certo a scoraggiare il mogul di 21st Century Fox,
abituato in genere ad andare fino in
fondo una volta individuato l’oggetto
del suo desiderio.
A 82 anni, Murdoch non conferma
solo un vitalismo infinito, ma si dimostra ancora in possesso di antenne sensibilissime sulle tendenze e gli sviluppi
di un paesaggio mediatico, di nuovo
squassato da movimenti tettonici, destinati in pochi anni a cambiarne radicalmente la conformazione.
Di fronte alle grandi fusioni già in
corso, come quelle tra Comcast e Time
Warner Cable (dismessa nel 2009 da Time Warner) o tra At&T e DirectTv, mirate ad acquisire massa critica sul mercato
della PayTv, Rupert Murdoch capisce
L’attore inglese
Sean Bean, nelle
vesti di Eddard Stark,
nella serie tv
«Game of Thrones»
Da sinistra Caleb Landry Jones, Michael Fassbender,
Jennifer Lawrence, Rose Byrne, Nicholas Hoult, James
McAvoy e Lucas Till in una scena del film «X-Men l’inizio»
Avatar e Il Signore degli Anelli, Harry
Potter e i prossimi Mondiali di calcio
(per il pubblico degli Stati Uniti naturalmente) o I Simpson e la sitcom Big Bang
Theory.
Il se è d’obbligo. Il rifiuto di Time
Warner ha motivazioni piuttosto solide
agli occhi dei propri investitori. Murdoch ha infatti offerto solo il 40% della cifra in contanti e il resto in azioni Fox, ma
prive di diritto di voto. Questo significherebbe concentrare un potere immenso nelle mani del mogul australiano e dei suoi figli. «Gli azionisti di Time
Warner non avrebbero alcun controllo
sul destino della società e questo non li
invoglia», ha detto ieri una fonte interna del gruppo. Ma anche ammesso che
Murdoch riesca nella sua scalata, rendendo più appetibile l’offerta sia in termini di denaro che di diritti di voto, una
cosa certa è che prima di dare il suo segnale verde la Federal Communications
Commission, l’autorità federale antitrust, sottoporrà la fusione a un vaglio
molto severo. «È un accordo che avrebbe conseguenze enormi», ha detto ieri il
senatore democratico della Virginia, Jay
Rockefeller, presidente della potente
commissione per il Commercio. Se dovesse veder la luce, il nuovo mastodonte
Fox-Time Warner sarebbe proprietario
di 2 dei 6 grandi studios di Hollywood,
28 stazioni tv locali, i due più seguiti
network d’informazione via cavo e altri
canali terrestri come HBO, TNT e TBS.
Il problema è ben presente a Murdoch, il quale ha già annunciato che in ca-
Heath Ledger nella
parte di Joker e Christian
Bale in quella di Batman
in una scena di
«Il cavaliere oscuro»
so di fusione metterebbe subito sul
mercato la Cnn, portata in dote da Time
Warner, proprio per evitare eventuali
obiezioni su un eccesso di concentrazione nel mercato dell’informazione.
Già ieri circolavano voci su possibili acquirenti per l’ex creatura di Ted Turner:
Cbs e soprattutto Abc, di proprietà della
liquidissima Disney, potrebbero essere
interessate.
Il filone aurifero più ricco per Fox sarebbe quello sportivo: al football americano e alle World Series, le finali del baseball, Murdoch aggiungerebbe i diritti
sulla pallacanestro stellare della NBA,
cioè il trittico che ipnotizza l’America
profonda, tutti programmi di fatto impermeabili alle variazioni d’orario, la
gente li vuole in diretta, e quindi calamita formidabile per la pubblicità. Non
meno promettenti sarebbero le opportunità di profitto nello spettacolo, dove
il nuovo colosso acquisterebbe una posizione dominante nella produzione di
film e contenuti per la televisione.
Ma il consolidamento avrebbe probabilmente un effetto negativo per l’industria di Hollywood, già in ansia per i
probabili tagli di maestranze e la minor
competizione tra i talenti creativi.
Il boomerang
delle sigarette
elettroniche
di SERGIO HARARI
L
e sigarette elettroniche,
tanto di moda in questi
anni, potrebbero essere
molto meno innocue di
quanto non si creda e forse
non servono neanche a
smettere di fumare. È un
documento ufficiale di
tutte le società
internazionali di
pneumologia a affermarlo,
infatti le sigarette
elettroniche contengono
meno tabacco e agenti
cancerogeni di quelle
tradizionali ma i rischi
reali per la salute indotti
dal loro consumo sono a
tutt’oggi sconosciuti. Così
come sussistono molti
dubbi sulla loro reale
efficacia nell’aiutare a
smettere di fumare. La
diffusione del fumo
elettronico potrebbe inoltre
avere un effetto negativo
sull’iniziazione dei giovani
al fumo tradizionale.
L’eventuale effetto positivo
delle sigarette elettroniche
potrebbe essere quindi
ampiamente
controbilanciato da un
maggior rischio per la
popolazione presa nel suo
complesso. Per questo le
società di pneumologia —
tra i firmatari anche
l’italiano Francesco Blasi
in rappresentanza della
Società europea —
raccomandano che la
diffusione del fumo
elettronico venga vietata o
limitata e, qualora
concessa, regolata con le
stesse norme utilizzate per
la commercializzazione
delle sigarette tradizionali.
Si tratta di un documento
molto importante,
soprattutto se si considera
che le grandi
multinazionali del tabacco
stanno spostando il loro
mercato proprio in questa
direzione, prova ne sia la
maxi fusione che sta per
chiudersi tra le aziende
produttrici di Camel e di
Kent, con quest’ultima che
detiene una fetta
significativa del mercato
delle e-cig.
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Paolo Valentino
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Il dibattito
C’È ANCHE LA PROVA SCIENTIFICA: LA BELLEZZA MIGLIORA LA VITA
di EDOARDO BONCINELLI
«V
irtù non luce in disadorno ammanto»
dice la poetessa Saffo ne L’ultimo canto
di Saffo di Giacomo Leopardi. Come dire che se non si è belli non si viene presi troppo in
considerazione. Espressione forse un po’ drastica,
ma esemplificativa del valore che noi uomini abbiamo sempre dato alla bellezza, poiché siamo
animali eminentemente visuali: un quinto della
nostra corteccia cerebrale è dedicata alla visione.
Ma quanto conta la bellezza nella vita di ognuno
di noi, uomo o donna che sia? Secondo una recente ricerca, molto, anzi moltissimo, a tutte le età
della vita, dal poppante al distinto signore di una
certa età. Trattandosi di una ricerca scientifica ci
si aspetta una definizione e una misura della bellezza stessa. E questo è in effetti quello che hanno
fatto i nostri ricercatori. Diciamo subito che, nonostante di solito si usi lo stesso nome per indicare la bellezza, una cosa è la bellezza di un oggetto,
compresa un’opera d’arte, e altro è la bellezza di
un essere umano. Per questa si possono individuare dei canoni e misurarne di volta in volta la
presenza, per esempio in un volto. Al punto che si
può istruire anche un computer a fare dei con-
fronti tra immagini diverse. Ma ovviamente il nostro occhio è più scaltro e affidabile.
Ammesso quindi che la bellezza di un volto
possa essere valutata e misurata, la ricerca mostra
come il successo arrida più spesso alle persone
belle che alle altre, anche se ciò non arriva a mettere queste ultime fuori gioco, fortunatamente.
L’interrogativo sull’importanza della bellezza ci
accompagna dai tempi più antichi. Basta pensare
al giudizio di Paride dal quale scaturì la guerra di
Troia o alle infinite notazioni estetiche presenti
nei Dialoghi di Platone. Ma anche la Poetessa Saffo, quella vera, afferma in un suo frammento:
«Mnasìdica è ancora più graziosa / della languida
Girìnno» e parla con disinvoltura della bellezza
della propria figlia, «la mia cara Cléide».
La bellezza di un volto umano è sempre stata
riconosciuta e celebrata e la scienza moderna ci
aiuta a capire perché. Quando un villaggio veniva
assaltato e alcuni guerrieri senza scrupoli si accingevano a sterminarne gli abitati, il pianto di un
bambino poteva intenerire qualcuno, e tra quelli
presenti spesso il più grazioso smuoveva con più
efficacia un duro cuore, di uomo ma anche di
donna. D’altra parte, anche oggi nei processi di
adozione a distanza di bimbi rimasti orfani, è il
Saffo e gli economisti
Dalla Grecia classica agli
economisti, l’uomo si
interroga sul valore di
grazia, armonia e fascino
volto quello che richiama a preferenza l’attenzione. La bellezza quindi non vale solo in tenerissima
età, ma anche quando si è bambini o giovinetti.
Sugli adulti poi c’è poco da dire: tutta la letteratura parla di questo. Infine un bel vecchio o un’elegante signora attempata ottengono certamente di
più a tutti i livelli. Non c’è speranza allora per i
meno belli? Eh no. Non esiste solo la bellezza, che
comunque colpisce per prima e anche da lontano.
Esistono la grazia, la compostezza, l’autorevolez-
Modelli
Maschile
e femminile
A sinistra una statua
che raffigura
Afrodite, la dea della
bellezza. A destra il
modello britannico
David Gandy,
diventato icona
della moda
za, la vivacità, la sensualità e quell’impalpabile
qualità che noi chiamiamo fascino. Altrimenti
tutto sarebbe deciso al livello di forme. Per non
parlare dell’affetto e dell’amore. Per quanto riguarda la mia personale esperienza, distinguo almeno tre tipi di bellezza muliebre. Ci sono infatti
donne la cui bellezza rifulge anche nell’immobilità e nell’indifferenza, donne la cui avvenenza si
rivela con il movimento e donne la cui grazia risplende appieno solo nella luce del sentimento.
La presente ricerca rivela, non differentemente
da altre, che un volto simmetrico ci colpisce più
favorevolmente di un volto asimmetrico. Perché?
Perché un volto simmetrico indica generalmente
salute e prestanza fisica, due caratteristiche che
nel mondo di natura rivestono una primaria importanza. Non è che un volto simmetrico sia più
accettabile di uno un poco più asimmetrico, ma
certo lo è di più di un volto pesantemente asimmetrico, indice sicuro di qualcosa che non va, nel
corpo o nella storia di un dato individuo. I criteri
di bellezza individuati dai diversi studi valgono
soprattutto nei casi estremi, di persone molto
belle o molto brutte. Noi stiamo tranquilli, perché
molto probabilmente ci situeremo nel mezzo.
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Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
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Tempiliberi
Viaggi
Benessere
Food
Moda
La felicità
Fonte: Ipsos Mori
Il 77% degli abitanti dei 20 Paesi più ricchi del mondo si dichiara
felice, anche se vorrebbe una vita più facile. A metà classifica
l”Italia, che risulta il Paese meno stressato da lavoro e denaro:
sotto pressione il 25% degli italiani, contro il 68% dei cinesi.
88% 86% 85% 83%
81%
73%
65% 59%
Svezia
Design
Canada Australia Stati Uniti Francia
Tecnologia
Italia
Giappone Spagna
Famiglia
Vita di emozioni Intellettuale, viaggiatrice e, soprattutto, scrittrice:
una (lunga) storia fuori dagli schemi
di MARISA FUMAGALLI
Dacia
Maraini
«Le convenzioni sono
crudeli: se una donna di
70 si innamora di uno
di 30 lei diventa una
strega e lui uno gigolò»
D
acia Maraini e la
fretta. Va contromano, lei, nell’epoca in
cui tutto sembra dover essere fatto e
consumato all’istante. «La mia
passione è la scrittura, spero di continuare a scrivere finché morirò. Sono innamorata delle parole e
delle storie — spiega — Vorrei però scrivere
con il mio tempo, senza soccombere alla fretta
del mercato che è tirannico e distruttivo. Il
mondo della letteratura tende a farsi sempre
più rapido e ossessivo. Se non scrivi un libro
all’anno sei fuori». Quasi un j’accuse alla macchina dell’editoria «che gira sempre più rapida
e tende a stritolare gli autori». «D’altronde, un
romanzo in libreria dura sempre di meno, anche se io ho avuto la fortuna di scrivere romanzi, che sono diventati dei long-sellers», osserva, mitigando la critica. Avevamo incontrato
Dacia in Umbria per la presentazione del suo
libro «Chiara d’Assisi, Elogio della Disobbedienza» (Rizzoli), racconto avvincente e rigoroso sulla vita della santa, e là è maturata l’idea
di questa conversazione. Narratrice di successo, intellettuale, donna emancipata e liberata,
dagli amori dispari e movimentati. Eppure c’è
altro da scoprire. Da mettere
a fuoco. Si decide per i giorni
della Milanesiana, l’appuntamento nella hall dell’albergo.
Ed eccola, nei tratti inconfondibili, senza età: gli occhi
azzurri, sottolineati dall’ombretto in nuance, i capelli
biondi corti, l’impalpabile
sciarpa al collo, il discorrere
sommesso e lieve. «Mentre la
vita si allunga i tempi del
pensiero e della creazione si
accorciano sempre di più, fino a lasciarti senza fiato —
sottolinea — Il guaio è che questa tendenza alla frammentazione e al consumo rapido delle
cose si trasferisce anche sui sentimenti, le
emozioni, i rapporti con gli altri».
La sofferenza
La più lontana, certo non sbiadita, porta all’infanzia e al Giappone, dove con tutta la famiglia
fu rinchiusa in un campo di concentramento.
Paura, fame, povertà. «Sono una sopravvissuta
– dice - Troppi amici con cui ho condiviso gioie e dolori se ne sono andati. Il cuore è diventato un cimitero. A questo proposito, alcuni anni
fa ho scritto un libro “La grande festa”». Nelle
pagine («ormai è preistoria») ci sono le persone cui Dacia ha voluto bene, i familiari, gli uomini della sua vita. Della relazione intensa con
Sola
Dacia Maraini (in alto
durante un viaggio di
anni fa) oggi viaggia
sola. Dopo il breve
matrimonio con il
pittore Lucio Pozzi,
viaggiò tanto con
Moravia e poi con
Giuseppe Moretti,
scomparso nel 2007
In due
L’unione con
Alberto Moravia,
che per lei lasciò
Elsa Morante, durò
venti anni e molti
viaggi. Sopra (foto
di Lorenzo
Cappellini) sono
assieme in Africa
Alberto Moravia, durata vent’anni – lo scrittore
lasciò per lei la moglie Elsa Morante, ma non
divorziò né si risposò - si è raccontato e scritto
molto. Il primo e unico marito di Dacia, l’artista Lucio Pozzi – matrimonio breve, un bimbo
in grembo, perso – appartiene al passato lontano. L’ultimo compagno, Giuseppe Moretti, artista, attore e musicista, di 25 anni minore, è
morto prematuramente nel 2007. Uomini diversi, ma simili nell’essere variamente geniali.
Dacia, si sarebbe mai innamorata di un imprenditore? Sorride e risponde: «Non lo so,
penso di no. Mi piace condividere le emozioni
di fronte a un bel quadro, una bella musica, un
bel racconto, un bel film. Mi piace che, viaggiando, siamo attratti dalle stesse cose, che
possiamo passare il tempo a leggere vicini,
senza parlare, intendendoci con uno sguardo.
Beh.. Dovrebbe essere un imprenditore molto
speciale».
Amori e viaggi
Per Maraini s’intrecciano. «Un tempo... —
corregge — È importante con chi si viaggia e ormai viaggio da sola. Certe volte è tristissimo.
Anche se incontro sempre persone che mi incuriosiscono e mi trasmettono emozioni nuove.
Per fortuna non viaggio da turista. Sembra che i
turisti vogliano trovare tutto uguale dappertutto, salvo qualche sorpresa museale. Mentre per
me viaggiare significa anche affrontare dei rischi, e non parlo di rischi fisici, ma mentali: c’è
sempre il rischio di mettere in discussione la
tua identità, se viaggi incontrando veramente
l’altro e non solo la sua rappresentazione prefabbricata». Dacia ci regala le emozioni, i sentimenti e la pena dell’ultimo viaggio fatto assieme al giovane compagno: «Con Giuseppe abbiamo viaggiato molto, come ho sempre fatto
con gli uomini amati. Siamo stati in Brasile, in
Sud Africa, in Kenya, in Argentina, in Uruguay,
in Messico, negli Stati Uniti tante volte. Anzi, è
proprio lì che è cominciata la sua malattia, o per
lo meno è a New York che la malattia si è fatta
sentire con una febbre altissima che non andava
via. Ricordo che gli portavo il brodo comprato
nei negozietti indiani che stanno aperti tutta la
notte perché lui aveva molta sete e non voleva
mangiare e non riusciva a dormire». «Ricordo
— continua — la sensazione di stare in un Paese
poco amico. Il dentista a cui ci siamo rivolti perché a lui si erano gonfiate le gengive, gli ha fatto
una operazione poi risultata pericolosissima e
ci ha chiesto 2.000 dollari in nero. Queste cose
non succedono solo da noi. Da quel momento è
cominciato lo strazio della leucemia, che in poco meno di due anni l’ha portato alla morte. Sua
madre Caterina, che è una donna deliziosa, si
stupisce che io non vada mai a trovarlo al cimitero di Trevi. Io non amo le tombe. Non mi piace
andare a trovare un cadavere. Io lo voglio accanto, vivo e sorridente. Per questo ascolto le musi-
Come un romanzo
Dacia Maraini (foto
Effigie) è nata a Fiesole nel 1936 da Fosco Maraini, scrittore
ed etnologo toscano
di origini ticinesi, e
Topazia Alliata, principessa e pittrice siciliana. Durante l’infanzia in Giappone,
tra il ‘43 e il ‘46, fu
internata in un campo di concentramento. Nel 1962 uscì il
suo primo romanzo,
La vacanza. Iniziò poi
a pubblicare poesie e
a occuparsi di teatro.
Con La lunga vita di
Marianna Ucrìa vinse
il premio Campiello
1990, con la raccolta
Buio lo Strega 1999.
L’ultimo suo libro è
Chiara di Assisi. Elogio della disobbedienza (Rizzoli, 2013)
❜❜
Ossessioni
Vorrei scrivere con il mio
tempo, senza soccombere
alla fretta del mercato, che è
tirannica e distruttiva
❜❜
Rischi
Per me viaggiare significa
affrontare rischi mentali,
come quello di mettere in
discussione la mia identità
❜❜
Ricordi
Non vado mai al cimitero a
trovare Giuseppe, il mio
compagno: lo penso accanto
a me, vivo e sorridente
che da lui scritte, guardo le fotografie che lo ritraggono ancora vivo e gioioso».
Quanto conta la differenza di età in un rapporto sentimentale? «Per me non conta niente.
Ci sono persone di età piene di vita e di energia
e persone giovani che sembrano centenarie in
fatto di curiosità e voglia di scoprire il mondo.
Ma le convenzioni discriminano, eccome, sono
profondamente razziste. Le convenzioni sono
anche crudeli con le donne: se un uomo di settanta si mette con una di trenta, nessuno ci trova niente di strano. Mentre se una donna della
stessa età si innamora di un giovane, lei diventa
una strega e lui un gigolò». «Per questo — confida — una donna con un minimo di saggezza
chiude con l’amore e con il sesso. Per fortuna ci
sono le amicizie. L’amicizia, a volte amorosa,
ma discreta, pudica, casta, fatta di intese e
scambi affettuosi, diventa la vera compagnia di
una vita in declino...».
Il cibo
Dice di essere frugale, ma le piace cucinare. «È
vero, amo toccare i cibi, prepararli, cuocerli,
condirli. Forse perché negli anni del campo ho
talmente sofferto la fame che sognavo i cibi. A
volte avevo delle allucinazioni, vedevo in una
pietra una pietanza, come succede a Charlot che
mette a bollire la scarpa e si lecca le stringhe.
Non cucino la carne, però. Amo troppo gli animali. Cucino verdure in tutti i modi, e primi
piatti. Una mia specialità? Gli spaghetti col limone».
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26 Tempi liberi
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
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Viaggi la formula
Salite & discese
Tutti i modi più difficili,
faticosi ed esaltanti per
arrampicarsi. Ma c’è anche
chi va (con la muta) cento
metri sotto il Lazio
In volo
Il miglior
posto in cielo?
La Turkish
ancora in vetta
Un servizio di «flying chef» (foto),
investimenti, cifre in crescita,
flotta numerosa, network
sempre più ampi e approcci
innovativi: sono i motivi che
hanno portato la Turkish Airlines,
a conquistare per il quarto anno
di fila, il premio come «Migliore
Compagnia d’Europa» e
«Migliore Compagnia del Sud
Europa», oltre a ottenere i
riconoscimenti di «Migliore
Business Class Catering» e
«Migliori Pasti in Business Class
Lounge. Il premio è stato
assegnato in occasione degli
Skytrax World Airline Awards
2014 valutando 245 compagnie
aeree al mondo attraverso i
giudizi di oltre 18 milioni di
passeggeri.
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Un’estate estrema
G
are in mountain bike su percorsi ripidissimi dalla lunghezza massacrante e corse a piedi che durano
una settimana; salite su pareti di
roccia con difficoltà sempre maggiori e immersioni subacquee profondissime. A tanti italiani le ferie passate sotto
l’ombrellone o a passeggio per i sentieri andavano strette già da tempo. Ma adesso la ricerca
del sempre più difficile e del sempre più duro
sembra essere diventata una passione dilagan-
te. Che comprende anche il desiderio di misurarsi, di far registrare un tempo, di essere più
bravi degli altri. Si va in montagna di corsa, si
scende sotto il mare non per andare ad esplorare i fondali, ma per raggiungere i grandi abissi.
Super dislivello
La bicicletta non è mai stata tanto popolare
come oggi. Manager e professionisti l’hanno
adottata per mantenersi in forma. Ma per alcuni
andare a passeggio in pianura o programmare
In bici si può fare la maratona
delle Dolomiti (55 km), a piedi
la Tor des Geants (330 km):
istruzioni per turisti-eroici
una gita che preveda anche il superamento di
un passo di montagna è di scarsa soddisfazione.
La vera passione sono le gran fondo, quelle dove si corrono distanze notevoli con dislivelli veramente molto impegnativi. La Maratona de les
Dolomites prevede un giro classico attorno al
massiccio del Sella di 55 km e 1780 mt di dislivello, con il superamento di quattro passi. «Ma
tanti partecipanti scelgono invece il percorso
medio di 106 chilometri e quello lungo di 138
chilometri e 4230 metri da salire», racconta il
patron della manifestazione Michil Costa.
Durezza a numero chiuso
Poi c’è lo sterrato e vanno sempre più di moda le gare che riescono a fregiarsi del titolo di
«più dura». Sempre attorno al Sella si svolge la
Sellaronda Hero, 84 km con 4300 metri di salita,
che si definisce «la più difficile gara di mountain bike del pianeta». A farla ci provano in tanti, ma c’è un numero chiuso di partecipanti,
4014. «Ad ottobre abbiamo dovuto chiudere le
iscrizioni meno di 24 ore dopo l’apertura perché le domande erano una valanga», racconta il
presidente Gerhard Vanzi. E’ interessante notare che quasi la metà degli iscritti a questa gara
massacrante (il 43%) aveva tra i 40 e i 49 anni.
Passata la Hero, l’estate si annuncia con un calendario ancora fitto di gare estreme. Il 20 luglio
parte la Transalp, manifestazione che si snoda
su 600 km di sentieri e sterrati tra Germania,
Austria e Italia, con 19 mila metri di dislivello
totale.
Il sogno più lungo
Una volta, per chi si teneva in forma con qualche corsetta, il grande sogno era partecipare alla
maratona. Magari a quella di New York. Ora tutto questo non basta, va di moda il trail run, la
corsa ancora più lunga con differenze di quota
pazzesche. Una delle prime è stata la Western
States di cento miglia (160km) in California. Poi
si sono moltiplicate. E allungate. Sempre negli
Usa è nata la Badwater Ultramarathon che parte
nella Valle della Morte con temperature di 50
gradi e arriva in alta montagna. In Italia le «lunghissime» sono tante, dal Sentiero delle Grigne
in Lombardia alla Abbots Way, sull’Appennino
tosco-emiliano. Una delle più dure, che appassiona tanta gente, è il Tor des Geants, 330 chilometri e 24 mila metri di dislivello che parte da
Courmayeur il 7 settembre. Tempo limite di
percorrenza 150 ore, ma i più veloci la fanno in
70 ore (le donne in 88), dormendo al massimo
due o tre ore per notte. Sembra una cosa pazzesca (e nel 2013 c’è stato anche un morto), ma la
bramano in tanti e gli organizzatori devono limitare il numero dei partecipanti. E’ prevista
anche la categoria V4 che va dai 70 anni un su.
Orlando Pizzolato, due volte vincitore della maratona di New York, non ama questo tipo di ma-
nifestazioni estreme. «Se vado in montagna su
un bel sentiero devo avere anche la possibilità
di fermarmi a guardare il paesaggio», dice. Pizzolato preferisce le corse classiche e allena con il
suo programma centinaia di podisti.
La finta guerra
Per chi prende le cose meno sul serio, si moltiplicano le «mudrun», specie di percorsi di
guerra con arrampicate, guadi, salti, e tanto fango. Si fanno per ridere e c’è anche chi si maschera da uomo ragno. Sabato ne parte una di 11
chilometri a Monza. La montagna, dunque, come terreno di divertimento e non più come luogo da ammirare e rispettare? Simon Gietl, uno
dei più forti arrampicatori contemporanei, teme che le Alpi si stiano trasformando in «una
specie di Disneyland» dove la gente va solo sulle
cime più note, quelle che si possono poi «vendere» bene agli amici. Le tre Cime di Lavaredo
sono sempre più gettonate, con le loro vie più
impegnative: lo spigolo giallo sulla anticima
della Piccola, la Cassin sulla cima Ovest. «Alcune vie classiche, faticose ma non con tanto glamour come la normale al Sassolungo o la nord
del Sas de Putia, sono in pochi a chiederle», dice
Diego Zanesco, guida alpina di San Cassiano in
Val Badia. Il Club Alpino Italiano ha dedicato
una copertina della sua rivista Montagne 360
alla «scomparsa» dell’alpinista medio, quello
che non si accontentava di arrivare solo nei rifugi ma che non si avventurava nemmeno su
pareti estreme.
Negli abissi
Anche sott’acqua l’immersione classica a 18
metri di profondità non basta più a tanti sub.
Cinquanta, settanta metri; miscele speciali nelle
bombole, come il nitrox o il trimix. Sempre di
più i centri sub offrono immersioni che una
volta solo pochissimi avrebbero osato affrontare. Il relitto della Valfiorita a settanta metri di
profondità nello stretto di Messina; la petroliera
Haven a 55 metri in Liguria. Il centro Diving
World di Ventotene, di fronte alla costa laziale,
offre un’immersione a 103 metri per vedere un
carico di anfore romane. «Ma non c’è nulla di
strano nel fatto che la gente voglia andare sempre più avanti o sempre più in profondità»,
spiega l’istruttrice PADI Valentina Lombardi, direttrice del centro. «Abbiamo attrezzature sempre più efficienti e avanzate e quindi è naturale
che ci sia il desiderio di progredire». E le donne?
«Venticinque anni fa ero praticamente sola. Oggi sono sempre di più. E non si limitano alle immersioni più semplici».
Fabrizio Dragosei
Dgrag6
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Tempi liberi 27
italia: 51575551575557
In montagna Dalla Svizzera all’Alto Adige
I sentieri dei bambini
Trenino e passeggiata
seguendo i dinosauri
Tre percorsi per baby montanari
C
hi ama la montagna e ha figli piccoli lo
sa, una volta raggiunti i tre anni gli zaini
porta bambini sono da mettere in cantina: i bimbi sono ormai pesanti e soprattutto non ci vogliono più stare. Ma sono
ancora troppo piccoli per camminare a lungo. La
soluzione? Abbinare il treno a passeggiate a misura
di bambino. Oltre ai più conosciuti Bernina Express o Glacier Express tra le alpi svizzere esistono
altri percorsi meno famosi ma altrettanto suggestivi che lasceranno i nostri piccoli viaggiatori senza fiato.
Treno a vapore della Furka
È una delle più belle tratte ferroviarie svizzere e
passa davanti al ghiacciaio del Rodano nel Canton
Uri. Doveva essere smantellata nel 1982 ma un’associazione di volontari si è attivata per salvarla. Gli
addetti al treno a vapore (pezzi originali) sono perfettamente calati nella parte con tanto di divise
d’epoca e baffoni. Il treno parte da Realp (1.538
ILLUSTRAZIONE DI GUIDO ROSA
A Belgrado
nella ex barca
Ora la stanza
è un «mezzo»
Cristina Marrone
Nella sempre più ambita
Belgrado, trovare la stanza
dei sogni può costare caro: la
soluzione che mette
d’accordo budget e
originalità è quella
«attraccata» sulle rive del
Danubio. «ArkaBarka
Floating Hostel» è un albergo
ricavato da una vecchia
barca (da 15 euro a
persona): l’ostello è uno dei
tanti, selezionati da
Hostelworld, tra quelli
ricavati in ex mezzi di
trasporto. Si passa da
coloratissime roulotte in
Germania ad un treno
«parcheggiato» su una
spiaggia in Sud Africa.
Le roulotte di Bonn
Base Camp Bonn è un ostello
ospitato in un vecchio
magazzino: caravan ridipinti
ognuno con un tema diverso
e un grande autobus con 16
posti letto. Inclusi nel prezzo
ci sono colazione, Wi-Fi,
parcheggio e biancheria (da
20 euro per persona)
I vagoni sul mare
Un ex treno parcheggiato
sulla spiaggia a Mossel Bay,
in Sudafrica (foto): gli
scompartimenti sono stati
trasformati in camere private
del Santos Express Train
B&B. Una location insolita,
con tanto di ristorante e bar
sullo sfondo del mare (prezzi
a partire da 10 euro a testa).
In pista di atterraggio
Dormire in aereo, questa
volta, non è scomodo: Jumbo
Stay STF/IYHF è l’ostello a
due passi dall’aeroporto di
Stoccolma. Gli spazi sono
sfruttati al meglio: 61 posti
letto e la cabina di pilotaggio
trasformata in suite (da 30
euro per persona a notte).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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A vapore
Sopra l’incrocio tra il trenino panoramico e la minific al Parc d’Attraction
du Chatelard nel cantone
Vallese. A sinistra il treno
a vapore della Furka, in
Svizzera. Gli itinerari su
treni, funicolari e cremagliere sono proposti nel libro «Piccoli viaggiatori a
piedi e in treno» di Annalisa Porporato e Franco Voglino (ed. Terre di Mezzo)
metri), arriva al passo della Furka (2.160 m) e ridiscende a Gletsch (1.757 m) e Oberwald (1.377),
impiegando due ore e 10 minuti per 18 chilometri.Da Gletsch, piccola borgata di frontiera, parte il
Sentiero didattico natura che percorre la vallata in
direzione del ghiacciaio fino ad arrivare ai suoi
piedi. Un percorso semplice di due chilometri (solo andata) con un dislivello di 60 metri.
Parc d’Attraction du Châtelard
Una funicolare, un treno panoramico e una minifunic (ossia una via di mezzo tra un ascensore e
una funicolare). Siamo al Parc d’Attraction du
Châtelard, nel canton Ticino e tre diversi mezzi di
trasporto ben collegati tra loro portano dai 1.121
metri di Châtelard-Village ai 1.970 metri della diga
di Émosson. La funicolare è lunga 1,3 chilometri e
nei 700 metri di dislivello tocca l’87% di pendenza
e sembra un ascensore! Dalla stazione superiore si
prosegue con il treno panoramico (sembra un giocattolo!). Talvolta invece delle motrici elettriche
sono utilizzate bellissime locomotive a vapore in
Altri hotel
miniatura. Ai piedi della diga ecco l’ultimo dei tre
mezzi di trasporto, la minifunic, alta e stretta, che
risale alla diga da dove si apre una vista mozzafiato
sulla catena del Bianco. Da qui con due chilometri
di cammino sul piano si percorre la sommità della
diga. Con un’escursione di due ore e mezzo si arriva alle preistoriche impronte di dinosauro.
Trenino del Renon
In Alto Adige la linea ferroviaria del trenino del
Renon fu inaugurata nel 1907. Ora la linea da Bolzano è stata sostituita da una funivia, ma è ancora
attivo il tratto dell’altipiano che collega le borgate
di Soprabolzano, Costalovara, Stella Renon e Collalbo per 6,8 chilometri in 16 minuti. Da Soprabolzano parte l’itinerario di 5 chilometri che porta al
lago di Costalovara. Il primo tratto è chiamato «la
passeggiata di Freud» perché il padre della psicoanalisi soggiornò qui nel 1911. Poi la strada prosegue fino al lago.
28 Tempi liberi
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Viaggi le destinazioni
Entroterra / 4 La rete di borghi e piccoli comuni
nascosta dietro le spiagge più famose ed esclusive
Non solo arte
Il cuore selvaggio
della Toscana
In Puglia
L’Oktober Fest
del Salento
Con il mare di
Porto Cesareo
C’è un luogo della Puglia dove
invece di un classico Negramaro,
per una settimana, nei bicchieri
c’è posto solo per un’ottima
birra. Tra i conoscitori più
consumati, Leverano è nota
anche come la Monaco di
Baviera del Salento: dal 29 luglio
al 4 agosto, il paese di appena 13
mila abitanti in provincia di Lecce
si riempie di 100 mila visitatori.
Arrivata alla sua decima
edizione «Birra e Sound –
Mebimport Beer Festival» (foto)
è il primo festival europeo della
birra nel Salento, sulla scia della
Oktober Fest tedesca. Nelle
viuzze del paese vengono
allestiti pub inglesi, danesi,
irlandesi e scozzesi, e i più
importanti birrifici italiani
offrono assaggi delle loro
specialità. Tra birre gluten free
contro le intolleranze, gli oltre
100 tipi di birra alla spina, le
specialità in bottiglia da abbinare
a prodotti della gastronomia
locale e i seminari con zitologi e
mastri birrai, l’occasione è ideale
anche per visitare uno dei mari
più belli d’Italia. A pochi
chilometri da Leverano c’è Porto
Cesareo, dove il mare ha gli
stessi colori dei Caraibi e il Lido
Tabù (www.tabubeach.it) e Le
Dune affittano lettini e
ombrelloni pied dans l’eau. Per
dormire, la sera, si torna a
Leverano, che offre tante piccole
ed economiche sistemazioni,
come il bed and breakfast Casa
Fiore, tipica casa salentina a 60
euro a persona, o Villa Ghetta
Resort, bed and breakfast
ispirato alla bio-edilizia nel
cuore della cittadella della birra.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I
pescatori guardano con diffidenza i
contadini e sono contraccambiati con
una smorfia, la campagna si allontana
rapida dal mare, i borghi respirano
l’aria del Tirreno ma se ne tengono alla
larga. L’entroterra toscano vive nei
«paesi che sono quasi città, nella più
commovente campagna che esista» la
definizione è di Fernand Braudel, storico e grande appassionato d’Italia. Nell’alta Toscana si passa dalle spiagge di Forte dei Marmi ai sentieri dell’Alta Versilia, fra Cecina e San Vincenzo si taglia verso le riserve naturali di Monterufoli e Caselli; la Maremma invece si sdoppia in due, a
nord (alle spalle di Follonica e Punta Ala) quella dei
borghi di Gavorrano e Montemassi. A sud, l’altra
Maremma lascia il Parco Regionale e sale verso Magliano, Montedonico e prima ancora, a soli sei chilometri dalla costa, al borgo della Fattoria La Parrina, unica tenuta ancora in attività dalle antiche imprese agricole volute dai granduchi di Lorena.
In Versilia
L’indicazione «sempre al di là dell’Aurelia» è la
bussola per inoltrarsi nel territorio delle Apuane. La
prima tappa dell’itinerario apuo-versiliese è Seravezza che proprio in questi giorni festeggia il primo
anno del riconoscimento «seriale» dell’Unesco per
le Ville e i Giardini Medicei della Toscana. Il Palazzo
di Seravezza (www.terremedicee.it) è una villa rustica fortificata per secoli residenza estiva dei Medici, degli Asburgo-Lorena e di altre famiglie nobili e
dagli anni Ottanta è un museo di arte contemporanea. Sulla strada verso la cittadina, a Ripa, il b&b A
Case Rosse (via Case Rosse 9 www.acaserosse.it) è
un casale di campagna con sei appartamenti e una
dépendance nel centro storico di Pietrasanta. Da Seravezza si sale verso Fabbiano, Terrinca e Levigliani,
borghi che segnano il territorio del Parco delle Alpi
Apuane (www.unionedicomunialtaversilia.lu.it).
Dalle frazioni si può percorrere un tratto del Sentiero Alta Versilia che ha come altre tappe Pruno e Sant’Anna di Stazzema, quest’ultimo luogo di memoria
storica (santannadistazzema.org) per l’eccidio nazifascista del 12 agosto 1944. Oggi il Parco Nazionale
della Pace è un luogo di pellegrinaggio europeo. Fino al 31 luglio tutto l’entroterra ospita i concerti del
Festival Giorgio Gaber (www.giorgiogaber.it) con
Paolo Hendel e Giobbe Covatta (il 30 e il 31 luglio) a
Camaiore. Sempre nella cittadina (località Lombrici) l’Osteria Candalla (www.osteriacandalla.it) propone un menu rinnovato di specialità del territorio.
Dietro San Vincenzo e Cecina
A pochi chilometri dalla costa fra Cecina e San
Vincenzo, la Val di Cecina ospita la riserva naturale
di Monterufoli-Caselli, migliaia di ettari per uno degli habitat incontaminati meno conosciuti della Toscana, con daini, mufloni e altre specie reinserite
nel loro contesto naturale. Siamo fra i comuni di Castellina Marittima, Montecatini Val di Cecina e Castelnuovo e nelle vicinanze di Pomarance, il borgo
che ha legato la sua storia alla famiglia dei De Larderel che fondarono il villaggio fabbrica di Larderello
per lo sfruttamento dei soffioni boraciferi. Gli imprenditori ottocenteschi hanno lasciato due teatri,
quello dei Coraggiosi e il De Larderel, all’epoca utilizzati per rappresentazioni di gusto francese e oggi
completamente rinnovati. Per la sua posizione Pomarance può essere la tappa per pernottare: in località Sant’Ippolito il Relais Guado al Sole (relaisguadoalsole.com doppie 80/110 euro) è al centro di un
podere con casale ristrutturato nel 2002, piscina e
solarium, confinante con la riserva di Monterufoli.
Questa è anche la terra dell’alabastro (di cui ha il
primato della lavorazione Volterra) che ha segnato
anche la storia di Castellina, tappa dell’Ecomuseo
diffuso che comprende anche Santa Luce e Volterra.
A pochi chilometri da qui, il borgo di Santa Luce ha
conservato la planimetria del castello feudale e offre
visite legate ai laboratori dell’alabastro. Ma l’idea
migliore è non seguire un programma troppo rigido, «improvvisando» l’itinerario fra le Colline Metallifere che nelle giornate estive sono una terrazza
panoramica sulle isole dell’Arcipelago toscano.
Dietro Follonica e Punta Ala
Maremma minore? Mica tanto. I borghi di Gavorrano, Giuncarico e Montemassi ricordano la fatica
delle miniere (siamo all’estremo sud delle Colline
Metallifere) ma anche memorie letterarie e pittoriche. Fra i cipressi e gli ulivi si avvista il golfo di Follonica e si sovrappongono grandi dipinti e grandi
versi: nei dintorni di Gavorrano, Dante colloca
l’omicidio di Pia de’ Tolomei (Purgatorio, canto V);
Montemassi è invece il paesaggio del dipinto, attribuito a Simone Martini, di cui è protagonista Guidoriccio da Fogliano, ritratto nell’affresco del Palazzo Pubblico di Siena. Dopo un saliscendi fra le colline che segnano questo territorio in piena rivalutazione, a Bagno di Gavorrano ci si siede a tavola per le
I sentieri delle Apuane i daini e i
mufloni della riserva naturale di
Monterufoli-Caselli: le «altre» mete
della Regione-simbolo dell’Italia
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Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
specialità e i vini maremmani alla «Vecchia Osteria»
(tel. 0566.84.49.80, conto sui 30 euro). Salendo ancora verso i 600/700 metri collinari, si incontrano
Roccatederighi con le sue torri e poco lontano Roccastrada, borghi ancora protetti da una natura di
confine dove dominano, è il caso della Riserva forestale di Belagaio, vento e cavalli allo stato brado. Nei
dintorni di Roccastrada si pernotta al Molino di
Giugnano, un mulino del dodicesimo ristrutturato
valorizzando i muri di pietra (tel. 0564.57.72.78
doppia in b&b 120 euro) e gli arredi tradizionali.
Tempi liberi 29
italia: 51575551575557
Corto raggio La nuova vita del porticciolo «creato» da Brigitte Bardot
Dietro Talamone e Albinia
Si lascia la costa e dopo soli sei chilometri si incontra il borgo-fattoria La Parrina, oltre 700 ettari
coltivati (è anche agriturismo con dodici camere
www.parrina.it) che testimoniano l’eredità delle
innovazioni agricole introdotte in Maremma dai
granduchi di Lorena. A poca distanza dalle spiagge
si tagliano le campagne dove pascolano le vacche di
razza maremmana, un tutt’uno con la tradizione dei
butteri. Questa zona è uno degli angoli più autentici
della Toscana ed ha come epicentro Magliano, dove
le mura ricordano la dominazione degli Aldobrandeschi. Inoltrandosi verso Scansano si entra in un
territorio sospeso nel passato, dove dominano le vigne e gli antichi casali come la Locanda Terenzi,
azienda agricola e hotel di charme (località Montedonico, tel. 0564.59.96.01 doppia in b&b 120/150
euro). Magliano è una delle tappe della «Strada del
Vino e dei Sapori Colli di Maremma», (www.stradavinimaremma.it) definizione con cui il marketing
territoriale ha provato a essere esaustivo: oltre alla
tutela dei sei vini doc, fra cui Morellino e Sovana, i
paesi del circuito offrono prodotti dop e itinerari a
tema; per gli acquisti di specialità offre un’ampia
scelta il Caseificio Sociale di Manciano a Piano di Cirignano (tel. 0564.60.941). Nei dintorni di Scansano, il Borgo de’ Salaioli è un agriturismo (tel.
0564.599205, doppie 70/80 euro www.borgodesalaioli.it) che in mezz’ora d’auto a ritmo slow permette di raggiungere le terme di Saturnia e i borghi
del tufo di Pitigliano e Sorano.
Il risveglio di Saint Tropez,
il regno dei playboy
E in spiaggia si mangia il carciofo alla senape
L
ILLUSTRAZIONE DI ANTONIO MONTEVERDI
Fabrizio Guglielmini
© RIPRODUZIONE RISERVATA.
a demolizione della Voile Rouge, lo
stabilimento sulla spiaggia di Pampelonne amato da Leonardo Di Caprio, tre anni fa aveva fatto temere
il tramonto di Saint Tropez. Invece, il porticciolo più fascinoso del Mediterraneo,
quest’anno si riconferma come meta prediletta dalla jeune fille europea. E non solo. Lo scorso weekend, in occasione dei
festeggiamenti patriottici del 14 luglio, al
bagno Club 55, c’era anche Giorgio Armani, che ha ormeggiato il suo Maìn ed è sceso a terra per fare acquisti nel bazard.
Un «posto al sole» al Club 55 rimane
sempre ambito, con eleganti truppe in fila
per una paillote (32 euro), la tipica tenda
in paglia, e un matelas (33 euro), la gommapiuma azzurra adagiata sulla sabbia. Il
rituale prosegue al ristorante del lido, dove il piatto classico è l’«artichaut vinagrette», un enorme carciofo lesso da intingere
in una salsetta di senape e maionese: ordinarlo fa la differenza tra un habitué e un
avventore occasionale. La scia «bardottiana» permea ogni angolo: la leggenda racconta che l’hotel Byblos sia stato costruito
nel 1967 da un imprenditore di Beirut.
Dopo aver conosciuto la Bardot a Byblos,
piccolo borgo marinaro del Libano, sperando di rivederla ha costruito a Saint
Tropez un hotel con lo stesso nome. Lei
Icone In alto il tramonto dalla piscina del Byblos, l’hotel simbolo di Saint Tropez dedicato
a Brigitte Bardot. Sopra l’arrivo di Don Johnson e Kelley Phleger al Club 55, stabilimento
icona sulla spiaggia di Pampelonne (Olycom)
non si è vista, ma l’hotel è diventato lo
stesso un’icona, con il nuovo ristorante
Rivea curato da Vincent Maillard, allievo
di Ducasse, e Le caves du Roy, il club regno
del dj Jack E., con ferrea selezione all’ingresso (info www.LHW.com/byblostrop).
Proprio per chi si muove sulle orme
della Bardot, l’hotel La Ponche (www.laponche.com) rimane intramontabile: l’albergo del centro, a picco su un fazzoletto
di spiaggia, è stato per anni il rifugio di
B.B., prima che costruisse La Madrague.
Intorno all’hotel, nel dedalo di viuzze,
conviene dare uno sguardo alla boutique
di Inès de la Fressange, teorica dello stile
alla parigina, e verso il porto fermarsi all’Optique Riviere (18 Rue Général Allard)
per occhiali in stile Saint Tropez. Per i romantici, il tramonto con un calice di Chateau de Minuty, il rosato della Costa Azzurra, è sul belvedere del borgo di Ramatuelle, dove si trovano alloggi economici
in b&b dal gusto provenzale. Per tutti gli
altri, prima della cena alla Sauvageonne
(route de Bonne Terrasse) o a Villa Romana, c’è l’aperitivo a Le Senequier, il bar con
vista sullo struscio del porto, «base» prediletta da Gigi Rizzi e i playboy dell’epoca.
Michela Proietti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Che montagne. Che laghi. Che luce!
Al settimo cielo in
mountainbike: il tour
Bernina Express
Basta un tuffo nel
Lej da Staz
per rinfrescarsi
Tutto scorre lungo il
Panoramatrail
Comodamente in
quota con gli
impianti di risalita*
Quasi quasi
divento
umano
Brunch alpestre con
capatina al caseificio
di dimostrazione
400 km di itinerari mountainbike da percorrere, e cosi tante offerte da fare invidia. Se cerchi altre suggestioni: www.engadin.stmoritz.ch
*«Impianti di risalita inclusi»: impianti di risalita inclusi dalla 2a notte in albergo.
30 Tempi liberi
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
La sfida della sostenibilità
Tendenze La regola numero uno: il menù cambia in base a quello che c’è
Dall’orto al piatto
L’onda verde
dei ristoranti etici
Asparagi
con sesamo tostato
e salsa olandese
INGREDIENTI per 4 persone
4 cucchiaini di semi di sesamo
4 rametti di dragoncello
20 asparagi molto freschi e con le cime
Il manuale
di Caterina Ruggi
d’Aragona
Le scelte eco
di chi mangia
tutto (carne
compresa)
La carne? In Trentino comprano
quella dei bovini Highland, di
origine scozzese. In Veneto
scelgono la razza autoctona
Burlina. In Piemonte, ça va sans
dire, la Piemontese. In Sicilia i
suini Nero dei Nebrodi. In tutte
le regioni d'Italia comprano
(non solo) carne a chilometro
più zero che si può in aziende
agricole, magari biologiche,
fattorie, mercati contadini e
negozi mirati. Perché non
vogliono rinunciare alla carne, e
forse a nessun altro piacere
della tavola, ma hanno
dichiarato guerra alle
«fabbriche del sangue degli
allevamenti industriali». Così
Massimo Andreuccioli presenta
i protagonisti del suo ultimo
libro: L’econnivoro. Manuale di
resistenza alimentare (Ultra,
190 pp., 14 €, la copertina nella
foto). Una guida pratica per chi
vuole mangiare tutto, ma senza
avvertire in bocca, nello
stomaco o nella coscienza, la
minaccia per il proprio
organismo e/o per il pianeta.
Tre i numeri chiave: 170 miliardi
di animali uccisi in tutto il
mondo per scopi alimentari;
fino a 4.700 chilogrammi di
erba e fieno e 1.650 chili di
mangime proteico concentrato
consumati ogni anno da una
mucca da latte in un
allevamento intensivo. Sono già
tre buone ragioni per cui gli
econnivori hanno scelto di
scegliere come e dove
approvvigionarsi, senza
rinunciare a niente. I bovini
Highland, per esempio, sono
allevati a pascolo: vivono tutto
l’anno all’aperto e, nutrendosi
solo di erba e fieno, crescono
lentamente. Nessuna scelta
radicale. Basta tornare alla
natura e mettere davanti la
qualità, facendosi promotori di
un consumo etico e sostenibile.
Queste le linee guida del
manifesto di Andreuccioli per la
rivoluzione silenziosa (e
pacifica) degli econnivori.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La ricetta
N
on tutti scelgono un
locale chiedendosi: come si mangia? Alcuni,
piuttosto, preferiscono
domandarsi: da dove
viene quello che mangerò? Lo chiamano «ristorante etico», ed è
una tendenza divenuta
realtà. Basta guardare
la gettonatissima classifica della categoria che
annualmente stila l’Observer. E dove si racconta che da Wahaca, a Londra, mangerete sì messicano, ma tutta la carne proviene da macellai
inglesi. Mentre da Milgi Lounge, a Cardiff, l’intero menù si basa su quanto prodotto dalla comunità agricola locale. Sancendo così il principio che locale è il «nuovo organico». E colmando la richiesta crescente del pubblico.
Marion Nestle, docente di nutrizione della
New York University, lo ha spiegato molto bene
nei suoi due libri Food Politics (2002) e What to
Eat (2006): «Quando le persone vanno in un
supermercato o al ristorante sanno che è una
delle poche volte in cui possono incidere sull’ecosistema. E così, comprando o mangiando,
mandano un messaggio molto chiaro». È come
se il ristorante o il super avessero sostituito
l’urna elettorale. Perché, per il critico del Nyt
Michael Pollan, «l’industria di cibo organico da
30 milioni di dollari è stata decisa proprio dai
consumatori. Con i loro soldi».
Ma se un giorno vi troverete al termine della
stradina di campagna carica di cespugli di mirto e gelsomini, e sbucherete ai Barley Wood
Walled Garden, la food-politica per un attimo
dovrete accantonarla. Qui, a pochi chilometri
da Bristol, in quella campagna del North Somerset dove Jane Austen ha ambientato quasi
tutti i suoi romanzi, vi troverete davanti a un
giardino da sogno di epoca vittoriana restaurato da Henry Herbert Wills nel 1901. Potreste
perdervi nei labirinti di rose. Ma quello che vi
colpirà di questo eden 2.0, sarà soprattutto il
gran numero di piante da frutto e di ortaggi
coltivate lì: meli, peschi, ciliegie... Carote, pomodori, carciofi... Tutto prodotto secondo rigide regole organiche dal Giardiniere, Mark Cox,
che ha voluto la sua «creatura» come un luogo
attivo, dove poter anche acquistare settimanalmente quanto prodotto.
Anche se la vera punta di diamante è il ristorante aperto nel 2010, il cui nome è quasi un
manifesto politico: The Ethicurean Restaurant. L’orangerie di una cucina eduardiana, restaurata perché dai vetri il giardino «entrasse a
comunicare pace e totale sintonia con la terra».
Qui, per ogni singola carota potranno dirvi come è stata coltivata. Così per ogni uovo. E ogni
Per la salsa olandese
«The Ethicurean
Restaurant», aperto nel
Somerset, è il punto di
riferimento della nuova
PROCEDIMENTO
tendenza: potrete sapere
1
tutto sulla storia della
carota che state mangiando
3 rossi d’uovo
1 cucchiaino di aceto di mele invecchiato
125 grammi di burro freddo salato o non salato
e tagliato in cubetti da 1 cm
sale qb
Il libro
Si chiama The Ethicurean Cookbook (Ebury
Press), ed è il libro (il
primo) scritto dai quattro giovani ideatori del
progetto Ethicurean
Restaurant. Che prevede anche stage di agricoltura organica, laboratori e cottage dove
rifugiarsi per creare,
pensare o solo sperimentare una vita bucolica e «tutta organica».
rametto di dragoncello. Non solo: dietro le ricette c’è una grande ricerca e il tentativo di ricostruire piatti della storia gastronomica inglese.
Ma dimenticate Heston Blumenthal e le sue esibizioni muscolar-cerebrali. Gli chef e il gestore
in questo caso hanno i volti di tre ragazzi che
sembrano usciti da un film di Ken Loach: scanzonati, sorridenti, pop-english. L’anima e il
braccio di Ethicurean sono infatti Jack AdairBevan (scrittore), Paûla Zarate (business planning) e Matthew & Iain Pennington (cuochi autodidatti). Per conoscere meglio la loro cucina
vale l’acquisto dell’omonimo libro, The Ethicurean Cookbook (Ebury Press). Dove raccontano
come ogni prodotto la mattina venga portato
da Mark, il giardiniere. E perché il menù cambi
in base a quel che c’è o che viene portato dai
produttori locali al ristorante. La parola d’ordine è una sola: sostenibilità. I quattro amici ne
hanno fatto, con sincerità, un mantra. Creando
un sistema virtuoso nelle campagne intorno a
loro, dove hanno attirato altri «visionari»
pronti a scommettere sullo slogan «organico è
buono».
Sfogliate comunque con calma il libro dei 4
ethicurei, e troverete, divisa per stagioni, la filosofia del cibo sostenibile e buono. La zuppa di
pesce, le crostate fatte con uno dei 20 tipi di
mele coltivate lì. O gli aceti di frutta da ricette
medioevali. Il fagiano (non è un ristorante per
soli vegetariani) o i funghi al timo. E, sorpresa,
se mangerete lì, per ogni piatto non spenderete
più di 8 sterline. Perché locale può significare
(anche) economico.
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Racconti di cucina
di Angela Frenda
Il biancomangiare
di Jo March:
latte di mandorle
e pistacchi tritati
L’
ho scoperto grazie a Jo
March. In Piccole donne
l’eroina del romanzo di
Louisa May Alcott ne
porta un po’ al giovane Laurie, il
timido vicino di casa ammalato, in
una ciotola avvolta in un
canovaccio di tela. Un dono carico
di poteri consolatori. E io da allora
mi sono sempre chiesta: di cosa si
tratta? Bianco... mangiare... Sembra
un nome magico, dai tratti
misteriosi. E invece il blanc manger
si chiama così per il colore bianco
dei suoi ingredienti principali: latte
e mandorle macinate. La tradizione
vuole questa ricetta di origine
siciliana, per la precisione della
contea di Modica. Almeno, così
scrive Pellegrino Artusi nel suo
libro di ricette La Scienza in cucina
e l’Arte di mangiar bene. La
versione ragusana include anche il
limone, la cannella e il miele.
Per la salsa: riempite una casseruola per 2/3 con acqua
e portate a bollore. Nel frattempo versate i rossi e
l’aceto in una ciotola e mescolate per 1’. Poi poggiate la
ciotola sulla casseruola in modo che il fondo non tocchi
l’acqua. Aggiungete il burro e mescolate con un
frustino. Dopo pochi minuti, la consistenza dovrebbe
essere quella di una crema leggerissima. Prendete solo
la ciotola e mescolate fino a quando la crema non sarà
più corposa
i semi di sesamo in una padella a fuoco basso, fino
2 Tostate
a dorarli. Attenzione a non bruciarli, sono molto delicati
il dragoncello in una casseruola larga e sopra
3 Mettete
sistemate un cestello per verdure al vapore. Aggiungete
7/8 cm di acqua bollente e ponete su fuoco medio.
Quando l’acqua bolle, aggiungete gli asparagi nel cestello,
coprite e cuocete per 3/4 minuti. Servite gli asparagi nei
piatti da portata con la salsa e i semi di sesamo
Angela Frenda
@angelafrenda
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Il biancomangiare
pistacchi
e mandorle. A
destra,
una fase
della preparazione
(Foto
Claudia
Ferri)
Il biancomangiare era servito nelle
case delle classi superiori ed era
prevalentemente preparato con
carni e pesci oppure con il lardo
sciolti nel latte di capra, o di pecore
oppure di mandorle.
Gli ingredienti variavano molto a
seconda del periodo dell’anno, in
particolare durante la Quaresima,
periodo in cui la carne veniva
sostituita con le mandorle o dalla
polpa bianca di alcuni pesci come il
luccio o dei ranocchi. Nella mia
videoricetta di Racconti di cucina
oggi ho scelto di farlo
semplicissimo, usando del latte
vaccino aromatizzato ma senza
rinunciare ai pistacchi. Una delle
tante versioni, per un piatto
decisamente trasformista.
Ingredienti: un litro di latte; 250 g
di zucchero semolato; 100 g di
amido per dolci; 50 g di pistacchi
tritati; cannella in polvere
Preparazione: il primo passaggio è
mettere a bagno nel latte, in questo
caso vaccino ma va bene anche
quello di mandorle, i pistacchi
tritati. Poi versare il composto in
un pentolino e farlo riscaldare a
fuoco dolce, senza farlo mai bollire.
Nel frattempo mescolare in una
ciotola lo zucchero e l’amido. Poi
aggiungere il latte aromatizzato,
mescolare e riscaldare a fuoco
basso per farlo addensare.
Inumidire gli stampini con acqua
fredda, mettere dei pezzetti di
granella di pistacchio e poi versare
il composto fino a 2 terzi dello
stampino. Mettere in frigo per un
paio di ore. Quando pronti,
sformarli in un piatto, decorare con
della granella di pistacchi e magari,
per rimanere in Sicilia, con della
polvere di cannella.
@angelafrenda
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cucina.corriere.it
Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Tempi liberi 31
italia: 51575551575557
La variante
Il Vermouth Ethicurean
fatto in casa
Jack
L’iniziativa
Paûla
Il panettone
estivo?
Una «focaccia»
e gelato vegano
Matthew
Erbe necessarie per il tè
15 g semi di angelica
15 g foglie di alloro
10 g grani di pepe nero
1 g cardamomo
Iain
8 g cannella
0,5 g chiodi di garofano
15 g coriandolo
2 g radice di genziana
Jack Adair-Bevan (scrittore),
Paûla Zarate (business planning),
Matthew & Iain Pennington (chef
autodidatti) sono i creatori di
Ethicurean Restaurant, ristorante
etico nel Somerset
15 g ginepro
5 g maggiorana
5 g noce moscata
15 g scorza grattugiata di arancia
6 g giaggiolo
4 g scorza di quassia
5 g rosmarino
5 g anice
5 g vaniglia
4 g assenzio
2 g achillea
Proporzioni
500 ml di vino, 150 ml di tè alle erbe,
200 gr di caramello.
Si ottengono così 700 ml di vermouth
Foto tratte da The Ethicurean Cookbook (Ebury Press)
Tradizioni
Il pesto «di casa». E non dimenticate il sale grosso
di Fiamma Sanò
I
l pesto fatto in casa: una ricetta ligure
che unisce l’Italia e i ricordi delle nonne.
C’è una cucina bio, sana, tradizionale
che per me si può riassumere in due
parole. Nonna, e pesto. Nonna come Letizia,
che al tavolo di marmo tirava le tagliatelle
con una velocità che non sono mai riuscita
ad eguagliare. Come Lalli, che dubito abbia
mai cucinato qualcosa di diverso da carne
alla griglia e verdure bollite, preferisce
andare a cena fuori. E come Marisa, la
nonna di mio marito. Che amava ricevere e
amava Genova, come me. Uno dei suoi
regali che più ho apprezzato è stato proprio
un vecchio libro di ricette liguri: «Odor di
basilico». A pagina 11 quella che è la mia
preferita: il pesto, appunto.
Nella sua semplicità il pesto è un
concentrato di sapori, tradizioni e grande
qualità. La scelta del basilico e dell’olio,
l’altro ingrediente fondamentale, possono
cambiare completamente la ricetta.
Personalizzarla, valorizzando un gusto che
non è più solo locale, ma italiano in
generale. Io per esempio uso quello del
Garda, non filtrato, così riconoscibile
rispetto agli altri oli, dall’intensità delicata
come i paesaggi lacustri. Il parmigiano e il
pecorino sardo hanno diverso carattere solo
a seconda del metodo di conservazione
(meglio sempre umido, secondo le nonne,
che lo avvolgevano in un canovaccio).
Preparare il pesto a casa è il modo migliore
per apprezzarlo. Io l’ho fatto la prima volta
quando nella cassetta di verdura biologica
ordinata online ho trovato inaspettata una
pianta di basilico. Le foglie abbondanti e
irregolari, il profumo intenso, mi sono
sembrate le stesse del mazzo che dava a
nonna Letizia la contadina da cui andavamo
a fare la spesa in campagna (ma quello era
marchigiano, questo trentino). Mi è venuta
voglia di un sapore rassicurante e antico.
Così ho preso «Odor di basilico» e un
piccolo mortaio. Volevo farlo alla vecchia
maniera. Non mi piacciono i passatismi
«per forza», ma amo i gesti perduti della
cucina. Il pestello significa non solo una
consistenza più cremosa e una amalgama
più ricca del pesto, l’olio che non si separa
Fotografia di Claudia Ferri
dal composto ma ne diviene parte
integrante: è una presa di coscienza del
tempo e della bellezza di stare soli con i
propri gesti e i propri pensieri, la mano che
batte e ruota e ti costringe al rigore.
Nonostante la ricetta originale non li
preveda, ci metto anche i pinoli. Perché mi
ricordano quando ero piccola e li tiravo
fuori dalle pigne, a Roma con nonna Lalli
che si teneva ben distante dalle mie dita
impiastricciate. Ingredienti (per 4
persone): tre mazzetti di basilico. Uno
spicchio d’aglio. Sale grosso. Un cucchiaio
di parmigiano e uno di pecorino sardo.
Cinque cucchiai di olio evo. Pinoli.
Preparazione: battete nel mortaio il basilico
privato degli steli, l’aglio e un po’ di sale
grosso che preserva il colore. Aggiungete il
formaggio e, dopo avere ottenuto una pasta
omogenea, poco alla volta l’olio. Se volete, i
pinoli. Diluite con l’acqua di cottura della
pasta.
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Il panettone, in estate, diventa
«focaccia». Meno burro, solo
l’11,3% di lipidi (contro il 16%
almeno nel panettone
tradizionale), niente
conservanti, coloranti o aromi.
Farcito però, come tradizione
vuole, con frutta a pezzettoni. È
la ricetta di Claudio Gatti per
non buttare via niente, certo
non il piacere del panettone, in
nessun mese dell’anno. Per
destagionalizzare il panettone
parte un vero e proprio road
show, che lunedì 4 agosto farà
tappa a Salsomaggiore Terme
con «La notte dei maestri del
lievito madre». Una ventina di
pasticceri provenienti da tutta
Italia, capitanati da Claudio
Gatti della pasticceria Tabiano
di Tabiano Terme, proporranno
in piazza Berzieri i loro lievitati
naturali realizzati con le farine
di Molino Grassi, accompagnati
da una pallina di gelato vegano.
Un esempio? La Focaccia (nella
foto in alto), prodotto di punta
della pasticceria Tabiano, di cui
Gatti svela in esclusiva per la
«Cucina del Corriere della Sera»
il segreto. Ecco la ricetta per una
Focaccia/panettone da un chilo.
Ingredienti per il primo
impasto: 120 g di lievito
naturale; 150 g di zucchero; 50
g di tuorli; 250 ml di acqua; 500
g di farina di manitoba QB Qualità Bio di Molino Grassi;
120 g di burro. Procedimento:
impastare acqua, zucchero,
tuorli, farina e lievito. Poi
lavorare con il burro fino a
ottenere un impasto asciutto.
Far lievitare per 12 ore (il
volume dell’impasto
triplicherà). Ingredienti per il
secondo impasto: 200 g di
farina Manitoba QB - Qualità
Bio di Molino Grassi; 100 g di
zucchero; 50 g di miele; 100 g di
tuorli; 100 g di burro; 5 g di sale.
Per la farcitura 500 g di agrumi
di Sicilia. Preparazione:
lavorare la pasta con la farina
per 5/6 minuti. Unire lo
zucchero e lasciar riposare.
Aggiungere sale, burro, uova e,
quando la pasta sarà liscia, la
farcitura. Lasciar riposare la
pasta per 15/20 minuti e poi
dare forma al panettone. Buon
appetito.
C.R.d’A.
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32 Tempi liberi
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Sapori & amori
Scorribande Dalle 10.30 all’ora di cena: i migliori locali dove trovare hamburger, salmone, ostriche e pollo arrosto
Mangiare la Grande Mela
La mappa segreta di Bottura
La rivincita
dell’Argentina?
Si gioca...
sul barbecue
Argentini contro tedeschi. Una
rivincita possibile... sul
barbecue. Una coppia
proveniente dal Paese più
bravo del mondo (col pallone)
sarà sfidata (anche) dai secondi
classificati nel campionato di
barbecue, stasera alle ore 20
sulla spiaggia di Jesolo. Cento le
coppie di chef dilettanti in gara
per «Griglie Roventi», evento di
richiamo per i turisti sulla costa
veneta. Tutta dedicata al
mondo del pallone quest’ottava
edizione, con Paola Caminato,
Cristiano Militello e Bruno
Pizzul. I concorrenti avranno 45
minuti per cucinare la grigliata
e aggiudicarsi la fornitura di
carne, vino e birra. Criteri di
giudizio? Cottura, gusto,
presentazione e simpatia.
C.R.d’A.
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di ROBERTO PERRONE
U
na New York
speciale per
S co r r i b a n d a
d’autore. Per
chi si avventura nella Grande Mela questa
estate, Massimo Bottura disegna una
mappa gustosa e colorata della città dove
ha lavorato, dove ha conosciuto sua moglie, dove passa molto tempo all’anno.
Una puntata imperdibile. «Esco dal JFK
ed entro subito nel New York State of
Mind. Direzione NoMAD Hotel. NoMad
significa nord di Madison Park, il parco
tra la 23rd e la 25th, dove si incontra Ea-
TRANQUILLINI
A Jesolo
Gli indirizzi
1) NoMad Hotel
1170 Broadway
New York,
NY 10001
Tel. +1 127961500
2) Eleven
Madison Park
11 Madison Avenue
New York
NY 10010
Tel. +1 128890905
3) Russ and
Daughters
179 East Houston
Street, New York
NY 10002
Tel. +1 124754880
4) Katz’s
Delicatessen
205 East Houston
Street, New York
NY 10002
Tel.+1 2122542246
5) Four Seasons
Restaurant
99 E 52nd Street
New York
NY 10022
Tel. +1 127549494
6) Oyster Bar
89 E 42nd Street
New York
NY 10017
Tel. +1 124906650
7) Momofuko Ssäm
207 2nd Avenue
New York
NY 10003
Tel. +1 122543500
8) Del Posto
85 10th Avenue
New York
NY 10011
Tel. +1 124978090
9) Spotted Pig
314 W 11th Street
New York
NY 10014
Tel. +1 126200393
10) Blue Ribbon
97 Sullivan Street
New York
NY 10012
Tel. +1 122740404
taly, la cattedrale italiana del XXI secolo
con il meglio della nostra produzione
agroalimentare. Poco distante 11 Madison Park, il miglior ristorante di NYC, il
primo shake shack al centro del parco,
fantastico per un hamburger a pranzo,
ma pronti a una coda chilometrica. Altrimenti potete visitare il Flatiron Building,
mitico palazzo di forma triangolare costruito nel 1902 dall’architetto Daniel
Burnham. Ore 10.30, orario perfetto per
Russ and Daughters, ovvero il miglior
salmone in città. Ti preparano un bagel
con cream cheese e la tua scelta di salmone artigianalmente affumicato. Qui rimango senza aggettivi: quello selvaggio
dell’Alaska è il migliore che abbia mai assaggiato in vita mia. Proprio a fianco, per
un ottimo caffè, c’è Katz’s Delicatessen.
Un posto storico che ha ispirato grandi
chef come Wylie Dufresne. Lo puoi incontrare qui, la mattina, prima che entri
nel suo WD-50. Otto blocchi più a nord
Broadway Panhalder è una sosta obbligata per un malato di cucina. Cercate una sauteuse stagnata? Una vaporiera in rame? Un coltello Misono?
Questo è il paradiso. Ancora sei blocchi a nord per trovare, mercoledì, venerdì e sabato, l’Union Square
Market, dove ogni chef degno di questo nome si rifornisce. Qui, i migliori
artigiani delle zone vicine a Manhattan e a Upstate New York, si ritrovano
con l’eccellenza delle produzioni locali. Avete voglia di perdervi in un
museo alternativo curato da un critico italiano? New Museum, 235 Bowery. Massimiliano Gioni fa scelte interessanti, mai banali. Non rimarrete
delusi. Sono ormai le tre di pomeriggio e ci siamo persi camminando su e
giù per la città, il modo migliore per
capire NYC. La fame arriva improvvisamente ma i ristoranti classici stanno staccando e allora prendiamo al
volo la subway per Uptown, destinazione Seagram Building, uno dei più
bei palazzi al mondo, disegnato negli
Anni 50 dagli architetti Mies van der
Rohe e Philip Johnson. Qui dentro
troverete il Four Seasons Restaurant
and bar. Al tavolo vi accompagnerà il
maître Julian Nicolini, toscano simpaticissimo, al quale potrete ordinare
“la” Caesar’s Salad o “il” Bison burger.
Pranzerete immersi nella storia della
città, in un’atmosfera magica. Tra una
chiacchiera e l’atra potrà capitare che
il tempo scivoli via e vi ritroviate alle
6.30 pm già pronti per il miglior Green Apple Martini della città. Attenzione, dà dipendenza. La Grand Central
Station merita sempre una visita per
l’architettura, il soffitto con segni zodiacali e il flusso pendolari che passano per la hall. Al Lower Level l’Oyster
Bar propone le migliori ostriche della
città, selezionate da tutto il mondo:
dal Giappone alla Nuova Zelanda,
dalla Francia alle coste del Maine. Ad
accompagnarle un immancabile Bloody Mary. Dinner time. Bisogna prenotare in anticipo, dove è possibile,
altrimenti fila lunga ed educata come
al Momofuko Ssäm bar del mio amico Dave Chang, Modern korean/american cuisine nell’ East Village. Io
chiedo almeno due volte il Pork bun.
Se invece avete nostalgia, il mio ristorante italiano preferito è Del Posto, di
fronte all’ingresso posteriore di Chelsea Market (altro luogo da visitare). Il
ristorante di Super Mario Batali e Joe
Bastianich è guidato da Mark Ladner,
un grande con le idee chiare, innamorato del nostro Paese. Se invece siete stanchi, al NoMad c’è uno dei ristoranti
più trendy del momento. Ordino per voi:
degustazione di antipasti e un pollo arrosto meraviglioso. Non volete fermarvi in
hotel se non per riposare? Allora, con calma, potrete poi cenare allo Spotted Pig, il
locale di April Bloomfield. Buon divertimento e alla prossima con Harlem, Williamsburg e Brooklyn.
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Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Tempi liberi 33
italia: 51575551575557
Sapori & amori
Nel bicchiere Toscana, un gallerista di Francoforte «patron» della cantina amata da Michelangelo
Da sinistra Anton Börner,
proprietario di Ômina
romana, e Simone Sarnà,
responsabile della cantina
di LUCIANO FERRARO
Il premio
Il liquore più
amato in Italia?
Anima amara,
gusto dolce
Il più amato dagli italiani/e?
No, non Russel Crowe, né il
suo Maximus, protagonista
del film in testa alle
preferenze della popolazione
secondo la recentissima
indagine di Samsung
Electronics. In quel caso il
confronto era tra le pellicole
proiettate dal grande
schermo negli ultimi venti
anni. Se invece ci spostiamo in
salotto, e focalizziamo lo
sguardo sul contenuto del
bicchiere, l’alcolico più amato
dagli italiani è il Vecchio
Amaro del Capo. Il prodotto di
punta della Distilleria Caffo è
appena tornato sul podio
del Brands Award, il premio
dedicato alle migliori marche
dei beni di consumo
promosso e organizzato dalle
testate del Retail Gdoweek e
Mark Up. Si è aggiudicato il
secondo posto nella categoria
«Bevande alcoliche», mentre i
giudizi dei consumatori lo
hanno confermato sul gradino
più alto della classifica. «Ho
sempre creduto in questo
prodotto — commenta il
presidente del gruppo Pippo
Caffo — e ora, raggiunta la
leadership in Italia dopo
cinquant’anni di lavoro e a un
passo dal centenario
dell’azienda, sono sicuro che
in un prossimo futuro avremo
grandi soddisfazioni anche
all’estero». Tra gli amari più
bevuti in Italia, il liquore d’erbe
di Calabria nato da un’antica
ricetta rielaborata e
migliorata dalla famiglia Caffo
si distingue per il gusto gentile
e aromatico, che si adatta
anche ai palati più delicati,
non abituati agli
«Amarissimi». Primo nel suo
genere, fin dagli anni ‘70 viene
consumato ghiacciato (20° C),
come consigliato da sempre a
ristoratori e barman dallo
slogan coniato da Pippo Caffo:
«Ghiacciato è formidabile!».
Anima ghiacciata. Gusto
(dolce)amaro.
C.R.d’A.
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I
tedeschi avanzano nel mondo
del vino italiano. Per la nostra
generazione, quella di ItaliaGermania 4 a 3, i tedeschi erano il soldato milanista KarlHeinz Schnellinger e Franz
«Kaiser» Beckenbauer. Dodici
anni dopo, nell’82, nelle tv
dello stesso hotel al mare con
la tifoseria divisa a metà, comparve Rummenigge. E Bergomi lo fermò,
in quella notte del 3 a 1 a Madrid. Immagini sbiadite. La memoria? Ora, «dopo oltre
mezzo secolo attraversato correndo, inciampando, ricominciando a correre con
qualche livido in più, la memoria è reumatica» (Rossana Rossanda). Siamo noi a
perdere, arrancando. E i tedeschi del
bomber Mario Götze sono i nuovi pigliatutto. Nel calcio e anche tra le cantine:
nuovi produttori dall’altra parte delle Alpi
occupano le colline d’Italia. Hanno piani
precisi, privi di ghiribizzi sognanti.
Ecco l’ultimo arrivato: Anton Börner, 59
anni, sposato con la piemontese Anna,
quattro figli, presidente della Bga, la federazione del commercio all’ingrosso ed
estero, una potenza con un milione e duecentomila di associati. Vicino alla cancelliera Angela Merkel. Odia la burocrazia
italiana («Da voi due anni e mezzo per un
permesso edilizio, da noi tre mesi»). Nel
2004 ha acquistato 80 ettari di vigneto e 10
di ulivi a Velletri. L’azienda si chiama
Ômina romana. «Dicevano che ero matto
— racconta in un buon italiano — che
non sarei riuscito a stare lontano dai colli
Albani, perché gli italiani se non c’è il padrone fanno quello che vogliono. Avrei
potuto acquistare in Piemonte, ma tra i
grandi del Barolo e del Barbaresco sarei
stato uno dei tanti. Qui invece mi sento il
solo con un grande progetto sul vino laziale destinato al mondo». Il bavarese è alto, biondo, schietto, senza fronzoli. «Siamo partiti con l’idea di produrre vini di altissimo livello per il mondo: un terzo da
vendere in Europa, un terzo in Asia, un
terzo negli Stati Uniti. Gli studi delle università di Gesenheim, di Firenze e Pisa ci
hanno indicato su quali vitigni puntare:
gli internazionali Viognier, Chardonnay,
Merlot, Syrah, Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc; e fra quelli del Centro Italia
Cesanese, Carignano, Montepulciano e
Sangiovese fra i rossi, Manzoni, Moscato e
Bellone fra i bianchi. L’enologo è Claudio
Gori».
Nel 2011 inizia la vendita. «Ho vinto
molte diffidenze verso i vini laziali — ri-
E il vino dei castelli
ora parla tedesco
L’avanzata dei bavaresi
Dalla Germania corsa
alla conquista dei
vigneti italiani. Börner
(«Ômina romana»):
ho dovuto vincere
molte diffidenze
corda —. Alessandro Pipero dell’omonimo ristorante a Roma non voleva assaggiarli. Ho lasciato qualche campione, pochi giorni dopo mi ha chiamato, è venuto
a Velletri. Non ci credeva. Ora è uno dei
nostri clienti stellati». Partito con 50 mila
bottiglie, Börner è a quota 180 mila «e
presto arriveremo a 400 mila con la nuova
cantina e i nostri 26 dipendenti». I vini?
Tutti Igp Lazio, per ora 8, arriveranno tre
spumanti, un Moscato passito e altri rossi,
come il Cannonau. Lo Chardonnay 2013
profuma di pesca e mandorle, fresco, costa 24 euro. Il Ceres 2011 (Cabernet Franc
e Cabernet Sauvignon affinati in barriques) arriva a 82 euro. «Troppo per un vino dei Castelli? Niente affatto — risponde
l’imprenditore che guida un gruppo con
650 dipendenti a Ingolstadt, città dell’Audi —. Il prezzo racconta la qualità. Tanti
anni fa Aldo Conterno mi chiese perché il
suo Barolo non si vendeva bene in Germania. Costa troppo poco, gli dissi, 8 mila
lire a bottiglia non lo fanno sembrare
straordinario come invece è. Mi ascoltò,
aumentò il prezzo e le vendite salirono».
Come Börner la pensa un altro bavarese, Georg Weber, che ha la sua base italiana a Capalbio. L’azienda è la Monteverro,
27 ettari di vitigni francesi. Produce due
notevoli rossi, Monteverro e Tinata (100 e
70 euro). Sono intensi, complessi e speziati, mentre lo Chardonnay (80 euro) ricorda albicocca e miele. Il consulente è
Michel Rolland, il più famoso enologo al
mondo. In Toscana c’è quella che la
«Frankfurter Allgemeine» definì la
Chianti Classico-Fraktion (il gruppo del
Chianti Classico): ha tra gli esponenti Peter Femfert, gallerista d’arte da Francoforte, patron di Nittardi, la tenuta da cui Michelangelo ricavava le bottiglie da regalare a Papa Giulio II mentre dipingeva la
Cappella Sistina. A Panzano, l’editore
Konrad Schmitt si è accasato nella Fattoria
Le Fonti. A Gaiole, il Castello di San Polo,
con il rosso Cetinaia, è nelle mani di Katrin Canessa, della famiglia degli Henkel,
multinazionale dei detersivi con sede a
Düsseldorf. La Henkell di Wiesbaden possiede, invece, uno dei marchi storici del
Prosecco, Mionetto di Valdobbiadene.
L’elenco potrebbe continuare. Per i tedeschi il vino italiano è una scoperta, per
noi - che come racconta Rossanda in «La
ragazza del secolo scorso» (Einaudi), da
bambini inzuppavamo la mollica nel vino
rosso perché “nelle Venezie si pensa che il
vino fa crescere» - è memoria.
(divini.corriere.it)
L’«altra» spiaggia Ambra, 29 anni e una laurea in Giurisprudenza, ha aperto una spiaggia che convive con l’orto
Lettino, ombrellone e zappa nel primo agri-beach
O
mbrellone, lettino e ortaggi
km zero (o se si preferisce,
secchiello paletta e basilico
appena raccolto). È un kit
da spiaggia insolito quello di Eden
Salento, lido con orto bio incorporato, mare e campagna insieme, la
sabbia davanti, la terra — coltivata
— dietro. Si trova a Pescoluse, marina di Salve, Puglia, in riva a un mare
con bandierina blu rinominato le
Maldive del Salento, ed è il primo
agri-beach d’Italia, formula sintetica
per dire che l’attività agricola e quella balneare possono anche andare
d’accordo.
L’idea di sommarle è di Ambra
Mongiò, ventinove anni, due bambine, una laurea in giurisprudenza
con tesi su agricoltura e attività connesse, tradizione familiare agricola e
una passione per la cucina mediterranea. Eden Salento, oasi di prato
verde e muretti a secco, sorge su un
terreno di famiglia. «È un tratto di
costa non solo tra i più belli, ma tra i
più tutelati — dice — così ho pensato che unire mare, terra e agricoltura
poteva essere un modo per tenere
insieme la tradizione e nello stesso
tempo avviare un modello nuovo
d’impresa». Talmente nuovo che le è
valso l’Oscar Green 2013, il premio
di Coldiretti per i giovani imprenditori che innovano.
Nel terreno retro dunale, su per
giù cinque ettari, Ambra ha piantato
tremila piantine. Al centro, come a
congiungere l’orto e la spiaggia, ci
ha messo un chiosco-bar-ristorante:
il menù, va da sé, accoglie e propone
tutto ciò che si coltiva dietro.
Un’idea che per lei è stata anche una
sfida: «La salsedine e la conformazione del terreno inizialmente non
erano un incoraggiamento a investi-
re, e invece…». E invece oggi non è
solo la cucina con gli ingredienti
dell’orto ad allettare gli ospiti, ma un
modo nuovo di vivere il tempo in
spiaggia, che va persino al di là dell’immersione totale nella natura. Chi
Il gioco
Ai bambini
di 3/10 anni,
l’Eden Salento propone un’alternativa ai castelli di sabbia: piantare
le erbe
nell’orto
vuole, tra i clienti del lido, può raccogliere gli ortaggi che mangerà poi
a pranzo; e così i bambini dai 3 ai 10
anni, ai quali la proprietaria propone un gioco didattico: piantare le erbe dell’orto. Come dire, i castelli di
sabbia possono attendere.
A pranzo e a cena, le proposte variano a seconda del raccolto quotidiano: la pasta fatta in casa è condita
con i pomodori freschi, il basilico e
la ricotta ancora calda, perché i latticini arrivano da un’azienda confinante con il lido. La carne è selezionata da aziende allevatrici certificate, il pesce è il pescato di zona. Si è
pensato anche ai vegetariani, con un
menù ad hoc, a cominciare dagli
agroaperitivi: centrifugati di ortaggi, frutta fresca, spremute e frullati.
Ma l’esperienza consigliabile è la
colazione: crostate farcite di marmellate artigianali e zabaione con
uova fresche. Perché nell’orto razzolano le galline. C’è una vita oltre il
cappuccino.
Paola Moscardino
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Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
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Economia
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La lente
I COMMERCIALISTI
E LA FINE
DELL’IMPASSE
CON LONGOBARDI
È
finita la storia
infinita. I
commercialisti hanno
eletto il loro nuovo
presidente: si tratta di
Gerardo Longobardi
(nella foto), che con la
sua lista ha ottenuto
l’84,2% dei voti. Una
vittoria netta che adesso
colma una voragine
apertasi il 15 ottobre del
2012, giorno delle
precedenti elezioni che
videro opposti lo stesso
Longobardi e il presidente
uscente Claudio Siciliotti.
Da allora fu un
susseguirsi di ricorsi e
denunce con corredo di
commissariamento
voluto dall’allora
ministro della Giustizia
Paola Severino. Una
querelle che per due anni
ha tenuto i
commercialisti fuori da
ogni tavolo e dalla gran
parte dei dibattiti politici
su fisco, riforme,
proposte e ruolo sociale.
Con un’elezione forte e
senza ombre la categoria
riacquista il suo
rappresentante di vertice.
Adesso attende di tornare
a svolgere un ruolo
centrale nel dibattito
politico-fiscale del Paese.
Isidoro Trovato
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Il negoziato Duello sulla rappresentanza tra le sigle. La confederazione di Angeletti e il nodo dei piloti: ora il referendum
Alitalia, l’ultimo strappo tra i sindacati
Accordo sul contratto di settore e il piano di tagli. Ma Uil e Ugl dicono no
ROMA — Dopo giorni e notti
di lunghe trattative al ministero
dei Trasporti, Alitalia e sindacati,
tranne la Uil e l’Ugl, firmano il
contratto nazionale del volo, il
contratto aziendale e il taglio al
costo del lavoro da 31 milioni.
Rimangono comunque contrasti
tra le organizzazioni che rappresentano i lavoratori. Le associazioni professionali di piloti e assistenti di volo (Anpac, Anpav e
Avia) prendono tempo per verificare con la base l’intesa.
Non cambia nel frattempo la
posizione contraria del sindacato guidato da Susanna Camusso
sull’accordo che riguarda gli
esuberi nella trattativa con
Etihad Airways. Sul «no» della
Cgil interviene il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: «Ci sono
tutte le condizioni per concludere l’accordo che la Cgil non può
fermare».
Tornando al contratto, in
mattinata è il segretario generale
della Uil, Luigi Angeletti, a annunciare lo strappo: «Non credo
che ci siano le condizioni perché
il rush finale su contratto e costo
del lavoro abbia un esito positivo. Il testo viola molti dei diritti
dei lavoratori in Alitalia e non
c’entra nulla con l’operazione
Etihad». I contrasti sarebbero legati alla rappresentatività, uno
tra i punti della trattativa in corso: la Uil si ritiene il sindacato
con più iscritti in Alitalia (soprattutto tra piloti e assistenti di
volo), ma in base alle attuali regole l’organizzazione guidata da
Angeletti verrebbe penalizzata.
Susanna Camusso taglia corto:
«Alitalia è associata alla Confindustria e pertanto si applicano le
regole del testo unico, in base al
quale il 50% più uno dei sindacati deve avere il voto del 50% più
uno dei lavoratori». Ma il segretario generale della Uil Trasporti,
Claudio Tarlazzi, insiste: «Ci sono seri problemi di legittimità su
quello che stanno firmando: non
mi pare ci sia il 50% più uno. Noi
proporremo il referendum».
Sta di fatto che se l’intesa sul
Addio di Nokia ad Android
Microsoft e la cura Nadella, via in 18mila
Microsoft (in foto il Ceo Satya Nadella) elimina 18.000
posti, il 14% della forza lavoro. I tagli toccano soprattutto
Nokia. Annunciato lo stop alla produzione di telefoni
basati su Android, in concorrenza con quelli Microsoft.
costo del lavoro dovesse fare risparmiare a Alitalia 31 milioni
nel secondo semestre di quest’anno, restano dubbi sul valore
dell’ennesimo accordo chiuso
senza tutte le firme ai fini della
trattativa tra la compagnia italiana e quella emiratina. È lo stesso
ad di Alitalia, Gabriele Del Torchio, nel pomeriggio a drammatizzare l’eventualità di un mancato accordo, citando Tito Livio:
«Mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata». Poi però la firma, almeno quella di Filt
Cgil e Fit Cisl arriva in serata. A
sorpresa non ratifica il contratto
nazionale, oltre alla Uil, anche
l’Ugl, il cui segretario confederale, Gildo Rossi, spiega: «Il contratto è perfetto, ma qualcuno
non ha voluto la mediazione e ha
spaccato il tavolo». Il leader della
Cisl, Raffaele Bonanni, commenta: «Ha deciso la maggioranza.
Nessuno può pensare di avere
poteri di veto».
Francesco Di Frischia
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La strategia Consiglio convocato martedì 22 a ridosso dell’assemblea della compagnia
Un «tetto» all’impegno di Poste
Caio al bivio sull’aumento di capitale
ROMA — Il faro è il mercato. Francesco Caio lo va ripetendo da giorni a chi
gli sollecita una scelta finale di Poste Italiane in merito alla partita Alitalia. La risposta, per quanto di circostanza, racchiude il nocciolo della questione. Tra
pochi mesi Caio, in veste di amministratore delegato di Poste, dovrà illustrare ai
mercati la cosiddetta equity story del
gruppo postale per predisporne il collocamento in Borsa. Agli investitori sarà,
insomma, necessario spiegare e giustificare l’eventuale partecipazione di un
operatore postale e di servizi finanziari
nel capitale di un vettore aereo controllato da una compagnia emiratina.
Ragione per cui, in queste ore, Caio,
affiancato dai legali dello studio Gianni
Origoni Grippo Cappelli, non ha deciso
se perseverare nell’investimento targato
Alitalia. Una tappa fondamentale sarà il
consiglio di amministrazione di Poste il
22 luglio, ossia tre giorni prima dell’assemblea di Alitalia. A differenza di qualche mese fa, quando da Palazzo Chigi
venne chiesto a Poste di intervenire con
75 milioni di euro, per contribuire a salvare l’ex compagnia di bandiera, questa
volta non ci sarebbe un commitment politico. Il gruppo guidato da Caio sarà relativamente libero di scegliere in base ad
una logica economica. Chi sta seguendo
in diretta il dossier ribadisce che «l’ope-
razione è di natura industriale e non finanziaria».
Tradotto vuol dire che Poste è disponibile a sottoscrivere solo in minima
parte l’equity committment, cioè l’impegno pro quota a finanziare gli oneri legati a contenziosi o a perdite della vecchia
Alitalia. In più, per evitare sorprese, i
vertici di Poste vorrebbero che fosse fissato un tetto oltre il quale vedersi esonerati da qualsiasi onere aggiuntivo. Nel
caso di incertezze e contrarietà il percorso rischia di diventare molto stretto. In
altri termini significa che il successore di
Massimo Sarmi ha già ventilato l’idea di
procedere con una svalutazione in bilancio e archiviare la partita Alitalia-Etihad.
Andrea Ducci
Le indagini
Caso Carige,
cinque arresti
per la fiduciaria
Quando gli ispettori di
Bankitalia scrivevano nella
relazione su Carige che la
gestione del Centro
Fiduciario era talmente
opaca da esporre la banca
genovese «a rischi legali e
reputazionali», forse non
pensavano che si arrivasse
a tanto. Ieri il direttore del
Centro, Antonio Cipollina,
il vicedirettore Gianmarco
Grosso e il procuratore
Marcello Senarega sono
stati condotti in carcere
con l’accusa di riciclaggio e
di ostacolo agli organi di
vigilanza mentre il Centro
è stato commissariato per
sei mesi. All’ex presidente
di Carige, Giovanni
Berneschi, e alla nuora
Francesca Amisano è stato
notificato un nuovo ordine
di arresto mentre la moglie
del banchiere è indagata.
Secondo il giudice il
Centro era «un crocevia
strategico per la gestione
di pratiche finanziarie
opache o comunque
riguardanti capitali di
provenienza illecita». In
poche parole, una centrale
di riciclaggio. Nel mirino
oltre i 13 milioni «scudati»
da Berneschi ci sono le
operazioni di una decina di
clienti che avrebbero eluso
le norme antiriciclaggio.
E.D.
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Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
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Dublin 2 - Ireland
Distribuzione dei Proventi relativi a diciotto classi di quote
del Fondo comune di investimento Fonditalia
Fideuram Asset Management (Ireland) Limited, sulla base del risultato netto
al 30/06/2014, ha deliberato la distribuzione dei Proventi, secondo quanto
indicato nell’art. 18 del Regolamento di Gestione del Fondo, a favore dei
partecipanti delle classi di quote di seguito indicate:
• Fonditalia Euro Bond Long Term S: Euro 0,06
• Fonditalia Bond US Plus S: Euro 0,05
• Fonditalia Euro Bond S: Euro 0,04
• Fonditalia Euro Corporate Bond S: Euro 0,05
• Fonditalia Euro Bond Defensive S: Euro 0,01
• Fonditalia Bond Global High Yield S: Euro 0,18
• Fonditalia Equity Global High Dividend S: Euro 0,08
• Fonditalia Bond Global Emerging Markets S: Euro 0,10
• Fonditalia Flexible Bond S: Euro 0,04
• Fonditalia Global Income S: Euro 0,05
• Fonditalia Flexible Strategy S: Euro 0,06
• Fonditalia Euro Yield Plus S: Euro 0,02
• Fonditalia Core Bond S: Euro 0,05
• Fonditalia Global Bond S: Euro 0,05
• Fonditalia Global Convertibles S: Euro 0,05
• Fonditalia Emerging Markets Local Currency Bond S: Euro 0,09
• Fonditalia Diversified Real Asset S: Euro 0,06
• Fonditalia Bond High Yield Short Duration S: Euro 0,10
Il Provento sarà distribuito, al netto della ritenuta d’imposta, per ogni quota
in circolazione alla data del 15/07/2014.
A partire dal valore netto d’inventario calcolato con riferimento al 16/07/2014
la quotazione delle diciotto classi di quote indicate terrà conto dello stacco
della cedola.
Tale provento sarà posto in pagamento a partire dal 23/07/2014.
AVVISO DI GARA
POSTEMOBILE S.p.A.
AVVISO PROCEDURA APERTA
IN MODALITÀ TELEMATICA
Si rende noto che, ai sensi del
Decreto Legislativo n. 163/2006
e s.m.i., sarà pubblicato in data
18/07/2014 sulla 5^ Serie Speciale
della Gazzetta Ufficiale della
Repubblica Italiana n. 81, il bando
di gara relativo a “l’Evoluzione
dell’Infrastruttura
VoIP
di
PosteMobile”. Il bando integrale
è disponibile sul sito Internet:
www.posteprocurement.it
Il Responsabile Acquisti
Marco Grasso
REGIONE SICILIA
AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE
DI MESSINA
Via La Farina n. 263/N - 98123 Messina
AVVISO DI GARA
Questa Azienda Sanitaria ha indetto una
Procedura Aperta per la fornitura triennale
di materiale di consumo per le UU.OO.
di Nefrologia e Dialisi. Valore complessivo
di gara: € 294.322,35 oltre IVA. Termine
di ricezione delle offerte: ore 11.00 del
01/09/2014. Gli atti di gara possono essere
visionati sul sito www.asp.messina.it.
Messina, li 03/07/2014
Il Direttore
del Dipartimento Risorse Tecnologiche
U.O.C. Provveditorato
Dott. Salvatore Munafò
PostelPrint S.p.A. indice bando di gara per
un Appalto ai sensi del D. Lgs. 12 aprile
2006, n. 163 e s.m.i. - Procedura aperta
in modalità telematica per la fornitura del
servizio di gestione e stampa a dati variabili
di vaglia nazionali e assegni vidimati.
L’importo complessivo dell’appalto è pari
ad Euro 1.059.688,27 IVA esclusa. La
proceduradigarasaràespletatainmodalità
telematica mediante presentazione per
via elettronica di offerte sul portale:
www.posteprocurement.it, secondo il
criterio
dell’offerta
economicamente
più vantaggiosa. Il termine per la
ricezione delle domande è: ore 12:00
del 12/09/2014. La data per la seduta
pubblica è: ore 10:00 del 15/09/2014,
presso Poste Italiane S.p.A., Viale Asia
90, 00144 Roma, Sala Gare sita al Piano
terra. Il Bando di gara, il Disciplinare,
il contratto di registrazione al portale
www.posteprocurement.it sono disponibili
sul sito internet www.postelprint.it
nell’area Bandi di Gara e sul portale
www.posteprocurement.it nella sezione
“Bandi & Avvisi”.
La restante documentazione di gara è
disponibile nell’area riservata del portale
www.posteprocurement.it, nella sezione
dedicata alla gara, per le Imprese
concorrenti che si siano abilitate al
portale.
Amministratore Delegato
Stefano Santini
REGIONE TOSCANA - Giunta Regionale
Liquidazione Coatta Amministrativa
LA CONCORDIA s.p.a.
Commissario Liquidatore: Avv. Patrizia Parenti
Il giorno 29 settembre 2014 alle ore 16,00 presso lo
studio del Notaio Ivano Guarino, via S. Tecla n. 4, Milano, si procederà alla vendita del bene immobile sito
in: - Pregnana Milanese - loc. Cascina Serbelloni,
14 (MI). Prezzo base euro 917.568,00 (novecentodiciasettemilacinquecentosessantotto). Aumenti minimi
di euro 50.000,00 in euro 50.000,00. Complesso immobiliare a prevalente destinazione artigianale/industriale ubicato a sud-ovest dell’abitato di Pregnana
Milanese, località Cascina Serbelloni. Composto da: a)
capannone ad uso artigianale/industriale; b) abitazione
del custode; c) unità abitativa di due locali; d) magazzino; e) area verde; f) aree urbane esterne al complesso. I concorrenti, entro le ore 12,00 del giorno
22 settembre 2014 dovranno recapitare presso lo studio del Notaio Guarino l’offerta di partecipazione in
busta chiusa, contenente l’indicazione “offerta di acquisto immobile di LA CONCORDIA s.p.a. in L.C.A”.
Maggiori informazioni al numero 02.76020902 e sul
sito www.ivass.it.
ISTITUTO TECNICO INDUSTRIALE STATALE
“Guido Dorso”
Via Morelli e Silvati - 83100 AVELLINO - Tel. 0825 1643303 - Fax 0825 1643302
e-mail: avtf070004@istruzione.it - PEC: avtf070004@pec.istruzione.it
cod. meccanografico: AVTF070004 - sito web www.itidorso.it
C.F. 80006430641 - c.c.p. 13306832 - Codice univoco UF5DM0
Al sito dell’ITIS “G. DORSO di Avellino (www.dorso.av.it) è stata pubblicata l’avviso
per la redazione di una SHORT-LIST. La redazione per le domande di partecipazione
con scadenza 15/09/2014 da inviare all’indirizzo e-mail shortlist@itidorso.it. Il responsabile Unico del Procedimento è il prof. Nunzio Petruzzo tel. 0825/1643307.
Per la pubblicità
legale e finanziaria
rivolgersi a:
Direzione Generale Politiche Mobilità,
Infrastrutture e Trasporto Pubblico Locale
Area di Coordinamento Trasporto Pubblico
Locale
Via di Novoli, 26 - 50127 Firenze, Italia
AVVISO DI MANIFESTAZIONE DI INTERESSE
Avviso pubblico per la presentazione di manifestazioni di interesse per l’affidamento della
progettazione esecutiva, della fornitura e posa in opera, della manutenzione e della gestione
operativa del sistema di esazione dei pedaggi, in modalità free-flow, dell’Autostrada Pedemontana
Lombarda. CUP: F11B06000270007
Stazione Appaltante: Autostrada Pedemontana Lombarda S.p.A. - Via Del Bosco Rinnovato n. 4/A Palazzo U9 - 20090 Assago (MI). Tel. + 39 02/6774121 - fax: + 39 02/67741256 - e-mail: posta@pedemontana.com. Tipologia di avviso: Il presente avviso costituisce a tutti gli effetti ai sensi di legge
un avviso di manifestazione di interesse. Termine per il ricevimento delle manifestazioni di interesse:
31/07/2014 ore 12.00 (ora italiana). Importo a base d’asta dell’appalto: Euro 50.317.647,29 (cinquantamilionitrecento diciasettemilaseicentoquarantasette/29), comprensivo degli oneri della sicurezza
non soggetti a ribasso (pari a Euro 950.000,00) e oltre IVA. Luogo principale di prestazione dei servizi:
Lombardia. Requisiti di ammissibilità: indicati nell’avviso integrale di manifestazione di interesse. Responsabile del Procedimento: dott. Ivano Tonelli. L’avviso integrale è stato trasmesso alla GUUE in
data 16/07/2014. L’avviso integrale è disponibile all’indirizzo http://www.pedemontana.com.
f.to L’Amministratore Delegato - Avv. Marzio Agnoloni
Fondazione IRCCS
“Ca’ Granda - Ospedale Maggiore Policlinico”
FONDAZIONE IRCCS
“Ca’ Granda - Ospedale Maggiore Policlinico”
Via F. Sforza, 28 - 20122 MILANO
(Tel. 02/5503.8212 - FAX 02/5830.6067)
Responsabile del procedimento:
Dirigente U.O.C. Approvvigionamenti
Procedura aperta, in unione di acquisto tra enti, ai sensi dell’art.
55 del d.l.gs n.163 del 12/4/2006, aggiudicazione con il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa, come previsto
all’art. 83 (riserva applicazione art. 81, comma 3), del medesimo
decreto, per la fornitura di materiale di consumo e noleggio dei
sistemi per l’esecuzione di interventi di facoemulsificazione e
vitrectomia, per le necessità della Fondazione IRCCS Ca’ Granda
- Ospedale Maggiore Policlinico di Milano e dell’A.O. Ospedale
di Circolo Fondazione Macchi di Varese. La presente procedura
sarà espletata tramite la piattaforma SINTEL, secondo quanto
stabilito dall’art. 1, comma 6 bis, della l.r. Lombardia n. 33/2007,
come modificato dall’art. 10, comma 4, della l.r. n. 11/2011. Importo complessivo a base d’asta € 1.790.000,00 Iva esclusa. Le
modalità ed i requisiti di partecipazione alla gara sono indicati
nel bando di gara, inviato alla GUCE in data 14/07/2014. Il bando
integrale di gara, il capitolato ed il disciplinare di gara potranno
essere scaricati dal sito internet www.policlinico.mi.it, (gare e
concorsi/bandi di gara) oppure scaricabili dal sito per le gare
telematiche www.arca.regione.lombardia.it - area SINTEL.
IL DIRETTORE AMMINISTRATIVO - Dott. Osvaldo Basilico
IL DIRETTORE GENERALE - Dr. Luigi Macchi
Via F. Sforza, 28 - 20122 Milano
tel. 02/5503.8265 - fax 02/5830.6067
Responsabile del procedimento:
Dirigente U.O.C. Approvvigionamenti
E’ indetta procedura aperta, con supporto telematico,
ai sensi dell’art. 55 del d.l.vo n. 163/2006, con aggiudicazione a favore dell’offerta economicamente più vantaggiosa,
come previsto dall’art. 83 del medesimo decreto, per
aggiudicazione fornitura di sistemi per trattamenti di emodialisi e di dialisi extracorporea, necessari alla Fondazione
IRCCS “Ca’ Granda - Ospedale Maggiore Policlinico” ed
all’Azienda Ospedaliera-Polo Universitario “L. Sacco”, per
60 mesi (Determina a contrattare n. 1300 del 16.06.2014).
Importo complessivo, quinquennale, posto a base d’asta
€. 10.023.025,00.= IVA esclusa - compresi gli oneri della
sicurezza. Bando di gara, inviato alla GUCE in data
16.06.2014. La documentazione di gara (bando integrale,
capitolato tecnico, capitolato speciale e disciplinare di
gara) potrà essere scaricata dal sito internet www.policlinico.mi.it (gare e concorsi/lavori, beni e servizi/bandi ed esiti
di gara) e www.arca.regione.lombardia.it - area SINTEL.
IL DIRETTORE AMMINISTRATIVO - Dott. Osvaldo Basilico
IL DIRETTORE GENERALE - Dr. Luigi Macchi
COMUNE DI CORSICO - PROVINCIA DI MILANO
RCS MediaGroup S.p.A.
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano
Tel. 02 2584 6665 o 02 2584 6256
Fax 02 2588 6114
L’Amministrazione comunale con Determinazione del
Dirigente n. 584 del 25/6/2014 ha indetto
UNA PROCEDURA APERTA AD EVIDENZA PUBBLICA
per l’affidamento del servizio di copertura assicurativa
a favore del Comune di Corsico, CATEGORIA 6 lettera a)
dell’allegato II A del D.Lgs. 163/2006 CPV 66510000, delle
seguenti polizze: Incendio, Elettronica, Furto, Tutela Legale, Responsabilità Civile Patrimoniale, Responsabilità
Civile verso Terzi e Dipendenti (RCT/O), Infortuni, Kasko
e Responsabilità civile Auto - Libro matricola
PRESENTAZIONE DELLE OFFERTE
ENTRO LE ORE 12.00 DEL 9/9/2014
Il Bando, i capitolati e tutti i documenti di gara sono consultabili e scaricabili sul sito comunale: www.comune.corsico.mi.it. Per informazioni rivolgersi al Servizio segreteria
generale e contratti 02/4480385-387.
Corsico, lì 16/7/2014
L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE
Via Valentino Mazzola, 66/D - 00142 Roma
Tel. 06 6882 8650 - Fax 06 6882 8682
Vico II San Nicola alla Dogana, 9
80133 Napoli
Tel. 081 49 777 11 - Fax 081 49 777 12
Via Villari, 50 - 70122 Bari
Tel. 080 5760 111 - Fax 080 5760 126
AGEC - AZIENDA GESTIONE EDIFICI COMUNALI DEL COMUNE DI VERONA - COMUNICA
CHE I TERMINI DI PRESENTAZIONE DELLE
CANDIDATURE PER L’AVVISO DI SELEZIONE
PER LA FIGURA DI UN DIRIGENTE DA
INCARICARE ALLE FUNZIONI DI DIRETTORE
GENERALE - LEGALE RAPPRESENTANTE,
PUBBLICATO IN DATA 12/6/14, SONO STATI
MODIFICATI.
E’ POSSIBILE SCARICARE L’AVVISO DI SELEZIONE DAL SITO AZIENDALE (www.agec.it).
La Società per Azioni Esercizi Aeroportuali S.E.A. indice una gara, mediante procedura
aperta ex artt. 3 c. 37 e 220 del D.Lgs. 163/06,
interamente gestita con sistemi telematici ex art.
85, c. 13 del D.Lgs. 163/06, per la stipula di un
Accordo Quadro avente ad oggetto il servizio di
Application Management per Applicazioni “core
business” (C.I.G. n. 58045577F6). L’importo a
base d’asta è pari a Euro 2.200.000,00 (IVA
esclusa), di cui Euro 0,00 per costi della sicurezza dovuti a interferenze. Durata dell’appalto:
36 mesi. L’aggiudicazione verrà effettuata con il
criterio dell’ Offerta economicamente più vantaggiosa in base ai criteri indicati di seguito:
punteggio economico 60/100, punteggio tecnico
40/100. I concorrenti dovranno far pervenire, a
pena di esclusione, la propria offerta entro le ore
10.00 del giorno 06/08/2014, esclusivamente in
via telematica, previa registrazione sul sito:
https://portalefornitorisea.seamilano.eu/irj/portal. Il bando di gara è stato inviato alla G.U.U.E.
il 27/06/2014 2014 ed è in pubblicazione sulla
GURI. Il testo integrale è disponibile sul sito
Internet dell’Ente Aggiudicatore all’indirizzo
http://www.seamilano.eu/it/avvisi-corso.
Il Responsabile
del procedimento per la fase di affidamento
Ing. Carlo Murelli
ESTRATTO BANDO DI GARA
Procedura e criterio di aggiudicazione:
aperta con il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa
Oggetto: Acquisizione dei servizi di supporto
al contact center della mobilità e al numero
verde per la gestione dei reclami degli utenti
del TPL della Regione Toscana. CIG
57376602D1 CUP D11G14000000002 CPV:
64210000-1. Luogo di esecuzione della
prestazione: Via di Novoli, 26 Firenze -Italia.
Durata o termine d'esecuzione: 62 mesi.
Importo stimato: euro 1.100.000,00, oltre
IVA. Termine per la presentazione delle
offerte: ore 13:00 del giorno 13/08/2014.
Data di spedizione del bando alla
G.U.C.E.: 04/07/2014. Il bando in edizione
integrale è pubblicato sulla GUCE e sulla
GURI. Il capitolato speciale d’appalto, insieme ai documenti di gara, sono disponibili ai
seguenti indirizzi Internet: http://www.regione.toscana.it/appalti/profilo_committente
- http://www.e.toscana.it/start.
Il Dirigente responsabile del contratto
Ing. Saverio Montella
Avviso di aggiudicazione di appalto
PROCEDURA APERTA PER L’AFFIDAMENTO
DEL SERVIZIO DI NOLEGGIO MULTIFUNZIONE
DIGITALI FULL SERVICE
Decreto n. 344/ANL 1/7/2014
REGIONE MARCHE - SERVZIO ATTIVITA’ NORMATIVA E LEGALE E RISORSE STRUMENTALI
Indirizzo postale: VIA G. DA FABRIANO 2/4 Città:
ANCONA Codice postale: 60125 Paese: Italia
(IT). Punti di contatto: Telefono: +39 718064439.
Responsabile del Procedimento: MARIA GRAZIA
ORSINI. Vocabolario principale Vocabolario
supplementare: 30121100. Valore finale
totale degli appalti: Valore: 1489564.80 Valuta:
EUR. Tipo di procedura Aperta. Criteri di aggiudicazione Prezzo più basso. Aggiudicatario:
RICOH Italia S.r.l. Indirizzo postale: VIA Vittor
Pisani n. 6 MILANO 20100.
IL Dirigente del Servizio
Avv. Paolo Costanzi
TRIBUNALE DI MONZA
Per maggiori dettagli
www.tribunale.monza.giustizia.it e
www.astalegale.net
Adunanza Creditori
C.P. 57/13 - DECRETO DI AMMISSIONE ALLA
PROCEDURA DI C.P.: Si comunica che il Tribunale di Monza con decreto depositato il giorno
1 luglio 2014 ha dichiarato aperta la procedura
di concordato preventivo nei confronti di FINLOCAT srl con sede legale in Monza (MB) - Via
Gaslini n. 1, C.F. 03703330963 delegando alla
procedura il Giudice Dott. Alberto Crivelli e nominando Commissario Giudiziale il Dott. Marco
Retazzi con studio in Monza - Via G. Longhi
n. 21. L’adunanza dei creditori è fissata per il
giorno 14 ottobre 2014 ore 12,00 dinanzi al Giudice Delegato. Ulteriori informazioni presso il
Commissario Giudiziale Dott. Marco Retazzi
tel. 039/2312127, Fax 039/8942441 e PEC procedura cp57.2013monza@pecconcordati.it.
INAIL Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro
Direzione Generale - Direzione Centrale Prevenzione
Piazzale Pastore n. 6 - 00144 Roma
Tel. 06.5487.2055 - Pec: dcprevenzione@postacert.inail.it
ESTRATTO DEL BANDO PER IL SOSTEGNO AL MIGLIORAMENTO DELLE CONDIZIONI
DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO
ALLA INNOVAZIONE TECNOLOGICA
in attuazione dell’articolo 11, comma 5, del d.lgs. 81/2008 e s.m.i
E’ indetta una procedura per sostenere le piccole e micro imprese operanti nei settori dell’agricoltura,
dell’edilizia, dell’estrazione e lavorazione dei materiali lapidei, nella realizzazione di progetti di
innovazione tecnologica mirati al miglioramento delle condizioni in materia di salute e sicurezza
nei luoghi di lavoro. I soggetti destinatari dei contributi sono le piccole e micro imprese, anche individuali, ubicate su tutto il territorio nazionale iscritte alla Camera di Commercio Industria, Artigianato ed Agricoltura. L’Estratto del Bando é pubblicato su G.U.R.I n. 165 del 18/07/2014. I Bandi
regionali/provinciali sono reperibili sul sito dell’Istituto nella sezione: http://www.inail.it/internet/default/INAILincasodi/Incentiviperlasicurezza/BandoFipit/index.html.
INAIL - DIREZIONE GENERALE DIREZIONE CENTRALE PREVENZIONE
IL DIRETTORE CENTRALE
(F.to Ing. Ester Rotoli)
TERME DI SALSOMAGGIORE
E DI TABIANO S.P.A.
INVITO A MANIFESTARE INTERESSE
PER LO SVOLGIMENTO DEL SERVIZIO DI
ADVISOR FINANZIARIO E LEGALE
La Società intende procedere alla selezione di un advisor che la supporti
nella realizzazione del programma di dismissioni e privatizzazioni previste
dal Piano di Risanamento Aziendale.
I soggetti in possesso dei requisiti richiesti potranno presentare manifestazione di interesse entro le ore 12 del 7 agosto 2014 all’indirizzo: Terme di
Salsomaggiore e di Tabiano S.p.A., Via Roma 9, 43039 Salsomaggiore
Terme (PR), oppure tramite PEC all’indirizzo: direzione-terme@pec.it.
La pubblicazione del presente avviso e la ricezione della Manifestazione
di interesse non comportano per la Società alcun obbligo di conclusione
della trattativa.
Copia integrale dell’avviso è riportata sul sito web aziendale www.termest.it.
REGIONE DEL VENETO - AZIENDA U.L.S.S. 18 di ROVIGO
Viale Tre Martiri, 89 - 45100 Rovigo - www.azisanrovigo.it
AVVISO RELATIVO AGLI APPALTI AGGIUDICATI
Si rende noto che con Decreto del Direttore Generale n. 185 del 09/04/2014 è stata aggiudicata la gara per la fornitura
di “Trattamenti dialitici ospedalieri, comprensiva di materiale sanitario ed apparecchiature/monitor, per il Centro Dialisi
della Provincia di Rovigo” suddivisa in n. 3 Lotti, per un periodo di cinque anni, mediante il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Offerte ricevute: Lotto 1: n. 2 Offerte - Lotto 2: n. 2 Offerte - Lotto 3 n. 1 Offerta. Imprese
aggiudicatarie: LOTTO 1: Fresenius Medical Care Italia spa per un importo di €. 883.000,00 Iva non compresa; LOTTO
2: Impresa Gambro Hospal spa per un importo di €. 858.000,00 Iva non compresa; LOTTO 3: Spindial spa per un importo di €. 1.065.500,00 Iva non compresa.
F.to Il Direttore Generale - Dr. Arturo Orsini
Procedura Esecutiva n. 12058/2011 vende all’incanto titoli azionari pignorati corrispondenti al
100% del capitale sociale (senza attribuzione di diritti speciali), della società ASTEIMMOBILI.IT Spa,
operante nel settore dei servizi pubblicitari in materia di vendita giudiziarie di immobili. Prezzo base,
euro 6.860.000,00 (seimilioniottocentosessantamila/zero). L’incanto avrà luogo il 16 settembre
2014 ad ore 12.00 presso lo studio della Dott.ssa
Giuseppina Pizzamiglio, in Milano, via Podgora
n. 15. L’importo della cauzione è fissato in misura
del 10% del prezzo base d’asta e dovrà essere versato, con assegni circolari, nelle mani del delegato,
dott.ssa Giuseppina Pizzamiglio, entro le ore 12.00
del giorno 15 settembre 2014. L’aumento minimo
da apportarsi all’offerta è di euro 200.000,00 (duecentomila/zero). Il termine per il versamento del
saldo a cura dell’assegnatario è fissato al ventesimo
giorno successivo all’aggiudicazione. Maggiori informazioni presso il Commissario alla vendita,
dr.ssa Giuseppina Pizzamiglio, via Podgora 15,
20122 Milano, tel. 02.54.56.884, fax 02.54.61.523,
mail studio@studiopizzamiglio.eu.
Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Economia 37
italia: 51575551575557
Piazzetta Cuccia Cambia la governance. Finisce la ripartizione tra i soci introdotta con la privatizzazione nel 1988
Accordo con Confindustria
Mediobanca, patto e consiglio più leggeri
Intesa Sanpaolo
dieci miliardi
di credito
(e assistenza)
per i Piccoli
Bolloré sale ancora al 7%. Con Unicredit indicherà i vicepresidenti
Il board scenderà a 15-18 consiglieri, per ora restano tutti i manager
Cambia il patto di Mediobanca con l’abolizione dei tre gruppi e il prossimo consiglio dell’istituto, che verrà eletto dall’assemblea convocata per il 28
ottobre, sarà già più «leggero»:
il numero massimo di componenti scenderà dagli attuali 23 a
15-18.
Ieri l’assemblea del patto ha
dato il via libera alla riforma
dell’accordo parasociale, che
vincola il 31,06% del capitale
dopo che Vincent Bolloré ha aumentato la quota dal 6,46% al
7,01% (è autorizzato a salire fino
all’8%). La struttura viene alleggerita, in linea anche con la riduzione del perimetro vincolato
che ha avuto luogo negli ultimi
anni. La novità «storica» è appunto l’abolizione dei tre gruppi, soci bancari, industriali ed
esteri (francesi). Una ripartizione che esiste dal 2003, cioè dall’ingresso nell’accordo degli
azionisti guidati da Bolloré. In
precedenza, a partire dalla privatizzazione del 1988, i gruppi
erano due: banche e «soci privati».
La novità ha subito una conseguenza nella governance della
banca: il patto designerà i propri
candidati per il consiglio non
più sulla base di «quote» prefissate per ciascun gruppo di soci,
ma «accogliendo in linea di
principio le indicazioni dei partecipanti su base proporzionale» alle azioni vincolate nell’accordo. La lista includerà due vicepresidenti: il primo indicato
da Unicredit, maggior azionista
con l’8,65%; il secondo «dagli altri soci su proposta del gruppo
Bolloré», azionista numero due
dell’istituto. L’approvazione
della lista richiede la maggioranza dei due terzi ma nel caso
non fosse possibile raggiungerla ciascun partecipante potrà
presentarne una propria. Un’al-
I soci del Patto
Le quote
dei soci
D’ARCO
Quota %
Su Patto
Quota su
capitale
Quota %
Su Patto
Quota su
capitale
27,86 8,65%
Gruppo Pecci
1,53
0,47%
Gruppo Bolloré
22,58
7,01%
Angelini Partecip. Fin.
1,49
0,46%
Gruppo Mediolanum
10,87
3,38%
Sinpar
1,26
0,39%
2,16%
Gruppo Zannoni
0,98
0,30%
UniCredit
Edizione
6,96
Pirelli & C.
5,89
1,83%
Mais Partecip. Stabili
0,71
0,22%
FIN.PRIV
5,36
1,66%
H-INVEST
0,68
0,21%
Italmobiliare
5,05
1,57%
Vittoria Assicurazioni
0,46
0,14%
1,00%
Candy
0,43
0,13%
0,35
Fininvest
3,21
Gruppo Gavio
2,19
0,68%
Romano Minozzi
Ferrero
2,14
0,66%
TOTALE
tra modifica che rende l’accordo
più «light» è che i soci sindacati
non parteciperanno più alla nomina dei comitati interni della
banca. Il patto tornerà a riunirsi
il 29 settembre per dare l’ok ai
candidati per il board che dovrà
Alberto Nagel, amministratore delegato di Mediobanca. Il consiglio in
vista del rinnovo
ha dato indicazioni
sul governo societario a soci e nuovo board
0,11%
31,06%
100,00
essere rinnovato dall’assemblea
di fine ottobre.
Le novità importanti per la
governance di Mediobanca non
si esauriscono però nella riforma dell’accordo. Il consiglio
guidato da Alberto Nagel, che
ieri ha anche esaminato il preconsuntivo, in previsione dell’assemblea ha predisposto una
«relazione sulla composizione
quali-quantitativa del board»,
con «indicazioni» ai soci e ai
nuovi amministratori. Un pas-
✒
Banche in fila da Draghi, si parte a settembre
di STEFANIA TAMBURELLO
Le banche italiane si prenotano per almeno 34 miliardi di
prestiti della Bce da dirottare ai finanziamenti a famiglie e
imprese. Le prime operazioni dell’Eurotower (Tltro)
destinate a sostenere la crescita e a combattere la bassa
inflazione scatteranno il 18 settembre e l’11 dicembre ma
alcuni grandi gruppi hanno già valutato come presentarsi
all’appuntamento di Francoforte. Unicredit potrebbe
chiedere 14-15 miliardi, Intesa Sanpaolo 13 miliardi e Mps
fino a 6 miliardi. «Presenteremo alla Bce una richiesta di
13 miliardi di euro» e «metteremo a disposizione ulteriori
10 miliardi di euro per le piccole e medie imprese» ha detto
ieri l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo
Messina. Il programma della Bce si articolerà in 8
operazioni, terminerà a giugno 2016, e metterà a
disposizione delle banche europee fino a 1000 miliardi
complessivi di liquidità a 4 anni, a tassi particolarmente
favorevoli e condizionati alla concessione di prestiti ad
imprese e famiglie, esclusi i mutui immobiliari. Secondo il
governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, le banche italiane
potrebbero ottenere, lungo l’intero periodo, fino a 200
miliardi di euro. Intanto ieri la Bce ha diffuso il calendario
delle riunioni delle decisioni monetarie che dal prossimo
anno si terrano ogni sei settimane invece che mensilmente.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
saggio ritenuto necessario perché Bankitalia ha emanato in
maggio nuove disposizioni sul
governo societario alle quali gli
istituti devono adeguarsi entro
il 2017. L’adozione delle nuove
regole comporta modifiche statutarie che Mediobanca non
può introdurre prima dell’assemblea però
l’istituto ha inteso anticipare alcuni cambiamenti già in questo rinnovo e il
board uscente ha
dato indicazioni
sulla governance.
Anzitutto i
componenti il
consiglio: Bankitalia indica per
gli istituti il numero massimo in
15 e il board di Piazzetta Cuccia
ritiene che a fine ottobre il «tetto» possa scendere da 23 previsto in statuto a 15-18, e che,
sempre da statuto, fra gli amministratori cinque siano (come
oggi) dirigenti del gruppo. Il
consiglio uscente inoltre raccomanda al nuovo board di mettere a punto il progetto di governo
societario e le relative modifiche
statutarie entro ottobre 2015, le
regole si potranno così applicare con il prossimo rinnovo nel
2017. In coerenza con un principio di «continuità» con le scelte
finora adottate, si raccomanda il
modello tradizionale di governance e la «permanenza di un
congruo numero di dirigenti del
gruppo all’interno di consiglio e
comitato esecutivo, in linea con
quanto rilevabile in altre banche
internazionali». I manager dunque resteranno nel board, ma il
numero attuale non viene confermato e sembra possibile si
vada verso una sua riduzione.
Sergio Bocconi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
MILANO — Dieci miliardi per aiutare le
piccole e medie imprese a gettare il
cuore oltre l’ostacolo della crisi. E’
quanto mette a disposizione Intesa
Sanpaolo, attraverso un accordo con la
Piccola industria di Confindustria,
sotto forma di credito (abbinato a
consulenza) per i piccoli.
L’intesa è stata firmata ieri a Milano.
Presenti – oltre al ceo di Intesa
Sanpaolo, Carlo Messina e al
presidente di Confindustria, Giorgio
Squinzi – anche Vincenzo Boccia e
Alberto Baban, a capo rispettivamente
dei comitati per il credito e per la
piccola industria dell’associazione.
L’accordo va sulla scia di una serie di
iniziative congiunte
Intesa/Confindustria che hanno già
mobilitato 35 miliardi. La prima è del
2009. Con quella di ieri siamo al quinto
accordo a vantaggio delle imprese che
fanno parte dell’associazione.
I dieci miliardi vanno a sostenere il
credito ma anche a garantire forme di
consulenza. Si va dalla «adozione» di
attività promettenti da parte di aziende
consolidate alla creazione di
partnership tra imprese innovative e
piccole attività che hanno bisogno di
potenziare l’aspetto tecnologico. Non a
caso le linee guida dell’intesa parlano
di sostegno a crescita, innovazione,
start up, export e
internazionalizzazione. In questo
contesto un occhio di riguardo sarà
tenuto per le imprese che stanno
lavorando per Expo 2015. Come ha
detto ieri il consigliere delegato
I pprestiti alle aziende
D’ARCO
140
130
120
110
Valori mensili, Gennaio 2006 =100
4
06 07 08 09 10 11 12 13 01
20 20 20 20 20 20 20 20 2
Fonte: elaborazione Centro studi Cna su dati Banca d’Italia
170
miliardi
Finanziamenti a medio e lungo
termine preventivati da Intesa
Sanpaolo nei prossimi 4 anni
Di questi
Immatricolazioni e listini «Manager Magazin»: dalla Germania offerta di fusione, il titolo corre
Fiat Chrysler fa meglio del mercato in Europa
Lo sprint con il caso (smentito) su Volkswagen
MILANO — La classica bolla
estiva cominciano a gonfiarla in
Germania. È palesemente piena
di buchi, e infatti scoppia presto
sotto i colpi delle smentite. La
Borsa fa però in tempo a farsi un
bel rally. È la seduta perfetta, del
resto: quando le agenzie di
stampa riprendono il presunto
scoop del periodico tedesco Manager Magazin, secondo cui
Volkswagen sarebbe interessata
non più solo all’Alfa Romeo ma
direttamente a Fiat Chrysler, è
metà mattina e il titolo del Lingotto è già in forte rialzo. Lo è
per ragioni reali. È il giorno dei
dati sulle vendite di auto in Europa. E per la prima volta da
lunghissimo tempo sono dati
che vedono il Lingotto, pur non
brillantissimo in Italia, fare meglio del mercato: +4,3% le immatricolazioni complessive di
giugno, +6,9% quelle di Fca. Rispetto a giugno 2013 ci sono un
vero exploit di Jeep (+62%, marchio record del mese) e l’ennesimo consolidamento di Fiat 500
ai vertici delle citycar (+22,2%,
replicato dal +23,3% che consente anche alla 500L di confermarsi auto più venduta del proprio segmento). Sono, con Ferrari e Maserati, i brand e i modelli che garantiscono i margini
di redditività più elevati. Per cui
non stupisce che il titolo apra in
controtendenza: indice Ftse Mib
Le vendite in giugno
Variazione % giugno 2014 su giugno 2013
Tutti i marchi
+4,3
Bmw Group
Vw Group
+2,5
Daimler
Psa Group
-0,2
Toyota Group
+23,5
Renault Group
-0,9
Hyundai
Gm Group
-3,0
Kia
+6,9
Volvo Car Corp.
+12,4
Mazda
+5,5
Nissan
Ford
Fiat Group
+4,5
-0,7
+9,6
Suzuki
+9,7
Jaguar Land
Rover Group
+8,4
Honda
Altri
+3,4
possibilità di una fusione. Uno:
gli Elkann e gli Agnelli sono alla
vigilia dell’unica vera fusione in
programma, quella che porterà
alla nascita di Fca e alla quotazione a Wall Street; l’impegno
sul piano firmato Sergio Marchionne è dichiaratamente
«convinto e totale»; tutto è stato
studiato perché Exor rimanga
azionista di maggioranza «blindato» e, dunque, nessuno ha
mai anche solo pensato di lasciare Fca per concentrarsi (come suggerisce il periodico) sulla
sola Ferrari. Due: Volkswagen è
sempre interessata all’Alfa, certo, ma comincia ad avere esi-
-11,3
Mitsubishi
-4,9
10
+43,8
-6,8
+14,7
Il record
Jeep (+62%) è il
marchio record del
mese. La 500 è ai vertici
delle citycar
D’ARCO
giù dello 0,5%, Fiat su dell’1%.
Passa meno di un’ora. Torino
continua a correre, i guadagni
sfiorano il 5%. I rumors riportati
da Manager Magazin si diffondono in parallelo. Dettagli vaghi, attribuiti a fonti finanziarie
anonime e subito smontati dagli
analisti dell’auto. Per esempio: è
suggestiva, ma non credibile,
l’idea che Volkswagen sia «interessata» ad acquistare in tutto o
in parte la quota di Exor in Fca.
Altrettanto suggestiva e altrettanto non credibile l’immagine
di Ferdinand Piech, presidente e
primo socio del gruppo tedesco,
in trattative con le famiglie
Elkann e Agnelli per esplorare le
C. Tur.
genze (ammesse) di consolidamento della struttura ed è Martin Winterkorn, l’amministratore delegato, a escludere da mesi
«espansione via acquisizioni».
Le analisi, però, i mercati le
fanno solo dopo che Fiat ha
sfiorato il 5% al rialzo e
Volkswagen ha passato il 2% al
ribasso. E i trend si fermano solo
con le secche, assolute smentite
ufficiali. Doppia, a sottolinearne
il peso, quella di Torino: si muovono sia Exor sia la stessa Fiat.
Che in Borsa mantiene comunque l’effetto-vendite (europee)
e la seduta la chiude a +1,4%.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Raffaella Polato
Recchi alla guida della Fondazione
Telecom, Telefonica tra l’8 e il 9%
Telecom Italia guida il ribasso di Piazza
Affari (-4,3% l’azione tlc e -2,2% l’indice
Ftse Mib) nel giorno in cui Telefonica
colloca il bond da 750 milioni e
rendimento del 6% annuo, con
conversione obbligatoria a tre anni al
prezzo minimo e massimo di 0,86 e 1,03
euro per ogni azione del gruppo guidato
dall’ad Marco Patuano. La mossa di
Cesar Alierta comporta una riduzione
della quota dall’attuale 14,8% a un range
compreso tra 9,4% e 8,3%, a seconda del
prezzo di conversione. In pratica
Telefonica scenderà sotto la quota
indiretta (tramite Telco ora in via di
scissione) detenuta fino al riassetto del
settembre scorso che era stato messo in
mora dal Cade, l’antitrust brasiliano.
Intanto Giuseppe Recchi è stato
nominato presidente anche della
Fondazione Telecom Italia, che si occupa
dei programmi sociali del gruppo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
miliardi
Credito alle piccole e medie
imprese attraverso l’accordo
siglato con Confindustria
dell’istituto, Carlo Messina:
«L’esposizione universale al momento
è l’unica opportunità certa di crescita e
sviluppo».
I dieci miliardi dell’accordo si
inseriscono in un contesto che, nel
caso di Intesa Sanpaolo, prevede
nell’orizzonte del piano industriale (e
quindi da qui al 2017) 170 miliardi di
nuovo credito per imprese e famiglie.
Già nel primo semestre del 2014 la
banca ha rinnovato fidi alle aziende
italiane per 420 miliardi.
«Siamo un istituto solido, con una
capitalizzazione di Borsa di oltre 37
miliardi di euro – ha ricordato ieri
Messina –. Proprio in virtù della nostra
solidità riteniamo di non avere scuse di
fronte alla necessità di sostenere la
crescita. Non avremmo bisogno dei
Tltro della Banca centrale europea
(operazioni mirate di rifinanziamento
a lungo termine destinate alla banche,
ndr;) ma, viste le condizioni
vantaggiose, prenderemo tutti i 13
miliardi che ci sono consentiti». Dal
canto suo il presidente di
Confindustria, Giorgio Squinzi, ha
auspicato la nascita di «una nuova
finanza» per le piccole e medie imprese
in cui un tema fondamentale sia la
«valutazione di merito» delle singole
attività. Squinzi ha anche detto di
ritenere importante l’acquisto dei
cosiddetti Abs (asset backed security),
titoli emessi dalle banche a fronte di
cartolarizzazioni, da parte della banca
centrale europea.
Rita Querzé
© RIPRODUZIONE RISERVATA
38
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
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5,106
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5,467
Nome
Data Valuta
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Multiman. Eq. Afr. & Mid. East M
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SB Bond B
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DB Platinum
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Comm Euro R1C A
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DB Platinum IV
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Quota/pre.
Nome
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EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
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15/07
15/07
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09/07
14/07
14/07
14/07
16/07
16/07
16/07
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09/07
16/07
09/07
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16/07
16/07
16/07
16/07
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EUR
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Data Valuta
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
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16/07
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16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
Tel: 848 58 58 20
Sito web: www.ingdirect.it
16/07 EUR
Dividendo Arancio
16/07 EUR
Convertibile Arancio
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Mattone Arancio
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Profilo Dinamico Arancio
16/07 EUR
Profilo Equilibrato Arancio
16/07 EUR
Profilo Moderato Arancio
16/07 EUR
Top Italia Arancio
51,060
62,010
58,780
62,220
61,190
63,490
61,470
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32,690
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Tel: 02 77718.1
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EUR
USD
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EUR
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Nome
Data Valuta
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www.newmillenniumsicav.com
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102,210
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Nome
Data Valuta
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16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
16/07
15/07
15/07
03/06
15/07
15/07
15/07
16/07
16/07
16/07
15/07
15/07
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EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
EUR
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EUR
EUR
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Strategic Bond Inst. C hdg
Strategic Bond Retail C
Strategic Bond Retail C hdg
Strategic Trend Inst. C
Strategic Trend Retail C
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USD
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101,310
www.sorgentegroup.com
AUGUSTUM EQUITY EUROPE I
AUGUSTUM G.A.M.E.S. A
AUGUSTUM G.A.M.E.S. I
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16/07 EUR
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110,050
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108,950
115,530
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Numero verde 800 124811
www.nextampartners.com-info@nextampartners.com
16/07 EUR
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Nextam Bilanciato
16/07 EUR
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Nextam Obblig. Misto
16/07 EUR
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BInver International A
16/07 EUR
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Cap. Int. Abs. Inc. Grower D
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CITIC Securities China Fd A
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16/07 EUR
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16/07 EUR
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16/07 EUR
4,585
Multimanager European Eq.A
16/07 EUR
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Strategic A
16/07 EUR
6,156
Usa Value Fund A
16/07 EUR
5,605
Ver Capital Credit Fd A
7,015
7,537
6,426
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5,410
5,428
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5,341
4,981
4,683
4,473
4,578
5,320
6,126
5,603
Fondo Donatello-Michelangelo Due
Fondo Donatello-Tulipano
Fondo Donatello-Margherita
Fondo Donatello-David
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Caravaggio di Sorgente SGR
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31/12
31/12
31/12
31/12
31/12
EUR 51470,165 52927,939
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EUR 468728,464 477314,036
2451,889
2506,583
EUR
www.vitruviussicav.com
16/07 EUR
Asian Equity B
16/07 USD
Asian Equity B
16/07 USD
Emerg Mkts Equity
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Emerg Mkts Equity Hdg
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Japanese Equity Hdg
16/07 CHF
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Invesco Funds
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Active Dollar Bond A
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Active Emerging Credit A
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Active Emerging Credit B
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Active European Credit A
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Active European Credit B
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Active European Equity A
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PS - 3P Cosmic A
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65,630
PS - 3P Cosmic C
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PS - Absolute Return A
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15/07 EUR
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PS - Best Global Managers B
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PS - Best Gl Managers Flex Eq A
16/07 EUR
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8a+ Eiger
8a+ Gran Paradiso
8a+ Latemar
8a+ Matterhorn
Tel 0332 251411
www.ottoapiu.it
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Legenda: Quota/pre. = Quota precedente;
Quota/od. = Quota odierna
13352ADB
Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Piazza Affari
FRENATA SULLA CRISI UCRAINA
JP MORGAN SPINGE YOOX
di GIACOMO FERRARI
L’euforia della vigilia ha lasciato il
posto al ritorno del pessimismo.
Complice la situazione geopolitica
internazionale (dal rimpallo di
responsabilità sul disastro aereo
in Ucraina al conflitto israelopalestinese), i listini di tutta
Europa hanno chiuso in rosso. E quello di Piazza Affari
è stato il peggiore in assoluto, con l’indice Ftse-Mib
che ha ceduto il 2,21%. Nel mirino dei venditori
soprattutto Telecom Italia (-4,13%) dopo la notizia del
collocamento del convertendo da parte di Telefonica,
ma anche i principali titoli del comparto bancario,
dalla Bpm (-3,97%) al Banco Popolare (-3,74%), da
Mediobanca (-3,56%) a Ubi Banca (-3,37%) hanno
subìto l’impatto delle prese di beneficio. Fra le poche
blue-chips in rialzo si è distinta invece Yoox (+3,99%)
dopo un report positivo di JP Morgan, accompagnato
dal ritocco del target price a 25 euro. In progresso
anche Fiat (+1,38%), che ha smentito contatti con
Volkswagen e dopo i dati sulle immatricolazioni in
Europa di giugno. Bene, inoltre, il comparto del
cemento, con Buzzi-Unicem (+0,32%), promossa dal
buy (comprare) da parte di Ubs, e Cementir (+7,97%)
che ha confermato il balzo di mercoledì.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Sussurri & Grida
Coin arruola quattro banche per l’Ipo di Ovs Upim
(c.tur.) Il vento freddo che ha iniziato a spirare sulle
Ipo a Piazza Affari, culminato con la rinuncia di Rottapharm e Sisal, non scoraggia il gruppo Coin e il suo
azionista Bc partners cui fa capo l’80,5% affiancato dai
coinvestitori Ontario Teachers (13,7%) e Investindustrial (4,6%). La novità è che sono stati firmati i mandati
alle quattro banche global coordinator per la quotazione della divisione che opera con le insegne Ovs, Ovs kids, Upim e Blukids. In cabina di regia ci sono Banca Imi,
Unicredit, Goldman Sachs e Merrill Lynch selezionate,
assieme all’advisor Lazard, per portare in Borsa i magazzini che generano la maggior parte dei ricavi e margini. Il ramo d’azienda da conferire alla newco Ovs vale
infatti il 70% dei ricavi di gruppo e 95% dell’ebitda, su
un totale consolidato della società Gruppo Coin di 1,65
miliardi e 150 milioni nel bilancio al 31 gennaio. La tabella di marcia disegnata un mese fa prevedeva il deposito del prospetto e la domanda di listing a Consob e
Borsa spa nella prima settimana di agosto, per arrivare
al collocamento in opv a novembre. In pratica un ritorno, visto che il gruppo Coin era stato delistato dopo
l’opa sul flottante tre anni fa. Al lavoro ci sono le quattro
banche, l’ad Stefano Beraldo e la coppia Stefano Ferraresi e Nicholas Stathopoulos per Bc partners. Nella newco
Ovs allestita per la Borsa finiranno 540 punti vendita
italiani (magazzini e corner) e 150 all’estero, più quelli
in apertura nell’anno che Beraldo aveva indicato in 80 e
40, rispettivamente. Il progetto listing resta condizio-
ni Veneto solidarietà, Veneto Banca e Bcc di Brendola.
Per la Bei, assistita dagli avvocati di Legance, è la prima uscita nel mondo delle aziende, poiché fin qui l’ente
europeo ha sottoscritto solo obbligazioni bancarie. Per
le aziende venete, assistite dalla Finint, significa invece
l’accesso a uno strumento del tutto nuovo, svincolato
dalla sfera bancaria. L’operazione è articolata. Ognuna
delle otto società emetterà un mini bond, per un totale
di 150 milioni, che saranno sottoscritti da una società
veicolo, Viveracqua hydro bond, che in contemporanea
emetterà un titolo di cartolarizzazione acquistato appunto per il 95% da Bei. Durata 20 anni e cedola del 4%
circa. Sono condizioni in effetti molto convenienti, non
solo dal punto di vista dei tassi ma anche della durata
del finanziamento che una banca, Bei inclusa, non potrebbe mai concedere a una pmi. Soprattutto a quel
prezzo, visto che le piccole utility di Viveracqua hanno
un merito di credito sub investment, cioè ad alto rischio. Riunite in consorzio, sono riuscite a spuntare un
rating migliore e hanno avuto accesso ai finanziamenti
europei il cui ticket minimo d’intervento è fissato in 50
milioni. Quanto alle garanzie, le utility dovranno mettere da parte cassa pari al 20% del finanziamento ottenuto ma avranno l’ausilio della Regione Veneto che
contribuirà con la cifra di 6 milioni. Infine, in caso di
«default» di una delle aziende, verrà utilizzata la liquidità accantonata.
nato allo stato di salute di Piazza Affari e alla ricettività
degli investitori, ma si spera che il clima ritorni positivo. I fondi raccolti serviranno infatti per ridurre il debito ancora elevato (oltre 800 milioni) originato dal
buyout di tre anni fa finanziato da Mediobanca, Imi,
Unicredit, Bnp Paribas, Agricole, Hsbc e Natixis.
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La Bei promuove gli hydro bond
per 8 municipalizzate venete
(d.pol.) L’operazione verrà chiusa a Roma lunedì 21 e
segnerà il debutto italiano della Banca europea degli investimenti negli «hydro bond». Ossia una declinazione
ulteriore di quei project bond rilanciati pochi giorni fa
dal neopresidente della Commissione europea JeanClaude Juncker per sostenere i finanziamenti alle imprese, anche piccole, mitigando i rischi di credito proprio in virtù dell’intervento della Bei. Protagoniste in
questo caso sono otto società idriche venete, sparse tra
Vicenza, Belluno, Rovigo e riunite nel consorzio Viveracqua che incasseranno 150 milioni attraverso emissioni obbligazionarie di ugual valore, il 95% delle quali
sottoscritto dalla Banca europea. Fieno in cascina importante per il drappello di utility dell’acqua controllate
dai singoli Comuni, che devono investire 300 milioni
nello sviluppo della rete idrica e fognaria della Regione
Veneto in un distretto che conta quasi tre milioni di abitanti. Il restante 5% finirà a Banca Etica, al fondo pensio-
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40
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
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Trovolavoro
550
I colloqui Le offerte di Nordmeccanica, Marchesini, Aboca, 2A e Riello Elettronica
La cosmetica
cerca chimici
e biologi
le prossime «new entry»
in Nordmeccanica
Laura Bonani
laurabonani@libero.it
20
gli inserimenti nel gruppo
Marchesini ogni anno
40
le opportunità nella
fonderia 2A quest’anno
Due operai di Nordmeccanica mostrano la pellicola per imballaggio ottenuta da una nuova macchina metallizzatrice
Oltre 130 assunzioni
nelle aziende familiari
Soci stabili e profilo multinazionale: le opportunità di lavoro
Ingegneri (ma non solo), tenete d’occhio
le nostre multinazionali di famiglia. Perché
si trovano opportunità di lavoro interessanti
e, spesso, pure a tempo indeterminato. Da
qui a un anno e mezzo, per esempio, Nordmeccanica, il produttore di macchine per
gli imballaggi flessibili della famiglia Cerciello, assumerà 60-80 persone (già ne occupa
260), tra cui ingegneri meccanici, elettronici
e chimici, neolaureati o con 3-5 anni di esperienza. E senza prendere minimamente in
considerazione l’idea di offrire stage o contratti d’apprendistato. “Preferiamo investire
su chi rimarrà con noi” dice chiaro e netto il
direttore tecnico e responsabile di gruppo
per la ricerca e sviluppo Vincenzo Cerciello,
figlio di Antonio Cerciello, l’ingegnere meccanico che nel ’98 ha rilevato l’azienda e cominciato l’espansione internazionale.
E, rimanendo nella packaging valley emiliana, anche i Marchesini puntano a “formare
e trattenere” o, come la mettono loro hanno
un turn over bassissimo, ma turn over interno altissimo. La maggioranza degli inserimenti (una ventina all’anno) del Marchesini
Group, che oggi è guidato dalla seconda generazione e conta 1200 dipendenti, riguarda
neodiplomati. “Ma – come sottolinea Valen-
tina Marchesini, marketing manager (e nipote del fondatore) - ingegneri dell’automazione, elettronici e meccanici vanno come il
pane”.
Assume anche un’altra bella storia del made in Italy, Aboca, azienda della famiglia
Mercati che coltiva piante medicinali tra le
colline della Valtiberina e produce integratori alimentari e non solo distribuiti in 15 Pae-
Servizi alle imprese
56 junior per EY
(i.co.) EY cerca 128 risorse, 72 con
esperienza e 56 junior, per le seguenti
service line: Advisory, Assurance,
Tax&Law, Transactions Advisory
Services (www.ey.com/IT/it/Careers).
Inoltre, la società ha aggiunto quest’anno
alla squadra italiana 20 nuovi partner e
nel mondo ne ha inseriti 675 (più 33%),
un record rispetto agli anni precedenti.
Leader mondiale nel settore macchinari ed impianti per l’imbottigliamento ad elevato
contenuto tecnologico, per potenziamento dell’organico commerciale ricerca un
www.trovolavoro.it
Tutte le inserzioni relative ad offerte o ricerche di lavoro debbono intendersi riferite a personale sia maschile
che femminile, essendo vietata ai sensi dell’art. 1 della Legge 9/12/1977 n. 903, qualsiasi discriminazione
fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, indipendentemente dalle modalità di assunzione
e qualunque sia il settore o il ramo di attività e in osservanza alla legge sulla privacy (L. 196/03)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Trasferirsi all’estero
La classifica
delle città
più costose
70
Chimici e biologi, innanzitutto. Ma anche
ricercatori- coloristi. Sono loro i motori
delle “fabbriche del trucco”. Del comparto
beauty & make up, per intenderci. Un mercato internazionale che vale 200 miliardi di
euro di cui 9 e mezzo solo in Italia. Ed è
Cremona e dintorni la nostra Beauty Valley:
110 aziende, oltre 3000 addetti e un fatturato di 650 milioni di euro. Ma è la Lombardia
(in genere) a guidare il comparto pur se
troviamo “imprese della bellezza” in altre
3-4 regioni. E abbiamo una tipicità tutta
nostra: da una parte, il fatto che ad occupare
il 1° e il 2° posto del ranking mondiale dei
produttori di make up ci sono due marchi
italiani; dall’altra, che le nostre aziende sono
“famose” come terzisti attivi. Sono quelle, in
sintesi, che insieme ai nomi di grido ideano/
formulano/dosano i componenti dei prodotti di bellezza. Eppoi li realizzano. “Riusciamo a colorare il mondo – dice Renato
Ancorotti presidente dell’omonima azienda
– perché studiamo e sperimentiamo a oltranza le nuance dell’iride. E dietro ogni
mascara, ad esempio, ci sono test e controlli
pari solo a quelli della farmaceutica”. Ha 20
posizioni lavorative aperte. La Cosmint del
chimico Decio Masu, invece, è specializzata
“sul bianco”: lo skin e personal care. Ed
anche sulla profumeria. I suoi clienti sono
anzitutto marchi europei e negli ultimi 3
anni è cresciuta di 200 risorse: 100 sono
state assunte a tempo indeterminato. Prevede il recruiting di 20-30 esperti. Il quartier
generale di Intercos è ad Agrate Brianza ma
sono 4 i siti produttivi in Italia e 13 nel
mondo: 3.500 persone che lavorano per la
cosmesi (il 95% indossa il camice bianco) e
l’80% sono donne. Il fondatore, oggi presidente, è Dario Ferrari. E’ il caposcuola di una
schiera di cultori capaci non solo di trasformare il bagliore di un lillà in un ombretto
irripetibile ma anche di decifrare il mercato.
Per il 2015, la crescita della workforce è di
200 persone. Poi c’è Chromavis, nata nel
2008 dopo una serie di crocevia. In 5 anni, i
dipendenti son passati da 364 a 476 e
l’export supera l’80%. “Selezionare gli ingredienti, le acque termali in primis, è la fase
più complessa - chiosa l’amministratore
delegato Michele Marini – ma è anche il
lavoro in cui noi italiani facciamo emergere
la genetica artigiana”. Recluta 50-100 nuove
risorse. Infine Lumson, guidata da Matteo
Moretti. Da 40 anni, produce contenitori per
la cosmetica in vetro e plastica personalizzati anche da designer. L’ultimo goal è l’airless
packaging. In azienda, il ciclo produttivo è
24 ore su 24 e oltre ai chimici sono strategici
gli ingegneri e i commerciali. Si cercano
20-30 profili.
e oltre, le opportunità dalle
aziende manifatturiere
fino alla consulenza
Le società e i profili più gettonati
LE OFFERTE DI IMPIEGO, LE AZIENDE, GLI STAGE E LE BORSE DI STUDIO
Le selezioni
Industria e servizi
si. Per chi fosse interessato, sta ricercando 9
profili particolari nell’immediato: un addetto
alla comunicazione medico scientifica per la
Polonia, esperti di business intelligence, validazione e manutenzione, un medical manager, due figure nell’ambito regolatorio,
una persona per l’allevamento e uno stagista
per il labelling. Più in generale, le lauree in
farmacia e ctf sono le più richieste e la conoscenza dell’inglese è spesso un must.
Ma non è da meno 2A. La fonderia santenese, creata da Carlo Ilotte 40 anni fa (inizialmente per produrre zip) e ora gestita dal figlio, dopo la riconversione, è tornata ad assumere: creerà 30-50 posti definitivi quest’anno, soprattutto per diplomati, ma
qualcuno anche per laureati. I più ricercati
sono i tecnici di montaggio, fonderia e auto
motive.
Ancora i tecnici e, in particolare, ingegneri
elettronici ed elettronici di potenza sono le
figure più richieste nel gruppo Riello Elettronica (uno dei “discendenti” delle Officine
Fratelli Riello della bassa veronese), che da
sempre investe nel potenziamento del suo
team di ricerca e sviluppo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Prendiamo Milano da riferimento. Non
proprio una città a buon mercato, visto che
nella classifica “Cost of living 2014”, redatta
dalla multinazionale della consulenza per le
risorse umane Mercer, occupa il 30esimo posto
su 211 città del mondo. Tuttavia, rispetto a
Milano, per un manager il costo della vita a
Luanda, in Angola, è più alto in media del 76%
per spese di alimentazione, abbigliamento,
trasporti, cura della persona, divertimenti e
alloggi, con quest’ultima voce che, sempre
rispetto al capoluogo lombardo, schizza a
+120%. Anche N’Djamena, nel Chad, per un
expatriate costa molto di più di Milano (+74%
complessivamente) con due punte altissime
per quanto riguarda trasporti (+336%) e cura
della persona (+192%). Le percentuali di scarto
vengono dal database in crowdsourcing
Expatistan, i cui contenuti sono creati
direttamente dai lavoratori espatriati che
aggiornano frequentemente i loro dati. Per
Luanda e N’Djamena, però, i risultati
coincidono con la citata indagine di Mercer
che, sulle 211 rilevazioni, mette al primo e
secondo posto dei luoghi più cari per chi
lavora all’estero proprio le due città angolesi e
chadiane, seguite, nell’ordine, da Hong Kong,
Singapore, Zurigo, Ginevra, Tokio, Berna,
Mosca, Shanghai, Pechino e Londra. Ma com’è
possibile che città africane relativamente
economiche siano poi ai primi posti del costo
della vita per i manager? “Diventano costose
per gli expatriate che acquistano beni di
importazione e mantengono un tenore di vita
paragonabile a quello occidentale. – spiega la
Global mobility leader di Mercer Elena Oriani
– Inoltre trovare alloggi che soddisfino gli
standard a cui si è abituati può essere difficile
e molto costoso”. Cristina Spagna, managing
director di Kilpatrick - società italiana di
cacciatori di teste con uffici, tra l’altro, in
Polonia, Romania, Dubai, Bangladesh e
Singapore – avverte però che, in quelle sedi
così costose, le retribuzioni sono adeguate. “Le
ricerche di professionisti italiani per l’Angola
per ora riguardano soprattutto architetti e
designer. In luoghi come Hong Kong o
Singapore ci sono invece tutte le più grandi
multinazionali. A Hong Kong, in particolare,
20 metri quadri costano 10 volte di più di un
monolocale nel centro di Milano. Ma gli
stipendi sono adeguati, a Zurigo o a Ginevra,
per esempio, si guadagna più del doppio che
in Italia e con queste retribuzioni non solo si fa
fronte al costo della vita ma si mette anche da
parte qualcosa di significativo”. Buoni consigli
per chi parte, infine, li dà Francesca
Prandstraller nel suo manuale “Vivere
all’estero” (Egea). La docente di
Organizzazione e risorse umane della Bocconi
offre soprattutto indicazioni molto pratiche.
Enzo Riboni
Iolanda Barera
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Il relativo bando di selezione è pubblicato su www.porto.genova.it e accessibile nella
sezione “Amministrazione trasparente - Bandi di concorso”. È possibile richiedere copia
cartacea del bando di selezione rivolgendosi ai recapiti sotto indicati.
Le istanze di ammissione dovranno pervenire, a mano o per posta a mezzo raccomandata
con avviso di ricevimento all’Autorità Portuale di Genova, via della Mercanzia, 2 - 16124
Genova, entro e non oltre le ore 12:00 del 5 settembre 2014, a pena di esclusione.
Il responsabile del procedimento di selezione è Giuseppe Ursino, dirigente del Servizio
Gestione Risorse Umane e Servizi Comuni. Per ogni informazione, rivolgersi al numero
0102412794 o all’indirizzo e-mail selezioni@porto.genova.it.
Il Presidente Luigi Merlo
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Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Economia 41
italia: 51575551575557
Carriere e persone
I casi Le iniziative e i piani per i talenti di Fondazione Barilla, L’Oréal, Vodafone e StartCup Milano Lombardia
Giovani, i concorsi del momento
Giovani studenti universitari e neolaureati intraprendenti e di talento cercansi.
Per chi ha davvero la “stoffa”,
per fare carriera ci sono sempre opportunità offerte dalle
aziende e dalle stesse università per emergere.
Un esempio è il concorso
BCFN Young earth solutions,
promosso dalla Fondazione
Barilla Center for Food&Nutrition, rivolto a chi frequenta le università. C’è tempo fino al 31 luglio per presentare
progetti imprenditoriali nel
campo della sostenibilità
agroalimentare e nutrizionale (bando su bcfnyes.
com). Per partecipare occorre essere iscritti a una facoltà
di qualsiasi istituto accademico nel mondo e non aver
compiuto 35 anni entro fine
novembre. In particolare
quest’anno i ragazzi dovranno presentare idee sul Protocollo di Milano (www.protocollodimilano.it), un patto
globale sul cibo presentato
dalla Fondazione BCFN in vista di Expo 2015. Le dieci migliori proposte verranno in
seguito selezionate come finaliste e presentate nel corso
del 6° International Forum
on Food and Nutrition, che si
terrà a Milano il 3 e 4 Dicembre 2014. In palio per il vin-
ILLUSTRAZIONE DI XAVIER POIRET
Università e aziende testano neolaureati e studenti universitari
Trafalgar
7 agenti
per grandi
orologi
(i.co.) Tanca Brands, società del
gruppo Trafalgar, vuole crescere
nel mercato italiano. Motivo per
cui ha chiuso un accordo per
distribuire orologi Pilo&Co e
David Van Heim. Ed è alla ricerca
di 7 agenti plurimandatari con
esperienza (curriculum vitae a
info@tancabrands.com).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
citore (singolo studente o team) un assegno da diecimila
euro per realizzare la propria
idea.
Non solo premi ma anche
reali possibilità di essere inseriti in azienda. A offrirle a
dieci profili d’eccellenza è
L’Oréal Italia con il Lab Graduate Program Marketing.
Un percorso che prevede
l’assunzione e un anno di job
rotation prima di entrare
nella posizione di junior
product manager ed è rivolto
a laureandi o neo-laureati.
Tra i requisiti da avere nel
curriculum: la conoscenza di
due lingue oltre all’italiano e
una prima esperienza lavorativa in un contesto multinazionale di rilievo della durata da 6 a 18 mesi. L’inserimento è previsto dal gennaio
2015.
Mentre Vodafone ha ideato “Vodafone discover program”, dedicato a tutti i giovani neolaureati e laureandi,
con brillante curriculum accademico, ottima conoscenza dell’inglese, preferibilmente esperienze all’estero e
non più di un anno di lavoro.
Ogni anno 80 giovani che
portano a termine con successo il processo di selezione
vengono assunti con contratto a tempo indetermina-
I dati I numeri raccolti dalla società di ricerca e selezione Technical Hunters
Gli stipendi dei manager finanziari
Fortuna alterna quella delle figure professionali
nell’area finanziaria: in questi ultimi anni hanno visto oscillare il loro potere contrattuale rimanendo
però una delle funzioni aziendali che ha “tenuto”
meglio. La ragione è ovvia: verifica e controllo dei
costi sono stati una preoccupazione costante durante la crisi.
Secondo Sara Masic -consulente della società di
ricerca e selezione Technical Hunters- che ha raccolto i dati di 112 aziende, di diverse dimensioni e
localizzate in tutta Italia dei settori merceologici più
rappresentativi, sono cinque le professionalità più
richieste in questo momento. Si tratta di figure junior e senior nel reporting, nella contabilità, nel
credito, nel bilancio e nel controllo di gestione. Per
questi professionisti sono buone anche le buste paga, pur con un’ambia oscillazione fra i comparti. Le
retribuzioni dei manager (8/12 anni di esperienza)
sono infatti di 47/85.000 annui lordi per i credit manager, 48/83.000 per i controller, 42/80.000 per chi
opera nel reporting, 41/72.000 nell’ accounting e
46/80.000 per chi si occupa di bilancio. Il settore più
generoso è il Farmaceutico seguito dai Beni di consumo, mentre il meno generoso per tutti i livelli è
l’Ict. Un dato interessante: il Fashion/Luxury non è
così remunerativo come si potrebbe immaginare
sulle posizioni junior e specialistiche ma si impenna a livello manageriale.
Per quanto riguarda le competenze ricercate, oltre a quelle specifiche del ruolo, la aziende si orientano verso laureati dal buon inglese che abbiano
sviluppato esperienza in aziende strutturate.
Per le posizioni nel reporting, nell’ accounting e
nel bilancio si presta attenzione anche alle competenze analitiche e ai candidati dalla forte impronta
metodologica mentre per il controllo e i crediti le
aziende badano molto alle capacità relazionali e
commerciali.
Per le inserzioni di Ricerca
di Personale Qualificato
rivolgersi a
Infoline Aziende:
Numero Verde
800 77 38 34
www.trovolavoro.it
Luisa Adani
© RIPRODUZIONE RISERVATA
to in Vodafone Italia in tutte
le sedi della Penisola (candidatura attraverso il portale
h t t p : / / w w w. l a v o ra c o n noi.vodafone.it/studenti-eneolaureati/). Il Discover
program è un percorso della
durata di 24 mesi in diverse
funzioni aziendali. Vodafone
offre poi circa 30 diverse opportunità di stage a tutti gli
studenti delle lauree triennali e magistrali, proponendo progetti formativi in diverse aree aziendali (http://
www.lavoraconnoi.vodafone.it/studenti-e-neolaureati).
Infine iscrizioni aperte fino alla mezzanotte del 4 settembre per partecipare alla
business plan competition:
StartCup Milano Lombardia,
promossa da università e incubatori presenti sul territorio. Un’iniziativa per favorire
la nascita di nuove imprese
ad alto contenuto innovativo. I vincitori saranno poi
ammessi al premio nazionale per l’innovazione che si
terrà il 4 e 5 dicembre 2014 a
Sassari. Previsti premi in denaro e servizi d’incubazione
(candidature su http://
www.startcupml.net/).
Irene Consigliere
IreConsigliere
Cambi di poltrona
su trovolavoro.it
Slongo sale in Colt
Gatti in Almawave
■ Ruggero Slongo, 47 anni, è diventato vice president
network services division per l’Europa di Colt, multinazionale it. Ha lavorato in Alcatel Lucent, Telecom, St Microelectronics e Infostrada.
■ Antoine Parisi, 46 anni, francese, da settembre assumerà
il ruolo di amministratore delegato di Europ Assistance,
gruppo Generali. Proviene da Axa.
■ Anna Gatti, 42 anni, è stata nominata
amministratore delegato di Almawave Usa,
azienda di nuove tecnologie. Ha maturato
esperienze in Skype, YouTube e MyQube.
■ Carlo Cavazzoni, 45 anni, è entrato in
Tendercapital come managing director.
Proviene da Generali Investment Europe. C. Lundari
Vanta esperienze in Societè Generale e
Dkw Winterthur.
■ Paolo Piazzi, 49 anni, è il nuovo direttore commerciale del gruppo alimentare
Spadoni. Ha lavorato in Ala Zignago e Fiorucci.
■ Ugo Bisacco, 53 anni, è diventato chief
financial officer di Value Partners, società
di consulenza. Ha maturato esperienze in A. Gatti
Acb, Arthur Andersen e Fidis.
■ Christina Lundari, 45 anni, è stata chiamata da Microsoft Italia per guidare la divisione advertising
& on line. Proviene da Google. Vanta esperienze in Gfk, Millward Brown.
a cura di Felice Fava
felicefavacor@hotmail.com
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LE PROMOZIONI
Nuove nomine e incarichi su
http://www.corriere.it/economia/lavoro/
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Junior all’estero
La storia
Ginevra, 23 anni e un lavoro nel cinema con Woody Allen
“Quel primo incontro con Woody
Allen è stato brevissimo, ma anche il
più intenso e duraturo della mia
vita”. Ginevra Tamberi (foto) è
romana, ha 23 anni e già da due
lavora con il grande regista
americano, proprio in quella New
York che è al centro di tanti suoi film.
Quando, a 18 anni, si era trasferita a
Londra per frequentare la facoltà di
Movie production, marketing and
media alla Metropolitan university,
sognava sì di lavorare nella
produzione cinematografica, ma
certo non nel cuore del cinema colto
americano. “I miei genitori, dalla
materna al Baccalauréat, mi hanno
fatto frequentare il Lycée français
Chateaubriand di Roma, perché
volevano avessi
una vita
internazionale”.
Cominciata
effettivamente poi
appena finiti gli
studi superiori con
l’università londinese. “Lì però mi
sono mantenuta da sola, prima
come assistente di una manager
inglese, poi da hostess al Wimbledon
stadium, poi ancora dando
ripetizioni di matematica, francese,
italiano e spagnolo, quindi da
babysitter e infine come commessa
nella libreria dell’università”.
Tornata in Italia Ginevra incontra
per caso una conoscente della madre
che le fornisce l’email della
DAF Veicoli Industriali S.p.A., filiale di DAF Trucks NV, ricerca
Venditori Esterni Ricambi
da inserire presso alcune concessionarie del Nord Italia per la gestione e
lo sviluppo del portafoglio clienti.
Il/la Candidato/a ideale è un/una persona diplomata, con forte attitudini
commerciali ed abituata a lavorare in ambito B2B. La provenienza dal settore dei Veicoli Industriali costituirà titolo preferenziale.
E’ gradita la conoscenza dell’inglese.
Buone doti relazionali ed organizzative, attenzione al raggiungimento degli
obiettivi, determinazione, grinta e una mentalità incline alla consulenza
completano il profilo.
Gli/le Interessati/e possono inviare il proprio CV al seguente indirizzo mail:
DAF.ITY.OSS@daftrucks.com
produttrice di Woody Allen. “Ho
inviato il curriculum e,
inaspettatamente, sono stata
richiamata. Così ho fatto
un’intervista telefonica, dopo la
quale la produttrice mi ha detto: tra
una settimana ti aspettiamo a New
York per uno stage”. Dopo solo un
mese di internship ecco la
presentazione al regista e la grande
proposta subito accettata. “E’ così
che, a 21 anni, sono diventata la sua
assistente”.
En. Rib.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
OLTRE CONFINE Racconta la tua
esperienza di lavoro all’estero all’indirizzo
enzribo@tin.it
42
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
L’INIZIATIVA DEL «CORRIERE DELLA SERA»
Tra i nomignoli affettuosi con i quali Pablo Neruda
apostrofava la sua Albertina, ce n’è uno che colpisce per
la frequenza con la quale viene utilizzato e per la sua
natura inconsueta: «Mocciosa». Un termine perfetto per
alludere alla natura umbratile e vagamente capricciosa
della donna. Natura che viene a galla poco alla volta nel
carteggio «Lettere d’amore ad Albertina Rosa» (foto), il
primo volume della collana «Lettere d’amore» proposta
L’equivoco al telefono
e le lettere d’amore
di Pablo ad Albertina
dal 15 luglio dal «Corriere della Sera». Ogni settimana
un carteggio sentimentale di scrittori, poeti, artisti, da
Hemingway a Frida Kahlo. Il prossimo appuntamento è il
22 luglio con «Da qualche parte nel profondo», le lettere
di Rainer Maria Rilke a Lou-Andreas Salomé, mentre
Neruda è ancora disponibile. In vendita in edicola a
€ 6,90 + il prezzo del quotidiano e in ebook a € 3,99.
Inoltre, su Corriere.it, stiamo chiedendo ai lettori di
Cultura
inviarci le loro lettere o i loro sms d’amore. Tra quelli che
hanno risposto c’è Deaconcuore, la quale, rivolgendosi
all’amato, rievoca il loro primo incontro, avvenuto per
caso. Inizia così: «Ti conobbi al telefono. Per un puro
equivoco. Cercavo un altro uomo e trovai te all’altro capo.
Tu alternavi le parole a lunghi silenzi e credo che furono
proprio questi ultimi a farmi innamorare di te [...]».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Seymour Slive, storico di Rembrandt
Lo storico dell’arte statunitense Seymour Slive, uno dei
maggiori studiosi di Rembrandt e della pittura fiamminga, è
morto a 94 anni a Cambridge, nel Massachusetts. L’annuncio
della scomparsa è stato dato dall’Università di Harvard, di
cui Slive era professore emerito di Storia dell’arte. Slive è
stato anche direttore dell’Harvard Art Museums. (m.be.)
Anniversari Nato cent’anni fa, il cardinale ha lavorato alla Segreteria di Stato dal 1940 al 1990. Roberto Morozzo della Rocca ne ha scritto la biografia
Casaroli, il diplomatico della Guerra fredda
Montiniano di ferro, trattò con il comunismo per la sopravvivenza del Cristianesimo all’Est
di ANDREA RICCARDI
Il libro e la vita
P
apa Francesco sta cambiando
la Curia. Lo farà anche con la
diplomazia vaticana? La Chiesa
cattolica, unica tra le religioni,
ha un’imponente rete diplomatica. Per
alcuni, si tratta di un residuo temporalista. Papa Francesco, in modo originale, vuole però essere presente nel
campo della pace. Ma, nei decenni
passati, la diplomazia vaticana ha sofferto d’uno spaesamento nel mondo
globalizzato. Per proiettarsi su nuovi
scenari, occorre capire una storia che
viene da lontano. Per questo è di grande rilievo il nuovo libro di Roberto Morozzo della Rocca, Tra Est e Ovest,
Agostino Casaroli, diplomatico vaticano, Edizioni San Paolo (pp.384, 30). Si tratta del più grande diplomatico vaticano del Novecento accanto al
cardinale Gasparri, Segretario di Stato
tra il 1914 e il 1930. Casaroli ha traghettato il Vaticano, bloccato nella morsa
della Guerra fredda, verso un nuovo
protagonismo internazionale.
È nato cent’anni fa: nel 1914, l’anno
dello scoppio della Grande guerra. Ha
lavorato in Segreteria di Stato mezzo
secolo, dal 1940 al 1990. Dalle stanze
vaticane ha seguito le vicende della Seconda guerra mondiale e della Guerra
fredda: da oscuro archivista fino a Segretario di Stato e accreditato personaggio internazionale. Morozzo, con
acutezza e nuovi documenti, ne ricostruisce la storia all’ombra dell’istituzione dove, specie in quegli anni, il
protagonismo era solo del Papa e non
dei collaboratori. Da Segretario di Stato, Casaroli teorizzò la sua funzione
come la meridiana — diceva — illuminata dal sole (il Papa). Eppure il suo
nome è legato alla grande iniziativa diplomatica verso i regimi comunisti, a
partire da Giovanni XXIII. Non più la
crociata contro il comunismo di Pio XI
e di Pio XII, ma un radicale cambiamento, per cui la Santa Sede negoziò
con i governi dell’Est per la sopravvivenza del cattolicesimo. Più che modus vivendi — notò un importante
SOTTO L’ALTO PATRONATO
DEL PRESIDENTE
DELLA REPUBBLICA ITALIANA
Il libro di Roberto Morozzo
della Rocca, «Tra Est e Ovest,
Agostino Casaroli diplomatico
vaticano», è pubblicato dalle
Edizioni San Paolo (pp. 384,
30).
Roberto Morozzo della Rocca, è
docente di Storia contemporanea
a Roma III. Con San Paolo ha
pubblicato «Mozambico. Dalla
guerra alla pace» (1994); «Oscar
Romero. Un vescovo tra Guerra
fredda e rivoluzione» (2014).
Il cardinale Agostino Casaroli
(Castel San Giovanni, Piacenza,
Storia
Qui sopra: Il presidente
degli Stati Uniti Ronald
Reagan incontra
il Segretario di Stato
della Santa Sede,
cardinale Agostino
Casaroli, ad Hartford,
Connecticut,
nell’agosto del 1982.
A destra: il 30 giugno 1979
papa Giovanni Paolo II
impone la berretta
cardinalizia
ad Agostino Casaroli
prelato —, un’ars non moriendi. Dietro Casaroli c’era Paolo VI, che non vedeva il comunismo come fenomeno
transitorio e voleva salvare il possibile
del cattolicesimo dell’Est. Morozzo
pubblica un giudizio inedito di Paolo
VI: «È un lavoro difficile e delicato, ma
può essere assai utile per la Chiesa...».
Insomma Casaroli «era la quintessenza del montinismo».
Tante sono le critiche a questa politica tra gli occidentali timorosi della
fine dell’opposizione al comunismo e
tra i cattolici dell’Est. Il grande primate
polacco, cardinale Wyszynski, lamentava che il Vaticano lo scavalcasse trattando con Varsavia. Dichiarò in pieno
sinodo dei vescovi: «vir casaroliensis
non sum». Anche il primate unghere-
se Mindszenty, un «eroe» condannato
in un terribile processo e recluso nell’ambasciata americana di Budapest
dal 1956 al 1971, definiva i negoziati come «trattative che hanno portato solo
vantaggi per i comunisti e gravi svantaggi per il cattolicesimo ungherese».
Casaroli venne accusato di filocomunismo, di cinismo, di tradimento
dei perseguitati. Critico fu l’episcopato
polacco. Eppure, nel 1979, il Papa polacco lo nominò suo Segretario di Stato.
Wojtyla sentiva la necessità d’un
collaboratore esperto nei rapporti internazionali: il suo appello ai popoli
dell’Est si affiancava alla diplomazia
casaroliana, divenendo l’elemento
centrale e vincente. Morozzo capovol-
24 novembre 1914 – Città del
Vaticano, 9 giugno 1998) è stato
Segretario di Stato dal 1979 al
1990. Il 16 luglio 1967 fu
ordinato arcivescovo da papa
Paolo VI e il 30 giugno 1979
cardinale da papa Giovanni Paolo
II. Fu il protagonista della
Ostpolitik della Chiesa. Partecipò
nel 1975 alla Conferenza
europea per la sicurezza e la
cooperazione in Europa di
Helsinki e durante la sua
Segreteria, il 18 febbraio 1984,
siglò con il presidente del
Consiglio Craxi il nuovo
Concordato tra Stato e Santa
Sede.
ge l’interpretazione di George Weigel
nella sua biografia (a caldo) di Giovanni Paolo II, in cui enfatizza la frattura
tra il Papa e Casaroli, in base a testimonianze. Casaroli non piaceva troppo
agli ambienti polacchi, tanto che fu fischiato quando nel 1990 Giovanni Paolo II gli fece concedere la laurea honoris causa a Cracovia. La ricostruzione
della collaborazione con Giovanni Paolo II è avvincente: dalle delicate questioni dello IOR (su cui si registrava diversità di giudizio tra il Papa e Casaroli, severo su Marcinkus), alle spie in
Vaticano, all’America Latina e tant’altro. Le differenze mettono in luce l’intelligenza del Papa e la lealtà di Casaroli, che avevano lo stesso obiettivo: la
libertà dei popoli, specie nell’Est. La
partecipazione alla conferenza di Helsinki sulla sicurezza e la cooperazione
in Europa fu — scrive Andreotti — «il capolavoro
della politica di Casaroli»,
ma pure la conferma della
visione della grande Europa, nutrita dal cardinale
Wojtyla. Il Segretario di
Stato Villot e il Sostituto
Benelli non volevano che il
Vaticano fosse presente alla
conferenza, ma Paolo VI e
Casaroli s’imposero.
Morozzo ripercorre la vita del cardinale, che si confonde con le vicende
della Chiesa. Anche alla fine, Casaroli
mostra abilità di negoziatore con il
nuovo corso sovietico di Gorbacev, di
cui coglie la portata innovativa forse
prima di Giovanni Paolo II, inizialmente cauto. Con la fine della guerra
fredda, termina il suo compito. Il
mondo si fa globale e la diplomazia
vaticana deve trovare nuove strade. La
vicenda di Casaroli è un’avvincente
storia novecentesca, quella di una diplomazia che non ha difeso solo gli
«interessi cattolici», ma ha lottato per
la liberazione dei popoli. Senza clamore, ma con decenni di tenacia al
servizio di un grande disegno.
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Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
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Nel trentennale della scomparsa del pianista
LA TECNICA VIRTUOSA
DI VINCENZO VITALE
di PAOLO ISOTTA
Z
ì Vincenzino, il Maestro
Vincenzo Vitale, uno dei
più grandi pianisti e docenti di pianoforte (in
realtà, di musica senz’aggiunte)
del Novecento, scomparve settantottenne il 21 luglio di trent’anni fa. Per me era un altro Papà e la notizia (morì di subito
mentre in macchina era tra Napoli e Torre del Greco) la appresi in maniera traumatica. Erano
le dieci e mezzo di mattina del
22 e uscivo dallo studio direttoriale del «Corriere della sera»
in via Solferino essendo stato a
colloquio con Piero Ostellino: il
meraviglioso capo della redazione culturale, Giulio Nascimbeni, venne meno alla sua cortesia veronese (era di Sanguinetto) e mi disse ex abrupto:
«Allora lo scrivi tu il necrologio
del Maestro Vitale?» Io non
piansi nemmeno perché a quel
punto mi premeva scrivere
qualcosa che rendesse giustizia
a un musicista eccezionale e a
uno degli uomini più buoni che
siano vissuti.
Vitale era stato allievo per il
pianoforte di Sigismondo Cesi,
figlio di Beniamino che, allievo
❜❜
Insegnava
gratuitamente
andando a
prendere i ragazzi
nei locali
di Sigismondo Thalberg, fu
sommo didatta e maestro, per
il pianoforte, di Giuseppe Martucci, gloria napoletana e capuana: Martucci fu, con Chopin, Liszt e Thalberg, il più
grande pianista mai vissuto; e
mi fermo al pianoforte. Poi si
perfezionò a Parigi con Alfred
Cortot e in Composizione nientemeno che con Paul Dukas dopo esser stato allievo a Napoli
dell’abruzzese Camillo De Nardis; e suo condiscepolo a Parigi
era Renato Parodi, suo amico di
una vita, grandissimo compositore che trascorreva dalle memorie partenopee alle più sofisticate atmosfere francesi.
Vitale era un alto pianista ma
la carriera concertistica la intraprese sporadicamente in gioventù per rinunciarvi sempre
più: sia perché era uomo schivo
come pochi sia perché vieppiù
attratto dall’insegnamento. In
esso egli aveva doti uniche: era
arrivato a conoscere la fisiologia del braccio e della mano a
un grado che i medici non raggiungono e aveva sviluppato un
metodo d’insegnamento basato sull’impostazione di una tecnica fisiologica radicata nella
sanità muscolare. I cretini pensano esista una incompatibilità
fra tecnica e musica; per Zì Vincenzino la tecnica era il mezzo
per pervenire alla retta pronuncia, poi interpretazione musi-
Terza Pagina 43
italia: 51575551575557
Renato Vernizzi, pittore di famiglia
Il suo universo in una villetta con giardino alla periferia di Milano
di SEBASTIANO GRASSO
cale. Egli ha avuto una caterva
di allievi, da Francesco d’Avalos
a Riccardo Muti a Laura De Fusco a Carlo Bruno a Michele
Campanella a Sandro De Palma
a Francesco Nicolosi (‘o Surecillo, ossia il topolino) ad Emanuele Arciuli a Massimo Biscardi (al perfezionamento romano
presso l’Accademia di Santa Cecilia) fino ad Enrico Fagnoni,
bimbo prodigio di sei anni che
faceva straordinarie improvvisazioni jazz, a Renato Carosone
e a Francesco Caramiello, l’ultimo in ordine di tempo, non
certo di valore. Ne ometto almeno una ventina d’importanti. In Conservatorio faceva solo
una parte del lavoro: giacché a
via Mergellina 2 dalla mattina
alla sera il pianoforte risonava
gratuitamente: egli non si è fatto pagare una lezione in tutta la
vita.
Per dire a qual punto la sua
passione didattica, per la quale
letteralmente jettaie ‘o sangue,
buttò il sangue, si spingesse,
racconterò un sol episodio.
Carlo Bruno ragazzino manifestò già il suo immenso talento
ma non aveva voglia di studiare.
Verso l’una del pomeriggio, prima di pranzare, il Maestro si faceva portare nella zona della
Ferrovia dove Bruno abitava e
s’introduceva in certi bigliardini: trovato Carlo, lo prendeva
per un orecchio, lo portava a casa per tre quarti d’ora; indi lo lasciava libero.
Vitale era diventato famoso
in tutto il mondo perché rappresentava una sorta di ultima
spes: risolveva qualunque caso
clinico e si diceva che Vitale faceva suonare pure le pietre. Secondo me questo era il suo limite: in un uomo di bontà angelica allignava una volontà di
potenza esplicantesi in una lotta con se stesso: egli si sfidava a
riuscire a compiere certi miracoli. Così facendo perse tempo
dietro certe nullità e tralasciò
talenti migliori.
Era un tale musicista che mi
ricordo un episodio fra i tanti.
Faceva lezione senza tener mai
in mano lo spartito del pezzo
che l’allievo eseguiva. Una volta
fece un’audizione a Roma per
l’Accademia e si presentò
un’americana con i Cinque pezzi di Schönberg: egli li aveva
studiati quarant’anni prima e
s’era dimenticato di ricordarli a
memoria, ma a memoria li ricordava, come nell’audizione ci
si avvide.
Profondeva il suo in carità;
sconfinato era il suo spirito: fu
un battutista impagabile; e il
suo amore per la cultura classica: aveva fatto il liceo e ricordava a settant’anni canti interi
dell’Odissea a memoria in greco.
Il Conservatorio napoletano
gli dedicò già dopo la sua morte
un’aula; adesso la direttrice Elsa
Evangelista ha organizzato imponenti manifestazioni per celebrare una gloria italiana.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Usciranno nel 2015
Racconti inediti di Elmore Leonard
sul New Mexico e Kuala Lumpur
Un 2015 nel segno di Elmore Leonard. Quindici racconti
inediti dello scrittore statunitense, maestro della crime
novel (1925-2013), saranno pubblicati nell’autunno del
prossimo anno. Lo ha annunciato l’editore l’inglese
Weidenfeld & Nicolson che ha acquistato i brevi testi, in
gran parte scritti negli anni della giovinezza e di cui non si
conosceva l’esistenza. Negli Stati Uniti usciranno da
HarperCollins. Queste storie affrontano argomenti diversi,
dai villaggi del New Mexico a una base militare a Kuala
Lumpur; vi compaiono personaggi poi ripresi e sviluppati
successivamente dallo scrittore in altre opere.
Il pittore rimane sempre un solitario. E anche questo ha un prezzo. Nonostante lavori moltissimo e faccia diverse mostre, viene ignorato dalla cosiddetta «critica ufficiale».
Quando si trasferisce nella villetta
(dal basso muro di cinta) di viale Marche, si occupa esclusivamente del suo
mondo domestico. Flora compresa
(Figura al tavolo del giardino, 1962;
Carabinieri e ligustri in fiore, 1965).
Per raccontare quello che — sempre
per Buzzati — è «il romanzo-favola del
posto lungamente amato e sofferto,
del suo mondo personale, il quale non
spazia mai per i continenti, anzi è piccolissimo, una villetta con giardino, figurarsi, alla periferia di Milano».
Se Renato Vernizzi viene definito
«pittore della famiglia», ciò non vuol
dire che egli abbia sempre e solo rappresentato i propri cari, ma che ad essi
ha dedicato buona parte del suo talento e del suo tempo. I figli, Luca e Isabella, crescono pagina dopo pagina,
tela dopo tela. Un po’ come faceva Armando Spadini. Talvolta (come nella
serie Luca col tubino) pare di assistere
U
n poeta prestato alla pittura.
La famiglia è il leit-motiv che
«domina spiritualmente tutta
la vita» di Renato Vernizzi
(Parma, 1904- Milano, 1972). Parola di
Dino Buzzati. Che, sul «Corriere della
Sera» (marzo 1970), riferendosi ad una
personale milanese di 120 quadri dell’artista parmense, precisa: «È il bellissimo racconto di una piccola saga familiare». Simili, negli anni, i pareri di
Carlo Carrà, Orio Vergani, Leonardo
Borgese, Attilio Bertolucci, Raffaele De
Grada, Giovanni Testori ed altri.
Sì, perché Vernizzi, come direbbe
Carlo Bo, è rimasto fedele alle ragioni
iniziali della sua vocazione. Lontano
dagli sperimentalismi di moda, magari di gente che non aveva la minima
idea di come — sul piano tecnico — si
tenesse in mano un pennello, l’artista
non solo ha fatto le Belle Arti, ma sin
dalla tenera età ha respirato, nella bottega di famiglia, profumi e acidi della
pratica manuale, essendo nipote e figlio di artigiani affrescatori e decoratori di insegne e di vetrine.
Perché oggi si torna a parlare di lui?
A parte la ricorrenza — casuale — dei
110 anni, l’occasione è data dall’apertura del Museo Vernizzi a Palazzo Sanvitale di Parma (www.fondazionemonteparma.it). E della pubblicazione, in
tre tomi (Edizioni Monte Università
Parma, pp. 1210, € 380), di tutta la sua
produzione: 2.287 fra dipinti e disegni
(moltissimi, gli inediti), oltre a circa
trecento illustrazioni di riviste («Historia» e «la Lettura» diretta dai vari
Emilio Radius, Renato Simoni e Filippo Sacchi; quest’ultimo, autore, nel
1951, della prima monografia sul pittore parmense e suo amico «per via di
un verde»), sessantuno caricature, otto bozzetti pubblicitari, e così via. A
cura di Elena Pontiggia e Luca Vernizzi.
Oltre che artista, un operaio del colore, Renato. Metodico, appassionato,
sapeva coniugare fantasia e tecnica,
bottega e accademia. Il risultato? Dipinti «onesti», ma anche veri e propri
capolavori. Ritratti (dove Vernizzi
spesso eccelle in maniera straordinaria), paesaggi, interni (Interno con letto disfatto, 1960), nature morte: «La
natura — osserva la Pontiggia — diventa teatro di piccoli eventi». L’avven-
Renato
Vernizzi
(1904-1972).
A sinistra
Autoritratto
allo specchio e
Isabella (1954)
tura pittorica di Renato Vernizzi comincia un po’ con un’impostazione ottocentesca, neoimpressionista. Quindi, si concede al Novecento, a Carrà, a
Sironi, ad affiancare i chiaristi come
Umberto Lilloni, Cristoforo De Amicis,
Angelo Del Bon (per il quale posa come protagonista de Lo schermidore) e
a frequentare i vari Adriano Spilimbergo, Attilio Rossi e qualche altro.
Vernizzi ha 23 anni quando decide
di lasciare Parma per Milano; e ne ha
Percorsi
Definito «l’ultimo degli
impressionisti», non vorrà mai
far parte di un movimento,
restando ignorato dalla critica
32 quando espone per la prima volta
alla Biennale. La proposta per Venezia
porta la firma di Marino Marini, Gino
Severini e Arturo Tosi.
Il suo primo studio milanese? In
corso Vercelli. Quindi in corso Garibaldi 89, nell’ex atelier di Cesare Tallone,
accanto alla «Casa dei pittori» che accoglieva Alfredo Beltrame, Luigi Broggini e il fratello di Guido da Verona.
Vernizzi non farà mai parte di un
movimento vero e proprio («Non ha
mai voluto pattinare sul ghiaccio infido delle correnti artistiche che si sono
succedute dopo il 1930», annoterà Raffaele De Grada), anche se non abbandona il dipingere en plein air degli
amati francesi («Si è spento l’ultimo
degli impressionisti» sarà il titolo dell’articolo, che ne annuncia la sua morte, su un quotidiano milanese).
alla sfilata di personaggi di Charles Dickens. Vernizzi evoca, scandaglia, narra. E lo fa con una grazia sorprendente. Soprattutto nei ritratti.
Fra quelli più interessanti, la serie di
disegni e olî (1953) dedicati ad Arturo
Toscanini («Son contento di vedere un
pittore che fa delle mani che vanno
d’accordo con le facce», diceva Carlo
Carrà). O anche quello fatto ad un barbone, il quale, come si leggeva su «La
Fiera letteraria», «s’è adattato di malavoglia a posare») o, ancora, gli autoritratti (Autoritratto allo specchio e Isabella, 1954).
Pittura, mestiere, temperamento,
stile. Parte da qui l’avventura di un artista-poeta, che nella luce dell’alba
cercava la propria.
sgrasso@corriere.it
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Editoria Il colosso di Seattle starebbe testando un servizio che garantisce l’accesso illimitato al suo catalogo
Leggere migliaia di libri con 9,99 dollari al mese
La sfida di Amazon che spaventa gli editori
di DAVIDE CASATI
L
a notizia, in fondo, era lì, in bella vista, da tempo. Bastava gettare uno
sguardo attento ai documenti presentati da Amazon presso la Sec — la Consob statunitense — per scoprire che la società guidata da Jeff Bezos, che punta ad
essere «l’azienda più attenta ai clienti della
Terra», non si limita a funzionare da gigantesco negozio online (19,74 miliardi di
dollari di vendite nel primo trimestre
2014), ma punta a fornire «accesso illimitato a migliaia di film, episodi tv e a centinaia di libri da noleggiare e leggere».
Eppure, quando il «Financial Times» ha
ieri dato la notizia che il colosso dell’ecommerce starebbe testando un nuovo
servizio —Kindle Unlimited — che garantisce l’accesso illimitato a un catalogo di
600 mila libri, consultabili per un mese da
chiunque abbia un lettore Kindle e paghi
un abbonamento di 9,99 dollari, il mondo
dell’editoria è stato attraversato da un brivido. E a poco sono serviti il fatto che la notizia, apparsa sul sito dell’azienda di Seattle, sia stata rapidamente rimossa; o il riserbo mantenuto da Amazon sul caso; o persino l’esistenza di servizi simili offerti da
aziende (come Scribd) con cataloghi più
limitati. L’impressione, immediata, è stata
quella di trovarsi di fronte a un potenziale
cambio di paradigma: uno spostamento di
baricentro che Gian Arturo Ferrari, autore
del saggio Libro (Bollati Boringhieri), sin-
Ellen Harvey (1967), Looking-Glass iPad, Kindle & Nook (2014, installazione)
tetizza come quello «dal possesso all’uso».
Il cambiamento è già avvenuto in altri
campi del consumo culturale. La fruizione
di film, documentari e serie televisive è
stata rivoluzionata da servizi in streaming
come quelli offerti da Netflix e da Hulu: secondo il report 2014 della società di consulenza Nielsen, le vendite di dvd e blu-ray
sono calate, lo scorso anno, del 6%; e una
ricerca di Generator Research prevede un
calo del 38% entro il 2018, a fronte di una
crescita del 260% del mercato dello streaming. Un fenomeno simile è visibile nell’industria della musica, dove il canale di
accesso per l’utente è sempre più spesso
virtuale — da Spotify a Deezer a YouTube: i
ricavi per abbonamenti sono cresciuti, a li-
vello globale, del 51,3% nel 2013 rispetto al
2012, e l’International Federation of the
Phonographic Industry scrive nel suo report 2013 che «le compagnie discografiche hanno adattato il loro modello di business, spostandolo dal possesso all’accesso». «Il libro, però, è altra cosa», spiega
Marco Polillo, presidente dell’Associazione italiana editori, il cui giudizio — al netto del fatto che Amazon non abbia finora
contattato autori ed editori sull’iniziativa,
che comporterebbe una rinegoziazione
dei contratti — «è scettico, ancorché solo
epidermico».
Anche Andrea Cane, publisher per il
marchio Utet di De Agostini libri, ha da eccepire sulla comparabilità di un accesso il-
limitato a libri rispetto a film o canzoni.
«Sarebbe un cambiamento immenso. E
non per forza negativo». La possibilità di
leggere (senza possederli) un numero elevatissimo di libri potrebbe spingere all’acquisto dei titoli che hanno segnato, in
qualche modo, la nostra vita. Un fenomeno simile sta avvenendo con i dischi in vinile, le vendite dei quali — dopo anni di
crollo — sono tornate a impennarsi. «Potrebbe cambiare la natura delle biblioteche che abbiamo in casa, rendendole più
curate», dice Cane.
«Il mondo dell’editoria è molto più
frammentato di quello della musica»,
spiega Stefano Mauri, presidente del gruppo Mauri Spagnol. «Ma se questo può servire a ingolosire i lettori, a spingere chi
magari già spende per un abbonamento a
Spotify a farlo anche per i libri, quel che mi
viene da dire è: perché no?»
C’è uno scambio di libertà, in uno sconvolgimento come quello lasciato intuire da
Amazon. Da un lato, la libertà di consumare a piacimento, di assaggiare un libro per
poi abbandonarlo senza spese, di portare
intere biblioteche dentro un semplice supporto; dall’altro, quella di accumulare oggetti che indichino tappe di una vita, intellettuale e non solo, da trasmettere a chi sarà dopo di noi. È anche in questo scambio
la rilevanza di una fuga di notizie che erano in fondo già lì, sotto gli occhi di chi volesse leggerle.
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Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
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EUROPA DELL’EST, MEDIO ORIENTE, ASIA
✒
Due video postumi hanno fatto
la loro recente comparsa sui siti
collegati all’Isis (lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante). Uno ha per protagonista il canadese Andre Poulin e l’altro un kazako. Tutti e due chiamano i
compatrioti a combattere in Siria e per il
nuovo califfo. L’appello segue di pochi
giorni la storia delle giovani gemelle
britanniche, corse in Siria come spose
per combattenti e i non pochi musulmani europei che hanno irrobustito le
fila dei combattenti per il jihad. Non
mancano neppure italiani: il marocchino Anas el Abboubi cresciuto nel bresciano, oppure il genovese Giuliano
Ibrahim Delnevo o l’imam australianocalabrese Musa Cerantonio.
Dopo gli inviti ad emigrare nel territorio iracheno, queste testimonianze di
martirio di «stranieri» sottolineano ulteriormente le difficoltà incontrate dal
nuovo califfato. Pochi nel mondo islamico lo hanno accettato e giurato fedeltà. Anzi, i più hanno respinto con forza
l’appello, persino i meno moderati. Figure prestigiose come al-Qaradawi non
hanno avuto dubbi, e ci si è messo pure
un leader salafita come Abu Muham-
mad al-Maqdisi a respingere al mittente
la richiesta. Per non parlare poi dei jihadisti africani di Aqim (Al Qaeda in the
islamic Maghreb) che hanno ribadito la
loro contrarietà, oppure dell’altra fazione jihadista di Jabhat al-Nusra, che combatte in Siria e che ha pensato bene di
proclamare un emirato indipendente.
Più che al mondo musulmano, la propaganda dell’Isis sembra ora allungare
lo sguardo verso l’occidente. La rozzezza
dei proclami mediatici e le azioni sul
terreno cercano la semplicità delle convinzioni di certi convertiti o di chi si è
avvicinato o riappropriato della fede
islamica in termini antagonistici. La loro è una visione che ha poco a che fare
con la vera storia dell’Impero musulmano, ma che stuzzica militanze senza
dubbi intorno a parole d’ordine grossolane ed esplicite. E così, mentre la maggioranza dei musulmani dice no al Califfo Ibrahim, il nuovo califfato lancia i
suoi proclami all’occidente. Cercando
qui, per assurdo, jihadisti alle prime armi o combattenti desiderosi di una causa e di un martirio.
Roberto Tottoli
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L’AMBIENTE È COMPETENZA DELLO STATO
DANNOSE TROPPE DELEGHE ALLE REGIONI
✒
La tendenza a diluire progressivamente i poteri attribuiti allo Stato
dalla Costituzione in favore di competenze
delegate alle Regioni preoccupa il mondo
ambientalista.
Tali preoccupazioni sono espresse in un
documento firmato da 19 organizzazioni —
dal Fai a Italia Nostra, dal Touring Club agli
Amici della Terra, da Pro Natura al Wwf —
in favore di un emendamento
del presidente della Commissione Ambiente del Senato,
Marinello, teso a neutralizzare
un precedente emendamento,
firmato Finocchiaro-Calderoli, che prevede una riduzione
delle competenze dello Stato
nel delicato settore della tutela ambientale.
Nell’originario disegno di
legge di riforma istituzionale presentato dal
ministro Boschi, era infatti correttamente
previsto — come recita l’articolo 117 della
Costituzione, modificato dalla Legge
3/2001 — che fosse mantenuta in capo allo
Stato la «legislazione esclusiva» in alcune
materie di rilevanza nazionale e internazionale quali «la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali».
L’emendamento 26.1000 dei relatori Calderoli e Finocchiaro, affida invece incom-
prensibilmente allo Stato la competenza
esclusiva solo «sulle disposizioni generali e
comuni su ambiente ed ecosistema». La genericità e la debolezza tecnica della formulazione riaccenderebbe una forte conflittualità con gli enti locali, aprendo la strada a
infiniti ricorsi alla Corte Costituzionale. Tra
il 2002 e il 2013 furono 2081 i giudizi di costituzionalità attinenti a questi temi.
E tutto questo aggraverebbe situazioni delicate, come
quelle del minacciato smembramento del Parco nazionale
dello Stelvio, delle carenze
nella gestione della Biodiversità nella Rete Natura 2000 (affidata dall’Ue alle Regioni) e
dei tanti contenziosi accesi
dal fatto che quando si avvicinano gli oggetti preziosi della
tutela agli interessi locali (anche perché la
natura non conosce confini) i suoi vincoli
vengono spesso scalfiti.
Gli ambientalisti sperano quindi che i
ministri della Riforma, Boschi, e dell’Ambiente, Galletti, intervengano a sostegno
dell’emendamento Marinello per riportare
«ambiente ed ecosistema» tra le competenze esclusive dello Stato.
Fulco Pratesi
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IL PARAVENTO OCCIDENTALE
E IL RISCHIO DELL’IRRILEVANZA
SEGUE DALLA PRIMA
Quell’era è finita. Oggi assistiamo a sanguinosi scontri in Ucraina, ma anche nella Striscia di Gaza, per non parlare della Siria e dell’Iraq, in cui la logica di chi governa non è necessariamente quella di chi combatte. Non
credo che Vladimir Putin voglia una guerra
con l’Ucraina e penso che ne abbia dato una
prova, dopo l’annessione della Crimea, abbassando il volume delle deprecazioni e delle
accuse. Non credo neppure che il governo di
Kiev coltivi la strategia avventurista del tanto
peggio tanto meglio. E non credo infine che il
primo ministro israeliano sia deciso a continuare l’assalto a Gaza fino alla definitiva distruzione della Striscia, rischiando di vincere
sul terreno e perdere nella guerra delle percezioni e delle immagini. Ma temo che nessuno
dei tre sia in condizione di controllare totalmente le sue fazioni più radicali e le reazioni
di coloro che hanno sul terreno un rischioso
compito operativo. Ci sono russi, non soltanto nel campo dei ribelli dell’Est, che vogliono
liquidare una volta per tutte la questione
ucraina anche a costo di un grande conflitto
regionale; ucraini che vogliono suscitare una
generale indignazione e provocare un più in-
Un ordine mondiale senza leadership
I conflitti locali destinati ad aumentare
di IAN BREMMER
N
el mondo di oggi si moltiplicano
i focolai di instabilità. L’atteggiamento aggressivo di una Russia
in cerca di rivincite, un impressionante movimento di ribellione in Iraq, un’escalation di tensioni tra la
Cina e i Paesi confinanti: basterebbe uno
solo di questi eventi a scatenare gravi preoccupazioni su scala globale. Fino a oggi,
come per l’attuale fiammata di violenza in
Israele, questi conflitti hanno avuto scarso
impatto al di fuori delle rispettive regioni.
Ma ci sono grossi cambiamenti in vista.
Innanzitutto, la sfida aperta lanciata dal
Cremlino. Se l’Ucraina resta la tessera
cruciale nel sogno di un’unione
euroasiatica del presidente russo Putin, gli
sconvolgimenti degli ultimi nove mesi in
Ucraina hanno scavato ancora di più il
fossato tra i due Paesi. Nel futuro
immediato, non ci sarà pace per l’Ucraina.
Kiev è decisa ad allentare la dipendenza
economica da Mosca e a gettare nuovi
ponti — politici, economici e militari —
verso l’Europa. Per ostacolare questo
processo, Putin farà ricorso a ogni forma di
pressione a sua disposizione per
costringere l’Ucraina a emendare la propria
costituzione in modo da dare potere ai
governi regionali, perché ciò consentirebbe
a Mosca di sfruttare la sua influenza nelle
province orientali per rallentare la spinta di
Kiev verso occidente. Nessuna delle due
parti scenderà a compromessi finché non
sarà costretta a farlo. È probabile che le
nuove sanzioni imposte dall’Occidente alla
Russia avranno il risultato di spingere Putin
a far pagare all’Europa il prezzo dello
scontro.
In Iraq, la guerra settaria è ancora una volta
all’ordine del giorno, creando legami più
stretti tra la popolazione sunnita, sciita e
curda e i confratelli al di là dei confini
iracheni. Oggi, le milizie sunnite che hanno
preso il controllo delle città nel nord
dell’Iraq non hanno i mezzi per rovesciare il
governo a maggioranza sciita di Bagdad. Il
governo, dal canto suo, non dispone di
forze in grado di sconfiggere i ribelli,
mentre i curdi sono riusciti a mettere in
piedi una regione autonoma a tutti gli
effetti nei territori del nord.
Il rischio principale è che lo scontro
sunniti-sciiti in Iraq possa allargarsi e
degenerare in un unico conflitto regionale.
Gli islamisti sunniti sfrutteranno i territori
da loro controllati per reclutare e
addestrare i jihadisti. L’Iran, dal canto suo,
rafforzerà i legami con Bagdad. I sauditi
non manifesteranno pubblicamente il
sostegno ai militanti, ma per evitare il
predominio sciita e un’alleanza più formale
tra Teheran e Bagdad lasceranno confluire
verso quella regione armamenti e denaro.
Gli americani, sempre meno propensi ad
accollarsi nuovi rischi, resteranno a
BEPPE GIACOBBE
IL CALIFFO SNOBBATO DAI PAESI ISLAMICI
ORA CERCA PROSELITI IN OCCIDENTE
guardare in disparte. Ma la rivalità tra l’Iran
e l’Arabia Saudita prima o poi sfocerà in
nuovi conflitti in Medio Oriente.
Nell’est asiatico, i rapporti tra la Cina e i
suoi vicini potrebbero rivelarsi assai più
problematici. Per rafforzare la sua crescente
influenza regionale e per placare le
richieste sempre più insistenti, specie da
parte delle forze armate, di una politica
estera più muscolare, Pechino si sta
dimostrando più polemica e aggressiva,
specie nelle dispute riguardanti le acque
della regione. Per il momento, la Cina pare
decisa a prendersela direttamente solo con
il Vietnam, da un lato perché le
conseguenze negative di questo scontro
sono meno rilevanti, sotto il profilo
economico, che con il Giappone, e inoltre
perché il Vietnam, a differenza del
Giappone e delle Filippine, non gode della
protezione formale degli Stati Uniti.
La situazione rischia tuttavia di complicarsi
e aggravarsi, poiché il primo ministro
giapponese, Shinzo Abe, ha annunciato il
piano di «re-interpretare» la costituzione
giapponese per consentire al Giappone di
modificare la sua normativa di sicurezza
nazionale, andando oltre l’autodifesa. E
questo lascia intuire che Cina e Giappone
potrebbero giungere a scontri veri e propri
nel Mar Cinese orientale, con la minaccia
che il Giappone possa intervenire nel Mar
Cinese meridionale a sostegno dei suoi
alleati, il che potrebbe mettere in allarme i
militari cinesi. I governi della seconda e
terza economia mondiale dovranno
mettercela tutta per evitare uno scontro
armato, ma nessuno dei due è sordo alle
richieste della propria opinione pubblica
che esige una presa di posizione
irremovibile in caso di conflitto. Questo
rischio si aggraverà notevolmente se in Cina
dovesse vacillare l’attuale stabilità politica.
La buona notizia è che oggi il mondo è in
grado di assorbire meglio le onde d’urto
scatenate da questi avvenimenti, rispetto a
soli cinque anni fa. L’economia americana
si è ripresa in larga misura dalla crisi
finanziaria, la zona euro non è più in
pericolo imminente e la Cina ha evitato
bruschi contraccolpi alla sua economia. I
tassi di interesse restano relativamente
bassi. Il reperimento di nuove fonti
energetiche ha allontanato lo spauracchio
di una crisi del mercato petrolifero. Tutto
sommato, e malgrado gli sconvolgimenti in
corso, viviamo in un mondo più stabile.
La brutta notizia è che questo relativo
equilibrio a livello globale rischia di
generare un falso senso di sicurezza tra i
leader politici, i quali potrebbero essere
tentati di sottovalutare le problematiche
più urgenti, fino a restarne travolti.
Diversamente dagli attuali scontri a fuoco
in Israele, tutti questi focolai di conflitto e
scontro nascono dallo scompaginamento
dell’attuale ordine internazionale, e non
sono possibili soluzioni senza un
intervento massiccio da parte di potenti
attori esterni, e nessuno — al momento —
è disposto a farsi carico dei costi e dei rischi
di tale responsabilità.
Con un’America distratta, e sempre meno
pronta ad assumersi gli oneri e i pericoli
della leadership globale, e in mancanza di
altri attori capaci di riempire il vuoto
lasciato dagli Stati Uniti, il numero di
focolai è destinato ad aumentare, e a
innescare conflagrazioni più gravi di
quanto abbiamo visto finora.
(Traduzione di Rita Baldassarre)
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NOMINE
Il ritorno di Telemaco a mani vuote
cisivo intervento delle democrazie occidentali; israeliani che vogliono mandare all’aria la
riconciliazione fra Hamas e l’Autorità nazionale palestinese; fanatici islamisti per i quali
una guerra si vince soltanto costringendo il
nemico ad uccidere il maggior numero possibile di civili innocenti.
Non è facile fare proposte e suggerimenti.
Ma è lecito dire che gli Stati Uniti e l’Unione
europea dovrebbero smetterla di baloccarsi
con misure punitive di discutibile effetto. Le
sanzioni più severe adottate da Washington
nelle ultime ore e quelle di cui si è discusso
anche nell’ultimo incontro del Consiglio europeo, colpiscono spesso la popolazione più
di quanto non feriscano la dirigenza del Paese e sono diventate il paravento dietro il quale le democrazie occidentali nascondono l’irrilevanza della loro diplomazia. Nella questione ucraina occorre impedire che il partito
della guerra imponga ai governi la propria logica. È un obiettivo a cui Putin dovrebbe essere non meno interessato del leader ucraino
Petro Poroshenko e, per quanto concerne
Gaza, del presidente iraniano Hassan Rouhani. Sono loro i nostri migliori interlocutori.
Sergio Romano
© RIPRODUZIONE RISERVATA
di ANTONIO POLITO
T
elemaco è tornato a mani vuote, procellosa la sua navigazione nelle acque
sconosciute dell’Europa. Per quanto
sia lecito sperare in un ripensamento,
la candidatura di Federica Mogherini
a ministro degli Esteri dell’Unione sembra irrimediabilmente indebolita dall’ampio fronte
contrario che ha cementato, soprattutto dopo
l’abbattimento del Boeing e il drammatico aggravarsi della crisi ucraina. Non è la prima volta
che una proposta italiana viene accolta con scetticismo: abbiamo impostato il nostro semestre
sulla richiesta di più flessibilità e abbiamo ottenuto solo la generica promessa di un «buon
uso» di quella esistente. Il peso politico ed elettorale di Renzi non sembra insomma tradursi in
un maggior peso specifico dell’Italia. Perché?
Come rimediare?
Sarebbe facile ora — ma lo era anche due settimane fa — individuare gli errori tattici. In Europa non basta annunciare qualcosa per ottenerla. I fatidici pugni sul tavolo non si sbattono certo prima ancora di cominciare il negoziato. Né è
consigliabile entrarci con una proposta non negoziabile, su un candidato non irresistibile, mi-
nacciando un voto a maggioranza senza averne
una. Mr. Pesc rappresenta 28 Paesi, Roma non
ha dunque alcun diritto a scegliere l’italiano che
vuole, deve piacere anche agli altri. E chiedere
«rispetto per un Paese fondatore» è il modo migliore per irritare ulteriormente i 22 Paesi non
fondatori, che hanno aderito all’Unione proprio
sulla base del «rispetto reciproco».
Ma ci sono due incomprensioni più di fondo
rivelate da questa vicenda: un peso eccessivo
della politica interna e una fiducia eccessiva nella politica europea.
Non è infatti un mistero a Bruxelles ciò che ieri
ha dichiarato un consigliere della Merkel: «Letta
aveva buone chance, ma Renzi non lo ha proposto». Il punto cruciale del negoziato è infatti il
posto di presidente del Consiglio. Carica pesante, per la quale è richiesto un premier o ex premier, possibilmente della zona euro, meglio ancora se parla inglese. Letta ha consenso, il profilo
giusto, e in più è disoccupato, a differenza del
leader polacco o di quello irlandese, che dovrebbero invece lasciare la politica nazionale. È comprensibile che Renzi non voglia rilanciare al governo dell’Europa un avversario politico che ha
cacciato dal governo dell’Italia. Ma è anche giustificabile? Quella poltrona si aggiungerebbe al
posto da commissario che ci spetta comunque, e
che potrebbe andare alla Mogherini. Se c’è davvero anche una sola chance di provarci, ne vale la
pena.
La seconda questione riguarda la politica europea. Si sopravvaluta in queste ore la svolta che
sarebbe avvenuta con le elezioni, e il ruolo decisivo che avrebbe assunto la dialettica tra i partiti
(in realtà sono agglomerati spuri, tant’è che vengono pudicamente definite «famiglie»). Mentre
il caso Mogherini ci ha ricordato la sostanza dei
rapporti di forza geo-politici, basati sull’interesse nazionale. Nell’Europa di oggi i gasdotti contano ancora di più dei partiti, e l’appoggio della famiglia socialista (peraltro al governo in una minoranza di nazioni) vale meno dell’opposizione
di molti Paesi al South Stream. E se è vero che tutti i governi sono rimasti colpiti dal 40,8% di Renzi, è pur vero che ognuno pensa ai voti suoi. Al
prossimo vertice di fine agosto, del semestre italiano saranno rimasti solo quattro mesi. Conviene riflettere bene, se si vuole usarli al meglio.
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Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
45
italia: 51575551575557
Lettere al Corriere
LE BELVE DI BERLINO NAZISTA
STORIE DI AMORI E SPIONAGGIO
Risponde
Sergio Romano
Ho sentito parlare del libro
dello scrittore statunitense
Erik Larson intitolato
Il giardino delle bestie Berlino 1934, che tratta
dell’ascesa al potere di
Adolf Hitler e del Partito
nazionalsocialista tedesco
dei Lavoratori, nella
Germania nazista degli
anni Trenta. In particolare
sarebbe centrato sulle figure
dell’ambasciatore degli Stati
Uniti a Berlino William
Edgar Dodd, della moglie
Martha «Mattie» Johns, dei
figli Martha Dodd e William
E. Dodd jr. Sono molto
interessato alla storia di quel
periodo, ma temo che nel
libro sia romanzata:
altre volte ho preso simili
fregature.
Porfirio Russo
porfirio.russo@
live.it
Caro Russo,
l libro è già apparso in Italia presso Neri Pozza ed è
stato recensito dal Corriere nel marzo del 2012. Appartiene a un genere letterario
che si colloca a mezza strada
fra la saggistica e la narrativa.
Non è romanzo e va generalmente sotto il nome di «non
fiction», ma ha una trama,
personaggi, dialoghi. L’autore, Erik Larson, è stato lungamente giornalista, ma ha
scritto anche racconti e un libro (The Devil in the White
City, il diavolo nella città
bianca, ndr) sulla grande
esposizione mondiale che si
tenne a Chicago nel 1893, con
un anno di ritardo sulle celebrazioni per il quarto centenario della scoperta dell’America. Il titolo di In the
Garden of the beasts (nel
giardino delle bestie) allude
I
SCANDALO LOCKHEED
COGNOME DEI FIGLI
Ipotesi senza prove
La proposta di legge
Caro Romano, alla sua
risposta al lettore sullo
scandalo Lockheed, vorrei
aggiungere un particolare sul
perché il personaggio dal
nome «Antelope Cobbler»
non fu mai identificato.
Forse dipende da una svista
o dalla scarsa familiarità con
la lingua inglese dei
giornalisti nostrani che male
interpretarono «Antelope
Cobbler» traducendo in
«antilope ciabattino».
Una «G» al posto della «C»
avrebbe trasformato il
«ciabattino» in «divoratore».
Dunque «Antelope Gobbler»,
«divoratore di antilopi»
e il nome di Leone sarebbe
apparso in chiare
lettere!
Così il giornalismo italiano
ha perso l’occasione per
chiarire il caso Lockheed e per
guadagnare uno «scoop».
È in discussione una
proposta di legge per
sostituire il cognome paterno
con quello della madre o ad
affiancarlo, per cancellare
una discriminazione nei
confronti delle donne. Io
invece credo che si stia
cancellando una tradizione
millenaria e che, con il solito
slogan della discriminazione,
si nasconda il tentativo di
indebolire la famiglia e di
svilire la figura del padre.
Rudi Eberspacher
Trento
Brillante decrittazione di
un nome in codice, ma troppo
poco per incriminare una
persona contro la quale non
esistevano prove.
Le lettere, firmate con nome, cognome e città, vanno inviate a:
«Lettere al Corriere» Corriere della Sera
via Solferino, 28 20121 Milano - Fax al numero: 02-62.82.75.79
Giuseppe Cacioppo
Sciacca (Ag)
al Tiergarten, il grande parco
di Berlino che ospitava un
giardino zoologico; ma è anche un ovvio riferimento al
clima politico della città dopo l’avvento del nazismo e, in
particolare, a quella sanguinosa faida del partito nazista
durante la quale Hitler scatenò una «notte di San Bartolomeo» per sbarazzarsi dei
maggiori esponenti delle SA
(Sturm Abteilung) di Ernst
Röhm.
Le fonti usate da Larson
sono impeccabili. Ha utilizzato le memorie dell’Ambasciatore Dodd, i suoi rapporti
al Dipartimento di Stato, le
carte dell’amministrazione
delle firme necessarie per
presentare sia un
referendum, sia una legge di
iniziativa popolare. Trovo
paradossale che queste
innovazioni arrivino da un
partito che si definisce
democratico, e che potrebbero
arrivare grazie a un voto
comune di partiti del centro
destra, in Europa tutti uniti
in quello che si chiama
Partito popolare...
americana aperte alla consultazione negli scorsi decenni, un libro della figlia
Martha e la corrispondenza
con i suoi ammiratori e
amanti. È Martha infatti, per
molti aspetti, il grande personaggio del libro. Quando
approda a Berlino con il padre e la madre, nel 1934, è reduce da un recente divorzio,
è affamata di nuove esperienze, è curiosa, spregiudicata, decisamente scorretta.
Dopo qualche iniziale entusiasmo per il partito nazista,
ne constata la brutalità, è indignata dalla sua ferocia e diventa comunista. Ma nel
frattempo ha accolto nel suo
talamo il capo della Gestapo,
un consigliere di Hitler, un
principe del sangue, qualche
giornalista, qualche diplomatico (fra cui un futuro ambasciatore di Francia a Ro-
m a ) ; e s a r à d i l ì a p o co
l’amante di Boris Vinogradov, il «residente berlinese»
dell’Nkvd (comissariato del
popolo per gli affari interni).
Questa, a quanto pare, è una
vera storia d’amore. Ma Martha continuerà a spiare per
l’Urss anche dopo il richiamo
di Vinogradov a Mosca e più
tardi, quando sposerà un ricco procuratore d’affari, convertirà il marito alla «causa»
facendo di lui un «compagno
di viaggio».
La sua carriera di agente
sovietico terminò verso la
metà degli anni Cinquanta
quando fu convocata da una
commissione del Congresso
e si sottrasse all’arresto fuggendo col marito dapprima
in Messico, poi a Cuba, Praga
e Mosca. È morta a Praga nel
1990.
riferiscono di omicidi-suicidi
avvenuti per la maggior parte
nell’ambito familiare. In
molti casi si parla di soggetti
affetti da gravi patologie
depressive. Queste persone
avrebbero dovuto essere
curate. Ma dove? Ovviamente
in strutture specializzate, ma
la Legge 180, più nota come
legge Basaglia, ha vietato non
soltanto la costruzione di
nuovi ospedali psichiatrici,
ma anche l’utilizzo di quelli
già esistenti come divisioni
specialistiche. E i risultati,
purtroppo, sono ben visibili a
tutti!
sportelli Aci. In base alla
legge da poco entrata in
vigore che prevede i
bancomat per i pagamenti
superiori a 30 euro, con
quello strumento ho dovuto
sborsare 0,80 euro in più per
«spese pagamento a mezzo
bancomat». Il governo, mi
domando, lo aveva previsto?
Clementina Nosemi
nosemi@libero.it
RIFORME
Nico Settembrini, Arezzo
USO DEL BANCOMAT
OSPEDALI PSICHIATRICI
Norme penalizzanti
Le riforme tanto attese pare ci
portino in dono un aumento
La tua opinione su
sonar.corriere.it
La trattativa fra Etihad e
Alitalia va chiusa entro
luglio, ma la Cgil non
sembra intenzionata a
firmare. Siete d’accordo?
Pagamenti di 30 euro
Chiusura discutibile
Ho pagato il bollo della mia
auto e ho utilizzato gli
Ogni giorno i media ci
SUL WEB Risposte alle 19 di ieri
La domanda
di oggi
Sì
Giudizio positivo di
Renzi sull’incontro con
i 5 Stelle. Questa volta
ci sarà un accordo
sulla legge elettorale?
35
No
65
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Raffaello Pasqualotto
pierrestudio@tiscali.it
IN BOCCA AL LUPO
Espressione abusata?
Il successo/abuso della
scaramantica espressione di
«in bocca al lupo» (rivolta
con significato opposto a
quello letterale) potrebbe
avere una spiegazione
(maligna). Il lupo, oltre che in
favola per bambini (quella di
Cappuccetto rosso), trova
spazio anche in versione
edilizia. La «bocca di lupo» è
un pozzo per dare luce/aria ai
locali sotterranei. Pertanto si
può anche intendere di
spedire il destinatario
dell’augurio in un pozzo
sottoterra...
Jacek Sokalski
jacek.sokalski@
me.com
@
E-mail: lettere@corriere.it
oppure: www.corriere.it
oppure: sromano@rcs.it
Visti da lontano
di Massimo Gaggi
Microchip nel corpo
Una frontiera insidiosa
uando, più di dieci anni fa, Sergey Brin, cofondatore di
un’azienda già allora sulla cresta dell’onda, Google, raccontò il suo sogno — l’uomo che riceve tutta la conoscenza della quale ha bisogno attraverso un microchip
impiantato nel cervello — un brivido corse lungo la
schiena di chi lo ascoltava. Si preoccuparono anche gli
uomini dell’azienda californiana, e infatti Brin non parlò più della cosa
per anni. Non per questo lui e i suoi scienziati smisero di pensarci,
consapevoli che la tecnologia spinge comunque in quella direzione.
Questo era anche il nostro sospetto, ma pensavamo che i governi
avrebbero posto limiti etici e introdotto forme di controllo delle tecnologie più invasive. Soprattutto quello statunitense: vieta di fumare
quasi dappertutto, proibisce l’uso di bevande alcoliche non solo ai minorenni ma anche a chi non ha ancora 21 anni. Vuoi che non si opponga alla trasformazione dell’uomo in un «cyborg»? Beh, da qualche
giorno abbiamo una risposta a questa domanda. E la risposta è no. Anzi, è proprio il governo federale attraverso il Pentagono — o meglio la
sua agenzia tecnologica, la Darpa — a promuovere l’impianto di microchip nel cervello.
Intendiamoci: il fine dei contratti siglati pochi giorni fa dal governo
federale coi centri di ricerca di due università, quella della California
(Ucla) e quella della Pennsylvania (UPenn), e con due aziende che già
lavorano sul rapporto tra cervello e intelligenza artificiale, Medtronic e
Neuropace, è condivisibile: aiutare i
soldati con ferite alla testa a recuperare la memoria perduta sul campo
di battaglia. Ma, una volta che la nuova tecnologia sarà disponibile, potrà
Sperimentazioni essere utilizzata in molti altri modi,
alcuni dei quali inquietanti. E non ci
del Pentagono:
sono molti margini d’intervento:
si allarga
quella di limitare lo sviluppo della
tecnologia digitale è, ad oggi, una pia
il rischio di
illusione. Soprattutto se c’è di mezzo
manipolazioni
il Pentagono: da sempre il vero motore della ricerca e dell’innovazione
tecnologica americana (Internet viene da qui come anche l’auto elettrica delle industrie di Detroit). I nuovi
strumenti, poi, vengono presentati come l’unica speranza per curare
non solo terribili ferite e traumi, ma anche malattie fin qui considerate
quasi intrattabili come il morbo di Parkinson, l’epilessia e, in prospettiva, l’Alzheimer.
Il microchip impiantato chirurgicamente all’ingresso dell’ippocampo, il centro della formazione della memoria, dovrebbe aiutare i feriti di
guerra, ma verrà usato anche per combattere la perdita di consapevolezza di chi ha l’Alzheimer. Altri tipi di chip, capaci di stimolare le funzioni
motorie, vengono, poi, già sperimentati su migliaia di pazienti epilettici
o affetti dal Parkinson. Altri stanno sperimentando chip che, installati
nel cervello, restituiscono un uso parziale delle mani a pazienti paralizzati. Chi può criticare questi sforzi?
Ma, avverte Arthur Caplan, un ricercatore della New York University
ex collaboratore della Darpa, quando modifichi i meccanismi mentali,
alteri anche la consapevolezza che ognuno ha di se stesso. Chi garantisce che i governi prima o poi non useranno queste tecnologie anche, ad
esempio, per costruire soldati mentalmente più violenti e aggressivi,
meno «condizionati» dalla loro coscienza?
@massimogaggi
Q
❜❜
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Interventi & Repliche
Strage di via D’Amelio: le manifestazioni
19 luglio, anniversario della strage di via
D’Amelio, dove morirono Paolo Borsellino,
Walter Eddie Cosina, Agostino Catalano,
Emanuela Loi, Vincenzo Fabio Li Muli, Claudio
Traina. Le Agende Rosse organizzano una serie
di eventi che vanno dalle 18.00 del 18 luglio alle
18.00 del 20 luglio. Si comincerà con la «scorta
civica» ai magistrati di Palermo, al palazzo di
Giustizia. Seguirà un corteo che porterà i
partecipanti alla facoltà di Giurisprudenza dove
la rivista AntimafiaDuemila ha organizzato un
convegno con interventi, tra gli altri, di Salvatore
Borsellino e Antonino Di Matteo. Il 19 luglio sarà
dedicato al presidio in via D’Amelio dove non
sono gradite corone di stato, ma la
partecipazione di semplici cittadini. Una giornata
dedicata alle giovani generazioni che, secondo
Paolo Borsellino, sono «le più adatte a sentire
subito la bellezza del fresco profumo di libertà
che fa rifiutare il puzzo del compromesso
morale». Al mattino giochi per bambini. Nel
pomeriggio interventi dei familiari delle vittime
della strage, sino al minuto di silenzio (16.58).
Seguiranno contributi dei magistrati Di Matteo e
Ardita e dall’avvocato Airò Farulla. Sarà poi la
volta di spettacoli ed interventi a cura di
giovanissimi. Dopo le 20 si attenderà l’arrivo
dell’annuale fiaccolata che renderà omaggio a
Paolo Borsellino e agli agenti della sua scorta. In
serata Rossella Guadagnini intervisterà
l’avvocato Fabio Repici sui processi relativi alla
strage. Dopo Marco Travaglio e Valentina
Lodovini, interpreti dello spettacolo «E’ Stato la
mafia», chiuderà la giornata Salvatore
Borsellino. Il 20 luglio partirà da via D’Amelio la
salita al Castello Utveggio. Chiuderà alle 18, alla
ex Fonderia Reale, un convegno con interventi
degli onorevoli Fava, Sarti, Lumia e Ciaccio.
Programma completo su: 19luglio1992.com
http://www.19luglio1992.com.
Angelo Garavaglia Fragetta, Milano
Le responsabilità del generale Cadorna
Quanto affermato da un lettore sul Corriere
dell’8 luglio non corrisponde al vero: infatti il
generale Luigi Cadorna, nel bollettino del 28
ottobre 1917, scrisse che alcuni reparti (dunque
gli ufficiali che li comandavano) si erano
vilmente arresi, mentre altri avevano
combattuto valorosamente. Giusta e doverosa
fu tale azione di comando (coronata da
successo) in presenza di fenomeni di diserzione,
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dovuti alla propaganda bolscevica e pacifista, le
cui dimensioni non potevano essere valutate
con esattezza. Diverso l’aspetto politico di quel
bollettino, perché «i panni sporchi si lavano in
famiglia». Ma il generale Cadorna non ne aveva
la responsabilità perché, prima di lui, il bollettino
era stato approvato da due ministri. I due
ministri non potevano non prevedere le
conseguenze in danno del generale (fu rimosso
dall’incarico). Ciò dimostra non solo la buona
fede di Cadorna ma anche il complotto
organizzato contro di lui dai ministri o da chi per
loro. Peraltro il generale si è assunto (come ha
scritto in Pagine polemiche) la sua responsabilità
principale: cioè quella di non aver controllato
l’esecuzione puntuale dei suoi ordini da parte
del Comando della Seconda armata.
Raffaele Porpora, r.porpora@tiscali.it
Donne vescovo nella Chiesa anglicana
Da credente, sono molto contento che la Chiesa
anglicana abbia approvato la figura delle donne
vescovo (Corriere, 15 luglio). È un modo di
recepire — pur con molto ritardo —
un’uguaglianza di genere che il mondo laico
ormai dà per scontata (anche se non sempre
applicata). E il Vaticano?
Massimo Marnetto
massimo.marnetto@gmail.com
La fotografia di Giuseppe Penone
La fotografia di Giuseppe Penone pubblicata sul
Corriere della Sera di ieri a pagina 33 è di
Giovanna Focardi Nicita.
EDIZIONI TELETRASMESSE: RCS Produzioni Milano S.p.A. 20060 Pessano con Bornago
- Via R. Luxemburg - Tel. 02-95.74.35.85 • RCS Produzioni S.p.A. 00169 Roma - Via Ciamarra 351/353 - Tel. 06-68.82.8917 • Seregni Padova s.r.l. 35100 Padova - Corso Stati Uniti
23 - Tel. 049-87.00.073 • Tipografia SEDIT Servizi Editoriali S.r.l. 70026 Modugno (Ba) Via delle Orchidee, 1 Z.I. - Tel. 080-58.57.439 • Società Tipografica Siciliana S.p.A. 95030
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Presse Service Co. Ltd 44/10 Soi Sukhumvit, 62 Sukhumvit Road, Bang Chark, Phrakhanong - Bangkok 10260 - Thailandia
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Alto Adige, non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 +
€ 0,47; ven. Corsera + Sette + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47; sab. Corsera +
IoDonna + CorTrent. o CorAltoAd. € 0,93 + € 0,50 + € 0,47. A Bologna e prov. non acquistabili separati: m/m/g/d Corsera + CorBo € 0,62 + € 0,78; ven. Corsera + Sette + CorBo €
0,62 + € 0,50 + € 0,78; sab. Corsera + Io Donna + CorBo € 0,62 + € 0,50 + € 0,78. A Firenze e
prov. non acquistabili separati: l/m/m/g/d Corsera + CorFi € 0,62 + € 0,78; ven. Corsera +
Sette + CorFi € 0,62 + € 0,50 + € 0,78; sab. Corsera + Io Donna + CorFi € 0,62 + € 0,50 + €
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PREZZI: *Non acquistabili separati, il venerdì Corriere della Sera + Sette € 1,90 (Corriere €
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1,20 + € 0,20; ven. Corsera + Sette + Cor. Como € 1,20 + € 0,50 + € 0,20; sab. Corsera + IoDon-
La tiratura di giovedì 17 luglio è stata di 425.690 copie
ISSN 1120-4982 - Certificato ADS n. 7682 del 18-12-2013
Hong Kong HK$ 45; Thailandia THB 190; UK Lg. 1,80; Ungheria Huf. 650; U.S.A. USD 5,00. ABBONAMENTI: Per informazioni sugli abbonamenti nazionali e per
l’estero tel. 0039-02-63.79.85.20 fax 02-62.82.81.41 (per gli Stati Uniti tel. 001-718-3610815 fax 001-718-3610815). ARRETRATI: Tel. 02-99.04.99.70. SERVIZIO CLIENTI:
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46
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Spettacoli
Dati Fimi-Gfk
Dear Jack e Pharrell i più venduti del 2014
È dei Dear Jack, la band di «Amici», il disco più venduto nei primi sei mesi del
2014. «Domani è un altro film», secondo i dati ufficiali Fimi-Gfk, batte
«Mondovisione» di Ligabue (uscito nel 2013) e «Ghost Stories» dei Coldplay.
Sono 11 gli album italiani fra i primi 15. Nei singoli «Happy» di Pharrell
Williams precede «Jubel» dei Klingande e «Rather Be» dei Clean Bandit.
Volti
L’intervista La carriera, la famiglia, le rivalità di Hollywood: le confessioni dell’attore che arriva in Italia nei prossimi giorni
American
Gigolò
Richard Gere
in una scena di
«American Gigolò» (1980):
il film di Paul
Schrader gli
regalò la fama
internazionale
Time Out
of Mind
Nel film di Oren
Moverman
(2014) il divo
interpreta un
senzatetto che
cerca di riallacciare il rapporto con la figlia
Richard Gere: mi sento un ragazzo
e inseguo ancora la forza dei sogni
«Il set è anche impegno, nel nuovo film i drammi del lavoro»
NEW YORK — Può essere difficile pensare che l’Ufficiale e gentiluomo Richard Gere, presto
ospite del Giffoni Film Festival,
stia per compiere 65 anni. Per
tanti, Richard resta l’attore romantico che conquistava Julia
Roberts in Pretty Woman (1990),
l’American Gigolò (1980) poi diventato un attivista (buddista) di
tante battaglie per i diritti umani.
È ancora molto impegnato come
attore ed è particolarmente orgoglioso di Time Out of Mind che
andrà a Toronto.
«Il tempo passa per tutti e solo
la celluloide ti conserva immutabile. Quando recitai diretto da
Terrence Malick in I giorni del
cielo (era il 1978) avevo molte
aspettative, come diceva una battuta di quello splendido copione:
“se raccogli un fiore, puoi conservarlo per sempre”. Io mi
aspetto ancora molto dalla vita».
Hollywood è il regno della
competizione, lei sembra essere passato indenne attraverso
tempeste...
«Ritengo sia possibile conservare la giovinezza dei sentimenti.
Sono felice di andare al Giffoni
con mio figlio Homer, un ragazzo pieno di interessi. Bisogna ridare un senso a molti Festival,
Giffoni ce l’ha, me ne hanno parlato De Niro, Meryl Streep, Vanessa Redgrave e altri. Sarà una
esperienza vitale, la vivrò con un
grande rispetto per i ragazzi».
Perché ha scelto di interpretare «Time Out of Mind» in cui
impersona un barbone?
«La crisi economica, le disav-
Sorriso Richard Gere è nato a Filadelfia, in Pennsylvania, il 31 agosto 1949. Buddista, è amico del Dalai Lama
venture del lavoro sono una realtà drammatica. Ho sentito dentro
di me questo film. Ne sono orgoglioso come, ancora oggi, sono
fiero di Ufficiale e gentiluomo».
Scrivono che lei si sente al sicuro solo tra i monaci tibetani,
in tanti si chiedono perché sia
finito il suo matrimonio con
Carey Lowell...
«Non ribatto alle sciocchezze.
Penso al lavoro e alle mie passioni: lo studio, l’impegno ecologi-
co, la scienza (come ho fatto nella serie di documentari “Cosmos
- A Space Time Odyssey”). Il cinema, come la vita, è fatto di svolte,
cambiamenti, distacchi».
Che cosa dirà ai ragazzi del
Giffoni?
«Forse che la stagione più verde della vita è fatta di sicurezze e
insicurezze. Io sono una combinazione di questi due poli della
vita, la forza e la fragilità. L’adolescenza è una stagione che ti resta
❜❜
Il ricordo
Mio padre prendeva per
mano me e i miei
fratelli. Ci ha insegnato
a combattere la violenza
Franny
L’attore irriconoscibile
nel ruolo di
un vecchio filantropo sul
set di «Franny» diretto
da Andrew
Renzi
Il Festival
Locarno parte
con Besson
Tra le star
Mia Farrow
O
dentro con tutte le sue linfe».
A chi deve queste convinzioni?
«Devo molto a mio padre. Oggi
ha 92 anni e la sua generosità è
quella di quando prendeva me e i
miei fratelli e sorelle per mano. E
ci insegnava a capire la violenza
che porta alle guerre».
Lei è diventato padre a 50 anni…
«Ma non c’è una età precisa
per capire che il figlio che metti
al mondo avrà la sua vita ma dovrai sempre guidarlo».
Quali sono i fiori all’occhiello
della sua filmografia?
«Oltre a Ufficiale e gentiluomo,
ho davvero amato un piccolo film
da me interpretato, ispirato a una
storia vera, su un cane e il suo padrone, Hachiko - Il tuo migliore
amico. Tra i registi cito un autore
di cui sono stato amico: Lindsay
Anderson».
Rimpianti per qualche premio mancato?
«La vita è fatta di altre cose che
ti danno momenti o anni di felicità. Non delle statuette che porti
a casa».
L’attore Richard Gere non si è
mai svelato troppo.
«Ho detto di me, dei miei legami, il resto è stato privato. Ho costruito splendide amicizie, anche
nel vostro da me amato Paese.
Ero giovanissimo quando scoprii
la bellezza di Positano, perla della Costiera Amalfitana. Allora come oggi ero aperto al senso della
sorpresa, proprio come quando
scegli un libro e inizi a leggerlo».
Perché decise di fare l’attore?
«Ero un sognatore, lo sono ancora. Venivo da una piccola città
della Pennsylvania, recitare mi
faceva prendere e offrire sogni.
In seguito ho imparato che il cinema può mettere a fuoco conflitti e problemi. Lo dirò ai ragazzi del Giffoni».
Giovanna Grassi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
ltre 200 titoli da tutto
il mondo daranno
allo spettatore
diversi itinerari sul cinema
al Festival di Locarno (6-16
agosto). Ci sono opere che si
annunciano spesso
incrociate col documentario
(un film sul Vesuvio, uno sul
Borromini, uno su Napoli)
ma sarà interessante la
grande retrospettiva
Titanus che racconterà una
storia del cinema italiano,
passando per molti generi,
dal pop a quello d’autore. E
se Lombardo, erede del
capostipite, sarà il padrone
di casa, molti sono gli ospiti
annunciati, da Dario
Argento con i suoi classici
horror a Giannini a Rita
Pavone. Un festival che
diluisce il cinema italiano di
Mia Farrow, 69 anni
oggi in molte sezioni (anche
se come sempre la
concorrenza di Venezia e
Roma si fa sentire), mentre
Gianfranco Rosi che vinse il
Leone nel 2013 con Sacro
Gra sarà il presidente. E se
l’apertura è affidata allo
spettacolare Lucy di Luc
Besson con Scarlett
Johansson, a Locarno
(finanziato con 12 milioni e
mezzo di franchi svizzeri)
arriveranno poi Melanie
Griffith, Juliette Binoche, il
70enne Jean Pierre Léaud,
icona della Nouvelle Vague,
e Mia Farrow che ha già
fatto sapere che non
risponderà a domande sulla
sua vita privata. Quindi
Woody Allen può star
tranquillo.
M. Po
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Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Spettacoli 47
italia: 51575551575557
Anniversari Il 20 luglio di 45 anni fa lo sbarco dell’uomo in diretta
A Zurigo
Quei primi passi sulla luna
La notte magica rivive in tv
Addio al chitarrista
Johnny Winter
l’albino del blues
Addio a Johnny Winter, il
bluesman albino. Il chitarrista
texano è morto mercoledì in
un albergo alle porte di
Zurigo, in Svizzera. Aveva 70
anni ed era in tour per
l’Europa. Le cause della morte
non sono chiare e le autorità
elvetiche hanno disposto
l’autopsia. Capelli bianchi e
lunghi, cappellone da
cowboy, Winter aveva uno
stile fatto di riferimenti ai
classici, in particolare Muddy
Waters di cui divenne anche
produttore, e di accordi
Maratona Rai di dodici ore con immagini HD
MILANO — Anche allora era
domenica. Quel 20 luglio di 45
anni fa in cui tutto il mondo si è
fermato davanti alla televisione,
aspettando che il piccolo passo
di un uomo permettesse un
grande passo per l’umanità.
In Italia, il racconto di ogni
istante di quella che rappresentava la più entusiasmante conquista spaziale di ogni tempo è
stato quello di Tito Stagno. Lui,
con Ruggero Orlando, da Houston, ha accompagnato i telespettatori durante la notte più
lunga della televisione italiana.
Passati 45 anni da quel giorno
del 1969, la Rai (Rai Cultura, in
particolare) ha deciso di ripercorrere quei momenti, di celebrarli in una maratona che ne
evochi l’importanza e che riproporrà, oggi, tutto quello che è
successo ieri.
Dodici ore di trasmissione —
«Stregati dalla luna» — in onda
su Rai Scuola (canale 146 del digitale) dalle 21 di domenica fino
alle 9 del mattino successivo. «Il
programma non solo ripercorre
la diretta dell’epoca, sincronizzata al secondo — spiega Renzo
Salvi, tra gli autori — ma propone anche approfondimenti e documenti inediti come le immagini dell’allunaggio rielaborate
dalla Nasa in alta risoluzione».
Che, a differenza di allora, sono
a colori. «Non solo — aggiunge
—. Il materiale è stato preso in
Debutti
Ieri e oggi
Tito Stagno
Il giornalista durante la diretta del 20 luglio 1969. Ora dice: «La luna resta il più
grande spettacolo della storia della tv»
Il programma
Luigi Bignami durante «Stregati dalla luna»,
in onda su Rai Scuola (canale 146 del digitale)
dalle 21 di domenica fino alle 9 di lunedì 21
blocco da un gruppo di appassionati che ci hanno lavorato
quattro anni e sono riusciti non
solo a digitalizzare le immagini
ma anche a pulire l’audio e tradurlo in italiano». Un’impresa
enorme, che, proprio perché
mossa dalla passione, è stata ceduta alla Rai gratuitamente perché la divulgasse. Dispiace un
po’ a tutto il gruppo del centro di
produzione di Milano, però, che
un documento tanto importante
non sia finito su altre reti Rai più
semplici da trovare con il telecomando. Anche perché nulla in
queste dodici ore di trasmissione è stato abbozzato.
Ci saranno anche interviste e
interventi di esperti che sveleranno diverse curiosità. A tenere
le fila, Luigi Bignami: «Mi sono
messo nei panni di Tito Stagno
— racconta lui che firma anche
lo speciale con Salvi e Dario Barezzi —, anche se non è possibile rivivere l’emozione dell’attesa,
seguire tutti i passi che ci sono
stati fino ad arrivare allo sbarco è
stato molto appassionante».
Se invece si chiede a lui, Tito
Stagno, di ripensare a quella
notte «l’effetto è drammatico —
scandisce divertito —. Perché è
passato tanto tempo e, soprattutto perché i tempi sono cambiati». Ad ogni modo, «il più
grande spettacolo della tv resta
la luna, con i suoi 600 milioni di
spettatori nel mondo. Per me è
1969
L’astronauta americano Edwin
«Buzz» Aldrin (oggi
84 anni)
durante la
«passeggiata» sulla
Luna
stato da una parte faticoso perché non ho mangiato o dormito
per diverso tempo (quasi 25 ore)
ma dall’altra facilissimo perché
è andato tutto secondo i piani. Ci
sono stati solo 12 minuti senza
immagini, quando Armstrong si
avvicina alla luna: ho dovuto far
immaginare alla gente quello
che stava succedendo con le parole. Ho scoperto poi che molti
ricordano proprio quei minuti
di telecronaca». Le piacerebbe
ripetere una cronaca simile?
«No. Ci sarebbe la sensazione
del già visto. Poi si tratterebbe di
Marte: almeno sei mesi di viaggio... dopo un po’ non sai più cosa dire». Meglio tornare a guardare la luna.
Chiara Maffioletti
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I diari della studiosa ebrea morta ad Auschwitz nel ‘43 rievocati nello spettacolo di Maddalena Crippa, Laura Marinoni e Federica Fracassi
Tre signore del teatro, una sola voce per Etty Hillesum
M
suonati a grande velocità:
Rolling Stone lo aveva inserito
fra i 100 migliori chitarristi di
sempre. Aveva iniziato a 15
anni ed era stato fra i
protagonisti di Woodstock. In
carriera aveva collaborato
anche con Janis Joplin e Jimi
Hendrix. La sua vita è stata
segnata dalla dipendenza
dall’eroina e dall’alcool. Aveva
annunciato un nuovo disco
per settembre con ospiti Eric
Clapton, Ben Harper, Joe
Perry (Aerosmith), Dr. John e
Joe Bonamassa. (a. laf.)
entre l’orrore del nazismo inghiottiva l’Europa, ad Amsterdam, in
Olanda, una giovane studiosa ebrea che
avrebbe incontrato la morte ad Auschwitz scalava le vette dell’illuminazione. In suo nome, nel nome di Etty Hillesum (1914 – 1943), autrice di Diario 19411943 (l’edizione integrale dei suoi diari
pubblicata da Adelphi), un trio di attrici,
Maddalena Crippa, Laura Marinoni e Federica Fracassi, che mai prima si erano
incontrate sul palco, hanno deciso nell’anniversario dei 100 anni dell’autrice di
dare voce alle sue parole. Deve trattarsi
di autentico amore per la vita sarà in scena in anteprima il 24 luglio a Varese (nell’ambito del festival Tra sacro e Sacro
Monte) e, in prima nazionale, il 30 luglio
a Radicondoli. Accompagneranno le tre
attrici nel reading spettacolo diretto da
Massimo Luconi l’arpa e le vibrazioni del
cuore di Gian Mario Conti.
Insieme
Da sinistra,
Laura Marinoni (53 anni),
Maddalena
Crippa (56) e
Federica Fracassi (43). È la
prima volta
che queste tre
grandi attrici
recitano insieme sul palco
«Alle volte l’incontro con un libro può
essere magico — spiega Laura Marinoni
—. Di Etty sapevo solo che era una ragazza morta ad Auschwitz a 28 anni. Avventurandomi tra le righe del suo diario ho
cominciato a vedere, attraverso i suoi occhi, la brutale, disumana realtà della persecuzione. Scrive: “la nostra distruzione
si avvicina da ogni parte, presto il cerchio sarà chiuso e nessuna persona buona che vorrà darci aiuto lo potrà oltrepassare”». Eppure, prosegue l’attrice, «più
intorno si faceva scuro, più in lei cresceva la luce, Dio, l’Amore, e un senso di accoglienza della vita in tutti i suoi aspetti,
anche i più dolorosi». Tanto da spingerla
a condividere spontaneamente il destino
del suo popolo nel campo di lavoro di
Westerbork, da cui verrà poi trasferita ad
Auschwitz. «Non perse mai la compassione, neppure per i carnefici — sottolinea Marinoni —: solo l’Amore avrebbe
potuto interrompere la catena della violenza. Rispondere con odio avrebbe significato che nella Storia lo sterminio
avrebbe potuto ripetersi per sempre».
«Etty — interviene Maddalena Crippa
— è un talismano per affrontare la vita,
non perché eviti o dia soluzioni alla parte
di sofferenza che in modo naturale tocca
a ciascuno, ma perché aiuta ad accettarla; quindi non spaventa più: allora si ama
la vita di un amore inscalfibile». All’avvilimento, all’umiliazione fisica e psichica
inflitta dai nazisti per piegare le vittime,
Hillesum risponde affermando: «Seminare anche una sola nuova particella
d’odio renderebbe il mondo ancora più
Filosofa
Una foto di Etty Hillesum (1914 – 1943), la
giovane ebrea olandese
che ha lasciato nei suoi
«Diari» la testimonianza, dal fulcro del male, di
una tenace speranza
inospitale. Ognuno deve cominciare a
trasformare quest’odio in amore dentro
se stesso». «La sua disposizione ad amare era implacabile — è il parere di Federica Fracassi —. Nemmeno nelle condizioni più estreme perse mai la capacità
di essere un “cuore pensante”, capace di
aiutare i molti che con lei condivisero il
“destino di massa” deciso dai nazisti».
Riflette l’attrice: «Anche nel pieno dell’orrore riuscì a respingere l’odio, arrivando a sostenere che non esiste il male
assoluto. Mi ha fatto pensare a un verso
di “Cosa sono le nuvole?” che Pasolini
scrisse per Modugno: “Il derubato che
sorride/ruba qualcosa al ladro/ma il derubato che piange/ruba qualcosa a se
stesso”. Accogliere il pensiero di Etty, così lontano dal mio, è stata una sfida: ho
cercato di affrontarla con grazia, facendo
suonare le parole e riecheggiandole con
le voci delle mie compagne di viaggio».
Laura Zangarini
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48
Sport
Elezioni Figc
Agnelli e Lotito
cercano l’intesa
Inchiesta
Quattro anni fa il
nostro calcio tornava
a pezzi dal Sudafrica,
da allora le cose sono
addirittura peggiorate
Mai eravamo scivolati così in basso.
L’eliminazione della nazionale al primo
turno del Mondiale brasiliano, la seconda consecutiva dopo quella in Sudafrica nel 2010, ha allargato i confini di
una crisi scoppiata ben prima del fallimento azzurro. Il calcio italiano è finito
nella polvere e soprattutto (cosa ancora
più grave) non sa come riuscire a rimettersi in piedi. La Germania, campione del mondo, ce lo ha insegnato:
con la programmazione e il duro lavoro, si può. Noi però siamo prigionieri
di regole vecchie, di dirigenti attaccati
alle poltrone, di un sistema antiquato.
La crisi tecnica è amara conseguenza di
quella politica e di quella economica. Il
Corriere della Sera, in un’inchiesta di
quattro puntate, analizza la situazione
a meno di un mese dall’elezione del
nuovo presidente federale per far capire come si è ridotto il nostro movimento: la Federcalcio che non esiste più, la
Lega di A sempre litigiosa e preoccupata soltanto di rastrellare soldi dai diritti tv, la nazionale orfana di talenti.
Bisogna rimettere il gioco al centro del
progetto con nuovi stadi finalmente
sicuri, rose più snelle, seconde squadre
per far crescere i giovani, serie A a
diciotto. Ma, prima di tutto, serve una
nuova governance. Il tempo è scaduto.
E non possiamo più aspettare.
MILANO — Quattro anni dopo il disastroso Mondiale sudafricano siamo
allo stesso punto, l’anno zero. Ma, se
possibile, rispetto ad allora, il calcio italiano, passato dopo il Mondiale dal 9° al
14° posto del ranking Fifa, è conciato
anche peggio: non abbiamo un presidente federale, né l’allenatore della nazionale e Arrigo Sacchi, responsabile del
settore giovanile della Federcalcio, a fine
mese saluterà. Non sappiamo dove
guardare, né dove andare. Dal punto di
vista della politica sportiva, ma anche
sul campo: solo quattro squadre (Australia, Iran, Cile e Costarica) nell’intero
Mondiale hanno tirato nello specchio
della porta meno della nazionale di Cesare Prandelli (5,3 conclusioni di media
a partita), che paradossalmente è stata la
squadra con la maggior precisione di
passaggi (85%). Per lo più inutili però:
nessuno ha crossato meno di noi (6 volte). Il quadro tecnico tratteggiato da
quella che dovrebbe essere l’espressione
più alta del movimento è desolante.
Il campionato non è l’origine di tutti i
mali, ma è sempre più impoverito, economicamente e di conseguenza anche
tecnicamente. Mettendo assieme una
squadra composta da 11 giocatori d’attacco che negli ultimi tre anni ha lasciato
la serie A si scopre che abbiamo perso
oltre 1.000 gol (1.013 per la precisione)
con le partenze di Ibrahimovic, Cavani,
Del Piero, Pastore, Lavezzi, Sanchez,
Kakà, Immobile, Vucinic, Gilardino e
Milito. Un patrimonio di reti che non è
stato rimpiazzato adeguatamente, nonostante lo sbarco di giocatori come Higuain, Tevez e Llorente un anno fa o il ritorno di Giuseppe Rossi.
In serie A si segna meno che negli altri tornei: 2,72 gol a partita contro, i 2,75
spagnoli, i 2,77 inglesi e i 3,16 della Bundesliga. Ma soprattutto il rapporto incrociato tra i tiri effettuati a partita
(13,3), i palloni che finiscono nello
specchio della porta (33,3 %) e quelli, tra
questi, che finiscono in rete (30%) è il
peggiore dei quattro principali campionati. La forbice si allarga se si considerano le prime quattro classificate di ciascun torneo, ovvero l’avanguardia di
ogni movimento. In Italia si tira sempre
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
Gol in fuga
Il campione
Zlatan Ibrahimovic, 32 anni, nel
2012 è stato il capocannoniere
del campionato con 28 gol.
Lo svedese in serie A ha segnato
132 reti (Ansa)
Il bomber
Edinson Cavani, 27 anni, ha vinto
il titolo di capocannoniere nel 2013
con il Napoli, realizzando 29 gol.
Sono 112 le reti totali segnate
dall’uruguaiano in serie A (Ansa)
Il giovane
Ciro Immobile, 24 anni, ha vinto
la classifica marcatori con il Torino,
segnando 22 gol. In serie A
l’attaccante ne ha realizzati 27.
(Ansa)
Dribblando le divisioni, i 20 club di A hanno deciso di verificare
se esistono le condizioni per stilare un programma comune da
presentare ai candidati alla presidenza federale. L’incarico è
stato affidato ad Agnelli (Juve) e Lotito (Lazio), che interpretano
le due anime della Lega; giovedì una nuova assemblea dovrà
approvare il testo, tre giorni prima del termine ultimo per
presentare la candidature (il 27). Resta da vedere come
potranno essere superate le differenze di vedute fra club:
Agnelli e il suo gruppo sono convinti della necessità di riportare
la serie a 18 squadre; Lotito no; Agnelli punta a dar vita alle
squadre B; Lotito alle società satelliti (esempio: la Salernitana).
Ma in Lega si gioca anche a carte: Massimo Ferrero, presidente
della Samp, ha rivendicato di aver vinto 1.200 euro al
presidente del Genoa, Preziosi, a scopetta. Preziosi ha smentito.
Anno
zero
Senza campioni, senza guida e senza idee
L’Italia è finita in coda e non sa come ripartire
meno in porta, che poi è l’essenza stessa
del calcio: la Juventus, che è l’ossatura
della nostra nazionale, lo fa con la stessa
frequenza del Wolfsburg, quinto nel
campionato tedesco. Anche la precisione lascia a desiderare: ben 15 squadre
nel raffronto globale dei quattro tornei
sono migliori dei campioni d’Italia. Nonostante questo in A si segna ancora abbastanza: segno che il livello tecnico è
sempre più scadente anche in difesa.
Il nostro campionato progressivamente è diventato mediocre, povero di
talenti e ingrigito, giocato in stadi fatiscenti e spesso pericolosi, comandato da
dirigenti miopi che non guardano oltre
il proprio naso. Chiunque sarà il nuovo
presidente federale (lo sapremo l’11
agosto dopo l’assemblea elettiva) avrà
un compito arduo: non solo nominare
un nuovo c.t., ma soprattutto imprimere
una forte accelerazione al recupero dei
giovani, coinvolgendo i club, allestendo
centri di formazione, favorendo la nascita delle squadre B perché i ragazzi spesso
si perdono nel passaggio tra la Primavera e la prima squadra. Non per nulla siamo il Paese d’Europa con meno giovani
prodotti dal vivaio che arrivano in prima
squadra: appena 8 su 100 in serie A.
Il campionato, penalizzato dalla formula a 20 squadre, è pericolosamente
sceso verso il basso e l’abisso tra le prime e le ultime lo conferma: 77 punti tra
la Juve regina e il Livorno sono la fotografia di uno spettacolo che, in certi momenti, è davvero scadente: restando ai
numeri, il divario testa-coda negli altri
campionati ovviamente c’è, ma oscilla
tra i 56 della Premier e i 65 di Bundesliga
(a 18 squadre) e la Liga. La competitività
è scesa drasticamente e non aiuta né le
squadre in Europa, né la nazionale. Il
calcio italiano, che pure ha visto tre c.t.
(Prandelli, Capello, Zaccheroni) fuori al
primo turno in Brasile, rimane fortemente connotato dal punto di vista tattico, ma sul piano dell’intensità agonistica
e della corsa siamo scesi a livelli di guardia: la Germania nonostante sia arrivata
due volte ai supplementari, in sette gare
ha corso mediamente quasi 3 chilometri
in più dei giocatori di Prandelli, che non
a caso aveva lanciato l’allarme dopo
l’amichevole contro la Spagna lo scorso
marzo (persa 1-0): gli altri corrono di
più e corrono meglio. Se la nazionale è
l’espressione più vera di un Paese e di un
campionato, l’allarme è rosso.
È anche una questione di qualità, sia
L’intervista L’ex presidente dell’Assocalciatori lancia Albertini
Il sindacalista Campana
«È ora di mettere un giocatore
alla guida della federazione»
Sergio Campana, classe 1934,
ex centravanti (Vicenza e Bologna) e avvocato, è l’uomo che
da fondatore e presidente dell’Assocalciatori (3 luglio 196828 aprile 2011), ha portato i
giocatori, che erano di proprietà esclusiva delle società, ad
avere spazio nel Consiglio della
Federcalcio. E adesso osserva
con molta attenzione la crisi del
calcio italiano, da presidente
onorario dell’Aic, con l’esperienza e la preparazione che ne
farebbero di lui la guida ideale
della Figc fino al 2016, sull’esempio di quanto avvenuto
nel 2013 con Napolitano al Quirinale: un uomo di garanzia, in
grado di reggere una delicatissima transizione.
Perché questa crisi, che non
Innovatore Sergio Campana, 79 anni (Dfp)
è la prima negli ultimi 40 anni,
appare più grave rispetto a
quelle del passato?
«Perché è il momento in cui
hanno finito per coincidere crisi tecnica e crisi “politica”. E
questo rende tutto più complicato. E la crisi tecnica arriva da
lontano: nel 2006, l’Italia ha
vinto il Mondiale, ma quel titolo è stato l’espressione più della
forza di una squadra che di un
movimento globale e il secondo
posto all’Europeo 2012 ci ha un
po’ illuso. Del resto, negli ultimi
quattro anni, le nazionali giovanili hanno fatto bene, ma poi
i giovani non hanno trovato lo
spazio che avrebbero meritato
nei loro club».
Con lei alla guida dell’Aic, i
calciatori hanno ottenuto
moltissimo: è venuto il momento di portare un ex giocatore alla presidenza della Federcalcio?
«È un sogno e un obiettivo.
L’Uefa è guidata da Platini, che
ha compiuto un lungo percorso
da dirigente; in Spagna, il presidente è Villar; in Germania, Beckenbauer e Rummenigge hanno avuto e hanno ruoli impor-
tanti e operativi; la Federcalcio
polacca ha scelto Boniek. Io credo che Albertini abbia tutti i requisiti per essere votato alla
guida della Figc. Ha giocato 79
partite in nazionale; è stato nel
Milan, nella Lazio, nell’Atalanta, nell’Atletico e nel Barcellona,
per dire di realtà molto diverse
fra loro; è stato vicepresidente
Strada obbligata
«Non c’è altra strada se
non quella di ricominciare
dai settori giovanili, come
ha fatto la Germania»
della Figc per sette anni, dal
2007; ha maturato esperienze
importanti; ha studiato molto;
fin qui si è mosso bene; è attento e preparato. Mi sembra l’uomo giusto per dare una nuova
spinta al calcio italiano».
Tavecchio non è proprio
d’accordo...
«Lo conosco benissimo e so
per esperienza diretta che è un
ottimo presidente della Lega
Dilettanti. Ma i tempi mi sem-
brano maturi per l’elezione di
Albertini, sperando che si arrivi
a un’elezione con una maggioranza quanto più ampia possibile e che non sia più soltanto il
candidato di una parte, ma diventi presto il candidato di tutti. Sarebbe sconsigliabile non
trovare un accordo per l’11 agosto e arrivare al commissario».
Ripartire dai giovani è
un’opzione o un obbligo?
«Non c’è altra strada se non
quella di ricominciare dai settori giovanili. La Germania ha
avuto il coraggio di farlo, dopo i
risultati negativi dell’Europeo
2000; ha creato 366 centri federali per i giovani; ha puntato su
1.000 allenatori dei settori giovanili; ha vinto la finale della
Coppa del Mondo con il cross di
un giocatore di 23 e il gol di uno
di 22. Da noi la crisi tecnica parte da lontano ed era stata segnalato da tempo, quando si parlava dei tanti stranieri presenti in
Italia a tutti i livelli, soprattutto
nei settori giovanili. Di certo chi
guiderà il nuovo governo, avrà
moltissimo lavoro da fare».
Fabio Monti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Sport 49
italia: 51575551575557
Settebello ok agli Europei
Scherma, prime medaglie iridate Tennis: Fognini insulta ancora
Agli Europei di pallanuoto a Budapest, terza vittoria per il Settebello: 15-5
alla Georgia. Gli azzurri, domani in acqua, affronteranno il Montenegro e la
Grecia. Oggi nel torneo femminile, Italia-Russia (15.45; Raisport1).
BASKET — Ufficiale, Milano ingaggia Joe Ragland, ex play di Cantù; accordo anche con il lituano Kleiza. Oggi a Sarajevo l’Italia affronta il Montenegro.
Al Mondiale di Kazan si assegnano le prime medaglie, nella sciabola maschile e femminile (Raisport 1 dalle 17 alle 20). Nelle qualificazioni della spada, promossi Pizzo, Bruttini e la Del Carretto; out Fichera e la Quondamcarlo.
GOLF — Dopo il primo giro del British Open, guida McIlroy (-6) seguito
dagli italiani Manassero (-5) Edoardo e Francesco Molinari (-4).
Nuova intemperanza di Fabio Fognini, che ad Amburgo ha perso contro il
serbo Krajinovic (6-4, 6-0): nel corso del match ha dato dello «zingaro di
m...» al rivale; poi si è scusato. Out anche Seppi: 6-3, 3-6, 6-3 da Ferrer (Spa).
VOLLEY — Final Six World League a Firenze: dopo il successo sugli Usa,
l’Italia torna in campo alle 20.30 contro l’Australia (diretta su Raisport1).
Il giallo Lo stress è sicuro, ma anche gli scontri con la società
2,72
media gol
a partita in A, inferiore a Liga,
Bundes e Premier. Anche il
rapporto «tiri effettuati-tiri
in porta-gol» è il peggiore
Il caso Conte, la verità
Sfoghi, mercato, tensioni
Come in tutte le vicende umane,
tra due controparti la verità sta quasi sempre nel mezzo. Antonio Conte
non abbandona la Juventus per il
mercato, ma questo è il detonatore
di una crisi personale, conseguenza
di un approccio totalizzante al calcio. Conte è anti decoubertiano (per
sua stessa ammissione): partecipare
non gli interessa. Vincere però è
stressante e ha prosciugato le sue
energie (ma anche quelle della Juve)
fino all’addio.
Tutto comincia dallo scudetto
numero 2. Un anno pesante, tecnicamente e umanamente: per sei mesi lo spreco di energie è stato doppio
a causa della situazione di Conte,
sotto accusa e poi squalificato per
omessa denuncia. La vittoria del
2013 è costata sangue, sudore e lacrime a società e tecnico che il giorno dello scudetto (5 maggio 2013)
co, non dormo più» risponde l’allenatore alla società che vuole prolungare oltre la scadenza del 2015.
Poi aggiunge: «Però siccome ho ancora un anno, se voi ci tenete, continuo». A frenarlo sulla decisione di
lasciare c’è anche la scoperta del sostituto già pronto. Il pensiero di un
altro sulla sua panchina lo disturba.
A guardare da qui sarebbe stato meglio finire, ma in una trattativa entrano anche aspetti affettivi. E la soluzione è un compromesso. Vediamo come va, poi tra sei mesi ne rip a r l i a m o . T we e t s t r i n g a t o :
«Allenatore 2014-2015 Antonio
Conte».
Conte parte per le vacanze con
l’idea di rilassarsi, di staccare. Anche la Juve lo spera. Invece lui non
molla, chiama, discute. Si interessa
di tutto, anche di comunicazione.
«Dobbiamo migliorarla». Chiede
due giocatori: Sanchez e Cuadrado.
Il primo va all’Arsenal per 42,5 milioni e 7 di stipendio. Improponibile
per la Juve. Come Cuadrado. Oltre ai
soldi c’è la nota inimicizia della Fiorentina. Nessuna delle alternative lo
soddisfa. Alla fine si decide di aspettare il rientro di Conte per discutere
della campagna acquisti. Ma questo
avviene in coincidenza con la sparizione di Iturbe dai radar bianconeri.
Lunedì Conte va da Marotta.
❜❜
Marzo 2014
❜❜
Il mercato deludente
Il ciclo è finito, non so
se riuscirò a motivare la
squadra, forse un altro
sarebbe meglio
No a Sanchez e
Cuadrado? Non me la
sento più, non riesco
ad andare avanti
«Se volete lascio...». «Se ci tenete continuo...»
77
i punti di differenza
tra la Juventus e il Livorno: è
il divario più alto d’Europa e
fotografa il livello scadente
del nostro campionato
Simbolo
Mario Balotelli, 23 anni,
doveva essere l’uomo guida
della nazionale in Brasile,
ma non ha mantenuto
le promesse (Reuters)
chiaro. Prima i migliori stranieri venivano da noi. Adesso quasi ci ignorano. Tre
anni fa se ne sono andati Ibrahimovic e
Thiago Silva, l’anno scorso Cavani, in
questa stagione ha già fatto le valigie un
altro capocannoniere come Immobile e
tremiamo al pensiero che anche Cuadrado, Vidal o Pogba possano cambiare aria.
Senza contare che Verratti, il talentino di
maggior prospettiva, è sparito dal nostro orizzonte prima ancora di mostrare
per intero il suo valore, passando direttamente dalla serie B col Pescara alla
Champions League col Psg.
Gli stranieri migliori scelgono Inghilterra e Spagna, la Germania, in compenso da noi ne arrivano tantissimi mediocri. La spiegazione è doppia: a parità di
valore, costano meno dei nostri e acquistare all’estero è più facile. Molti arrivano come grandi speranze e neppure
mettono piede in campo. Magari favoriscono operazioni di bilancio, ma non
portano niente dal punto di vista tecnico. Oggi soltanto il 40% dei giocatori della serie A è eleggibile per la nazionale. E,
seguendo le previsioni, nel giro di due
anni, saranno meno del 35% per cento.
Nel momento in cui Prandelli, allo stage
di Roma, ha convocato Bernardeschi del
Crotone e Camporese del Cesena, lo ha
fatto per inviare un segnale (inascoltato)
all’intero movimento.
Nello scorso campionato 10 squadre
su 20 della serie A avevano più stranieri
che italiani in rosa. Un’invasione pericolosa, dannosa, che impoverisce il calcio
italiano e mette in crisi la nazionale.
Prandelli, nei primi tre anni della sua gestione, è riuscito a mascherare i problemi trasformando la nazionale in un club,
riuscendo con il gioco a sopperire alla
mediocrità degli interpreti. Oggi, in attesa di un nuovo c.t., siamo rimasti agli
stessi eroi di Lippi: Buffon, Pirlo, De
Rossi. Balotelli si è perso e i giovani non
hanno fatto il salto di qualità. La Juventus ha dominato gli ultimi tre campionati, ma quando si è affacciata fuori dai
confini nazionali ha rimediato delle figuracce. Dal 2010, anno in cui l’Inter di
Mourinho ha vinto la Champions, non
siamo più riusciti a portare una squadra
in semifinale del torneo più prestigioso.
La crisi economica ha intaccato il livello
tecnico. La crisi tecnica è ancora peggiore. Ma mai quanto la crisi delle idee.
(1 / continua)
Alessandro Bocci
Paolo Tomaselli
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Primo allenamento
annuncia: «Il futuro? Vediamo. Bisogna essere chiari. Altrimenti la Juve può vincere anche senza di me».
Dopo 10 giorni stringe la mano ad
Agnelli. «Continuiamo a costruire».
Conte resta ma non è sereno. Si lamenta per le cessioni di Matri e
Giaccherini e quando comincia
l’anno sociale 2013-2014 pensa che
sia l’ultimo alla Juve, si guarda intorno.
La crisi non esplode allora perché
succede l’incredibile tracollo di Firenze (20 ottobre 2013, 2-4). Sembra l’inizio della fine, invece parte la
stagione dei primati conclusa oltre
quota 100 (102 punti). Troppo in-
tensa per riuscire a riflettere sul futuro. A marzo 2014 lo scudetto è ormai certo. Conte va dall’ad Beppe
Marotta. «Il ciclo è finito, sono stanco, non so se riuscirò ancora a motivare la squadra a questi livelli. Forse
dovrebbe sentire un’altra voce». I
dirigenti bianconeri non vogliono
credergli e gli chiedono di pensarci.
A peggiorare la situazione arriva la
settimana di Sassuolo-Juve (28
aprile) e Juve-Benfica (1 maggio).
La Juventus esce con i portoghesi e
perde l’occasione di giocare la finale
di Europa League in casa. Conte si
risente moltissimo per le critiche
non solo dei media ma anche di tan-
ti tifosi bianconeri sulla gestione dei
titolari e sul fallimento europeo.
A Roma il 10 maggio pronuncia la
frase che irrita Agnelli: «Non si entra con 10 euro in un ristorante da
100 euro». Malgrado tutto il presidente non vuole lo scontro. Però
non intende neanche farsi trovare
impreparato. L’accordo è: finire in
gloria, festeggiare, poi discutere.
Nel frattempo il club individua Sinisa Mihajlovic come sostituto. Sinisa
va a Torino a incontrare il presidente. Alla Sampdoria dice che il 20
aprile scioglierà la riserva sul futuro. Il 19 c’è il tavolo Juve-Conte. «Vi
rimetto il mio contratto, sono stan-
«Non me la sento più, non riesco ad
andare avanti. Risolviamo». Ogni
tentativo di fargli cambiare idea va a
vuoto. È finita. Conte dà l’addio su
Juve Channel, nomina Andrea, ma
non Marotta, Paratici e Nedved.
Agnelli, invece, significativamente,
nella sua lettera li chiama addirittura per nome. C’è chi adombra il sospetto che Conte abbia voluto mettere in difficoltà la Juve. Non è così,
probabilmente, però così la Juve si è
trovata. E ha voltato pagina. Il presente e il futuro spesso non hanno
ragione. Però esistono solo questi.
Roberto Perrone
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Controcorrente Dopo il Milan no anche all’Atletico. I genitori: la scuola è importante
Il gran rifiuto del giovane Scuffet
Soldi e gloria? No, devo studiare
Come rifiutare la squadra trionfatrice nella Liga nonché vicecampione d’Europa e vivere sereni (a Remanzacco, hinterland di Udine). Simone Scuffet, il portiere rivelazione
dell’ultimo campionato, divenuto
insieme a Totò Di Natale uno dei due
giocatori-simbolo dell’Udinese, ha
preferito, per la seconda volta in sei
mesi, restare nel nido friulano invece che spiccare il volo verso i grandi
palcoscenici.
A gennaio, il cellulare di Gino
Pozzo squillò. Era Adriano Galliani
che, sentendosi in debito di riconoscenza verso Pippo Inzaghi — trattenuto sulla panchina della Primavera
del Milan, nonostante la corte del
Sassuolo — si mise al lavoro per procurargli un portiere. La scelta ricadde su Scuffet, non ancora esploso in
serie A. In breve tempo i due dirigenti trovarono l’accordo: 1 milione per
la comproprietà del 17enne. Tutto
fatto, finché non intervenne a gamba tesa la famiglia del ragazzo, che
frequentava il quarto anno dell’istituto commerciale. «Meglio che finisca la scuola qui, ha delle lacune in
economia» si scusò la signora Donatella. Amen. L’affare sfumò, e da Inzaghi arrivò Stefano Gori del Brescia.
Dopo uno straordinario girone di
ritorno, Scuffet — che ha rinnovato
il mese scorso il contratto con i friulani fino al 2019, portando il suo in-
La A gioca con Ordem
Presentato ieri Ordem, il pallone
ufficiale della nuova serie A
gaggio a 300 mila euro — è finito nel
mirino di parecchi club. Alzi la mano
chi non vorrebbe giocare nella squadra che si è messa alle spalle il Barcellona di Messi e il Real Madrid di
Cristiano Ronaldo. Donatella Visintini, cioè la mamma del giocatore,
l’ha sollevata. L’Atletico Madrid (che
poi avrebbe girato in prestito il giocatore al Granada o al Getafe) aveva
già trovato l’accordo con l’Udinese
per una cifra vicina ai 9 milioni di
euro, più 2 di bonus. Il ragazzino
avrebbe firmato un contratto quinquennale di 900 mila euro annui.
Sembrava tutto fatto, poi il nuovo
consiglio di famiglia. Simone, papà
Fabrizio, mamma Donatella e il procuratore Claudio Vagheggi. Che alla
fine annuncia: «Simone resta a Udine, vogliamo una crescita progressiva e graduale. La proposta dell’Atletico Madrid era interessante, ma il
posto migliore per crescere è l’Udinese, un ambiente professionale ma
allo stesso tempo a lui familiare». Si-
Talento Simone Scuffet, 18 anni (Ansa)
mone è in ritiro tra i monti ad Arta
Terme con la squadra e si concentra
sulla stagione in arrivo. La mamma
che la scorsa settimana confessava le
proprie ansie («spero che Simone
non vada in Spagna: sarà l’anno della maturità. Meglio che concluda gli
studi a Udine») risponde diffidente
al telefono, chiedendo di essere lasciata in pace.
Il calcio italiano — che trattiene
un talento — è in festa, la famiglia
Pozzo meno. Il dilemma resta: meglio incassare 4,5 milioni di euro in
cinque anni o prendere 100 centesimi alla maturità? (Andrebbe ri-chiesto a Scuffet fra qualche tempo).
Monica Colombo
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Allegri e felici
«Tornare
in campo
un’emozione»
Un doppio tweet per
esprimere tutta la felicità per
il nuovo inizio. Un
chiarimento per chiudere un
«incidente» nato proprio sui
social network. Il doppio
cinguettio è di Massimiliano
Allegri (foto)che ha iniziato
così il primo giorno «vero» da
allenatore della Juventus,
dopo le firme, la
presentazione ufficiale e le
contestazioni dei tifosi,
ancora innamorati di Antonio
Conte, di mercoledì. «Che
emozione tornare in campo e
dirigere un allenamento: mi
mancava! Nel pomeriggio il
mio primo allenamento alla
Juventus. Carico per la nuova
avventura!». E via in campo,
dopo aver cambiato la sede
del ritiro: lasciato l’hotel in
centro a Torino, ne è stato
scelto uno nell’hinterland per
maggiore tranquillità. Il
chiarimento è della compagna
del tecnico, Gloria Patrizi, che
ha negato la veridicità di quei
messaggi offensivi nei
confronti della Juve comparsi
sul suo profilo Twitter e che
avevano scatenato le ire dei
tifosi bianconeri. «Non ho
mai fatto quei tweet — ha
precisato —. Nella giornata di
mercoledì sono stata costretta
a chiudere il mio account
perché qualcuno si è
‘‘divertito’’ a manipolare i miei
tweet e a diffondere dei falsi
nei quali vengono fatte delle
pesanti offese nei confronti
della Juventus e dei suoi
dirigenti. È ovvio che sono
tweet che non ho mai fatto
anche perché, visto che
sarebbero vecchi di due anni,
nel frattempo qualcuno li
avrebbe visti e resi noti come
lo sono stati altri». Capitolo
chiuso, dunque. Aperto è
invece il cantiere Juve, visto
che il mercato, con il
terremoto in panchina, deve
essere necessariamente
ricalibrato e alcuni affari, già
praticamente conclusi,
confermati. È il caso di Evra e
di Morata (ieri lo scambio
delle mail ufficiali con il Real
Madrid). Per la difesa si
accelera per Nastasic
(Manchester City), mentre per
l’attacco si lavora su un
trequartista o una seconda
punta tecnica e veloce. I nomi
sono tanti: Candreva, Pastore,
Jovetic, Lamela, Lucas,
Shaqiri, Lavezzi. Spinto da
Prandelli, il Galatasaray si è
fatto avanti per Pirlo, che però
ha rifiutato.
Filippo Bonsignore
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
Sport 51
italia: 51575551575557
Tour Domande dirette mentre la corsa torna in salita
Formula 1
Nibali, il peso del leader
All’attacco delle Alpi
e dei soliti sospetti
La Fifa batte
Rosberg
Niente coppa
sul casco
Leader
Vincenzo Nibali,
29 anni (Afp)
«Noi italiani ridiamo credibilità al team»
LE TAPPE DECISIVE
Il ricordo
54
70,5 82
94,5
1.568m - Arvieux
132,5 142,5
1.095m
Guillestre
2.360m - Col d’Izoard
41,5
1.502m
Le Monètier
les-Bains
8,5
sono tanti, ed è bene lasciarli lì.
Oggi c’è una nuova generazione di
giovani, che vogliono cambiare
questo sport con il passaporto
biologico e i test a sorpresa. È un
ciclismo migliore. In giro c’è qualche caso isolato ma c’è voglia di
migliorare». Fine della seconda
puntata.
Alle Alpi si arriva dalla valle del
Rodano; il norvegese Kristoff, re
della Sanremo, infiamma la volata
e degli sprinter non si parlerà più
per un po’. Sopra la testa del Tour,
o g g i co n a r r i vo i n q u o ta a
Chamrousse (salita fuori categoria
2.058m - Col du Lautaret
152 165,5 169,5 197,5
718m - Bourg
d’Oisans
721m - La Paute
134
Risoul - 1.855m
DOMANI
1.456m
La Grave la Meije
111
Grenoble - 312m
332m - Vizille
85
esattamente ciò di cui il Gattopardo (fedina penale immacolata e
progressione al di sopra dei sospetti) vorrebbe parlare alla viglia
del weekend decisivo. Prende fiato («Mi aspettavo la domanda»).
Guarda negli occhi la platea. Dice
d’un fiato: «Ho un ottimo rapporto con Martinelli, è grazie a lui che
mi sono avvicinato all’Astana. I
kazaki hanno investito su di me e
sui corridori italiani proprio per
ridare credibilità al team. Poi c’è il
mio allenatore, Slongo, che mi conosce da quando ho 17 anni. Gli
sbagli del ciclismo, nel passato,
1.154m
Col de Palaquit
200m - Saint Égrève
Chamrousse - 1.730m
248m - Tullins Fures
327m - Cour et-Buis
48,5 62
OGGI
359m - La Côte
Saint-André
km 10,5 24
197m - Cheyssieu
812m - Col de la Croix
de Montvieux
365m - Saint-Paul
en-Jarez
Saint-Étienne - 447m
229m Grenoble
214m - Saint-Martin
d’Herès
DALLA NOSTRA INVIATA
SAINT ETIENNE — Ai piedi
delle Alpi, la maglia gialla sembra
un po’ più stretta. Vincenzo Nibali
ci si agita dentro tra ambizione
(«La difenderò respingendo gli attacchi»), incertezza («Non ho fatto
ricognizione sulle salite alpine: temo più l’Izoard perché si pagherà
la stanchezza») e spiegazioni sul
perché è leader dell’Astana, la
squadra del boss Vinokurov (Operacion Puerto e positività al Tour
2007, più il resto), del d.s. Martinelli (vicinissimo a Pantani negli
anni bollenti), del gregario Scarponi (18 mesi di stop per i legami
con il dottor Fuentes) e del prof.
olandese De Maeseneer, ex medico di fiducia di Bjarne Riis (oggi
team manager Tinkoff, monsieur
60% al Tour ’96: era il tasso di ematocrito).
Prima l’attacco di Le Monde,
poi la domanda in conferenza
stampa. Doping, l’eterno terzo incomodo. Io, mammeta e tu. Non
161,5 177
dopo 180 km di tappa) e domani
con l’Izoard (ascensione da
Briançon, versante Nord, 34esima
volta della Grande Boucle in vetta
al colle-mito delle Alpi francesi),
si spalanca lo scenario lunare in
cui Nibali vorrebbe dimostrare di
essere il degno padrone di una
corsa mozza di Froome e Contador. «Gli assenti hanno sempre
torto» sbotta uno che di Alpi e
Tour (due volte dominatore all’Alpe d’Huez) se ne intende, Gianni
Bugno. «In Vincenzo non mi rivedo perché lui è molto più forte di
me». Addirittura. Eppure Bugno
accarezzò da vicino l’idea del
trionfo nel ’91, dietro Indurain: «Il
secondo è il primo dei perdenti»,
dice lapidario. Consigli da dare a
Nibali, a questo serafico e cinico e
straripante di forma animale a due
ruote che anche ieri ha controllato
la tappa senza patire (De la Cruz si
è rotto la clavicola, Talansky non è
partito, colpi di calore nel plotone), non ne ha. «Nibali ha vinto. È
il più forte. È partito con il tricolore sul petto come me e con la voglia di onorare una maglia prestigiosa». Le Alpi sono più impegnative come pendenze. I Pirenei, da
martedì, come temperature. «Vincenzo ha l’esperienza delle grandi
corse a tappe e un’enorme sopportazione della fatica». Chamrousse
ha accolto solo una volta l’arrivo
del Tour. Nel 2001 fu Armstrong a
dominare la cronoscalata su Ullrich. Ma questo è un altro film, di
reprobi e streghe. Passato dice Nibali. Speriamo remoto.
Gaia Piccardi
Vittoria sfiorata
Gianni Bugno,
50 anni, nel 1991
è arrivato secondo al Tour,
alle spalle di Miguel
Indurain. Nel 1992 si è
classificato terzo dietro allo
spagnolo e a Claudio
Chiappucci (Bettini)
Tappa a Kristoff
Ordine di arrivo
12ª tappa, Bourg
En Bresse-Saint
Etienne, 185,5 km
1. Kristoff (Nor)
in 4.32’11’’
(media 40,9 km/h)
2. Sagan (Svk)
s.t.
3. Demare (Fra)
s.t.
21. Porte (Aus)
s.t.
25. Nibali (Ita)
s.t.
Classifica generale
1. Nibali (Ita)
in 51.31’34’’
2. Porte (Aus) a 2’23’’
3. Valverde (Spa)
a 2’47’’
Così oggi
13ª tappa, Saint
Etienne-Chamrousse,
197,5 km
Così in tv
ore 14.15: Eurosport
ore 15.05: Raitre
e RaiSport2
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DAL NOSTRO INVIATO
HOCKENHEIM — Una
settimana da favola: il
matrimonio con la bella
Vivian a Montecarlo, il trionfo
della Germania ai Mondiali, il
contratto rinnovato a suon di
milioni — 55 per tre anni, si
dice — il ritorno a casa
davanti a un tripudio di
bandiere tedesche. Di motivi
per festeggiare Nico Rosberg
ne ha, eccome. Ma non ha
fatto i conti con i burocrati del
pallone. Tutta colpa della
coppa del mondo stampata
sul casco, un omaggio alla
notte del Maracanà vista in tv
insieme la mamma, «una vera
fanatica di calcio». Nico aveva
anticipato la sorpresa su
Twitter, ma la Fifa è stata
inflessibile: vietato riprodurre
il trofeo. Risultato: Rosberg ha
cambiato la livrea mettendo
quattro stelle, come se la
Germania avesse vinto un
torneo di freccette. «Ma
almeno quelle non ce le
possono levare» commenta
divertito. Andò meglio a Trulli
nel 2006: stessa esultanza per
celebrare l’Italia di Lippi, ma
allora non c’erano i social
network. Che oggi
amplificano la rivalità fra i
Cento anni fa nasceva a Ponte a Ema, ai piedi delle colline di Firenze, uno dei grandi del nostro ciclismo
Bartali, l’incontentabile con il cuore da campione
Con Coppi segnò un’epoca,
«quello lì» e «quell’altro»
entrarono nella storia del Paese
di ANTONIO D’ORRICO
Cento anni fa nasceva Gino Bartali. Il posto era Ponte a Ema, ai piedi
delle colline di Firenze, dove molti
anni dopo si sarebbe fatto seppellire
il grande poeta Eugenio Montale,
convinto, come aveva scritto in un
suo verso, che lì, in quei luoghi, «la
terra non trema». Gino, figlio di un
contadino che aveva anche l’incarico di accendere i fanali a gas, studiò
fino alla quinta elementare. Poi il
padre lo portò dal biciclettaro del
posto, Oscar Casamonti, perché lo
prendesse come garzone.
In officina non si parlava di donne e motori ma di Binda e di Guerra,
i campioni dell’epoca, e, intanto, si
montavano i raggi sul cerchio delle
ruote. Una sera, l’apprendista Gino
si confidò con il suo padrone: «Mi
sento il cuore di corridore». Oscar
gli disse qualcosa tipo «bravo» e si
rimisero al lavoro.
Aveva il cuore ma non il fisico del
corridore. A 15 anni, nel freddissimo inverno del 1929, si ammalò per
tre mesi e gli si abbassò per sempre
la voce, che diventò come quella di
un cantante da night. Gli amici presero a chiamarlo «Careggi», che è il
nome dell’ospedale di Firenze.
Ma lui aveva fede, una fede da
spagnolo, una fede da Medioevo,
una fede che molti anni dopo gli
avrebbe fatto comprare la statua di
santa Teresa di Lisieux che svettava
nella sua casa di piazza Cardinale
Elia Dalla Costa a Firenze, una fede
che gli avrebbe fatto regalare a papa
Pio XII, suo convinto sostenitore,
una bici nera da donna (penso a
causa del vestito papale).
Cominciò a correre, a vincere. Alla sua prima Milano-Sanremo staccò tutti i campioni di chilometri e si
avviò da solo verso il traguardo.
Quelli della Gazzetta dello Sport si
allarmarono. Per quella che ancora
non si chiamava audience, però faceva valere lo stesso le sue ragioni,
non conveniva che trionfasse un illustre sconosciuto. E così un giornalista della Gazzetta fu inviato da
Bartali che pedalava come un ossesso e cominciò a intervistarlo in corsa. Non cercava lo scoop il giornalista Colombo ma voleva solo distrarlo, fargli perdere la concentrazione.
A Bartali parlare è sempre piaciuto
un sacco e abboccò all’amo. La pedalata si fece più lenta, il gruppo lo
riprese.
A quel punto nessuno lo chiamava più Careggi. Ora, per tutti, era Ginettaccio, un nome da soldato di
ventura, e diventò capitano della
sua squadra, la Legnano. Fu allora
che arrivò, raccomandato da Biagio
Cavanna, il massaggiatore cieco che
sembrava uscito da un romanzo di
Stevenson, il giovane (cinque anni
meno di Bartali) Fausto Coppi, una
promessa. Era piemontese, longilineo e silenzioso. Gino lo guardò sospettoso. Avvertì quasi subito che
era un purosangue ma (si disse) i
purosangue sono delicati, gli basta
un bruscolo nell’occhio e cascano a
terra in preda a un orrore senza nome. Lui, Gino, invece, era un carrarmato, i bruscoli non gli facevano
nemmeno il solletico.
E, comunque, i patti erano chiari.
Coppi era il gregario, lui il capitano.
Ma al primo Giro d’Italia che corsero
assieme (1940) le parti si invertirono e da quel momento Gino divenne, contro la sua volontà, socio della
ditta Coppi & Bartali, una coppia di
fatto che nemmeno la morte precoce di Fausto (1960) avrebbe separato. Per 40 anni esatti (fino al 5 maggio del 2000 quando si spense a 86
anni parlando di Pantani), Gino
Bartali è sopravvissuto come uno rimasto vedovo.
Quando parlava di Coppi, Bartali
lo chiamava «quell’altro». Fausto ricambiava dandogli di «quello là».
Su questa storia di «quell’altro» e di
«quello là», il grande psicoanalista
Jacques Lacan avrebbe potuto scri-
Il campione
La carriera
Gino Bartali è nato a
Ponte a Ema il 18
luglio 1914 ed è
morto a Firenze il 5
maggio 2000.
Professionista dal
1934 al 1954, ha vinto
tre Giri d’Italia (1936,
‘37, ‘46), due Tour de
France (1938, ‘48), 4
Milano-Sanremo
(1939, ‘40, ‘47, ‘50) 3
Giri di Lombardia
(1936, ‘39, ‘40).
Giusto tra le nazioni
La sua carriera fu
notevolmente
condizionata dalla
seconda guerra
mondiale,
sopraggiunta proprio
nei suoi anni migliori.
Nel 2013 è stato
dichiarato Giusto tra
le nazioni.
vere uno dei suoi «Seminari», una di
quelle sue lezioni magistrali sul mistero dell’identità.
A suo modo, Bartali fu un politico
e un eroe nazionale. Durante la
guerra fu interrogato dal torturatore
fascista Carità, nella famigerata Villa
Triste di Firenze, che lo accusava di
traffico d’armi con il Vaticano. Lui
rispose che sì, trafficava con i preti
ma solo per quanto riguardava zucchero e farina. Poi si sarebbe scoperto che Bartali, in una specie di personale «Schindler’s List», aveva aiutato a salvare 800 ebrei. E nel 1948
vincendo il Tour salvò l’Italia dalla
guerra civile prossima a scoppiare
dopo l’attentato a Togliatti. Una leggenda con più di un pizzico di verità, tanto che De Gasperi, primo ministro, gli chiese cosa voleva in regalo. Non pagare le tasse almeno per
un anno, disse Ginettaccio. No, questo non si può, rispose De Gasperi.
E, ora, vi prego, non fate facili battute.
Era un tipo difficile Bartali. Una
volta al Tour non volle essere fotografato abbracciato a Josephine
Baker, la Venere Nera. Disse: «Non
posso, sono fidanzato». Coppi
l’avrebbe fatto senza problemi e, infatti, sconvolse l’Italia e rischiò la
galera per il suo amore per la Dama
Bianca. (Qui Lacan si sarebbe scatenato nell’analisi della coppia Fausto
e Gino, che è in realtà un’analisi della coscienza divisa degli italiani).
Era un tipo quasi
incontentabile Bartali.
Quando gli chiesero
cosa ne pensava della
canzone dedicatagli
da Paolo Conte, una
delle più belle della
storia della musica,
disse: «Bella sì, però
non doveva metterci
quella parolaccia».
Ma, grazie al suo cuore di corridore che gli
faceva vincere i Tour, l’autostima
nazionale («i francesi che s’incazzano») è cresciuta tanto in un momento, a guerra perduta, in cui ce
n’era proprio bisogno.
Resta un’ultima curiosità. Chissà
se si è avverata la profezia di Curzio
Malaparte, il più scandaloso e scabroso scrittore italiano (Pasolini, a
confronto, era un’educanda). Malaparte, che era un grande appassionato di ciclismo, predisse che Gino
Bartali sarebbe arrivato primo in Paradiso e che Fausto Coppi, il suo
grande ed eterno rivale, lo sapeva
ma, in fondo, non gliene importava
poi molto, perché per lui contava essere primo sulla Terra. A differenza
di Bartali, Coppi non credeva tanto.
Per lui l’inferno era arrivare secondo. Ma, che santa Teresa di Lisieux ci
perdoni, anche per Gino l’inferno
era arrivare secondo. E, dunque, che
volata avranno fatto «quell’altro» e
«quello là» in Paradiso.
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Stelle Rosberg, casco «corretto»
due piloti Mercedes, fra le
poche battaglie incerte di
questo campionato. Hamilton
con la vittoria a Silverstone e
il ritiro dell’avversario si è
riportato sotto. Per Alonso la
sfida fra i due si deciderà
all’ultima gara, dove il primo
posto vale doppio, 50 punti.
La Germania per Fernando è
terra di bei ricordi: cinque
successi, tre a Hockenheim,
due al Nürburgring. Ma
sembra un’epoca fa:
«Dobbiamo pensare a far bene
nella classifica costruttori».
Lo spagnolo torna da
Maranello dopo aver lavorato
al simulatore, facendo capire
che sul prolungamento del
contratto oltre il 2016 non ci
sono novità. Ma smentisce
pure le voci di mercato: «Non
ho parlato con nessun’altra
squadra». Raikkonen dopo
l’incidente in Inghilterra sta
bene, dice di sentirsi al 100%.
Spera che la sua sciagurata
stagione prenda un’altra
piega: «È un anno difficile,
sono sicuro che la svolta
arriverà». Intanto a tenere
banco è la regolarità del
sistema Fric, un dispositivo di
bilanciamento delle
monoposto che collega le
sospensioni anteriori a quelle
posteriori. La Fia lo ha vietato,
ma dall’anno prossimo. Molti
team hanno però deciso di
levarlo in via preventiva già
da subito, per evitare possibili
reclami: fra questi Ferrari e
Mercedes.
Daniele Sparisci
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Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
italia: 51575551575557
È con profondo dolore che Marco Macciò e il
figlio Stefano, con Francesco e Margherita, annunciano la perdita di
Dina Vallino
punto di riferimento per tutta la famiglia.- Il funerale avrà luogo oggi 18 alle ore 14.30 nella
parrocchia San Vincenzo de Paoli, via Pisacane
32 Milano.- Non fiori ma opere di bene.
- Milano, 18 luglio 2014.
Ciao
Dina
sorella tanto amata.- Grazie per tutte le cose belle che abbiamo vissuto insieme.- Per sempre, Fiorenza. - Milano, 18 luglio 2014.
Fiorenza e Ferruccio ricordano
Dina
con tanto amore. - Milano, 18 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Silvia e Andrea.
– Tita e Papo.
– Nani e Paolo.
Nonna Dina
ti vogliamo bene, sarai sempre vicino a noi, Francesco e Margherita con Mariasilvia in un abbraccio speciale. - Milano, 17 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Mariaelena e Dario con Edoardo e Caterina.
– Luisella e Roberto con Francesco e Bianca.
Grazie
Dina
per la tua sapiente e dolce amicizia.- Grazie per
le tue intuizioni e per tutto ciò che mi hai permesso di apprendere.- Gilla.
- Milano, 17 luglio 2014.
Sara Boffito e Silvia Lepore salutano
Dina Vallino
I colleghi dell’Osservatorio del Bambino e
dell’Adolescente del Centro Milanese di Psicoanalisi, con immenso dolore ma vivo ricordo per
quanto ha trasmesso con la sua passione, insegnamento, scritti, sguardi attenti, salutano
Dina Vallino
socio fondatore dell’osservatorio e sono vicini al
dolore della famiglia.
- Milano, 17 luglio 2014.
La professoressa Elisa Fazzi e gli specializzandi
della Neuropsichiatria Infantile dell’Università di
Brescia ricordano
Dina Vallino
grati per gli insegnamenti e l’affetto ricevuti.
- Brescia, 17 luglio 2014.
Dina Vallino
Partecipano al lutto:
– Karen, Massimo, Matteo, Micol con un abbraccio affettuoso.
È mancato all’affetto dei suoi cari l’
avv. Michele Capezzera
Ne danno il triste annuncio la moglie Lorenzina,
i figli Raffaella e Domenico con le rispettive famiglie.- La cara salma riposa nella camera ardente dell’ospedale San Giuseppe di via San Vittore 12, Milano.- Il funerale sarà celebrato
sabato 19 luglio alle 11 nella chiesa del Sacro
Cuore di Gesù alla Cagnola, via Plana, Milano.
- Milano, 17 luglio 2014.
Partecipa al lutto:
– Nicoletta Villa.
Roberta con Stefano profondamente commossa abbraccia Raffaella nel dolore per la scomparsa del padre
Avv. Michele Capezzera
ricordandone la grande levatura umana e professionale. - Milano, 17 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Andrea e Giuliana Grisotti.
con profondissimo affetto e immensa gratitudine,
e stringono Marco in un caloroso abbraccio.
- Milano, 17 luglio 2014.
Guido Trioni si unisce all’amico Domenico e
agli altri familiari nel cordoglio per la dipartita di
Anna Scansani e Paola Bertone ricordano con
profondo affetto
ricordando del collega le rare doti umane e professionali. - Milano, 17 luglio 2014.
Dina Vallino
Francesca Capaccio e famigliari, profondamente addolorati, si uniscono con affetto al dolore di Domenico, Raffaella e Lorenzina per la
scomparsa dell’
maestra e amica indimenticabile.- Cara Dina, ti
accompagnamo con un dolce abbraccio e siamo
vicine a Marco e ai tuoi cari.
- Milano, 17 luglio 2014.
Fiammetta, Giuliano e Gianmarco partecipano
con immensa tristezza e rimpianto al dolore di
Fiorenza, Ferruccio e famiglia per la perdita della
carissima
Dina
- Milano, 17 luglio 2014.
Claudia con Simone, Annalisa con Claudio, Lia
con Arnaldo si uniscono in un abbraccio a Fiorenza e alla sua
Dina
- Milano, 17 luglio 2014.
Renata Gianni Viola e Gaia abbracciano con
affetto Fiorenza per la perdita dell’amata sorella
Dina
- Milano, 17 luglio 2014.
Cara
Dina
spero ti accolga il meraviglioso giardino segreto
dove conducevi i tuoi piccoli pazienti, guarendoli.- Laura con Lorenzo Giovanna Francesco.
- Milano, 17 luglio 2014.
Federico Bianchi e Giovanna Maggioni si stringono a parenti e amici in questo momento di dolore per la perdita della cara
Dina Vallino
- Milano, 17 luglio 2014.
Cara
Dina
sei stata per me una grande maestra e amica.Porterò avanti la nostra comune ricerca.- Giovanna Maggioni. - Milano, 17 luglio 2014.
Michele Capezzera
Avv. Michele Capezzera
- Milano, 17 luglio 2014.
Gli avvocati Francesco Laruffa, Domenico Laruffa, Alberto Bottinelli, Sara Guenzati, Mattia
Raffaelli e Sandra Rita Barone partecipano al lutto per la scomparsa dell’
avv. Michele Capezzera
del quale ricorderanno sempre la lealtà, la tenacia e la grande passione con cui ha svolto la professione di avvocato per oltre cinquant’anni.
- Milano, 17 luglio 2014.
L’Ordine degli Avvocati di Milano sentitamente
partecipa al lutto dei familiari per la scomparsa
dell’
Avv. Michele Capezzera
È improvvisamente mancata all’affetto dei suoi
cari
Vera Tarabini Panelli
La piangono affranti il marito Giorgio, le figlie
Maria Rita con Stefano e Lucia con Alessandro, i
nipoti Veronica Aimone Mariachiara Francesco
Maria Sole, la sorella Mimma e i parenti tutti.- La
cerimonia funebre verrà celebrata nella chiesa
dei Frati a Casale Monferrato venerdì 18 luglio
alle 15.30. - Monza, 17 luglio 2014.
Vera Tarabini
ci stringiamo a Mariarita, Stefano e famigliari in
questo momento di grande dolore.- Fiorenza e
Pierluigi Dell’Orto.
- Besana in Brianza, 18 luglio 2014.
Una grande amicizia ci ha unito per tutta la
vita.- Cara
Vera
rimarrai sempre nel nostro cuore e nel nostro ricordo.- Lele e Ludovica, Sandro e Cristina, Paolo
e Patrizia abbracciano Giorgio e tutta la sua famiglia con grande affetto.
- Milano, 17 luglio 2014.
Partecipano al lutto:
– Pietro e Pia Bruno.
– Silvana Cannavale.
Cara amica
Vera Tarabini Panelli
dopo una vita di viaggi sempre insieme tu improvvisamente parti per un lungo viaggio sola.Ci lasci increduli e addolorati.- Siamo vicini a
Giorgio e famiglia.- Edgardo, Margherita, Alberto, Andrea, Cara e Laura.
- Milano, 18 luglio 2014.
Vito e Rina unitamente a Giai, Lara, Valentina,
commossi e con affetto sono vicini a Giorgio, Maria Rita, Lucia e ai famigliari tutti nel ricordo della
carissima
Vera Panelli
amica preziosa e sincera.- Non dimenticheremo
le belle e tante esperienze di vita insieme realizzate! - Monza, 17 luglio 2014.
Partecipa al lutto:
– Angela Mollona.
Andrea e Paola Caraceni si stringono commossi a Maria Rita, Lucia ed alle loro famiglie per la
perdita improvvisa della madre
Dott.ssa Vera Tarabini Panelli
- Milano, 17 luglio 2014.
Rosanna, Benedetto e Raffaella Quaquaro sono vicini con grande affetto e profonda tristezza
alla famiglia Panelli nel dolore per la scomparsa
della cara
Vera
- Santa Margherita Ligure, 17 luglio 2014.
Luigi ed Enrica Peco con i figli Giovanni e Giulio e le rispettive famiglie, partecipano al grande
dolore dell’amico Giorgio Panelli e dei suoi famigliari per la scomparsa della moglie
Vera Tarabini Panelli
- Monza, 17 luglio 2014.
Giuseppe e Simona sono vicini con grande affetto a Maria Rita e Stefano, Veronica Aimone e
a tutta la famiglia, per la perdita della mamma
Vera Tarabini
- Milano, 17 luglio 2014.
- Monza, 17 luglio 2014.
I docenti, i ricercatori e il personale del Dipartimento di Scienze giuridiche "Cesare Beccaria"
dell’Università degli Studi di Milano partecipano
commossi all’immenso dolore del professor Emilio Dolcini per la scomparsa dell’amata sorella
Enio e Marina Fontana si uniscono con commozione al dolore di Maria Rita e famiglia per la
perdita della mamma
Milena Dolcini
- Milano, 17 luglio 2014.
Il Direttore e i colleghi tutti del Dipartimento di
diritto pubblico italiano e sovranazionale
dell’Università degli Studi di Milano partecipano
al lutto del professore Emilio Dolcini per l’improvvisa scomparsa della sorella signora
Milena Dolcini
- Milano, 17 luglio 2014.
La Facoltà di Giurisprudenza dell’Università
degli Studi di Milano partecipa sentitamente al
grande dolore del Professor Emilio Dolcini per la
scomparsa della sua cara sorella
sig.ra Milena Dolcini
- Milano, 17 luglio 2014.
Vera Tarabini
Prematuramente è venuto a mancare
Ugo Fiechter
Annuncia la scomparsa la figlia Giorgia con il nipote Federico, i fratelli Chiara e Piero, il cognato
Pier Angelo e i nipoti.
- Milano, 16 luglio 2014.
Silvio, Rossana, Sofia e Marco Parodi sono vicini con grande tristezza e affetto all’amico Piero
per la dolorosa perdita del caro fratello
Ugo
e abbracciano forte Chiara, Giorgia e tutta la famiglia. - Milano, 17 luglio 2014.
Al termine di una vita piena di curiosità, di
viaggi e avventure, di generosità e amore
Ugo Fiechter
abbraccia la terra accompagnato dall’affetto e
dal ricordo di coloro che ha amato e che lo hanno
tanto amato.- Donata, Carla, Valeria, Michele,
Franca. - Milano, 17 luglio 2014.
I soci, i collaboratori e gli amici di Libraccio e
DMB si stringono a Piero, Gaia, Silvio e a tutta la
famiglia Fiechter nel ricordo di
Ugo
Edo si unisce al dolore di Piero e di tutta la
famiglia Fiechter per la perdita di
Ugo
- Milano, 17 luglio 2014.
Maurizio Lenzi
I funerali avranno luogo oggi venerdì 18 luglio
alle ore 14.45 nella chiesa di San Gioachimo.- I
familiari. - Milano, 18 luglio 2014.
Partecipano al dolore per la perdita di
Martino
Antonio amico fraterno, Laura, Silvia Riccardi.
- Milano, 17 luglio 2014.
Corrado, Martina, Fulvio e Margherita si stringono al dolore di Ezia e dei figli tutti per la triste
scomparsa del carissimo
Martino
- Milano, 16 luglio 2014.
Gigio e Marisa, Giorgio con Alessandro e famiglia, Sandro e Jose con Giuseppe, Antonio e
famiglie, Ada con Giovanni, Paola, Pupa e famiglie si stringono con profondo affetto a Piero, Andrea, Federica, Franco, Viola, Daria e Sofia nel
ricordo della zia
Fulvia Pitteri Viani
- Milano, 16 luglio 2014.
Fulvia Pitteri Viani
Partecipano al lutto:
– Gianni e Franca Zenoni.
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Massimo, siamo vicini con l’affetto e l’amicizia
di sempre a te, Cristina e Rebecca in questo momento di grande dolore per la scomparsa della
tua mamma
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Annamaria Lommi Forbicini
Corriere della Sera
Monica, Simona, Laura, Nicola, Enrico.
- Milano, 17 luglio 2014.
Partecipa al lutto:
– Denise Tanzer.
Vicini a Carmen con affetto per la perdita di
Maurizio
Patrizia e Dario. - Milano, 16 luglio 2014.
Annamaria Pantaleo con il figlio Roberto partecipa commossa al lutto della famiglia per la
scomparsa di
Maurizio Lenzi
- Milano, 16 luglio 2014.
Paolo, Maria Teresa e Aglaia Vignoli si stringono affettuosamente a Carmen e alla famiglia
Lenzi nel dolore per la perdita del
dott. Maurizio Lenzi
nel segno di un’amicizia lunga e importante.
- Milano, 17 luglio 2014.
Il funerale sarà celebrato lunedì 21 luglio alle
17.30 nella chiesa parrocchiale di Verderio Superiore.- La famiglia.
- Milano, 17 luglio 2014.
Cristiana Celine Veronica Martino e Rosa sono
vicini a Francesco e ai suoi figli nel dolore per la
scomparsa della cara
Lola Gnecchi Ruscone
- Milano, 17 luglio 2014.
Beppe e Anna Nino e Adriana addolorati per
la scomparsa di
Lola
sono affettuosamente vicini a Francesco.
- Opera, 17 luglio 2014.
Il giorno 15 luglio 2014 è mancata all’affetto
dei suoi cari
Grazia Cattaneo ved. Gilardi
Ne danno triste annuncio i figli Roberta e Massimiliano, le nuore Myfanwy e Patrizia, i nipoti
Alexander e Lawrence.- I funerali si svolgeranno
il giorno sabato 19 luglio presso la chiesa parrocchiale San Giuseppe Calasanzio in via Don
Carlo Gnocchi 18 alle ore 11.
- Milano, 15 luglio 2014.
È mancato all’affetto dei suoi cari
Angelo Scapuzzi
La moglie Edvige, i figli Davide e Rossella, Tiziana
e tutti i familiari ne danno dolorosa notizia.- I
funerali si svolgeranno nella parrocchia Madonna Medaglia Miracolosa (via Fratelli Rosselli - Milano).- Per il giorno e l’ora dei funerali telefonare
all’Impresa Roma n. 02.537907 dopo le ore 15
del 18 luglio 2014. - Milano, 17 luglio 2014.
PER PAROLA:
Necrologie: € 5,00
Adesioni al lutto: € 10,00
A MODULO:
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trigesimi e ringraziamenti: € 540,00
Giovanni Colafati
Ci uniamo al dolore della sua famiglia porgendo
le nostre più sentite condoglianze.- I membri del
Consiglio e tutti i collaboratori della società Ammiro Y2K. - Milano, 17 luglio 2014.
Lorella con Cristina e Alessandro si stringe con
affetto a Viviana, Simona e famiglia per la perdita del caro papà e nonno
Gazzetta dello Sport
Giancarlo Miraglies
- Milano, 16 luglio 2014.
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L’Ordine degli Avvocati di Milano sentitamente
partecipa al lutto dei familiari per la scomparsa
dell’
Avv. Giorgio Pillan
- Milano, 17 luglio 2014.
Lola Gnecchi Ruscone
Wilcocks
Il giorno 17 luglio 2014 è venuto a mancare
all’affetto dei suoi cari
Roberto Bruno
RCS MediaGroup S.p.A. - Via Rizzoli,8 - 20132 Milano
Dott. Martino Raguso
Ne danno l’annuncio la moglie e i figli con le
rispettive famiglie. - Milano, 16 luglio 2014.
- Milano, 17 luglio 2014.
- Monza, 17 luglio 2014.
I valori della famiglia, del lavoro nella ricerca industriale, dello sport amatoriale e del dialogo con
il prossimo sono stati i cardini su cui si è basata
la sua esistenza.- Annunciano il triste evento: la
moglie Costanza, i figli Alberto con la moglie Valdineia e Francesca con il marito Romano, la sorella Fernanda con il marito Alessandro, gli amatissimi nipoti Lorenzo e Alessio.- I funerali si
svolgeranno alle ore 10 del giorno 19 luglio 2014
nella parrocchia di San Giuliano (via Cassia
1036).- Un ringraziamento particolare va al dottor Andrea Cavasola per le amorevoli cure prestate.- Non fiori ma opere di bene.
- Roma, 18 luglio 2014.
Il giorno 16 luglio 2014 è mancato all’affetto
dei suoi cari il
18 luglio 2007 - 18 luglio 2014
Nel settimo anniversario della scomparsa dell’
Avv. Riccardo Scocozza
già Presidente della Cassa Forense, il Presidente
Avvocato Nunzio Luciano, unitamente ai componenti degli Organi Collegiali della Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza Forense, ricorda
con immutato rimpianto la sua nobile figura e
l’impegno profuso per l’ente e per l’avvocatura
italiana. - Roma, 18 luglio 2014.
18 luglio 2012 - 18 luglio 2014
La moglie, i figli, con generi e nuore, la sorella
e tutti i nipoti ricordano con immutato affetto il
loro caro
Alfredo Barenghi
a due anni dalla scomparsa.
- Milano, 18 luglio 2014.
Omi, Marcella e Carlo ricordano
Fernanda Campanini Bonomi
Una Santa Messa verrà celebrata il giorno 20 luglio 2014 nella chiesa di Santa Maria Nozarego,
Santa Margherita Ligure alle ore 10.
- Milano, 18 luglio 2014.
Armando Sommariva, nel trentunesimo anniversario della morte della cara
Evelina Pellini
desidera ricordarla a tutti coloro che l’hanno
amata.- Da lassù aiutami sempre.
- Como, 18 luglio 2014.
18 luglio 2012 - 18 luglio 2014
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da Flavio una lieve carezza al tuo bel viso.
- Milano, 18 luglio 2014.
Diritto di trasmissione:
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196/2003. Per ogni informazione riguardo ai diritti può rivolgersi, a tal fine, al Responsabile del trattamento dei dati personali di
RCS MediaGroup S.p.A. scrivendo allo stesso c/o RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Pubblicità - Via Rizzoli, 8 - 20132 Milano.
Corriere della Sera Venerdì 18 Luglio 2014
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GENOVA
MILANO
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VENEZIA
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Ai 2 stella:
100,00
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Il premier si sistema durante
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caduto jet di linea Malaysia Airlines
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L’agenzia Interfax: «Abbattuto da un razzo»
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signor Scialpi e il «13 maledetto»
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Viaggio dentro il regime di
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Reportage
Bartali
Il 18 luglio di
100 anni fa
nasceva
l’uomo simbolo
del ciclismo
italiano.
Lo speciale.
54
Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera
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Tv in chiaro
Teleraccomando
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di Maria Volpe
PER RIFLETTERE
PER CONOSCERE
1991, gli sbarchi
dall’Albania
I sopravvissuti
e i rapimenti
Porto di Bari, agosto 1991:
da una nave proveniente
dall’Albania sbarcano più
di diciottomila profughi in
cerca di una sorte
migliore. Una storia
raccontata nel
documentario di Daniele
Vicari che parte con le
immagini dell’approdo a
Bari e le voci di quei
clandestini, ma anche di
coloro che, quel giorno, li
aiutarono. Tra gli albanesi
su quella nave c’era anche
Kledi Kadiu ( foto) allora
sedicenne, che diventerà
un ballerino famoso nel
talent della De Filippi.
Molto intensa la sua
testimonianza.
Al via la serie che racconta
storie basate su casi
realmente accaduti che
hanno tenuto con il fiato
sospeso milioni di
telespettatori americani.
Tema centrale: i più
avvincenti casi di rapimento
in Usa, raccontati
direttamente dal punto di
vista dei sopravvissuti. Tra
le puntate che vedremo
quella su un uomo d’affari
di Miami, Marc Schiller
(foto), un businessman che
sembra avere tutto dalla
vita ma che si troverà
prigioniero per 4 settimane
di una spietata gang di
criminali armati fino ai
denti.
La nave dolce
Rai5, ore 21.20
House of horrors
DMax, ore 23.40
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$/!2 Film e programmi
Kevin Costner
nella crisi di Cuba
Willis e Morgan
poliziotti e amici
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1962. Un aereo spia Usa
fotografa alcuni missili sovietici
a Cuba. Kennedy apre la crisi.
Accanto a lui il consigliere
O’Donnell (Kevin Costner, foto).
Seguono 13 giorni di tensione.
Thirteen Days
Rete4, ore 21.15
Bruce Willis e Tracy Morgan
(foto) sono agenti che
lavorano in coppia da anni.
Indagano su un boss, ma
hanno anche problemi a casa.
Poliziotti fuori - Due sbirri a
piede libero
Italia 1, ore 21.10
Nuzzi-Viero, due gialli Chi sono i profughi?
per il fine stagione
Storie di grandi esodi
Al centro dell’ultima puntata con
il programma condotto da
Gianluigi Nuzzi e Alessandra
Viero, le novità sul giallo di Yara
Gambirasio e il mistero della
morte di Grace Kelly.
Segreti e delitti
Canale 5, ore 21.10
La studiosa Silvia Salvatici
ripercorre la storia dei grandi
esodi internazionali e di quello
istriano, nel 1947 all’indomani
del trattato di pace, per capire
chi sono i profughi di oggi.
Profughi: la schiuma della
terra; Rai Storia, ore 20.45
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e programmi
Una paleontologa
indaga su relitti spaziali
Una paleontologa (Mary
Elizabeth Winstead, foto) si
unisce a una spedizione in
Antartide: deve indagare sulla
scoperta di una misteriosa nave
spaziale intrappolata tra i ghiacci.
La cosa
Cinema Energy, ore 21.15
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Whitney Houston
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L’ex agente della Cia Frank
Farmer (Kevin Costner) viene
ingaggiato per proteggere una
cantante (Whitney Houston, foto
con Costner) che però si ribella
alle direttive. Si ameranno.
Guardia del corpo
Cinema Emotion, ore 21.15
All’agente Bullock
non ne va bene una
Tutto sembra andare storto per
l’agente Hart (Sandra Bullock,
foto): ha rotto con il fidanzato e
rischia di compromettere il suo
lavoro presentandosi nei talk show
come «il volto glamour» dell’Fbi.
Miss F.B.I. - Infiltrata speciale
Sky Cinema 1, ore 21.10
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A fil di rete
di Aldo Grasso
Le veglie contadine
e le parole di Vasco
«I
o sono veramente un’anomalia… perché non sono nato come un fenomeno discografico o televisivo, ma sono nato come fenomeno live… ed è
per questo che dal vivo non ce n’è per nessuno,
proprio per nessuno proprio…». Vasco è Vasco,
non si discute. Quando parla di sé — la voce terragna fatica a
uscire, la lingua gli si appiccica al palato — sembra che le sue
parole vengano da lontano, da veglie contadine, consunte più
dalle sigarette che dall’uso: «Il
concerto è come fare l’amore
Vincitori e vinti
con 50 mila persone».
«Ogni volta Vasco» è un viaggio in cinque puntate per descriMegan
vere il lavoro e la personalità delMontaner
la più grande rock star italiana.
La soap
Lo hanno trascritto Barbara Frispagnola
gerio e Alessandra Torre, la regia
batte il krimi
è di Giuseppe Domingo Romano
tedesco. Sempre buoni
(Sky Arte, mercoledì, ore 21.10,
gli ascolti per «Il
cadenza mensile).
segreto» (con
protagonista Megan
Vasco e i suoi principali collaMontaner), in onda
boratori sono giunti a quella fain prima serata su
se della vita in cui si possono anCanale 5: 3.358.000
che tirare alcune somme, non
spettatori, 15,6%
tutte, ma alcune sì, anche se è
di share
bello continuare ad ammantarle
di mistero: «Cosa si prova prima
di salire sul palco?». Vasco non
Henning
ha dubbi: «È un’atmosfera che
Baum
non si può spiegare. Ho un rapIl krimi
porto viscerale con il pubblico, è
tedesco
una grande magia».
superato
Tornano alla mente le parole
dalla soap spagnola.
di Pier Vittorio Tondelli: «In anLa prima serata di
ni
in
cui tutto stava andando verRai1 è dedicata a
so la normalizzazione, il carrieri«Last Cop - L’ultimo
smo, il perbenismo, Vasco, con
sbirro», con l’attore
la sua faccia da contadino, la sua
Henning Baum:
andatura da montanaro, la sua
per 2.451.000
voce sguaiata da fumatore, il suo
spettatori e una
sguardo sempre un po’ perso,
share dell’11,4%
diventava l’idolo di una diversità, di un farsi i fatti propri, di un
non volersi irreggimentare che trovarono pronta e osannante
una moltitudine di ragazzini».
La moltitudine, intanto, è cresciuta come numero e come
età. A Zocca, ancora oggi, quarantenni e cinquantenni vanno
in pellegrinaggio, salutano la mamma del Blasco come fosse
«Medicina languentium», scrivono frasi sui muri di cinta, si
sentono popolo di fedeli: una vita non proprio spericolata.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Forum «Televisioni»: www.corriere.it/grasso
Videorubrica «Televisioni»: www.corriere.tv
Un falchetto a cartoni
entra nei corpi speciali i`ˆ>ÃiÌ *Ài“ˆÕ“
Un piccolo falco vuole unirsi al
corpo speciale degli Hurricane per
proteggere la città di Zambezia,
dove tutte le specie di uccelli
vivono in armonia. Il suo babbo è
però contrario alla scelta.
Zambezia
Sky Cinema Family, ore 21
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Venerdì 18 Luglio 2014 Corriere della Sera